Il ritorno del passato

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Scritto grazie a Fiore del deserto e le sue minacce stratosferiche.

Vi suggerisco di leggere prima “Fairfarren” sempre mia che è la storia numero uno alla quale questa si collega.

Altrimenti rischiate di non capire una cippa di quello che leggete XD

Spero possa piacervi, vi auguro buona lettura.

 

 

DOVE ERAVAMO RIMASTI...

 

L’orologio rintoccò le sei.

Il cigolio delle giunture, i respiri che venivano trattenuti...

La leva venne tirata.

 

*****

 

Qualcuno si lasciò sfuggire un grido di orrore, mentre i due uomini pendevano e cercavano di respirare invano.

Nessuno si accorso di un sibilo che fendeva l'aria sopra le loro teste, nessuno vide il bagliore del sole sulla lama che tagliente.

Questa si conficcò nella trave di legno, vibrando visibilmente, mentre una seconda lama si impiantò nella trave a fianco con la stessa modalità.

In quello preciso istante i due uomini, dapprima pendenti, avvertirono la sensazione di vuoto dovuta alla caduta libera.

Una caduta che venne subito bloccata da qualcosa che ne attutì il colpo e che si ritrovarono esattamente sotto le loro gambe.

Uno dei due uomini sentì che qualcuno gli slegava le mani e gli toglieva il cappuccio, compreso del pezzo di cappio rimasto.

Non appena libero e con la visuale, l'uomo si portò una mano al collo, respirando profondamente e guardando chi lo aveva salvato.

Era una ragazza dai lunghi capelli biondi e un sorriso compiaciuto sul volto.

“Tutto intero?” domandò lei

“A-Alice?” biascicò l'uomo, incredulo di vedere proprio lei.

“Felice di rivederti, Jareth” ammiccò e fece cenno al cavallo bianco, che aveva attutito la caduta, di muoversi.

Questi partì subito al galoppo e Jareth fu costretto a tenersi alla vita di Alice per non cadere.

La gente si spostava al loro passaggio, gridando di paura, mentre le guardie cercavano di fermarli con archi e frecce e qualche lancia.

Per fortuna non vennero colpiti e riuscirono a farsi strada fino ai confini della città e anche oltre.

Jareth si guardò attorno e notò un secondo cavallo al loro fianco con l'altro povero sventurato che stava per essere impiccato con lui e l'aiutante di Alice.

Quest'ultimo, con il volto completamente bianco ed i capelli rossi spettinati e coperti da un cappello da esploratore, salutò con un gran sorriso e poi tornò a fissare davanti a se con sguardo serio e intento a badare alla strada.

Sul cavallo con lui, re Mihal cercava di tenersi ben saldo e sul suo volto era evidente l'umiliazione e la vergogna.

I due cavalli correvano a più non posso ed erano anche veloci nonostante il peso che portavano in groppa.

Alle loro spalle le guardie a cavallo che cercavano di raggiungerli e alcuni di loro, quelli con più equilibrio, cercavano di colpirlo con le frecce mentre erano al galoppo.

Una freccia quasi sfiorò il cavallo di re Mihal e il suo salvatore, per fortuna non accadde nulla.

Jareth vide il re sospirare di sollievo e poi, voltando di nuovo lo sguardo davanti a sé, poté notare i confini del regno.

Il luogo dove si trovavano era ricco di colline ed alberi verdeggianti mentre, subito dopo i confini, cambiavano in mille sfumature rosse autunnali.

“Il Sottomondo...” mormorò Jareth “Io devo tornare nel mio regno”

Alice scosse la testa “No, è il primo luogo dove verrebbero a cercarti” rispose “Nel Sottomondo nessuno può toccarvi e la regina Mirana vi garantisce protezione finché tutto non si sistemerà”

Jareth non fu in grado di ribattere perché, purtroppo, aveva ragione lei.

Si lasciò portare fino al Sottomondo sentendo la barriera di energia, che divideva il confine dei due mondi, passargli attraverso.

Il nitrito dei cavalli delle guardie ed il loro scalpitio si fermò poco prima della barriera, dando così conferma che non potevano proseguire e, di conseguenza, vantare diritti su di loro.

Un ghigno di soddisfazione solcò il volto di Jareth, mentre il loro percorso proseguiva verso l'interno del regno.

Anche se lo aveva sempre considerato più strano del suo mondo, dovette ammettere che era la sola ed unica salvezza che aveva.

Alice utilizzò una strada secondaria, dicendo che non era saggio passare da quella principale, per raggiungere il castello della regina Mirana.

“Non vedo il motivo” disse Jareth “Qui siamo al sicuro”

“La regina rossa ha riempito le strade con le sue guardie” spiegò Alice “Se dovesse scoprirvi non ci penserebbe due volte a rinchiudervi”

“Quella capocciona maledetta mi sta facendo impazzire” disse l'uomo che guidava il cavallo al loro fianco.

“Come se già non lo fosse” commentò sarcastico Jareth, che ben conosceva le stranezze di quell'uomo.

Giunti, finalmente, sul retro del castello della regina Mirana, Alice fece rallentare il cavallo e Jareth poté scendere a terra con somma gioia.

Era stufo di avere qualcosa di ballonzolante e con una testa propria fra le gambe.

Con Kal sarebbe stato diverso.

Chissà come stava...e Sarah? Stava bene anche lei?

Gli mancavano da morire e avrebbe voluto averli con sé in quel momento.

Ma aveva dovuto mandarli via: lei perché non voleva che assistesse alla sua morte e non soffrisse e lui perché voleva che Sarah fosse al sicuro.

Il suo gesto era stato ignobile e ancora si domandava come avesse fatto a non crollare dopo averla mandata via.

L'aveva vista sparire sotto ai suoi occhi ed era stato lui stesso ad architettare il tutto.

“Jareth, vieni” intimò Alice, che nel frattempo era scesa da cavallo e si era recata accanto ad una porta di servizio.

Jareth fece per avvicinarsi ma venne fermato da Mihal, che con una mano lo obbligò ad abbassarsi e nascondersi dietro ad un masso lì vicino.

Prima che Jareth potesse ribattere, anche Alice si era messa lì vicino e aveva guardato nella direzione che Mihal stava indicando.

Una guardia...o meglio, una carta da gioco gigante vestita come una guardia, stava passando su un sentiero lì accanto, con la lancia ben dritta sulle spalle.

Stava venendo verso di loro.

“Questo non ci voleva” mormorò Alice

“Ci penso io” disse l'uomo che aveva portato Mihal

“Tarrant, no!” Alice tentò di fermarlo, ma fu inutile.

Tarrant uscì fuori dal nascondiglio e si sbracciò pur di essere notato.

La carta da gioco, più precisamente il tre di cuori, brandì la lancia e si avvicinò a Tarrant, che era tutto fuorché spaventato.

Era completamente...

“Matto...” disse Mihal “E' sempre così?”

Alice sospirò e annuì, aiutandoli poi ad entrare dalla porta senza essere visti.

Una volta dentro poterono definirsi al sicuro in quanto le guardie della regina Rossa non poteva entrare lì.

Mentre Alice li scortava lungo il corridoio della servitù, Jareth osservava se stesso e re Mihal.

Gli mancavano i suoi adorati vestiti e, sicuramente, mancavano anche a Mihal, ma sapeva di non essere nella posizione per reclamare.

Lui non era più un re da quando aveva deciso di costituirsi, insieme al re degli elfi, agli Urskeks.

Aveva affrontato il più lungo viaggio della sua esistenza nella terra di Thra per raggiungere il luogo dove era custodito il cristallo della verità.

Gli Urskeks erano le entità più potente di tutti i mondi e solo loro potevano decidere se Jareth e Mihal erano ancora degni di restare al mondo dopo quello che entrambi avevano fatto.

Le entità avevano parlato chiaro:

C'era un modo per rimediare agli errori e loro potevano farlo senza bisogno di privarsi della fonte vitale e dei poteri.

Dopo una sguardo di intesa, sia Jareth che Mihal avevano stabilito che la morte era l'unica soluzione per rimediare ai loro sbagli e per essere sicuri che le persone a cui tenevano non corressero rischi dovuti al loro egoismo.

Gli Urskeks erano stati, loro malgrado, costretti a vedersi d'accordo con loro e non hanno fatto altro che rispettare la loro decisione.

Ora che entrambi erano vivi e lontano dall'Underground, non poterono fare a meno di credere che quelle dannate entità avessero fatto qualcosa per far sì che la loro morte non avvenisse.

Se davvero fosse stato così...perché non lo hanno fatto mesi prima? Tipo quando erano sotto processo?

C'era sempre un motivo quando accadevano le cose e sapevano che il fato giocava molto a suo piacimento, però farli patire così tanto...era decisamente ingiusto.

“Eccomi!” i loro pensieri furono interrotti da Tarrant, che era tornato

“Che ti è venuto in mente, cappellaio?” domandò Alice

“Tranquilla, il tre di cuori è in ottime mani” assicurò

 

Ehi, ehi!” gridò il leprotto marzolino “La vuoi una tazza di tè?” domandò, lanciando una tazza di tè bollente contro la povera carta, che si scansò appena in tempo

 

Tarrant ridacchiò, immaginandosi la scena.

“Mi spieghi cosa ci hai visto in lui?” domandò Jareth, non ottenendo risposta.

Alice li scortò fino al salone principale.

Era molto più alto e ampio di quelli a cui Jareth e Mihal erano abituati.

Le pareti e le colonne dai colori opalescenti, si ergevano fino al soffitto e sembravano infinite dando ai presenti la sensazione di essere delle formiche più che delle persone.

L'ultima volta che Jareth e Mihal erano stati in quel luogo avevano assistito all'incoronazione della regina Mirana al posto della regina Rossa, che aveva fatto una scenata a causa di Tarrant e le sue risate contagiose.

Ora, invece, erano lì per chissà quale motivo e con un grado inferiore.

Jareth sospirò, mentre una mano si posava sulla spalla.

Mihal cercava di infondergli coraggio, abbozzando un sorriso che venne ricambiato.

“Alice, cappellaio, finalmente” La voce dolce della regina Mirana echeggiò per tutta la sala ed i suoi passi, brevi e veloci, si avvicinarono ai due “Ci avete messo tanto” disse.

“Perdonateci, vostra maestosità” disse Tarrant con profondo inchino

“Le guardie ci hanno seguiti fino ai confini” disse Alice

“L'importante è che ora siate qui” Mirana sospirò, poi sorrise e superò Alice e Tarrant per dedicarsi ai suoi ospiti.

Si muoveva come una fata, leggera e frivola, tenendo le braccia e le mani in una posizione che sembrava stesse danzando...oppure facendo attenzione a non toccare nulla.

Jareth e Mihal si inchinarono davanti alla regina, ma lei sfiorò i loro menti e li costrinse a guardarla.

“Non dovete inchinarvi a me” disse dolcemente “Non siete mica inferiori e, anche se lo foste, non ve lo permetterei”

Attese che i due si ricomposero, sorridendo davanti ai loro sguardi interrogativi.

“State bene?” domandò poi.

I due annuirono e Jareth azzardò “Regina Mirana, noi vorremmo...” ma venne fermato da Mihal, che lo guardò come per dire -Questo non è il momento e non siamo nella posizione-

Ma Mirana lo intimò a proseguire.

“Regina Mirana, vorremmo sapere il motivo per cui avete mandato i vostri...” guardò Alice e Tarrant, quest'ultimo osservava con un gran sorriso i due “...valorosi aiuti a salvarci”

Mirana sembrò stupita di quella domanda “Perchè non dovete morire, è ovvio”

Jareth e Mihal si guardarono senza capire

“Dopo aver saputo del vostro eroico gesto, non potevo restare con le mani in mano ed ho deciso di venire in vostro aiuto” spiegò Mirana “Anche se questo significa non potervi far tornare nel vostro mondo”

Jareth ebbe l'istinto di mettersi a ribattere a dire alla regina che questo suo intervento, per quanto provvidenziale, non era stato pianificato a dovere.

Lui voleva tornare a casa e non restare nel Sottomondo e diventare matto.

“Troveremo una soluzione per tutto” aggiunse la regina vedendo lo sguardo di Jareth, che era pronto a sprofondare “Per ora, desidero che siate ripuliti e rifocillati a dovere” batté le mani e un gruppo di servitori fecero il loro ingresso “Per favore, aiutate i nostri ospiti a sistemarsi e date loro le stanze migliori”

i servitori annuirono e fecero cenno a Jareth e Mihal di seguirli.

Ma prima di andare “Regina Mirana...” Jareth si voltò e, anche se non avrebbe dovuto, si inchinò “...ho un favore da chiedervi”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sarah

 

Sarah spalancò gli occhi e si tirò su a sedere di scatto.

La vista ancora annebbiata dal sonno e il cuore che batteva a mille per lo spavento appena ricevuto dal brusco risveglio.

Cercò di calmarsi e si passò una mano sul volto nel tentativo di far scomparire i residui di sonnolenza.

L'aveva sognato di nuovo, ormai era diventato ricorrente e tutte le volte sembrava così reale.

Lui, il suo profumo, il suo contatto...

Voleva smettere di sognarlo, voleva dimenticarlo e lasciarselo alle spalle facendolo finire nel dimenticatoio.

Ancora si domandava il perché di quel gesto, perché farla abdicare con l'inganno?

Perché trattarla così male?

Che cosa sperava di ottenere, a parte tutto il suo odio?

Erano domande senza risposta e Kal si rifiutava di fornirne una.

Lui sapeva tutto ma aveva ricevuto ordine assoluto di tacere ed avendo lei lasciato il posto a Jareth non aveva alcun modo di ordinare al suo amico di parlare.

Quanto avrebbe voluto poterli odiare, tutti e due, ma non riusciva ad andare oltre alla forte rabbia che le rodeva dentro ormai da tre mesi.

Era sicura che ci fossero dei motivi validi per fare tutto quello, ma non riusciva a giungere ad una conclusione decente.

Più ci pensava più il nervoso saliva al cervello e, decisamente, non era necessario di prima mattina.

Era l'alba.

Sospirò e si alzò.

La stanza era silenziosa così come il resto della casa, stavano tutti dormendo.

Si vestì e poi scese da basso e si preparò una bella tazza di tè caldo, che andò a consumare sulla sedia a dondolo nella veranda.

L'aria era tiepida e tutto in giro per la via taceva.

Solo qualche clacson, probabilmente di qualche automobilista in ritardo per il lavoro, sul vialone principale a due isolati da lì interrompeva la quiete.

Fece un respiro profondo e tutti i residui del brusco risveglio sparirono.

Venne ridestata dai suoi pensieri quando sentì la porta di ingresso aprirsi e apparire Kal.

Dopo essere stata rispedita a casa con l'imbroglio, Kal era rimasto sempre accanto a lei e non l'aveva mai lasciata.

Quando erano tornati, Sarah era troppo furiosa per cercare una scusa umana da raccontare a Karen e suo padre per giustificare la presenza di Kal.

Non si sarebbe mai scordata quel giorno...

 

Quando i suoi piedi toccarono terra, Sarah si rese conto di essere stata riportata a casa nella sua stanza.

Ci mise alcuni istanti per trovare la forza di parlare e spingere via Kal “No, no, no!” disse, mentre le lacrime scendevano lungo il suo viso “Non può essere, non è giusto!”

Sarah...”

Non osare dire una parola, Kal!” ringhiò la ragazza “Come hai potuto? Io mi fidavo di te!”

Sarah, posso spiegarti, io...”

Sarah?” la voce di Karen in corridoio li fece sussultare.

Sarah era troppo infuriata e nel panico per ragionare mentre Kal, colto da un flash, si avviò verso la finestra e la spalancò, schioccando poi le dita.

La porta della stanza si aprì e Karen, in camicia da notte, fece capolino all'interno “Sarah, tesoro ma che...?” si bloccò quando vide Kal accanto a Sarah in lacrime “E lei chi è?” domandò con tono rabbioso “Come ha fatto ad entrare? Sta lontano da Sarah o io...”

Karen, no, aspetta...” tentò di fermarla Sarah, ma non sapeva cosa dire.

Fu Kal a giungere in suo soccorso “Signora Williams, vi prego di scusare la mia intrusione” disse accennando un inchino, che lasciò Karen senza parole e immobile.

Kal si sentì autorizzato a procedere “Il mio nome è Kal, sono un amico di vecchia data di Sarah e sono giunto da lontano solo per poterla rivedere” si voltò verso Sarah, che lo guardò senza capire.

Lui le fece l'occhiolino come per dirle, stai al gioco.

S-Sarah...” Karen non sapeva più dove guardare e dallo sguardo sembrava sul punto di arrampicarsi sugli specchi “Perché la mia bambina sta piangendo?”

Credo sia colpa mia” intervenne di nuovo Kal “Purtroppo l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo avuto una discussione, ma ora sono tornato e voglio rimediare al mio errore” strinse Sarah e le rivolse un sorriso malizioso.

Anche se Kal non aveva specificato nulla, Karen aveva fatto partire nella sua mente film di ogni genere.

Oh...ok...” tentò di ricomporsi.

Prima si assicurò che in casa dormissero ancora tutti e poi tornò a rivolgersi a Kal.

Non lo aveva mai sentito nominare prima, ma si fidava di Sarah e se lei non negava nulla significava che di questo Kal ci si poteva fidare.

Ormai è tardi e non me la sento di mandarti via” disse Karen, sorridendo anche lei maliziosamente “Potrai dormire nella stanza degli ospiti”

Signora Williams, vi ringrazio ma non credo...”

Insisto” lo zittì lei “l'ospite è sacro e puoi restare quanto desideri”

In quel momento, Kal si rese conto di non saper più ribattere.

Ti preparo subito la stanza” ed uscì, senza dare il tempo ai due di parlare.

Quando furono soli, Sarah lo guardò furiosa “A che gioco stai giocando?” domandò “Cosa ti è venuto in mente!?”

Avrei dovuto dirle la verità?” domandò lui sarcastico.

Sarah sbuffò “Sai bene cosa intendo” gli puntò il dito contro “Mi devi una spiegazione, perché mi avete fatto questo?”

Kal sembrò mortificato “Al momento non mi è possibile dirti nulla” rispose “ma ti giuro, Sarah, che resterò con te fino alla fine”

Tu sei come lui...sei come lui!” scoppiò di nuovo in lacrime dovuto alla rabbia e al cuore spezzato.

Ma si sentiva troppo stanca, troppo nervosa, troppo...tutto.

Kal sospirò e la strinse a se, lasciandola sfogare “Sarah, te lo giuro, non permetterò che ti accada nulla” mormorò, tenendola stretta a se “Te lo giuro”

 

Erano passati tre mesi e la rabbia di Sarah non era ancora del tutto placata, ma grazie a Kal e alle scuse che inventava non aveva avuto bisogno di dire la verità a nessuno.

“Buongiorno, Sarah” sorrise lui “Ti sei alzata presto questa mattina”

“Senti chi parla” ribatté Sarah, continuando a guardarlo “Che ci fai vestito così?” domandò, ben sapendo che era molto tempo che non indossava più gli abiti del suo mondo.

Non le sfuggì lo sguardo colpevole del fae, che stava nascondendo qualcosa.

“Kal?” richiamò la sua attenzione “Cosa mi stai nascondendo?” chiese sul punto di fare una scenata.

Tre mesi di silenzio e ora quello?

“Ho una commissione da sbrigare”

Sarah chiamò a sé tutta la pazienza che le era rimasta, posò la tazza sul tavolino lì accanto e si alzò in piedi.

“Sono stata paziente” disse “Ho tollerato tutto, ma non sono disposta ad andare oltre” lo guardò minacciosa “Che commissione devi sbrigare?”

Kal si ritrovò alle strette “Sono stato chiamato dalla regina Mirana del Sottomondo, la donna che hai conosciuto al quadricentenario di re Mihal”

Sarah fece mente locale e si ricordò di una donna vestita interamente di bianco che sembrava un angelo.

Nonostante ciò, non era affatto convinta e non credeva ad una sola parola.

“Me lo avevi promesso” mormorò “Mi avevi promesso che saresti rimasto sempre con me”

Kal capiva benissimo il risentimento di Sarah, ma come poteva rifiutare la richiesta di una regina come Mirana?

“Ricordati che sono pur sempre un servo” disse Kal “Quando ricevo un ordine devo obbedire, ma non temere, tornerò appena ho finito”

“Vorrei ricordarti, che sono ancora la regina di Goblin e penso di aver diritto di sapere quello che succede”

Kal abbassò lo sguardo e si pentì in anticipo per quello che stava per dire “Mi dispiace, quando una regina abdica a favore del re torna nel suo regno con lo stesso grado che aveva in partenza...”

Sarah sentì un mancamento.

Aveva capito bene?

“Non sei più la mia regina, Sarah”

“Kal, no!”

E Kal scomparve nel nulla lasciando Sarah sulla veranda, sola e con una rabbia tale che le fece prendere la tazza di tè e la lanciò in mezzo alla strada.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Kal riapparve poco oltre le mura della città che circondava il castello della regina bianca.

Appena i suoi piedi toccarono terra, dovette appoggiarsi ad un albero lì vicino per non cadere a terra.

Sentiva le gambe pesanti e un peso sullo stomaco così grande da opprimere il suo respiro.

Stava male, ma non fisicamente.

Quella mattina era stata devastante per lui:

Si era svegliato ed aveva trovato accanto al cuscino una pergamena, con il sigillo del Sottomondo, in cui gli veniva chiesto di presentarsi al cospetto della regina Mirana per una questione riguardante il re di Goblin.

Jareth era morto e mai più credeva di sentirlo nominare.

L'ultimo ordine ricevuto era quello di stare accanto a Sarah, ma ora che Jareth era morto lui non aveva più nessuno a cui obbedire...nemmeno Sarah.

Purtroppo era vero quello che le aveva detto.

Tornando nel suo regno, cioè l'Aboveground, lei era tornata ufficialmente con il grado di partenza...cioè nessuno.

Sarah non era più una regina e Jareth non esisteva più.

Era così confuso da non saper più come agire.

Era sempre stato un servitore ed eseguire gli ordini era il suo lavoro.

Eppure, nonostante Jareth fosse ormai morto da chissà quanto, lui si ostinava a stare accanto a Sarah e proteggerla.

Sarah le piaceva, era l'unica donna che non aveva mai avuto problemi con lui e la sua personalità.

Lei aveva dimostrato una gran forza di volontà in momenti di crisi, tutte qualità degne di una vera regina.

Avrebbe dovuto trattarla diversamente quella mattina, Sarah non meritava una cosa del genere e non da parte sua.

Ma quando si era svegliato, ed aveva letto il nome del suo re, dentro di lui aveva sentito un sussulto...un colpo al cuore.

Quando Sarah stava per fare una scenata, per quanto giusta, lui non ci aveva più visto.

Purtroppo, a causa del suo stato, non poteva confessare a nessuno, nemmeno a Sarah, quello che realmente provava nei confronti di Jareth.

Vedere la ragazza arrabbiarsi e stare male per il suo re, provocava in Kal un'invidia ed una rabbia che quella mattina aveva deciso di uscire con quella maledetta frase.

L'aveva trattata come aveva fatto Jareth prima di mandarla nell'Aboveground.

Le lacrime scesero copiose lungo il suo volto, miste tra rabbia e tristezza, obbligandolo a restare appoggiato all'albero ancora qualche minuto.

Cercò di calmarsi, anche se con fatica.

Una volta sicuro che non avrebbe ripreso a singhiozzare, si passò una mano sul volto ed il rossore degli occhi scomparì così come era apparso.

Non avrebbe mai mostrato la sua debolezza, per Jareth e per Sarah.

Fece un profondo respiro e si incamminò verso la porta di servizio che l'avrebbe portato dritto alla sala del trono.

Appena dentro, una guardia lo fermò immediatamente “Altolà, chi sei?” domandò puntandogli contro una lancia “Come sei entrato?”

Kal non si scompose e tirò fuori da sotto il mantello la pergamena che aveva ricevuto quella mattina.

“Il mio nome è Kal di Goblin e sono stato convocato dalla regina Mirana in persona” porse la pergamena alla guardia, che lesse il contenuto e confermò le veridicità del messaggio e del sigillo.

“Seguimi” disse e Kal obbedì.

Si lasciò guidare lungo il corridoio e ad ogni passo corrispondeva ad una fitta al petto.

Cosa mai desiderava la regina Mirana per chiamarlo? Quale questione relativa al suo re doveva discutere con lui?

 

*****

 

Jareth si guardò allo specchio, mentre sistemava lo jabout della camicia gentilmente regalatole dalla regina Mirana.

Aveva assunto un aspetto simile a quello della sconfitta.

Avrebbe potuto usare la magia per sistemare il tutto, ma non lo fece e per due motivi:

In primis perché gli era stata nuovamente tolta a causa della condanna e, per secondo, anche se l'avesse avuta non l'avrebbe mai utilizzata.

Quell'aspetto e quella situazione era tutto dovuto ad una sua scelta e più si guardava allo specchio e più sentiva di meritarselo.

Nella sua mente erano mille i pensieri che vagavano e, ovviamente, Sarah era il principale.

La desiderava, in tutti i sensi, la voleva al suo fianco e voleva poterla stringere forte a se e implorare il suo perdono.

Se mai si fossero rivisti, quale sarebbe stata la sua reazione?

Il suo unico appiglio, per non cadere nella disperazione, era saperla al sicuro con Kal.

Kal...il suo migliore amico e fedele servitore.

Lo aveva sfrutta senza un minimo di pietà e sentiva di dovergli delle scuse.

Aveva chiesto alla regina Mirana se era possibile contattarlo e lei aveva risposto di sì.

Chissà se lo aveva già fatto.

Doveva delle scuse anche lui visto che, probabilmente, lo credeva morto.

Dentro di sé, avrebbe voluto esserlo.

Pochi istanti dopo sentì bussare alla porta e si ridestò dai suoi pensieri.

Senza attendere il permesso, la porta si aprì e Mihal fece il suo ingresso.

Anche lui era stato ripulito, vestito e, come Jareth, assomigliava ad un cortigiano più che ad un re.

Ma era giusto così.

“Vedo che non hai toccato cibo” commentò Mihal, riferito ad una scodella di zuppa ancora intatto sul tavolino.

“Non ho fame” tagliò corto Jareth, che non aveva voglia di iniziare un discorso che sarebbe finito nella classica paternale.

Mihal sospirò “Stai ancora pensando a lei?”

Jareth annuì “Se mai la rivedrò, credo che delle semplici scuse non basteranno”

Mihal annuì, ma decise di non infierire.

Jareth era adulto, innamorato e lui per primo sapeva quello che stava provando il figliastro.

Si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

“Un grande re si vede soprattutto nell'animo” spiegò Mihal “Tu hai dimostrato di esserlo molto tempo fa, quando hai preso le redini del regno di Goblin”

Jareth lo ascoltò, senza però distogliere lo sguardo dallo specchio e la sua immagine.

Avrebbe voluto essere di nuovo davanti agli specchi del labirinto di ombre, era la giusta punizione per tutto quello che aveva fatto.

“Sei un grande re, Jareth, Sarah questo lo sa e se mai vi rivedrete credo che sarà comprensiva”

“Ma riuscirò ad esserlo io?” domandò, ben sapendo quanto il suo carattere fosse difficile.

Era sicuro che se mai avesse parlato con Sarah e lei, giustamente, avesse insistito a mandarlo al diavolo, sarebbe scoppiato rendendo la situazione ancora più difficile.

 

*****

 

“Mia regina” la guardia che stava scortando Kal chiese il permesso di parlare “Kal di Goblin desidera udienza”

la regina Mirana si alzò e con un sorriso ordinò di lasciarlo passare.

La guardia obbedì e, dopo aver fatto passare Kal, si mise accanto alla porta da cui erano giunto pronto ad intervenire in caso di bisogno.

Kal si inchinò rispettosamente “Regina Mirana” salutò “sono Kal di Goblin, al vostro servizio”

Mirana sorrise dolcemente e si avvicinò a Kal “Mio caro Kal, sono lieta che tu sia venuto con così poco preavviso”

“Questo e altro per voi, altezza” rispose Kal con un bacia mano e rimettendosi, poi, dritto con petto in fuori e le mani dietro la schiena “Ditemi quello che devo fare e lo farò”

“Non ne dubito” Mirana tornò seduta sul trono “Spero che la mia pergamena non ti abbia messo in difficoltà con l'umana che stavi proteggendo”

Kal richiamò a sé tutte le forze per non dire quello che pensava.

Si limitò a scuotere la testa “Nessuna difficoltà”

“Molto bene” Mirana, un po' più tranquilla, iniziò a parlare del motivo per cui lo aveva chiamato “Mio caro Kal, ti ho fatto chiamare per via del tuo re” spiegò “Ha chiesto di vederti”

Kal sgranò gli occhi e spalancò la bocca incredulo.

“Lu-lui è...”

“Oh sì” rispose Mirana sempre sorridendo “Sta bene ed è già qui, tra poco ci raggiungerà”

Kal avvertì il suo cuore battere all'impazzata.

Era vivo, Jareth era vivo ed era lì.

Aveva passato tre mesi di assoluta sofferenza che aveva trasmesso pure a Sarah la quale, diciamo per fortuna, non sapeva le intenzioni di Jareth e quello che stava passando Kal.

Cercò di ricomporsi “Vostra altezza, non capisco”

“Che cosa?”

