Tutti Nascondono Un Segreto

di FalbaLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** L'incontro in aereo ***
Capitolo 3: *** Insieme ***
Capitolo 4: *** Nuove e Vecchie Conoscenze ***
Capitolo 5: *** Fiducia ***
Capitolo 6: *** Volantino Rosa ***
Capitolo 7: *** La Festa: I Parte ***
Capitolo 8: *** La Festa: II Parte ***
Capitolo 9: *** Rimorsi ***
Capitolo 10: *** I Tre Riferimenti ***
Capitolo 11: *** Orgoglio ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Le gambe di Sakura si muovevano veloci, non curanti del terreno fangoso ed umido. Il suo fiato, strozzato dalla fatica, era irregolare, così come il suo cuore che sembrava battere all’impazzata. I suoi occhi, di un verde smeraldo, erano pieni di terrore e fissi davanti a lei mentre le sue orecchie cercavano di captare ogni minimo rumore nonostante la pioggia incessante. Ad un certo punto però qualcosa bloccò la sua corsa e in pochi secondi, troppo pochi affinché capisse cosa fosse successo, cadde sulla terra bagnata mentre un dolore lancinante scosse il suo magro corpo. Senza emettere un qualsiasi rumore provò inutilmente ad alzarsi, ma, sconfitta, fu costretta a lasciarsi sfuggire un grido di sofferenza. Istantaneamente si portò una mano sulla bocca maciullata da cui sgorgava del sangue copioso e vermiglio. A fatica, e noncurante di essere completa zuppa e ricoperta di fango, si rialzò costatando che era distrattamente caduta a causa di una radice ben nascosta dal terreno bagnato. Con paura si scoprì la caviglia destra notando con sgomento il rigonfiamento violaceo. A denti stretti riprese con dolore la sua corsa: non era al sicuro lì.
 
La città di Los Angeles era rinomata per le sue grandi e suntuose ville e non vi era da sorprendersi di fronte a quelle abitazioni così fatiscenti. In particolare, nella via più celebre della capitale della California, spiccava una dimora dallo stile tremendamente barocco e dall’allegro colore mattone. Quella casa, una delle più ammirate e invidiate, era senza dubbio una delle più ambite di tutti gli Stati Uniti ed apparteneva da sempre ad una famiglia la cui fama precedeva il cognome: gli Haruno erano ben noti a tutti nel nuovo continente. Ad un certo punto, quando un ennesimo tuono scosse la città nel sud della California, le grandi porte dell’abitazione furono aperte con forza: una figura minuta iniziò a zoppicare a fatica in direzioni delle suntuose scale.
-Signorina Sakura!- strillò sconvolta la domestica osservando le condizioni pietose dell’unica figlia dei suoi datori di lavoro.
-Si sente bene?- continuò visibilmente pallida in volto dallo spavento. I capelli della fanciulla, di solito di un bel rosato brillante ed inusuale, erano completamente umidi così come il resto del suo corpo mentre grandi chiazze di sangue avevano indelebilmente accompagnato le orme lasciate con il fango. La ragazzina a fatica si aggrappò al mancorrente delle scale cercando, quasi con vergogna, di non mostrare il suo volto.
-Tranquilla Ran, sto bene. Ti prego di perdonarmi per le mie condizioni- bisbigliò con un filo di voce aumentando il suo passo sempre più instabile. La domestica però era ancora visibilmente in agitazione.
-No che non sta bene, guardi come è conciata. Vuole che chiami i suoi genitori o un medic...-
-No!- la interruppe quasi ululando Sakura finalmente voltandosi. Ran rabbrividì di fronte al labbro superiore della ragazzina completamente ricoperto di sangue.
-Mi basta andare nelle mie stanze, non devi preoccuparti per me- continuò con una voce sempre più flebile.
-Starò bene- concluse cercando di risultare il più convincente possibile.
 
 
-Cazzo- sibilò a denti stretti Sakura osservando il suo riflesso nello specchio: con le mani tremanti sfiorò con attenzione il grosso taglio che era ben visibile sul suo volto e da cui non sembrava cessare di sgorgare fuori del sangue vermiglio. Deglutì a fatica afferrando un asciugamano candido: iniziò a tamponare la ferita non riuscendo a frenare dei lamenti di dolore. I suoi occhi, umidi e pieni di lacrime, erano ancora ricolmi di paura, la stessa paura che forse l’aveva sempre accompagnata. Ma quella volta, quella maledettissima volta, la situazione le era sfuggita decisamente fuori di mano. Con le dita tremanti scostò i capelli sporchi di fango dal viso estremamente pallido e quel tocco sembrò scuotere le sue stanche membra.
-Calmati ora, Sakura- bisbigliò cercando di frenare i brividi.
-Ora devi calmarti- sibilò nuovamente con più convinzione. Poi, con frenesia, aprì il piccolo mobiletto affianco al lavandino: con il volto tirato iniziò a far cadere dei barattoli a terra cercando quasi con bramosia qualcosa. Finalmente afferrò una garza, ben nascosta dalle creme e dai sieri, e trascinandosi a fatica uscì dal bagno. Lentamente raggiunse il suo suntuoso letto e, noncurante delle sue condizioni, lasciò finalmente che le sue stanche membra crollassero sul materasso. Rimase lì ferma per un tempo che le parve interminabile tremando con una foglia e lasciandosi sfuggire calde lacrime.
-Sakura, posso entrare?- una voce decisa, ma calda risvegliò la giovane Haruno dai suoi terribili pensieri. Non rispose però nonostante le sue labbra provassero ad emettere un qualsiasi suono.
-Sakura- mormorò questa volta con un tono più alto la figura che attendeva al di fuori della porta. Poi, senza darle possibilità di provare a sibilare qualcosa, una giovane donna fece il suo ingresso.
-Vai via- mormorò a denti stretti Sakura sapendo perfettamente da chi provenisse quella voce. Stanca, e ancora tremante, si girò su un fianco come se volesse nascondersi. La figura però non ascoltò minimamente questi suoi sussurri e anzi, richiuse dietro di lei la porta accurandosi di girare la chiave. Poi, senza proferire alcun’altra parola, si avvicinò a lei.
-Alzati e girati, sei fradicia- disse con tono duro, ma la Haruno la ignorò stringendosi con forza le spalle. Un unico sospiro interruppe il silenzio che si era creato tra le due.
-Sakura, alzati e girati che ti devo medicare- mormorò nuovamente la donna, questa volta con un tono più deciso e materno. La fanciulla, a malincuore, si alzò dal letto mentre i suoi fradici capelli rosati ritornare a ricadere sulle sue spalle.
-Mi dispiace- sibilò con rimorso lasciando che la donna si sedesse sul letto sporco e bagnato accanto a lei. Anko fece un debole sorriso.
-Avvicinati, ho portato un kit medico- disse aprendo una cassetta ed estraendo quella che sembrava una pomata disinfettante. Sakura fece come le era stato detto senza emettere alcun suono.
-Allora, mi vuoi dire cos’è successo questa volta?-
-Sono caduta mentre correvo per tornare a casa- ma lo disse con un tono talmente falso che non avrebbe convinto nessuno. Un sorriso divertito si dipinse sul volto della donna dalla capigliatura violastra.
-Questa è la bugia che diremo ai tuoi genitori se sarai più convincente- disse iniziando a ricucire il taglio profondo da cui, finalmente, aveva smesso di uscire il sangue.
-Mi hanno aspettata fuori da scuola e mi hanno inseguita- sospirò a denti stretti cercando di muovere il meno possibile il labbro.
-Ho provato a scappare Anko, ma mi hanno raggiunta e picchiata- concluse reprimendo a fatica le lacrime ed evitando con vergogna lo sguardo della donna. Anko inspirò profondamente.
-Sempre gli stessi bulli?- Sakura annuì debolmente.
-Ho fatto- concluse la donna alzandosi dal letto e posando sulla scrivania la cassetta di emergenza. Poi, senza ritornare sull’argomento, si diresse verso il grosso armadio della ragazza estraendo un asciugamano.
-Questa situazione deve finire Sakura- mormorò la donna avvolgendo con tenerezza la ragazzina ancora fradicia e sporca.
-Non puoi permettere che ti trattino così, dobbiamo dirlo ai tuoi genitori- improvvisamente il volto di Sakura sembrò riprendere vita e a fatica si alzò dal letto.
-No!- urlò con forza scuotendo la testa.
-Non possiamo dirlo ai miei-continuò, ma una forte fitta alla caviglia le fece perdere l’equilibrio. Velocemente la donna avvolse la ragazzina tra le braccia. Un debole sorriso comparse sul volto di Anko.
-Hai preso una bella storta alla caviglia- disse adagiando il corpo sempre più debole di Sakura sul letto.
-Ho portato anche del ghiaccio-
-Grazie- sibilò Sakura sentendosi tremendamente in colpa per averle urlato contro.
-Non posso lasciare che le cose continuino così-
-Non devi dire niente ai miei genitori, loro non capirebbero- gli occhi di Anko si mossero con furia sulla figura della ragazzina.
-E quindi dovrei lasciarti in balia di quei bulli? Guarda cosa ti hanno fatto Sakura! Hai un labbro spaccato e una caviglia gonfia, cosa pensi che ti faranno una prossima volta?- Sakura strinse con forza le coperte tra i pugni.
-Non ci sarà una seconda volta, d’ora in poi mi farò venire a prendere e vedrai che non accadrà più nulla del genere- disse con sicurezza cercando di far comparire un sorriso sul suo volto, talmente falso che fece venire il voltastomaco alla donna.
-Quindi è questo il tuo piano? Nasconderti e non reagire?-
-Esatto, non posso fare altro- concluse la Haruno adagiando il viso sul cuscino. Si sentiva estremamente stanca e in quel momento l’unica cosa che desiderava era poter chiudere gli occhi. Anko però sembrava non voler lasciare decadere quel discorso.
-I vigliacchi si nascono e tu non sei una vigliacca Sakura- ribatté Anko con delusione.
-Magari lo sono- bofonchiò con risentimento la Haruno mentre il suo respiro finalmente accennò a diventare più regole. Anko si lasciò sfuggire una risata isterica che risuonò per tutta la lussuosa stanza.
-Nonostante ti piaccia crederlo tu non lo sei- concluse quasi come se adesso fosse arrabbiata con lei.
-Come puoi saperlo?- sibilò a denti stretti Sakura sperando che questa discussione finisse il prima possibile. La donna, sempre più divertita, le si avvicinò a grandi passi squadrandola da capo a piedi.
-Perché la bambina di otto anni che conobbi dieci anni fa, dai lineamenti estremamente orientali e dagli inusuali capelli rosa, non lo era. E scommetto che da qualche parte c’è ancora- una amara smorfia si dipinse sul viso provato di Sakura. Estremamente stanca e debole si rialzò sul letto permettendo finalmente ai loro sguardi di incrociarsi.
-Ti sbagli, sono molto cambiata da allora- la sfidò e Anko non riuscì nuovamente a non ridere cosa che infastidì ulteriormente la ragazzina.
-Sei una pessima bugiarda- la derise la donna accarezzando dolcemente le guance finalmente asciutte della ragazza. Poi, amorevolmente, le regalò un bacio sulla fronte, bacio che sembrò finalmente riscaldare il corpo della Haruno.
-Non permetterò più a nessuno di farti del male Sakura, farò di tutto per renderti felice- e senza aggiungere altro uscì dalla stanca lasciando una Sakura estremamente sorpresa dalle sue parole.
 
Dopo quella discussione avuta quel pomeriggio con Anko, Sakura aveva passato ore sotto alle coperte cercando inutilmente di dormire. Però ogni volta che chiudeva gli occhi, improvvisamente risentiva rimbombare nella sua mente le risatine di schernimento e gli insulti.
“Stupida giapponese, ritorna da dove sei venuta” le urlava contro un ragazzino dai capelli sporchi e le ginocchia sbucciate.
“Sei uno scherzo della natura con questi capelli rosa” la insultava un secondo tirando con forza la sua chioma. Lei, intanto, provava a parlare, ma, nonostante le sue labbra si muovesse, nessun suono sembrava uscire. Poi, senza rendersene conto, i ragazzini iniziarono ad aumentare sempre di più e con loro anche le risate beffarde. A fatica Sakura cadde a terra, sopraffatta da tutto quel rumore, e immediatamente tutti iniziarono a tirarle dei calci che parevano delle pugnalate. Il dolore si fece indescrivibile, impossibile da sopportare, mentre copioso sangue incominciò a fuoriuscire dalla bocca regalandole un vomitevole sapore di ferro.
“Devi morire!” urlò una voce che non sembrava più provenire da intorno a lei, ma dalla tua testa.
-No!- un gridò fuoriuscì finalmente dalle sue labbra e immediatamente Sakura scattò in piedi. Con il cuore che batteva all’impazzata e il sudore che colava sulla sua fronte, Sakura si guardò intorno terrorizzata.
-No- bisbigliò nuovamente con decisamente meno forza mentre tutto intorno a lei si fece più nitido.
-Era solo un incubo- sospirò alcuni minuti dopo riconoscendo dove si trovasse. Priva di energie ricadde sul materasso non curandosi del suo corpo scoperto: un’aria fresca avvolse le sue gambe e la sua pancia privi di indumenti, ma questo contatto non dispiacque alla ragazza che parve quasi gioire di quella sensazione. Lentamente lasciò che il suo corpo si girasse su un fianco permettendo al suo sguardo di osservare in che situazioni si trovasse la sua stanza. Con sorpresa notò che le macchie di sangue e di fango erano completamente sparite dal pavimento e i vestiti zuppi che aveva precedentemente buttato a terra, sembravano essere scomparsi. Niente, a parte il suo labbro medicato e i suoi capelli sporchi e disordinati, sembrava fuori posto.
-Anko...- sospirò con gratitudine Sakura affossando le dita tra le coperte.
Improvvisamente una musichetta familiare scosse la ragazza dai suoi pensieri che, ancora leggermente scossa, allungò la mano per afferrare il suo cellulare che stava chiaramente squillando.
-Merda- balbettò leggendo le venti chiamate perse ricevute dall’unica persona che considerava sua amica: velocemente si alzò dal letto mettendosi seduta mentre una ennesima chiamata venne staccata dal mittente. Con curiosità osservò l’orario che indicava il display: a Los Angeles erano appena passate le otto di sera, questo significava che a Londra erano le quattro di mattina. Tenten non era solita chiamarla in quegli orari così bizzarri e immaginò che se l’avesse fatto con così tanta insistenza era perché sicuramente Anko le aveva raccontato tutto. Con una smorfia di stizza lasciò cadere l’apparecchio elettronico sulle coperte apprestandosi ad alzarsi. Per fortuna, osservò con attenzione, la sua caviglia sembrava essere decisamente migliorata e non era più tanto gonfia. Non aveva alcuna voglia in quel momento di parlare con Tenten di quello che era successo e anzi, provava un senso di delusione, nell’immaginare che Anko avesse spifferato tutto alla castana. Nonostante fosse la madrina della sua migliore amica, non avrebbe voluto far preoccupare inutilmente Tenten che si trovava dall’altra parte dell’oceano.
-Signorina Haruno?- una voce maschile e profonda provenne da dietro la sua porta.
-Sì?- biascicò lei dirigendosi verso il bagno con l’intenzione di fare una doccia rigenerante.
-Volevo avvertirla che i suoi genitori hanno richiesto la sua presenza nello studio del signor Kizashi- un’aria preoccupata balenò sul volto della Haruno.
-Adesso?- sospirò alzando gli occhi al cielo.
-Immediatamente-
 
Le nocche di Sakura sbatterono con decisione sulla porta: aveva provato per qualche secondo ad origliare per capire chi vi fosse nello studio, ma non era riuscita a udire alcun’altra voce se non quella di suo padre.
-Avanti- mormorò Kizashi e Sakura percepì chiaramente un brivido percorrere la sua schiena. Dandosi un’ultima sistemata ai capelli che sembravano avere un aspetto decente, entrò.
-Sakura, entra pure- le disse amorevolmente suo padre seduto sull’enorme sedia della sua scrivania. Gli occhi color smeraldo della Haruno si soffermarono sulle due persone che vi erano sedute a fianco all’uomo: senza reprimere una smorfia di timore fece ciò che suo padre le aveva detto. Kizashi, alla vista dell’enorme taglio presente sul volto della figlia, si scambiò una occhiata preoccupata con sua moglie che annuì debolmente.
-Prego- disse l’Haruno.
-Sieti pure, dobbiamo parlare con te- continuò indicandole una quarta sedia posta poco distante da quella su cui era seduta Anko. Attenta ad osservare ogni minima espressione sul viso della donna dai capelli violacei, Sakura si avvicinò a loro. Se i suoi genitori parevano avere una espressione preoccupata e tesa in volto, Anko invece mostrava il suo solito sorriso allegro che rivolse con gioia alla nuova arrivata. Tutto ciò, pensò Sakura, era decisamente sospetto.
-Come stai?- mormorò con apprensione sua mamma prendendo una mano della figlia tra le sue: Sakura respinse il senso di inadeguatezza che lambiva il suo volto e si sforzò di sorridere il più sinceramente possibile.
-Sto bene mamma, tranquilla- disse e finalmente il viso di Mebuki sembrò rilassarsi.
-Mi dispiace averti disturbato, lo so che stavi riposando, ma abbiamo una cosa molto importante da dirti- continuò la donna scambiandosi una occhiata di intesa con Anko che annuì con vigore.
-Dopo quello che è successo oggi Sakura, riteniamo che le cose debbano cambiare-
-Non voglio cambiare scuola- urlò di getto alzandosi dalla sedia. Non serviva che i suoi genitori parlassero, Sakura sapeva benissimo cosa avrebbero detto: aveva già espresso le sue idee e non le avrebbe cambiate affatto. Non le importava le future botte a cui sarebbe stata sottoposta, non le interessava le derisioni che avrebbero accompagnato ogni suo singolo giorno: lei non voleva fuggire, non voleva darla vinta a quei bulli che da più di tre anni le rendevano la vita un inferno. Sarebbe rimasta, si sarebbe ingegnata per non rimanere mai da sola, ma non sarebbe andata da nessuna parte. Quei ragazzini meschini tanto sapevano benissimo dove abitasse e cambiare scuola nella stessa Los Angeles non avrebbe fatto altro che alimentare ulteriormente la loro rabbia contro quello che consideravano l’anello debole.
Kizashi, di fronte a quella reazioni così forte e decisa di sua figlia, inspirò ed espirò per alcuni secondi in silenzio mentre il petto di Sakura si alzava e abbassava velocemente a causa del respiro irregolare. Con lo sguardo di sfida fissò i suoi genitori che sembravano celare qualsiasi tipo di emozione.
-Invece lo farai- disse serio suo padre alzandosi anche lui dalla seggiola.
-No, non puoi obbligarmi, sono appena diventata maggiorenne e posso fare quello che voglio- tuonò con orgoglio lanciandogli uno sguardo di sfida. Era testarda, pensò Kizashi, estremamente testarda nonostante tutto quelle che le era accaduto e che non gli aveva mai confessato.
-Ti prego di rimetterti seduta e di non interrompermi più- la riprese cercando, inutilmente, di celare un sorriso pieno di ammirazione. La fronte di Sakura si corrugò di fronte a questa sua espressione facciale, ma, in silenzio, decise di fare come il padre le aveva ordinato.
-Ora, se ti sei calmata, posso andare avanti- la ammonì lui incrociando le braccia al petto.
-Ti ha già chiamata Tenten?- le sopracciglia della Haruno si alzarono con sospetto di fronte a quelle parole.
-No- rispose non riuscendo ancora a capire cosa tutto ciò centrasse con il cambiare scuola. Forse ritenevano che la sua migliore amica sarebbe riuscita a convincerla a cambiare idea. No, era da escludere: i suoi genitori sapevano che era irremovibile quando prendeva una decisione e anzi, Tenten lo sapeva più di tutti.
-Strano- bofonchiò allegro Kizashi.
-Pensavo che avrebbe voluto lei darti la notizia- ancora più confusa Sakura scrutò il viso pieno di rughe del padre.
-Non riesco a capire- mormorò trovando tutta l’intera situazione assurdo. Anko e Mebuki sorrisero divertite di fronte a questa sua risposta, cosa che la irritò ancora di più.
-Cambierai scuola Sakura- disse deciso suo padre avvicinandosi a lei e non permettendole di ribattere ulteriormente.
-Pensiamo che il college di Konoha sia una scelta più adatta a te-
-Ti ho già detto che ... Oh- esclamò la Haruno e il suo volto, da scontroso e teso, sembra rilassarsi all’istante mentre le parole del padre risuonarono nella sua mente. Anko, che fino ad all’ora si era trattenuta, scoppiò a ridere divertita.
-College di Konoha?- sibilò incredula boccheggiando e ignorando completamente le risate della donna dai capelli violacei.
-College di Konoha, hai capito bene- le rispose con semplicità suo padre avvicinandosi alla sedia di Mebuki e sedendosi sul bracciolo della seduta della moglie: poi i loro occhi si scrutarono con uno sguardo pieno di amore.
-A Los Angeles non vi è alcun College con quel nome- sussurrò Sakura che aveva ancora il timore di essersi immaginata tutto. Mebuki le sorrise dolcemente.
-No, non mi pare- le rispose con ilarità.
-Ma possiamo sembra chiedere a Tenten- ma la donna non riuscì a concludere la frase che venne avvolta con forza dalle braccia di sua figlia. Sakura, ancora intontita, abbracciò con gioia i suoi genitori mentre gridolini di eccitazione fuoriuscirono dalla sua bocca. I due genitori si guardarono commossi per poi ricambiare quel gesto di affetto.
-Mi sembrava che avessi detto che non volevi cambiare scuola- bofonchiò con allegria Anko dall’altra parte della scrivania. Orgogliosa, ma visibilmente commossa, Sakura si separò da Kizashi e Mebuki cercando, per quanto potesse, di asciugare le lacrime che segnavano copiose il suo viso. Questa volta, però, erano lacrime di felicità.
-Questo perché avevo considerato solo le scuole della California e non dell’Inghilterra- provò a mormorare tra un singhiozzo e l’altro.
-Effettivamente- le fece eco suo padre.
-Non mi sembrava che avessimo definito il continente-
-Ma siete seri? O è uno scherzo?- biascicò la ragazza che ancora non riusciva a credere a quello che aveva appena udito. Ogni suo muscolo sembrava essersi liberato della stanchezza e fremeva dalla felicità.
-Nessuno scherzo, abbiamo contattato poche ore fa la preside del College che ci ha informato che, nonostante il primo semestre sia già iniziato da due mesi, il trasferito è consentito- rispose suo padre alzandosi dalla sedia ed afferrando un foglio che giaceva sulla sua scrivania. Lentamente glielo porse.
-Ti basterà firmare questo foglio e diventerai ufficialmente una nuova alunna del College più prestigioso dell’Inghilterra, sempre che tu lo voglia visto che sei maggiorenne e mi pare di aver capito che vuoi scegliere da sola delle tue azioni- un sorriso sincero ed entusiasta si dipinse all’istante sul volto della Haruno.
-Lo voglio papà, lo voglio con tutto il cuore-






Note:
Mi ritrovo a pubblicare questa storia dopo troppo tempo dall'ultima volta in cui ho scritto e non penso che il risultato mi aggrada pienamente. Nonostante ciò spero che però la mia storia possa piacervi e, preghiamo, che io riesca a portarla a termine (sembra una utopia!). 

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Capitolo 2
*** L'incontro in aereo ***


La luna risplendeva nel cielo notturno da oramai molte ore e la capitale della California era pressoché silente. Le strade erano completamente deserte e solo dei miagolii di qualche gatto facevano intendere che la città era solamente addormentata e non disabitata. Solo una persona, nonostante l’ora tarda, sembrava non voler cedere alla stanchezza, stanchezza che si era totalmente dissolta dalle sue membra oramai colme di eccitazione.
Sakura Haruno non riusciva a togliersi dal volto un enorme sorriso: continuava a muoversi nella sua stanza alla ricerca di qualsiasi cosa che pensava, anche solo in maniera remota, di dover portare con lei dall’altra parte del mondo. Non le importava che il suo volo fosse fissato a distanza di una settimana, l’unico pensiero che occupava la sua mente era che la sua vita sarebbe cambiata ed era sicura che sarebbe cambiata in meglio. All’improvviso i suoi occhi di un verde smeraldo ricaddero su una scatola di latta abbandonata sotto al suo suntuoso letto. Con fatica e stando attenta a come metteva la caviglia ancora leggermente dolorante, si chinò per tirarla fuori: un sorriso involontario dipinse il suo volto al ricordo di cosa quello scrigno contenesse. In silenzio, per non svegliare la servitù o i suoi genitori, si adagiò sul letto aprendola lentamente. Immediatamente una espressione di pura sorpresa si dipinse sul suo volto osservando la miriade di foto che conteneva. Le principali protagoniste erano sempre due ragazzine, una dai capelli castani e una bizzarra pettinatura e l’altra con una tinta della chioma decisamente inusuale. Con dolcezza, una dolcezza che poco le apparteneva, si sdraino supina sul materasso iniziando a studiare una ad una quelle fotografie. Tenten, a differenza sua, era estremamente fotogenica e sorrideva sempre, un sorriso che la Haruno conosceva a memoria: lei e Tenten si erano conosciute moltissimi anni addietro, talmente tanti che a Sakura sembrava di conoscerla da sempre. Era stata lei, la coraggiosa ed impavida Tenten, a difenderla dai bulli che già alle elementari la prendevano in giro per i suoi lineamenti orientali e i suoi capelli. Tutti ridevano di lei quando passava per i corridoi, tutta la indicavano come fosse un fenomeno da baraccone, ma non Tenten. Quella bambina dalle guance paffute e gli occhi così simili a quelli di un cerbiatto l’aveva presa per mano un pomeriggio come tanti e aveva solo esclamato una parola.
“Corri” le sibilò con la lingua tra i denti iniziando a correre talmente forte che senza la presa delle sue dita tra quelle di Sakura, la Haruno sarebbe caduta. Avevano corso per il parco adiacente alla loro scuola, avevano corso tra l’indifferenza della gente adulta che sembrava quasi infastidita dalla loro presenza tra le vie. Poi, quando Sakura pensava che sarebbe morta non riuscendo più a respirare a causa del fiatone, Tenten si era fermata in un posto ben nascosto nel parco, riparato da degli alti cespugli. Sakura, resasi conto di quello che avevano fatto, si era guardata intorno preoccupata.
“Non si può uscire dalla scuola!” aveva urlato con il broncio fissando quella strana bambina infilarsi tra i folti cespugli. Lei non le aveva risposto, ma dopo pochi secondi, secondi in cui Sakura aveva provato un orribile senso di solitudine, la castana era riemersa con un sorriso talmente ampio che la Haruno pensò che fosse finto.
“Tieni” le aveva detto semplicemente porgendole una lattina di coca cola.
“Bevi” aveva continuato sedendosi sotto ad un albero. La Haruno, ancora indecisa, l’aveva seguita con lo sguardo.
“Siamo delle bambine di otto anni e siamo scappate dalla scuola” aveva borbottato decisamente preoccupata in volto. L’altra bambina però si limitò a bere un sorso della bibita e ad emettere un rutto.
“Scusa” bisbigliò con le guance arrossate e facendole l’occhiolino. Di fronte a tutto ciò però finalmente Sakura iniziò a ridere divertita.
“Sei buffa” aveva detto sedendosi accanto l’altra bambina. La castana si era immediatamente ricomposta e cercò di sedersi in maniera eretta.
“Tenten” aveva detto con solennità provando a darsi un tono adulto. Gli occhi di Sakura brillarono.
“Sakura” aveva risposto stringendole la mano come così tante volte aveva visto fare ai suoi con gli sconosciuti.
“Un bellissimo nome, è giapponese?” le domandò liberando la fronte da una frangetta sudata. Sakura annuì appena osservando con attenzione i lineamenti della sua nuova amica.
“Mia madre invece era cinese” disse notando la curiosità della Haruno.
“Era?” mormorò senza pensarci Sakura. Immediatamente si mise le mani sul volto capendo, nonostante fosse una bambina, quanto fosse inopportuna una domanda del genere. Tenten però non ci badò affatto e anzi il suo bel sorriso non accennò a scemare.
“Sì, purtroppo è morta dandomi alla luce” le rispose lasciando che i suoi occhi ambrati si perdessero tra le foglie.
“Mi dispiace” sospirò Sakura sentendosi estremamente in colpa e avvicinando le ginocchia al petto.
“Oh, non esserlo, è successo molto tempo fa. E comunque” aggiunse mentre un velo di orgoglio esaltò i suoi lineamenti.
“Io ce l’ho una mamma, o per lo meno una figura molto simile” concluse assaporando un altro sorso di coca cola.
“Davvero?” le domandò sempre più curiosa Sakura. Tenten si fermò un attimo e socchiuse le labbra pensosa prima di avvicinarsi alla bambina.
“Una mamma è qualcuno che quando metti in disordine ti sgrida, che ti aiuta a vestirti e che quando sei triste ti abbraccia?” Sakura ci rimuginò un attimo: immediatamente pensò a sua madre ed effettivamente tutte queste azioni combaciavano alla perfezione.
“Sì” rispose con foga come se fosse ad una interrogazione.
“Bene” mormorò soddisfatta Tenten incrociando le braccia al petto
“Allora anche io ho una mamma, il suo nome è Anko. È lei che si occupa di me da sempre”
“È lei che ti ha insegnato a correre così veloce?” la curiosità di Sakura per quella bambina così diversa dagli altri era sempre più alimentata da ogni sua singola parola.
“Esatto. Sai, ora lei lavora come operaia in una fabbrica tessile, ma quando era giovane era una campionessa delle arti marziali” immediatamente Tenten si alzò da terra iniziando a mimare goffamente delle mosse. Sakura però la fissò completamente rapita.
“Ogni mattina mi alleno per diventare brava quanto lei” concluse risedendosi a terra.
“Pensi che anche io possa farlo?” sospirò la Haruno. Tenten si morse un labbro pensosa: senza alcuna vergogna si avvicinò a lei scrutando ogni centimetro del suo corpo.
“Nah, sei troppo magrolina e bassa, mia mamma mi dice sempre che un corpo ben allenato e in forma è la base necessaria da cui partire” una delusione cocente balenò sul viso di Sakura che non riuscì a non reprimere alcune calde lacrime. Il sorriso di Tenten immediatamente svanì per la prima volta.
“Oh, non piangere, ti prego” sospirò prendendole una mano tra le sue: erano talmente calde che Sakura si beò di quel contatto.
“Non tutti possono praticare le arti marziali, ma questo perché non possiamo essere tutti uguali” spiegò alzando le spalle e assicurandosi di asciugare con un fazzoletto le lacrime che avevano bagnato le guance dell’altra bambina. Sakura la ringraziò con un sorriso tirato.
“Però io vorrei essere uguale agli altri così non mi prenderebbero più in giro” mormorò tra un sospiro e l’altro.
“Sei una stupida se lo pensi” la sgridò Tenten alzandosi in piedi e allungando una mano per permetterle di imitare questo suo gesto. Poi, senza aggiungere altro tirò fuori dalla tasca dei pantaloni quello che sembrava un coltello molto affilato. Sakura impallidì all’istante.
“Sei molto meglio di quegli stupidi bambini che vengono a scuola da noi. A me piacciono tantissimi i tuoi capelli e vorrei tantissimo che anche i miei fossero come i tuoi”
“Davvero?” le domandò con ammirazione Sakura. Tenten annuì con vigore e la Haruno non lesse alcuna falsità sul suo volto: Tenten era pura e sincera.
“Tu sei molto meglio di loro e anche io sono molto meglio di loro. La mia mamma dice che è da stupidi piangere per cose così inutili e noi non siamo stupide, vero Sakura?” la bambina scosse la testa con convinzione e finalmente il sorriso di Tenten ritornò a rallegrare il suo volto. 
“Bene, ora vieni. Oramai siamo diventate amiche e mi sembra giusto renderlo ufficiale!” disse saltellando verso una enorme corteggia. Sakura la fissò incredula.
“Amiche?” sibilò a labbra strette: lei non aveva mai avuto una amica.
“Lo vedi questo?” le domandò indicandole l’oggetto appuntito che Sakura era sicuro che non dovesse avere una bambina della loro età.
“Era di mio padre, li fabbricava lui per vivere o almeno questo è quello che mi è stato detto visto che lasciò mia mamma quando era incinta” e come se avesse detto qualcosa di poco conto iniziò a pulire la corteccia dell’albero. La Haruno oramai pendeva dalle sue labbra.
“Per rendere la nostra amicizia ufficiale incideremo le nostre iniziali su questa corteccia. Mia mamma dice che alberi del genere sopravvivono per centinaia di anni e così la nostra amicizia” e con decisione intagliò con l’appuntito oggetto una T leggermente tremante, ma di cui era pienamente soddisfatta.
“Tocca a te ora” mormorò facendo un passo indietro per ammirare con orgoglio la sua azione. Sakura, con le mani tremanti, afferrò il coltello e, sotto l’occhio attento di Tenten, incise una S con la sua miglior grafia.
“Bene, ora non importa cosa ci accadrà e se ci separeremo. Di fronte a questo nostro simbolo giuriamo che saremo amiche per sempre” e con solennità e serietà allungo il mignolo della sua mano destra.
“Amiche per sempre” le rispose Sakura permettendo alle loro due dita di incrociarsi.”
-Amiche per sempre- bisbigliò con un sorriso la Haruno girandosi su un fianco. Nonostante fossero trascorsi dieci anni da quel loro primo incontro la promessa l’avevano mantenuta. Da allora Tenten diventò una presenza fissa nella sua vita: quella bambina castana e dall’aria allegra la aiutò a superare i bulli difendendola a spada tratta. Non aveva paura di fare a botte con i maschi o di tirare i capelli alle ragazzine, per lei difendere Sakura diventò una missione. La Haruno rise divertita ricordando tutte le volte che, per difenderla, Tenten era stata richiamata in presidenza. Ben presto la castana divenne di casa nella sua lussuosa e ricca villa, adorata da Kizashi e Mebuki che la trattarono come una figlia. Dal canto suo Sakura era sempre la benvenuta nel piccolo appartamento angusto in cui Tenten e Anko vivevano. Tenten, infatti, proveniva da una realtà ben diversa dalla sua: senza una madre e un padre era rimasta alle cure della sua madrina che l’aveva legalmente adottata. Anko era solo una semplice operaia che purtroppo era stata costretta ad abbandonare la sua brillante carriera da atleta professionista nel Kendo finendo a fare un umile lavoro con cui a malapena riusciva a far campare sé stessa e la sua figlioccia. Sakura aveva sempre provato una immensa ammirazione per entrambe: nonostante tutte le delusioni avevano sempre un sorriso sincero e felice stampato sul volto. Tenten non le insegnò solo cosa fosse l’amicizia, quella pura e senza fini, ma anche ad apprezzare tutto ciò di bello che si ha nella vita, anche le cose che Sakura dava da sempre per scontate. Crescendo insieme a lei la Haruno era cambiata, era diventata una persona migliore che non si vergognava più delle sue origini. Ogni giorno lo passavano insieme: spesso Sakura trascorreva interi pomeriggi ad osservare orgogliosa la sua migliore amica migliorare nelle arti marziali e vincere un concorso dopo l’altro, vittorie che la rendevano tronfia di essere la migliore amica di una persona così speciale.
-Non ci credo, questa foto l’avevo completamente rimossa- sussurrò Sakura allegramente stringendo tra le dita una foto che ritraeva Tenten sul podio. Una grossa medaglia pendeva dal suo collo.
-Sembra passata una eternità- bisbigliò nuovamente scavando nella scatola di latta. Finalmente la sua curiosità venne saziata quando individuò ciò che stava cercando: loro due, oramai quasi adolescenti, erano appoggiate ad un corteggia di un albero sorridendo allegramente ed indicando il simbolo della loro amicizia. In un angolo, scritte a penna e con una pessima grafia, vi erano poche lettere che Sakura conosceva a memoria.
“Mi mancherai, ti voglio bene.
T.”
Quella era l’ultimissima foto che avevano scattato insieme prima che Tenten partisse: al compiere dei suoi 14 anni, uno in più di quelli di Sakura, la castana aveva ricevuto una borsa di studio per il College più rinomato di tutta l’Europa. Il suo talento, per le discipline che tanto amava, non era passato inosservato. Quando Tenten, prima di dirlo a qualsiasi altra persona, si era precipitata a casa della sua migliore amica con la lettera in mano Sakura pianse, ma non dalla gioia. Aveva paura, tremendamente paura, di perdere la sua unica amica.
“Sakura, guardami” le aveva detto con decisione Tenten sollevandole il mento: gli occhi color smeraldo della Haruno erano completamente pieni di lacrime che allo stesso tempo scivolavano veloci lungo le sue guance arrossate.
“Non piangere” le aveva sussurrato con una dolcezza.
“Ti ricordi la promessa?” Sakura annuì con decisione.
“Allora non hai niente di cui preoccuparti” e la avvolse tra le sue braccia. La Haruno avrebbe voluto dirle di non andare, di non lasciarla sola, ma Sakura non era egoista: sapeva perfettamente che questa era una occasione più unica che rara per la sua migliore amica, un’occasione che non le avrebbe mai chiesto di rinunciare.
E così, oramai cinque anni fa, Tenten aveva lasciato l’America sotto lo sguardo commosso delle sue due famiglie. Kizashi e Mebuki l’avevano abbracciata come fosse una figlia e baciata come se fosse la loro figlia. Anko invece, cercando di non mostrare l’enorme dolore che provava, aveva iniziato ad elencarle tutte le cose a cui avrebbe dovuto fare attenzione e le fece addirittura una ramanzina che durò per ben dieci minuti: Sakura immediatamente pensò che questo fosse quello che facevano le mamme.
E poi era toccato a lei. Sakura, con le guance arrossate dall’emozione, aveva estratto dalla tasca dei suoi jeans una piccola scatolina argentata. Tenten, sorpresa, aveva scrutato il suo viso con attenzione.
“Aprila” disse Sakura con le lacrime che oramai rigavano il suo viso. Ancora poco convinta, Tenten seguì le sue indicazioni, ma quando sollevò il coperchio una espressione di stupore illuminò il suo viso: con le mani tremanti e piene di calli tirò fuori una collana d’oro con un piccolo ciondolo.
“Si chiama Kunai. È un’arma che molti anni fa veniva maneggiata dai ninja più valorosi delle nostre terre” mormorò Sakura vibrante di emozione. Tenten immediatamente riconobbe nel kunai il coltello affilato, l’unica cosa che le rimaneva di suo padre.
“Sakura, non posso accettare” sibilò con voce tremante di fronte a quel dono così prezioso. La Haruno rivelò che intorno al collo anche lei aveva un ciondolo esattamente uguale, ma azzurro con dentro incastonato uno zaffiro.
“Certo che puoi accettarla, è il mio regalo d’addio” le aveva risposto quasi seccata strappandole il dono dalle mani e infilandoglielo al collo: il rubino rosso incastonato nel kunai dalla tinta vermiglia brillò di luce propria. Per alcuni secondi Tenten lo fissò estasiata sotto gli occhi commossi dei loro genitori.
“Stupida” la derise tirando su con il naso la castana.
“Questo non è un addio, ricordi la nostra promessa?” un sorriso divertito comparve sul volto della Haruno che schiccò le labbra.
“Certo, ma chi mi assicura che sarai ancora mia amica quando diventerai popolare in Inghilterra?” ma non aveva potuto aggiungere altro che Tenten le aveva messo le braccia al collo e l’aveva abbracciata con tutta la forza che possedeva in corpo.
“Promesso?” mormorò debolmente Sakura affossando il volto tra i capelli castani e morbidi della sua migliore amica. Nonostante tutto aveva paura, paura di perderla.
“Promesso”
-Bip-bip!- il richiamo del cellulare di Sakura costrinse la sua mente ad abbandonare quei ricordi. Sakura si sedette asciugandosi con la manica le due lacrime che erano sfuggite. Istantaneamente si portò le dita al collo passando sui polpastrelli il ciondolo che non aveva mai tolto: non si erano più riviste di persona dopo quel giorno in aeroporto. Tenten, nonostante la borsa di studio, non aveva i soldi necessari per comprarsi un biglietto aereo, soldi che aveva rifiutato da Kizashi e Mebuki. Era molto orgogliosa su alcuni argomenti. Sakura, dal canto suo, era sempre stata giudicata troppo piccola dai suoi genitori per affrontare un viaggio così lungo in una città così lontana e sconosciuta. Ma, nonostante fossero a chilometri di distanza, non passava giorno in cui si chiamassero, non passava giorno in cui l’allegra e un po’ metallica voce di Tenten risuonasse nella sua mente. Tutto ciò però oramai sembrava solo un lontano ricordo: l’avrebbe rivista.
Un ennesimo messaggio fece vibrare e suonare il suo cellulare.
-Chi è a quest’ora?- mormorò a sé stessa allungando la mano per afferrare il telefono. Erano le due di notte, troppo tardi perché qualcuno le mandasse un messaggio, ma chi le aveva scritto non era un qualcuno.
“Te l’avevo detto, io mantengo sempre le promesse” e Sakura, di fronte a quelle poche parole, iniziò a ridere dalla gioia.
 
 
-Gentili passeggeri si informa che il volo A03400 diretto a Londra delle ore 9.00 ha appena aperto il Gate numero 5, si prega di prepararsi per l’imbarco- lo sguardo attento e preciso di Sakura esaminò per l’ennesima volta il numero del gate che aveva di fronte. Lo scrutò con attenzione come se temesse che da un momento all’altro cambiasse all’improvviso.
-Allora- disse suo padre interrompendo i suoi pensieri.
-Sei pronta a partire?- Sakura annuì con forza stringendo tra le dita l’enorme valigia che si portava dietro, molto più grande di quelle che avevano qualsiasi altro passeggero. Kizashi sorrise debolmente di fronte a questo suo assenso iniziando ad accarezzarle dolcemente i capelli.
-Ora è l’ultima possibilità per cambiare idea- le sussurrò a bassa voce in maniera tale che né sua moglie né Anko potessero sentirlo. Sakura schiccò le labbra divertita.
-Papà...- lo riprese con lo stesso tono che sua madre usava per riprenderla: Kizashi, divertito e meno teso in volto, alzò gli occhi al cielo.
-Va bene, va bene, ho recepito il messaggio- concluse mentre i loro occhi così simili si specchiarono l’uno nell’altro.
-Mi mancherai, bambina mia- e prima che la Haruno potesse rispondere le schioccò un tenero bacio sulla fronte.
-Anche tu papà- sibilò con le labbra tremanti. Poi, senza aggiungere altro, si lanciò tra le sue braccia beandosi di quel gesto che così spesso l’aveva fatta sentire al sicuro quando era piccola.
-Sakura, sei sicura di aver preso tutto? Passaporto, carta di imbarco... oh, mamma mia, ti sei sicuramente scordata la card per il College!-
-Mamma!- la riprese Sakura mentre le persone più vicine a loro iniziarono a fissarli incuriositi dalle grida di Mebuki.
-L’ho presa- sibilò imbarazzata tirando da sotto la maglietta la card con la sua foto sopra. L’aveva già preventivamente infilata con un laccetto al collo per evitare di scordarsela.
-Ho preso tutto, sono stata attenta-
-Sei cresciuta così tanto, piccola mia. Non posso credere che tu sia così adulta e responsabile- sospirò la donna trovando conforto tra le braccia del marito e iniziando a sospirare disperata. Anko superò agilmente i due coniugi approfittando del loro momento di distrazione.
-Sakura, puoi seguirmi un attimo?-le mormorò all’orecchio e la Haruno, dopo aver lasciato la valigia in custodia a suo padre, la seguì poco distante.
Anko si portò le mani al viso estremamente pensierosa: fissò per alcuni secondi il volto incuriosito di Sakura per poi tornare a fissare il gate affollato di gente. Poi, come risvegliatasi da un sogno, si abbassò leggermente per far sì che i loro sguardi fossero obbligati ad incrociarsi.
-Sono così orgogliosa di te oggi- disse trattenendo a fatica la commozione. Poi, dopo essersi soffiata il naso, riprese il suo discorso.
-Ma non posso lasciarti partire se prima non mi prometti alcune cose- Sakura la guardò senza capire.
-Promettimi che vivrai a pieno questa bellissima esperienza che ti aspetta, promettimi che gioierai sempre per ogni piccola cosa felice che ti accadrà ogni giorno e che non ti farai abbattere per nessun motivo dalle cose meno belle. Promettimi che non sprecherai mai più delle lacrime per chi non se le merita perché tu sei la cazzutissima Sakura Haruno che da un po’ di anni si era persa e spenta, ma che ha tantissimo da offrire al mondo. E infine- disse lasciandosi sfuggire una piccola lacrima che rigò le sue guance attentamente truccate.
-Promettimi che ti prenderai cura della mia bambina, che non la lascerai mai sola anche se io non ci sarò più- sussurrò con debolezza.
-Anko, non dire così- bisbigliò, ma queste parole le sembrarono estremamente false e inappropriate. La donna mimò un sorriso tirato.
-Promettimelo Sakura, ti prego-
-Te lo prometto Anko, Tenten non sarà mai sola- e prima che potesse aggiungere altro abbracciò con forza la donna dai capelli violacei. Provò a trattenersi, a non lasciare che le sue emozioni prendessero il sopravvento, ma non ci riuscì, per la seconda volta iniziò a piangere disperata su una spalla amica. Anko la cullò per alcuni minuti accarezzandole dolcemente i capelli fino a quando una voce ricordò nuovamente ai passeggeri che il suo volo era in procinto di partire.
-Vi voglio bene- sibilò con gli occhi lucidi Sakura salutando un’ultima volta i suoi genitori.
-Anche noi Sakura- e l’ultima cosa che la Haruno vide prima di correre verso il gate furono dei commossi e dolci sorrisi che la sua famiglia allargata le rivolse. Dei sorrisi che Sakura avrebbe per sempre tenuto nel suo cuore.
 
-Buongiorno e benvenuta a bordo- la salutò l’hostess appena Sakura mise un piede sull’aereo. Con gli occhi ancora gonfi per il pianto la Haruno sfoggiò il suo miglior sorriso prima di dirigersi verso uno dei due corridoi dell’aereo. Il suo sguardo fissò per alcuni secondi il suo biglietto di prima classe: sospirò notando che la sua fila era molto indietro.
-Scusi- bisbigliò cercando goffamente di trascinare dietro di sé il trolley di dimensioni decisamente abnormali. Le ruote, per sua sfortuna, sembravo incastrarsi in ogni sedile e il peso non indifferente le impediva di portarla a mano.
-Allora, ci muoviamo?- sospirò una voce profonda dietro di lei mentre una coda non indifferente iniziava a formarsi alle sue spalle. L’aereo era pressoché vuoto poiché avevano chiamato per primi i passeggeri della business class e quindi Sakura non aveva alcuna possibilità di chiedere aiuto.
-Scusate- mormorò iniziando ad essere infastidita per i toni maleducati con cui la gente dietro di lei la intimava di accelerare. Quando, per l’ennesima volta, la ruota del suo trolley andò ad impigliarsi nel tappetino posto sotto ai sedili, un mano le bussò spazientita sulla spalla.
-Ti vuoi dare una mossa, ragazzina?- sospirò infastidita una donna che aveva pressoché l’età di sua madre. Sakura, oramai esausta da tutta quella situazione, assottigliò gli occhi decisamente infastidita.
-Ci sto provando- replicò con tono tutt’altro che rispettoso e, senza lasciare il tempo materiale alla sconosciuta di rispondere, iniziò a tirare con ancora più forza la valigia.
-Spingila anziché trascinarla- una voce decisamente annoiata attirò la sua attenzione.
-Come scusa?- tuonò sempre più alterata la Haruno fissando il ragazzo che le aveva rivolto parola. Lui, per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo.
-Se la spingi al contrario anziché trascinarla puoi controllarla meglio- aggiunse come se ogni sua parola fosse elementare. Sakura si morse il labbro con forza cercando di tenere a bada il suo orgoglio e, non senza aver digrignato i denti, fece come lo sconosciuto le aveva detto.
-Non era difficile- sibilò il ragazzo vedendo, con soddisfazione, che il suo consiglio funzionava. Sakura non badò affatto alle sue parole, ma si limitò ad aumentare il suo passo mentre quasi tutte le persone dietro di lei iniziavano a prendere posto.
-Vent’uno, ventidue, ventitré!- biascicò la Haruno individuando il suo posto: per sua fortuna suo padre le aveva prenotato un posto affianco al finestrino come piaceva a lei. Decisamente eccitata ed emozionata buttò la sua borsa sul sedile. Stava per girarsi per mettere a posto la valigia quando una seconda figura, decisamente imprevista, inciampò sul suo trolley cadendo a terra.
-Cazzo- mormorò a denti stretti quello che sembrava un ragazzo atterrando sul pavimento.
-Cavolo, stai bene?- gli domandò Sakura scrutando la figura dei capelli corvini.
-No, ed è tutta colpa della tua stupida valigia- tuonò lui cercando a fatica di alzarsi da terra. Sakura lo fissò stranita di fronte a quelle parole così intrise d’odio.
-Hai ragione, mi dispiace- si scusò allungando una mano per aiutarlo a mettersi in piedi, ma l’altro la ignorò completamente senza neanche degnarla di uno sguardo.
-Non me ne faccio niente delle tue scuse, imbecille- quella parola, quell’ultima parola sputata con veleno, fece traboccare il vaso della pazienza di Sakura.
-Ma come ti permetti?- tuonò incrociando le braccia al petto di fronte a quella persona così scortese. Il ragazzo, finalmente rimessosi sui suoi piedi, si girò a fissarla: il suo sguardo così insistente ed indagatore sulla sua figura le fece immediatamente salire un senso di inadeguatezza.
-Metti a posto il tuo trolley prima che qualcun altro si faccia del male- la liquidò incrociando per un attimo i loro sguardi. Sakura deglutì a fatica.
-È troppo pesante, non riesco a metterla negli scomparti sopra i sedili- mormorò cercando di non far tremare le sue labbra.
-Non è un mio problema- concluse però lui allontanandosi e dirigendosi nei posti dall’altra parte dell’aereo. Imbambolata Sakura non riuscì a distogliere il suo sguardo da lui: come si permetteva quel ragazzino a parlarle così? Lo scrutò con attenzione alcuni secondi vedendo che prendeva posto affianco ad un sedile occupato da un secondo ragazzo.
-Che seccatura- mugugnò il ragazzo già seduto alzandosi per farlo passare e sistemare accanto al finestrino. Poi, evidentemente accortosi dello sguardo della Haruno, alzò incuriosito un sopracciglio.
-Signorina?- disse una quarta figura facendo risvegliare Sakura dai suoi pensieri.
-Può cortesemente riporre il suo bagaglio negli scompartimenti prima che entrino i passeggeri della economy?- e prima che lei potesse anche solo chiederle una mano l’hostess si era già volatilizzata. Oramai, sola e con una valigia più pesante di lei, la Haruno sospirò scuotendo la testa con decisione. Una ciocca di un rosa brillante sfuggì dal suo cappello andandole a coprire la fronte.
-Che seccatura- borbottò nuovamente il ragazzo dall’alta coda corvina, ma Sakura era troppo impegnata a pensare ad un piano per farci caso.
-Che seccatura- disse nuovamente e, prima che la Haruno si rendesse conto che la voce era oramai estremamente vicina a lei, due mani lunghe si avvolsero intorno alla sua valigia.
-Faccio io- borbottò lo stesso ragazzo che pochi secondi prima le aveva rivolto un consiglio non richiesto su come trasportare il trolley, lo stesso che pareva conoscere il ragazzo più maleducato che lei avesse mai conosciuto.
-Grazie- sibilò incuriosita osservandolo sistemare, a fatica, la valigia al suo posto.
-Nessun problema- rispose lui prima di allontanarsi silenziosamente così come era venuto. Sakura, turbata dal comportamento decisamente assurdo di quei due ragazzi appena incontrati, decise di lasciar svanire la sua curiosità per quegli individui. Esausta, ma emozionata, prese posto nel suo comodo sedile. I suoi occhi, di un verde brillante, osservarono per l’ultima volta il grande aeroporto di Los Angeles.
-Speriamo- sospirò avvicinando talmente tanto il naso al finestrino da farlo appannare.
-Che i ragazzi inglese siano più normali di quei due pazzoidi- e prima che l’aereo si mise in moto udì, senza farlo apposta, uno dei due ragazzi dire, con un accento decisamente troppo british, all’altro:
-Sasuke, spero che tu non abbia intenzione di mantenere il muso per tutto il viaggio perché sarebbe una seccatura-







Note:
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, letto e salvato la storia nei preferiti/ricordati, spero che questo secondo capitolo sia all'altezza del primo! Diciamo che, essendo ancora all'inizio, la storia si sta ancora evolvendo, ma finalmente compaiono personaggi familiari. Spero di avervi strappato almeno una risata con la scena dell'aereo e chissà cosa succederà al prossimo  capitolo....
 

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Capitolo 3
*** Insieme ***


Nonostante l’inizio del viaggio fosse stato tutto fuorché roseo, le dodici ore di volo Sakura le passò pressoché solo dormendo. Mentre il mondo al di fuori dell’aereo iniziava a farsi sempre più buio, ogni piccolo muscolo della Haruno, con il passare delle ore, iniziò a fremere sempre di più. In alcuni istanti le sembrava tutto estremamente bello che aveva paura che fosse solo un sogno: a volte si domandava se da un momento all’altro non si sarebbe risvegliata nel suo letto ricoperta di fango e di sangue. Ma poi finalmente l’aereo era atterrato e in pochi secondi i due giovani, che aveva osservato di nascosto per tutto il volo, erano completamente svaniti.
-Scusi- le domandò una signora decisamente in là con l’età. Sakura, con gli occhi pieni di sonno e delle profonde occhiai, si bloccò all’istante.
-Saprebbe dirmi fino a quando la metro è aperta?- le domandò la vecchina con un caloroso sorriso e un accento british a cui la Haruno non era abituata.
-Mi dispiace- mormorò alzando le spalle
-Non sono di qui, vengo dalla America- si scusò guardandosi intorno mentre un mucchio di gente trafelata e piena di bagagli si dirigeva verso l’uscita dell’aeroporto.
-Oh, non è niente cara e anzi mi dispiace averti disturbata- sussurrò la sconosciuta salutandola e dirigendosi verso uno degli sportelli. Sakura, nuovamente sola, riprese a camminare verso le porte vetro. Il suo cellulare non era riuscito ancora a prendere la linea locale e mentalmente si malediceva per non essersi messa d’accordo prima con Tenten sul dove incontrarsi. La castana le aveva assicurato che sarebbe venuta a prenderla, nonostante fossero le undici di sera passate, ma al ritiro bagagli non l’aveva individuata in mezzo alla folla di passeggeri e parenti. Quando finalmente riuscì a raggiungere l’uscita, una folata di un vento gelido si intrufolò nei suoi leggeri vestiti.
-Che freddo- sospirò coprendosi le spalle con le braccia. Ad un certo punto però qualcosa, o per meglio dire qualcuno, attirò la sua attenzione. Una macchina decisamente di dubbio gusto, molto simile ad un maggiolino, ma molto più verde e molto più lucina, spiccava in mezzo alla fila di taxi. Accanto al veicolo, indaffarata a scrivere qualcosa sul telefono, vi era una ragazza che Sakura avrebbe riconosciuto tra mille. La fanciulla, in quel preciso momento, alzò gli occhi dal display incrociando il suo sguardo.
-Oddio, Sakura!- urlò a pieni polmoni facendo girare tutti i presenti. Noncurante degli sguardi indiscreti degli sconosciuti le corse incontro a tutta velocità.
-Non ci posso credere che sia davvero tu, ho provato a telefonarti per mezz’ora e avevo paura che avessi perso l’aereo o, peggio, che avessi cambiato idea- gridò a pieni polmoni abbracciandola. Sakura, per la prima volta dopo molto, moltissimo tempo, sentì di nuovo un acre odore di arancia solleticarle il naso: un profumo che per lei significava felicità.
-Sei seria? Sarei salita su quell’aereo a costo di uccidere qualcuno- le rispose lei affossando il volto tra i capelli castani dell’amica. Era estremamente alta, troppo alta rispetto all’ultima volta che l’aveva vista di persona: i suoi capelli, di un castano decisamente più caldo, erano completamente spettinati e le arrivavano alle spalle.
-Mi sei mancata- sospirò. Tenten, all’udire quelle parole, si separò divertita da quel contatto che così tanto avevano bramato.
-Non dirmi che stai per piangere come una bambina- la derise inarcando un sopracciglio. Poi, regalandole una gomitata, le fece un occhiolino.
-E comunque mi sei mancata anche tu- borbottò mentre le sue guance si fecero più rosate. Il silenzio calò lasciando che i loro corpi si abituassero nuovamente alla presenza dell’altra.
-E questa bellissima macchina dove l’hai presa?-
-Ehi- la sgridò Tenten allontanandole la mano dal cofano come se avesse rischiato di rovinarla.
-Non toccare Metal e poi non è una lei, ma un lui- la riprese. Sakura trattenne a stento una risata.
-Mi vuoi dire che hai dato un nome alla tua automobile?-
-Errore, questa macchina non è mia, ma di Rock Lee- la corresse Tenten iniziando a prendere le innumerevoli valigie di Sakura e a sistemarle in uno striminzito bagagliaio.
-Me l’ha prestata per venirti a prendere e ti avverto: per Rock Lee Metal è come un figlio- continuò talmente seria che Sakura faceva sempre più fatica a trattenere delle grosse risata.
-Quindi sarebbe Metal Lee?- le fece eco scrutandola. Tenten si lasciò sfuggire un sorriso.
-Effettivamente così suona un po’ troppo raccapricciante... Ti dispiace darmi una mano?- le disse mentre inutilmente stava cercando di spingere nel bagagliaio il trolley maledetto. Sbuffando e spingendo finalmente tutte le valigie furono caricate sull’auto.
-Mi sembra ancora un sogno che tu sia qui!-
-O un incubo, dipende dai punti di vista- le fece eco Sakura. Tenten istintivamente le fece una linguaccia.
-Ho così tante cose da raccontarti che non so da dove iniziare. Per prima cosa domani mattina dovrai incontrare assolutamente Rock Lee... Sai è così emozionato di incontrarti finalmente- iniziò a parlare a manetta la castana senza lasciare alcun tempo di replica a Sakura. Lei però era talmente felice di avere in carne ed ossa la sua migliore amica logorroica che non osò interromperla.
-Gli ho raccontato talmente tanto di te che oramai per Lee sei come una amica. Dovete assolutamente diventare amici perché lui è il mio migliore amico e tu la mia migliore amica!- continuò prendendo le mani di Sakura tra le sue e stringendola con forza. Poi, all’improvviso gli occhi di Tenten si fecero più scuri e pensosi. Con delicatezza alzò una mano per sfiorarle dolcemente il labbro superiore. Percorse per alcuni secondi con i polpastrelli la ferita rimarginata presente sul volto della Haruno.
-Sto bene- le mormorò Sakura accennando un sorriso. Tenten però continuò ad analizzare ogni suo singolo centimetro di volto.
-Davvero, sto bene e starò bene. Siamo insieme non mi può più succedere nulla-
 
 


Il volto di Sakura era estasiano, nessun altro aggettivo sarebbe stato più incalzante. Il College da fuori era immenso, un campus che Sakura era sicura di aver visto solo nei film: ma dentro era ancora meglio. Con le pupille illuminate solo dalla luce delle stelle e della luna, Sakura seguiva in silenzio la sua migliore amica che spedita camminava per l’enorme cortile della scuola.
-E quella è la mensa- mormorò Tenten indicando una ennesima, grandissima porta che portava ad un edificio altrettanto grande.
-Penso che mi ci vorrà solo un anno per capire come orientarmi- sibilò mentre tutto intorno a loro era buio e silenzioso. Nessun ragazzo o insegnate era presente in giro e questa dava un’aria ancora più suggestiva all’ambiente.
-Tranquilla, io dopo quasi cinque anni mi perdo ancora- le rispose divertita Tenten accelerando il passo. Poi, finalmente, il sentiero principale finì.
-Bene signorina Haruno, siamo quasi arrivate. Quello laggiù è il tuo dormitorio-
-Mio?- borbottò Sakura osservando un edificio enorme e pieno di finestre, alcune delle quali illuminate da delle luci. Tenten annuì vistosamente.
-Sì, queste camere sono riservate unicamente per chi paga. Gli appartamenti per chi come me ha la borsa di studio si trovano completamente dall’altra parte del cortile. Più o meno dove siamo entrate- una espressione delusa apparve sul volto di Sakura mentre riprese a seguire la castana: pensava che la sua compagna di stanza sarebbe stata Tentent e non una, o peggio uno, sconosciuto.
-Ecco qua, appartamento 07K. Dovrebbe essere giusto- sospirò stanca Tenten poggiando le valige davanti alla porta. Poi, iniziò confusamente a cercare nella sua borsetta.
-E questa- sibilò soddisfatta
-E la tua chiave. La preside del College me l’ha consegnata questa mattina- si spiegò avvicinando la chiave alla serratura. Il buio più completo accolse le due ragazze.
-Ma pensavo che avrei diviso la mia stanza con una coinquilina- domandò la Haruno notando come l’intero ed enorme appartamento fosse pressoché deserto. Solo alcune foto erano appese al frigorifero grazie a delle calamite.
-Sì, la tua compagna di stanza è partita circa undici mesi per fare uno stage annuale in Italia quindi per un po’ questo è tutto tuo- le rispose Tenten trascinando a fatica le ultime valigie all’interno. Poi, prima che potesse aggiungere altro, si lasciò sfuggire un enorme sbadiglio.
-Scusami- sospirò stiracchiandosi.
-Ma è stata una giornata impegnativa- continuò allontanando la frangetta dal viso. Sakura istintivamente notò che era già mezzanotte passata.
-Forza Ten, è ora che tu vada a letto- spingendola verso l’uscita.
-Non essere sciocca, guarda quante valigie ti sei portata. Ti aiuto a mettere tutto a posto e poi- mormorò fermandosi per una seconda volta a sbadigliare
-Devo dirti un mucchio di cose- ma la Haruno sbuffò incrociando le braccia al seno.
-Tenten guarda che non scappo da nessuna parte. Abbiamo praticamente un anno da trascorrere insieme-
-Quando mi chiami con quel tono mi ricordi tremendamente Anko- la rimproverò la castana oramai sull’uscio dell’appartamento.
-Beh, se vuoi posso anche chiamarti Tenny- la derise la Haruno facendo riferimento al nomignolo che la madrina di Tenten usava da sempre con la castana, nomignolo che la seconda aveva sempre odiato.
-Non oseresti- le fece esco alzando un sopracciglio di sfida.
-Consideralo un avvertimento per il futuro in caso dovessi litigare- la sbeffeggiò aprendo la porta. Tenten, ridendo, fece un passo.
-Ci vediamo domani?- le domandò facendo specchiare i suoi occhi così simili a quelli di un cerbiatto in quelli verde smeraldo di Sakura. L’altra si limitò ad annuire.
-Io e te di nuovo insieme-
-Di nuovo insieme- le fece eco Sakura.
-Buonanotte, Tenten- la salutò mentre la castana iniziò a correre veloce per i corridoi.
-Che giornata- mormorò richiudendo la porta dietro di sé. Sospettosa iniziò a fissare quello che sembrava un salotto con cucina. Se non ci fossero state le sue numerose valigie Sakura si sarebbe sentita estremamente persa: tutto attorno a lei era totalmente sconosciuto e poco familiare. Incuriosita diede velocemente una occhiata in giro alla ricerca di un qualsiasi segno della sua misteriosa coinquilina. Doveva ammettere che non le dispiaceva avere per un po’ di settimane l’appartamento tutto per sé. In più non aveva alcuna idea di come sarebbe stata l’altra ragazza.
-Uhm - bisbigliò avvicinandosi alle uniche cose che indicavo che quell’appartamento non fosse deserto da sempre. Sul frigorifero scrutò attentamente due fotografie. La prima, poco più grande di una fototessera, rappresentava una ragazza bellissima: lunghi capelli dorati erano sistemati in una coda alta e la sconosciuta, che poteva benissimo essere una modella talmente era bella, sorrideva in maniera sensuale all’obbiettivo. Il suo corpo, alto e snello, era decisamente invidiabile, ma c’era qualcosa tra tutto l’insieme che la disturbava. Incuriosita passò ad osservare la seconda fotografia decisamente più grande della prima: con sgomentò notò che era stata malamente strappata a metà. Nell’unica parte rimasta vi era sempre la stessa ragazza, questa volta con i capelli lunghissimi e sciolti, decisamente più al naturale, ma sempre bellissima. Fissava contenta l’obbiettivo mostrando la mano destra: nel dito anulare un enorme anello brillava rubando l’attenzione.
-Che strano- biascicò osservando che sicuramente accanto a lei vi era una seconda figura che la stava abbracciando: lo si poteva intuire dalla mano decisamente maschile, l’unica cosa che poteva suggerire che nella parte mancante ci fosse stata una seconda persona. Poi, quasi accortasi per caso, notò che con un pennarello nero vi era anche una scritta.
-Ino e Suig...- ma non riuscì a leggere altro perché il resto del nome era stata strappato.
-Beh, speriamo che oltre ad essere bella sia anche simpatica- concluse allontanandosi dall’elettrodomestico senza riuscire a reprimere un enorme sbaglio: sembrava che all’improvviso tuta l’eccitazione fosse svanita e che il sonno avesse presto completamente possesso del suo corpo. Lentamente si trascinò verso la sua camera da letto sulla cui porta di ingresso erano state sistemate delle lettere colorate a formare il suo nome. E prima che potesse anche solo cambiarsi crollò sul materasso completamente esausta.
 


-Uffa- bisbigliò a bassa voce Tenten completamente avvolta nel buio. Il corridoio del suo dormitorio, vista l’ora, era completamente deserto e immerso nella notte.
-Perché non entri?- continuò cercando di infilare per l’ennesima volta la chiave nella serratura. E per una ennesima volta non ci riuscì. Sospirò infastidita iniziando a tastare le tasche dei suoi pantaloni della tuta alla ricerca del suo cellulare, l’unico mezzo con cui avrebbe potuto fare luce.
-Finalmente sei tornata: pensavo che ti fossi persa o peggio che avessi trovato qualcosa, o qualcuno, di più interessante- quella voce roca ed improvvisa la fece saltare dallo spavento. Immediatamente assunse una posizione di difesa. Due canini sbrilluccicarono colpiti dalla luce della Luna.
-Non pensavo che ti spaventassi così facilmente- continuò l’altro appoggiando la schiena al corridoio.
-Ma sei cretino? Mi hai spaventato- lo sgridò lei alzando gli occhi al cielo e rilassando i muscoli. Una risatina fastidiosa fuoriuscì dalla bocca del ragazzo.
-Non mi hai risposto- la incalzò sempre più divertito. Tenten, imperturbabile, riprese tra le dita le chiavi del suo appartamento.
-Sono andata all’aeroporto a prendere una mia cara amica-
-Sakura?- domandò lui avvicinandosi lentamente a lei. Tenten alzò un sopracciglio incuriosita.
-Come fai a sapere il suo nome?- mormorò scrutandolo. Lui, oramai a pochi centimetri da lei, espirò con fare animalesco.
-Sei stata tu a dirmelo, dopo il sesso sei una terribile chiacchierona- le disse provocandola deliberatamente. La castana sorrise divertita sentendo il suo fiato riscaldare il suo collo.
-Molto galante da parte tua starmi ad ascoltare- sibilò incrociando le braccia al petto.
-Beh, questo fanno gli amici- ma non concluse la frase che un dito della ragazza si posò sulle sue labbra.
-Noi non siamo amici, andiamo solo a letto insieme- ci tenne a precisare ridendo allegramente.
-Comunque come mai mi stavi aspettando?- sussurrò facendo alcuni passi indietro e facendo sbattere la schiena contro il muro. Il ragazzo sorrise quasi famelicamente come se si trovasse di fronte ad una preda.
-Pensavo che avessi bisogno di scaricare la tensione. Ti ho vista questa mattina allenarti- un sopracciglio si alzò dal volto della castana sempre più divertita.
-Mi stavi spiando?- domandò facendo scivolare le chiavi dalle sue dita a quelle dell’amico.
-In realtà ero lì per vedermi con Nej...-
-Kiba!- lo riprese lei sbuffando.
-Così hai rovinato tutto- ed entrambi si lasciarono sfuggire una risata.
-Però diciamo che hai pensato bene. Se riesci ad aprire quella stupida porta possiamo concludere la nostra chiacchierata dentro- e prima che potesse aggiungere altro degli appuntiti canini le sfiorano le labbra bramosi.  








Note:
E niente... Che ne pensate dell'ultima parte? Diciamo che l'idea di Tenten e Kiba mi ha sempre solleticato la mente e quale momento migliore se non una storia dove i segreti sono all'ordine del giorno? Per non parlare della foto che ha trovato Sakura... chi saranno i due ragazzi?