“Sono devoto al mio re e lo sarò sempre” disse “Avrei ritenuto più saggio convocare l'umana invece che me” spiegò “Ha sofferto molto più di quanto non sembri”

“Il tuo animo è nobile, Kal di Goblin” ammise Mirana, che ammirava la bontà di quell'uomo il quale, lei ben sapeva, provare qualcosa di più per il suo re “La decisione di convocarti non è stata presa da me, ma dal tuo re” precisò la regina.

“Capisco” rispose Kal “Vi ringrazio per avermi ascoltato”

“Non devi ringraziarmi” sorrise la donna, venendo poi interrotta dalla porta principale che si apriva.

“Vostra maestà” era Alice, seguita da Tarrant “Jareth e re Mihal sono pronti”

“Molto bene, fateli entrare” disse Mirana, ma Alice non obbedì...non subito.

Appena vide Kal spalancò gli occhi “Kal?”

anche lui si stupì “Alice?”

Era passato tanto tempo dall'ultima volta che si erano visti, in un'occasione di festa anni prima.

Alice, per diventare la miglior consigliera e servitrice di Mirana, aveva avuto l'onore di essere istruita da Kal il quale, dopo essere stato a sua volta istruito dai migliori precettori in materia, aveva accettato l'incarico ed aveva trovato in Alice non solo una grande allieva ma anche una grande amica e confidente.

“Chi si rivede” Alice si avvicinò e lo abbracciò, venendo ricambiata.

“Alice, mia cara” Kal la guardò “E' un piacere rivederti, ti trovo bene”

Tarrant, in un impeto di gelosia dovuto alla sua non conoscenza del personaggio, si avvicinò e allungò una mano verso Kal “Piacere, io sono Tarrant, sono un cappellaio e voi avete una testa davvero graziosa”

Alice non poté fare a meno di ridere e stessa cosa Mirana che, vedendo che si stavano dilungando, attirò la loro attenzione con un colpo di tosse.

Tutti e tre si inchinarono istantaneamente.

“Alice, puoi far entrare i nostri ospiti”

Alice obbedì ed aprì la stessa porta da cui erano entrati lei e Tarrant, facendo entrare Jareth e re Mihal.

Kal avvertì un tuffo al cuore mentre Jareth, seguito da re Mihal, faceva il suo ingresso nella sala del trono.

I segni del tempo e della prigione erano evidenti e davano l'impressione che Jareth cadesse per terra al primo soffio di vento.

Ma a Kal bastò vederlo per sentirsi, finalmente, tranquillo.

Il peso che lo opprimeva da mesi era definitivamente scomparso, lasciando spazio ad un susseguirsi di emozioni che non passò inosservato.

“Mio signore...” fu tutto ciò che Kal riuscì a dire in un mormorio.

Jareth avanzava con passo elegante e teneva le braccia spalancate con un sorriso sulle labbra “Kal, amico mio” quando gli fu vicino, fece qualcosa che non aveva mai fatto prima.

Lo abbracciò.

Aveva bisogno di sentire l'abbraccio di un amico, di qualcuno a cui voleva davvero bene.

Kal faticò parecchio prima di ricambiare la stretta del suo re.

Il cuore batteva ed un lieve tremore percorse il corpo di Kal.

Quando finalmente ricambiò la stretta, le emozioni che invasero Kal furono molto chiare a Jareth che, non riuscendo a trattenersi, ridacchiò.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Jareth spiegò a Kal ogni cosa, dal viaggio nella terra di Thra fino a quel momento senza tralasciare alcun dettaglio.

Kal ascoltava ogni parola, così come fecero la regina Mirana, Alice e Tarrant.

Questi ultimi due rimasero a bocca aperta, mentre Mirana sembrava già conoscere quei dettagli a mena dito.

Spiegò a Kal che durante il processo non fece mai il suo nome, in quanto gli elfi erano intenzionati a cercare anche lui.

“Adesso capisci perché non ti ho chiamato direttamente?” domandò Jareth “Non posso utilizzare la magia ed ogni mio movimento è controllato, se ti chiamavo saresti finito in mezzo anche tu come complice”

Kal era senza parole, Jareth aveva fatto di tutto per proteggerlo e non metterlo nei guai.

Quello che non si spiegava era il loro salvataggio.

Come faceva Mirana a saperlo e mandare Alice e Tarrant a salvarlo?

Ogni domanda avrebbe certamente trovato una risposta, prima o poi. Ora aveva solo bisogno di capire cosa fare con Sarah e con Jareth.

Lui e Mihal si trovavano nel Sottomondo perché era un luogo sicuro in quel momento.

Se fossero tornati nell'Underground li avrebbero catturati e giustiziati con nuove accuse.

“Mio signore, io voglio aiutarvi” sentenziò Kal “Non posso stare con le mani in mano, lo devo a voi...e...a Sarah...” abbassò lo sguardo.

Jareth si accigliò “Kal...” lo obbligò a guardarlo “Sarah sta bene, vero?”

Kal annuì, ma Jareth non era convinto

“Ma...?” incalzò.

“Mio signore, questa mattina ho avuto una discussione che la vostra regina” disse “Non ho ancora avuto modo di chiarire con lei”

Jareth si sentì più sollevato, per un attimo aveva creduto che Sarah non stesse bene o peggio.

Una discussione era forse la cosa meno disastrosa che potesse capitare e preferì non entrare nei dettagli.

“Sarah è comprensiva e sicuramente chiarirete” lo tranquillizzò Jareth, anche se il carattere di Sarah lasciava intendere tutto il contrario.

“Purtroppo...” Mihal prese la parola “temo che non ci sia un modo per rimediare al caos recato all'Underground” disse “Le nostre leggi sono molto chiare, non possiamo sottrarci alla morte, non per sempre”

Kal scosse la testa “No, deve esserci un metodo”

“Regina Mirana” intervenne Alice “Ci deve essere qualcosa. C'era quando ho aiutato il cappellaio, deve esserci anche adesso”

Tarrant spalancò la bocca con l'intenzione di parlare.

Purtroppo aveva intravisto nella sua regina un bagliore negli occhi, lo stesso bagliore che possedeva quando le veniva in mente qualcosa.

Tarrant iniziò a balbettare qualcosa di incomprensibile.

Mirana ebbe un sussulto e, anche se con delicatezza e discrezione, redarguì il Cappellaio con un semplice sguardo.

Sebbene non stesse proferendo verbo, il Cappellaio poté leggere dai suoi occhi scuri, dolci e seriosi allo stesso tempo, un ammonimento.

Tacque immediatamente, mordendosi le labbra per paura di aver detto qualcosa di sbagliato e frenò in tempo la propria lingua.

Sperando di non averlo offeso, Mirana gli sorrise per rassicurargli che fosse tutto a posto.

Di conseguenza, cominciò ad elencare il suo piano.

Prese un bel respiro e raccolse e accarezzò l’aria intorno a sé.
“C’è un fiume chiamato Ahtohallan” spiegò la regina con soave solennità, con la voce di una saggia signora delle fiabe “un fiume che si trova in un altro mondo. Un mondo diverso dal nostro e dall’Underground. Il regno di Arandelle” lo nominò come se avesse pronunciato un nome ricco di fascino e mistero “In quel fiume riposano tutte le risposte alle nostre domande” sorrise ampiamente, dimostrando il motivo di tanta energia piacevolmente positiva nei riguardi del fiume “Sono più che sicura che se desiderate risolvere ogni guaio, ogni disagio, l’unica via è recarsi laggiù”

Alice annuì insieme a Tarrant, che si teneva ancora una mano davanti alla bocca, mentre Jareth e Kal osservavano e ascoltavano impietriti.

“Secondo te sta scherzando?” domandò Jareth a Kal in un sussurro.

“Temo di no” rispose di rimando.

“Regina Mirana” intervenne Mihal “Arendelle è un regno proibito agli elfi ed i fae, nessuno di noi potrà andare in quel luogo a causa di una legge vigente tra noi e la popolazione dei Northuldri”

Mirana abbassò lo sguardo “Oh, questa è sfortuna” disse “Purtroppo anche il Sottomondo possiede questo divieto a causa di mia sorella Iracebeth”

“Chiediamoci il perché” sbuffò Tarrant, venendo di nuovo ammonito con lo sguardo da Mirana “chiedo scusa” si affrettò a dire.

Alice decise di intervenire “Andrò io” si offrì “Io sono umana, non sono di queste terre e nemmeno dell'Underground”

“No, Alice” Jareth si fece avanti “Finchè vivi nel Sottomondo sei considerata una sottomondiana a tutti gli effetti e non puoi accedere ad Arendelle...ma io sì”

“Vostra maestà!” Kal volle parlare, ma fu Mihal a precederlo

“Jareth, figliolo, non credo che lei possa...”

“Può” lo zittì Jareth “le farò avere un messaggio e otterrò il permesso di accedervi”

“Maestà, non intendo lasciarvi andare da solo” il tono di Kal suonò sconosciuto persino a lui stesso.

Era autoritario e non sembrava intenzionato a ricevere un no come risposta.

Jareth aveva intenzione di ribattere, ma Alice andò in soccorso del suo maestro “Nemmeno io” poi si voltò verso Mirana “Regina Mirana, vi chiedo il permesso per seguire il re di Goblin nella sua missione”

Mirana sorrise dolcemente e non poté fare altro che acconsentire davanti a tanto coraggio.

“Anche io!” intervenne Tarrant.

“Cappellaio, tu no” disse Alice, facendo rimanere male il povero Tarrant.

“Ma, Alice, mia cara, io posso esservi utile” sbatté persino le ciglia, cercando di far cedere la ragazza.

Alice, in tutta risposta, sorrise e gli accarezzò il volto “Cappellaio, io ho bisogno che tu resti qua, accanto alla regina e la proteggi insieme agli altri”

Tarrant aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto subito da Mirana “Cappellaio, ti prego, la tua presenza qui è necessaria. Il regno ha bisogno di difese che solo tu puoi fornire”

Tarrant si sentì lodato e si inchinò vistosamente “Ogni vostro desiderio è un ordine, mia regina.” Poi la guardò “Permettetemi di dirvi che oggi avete un aspetto radioso”

Kal e Alice alzarono gli occhi al cielo e, infine, quest'ultima si avvicinò a Jareth, che aveva abbassato lo sguardo diventando pensieroso.

“Jareth...” Alice gli mise una mano sulla spalla “Qualcosa non va?”

Jareth scosse la testa “Sarah...”

Questo fu sufficiente per far scattare in Alice un pensiero.

“Vedo che nessuno ha altro da aggiungere” commentò “Allora potete andare, ci penserò io a mandare un messaggio alla regina delle isole del Nord”

Tutti si inchinarono rispettosamente e lasciarono la sala del trono...o meglio, tutti tranne Alice.

Ella si avvicinò alla regina “Regina Mirana, desidero recarmi nell'Aboveground”

Mirana sospirò “Alice, cara, non credi sia meglio attendere?”

“Con il dovuto rispetto, quello che Jareth sta passando ho avuto il dispiacere di provarlo io stessa con il cappellaio.” spiegò “Jareth non lo merita”

Mirana si meravigliava ogni volta.

Alice dimostrava coraggio e altruismo, doti rispettabili e di grande valore.

Si alzò dal trono e fece cenno alla ragazza di seguirla fino alla cucine.

Con movimenti frivoli, la regina iniziò a fare avanti e indietro per tutta la stanza, nominando ingredienti di ogni genere e facendo venire il volta stomaco alla povera Alice.

Grasso di sanguisuga
Tre penne di gallina bianca
Due gocce di rugiada di Marzo
Una lacrima amara di asino anziano
Una lacrima di gioia di rana
Clorofilla di belladonna
Un guscio d’uovo di ornitorinco
Una manciata di pelo di carcassa di gatto
Tre denti d’oro
Un’unghia del piede di nutria

Tutti ingredienti che, mescolati assieme, avevano dato origine ad una sostanza viscosa e dall'aria appiccicosa.

“Ecco a te” Mirana porse ad Alice l'ampolla contenente questo liquido color verde e quasi fosforescente “Apparirai direttamente nel luogo dove si trova chi stai cercando”

Alice lo guardò schifata, immaginando già il sapore orribile e la sensazione di quella cosa che avrebbe dovuto scendere lungo la sua gola.

Ancora oggi si chiedeva come avesse fatto a non dare di stomaco ogni volta che beveva quelle cose.

“Per tornare indietro potrai utilizzare questo” Mirana porse ad Alice un biscotto la cui decorazione al cioccolato formava la parola MANGIAMI.

“Perché mi sembra di esserci già passata?” domandò sarcastica Alice, facendo sorridere la regina.

Poi sospirò e osservò il contenuto dell'ampolla “Alla salute, Alice” si auto-disse e bevve quel liquido viscoso e anche appiccicoso.

Il sapore era orribile e per un attimo credette di aver mangiato una cimice.

Non ebbe il tempo di ribattere che vide l'intera stanza dissolversi nel nulla.

 

*****

 

“Ciao sorellona!” esclamò Toby in tutta fretta, lasciando Sarah sul bordo del marciapiede e correndo dai suoi amichetti di scuola.

Sarah sorrise appena e attese di vederlo scomparire all'interno della struttura prima di andarsene.

Man in mano che camminava incontrava con lo sguardo molte persone che conosceva, tra cui alcune vecchie compagne di scuola e persino la signora della libreria che l'aveva soccorsa quando era stata male la prima volta.

Istintivamente si portò una mano al petto dove un tempo vi era la cicatrice maledetta.

Una cicatrice che stava per portare Sarah alla disperazione.

A causa di essa non era riuscita a finire gli studi e andare al college e non era riuscita nemmeno a tenersi l'unico lavoro che aveva trovato come cameriera.

Un danno dopo l'altro che l'avevano portata ad isolarsi ancora di più.

Al posto di quel segno, adesso, c'era un ciondolo a tre cerchi, incrociati orizzontalmente, che rappresentavano la forza.

Lo strinse ed avvertì la rabbia crescere dentro di lei, mentre ripensava a chi glielo aveva regalato mesi prima.

Perché Kal era stato così crudele?

Lei stava per fare una scenata, lo sapeva e si era già pentita, ma lui poteva benissimo fermarla con altri modi.

Perché abbassarsi a tanto? Perché parlare come Jareth?

Jareth...se mai lo avesse rivisto...Dio solo sapeva cosa non avrebbe fatto.

Non gli rimproverava più i cinque anni di supplizio, era riuscita a capirlo e non sarebbe mai riuscita a biasimarlo.

Ma quei tre mesi...quelli li avrebbe pagati.

Si addentrò nel parco, lo stesso da cui tutto era partito.

Jareth era lì quel giorno, l'aveva visto in tutta la sua maestosità e nella forma di barbagianni dalle ali dorate.

Lei era troppo presa dalla recitazione per rendersi conto di aver davanti qualcosa di unico.

Si andò a sedere sulla panchina accanto al laghetto, dove un paio di anatre insieme ai cuccioli nuotavano allegramente.

Era tutto così calmo e non c'era ancora nessuno lungo i sentieri del parco, o almeno così credeva.

“Scusami?” una voce femminile alle sue spalle la obbligò a voltarsi “Sei Sarah?”

Sarah guardò la ragazza che le parlava e non poté fare a meno di spalancare la bocca.

Sarà stata alta quanto lei e possedeva dei lunghi capelli biondi che giungevano fin sotto al seno.

Due occhi azzurri come il cielo e, per concludere, un abbigliamento che dava a Sarah l'idea che non appartenesse a quel mondo.

Il perché? Aveva indosso un'armatura argentata tipica dei cavalieri.

Sarah aveva quasi paura a risponderle in quanto aveva capito che giungeva dall’Underground o qualche posto del genere.

Era lì per lei? O era venuta per Jareth?

Purtroppo c'era solo un modo per scoprirlo.

Annuì “S-sì”

“Meno male” sorrise la ragazza “Credevo di essere apparsa nel luogo sbagliato”

“Ci conosciamo?” domandò stupidamente Sarah.

La ragazza scosse la testa “No, ma io conosco te, la fama ti precede” allungò la mano “Sono Alice Kingsley, anche io ero di questo mondo una volta”

Sarah si incuriosì “Una volta?”

“Vivevo a Londra” disse “Poi ho deciso di rimanere al fianco della regina Mirana del Sottomondo ed i suoi abitanti”

Appena Sarah udì il nome della regina Mirana,sentì il cuore sprofondare.

Era la regina nominata da Kal quella mattina.

“E' successo qualcosa a Kal?” fu la prima cosa che chiese “Ti prego dimmi che sta bene”

Alice sorrise “Sta benissimo, non preoccuparti” la rassicurò “Sono venuta qui per portarti nel Sottomondo dalla regina”

“Cosa?” Sarah era confusa “Non è possibile, non posso tornare con te”

“E chi l'ha detto?”

“Io...” deglutì “Ho abdicato in favore di Jareth, non posso tornare nell'Underground”

Alice non poté fare a meno di ridere “Ti sei appena risposta da sola” disse “Io ti porto nel Sottomondo, no nell'Underground e poi chi lo ha detto che non ci puoi tornare?” ammiccò.

Sarah non aveva capito niente, probabilmente neanche la stava più ascoltando, l'unica cosa a cui pensava era Kal.

Se Alice doveva portarla nel Sottomondo era sicura che si trattava di lui.

“Come faccio tornare?”

Alice si stupì.

Era convinta che per convincere Sarah avrebbe dovuto fare i salti mortali e invece è stato più semplice del previsto, senza contare che l'idea di venirla a prendere era partita da lei.

Vedere Jareth così affranto le aveva fatto scattare la scintilla e voleva aiutarlo a stare meglio.

Sarah era la cosa giusta da fare.

Frugò all'interno di una sacca in cuoio e tirò fuori il biscotto che le aveva dato Mirana.

“Mangiami?” ridacchiò Sarah, leggendo la scritta al cioccolato su di esso.

Alice lo divise a metà “Eh sì, se vuoi venire sì”

Sarah annuì e prese la sua metà.

Il Sottomondo, una nuova terra diversa dall'Underground.

Fece un profondo respiro.

-Fa che Kal stia bene- pensò e poi mangiò la sua metà.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Scusate il super mega ritardo con cui pubblico, ma è stato un delirio.

Grazie a chiunque abbia ancora voglia di leggere.

Grazie anche a Fiore del deserto che mi ha sempre dato una mano ad ideare la storia e farle prendere vita.

Buona lettura

 

 

 

Alice fu lieta di sentire in bocca un sapore diverso da quello della pozione di Mirana e giurò a se stessa che mai più si sarebbe fatta venire in mente qualche altra idea che comprendesse l'aiuto della regina.

L'unica cosa che non aveva previsto, ma avrebbe dovuto, era l'effetto del biscotto.

Come sarebbero tornate indietro?

La risposta fu, purtroppo, molto semplice.

Avvertirono il vuoto sotto i loro piedi e, all'improvviso, si ritrovarono a cadere nel vuoto a tutta velocità.

Il suolo si avvicinava in fretta ed entrambe si prepararono allo schianto, alle ossa rotte e non riuscirono a trattenere un grido.

Ma nulla di tutte le loro previsioni avvenne.

A circa dieci centimetri dal suolo, la loro caduta libera si fermò e loro restarono sospese alcuni istanti, prima di ritrovarsi con la faccia a terra.

Alice si alzò subito, cercando di placare il battito con dei profondi respiri.

Nonostante quelle entrate le fossero capitate spesso e volentieri, ammise di non esserci ancora abituata.

Sarah, invece, aveva il tipico sguardo di chi aveva appena visto un fantasma e Alice non poté fare a meno di sorridere.

“Credimi, so cosa stai provando” la consolò, mettendole una mano sulla spalla “Coraggio, seguimi”

Con le gambe tremanti, tipiche di aveva appena provato emozioni forti, Sarah la seguì.

Lo stomaco era sottosopra per lo spavento, ma cercò di non badarci.

Si guardò attorno.

Il paesaggio era normale, gli alberi avevano sfumature di fuoco ed i cespugli di rose bianche, che adornavano il giardino dove erano atterrate, emanavano un profumo intenso che inebriava i sensi.

Alzando gli occhi verso il cielo, scorse le mura di marmo bianco del maestoso castello.

Se il palazzo di Jareth le era sembrato alto e imponente, quello lo batteva di certo.

A parte dettagli un po' curvilinei, che davano l'impressione che il castello fosse in movimento, Sarah non notò nulla di particolare o strano.

Ricordando l'aspetto della dama di compagnia della regina Mirana, si aspettava di trovare chissà cosa o chissà chi.

Alice la condusse verso la porta di servizio e lungo il corridoio.

Quando giunsero alla porta in fondo, che le avrebbe condotte alla sala del trono, Alice si bloccò e spinse Sarah contro al muro facendole cenno di tacere.

Senza capire, Sarah obbedì e ascoltò.

Una voce acuta e parecchio isterica stava urlando per tutta la sala.

“Esigo sapere dove si trovano!”

“Iracebeth, cara, non capisco di cosa parli” la voce di Mirana, a confronto, era calma.

Alice aprì la porta quel tanto che bastava per vedere la scena.

Anche Sarah si incuriosì e guardò fuori.

Vide una donna, più bassa di lei e vestita interamente di rosso, la cui testa spiccava più di tutto.

Era enorme e con i capelli ricci che sembravano formare un cuore gigante.

Ed ecco la cosa “strana” che si aspettava di vedere.

Voleva commentare ma decise di trattenersi e continuare ad ascoltare la donna in rosso, questa Iracebeth.

“Non fingere con me!” esclamò “So benissimo che li tieni nascosti, una delle mie guardie è stata distratta dai tuoi patetici sudditi ed io ho dovuto fargli tagliare la testa”

Mirana si portò una mano al cuore e aprì la bocca in segno di scandalo “Oh, Iracebeth...”

“SMETTILA!” gridò istericamente “Non perdere tempo e dimmi dove si trovano!”

“Ma te l'ho detto, non capisco di cosa tu stia parlando”

Iracebeth strinse i pugni e guardò Mirana in segno di sfida “Bene” disse in un sibilo “Me la pagherai” puntò il dito contro Mirana “Me la pagherete tutti!” poi si voltò e se ne andò con passo spedito, sbattendo la porta di ingresso alle sue spalle.

Alice, appena sicura che Iracebeth non rientrasse, fece il suo ingresso a passo spedito “Regina Mirana, che è successo?” domandò.

Mirana le sorrise e le fece cenno di non preoccuparsi “Sai come è fatta mia sorella, non badare a lei”

“Però li ha scoperti” insisté Alice “Dobbiamo fare qualcosa, noi...”

“Alice” la zittì Mirana “calmati e non preoccuparti di Iracebeth” Alice avrebbe voluto contro battere.

Lo sforzo che fece per tacere fu grande.

“Sei riuscita nella tua missione?” Alice annuì e Mirana proseguì, spostando gli occhi verso la porta di servizio “Avvicinati, mia cara, non temere”

Sarah, che non aveva osato mettere piede nella sala del trono senza permesso, si fece avanti e, non appena fu vicina ad Alice, si inchinò rispettosamente senza proferire parola.

Mirana era proprio come la ricordava, vestita interamente di bianco e con l'aspetto di un angelo.

I capelli erano del medesimo e si vedeva lontano un miglio che non erano tinti.

Si sentiva come se fosse al cospetto di una Dea.

“Giovane Sarah, non sai che onore per me averti qui nel mio castello” Mirana si alzò dal trono e si avvicinò a Sarah.

Le girò intorno con un enorme sorriso e poi le alzò il volto con due dita “Giovane, bella e coraggiosa” disse “Le sofferenze che hai passato sono insulto alla tua persona e mi rammarico di non essere intervenuta prima”

Sarah fece un cenno col capo e si morse le labbra imbarazzata.

Si trovava al cospetto di una regina ed era lì da sola.

Con lo sguardo cercò il sostegno di Alice, che si limitava a stare in disparte e ascoltare la regina pronta per ogni evenienza.

Non riceveva lo stesso sostegno che le dava Kal in quelle circostanze.

“Sai perché sei qui?” domandò la regina e Sarah scosse la testa “Alice, cara, pensavo glielo avessi detto, l'idea è stata tua”

Alice si scusò “Ho ritenuto opportuno che prima parlasse con voi, regina Mirana” rispose la bionda “Vista la situazione non credo di essere nella posizione per poter spiegare ogni cosa”

Mirana sospirò e tornò a rivolgersi alla povera e spaesata Sarah “Sarah Williams, ho permesso ad Alice di portarti qui per una questione che riguarda il re di Goblin e Kal di Goblin”

Sarah sgranò gli occhi e sentì il cuore mancarle un battito.

Purtroppo non si rese conto di aver cominciato a fare domande a raffica, come una macchinetta.

“Stanno bene? Perché Kal è qui? Che è successo? Dove...?”

Mirana la bloccò posandole dolcemente un dito sulle labbra e ridendo “Tranquilla, stanno bene e tra poco potrai vederli” le disse, osservando poi la felpa e i jeans di Sarah “Ora, per prima cosa, dovrai cambiarti e provvederò a far ripulire i tuoi abiti”

Sarah annuì, sempre imbarazzata, ma trovò lo stesso la forza di controbattere con un “E' solo terra, maestà, vi prego, non disturbatevi”

“E' un ordine” disse Mirana con tono imperativo ma dolce allo stesso tempo “ed ora andate...” con le mani fece cenno ad entrambe di andare via “...ci rivediamo qui fra un po'”

Alice fece cenno a Sarah di seguirla e questa obbedì, andandole dietro come un cagnolino.

Mentre percorreva il corridoio principale del castello, la sua mente era affollata di pensieri di ogni genere.

Era nello stesso palazzo di Jareth e Kal, un palazzo a lei sconosciuto ma che conteneva due persone alla quale voleva bene ma che le avevano fatto del male.

Quella mattina era cominciata male e sentiva che sarebbe andata avanti per tutta la giornata.

Come avrebbe reagito nel vedere Jareth?

Come avrebbe reagito lui, visto come l'aveva trattata tre mesi prima?

Preferì non pensarci, non in quel momento.

Si lasciò condurre verso una stanza posta in fondo al corridoio dell'ala ovest e, una volta dentro, Alice chiuse la porta.

La stanza non era molto grande, conteneva un enorme armadio, dalle forme curvilinee, in noce ed un letto a baldacchino con lenzuola di seta bianche contornate da ricami argentati.

“Purtroppo non abbiamo abiti dell'Aboveground” disse Alice, che nel frattempo si era messa a frugare nell'armadio “Ma da quello che so di te, penso che questo abito ti piacerà”

chiuse le ante e glielo mostrò.

Era un abito di cotone bianco dalle maniche lunghe.

Intorno alla vita vi era un pizzo che la contornava e si riversava verso il centro, da cui partiva una fila di bottoni che davano l'idea che la gonna fosse attaccata insieme solo ad essi.

Per un attimo le tornò alla mente l'abito che utilizzava per recitare nel parco e dovette chiudere gli occhi per scacciare quell'immagine e non reagire all'impulso di lanciarlo lontano.

Lo prese e sorrise appena, poi iniziò a cambiarsi.

Alice, per non farla sentire in imbarazzo, si voltò dall'altra parte e attese pazientemente.

A rompere il silenzio fu Sarah “Tu conosci Kal e Jareth?”

“Quando ho deciso di lasciare l'Aboveground, Kal è stato il mio mentore e mi ha insegnato tutto quello che so” rispose “E' come un fratello per me”

“E...e Jareth?”

“Dopo un piccolo incidente con il tempo, Mirana ha ritenuto opportuno farmi prendere un momento di riposo e Jareth, con cui il Sottomondo ha un alleanza, si offerto di ospitarmi” si voltò appena “E no, non c'è stato assolutamente nulla” aggiunse sorridendo, ben sapendo quale sarebbe stata la prossima domanda.

Sarah si sentì più tranquilla e, comunque, non avrebbe avuto motivo di essere gelosa.

Una volta pronta, si avvicinò alla bionda “Alice...sei mai stata innamorata?”

Alice annuì “E lo sono ancora” rispose, dando un ultimo ritocco alla gonna di Sarah e sistemandole le maniche.

Le scarpe indossate, un paio di ballerine marroni, erano perfettamente in tinta con i bottoni sulla gonna.

“E lui ricambia?” Alice annuì di nuovo “Sei davvero fortunata”

Alice sapeva molto bene quello che stava provando Sarah e le dispiaceva non poterle dare conforto in quel momento.

Non era lei a dovere delle spiegazioni alla ragazza e qualunque cosa avesse detto rischiava di compromettere la situazione ancora di più.

Era già stato un azzardo portarla lì e Dio solo sapeva come avrebbe reagito Jareth e che ramanzina le avrebbe fatto Kal.

Ma era orribile vedere due persone a cui teneva star male per qualsivoglia motivo.

Sperava solo di non aver fatto un errore così madornale, agendo di istinto.

Tornarono verso la sala del trono e Alice fece cenno a Sarah di attendere un attimo fuori.

La bionda entrò e subito fu circondata dagli sguardi di cinque persone che, così sembrava, la osservavano seri.

“Alice!” Tarrant si avvicinò subito a lei “Stai bene? Dove eri finita? Ti ho cercata dappertutto”

la controllò e passò le mani ovunque per assicurarsi con avesse lividi o bernoccoli strani.

Alice sorrise e lo fece fermare prendendo il suo volto fra le mani “Sto bene, cappellaio, non temere”

Tarrant sorrise sollevato e posò un dolce bacio sulle guance di lei.

“Alice, è tutto a posto?” domandò Mirana e la bionda annuì “Allora, ti prego, falla entrare”

e mentre tutti i presenti attendevano curiosi, Alice aprì la porta e fece cenno di entrare.