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Capitolo 4
*** Nuove e Vecchie Conoscenze ***


-Uhm- mormorò a labbra strette Sakura mentre un rumore estremamente fastidioso e continuo rimbombava nella sua mente assonata.
-Uhm- mugugnò nuovamente girandosi sull’altro fianco: quel molesto suono sarebbe passato preso, pensò continuando a mantenere gli occhi ben chiusi. Ma dopo ben cinque minuti pieni quel rumore sembrava non cessare.
-Chiunque sia smettila! Mi sveglierà quando voglio- sibilò con la voce impastata tornando ad affossare il viso nel guanciale. Si domandava chi della servitù la stesse importunando a quell’ora: chiunque fosse avrebbe sicuramente smesso dopo questo suo ordine. Eppure, contro le sue aspettative, il suono si fece addirittura più insistente come se non fossero più solo pugni a sbattere sulla porta, ma anche calci. Quello fu il momento il cui l’irritazione in Sakura prese il sopravento. Stringendo con forza i pugni non fece neanche caso al più completo disordine che la circondava e, con gli occhi pieni di rabbia, affossò con forza la mano sulla maniglia.
-Si può sapere cosa vuoi?- urlò, ma all’improvviso due occhi rotondi e di un nero brillante la fecero trasalire. Il ragazzo di fronte a lei non rispose, ma la fissò ammutolito. In quel momento, in quel preciso momento tutto quello che era accaduto il giorno precedente riprese posto nella sua mente. Ancora confusa e lenta nei movimenti, si girò all’istante richiudendo la porta dietro di lei con un gran tonfo: le sue valigie solo aperte e l’appartamento che profumava di pulito e di estraneo furono studiate attentamente dalle sue pupille. Quella non era decisamente la sua cameretta a Los Angeles, ma la sua nuova vita ed esistenza a Konoha. Come un fulmine a ciel sereno la ragazza alzò lo sguardo ad osservare l’orologio appeso alla parete: mentre un brivido percorreva veloce la sua schiena, Sakura si rese conto che era in ritardo, un ritardo estremo per la sua prima e vera propria lezione. Tuffandosi sulla sua valigia tirò fuori i primi vestiti decenti che trovò per poi dirigersi nel bagno dove, finalmente, permise alla sua faccia di avere il tanto agognato contatto con l’acqua fresca del rubinetto. Attentamente osservò il suo riflesso allo specchio: le occhiaie che aleggiavano pesantemente sul suo volto erano praticamente svanite e quella notte di riposo sembravano aver regalato giovinezza alla sua pelle. Si scrutò per alcuni secondi domandandosi se il suo aspetto esteriore, così orientale, le garbasse: era vero, non era venuta a Konoha per diventare miss Inghilterra, ma ci teneva il primo giorno ad avere un aspetto almeno decente prima di incontrare i suoi futuri compagni di classe. Dopotutto Tenten era un anno più grande di lei e quindi non avrebbero fatto parte della stessa classe. Velocemente tirò fuori dalla sua borsetta un lucidalabbra pescano che posò nel suo zaino con l’obiettivo di applicarlo dopo colazione. In realtà non aveva la più pallida idea di cosa fosse permesso in quel college e Tenten, come l’aveva avvertita la sera prima, avrebbe trascorso le prime ore del mattino a correre quindi non poteva chiederle consiglio. In più aveva esattamente quarantacinque minuti prima che la campanella si sarebbe attivata per segnare l’inizio della prima ora e dalla spiegazione del giorno primo non riusciva proprio a ricordare dove fosse la mensa. Per fortuna, pensò, Tenten le aveva riferito che il suo migliore amico, Rock Lee, si era accompagnato di.... ma all’improvviso un pensiero balenò nella sua mente. Correndo velocemente aprì la porta d’ingresso ritrovandosi lo stesso strambo ragazzo di una decina di minuti prima nella stessa posizione e con la stessa espressione con cui l’aveva lasciato prima.
-Rock Lee?- domandò accigliandosi mentre il suo coetaneo dalle folte sopracciglia sembrava essere come paralizzato. Preoccupata scosse la sua mano davanti al suo viso che però non rispose.
-Stai bene?- continuò, ma nuovamente la sua domanda rimase senza risposta.
-Mi dispiace per prima, ma ero talmente addormentata che pensavo di essere ancora a Los Angeles- si scusò ammettendo il suo errore e arrossando lievemente. Il ragazzo, di fronte a queste sue parole, mosse impercettibilmente le labbra.
-Puoi perdonarmi? Tu sei stato così carino a proporti per fare colazione con me e io ti ho trattato proprio da stronza- sussurrò accarezzando amicalmente la sua spalla. Appena le sue dita sfiorarono la spalla nuda del ragazzo, Rock Lee prese immediatamente vita: le sue sopracciglia si incurvarono mentre tutto il suo corpo si irrigidì.
-Oh, Sakura sei così dolce a scusarti con me, ma non ne hai bisogno. Sono io che ho sbagliato a bussare così forte disturbando il sogno rigenerativo... Ti prego, perdonami!- ululò chinandosi a terra e cingendo le mani in preghiera. Una espressione leggermente intontita si dipinse sul volto di Sakura: Tenten le aveva accennato che Rock Lee era un ragazzo particolare, e dalla macchina del giorno prima poteva intuirlo, ma lui andava decisamente oltre il bizzarro.
-Ehm- sibilò reprimendo una smorfia di imbarazzo di fronte allo sconosciuto dalla maglietta verde e brillante
-Perché non ci perdoniamo entrambi e non andiamo in mensa a fare colazione?- appena ebbe pronunciato quelle parole il ragazzo si alzò in piedi all’instante alzando il pollice della mano destra mentre l’entusiasmo prese velocemente possesso del suo corpo allenato.
-Se è questo che desideri, dolce Sakura, chi sono io per oppormi?- e mentre la Haruno si apprestava a prendere uno zaino si domandò se Rock Lee fosse l’unico soggetto di quella scuola.


-E allora, come ti dicevo, il maestro Gai mi ha consigliato di allenarmi con pesi di 5 kg e non di 3 kg se volevo ottenere risultati in meno tempo- concluse Rock Lee affondando il cucchiaino nel vasetto di yogurt e portandoselo alla bocca. Sakura sorrise cordialmente senza emettere un suono: erano da meno di dieci minuti alla mensa e quello strano ragazzo non cennava a smettere di parlare di arti marziali. Da quello che aveva capito anche lui, come Tenten, aveva ottenuto una borsa di studio grazie al suo insegnante Maito Gai, lo stesso insegnate, se Sakura non errava, che seguiva Tenten durante i suoi allenamenti.
-E così ho fatto, ma dopo neanche due giorni mi sono stirato la spalla destra e quindi è da una settimana che sono a riposo. Il Maestro Gai per ora quindi mi ha consigliato di correre almeno venti chilometri al giorno per tenermi in allenamento- continuò avvicinando un piatto pieno di croissant fumanti. Sakura sorrise nuovamente: per quanto fosse logorroico e bizzarro Rock Lee doveva ammetterlo che sembrava proprio un bravo ragazzo. Sicuramente, se Tenten gli era così legata, significava che si trattava di una persona dal cuore d’oro. All’improvviso, mentre Rock Lee stava per introdurre l’argomento della sua nuova tuta da allenamento, una capigliatura molto familiare fece capolinea tra la massa di studenti che circondava i due. Sakura era stata così presa ad ascoltare attentamente le parole del suo nuovo amico che non si era neanche resa conto di quanta gente ora parlasse allegramente tra loro tra un boccone e l’altro.
-Rock Lee, Sakura!- li salutò a gran voce Tenten facendosi spazio a fatica tra la moltitudine di studenti. Indossava degli abiti casual eppure le sue guance erano ancora arrossate per la corsa fatta poche ore prima.
-Buongiorno nuova studentessa del College di Konoha- la salutò con la sua solita allegria e sedendosi accanto di Rock Lee. Sakura non riuscì a trattenere un enorme sorriso.
-Allora di cosa stavate parlando di bello?- domandò avvicinando un piatto pieno di dolci che Rock Lee aveva preso alla mensa. Lo scrutò con golosità per alcuni secondi come se fosse indecisa da dove iniziare.
-Stavo raccontando alla dolce Sakura della mia nuova tuta in microfibra che il Maestro G...-
-Lee!- lo interruppe però la castana divorando in pochi secondi un pasticcino alla frutta.
-Ti avevo detto che avresti dovuto presentare a Sakura il programma del College e come sono distribuite le lezioni- sospirò alzando gli occhi al cielo come se non fosse minimamente sorpresa che l’amico avesse solo e soltanto parlato di arti marziali. Immediatamente il viso del ragazzo si scurì in una espressione di rammarico.
-Oh, dolce Sakura ti ho per caso annoiato con le mie parole?- mormorò pendendo dalle labbra della Haruno in attesa della sua risposta. Tenten scosse la testa divertita.
-Tranquillo Rock Lee, mi ha fatto piacere conoscerti meglio ora che siamo amici- il ragazzo, all’udire quelle parole, si alzò all’istante dalla sedia.
-Amici? Sakura sappi che non avrei mai desiderato tanto. Il mio corpo si riempie di felicità ed orgoglio che fanno fremere ogni mio singolo muscolo. Devo andare, questi sentimenti così avvolgenti non devono essere sprecati e sono sicuro che mi regaleranno una corsa travolgente- e prima che Sakura potesse anche solo capire le sue parole, Rock Lee sgusciò tra la folla iniziando a correre a grandi falcate. Sconvolta Sakura si girò verso la sua migliore amica che continuava a mangiare qualsiasi cosa le avesse preso l’amico.
-Tranquilla, è un po’ strano, ma ti ci abituerai- le rispose prevedendo le parole che la Haruno aveva sulla punta della lingua ed entrambe scoppiarono a ridere. Poi, mentre stava per porle un’altra domanda, tra la fitta folla di studenti affamati Sakura vide qualcosa di estremamente familiare: una coda alta e arruffata che conteneva una miriade di capelli corvini sbucò in lontananza.
-Sakura, stai bene?- domandò Tenten sorseggiando un bicchiere di succo. La sua migliore amica però mantenne lo sguardo fermo sull’ultimo punto in cui aveva visto la testa, la stessa testa che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio in aereo. Possibile che avesse visto il ragazzo che l’aveva aiutata con la valigia?
-Sakura- domandò nuovamente la castana allungando il collo per vedere cosa ci fosse di così interessante. Lei però scosse la testa con decisione: no, l’Inghilterra e Londra erano grandi, sicuramente se l’era immaginato.
-Sì, scusami, ero sovrappensiero... cosa stavi dicendo?- riprese mentre Tenten era ancora leggermente insospettita dal suo comportamento. All’improvviso però la campanella iniziò a suonare e un forte mormorio superò il rumore di stoviglie.
-Allora Sakura Haruno, pronta ad affrontare il tuo primo giorno di scuola?-


-La mia classe è esattamente due piani sopra quindi ti basterà continuare per questo corridoio e troverai la tua- le disse Tenten, entrambe ferme vicino alla rampa di scale.
-Rock Lee ha sempre allentamento nella pausa pranzo mentre io ho un’ora libera quindi pensavo che potremmo mangiare qualcosa insieme- Sakura annuì con vigore: era ancora estremamente confusa di quel posto così gigantesco che era sollevata di passare altro tempo con chi lo conosceva. Era sicura che da sola si sarebbe persa in un istante.
-Perfetto allora forza vai e non fare tardi- e le due amiche si salutarono. Con passo spedito la Haruno percorse il corridoio deserto mentre un chiacchiericcio animato pareva provenire dalle porte chiuse. Accennando una piccola corsetta girò a sinistra individuando alla fine del corridoio una porta chiusa su cui era segnato ciò che stava cercando.
-4 C- lesse avvinandosi a gran passi accorgendosi però che non era l’unica. Di fronte alla porta dell’unica aula di quel corridoio vi era una donna dai lunghi capelli biondi raccolti in due codini laterali. Non si trattava di una studentessa, la sua altezza lo escludeva e immediatamente si domandò chi fosse: quella, ancora di spalle, era troppo assorta a leggere una cartella piuttosto che notarla. Quando fu abbastanza vicina da inspirare il suo forte profumo di vaniglia Sakura individuò nei documenti che la donna teneva in mano una sua fotografia.
-Sakura Haruno- borbottò la donna chiudendo all’istante la cartella. La Haruno saltò dalla paura.
-Un piacere rivederti di persona- e finalmente un sorriso divertente ed intrigante balenò di fronte allo sguardo della ragazza. La donna, incrociando le braccia al petto, si chinò in avanti in maniera tale da avvicinare il suo viso a pochi centimetri da quello di Sakura: poi, senza reprimere un brilluccichio negli occhi, le sorrise affabilmente.
-Vedo che sei cresciuto e ti sei fatta sempre più bella: alla tua età avrei pagato per avere un fisico asciutto come il tuo- continuò la sconosciuta come se stesse parlando con una sua amica di vecchia data. Sakura non poteva essere più confusa.
-Ci conosciamo?- biascicò guardandosi intorno alla ricerca di una via d’uscita, ma queste sue parole sembrarono aumentare solo di più la ilarità che aleggiava sul volto della donna.
-Non dirmi che non ti ricordi di me! Beh, sono passati un po’ di anni effettivamente e tu eri solo una bambina- disse facendole un occhiolino che la mise in imbarazzo. Ancora leggermente confusa Sakura fece un passo indietro per studiare ogni centimetro del corpo di quella donna: quando, con invidia, fissò il suo enorme seno improvvisamente il suo viso si illuminò.
-Lady Tsunade!- esclamò riconoscendo in quella donna la amica di vecchia data di sua mamma, quella amica che non vedeva da circa dieci anni. Tsunade batté le mani contenta.
-Allora non sono invecchiata così tanto da sembrare una vecchia decrepita- borbottò facendo ondeggiare le anche.
-Mi scusi se non l’ho riconosciuta, ma sono anni...-
-Esattamente dieci- la interruppe però la donna appoggiando la schiena alla parete diventando seria.
-Esattamente dieci anni da quando lasciai l’America per prendere il posto di Preside di questo College dopo la morte di mio zio- aggiunse incrociando le braccia sotto al seno prorompente.
-Quindi è la Preside di questa scuola?- domandò Sakura accigliandosi e chiedendosi perché i suoi genitori non le avessero detto niente.
-Esatto, pensavo che tua madre te l’avesse detto. Quando una settimana fa mi chiamò spiegandomi la tua situazione sono stata felicissima di accettarti tra i miei alunni- disse la donna allontanando i capelli dal viso. Un leggero imbarazzo arrossò le gote della Haruno: allora sua madre le aveva raccontato la sua storia. Tsunade, osservandola attentamente, fece comparire un sorriso sincero.
-Tranquilla Sakura, qui sei al sicuro- aggiunse facendole un occhiolino e il viso della ragazza di rilassò all’istante.
-Comunque sei qui non perché hai ricevuto un trattamento speciale per la nostra conoscenza, ho osservato attentamente il tuo percorso scolastico e hai un cervello e una mente che se fossi stata una sciocca mi sarei fatta sfuggire. Sai qui al college di Konoha io cerco talenti: non importa quanto tu sia ricco, i soldi non bastano per entrare. Devi essere speciale, spiccare tra la massa e tu lo sei Sakura, o almeno spero di aver fatto un investimento conveniente con te- concluse sorridendole calorosamente.
-Ma ti ho trattenuto decisamente per troppo tempo e non posso farti perdere il tuo primo giorno di scuola. Quindi- le disse allungando la mano sulla maniglia.
-Lascia che ti presenti la tua nuova classe- e con una forza decisamente imponente spalancò la porta dell’aula non curandosi di farla sbattere al muro. Dentro, l’allegro chiacchiericcio smise all’istante e l’unica figura adulta presente in quella stanza alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo.
-Buongiorno ragazzi, Kakashi mi dispiace avere interrotto la lezione, ma ho qui l’alunna di cui ti avevo parlato- appena Sakura mise piede nella stanza una moltitudine di occhi la fissarono incuriositi.
-Lei è Sakura Haruno e sarà la vostra nuova compagna di classe. Mi raccomando di farla integrale al meglio e di non costringermi a tornare- concluse prima di uscire velocemente come era entrata, facendo sbattere nuovamente la porta cosa che spaventò tutti i presenti. Sakura si guardò completamente persa intorno cercando di osservare una ad uno le figure dei suoi coetanei, ma i loro lineamenti e colori erano talmente vari e diversi che nella sua testa iniziarono a mischiarsi senza senso. L’uomo che aveva i piedi appoggiati alla cattedra si alzò lentamente impassibile in volto. poi, con l’unico occhio aperto, le fece un cenno con la testa mentre sul suo viso si dipinse un cordiale sorriso.
-È un piacere conoscerti Sakura, io sono il tuo professore di Storia Kakashi Hatake- le disse con tranquillità e gentilezza. Sakura accennò un inchino.
-Bene, ora puoi prendere posto laggiù, in quel banco vuoto e non preoccuparti se pensi di essere indietro con il programma, più tardi possiamo aggiornarci su dove sei arrivata- e, a testa bassa, Sakura si diresse verso il banco che il suo insegnante le aveva indicato. Appena si sedete sulla seggiola di legno e Kakashi riprese la sua lettura ad alta voce, Sakura espirò: le sembrava di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo in cui era entrata in classe.
-Ciao!- una voce estremamente allegra la fece sussultare. Davanti a lei, seduto nella fila precedente alla sua, un ragazzo dai capelli color del grano e il sorriso più grande che Sakura avesse mai visto la stava fissando.
-Io sono Naruto, è un piacere conoscerti- le disse allungandole una mano sporca di inchiostro.
-Sakura- rispose lei stringendogliela. Questo non fece che aumentare il sorriso del giovane.
-Sakura- bisbigliò lui aggrottando le sopracciglia e assumendo una espressione pensosa. Poi, senza aggiungere altro, si sporse dalla seggiola avvicinando il suo volto pericolosamente a quello della ragazza. Sakura, non aspettandosi niente di simile, rimase immobile mentre gli occhi scuri e svelti del ragazzo sembravano attenti a fissare i suoi capelli.
-Fiore di Ciliegio, direi che i tuoi genitori hanno scelto un nome adatto- continuò allontanandosi da lei e tornando a sedersi in maniera scomposta sulla seggiola. Poi, vedendo che la sua interlocutrice lo guardava ancora confusa, scoppiò a ridere sguaiatamente.
-Vengo anche io dal Giappone- aggiunse arricciando il naso e sollevando dei curiosi segni che aveva intorno ad esso. Sakura non riuscì a capire se si trattassero di cicatrici o macchie della pelle.
-Non sono Giapponese- replicò lei.
-Ah- ribatté lui grattandosi la testa imbarazzato.
-Che figura- continuò scoppiando nuovamente a ridere cosa che questa volta coinvolse anche Sakura: immediatamente l’imbarazzo tra di loro scemò.
-In realtà i miei nonni sia paterni che materni lo erano, ma io e i miei genitori abbiamo sempre vissuto in America, più precisamente a Los Angeles- precisò alzando le spalle. Gli occhi di Naruto brillarono all’istante mentre una faccia sorpresa balenò sul suo volto.
-Davvero vieni dall’America? Mamma mia che figo, ho sempre desiderato visitarla- commentò portandosi le mani dietro la testa e annuendo con fervore. Sakura alzò un sopracciglio: era un tipo decisamente bizzarro e per un secondo le venne in mente Rock Lee. Naruto la fissò con insistenza.
-Comunque ci vuole coraggio a trasferirsi dall’America all’Inghilterra da sola- mormorò incrociando le braccia al petto.
-Oh, ma non sono sola. Ho la migliore amica e Rock Lee...- ma non ebbe il tempo necessario di finire che Naruto batté con entusiasmo il suo pugno sul banco.
-Mister sopracciglione? Lo conosci?- le domandò con sguardo sognante. Sakura accennò un sorriso leggermente preoccupato.
-Intendi Rock Lee?-
-Certo, mister sopracciglione, chi se non lui!- ribatté lui come se il soprannome non fosse affatto offensivo né discriminatorio: se Sakura avesse dovuto descrivere Naruto in una sola parola avrebbe usato la parola innocente, Naruto sembrava proprio un bambino con i suoi gesti e le sue parole.
-Comunque d’ora in poi aggiungimi pure tra i tuoi nuovi amici. Anzi, non vedo l’ora di presentarti i miei: c’è Kiba, Neji, Shika e Sasu...-
-Interrompo qualcosa Naruto?- il professor Kakashi, veloce e silenzioso come un ninja, appoggiò un braccio sul banco del ragazzo che impallidì immediatamente. Sakura notò delle goccioline di sudore scivolare veloci sulle sue tempie.
-No, Kaka...-
-Per te Professor Kakashi, ne abbiamo già parlato- lo riprese l’uomo dai capelli di un grigio tenue alzando l’occhio al cielo al cielo decisamente rassegnato. Naruto sbuffò vistosamente mentre tutti intorno a loro iniziarono a ridere divertiti.
-Ma se ti conosco da quando sono nato e sei anche il mio padrino- puntualizzò lui come se ogni sua parola fosse scontata. Kakashi, esausto, si portò una mano alla fronte.
-Bene ragazzi, Naruto ha insistito tanto e per quest’ora sarà lui a presentarvi il nostro nuovo argomento. Prego Naruto, accomodati pure alla lavagna e fai come se fossi a casa tua. Pendiamo tutti dalle tue labbra per sapere chi era Nikola Tesla- lo invitò Kakashi accomodandosi al posto dell’allievo e posizionando con non curanza i piedi sul banco. Il biondo deglutì a fatica.
-Ma Kakas... Professor Kakashi- sibilò giocherellando nervosamente con le dita mentre tutta la classe lo fissava sghignazzando. Kakashi lo fissò divertito nascondendo però abilmente il suo sorriso.
-Cosa c’è Naruto?- replicò tornando a leggere il libro tra le mani. Naruto deglutì a fatica: decisamente spaesato fissò uno per uno i compagni fino a quando il suo sguardo si posò su Sakura.
-Nikolas Tesla è un inventore?- le risate aumentarono.
-Continua Naruto, non essere timido. Dopotutto questo è un argomento che ho spiegato la settimana scorsa e vedendo come dormi durante le mie lezioni, ho immaginato che tu sapessi già tutto- Naruto si grattò nervosamente la testa.
-Non preoccuparti Sakura, le lezioni non sono sempre così- le spiegò Kakashi facendole l’occhiolino mentre Naruto iniziava uno strano collegamento tra il fisico e il marchio statunitense di automobili tra le risate fragorose di tutti.

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Capitolo 5
*** Fiducia ***


-Naruto è sempre il solito- ridacchiò Tenten mentre Sakura le raccontava per filo e per segno cosa fosse capitato quella mattina a lezione.
-Lo conosci?- le domandò incuriosita Sakura. Effettivamente se Naruto conosceva Rock Lee allora era molto probabile che fosse lo stesso per Tenten. La castana, bevendo un secondo sorso di spremuta, annuì facendo svolazzare la frangetta.
-Certo. Abbiamo fatto un paio di laboratori insieme durante i primi esami del College e poi, anche se ti sorprenderà, Naruto è abbastanza popolare qui a scuola - aggiunse tornando a mangiare un misero panino. Nonostante fossero entrambe in pausa pranzo i suoi occhi così simili a quelli di un cerbiatto erano attenti allo scorrere dei minuti sull’orologio.
-Popolare? Naruto?- la interpellò Sakura mentre Tenten rise divertita.
-Lo so, sembra strano- Sakura arricciò il naso divertita.
-E poi è successa un’altra cosa molto strana- biascicò Sakura riempiendo la forchetta di pasta.
-Ho incontrato la Preside davanti alla classe-
-Tranquilla, è normale. Fa sempre il discorso di incoraggiamento ad ogni singolo allievo, su quanto sia speciale e su come...-
-No, Tenten non è per questo. Non so per quale motivo, ma i miei genitori mi avevano tenuto nascosto che il preside del college fosse proprio Lady Tsunade- Tenten alzò un sopracciglio come se non capisse dove la ragazza volesse andare a parare.
-Lady Tsunade è una vecchia amica di mia madre, andavano insieme alle scuole elementari e medie a Los Angeles. Immagino che sia anche questo il motivo per cui sono riuscita ad ottenere un trasferimento così presto- ma il volto della sua migliore amica si era fatto immediatamente più buio.
-Mebuki e Tsunade sono quindi amiche?- Sakura non capì cosa in tutta quella storia la turbasse così tanto.
-Esatto, è quello che ti stavo dicendo. Praticamente ha vissuto a Los Angeles fino a quand....- ma non riuscì a concludere la frase poiché Tenten stava già sistemando le sue cose nello zaino frettolosamente.
-Devo andare, ho allenamento- disse seria alzandosi. Sakura incurvò un sopracciglio incuriosita: il suo piatto era ancora quasi completamente pieno, strano per una come Tenten.
-Sei sicura di stare bene? Non hai mangiato niente e manca ancora...-
-Il Maestro Gai mi ha scritto di andare prima- la interruppe portandosi lo zaino alle spalle. Sakura osservò le sue labbra tremare, nonostante tutto era ancora una pessima bugiarda.
-Questa sera io e Rock Lee pensavamo di uscire ed andare in un bar a berci una birra. Ti va di venire?- Sakura, ancora incuriosita dal cambiamento di espressione così repentino di Tenten, annuì lievemente.
-Perfetto a più tardi allora- e, a grande velocità, la castana corse fuori dalla mesa.
La verità è che le dispiaceva abbandonare Sakura nel suo primo giorno, ma le parole della sua migliore amica le avevano dato molto, troppo su cui pensare. In quei quattro anni a Londra né Mebuki né Lady Tsunade le avevano accennato questa loro amicizia. Sapevano che i genitori di Sakura avevano aggirato leggermente le regole iscrivendo ad anno già iniziato la figlia, mai casi del genere erano avvenuti anni prima, ma ogni sua ipotesi era ben lontana dalla realtà. Mentre correva veloce per i corridoi semi deserti un pensiero spontaneo le balenò in mente: e se Mebuki avesse telefono a Lady Tsunade per convincerla, in segno della loro amicizia, ad offrire ad una come Tenten una borsa di studio? Aveva da sempre avuto molti dubbi sul suo talento come atleta, soprattutto ora che era continuamente circondata da gente come lei e con le sue stesse passioni, ma ora il suo dubbio era decisamente aumentato. Che Lady Tsunade avesse acconsentito di prenderla come studentessa solo mossa dalla pietà di una sua cara amica?
Velocemente aumentò ulteriormente il passo iniziando a scendere le scale che l’avrebbero portata in palestra. Forse erano tutte paranoie le sue, magari Lady Tsunade e la mamma di Sakura avevano perso i contatti dopo che la preside si era insidiata nel college. Magari, pensò, Mebuki non aveva alcun coinvolgimento con la sua ammissione; eppure, fino a quando non l’avrebbe sentito dire da labbra non sue, sapeva che non avrebbe trovato pace. Finalmente individuò le porte a vetro e senza preoccupazione le superò: la immensa palestra riservata per il Judo non era vuota. Nonostante la mezz’ora abbondante di anticipo, il Maestro Gai era intento a calciare sapientemente l’aria mentre una seconda figura era china su un borsone.
-Buongiorno- li salutò allegramente accennando un sorriso che celasse il suo vero stato d’animo. Il Maestro Gai si fermò immediatamente.
-Tenten, mio piccolo bocciolo, è un piacere per l’anima vederti in anticipo- ululò l’uomo sfoderando un sorriso che avrebbe accecato chiunque. Tenten, di fronte a quel nomignolo, si gradò la testa lusingata.
-Non avevo niente da fare e quindi ho pensato di venire prima, spero di non disturbare- si scusò appoggiando lo zaino a pochi metri dalla seconda figura che ancora non aveva accennato a parlare.
-Non c’è alcun problema, anzi adoro vedervi bruciare nella vostra giovinezza. Forza, preparatevi che iniziamo- ordinò l’insegnante dirigendosi verso una bottiglietta piena d’acqua che aveva appoggiato in un angolo della sala. Tenten, che era già vestita, si affrettò a poggiare a terra il suo zaino.
-Ciao anche a te Neji- borbottò osservando il suo vicino. Lui però non badò affatto alle sue parole cosa che non disturbò affatto Tenten: Neji Hyuga era stato fin dal primo anno il suo compagno di allenamenti e la sua freddezza era una abitudine oramai.
-Sei andata via presto questa mattina dal parco- sentenziò il ragazzo sorprendendo la castana. Tenendo saldo un elastico tra i denti, la castana intrufolò una mano nel suo zainetto alla ricerca di alcune forcine.
-Sì, avevo da fare- rispose trovando con felicità quello che cercava. Neji non aggiunse altro, ma, impassibile si alzò da terra. Tenten, silenziosa lo osservò per alcuni istanti: non ricordava neanche lei quando il correre la mattina appena svegli fosse diventata una abitudine per entrambi da fare insieme. Ricordava perfettamente che al primo anno, quando ancora faceva fatica a riconoscere le strade della grigia Londra, si era ritrovata una mattina come le altre di fronte ad un bellissimo parco, non lontano dal College. Da allora le piaceva allenarsi lì immersa nel verde e tra gli scoiattoli. Quando poi aveva iniziato i suoi allenamenti di Judo e aveva fatto conoscenza del suo compagno, le era venuto naturale individuarlo tra la massa di gente che come lei correva. Ogni volta che arrivava al parco lo vedeva fare stretching prima di correre e poi, senza neanche farci troppo caso né accennando un saluto tra di loro, si erano ritrovati a correre l’uno a fianco all’altro sempre in silenzio. Anche quando Tenten era in ritardo, e lei era sempre in ritardo, lui la aspettava prima di iniziare l’allenamento nonostante nessuno dei due avrebbe mai ammesso che la prima cosa che i loro occhi ricercavano nel verde era la figura dell’altro.
-Allora, ragazzi miei... siete pronti?- li spronò Maito Gai stringendo con furore il pugno davanti al petto. Entrambi annuirono.
-No, no, no- mormorò sconfitto Gai scuotendo la testa completamente disperato. Tenten, che per l’ennesima volta non era riuscita a parare l’attacco di Neji, si massaggiò dolorante il fianco colpito. Il ragazzo, immediatamente, fece un passo indietro.
-Tenten è la terza volta che ti fai trovare impreparata di fronte ad un attacco! Lo sai benissimo anche tu che la difesa è importante, non puoi permetterti neanche un attimo di distrazione perché quell’attimo potrebbe fatale- le ricordò il maestro avvicinandosi e posandole una mano sulla spalla. La castana scosse la testa. delusa
-Ha ragione sensei, non so cosa mi succeda oggi- gli rispose mordendosi nervosamente un labbro. All’udire quelle parole il volto dell’uomo riprese immediatamente vigore.
-Oh, non preoccuparti! Magari possiamo fare cinque minuti di pausa così ti riposi un attimo- e prima che Tenten potesse obbiettare l’uomo saltellando si diresse verso l’uscita della palestra. La castana si massaggiò il fianco dolorante mentre Neji, in silenzio, si allontanò dal tatami dirigendosi verso il suo borsone. Con il fiatone e le guance arrossate dalla fatica, Tenten fece lo stesso.
-Sembri distratta- le disse il ragazzo passandosi sulla fronte un panno umido. La castana si portò alle labbra la bottiglietta inumidendosele.
-Non è vero- biascicò portandosi dietro all’orecchio una ciocca di capelli sudata. Lo Hyuga la fissò per alcuni secondi con insistenza.
-Non ci tengo a sapere cosa non va nella tua vita, ma io e te siamo partners quando ci alleniamo e se tu hai la mente da un’altra parte allora io perdo solo tempo. Se non sei in grado di concentrarti su quello che stiamo facendo forse è meglio che io dica a Gai di interrompere l’allenamento- quelle parole furono come una coltellata per Tenten. Si sentiva arrabbiata e delusa, ma non da ciò che le aveva comunicato Neji, lui con i suoi modi le aveva detto solo la verità. Lei era amareggiata con sé stessa per essere così insicura. Lo Hyuga, che per tutto il tempo l’aveva osservata attentamente, si alzò.
-Aspetta- le fermò la castana e lui si bloccò immediatamente, come se si aspettasse questa parola.
-In realtà vi è qualcosa che non riesco a togliermi dalla mente- sibilò come se quasi si vergognasse ad esprimere i suoi pensieri.
-Se ti chiedo una cosa mi prometti di essere sincero?- Neji, visibilmente infastidito, rivolse gli occhi madreperla al cielo.
-Non mi interessa sapere della tua vita Tenten, pensavo di essere stato abbastanza chiaro prima- rispose, ma la castana non venne minimamente influenzata dalle sue parole.
-Ho appena scoperto che Lady Tsunade è un’amica di vecchia data di una persona a me molto cara- il piede del castano, che per tutto il tempo aveva scandito il passare dei secondi, si fermò lasciandole il silenzio necessario per continuare.
-Ho paura che sia stata proprio lei a consigliare a Lady Tsunade di darmi una borsa di studio visto che non mi sarei mai potuta permettere una scuola del genere. Non sono più sicura che io abbia ricevuto questa offerta per il mio talento. Per questo- confessò inspirando rumorosamente
-Volevo chiederti se secondo te io sono una brava judoka. Non te lo sto domandando perché voglio che tu mi lodi, ma per capire se il mio posto è meritato- continuò mentre le sue gote, già provate dalla fatica, si fecero più rosate. Neji la scrutò attentamente per alcuni secondi come se volesse capire quanto fosse importante per lei la sua risposta. Tenten ricambiò il suo sguardo accennando un piccolo sorriso.
-Era questo che volevi chiedermi?- lei annuì con vigore. Il ragazzo si portò elegantemente i capelli dietro al volto senza reprimere un sorriso decisamente divertito anche se solo accennato.
-Non posso dirti che sei la più brava judoka che io conosca, spesso ti deconcentri o non ti impegni a prevedere la mossa futura del tuo avversario. Sei testarda e cocciuta nel voler fare di testa tua senza accettare i consigli e, come nella vita, ti concentri troppo sull’attacco e troppo poco sulla difesa nella quale sei tremendamente debole. Però, nonostante tutto, ti impegni ogni giorno per migliorare un talento che è evidente che tu possieda: sei una atleta ammirevole poiché non ti arrendi mai di fronte alle sconfitte e questo non è da tutti. Quindi ritengo che Tsunade ti abbia scelto non per raccomandazione, ma perché dentro di te vi è un talento che ogni giorno con dedizione cerchi di accrescere- concluse mentre la castana lo fissava a bocca aperta completamente rapita dalle sue parole.
-Dici sul serio?- gli domandò non riuscendo a reprimere una risata sincera. Neji alzò un sopracciglio mentre Tenten giurò di aver visto gli angoli della sua bocca alzarsi.
-Secondo te sono uno che scherza?- la ragazza aggrottò la fronte meravigliata.
-Neji Hyuga, vuoi mica dirmi che questa era una frase lievemente sarcastica? Orrenda, per carità, ma pur sempre qualcosa che è una rarità udire dalla tua bocca- lo punzecchiò dandogli una gomitata.
-Comunque ti ringrazio di avermi ascoltata- disse lasciando che i suoi occhi si specchiassero in quelli madreperla del ragazzo.
-Sei stato gentile, stranamente gentile- e prima che lo Hyuga potesse rispondere il suo telefono iniziò a squillare.
-È mio zio, devo rispondere- si scusò allontanandosi di qualche metro. Tenten iniziò a camminare svogliata per la palestra mentre lo sentiva chiaramente discutere in giapponese.
-Tenten, Neji, penso che ci siamo riposati abbastanza!- ululò Gai pieno di energie atterrando con un salto sul tatami.
-Mi dispiace, ma ho appena ricevuto una chiamata urgente e devo andare- lo interruppe il castano chinandosi a raccogliere il suo borsone. Il suo volto, osservò la castana, era ritornato impassibile e teso e per un attimo si domandò se non fosse sempre stato così.
-Tranquillo, mio giovane allievo, recupereremo domani più carichi di oggi- lo incalzò l’insegnante visibilmente deluso, ma sempre pieno di energia. Neji accennò un inchino pieno di rispetto per poi dirigersi verso l’uscita.
-Ci vediamo domani mattina, spero che verrai a correre- e senza aggiungere altro sparì dalla vista della castana.
 
 
Sakura fissò incuriosita la moltitudine di persone che circondavano il loro tavolo. Rapita dal chiacchiericcio altrui si domandò come mai in diciotto anni di vita non fosse mai andata a bere una birra in un pub anche da sola. L’aria era frizzante di allegria e profumava di luppolo.
-Allora? Che ne pensi del posto?- le domandò allegramente Tenten portando alle labbra il suo calice pieno di Guinness. La Haruno esaminò per un’altra manciata di secondi il bancone pieno zeppo di adesivi di birre e le enormi caraffe di birra esposte per tutto il piano. Era tutto estremamente british.
-Lo adoro e poi la birra è fantastica!- le rispose assaporando la sua birra dal colore pagliericcio. Tenten rise osservando i baffi di schiuma formarsi sul labbro superiore della sua migliore amica.
-Sicuro Lee che non vuoi provarla?- disse la Haruno rivolgendo il bicchiere al ragazzo seduto davanti a lei dall’altra parte del tavolo. Rock Lee strinse con forza il bicchiere di Coca-cola che teneva tra le mani quasi commosso.
-No, è meglio di no. Lee lo sai come ti trasformi non appena hai dell’alcol nel corpo- lo sgridò la castana seduta affianco alla Haruno fulminandolo con lo sguardo. Il suo migliore amico strinse con forza il pugno davanti al viso.
-Hai ragione Tenten e poi la birra mi offuscherebbe la mente impedendomi di compiere a pieno il mio dovere- sentenziò fiero e deciso. Tenten sbuffò sonoramente.
-Che sarebbe?-
-Proteggervi ovviamente. Come dice il grande maestro Gai un vero uomo deve sempre essere pronto e lucido a proteggere le sue dame- Sakura si lasciò sfuggire una risata divertita mentre Tenten pareva sempre più scocciata dalle sue parole.
-Un gesto da vero cavaliere Lee, ma lo sai benissimo che sono capace di difendermi da sola- lo riprese scuotendo la testa rassegnata.
-Sakura, ciao!- una voce allegra interruppe la discussione sul nascere tra i due. La Haruno, leggermente confusa, si guardò intorno alla ricerca della persona che la stava chiamando. Dopo alcuni secondi, individuò una figura che si dimenava al bancone scuotendo con foga il braccio. Sakura ricambiò il suo sorriso mentre Naruto si alzava sempre di più in punta di piedi per farsi notare tra la gente.
-Tenten, Mister Sopracciglione, ci siete anche voi- continuò mentre tutto il locale oramai lo stava fissando visto che stava urlando.
-Naruto, amico mio, anche tu qui?- urlò ancora più forte Rock Lee alzandosi in piedi sulla seggiola e attirando questa volta la attenzione sulla sua figura asciutta. Tenten immediatamente si alzò dalla sedia.
-Lee, ma ti sembra il caso di comportarti così? Ci stanno fissando tutti! Scendi!- lo sgridò mentre il ragazzo deluso fece scorrere il suo sguardo sulla faccia arrabbiata della sua migliore amica.
-Ma c’è Naruto- biascicò senza reprimere l’entusiasmo come un bambino di fronte alle caramelle. La castana alzò gli occhi al cielo sbuffando.
-Traquillo Lee, gli dico di raggiungerci- e prima che Tenten, stranamente, si mettesse ad obbiettare Sakura fece cenno al biondo di avvicinarsi al loro tavolo.
-Mister Sopracciglione!- strillò con fare bambinesco Naruto abbracciando il ragazzo dai capelli corvini come se non si vedessero da mesi. Sakura rise divertita mentre la castana tornò a sedersi seria in volto.
-Che sorpresa, non pensavo di trovarvi qui Sakura- continuò il biondo grattandosi nervosamente la testa: il suo solito sorriso luminoso comparse sul suo volto.
-Siamo venuti a prenderci una birra per festeggiare il primo giorno di scuola di Sakura- spiegò Tenten assaporando un ennesimo sorso della sua birra.
-Avete fatto bene, il pub “da Teuchi” è il migliore qui a Londra!- disse Naruto alzando un pollice di assenso. All’improvviso però qualcuno gli toccò la spalla.
-Ehi Naruto, ma si può sapere dove sei finito? Ti avevamo incaricato di prendere le birre e tu sei scomparso. Possibile che non possiamo mai affidarti niente?- un ragazzo leggermente più alto del biondo e dai capelli disordinati come i suoi, ma castani sbucò da dietro di lui. Naruto, offeso dalle sue parole, incrociò il braccio al petto.
-Guarda che non mi sono perso, mal fidato. Ho semplicemente incontrato mister Sopracciglione, Tenten e Sakura- spiegò schioccando le labbra e indicando i tre ragazzi seduti al tavolo. Sakura giurò di vedere due canini affilati sbucare dalla bocca del nuovo arrivato.
-Oh, ma quindi tu sei la famosissima Sakura Haruno... è un vero piacere conoscerti- la salutò lui accennando un inchino, ma il suo sguardo non era rivolto a lei cosa che confuse un po’ la Haruno.
-Famosa?- domandò incarcando un sopracciglio. Quel ragazzo era davvero strano.
-Certo, ho sentito molto parlare di te- e Sakura fu certa che lo sguardo del nuovo arrivato non avesse mai abbandonato la figura di Tenten che iniziò a tossire freneticamente.
-Tenten, stai bene?- si preoccupò immediatamente Rock Lee, ma lei fece cenno positivo mentre il suo volto si faceva sempre meno paonazzo. Un sorriso divertito comparve sulle labbra del castano.
-Sai, Naruto non ha fatto altro che parlare di te per tutto il giorno- continuò.
-Che cosa?- strillò Naruto muovendo i pugni in aria mentre il suo viso si fece sempre più rosso.
-Bugiardo, non è assolutamente vero- continuò mentre tutti i presenti scoppiarono a ridere di fronte alle sue espressioni estremamente buffe.
-Comunque non mi sono ancora presentato, mi chiamo Kiba- riprese parola il castano ignorando il biondo che continuava ancora ad inveire contro di lui.
-È un piacere conoscerti- rispose lei gentilmente sicura che lui non l’avesse mai guardata in volto. Con la coda dell’occhio osservò la sua migliore amica sorseggiare noncurante la sua birra, ma non riuscì a reprimere un sorrisetto divertito osservando le labbra di Tenten tremare leggermente.
-Ora è meglio che andiamo, Shika e Neji si staranno domandando dove siamo finiti. Ci si vede in giro- li salutò trascinando un Naruto non totalmente d’accordo che, prima di sparire tra la folla, salutò a pieni polmoni la Haruno.
-Il mio cuore è pieno di felicità per aver incontrato così causalmente due nostri amici!- tuonò Lee alzandosi in piedi.
-Bene, visto che sei pieno di gioia, potresti andarmi a prendere dell’altra birra?- lo interpellò Tenten indicando il suo calice oramai vuoto. Rock Lee si inchinò leggermente e corse verso il bancone.
-Scusami per Rock Lee, ma con il tempo vedrai che ci farai l’abitudine per i suoi comportamenti bizzarri- disse Tenten cercando di non far calare un silenzio tra di loro, ma oramai un sorriso sornione non sembrava voler abbandonare il volto della Haruno.
-Non era certamente il più strano del nostro tavolo pochi secondi fa. L’amico di Naruto, Kiba, è un soggetto decisamente particolare, non credi?-
-Tu dici?- sospirò la castana non mostrando alcun interesse alle sue parole, o almeno questo era quello che voleva far credere. Sakura si strofinò le mani vittoriosa portando il bicchiere alle labbra.
-Certo visto che non mi ha guardato in volto neanche per mezzo secondo, i suoi occhi erano tutti per te- le disse cercando di non mostrarsi estremamente curiosa, ma come se quello che dicesse fosse unicamente casuale. Tenten raddrizzò la schiena in un attimo massaggiandosi nervosamente il collo.
-Non ci ho fatto caso-
-Forse perché eri troppo impegnata a bere la birra e ad estraniarti dal nostro discorso... come se avessi qualcosa da nascondere?- la beccò però lei alzando le spalle. Tenten capì immediatamente dove la sua migliore amica volesse arrivare e rilassò i suoi muscoli allontanando la frangia dalla fronte.
-Avevo molta sete- replicò cercando con lo sguardo Rock Lee che però era ancora alla cassa a parlare allegramente con un cameriere.
-Ho visto. Ma che rapporto vi è tra te e quel Kiba?- la castana sussultò scuotendo la testa.
-Siamo amici, se così si può dire. Abitiamo vicini di appartamento e quindi qualche volta ci vediamo, ma perché lo vuoi sapere?- rispose scrutando attentamente il volto della Haruno che però scosse la testa.
-Così, per curiosità- e prima che potesse aggiungere altro un calice pieno di Guinness venne posato tra le due da un sudato Rock Lee.
 
-E così gli ho risposto che non avrei mai comprato i suoi appunti a una cifra simile... Ma, ehi, Naruto mi stai ascoltando?- lo richiamò Kiba posando con forza la sua caraffa piena di birra. Il biondo però, che era seduto davanti a lui, aveva la testa completamente girata da un’arte parte e stava fissando con insistenza un punto in lontananza.
-Che seccatura, Naruto guarda che Kiba sta parlando con te- aggiunse Shikamaru accostando la sigaretta accesa alle sue labbra e facendo perfettamente aderire la sua schiena allo schienale del divanetto.
-Lascia stare Shika, ho capito chi sta guardando. Purtroppo, amici miei, l’abbiamo perso: il nostro piccolo, verginello Naruto ha la sua prima cotta- lo sbeffeggiò il castano ridendo sguaiatamente e anche Shikamaru si lasciò sfuggire un sorriso.
-Davvero?- domandò il Nara lasciando sfuggire dalle sue labbra sottili il fumo ricco di nicotina. Kiba non rispose immediatamente, ma bevve un altro sorso di birra asciugandosi la bocca con la manica della felpa.
-Questo è perché non sei aggiornato, il nostro bambino è cotto della nuova arrivata, Sakura Haruno- decantò, ma proprio in quel momento Naruto si alzò di scatto in piedi e iniziò a scuotere selvaggiamente il braccio.
-Ciao Sakura, ci vediamo domani!- urlò. I tre ragazzi rimasti seduti si guardarono l’uno con l’altro senza riuscire a vedere a chi il biondo si riferisse vista la moltitudine di gente presente nel pub.
-E chi sarebbe?- continuò Shikamaru alzando un sopracciglio.
-La migliore amica di Tenten, è arrivata da poco- gli rispose Nej uscendo dal suo silenzio.
-Ehi, stavate per caso sparlando di me?- la voce acuta di Naruto interruppe la loro tranquilla chiacchierata. Il biondo, dubbioso, squadrò i volti dei suoi tre amici.
-Tranquillo Naruto, stavamo solo parlando a Shika della nuova ragazza che viene in classe con te, Sakura- lo rassicurò Kiba ridendo e mostrando i canini. Naruto, all’udire quel nome, sospirò appoggiando il mento al palmo della mano.
-Sakura...- sospirò con sguardo sognante.
-Penso che l’abbiamo definitivamente perso- sentenziò l’Inuzuka finendo l’ultimo sorso della birra. Improvvisamente però il cellulare dell’Uzumaki, abbandonato sul tavolo tra loro, vibrò.
-Oh, un messaggio da Sasuke- Shikamaru incurvò un sopracciglio incuriosito di fronte a quella affermazione dell’Uzumaki.
-Cosa dice?- domandò mentre il volto del biondo venne rapito dalla concentrazione. Rimase zitto per alcuni secondi scrutando con attenzione il display. Poi fece schioccare le labbra divertito.
-Mi ha detto che non devo più chiamarlo al cellulare per dieci volte in un solo giorno- rispose avvicinando la cannuccia alla bocca e assaporando un sorso del suo cocktail analcolico. Neji, che teneva tra le dita un bicchiere di Sherry, alzò gli occhi al cielo.
-Si può sapere perché l’hai chiamato così tante volte in un giorno?- lo beccò, ma Naruto si limitò a grattarsi nervosamente il capo.
-Dovevo assolutamente dirgli che oggi è il giorno esatto in cui ho conosciuto la donna della mia vita- si scusò come se quello che stava dicendo avesse un senso.
-Ditemi se non è importante- concluse offeso e sbuffando. Ma prima che i suoi tre amici potessero prenderlo ulteriormente in giro, le sue dita collose si mossero veloci sul display del telefonino.
Dall’altra parte di Londra Sasuke, nonostante il cielo fosse pressoché buio, uscì dalla porta di servizio trovandosi sul terrazzo dell’alto edificio. I suoi occhi, stanchi e segnati, fissarono impassibili per alcuni secondi la meravigliosa visuale che quell’altezza regala di Londra: poi, ansimando, allentò la cravatta che sembrava lo stesse soffocando lentamente e, nonostante il freddo, si liberò pure della giacca del suo completo. Era stravolto ed estremamente irritato al solo pensiero che avrebbe dovuto ascoltare per almeno un altro paio d’ore le voci degli uomini che lo stavano aspettando nella sala riunione e si domandava se sarebbe mai riuscito a tornare nella sua stanza d’hotel prima dell’alba.
All’improvviso, mentre sentiva il vociare farsi sempre più vicino, il suo cellulare squillò.
“Scusami Sasuke se ti ho assillato, ma oggi ho incontrato quella che sono sicuro sia la mia anima gemella! Ti prego, dimmi che tornerai presto perché devi assolutamente conoscerla”
Annoiato e quasi infastidito che qualcuno avesse disturbato il suo momento di libertà, l’Uchiha cancellò immediatamente il messaggio. Poi però non riuscì a trattenere un sorriso accennato di fronte alla stupidità del suo migliore amico.
-Signor Uchiha, volevamo avvertirla che la riunione con gli azionisti sta per riiniziare- e prima che, obbligato, seguisse quegli uomini all’interno digitò brevemente un messaggio di risposta al suo migliore amico.
“Non tornerò presto” e silenzioso come era venuto rientrò nel grattacielo.  
 





NoTe Dell'Autore:
Mi scuso umilmente per l'enorme ritardo con cui vado ad aggiornare questa storia. Dodici giorni per aggiornarla, mi sembra decisamente passato troppo tempo, talmente tanto che faccio io stessa a fatica a ricordare cosa ho scritto in questo capitolo settimane fa. In realtà mi sto rendendo conto di aver inserito un po' troppo dialoghi che cercherò di tagliare o limitare in futuro.
Tra l'altro Sakura penso che tra tutti sia il personaggio più OOC, ma con il tempo il suo carattere vero verrà fuori, le serve solo tempo. Niente, spero possa piacere questo capitolo e dare un po' di ristoro da queste giornata calde e impegnative.
Fatemi sapere cosa ne pensate e ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Volantino Rosa ***


Nonostante i suoi numerosi dubbi e paure, ben presto Sakura incominciò sempre più ad abituarsi alla sua nuova vita in quel continente così lontano da casa. La colazione con Rock Lee, le corse per arrivare in classe puntale, le fragorose risate di Naruto e la presenza costante della sua migliore amica divennero ben preso una abitudine a cui non avrebbe mai rinunciato per tutto l’oro del mondo. Sakura si sentiva a casa, come mai si era sentita prima. E così le prime tre settimane nel College di Konoha passarono in un lampo.
-La ringrazio- disse regalando un sorriso all’inserviente della mensa che, gentilmente, le passò i panini che aveva ordinato. Dopo aver dato una breve occhiata che tutti i cibi e le vivande per il suo pranzo ci fossero nel sacchetto, uscì dall’affollata mensa venendo completamente illuminata dai raggi del sole. Batté freneticamente le palpebre cercando di mettere a fuoco il mondo che la circondava: nonostante avessero già superato la metà del mese di Novembre, l’aria londinese non era estremamente fredda quel giorno, una novità visto che Sakura aveva dovuto anche abituarsi all’uggiosità di quello stato. Aprendo la zip del suo giaccone, riprese a camminare e si immise nella via principale del cortile del suo College. Quel giorno purtroppo non avrebbe mangiato con la sua migliore amica visto che era dovuto rimanere in palestra a recuperare degli allenamenti e quindi la Haruno, complice il tempo, aveva pensato di godersi il pasto all’aria aperta in uno dei tanti tavoli della sua università. Mentre passeggiava per il cortile notò che non era l’unica ad aver avuto quella idea. All’improvviso il suo cellulare squillò e, cercando di non far cadere il suo sacchetto, estrasse dalla tasca dei jeans il suo cellulare.
“Buona cena bambina mia”
Sakura sorrise divertita e scosse leggermente la testa: nonostante non vedesse i suoi da settimane sua madre non era ancora riuscita a capire il fuso orario che separava Los Angeles dall’Inghilterra. Velocemente scrisse un messaggio per ringraziarla quando la sua attenzione venne catturata dalla bacheca dell’Università. Doveva ammettere con sé stessa che non vi aveva mai fatto caso, ma dopotutto quel College era talmente grande che ancora faceva fatica ad orientarsi e a riconoscere i posti. Incuriosita notò che tra tutti i volantini vi era uno che per dimensioni e colori spiccava sugli altri.
-Campagna Elettorale- bisbigliò osservando il titolo scritto in caratteri cubitali di un verde molto acceso. Sotto queste lettere vi erano delle figure accompagnate da delle diciture.
“Ringraziamo tutti gli allievi del College di Konoha per aver partecipato numerosi alle votazioni delle elezioni studentesche di quest’anno. L’affluenza è stata molto alta e la vittoria è stata schiacciante. Speriamo che sia così anche per i prossimi anni a venire.
Vi ringraziamo nuovamente
Lo staff”
Sakura sbatté velocemente gli occhi per alcuni secondi leggendo nella mente quelle poche righe: poi, incuriosita si apprestò a scoprire chi fossero stati di vincitori.
-Neji Hyuga, Presidente degli Studenti- lesse a bassa voce osservando la foto dello studente. Il nome non le era affatto estraneo: Rock Lee era solito parlare di quel ragazzo durante le sue giornate. La Haruno sapeva che era un ottimo allievo delle arti marziali e che si allenava sempre con Tenten: Rock Lee, invece, lo definiva il suo unico rivale. Inoltre, era uno dei migliori amici di Naruto il quale le aveva riferito che gli Hyuga erano una delle famiglie più famose di tutta l’Europa: la Hyuga Hotels Corporation era una delle più grandi catene alberghiere del monto, presente in tutto il vecchio continente e non solo. Intrigata osservò i lineamenti dello Hyuga: sicuramente non poteva non dire che non fosse un bel ragazzo, anzi. Qualunque ragazza avrebbe invidiato Tenten per passare così tanto tempo con un ragazzo così affascinante.  Studiò incuriosita i lineamenti graffianti ed appuntiti del suo volto mentre i suoi occhi, di un bianco perla assolutamente insolito, non lasciavano trasparire alcuna emozione.
-Suigetsu Hozuki, vice-presidente- mormorò e il suo sguardo si soffermò sulla seconda figura. Questa volta era estremamente certa di non aver mai visto in giro per il College quel ragazzo decisamente poco ordinario o di aver udito il suo nome da parte dei suoi amici. Nonostante i capelli abbastanza lunghi e di un azzurrino tenue, quello che maggiormente la inquietava erano i suoi occhi le cui pupille sembravano virare al violaceo. Il suo aspetto era poco convenzionale; eppure, sentiva di aver già sentito da qualche parte quel nome, un nome che le risultava estremamente familiare. Ancora concentrata a rimuginare notò solo in quell’istante come il nome di quel ragazzo fosse stato crocettato e il suo ruolo all’interno del consiglio cancellato malamente.
-Che strano- borbottò incrociando le braccia al petto domandandosi se fosse stata una cosa intenzionale o solo uno scherzo di cattivo questo. Se lo stava ancora domandando quando una figura conosciuta si rispecchiò nelle sue iridi verde smeraldo.
-Cosa?- biascicò avvicinandosi al manifesto per osservare meglio la terza figura presente su essa.
-Deve essere uno scherzo- continuò questa volta indietreggiando. Nonostante si allontanasse però quella coda alta, di un nero scuro come la pece, e quella faccia estremamente annoiata continuavano a rimanere lì.
-Non può essere, sarebbe una coincidenza troppo assurd...- ma non fece in tempo a finire la frase che, girandosi di scatto, andò a sbattere contro una seconda figura: una miriade di volantino rosati saltarono in aria mentre lo sconosciuto finì miseramente a terra.
-Oddio, mi dispiace- si scusò mentre i fogli di carta le ricadevano sul capo e per terra.
-Ah, ma allora è una abitudine- le rispose però il suo interlocutore massaggiandosi il gomito destro. Sakura, all’udire quel tono di voce, inarcò un sopracciglio stringendo con forza le labbra.
-Tu?- sibilò scrutandolo come se fosse un fantasma.
-Potrei dirti la stessa cosa, sono sorpreso quanto lo sei tu viste che le probabilità di rincontrarci erano minime- le rispose lui cercando di rialzarsi da terra. Sakura immediatamente lo aiutò e lui ricambiò con un veloce cenno del capo.
-Sei sicuro di stare bene?-
-Niente di rotto, tranquilla- rispose, ma appena i suoi occhi videro i suoi fogli malamente dispersi sul terreno si grattò pensieroso la fronte.
-Che seccatura- borbottò osservandoli attentamente. Sakura si morse nervosamente un labbro.
-E aggiungo che mi dispiace anche per questo- sospirò la Haruno chinandosi a raccoglierli e cercando di non celare un certo nervosismo che animava le sue mani. Shikamaru le rivolse una veloce occhiata prima di tornare a fissare pensoso il fattaccio: sospirò notando lo sporco e la polvere che intaccavano il rosa accesso di quella carta stampata già certo che gli aspettava più lavoro di quello che aveva pensato.
-Lascia stare, non serve raccoglierli- le disse secco. La Haruno accennò un debole sorriso tirato, visibilmente dispiaciuta e gli allungò un volantino. Lui, sbuffando annoiato, lo prese osservandolo con attenzione per alcuni secondi prima di buttandolo nuovamente a terra.
-Tranquilla, li andrò a ristampare e chiamerò qualcuno per raccoglierli- continuò cercando qualcosa nella tasca del cappotto nero. Silenziosamente Sakura lo osservò sfilare un pacchetto di sigarette.
-Comunque penso che, dopo tutto quello che ti ho combinato, il minimo sia presentarmi: Sakura- disse spingendo in avanti la sua mano. Il ragazzo, che aveva appena accostato la fiamma alla sigaretta, la fissò per un istante.
-Uh?- sibilò non avendo ascoltato cosa avesse appena detto.
-Sono Sakura- ripeté lei abbozzando un sorriso con nonchalance. Lui aspirò profondamente.
-Shikamaru-
-Allora- le domandò il ragazzo lasciando sfuggire dalle sue labbra sottili un fumo pieno di nicotina.
-Cos’è che ha attirato così tanto la tua attenzione da non vedermi?- Sakura mi morse la lingua ricordandosi solo in quel momento la figuraccia fatta pochi secondi prima che andò, ovviamente, a sommarsi a quella dell’aero: al solo ricordo un leggero rossore colorì le sue guance domandandosi se quel ragazzo che aveva davanti a lei non la considerasse un’idiota.
-Stavo leggendo il manifesto delle elezioni e ti ho notato-
-Ti ha sconvolto il fatto che fossi il segretario?- la interpellò schiudendo la bocca in un sorriso divertito incrociando le braccia dietro la testa.
-In realtà mi ha sconvolto proprio la tua foto. Diciamo che, dopo quello che è successo sull’aereo, non pensavo che ti avrei mai rivisto, o comunque non mi sarei aspettata tutto questo- sospirò rialzandosi da terra. Shikamaru lasciò che il suo sguardo osservasse il cielo soleggiato e privo di nuvole.
-Beh, il mio gomito ne avrebbe giovato. Comunque tutto ciò è una strana coincidenza-
-Intendi il fatto che ci siamo rivisti?-
-In realtà mi riferivo al fatto che sembra che le nostre vite siano strettamente legate- Sakura lo fissò senza capire.
-Nonostante ti abbia incontrato solo due volte non posso dirti che non ti conosco. Naruto è uno dei miei migliori amici e parla continuamente di te, decisamente troppo- le gote di Sakura immediatamente virarono al rosato e iniziò a grattarsi nervosamente la testa mentre il Nara non trattenne i suoi angoli delle labbra che si alzarono impercettibilmente.
-Beh, posso dire lo stesso. Sguardo sempre annoiato, un cervello invidiabile e una attitudine a considerare tutto ciò che ti circonda uno spreco di energie... devo dire che la descrizione che mi ha fatto di te Naruto coincide- lo incalzò portandosi dietro alle orecchie una ciocca di capelli. Shikamaru, lasciandosi sfuggire un ghigno divertito, accostò la sigaretta alle labbra.
-Devo dire a Naruto di smetterla di parlare così tanto di me con gli sconosciuti- borbottò spegnendo la sigaretta sul cestino più vicino e buttandola dentro. Un leggero vento fece svolazzare i volantini malamente abbandonati sull’asfalto.
-Mi dispiace dirtelo, ma penso sia impossibile fare stare zitto uno come Naruto- gli rispose chinandosi a raccogliere uno di quei fogli rosati. I suoi occhi, verdi come gli smeraldi più puri, iniziarono a leggere incuriosita il volantino. Shikamaru, sbadigliando assonato, tornò vicino a lei.
-State cercando un nuovo vice-presidente?- domandò lei aggrottando la foto. Il Nara annuì portando le braccia dietro la testa.
-Esatto, dovevo appendere questi volantini proprio per invitare la gente a mandare le loro candidature-
-E che fine ha fatto quel Suigetsu Hozuki? Dopotutto siete stati eletti solo un mese fa- il viso del ragazzo parve tirarsi all’udire quella domanda, così come le sue labbra sottili che assunsero la forma di una smorfia. Subito ricercò il pacchetto di sigarette come innervosito e la Haruno si domandò se avesse detto qualcosa di male.
-Si è traferito- rispose secco accostando la sigaretta alle labbra, ma i suoi lineamenti ora erano decisamente più duri e tirati.
-Comunque- continuò mentre la Haruno lo fissava decisamente incuriosita per questo suo cambio di espressione.
-È stato un piacere rivederti Sakura, spero che la prossima volta che ci rincontreremo nessuno dovrà cadere a terra- e, incamminandosi lentamente, le fece un ultimo, discreto saluto con la mano. Sakura lo osservò allontanarsi notando come il suo capo rimanesse fisso ad osservare il cielo non riuscendo a non pensare che fosse decisamente un personaggio con il suo sguardo annoiato e i suoi gesti minimi, ma precisi. Improvvisamente però si portò le unghie alla bocca iniziando a rosicchiarle nervosamente: una domanda, che non aveva osato rivolgergli, non abbandonava i suoi pensieri. Chissà se anche l’altro ragazzo, quel Sasuke, era un loro compagno di College? Non che a lei interessasse sapere qualcosa di più su quell’arrogante: la sua era semplice curiosità mista ad istinto di sopravvivenza, mormorò a sé stessa mentre queste sue parole sembravano quasi una scusa che si stava auto dicendo. Cercando di svuotare i suoi pensieri riprese la sua camminata alla ricerca di uno spazio assolato e vuoto per godersi il suo pasto in pace: anche la questione di quel Suigetsu Hozuki era estremamente misteriosa. Non riusciva a ricordare dove avesse sentito o letto quel nome familiare prima e la reazione di Shikamaru era stata estremamente evasiva di fronte alle sue domande. Altri dubbi però non potere occupare la sua mente perché, all’improvviso, il suo sguardo venne rapito da una capigliatura bionda decisamente riconoscibile.
-Ciao Naruto, disturbo?- disse avvicinandosi al tavolo dove l’Uzumaki stava divorando un panino. Il ragazzo, estremamente concentrato a leggere quello che sembrava un manga, non la notò e appena i suoi occhi azzurri incontrarono la sua figura iniziò a tossire.
-Stai bene?- gli domandò la Haruno osservandolo tossire sempre più forte mentre il suo volto divenne allo stesso tempo sempre più paonazzo, cosa che la fece preoccupare. Lui iniziò a battere con forza sul suo petto mentre calde lacrime iniziarono a inumidirgli le guance.
-Sakura, ciao!- bofonchiò mentre finalmente, dopo aver bevuto un sorso d’acqua, la situazione sembrava essere lievemente migliorata. Schiccò le labbra cercando di far ritornare il suo respiro il più regolare possibile mentre il suo petto si alzava velocemente.
-Scusami, non ti avevo sentito arrivare- mormorò grattandosi nervosamente la testa. Lei lo fissò divertita.
-Effettivamente sembravi decisamente assorto nel leggere e nel divorare il tuo panini- lo beccò osservando le sue guance sporche di briciole e maionese. Lui, rendendosi conto del fatto, immediatamente si tuffò a prendere un fazzoletto e a pulirsi il viso prima di notare che anche lei teneva nella mano destra un sacchetto con il pranzo: il suo sguardo immediatamente si illuminò.
-Prego Sakura, siediti pure se vuoi mangiare con me. Vedo che abbiamo avuto la stessa idea- disse nervoso risedendosi sulla panca e lei accettò di buon grado.
-Come mai oggi mangi da sola? Mister Sopracciglione e Tenten?- le domandò incuriosito mentre la Haruno tirò fuori dal sacchetto il panino.
-Lee aveva allenamento di karate mentre Tenten doveva recuperare degli allenamenti con il suo maestro... tu invece?- Naruto sbuffò piegando un angolo del suo manga per tenere il segno primo di posarlo distante da entrambi.
-Uguale a te, i miei amici avevano tutti di meglio da fare. Neji è in palestra con Tenten, Kiba aveva ripetizione di matematica e Shika...-
-Aveva da stampare i volantini e da appenderli per tutto il College-
-Esatto- rispose Naruto appoggiando i gomiti sul tavolo e riprendendo il panino tra le mani: iniziò a masticare lentamente, quasi svogliato e rimase per alcuni in secondi in silenzio prima che i suoi occhi azzurri si illuminassero.
-Ehi, ma come fai a saperlo?- esclamò assumendo una espressione talmente buffa che Sakura si lasciò sfuggire una risata.
-L’ho appena incontrato pochi secondi fa, anzi è meglio dire che ci siamo scontrati e gli ho fatto cadere tutti i volantini a terra- replicò leggermente imbarazzata. Naruto però iniziò a ridere a crepapelle.
-Avrei voluto esserci per vedere l’espressione di Shika, sarà stata sicuramente imperdibile- disse aumentando le sue risate e portandosi le mani alla pancia.
-Avrà detto almeno cinque “che seccatura” dallo sdegno-
-No, ti sbagli- lo corresse lei cercando di svitare il tappo della sua bottiglietta d’acqua. Naruto assunse un sorrisino dispettoso osservandola divertito e incuriosito.
-Si è trattenuto e l’ha detto solo una volta- concluse ed entrambi scoppiarono a ridere.
-Però mi piace, è simpatico- continuò mentre Naruto, gentilmente, le prese dalle mani la bottiglietta che non riusciva ad aprire.
-Oh, e poi è un genio. Io con i numeri non me la cavo però il suo Q.I. è davvero alto- le rispose cercando di aprire la bottiglietta che sembrava sigillata.
-È da tanto che lo conosci?- gli domandò mentre finalmente una espressione vittoriosa si dipinse sul volto dell’Uzumaki: sfoderando un sorriso accecante le porse la bottiglia svitata a cui lei rispose con un cenno del capo in forma di ringraziamento.
-Uhm- biascicò alzando gli occhi al cielo ed assumendo una espressione pensierosa: si prese alcuni secondi per ponderare al meglio la sua risposta mentre i segni inconfondibile sulle sue guance si contrassero seguendo il movimento delle labbra tirate.
-In realtà ci conoscevamo già prima del College, entrambi proveniamo dal Giappone e le nostre famiglie si frequentavano già prima che nascessimo- rispose aprendo famelico un pacchetto di patatine. Sakura addentò il panino mentre la bocca di Naruto si muoveva velocemente masticando lo snack.
-Davvero?- e il biondo annuì vistosamente.
-I nostri padri erano amici di infanzia a quanto mi è stato detto. Sai, purtroppo entrambi i miei genitori morirono quando ero molto piccolo e sinceramente non ho mai chiesto ulteriori informazioni a Shikaku, il padre di Shika- rispose lui accartocciando il pacchetto e alzando le spalle. Gli occhi della Haruno lo scrutarono impassibili mentre le sue labbra cessarono di sorridere.
-Mi dispiace Naruto, non ne sapevo niente- bisbigliò iniziando a giocherellare nervosamente con le mani sentendosi una stupida nel non essersi ricordata le parole della sua migliore amica: Tenten, infatti, le aveva accennato che, nonostante la famiglia Uzumaki fosse di nobili origini in Giappone, il ragazzo aveva avuto una infanzia tutt’altro che facile, ma la castana non si era spinta oltre. Ora si sentiva estremamente in colpa e mortificata abbassò lo sguardo mentre una mano calda e sudata avvolse le sue con sicurezza e senza malizia.
-Non devi dispiacerti, è successo tantissimo tempo fa e non potevi saperlo- disse continuando a sorriderle allegramente mentre le sue gote si fecero leggermente più rosate per quel contatto che aveva osato senza quasi pensarci. Lei lo guardò con ammirazione ricambiando il suo sorriso e la sua presa e il viso del biondo si fece ancora più rosso e imbarazzato: retrasse la mano velocemente iniziando a guardarsi intorno come a ricercare qualsiasi cosa che li distraesse.
-Comunque non parliamo di cose che possono renderci tristi anche perché ho una cosa per te- e immediatamente prese goffamente il suo zaino per terra. Schioccando le labbra e aggrottando la fronte iniziò a cercare in modo confusionario qualcosa fino a quando i suoi occhi brillarono di soddisfazione.
-Volevo dartelo prima, ma ogni volta mi scordavo- si scusò grattandosi nervosamente la testa e passandole un foglio tutto stropicciato. Incuriosita la ragazza lo prese tra le mani.
-Si tratta dell’invito alla festa che domani farò nel mio appartamento per il mio compleanno. È una cosa assolutamente decisa all’ultimo e con poco preavviso, lo so, però giuro che ci sarà tanto alcol e tanta musica- disse incrociando le braccia al petto soddisfatto.
-Oh, grazie Naruto... ma si possono fare le feste? Non credi che la Preside avrà qualcosa da ridire?-
-Chi? Nonna Tsunade? Oh, no, non devi preoccuparti di lei. L’importante è che non rompiamo niente del College visto quanto è attaccata ai soldi. In più nessuno si lamenterà per il frastuono avendo invitato letteralmente tutti- sogghignò fiero del suo piano. Sakura però non sembrava ancora totalmente convinta.
-Tra l’altro il mio coinquilino, nonché migliore amico, guastafeste è fuori per impegni di famiglia quindi ho l’appartamento tutto per me. Dai, ti prego Sakura, vieni! Ti ricordo che sono il festeggiato quindi esigo la tua presenza domani sera- sospirò assumendo il broncio e inarcando un sopracciglio con una espressione così infantile che Sakura trattenne a stento una risata.
-Va bene, accetto- e un enorme sorriso comparve nuovamente sul volto dell’Uzumaki.
-Potresti dirlo anche a Tenten e Mister Sopracciglione? Ovviamente anche loro sono invitati!-
-Certo, non so però se Rock Lee accetterà. In queste ultime settimane si sta allenando giorno e notte con il Maestro Gai perché ha una gara tra poche settimane-
-Dannazione, senza Mister Sopracciglione non sarà lo stesso- replicò visibilmente deluso.
-Però sono contento che tu verrai, voglio dire che tu e Tenten verrette- si corresse diventando completamente rosso e iniziando a boccheggiare. Sakura scosse la testa divertita osservando con affetto mentre lui si muoveva impacciato nel ritirare i suoi oggetti nello zaino.
-Ora devo proprio andare, sono riuscito a convincere Kiba ad accompagnarmi a prendere l’alcool per domani sera- biascicò nascondendo il volto sotto al tavolo. Rimase alcuni secondi a mettere tutto a posto fino a quando non si alzò.
-Allora ci conto a vederti dom...- ma non concluse la frase che, con un guizzo, notò un foglio rosa che Sakura aveva posato sul tavolo, affianco al suo cellulare. Lei lo scrutò senza capire.
-Questi sono i volantini di Shika?- domandò tirando il volantino verso di sé e iniziando a leggerlo pensoso: i suoi occhi si mossero velocemente analizzando ogni singola lettera stampata. La Haruno annuì in silenzio bevendo un sorso d’acqua.
-Sai, secondo me dovresti candidarti- all’udire quelle parole l’acqua andò di traverso alla ragazza.
-Io?- sibilò tra un colpo di tosse e l’altro. Naruto annuì vistosamente, come se fosse assolutamente convinto di aver detto una sacrosanta verità.
-Certo! Secondo me saresti perfetta! Non ti piacerebbe?- le domandò innocentemente. Questa volta toccò all’Haruno abbassare lo sguardo imbarazzata.
-In realtà non ci ho mai pensato...-
-Beh, però dovresti. Sei appena arrivata e stai iniziando a conoscere i pregi e difetti del nostro college: chi meglio di te può capire cosa funziona o cosa non funziona? In più con quelle due teste di rapa di Shika e Neji c’è bisogno di una in gamba come te- Sakura si morse debolmente il labbro.
-Grazie, Naruto, ci penserò- disse grata al ragazzo che arrossì leggermente.
-Ora è proprio giunto il momento che io vada-
-Ci vediamo domani sera- gli rispose lei mentre lui iniziò ad allontanarsi correndo.
-Ci conto!- urlò scuotendo la mano per salutarla.
 