Sarah aveva lo stomaco in subbuglio ed il respiro affannoso.

Si sentiva come se stesse per recitare davanti ad un pubblico per la prima volta, la paura di sbagliare la battuta e fare figuracce o di incrociare lo sguardo di qualcuno che conosce e finire con l'impappinarsi e far ridere le persone.

Non era una bella sensazione, specie se mescolata alla rabbia che aveva iniziato a crescere appena aveva scoperto che avrebbe rivisto Jareth e Kal.

Kal era fresco di quella mattina e Jareth...mentalmente aveva immaginato il loro incontro più volte e, ovviamente, era sempre stato rose e fiori.

Ma ora, mentre avanzava, era sicura che sarebbe andato diversamente e che il rancore che si portava dietro da tre mesi l'avrebbe accompagnata ancora per un po'.

Quando Jareth la vide sentì le sue gambe cedere e dovette appoggiare una mano sulla spalla di Kal per non cadere.

Spalancò la bocca come se avesse appena visto qualcosa di scandaloso e si accorse di non essere l'unico in quella situazione.

Escludendo i tre sottomondiani, Mihal e Kal si aspettavano di tutto tranne che lei.

Il trio era felice di rivederla, quello assolutamente, ma non avrebbe dovuto essere lì.

Sarah si fece avanti e, accorgendosi di non essere realmente attesa da chi si aspettava, assunse uno sguardo quasi di sfida, mentre i suoi occhi iniziavano ad inumidirsi.

Jareth avvertiva il suo cuore battere a mille e, nel vederla che avanza fiera e piena di rancore, sentì le stesse sensazioni che aveva provato durante il loro primo ballo...quando lei era fuggita.

Anche se era lì e poteva sentirne il profumo, Jareth capì che non voleva nemmeno vederlo e poteva capirla.

L'aveva trattata così male che persino lui si sarebbe rifiutato di vedersi.

Capì meglio il rancore di Sarah quando ella iniziò a fare il giro dei saluti.

Sorrise a re Mihal e si inchinò con sommo rispetto “Re Mihal”

“E' un piacere rivederti, Sarah Williams” salutò lui, con un cenno del capo.

“Anche per me, maestà” poi si voltò verso Kal, tornando immediatamente seria.

Lui si sentì così in imbarazzo che si limitò ad abbassare la testa, dando a Sarah la possibilità di rivolgersi a Jareth.

Jareth cercò in tutti i modi di sostenere lo sguardo di Sarah, ma era difficile.

Come poteva essere difficile sostenere lo sguardo di una donna?

Come poteva un re sentirsi così tanto in soggezione davanti a lei?

La risposta era semplice.

Era talmente innamorato di lei che il solo pensiero di averle fatto del male lo stava struggendo.

Cercò di sostenere quello sguardo carico d'odio che Sarah gli stava rivolgendo e si auto maledisse per tutto quello che stava per dire e fare.

-Che tu possa perdonarmi, Sarah- pensò -Lo faccio per il tuo bene-

“Vedo che non hai perso il tuo orgoglio” disse “Ti senti fiera di questo?” aggiunse ricevendo uno sguardo sbalordito da tutti i presenti...compresa Sarah.

Lei fece di tutto per non mettersi ad urlare o prenderlo a schiaffi “E tu sei fiero del tuo ego smisurato?” domandò di rimando.

Jareth fece un sorriso sprezzante, continuando a maledirsi, poi si rivolse a Mirana.

“Regina Mirana, vi chiedo la cortesia di riportare questa umana nel suo mondo”

“Cosa!?” fu il coro che si levò dai presenti, escluso re Mihal.

Quest'ultimo aveva intuito qualcosa e preferì restare in disparte, facendo cenno a Kal di allontanarsi e lasciarlo agire.

Sarah, dal canto suo, sentiva un istinto omicida salirle e ribollire nelle vene, ma preferì mantenere un atteggiamento civile.

Ma dentro di sé si sentiva morire.

Perché la trattava così?

Perché non voleva più vederla?

Tutte le sue fantasie, le sue speranze, i suoi sogni...il suo mondo era andato in frantumi e Jareth ci stava ballando sopra.

“Non mi è possibile farlo” si rammaricò Mirana

“E con quale motivo?” domandò Jareth “State permettendo ad un umana di mettere a rischio il vostro mondo con la sua sola presenza” indicò Mihal e Kal “Guardate cosa ha fatto!” esclamò “Come ha ridotto il re degli elfi e come ha ridotto me”

Sarah sentì e lacrime che cominciavano a sgorgare lungo le guance e non aveva la forza di parlare e controbattere.

La stava umiliando...la stava umiliando senza pietà e lei non aveva fatto assolutamente nulla.

Dopo tutto quello che c'era stato, dopo quel viaggio nel labirinto di ombre, non credeva che Jareth potesse arrivare a tanto.

Era stato lui a farla abdicare con l'inganno, avrebbe dovuto essere lei quella furiosa.

E invece no, lei era ancora la ragazzina cocciuta che Jareth avrebbe preferito vedere marcire all'inferno piuttosto che starle accanto.

Ma il colpo di grazia giunse poco dopo

“Se non fosse per causa sua io non sarei nel Sottomondo a nascondermi come un animale per evitare di essere catturato e impiccato!”

Impiccato?

Jareth rischiava di morire per colpa sua?

E perché, nonostante la rabbia, sentiva che c'era qualcosa di più sotto?

E Kal?

Anche lui lo sapeva?

Le aveva mentito, tutti le stavano mentendo e Jareth lo faceva pure in modo spudorato.

Si osservò le mani, dove un anello dorato spiccava in tutto il suo splendore sull'anulare sinistro di Sarah.

Un anello che lei aveva cercato di nascondere come poteva a Karen e suo padre e persino a Toby, un anello che le era stato dato durante il finto matrimonio.

Quando lo avevano reso ufficiale, alla fine del labirinto, lei aveva iniziato a considerare quell'anello come una benedizione e non più come un fardello.

Nel momento che Jareth l'aveva bandita, quel gioiello aveva preso l'aspetto di un tradimento e in quel momento era tornato ad essere un fardello.

Che lei abbia abdicato o no era ancora sua moglie e quel trattamento non se lo meritava.

Se lo sfilò dal dito e si avvicinò a Jareth, obbligandolo a voltarsi verso di lei.

Gli occhi di lui erano umidi, ma un re non mostrava la sua debolezza...specialmente a Sarah e, questo, era un grosso errore “Che cosa vuoi?” sibilò, facendola sentire ancora più male e sentendo i suoi pedi sprofondare.

Lei non parlò e gli prese la mano, posando l'anello sul palmo e aiutandolo a chiuderla.

Lo guardò negli occhi per lunghi istanti, vedendo nel volto di Jareth il pentimento che si faceva strada e lo faceva sentire piccolo come un insetto.

Sempre senza aggiungere altro, si voltò e corse fuori in lacrime.

“Sarah!” Alice fece per seguirla, ma Kal la fermò scuotendo la testa.

Non voleva stare con le mani in mano, così si voltò verso il cappellaio “Tarrant...” lui annuì ed uscì.

Quando la sala del trono fu ufficialmente in silenzio, Jareth si ritrovò inginocchiato a terra con l'anello ancora stretto fra le mani e con i sensi di colpa che ormai lo avevano pervaso.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ed ecco a voi il nuovo capitolo!

Spero vi piaccia.

Grazie, come sempre, a Fiore del deserto per il suo aiuto nello scrivere questa storia e grazie anche ad Evelyn80 che insiste nel seguirla e nel soffrire (tvb my dear)

Buona lettura

 

 

L'unico rumore che si poteva udire era quello dell'anima di Jareth che urlava disperata.

I battiti del suo cuore erano così potenti che giurava di sentirlo esplodere all'interno del suo scarno e miserabile corpo.

Mirana era rimasta senza parola, sconvolta dall'accaduto e con gli occhi inumiditi.

Non voleva che gli abitanti del suo regno o i suoi ospiti stessero male per qualsivoglia motivo e vedere Jareth in quelle condizioni era un colpo al cuore, in quanto sentiva di non essere in grado di fare il suo dovere di regina.

Jareth, però, non era in grado di incolpare Mirana e sapeva che lei non gli avrebbe mai fatto nulla di male.

In più, era consapevole del fatto che la regina fosse a conoscenza del perché Jareth non voleva Sarah al suo fianco.

L'idea di portarla lì non era partita da lei.

Sempre tenendo lo sguardo basso verso il pavimento, Jareth mormorò appena “Perchè?”

Tutti capirono che era rivolto ad Alice che, vista la situazione, non poté fare altro che sentirsi in imbarazzo.

“Jareth, io...”

“Cosa ti è venuto in mente!?” ringhiò Jareth, alzandosi di scatto e puntando i suoi occhi spaiati e carichi di odio in quelli di lei.

“Ti mancava e volevo solo...”

“Volevi solo farla uccidere!” sbottò ancora “Ecco che cosa!”

“No!” ribatté Alice “Ti giuro che non erano queste le mie intenzioni”

“Ho fatto tutto quello che era in mio potere per tenerla al sicuro” Jareth abbassò il tono della voce, ma non era certo di poterlo mantenere così pacato “Quello che le ho fatto mi ha portato alla morte e non volevo che lei vivesse una vita in sofferenza, piangendo la mia scomparsa” spiegò “Ho fatto di tutto perché mi odiasse, per far sì che nel tempo l'ultimo ricordo di me fosse collegato al rancore tanto da augurarmi la morte lei stessa”

Avevano capito tutti.

Jareth non sapeva più cosa fare per amore di Sarah e di questo Mirana ne prese atto, infatti si alzò e si avvicinò a Jareth.

“Sarah è fortunata ad avere qualcuno che la ama come fai te” disse con un sorriso “ma non credo si meriti tutto questo”

“Desidero solo saperla al sicuro”

Mirana annuì “E lo sarà” lo disse come una promessa “Ma merita una spiegazione”

Jareth annuì e osservò l'anello che teneva in mano.

Un anello che, all'inizio, aveva tanto odiato ma che ora rappresentava un legame indissolubile con la persona che amava.

Lo strinse e lo mise in tasca, guardando poi Alice “Non sono ancora pronto a perdonarti” le disse “Non ora”

Alice si sentì in colpa e sprofondare in un abisso senza fondo.

Preferì tacere e uscire fuori dalla sala del trono, lasciando Jareth con lo sguardo perso nel vuoto.

Mihal, sapendo cosa il figliastro stesse provando, decise che l'unico modo per farlo calmare e fargli capire che, almeno lui, era dalla sua parte.

Ne avevano parlato in lungo e in largo e, conoscendolo, in quel momento la cosa giusta da fare era sbrigarsi con il piano e, magari, partire senza dire nulla a nessuno.

“Regina Mirana, ci dica come giungere ad Arendelle”

 

*****

 

Sarah era così il più lontano possibile da quella sala e da quel castello, senza sapere quale entità misteriosa le avesse dato il senso dell'orientamento in un luogo a lei sconosciuto.

Singhiozzava e faticava a vedere dove realmente stesse andando, sapeva solo di aver imboccato un sentiero e di essere finita in mezzo ad un meraviglioso boschetto.

“Ehi!” qualcuno, da lontano, la stava seguendo e chiamando “Ehilà, laggiù!” era l'uomo che aveva salutato Alice quando era entrata nella sala del trono.

Un tipo bizzarro che adesso la stava seguendo.

Si fermò e attese di vederlo più vicino “Accidenti, cara fanciulla, quanto corri” ridacchiò “Potresti iscriverti alla maratonda”

Sarah era confusa, ma non aveva la forza di ribattere e nemmeno di ricacciare indietro le lacrime.

Non sopportando di vedere una povera fanciulla così deteriorata dalla sofferenza sentimentale, il cappellaio aveva giurato a sé stesso di fare qualunque cosa in suo potere per farla quantomeno sorridere.

Che fosse per il suo temperamento caloroso, Tarrant aveva sempre fatto del suo meglio per cercare di tirare su di morale chi abbozzava nella grigia tristezza, specialmente se si trattava di una giovane donna.

Se fosse capitato alla sua cara Alice, ammse a sé stesso, il cappellaio non ci avrebbe pensato due volte e non si sarebbe dato pace fino a che non l’avesse resa felice almeno per un poco.
“Cara” il cappellaio la chiamava dolcemente “lo so che adesso sei impossibilitata a darmi retta, ma se posso...” balbettò leggermente, tentando di sorriderle per cercare di metterla a suo agio nonostante il proprio imbarazzo preliminare “se non ti chiedo troppo, vorrei invitarti a prendere una tazza di tè”
Lei rimase stupida di quella richiesta, fatta da quello strano individuo dalla stramba capigliatura e il colorito della carnagione innaturale.

Tuttavia, Sarah si era soffermata sui suoi grandi occhi la cui tonalità le ricordavano due piccole e giovani foglioline delle piante primaverili.

Non c’era traccia di cattive intenzioni in quelle iridi, né in quella voce sinceramente preoccupata. Dopo una comprensibile esitazione, Sarah gli aveva concesso un leggerissimo sorriso di gratitudine.
“Sei molto gentile” gli aveva risposto, accettando il suo invito.
“Uh, finalmente” Tarrant indica educatamente le labbra di Sarah “Finalmente vedo un sorriso. È ancora piccolo, non c’è dubbio, ma è già un passo avanti”
Seguì il cappellaio lungo il sentiero che aveva intrapreso per fuggire da Jareth e, dentro di sé, avrebbe voluto maledirlo e augurargli un accidente, ma non fu in grado.

I suoi occhi vennero subito inondati da uno scenario a dir poco meraviglioso e fiabesco

Sarah non si sarebbe mai e poi mai immaginato di trovarsi davanti ad una lunghissima tavola imbandita di coloratissimi servizi di ogni genere, artisticamente abbinati ad ogni tovaglia disposta separatamente per ogni tavolino.

Infatti, Sarah si era accorta che la lunghezza della tavola era solo una lieve illusione: diversi tavolini erano stati disposti in modo da formare un unico e lungo tavolo.

Del resto, non uno solo di essi era stato lasciato senza almeno un oggetto decorativo che richiamasse l’ora del tè.
“Sorpresa?” le domandò il cappellaio, resosi conto dell’espressione confusa e meravigliata di Sarah “Non ti preoccupare, è nella norma. Il primo impatto è sempre uguale per tutti.” sogghignava allegramente, andando anche un po’ fiero della sua tematica tanto cara come l’immancabile ora del tè.
“Oh, il Leprotto e Mally non sono qui, per fortuna.” notava Tarrant.
Tralasciando la domanda di chi fossero coloro che il cappellaio avesse nominato, Sarah si era fatta un po’ sospettosa.
“Cosa intendi con “per fortuna”?” gli domandò un po’ risoluta.
Comprendendo il comprensivo stato di tensione della ragazza, il cappellaio era pronto a rassicurarla.
“Non temere, Sarah.” si era messo una mano sul petto come per fare un giuramento “Non fraintendermi, dicevo così solo perché i miei due amici sono allegramente bizzarri. Non vorrei che ti mettessero a disagio, non in un momento così delicato come il tuo.” le aveva offerto una sedia alla destra del capotavola, invitandola gentilmente a prendervi posto “Prego, madame.”
Scrollandosi un po’ le spalle, Sarah si stava avvicinando alla sedia per accomodarsi. Successivamente, il cappellaio aveva occupato il proprio posto accanto a lei, per poi prometterle di non terminare l’ora del tè fino a quando non l’avrebbe vita serena.

Dopo aver creduto di aver oltrepassato il limite del turbinio delle afflizioni, Sarah stava cominciando a risplendere progressivamente ogni volta che il Cappellaio le offriva una nuova tazza di tè, da accompagnare con diversi tipi di dolcetto.

Che sia stato per l’effetto suggestivo di tutto quell’arcobaleno di colori, tra la piccola area di foresta mista a quella delle meraviglie della tavola, oppure per l’ineguagliabile dolcezza delle calde bevande che le scaldavano la pancia, insieme a quelli dei dolcetti che le facevano canticchiare le papille gustative, stava di fatto che Sarah aveva iniziato a sentirsi meglio.

Inoltre, c’era anche qualcosa in quel matto cappellaio che non faceva altro che aumentare in lei la calda sensazione di una sincera risata.

Tarrant, infatti, si stava comportando molto bene con lei, la stava mettendo a proprio agio con ogni mezzo e lo faceva con limpida allegria e senza secondi fini.

Era sincero nei suoi modi festaioli, stava facendo di tutto per farla stare meglio.

Riusciva a rendere divertente ogni cosa, anche gli argomenti all’apparenza di natura inquietante. Come quello delle malefatte della Regina Rossa.
“...e con quel suo capoccione bulboso e vuoto nel cervello aveva rotto la corona!” Tarrant scoppiava in una risata ogni volta che ricordava il giorno dell’investitura di Iracebeth e Mirana quando erano delle giovani principesse.
Sarah prese parte alla risata contagiosa del cappellaio.

Tirò un sospiro per riprendere fiato, ringraziando di cuore il cappellaio per l’invito.

-Ci voleva proprio- pensò e sì, quella “pausa” le stava facendo bene.
“No, no, Sarah.” Tarrant fece dolcemente no con l’indice “C’è solo una regola da osservare quando qualcuno vuole farti sorridere: “zero grazie”.” piccola pausa “Quando qualcuno desidera far star bene la persona a cui tiene, e lo fa con tutto il proprio cuore, non deve esserci nessun grazie. Io, ad esempio, mi offenderei.” l’ultima frase l’aveva pronunciata con finto e buffo dispiacere.
“E cosa posso dire o fare...” Sarah stava per bere un altro sorso di caldo tè dal colorito rossastro “per farti capire che ti sono molto grata?”
“Un bellissimo sorriso con tutti i tuoi dentini.” era stata la mielatissima risposta del cappellaio.
Sarah aveva obbedito alla semplice, ma affettuosa, richiesta di Tarrant.

Appoggiata la tazza davanti a sé, Sarah gli aveva mostrato un sorriso splendido.
“Sei così luminosa. Devi sorridere sempre e più spesso.” il Cappellaio le aveva poggiato una mano sulla sua, ma Sarah non avvertiva nessuna cattiva intenzione.

Gli aveva lasciato il permesso di quel leggero contatto fisico, avvertendolo giustamente come un segno di conforto.

In verità, non c’era niente di male o di peccaminoso in quel gesto, né nelle sue parole.

Mentre l’angolo del mulino a vento brillava di calore e variopinta allegria ritrovata, dietro l’ombra di un robusto tronco d’albero albergava la tenebra attraverso gli occhi di chi osservava qualcosa di spiacevole.

Con il cuore che saltava i battiti per i sussulti di dubbiosi crucci, Alice taceva e osservava il cappellaio stranamente troppo gentile con Sarah.

Nonostante fosse al corrente della natura allegra e affettuosa di Tarrant, Alice non era preparata nel vederlo in questo modo anche con una persona conosciuta da poco.

Specialmente se una donna.

Sarah era appena stata ferita e umiliata e meritava conforto, non c’erano dubbi, ma per Alice tutte quelle attenzioni che il cappellaio le stava riservando sembravano esagerate.

Che si stesse provando un senso di gelosia? Da quando, in effetti, si era sentita come se qualcuno minacciasse la sua serenità quando c’era di mezzo il cappellaio?

Tentò di calmarsi e di darsi un tono di riguardo.

-Tarrant non è un gallinaccio- si ripeteva costantemente.

Solo quando vide il cappellaio adagiare la propria mano sopra quella di Sarah, a quel punto, Alice credeva di aver visto anche troppo.

Avvertì una percezione strana dentro di sé, come se il suo cuore si fosse ristretto e poi esploso in un solo momento.

Nessuna lacrima dai suoi occhi adirati e orgogliosi.

Solo il tremore delle proprie mani manifestava la voglia di irrompere davanti alla tavola e, magari, rovesciare ogni cosa per terra.

Ma a quale vantaggio? si domandava.

Non le restava che allontanarsi da quel luogo, non volendo più assistere ad altro.

Corse via, pensando che prima si allontanava e prima si sarebbe sentita meglio...forse.

 

*****

 

“Sei davvero gentile, cappellaio” sorrise ancora Sarah, non sentendo più il bisogno di sfogare le lacrime e la rabbia “Ora mi sento molto meglio” affermò.

Tarrant ne fu davvero lieto e, dopo essersi assicurato che la tazza di tè fosse svuotata, si alzò e porse il braccio a Sarah “Posso riaccompagnarla al castello, madame?”

Sarah annuì e si aggrappò “Con piacere, messere” rispose, facendo sorridere Tarrant e incamminandosi, poi, verso il castello.

“Sicura che non ti vuoi iscrivere alla maratonda?”

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Dopo aver fatto disastri nei capitoli precedenti, ora ne faccio altri XD però giuro che c’è anche del fluff (sono amante del fluff...tragico, ma pur sempre fluff)

Ditemi voi cosa ne pensate.

Buona lettura

 

PS: oltre a ringraziare, come sempre, Fiore del deserto aggiungo che dedico tale capitolo proprio a lei...amante incallita del povero Kal (ormai tormentato e maltrattato dalla sottoscritta)

 

 

Tarrant riaccompagnò Sarah fino al giardino del castello e lo fece con la sua tipica moltezza.

Lui era lieto di averla fatta ridere e averle fatto passare un po' di tempo in assoluta tranquillità ed era come se il tempo si fosse fermato in quel preciso angolo di mondo.

Purtroppo il sorriso di Sarah si spense quando vide Kal che li attendeva nel giardino a braccia incrociate.

“Oh, ciao Kal!” salutò Tarrant con un esclamazione, non notando lo sguardo cupo di Sarah.

Kal gli lanciò un'occhiata e con la testa gli fece cenno di entrare “La regina ti attende”

“Vado subito” disse, volgendo un ultimo sguardo verso Sarah prima di entrare.

Rimasti soli, Kal fece un profondo respiro e spezzò il silenzio glaciale che si era creato fra i due.

“Mi dispiace” disse “Sono stato costretto”

“E da cosa?” domandò Sarah, cercando di mantenere la calma “Dal fatto che non sono la tua regina? Messaggio ricevuto” fece per superarlo, ma lui la fermò afferrandole delicatamente il braccio.

“Sarah, io sono sempre un servo e devo obbedire agli ordini dei miei sovrani”

“L'avevo capito” sibilò lei, liberandosi dalla presa di Kal “E nei tuoi ordini era compreso il fatto di non dirmi che Jareth sarebbe morto?” Kal annuì “Tu sei...sei...”

“Sarah, non avevo scelta” cercò di scusarsi lui

“No!” lo fermò Sarah, puntandogli un dito contro “Tu sapevi quello che provavo, sapevi come mi sentivo!” esclamò “E sei rimasto lì a guardare senza muovere un dito”

“Io ero convinto fosse già morto quando Mirana mi ha convocato”

Sarah si portò le mani in testa ed emise qualcosa simile ad un ringhio “Basta, è troppo!” esclamò “Non dovevi farmi questo, se davvero eri convinto che fosse morto non avevi più nessun obbligo nei suoi confronti”

Kal non seppe più cosa fare, qualunque cosa avesse detto o fatto risultava l'arrampicata sui vetri peggiore della sua vita.

“Non ne avevo la certezza!” posò le mani sulle spalle di Sarah e cercò nuovamente di difendersi “Non volevo tradire la fiducia che Jareth riponeva e ripone in me e tu ben sai quanto ci tengo. Perché ti è così difficile capirmi!?” disse, sottolineando bene la domanda e sperando che Sarah si fermasse e non proseguisse il discorso.

Purtroppo per lui, Sarah non era dello stesso parere, anzi...aveva capito fin troppo quel discorso.

“Tu lo ami” mormorò lei e Kal distolse lo sguardo.

Sarah si sentì tradita e non riusciva a pensare a nulla che non fosse veder sparire Kal dalla sua vista per l'eternità.

“Spero che l'anello ti doni” Sarah avvertì una morsa nel cuore e, detto questo, entrò di corsa nel castello e chiuse la porta di servizio alle sue spalle, lasciando Kal con la mano allungata verso di lei, come per chiamarla.

 

*****

 

“Regina Mirana” Tarrant entrò di corsa nella sala del trono e si inchinò rischiando di cadere “Mi cercavate?” poi alzò lo sguardo e notò Alice “Ciao cara”

“Si, cappellaio, ti ho chiamato perché ho bisogno del tuo aiuto”

“Qualunque cosa per voi” si inchinò di nuovo Tarrant.

“Domani Alice e gli altri partiranno per Arendelle e tu dovrai restare qui e vegliare su Sarah” spiegò Mirana.

“Non si sa mai che faccia qualcosa di avventato” sibilò Alice, cercando di aiutare Mirana nel suo discorso.

Tarrant non capì le sfumature del tono di voce della sua amata, ma capì bene gli sguardi e sentiva che in lei c'era qualcosa che non andava.

Avrebbe dovuto parlarle e tirarle su il morale, non amava vederla così.

“Mia regina” disse Tarrant, tornando a rivolgersi verso Mirana “Farò tutto quello che mi chiederete”

Mirana sorrise dolcemente “Grazie, cappellaio, il tuo aiuto sarà prezioso” disse “Ora puoi andare...” poi si voltò verso Alice “Anche tu, mia cara”

“M-maestà, io...”

“E' un ordine” sottolineò Mirana che, anche senza dirlo apertamente, aveva intuito qualche attrito fra i due.

Alice si inchinò e si congedò, superando a gran velocità Tarrant, che si ritrovò a rincorrerla a gran velocità.

“Alice, mia cara” riuscì ad avvicinarsi e fermarla “Iscrivi anche te alla maratonda, correte così veloci voi donne”

“Noi donne?” domandò Alice in un sibilo

“Anche Sarah corre veloce, è stata dura seguirla” spiegò Tarrant “però lei non sa cosa sia la maratonda”

Alice sembrò infervorarsi “Visto che non lo sa, vai e spiegaglielo tu” tentò di superarlo, ma Tarrant riuscì a fermarla e attirarla a se.

“Eh no, mia piccola Alice” disse lui con finto tono serio “Non puoi scappare da me”

“Tarrant, lasciami” Alice tentò di dimenarsi, ma non fu semplice.

Per quanto delicata, la presa del cappellaio era abbastanza solida da non permetterle di scappare da lui.

Tarrant la guardò dritta negli occhi e le asciugò una lacrima fuggitiva “La mia Alice non deve piangere” disse “La mia Alice non perderà la sua moltezza”

Alice lo fissò senza capire.

Davvero il cappellaio non sapeva perché lei era arrabbiata?

Che fosse stato davvero un semplice gesto per far ridere Sarah?

Alice sospirò, gli prese la mano e sorrise.

Tarrant era cocciuto, frivolo e matto, ma aveva anche dei difetti.

No, Tarrant non l’avrebbe mai tradita.

“Oh, guarda, un sorriso!” esclamò il cappellaio “Ora sì che riconosco la mia Alice”

“Tu sei tutto matto” rise la bionda, stringendolo a se e venendo ricambiata “Domani dovrò patire”

“Lo so” disse Tarrant “E credo che mi mancherai”

“Tu lo sai che ci rivedremo, vero?” sorrise Alice, restando sempre stretta a lui “Mica intendo restare ad Arendelle”

“Oh lo so, ma mi mancherai lo stesso”

Alice rise e, tenendolo per mano, decise che era meglio uscire.

A metà corridoio, però, ebbe un mancamento e Tarrant la sorresse appena in tempo “Alice?” si preoccupò “Alice, che ti succede?”

Alice fece dei respiri profondi e gli fece cenno di stare tranquillo.

Lo guardò e si limitò a sorridergli “Non è niente, non preoccuparti”

“Vieni, ti porto a casa mia” Tarrant si comportò da vero galantuomo e portò la sua adorata Alice fino alla sua casa a forma di cilindro.

Alice si lasciò guidare e sorrise nel vedere il suo cappellaio così premuroso nei suoi confronti.

Non si sentiva molto bene, quello era vero, ma era un malessere che avrebbe sopportato con somma gioia in quanto sapeva che sarebbe stato breve.

Ma non lo avrebbe detto a Tarrant o non lo avrebbe mai fatta partire.

 

*****

 

Sarah andò a rifugiarsi nella stanza che le aveva mostrato Alice appena giunta al castello.

Si buttò sul letto e pianse tutte le lacrime che aveva, evitando persino di mangiare e mostrarsi in pubblico.

Aveva tentato più e più volte di chiamare i goblin e farsi portare via, o chiedere loro di essere riportata a casa.

Aveva persino tentato di chiedere la cancellazione della memoria, ma sempre senza successo.

Kal le aveva mentito per amore nei confronti di Jareth e quest'ultimo l'aveva fatta abdicare con l'inganno dicendo che a causa sua stava per morire.

Ma perché? Perché mentirle?

Era davvero così immeritevole?

Se lo era davvero, Jareth non avrebbe dovuto acconsentire a rendere valido il loro matrimonio, lei non avrebbe dovuto baciarlo e, cosa più importante, non avrebbe dovuto amarlo.

Questo, però, non spiegava il perché lei continuasse a farlo.

Gli moriva dietro come faceva una ragazzina davanti al suo idolo.

E se fosse davvero così? Se fosse davvero innamorata di lui perché era stato il suo idolo delle favole?

No, non era possibile.

Lo amava troppo per ritenere valida quell'opzione e pensò che fosse meglio affrontarlo.

Quando si decise, finalmente, ad alzarsi dal letto e mostrare il suo volto al mondo, si rese conto che era calata la sera.

A giudicare dall'altezza della luna piena, doveva essere notte fonda.

Si asciugò le lacrime ed uscì fuori dalla stanza, cercando di non fare rumore.

Il castello era silenzioso e tutti dormivano, questo rese la sua idea di cercare Jareth abbastanza difficile da mettere in atto in quanto non poteva chiamarlo a gran voce e non sarebbe stato carino aprire le porte una ad una fino a trovare la sua stanza.

Provò a riflettere.

L'ala ovest era dedicata agli ospiti e Jareth doveva trovarsi per forza in quel corridoio di sole cinque porte compresa la sua.

Si mosse in punta di piedi, camminando sul lungo tappeto bianco che giaceva in mezzo al corridoio.

La luce lunare batteva contro le finestre delle stanze, il corridoio non era per nulla illuminato, ma Sarah riuscì ad aiutarsi grazie ad un piccolo particolare.

Delle quattro porte presenti, tre erano aperte ed una no.

Questo lo capì notando che, dalle porte aperte, si poteva intravedere la luce della luna.

Jareth doveva essere per forza nella stanza chiusa.

Si avvicinò, con l'intenzione di aprirla, ma si fermò quando udì uno strano suono provenire dall’interno.

Sussultò e resto in ascolto qualche istante, udendolo altre due volte.

Preoccupata si decise ad aprirla, fortunatamente non cigolava e questo le permise di controllare se la stanza era corretta oppure no.

Intravide una luce di candela, proveniente dalla toletta, che illuminava una figura chinata e intenta a fare qualcosa...Jareth.

Prima che Sarah potesse parlare, si ritrovò qualcosa che la colpì in pieno volto “Ehi!” si lasciò sfuggire, notando che era stata una palla di carta a colpirla.

Jareth sussultò e si voltò di scatto, tirando indietro la sedia e rischiando di far cadere tutto dalla toletta.

“Che goblin ci fai, tu qui?” domandò bruscamente.

Sarah prese da terra la pallina di carta e gliela rilanciò indietro, colpendolo in testa “Non mi sembra carino il modo in cui ti rivolgi a me”

“Ed io non trovo carino il modo in cui tu ti presenti nella mia stanza senza permesso” ribatté lui, avvicinandosi pericolosamente a Sarah “Che cosa vuoi?” sibilò.

Sarah lo guardò negli occhi, sfruttando la poca luce proveniente dalla candela e dalla luna.

Lo sguardo di Jareth era duro, i pugni serrati, i denti stretti e tutto lasciava intendere tranne che la voglia di parlare civilmente.

Ma i suoi occhi...i suoi occhi parlavano da soli e sembravano chiederle pietà.

Sarah allungò le sue mani e prese quelle di Jareth.

Le mani affusolate e un tempo morbide, ora erano piene di segni che Jareth non poteva guarire per via dell'assenza di magia.

Le sentiva tremare, segno che lui non aveva dimenticato il suo amore nei confronti di Sarah.

“Jareth, che cosa hai fatto?” domandò dolcemente, non riuscendo ad arrabbiarsi veramente con lui.

Jareth sospirò “Ho dovuto farlo, Sarah” rispose “Tu non dovresti essere qui”

“E dove dovrei essere?” domandò lei “Nel mio mondo? Magari con Kal e le sue bugie?”

“Kal è stato obbligato da me, non ha colpe”

“Ma Kal non aveva più obblighi nei tuoi confronti” ribatté Sarah “Ti credeva morto e...” si bloccò, ripensando bene alla frase appena detta.

Gira e rigira aveva capito solo in quel momento ogni cosa.

Jareth l'aveva davvero fatta abdicare perché sapeva che stava per morire.

“Sarah?” Jareth si preoccupò.

“Perché non me lo hai detto?” chiese lei “Perché?”

“E' la mia colpa per aver ingannato il re degli elfi” rispose lui “Sarei dovuto morire lo stesso anche se tu fossi stata lì con me” spiegò “Ho preferito farti abdicare e farmi odiare piuttosto che vederti piangere la mia morte”

“Io ti sarei rimasta accanto!” sbottò “Perché lo hai fatto?”

“Perché speravo che prima o poi avresti desiderato la mia morte”

“Non potrei mai!” si scandalizzò Sarah “Non potrei mai odiarti! Io ti amo” gli sferrò una sottospecie di pugno sul petto “Io-ti-amo brutto...brutto...testa di goblin che non sei altro!”

Ogni parola corrispondeva ad un pugno.

Jareth la fece sfogare e poi la prese di forza e la strinse a se.

La strinse così forte da soffocarla e respirò il suo meraviglioso profumo, toccandole i capelli e tenendo i loro petti vicini...molto vicini.

Così vicini che Sarah, facendo molta attenzione, poteva sentire altre sporgenze in mezzo a loro.

Jareth era fatto a modo suo, ma la amava. Per tutti i goblin, quanto la amava.

Ma lei non era pronta ad affrontare davvero la vita dell'Underground o di qualunque altro mondo presente...non finché stava con lui.

“Jareth, io ti amo” mormorò Sarah, sempre fra le sue braccia e con la testa appoggiata al petto di lui.
Ma Jareth non disse nulla, si sentiva impossibilitato a dirle qualsiasi cosa, perché sapeva che la sua posizione era precaria.
Aveva ben altro in testa, come ad esempio l'incolumità di Sarah.
Ci teneva troppo per perderla e lui non era come quel matto de cappellaio che non diceva nulla mentre la sua donna in dolce attesa andava all'avventura.
Jareth non lo avrebbe mai permesso.
Avrebbe dovuto scusarsi anche con Alice, quello era sicuro.

Per ora, lì c’era la sua Sarah ed era a lei che doveva dedicarsi.
“Jareth, ti supplico” disse Sarah, ridestandolo dai suoi pensieri “Ti supplico, dimmelo”
Jareth deglutì.
Se diceva ti amo sarebbe risultato ipocrita.
No, non poteva dirglielo.
Poteva farglielo capire, certo, ma sarebbe stato valido?
No, anche lì sarebbe risultato ipocrita.
Ma non poteva tacere a lungo e non poteva tenere a freno le emozioni che lo stavano invadendo da quando lei era entrata nella stanza.
Sarah se ne accorse, ma non riuscì a proferire altra parola perché le sue labbra vennero chiuse in un bacio dolce, carico di passione e trasporto che mai credeva di poter sentire.
Nemmeno il bacio che si erano dati nel labirinto, o dopo la validità del matrimonio, era stato così...così...

Sentì un brivido percorrere la sua schiena e poco dopo si ritrovò adagiata sul letto, con il suo amato che continuava a baciarla e passare le sue mani lungo tutto il suo corpo.
Ed infine, Jareth riuscì a dichiarare silenziosamente il suo amore per tutta la notte.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ed ecco a voi il nuovo capitolo.

E UALLA’...ok basta, farò la brava.

Ora scappo in Tibet, visto che a Fiore del deserto il capitolo non era andato giù (sorry my dear)

Buona lettura

 

 

 

Quando Sarah aprì gli occhi il mattino seguente, un sorriso solcò le sue labbra.

Era un sorriso di gioia, di tranquillità.

Sentiva che la notte appena passata era stata magica e ricca d'amore.

Il sole era sorto da poco e gli uccellini cinguettavano allegri, posandosi anche sul davanzale della finestra chiusa.

Dopo aver fatto un profondo respiro si voltò, con l'intenzione di stringersi a Jareth, ma lui non era più accanto a lei.

Probabilmente si era già alzato e la stava aspettando da qualche parte nel castello.

Sì, era decisamente così.

Strinse il cuscino dove aveva dormito lui e ne respirò il profumo, che la fece fremere e sorridere ancora di più.

Erano quelle le emozioni che si provavano quando si era innamorati e dopo una notte d'amore e passione?

Pregò che durassero per la vita.

Si stiracchiò e alla fine decise che era giunto il momento di alzarsi.

Nel mettersi seduta, si accorse che i suoi vestiti, con cui era giunta nel Sottomondo, erano perfettamente puliti e piegati su una sedia lì accanto.

Una sensazione di sollievo la invase, era già stufa di indossare l'abito che le aveva consigliato Alice.

L'unica cose che la imbarazzò era che, sopra tutta la pila di vestiti, vi era anche il suo...intimo...ma alla fine poco le importava, aveva di nuovo i suoi vestiti e il resto non contava.

Tenendosi coperta con il lenzuolo, si alzò e si recò alla toletta.

I capelli erano spettinati ed il suo corpo tremava ancora per l'emozione.

Jareth era stato il primo in assoluto e lei era così felice che avrebbe voluto aprire la finestra e urlare a tutto il Sottomondo quanto lo amava.

Ovviamente, evitò di farlo ma non negò che la voglia era tanta.

Si pettinò e decise di lasciarli sciolti, poi andò a prendere i suoi indumenti.

Quando finì, si accorse che sulla sedia, sotto la pila di vestiti, vi era un biglietto piegato con scritto per Sarah.

Era a calligrafia di Jareth.

Sorrise e lo prese, curiosa di leggere cosa le aveva lasciato il suo amato.

Un ti amo?

Un appuntamento segreto?

-Ok, Sarah, calma- pensò, rendendosi conto di star facendo viaggiare la sua fantasia a mille.

Lo aprì e lesse, ma nulla di quello che aveva pensato era scritto.

Nulla di positivo ma neanche di negativo.

Non sapeva come definirlo, ma sapeva solo che il tremore di piacere che invadeva il suo corpo mutò in preoccupazione.

 

Perdonami

 

Perdonarlo?

Per cosa? Perché?

Cercò di capire, ma non ci riuscì.

Lasciò cadere il biglietto ed uscì di corsa dalla stanza, cercando di raggiungere la sala del trono.

C'era silenzio nel castello e non aveva incontrato nessuno, nemmeno Alice o Kal o quel matto del cappellaio.

Arrivata nella sala del trono trovò vuota anche quella.

Utilizzando la porta di servizio da cui era entrata il giorno prima , andò fino al giardino sul retro e lì si accorse che qualcosa non andava.

Il sentiero che portava nel bosco era solcato da lunghe strisce, dovute a delle ruote, miste ad impronte di zoccoli.

Probabilmente due.

Fece per addentrarsi nel bosco, ma si fermò quando vide Tarrant saltellare allegramente verso di lei cantando persino una canzoncina.

 

Quando in volo te ne vai,
Pipistrello cosa fai?
Hai portato insieme a te
La teiera ed il tè.

 

“...Oh, ciao Sarah!” la salutò, poi, allegramente.

“Cappellaio!” Sarah fu lieta di vedere, finalmente qualcuno “Ma che è successo? Sono spariti tutti!”

Tarrant si stupì di quelle domande “Beh, se ne sono già andati” rispose come se fosse ovvio.

“A-andati?” chiese di nuovo “Chi? Dove?”

“Alice, Kal e Jareth” rispose nuovamente Tarrant, sempre come se fosse ovvio “Pensavo lo sapessi”

“N-no” Sarah si portò una mano sulla fronte, come per aiutarsi a riordinare le idee “Non ne sapevo nulla”

Quindi il biglietto era collegato a questo, alla partenza di Jareth e gli altri senza dirle alcuna parola.

Perché?

Perché illuderla con una notte d'amore e poi fuggire via?

In quel momento si sentiva...tradita, si sentiva tradita.

“Che tu sia maledetto, Jareth!” gridò a gran voce, rientrando nel castello e lasciando Tarrant completamente basito, che la osservò scomparire all'interno.

“Oh...e poi dicono che io sono matto”

 

*****

 

Il carretto avanzava a gran velocità lungo il sentiero che li avrebbe portati fuori dai confini del Sottomondo.

Alla guida c'era Kal, che teneva lo sguardo basso e tutto aveva in mente tranne che la missione in corso.

Purtroppo non era l'unico pieno di pensieri.

Jareth fissava il vuoto e pensava allo smacco fatto a Sarah, abbandonandola con solo un biglietto e con una notte d'amore alle spalle.

L'avrà trovato?

Cosa avrà pensato?

Lo stava odiando?

Troppe domande, nessuna risposta e si sentiva un maledetto.

Doveva dirglielo, doveva dirle la verità.

Lei lo aveva perdonato e lui l'aveva pugnalata alle spalle, scappando come un codardo e per quale motivo?

Perché aveva paura che lei lo seguisse e tentasse di aiutarlo.

Si dava dello stupido, dello stolto e avrebbe voluto tornare indietro, ma ormai era tardi.

Giunti ad Arendelle avrebbero soggiornato dalla madre di lui e poi chissà, il piano era confuso ed erano partiti allo sbaraglio.

Alice si accorse dello stato d'animo del fae ed i sensi di colpa ripresero ad assediare il suo esile corpo.

Abbassò la testa “Mi dispiace” mormorò, attirando l'attenzione di Jareth “Volevo solo che tu fossi felice e credevo che portare Sarah qui fosse la cosa giusta da fare”

Jareth sospirò “Non fa niente” disse con il tono di voce di uno che non aveva voglia di discutere a lungo.

“Ti prometto che rimedierò” aggiunse Alice, facendo scuotere la testa a Jareth.

“Se davvero volevi rimediare, dovevi restare al castello” disse lui

“Concordo” si intromise Kal, zittendosi subito dopo.

“Non vi lasciavo andare da soli” ribatté Alice “Ho un debito nei tuoi confronti” disse indicando Jareth.

“Già il fatto che ci hai salvati dalla forca è stato sufficiente ad estinguere qualunque debito, attualmente inesistente, da parte tua” ribatté Jareth “Avresti dovuto stare a casa e pensare a lui” posò una mano sul ventre di Alice “Non mi importa se quello sciroccato te lo ha permesso, io non lo avrei mai fatto”

Alice sentì il respiro mancarle e volse lo sguardo altrove.

“Alice?” si preoccupò Jareth

“Tarrant non lo sa” confessò “Se glielo avessi detto mi avrebbe impedito di venire ed io non potevo starmene con le mani in mano”

“Tu...tu...” Jareth era troppo scandalizzato per poter ribattere.

Al suo posto lo fece Kal “...Sei una svitata”

“E' quello che mi dicono” sbuffò Alice ed il discorso si concluse lì, mentre il carretto proseguiva verso i confini del Sottomondo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ehilà! Giungo con lentezza ma eccomi!

Dopo un bel weekend mooolto movimentato, ho deciso di pubblicare il nono capitolo...altrettante movimentato.

Spero che vi piaccia.

Buona lettura!

 

 

Quando raggiunse nuovamente la sala del trono, notò che erano arrivati Mihal e Mirana.

Con la regina non sapeva cosa fare o cosa dire e non era nemmeno sicura che fosse davvero al corrente della situazione.

Magari sì, magari no, stava di fatto che Sarah non aveva accuse da muovere verso quella donna, che si era mostrata tanto gentile nei suoi confronti e la stava ospitando nel suo lussuoso castello.

Ma Mihal...con lui aveva parecchie cose di cui parlare.

“Oh, Sarah, ben svegliata cara” salutò Mirana venendo, però, ignorata.

Sarah si avvicinò a Mihal con aria minacciosa e puntandogli il dito contro, come se volesse maledirlo o fulminarlo.

Sembrava sul punto di colpirlo, ma Mihal non fece neanche una piega e, per fortuna, neanche Sarah.

“Dove sono andati?” domandò Sarah in un sibilo.

“Non sono tenuto a dirti nulla” rispose Mihal, al che Sarah non resistette più

“Io ho diritto di saperlo!” sbottò “Nessuno di voi due è più re e questo vi rende alla pari con me!” cercò di calmarsi e proseguire il resto del discorso in modo più umano “Jareth è ancora mio marito ed ho il compito di difenderlo e aiutarlo fino alla fine”

Mihal e Mirana si scambiarono un'occhiata.

La regina convenne che era il caso di parlare con Sarah e raccontarle la verità, mentre Mihal preferì tacere e rispettare il volere di Jareth. Era comunque il suo figliastro e lo avrebbe sostenuto nelle sue decisioni.

Sarah si rese conto di essere in un vicolo cieco da cui non sarebbe uscita se non si dava una mossa.

Decise di lasciar perdere il dove Jareth, Kal e Alice si fossero recati e andò giù di altre domande più fondamentali, che l'avrebbero aiutata a capire come muoversi.

“Perchè Jareth non mi ha detto niente?” domandò rivolta a Mihal “E parlo di tutta la situazione”

“Perchè non voleva che tu soffrissi per lui” rispose Mihal “facendoti abdicare con l'inganno era sicuro che tu lo avresti odiato a tal punto da augurargli la morte tu stessa”

Era un ragionamento stupido e infantile, ma che lasciò Sarah talmente male da avvertire le lacrime scendere lungo le sue guance.

La notte appena passata aveva lasciato intendere di tutto, tranne un altro tradimento come quello della mattina.

Non le importava il perché avesse preferito Alice e Kal assieme a lui anche se, per un attimo, la sua fantasia aveva viaggiato...e non poco...a lei importava della vita di Jareth.

Se Jareth stava per compiere qualche altro gesto estremo, lei voleva esserci, voleva aiutare.

Maledisse Jareth con tutta se stessa, ma lo amava troppo per augurargli la morte.

Aveva giurato che sarebbe rimasta con lui nel bene e nel male, in salute e in malattia finché la morte non li avrebbe separati.

Aveva già rischiato di perderlo una volta, non sarebbe capitato di nuovo.

Non sarebbe rimasta con le mani in mano.

“Siete stati condannati perché ci avete fatte abdicare?” domandò Sarah, riferendosi a lei e la regina Elbereth, madre di Jareth.

Mihal annuì.

Nessuno dei due meritava una fine simile per aver fatto abdicare le proprie mogli.

Sarah era stata costretta con l'inganno, ma la regina Elbereth...no?

Non lo sapeva, in realtà.

All’inizio sembrava che lei lo sapesse, ma poi Jareth era uscito dicendo di no e Sarah non sapeva più a chi credere.

Doveva trovare un modo per aiutare Jareth e, volente o meno, anche Mihal.

Ma più ci pensava, più giungeva ad una sola conclusione.

“Regina Mirana” Sarah si rivolse alla regina “Chiedo il vostro permesso per uscire dal regno e recarmi nell'Undergorund”

Mirana non osò chiedere il perché, ma non riuscì a trattenere il suo disappunto

“Sei sicura di voler affrontare questo viaggio?” domandò Mirana “E' molto rischioso anche per te”

“Più che sicura” rispose Sarah “Lo devo a Jareth”

Mirana annuì “Molto bene” disse “Se questa è la tua decisione ho il dovere di rispettarla e, in quanto sovrana del Sottomondo, ti ordino di andarci con il cappellaio”

Sarah annuì, ma Mihal si intromise “Regina Mirana, mi permetto di dissentire” disse “Non posso utilizzare i miei poteri e se succede qualcosa mentre Sarah è via non mi sarà possibile difenderla in caso di necessità”

“Ho guardie a sufficienza per questo” lo rassicurò Mirana “Il cappellaio andrà con Sarah e la assisterà nel suo viaggio”

Sarah si inchinò rispettosamente nei confronti di Mirana e fece un piccolo cenno col capo a Mihal.

Si avviò verso la porta principale, ma si bloccò quando questa si spalancò all'improvviso.

Un gruppo di guardie, o meglio...carte da gioco giganti, entrò in due file ben distinte e al centro c'era la stessa donna che Sarah aveva visto al suo arrivo.

Iracebeth.

“Lo sapevo!” gridò Iracebeth “Stai nascondendo dei traditori!” la sua voce isterica echeggiò ovunque.

“Iracebeth...”

“Taci!” esclamò ancora la rossa, puntandogli un dito contro “L'ho sempre detto che non eri degna di governare e che avresti portato il regno alla rovina!” guardò le carte, schierate e pronte ad attaccare “Arrestateli tutti!”

Sarah non fece in tempo a parlare che un gruppo si avventò su di lei mentre altri andarono verso Mirana e Mihal.

Quest'ultimo si dimenò e cercò di difendersi utilizzando un pugnale, gentilmente offertogli da Mirana dopo il salvataggio.

La regina non fece la benché minima mossa e si lasciò legare dalle carte di Iracebeth.

“Iracebeth, ti supplico di pensare bene a quello che fai”

“Io ho pensato molto bene” sibilò Iracebeth “E non intendo vedere il regno che mi spettava di diritto cadere in rovina a causa tua”

“Jareth è innocente!” esclamò Sarah, cercando di liberarsi e attirando la sua attenzione “è innocente e anche lui lo è...” indicò col capo Mihal “Lasciaci andare!”

Iracebeth si sentì oltraggiata e, dopo un istante di silenzio, il suono di uno schiaffo ed un gemito obbligarono Sarah ad inginocchiarsi.

“Taci, plebea, i traditori meritano la morte e con loro chi li protegge” Iracebeth si rivolse poi alle guardie “Portateli via!”

Mihal e Sarah tentarono di dimenarsi, ma le carte erano più forti di quello che avevano previsto.

Mirana, invece, dal canto suo non mosse neanche un dito e si lasciò strattonare senza perdere un briciolo della sua regalità.

All’improvviso, però, qualcosa fece fermare le guardie.

“Caricaaaaaaaaaaaaaa!”

Fu l'unica cosa che Sarah udì prima di ritrovarsi scaraventata a terra e di vedere le carte da gioco giganti tentare di difendersi da:

Un cane

Una lepre gigante

Un topolino

Due esserini calvi e dall'aspetto tondo

Il cappellaio

Una miriade di tazze da te in ceramica che venivano lanciate a casaccio dalla lepre sopra citata.

Un caos assurdo, ma che permise a Mihal di avvicinarsi a Sarah e liberarla utilizzando il pugnale, utilizzato anche per se stesso.

“Non so per quanto li terremo occupati” disse Mihal “Corri, scappa, non voltarti indietro”

“Ma...”

“Vattene, Sarah!” esclamò Mihal, per poi scagliarsi contro le guardie per dare il cambio al cappellaio, che subito andò da Sarah e, insieme, uscirono dalla porta di servizio fino alle stalle.

Presero un cavallo ciascuno e partirono al galoppo lasciandosi il castello, più un gruppo di guardie all'inseguimento, alle spalle.

 

*****

 

Non erano riusciti ad avere la meglio, questo già lo sapevano, ma il solo pensiero che Sarah e Tarrant erano riusciti a fuggire rincuorava Mirana e dava a Mihal una speranza.

Purtroppo vennero tutti rinchiusi, nel giro di poco tempo, nelle prigioni del castello in attesa che Iracebeth decidesse la fine migliore per tutti quanti.

Alla fine, tagliare le teste non era più così divertente...o forse no.

Stava di fatto che li aveva tolti dai piedi ed aveva subito preso possesso del trono che sarebbe dovuto spettare a lei di diritto.

“I traditori della corona devono essere messi a morte” mormorò fra se e sé “Chiamatemi i notai del regno!” ordinò a gran voce, mentre le guardie obbedirono all'istante “Voglio sapere come ucciderli in modo legale” aggiunse, poi, sottovoce, ghignando.

 

*****

 

Il difficile non era raggiungere i confini, quelli erano abbastanza vicini, il problema era raggiungerli senza rischiare di essere visti dalle carte della regina rossa.

Alice li avevi messi in guardia e Kal aveva dovuto fermare il carro più volte per permettere alla ragazza di accertarsi del via libera.

Jareth si sentiva impotente e, in caso di attacco, non poteva usare i poteri altrimenti veniva localizzato e subito catturato.

Poteva usare solo un pugnale, gentilmente offertogli da Mirana e che anche Mihal possedeva.

Si doveva accontentare fino a che non raggiungeva la meta prestabilita, lì si sarebbe munito di un arma migliore.

Era orribile vivere sul chi va là.

L'ultima volta che lo aveva provato davvero era stato quando aveva superato il labirinto per diventarne, poi , il sovrano.

Lì c'era da aspettarsi di tutto e Jareth lo aveva percorso in piena tensione.

Quando aveva superato quello di re Mihal da bambino era terrorizzato, ma aveva imparato la lezione più importante:

Mai mostrare le proprie emozioni e/o lasciarsi sopraffare da esse.

E così aveva sempre fatto...fino a che non aveva conosciuto Sarah.

Lei era diversa, lei l'aveva completamente stregato senza rendersene conto e lui, talmente invaghito di lei, si era lasciato sopraffare dalle emozioni, fossero state esse negative o positive.

In poche parole era totalmente, incondizionatamente innamorato di lei.

Aveva passato la notte più bella della sua vita, il cui solo pensiero lo portavo a delle emozioni particolari nella sua intimità, ed era riuscito a rovinare tutto.

Sarah non meritava quel comportamento subdolo e, decisamente, non meritava nemmeno di stare al suo fianco.

Cosa poteva davvero offrirgli lui?

“Jareth?” la voce di Alice lo ridestò dai suoi pensieri “Siamo quasi ai confini”

Jareth annuì “Una volta dall'altra parte, dobbiamo stare attenti” disse “i Northunldri non è gente facile”

“Vuoi provare la regina rossa e le sue carte da gioco?” domandò Alice, facendolo ridacchiare nervosamente

“No, grazie, non ci tengo”

Kal fece rallentare i cavalli, ormai il pericolo delle carte era cessato, per evitare che il loro accesso ai confini fosse brusco.

Mirana aveva loro spiegato che i confini di Arendelle erano delimitati da una fitta nebbia, per evitare che i nemici possano attaccare.

Infatti, come volevasi dimostrare, un parete spessa di nebbia si ergeva a pochi passi da loro.

Sugli animali non aveva grande effetto, loro non erano nemici, ma sulle persone sì.

“Chiudete gli occhi quando la passiamo” disse Jareth, rivolgendosi poi ad Alice “Ti suggerisco di trattenere il fiato, solo per sicurezza”

Alice annuì ed il carretto proseguì.

La nebbia era talmente fitta che dava come l'impressione che delle lame si infilassero negli occhi, facendoli bruciare.

Jareth, da piccolo, aveva provato quella brutta sensazione ed il risultato non era stato dei più piacevoli.

Era rimasto con gli occhi di colore diverso, il sinistro aveva subito di più e di fatti si era scurito diventando castano.

Non voleva che accadesse anche ad altri.

Il varco di nebbia, quando lo raggiunsero, sembrava volerli respingere indietro.

Gli animali avevano zero problemi, ma Kal e Alice furono quelli che avvertirono di più l'attrito.

Jareth non sembrò accorgersene più di tanto.

Durante il passaggio, però, qualcosa non quadrò.

Jareth avvertì qualcosa colpirgli le gambe, come un corpo che cadeva a terra.

Passata la nebbia e riaperti gli occhi, si accorse cosa lo aveva colpito.

“Alice!” si allarmò “Kal, fermati” si chinò su Alice, stesa a terra senza fiato.

Non poteva fare quasi nulla, nemmeno usare i suoi poteri per aiutarla, Kal giunse in suo soccorso.

Aiutò Alice a rimettersi seduta.

“Non avrei dovuto dirle di trattenere il fiato” si colpevolizzò Jareth.

“Non è quello” disse Kal, sperando di rassicurarlo almeno su questo fronte “La nebbia pressava e lei non è sola”

Jareth iniziò a maledire Tarrant con parole irripetibili, che nel giro di poco si riversarono anche su Alice in modo più soft.

Ma come poteva colpevolizzare lei? Volendo vedere non poteva colpevolizzare neanche il cappellaio, che non sapeva nulla.

Jareth era già intenzionato a lasciare Alice con i Northuldri, una volta giunti ad Arendelle, ora desiderava solo riportarla a casa.

“Sta bene, ma ha bisogno di essere controllata” sentenziò Kal.

“Ci penso io a lei, tu fai ripartire i cavalli e prosegui dritto” ordinò Jareth “Se non ci sono intoppi, tra due ore saremo a destinazione”

Kal obbedì e Jareth prese Alice fra le braccia, cercando di farla stare più comoda.

Alice era come una sorella per lui e vederla star male per qualsivoglia motivo non lo aiutava certo a rimanere tranquillo.

“Sapevi le conseguenze” mormorò all'orecchio di Alice, accarezzandole dolcemente i capelli “sei una bella testa di goblin”

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ehila!

Come scritto nelle note, questa storia è un crossover e dal Sottomondo (Alice in Wonderland) ci stiamo spostando ad Arendelle (Frozen)

Non ci sarà Elsa, Anna e compagnia bella (un pensierino su Olaf lo avevo fatto, ma ho evitato per vari motivi) però l’ambientazione sarà tutta nella foresta e poi ad Ahtohallan.

Vi avviso già che ho fatto alcune modifiche quindi se non sarò precisa come nel cartone di Frozen chiedo scusa in anticipo, ma era previsto.

Buona lettura

 

 

Un sospiro echeggiò per tutta la prigione.

Il topolino Mally teneva le mani sulle sbarre della piccola gabbietta nel quale era stato rinchiuso.

“Chissà se il cappellaio e quella ragazza sono riusciti a fuggire” disse con tono sconsolato.

“Qui non sono” commentò il cane Bayard “Saranno sicuramente riusciti a fuggire e spero che ce la facciano a compiere la loro impresa”

“Ce la faranno sicuramente!” annunciò fiero il leprotto, alzando un dito come se stesse facendo un discorso solenne...per poi mettersi ad osservarlo con sguardo allucinato “Dito...”

Mihal sospirò, appoggiato alla parete.

Era preoccupato ed era più che evidente.

Jareth era partito per Arendelle e gli Dei solo sapevano cosa lo attendeva una volta giunto in quella terra.

Anche se la regina Elebereth, la madre di Jareth, era la regina dei Northuldri, non era sicuro che lo facessero passare.