 
 
 
-Perfetto ragazzi, la lezione è finita- ululò Gai facendo un balzo sul tatami e avvolgendo le sue mani fasciate sui polsi dei due combattenti. Le strinse con forza ed ignorando completamente le incurvature delle loro labbra causate dal dolore: la passione della giovinezza ardeva dentro di lui e niente avrebbe potuto spegnerla.
-Anche oggi vi siete allentati egregiamente e avete dato forza a tutta la vostra giovinezza- gridò iniziando a saltellare sul posto con ardore. Neji e Tenten, ignorandolo completamente, si chinarono leggermente in segno di rispetto per poi allontanarsi dalla figura del loro insegnate e, mentre Maito Gai continuava a mormorare qualcosa sui corpi ricchi di forza e pronti a sbocciare come boccioli, i due si mossero verso i loro zaini e borsoni.
-Grazie- disse la castana accettando una bottiglietta fresca dallo Hyuga che l’aveva tirata fuori dal suo borsone: completamente disidratata e distrutta, iniziò a berla con foga mentre il suo compagno si inumidì solo le labbra.
-Ah, ci voleva- sospirò lei allontanando dalla fronte la frangetta completamente sudata. Lui la fissò per alcuni secondi prima di chinarsi a terra, ma la ragaza parve non accorgersene e bevve per altri minuti prima di buttare la bottiglietta di plastica nel cestino.
-Allora, come è andato l’allenamento?- sospirò con il battito irregolare. Neji non rispose, ma si limitò a tirare fuori un panno umido.
-Dobbiamo migliorare- disse passandoselo sul viso madreperla e il volto paonazzo dalla fatica di Tenten venne scosso bruscamente: sospirò quasi maledicendosi per aver iniziato una discussione con lui.
-Che palle Neji, lo so benissimo che si può sempre migliorare, ma a volte potresti farti bastare l’impegno che ci stiamo mettendo- lo sgridò lei sbuffando e incrociando le braccia al seno. Il ragazzo sorrise debolmente come se si aspettasse esattamente quelle parole, ma Tenten oramai sembrava completamente presa ad ignorarlo: iper-ventilando si lasciò cadere sul pavimento e iniziò ad allungare i muscoli delle braccia.
-Ti ho fatto del male?- domandò lui, ma lei scosse subito la testa.
-No, tranquillo, oggi mi sento solo un po’ rigida-
-Tieni- disse serio passandole un foglio rosa che aveva accuratamente messo dentro una busta trasparente. Tenten, divertita, fissò prima l’oggetto e poi il viso neutrale dello Hyuga.
-Cosa pensi che potrebbe servirmi questo foglio per le mie braccia?- lo canzonò divertita tornando a mettersi le scarpe, ma il viso di Neji continuò ad essere teso verso di lei.
-Leggilo- disse lasciandosi sfuggire una nota di esasperamento dal tuo tono di voce: assottigliando gli occhi la castana fece come gli aveva detto e lesse veloce le poche righe che vi erano scritte sopra.
-State cercando un nuovo vice-presidente, interessante- bisbigliò con tono ironico passando il volantino al suo legittimo proprietario.
-Saresti interessata?- le domandò lui diretto. Immediatamente Tenten smise di fare quello che stava facendo e lo scrutò attentamente: la sua espressione era sempre la stessa, fredda e glaciale, ma la castana nella sua mente si aspettava di vedere un sorriso beffardo. Quindi no, decisamente non la stava prendendo in giro e, con ancora più probabilità non si trattava di una domanda goliardica.
-Stai scherzando?- lo beccò scuotendo la testa divertita.
-No- sbottò lui continuando a scrutarla con insistenza, talmente tanta che la mise in soggezione.
-Mi dispiace Neji, ma non credo di essere la candidata più adatta per questo ruolo-
-Perché?-
-Perché già ora, tra gli allenamenti massacranti del Maestro Gai e la scuola, faccio fatica a ritagliarmi un’oretta per rilassarmi e godermi un po’ di vita sociale. Figurati se dovessi pure occuparmi dei problemi della scuola- rispose infastidita e convinta che queste sue parole avrebbero convinto lo Hyuga, ma si sbagliava. Lasciò che le sue dita si mossero veloci sui lacci delle sue scarpe pregandoci di essere il più veloce possibile.
-Anche io ho i tuo stessi impegni eppure sono il Presidente dell’Istituto- replicò con ovvietà.
-Sì, ma tu sei Neji Hyuga il genio, io invece ho un Q.I. decisamente nella media se non più basso- lo incalzò lanciandogli una occhiata di sfida.
-Ma poi si può sapere perché sei così determinato nel volere me come vice presidente di Istituto? Scommetto che altri studenti sarebbero molto più qualificati di me-
-Allora non ti dispiacerebbe farlo- la beccò lui lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto come se avesse vinto la guerra. Lei lo fulminò con lo sguardo prima di levare gli occhi al cielo.
-Non ho detto questo-
-Ma l’hai fatto intuire- ribatté lui immediatamente, ma, oramai sempre più stanca per quella discussione, Tenten si alzò.
-Senti Neji, mi dispiace, ma non voglio candidarmi. Dovrai fartene una ragione- concluse seccata prendendo il suo zaino e dirigendosi verso l’uscita, ma lo Hyuga fu più veloce. Saldamente la bloccò per un polso.
-Neji, lasciami e non fare il bambino-
-Io ritengo che tu saresti la candidata perfetta- disse però lui ignorando completamente tutto quello che lei aveva detto negli ultimi cinque minuti. Con uno strattone la castana però si liberò dalla sua presa.
-Forza, sentiamo come mai- mormorò lasciando che i suoi occhi marroni si specchiassero in quelli madreperla per il ragazzo.
-Abbiamo bisogno di qualcuno come te-
-Come me?- lo interruppe lei, ma si morse immediatamente la lingua di fronte allo sguardo di disapprovazione del ragazzo come se lui fosse un maestro con una bambina discola.
-Ci vogliamo davvero impegnare a rendere la vita più semplice e migliore per tutti al College, ma sia io che Shikamaru proveniamo da famiglie ricche e benestanti quindi non abbiamo idea dei problemi che hanno gli studenti come...-
-Me?- lo interruppe lei per la seconda volta stringendo con forza i pugni. Percepiva chiaramente l’ira scorrere tra le vene e il suo sangue ardere sottopelle, ma Neji la fissò confuso corrugando la fronte.
-Quindi stai dicendo che mi vuoi nella squadra solo perché sono povera e così posso dirti quali sono i problemi che non affliggono i figli di papà come te?- continuò urlando a pieni polmoni. Maito Gai, che si stava allentando, si fermò immediatamente scrutandoli preoccupati, ma senza accennare ad avvicinarsi.
-Non volevo dire questo- le rispose lo Hyuga calmo, ma oramai Tenten non riusciva più a trattenersi.
-E invece è proprio quello che hai detto, Hyuga! Non solo ti ho dovuto sopportare per quasi dieci minuti mentre mi vessavi con questa tua stupida idea, ma ora devo pure ascoltarti mentre mi dici che sarei perfetta per quel ruolo perché chi meglio di me, la povera Tenten, potrebbe guidarvi tra i problemi che affiggono la feccia di studenti senza un soldo in mezzo a voi ricconi- strillò con lo sguardo duro e le labbra tremanti dalla rabbia. Poi, prima che Neji potesse ribattere, lo spinse via e corse fuori dalla palestra.
-Tenten...- bisbigliò lo Hyuga teso in volto, ma lei era già scappata.

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Capitolo 7
*** La Festa: I Parte ***


-Stupido, arrogante, sbruffone...- sibilò a denti stretti Tenten. Sakura, che stava leggendo una rivista sul divano, alzò leggermente il capo fissandola decisamente divertita: per quel Sabato si era prefissata di passare una giornata tranquilla, senza stress causa lezioni o compiti, ed invece la sua migliore amica si era quasi invitata nel suo appartamento ed insieme a lei, ovviamente, vi era tutta la sua ira per un ragazzo che non aveva ancora avuto occasione di conoscere di persona.
-Guarda che se continui a sbattere le uova con così tanta forza finirai per rompermi la ciotola- la ammonì cercando di non risultare ironica e abbassando lo sguardo per tornare a leggere ciò che aveva lasciato. Tenten la fissò per alcuni secondi poi, sospirando, si decise ad abbandonare la stoviglia sul bancone della cucina: era talmente furente che le sue dita non accennavano a smettere di tremare
-Se al mondo non esistesse gente come Neji Hyuga io non rischierei di distruggere la nostra cena e la tua cucina- le rispose con fare bambinesco e aprendo un’anta. Sakura incrociò le gambe e la fissò tirare fuori una grossa padella.
-Secondo me te la stai prendendo per nulla, non gli hai neanche fatto finire quello che stava dicendo- confessò sinceramente dopo che la ascoltava lamentarsi da esattamente un giorno. Conosceva Tenten meglio di sé stessa e sapeva che spesso aveva l’abitudine di lasciare trasportare troppo dalle sue emozioni, travisando parole e gesti ed ingigantendoli.
-Quindi mi stai dicendo che io ho torto e lui ragione?- Sakura alzò gli occhi al cielo abbandonando la sua rivista sul tavolo: quando Tenten si impuntava su qualcosa era difficile non essere inglobate nelle sue polemiche.
-Dico solo che magari lui non intendeva quello che tu hai voluto intendere e che...-
-E che non mi voleva nella sua squadra solo perché sono cresciuta in una famiglia povera che non si potrebbe permettere di pagare neanche un giorno di questo College?- la beccò lei dandole la schiena e controllando la cottura delle uova. Sakura la fulminò con lo sguardo prima di alzarsi svogliatamente.
-Vedi? Quando ti fissi su qualcosa è impossibile farti ragionare- la sgridò avvicinandosi e appoggiandosi al frigo. Tenten rimase in silenzio a controllare la frittata mentre la Haruno la fissava attentamente.
-Deve proprio starti molto simpatico questo Hyuga per averti fatta arrabbiare così tanto. Di solito ti lasci scivolare le cose- la beccò con il volto intriso di malizia e rubando un pomodorino dall’insalata che la castana aveva preparato. Lei però fu più svelta e con il manico del cucchiaio di legno le bloccò la mano.
-Non è ancora pronto- disse seria tornando ad occuparsi delle uova. La Haruno lasciò andare il malloppo offesa.
-Comunque è assurdo che tu pensi questo. Prima hai ipotizzato che tra me e Kiba ci fosse qualcosa, ora addirittura sostieni che sono interessata a uno come Neji Hyuga. Tu meglio di tutti dovresti sapere che non posso permettermi di essere interessata a cose frivole come ragazzi in questo momento-
-Non è colpa mia- replicò però la figlia di Mebuki sedendosi su una sedia affianco al tavolo già apparecchiato.
-È che a volte sei così criptica e sospetta- continuò versandosi del vino nel bicchiere. Tenten rise di gusto di fronte a questa sua affermazione.
-È pronto, Sherlock Holmes- la derise adagiando la frittata in un piatto e portandola a tavola. Un odorino invitante si sprigionò per tutto l’appartamento e Sakura si leccò le labbra famelica.
-Finalmente, stavo morendo di fame- sibilò allungandosi a tagliare la frittata e mettendone metà nel suo piatto e l’altra in quello della sua migliore amica, tutto sotto agli occhi soddisfatti della cuoca.
-Comunque te lo dico già, io questa sera ho intenzione di ubriacarmi al massimo. È sabato, questo fine settimana il Maestro Gai è fuori città per un torneo e quindi mi merito di riempire il mio corpo di alcol- annunciò versandosi anche lei del vino nel bicchiere.
-Tra l’altro le feste di Naruto sono sempre le migliori. Alcol in quantità esagerate, bella musica e giochi assurdi che ti obbligano a bere. Ora che il suo coinquilino non c’è sono sicuro che Naruto renderà questa festa indimenticabile- disse Tenten ardendo di entusiasmo e mandando giù con un solo sorso il vino che si era versata. Sakura scosse la testa rassegnata, ma la verità è che anche lei non vedeva l’ora di divertirsi: in più non era mai stata ad una festa, non una come questa organizzata da adolescenti, e quindi era frenetica dalla curiosità.
-Comunque, ritornando al discorso dei rappresentanti di istituto, secondo me Naruto ha ragione: potresti provare tu a candidarti-
-Non penso di essere qualificata, sono l’ultima arrivata-
-Appunto, proprio per questo! Sei ancora obiettiva su cosa non va e cosa va nel nostro College e in più alle medie ti sei sempre interessata al migliorare le condizioni degli studenti. Senza aggiungere- disse versando dell’altro vino nel suo bicchiere vuoto cosa che fece capire alla Haruno che faceva sul serio.
-Che così avresti qualcosa da fare durante le ore in cui non vi è lezione. Con il fatto che io e Rock Lee ci alleniamo non riusciamo a trascorrere del tempo insieme- continuò alzando le spalle e tagliandosi una fetta di pane.
-Non so Tenten, non penso che io abbia le giuste qualità per farlo-
-Suvvia Sakura, questo vittimismo non attacca con me. In più ti ricordo che il segretario e il presidente di istituto sono Shikamaru e Neji quindi due maschi e non possiamo permettere che scelgano un terzo componente non femminile. Da studentessa femmina mi piacerebbe essere rappresentata da una ragazza- la implorò Tenten iniziando a condire l’insalata. Sakura finì di mangiare la frittata in silenzio prima di permetterle di riempire il suo piatto.
-Se è per questo anche il vecchio vice-presidente era un maschio, quindi la formazione originaria non aveva alcun componente femminile, ma vinse con grande distacco dagli altri candidati- la interruppe la Haruno masticando un pomodorino e immediatamente Tenten deglutì pulendosi la bocca con il tovagliolo: un sopracciglio indagatore si alzò sulla fronte già corrugata di Sakura mentre le labbra della castana tremarono impercettibilmente.
-Questo perché gli altri candidati erano degli smidollati- replicò come a volersi giustificare per averli votati anche lei.
-Tra l’altro che fine ha fatto il ragazzo che prima era in carica con Shikamaru e Neji? Mi pare si chiami Suigetsu- immediatamente le labbra di Tenten si mossero a formare una smorfia mentre smise immediatamente di mangiare. Seria in viso fece incrociare il suo sguardo con quello di Sakura.
-Si è trasferito- disse diretta e Sakura individuò lo stesso disagio nel parlare di quel ragazzo che aveva osservato sul volto di Shikamaru. Poi, mimando un sorriso finto, la castana tornò a mangiare in silenzio. Ancora più incuriosita per quella vicenda, Sakura non aggiunse altro limitandosi a guardare con la coda dell’occhio Tenten che, invece, evitò il suo sguardo volontariamente. Oramai era sempre più certa che ci fosse qualcosa di grosso sotto, qualcosa che nessuno aveva la voglia di ricordare.
-Comunque forse ci conviene prepararci visto che sono già le nove. Naruto mi ha detto che la festa iniziava alle dieci- e raccogliendo anche il piatto vuoto dell’amica li adagiò nel lavandino. La sua mente era ancora in fremito a pensare a quel Suigetsu Hozuki, troppo assorta per rendersi conto che quel nome era scritto a metà proprio in una delle due foto accanto a lei.
 
 
-Wow non stavi esagerando quando dicevi che le feste di Naruto sono popolari ed epiche.... guarda quanta gente!- disse ad alta voce Sakura facendosi spazio con Tenten tra la folla riversata nel corridoio che portava all’appartamento di Naruto. Vi era talmente tanta gente che Sakura per un momento di domandò se qualcuno di loro fosse davvero del loro College perché le loro facce, brille e felici, erano estremamente poco familiari. La musica intanto, a volume altissimo, rimbombava ed era possibile udirla a chilometri di distanza.
-Te l’ho detto che questa sarà una serata indimenticabile- commentò la castana cercando di alzare la voce il più possibile per essere udita dalla sua migliore amica. A fatica finalmente riuscirono a farsi spazio tra i loro coetanei e ad entrare nell’appartamento. La faccia della Haruno si riempì di stupore: l’appartamento, decisamente più grande del suo, pullulava di gente che ballava, beveva e chiacchierava allegramente. In un angolo vi era un tavolo enorme pieno zeppo di bottiglie di liquori e bevande posate sopra. Sakura era certa di non aver mai visto così tanta gente e alcool in uno spazio così ristretto.
-Sakura, Tenten!- urlò una voce che venne seguita da una mano che venne agitata allegramente. Naruto, salutando gente a caso mentre si dirigeva verso di loro, corse a salutarle.
-Sono contento che siete riuscite a venire- urlò allegramente e con la voce decisamente impastata: sicuramente aveva già iniziato a bere e le sue guance arrossate ne erano una chiara prova.
-Beh, non potevamo perderci una festa come questa- gli rispose Tenten, ma proprio in quell’istante l’Uzumaki le si buttò addosso abbracciandola. Poi, sotto lo sguardo confuso e divertito di Tenten, il biondo barcollò anche verso Sakura ripetendo il gesto fatto precedentemente, ma con decisamente più trasporto.
-Senza di voi questa festa non sarebbe stata perfetta- disse felice e privo di imbarazzo scrutando con attenzione come fosse vestita Sakura. Il suo sguardo, così insistente e così poco da Naruto, la mise in leggera soggezione.
-Sei bellissima- le mormorò grattandosi nervosamente la testa e mostrando un sorriso luminoso. Tenten richiamò la attenzione su di lei tossendo rumorosamente.
-Anche se il giorno del tuo vero compleanno è domani ti abbiamo portato un regalo- esclamò tirando fuori dalla borsetta un pacchetto ben confezionato e Sakura ne approfittò per riservarle una occhiata grata per aver interrotto quel momento così imbarazzante. Naruto, che sembrava scordare decisamente molto facilmente tutto quello che accedeva, lo guardò incuriosito e sorpreso.
-Però- lo interruppe la castana
-Dovrai aprirlo domani, così almeno sarai sobrio- lo incalzò e lui mise immediatamente un broncio.
-Non sono ubriaco!- replicò con fare infantile. Provo a fare un passo verso di lei per afferrare il regalo, ma inciampò su sé stesso. Tenten e Sakura lo tennero per le braccia in maniera tale che non cadesse.
-Ok, forse lo sono solo un pochettino- disse iniziando a ridere scompostamente. Proprio in quel momento un ragazzo però lo chiamò in cucina.
-Ora vi devo lasciare perché il dovere chiama, ma voi divertitevi. L’unica raccomandazione che ho è di bere- e non riuscì neanche a completare la frase che il ragazzo, che lo aveva chiamato, lo portò via. Tenten e Sakura, ormai sole, scoppiarono a ridere.
-Forza, andiamoci a sedere- la invitò la castana indicando il lungo divano in pelle nero che era stato spostato da una parte del salotto per permettere alla gente di ballare.
-Mi dispiace che Lee non sia potuto venire- confessò la Haruno all’orecchio di Tenten mentre si accomodavano.
-Lo sai com’è fatto, mette i suoi allenamenti sempre al primo posto. In più devo confessarti che una delle cose che più rimpiango della mia vita è stato vedere Lee ubriaco- Sakura, incuriosita, stava per ribattere a questa affermazione della castana quando quella si alzò di scatto con una strana espressione in volto.
-Vado a prendere da bere, cosa vuoi?- le disse chinandosi per permetterle di leggere il labiale visto il volume assordante della musica.
-Fai tu, è indifferente- rispose e Tenten iniziò a dirigersi verso il tavolo dei liquori. Mentre sgusciava tra la gente notò che una chioma disordinata e castana la stava fissando con insistenza e, assicuratasi che Sakura non l’avesse notato, fece finta di niente per dirigersi verso il tanto agognato alcol.
-Uhm, vediamo che posso prendere- bisbigliò leggendo le etichette dei vari liquori. Si rese ben presto conto che vi era proprio l’imbarazzo della scelta e con gioia si apprestò a versare in due bicchieri puliti della vodka liscia.
-Non pensavo che saresti venuta, dopotutto questa mattina non sei andata a correre- Tenten, all’udire quella voce che non avrebbe voluto sentire per niente al mondo, si bloccò all’istante irrigidendo i suoi muscoli.
-Non sono venuta apposta e non perché stavo male- replicò con stizza tornando a versare il liquido trasparente. Neji sorrise quasi divertito accostandosi a lei: Tenten percepì un profumo aspro e intenso avvolgerla.
-Vedo che sei ancora arrabbiata con me- disse e, senza che lei gli chiedesse nulla, le passò una bottiglia di limonata che afferrò senza ringraziarlo. In silenzio riempì completamente i bicchieri con quel cocktail appena fatto.
-Non dovrei?- replicò finalmente girandosi a guardarlo. Doveva ammettere con sé stessa che quella sera era davvero molto bello: maledicendosi mentalmente per quel pensiero così inappropriato si portò alle labbra la bevanda cercando di celare qualsiasi suo pensiero. Lui, pragmatico e silenzioso come sempre, la scrutò con attenzione causandole un brivido alla schiena.
-No, affatto. Anzi dovrei essere io quello offeso dopo le parole che mi hai rivolto-
-Intendi quando ti ho detto figlio di papà?- replicò lei divertita ed eccitata dal sapore acerbo che la limonata le causava in gola. Lui la fissò con rimprovero, ma l’espressione opposta e felice di Tenten non vacillò.
-Mi spieghi perché devi sempre comportarti così? Volevo fare un discorso serio con te su quello che è accaduto in palestra ieri, ma vedo che è impossibile- ma questa volta fu la mano della castana a trattenere il suo polso.
-Non pensare che questo comportamento da essere superiore funzioni con me. Ora mi aspetto delle scuse da parte tua- un sorriso ironico comparve sul volto dello Hyuga.
-Scuse da parte mia?- replicò divertito e incrociando le braccia al petto. Tenten, sempre più irritata, bevve tutto d’un fiato il contenuto del suo bicchiere. La testa iniziò a girarle leggermente, ma questa sensazione sembrò solo amplificare i suoi sentimenti.
-Certo! Perché prima sei venuto da me tutto carino per chiedermi di candidarmi e poi l’unica motivazione, dopo la tua insistenza, che sei riuscito a tirare fuori era perché sono povera. Pensi che io non lo sappia che sono povera? Rietini davvero che io sia così stupida da non capire che quelli come te, ricchi da fare schifo, considerano quelli più disagiati come me dei disgraziati? Se è per farti felice posso anche urlare a tutti i presenti della scuola che io sono qui solo per una borsa di studio e che non potrei neanche permettermi un giorno qui- urlò stringendo con forza i pugni all’altezza dei fianchi e fissandolo con durezza. Il volto del suo interlocutore rimase però imperturbabile.
-Ora mi sembra che abbia bevuto un po’ troppo per continuare a portare avanti questo discorso- sibilò osservando con disapprovazione le labbra carnose di Tenten appoggiarsi al bicchiere che aveva preparato per la Haruno. La castana però non era d’accordo.
-Sto bene, riesco a reggere perfettamente l’alcol. Tu, invece, hai chiesto a paparino il permesso di bere almeno per una sera o il perfetto Neji Hyuga non può permettersi neanche un secondo di togliersi la scopa dal culo?- lo sfidò ridendo sguaiatamente senza freni.
-Non intendo parlare più con te- replicò però impassibile lui, ma Tenten sembrava avere parole a sufficienza per entrambi.
-Fottiti Hyuga- strillò con rabbia e per la prima volta la castana vide lo sguardo del ragazzo accendersi di rabbia e delusione.
-Sei proprio una bambina- bisbigliò cercando di andarsene, ma lei lo seguì velocemente.
-Fermati!- gli urlò a pieni polmoni inseguendolo fuori dall’appartamento di Naruto e per un pezzo del corridoio che man mano si fece sempre più silenzioso e privo di gente.
-Fermati!- gridò ancora più forte mentre la sua gola vibrò per lo sforzo tanto da bruciarle.
-Non urlare- le disse lui fermando i suoi passi. Gonfia di rabbia lei però non si fermò e lo raggiunse.
-Non dirmi cosa fare, non sei nessuno- e stava per spintonarlo quando lui le bloccò velocemente i polsi. Questo suo gesto fu talmente rapido e imprevisto che lei non ebbe il tempo di evitarlo o di prevedere questa sua mossa.
-Non devi sempre attaccare, pensavo che le parole di Gai ti avessero già avvertita che devi imparare a difenderti e a prevedere le mosse- Tenten, infastidita da quel contatto, provò a sottrarsi, ma la forza dello Hyuga era superiore alla sua e ogni suo gesto risultò del tutto inutile.
-Non c’entrano niente ora le parole di Gai- disse dura in volto sentendo il fiato dello Huyga sempre più vicino: il suo cuore iniziò a battere più forte mentre pochi centimetri li separavano.
-Invece dovresti tenerle a mente perché nella vita fai esattamente la stessa cosa. Sei sempre la prima ad attaccare la gente appena senti qualcosa che non ti va a genio, ma non permetti mai a nessuno di spiegarsi, non lasci il tempo di chiarire le situazioni che ti crei nella tua mente- le mormorò serio il giovane senza allentare la presa. Quel tocco, così forte e sicuro, la fece rabbrividire e per un secondo si domandò se anche lui l’avesse percepito.
-Non ha senso quello che sai dicendo- sibilò a fior di labbra mentre tutto attorno a lei si faceva bollente e si chiese se fosse davvero per colpa dell’alcol. Lo Hyuga sorrise, un sorriso sincero che la castana non riuscì a non osservare.
-Invece ha senso. Se tu non mi avessi attaccato ieri ti avrei spiegato tutti i motivi per cui ti ritengo una candidata perfetta-
-Io...- biascicò mentre tutto intorno a lei iniziò a girare visto che l’alcol stava facendo sempre più effetto.
-Avevi ragione, né io né Shikamaru facciamo parte di quella grossa fetta di studenti che possiedono un talento che ha permesso loro di frequentare la nostra stessa scuola, studenti che non considero di serie B solo perché non abbiamo lo stesso reddito. Per questo saresti stata perfetta, perché ci avresti fatto capire meglio quali sono i veri problemi che vi affliggono, problemi che forse io non posso capire, ma che voglio risolvere. In più ti batti con il cuore per quello che pensi e che ritieni che sia giusto e io e il Nara abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia capire quando dobbiamo impegnarci per qualcosa che è davvero importante per chi ci ha votato, ma anche per chi non l’ha fatto. Per questo ti voglio- bisbigliò con voce roca e Tenten, senza pensarci, fece un passo verso di lui lasciando che i loro petti si sfiorassero. Lui sorrise dolcemente, un sorriso che era certa non aver mai visto sul suo volto, e le liberò uno dei due polsi: con la mano libera le sfiorò con delicatezza il viso invitandola a ricambiare il suo sguardo. Il corpo di Tenten fremeva: provò a dire qualcosa, ma appena incontrò lo sguardo del ragazzo il suo cervello si svuotò all’istante lasciando fuoriuscire dalle sue labbra solo delle parole confuse.
-Ti voglio nel mio team- aggiunse secondi dopo, secondi che alla castana parevano essere ore. Mordendosi con forza la lingua lo allontanò con forza mentre tutto intorno a lei iniziò a girare sempre più velocemente: Neji, confuso, la fissò barcollare ed aggrapparsi ad una colonna mentre gli occhi della castana si sforzavano di evitarlo.
-No, non ho alcuna intenzione di accettare questo incarico- tagliò corto dura in volto cercando di frenare il tremolio delle sue labbra, ma la rabbia, che era rimasta dormiente per tutto quel tempo, iniziò a farle ribollire il sangue.
-Pensavi davvero che con queste paroline dolci mi avresti convinta a fare quello che vuoi tu? Con me questi tuoi trucchetti da seduttore non funzionano, ti conosco troppo bene- biascicò senza neanche rendersi di conto di cosa stesse uscendo dalla sua bocca. Era arrabbiata, arrabbiata con sé stessa per aver reagito insensatamente l’altro giorno contro di lui, arrabbiata perché non riusciva a rallentare il suo cuore quando lui le era vicino, arrabbiata perché lui la faceva sentire così debole da farla stare male. Con gli occhi umidi e le lacrime che facevano capolinea, gli si avvicinò e, prima che lui potesse dire qualcosa, gli tirò uno schiaffò in volto con tutta la forza che possedeva.
-Non sono la tua marionetta e non pensare di vedermi domani a correre, da ora in poi tu non sei più nessuno per me- e, troppo vigliacca, corse via senza girarsi per guardarlo un’ultima volta.

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Capitolo 8
*** La Festa: II Parte ***


Sakura sbuffò sonoramente guardandosi intorno: la gente chiacchierava e beveva animatamente e di Tenten non vi era alcuna traccia. Annoiata per non avere ancora alcool in corpo, osservò che si erano già fatte le undici: era da ben mezz’ora che la sua migliore amica l’aveva abbandonata lasciandola completamente da sola ad una festa, circondata da tutta la gente che si divertiva tranne lei ovviamente. Sbuffando nuovamente si mise più comoda sul divano mentre una coppia di ragazzi, decisamente più piccoli di lei, iniziò a limonare pesantemente al suo fianco. Decisamente molto più imbarazzata lei di loro, si alzò sfruttando la sua nuova altezza per individuare Tenten tra il marasma di studenti. All’improvviso però qualcosa attirò la sua attenzione: felice di vedere che finalmente vi era una faccia amica fissò Naruto che, sempre più ubriaco e mimando dei passi di danza improponibili, si avvicinava ad una seconda figura che, oltre a lei, pareva non divertirsi. Incuriosita dalla sconosciuta la scrutò attentamente: la ragazza era decisamente di una bellezza mozzafiato. La sua pelle bianca come il latte era ravvivata dal bluastro dei suoi capelli: i suoi occhi, del colore della madreperla, erano fissi sul pavimento e, nonostante fosse seduta molto composta, ogni suo muscolo del suo corpo mostrava un enorme disagio. Si vedeva chiaramente che avrebbe preferito essere in qualsiasi posto tranne che lì. Si stava per avvicinare quando Naruto la precedette.
-Ciao Hinata, ti diverti?- le biascicò lasciandosi cadere di peso sul divano e facendola sussultare. Lei, mantenendo lo sguardo basso, iniziò a giocherellare nervosamente con le dita mentre le sue gote si dipinsero di un rosso scarlatto.
-Molto Naruto, grazie per avermi invitata- bisbigliò e il ragazzo bevve un altro sorso della sua bevanda rossastra.
-Bene sono contento e sai perché? Perché oggi, cioè domani, è il mio compleanno e l’unico regalo che desidero è che tutti i miei amici siano felici- le disse allegramente avvolgendola amicalmente con un braccio le spalle. Sakura notò con tenerezza la ragazza biascicare qualcosa che risultò incomprensibile sia per lei che per Naruto.
-Ora vado, ma ci vediamo più tardi, ok?- concluse lui alzandosi e barcollando da un’altra parte. La ragazza lo seguì con attenzione con lo sguardo prima di lasciarsi sfuggire un tenero sorriso che fece brillare i suoi occhi madreperla.
-Ciao- disse Sakura prendendo il posto di Naruto. Il gesto fu talmente tanto improvviso che la sua interlocutrice si spaventò nuovamente.
-Oddio scusami, non volevo spaventarti- si scusò la Haruno ammirando quanto fosse ancora più bella quella sconosciuta da vicino. C’era qualcosa in lei che la rendeva quasi angelica.
-No, scusami tu- bisbigliò nervosa cercando di ricomporsi. Sakura le sorrise dolcemente.
-Piacere Sakura, tu devi chiamarti Hinata- disse allungandole la mano che l’altra strinse con dolcezza mentre annuì leggermente in segno di assenso.
-Lo so chi sei, Naruto parla sempre di te- disse con estrema dolcezza, ma ogni suo muscolo emanava il disagio che provava per la presenza di una sconosciuta. Sakura si lasciò sfuggire una risata sincera.
-Non sei la prima che me lo dice- rispose e Hinata, di fronte a quel suo gesto, sembrò rilassarsi.
-Allora cosa ci fai qui da sola?- le domandò chinandosi per prendere una bottiglia di birra piena lasciata sul tavolo. Dopo averla aperta la offrì alla Hyuga che la declinò gentilmente scuotendo la testa.
-Sono venuta qui con mio cugino che però è scomparso appena siamo arrivati. Così sono rimasta da sola- bisbigliò osservando la Haruno bere direttamente a canna.
-So bene come ti senti, anche la mia migliore amica mi ha abbandonato e per colpa sua sono rimasta sola. Sai, sono arrivata da poco e non ho tantissimi amici- le spiegò e Hinata la ascoltò in silenzio e educatamente.
-Però, visto che entrambe siamo state scaricate, possiamo diventare io e te amiche, è sempre comodo avere più di una amica soprattutto se la prima è una traditrice- e finalmente la Hyuga si lasciò sfuggire una risata divertita cosa che fece sorridere a sua volta Sakura. Hinata si morse debolmente il labbro inferiore alzando lo sguardo in direzione della sua interlocutrice.
-Davvero vuoi essere mia amica?- sibilò insicura e il cuore della Haruno si scaldò di un sentimento puro come lo era Hinata.
-Certo, ma solo se tu lo desideri- e Hinata annuì con vigore felice. Sakura soddisfatta le passò la sua bottiglia di birra già iniziata che questa volta accettò.
-Bene, ora dimmi: da quanto ti piace Naruto?- all’udire quelle parole la ragazza iniziò a tossire violentemente portandosi le mani al volto. Sakura accennò una smorfia divertito e ammiccante.
-Io...- bofonchiò oramai rossa in volto. L’altra, cercando di ritornare il più neutrale possibile, si allungò per prendere un’altra bottiglia di birra.
-Non c’è niente di cui vergognarsi Hinata, anzi Naruto è fortunato ad avere una ragazza come te che ci tiene così tanto a lui- le rispose accarezzandole dolcemente la spalla. Grazie a quel contatto la ragazza parve calmarsi. Stava per dire qualcosa quando venne interrotta da un grido.
-Sakura, Hinata!- gridò a pieni polmoni Naruto, oramai sbronzo e con un terribile odore di alcool che lo precedeva. Senza lasciare alle due il tempo di rispondergli, si sedette tra loro e avvolse le spalle delle due ragazze tra le sue braccia.
-Non avete idea di quanto vi stessi cercando e per magia vi ho trovate entrambe- commentò tutto contento non notando che Hinata si stava facendo sempre più piccola di fronte a quel contatto. Sakura, con rimproverò, lo fissò per alcuni istanti, ma gli occhi ridotte a fessure di Naruto non parvero notare nulla.
-Ti ho già detto che sei bellissima questa seram Sakura?- biascicò girandosi verso la Haruno e rivolgendole un alito che la fece rabbrividire.
-Sì, me lo hai già detto e ti ho già ringraziato- lo assecondò lei, ma questo non parve bastare all’ubriaco.
-Hinata, non pensi che sia bellissima?- domandò questa volta alla seconda malcapitata che a vedere il viso del ragazzo così vicino al suo quasi svenne.
-Sì Naruto, Sakura è davvero bellissima- bisbigliò reprimendo un tono tremolante di voce. Una espressione vittoriosa si dipinse sul volto dell’Uzumaki.
-Lo sapevo che non ero pazzo, Sakura è davvero così bella come me la ricordavo! E poi- continuò mentre il suo viso si rabbuiò all’istante.
-Non è solo bella, lo sai Hinata? Lei è perfetta: è simpatica, ha carattere, è sempre disponibile ad aiutare tutti e... te l’ho già detto che è bellissima?- e Hinata annuì nuovamente rendendo ancora più felice il biondo mentre una espressione di disagio si dipinse sul volto di Sakura. Poteva perfettamente notare la tristezza farsi spazio sul volto della sua nuova amica mentre l’Uzumaki riprese a dire cose senza senso su di lei. All’improvviso Naruto si agitò un po’ troppo e il bicchiere che conteneva del viso andò a versarsi sulla camicetta bianca di Hinata. L’Uzumaki provò a dire qualcosa per scusarsi, ma la nausea ebbe il sopravvento e corse via veloce. Oramai sole Hinata si portò le mani al viso.
-Hinata...- bisbigliò Sakura avvicinandosi, ma la ragazza iniziò a scuotere la testa delusa.
-Stai bene?- mormorò non sapendo neanche lei cosa dire. Hinata fissò una seconda volta la grossa macchia e poi, gli occhi gonfi di lacrime, si girò a fissare dolcemente la sua nuova amica.
-Tranquilla, non è successo niente di grave, è solo una macchia- disse ed era visibilmente sincera. Quello che però non riusciva a nascondere era la delusione, una delusione che non era causata sicuramente dal vino.
-Vuoi andare un attimo in bagno? Possiamo provare ad asciugarla almeno- balbettò Sakura mentre la musica intorno a loro si faceva sempre più assordante. Hinata le sorrise, con un sorriso puro e dolce, e poi prese la mano della ragazza tra le sue.
-Per quello che ha detto prima Naruto su di me sono sicura che pensa le stesse cose di te- ogni sua singola parola le sembrava assolutamente stupida da dire eppure non riusciva a farsi venire in mente una qualsiasi cosa che avrebbe fatto stare meglio quella ragazza così speciale.
-Non so se vale qualcosa, ma penso le stesse cose che ha detto Naruto su di te Sakura. Sono contenta che provi dei sentimenti così forti verso una ragazza come te...- ma non riuscì a concludere la frase che una figura si accostò davanti a loro. Sakura, senza sapere cosa rispondere ad Hinata, lasciò cadere il suo sguardo sul terzo arrivato.
-Hinata, andiamo via- le disse duro un ragazzo così simile alla Hyuga da sembrare suo fratello gemello: l’unica cosa che aveva di diverso era un tono caldo di colore di capelli.
-Stai bene, fratello Neji?- sussurrò lei visibilmente preoccupata in volto. Il ragazzo deglutì a fatica mentre Sakura notò uno strano rossore sulla sua guancia, molto simile all’impronta di una mano. È così, pensò, finalmente aveva avuto l’occasione di incontrare di persona anche Neji Hyuga.
-Ho detto che andiamo via- ripeté freddo e duro tanto da far rabbrividire la Haruno. Hinata si alzò immediatamente dal divano e mimò un piccolo inchino nella sua direzione.
-È stato un piacere incontrarti Sakura, spero che davvero potremmo essere amiche- e prima che l’altra avesse la possibilità di risponderle, Neji trascinò la cugina via velocemente. Un senso di tristezza riempì il cuore di Sakura: decisamente non si aspettava che quella festa sarebbe andata così.
 