E tutta quella situazione era solo colpa di Mihal e se Jareth lo avesse scoperto...era meglio non pensarci.

Sperò solo che quel viaggio non fosse inutile come credeva.

E Sarah?

Lei stava andando nell'Underground in compagnia di un cappellaio completamente matto e di cui né Mihal e né Jareth si fidavano.

Anche in quel caso, se Jareth avesse saputo che Sarah era in compagnia del cappellaio per viaggiare fino all'Underground...Mihal rabbrividì al solo pensiero.

Mentre Bayard e gli altri discutevano e si lagnavano delle sorti dei loro amici, Mirana era l'unica ad essersi accorta dello stato d'animo di Mihal.

“Non temere” disse la regina con tono dolce e frivolo “Staranno tutti bene e torneranno a casa sani e salvi”

“Anche Sarah?” domandò Mihal “Non mi fido di quello sciroccato”

“Tarrant sa essere...un po' matto a volte, ma sono certa che proteggerà Sarah anche a costo della sua stessa vita” spiegò la regina “Che spero non perda” aggiunse.

Mihal sbuffò e si rassegnò.

 

*****

 

Il viaggio per Jareth, Kal e Alice non fu tra i più sobri.

Infatti passarono pochi minuti prima di essere circondati da un gruppo di figure con lance, spade e archi e frecce.

“Maestà...” Kal si allarmò

“Ho visto” Jareth si alzò in piedi e allargò le braccia come a voler segnalare di essere venuto in pace “Sono Jareth di Goblin” annunciò “figlio della regina Elbereth”

Ci fu un istante di silenzio, poi un uomo si fece avanti.

“Jareth?” domandò questi, stupito di vederlo “Sei davvero tu?” poi si voltò verso gli altri “Abbassate le armi!” esclamò, affinché tutti posassero le proprie spade o mezzi di difesa.

L'uomo avanzò subito verso il carretto “Che ci fate qui? Se dovessero scoprirvi saremo tutti nei guai”

“Tenente Mattias” Jareth scese dal carretto.

Anche se lieto di vedere un volto amico e di essere al sicuro, aveva altro in mente prima di dedicarsi ai convenevoli.

“Devo vedere immediatamente la regina” disse Jareth “Ma prima...” si voltò verso il carretto ed indicò Alice “...aiutatela”

“C'è un accampamento qui vicino, seguiteci” disse Mattias, facendo cenno a Kal di seguirli con il carretto.

Jareth proseguì a piedi, al fianco del tenente.

“Come mai da queste parti, maestà?” domandò quest'ultimo.

“Devo trovare Ahtohallan” disse Jareth “So che si trova qui ad Arendelle”

Il tenente Mattias si passò una mano sul mento “Ne ho sentito parlare, ma nessuno sa dove si trovi questo fiume e nemmeno se esiste davvero” confessò “La leggenda dice che racchiude tutte le risposte”

“Sì lo so ed è per questo che devo trovarlo” sospirò Jareth.

Nel frattempo raggiunsero un piccolo accampamento, dove un gruppo di tende circondava un grande fuoco.

Questo era alimentato dalle persone che, con la magia, lo tenevano sempre attivo.

Vennero accolti da un gruppo di bambini che giocavano e da alcune donne che utilizzavano la magia per fare i loro lavori.

Magia collegata ai quattro elementi:

Fuoco

Terra

Acqua

Aria

Jareth rientrava nella categoria di terra.

Purtroppo né lui né Kal avevano tempo di godersi lo spettacolo e Ahtohallan poteva aspettare.

Appena fermato il carretto, Kal scese e aiutò Jareth a prendere Alice.

“J-Jareth...”

“Andrà tutto bene” Jareth la rassicurò, tenendola stretta fra le braccia.

Voleva solo che lei fosse al sicuro e, non appena se ne fosse accertato, avrebbe continuato il suo viaggio.

Il tenente Mattias li guidò all'interno di una delle tende, dove una guaritrice era già pronta ad accoglierli.

“Jareth...” Alice affondò il viso nel suo petto “Jareth, s-sto bene”

“Ne riparleremo quando me lo assicureranno” Jareth la adagiò su una stuoia indicatogli dalla guaritrice.

Fece per uscire, ma Alice lo fermò “Non andartene”

Jareth le prese la mano e le sorrise “Adesso stai tranquilla” si chinò fino a raggiungere il suo volto e posandogli un dolce bacio sulle labbra.

Lo stesso bacio che si da ad una madre o una sorella, un bacio casto e senza secondi fini.

“Ti terrò sempre al sicuro”

Ma quella frase ad Alice non piacque, il tono usato non era convincente e capì che il Fae non era intenzionato a portarla con se.

“Jareth?” lo vide uscire “Jareth, torna qui!” ordinò, ma non venne ascoltata “Jareth!”

Jareth chiuse la tenda alle sue spalle, strinse i pugni i si rivolse al tenente Mattias.

“Portatemi dalla regina Elbereth” ordinò ed il tenente eseguì.

 

*****

 

Tarrant e Sarah percorsero parecchi chilometri di strada, ma del confine tra Underground e Sottomondo neanche l'ombra.

Non si erano resi conto che, per sfuggire alle guardie della regina rossa, avevano girato continuamente intorno.

Da una parte fu un bene, perché le carte erano andate dritte al confine mentre loro erano ancora nel regno, dall'altra avevano, invece, perso già troppo tempo e questo a Sarah diede molto fastidio.

Quando finalmente si decisero a fermare un attimo i cavalli, Sarah scese e, presa da un momento di stizza, sbatté il piede a terra esclamando “Non è giusto!”

“Non c'è bisogno di arrabbiarsi, mia cara” sorrise Tarrant, avvicinandosi a lei e tirando fuori un orologio da taschino le cui lancette giravano pure al contrario “cinque minuti di sosta e poi ripartiamo per i confini”

“Ma se abbiamo girato intorno!” ribatté Sarah “Chissà dove saranno questi confini”

“Beh, verso Ovest, ovviamente” disse tranquillo il cappellaio indicando, però, la direzione sbagliata.

Sarah non riuscì a non ridacchiare, anche se il suo volto rimaneva imbronciato “Quello è il Nord, Tarrant”

Lui si voltò a guardare il suo stesso dito “Oh sì, giusto” e lo mosse nella giusta direzione, per poi spalancare la bocca e realizzare qualcosa che solo lui aveva immaginato.

“Abbiamo girato intorno!” esclamò, facendo cambiare lo sguardo di Sarah da corrucciato a interrogativo “Abbiamo fatto la maratonda!” aggiunse il cappellaio.

Sarah era rimasta senza parole per qualche secondo.

Non sapeva se dargli un pugno in testa e farlo smettere di soffrire, oppure ridere per la sua pazzia.

Vinse la seconda scelta e si mise a ridere.

Tarrant era in grado, nella sua folle pazzia, di far calare la tensione.

Sarah non poté fare a meno di pensare a quanto Alice fosse fortunata ad avere un uomo come il cappellaio al suo fianco.

Era così dolce, sensibile e non sembrava aver problemi a seguirla nel suo folle viaggio...forse perché era lui stesso un folle e considerava “gite” come quella una cosa di routine.

Jareth, invece, aveva preferito farle credere che l'amava per poi mollarla lì come una stupida, senza coinvolgerla in qualcosa che la riguardava.

Erano questi i doveri di un marito e/o re?

Se così fosse preferiva divorziare, ma esistevano i divorzi in quei mondi così assurdi?

Non lo sapeva neanche lei e questo le dava un ulteriore fastidio.

Se solo lo avesse avuto fra le mani...avrebbe voluto fargliela pagare.

“Oh sì!” disse Tarrant, facendola ridestare dai suoi pensieri “Questo è un bel sorriso, il tuo volto risplende quando sorridi”

Tarrant diceva quelle parole dolci senza fini particolari e Sarah questo lo apprezzava davvero.

Il problema era che la rabbia nei confronti di Jareth era tale da farle vedere anche altro sotto quelle parole semplici e carine.

Ricambiò quel complimento con un abbraccio.

In un primo momento, Tarrant rimase spiazzato ma poi ricambiò, lieto di esserle stato di aiuto.

Sarah rimase stretta al cappellaio per un minuto buono, aveva bisogno di sentire affinità e qualcuno vicino.

Se non avesse il cappellaio, chissà in quel momento dove poteva essere.

Fece un respiro profondo...respirò il profumo di Tarrant.

Quello fu un errore.

Il profumo del cappellaio era uguale a quello di Jareth e, in quel momento, realizzò il gesto fatto e si staccò di colpo da Tarrant.

“Oh mio Dio, che ho fatto?” si auto maledisse, passandosi una mano sul volto e cercando di far sparire quel profumo dalla mente e dalle narici.

Era solo un abbraccio innocente, ma Sarah si sentiva come se avesse tradito Jareth.

Lo aveva maledetto e poi aveva abbracciato Tarrant, pensando per un momento di...

“Tarrant, perdonami, io non...”

“Va tutto bene, Sarah” la fermò lui, tranquillo e con un gran sorriso stampato in volto “è naturale farsi prendere dallo sconforto, ma bisogna sempre rimettersi in piedi e andare avanti” Sarah annuì ed il cappellaio proseguì “Tu hai una grande moltezza e devi esserne fiera come lo è il tuo re”

Sarah non diede importanza alla parola moltezza, di cui neanche sapeva il significato, ascoltò di più le ultime sei.

“Tu dici?” chiese “Jareth è fiero di me?” ma se fino a due secondi prima lo aveva maledetto...come poteva Jareth essere fiero di lei?

“Tu credimi, non mi sbaglio mai” disse Tarrant, accompagnandola verso i cavalli.

Sarah salì e, dopo essersi assicurata che il cappellaio fosse al suo posto, fece voltare il cavallo e ripresero il cammino verso i confini, con Tarrant che canticchiava una canzoncina senza senso per passare il tempo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Salve! Oggi nuovo capitolo ed il prossimo arriverà venerdì.

Poi fino alla fine di Agosto non vi rompo più.

Qui cominciano i primi intoppi per strada.

Buona lettura, a venerdì

 

 

Alla regina Elbereth quasi venne un infarto quando vide Jareth giungere alla sua dimora.

Dopo il viaggio del figlio e del marito nella terra di Thra, lei era stata costretta a tornare ad Arendelle e da allora non li aveva più visti.

Sapeva che erano stati condannati alla forca e, anche se ancora non ci credeva, era convinta fossero morti già da molto tempo.

Il messaggio della regina Mirana, in cui le chiedeva di concedere udienza ad alcuni suoi ospiti era appena giunto e non era nemmeno riuscita a rispondere.

Era sicura che degli ospiti che menzionava vi era anche Jareth di mezzo.

Quando lo vide, per un attimo credette di aver davanti un fantasma.

Se non fosse stato per il tenente Mattias, che le aveva garantito di aver davanti il vero Jareth, probabilmente lo avrebbe aggredito per essersi spacciato per suo figlio.

Si fiondò fra le braccia del Fae e lo strinse forte, con gli occhi che lasciavano sfuggire le lacrime miste fra la gioia ed il dolore provato fino a quel momento.

Jareth la strinse così forte che giurò di aver sentito qualche osso fare crack sotto le sue braccia, ma ne a lui ne alla regina importò.

Nessuno dei due ebbe bisogno di parole per esprimere la felicità che provavano nel rivedersi dopo molto tempo.

L'ultima volta che Jareth aveva stretto a se sua madre era stato il giorno della sua salita al trono e fine della storia.

Erano, decisamente, passati parecchi anni.

Dopo parecchi minuti stretti, la regina ordinò che venisse portato un pasto a suo figlio e a Kal, poi li scortò nella sala del trono.

“Madre, non mi tratterrò a lungo” disse Jareth “sto per ripartire, ma prima mi occorre il vostro aiuto”

“Dimmi solo che non stai fuggendo” si preoccupò Elbereth, ma lui la tranquillizzò scuotendo la testa.

“Non intendo fuggire al mio destino, madre” rispose “Ho solo bisogno di trovare delle risposte e mi hanno detto che potrò trovarle solo ad Arendelle e cercando Ahtohallan”

La regina Elbereth si portò una mano davanti alla bocca, come a voler soffocare un grido o bloccare le parole che stava per dire.

“Madre...?”

La donna si ricompose “Ahtohallan è un luogo pericoloso” spiegò “Molte persone sono andate alla ricerca di esso e non sono più tornate, qualcuno ha persino ipotizzato che non esista”

Jareth annuì e sospirò “Che esista o meno, devo provare a cercarlo” disse, prendendo le mani della madre fra le sue “E' l'unico modo che ho per salvare Sarah e aiutare re Mihal” le sue mani si spostarono sul volto della madre “Non voglio che voi soffriate ancora, madre, lo faccio anche per voi oltre che per me stesso”

La donna sorrise e baciò le mani del figlio “Sei coraggioso, Jareth, coraggioso quanto tuo padre” disse con un velo di tristezza nel volto.

Jareth, però, al posto che vedere la solita nostalgia negli occhi della madre, intravide qualcosa di diverso.

Vide la paura e la sentì persino tremare lievemente.

Questo non sfuggì neanche alla vista di Kal “Regina Elbereth” si avvicinò, come a volerla soccorrere “Vi prego, maestà, sedetevi” la aiutarono a sedersi e lei cercò di rassicurarli che andava tutto bene.

“Non temete, va tutto bene” cercò di tranquillizzarli, cambiando poi discorso “Il messaggio della regina Mirana diceva che eravate in tre”

“Si tratta di Alice, madre” rispose Jareth “Purtroppo ha avuto un imprevisto durante il tragitto e si è fermata all'accampamento vicino al confine”

Che si trattasse di una mezza verità Elbereth se ne accorse, ma non osò entrare nei dettagli.

Sapeva che Jareth era coinvolto, ma qualunque cosa avesse combinato sapeva essere stata fatta con coscienza.

Jareth non avrebbe mai agito contro qualcuno.

“Speriamo che non sia nulla di irreparabile” tagliò corto Elbereth “Ad ogni modo, figlio mio, ti chiedo di pensare bene a quello che fai” disse “Ahtohallan si dice essere verso nord, a parecchi giorni di viaggio e non si sa nemmeno se esiste o no”

Jareth sospirò “Andrò lo stesso, madre” asserì “Lo devo al mio regno e alla mia regina”

La donna si arrese, non poteva certamente dissuaderlo come faceva quando era piccolo.

Ormai era un uomo ed un re e come tale si stava comportando.

“Il tenente Mattias ti accompagnerà fino all'ultimo accampamento” Elbereth, presa da un impeto materno, strinse forte Jareth “Ti prego, figlio mio, fai attenzione”

“Lo farò, madre” la strinse forte e poi decise di ritirarsi nelle sue stanze, lasciando la madre e Kal soli.

“Maestà, perdonate la libertà, ma non sembravate convinta” azzardò Kal, vedendo Elbereth annuire.

“No, Kal e non lo sarò mai” rispose “Devo chiederti un favore”

Kal si inchinò rispettosamente “Qualunque cosa, per voi, altezza”

“Si tratta re Jasper, il padre di Jareth”

 

*****

 

“E' tutto qui, quello che siete riusciti a fare!?” sbottò Iracebeth, al culmine della rabbia.

Persino le sue guardie, le carte da gioco, tremarono nell'udire quell'esclamazione.

I cinque notai, fatti chiamare apposta, si inchinavano terrorizzati “Vostra altezza, queste decisioni non possono spettare ad un sovrano o al popolo” si giustificarono “Bisogna rivolgersi agli Urskeks e non è facile raggiungere la terra di Thra in questo momento”

“Idioti!” urlò la donna, indicandoli con il dito come farebbe una bambina viziata che vuole un giocattolo che nessuno le da “Verrete decapitati tutti! Tagliategli la testaaaaaaa!”

gridò a gran voce, mentre i poveri notai venivano portati via con la forza dal due e dal tre di quadri.

Quelle grida si sentirono fino alle prigioni, dove chi vi era già rinchiuso tremò visibilmente.

“Le teste, sta iniziando a tagliare teste!” il leprotto iniziò a dare i numeri, correndo per tutta la cella e arrivando persino a sbattere la testa contro al muro, come se volesse passarci attraverso.

Il risultato fu che iniziò a vedere le stelle e cadde a terra.

“Adesso capite perché non fido del cappellaio?” borbottò Mihal, più rivolto a se stesso che a Mirana, la quale iniziava ad essere davvero preoccupata.

“Speriamo che ce la facciano tutti quanti” mormorò la regina, chiudendo gli occhi e mandando una preghiera ai suoi amici.

 

*****

 

A Jareth era stato detto che il viaggio per Athohallan sarebbe stato lungo.

Viaggiare verso il nord non era affatto semplice a causa dei continui cambiamenti di clima.

Il tenente Mattias non possedeva poteri e Jareth non poteva usare i suoi.

Kal faceva di tutto per rendere il viaggio meno pesante, ma anche lui aveva tutto limitato in quanto era solo un servitore.

Era comunque bravo a cavarsela in ogni situazione e questo era utile la notte, quando si fermavano e accendevano il fuoco per scaldarsi.

A parte il tenente Mattias, che ogni tanto si concedeva di chiudere gli occhi esausto, Jareth e Kal non riuscivano a fare più di un'ora di sonno.

Entrambi erano preoccupati e non avevano idea di ciò che li attendeva.

Jareth, poi, aveva il pensiero di Sarah e Alice fisso nella testa.

Alice l'aveva lasciata all'accampamento e non era più andato a riprenderla.

Voleva proteggerla e proteggere quella povera creatura ancora non nata, cosa che avrebbe dovuto fare il cappellaio a prescindere dal fatto che lo sapesse o meno.

Prima di partire, però, si era assicurato che fosse fuori pericolo e che la nebbia non l'avesse indebolita troppo.

E Sarah...per lei il pensiero era maggiore.

L'aveva proprio abbandonata e non aveva idea se era ancora nel Sottomondo oppure era andata via e non voleva più vederlo.

Ma il motivo era sempre lo stesso, lo aveva fatto per proteggerla oltre che prendere tempo per evitare di essere messo alla forca.

Si guardò la mano e osservò l'anello che aveva al dito, era l'unico oggetto che gli avevano permesso di tenere prima di eseguire la sentenza.

L'unico legame che aveva ancora con Sarah.

Era sua moglie, la sua donna, la sua regina.

Il gesto che Jareth aveva compiuto nei suoi confronti lo rendeva indegno di essere un re e, di fatti, più volte si era pentito.

Ma sapeva di non avere altra scelta.

Il suo pensiero, ora, era quello di raggiungere il nord senza intoppi.

Quando giunsero all'ultimo accampamento, il tenente Mattias fu costretto a fermarsi.

“Non posso proseguire oltre, maestà” confessò “A me e ai Northuldri non è concesso raggiungere la baia”

Jareth annuì “Capisco, è stato per me un onore avervi al mio fianco, tenente” sorrise Jareth, stringendo la mano di Mattias.

“L'onore è stato mio, maestà” rispose l'uomo “Anche se per poco e per motivi non così piacevoli”

Jareth rise “Avrò modo di sdebitarmi se tutto va come previsto” anche se, ben sapeva, nulla sarebbe andato come previsto.

Sapeva che non c'era via di fuga dalla morte e se non giungeva per cause naturali qualcuno avrebbe provveduto prima.

Era una promessa che non poteva mantenere.

“Tenente, dovete farmi un promessa” aggiunse Jareth, giusto per sua sicurezza

“Qualunque cosa”

“Se dovesse accadermi qualcosa, vi chiedo di restare vicino alla regina Elbereth e alla mia regina” disse “E che riportiate la mia amica Alice a casa”

Non era un bella promessa, Mattias si rese conto che c'era qualcosa di più sotto.

Il suo ruolo, però, lo costringeva ad obbedire senza poter chiedere spiegazioni o implorarlo del contrario.

“Ogni vostra parola è legge...maestà” rispose con un inchino il tenente e Jareth fu grato di non essere stato tempestato di domande.

Dopo essersi rifocillati e riposati qualche ora, Kal e Jareth ripartirono in direzione della baia.

 

*****

 

I giorni passarono e Sarah voleva solo prendere e tornare a casa.

Quel viaggio nell'Underground si era rivelato un fallimento al solo pensiero e il solo fatto che dovevano percorrere strade secondarie la faceva innervosire ulteriormente.

Nella sua pazzia, Tarrant aveva fatto di tutto per rendere quel viaggio il più tranquillo possibile e non far preoccupare Sarah.

Alice aveva riferito a Tarant qualcosa in merito al loro di viaggio, ma non abbastanza da permettergli di dire a Sarah i dettagli salienti.

Anche lei sapeva che, se messo alle strette, il cappellaio avrebbe confessato e quindi si era trattenuta dal dirgli tutto.

Sarah, di fatti, presa da un impeto di rabbia, una sera lo aveva messo alle strette facendogli mille domandò e non ottenendo alcun tipo di risposta.

Tarrant l’aveva capita e non aveva mai osato biasimarla.

“Sarah, guarda!” il cappellaio, dopo giorni di viaggio, finalmente indicò qualcosa in lontananza “Siamo arrivati!”

Non molto lontano vi era un castello interamente circondato da alberi dai colori autunnali...o meglio, così credevano.

In realtà quelle che da lontano sembravano foglie mosse dal vento, in realtà erano fiamme.

“Qualcosa mi dice che chiunque viva qui non soffre il freddo” commentò Tarrant, sistemandosi il suo amato cappello da esploratore, indossato apposta per il viaggio.

“Siamo nel regno dei re Baelfire” precisò Sarah, osservandosi attorno meravigliata.

Kal una volta le aveva spiegato che i regni dell'Underground richiamano molto l'elemento da cui traggono la loro energia.

Infatti, i colori caratteristici del regno in questione erano variabili da rosso a giallo.

Vennero entrambi ridestati dai loro pensieri quando i cavalli iniziarono ad innervosirsi.

“Woho, calmi, buonini” cercò di calmarli invano il cappellaio.

“Tarrant, guarda!” Sarah indicò verso gli alberi in fiamme.

Delle strane figure, alte e nere si stavano avvicinando a gran velocità.

Erano degli esseri completamente rocciosi le cui venature erano percorse da lava incandescente.

I cavalli si imbizzarrirono ancora di più, tanto che i due vennero sbalzati a terra e Tarrant batté la testa perdendo i sensi, mentre i due cavalli fuggirono terrorizzati.

Gli esseri di roccia non fecero neanche una piega nei confronti dei due equini, ma si limitarono a raccogliere Tarrant da terra e prendere Sarah.

Sarah si accorse che, nonostante emanassero un calore immenso, erano freddi al tocco.

Ma non aveva tempo di pensare a quella caratteristica in quanto li stavano portando verso il castello.

“Tarrant!” tentò di chiamarlo, ma lui non si svegliava “Tarrant!”

 

*****

 

“Maestà, guardate” Kal indicò un punto non tanto distante da loro.

Erano giunti alla baia, potevano sentire il mare ed il vento gelido che esso portava con se.

Dietro ad un duna, potevano intravedere l'albero maestro di una nave e la sua bandiera, ormai ridotta uno straccio, che ancora sventolava.

Anche se ridotta a brandelli, era ancora visibile lo stemma riportato su di essa.

Una corona d'argento che circondava una foglia elfica.

“Maestà, ma quello non è un vascello elfico?” Giunti in cima alla duna, lo spettacolo che si mostrò ai loro occhi era a dir poco agghiacciante.

L'intera nave era completamente distrutta dalle onde e ancorata, per pure miracolo, agli scogli lì vicino.

Entrambi sperarono di non trovare corpi o scheletri al suo interno.

“Ma che ci fa una nave elfica ad Arendelle?” chiese Kal “Non era proibito agli elfi recarsi in queste terre?”

“Infatti” confermò Jareth, osservando meglio i resti del veliero, restando di stucco quando riuscì ad intravedere le lettere, ormai sbiadite, del nome.

“E...eu...limene...” lesse Kal “Eulimene?” Jareth non rispose, ma Kal capì di aver letto bene

“Significa buon porto, buon approdo” mormorò Jareth “Quello è il vascello di re Jasper”

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


...Vi avevo promesso che avrei pubblicato questo capitolo il giorno 06/08, purtroppo ho avuto imprevisti al lavoro e non sono riuscita a farlo, poi sono andata in ferie (a casa) e ciao mondo.

Ora sono tornata e riprenderò a pubblicare in modo regolare.

Essendo la storia già scritta e finita ormai da mesi, è probabile che pubblicherò con cadenza di due giorni (spero)

Buona lettura

 

 

Sarah venne scortata fino alla sala del trono di re Baelfire.

Quando lo aveva conosciuto si era mostrato gentile nei suoi confronti e le era difficile immaginarlo aggressivo o capace di mandare esseri come quelli che la stavano portando al castello.

Ancora di più si preoccupò quando vide due di loro portare Tarrant in un’altra stanza.

“Dove lo state portando?” domandò “Lasciatelo stare! Tarrant!”

“Regina Sarah?” una voce alle sue spalle la obbligò a voltarsi per vedere re Balefire che la stava osservando incuriosito.

Con un cenno della mano ordinò alle sue guardie di lasciare andare Sarah e queste obbedirono.

Poi si avvicinò con un gran sorriso “Regina Sarah, quale onore avervi qui” si inchinò rispettosamente “Non ero al corrente del vostro arrivo”

Anche se ancora frastornata, Sarah fece un piccolo cenno col capo “Vi chiedo perdono, re Baelfire, per questa mia improvvisazione” si scusò “Non avrei agito così se non si trattasse di una questione urgente”

Re Baelfire, che già immaginava quale potesse essere la richiesta, annuì e fece cenno a Sarah di seguirlo.

La condusse verso una piccola porticina alle spalle del trono, la aprì e si ritrovarono all’interno di una stanza adibita a studio.

Pergamene e libri ovunque ed un profumo di incenso riempivano il locale, dando l’idea che era stato utilizzato da poco.

“Mi spiace per il disordine, provvedo subito” re Baelfire schioccò le dita e tutto si rimise a posto, come se nulla fosse.

Il re fece accomodare Sarah e si preparò ad ascoltarla “Ditemi, regina Sarah, cosa posso fare per voi?”

“Si tratta di re Jareth...mio marito” disse Sarah, accorgendosi che non c’era bisogno di aggiungere altro.

Baelfire era stato messo al corrente della situazione grazie alle voci popolane, il suo ultimo ricordo era durante il quadricentenario del re degli elfi dove Jareth e re Mihal si erano letteralmente smascherati l’un l’altro.

Aveva sentito che era riuscito a fuggire all’impiccagione, ma non si aspettava di vedere Sarah che veniva a chiederle aiuto o consiglio.

“Sono al corrente di quanto accaduto” disse Baelfire “E ditemi, maestà, il vostro re è al sicuro?”

“E’ proprio questo il problema” Sarah si portò le mani alla testa “Fino a non molto tempo fa pensavo lo fosse e invece è partito per un altro mondo ed ho paura che non farà ritorno”

Baelfire scosse la testa “Non credo di poter agire su altri mondi”

“Non è questo che voglio, io…” Sarah si rese conto in quel momento di non aver minimamente pensato a cosa fare una volta giunta dagli altri regnanti.

Non poteva dimostrare l’innocenza di Jareth con qualcosa di concreto e non poteva di certo inventare una scusa.

Che poteva inventarsi?

Lei non era più una regina, dopo aver abdicato era tornata ad essere un umana qualsiasi e...abdicare! Ma certo, era quella la risposta!

“Re Jareth ha commesso errori a causa mia” spiegò “le sue accuse, la sua pensa di morte, tutto è stato per causa mia ed ora voglio rimediare a quegli errori chiedendo a voi di aiutarmi”

Re Baelfire annuì “Cosa desiderate che faccia?”

“Che mi diate aiuto per riabilitare Jareth” disse Sarah “O che, almeno, mi diciate come fare”

Re Balefire rabbrividì al solo pensiero.

Era ovvio che Sarah gli avrebbe chiesto questo, se lo aspettava, ma non era sicuro di essere pronto ad aiutarla a rivolgersi a chi di dovere “Vorrei non dovervene parlare”

“Ed io vorrei che me lo diceste” ribadì Sarah.

Baelfire sospirò “Nella terra di Thra, dagli Urskeks” un altro brivido.

Anche se gli Urskeks era entità buone, erano comunque molto potenti e tutti li temevano.

Baelfire era rimasto molto colpito quando aveva sentito che Jareth e re Mihal si erao auto costituiti, affrontando un viaggio in quella terra.

“Vi prego, maestà, aiutatemi a scagionare mio marito” implorò Sarah “Aiutate me ed il mio amico a…” si bloccò e sgranò gli occhi “Oh mio Dio, mi ero dimenticata...Tarrant!”

“Chi?”

“Tarrant! Era con me, quegli esseri lo hanno portato via e…”

“Ah, ho capito, vi state riferendo allo strano tizio col cappello” sorrise Baelfire, alzandosi e facendo cenno a Sarah di seguirlo nella sala del trono “Direi che sta bene” indicò due delle sue guardie, gli stessi esseri che li avevano portati lì.

Stavano scortando Tarrant, intento a massaggiarsi la testa nel punto dove aveva sbattuto.

“Tarrant!” talmente era alta la preoccupazione, che Sarah abbandonò la sua compostezza e si fiondò fra le braccia del cappellaio “Grazie al cielo stai bene” lo guardò dritto negli occhi “Meno male, sei ancora tu”

“Se non lo fossi vorrei esserlo” sorrise Tarrant “Ho fatto uno strano sogno, due esseri mostruosi e rocciosi mi portavano dentro al castello e…” si voltò e vie alle sue spalle i due esseri che lo avevano davvero portato lì dentro “...mamma…”

“Stai tranquillo, sono amici” lo rassicurò Sarah.