 
I passi di Tenten erano pesanti così come lo era il suo cuore. Con la mente annebbiata dall’alcol e gli occhi gonfi di lacrime, rientrò nell’appartamento di Naruto. Una terribile nausea attanagliava il suo stomaco e la musica assordante rimbombava con forza nella sua mente, ma il suo viso era serio e deciso.
-Andiamo- disse seria appoggiandosi a fatica al muro: il suo fiato era stranamente corto e percepiva le sue gambe molli, come se da un momento all’altro avrebbero ceduto malamente sotto al suo peso. Il ragazzo a cui si era rivolta smise di parlare con una ragazza dalla lunga chioma castana.
-Ciao anche a te, Tenten- le disse divertito girandosi verso di lei che deglutì a fatica.
-Andiamo- disse nuovamente con più decisione e riuscendo a far combaciare i loro sguardi. Lui, estremamente divertito, si leccò il labbro superiore.
-Dove?-
-Voglio fare sesso con te, ora- gli rispose lei. Kiba si lasciò sfuggire una risata estremamente fragorosa come se Tenten avesse appena detto una barzelletta divertente.
-Sei ubriaca- affermò appoggiando il suo bicchiere sul tavolo e leccandosi le labbra screpolate come se fosse davanti a una preda inerme
-Io non vado a letto con le ragazze ubriache-
-Stupido- sibilò lei prima di far aderire con forza le loro bocche. Kiba, che non si aspettava questo gesto da parte su, non rispose immediatamente al bacio, ma poi le sue labbra carnose iniziarono a muoversi lentamente. Mentre tutto intorno a loro sembrava farsi un po’ più silenzioso, le mani dell’Inuzuka la strinsero con forza accarezzando dolcemente la schiena della castana che vibrò di desiderio.
-Pensavo che non volessi far sapere alla gente di noi- la beccò lui staccandosi con dispiacere da lei. Tenten scostò la frangetta dal volto.
-Non c’è alcun noi Kiba, voglio solo fare sesso quanto lo vuoi te- e, prima che il castano potesse ribattere a questa sua affermazione, iniziò a trascinarlo tra la folla.
-No, andiamo nella stanza di Naruto- la bloccò lui e silenziosamente Tenten lo seguì. Quando furono finalmente nella stanza del biondo, disordinata e buia, ma priva di gente, gli occhi simili a quelli di un cerbiatto di Tenten tornarono a specchiarsi avidi in quelli di Kiba.  
-Non dire niente, non rovinare questo momento- sibilò lei eliminando lo spazio che separava le loro labbra. Bramoso Kiba fece scivolare le sue mani sulle cosce nude di Tenten che rabbrividì di fronte a quel tocco.
-Sul letto- biascicò il ragazzo lasciando nuovamente che le loro lingue si intrecciassero. Facendo poco caso a quello che li circondava Tenten si lasciò andare di peso sul letto dell’Uzumaki che cigolò a causa del loro peso. Le mani calde e sicure di Kiba salirono veloci sempre più in alto e Tenten si limitò ad inarcare la schiena mentre il ragazzo le sbottonava la camicetta che ben presto fece cadere a terra.
-Quante volte te lo devo ripetere ancora, Shika? Ti ho detto che ho lasciato la tua giacca in camera mia e così ho fatto- la porta, accompagnata da quelle parole sbuffate e impastata di Naruto, venne immediatamente aperta e la luce illuminò i due ragazzi. Shikamaru e Naruto immediatamente si fermarono sulla soglia mentre Kiba si allontanò all'istante da una Tenten oramai priva della sua camicetta e solo in reggiseno.
-Che seccatura- sbuffò il Nara portandosi le braccia dietro la schiena e schioccando le labbra: Naruto invece rimase zitto continuando a far passare il suo sguardo sconvolto da Tenten a Kiba. Provò a dire qualcosa, ma uscirono solo dei grugniti.
-Andiamo Naruto, me la darai più tardi la mia giacca- disse Shikamaru facendo un leggero cenno del capo e richiudendo immediatamente la porta. Inuzuka, che non aveva parlato per tutto il tempo, si girò a guardare la seconda figura rimasta: la castana ancora sotto shock stava fissando la porta oramai chiusa.
-La tua camicetta- disse il ragazzo passandole l’indumento e non trattenendo una espressione enigmatica. Lei la afferrò debolmente mentre tutto intorno iniziò a girarle talmente tanto da costringerla a sdraiarsi sul materasso.
-Sei ubriaca fradicia, ti porto a dormire- ma Tenten non sentì altro perché cadde immediatamente in un sonno agitato.
 
 
-Festa dell’anno!- ululò Naruto aggrappandosi a fatica alle braccia di Kiba cercando di reggersi in piedi, ma inutilmente. Le sue gambe sembravano come budini e ogni passo costava una ammenda di energia considerevole.
-Una festa che ora è finita e tu devi andare a dormire, festeggiato- lo ammonì divertito Kiba mentre Shikamaru finiva di fumare la sigaretta seduto comodamente sul divano. L’appartamento era un completo disastro, il pavimento era estremamente appiccicoso e bottiglie più o meno vuote erano state abbandonate per tutta l’area. Un terribile odore di fumo, mischiato a quello di sudore, rendeva il tutto decisamente più nauseabondo.
-Ma si sono divertiti tutti? Perché io mi sono divertito tantissimo- biascicò preoccupato Naruto girando il capo per guardare il ragazzo che lo sosteneva: Kiba alzò gli occhi al cielo sospirando e sbuffando.
-Potresti anche aiutarmi a metterlo a letto invece di rilassarti?- disse decisamente seccato mentre il Nara liberava dalle sue labbra del fumo ricco di nicotina.
-Mi sembra che te la stia cavando benissimo anche da solo- rispose con grosse occhiaie sotto agli occhi. Kiba stava per rispondergli a modo quando il biondo gli sfuggì dalle braccia iniziando a barcollare goffamente.
-Naruto torna qui, non riesci neanche a stare in piedi- lo sgridò il castano mentre quello si aggrappò esausto al tavolo ricoperto di bicchieri di plastica usati. Poi, senza reprimere una faccia sofferente, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il suo cellulare.
-Cosa stai facendo, idiota?- lo riprese Kiba avvicinandosi a lui e acchiappandolo in tempo prima che si accasciasse malamente a terra.
-Ho mandato una foto a Sasuke per fargli capire che festa fantastica si è perso!- replicò offeso abbandonando il dispositivo elettronico sul tavolo e rimettendosi in piedi.
-Ora? Ma sono le cinque di notte- lo riprese Kiba come se stesse parlando con una persona particolarmente stupida.
-Non dire così! E poi lasciami stare, non voglio andare a letto! Non sono stanco- iniziò a ribellarsi l’Uzumaki sbattendo con forza i piedi e tirando pugni all’aria come un bambino che faceva i capricci.
-Un aiutino?- Shikamaru sospirò vistosamente alzandosi dal divano e si avvicinò ai due.
-Che seccatura- borbottò abbandonando la sigaretta in un bicchieri ricolmo di un liquido rosato. Stava per afferrare il suo amico dai piedi quando il cellulare del festeggiato si illuminò. I due ragazzi più sobri si guardarono con sospetto.
-Chi è?- biascicò Naruto con gli occhi oramai ridotti a due fessure a causa della stanchezza.
-Un messaggio da parte di Sasuke, dice che entro domani mattina devi mettere a posto tutto- disse serio il Nara leggendo velocemente il messaggio. Un enorme broncio comparve sul volto stanco di Naruto.
-Non si degna di tornare da settimane e si permette di darmi ordini- ululò arrabbiato rubando il cellulare al ragazzo dalla coda alta e iniziando a digitare qualcosa molto velocemente.
“Perché?” scrisse velocemente mentre faceva sempre più fatica a riconoscere i tasti sulla tastiera. Non ebbe neanche il tempo di posarlo che nuovamente il suo display si illuminò.
“Perché domani torno, idiota”.

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Capitolo 9
*** Rimorsi ***


Tenten mugugnò con disprezzo mentre degli insistenti raggi solari sembravano non volerle dare pace. Con lentezza affossò ulteriormente il suo capo sul cuscino percependo la sua bocca impastata e secca.
-Buongiorno, principessa- all’udire quella voce estranea la ragazza si limitò a girarsi su un fianco e a sollevare le coperte fino al mento riparandosi dall’aria fresca di primo mattino. Stava per riaddormentarsi quando percepì chiaramente dei passi umani e il rumore di stoviglie. Nonostante i suoi occhi la pregassero di rimanere chiusi, il suo stomaco iniziò a brontolare rumorosamente.
-Ho fatto del caffè, lo vuoi?- continuò a seconda figura mentre un aroma inebriante raggiunse le narici di Tenten. Mugugnando si alzò e iniziò a stiracchiarsi vistosamente: mentre i suoi gonfi e stanchi mettevano sempre più a fuoco l’ambiente circostante si rese conto che non era nel suo appartamento.
-Sakura?- bisbigliò quasi pregasse che l’altra figura nella stanza fosse la sua migliore amica e che non avesse fatto più cazzate di quelle che ricordasse.
-Tranquilla, hai dormito nel mio appartamento- la tranquillizzò la Haruno avvicinandosi a lei e sedendosi sulla poltrona. Senza trattenere un sospiro di sollievo accettò di buon grado la tazzina bollente di caffè.
-Allora, come va con i sintomi post sbornia?- le domandò mentre il contatto tra la superficie calda di ceramica e labbra di Tenten causò nella ragazza un brivido di piacere. Ne bevve giusto un sorso prima di sedersi in maniera più composto sul divano.
-Abbastanza bene- sospirò portandosi le dita alle tempie che pulsavano selvaggiamente.
-Spero solo di non averti vomitato in giro-
-No, tranquilla, hai dormito per tutta la notte come un angioletto- le disse la Haruno incrociando le gambe e fissandola: anche lei era decisamente stanca in volto, ma era decisamente meno provata dell’amica. Tenten bevve un altro sorso e lasciò che il suo sguardo vagasse per l’abitazione.
-Non ricordo neanche come sono arrivata qui- sospirò mentre un mal di testa si faceva sempre più forte. Mugugnando posò la tazzina sul tavolo e si sdraiò nuovamente sul divano. Sakura la aiutò e poi tornò a sedersi.
-Ti ha portato Kiba- rispose con un tono estremamente neutrale e privo di malizia. Tente si morse con forza la lingua.
-Giusto- bisbigliò nascondendo il viso sotto le coperte.
-Dopo che Naruto, Shikamaru e praticamente tutta la scuola vi hanno visto quasi fare sesso- aggiunse sfilando un elastico dal polso e legandosi i capelli rosati. Tenten sbuffò sonoramente riparandosi ulteriormente con le lenzuola come se fossero un magico scudo.
-Senza contare che non ho la più pallida idea di cose tu abbia fatto dopo che mi hai lasciato sola per quasi tutta la festa... Centra per caso un certo Neji Hyuga?- Tenten, all’udire quel nome, si alzò di scatto fulminando la sua migliore amica con lo sguardo. Sakura rise divertita non riuscendo a nascondere tutto il suo divertimento per quella situazione.
-Sakura, ti prego, non ho alcuna voglia di parlare ora di queste cose- la sgridò cercando di sistemare come poteva la sua capigliatura disordinata e con un terribile odore di vodka. All’improvviso, prima che la Haruno potesse ribattere, il laptop di quest’ultima si accese e iniziò a lampeggiare. Sakura, incuriosita, si alzò mentre Tenten ritornò ad affossare il capo tra i cuscini.
-Oh, una chiamata Skype da parte di Anko- disse sorpresa la Haruno sedendosi sulla sedia. Tenten, senza trattenere dei mormorii, si auto obbligò ad alzarsi nonostante ogni suo muscolo la pregasse di non farlo.
-Ciao, mi sentite?- urlò la donna che comparve sul monitor. Appena notò i due volti il suo viso si illuminò all’istante.
-Ciao Anko- le disse dolcemente Sakura sorridendole mentre la castana si limitò a trascinare con fatica una sedia accanto all’amica.
-Vedo che avete fatto le ore piccole ieri­- sibilò divertita la madrina di Tenten osservando i volti stanchi e stravolte delle due ragazze.
-C’era una festa- precisò Tenten sedendosi finalmente. Poi, quasi per caso, rivolse anche lei lo sguardo alla sua madrina.
-Stai bene Anko?- domandò riacquistando lucidità: Sakura non disse niente, ma anche lei aveva notato l’estrema pallidità della donne e le sue profonde occhiaie nere, tutt’altro che sane. La donna scosse la testa con decisione muovendo i codoni.
-Ma certo, che domande- replicò sfoderando uno dei sorrisi più falsi che avesse mai visto sulla donna, una terribile bugiarda come lo era la sua migliore amica. Con la coda nell’occhio scrutò il viso preoccupato di Tenten che non era per niente convinta dalle scuse che aveva abbozzato la sua madrina.
-Mi stai mentendo, anche se siamo in due continenti diversi riesco perfettamente a capire quando mi stai dicendo una cazzata- rispose dura la castana fulminando con lo sguardo la figura della donna sul monitor. Quella, visibilmente tesa, lasciò ricadere il suo sguardo carico di dispiacere sulla Haruno che si irrigidì immediatamente.
-Noi comunque stiamo bene, Anko- disse cercando di smorzare la tensione presente in quella chiamata.
-Sono contenta, ma ricordatevi di studiare oltre che divertirvi- rispose Anko ancora tesa in volto. Tenten, offesa, non la degnò di uno sguardo.
-Ora devo proprio andare, ho un turno in fabbrica e non posso fare tardi- e senza lasciare il tempo alle due ragazze di rispondere, il monitor tornò ad essere buio.
-Cazzata- sibilò a denti stretti Tenten alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il frigo.
-Cosa hai detto?- le domandò Sakura seguendola con lo sguardo prima di chiudere il computer.
-Che ha detto una cazzata, ma oramai non è una novità- rispose fredda lei lavandosi le mani, ma non sembrava ancora aver finito di parlare.
-Pensi che io sia stupida Sakura?- la Haruno aggrottò le sopracciglia senza capire, ma Tenten si lasciò sfuggire un sorriso amaro.
-Evidentemente lo pensate tu, Anko, Mebuki e Kizashi altrimenti non si spiegherebbe perché continuate a dirmi solo bugie da quando sono partita- tuonò rivolgendo uno sguardo duro alla sua migliore amica che si irrigidì all’istante.
-Non pensi che io l’abbia capito che non vive più nel nostro appartamento, ma a casa tua? Ah, come dimenticarsi il fatto che non lavora neanche più in fabbrica-
-Tenten, io...-
-Tu cosa? Pensavate davvero che non avessi capito niente? È da cinque anni che va avanti con questa balla del lavoro in fabbrica inventandosi orari di lavoro sempre differenti ogni settimana. Se lei ha deciso di accettare la vostra carità e di nasconderlo va bene, ma quello che non riesco a sopportare è che tu non abbia detto niente- mormorò delusa in volto. Sakura inspirò profondamente, ma rimase in silenzio mentre non le veniva in mente niente di sensato da dire.
-Ma sento che c’è qualcosa d’altro che non so, qualcosa che continua a tenermi nascosto. È da un anno che è cambiata completamente: è sempre stanca, il suo volto è sempre provato e i suoi occhi sono spenti. Ti prego Sakura, se sai qualcosa me lo devi dire!- le disse avvicinandosi a lei e abbassandosi. I loro occhi si rispecchiarono gli uni negli altri mentre grosse lacrime iniziarono a scivolare veloci sul volto della castana. La Haruno percepì una mossa al cuore scuotere il suo petto mentre le sue labbra si mossero senza far uscire alcun rumore: non poteva parlare, l’aveva promesso ad Anko.
-No, io non so niente- disse cercando di risultare il più convincente possibile. Tenten, delusa da questa sua risposta, si asciugò il viso con le maniche della felpa.
-Lo sai che odio le persone che mi mentono e spero davvero che tu mi stia dicendo la verità perché, se venissi a scoprire che mi stai nascondendo qualcos’altro, non potrei mai perdonarti- affermò con durezza rialzandosi e digrignando i denti.
-Se sapessi qualcosa te lo direi- disse Sakura serrando con forza la mascella e percependo il suo cuore iniziare a battere all’impazzata: sperava solo che il suo volto non tradisse i suoi reali sentimenti mentre percepiva un dolore dilaniarle in petto. Tenten la scrutò per alcuni secondi prima che il suo solito sorriso ricomparisse sul suo volto.
-Forza, vestiamoci e andiamo in mensa, è quasi ora di pranzo e sto morendo di fame- e ondeggiando allegramente si diresse verso la stanza della sua migliore amica la quale la fissò in silenzio. Poi, sospirando debolmente, si alzò dalla sedia nascondendo le mani tremanti nelle tasche: sapeva che Tenten non stava scherzando e che questa storia delle bugie non sarebbe potuta andare avanti per molto, ma non avrebbe tradito Anko, non l’avrebbe mai fatto. Glielo aveva promesso e lei manteneva sempre le promesse, pensò, mentre automaticamente le su dita cercarono la colonna e il ciondolo a forma di kunai. Tutto si sarebbe sistemato, tutto sarebbe andato per il meglio, mormorò a sé stessa, ma la verità era che non ci credeva neanche lei.
 
-Stavo morendo di sete- si lamentò ristorato l’Uzumaki posando sul tavolo la bottiglietta d’acqua minerale completamente svuotata in un solo sorso. Leccandosi le labbra bagnate si stiracchiò emettendo suoni di piacere mentre i muscoli erano in tensione.
-Questi mugugni di piacere potresti anche risparmiarteli visto che sto mangiando- lo riprese Kiba allontanando quasi disgustato la ciotola piena di cereali e latte che stava sgranocchiando nonostante fosse ora di pranzo. Naruto sorrise sornione e si tuffò a rubargliela con espressione famelica come se il suo piano fosse andato a buon fine.
-Perfetto, così posso mangiarmela io- disse, soddisfatto, allontanando da davanti a sé due piatti oramai vuoti e con delle briciole: Shikamaru e Kiba si rivolsero una veloce occhiata quasi disgustata.
-Hai già mangiato un piatto intero di pasta e uno con uova e bacon, non pensi che tu stia un po’ esagerando?- gli domandò il Nara alzando un sopracciglio quasi come un rimprovero: Naruto, con la bocca piena di cereali, cercò di spicciare alcune parole, ma finì per sputare il latte sul tavolo della mensa.
-Sei proprio un idiota- lo incalzò Kiba dandogli una pacca sulla testa. Il biondo provò a protestare, ma la bocca era ancora così piena che decise di stare zitto per il suo bene.
-Comunque non posso credere che tu riesca a spazzolare tutto questo cibo spazzatura quando fino a poche ore fa eri ubriaco fradicio. Io ho talmente tanta nausea che solo guardandoti mi sento stare male- continuò il castano fissandolo con una espressione disgustata mentre un forte senso di nausea gli fece assumere una smorfia in volto. Naruto alzò le spalle e ritornò a mangiare.
-Voi ragazzi come state?- rivolgendosi agli altri due ragazzi seduti nel loro stesso tavolo della mensa. Shikamaru bevve un sorso di acqua prima di far aderire la sua schiena con lo schienale della sedia.
-Sto bene, non ho bevuto così tanto ieri sera- disse senza reprimere uno sbadiglio e mentre le sue dita fremevano dall’accendersi una sigaretta.
-Che seccatura- bisbigliò a fior di labbra osservando il cartello dalle dimensioni cubitali che conteneva la scritta “Non fumare”. Kiba a quel punto rivolse lo sguardo all’ultimo interlocutore: Neji, zitto ed estraniato dai suoi amici, stava silenziosamente mangiando un piatto di pasta.
-Neji?- domandò invitando il suo amico a rispondere, ma lui si limitò a regalargli una veloce e fredda occhiata prima di tornare a mangiare.
-Lascialo stare, è di cattivo umore questa mattina- si intromise Naruto con la bocca finalmente libera. Poi, emettendo un rumoroso rutto, tornò a mangiare.
-Tu invece, Kiba?- domandò rivolgendosi al castano.
-Già, ieri sera sicuramente sei stato quello che si è divertito di più da quanto abbiamo potuto vedere- aggiunse Shikamaru lasciandosi sfuggire un leggero sorriso incalzante.
-Non so cosa intendete- si smarcò lui versandosi dell’altro succo d’ananas nel bicchiere, ma oramai la curiosità aveva preso il sopravvento nelle membra stanche di Naruto.
-Tra l’altro non è stato molto carino che tu e Tenten vi siate imboscati nella mia stanza per fare... quelle cose- parlò Naruto sbuffando e mettendo il broncio. Kiba scosse la testa divertito mentre percepì chiaramente uno sguardo fissò sulla sua figura che lo fece rabbrividire.
-Si dice sesso Naruto, sei proprio un verginello- lo incalzò rivolgendogli uno sguardo di sfida mentre le gote dell’Uzumaki si dipinsero di un leggero colore rosato.
-Comunque vogliamo chiamarlo da quanto tempo va avanti questa cosa?- domandò Shikamaru cercando di levare dall’imbarazzo uno dei suoi migliori amici. Kiba alzò le spalle prima di portare le braccia dietro al capo.
-Da un paio di mesi- rispose con tranquillità, ma un sorriso sornione sfuggì dal suo controllo. Naruto iniziò a tossire con forza mentre lo sguardo rivolto sulla sua figura si fece sempre più pesante. Con la coda dell’occhio l’Inuzuka si assicurò che l’attenzione di Neji fosse totalmente riversata sulla sua figura: lo Hyuga aveva cessato di mangiare e ora impassibile lo stava fissando mentre il suo pugno stretto con forza tradiva il suo presunto autocontrollo. Divertito si lasciò sfuggire un sorriso di sfida.
-Non ci credo! Una ragazza così carina e simpatica come Tenten cosa può avere mai trovato di interessante in uno come te?- ululò Naruto alzandosi in piedi e iniziando a mimare strani segni con le mani come per volere dare enfasi alle sue parole.
-Te lo devo dire o ti basta un disegnino?- lo incalzò Kiba mentre Shikamaru scosse la testa rassegnato.
-A volte te le vai proprio a cercare, Naruto- sibilò a fior di labbra mentre il biondo silenzioso si rimise a sedere sempre più rosso in volto.
-Ehi Kiba, come va?- un ragazzo alto e con una miriade di lentiggini si accostò al suo tavolo interrompendo la loro chiacchierata.
-Ciao Mike, tutto apposto e tu?- lo salutò ricambiando una vigorosa stretta di mano. Naruto, confuso, guardò il Nara che alzò le spalle non sapendo neanche lui chi fosse quel tizio appena arrivato.
-Tu devi essere Naruto Uzumaki! Amico, lasciatelo dire, la festa di ieri sera è stata una bomba- continuò lo sconosciuto rivolgendosi al biondo che rise soddisfatto per quelle parole.
-Ma chi si è divertito più di tutti sei stato tu da quanto mi hanno detto. Davvero vai a letto con quello schianto di Tenten della quinta C?- sibilò il ragazzo divertito regalando una gomitata al castano che iniziò a ridere nervoso.
-Le voci girano in fretta a quanto pare- si limitò a rispondere mentre si grattava nervosamente il capo, ma curiosità dello sconosciuto non si era ancora placata.
-Allora raccontami un po’, com’è a letto?- gli domandò sfregandosi le mani e sedendosi accanto a Naruto. Il biondo, sentendo quella frase, si irrigidì all’istante e mandò una occhiata preoccupata a Shikamaru che socchiuse la bocca con forza.
-Non penso che sia una domanda a cui devi rispondere, Kiba- lo ammonì serio il Nara, ma l’altro non ci badò.
-Su, non essere così bacchettone Shika. Comunque, Mike lo sai che sono un signore e che non posso dire niente però ti svelo che è assolutamente da provare- ma prima che potesse finire una frase una terza figura apparve veloce di fronte allo sconosciuto.
-Vattene dal nostro tavolo- lo minacciò Neji serio in volto. Mike, che sapeva benissimo quanto fosse pericoloso Neji Hyuga, si alzò immediatamente e bianco in volto scappò via dalla mensa. Kiba osservò la scena confuso in viso.
-Ehi, è un mio amico, non puoi minacciarlo così!- ma appena finì la frase un deciso pugno lo colpì in pieno volto. Il corpo dell’Inuzuka ricadde a terra fragorosamente mentre tutti i presenti della mensa si girarono ad osservare la scena.
-Ma sei fuori di testa!- strillò Kiba sdraiato a terra e osservando del copioso sangue iniziare a fuoriuscire dal suo naso. Naruto, preoccupato, si alzò immediatamente dalla sedia, ma il Nara lo fermò. Neji, con il volto contrito dalla rabbia, si avvicinò a grandi passi a Kiba che, impaurito, iniziò a strisciare sul pavimento.
-Tu sei pazzo, sei fuori come un balcone! Guarda cosa mi hai fatto!- continuò il moro mostrando la mano piena del sangue che oramai gli stava macchiando tutta la maglietta, ma Neji non rispose, non fino a quando non gli fu tremendamente vicino. L’ Inuzuka, confuso per quello che stava succedendo, osservò il colpo dello Hyuga contrito e i suoi occhi madreperla, di solito completamente inespressivi, pieni di un sentimento di delusione.
-Non ti fai schifo?- gli rispose Neji fissandolo con decisione.
-Non ti fai schifo a parlare in questo modo di Tenten dopo quello che è successo tra Suigetsu e Ino?- Kiba deglutì a fatica mentre una forte stretta attanagliò il suo cuore. Anche i muscoli degli altri due ragazzi, rimasti in disparte, si contrissero all’udire quel nome che da, tanto, troppo tempo non apparteneva più alle loro vite.
-Ti ricordi come è iniziata tutta quella orribile storia? Dovresti visto che c’eri anche tu, come puoi averla già dimenticata?- continuò lo Hyuga spuntando parole piene di odio. La gente intorno a loro intanto osservava tutta quella scena completamente in silenzio. Poi, prima che Neji potesse sferrare un altro pugno, una mano avvolse veloce il suo polso.
-Ora basta Neji, penso che abbia capito- gli disse serio Shikamaru rivolgendogli uno sguardo d’intesa. Naruto, intanto, si avvicinò a Kiba aiutandolo a rialzarsi: gli occhi dell’Inuzuka, pieni di vergogna, non osarono levarsi dal pavimento.
-Forza, lo spettacolo è finito, tornate a mangiare- ordinò Shikamaru e gli sguardi curiosi ben presto si voltarono lontano dai quattro.
-Ora il minimo che potresti fare è scusarti con Tenten se ti è rimasto un briciolo di rispetto per te stesso e per gli altri- e, senza aggiungere altro, si allontanò in silenzio sotto lo sguardo di qualche curioso. Kiba si grattò nervosamente le tempie prima di ricevere un fazzoletto da parte di Naruto che ringraziò a labbra strette.
-Mi sono comportato da cretino, vero?- sibilò rivolto ai suoi ultimi due amici rimasti che annuirono all’unisono.
-Che seccatura- biasciò Shikamaru tornando a sedersi al tavolo.









NOTA D'AUTORE:
Beh, la storia si chiama "Tutti nascondono un segreto" non a caso e ben presto, ma non troppo, i segreti di tutti verranno a galla. 
 

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Capitolo 10
*** I Tre Riferimenti ***


Quando Tenten e Sakura arrivarono nella mensa del College di Konoha erano oramai passate le due: nonostante fosse domenica le persone rimaste ai tavoli erano poche, ma non così poche come aveva sperato fossero Tenten. Mentre si dirigevano a prendere il pranzo, l’attenzione dei presenti si riversò interamente sulla castana e un chiacchiericcio insistente accompagnò le due fino a quando non presero posto in un tavolo.
-Non dire niente- biascicò a denti stretti la castana ignorando il più possibile il tavolo in cui vi erano seduti Shikamaru, Naruto e Kiba. Sakura, salutando con un gesto il biondo, la seguì.
-Allora, quando mi dirai cos’è successo ieri sera?- domandò la Haruno sedendosi di fronte alla amica che, stanca, si lasciò sfuggire uno sbuffo.
-Non voglio parlarne- sibilò lei mentre le occhiate di tutti gli studenti iniziavano a farsi meno insistenti: evidentemente, pensò, quello che era accaduto la sera precedente era oramai di dominio pubblico. Nervosamente iniziò a picchiettare la forchetta sul bicchiere. Sakura, leggermente preoccupata, le rivolse un sorriso,
-Stai tranquilla, ora è sulla bocca di tutti, ma sono sicura che tra un paio di giorni se ne saranno dimenticati- le disse, ma questo non sembrò far stare meglio la sua migliore amica. Stava per aggiungere qualcosa d’altro quando una figura minuta attirò la sua attenzione.
-Ciao Hinata!- la salutò calorosamente e un rossore si diffuse del volto della Hyuga che, in silenzio, si avvicinò.
-Ciao Sakura, come stai?- le disse le gentilmente mimando un leggero inchino. Un sorriso spontaneo si dipinse sul volto della Haruno.
-Bene, grazie. Tra l’altro ti voglio presentare una mia amica, Tenten. Tenten, questa è Hinata. Ci siamo conosciute ieri sera alla festa di Naruto- parlò indicando la castana che era talmente rapita dai suoi pensieri che neanche aveva fatto caso che ci fosse una terza figura. Quando Sakura le diede un piccolo calcetto sembrò finalmente risvegliarsi dal suo stato di trance.
-Piacere, Tenten- disse massaggiandosi il polpaccio appena colpito, ma quando i suoi occhi si fermarono sulla nuova arrivata una espressione sorpresa si dipinse sul suo volto.
-È un piacere fare la tua conoscenza finalmente- le rispose cordialmente la Hyuga mentre Sakura le fece cenno di sedersi accanto alla castana. Lo sguardo della sua migliore amica però non era intenzionato ad abbandonare il volto di Hinata.
-Finalmente?- balbettò mentre la somiglianza con Neji le era sempre più lampante. La nuova arrivata annuì debolmente appoggiando i suoi libri sul tavolo.
-Mio cugino Neji parla spesso di te a casa- bisbigliò facendo ricadere i suoi occhi madreperla a terra mentre le sue mani iniziarono a giocherellare nervosamente come indecisa se avesse fatto bene a dire quelle parole. Tenten, che avrebbe desiderato ardentemente sapere di più da Hinata, non fiatò consapevole che lo sguardo interessato di Sakura fosse rivolto su di loro, carico di interesse.
-Mi è molto dispiaciuto che ieri sera tu sia andata via così all’improvviso- si intromise la Haruno senza nascondere un sorrisetto divertito di fronte all’espressione confusa di Tenten.
-Oh, anche a me è dispiaciuto molto- sibilò delicatamente Hinata mentre Sakura versava dell’acqua nel suo bicchiere. Passarono alcuni secondi in diligente silenzio mentre la ragazza dai capelli rosa beveva.
-Posso farti una domanda? Tuo cugino si rivolge sempre così con te?- mormorò sperando di non risultare troppo ficcanaso con quella domanda. Hinata sorrise debolmente scuotendo la testa con vigore.
-No, fratello Neji è sempre molto buono con me, ma ieri sera era solo molto scosso- spiegò mentre i muscoli di Tenten si irrigidirono all’udire quelle parole. Sperando che Sakura non ci avesse caso si limitò a pulirsi le mani sul tovagliolo.
-Infatti, dopo avermi riaccompagnata a casa è uscito a correre ed è stato fuori tutta la notte. È tornato solo questa mattina, ma purtroppo non so perché si sia comportato così- continuò visibilmente preoccupata senza notare la strana espressione sul viso della sua vicina, cosa che però non passò inosservata a Sakura che si schiarì la voce.
-Magari Tenten ha visto cosa è successo alla festa di così tanto grave da sconvolgere Neji- suggerì la Haruno masticando con gusto una fetta di prosciutto. Gli occhi madreperla e speranzosi si voltarono verso Tenten che si inumidì nervosamente le labbra maledicendo il momento in cui aveva deciso di essere amica della ragazza.
-Mi spiace, ma non l’ho visto ieri sera- mentì infilzando alcuni acidi di uva con la forchetta cercando di far tremare il meno possibile le labbra.
-Tranquilla Hinata, non sarà stato niente di grave- la consolò Sakura sfiorando dolcemente la mano fredda dell’amica che, per tutta risposta, le sorrise di rimando. Stava per dire qualcosa quando le porte della mensa si aprirono di forze e l’ultima figura che Tenten avrebbe voluto vedere, ignorando completamente il loro tavolo, si diresse velocemente verso l’altra parte della sala. Incuriosita Sakura lo osservò sedersi accanto a Naruto mentre Kiba, che per tutto il tempo era rimasto seduto in disparte dagli altri due amici, si alzò dirigendosi verso il loro tavolo.
-Tenten, posso parlarti?- domandò ignorando completamente Hinata e Sakura, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo: cosa ci trovasse Tenten in Kiba proprio lei non lo sapeva.
-Adesso?- biascicò a bocca piena la castana senza alzare lo sguardo. Il castano si grattò nervosamente la testa.
-Ehm, sì. Volevo dirti una cosa abbastanza importante e da soli- aggiunge e finalmente Tenten fu costretta a far combaciare i loro sguardi.
-Va bene- mormorò alzandosi e seguendolo qualche passo più lontano, chiaramente fissati da tutti.
-Spero che sia davvero una cosa importante Kiba, ci stanno fissando tutti. Immagino che tu e i tuoi amici non siate riusciti a tenere la bocca chiusa- sibilò a denti stretti incrociando le braccia sotto al seno. L’inuzuka appoggiò stanco la schiena al muro prima di guardarla in faccia.
-Lascia stare Naruto e Shika, è colpa mia e della mia boccaccia se oramai lo sanno tutti. Avrei dovuto parlare meno del nostro rapporto in giro dopo ieri sera e volevo scusarmi- biascicò amareggiato con una smorfia. Tenten alzò un sopracciglio sorpresa di fronte a queste sue parole mentre una espressione dura si impossessò del suo viso.
-Anche perché io e te non abbiamo alcun rapporto visto che ci limitiamo a fare sesso, ma ti ringrazio per esserti scusato e aver capito che la prossima volta devi mantenere la bocca chiusa, soprattutto per o fatti che riguardano anche me-
-In realtà non dovresti ringraziare me, ma Neji che mi ha picchiato- borbottò lui portandosi le dita sopra le labbra da cui si potevano intravedere delle croste di sangue. Tenten lo guardò senza capire.
-Vi siete picchiati?- domandò facendo fuoriuscire un tono di voce decisamente troppo isterico. Kiba, però, scosse la testa immediatamente con i capelli sempre più disordinati.
-Magari fosse andata così, Neji mi ha tirato un pugno in volto davanti a tutti alla mensa. Comunque, sono contento che abbiamo chiarito, ci si vede in giro- e prima che lei potesse ribattere si diresse nuovamente verso il suo tavolo dove tornò a risedersi.
-Tenten!- la richiamò Sakura mentre gli occhi di Tenten sembravano come rapiti dal volto teso e freddo dello Hyuga che stava parlando con Shikamaru, inoncurante di essere osservato.
-Arrivo- bisbigliò lei di rimando con tante, troppe domande in testa. Se le avesse ascoltate si sarebbe già trovata di fronte a lui, ma si limitò a tornare verso il tavolo delle ragazze.
 
-Hai sentito di ieri sera? In giro si dice che sia stata una festa pazzesca- bisbigliò ridacchiando una ragazzina con i lineamenti ancora tremendamente infantili: la sua interlocutrice, che aveva decisamente la sua stessa età, la prese sottobraccio iniziando a camminare in sincro per il cortile uggioso del College di Konoha.
-Mamma mia che invidia, non trovo però giusto che noi del primo anno non possiamo parteciparvi- sospirò delusa arricciando il naso. Percorsero una decina di metri in silenzio sospirando scontente fino a quando non aggiunsero l’ingresso della loro scuola.
-Allora ci vediamo domani a lezione?- le domandò la ragazzina dal viso pieno di lentiggini sorridendo allegramente mentre il cielo si fece proprio in quel momento più buio.
-Certo!- sospirò di risposta la sua interlocutrice dalle lunghe trecce more. Stava per aggiungere qualcosa quando una inusuale limousine nera accosto proprio davanti al cancello: incuriosite le due ragazzine si guardarono a vicenda mentre la portiera si aprì con forza. Proprio in quel momento, prima che i loro occhi pieni di curiosità potessero osservare il nuovo arrivato, un tuono squarciò il cielo facendo sobbalzare entrambe. Quando i loro sguardi si riaprirono, ora atterriti, una terza figura senza degnarle di attenzione le aveva appena superate: ancora impaurite e tremanti si girano immediatamente per osservarlo con attenzione.
-Non ci posso credere Ayumi- sibilò eccitata una delle due abbracciando l’altra.
-Mamma mia che invidia che proverà Kazuha quando le dirò chi abbiamo visto!- continuò iniziando a saltare sul posto. La sua amica sgranò gli occhi senza riuscire a capire.
-Non capisco Shiho, chi è quel ragazzo?- domandò mentre il suo guardo continuava a seguire il ragazzo misterioso la cui nuca si fece sempre più lontana. Ayumi, senza badare a una goccia che le bagnò il naso, avvolse con dolcezza la sua amica facendo combaciare le loro teste.
-Quello, mia cara Ayumi, è il bellissimo Sasuke Uchiha-
 
 
Sasuka sbuffò infastidita osservando le nuvole che lampeggiavano in cielo: rapidamente avvolse le spalle nella sciarpa e si decise a uscire dall’ingresso per i dormitori. Una aria fredda e gelata, decisamente diversa da quella che l’aveva vista crescere a Los Angeles, la avvolse facendola rabbrividire: cercando di mantenere il controllo sul suo corpo, aumentò i suoi passi mentre neanche la sua testa sembrava avere bene in chiaro dove andare. Voleva schiarirsi la mente e l’unica idea che le era venuta in mente era quella di farsi un giro per il corridoio all’aperto della sua scuola. Per sua fortuna molti altri studenti avevano desistito perché incontrò nel suo tragitto solo un paio di persone che si affrettavano ad andare al coperto. Non badando ai tuoni sempre più forti decise di sedersi su una delle tante panchine. Appena la sua schiena combaciò con lo schienale di ferro si lasciò sfuggire un sospiro come se avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo. Pensieroso e con la mente da tutt’altra parte, coprì il suo tra le mani: nonostante la stanchezza sentiva ogni suo muscolo in tensione.
-Cazzo- bisbigliò alzando la testa verso il cielo e permettendo ai lampi di riflettersi nelle sue iridi. Poi, quasi impaurita, si toccò la collana che aveva al collo come per assicurarsi che fosse ancora lì. L’espressione dura e affranta di Tenten era l’unica cosa che però occupava la sua mente, tutto quello che la circondava non sembrava esistere. Attentamente aumentò la presa che aveva sul suo cellulare: nonostante ogni sua cellula le ordinasse di accenderlo un briciolo di razionalità sembrava ancora esistere da qualche parte. Se non fosse riuscita, a fatica, a reprimere le lacrime che facevano capolinea dai suoi occhi, probabilmente starebbe già telefonando ad Anko per dirle che lei si tagliava fuori. Basta, non sarebbe più stata disposta a mentire per lei a Tenten come aveva fatto, scioccamente, in tutti quei cinque anni. Perché la castana era tutto per lei e sapeva che non stava scherzando, l’avrebbe davvero persa se lei venisse a conoscenza della verità. Una lacrima solitaria, però, sfuggì dalla sua guancia e sembrò quasi un segnale: senza neanche rendersene conto il display acceso del suo cellulare era davanti a lei con il contatto di Anko pronto per essere chiamato. Le sue labbra vibrarono dal desiderio di farlo, ma un lampo la fece sussultare talmente tanto che si rese nuovamente conto di dove fosse e chi fosse.
-No, non posso farlo- bisbigliò spegnendolo e ritirandolo in tasca. Doveva ricordarsi della promessa che aveva fatto, non poteva, non proprio ora, romperla. Doveva resistere e pregare che Tenten non lo venisse mai a sapere. Non avrebbe mai tradito Anko.
Con la mascella contrita si alzò respirando a pieno per alcuni secondi: mentre il suo petto sembrava ritornare regolare anche i suoi pensieri si fecero più chiari e ordinati. Improvvisamente un tuono decisamente più forte dei precedenti venne accompagnato da delle gocce fitte che iniziarono a ricadere sulla sua chioma e sulle sue spalle. Mentre una smorfia si impossessò del suo viso, Sakura iniziò a camminare velocemente prestando attenzione a non cadere sul terreno che, goccia dopo goccia, si faceva sempre più fangoso. Ad un certo punto, mentre la pioggia sembrava farsi sempre più incessante, il suo piede sinistro scivolò malamente e il corpo di Sakura venne sbalzando all’indietro: senza reprimere un urlo dallo spavento ricercò intorno a sé qualsiasi cosa a cui si potesse aggrappare e veloci le sue dita si strinsero su quello che sembrava un cappuccio. Pochi secondi dopo il fondoschiena della Haruno batté violentemente a terra mentre un mormorio soffocato accompagnò un secondo tonfo.
-Cazzo- sussurrò a labbra strette ancora sdraiata a terra mentre la pioggia incessante le bagnava il volto. Sibilando dei mormorii di dolore, a causa della botta, provò a tirarsi su mentre si sentiva completamente fradicia. Improvvisamente si accorse però di non essere l’unica a terra.
-Oddio, stai bene?- urlò allungandosi preoccupata verso il ragazzo dai capelli corvini che giaceva faccia a terra mentre le sue mani, sporche di fango, erano affossate nel terreno. Lo sconosciuto non rispose inizialmente e Sakura si preoccupò ulteriormente.
-Devo chiamare un’ambulanza? Un medico?- bisbigliò non sapendo cosa fare e presa dal panico: se il ragazzo era svenuto forse avrebbe dovuto chiamare aiuto, ma intorno a loro non vi era anima viva. Quando vide il braccio destro del ragazzo muoversi si sentì decisamente sollevata.
-Mi dispiace davvero tanto, posso fare qualcosa per te? Ti sei fatto male?- continuò mentre il suo tono visibilmente preoccupato sovrastava lo scrociare incessante della pioggia.
-Potresti stare zitta, sarebbe già un passo avanti- tuonò lo sconosciuto e una espressione mortificata si dipinse sul volto della ragazza. Mordendosi la lingua per non rispondere tornò a sedersi a terra, oramai non più curante dei vestiti zuppi e sporchi.
-Hai una voce petulante ed insopportabile oltre ad essere una emerita cretina- continuò lo sconosciuto alzandosi a fatica: i suoi capelli, sporchi e bagnati, li ricadevano sul volto celandolo.
-Emerita cretina?- sibilò a denti stretti la Haruno sentendo le sue vene ardere dalla rabbia: non l’aveva fatto apposta a trascinarselo dietro nella sua caduta e non meritava affatto quegli epiteti dettati con quell’odio. Il ragazzo sputò a terra rivelando del sangue che si mischiò alla pioggia.
-Esatto, hai sentito bene- tuonò con disprezzo mettendosi a sedere e allontanando i capelli dal volto: Sakura non riuscì a trattenere un grido di orrore osservando il profondo squarcio che il ragazzo si era procurato vicino al sopracciglio destro. Era così presa ad osservare il sangue scivolare copioso che non fece caso alla sua identità.
-Stai sanguinando parecchio- mormorò colpita cercando qualsiasi cosa che fosse asciutta nelle sue tasche, ma era completamente zuppa così come lo era il suo interlocutore.
-Solo per colpa tua- le rispose lui toccandosi con delicatezze le tempie come se non ci avesse neanche fatto caso. Con una smorfia di stizza si alzò ignorando completamente la ragazza davanti a lui e riprendendo a camminare. Una espressione contrita occupò il volto della Haruno che a fatica si alzò seguendolo.
-Sei ferito e sanguini copiosamente, penso che dovremmo andare in infermeria- disse decisa seguendolo pochi passi dietro: la nuca del ragazzo però non si mosse mentre i suoi passi si fecero più veloci, come a volersi liberare di lei. Reprimendo un verso di stizza Sakura continuò a seguirlo.
-Mi ascolti oppure no?-
-Vuoi stare zitta?- le urlò con disprezzo finalmente fermandosi: quando gli occhi smeraldo della Haruno si specchiarono in quelli bluastri del ragazzo però la pioggia cessò immediatamente di battere.
-Tu?- bisbigliò sgranando gli occhi e lasciando boccheggiare le sue labbra. Lo sguardo del ragazzo, invece, si indurì dal disprezzo.
-L’idiota dell’aereo- bisbigliò a labbra strette fissandola con insistenza, ma questa volta lo sguardo della ragazza non vacillò.
-Il maleducato dell’aereo- tuonò lei di risposta affossando le unghie nei palmi e non riuscendo a trattenere una espressione di sfida.
-Sasuke, non ci posso credere! Sei tornato veramente- improvvisamente una voce allegra venne accompagnata da dei passi veloci. I due girarono appena i volti prima che una capigliatura bionda si fermasse a pochi metri dal ragazzo. Con un sorriso smagliante e le braccia tremanti dall’eccitazione il nuovo arrivato si apprestò a parlare.
-Sono così contento che tu sia qui! Sappi che non ti perdono per aver saltato la mia festa di compleanno, ma sono così felice di poterti rivedere che per una volta ci passerò sopra. In più, ora che sei qui, devo assolutamente presentarti Saku...- ma non riuscì a finire la frase che un suo sopracciglio si alzò dubbioso sul suo volto mentre una espressione confusa si fece spazio. Boccheggiando e grattandosi nervosamente la testa fece scivolare il suo sguardo dubbioso sulla terza figura femminile per poi tornare nuovamente su Sasuke: le sue labbra si storsero in una smorfia mentre le facce buie e tese degli altri due non sembrarono per niente turbarlo.
-Sakura! Non posso crederci che anche tu sei qui- urlò contento mentre un rossore evidente si fece spazio sulle sue gote.
-Che fortuna! Bene ora posso finalmente presentarvi: Sakura questo è Sasuke Uchiha, il mio migliore amico nonché compagno di stanza mentre lei- continuò volgendosi verso l’Uchiha.
-È la nostra nuova compagna di classe, Sakura Haruno- ma non riuscì a concludere la frase che il corvino aveva ripreso la sua camminata mentre il volto della ragazza era inorridito.
-Ehi Sasuke, dove stai andando?- ululò disperato, ma Sakura lo interruppe immediatamente.
-Compagna di classe con quel cafone? Manco morta- e prima che potesse chiedere spiegazione l’Uzumaki si ritrovò completamente solo mentre un tuono, forte e vibrante, scandì l’inizio di un’altra serie di goccioline.
-Ma... non capisco- biascicò Naruto osservando le due figure prendere strade oppose e allontanarsi da lui a grandi passi.
 
-Kiba- sospirò a labbra strette inarcando la schiena e affossando le unghie tra le lenzuola: il suo corpo snello vibrò di piacere mentre ogni muscolo si contrasse. L’Inuzuka sorrise soddisfatto alzando il capo che si trovava in mezzo tra sue gambe e la osservò eccitato contorcersi. Poi, leccandosi le labbra, si distese affianco al corpo nudo della ragazza.
-Quando sei incazzata con me non pronunci così il mio nome- sbuffò divertito girandosi su un fianco in maniera tale che i suoi occhi lussuriosi potessero esaminare ogni centimetro del corpo che oramai conosceva alla perfezione. Tenten scosse la testa divertita mentre il suo respiro si fece sempre più regolare, poi imitò il gesto del ragazzo lasciando che i loro sguardi si incrociassero.
-Questo perché ti comporti sempre da idiota- sussurrò ammiccante: lui allungò velocemente la sua mano verso il petto della castana che non si mosse nonostante il gesto improvviso. Avidamente iniziò ad accarezzarle con forza il seno prima di avvolgere tra le sue dita il collo abbronzato della castana. Poi, senza darle il tempo di reagire, la avvicinò al suo volto fino a far sfiorare le loro labbra.
-Mentre tu da stronza- sospirò facendo combaciare le loro bocche carnose. Tenten assecondò il bacio permettendo qi loro corpi di aderire perfettamente. Mentre le sue mani scorrevano veloci sul petto allenato del ragazzo una strana musichetta interruppe il silenzio che regnava nell’appartamento del castano.
-Mi sta squillando il telefono- disse allontanandosi da quel contatto caldo ed eccitante mentre una espressione delusa comparve sul volto dell’Inuzuka. Sedendosi sul letto, Tenten allungò la mano fino a trovare l’oggetto che generava quel rumore estremamente fastidioso.
-Chi era?- domandò incuriosito Kiba sedendosi mentre la sua interlocutrice sembrava aver rifiutato la chiamata. Tenten non rispose subito, ma si limitò a posare il telefono, dal display spento, sul suo comodino.
-La mia madrina- rispose tornando a sdraiarsi supina affianco al ragazzo: i suoi capelli, sciolti e sudati, si sparsero sul guanciale mentre una espressione insoddisfatta e pensierosa si dipinse sul volto.
-E perché non le hai risposto?- continuò però il castano avvolgendo una ciocca dei suoi lunghi capelli tra le dita. Tenten sospirò spazientita.
-Mi stai per caso facendo un interrogatorio?- domandò ridendo divertita.
-Pura semplice curiosità da scopamici-le rispose lui tranquillamente e massaggiandosi il collo. Lei lo scrutò per alcuni secondi indecisa.
-Diciamo che sono arrabbiata con lei. Mi sta nascondendo delle cose-
-Cose importanti?- domandò tornando anche lui a sdraiarsi sul materasso. Le loro spalle si sfiorarono mentre i loro sguardi vennero entrambi riversati al soffitto. Tenten inspirò ed espirò tesa in volto per alcuni secondi.
-Non lo so, ma spero di no. Il fatto è che la vedo sempre stanca e strana in volto. Ho paura che stia succedendo qualcosa di grave che mi vuole tenere nascosto- sibilò mentre le sue labbra tremarono. Kiba, che la fissava con la coda dell’occhio, si inscurì all’istante piegando le braccia dietro la testa.
-Hai provato ad affrontarla?- lei annuì debolmente mentre il suo respiro si fece più irregolare.
-Certo e mi ha risposto che non devo preoccuparmi, che tutto va bene, ma io lo so che mi sta mentendo, lo sento- biasciò ritornando a sedersi. Lo sguardo, pensieroso e dubbioso, indugiò sulle sue mani.
-Perché non la vai a trovare?- propose lui imitando il suo gesto.
-Perché non posso permettermelo. Un biglietto all’ultimo minuto ha un costo esagerato e non voglio chiedere l’elemosina a Sakura, non me lo perdonerei mai- bisbigliò arrossendo leggermente sulle gote. Kiba fece per parlare, ma poi le sue labbra si richiusero con forza.
-Perché non può essere sempre così tra noi?- domandò serio in volto e Tenten alzò un sopracciglio incuriosita.
-Così come?- gli rispose di rimando alzandosi dal letto e dirigendosi verso i suoi indumenti completamente buttati per tutta la stanza del ragazzo. Il castano la seguì attento con lo sguardo prima di trovare il coraggio di parlare.
-Io e te che, oltre a fare un sesso stupendo, parliamo e ci confrontiamo sulle cose schifose che accadono nelle nostre vite. Io e te che proviamo a creare qualcosa di più- Tenten, di fronte a quelle parole, rise divertita, ma quando alzò lo sguardo notò che era l’unica a farlo.
-Non puoi essere serio- disse incrociando le braccia al petto, ma l’espressione dura sul volto di Kiba non vacillò.
-Non ti basta che l’intera scuola sappia da più di due settimane che io e te facciamo sesso? Non ti sono bastate le minacce da parte di Lee e del Maestro Gai?- continuò sempre più divertita, ma nuovamente il suo sorriso si spense.
-Tenten, sarebbe così sbagliato se io volessi di più?- proferì mentre lei gli lanciò un paio di boxer che aveva trovato insieme al suo reggiseno.
-Non puoi essere serio- lo ammonì nuovamente lei infilandosi una maglietta.
-L’hai già detto e lo sono invece- confessò alzandosi e dirigendosi verso di lei. La castana si grattò nervosamente il braccio prima di scansarlo ed allontanarsi.
-Kiba, devo per caso ricordarti che per diventare una coppia non basta solo fare del buon sesso e divertirsi insieme? Per far sì che le cose diventino serie ci vuole anche l’amore e vorrei ricordarti che io non ti amo- rispose questa volta fredda e lasciando che la sua mano scivolasse sulla maniglia. Poi, resasi conto di essere stata troppo diretta, tornò a guardarlo con lo sguardo più dolce che in quel momento poteva avere.
-E neanche tu mi ami Kiba, sei ancora innamorato perdutamente di Ino anche se non vuoi ammetterlo- e prima che il castano potesse ribattere la porta si richiuse con forza dietro di lei.
 
 
-Grazie- rispose con gentilezza Sakura mentre la inserviente della mensa le posò uno yogurt bianco sul vassoio già ricolmo di leccornie per quella colazione. Con lo sguardo attento poi si voltò alla ricerca di un posto libero dove poter consumare il suo pasto: quella mattina Rock Lee aveva un ennesimo allenamento e Tenten le aveva solo accennato che non ci sarebbe stata. Sospettava che centrasse Kiba visto che oramai da due settimane aveva smesso di andare a correre la mattina. Ma la Haruno non aveva fatto ulteriori domande avendo perfettamente intuito che neanche la castana sapeva cosa la legasse all’Inuzuka. Poi, mentre i suoi occhi color smeraldo scrutavano con insistenza gli altri studenti intenti a mangiare, notò una figura isolata che le stava sorridendo dolcemente.
-Buongiorno Sakura- le sussurrò teneramente Hinata mentre la Haruno si avvicinò sorridendo alla sua amica.
-Ciao Hinata, dormito bene?- le domandò sedendosi davanti a lei e la ragazza annuì con vigore.
-Molto bene, grazie. E tu?-  ma non ci fu tempo sufficiente affinché potesse rispondere che una figura si sedette alla sinistra della Hyuga facendo sobbalzare entrambe dallo spavento. Naruto appoggiò con forza il suo vassoio sul tavolo con un sorriso accecante in volto.
-Buongiorno ragazze- disse divertito riservando un’occhiata allegra ad entrambe: il viso candido di Hinata arrossì leggermente accennando un sorriso.
-Buongiorno Naruto- bisbigliò con un tono abbastanza alto affinché anche il biondo potesse udirlo.
-‘Giorno- rispose semplicemente Sakura iniziando ad aprire il suo yogurt.
-Sasuke, siamo qui!- urlò a pieni polmoni l’Uzumaki mentre la bocca della Haruno si fece immediatamente più secca. Senza alzare gli occhi dal vassoio, percepì chiaramente una quarta figura avvicinarsi lentamente e silenziosamente al loro tavolo mentre la mano di Naruto continuava ad ondeggiare in aria. Dopo quel loro primo incontro di due settimane prima, purtroppo Sasuke Uchiha era diventato una terribile e odiosa presenza nella sua vita. Naruto non si era sbagliato e aveva scoperto amaramente che entrambi facevano parte della stessa classe: lui l’aveva semplicemente ignorata, come se fosse un insetto fastidioso senza mai scusarsi per i modi sgarbati che le aveva rivolto. Sakura, che aveva immediatamente accantonato la bellezza esteriore di quel ragazzo, provava un forte senso di ribrezzo ogni volta che si trovava in sua presenza. Non gli piaceva niente di lui: non gradiva come trattava con durezza Naruto che sembrava adorarlo, non gradiva come trattava tutti come fossero degli esseri inferiori e quell’aria dura e fredda che dipingeva sempre sul suo volto. Lo odiava, non vi erano altri termini per spiegare i sentimenti che provava nei suoi confronti: per sua sfortuna, però, Naruto se lo portava sempre dietro come un fido cagnolino e quindi si ritrova quasi obbligata a respirare la sua stessa aria.
-Smettila di urlare- lo sgridò lui sedendosi nell’unico posto libero, ossia quello accanto alla Haruno che si irrigidì immediatamente. Nonostante il tono sprezzante del corvino il sorriso di Naruto non scemò.
-Oh, non fare il brontolone di fronte a queste belle fanciulle- gli rispose di rimando schioccando le labbra mentre Hinata accennò un dolce sorriso.
-Tenten?- domandò Naruto ignorando completamente lo sguardo fulminante del suo migliore amico. Sakura alzò le spalle prima di affondare un cucchiaino nel barattolo.
-Penso che sia con Kiba anche se non mi ha detto niente- rispose e un rossore si diffuse sulle guance dell’Uzumaki.
-Sto ancora cercando di capire se questa cosa tra i due mi piaccia o mi inquieti- continuò assaporando una cucchiaiata di cereali con il latte. Sakura annuì.
-Tu, Hinata, che ne pensi?- quella domanda improvvisa fece cadere alla Hyuga la forchetta che teneva tra le mani.
-Oh, lascia che te la prenda io- mormorò mortificato Naruto raccogliendola e porgendogliela. Il volto di Hinata si fece totalmente porpora mentre le loro dita involontariamente si sfiorarono. Sakura fissò quella scena sorridendo intenerita mentre Sasuke continuava, imperturbabile, a mangiare i suoi pancakes.
-Penso che se Tenten e Kiba sono felici allora lo sono anche io- rispose lei teneramente e Naruto annuì con vigore come se fosse totalmente d’accordo con lei.
-Sono totalmente d’accordo con te, Hinata- aggiunse riempiendosi nuovamente la bocca. La ragazza boccheggiò fissandolo come affascinata mentre una espressione disgustata apparve sul volto della Haruno. Con la coda dell’occhio notò che non era di certo l’unica turbata da quella scena.
-Shika e Neji, invece?- disse interrompendo quel momento che aveva un che di inquietante. Naruto masticò con più velocità come ansioso di rispondere, ma stranamente fu anticipato.
-Sono ad una riunione visto che fanno parte del consiglio studentesco- rispose Sasuke poggiando la forchetta nel piatto e pulendosi le labbra con un tovagliolo. Sakura contrasse le labbra cercando di mantenere la bocca chiusa.
-Tra l’altro alla fine hai deciso di candidarti come vice presidente? Shika mi ha detto che tra una settimana scade il tempo massimo per inviare le proprie candidature- ma non finì di parlare che un sorriso divertito comparve sul volto dell’Uchiha che si lasciò sfuggire una risata soffocata.
-C’è per caso qualcosa che trovi divertente?- tuonò la ragazza lasciando andare il suo cucchiaino sul suo vassoio e voltandosi a squadrarlo. Lui non rispose immediatamente, ma non la degnò neanche di uno sguardo.
-Trovo molto ilare che una come te voglia candidarsi per un posto di prestigio come quello- rispose senza rimorso mentre Naruto ed Hinata si osservarono leggermente preoccupati. Sakura, furiosa, si alzò in piedi affossando le dita nei suoi palmi.
-Ma con quale coraggio osi parlarmi così? Non mi conosci neanche!- strillò mentre la sua voce, stridula dalla rabbia, sovrastò le chiacchiere amichevoli dei vicini. Il corvino, per nulla impressionato dalle sue parole, avvicinò alle labbra sottili la tazzina bollente e piena di caffè.
-Non mi serve conoscerti per capire che sei un disastro- rispose semplicemente prima di alzarsi. La Haruno lo fissò con insistenza digrignando i denti mentre ogni suo muscolo fremeva: lui, oramai in piedi, la scrutò per una manciata di secondi prima di scostare con noncuranza i capelli dal volto serio.
-Ma tanto sono certo che né Neji né Shikamaru sarebbero così stupidi da sceglierti per quel ruolo- e prima che Sakura trovasse le parole più adatte per rispondergli a modo lui era già sparito tra la folla.
-Naruto!- gridò mantenendo gli occhi fissi in direzione dell’ultimo punto in cui era sparito il suo interlocutore. Il biondo, che stava mangiando preoccupato, saltò sul posto.
-Ho deciso che mi candiderò anche io, ti dispiace portare la mia candidatura compilata e firmata a Shikamaru?-
 
 
-Gai, posso disturbarti? - la voce calda di Kakashi venne amplificata nella palestra praticamente deserta. Maito Gai, che stava sistemando accuratamente il tatami, si alzò come una molla ondeggiando sulle ginocchia.
-Kakashi, mio rivale, sarà da te in un attimo- disse mentre i suoi occhi brillarono come si trovasse di fronte a una sfida. Poi lasciò che i suoi occhi scuri come la pece cadessero sugli unici due allievi presenti che si stavano riscaldando.
-Mie giovani promesse, continuate pure a riscaldarvi come si deve. Io sarò di ritorno in un attimo- e, veloce come aveva parlato, corse con grandi falcate verso la porta di ingresso scomparendo all’istante. Tenten aggrottò la fronte tornando ad allungarsi con la schiena: un silenzio teso la avvolse mentre percepiva chiaramente ogni suo battito del suo cuore. L’altra figura si rialzò da terra non emettendo un suono e si avvicinò alla grande finestra che dava sulla strada del mondo esterno. Tenten lo osservò in silenzio mentre i suoi occhi madreperla brillarono colpiti dai raggi tenui del sole. Poi, mordendosi con forza la lingua, si alzò anche lei da terra: lentamente, in maniera tale da dare il tempo necessario alla seconda figura di fermarla, si avvicinò a lui.
-Bella giornata- mormorò sentendosi una emerita stupida. Era oramai da due settimane che non si rivolgevano parola se non durante gli allenamenti e lo Hyuga sembrava aver preso alla lettera le sue parole, dettate unicamente dall’alcool, di non frequentarsi più. Lei odiava questa situazione, era stata dura da ammetterlo per una persona orgogliosa come lei, ma non aveva la più pallida idea di come rimediare. Lo Hyuga, intanto, ignorò completamente le sue parole continuando a fissare attento le persone passeggiare.
-Voglio dire, nonostante siano i primi di Dicembre non fa tremendamente freddo- continuò maledicendosi per ogni parola stupida che le sfuggiva dalle labbra. Lui, confuso, la osservò con la coda nell’occhio mentre lei si limitò a scuotere la testa con decisione.
-Scusami, non so neanche io cosa sto dicendo- sibilò imbarazzata, ma non si allontanò.
-Non c’è bisogno che tu dica niente, possiamo aspettare Gai in silenzio. Non devi preoccuparti- rispose gentilmente, ma Tenten percepì solo freddezza nelle sue parole. Delusa inspirò con forza permettendo al suo petto di alzarsi ed abbassarsi con ritmo irregolare.
-Volevo solo ringraziarti, avrei voluto dirtelo settimane fa, ma non ho mai trovato il tempo giusto- lui, finalmente interessato alle sue parole, la scrutò con accuratezza e per un attimo la castana ebbe paura che potesse anche leggere la sua anima.
-Ringraziarmi per cosa?-
-Per avermi difesa con Kiba anche se non avresti dovuto picchiarlo- disse alzando le spalle e inarcando la schiena.
-Non l’ho fatto per te- rispose però lui e una espressione confusa si dipinse sul volto della castana. Lui ritornò a riservare il suo sguardo alla grigia Londra.
-L’ho solo fatto perché non voglio che accada la stessa cosa che successe a Ino- e in quel preciso momento Maito Gai saltò con forza sul tatami sollevando una nuvola di polvere.
-Scusatemi miei giovani allievi, ma alla fine sono stato trattenuto più del previso- si scusò l’uomo accennando un inchino ed invitando i due ad avvicinarsi. Tenten, ancora scossa in volto, fissò Neji dirigersi verso l’uomo e, mordendosi con forza la lingua, fece lo stesso.
-Però il mio incontro si è rivelato davvero fruttuoso perché ho ricevuto una risposta dalla Preside che aspettavo da tempo. Siete carichi e frementi di curiosità?- esclamò iniziando ad ondeggiare le braccia al cielo mentre una espressione divertita comparve sul volto della castana. Lo Hyuga invece rimase imperturbabile, ma lei lo beccò a scrutarla.
-Finalmente ci è stato dato l’ok e le prime due settimane di Gennaio partiremo per andare a vedere le finali maschili di Judo in America- ululò il Maestro senza reprimere il sorriso più smagliante che la castana avesse mai visto.
-Davvero?- sibilò, ma questa sua domanda non fece altro che alimentare ulteriormente l’ardore che illuminava il viso del loro insegnante.
-Nessun inganno o bugia, mio piccolo bocciolo. Ho pensato che in vista delle Olimpiadi giovani non ci fosse cosa migliore che andare ad osservare quelli che saranno i nostri avversari più temibili. Esattamente tra un mese le nostre membra giovanili saranno in viaggio per New York- una espressione meravigliata illuminò il viso della castana che era ancora incredula. Le sembrava un sogno che sarebbe ritornata in patria: avrebbe avuto occasione di rivedere la sua Anko, Mebuki e Kisashi dopo tutti quegli anni. Un volo da Los Angeles a New York era decisamente più economico rispetto a quello tra i due continenti. Stava per sussurrare qualcosa quando il suo cellulare riprese a squillare insistentemente: ancora scossa dalla nuova notizia lo estrasse dalla tasca sotto gli occhi attenti degli altri due. Poi, leggendo il nome “Anko” sul display, rifiutò la chiamata.
-Tutto bene, Tenten?- le domandò incuriosito Maito Gai mentre il suo volto era ancora tirato in un sorriso. La castana annuì con decisione.
-Va tutto bene, Maestro. Anzi, non potrebbe andare meglio- e prima che l’uomo avesse la possibilità di continuare a parlare, lei gli si buttò tra le braccia affossando il capo sulla sua bizzarra tuta verde: era felice e niente avrebbe potuto rovinare quel momento.
 