Tarrant, senza smettere di osservarli, avvicinò le labbra all’orecchio di Sarah “Sono lievemente incrostati, mi sa che non si lavano da un po’”

Sarah non riuscì a non ridacchiare, ma venne ridestata dal re Baelfire che si avvicinò.

Si ricompose e lo guardò “Re Baelfire, vi prego” disse “Aiutatemi”

Baelfire ci pensò un attimo ma alla fine acconsentì “Molto bene, vi aiuterò, regina Sarah”

Sarah sorrise “Vi ringrazio, re Baelfire”

 

*****

 

“Cosa ci faceva vostro padre qui?” domandò Kal, mentre scendevano dalla duna fino al vascello.

“E’ quello che vorrei scoprire anche io” affermò Jareth “Mia madre mi aveva detto che era dovuto partire per un lungo viaggio e non è più tornato...ora capisco perché”

La nave si era arenata e, a giudicare dal colpo, nessuno avrebbe potuto sopravvivere a quel colpo.

Probabilmente si era distrutta in mezzo al mare e le onde l’avevano portata fino a lì.

Entrarono in quella che avrebbe dovuto essere la cabina del comandante quindi, di conseguenza, di suo padre.

Era tutto distrutto ed il poco mobilio rimasto con una forma riconoscibile era ricoperto di graffi e buchi dovuti alle travi che erano cadute dal ponte.

L’albero maestro era completamente inclinato ed aveva sfondato le assi fino a cadere esattamente al centro della cabina.

Iniziarono a cercare, cosa di preciso non lo sapevano neanche loro ma era la cosa più sensata da fare.

Magari trovavano risposte su quella nave invece che raggiungere Ahtohallan.

“Non credo che troveremo qualcosa, maestà” si arrese Kal “Qualunque cosa ci fosse qua dentro è andata distrutta con l’incidente”

Jareth scosse la testa e continuò a cercare “Le navi hanno tutte uno scomparto a tenuta stagna, piccolo o grande che sia” frugò ovunque, anche nei resti dei cassetti della scrivania e di quello che rimaneva della vetrinetta in noce.

Alla fine lo trovò quando frugò nella cassapanca.

“In questi scomparti si nascondono le cose di massima importanza” spiegò Jareth, mentre Kal si avvicinava “siano esse degli oggetti o dei documenti”

Jareth osservò quanto aveva rinvenuto dalla cassa panca, un cilindro a tenuta stagna, indeciso se aprirlo oppure no.

“Sarà pericoloso?” domandò Kal, ricevendo un ghigno da parte di Jareth.

“E da quando il pericolo ti spaventa?”

“Da quando ho creduto di avervi perso, maestà” confessò Kal “Vorrei non dover ripetere l’esperienza, se non vi dispiace”

Jareth sorrise appena e cercò di rassicurarlo con lo sguardo aprendo, nel frattempo, lo scomparto.

Da esso fuori uscì qualcosa di simile ad un sospiro, ma che mise a Kal e Jareth un’angoscia tale da farli indietreggiare.

All’interno, appena realizzarono, videro una pergamena con il sigillo degli Urskeks.

“Perché la cosa non mi piace?” mormorò Kal, deglutendo sonoramente “Maestà, andiamocene via”

“Aspetta” Jareth non gli diede retta e prese la pergamena, gettando il cilindro sulla cassapanca lì accanto.

La srotolò e ne lesse il contenuto, ma non fu semplice.

Anche se era a tenuta stagna, dell’acqua deve essere riuscita a penetrare e molte righe erano sbiadite o scomparse.

“Legge...Urskesks…” Jareth lesse parola per parola tutto quello che riusciva a capire “Tradimento, dovete...siete condannato all’impiccagione…”

Jareth spalancò la bocca e sgranò gli occhi.

Aveva letto bene?

Condannato all’impiccagione?

Possibile che si trattasse di suo padre?

Probabilmente sì ed era per questo che era partito.

Ma perché?

Era una fuga oppure stava cercando anche lui Ahtohallan?

Troppe domande e zero risposte.

Senza dire una parola, Jareth lanciò a terra la pergamena e si avviò all’esterno, risalendo sulla duna da cui erano scesi.

Era nervoso e, allo stesso tempo, furioso.

“Stava cercando Ahtohallan, ne sono certo” disse risoluto Jareth “ma non è mai riuscito a raggiungerlo” spostò lo sguardo verso l’orizzonte.

“Che volete fare?” domandò Kal, notando uno strano scintillio negli occhi del suo re.

“Troverò Ahtohallan e scoprirò cosa è successo a mio padre” rispose Jareth “Se lo scoprirò avrò le risposte per scagionare anche Mihal e salvare la mia adorata Sarah”

“No!” esclamò Kal, lasciando Jareth senza parole.

Da quando si prendeva così tanta libertà da dirgli di no con quel tono?

“Maestà, non ve lo permetterò” proseguì Kal “Voi dovete tornare da Sarah, lei ha bisogno di voi”

“Ma non capisci che Ahtohallan mi aiuterà a proteggerla?” ribatté Jareth “Lo sto facendo per lei”

“Ci tengo anche io a Sarah” gli ricordò Kal “E tengo molto anche a voi, maestà e non intendo lasciare la mia regina senza il suo consorte”

“Ed io non voglio perdere te” confessò Jareth “Kal, sei il mio solo ed unico amico, non voglio perderti a causa di faccende che riguardano me” sorrise appena “Fammi solo una promessa, proteggi Sarah e stalle vicino”

Kal non poteva più ribattere e Jareth sembrava fin troppo deciso e fermo nelle sue intenzioni.

“Avete ragione, maestà” convenne Kal “Io non riguardo”

Jareth restò di stucco, da risoluto era tornato ad abbassare la testa? Così, all’improvviso?

Fece per ribattere, ma non riuscì.

Kal si avvicinò pericolosamente a Jareth e, senza preavviso, gli posò un bacio sulle labbra.
Jareth rimase talmente scioccato da non accorgersi che il terreno sotto i suoi piedi stava variando ed una barca di ghiaccio era apparsa.
"Ma cosa...?"
"Perdonatemi, maestà" e con un calcio ben assestato, Kal spinse la barca giù per il sentiero da cui erano giunti.

“Lo sto facendo per il vostro bene”

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Nuovo capitolo tutto per voi!

Ricordo a tutti di ringraziare anche Fiore del deserto per questa storia, lei me l’ha ispirata e riguardata (Ho anche ricevuto “minacce” per come era finita la precedente...questa è stata d’obbligo XD)

Buona lettura

 

 

La duna non era tanto alta, ma era abbastanza ripida da permettere alla barca di ghiaccio di scivolare a gran velocità per tutto il sentiero che avevano percorso.

Essendo poi in pendenza e con un dirupo che si addentrava nella boscaglia, la barca non ci mise molto a finirci dentro.

La discesa si concluse quando colpì in pieno un albero andando e, di conseguenza, finì in frantumi e sbalzò Jareth in avanti per qualche metro.

Fortuna volle che, non tanto distante, vi era un fiume in piena e Jareth vi finì dentro, venendo trascinato dalla corrente per altri duecento metri circa.

Solo dopo quella corsa, quando riuscì ad aderire al fondale, Jareth si trascinò a fatica fino alla riva, sdraiandosi sui ciottoli.

Tremava per il freddo e malediva mentalmente Kal.

Non tanto per il bacio inaspettato e di cui avrebbero decisamente discusso, prima o poi, ma per il gesto sconsiderato che aveva fatto nei suoi confronti.

Un re deve proteggere il proprio popolo ed i suoi sudditi...e Kal era il suo migliore amico, oltre che un suddito.

Perché?

Perché fare un gesto simile?

Perché Jareth non era più un re e quindi Kal non era più in dovere di obbedire ai suoi ordini.

Che cosa poteva fare Jareth per aiutarlo?

Poteva trasformarsi e...no, non poteva.

Non poteva usare i poteri, era inerme...impotente.

Poteva solo prendere e tornare all’accampamento con la coda fra le gambe, come un codardo che fugge dalla guerra per evitare di morire.

Un pusillanime...

Kal lo sapeva.

Sapeva cosa Jareth avrebbe provato e sapeva che non era in grado di fermarlo.

“Che tu sia maledetto, Kal!” gridò a gran voce, sperando che il vento portasse il suo lamento fino all’interessato.

Nel frattempo, Kal aveva fatto di tutto per evitare che Jareth si ripresentasse.

Infatti, mentre la barca scivolava a gran velocità lungo il sentiero, aveva eretto una barriera che gli avrebbe permesso di agire indisturbato.

Si stava auto maledicendo e non per quel gesto sconsiderato che, se tutto andava bene, lo avrebbe fatto degradare da consigliere ad addetto cucine...se tutto andava bene.

Si stava maledicendo per quel bacio “rubato”.

Ma che gli era saltato in mente?

Se mai fosse uscito intero da quella situazione, avrebbe chiesto l’immediata espulsione da solo.

Era troppo imbarazzante.

La paura di morire ed i suoi sentimenti per Jareth avevano preso il sopravvento sulla ragione ed il pensiero razionale.

Ma se avesse ascoltato la ragione, a quest’ora sarebbero stati ancora lì a discutere e non avrebbero concluso nulla.

In tutto quel caos mentale, kal aveva una fortuna:

Jareth aveva lasciato lì la pergamena e, quindi, Kal poteva utilizzarla per capire come agire.

Era stato un gesto avventato, ma voleva proteggere il suo re...voleva proteggere Jareth.

Sospirò e rientrò nella nave.

 

SETTE GIORNI DOPO…

 

Jareth aveva fatto ritorno all’ultimo accampamento e da lì si era avviato fino alla dimora della madre, insieme al tenente Mattias che aveva deciso di attenderlo.

Non aveva osato dire al tenente quanto accaduto o scoperto alla baia, aveva preferito tacere e sperare in tutti i modi che Kal non si facesse del male.

Non menzionò nemmeno il bacio, quello sarebbe stato troppo.

Quando finalmente giunsero dalla regina Elbereth, sette giorni di cammino dopo, questa iniziò a ringraziare gli Dei che il figlio fosse tornato.

“Jareth!” lo strinse forte e lo guardò da cima a fondo “Grazie agli Dei stai bene, che è successo? Cosa avete scoperto? E Kal?”

Jareth sospirò “E’ andato avanti senza di me” rispose “Non ho potuto fermarlo e non so se sta bene o ha scoperto qualcosa” deglutì “Non potendo fare nulla ho deciso di tornare indietro, recuperare Alice e cercare un modo per rendermi utile”

Il silenzio che cadde nella sala del trono fu glaciale a tal punto che Jareth avvertì un brivido percorrergli tutta la schiena.

Ne avvertì un altro quando, osservando alle spalle della madre, vide una giovane donna avvicinarsi.

“Alice…” Jareth superò la madre, scusandosi con lo sguardo e avvicinandosi alla ragazza.

Lei lo stava letteralmente maledicendo con gli occhi e non solo per averla abbandonata in un accampamento e non averle permesse di partecipare all’azione.

Alice non parlò, non subito.

Appena fu abbastanza vicino a Jareth, l’unico suono che tutti poterono udire fu un sonoro schiaffo.

Jareth fu costretto ad indietreggiare di due passi e si portò istintivamente una mano sulla guancia sinistra.

“Se succede...qualcosa a Kal, ti riterrò direttamente responsabile” sibilò, mantenendo il controllo delle sue emozioni.

Jareth non disse niente, sentiva di meritarselo e sentiva anche di dover ringraziare gli Dei che non avesse ricevuto tale accoglienza anche da Sarah.

Alice, vedendo la fermezza di Jareth, sembrò sciogliersi e si fiondò fra le sue braccia, venendo subito ricambiata.

Nessuno dei due parlò per lunghi istante, mentre la regina Elbereth li osservava senza sapere come agire.

Il pensiero della donna era rivolto a Kal.

Se solo lei non gli avesse detto nulla del passato di Jareth e di suo padre, se solo fosse stata zitta…

che avesse agito così stupidamente a causa di quello che lei gli aveva confessato?

Iniziò a pregare che stesse bene e che gli Dei lo proteggessero.

I suoi pensieri vennero interrotti da Jareth, che aveva preso parola.

“Tu stai bene?” domandò rivolto ad Alice.

Questa abbassò la testa “Hai un’altra domanda? A questa penso di averti già risposto poco fa”

Jareth annuì e si limitò a controllarla da cima a fondo, non volendo ripetere l’esperienza dello schiaffo.

La regina Elbereth l’aveva accolta e le aveva fornito un abito più comodo color azzurro cielo abbastanza aderente.

Aderente quel tanto che basta da mettere in risalto la piccola curvatura del ventre di Alice.

“E’ tutto a posto?” domandò mettendole una mano sul ventre, come se sperasse di potersene accertare con il solo tocco e senza l’uso della magia.

“Sì è tutto a posto” sospirò, spostandogli la mano “Pensa ad un modo per riportare Kal indietro”

“Lo farei con la magia, se solo potessi usarla” ribatté Jareth “Non credere che mi diverta, Alice, sai bene cosa penso e…”
“E tu sai bene cosa significa per me essere qui anziché nel Sottomondo” lo zittì lei “Jareth, noi vogliamo aiutarti, ma tu devi svegliarti!” lo guardò dritto negli occhi “Pensi che mi faccia piacere vederti ridotto così? Pensi che faccia piacere a Sarah?”

“Alice, io…”

“Regina Elbereth” Alice superò Jareth e si avvicinò alla regina con un profondo inchino “Vi prego di darmi il permesso di mostrare a Jareth il messaggio della regina rossa”

Elbereth era titubante, mentre Jareth iniziò a temere il peggio.

Alice, però, non sembrava intenzionata a ricevere un no come risposta e, vista la situazione, la regina aveva ben poche armi a disposizione.

Ammise che Jareth aveva tutto il diritto di sapere le cose.

Si avvicinò al trono e prese da una sacca posta sul retro una pergamena con il sigillo del Sottomondo e la porse ad Alice.

“Mirana non è più al trono” disse la bionda, mentre la srotolava e la passava a Jareth “E’ successo qualcosa, ne sono sicura, ma come vedrai anche tu c’è dell’altro”

Jareth lesse attentamente ed i suoi occhi si spalancarono carichi di terrore.

“Sarah…” lasciò cadere la pergamena e corse fuori dalla stanza.

“Jareth!” lo chiamò la madre, senza essere ascoltata.

“Jareth, aspetta!” fu Alice a seguirlo, lasciando Elbereth sola e preoccupata che il figlio commettesse qualche stupidaggine.

Raccolse la pergamena senza arrotolarla e non ci mise molto a capire cosa lo aveva fatto scattare.

 

la traditrice Sarah William è fuggita.

Si prega, obbligatoriamente, chiunque la veda di

consegnarla alla regina Iracebeth di Sottomondo

Chiunque non obbedirà all’ordine verrà subito

condannato a morte per alto tradimento alla corona.

 

*****

 

Re Baelfire si era dimostrato un grande alleato.

Nonostante fra i rischi ci fosse la perdita del regno e della corona, aveva comunque deciso di accompagnare Sarah e Tarrant nel loro viaggio fino al regno di re Flush pur di aiutarli ad avvalorare la loro richiesta.

Una specie di garanzia, in poche parole, che per sostenerli aveva messo a capo del suo regno e del suo labirinto il suo consigliere più fidato.

Sarah gli fu così grata che, durante il viaggio, gli spiegò meglio i dettagli.

Fu un percorso parecchio lungo, visto che l’unico modo per raggiungere quel regno era passare per le vie secondarie ed i sentieri dei boschi.

E tutto per evitare che le guardie elfiche li trovassero in giro e riconoscessero Sarah.

Quando, finalmente, dopo sette giorni di viaggio e accampamenti alla buona, giunsero a destinazione, a Sarah parve di vedere il paradiso.

Anche fosse durata cinque minuti, sarebbe stata una permanenza piacevole.

Così almeno credevano.

“Qualcosa non va” mormorò re Baelfire.

“Questo lo avevo già capito” si intromise Tarrant “Un po’ di varietà nei colori non mi dispiacerebbe”

“Non è questo” Baelfire restò in ascolto “C’è troppo silenzio”

Anche Tarrant e Sarah ascoltarono, confermando quanto detto dal re.

Accanto al sentiero c’erano dei piccoli corsi d’acqua in movimento e poco distante vi era persino una piccola cascata.

Ma non produceva rumore, il suo scrosciare non emetteva alcun suono e questo era davvero strano tanto che il cappellaio iniziò a credere che il Sottomondo fosse un luogo normale.

All’improvviso, Baelfire li obbligò a fermarsi e scese da cavallo, evocando due sfere di fuoco e pronto ad attaccare.

Detto fatto.

Dai corsi d’acqua accanto al sentiero si levarono dei muri d’acqua, che si incurvarono pronti a sommergerli.

“Chi osa portare qui un umano?” disse una voce, non definita, intorno a loro. Era l’acqua a parlare.

“Sono re Baelfire, sovrano del labirinto di fuoco, abitante dell’Underground” disse Baelfire “Ho portato io l’umana fino a qui perché abbiamo urgente necessità di conferire con sua maestà”

qualche istante di silenzio “Anche lui?” l’acqua si riferiva a Tarrant “I sottomondiani non possono venire nell’Underground”

Sarah si sentì in dovere di intervenire “Il Sottomondo è in pericolo e ancora mio marito lo è” disse “Vi prego, fateci parlare con il vostro re”

“Hai coraggio, umana” disse l’acqua “Ma non possiamo farvi passare, l’editto del re parla chiaro”

Editto?

Quale editto?

Nessuno dei tre, però, osò spostarsi e questo all’acqua non piacque.

“Andate via!” e vedendo che nessuno si muoveva, l’acqua iniziò a creare una specie di tunnel.

“Correte!” gridò Baelfire, iniziando a correre in direzione del castello.

L’acqua non fu per niente contenta e iniziò a muoversi, cercando di sovrastare coloro che consideravano invasori.

A pochi metri dal portone, però, l’acqua sembrò arrestarsi di colpo, proprio poco prima di sommergerli.

Anche Baelfire e gli altri si bloccarono di scatto, tanto che Tarrant cadde per terra come un salame talmente la frenata fu brusca.

Le acque indietreggiarono e tornarono nei corsi d’acqua, il cui scrosciare si poté finalmente udire.

“Ma cosa…?”

“Che ci fanno degli intrusi nel mio regno?” tuonò una voce alle loro spalle.

Il trio si voltò e si accorse che le acque erano state placate da re Flush in persona che, quando riuscì a vedere chi era giunto, sgranò gli occhi.

“E’ l’umana…” re Flush guardò Baelfire “Come hai osato portala qui? Lo sai che cosa succederà adesso!”

Baelfire assunse uno sguardo interrogativo “Di che stai parlando?” domandò senza capire.

“Non sei al corrente di quello che è successo? Del Sottomondo?”

Sarah e Tarrant si scambiarono occhiate preoccupate, terrorizzati che fosse successo qualcosa di grave in loro assenza.

Re Flush, nel vederli, si rese conto che nessuno dei tre aveva idea di che cosa stesse parlando al che, dopo essersi guardato attorno, fece cenno di seguirlo dentro.

Non voleva che occhi indiscreti si accorgessero di loro.

Una volta nell’ingresso, re Flush prese nuovamente parola “La regina Iracebeth del Sottomondo ha fatto mandare questo in giro per l’Underground” porse a Baelfire una pergamena e questi la lesse.

 

Io, regina Iracebeth del Sottomondo, intendo

comunicare alle maestà dell’Underground che

la traditrice Sarah Williams è fuggita.

Si prega, obbligatoriamente, chiunque la veda di

consegnarla alla regina Iracebeth di Sottomondo.

Chiunque non obbedirà all’ordine verrà subito

condannato a morte per alto tradimento alla corona.

 

“Capocciona maledetta” sibilò Tarrant.

“Quando siamo andati via, le carte avevano invaso il castello” gli ricordò Sarah “Mirana non deve essere riuscita a contenerle e Mihal uguale”

“Mi dispiace, ma devo consegnarvi alla regina del Sottomondo” disse Flush “Non intendo passare per traditore della corona a causa di gesta non compiute da me” il sovrano fece per alzare le mani o dare un ordine, ma venne fermato da una voce femminile alle sue spalle.

“Fermati!” risuonò come un ordine.

Tutti si voltarono a vedere chi avesse parlato e non ci volle un esperto per capire che si trattava della regina.

“Non diventerò un traditore della corona a causa loro” ribatté Flush, mentre la donna si avvicinava.

“No, non lo sarai e sai perché?” domandò la donna dandosi, poi, la risposta da sola “Perché se lui…” indicò Baelfire “...ha portato qui l’umana ed un Sottomondiano, significa che possiamo tranquillamente fidarci”

“Ma…”

“Avvicinati, mia cara” la donna si rivolse a Sarah, sorridendo amichevole.

Sarah obbedì e, quando fu abbastanza vicino, si inchinò in modo rispettoso.

“Sono disposta ad ascoltare quello per cui sei venuta” disse la regina “parla pure liberamente.

Pur mantenendo un comportamento rispettoso nei confronti dei due sovrani, Sarah iniziò a parlare a ruota libera.

Raccontò loro tutto quello che era successo e spiegando il motivo del suo viaggio.

Raccontò persino di cosa era accaduto al castello di Mirana prima che riuscissero a fuggire e del fatto che Iracebeth non era affatto una regina.

“Visto il messaggio che vi è giunto, maestà, temiamo possa essere accaduto il peggio alla regina Mirana ed i nostri amici, compreso re Mihal” terminò Sarah.

La regina rimase di stucco e si portò le mani sulla bocca, come a voler trattenere un grido, mentre re Flush aveva ascoltato con attenzione ogni parola.

Non aveva trovato segni di menzogne, anche se aveva capito che alcuni dettagli erano stati tralasciati, ma nulla che potesse risultare rilevante.

“Non credo li abbia fatti decapitare o altro” disse il sovrano, venendo approvato da Baelfire e la moglie “Per condannare a morte un sovrano serve l’approvazione degli Urskeks e non è semplice ottenerla”

“Noi dobbiamo trovarli” disse Sarah “Sono gli unici che possono dirmi come salvare Jar...mio marito”

La regina trattenne un risolino e prese parola “Sei molto coraggiosa, Sarah Williams, ed il tuo re è fortunato ad averti” le passò una mano sul volto, scostandole una ciocca di capelli con la stessa delicatezza usata dalle madri nei confronti delle figlie.

E la donna poteva benissimo essere sua madre, avrà avuto si e no l’età di Karen.

“Io ti aiuterò, Sarah, puoi contare su di me” aggiunse la sovrana, mentre Sarah la ringraziava con un gran sorriso.

“Non posso contraddire la mia regina” disse re Flush con tono serio “Sarebbe l’ultima cosa che farei nella vita” abbozzò un sorriso “Molto bene, vi aiuteremo”

Sarah si inchinò “Vi ringrazio, vostra maestà e ci dispiace essere giunti senza essere annunciati”

“Non temete, è per una buona causa ed io non ho problemi a sostenervi” li tranquillizzò “ma prima…” alzò una mano schioccando le dita e chiamando a se un servitore.

Subito apparvero una donna e un uomo, che si inchinarono pronti ad ascoltare gli ordini.

“Aiutate i nostri ospiti a rifocillarsi e fornite loro le stanze migliori” ordinò re Flush ed i servitori obbedirono.

Il trio ringraziò inchinandosi rispettosamente e fecero per seguire i due servitori.

Ma Sarah si fermò a metà percorso, fissando il vuoto.

“Sarah?” Tarrant se ne accorse “Tutto ok, cara?”

“Sei pallida” aggiunse re Baelfire “Qualcosa non va?”

“Magari ha bisogno di una tazza di tè” azzardò Tarrant, ricevendo un’occhiataccia da Baelfire.

Sarah fissò il vuoto ancora qualche istante, poi alzò gli occhi in direzione di Tarrant “I-io…” avvertì le gambe cedere, un mancamento.

Per fortuna il suo corpo non toccò terra in quanto le braccia di Tarrant la sorressero appena in tempo.

“Sarah!” si preoccupò subito il cappellaio “Che ti succede? Parlami testa buffa”

Sarah sentiva la testa girare a mille ed un forte senso di nausea che le attanagliava gola e stomaco.

“Sapevo che questo viaggio era una follia” disse Baelfire “lei è umana e non può sopportarlo”

“Non può raggiungere il regno della regina Blair in queste condizioni” annunciò re Flush.

“Per gli Dei, voi uomini non capite proprio vero?” si intromise la moglie di re Flush, che zittì tutti e si avvicinò a Sarah.

Prima la esaminò e poi, dopo essersi assicurata che tutto andava bene, si rivolse al marito “Ascolta”

ed il marito obbedì.

Tentarono anche gli altri di ascoltare ma non capivano che cosa.

C’era solo silenzio nella stanza.

“Che succede?” si preoccupò Tarrant “Che succede alla mia amica?”

“Per gli Dei…” re Flush sgranò gli occhi e, strano ma vero, si imbarazzò.

“Non temere, cappellaio” lo tranquillizzò la regina con un sorriso “Sarah sta bene solo che, ecco, non è da sola”

“Lo so, ci sono io con lei e ci siete anche voi” rispose Tarrant, come se fosse una cosa ovvia.

La regina rise e, in aiuto, intervenne Baelfire “Tarrant, Sarah aspetta un bambino”

Tarrant, per quanto possibile, sbiancò “Oh…”

“Congratulazioni, sottomondiano” disse re Flush

“Io?” Tarrant lo guardò interrogativo

“Caro, non credo centri lui” lo rimproverò la moglie con un occhiata e re Flush capì che era meglio zittirsi.

Sarah non li sentiva nemmeno e non sentiva neanche il suo corpo.

Era rimasta alla frase di Baelfire e poi tutto era diventato un sottofondo fastidioso.

Si rese conto delle parole degli altri solo quando sentì le braccia di Tarrant prenderla in braccio.

“Tarrant…”

“Adesso ti porto nella tua stanza” sorrise il cappellaio “si prenderanno cura di te ed io ti preparerò il mio miglior tè”

Sarah non non rispose e si limitò ad affondare il viso tra il collo e la spalla del cappellaio, venendo assalita da un profumo di stoffa e gesso.

“Tarrant...resta con me, ti prego” implorò, mentre sentiva le lacrime sfuggire al suo controllo.

Tarrant deglutì, evidentemente imbarazzato, ma riuscì a trovare la forza di rispondere.

“Certamente, non intendo lasciare sola un’amica”

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Salve salvino, mio caro lettorino...ok scusate, è uscito il Ned Flanders che c’è in me.

Questo è il nuovo capitolo, incentrato per lo più su Kal (un po’ di spazio anche a questo disgraziato...ormai lo tormento)

Spero vi piaccia e...per favore, non uccidetemi.

Buona lettura

 

 

Quanto giorni erano passati? Kal aveva ormai perso il conto ma, sicuramente, ne erano passati sette.

Oltre a continuare ad auto maledirsi, aveva rivoltato i resti della nave da cima a fondo per cercare qualcosa di più su Ahtohallan.

La regina Elbereth era stata chiara, quando aveva parlato sola con Kal “Fai in modo che mio figlio non trovi Ahtohallan o le risposte che troverà non riuscirà ad affrontarle” e lui stava obbedendo a quell’ordine da ben sette giorni.

Non dormiva, non mangiava e non badava nemmeno alla barba che ormai contornava visibilmente il suo viso.

I capelli ormai spettinati e mossi dal vento avevano perso la loro lucentezza ed i suoi vestiti erano sporchi e strappati.

Sembrava essere rimasto lì per mesi invece che giorni.

Con la magia aveva tentato di ricostruire la pergamena che avevano scoperto, ma non era stato semplice.

La magia di un servitore era limitata e quando aveva fatto apparire la barca sotto i piedi del suo re era stato talmente esagerato da restare debilitato.

Stando alla pergamena, quel poco che era riuscito a ricostruire, pareva che il padre di Jareth fosse stato condannato per tradimento.

Il motivo era, però, ignoto e, se Kal aveva capito bene, era partito per cercare Ahtohallan.

Ma aveva lavorato sodo e, dopo giorni di ricerche, era finalmente riuscito a trovare qualcosa.

Una sfera, come quelle che riusciva a creare Jareth, che si trovava nascosta all’interno di una trave e che, nonostante l’urto e i danni, era riuscita a salvarsi con qualche incrinatura.

C’era un piccolo scomparto che Kal, fino a quel momento, non aveva notato.

Sette lunghi giorni sprecati a cercare quando la risposta era sotto al suo naso.

La prese e, per istinto, la lanciò a terra.

Questa si frantumò ed una luce abbagliante avvolse l’intera nave.

Kal non vedeva nulla, ma udiva solamente una voce.

 

C’è un fiume

porta in se

Quel che è stato

Quel che più non c’è

La memoria del passato

lì un rifugio ha trovato

Puoi sognarlo anche tu

Dove il vento incontra il mare blu

Ma in quel fiume affogherà

chiunque vada troppo in là

 

La voce cessò e la luce scomparì, permettendo nuovamente a Kal di vedere.

Che Ahtohallan era un fiume lo aveva capito già da un pezzo e aveva capito che conteneva al suo interno tutti gli eventi passati.