 
 
-Mamma mia, che pizza la lezione di oggi- ululò Naruto accompagnando queste sue parole da un sonoro sbadiglio. Seguito da altre due figure, si velocizzò per uscire dalla classe come se avesse quasi paura che il loro insegnante di Storia, Kakashi, nonché suo padrino, ricomparisse seduto davanti alla cattedra e con il libro aperto tra le mani. Poi, quando finalmente si assicurò che non si era solo immaginato che la campanella fosse suonata, rallentò il passo per permettere agli altri due di raggiungerlo.
-Se non dormissi per tutto il tempo magari troveresti anche qualcosa di interessante da ascoltare- gli fece eco Sakura con parole che sembravano troppo un rimprovero. Naruto si lasciò sfuggire un ennesimo sbadiglio piegando le braccia dietro alla testa.
-Io ci provo a stare sveglio, ma le mie palpebre si chiudono automaticamente appena Kakashi inizia a spiegare- si scusò uscendo dal corridoio principale e immettendosi in un corridoio deserto. La Haruno, di fronte a questa sua frase, alzò gli occhi al cielo rassegnata.
-Tsk- bisbigliò Sasuke sistemandosi l’orlo della camicia. La ragazza lo ignorò convinta che per quel giorno avessero già litigato abbastanza. All’improvviso però il suo cellulare prese a squillare.
-Ti squilla il telefono- le disse Naruto osservandola mentre lo estraeva dallo zaino. La fronte spaziosa della Haruno si aggrottò leggendo il mittente della chiamata sul display illuminato.
-È la madrina di Tenten, scusatemi, ma devo rispondere- disse visibilmente turbata in volto. L’uzumaki alzò le spalle riprendendo a camminare mentre Sasuke, notando il cambio repentino di espressione della ragazza, si fermò ad osservarla.
-Comunque non è vero che io dormo sempre durante le lezioni, io ci provo a stare sveglio, ma che colpa ne ho se alcuni professori sono talmente noiosi da...- ma non riuscì a concludere la frase che un tonfo interruppe le sue parole.
-Naruto!- lo richiamò Sasuke con un tono decisamente preoccupato, un tono che il suo migliore amico era sicuro di non aver mai sentito provenire da lui. Il biondo, confuso, si rigirò e i suoi occhi color dell’oceano si sgranarono: Sakura era crollata a terra e calde lacrime le rigavano incessantemente il volto. Le sue ginocchia tremavano incessantemente e il suo cellulare era riversato a terra distrutto in mille pezzi. Confuso e sentendo una morsa che gli appesantiva il petto fissò il suo migliore amico alla ricerca di risposte: quello però scosse la testa quasi impercettibilmente rimanendo immobile e distante di qualche metro dalla ragazza.
-Sakura, cosa è successo?- urlò correndo verso di lei, ma la sua interlocutrice non rispose. Le sue labbra, piegate in una smorfia di pure terrore, non provarono neanche a muoversi per far emettere un suono. Sempre più spaesato lasciò che il suo zaino cadesse dalle sue spalle mentre si chinò verso di lei.
-Sakura...- bisbigliò osservando impotente il viso rigato di dolore e lacrime della sua amica. Lei scosse la testa con forza mantenendo lo sguardo fissò oltre a loro.
-No, non può essere vero- bisbigliò impercettibilmente come se si trovasse sotto shock. Naruto, preoccupato, rivolse una occhiata di supplica all’Uchiha non sapendo che cosa fare.
-Sakura, mi senti?- continuò mentre stava impazzendo dal dolore. Con le sue mani fasciate percorse veloce le sue spalle scuotendola gentilmente. Quel contatto sembrò risvegliare la ragazza dal suo stato di trance: i suoi occhi, opachi e annebbiati, improvvisamente ripresero il suo solito color smeraldo.
-È morta Naruto, non c’è più- sussurrò portandosi le mani tremanti al volto mentre il suo sguardo si rimempì di pura sofferenza. L’Uzumaki aumentò la presa sulle sue spalle e con forza la avvicinò a lui: impietrita dalla disperazione la Haruno si lasciò abbracciare mentre il suo corpo non si degnava di smetterla di tremare. Naruto fece scorrere con dolcezza le sue dita sulla sua schiena fino ad affossarle tra i suoi capelli.
-Anko... Non può essere vero- continuò mentre i suoi singhiozzi si fecero sempre più forti e carichi di disperazione.
-Sakura, mi dispiace - bisbigliò commosso il biondo aumentando la presa sul suo corpo come se avesse paura che lei facesse qualcosa di irrazionale e insensato, ma il dolore era talmente forte che le impediva anche solo di respirare. Un senso di vuoto le avvolse il petto facendola sempre più soffocare tra un singhiozzo incessante e l’altro: quando una mano, sicura, le si posò sulla spalla le sembrò di respirare per la prima volta dopo minuti interi di apnea. Sasuke Uchiha le sfiorò con delicatezza la pelle con i suoi polpastrelli: i suoi occhi, scuri ed impenetrabili, erano più addolciti e la stavano fissando con un dispiacere sincero.

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Capitolo 11
*** Orgoglio ***


Tenten respirò a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante di quella sera autunnale: i suoi muscoli, caldi per l’allenamento appena concluso, si ribellarono a quel freddo, ma la ragazza non ci badò. Con le guance arrossate dalla fatica, si rifugiò ulteriormente nel suo cappotto iniziando ad incamminarsi vero il suo dormitorio. La notizia che le aveva detto Gai l’aveva resa talmente tanto felice che si era allenata senza badare allo sforzo o alle occhiate insistenti di Neji. Si sentiva leggera come una farfalla e ad ogni suo passo le sembrava di camminare sulle nuvole. Canticchiando una canzone si mise a passeggiare lentamente per il cortile buio e deserto quando ad un certo punto il suo cellulare squillò. Improvvisamente le vennero in mente le chiamate da parte di Anko che aveva rifiutato per tutta la giornata. Si era ripromessa di chiamarla, ma se ne era completamente dimenticata. Cercò per alcuni secondi nel borsone il suo telefono, ma quando lesse il mittente della chiamata sul suo display la sua faccia si inscurì: stranamente non era Anko, ma Mebuki. Non era strana in sé la chiamata perché la mamma di Sakura era una presenza fissa nella sua vita e quasi ogni settimana la chiamava preoccupata per sapere come stesse e se mangiasse, ma l’orario era decisamente insolito. Incuriosita e leggermente preoccupata avvicinò il telefono all’orecchio.
-Pronto?- mormorò poco decisa sentendosi improvvisamente stanca e affaticata. Dall’altro capo del telefono percepì chiaramene la mamma della sua migliore amica schiarirsi la voce.
-Tenten- bisbigliò la donna con uno strano tono di voce, estremamente flebile e debole. Tenten, immobile, si inumidì le labbra con la lingua non riuscendo a trovare risposte alle sue domande.
-Ciao Mebuki- sibilò con un filo di voce, ma la donna rimase in silenzio.
-Mebuki, mi senti?- domandò riprendendo a camminare e domandandosi come mai sentisse ora così tanto freddo. La sua interlocutrice bisbigliò qualcosa in lontananza, ma la castana non capì a chi si stesse rivolgendo.
-Hai già parlato con Sakura?- le domandò cercando di mantenere il suo normale tono di voce, ma le sue parole vacillarono nell’aria.
-No- rispose in maniera diretta chiedendosi cosa ci fosse che non andasse. La mamma della sua migliore amica inspirò ed espirò pesantemente per alcuni secondi cercando di trattenere quelli che sembravano dei singhiozzi.
-Tenten- sussurrò Mebuki e la castana capì immediatamente che qualcosa non andava. Come pietrificata si fermò mentre ogni suo arto si fece troppo pesante da sostenere.
-Mi dispiace tanto piccola mia, ma Anko non c’è più- e in quel preciso momento Tenten percepì qualcosa rompersi all’altezza del suo cuore. Priva e svuotata di ogni energia, lasciò scivolare il cellulare dalle sue dita che cadde a terra: dall’altra parte della cornetta la voce preoccupata di Mebuki pronunciava il suo nome, ma inutilmente. Il mondo intorno alla castana scivolò via veloce mentre il buio di quella notte sembrò inglobarla silenziosamente. Tenten cercò di dire qualcosa, ma era come se fosse lei stessa imprigionata nel suo corpo. Le parole della donna, intanto, risuonavano incessanti nella sua mente come una cantilena fastidiosa. Ma queste non erano semplici frasi senza senso: Anko era morta, Anko non vi era più e in qualsiasi modo analizzasse questa cruda realtà non trovava alcun conforto. Era sola, non si era mai sentita così tanto sola in tutta la sua vita. Ma ben presto quel dolore lancinante venne allontanato da un senso di rabbia feroce e primitiva: i suoi occhi, così simili a quelli di un cerbiatto, non erano saturi di lacrime. Ricolma di stizza, e con un unico pensiero in testa, raccolse da terra le sue cose ignorando la voce di Mebuki. Con foga chiuse la chiamata mentre iniziò a correre veloce per i corridoi. Le luci a neon non le diedero alcun fastidio perché tutto intorno a lei sembrava fermo: solo la rabbia si muoveva sibillina nelle sue vene. Nonostante il fiatone intaccava sempre di più il suo respiro, la castana si sentiva estremamente leggera nei movimenti: era come se il suo corpo andasse avanti da solo e la sua mente si stesse struggendo dal dolore e dall’ira lontano da tutto ciò. Si sentiva uno spettatore, ma a un certo punto non fu più sola. Sakura, con accanto Naruto e Sasuke, la fissò impietrita a pochi passi da lei: il suo volto era segnato dalla pura sofferenza mentre i suoi occhi erano gonfi e spenti. Tenten, finalmente, si fermò incurvandosi per richiedere aria ai polmoni.
-Tenny- bisbigliò la Haruno facendo un passo verso di lei, ma la ragazza non era dello stesso pensiero.
-Ti avevo pregato di dirmi la verità- disse con disprezzo mentre le sue labbra si mossero veloci. Ora sentiva di avere pieno possesso del suo corpo mentre ogni suo muscolo ribolliva dalla rabbia. Non vi erano lacrime sul suo viso, il suo corpo sembrava immune alla tristezza.
-Ti avevo chiesto di non mentirmi più e tu davanti a me, guardandomi negli occhi, mi avevi giurato di non saperne niente- continuò sputando odio in ogni sua parola. Sakura deglutì a fatica indietreggiando spaventata da questa sua reazione.
-Tenten, ti prego...- biascicò, ma le sue parole furono rapite dal vento prima che potessero essere udite dalla castana.
-E ora lei è morta, l’unica persona che mi fosse rimasta mi ha lasciato senza che io potessi dirle addio. Sono sola ed è tutta colpa tua- urlò non curandosi che quel corridoio desse su delle stanze. La sua interlocutrice boccheggiò per alcuni istanti come ricercasse qualcosa da dirle, ma fu tutto inutile.
-Ti avevo avvertito Sakura e lo sai che io mantengo sempre le promesse. Per me tu non esisti più, per me la nostra amicizia non esiste più: è morta come è morta Anko- sussurrò correndo via. La ragazza fece per seguirla quando una mano le avvolse il polso. Sasuke le si affiancò guardando in direzione della castana.
-Lasciala andare, ora non puoi fare niente per lei- e Sakura ebbe paura perché, per la prima volta, la pensava come lui.
 
 
 
Gli occhi di Tenten vagavano veloci per i corridoi del dormitorio: le sue gambe, allenate, erano come macigni e un terribile dolore al petto la costringeva a correre ricurva. Sentiva che da un momento all’altro non sarebbe più riuscita a respirare, ma che sarebbe affogata in quel turbinio di sentimenti che la stavano scuotendo violentemente. Distrutta e senza ragionare, si accasciò di fronte all’unica porta che in quel momento si distingueva nella sua mente annebbiata. Colpendola con rabbia lasciò finalmente che calde lacrime rigassero il suo viso segnandolo, come ad indicare la sua sconfitta.
-Tenten?- sussultò sorpreso Kiba scrutandola senza capire cosa stesse succedendo. Lei, sconvolta, alzò il volto facendo incrociare i loro sguardi e percependo chiaramente i muscoli del ragazzo irrigidirsi.
-Anko- sussurrò mentre queste quattro lettere erano l’unica cosa che oramai rimbombavano nella sua mente.
-Anko è morta- continuò mentre tutto ciò le chiede uno sforzo considerevole. Il castano immediatamente la avvolse tra le sue braccia e lei, inerme, si lasciò sollevare. Poi, senza domandarle altro e lei gli fu grata per ciò, la trasportò sul letto chiudendo la porta dietro di loro.
-Tenten- bisbigliò il ragazzo avvolgendola stretta tra le sue braccia. I singhiozzi della castana si fecero sempre più forti mentre affossò il suo volto tra le scapole dell’amico. Rimasero alcuni secondi nel più religioso silenzio mentre la notte avvolse con il buio ogni singolo centimetro dell’appartamento del ragazzo. Le dita tremanti di Kiba strinsero con delicatezza la schiena della castana che si beò per un istante di quel calore, sentendosi meno sola.
-Mi ha lasciato- bisbigliò accecata dal dolore mentre i suoi occhi continuavano a rilasciare lacrime incessantemente. Non riusciva a pensare a niente, neanche si ricordava come fosse arrivata lì.
-Lo so- le rispose il ragazzo facendo adagiare sul letto e avvolgendola nuovamente con il suo corpo. La strinse con decisione per farle capire con quei semplici gesti che lui era lì per lei.
-Sono sola Kiba, sono rimasta completamente sola- e questo suo ultimo pensiero la accompagnò in un sonno che avvolse il suo corpo sfinito. L’Inuzuka lasciò che i suoi singhiozzi diminuissero sempre di più sia d’intensità che di frequenza poi, con gentilezza, la coprì con le lenzuola osservandola preoccupato. Il viso di Tenten era ancora bagnato dalle lacrime che lui dolcemente, e facendo attenzione, lo asciugò. Poi, accertatosi che stesse realmente dormendo, si diresse in cucina dove si infilò le scarpe da ginnastica. Non voleva assolutamente uscire di casa e lasciarla sola, ma sapeva che quella era l’unica cosa sensata che poteva fare. Richiudendo silenziosamente la porta di casa dietro di lui iniziò a correre più veloce che potesse per i corridoi del dormitorio. I suoi occhi, leggermente lucidi, erano fissi e decisi davanti a lui: la sua destinazione non era vicina, ma questo sembrava non turbarlo. Il suo corpo, allenato grazie alle discipline di atletica che praticava e con cui si era procurato un posto e una borsa di studio in quella scuola, corse veloce per le strade deserte di Londra. Tutti sembravano dormire nei loro appartamenti e solo la Luna pareva essere spettatrice di quella sua azione. Con decisione affossò i canini nelle labbra fino a farle sanguinare: nella sua mente riviveva ogni secondo il momento in cui Tenten si era aggrappata a lui dilaniata dal dolore. Finalmente i suoi occhi felini brillarono con la luce lunare individuando in lontananza ciò che bramava. Reprimendo la stanchezza percorse più velocemente gli ultimi metri prima di ritrovarsi davanti all’ingresso di una piccola, ma elegante villetta. Senza darsi neanche il tempo di riprendere fiato, suonò con decisione il campanello. La villa, silenziosa e immersa nel buio, si illuminò all’istante e il bruno percepì dei passi farsi sempre più limitrofi alla porta d’ingresso.
-Kiba?- bisbigliò assonnata e sorpresa Hinata mostrando solo uno spiraglio del suo volto e della camicia da notte che indossava. Il castano, con il labbro inferiore sanguinante, le sorrise cordialmente.
-Hinata!- urlò una voce più mascolina dall’interno. La fanciulla accennò un sorriso al ragazzo prima di lasciare la soglia.
-Spero che tu abbia una buona motivazione per piombare in casa mia nel bel mezzo della notte- ringhiò Neji aprendo la porta e scrutandolo con eccessiva severità. Kiba deglutì con fatica prima di parlare.
-Mi dispiace Neji per l’orario, ma sei l’unico a cui potevo chiedere- disse reprimendo un fiato irregolare. L’altro lo scrutò con attenzione.
-Ci avrei pensato io, ma non possiedo una cifra simile- continuò mentre ogni sua singola parola sembrava mandare sempre più in confusione il suo interlocutore.
-Non ti sto seguendo, vuoi per caso entrare e parlare con calma?- mormorò gentilmente leggendo chiaramente la disperazione che aleggiava sul volto del suo amico che però rifiutò con decisione.
-Devo tornare, non voglio che si svegli da sola- biascicò aggrappandosi con le unghie alla porta.
-Si svegli chi?-
-Tenten- rispose Kiba e le labbra dello Hyuga si serrano con forza.
-Spero che tu non sia venuto fin qui solo per vantarti- ma l’Inuzuka scosse la testa con decisione. I suoi occhi brillarono umidi e il volto di Neji si fece più preoccupato.
-Si è presentata piangendo disperata davanti a casa mia, la sua madrina è morta- sussurrò paonazzo
-Deve tornare immediatamente a Los Angeles, ma non ha i soldi necessari per il biglietto aereo. Se li avessi io glieli darei, ma...- ma non riuscì a completare la frase che Neji, serio in volto, lo fermò con un gesto.
-Lo sai che i soldi non sono per me un problema- rispose stringendo con forza la maniglia della porta. Un sorriso pieno di gratitudine illuminò il viso dell’Inuzuka.
-Grazie Neji, non sapevo che altro fare-
-Lei come sta?- una espressione sofferente macchiò le labbra del castano.
-È distrutta, non so davvero cosa fare- confessò grattandosi la testa deluso. Lo Hyuga inspirò in silenzio per alcuni secondi.
-Dovresti partire con lei, non lasciarla sola in questo viaggio-
-Non penso sia una buona idea- rispose però lui massaggiandosi le tempie pulsanti.
-Se è un problema di denaro non devi neanche pensarci. Pagherò anche il tuo biglietto- lo interruppe Neji aggrottando la fronte e impassibile, ma le sue braccia in tensione tradivano il portamento apparentemente imperturbato. Nonostante tutto sapeva benissimo che niente sarebbe sfuggito agli occhi attenti dell’Inuzuka.
-Non è questo- rispose però Kiba accennando un debole sorriso.
-Sei un suo amico- disse Neji, ma questo non sembrò sollevare l’animo dell’altro.
-Un amico che non ama e che non amerà mai- ribatté abbassando lo sguardo deluso
-E poi io stesso non la amo quanto la ami tu- continuò schietto. Lo Hyuga strinse con forza le labbra senza muovere un muscolo.
-Non sono così stupido come ti piace pensare, l’ho capito da tempo che provi qualcosa per lei e sono certo che pure lei, anche se non lo ammetterebbe mai, ci tiene davvero a te- parlò lasciando che i suoi occhi, ridotti a fessure, si levassero in cielo mentre le stelle luminose si rispecchiarono nelle sue iridi animalesche.
-Promettimi solo una cosa, promettimi che non la lascerai sola- sibilò muovendo impercettibilmente le labbra che sembravano aver cessato di sanguinare. Neji scrutò con attenzione ogni suo angolo del viso del castano troppo stanco e provato per negare o ribattere alle sue parole.
-Non lo farei per nulla al mondo-
 
 
La porta della stanza da letto dell’Uchiha si chiuse silenziosamente mentre sempre di più i raggi di primo mattino illuminarono il grande salotto. Sakura, accovacciata su una sedia, alzò leggermente lo sguardo: i suoi occhi color smeraldo, gonfi e stanchi, si sollevarono impercettibilmente prima di ritornare a fissare il pavimento. Lentamente, intontita dalla stanchezza, si sfiorò dolcemente le spalle reprimendo un brivido. L’altra figura rimase immobile davanti alla sua porta scrutandola, ma questo non sembrò importare minimamente alla Haruno.
-Ho fatto il caffè- bisbigliò impercettibilmente la ragazza con lo sguardo vuoto e perso. Il suo interlocutore, silenziosamente e lentamente, si avvicinò alla cucina: un rumore di stoviglie squarciò per una manciata di secondi la tranquillità mattutina. Poi, percependo la seconda figura alle sue spalle, il profumo del caffè la avvolse facendo alzare gli angoli delle sue labbra. Una tazzina di caffè intanto venne posata sul tavolino accanto a lei: Sasuke, sorseggiando dalla sua tazza, le si sedette accanto.
-Non lo voglio- sussurrò con voce ancora rauca dal pianto. I suoi occhi avevano smesso di piangere solo perché la Haruno era certa di aver finito tutte le lacrime. Il suo vicino non le rispose, ma si limitò a posare la sua tazzina vuoto accanto alla sua. Intimorita e senza reprimere una smorfia, allungò le dita avvolgendole intorno alla ceramica bollente.
-Non hai dormito- parlò finalmente lui con tono freddo e distaccato, ma le sue parole non era di certo una domanda. Sakura si limitò a soffiare delicatamente sulla bevanda bollente.
-No- sibilò a labbra strette. Avrebbe voluto dirgli che era perché ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il volto intriso di ira di Tenten, ma non lo fece, dopotutto non erano amici.
-Hai provato a chiamarla? Intendo la tua amica, Tenten- continuò il ragazzo iniziando a tambureggiare sul tavolino.
-Sì, ma ha il telefono staccato-
-Sono sicuro che ti risponderà presto- replicò lui lasciando che la sua schiena aderisse perfettamente allo schienale. Sakura avrebbe voluto con tutto il cuore trovarsi d’accordo con quelle sue parole, ma la realtà era ben diversa. Aveva tradito la persona che amava più di tutte, l’aveva fatto consapevole dei rischi ed ora riusciva solo a pensare a come si sentisse la sua migliore amica: non riusciva neanche ad immaginare il dolore che stava provando.
-Tu non la conosci- sospirò mentre i suoi occhi si fecero decisamente più umidi. Reprimendo un tremolio delle labbra lasciò che i suoi occhi, contornati da profonde e violacee occhiaie, si levassero in direzione del viso del corvino.
-Ma non è il suo eventuale perdono che mi strugge, quello che non posso accettare è pensare che sia da sola ora- sibilò pronta a parlare, ma oramai tutto il suo corpo stava tremando.
-L’ultima promessa che feci ad Anko fu che non l’avrei mai lasciata sola- singhiozzò mentre calde lacrime iniziarono a scivolare veloci sulle sue guance. Sasuke fece combaciare i loro sguardi e le sue labbra si strinsero con forza per quel gesto così intimo.
-E non penso che riuscirò mai a mantenerla- concluse portandosi le mani al volto quasi vergognandosi di farsi vedere così debole di fronte a quello che ancora riteneva uno sconosciuto. Le sue spalle iniziarono a muoversi veloci sotto i suoi singhiozzi mentre ogni suo muscolo sembrava non rispondere più ai suoi comandi.
-Hai ragione- disse una voce che le parve tremendamente lontana e flebile
-Non la conosco, ma so quanto faccia male quando ti ritrovi senza una famiglia e con il pensiero di essere rimasto solo- confessò l’Uchiha alzandosi dalla sedia: il suo volto, all’apparenza duro ed impassibile, venne illuminato dai raggi aranciati e Sakura osservò in silenzio una smorfia dipingersi sulle sue labbra.
-Ma quando il dolore prenderà il posto della rabbia tu sarai lì per lei anche se lei stessa non lo vorrà- e mentre finì di pronunciare queste sue parole si tolse la felpa che appoggiò sulle spalle della ragazza. La Haruno sobbalzò sentendo il calore estraneo riscaldare la sua pelle, ma non fiatò.
-Perché non vi è cosa peggiore che pensare di non avere più nessuno- concluse il ragazzo allontanandosi in direzione della sua stanza. Lei lo scrutò in silenzio mentre le sue dita affondarono tra la stoffa pesante di quell’indumento non suo: le sue labbra tremarono impercettibilmente osservando, forse per la prima volta, quegli occhi neri come la pece pieni di sofferenza mentre quell’immagine si mischiò tra i suoi pensieri, offuscati e stanchi, presenti nella sua mente. Il tempo di battere per un secondo le palpebre e si ritrovò nuovamente da sola.
 
 
“No” queste due uniche lettere, pronunciate con forza, squarciarono la tranquillità che aleggiava in un piccolo e angusto appartamento situato nella periferia della capitale californiana. Una donna, che stava armeggiando con delle padelle, non ci badò e continuò a cucinare. La ragazzina, da qui si era originato quel lamento, arricciò il naso forse irritata per essere stata ignorata.
“Ho detto di no” mormorò nuovamente questa volta ben attenta a scandire ogni singola parola. Con la coda dell’occhio osservò la sua interlocutrice pulirsi con la manica la fronte sudata mentre esalò un sospiro stanco.
“Ti ho sentito” bofonchiò l’adulta smettendo finalmente di cucinare e riservando la sua più completa attenzione alla ragazzina che sorrise vittoriosa.
“Bene” sogghignò lei allontanando una lettera che aveva appoggiato sul tavolo. Ancora vittoriosa in volto si sistemò meglio sulla sedia scricchiolante andando ad intrecciare le gambe. Anko la osservò sbuffando per un’altra manciata di secondi: i suoi occhi, stanchi, ma brillanti, passarono veloci dal foglio di carta ai capelli castani della ragazza per una decina di volte. Sapeva benissimo quando la sua interlocutrice fosse testarda e se non si fosse giocata bene le parole allora avrebbe solo rischiato di farla intestardire ancora di più.
“Smettila di fare i capricci, non hai più dieci anni” la sgridò con un tono assolutamente scherzoso, ma abbastanza tagliente da ferire l’orgoglio di Tenten. La ragazzina, infatti, assottigliò minacciosamente lo sguardo mentre il sorriso vittorioso scemò dalle sue labbra.
“Non sto facendo i capricci” tuonò
“Ho solo preso una decisione e non ho alcuna intenzione di giustificarmi con te” sibilò inarcando un sopracciglio ed alzandosi dalla sedia. La donna non si mosse studiandola attentamente.
“Una scelta che trovo assolutamente stupida” aggiunse Anko incrociando le braccia al petto e appoggiandosi al frigo decisamente piccolo e vecchio. Tenten schiccò le labbra sbuffando.
“Terrò conto del tuo pensiero, grazie” ma prima che potesse aggiungere altro la donna scattò in avanti rubando dal tavolo la lettera.
“Allora non ti dispiace se la butto” sentenziò Anko facendo ondeggiare i suoi codini violastri e dirigendosi verso il cestino. La castana studiò minuziosamente ogni suo gesto mentre le sue labbra si fecero sempre più strette.
“No” rispose mentre la sua bocca tremò leggermente. La sua madrina sghignazzò soddisfatta.
“Peccato, non capita tutti i giorni ricevere una borsa di studio per uno dei College più rinomati di tutto il mondo” continuò aprendo lentamente l’anta in cui si trovava il cestino e assicurandosi che la sua figlioccia la stesse osservando. La gola di Tenten si fece improvvisamente più secca e le ci volle tutto il suo autocontrollo per non far tremare la sua voce.
“Che si trova dall’altra parte dell’Oceano” sentenziò cercando di essere soddisfatta della sua risposta. Anko fermò il suo gesto.
“Dove non conoscerò nessuno e dove non ci saranno né la mia migliore amica né la mia madrina” continuò lasciando che le sue labbra si muovessero velocemente.
“Beh, potresti sempre farti nuovi amici e poi...”
“Non è la stessa cosa” la interruppe la castana schioccandole una occhiata che valeva mille parole.
“E poi sarebbe a Londra” aggiunse dirigendosi verso il lavabo ed afferrando un bicchiere appena lavato ed asciugato.
“Che è una bellissima città” le fece eco la sua madrina.
“Una città carissima” aggiunse Tenten portandosi alle labbra rosee il bicchiere. Anko rimase un attimo spiazzata da questa sua affermazione: con attenzione le si avvicinò e le posò dolcemente una mano sulla spalla.
“Hai una borsa di studio” le sibilò all’orecchio, ma l’altra sospirò di fronte a quella ovvietà.
“Che copre le spese di alloggio, ma non di vitto” tuonò la ragazza appoggiando con stizza il bicchiere ancora piena di acqua. La donna strinse la presa sulla spalla di Tenten.
“Non sarà un problema, possiamo permettercele”
“Possiamo? Davvero?” urlò la castana girandosi e socchiudendo con forza i pugni all’altezza dei fianchi. I suoi occhi, così simili a quelli di un cerbiatto, vagarono per l’angusto appartamento come a voler sottolineare la ilarità delle sue parole. Velocemente la allontanò e si diresse verso il cestino aprendo lo sportellino con uno scatto, ma le sue dita tremarono prima che potesse compiere il gesto.
“Tenten” il duro richiamo di Anko la fece sobbalzare: la donna, nonostante il carattere poco affettuoso, ma molto bizzarro, non si rivolgeva praticamente mai alla sua figlioccia con durezza.
“Lo so che la situazione attuale non è delle migliori e mi sto impegnando perché le cose cambino, ma questo non è un buon motivo per rinunciare ai tuoi sogni. Mi piacerebbe dirti che non devi preoccuparti e che le cose si aggiusteranno, ma sappiamo entrambe che non sarà così. Non navighiamo nell’oro, questo è vero, ma ho promesso a tua madre che ti avrei dato la vita migliore del mondo e non ho intenzione di distruggere questa promessa” velocemente, mentre una espressione sorpresa si dipinse sul volto paffuto della quattordicenne, le tolse la lettera con le mani e richiuse l’anta del mobiletto.
“Farei qualsiasi cosa per te e non lascerò che butterai tutto all’aria. Hai una occasione tra le mani che capita una volta nella vita e non ti permetterò di demolire i tuoi sogni” sentenziò dura e decisa incrociando le braccia sotto al seno
.
-Anko- sospirò a fior di labbra la ragazza affossando con forza le dita tra le lenzuola candide. Questo piccolo gesto sembrò come staccarla definitivamente da quel sogno e uno spiraglio di luce iniziò a illuminare con forza il suo volto. Mentre il suo respiro iniziò a farsi più irregolare, lentamente gli occhi di Tenten si aprirono: la sua mente, ancora offuscata da quel ricordo, era confusa ed appannata e le ci vollero una manciata di secondi prima che mettesse a fuoco l’ambiente in cui si trovava. Immediatamente si sedette sul letto facendo vagare il suo sguardo per la disordinata stanza dell’Inuzuka.
-Kiba?- sospirò guardando il letto disfatto, ma vuoto. Silenziosamente, e mentre il dolore e la tristezza ripresero ad ardere sotto la pelle, allontanò le lenzuola dalle sue gambe scoperte. Con solo una maglietta del ragazzo si diresse in cucina, ma quando aprì la porta la figura che la aspettava non era di certo l’Inuzuka.
-Dov’è Kiba?- sussurrò forse troppo dura richiudendo la porta della stanza da letto ed appoggiandosi ad essa con la schiena. I due occhi madreperla la scrutarono attenti per alcuni secondi prima che il loro proprietario si sedesse più compostamente sulla seggiola della cucina, tornando a leggere il giornale.
-Aveva lezione- rispose Neji senza permettere alle sue iridi di staccarsi dalla carta stampata.
-Ha lasciato però la colazione per te- continuò puntando lo sguardo in direzione di un succo di frutta e di un tegolino abbandonati sul tavolo. Gli occhi di Tenten, rossi e gonfi, brillarono per un secondo mentre i suoi muscoli si rilassarono all’istante: un angolo della bocca dello Hyuga si alzò quasi impercettibilmente.
-Mentre mangio potresti dirmi come mai se qui- disse la ragazza sedendosi a pochi metri da lui e portando il bicchiere alla bocca: le sue mani tremavano, ma cercò di risultare il più naturale possibile. Era sicura, anzi certa, che Kiba avesse detto tutto allo Hyuga, lo intuiva dal suo sguardo meno duro rispetto al solito, mischiato quasi alla compassione: si ritrovò a riflettere che non avrebbe mai pensato che avrebbe odiato quello sguardo più di quello freddo ed inespressivo che caratterizzava il moro. Per un secondo avrebbe voluto rivederlo, ma scacciò questo pensiero affossando i denti nella merendina.
-Mi dispiace- mormorò lui serrando le labbra con forza. Un sopracciglio si alzò involontariamente sul volto della ragazza che non riusciva a capire a cosa quel commento facesse riferimento. I muscoli di Neji, invece, erano tesi e tirati.
-Per cosa?- sospirò lei sperando che tutto questo sarebbe finito presto: non voleva la pietà di nessuno, figurarsi da parte di uno come Neji Hyuga.
-Per la tua madrina- continuò lui risultando sempre più incerto parola dopo parola. Tenten sospirò pesantemente.
-Grazie- rispose fredda e con un tono neutrale.
-Stai piangendo- le disse lui. La castana si portò istintivamente le dita alle guance notando le calde lacrime che la stavano segnando. Si meravigliò visto che non si era neanche resa conto che i suoi occhi punzecchiassero fino a farle male.
-Scusami- bisbigliò lei sconvolta alzandosi dalla sedia. Sentiva che le lacrime si stavano facendo sempre più numerose ed era inutile qualsiasi tentativo di fermarle. La sua mente, impotente, non riusciva ad allontanare il turbinio di emozioni che stavano scuotendo il suo esile corpo.
-Non devi scusarti, non questa volta- gli rispose lui calmo mentre i singhiozzi iniziarono sempre di più a scuotere le spalle della ragazza. La guardò in silenzio mentre cercava di combattere le sue stesse emozioni per alcuni minuti fino a quando i singhiozzi non si fecero più deboli e le lacrime furono asciugate via velocemente dal suo volto arrossato: non si avvicinò giudicandolo un momento personale a cui sentiva di non avere diritto di partecipare. Poi, una volta che si fu calmata, allungò verso di lei una busta.
-Che cos’è?- biascicò confusa la castana mentre il suo respiro si faceva a fatica più regolare. Il suo interlocutore però non le risposte e le sue dita affusolate si chiusero intorno a quel pezzo di carta.
-No- disse seria una volta che la ebbe aperta.
-Riprenditela- continuò ancora scossa e allungando il braccio, ma Neji non si mosse.
-Mi dispiace, ma non mi serve la tua carità-
-Tenten- la riprese lui severo di tono, ma questo suo richiamo sembrò disperdersi tra quelle quattro mura.
-No, non posso accettare, davvero. Riprenditela e vattene- continuò però lei completamente sconvolta e non riuscendo a reprimere una smorfia sofferente. Sapeva che le lacrime stavano facendo nuovamente capolinea dai suoi occhi, ma non avrebbe permesso che rigassero le sue guance, non per la seconda volta davanti a lui.
-Tenten- mormorò però nuovamente il ragazzo questa volta con un tono più dolce ed accondiscendente, ma nuovamente rimase inascoltato da parte della sua interlocutrice.
-Non ho bisogno né di te né dei tuoi stupidi soldi- ringhiò con rabbia buttando a terra il biglietto aereo, ma Neji fu più veloce.
-Ora calmati- le disse afferrando con forza entrambi i suoi polsi. Lei, travolta da tutti questi sentimenti, mosse velocemente le labbra, ma fuoriuscì solo un flebile suono. Il sorriso comprensivo dello Hyuga si espanse sul suo volto pallido allentando la presa, consapevole che finalmente lo stesse ascoltano.
-La vuoi smettere di essere così orgogliosa?- sospirò facendo un lieve passo verso di lei e permettendo che i loro petti si sfiorassero: un brivido scosse la schiena della ragazza mentre i suoi occhi sembravano rapiti da quelli del suo interlocutore.
-Anko merita di avere almeno un ultimo saluto da parte tua. Se non accetti questo biglietto e non vai al suo funerale te ne pentiresti per tutta la vita- concluse mentre il suo respiro si infrangeva sulle labbra tremanti della castana. Lei deglutì a fatica.
-Io... ho paura di non farcela- bisbigliò mentre il suo cuore sembrava non trovare pace.
-Non credo che potrò farcela a sopportare tutto da sola-
-Non sarai sola, te lo prometto-

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