Ma non era chiaro dove potesse trovarsi.

Dove il vento incontra il mare blu.

Sentiva di esser vicino, ma non sapeva quanto.

Il mare c’era ed il vento anche ma, a quanto pareva, non era lì sulla riva.

Uscì fuori ed osservò l’orizzonte.

Che fosse lì? Da qualche parte?

Ma come poteva raggiungerlo?

Non era mai stato un gran nuotatore, riusciva a stare appena a galla e poi il mare era in continuo movimento e le onde lo avrebbero sommerso.

Ma non poteva starsene con le mani in mano, aveva già perso troppo tempo ad effettuare ricerche che lo avevano portato a quella maledetta filastrocca senza senso.

Durante il viaggio fra i vari accampamenti, aveva ascoltato le storie e le leggende che giravano ad Arendelle.

Ogni elemento ha uno spirito, anche l’acqua.

Chiunque sia ritenuto meritevole, gli spiriti lo aiutano.

E lui era meritevole?

No, non lo era e mai lo sarebbe stato e, comunque, quelle erano solo leggende.

Ahtohallan si trovava da qualche parte all’orizzonte e lui lo avrebbe raggiunto.

Si levò il mantello, gettandolo a terra e chiuse gli occhi facendo un respiro profondo.

-Per Jareth, per Sarah- pensò -Puoi farcela, Kal, non deluderli-

un altro respiro e, dopo aver preso la rincorsa, si fiondò in acqua, aiutandosi come poteva con la magia per evitare di finire a fondo.

Ma non era semplice.

Le onde erano talmente potenti che lo sommergevano e lo respingevano a riva.

Era come se il mare lo rifiutasse.

Ma non gli importava, così come non gli interessava il gelo dell’acqua.

Riprovò ancora e ancora, venendo sbalzato a riva, con rischio di affogamento, almeno cinque volte.

All’ennesimo tentativo, un’onda lo sommerse del tutto e lui si ritrovò ad andare a fondo con poche possibilità di tornare a galla.

E mentre andava sempre più giù, qualcosa attirò la sua attenzione.

C’era qualcosa che si stava avvicinando a lui. Sembrava un maestoso cavallo...fatto di acqua.

Che fosse lo spirito dell’acqua?

Lo stallone si avvicinò e lo osservò, ma a Kal iniziò a mancare il fiato e non riuscì a concentrarsi su di lui.

Sentiva gli occhi pesanti e se non riusciva ad andare a galla subito sarebbe morto.

Tentò con tutte le forze di risalire, ma non riuscì...non da solo.

Lo stallone si mosse e, non si sa come, lo aiutò a tornare velocemente a galla.

Kal riuscì di nuovo a respirare, cercando di restare fuori almeno con la testa.

Fu il cavallo a prendere e farlo salire in groppa.

“Ma...cosa…?”

Come faceva a tenerlo in groppa se era fatto d’acqua?

E come mai questa era l’unica domanda che riusciva a porsi in quella situazione?

Preferì non pensarci, non era di certo il momento più opportuno.

Lo stallone iniziò a correre sul filo dell’acqua che, per qualche oscuro motivo, si era miracolosamente placata.

Il mare non era più mosso.

Kal si affidò totalmente al cavallo e lo lasciò correre, senza disturbarlo, verso l’orizzonte.

Il suo pensiero era fisso su Jareth, Sarah e Alice.

Non gli importava nulla della fine che avrebbe potuto fare se le cose andavano male, gli importava solo che stessero tutti bene.

Passarono lunghi minuti in cui il cavallo continuava a correre, era veloce non c’era dubbio e questo permise a Kal di vedere qualcosa in lontananza.

Alle sue spalle, la riva era ormai scomparsa ed il mare proseguiva fino a chissà dove.

Ma, osservando meglio, poté notare un bagliore bianco in mezzo al nulla, una specie di iceberg...o meglio...un ghiacciaio.

Lo stallone nitrì e Kal venne un’illuminazione.

“Ma certo!” esclamò “i ghiacciai sono fiumi di ghiaccio!” un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra “Ahtohallan è ghiacciato”

Lo stallone nitrì nuovamente ed aumentò la velocità fino a raggiungere il ghiacciaio.

Permise a Kal di scendere e poi, con un gesto del capo, scomparì nelle profondità del mare.

Kal lo ringraziò mentalmente e poi si voltò verso quello che, all’apparenza, sembrava un ingresso per il cuore del ghiacciaio.

-E adesso che faccio?- si domandò.

Non era nemmeno sicuro che quello fosse Ahtohallan e, per quanto ne sapeva, era stato un cavallo fatto d’acqua a portarlo fino a lì.

Spirito o meno, Kal credette di essere in preda a delle allucinazioni dovute alla fame e al non dormire.

Per fortuna era fae e quindi la sua resistenza era maggiore rispetto a quella di un essere umano il quale, per ovvi motivi, poteva resistere sette giorni senza mangiare ma non senza bere.

“Beh, coraggio piedi” con un sospiro, Kal entrò all’interno del ghiacciaio.

Nonostante l’unica fonte di luce fosse l’ingresso da cui era appena passato, il ghiacciaio si presentò luminoso e ben nitido.

Kal poteva avvertire al suo interno un potere che non aveva mai avvertito prima.

Avanzò pian piano, fino a giungere davanti ad un dirupo dove solo alcune colonne si ergevano nel centro.

Nell’osservare, si accorse che il punto esatto dove doveva recarsi si trovava dalla parte opposta del dirupo e per raggiungerlo doveva sfruttare le colonne.

“Oh, ma dai” brontolò “Non siamo mica nel labirinto”

Sbuffò, ma non aveva altra scelta.

Armandosi di coraggio, più di quanto non ne avesse già, prese la rincorsa e a suon di salti ben decisi riuscì a raggiungere la parte opposta, mentre le colonne crollavano sul fondo del ghiacciaio dopo il suo passaggio.

Appena toccò terra dall’altra parte, si volto e si sentì sprofondare “E adesso come torno indietro?”

 

Kal, vieni!”

 

“Ma cosa…?” Kal si voltò di scatto, in direzione del nuovo ingresso.

Aveva udito la voce di un bambino? Sul serio?

Deglutì e lo oltre passò “C’è nessuno?” fu l’unica domanda spontanea che riuscì a fare.

Ma nulla, nessuno rispose...non in modo diretto, almeno.

Venne ridestato da una figura completamente fatta di ghiaccio che lo superò.

Un ragazzino dai lunghi capelli sbarazzini e vestito elegantemente lo superò di corsa.

 

Kal, vieni!”

Maestà, aspettate!”

 

Un altro ragazzino, con i capelli raccolti in una coda, cercò di stare dietro a quello appena passato.

“Non è possibile…” Kal osservò meglio e si rese conto che i due ragazzini di ghiaccio appena passati erano lui e Jareth.

Li vide raggiungere un albero, più precisamente un melo, salirci sopra e sdraiarsi sui rami e mangiare le mele.

Sgranò gli occhi e continuo ad osservare quei due ragazzini, sprezzanti del pericolo e delle regole, che si godevano la vita.

Spostò lo sguardo più avanti, notando un gruppo di ragazzini che prendeva a calci il piccolo Kal e Jareth che correva in suo soccorso, facendoli scappare con la magia.

Un sacco di episodi del suo passato in cui Jareth era sempre accanto a lui e viceversa.

Anche se alcuni di loro erano dolorosi da ricordare, Kal passò in mezzo a quelle magie ghiacciate con il sorriso.

Quante esperienze vissute.

Ma una sola di loro attirò la sua attenzione.

In un angolo si era formata un’enorme roccia e vide se stesso da piccolo che osservava dietro di essa.

Si avvicinò e ascoltò.

 

Maestà, che vi succede?” domandò con la sua vocetta preoccupata il piccolo Kal.

Lasciami in pace, Kal” rispose brusco il piccolo Jareth.

Ma voglio aiutarvi” insisté Kal “Vi prego, maestà, ditemi cosa posso fare”

Vattene via!” gridò il giovane Jareth, alzandosi e asciugandosi le lacrime che bagnavano il suo volto.

 

Il Kal grande lo vide andare lontano e decise di seguirlo.

Tutto ciò che riuscì a vedere fu che Jareth fece comparire una sfera e, con un grido di rabbia misto al terrore, la lanciò a terra e tutto scomparve.

“Jareth!” si lasciò sfuggire, ma inutilmente.

Non poteva fermare una memoria del passato.

Tornò indietro, doveva lasciato il giovane Kal e cercò di ripercorrere tutte quelle scene fino a trovare quella che poteva aiutarlo.

Purtroppo non era semplice e la maggior parte delle memorie presenti riguardavano anche lui.

Kal ricordava bene quel giorno, in cui Jareth lo aveva cacciato così malamente.

Ricorda di aver sentito grida provenire dal castello e poi Jareth che fuggiva.

Quel ricordo fu un bene per Kal in quanto il ghiacciaio parve accorgersene e fece mutare tutto lo scenario intorno a lui.

Kal vide se stesso, sempre da bambino, che origliava una discussione in corso nel piano sotto di lui.

Era chinato a terra e stava con l’orecchio ben appoggiato al pavimento.

Quella scena era avvenuta prima di trovare Jareth in lacrime.

Le parole che lui aveva udito si stavano ripresentando e, con esse, anche ciò che è realmente accaduto quel giorno.

C’era re Jasper, in piedi con la spada alzata e con la regina Elbereth stesa a terra che cercava di ripararsi con le braccia.

Anche se non erano molto chiari, si potevano già scorgere dei lividi lungo le braccia ed il volto della donna, nonché un rivolo di sangue scorrerle lungo il collo e proveniente dalla bocca.

 

Caro, non farlo!” esclamava la donna terrorizzata “Te ne prego”

Fedifraga!” tuonava il re “Tu e quel borioso di Mihal non siete degni di vivere! Tu sei mia e di nessun altro!”

Jasper ti prego!”

Non mi importa cosa vuole l’entità del regno, non mi importa se ti considera la sua regina, io ti ucciderò e fosse l’ultima cosa che faccio!”

Re Jasper alzò la spada in alto e fece per colpire a morte la donna, ma qualcosa lo fermò.

Un giovane Jareth, preso dalla rabbia e dalla paura, con un balzo gli si aggrappò al collo.

Lascia stare la mia mamma!” gridò Jareth, che cercava di fermarlo invano, venendo ripetutamente colpito sul fianco, unico punto raggiungibile per Jasper.

 

Il tutto venne interrotto, all’improvviso, da una luce potentissima che fece mutare la scena.

Kal non aveva mai assistito a quello spettacolo riprorevole e mai pensava che potesse accadere.

Jareth non ricordava nulla di tutto quello, ma perché?

Forse era la sfera che gli aveva visto lanciare, si era auto cancellato i ricordi.

La scena mutò e apparve il giardino del palazzo di re Mihal.

Vide lui e la regina Elbereth.

 

E se tornasse?” domandò la donna terrorizzata, mentre Mihal la teneva stretta a se “Che ne sarà del mio Jareth? Lui non ricorda nulla e non so come dirglielo, io…”

Non dirglielo” rispose Mihal “Non dirgli nulla. Jasper non tornerà è troppo codardo e se dovesse mettere piede nell’Underground, gli Urskeks lo prenderebbero”

 

Kal rimase senza parole.

Non avrebbe mai immaginato un passato del genere nei confronti del suo migliore amico…migliore amico…

se davvero Kal fosse il migliore amico di Jareth certe cose dovrebbe saperle o almeno intuirle.

Voleva saperne di più, voleva trovare una soluzione.

Re Jasper stava per uccidere la regina e l’entità del regno lo aveva fermato, avvisando lui stesso gli Urskeks.

Jasper era fuggito come un codardo, altro che cercare Ahtohallan per dimostrare la sua innocenza.

Kal fece per avvicinarsi alla sculture di ghiaccio dei due regnanti, che si erano immobilizzate, ma non riuscì.

Sentiva i suoi piedi pesanti, come se fossero ancorati al suolo.

Chinò lo sguardo e li vide diventare di ghiaccio.

Terrorizzato tentò di dimenarsi, ma inutilmente.

Nel frattempo la scena mutò.

Vi erano di nuovo re Mihal e la regina Elbereth, ma con loro c’erano anche gli Urskeks e alcuni abitanti delle terre di Elnar.

 

Io, regina Elbereth, dichiaro ufficialmente il mio ritiro” disse la donna “Da oggi, sarà Mihal di Elnar, re degli elfi, a governare sull’Undergorund”

 

Era tutto chiaro!

La regina Elbereth non era stata costretta ad abdicare in favore di Mihal, era stata una sua decisione spontanea.

Il regno da cui proveniva la donna reclamava ancora lei come regina e non potendo dividersi fra i due regni, nonché mondi, ha preferito abdicare e dedicarsi al suo popolo ad Arendelle.

Nessuno l’aveva costretta.

Re Mihal era innocente.

Ma Jareth?

Che cosa poteva fare per lui?

Come poteva dimostrare che era innocente?

Non c’era un modo, non c’era nulla.

Allungò una mano, come a voler chiamare la regina, ma avvertì una fitta all’altezza del petto.

Non si era accorto che il suo corpo stava davvero ghiacciando.

Era troppo tardi.

“No...no!” alzò il braccio “LEITHA!” gridò ed una sfera dorata fuoriuscì dal palmo della sua mano e si levò fino al soffitto per poi scomparire.

Kal sentiva il ghiaccio invadergli il corpo anche internamente fino a raggiungere il mento

-Sarah, Jareth- quello era il suo pensiero fisso.

“Mi dispiace”

Ed il ghiaccio lo sommerse del tutto, mentre dalle sue labbra un rivolo di vapore marcava il suo ultimo respiro prima di diventare una statua di ghiaccio.

 

Ma in quel fiume affogherà

chiunque vada troppo in là

 

 

Leitha → con vocabolario elfico significa “Rilasciare”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Con questo capitolo, inizia la parte “finale” della storia.

Questo è il 15° capitolo...la storia si concluderà con il numero 18...c’è anche un epilogo, ma la vera conclusione è fra tre capitoli.

Buona lettura

 

 

“Jareth, fermati!” Alice faticò parecchio per stargli dietro, Jareth era partito a gran velocità e lei non aveva questa prontezza di riflessi.

Jareth corse fino al giardino esterno dell’abitazione, appoggiandosi al primo albero visto e riprendendo fiato.

Sarah non era più nel Sottomondo.

Dove si trovava?

Era anche lei ad Arendelle?

Oppure era tornata nel suo mondo?

Jareth tremò visibilmente e senti il cuore mancargli un battito.

Perché la sua preziosa era fuggita?

Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato e con Iracebeth al potere c’era da aspettarsi di tutto.

“Jareth…”

“Sarah non è nel Sottomondo” sentenziò lui

“Come fai a dirlo?” domandò Alice “Magari è riuscita a nascondersi da Iracebeth, con lei c’è Tarrant vedrai che sarà…”

“Non mi fido di lui!” ringhiò Jareth “Non mi fido e non serve dirti il perché. Io sento che Sarah...la mia Sarah, non è più nel Sottomondo e mi fido molto di più del mio istinto che del tuo stra maledetto cappellaio!”

Alice non riuscì a parlare.

“Mettiti nei miei panni, Alice” continuò Jareth “Nel Sottomondo è successo qualcosa, Sarah è scomparsa e Kal è chissà dove a cercare questo maledetto Ahtohallan ed io sono stato tagliato fuori dai giochi” fece un profondo respiro “Come pensi che mi senta?”

“Jareth, io…” Alice iniziò la frase, ma dovette bloccarsi quasi subito.

Il suo sguardo venne attirato da una sfera luminosa che si stava avvicinando.

Anche Jareth se ne accorse e si alzò, parandosi davanti ad Alice per sicurezza.

La sfera arrivò a gran velocità e si posò a terra, scoppiando in un bagliore.

Quando i due riuscirono a riabituare la vista, ciò che li accolse non era per nulla rassicurante, anzi! Per Jareth si trattava di qualcosa a dir poco spaventoso.

Era una scultura di ghiaccio che raffigurava due persone a loro ben note e, purtroppo, non nelle migliori posizioni.

Era re Jasper che stava per colpire a morte la regina Elbereth, mentre Jareth stava cercando di difenderla.

Questo portò alla mente di Jareth ricordi che non sapeva di avere e, purtroppo, anche cose inerenti al suo tentativo di cancellarsi la memoria.

Alice non capì molto, ma fu comunque sufficiente per farle capire che la regina Elbereth era stata una vittima.

La bionda, però, intuì anche altro...Kal aveva raggiunto Ahtohallan.

“Mihal è innocente” fu l’unica cosa che Jareth riuscì a mormorare, prima di lasciarsi cadere in ginocchio a terra.

Purtroppo, anche lui fu colto dallo stesso pensiero della bionda.

Kal aveva raggiunto Ahtohallan...ma si era spinto troppo in la.

Perchè mandare avanti una magia, se sei vivo?

Avvertì una stretta allo stomaco, una morsa che gli fece mancare il respiro.

“Non ce l’ha fatta…” mormorò.

Chinò la testa, lasciando scorrere le lacrime lungo le guance.

Il suo amico...il suo unico e migliore amico non c’era più.

Gridò il suo nome, lo gridò a gran voce, ma era ovvio che nessuno gli avrebbe risposto.

No...Kal non sarebbe più tornato.

 

*****

 

Sarah venne subito portata in una stanza, dove avrebbe potuto riposarsi e rimettersi in forze.

In quelle situazioni erano normali i mancamenti ed i giramenti di testa, la moglie di re Flush ne sapeva qualcosa e, infatti, non poté non sorridere.

Un paio di giorni di riposo e sarebbe stata pronta ad affrontare il viaggio fino al regno della regina Blair.

Tarrant l’aiutò a raggiungere la stanza, sentendosi un po’ in imbarazzo ma rimanendo, nonostante tutto, accanto a lei.

“Si riprenderà?” domandò preoccupato, alla donna chiamata per aiutare Sarah a sistemarsi e che li aveva guidati fino alla camera da letto.

“Starà benone” confermò la serva con un sorriso “Un paio di giorni e sarà pronta a partire”

Tarrant si sentì più tranquillo e sorrise alla donna “Ma lo sa che lei ha una testa davvero graziosa?” disse, tanto per smorzare la tensione “Le starebbe un cappello con piume di pavone”

La serva, che mai aveva ricevuto un tale complimento, si sentì lusingata ed arrossì passandosi istintivamente una mano fra i capelli.

“Ehm…” deglutì, cercando di ricomporsi “Vado subito a prendere una minestra calda per la signorina, tornerò subito” ed uscì dalla porta, continuando a passarsi una mano fra i capelli e immaginandosi con un cappello di piume di pavone.

“Adoro vedere la gente felice” sorrise Tarrant, rivolgendosi poi a Sarah “Tu non mi sembri felice” aggiunse, vedendo che Sarah si era rannicchiata sul letto con sguardo cupo.

Sarah non sapeva cosa dire, era tutto così confuso, così strano.

Jareth era da mettere in salvo e lei stava viaggiando per l’Underground pur di aiutarlo.

E se poi rifiutava l’aiuto allo stesso modo che rifiutava il suo amore?

E se avesse scoperto del bambino e avesse reagito male?

Ma ciò che la tormentava di più era altro.

Lei non era pronta ad avere questo bambino, era lei stessa una bambina e non era sposando un re che sarebbe cambiato qualcosa.

Cosa poteva fare?

In quel momento non riusciva a pensarci.

Era sola, nonostante Tarrant fosse lì con lei.

Tu non mi sembri felice, le aveva detto.

E come poteva esserlo?

Senza contare, poi, che è bastata una notte con Jareth per restare fregata.

Ed era pure la sua prima volta.

“Non lo voglio, Tarrant” mormorò “Non lo voglio, non così, non adesso”

Non senza Jareth, avrebbe voluto aggiungere.

Tarrant sospirò “Io penso…” disse, ponderando bene le parole da dire “Che questo bambino è tanto fortunato”

Sarah sbuffò “Come no” borbottò

“Ma certo e ti spiego perchè” Tarrant la guardò sorridente “Perchè ha una mamma molto coraggiosa e che fa di tutto per salvare il suo re e, se non erro, una donna tanto temeraria sarà la migliore mamma del mondo”

Sarah sorrise appena.

Tarrant era così carino con lei che non riusciva nemmeno a controbattere.

Per quanto il cappellaio avesse ragione, Sarah non era sicura di essere pronta.

In un futuro, forse, ma ora come ora non era in grado di badare a se stessa e lo dimostrava il fatto che si era messa in viaggio nell’Underground, ben sapendo che se la prendevano rischiava di essere giustiziata.

In più era tutto così strano…

aveva scoperto di essere incinta grazie ai regnanti del labirinto di acqua, così...di punto in bianco...e stava confidando i suoi pensieri in merito alla gravidanza a Tarrant che era l’uomo di qualcun’altra e che, volendo vedere, aveva appena conosciuto.

Però c’era lui lì e lei aveva davvero bisogno di avere vicino un volto amico o, comunque, conosciuto.

Pregò con tutta se stessa di rivedere Jareth, aveva bisogno anche di lui...soprattutto di lui.

Fece per parlare, ma notò che Tarrant aveva rivolto lo sguardo verso la finestra con aria curiosa.

Stava osservando qualcosa che si avvicinava a gran velocità verso di loro, una sfera di luce.

“Non so perché, ma non penso sia qualcosa di buono” commentò lui parandosi davanti a Sarah che scese dal letto e osservò la sfera avvicinarsi.

Quando questa si posò a terra, scoppiò in un bagliore, obbligando i due a coprirsi gli occhi per non restare accecati.

Quando riuscirono di nuovo a vedere, davanti a loro era apparsa una scultura di ghiaccio che formava una scena raccapricciante.

Un uomo, che Sarah non aveva mai visto, stava per colpire a morte la regina Elbereth mentre un piccolo Jareth stava cercando di difendere la donna.

“Ok, questo è strano” commentò Tarrant “E poi dicono di me”

Sarah spalancò la bocca.

Chiunque fosse quell’uomo, doveva essere imparentato con Jareth in quanto vi era parecchia somiglianza fra i due.

Qualunque cosa significasse, stava di fatto che la regina Elbereth era una vittima.

Che centrasse qualcosa con il fatto che aveva abdicato in favore di re Mihal?

Se così fosse, probabilmente quella scultura aveva una valenza per il re.

Ma perché mandarla a lei?

Perché farle giungere quel messaggio?

Sarah non aveva idea del perché, ma capì che non era stato sicuramente Jareth l’artefice di tutto questo.

Si avvicinò alla scultura, passando una mano sul volto del piccolo Jareth.

Non era stato lui, ma qualcuno doveva pur essere stato.

Jareth no e nemmeno Alice, che era partita con lui.

Restava solo una persona.

Kal.

“E’ stato Kal…” senza sapere il perché, Sarah si portò una mano al collo e strinse la collana della forza che Kal le aveva regalato.

Aveva una brutta sensazione...molto brutta.

Sfiorò ancora il volto del piccolo Jareth e poi osservò meglio la scultura.

Quelle statue di ghiaccio non sprizzavano solo magia, ma lasciavano andare anche un senso di disperazione.

Era come se chi le aveva evocate fosse in un momento critico.

Ciò che le venne in mente, infatti, sembrò essere l’unica ipotesi plausibile.

“Kal…” mormorò Sarah “Oh, mio Dio, Kal!” si inginocchiò a terra, scoppiando in un pianto a dirotto, mentre Tarrant cercò di sostenerla.

Non aveva capito granché, ma bastò la reazione di Sarah per fargli intendere che non era piacevole quanto scoperto.

Sarah pianse lacrime amare mentre la scultura, confermando il suo pensiero, si dissolse nel nulla.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Nuovo capitolo tutto per voi.

-2 alla fine (-3 se contiamo anche l’epilogo)

Buona lettura e grazie come sempre a Fiore del deserto

 

Quanto tempo era passato?

Nessuno di loro aveva tenuto il conto, nemmeno Mirana.

Erano passati parecchi giorni e nessuno si era più fatto vedere o sentire e tutti iniziavano a temere il peggio per i loro amici.

In tutto quel tempo vedevano solo le carte che portavano loro da mangiare e, il più delle volte, il leprotto glielo tirava contro.

Era pazzo, ma coraggioso.

Non avevano nemmeno più visto Iracebeth, ma sentivano le sue grida ogni volta che veniva contraddetta o faceva capricci per qualcosa che non le veniva dato.

Ma quello che li opprimeva di più era la sua solita frase, purtroppo usata spesso e volentieri tagliategli la testa.

“Voglio uscire da quiiiiiiiiii!” gridò il leprotto, tirandosi le orecchie come se volesse strapparle “Io sto impazzendoooo!”

Anche quelle erano frasi ricorrenti e, ormai abituati, nessuno ascoltò il lamento del povero leprotto.

Eppure, anche se non se lo filava nessuno, Mally assunse uno sguardo pensieroso.

Lo stesso sguardo che, nelle prima ventiquattro ore gli aveva fatto provare il suo ago come metodo di scasso...ovviamente con insuccesso.

“Mally, tutto bene?” domandò Bayard, notando l’intensità della sua espressione.

“Ora che ci penso...no, non va tutto bene!” esclamò, aggrappandosi alle sbarre “Come mai noi siamo qui e lo Stregatto non c’è?”

A parte re Mihal, che non aveva idea di cosa stesse dicendo, Mirana e gli altri realizzarono la veridicità di quelle parole.

“In effetti è vero, non l’ho visto quando ci hanno catturati” confermò Bayard.

“Ma come?” domandò una voce, proveniente dalla cella di Mirana e Mihal “Sono sempre stato qui”

dal nulla apparve una testa fluttuante, con un enorme sorriso.

“Cosa!?” esclamarono Mally ed il leprotto tutti insieme.

“Sei sempre stato qui?” Anche Bayard era sconvolto “Perchè non ci hai aiutati?”

“Perchè nessuno me lo ha chiesto” rispose lo Stregatto, come se fosse ovvio, apparendo per intero a mezz’aria.

Mihal stava per dire qualcosa di molto spiacevole contro il gatto volante, tanto che dovette mordersi le labbra per non inveire con parole indegne di un re.

Fu Mirana a prendere in mano le redini, ignorando il leprotto e le sue imprecazioni più che giustificate, ma irripetibili.

“Puoi fare qualcosa, Stregatto?”

“Può darsi di sì, può darsi di no” rispose il gatto fluttuante “Ma posso provarci” aggiunse, notando lo sguardo fulminante di Mihal.

“Fai del tuo meglio” ordinò Mirana ed il gatto scomparve.

In quel momento, il leprotto riprese le sue imprecazione e, con lui, si aggiunse Mihal

“Maestà” disse quest’ultimo “Non voglio infierire sui vostri sudditi, ma quel...figlio di banshee è rimasto qui tutto il tempo a guardare quel...goblin, che ci facevano” disse cercando di essere il più pacato possibile “Come potete pretendere che vi dia retta?”

“Perchè io possiedo queste” la voce dello Stregatto, con lui compreso, era riapparsa.

Il gatto mostrava fra le zampe un mazzo di chiavi.

Se era così semplice, come aveva potuto restare a guardare?

“Stregatto della malora!” Esclamò Mally, mentre veniva liberata insieme agli altri “Io dovrei conficcarti la mia spada in un occhio!”

“Tu sei...sei…” Mihal aveva parecchie cose da dire, ma Mirana lo fermò con lo sguardo e lui dovette trovare alla svelta un termine più adatto “Tu sei impossibile”

“Errato, vostra altezza” rispose il gatto “Io sono solamente non possibile”

Mihal si passò le mani sul volto e lasciò perdere, che forse era meglio.

Una volta tutti liberi, Mirana fece cenno di essere seguita e tutti obbedirono senza problemi.

Ma la loro fuga non sarebbe andata a buon fine.

Salirono le scale che li avrebbe portati all’esterno, ma appena aprirono la porta si ritrovarono davanti le carte di Iracebeth.

Quattro di picche e sette di quadri.

“Ehi! Ma dove state andando!?” esclamarono, puntando contro di loro le lance.

Lo Stregatto, vedendo la mal parata, immediatamente scomparve.

“Codardo!” gridò Mally, giurando di combinare un disastro appena lo avrebbe rivisto.

“Lascia perdere, quattro” ridacchiò il sette “Ci hanno risparmiato la fatica di fare le scale” con un fischio, il sette chiamò a se altre carte ed i fuggitivi vennero legati e portati verso l’ingresso del castello “La regina vuole vedervi”

“La regina è qui con noi!” ribatté Mally, venendo zittito dal numero quattro che, oltre ad averlo legato, lo prese nella mano e lo strinse coprendogli la bocca.

Il gruppo venne portato fino alla sala del trono e vani furono i tentativi di dimenarsi e liberarsi.

Mirana ringraziò il cielo che Iracebeth non avesse fatto grandi cambiamenti, altrimenti sarebbe stata un’impresa rimettere tutto come era prima.

Iracebeth era seduta sul trono in modo scomposto e con i piedi appoggiati su un maialino, che sfruttava come uno sgabello.

Di fianco al trono vi erano altre due carte, il fante di cuori e quello di quadri.

“Perchè ci avete messo tanto?” domandò Iracebeth, rivolto al quattro e al sette.

“Perdonateci, vostra maestosità” si scusò il sette, spingendo il gruppo avanti e inchinandosi insieme al quattro “I prigionieri erano riusciti a fuggire, ma li abbiamo presi in tempo”

Iracebeth sgranò gli occhi, poi sospirò “Ok, pazienza, basta che non ricapiti più”

Tutti si meravigliarono.

Da quando era così magnanima?

La risposta non tardò ad arrivare.

Iracebeth sussurrò qualcosa all’orecchio dei due fanti e questi, con le lance puntante, obbligarono il quattro ed il sette a seguirli.

I due poveretti implorarono pietà, ma non vennero ascoltati.

Una volta fuori dalla sala del trono, il fante di picche e quello di fiori presero il posto degli altri due.

Mirana tentò di implorarla “Iracebeth…”

“TACI!” gridò la regina rossa zittendo tutti e alzandosi in piedi, ignorando il povero maiale e schiacciandolo come se fosse uno zerbino.

Con un grugnito di dolore, il maialino scappò via appena ne ebbe l’occasione.

Iracebeth si avvicinò a Mirana e puntò il suo dito contro di lei “Tu, hai disonorato la corona!” esclamò “L’ho sempre detto a nostro padre che tu non eri degna di coprire questo ruolo!”

“Racy…”

“TACI HO DETTO!” gridò con voce striduli, battendo il piede destro con fare stizzito “Ora partiremo tutti quanti per l’Underground, è già tutto organizzato” spiegò la regina rossa “Verrete consegnati agli Urskeks e saranno loro a decidere la vostra fine”

Detto questo, la porta principale si spalancò, facendo entrare un gruppo di carte.

Queste accerchiarono Mirana e gli altri, obbligandoli a seguirli fuori dal castello.
“Racy, ti prego, ripensaci” implorò Mirana “Possiamo trovare una soluzione, lasciami spiegare”

“Non c’è nulla di cui discutere” sibilò Iracebeth “Tu non sei degna della corona”

Ed i prigionieri vennero portati fuori, caricati su una carrozza con le sbarre e fatti portare via.

Iracebeth, che non era intenzionata a perdersi la scena, li seguì con la carrozza più lussuosa che il regno possedeva.

“L’Underground…” mormorò Mihal “Siamo fregati”

 

DIECI GIORNI DOPO

 

Tutto quello che accadde dal momento che Jareth realizzò la scomparsa di Kal, al momento in cui si ritrovò a cavallo in rotta verso l’Undergorund, fu tutto veloce e incomprensibile.

A lui era bastato sapere e ricordare che Mihal era innocente, per il resto si era ormai rassegnato.

Elbereth non l’avrebbe lasciato questa volta, gli sarebbe rimasta accanto.

Lei insieme ad Alice ed il tenente Mattias, seguirono Jareth nel suo viaggio di ritorno fino all’Undergorund.

Furono obbligati a fermarsi spesso per via di Alice e della regina Elbereth, loro non erano in grado di affrontare il viaggio anche di notte e con appena due ore di sonno.

Jareth era sempre più nervoso ogni notte che passava, specialmente l’ultima.

Ormai sapeva che il suo destino era segnato.

Seduto accanto al fuoco, improvvisato dal tenente Mattias, Jareth continuava a respirare profondamente, godendo ogni attimo ed ogni boccata d’aria.

Con le ginocchia all’altezza del petto e con lo sguardo perso nel vuoto, pensava alla sua amata Sarah e continuava a chiedersi dove potesse essere.

Stava bene?

O, come Kal, non ce l’aveva fatta?

Pregò che fosse la prima opzione quella giusta.

Le mancava, solo gli Dei sapevano quanto e avrebbe tanto desiderato averla accanto e stringerla forte a sé.

Darlo un ultimo abbraccio.

E invece, a causa della sua stessa stupidità, l’ultima cosa che aveva fatto era stata lasciarle un biglietto di scuse dopo aver profanato la sua innocenza.

Si sentiva un vile, un codardo e...un bugiardo.

“Jareth…” Alice richiamò la sua attenzione, sedendosi accanto a lui.

“Vedi di dormire” disse lui, senza neanche guardarla “Domani arriveremo nell’Underground e ci sarà parecchio da lavorare”

“Non riesco a dormire” mormorò, asciugandosi una lacrima fuggitiva “Mi manca Kal e mi manca Tarrant”

Jareth non riuscì nemmeno a dire qualcosa di spiacevole contro il cappellaio.

Vedere Alice così affranta era una novità.

La conosceva per il suo coraggio e la sua determinazione e vederla in quello stato non era per nulla piacevole.

Lo stesso valeva per lei nei confronti di Jareth.

Passando dal Sottomondo non erano riusciti a vedere nessuno, però c’era da tener conto che stavano attraversando quella terra per vie secondarie.

“Sono sicuro che il tuo strambo cappellaio sta bene” la rassicurò Jareth

“Come fai a dirlo?”

“Lo so e basta, ti fidi di me?”

Alice sorrise appena “Da quello che so, Sarah è molto coraggiosa, una grande donna” disse “Sono sicura che sta bene anche lei”

“Come fai a dirlo?”

“Lo so e basta, ti fidi di me?” domandò la bionda, facendo sorridere Jareth

“Sei completamente matta” disse lui, scompigliandole i capelli con fare affettuoso.

“Senti chi parla” Alice si sistemò i capelli e, dopo un lungo sospiro, appoggiò la testa sulla spalla di lui “Jareth...qualunque cosa accadrà domani, io sono con te”

Lui sospirò “Lo so e ti ringrazio di tutto cuore, ma vorrei chiederti un grosso favore” attese che Alice gli desse attenzione e poi proseguì “Resta con Sarah” disse “Se dovesse andare male, ti prego di rimanerle accanto”

“Jareth…”

“Non te lo chiederei, se non mi fidassi” precisò Jareth “Alice, ti prego, promettimelo” implorò “Resta vicino alla mia Sarah”

Alice deglutì “Lo farò”

“Grazie”

Alice fece un piccolo cenno col capo, poi si alzò per tornare sulla sua stuoia “Oh, quasi dimenticavo” lui la guardò “Fairfarren, Jareth”

 

*****

 

Sarah non aveva badato più a nulla dopo la scoperta della scomparsa di Kal.

Aveva passato il tempo a fissare il vuoto e mangiava come un automa, senza nemmeno rendersi conto di quello che faceva.

Il cappellaio aveva fatto di tutto per farla sorridere, ma era evidente che Sarah non collaborava e questo lo rammaricava.

Avrebbe voluto renderla felice, ma davanti ad un lutto c’era ben poco che potesse fare.

Sarah aveva sperato in tutti i modi di vedere Kal apparire e dirle che stava bene, ma non era mai successo.

Dopo due giorni di riposo forzato, Sarah era ripartita alla volta del regno della regina Blair.

Non ebbe la benchè minima idea di quello che accadde ma, grazie a re Flush e re Baelfire, la regina Blair acconsentì di aiutarli.

Tarrant aveva spiegato a tutti cosa avevano visto, ma non era riuscito a dare spiegazioni più dettagliate.

Sarah sembrò ridestarsi da quel letargo quando la regina Blair nominò gli Urskeks.

“Domani verranno qui, nell’underground” disse la donna “Ho sentito che sono stati richiamati dalla regina Iracebeth del Sottomondo”

“Il Sottomondo?” esclamarono in coro Baelfire e Flush

“Ma il Sottomondo non ha potere in questa terra” precisò re Flush “Chiunque sia questa regina, non può convocarli qua e venire anche lei”

La regina Blair lo zittì alzando una mano “Non posso cambiare quello che accade in queste terre e se gli Urskeks hanno acconsentito alla richiesta della regina del Sottomondo, noi non possiamo fare nulla”

Gli Urskeks nell’Undergorund e sotto richiesta della regina fasulla, come aveva detto loro Tarrant, del Sottomondo.

La questione era seria, vista la singolarità della situazione.

Sarah non aveva esattamente idea di chi o che cosa fossero questi Urskeks, ma sentiva che oltre alla regina rossa erano coinvolti anche gli altri.

E se ci fossero state di mezzo ancora le carte?

Sentiva che si sarebbe finiti a combattere e lei non sarebbe rimasta con le mani in mano.

Lei non aveva poteri e nemmeno un ruolo da regina, visto che era stata spodestata, ma se mai si fosse arrivati alla battaglia lei avrebbe partecipato.

Un arma qualsiasi andava bene a quel punto.

“Regina Blair” si intromise Sarah “Vi chiedo il permesso di poter avere una spada”

La regina si incuriosì e gli altri due sovrani la fissarono sbalorditi

“La regina rossa ha catturato i nostri amici” specificò Sarah “Se davvero verrà qui significa che con lei ci saranno anche le sue car...le sue guardie” si corresse “E se il suo carattere è davvero così perfido come mi è sembrato, si finirà probabilmente a combattere e non voglio restare con le mani in mano a guardare”

“Siete coraggiosa, regina Sarah” Blair era l’unica a chiamarla regina nonostante non lo fosse più da quando aveva abdicato “Ma mi permetto di dissentire, visto che sono fiduciosa che mai si giungerà alla battaglia e viste le vostre condizioni”

“E voi permettetemi di controbattere” Sarah mostrò una determinazione tale che scandalizzò tutti i presenti, esclusa la regina Blair “Ho intenzione di difendere questo luogo allo stesso modo che difenderò mio marito e questa creatura non ancora nata” si portò una mano al ventre, tremando visibilmente “Spero non si giunga al peggio, ma se così non fosse voglio essere partecipe”

La regina Blair sospirò ed assunse un’aria preoccupata.

Sarah era un umana, certo, ma non era in grado di sostenere una guerra come quelle che potevano scattare nell’Underground o in qualsiasi altro mondo.

Ma la sua volontà era più forte di quella che immaginava.

“Se serve per darvi sicurezza, sarò lieta di fornirvene una” sentenziò la regina Blair “Ma se dovesse presentarsi la mal parata, ordinerò che voi veniate portata via dalla zona, in modo tale da mantenervi al sicuro e sarete voi, cappellaio…” indicò Tarrant “...che eseguirete questo ordine”

“Ma...io...ecco…” Tarrant non riuscì a ribattere “certamente, maestà” fece un inchino a dir poco vistoso e poi si rialzò rimise composto.

Sarebbero state le ore più lunghe della loro vita e Sarah, dentro di se, sperò vivamente di rivedere Jareth.

Sentiva che era vicino.

Quella notte non riuscì a chiudere occhio, il suo pensiero era rivolto al marito.

Si portò una mano al ventre, sorridendo appena.

-Domani, sono sicura, vedremo di nuovo tuo padre- pensò -E farò qualunque cosa in mio potere per riaverlo con noi-

sospirò e tornò a guardare il soffitto.

“Sto arrivando, Jareth”

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Signori...-1 alla fine...-2 considerato l’epilogo.

Spero di allietare i vostri animi con questo capitolo.

Buona lettura

 

 

L’incontro con gli Urskeks era previsto al labirinto di terra, quello di Jareth.

Era l’alba e lungo la collina tre gruppi di persone e creature avanzavano lentamente verso l’ingresso del labirinto.

Camminavano come se stessero andando al patibolo e, in un certo senso, era così.

Da un lato c’era Iracebeth, seguita dalla carte, che avanzava a piedi con passo deciso e sguardo spavaldo.

Dietro di lei la carrozza con le sbarre che trasportava Mirana, Mihal e tutti gli altri.

Dall’altro Sarah, Tarrant e i sovrani, avanzavano lentamente e tenevano ben vicine le loro spade, pronti per l’attacco.

Ovviamente, speravano che non si giungesse a quel punto, ma era meglio essere previdenti.

Infine, il gruppo di Jareth avanzava con fierezza.

Jareth sapeva che sarebbe andato incontro alla morte ma non voleva mostrare a nessuno la paura che gli attanagliava lo stomaco.

L’aveva scampata una volta, non era sicuro che potesse scamparla ancora.

Giunti davanti all’ingresso, rimasero tutti sbalorditi nel vedere gli altri.

Tutti si aspettavano di essere gli unici anche se, in fondo, un po’ di speranza di rivedere i propri cari l’avevano.

“Mihal!” la regina Elbereth si portò le mani al volto, vedendo il marito chiuso nella carrozza adibita a prigione.

“Elbe…” Mihal si aggrappò alle sbarre, come a volerle sgretolare e andare verso la sua amata.

“Tarrant!” Alice fu la prima a rompere le barriere, correndo incontro al cappellaio e stringendolo forte.

“Alice!” lui ricambiò la stretta “Mia dolce Alice” la scostò per guardarla ben dritta negli occhi “Sei tu tu?”

“Si, cappellaio” sorrise e lui la strinse ancora, posandole un dolce bacio sulle labbra.

Poi, entrambi, si voltarono verso Iracebeth e si accorsero dei prigionieri.

“Maestà!” Tarrant cercò di avvicinarsi, ma le carte lo bloccarono.

“State indietro!” esclamò Iracebeth “Oppure ordino alle guardie di giustiziarli seduta stante!”

Tarrant si infervorò ed i suoi occhi cambiarono persino colore dalla rabbia.

Alice dovette faticare parecchio per tenerlo fermo.

Sarah andò in suo aiuto.

“Che gli succede?” domandò in un sussurro Sarah rivolta ad Alice

“Si è arrabbiato parecchio” tagliò corto Alice, che conosceva bene le reazioni di Tarrant quando si infervorava.

Mirana fece loro un cenno col capo, segno di stare tranquilli.

Mentre aiutava Alice a riportare il cappellaio all’ordine, Sarah volse lo sguardo verso Jareth, sentendo il suo stomaco chiudersi e il respiro mancarle.

In quelle settimane erano cambiati tutti e si vedeva la sofferenza sui volti di ognuno, ma Jareth era quello che, a detta di Sarah, era messo peggio

Smagrito e con le occhiaie, la guardava con occhi stanchi e imploranti.

I capelli scompigliati avevano perso la loro lucentezza.

Sarah fremette, ma riuscì a rivolgergli un mezzo sorriso come per dirgli tranquillo, sono qui.

Jareth avanzò di un passo e sembrava volesse andare verso di lei, ma si bloccò subito volgendo lo sguardo altrove.

Sarah sentì che c’era qualcosa sotto.

Spostò anche lei lo sguardo...lo spostò alla ricerca di Kal.

Purtroppo, le sue teorie erano vere e Kal non c’era.

Sentì le lacrime salire nuovamente e soffocò un singhiozzo con la mano.

Jareth se ne accorse, ma rimase immobile sopprimendo l’istinto di stringerla a se e scusarsi in ginocchio per tutto il dolore causato.

Era tutta colpa sua e anche la morte di Kal lo era.

L’unica cosa che gli dava un senso di speranza era vedere la sua amata Sarah circondata dagli altri regnanti dell’Underground.

Era per questo che Sarah non si trovava nel Sottomondo, era andata a cercare aiuto...a cercare aiuto per lui.

Ma perché?

Perché compiere un gesto simile dopo tutto quello che lui aveva fatto?

Perché lei lo amava davvero e lui avrebbe dovuto capirlo dopo quella notte passata insieme.

Si era concessa a lui e gli aveva permesso di profanarla...e lui l’aveva tradita, abbandonandola nuovamente con l’inganno.

Decise di avvicinarsi a lei, voleva parlarle e non poteva farlo così distante, ma non fece in tempo.

Un bagliore invase tutto il labirinto e quando scomparve, facendo abituare di nuovo la vista di tutti, al suo posto erano apparse cinque creature.

Sembravano dei tronchi d’albero, il cui volto era solcato da enormi occhi bianchi.

Le loro vesti li faceva assomigliare a dei sacerdoti.

Anche se il loro aspetto era imponente e incuteva timore, tutti quanti li osservavano nella speranza che fossero benevoli come dicevano le leggende.

Quelle creature rimasero in silenzio, osservando una ad una le persone presenti.

Nessuno osò proferire parola e preferirono attendere che fossero gli Urskeks a parlare per primi.

Peccato che per “nessuno” si poteva fare riferimento a tutti, leprotto compreso, ad esclusione della regina rossa.

Questa avanzò verso le creature, mettendosi davanti a loro e guardandoli come se fosse la loro padrona.

“Vi ho convocati qui per denunciare un grave affronto” disse ad alta voce, per far si che tutti potessero sentirla.

Si voltò e puntò il dito contro la carrozza prigione.

“Quelli sono traditori!” esclamò “Colei che avrebbe dovuto proteggere il regno del Sottomondo ha ospitato dei fuggitivi!” prima indicò Mihal e poi Jareth “Lui, è l’unico ad essere fuggito ed ora è tornato e…”

Gli Urskeks alzarono una mano per zittirla e Iracebth sgranò gli occhi offesa.

“Mi state zittendo?” mormorò “Mi stanno zittendo! Tagliateli la testaaaa!”

Le carte iniziarono ad avanzare con le lance puntate contro gli Urskeks che, sempre senza dire nulla, mossero le loro mani in un gesto circolare e tutte le carte vennero sbalzate in aria da un forte vento, che obbligò il resto dei presenti a ripararsi gli occhi per evitare di essere colpiti dai rametti e dai sassi che si levavano per aria.

Quando tutto si zittirono nuovamente e le carte furono scomparse lontano, gli Urskeks presero finalmente parola.

Iracebeth, talmente scandalizzata, restò anche lei in silenzio.

“Avvicinati” dissero rivolti a Jareth, con un tono che non sembrava un ordine ma una semplice richiesta.

Jareth avanzò lentamente e, appena fu davanti a loro, si inchinò rispettosamente.

“Devi dirci qualcosa, re di Goblin?” domandò uno degli Urskeks.

Jareth rimase di stucco nel sentirsi chiamare ancora re, in quanto convinto di non esserlo ormai più.

Fece un profondo respiro, si ricompose e si mise le mani dietro la schiena.

“Mi reputo colpevole di tradimento alla corona” confessò Jareth, facendo sbarrare gli occhi a tutti.

“Cosa!?” fu il coro che si levò dalle bocche di tutti.

Gli unici a non parlare furono Alice e il tenente Mattias che, per loro sfortuna, erano già al corrente del piano di Jareth.

Nemmeno la regina Elbereth aveva esattamente idea di cosa volesse fare il figlio.

Lui non badò a nessuno e proseguì nel discorso.

“Ho costretto un’umana sposarmi per non perdere il mio posto nel regno, all’inizio era falso e non registrato ed è stato reso ufficiale in un secondo momento e, per concludere, poi l’ho costretta ad abdicare in mio favore...con l’inganno”

“Re Jareth, che state facendo?” domandò re Baelfire, venendo però zittito da Jareth stesso che proseguì.

“Io e re Mihal, delle terra di Elnar dell’Underground, siamo riusciti a sfuggire al nostro destino e sono pronto a prendermi ogni responsabilità delle mie azioni” precisò “Ma c’è una cosa...qualcosa che tutti voi dovete sapere” Jareth osservò uno per uno i presenti e poi si rivolse a sua madre.

La regina Elbereth si avvicinò, facendo un piccolo inchino in direzione degli Urskeks.

Si avvicinò al figlio, posò una mano sulla sua fronte e con l’altra fece apparire una sfera.

Con il permesso degli Urskeks, la regina scagliò la sfera per terra e da essa apparve la stessa scultura di ghiaccio che Jareth, Tarrant, Alice e Sarah avevano visto.

Anche se Elbereth era stata messa al corrente di quanto sarebbe apparso, non era del tutto preparata a rivivere quel ricordo.

Aveva cercato di dimenticare quegli eventi, ma era impossibile ed ora doveva affrontarli nuovamente.

Sarah trattenne il fiato così come Alice, quest’ultima venne stretta da Tarrant.

“Questa è la prova che re Mihal di Elnar è innocente” continuò Jareth “La regina Elbereth, dopo la morte di re Jasper si era risposata ed era reclamata da due regni. È stata costretta ad abdicare da uno di essi” deglutì “L’ho accusato ingiustamente e intendo pagare anche per questo”

“Jareth!” chiamò Mihal “Razza di un insensato, fermati”

“Queste prove le ho ottenute sulla pelle di Kal” precisò Jareth, in risposta a Mihal “Kal di goblin è morto ad Ahtohallan per questo” indicò la scultura, che poco dopo scomparve “Ma purtroppo non esiste nulla che possa scagionare me dalle mie crudeli gesta…” tornò a rivolgersi agli Urskeks “...perciò chiedo a voi di scagionare re Mihal di Elnar da ogni accusa e far liberare coloro che la regina rossa tiene prigionieri ingiustamente”

“Che cosa sta dicendo?” Iracebeth, che non sapeva quando era il caso di tacere, iniziò a tremare e sbattere il piede nervosamente a terra “Non gli darete mica ascolto vero? Loro hanno tradito la corona!”

Gli Urskeks, che ignorarono bellamente Iracebeth, schioccarono le dita e il lucchetto che chiudeva la carrozza prigione si sbloccò.

Il leprotto aprì subito le sbarre e si fiondò sul prato, baciando la terra e osservando un sassolino lì vicino

“Sasso…”

Una volta fuori, Alice e Tarrant si avvicinarono e ci fu un abbraccio di gruppo tra loro e gli amici del té.

Mihal, appena giù, mandò al diavolo la sua proverbiale compostezza e si avvicinò alla moglie, stringendola se.

“Pazza, perché sei venuta?”

“Non vi avrei mai lasciati” rispose la donna, accarezzando il volto del marito “Non potevo restare con le mani in mano”

Mihal sorrise “E’ per questo che ti ho sempre amata” e le diede un dolce bacio sulle labbra, facendo rabbrividire Jareth che, comunque, abbozzò un sorriso.

“Questo è un affronto!” Iracebeth si intromise e puntò di nuovo il dito contro Jareth con fare arrogante “E lui? Lo condannerete vero?”

Uno degli Urskeks, evidentemente stanco di sentire Iracebeth sproloquiare, schioccò le dita e la bocca della regina rossa si chiuse come se fosse incollata.

Ovviamente, la capocciona iniziò ad emettere delle specie di grida e sbattere i piedi a terra come una bambina capricciosa.

Tarrant ed i suoi amici non riuscirono a trattenere le risate, che vennero subito smorzate da Mirana, che fece loro cenno di calmarsi.

Tarrant fece due colpi di tosse e si ricompose, avvicinando il suo volto a Sarah e sussurrando “Scommetto che Jareth verrà scagionato” disse “E se così sarà, farò la deliranza”

Sarah lo ascoltò confusa, ma non osò chiedere cosa fosse.

Il suo pensiero era fisso su Jareth e su quanto gli Urskeks avrebbero detto.

Quando tornò il silenzio, interrotto solo dalle grida isteriche e soffocate di Iracebeth, gli Urskeks presero parola e si rivolsero ai regnanti degli altri labirinti.

“Regina Blair, avvicinatevi” disse e la donna obbedì, inchinandosi e attendendo le richieste “Avete qualcosa da dire?”

“Sono al corrente di quanto accaduto, ero presente il giorno che i due sovrani si accusarono a vicenda” spiegò “Ma re Jareth ha agito cercando di fare il meglio per il suo popolo, ha agito come un vero sovrano ed ha persino protetto la propria regina”

Gli Urskeks annuirono “Siete, dunque, favorevole alla sua riammissione al trono?”

Jareth spalancò la bocca.

Volevano riammetterlo al trono?

Dopo tutto quello che aveva fatto?

“Sono favorevole a farlo tornare al trono” confermò la donna “Ma la mia parola non conta quanto la vostra e, per questo, mi rimetto alla vostra clemenza” si inchinò e si congedò.

Gli Urskeks fecero le stesse domande anche a re Baelfire e re Flush, che deposero a favore di Jareth.

“Proteggere la propria regina non è un crimine” disse re Baelfire “la regina Sarah non avrebbe affrontato un viaggio come quello fatto se il re di Goblin l’avesse ingannata o le avesse fatto del male”

“Confermo” si aggiunse re Flush “Chiedo che il re di Goblin venga rimesso a capo del labirinto di terra e spero nella vostra clemenza nei suoi confronti”

Dopo essersi inchinati, i due regnanti si fecero indietro con un inchino e lasciarono la parola agli Urskeks.

“Avvicinati, Sarah Williams” dissero gli Urskeks.

Sarah si avvicinò lentamente a Jareth che, appena lei fu vicina, allungo la mano e strinse quella di lei.

Il respiro le mancò e resistette all’impulso di stringere Jareth a se.

“Quello che ci è stato detto fino ad ora corrisponde a realtà?” domandò uno degli Urskeks “I sovrani del labirinto di acqua, fuoco e aria hanno detto il vero?”

Era ovvio che gli Urskeks sapevano già tutto, la regina Blair glielo aveva detto, ma Sarah non ribatté e annuì.

“Si, dicono il vero” rispose “Mio marito ha sempre cercato di proteggermi”

“Il labirinto di terra ti ha riconosciuta come sua legittima sovrana” disse l’Urskeks più vicino a lei “Noi riteniamo che tu sia ancora considerata tale e, per tanto, riteniamo opportuno rimetterti a capo del labirinto di terra”

Sarah sorrise ed anche Jareth fece lo stesso.

“I-io...grazie” Sarah fece un cenno col capo “Ho una richiesta, però” gli Urskeks le permisero di parlare “Vi chiedo di ridare a mio marito il suo posto e di ridargli i poteri che aveva in precedenza”

Uno degli Urskeks rise “Il tuo cuore è nobile e puro, Sarah Williams” disse “Ma devi sapere che non sono stati tolti tutti i poteri a re Jareth, solo quelli regali e...temporaneamente”

“Cosa?” si lasciò sfuggire Jareth “Significa che per tutto questo tempo io potevo utilizzare i poteri?”

“Il tuo animo ed il tuo cuore sono come quelli della tua regina” disse l’Urskeks “Non li avresti usati lo stesso, ma hai sempre avuto i tuoi poteri e, infatti, uno di loro è stato utilizzato”

Jareth sbiancò.

Che potere aveva usato?

Non aveva fatto magie, ne fatto apparire sfere e l’unica magia vista era stata fatta da Kal per mandarlo via dalla baia.

Jareth e Sarah si scambiarono uno sguardo interrogatorio.

“Jareth non ha mai utilizzato i suoi poteri” intervenne Alice “Diglielo, Jareth”

“E’ vero, non li ho mai usati” confermò Jareth “Ero sicuro di non averne”

l’Urskeks si rivolse a Sarah “Diglielo, Sarah Williams, dì al tuo re il tuo stato”

Sarah sbiancò e non seppe cosa rispondere.

Ebbe un flash solo quando udì Tarrant dire “Oh, adesso ho capito! È vero!”

“M-ma…”

“Sarah” Jareth prese il volto di Sarah fra le mani e la guardò preoccupato “Mia preziosa, che succede?”

“Jareth…” deglutì e le lacrime iniziarono a scendere.

Per un attimo si era scordata del suo stato e avrebbe voluto non dire nulla a Jareth per paura di perderlo.

Non era nemmeno il momento ed il luogo più adatto per farlo, ma se serviva per scagionare ufficialmente Jareth o per evitare l’ira degli Urskeks, allora era meglio parlare”

“Jareth, sono incinta”

Jareth sgranò gli occhi e, purtroppo, non si capì se era per lo stupore o il terrore.

Probabilmente entrambi, ma Sarah non ci badò.

“Jareth, ti prego, perdonami” affondò il viso nel petto di lui, scoppiando in singhiozzi.

Jareth, dopo un attimo di smarrimento e dopo aver visto Tarrant, il leprotto e Mally fargli coraggio con i pollici in su, prese il volto di Sarah fra le mani e le diede il bacio più dolce che lei abbia mai avuto da lui.

Non servirono parole per far capire a Sarah cosa pensava Jareth e cosa provava in quel momento.

Sapeva solo che sarebbe stata lei a meritare la morte per aver anche solo pensato di volersi sbarazzare del bambino.

Jareth si staccò da lei, mantenendo le loro fronti vicine e accarezzandole il volto con uno strano sorriso sulle labbra.

“Il nostro lavoro è finito” sentenziarono gli Urskeks da oggi potrete tornare alle vostre vite ed ogni accusa verrà cancellata”

Jareth e Sarah si voltarono, annuendo.

“Ma prima di andarcene, è giusto dirvi che il vostro coraggio e le vostre gesta non sono state vane e per questo il desiderio di molti di voi verrà esaudito”

Tutti i presenti si guardarono negli occhi senza capire.

Gli Urskeks schioccarono le dita e scomparvero, ma al loro posto, però, apparve qualcos’altro anzi...qualcun altro.

I capelli neri e spettinati, la barba decisamente evidente e lo sguardo quasi allucinato bastò per far emettere un gridolino di gioia ad Alice che corse incontro alla figura e si fiondò fra le sue braccia.

“Kal!” gridò Sarah, facendo lo stesso.

Kal rimase talmente sbalordito che non proferì parola e non si fece nemmeno domande.

“Sarah, Alice…” mormorò, stupendosi del fatto che riusciva a parlare.

Strinse le due donne così forte da soffocarle, venendo poi accolto da tutti gli altri...compreso Jareth.

“Maestà…” probabilmente non si era nemmeno reso conto di quello che era accaduto e neanche del tempo passato.

O forse sì, ma non voleva darlo a vedere.

Si limitò ad arrossire e Jareth rise.

Sarah e Alice gli lasciarono lo spazio e tornarono verso gli altri.

“Dovremo fare un bel discorso io e te, ma...non oggi” abbracciò forte Kal “Ben tornato amico mio”

Solo poco dopo vennero interrotti da un grido da parte di Tarrant, che si avvicinò ai due con bocca spalancata e occhi che sprizzavano gioia da tutti pori.

“Diventerò padre!”

E per dimostrare la sua gioia, con l’aggiunta della regina Iracebeth ancora con le labbra incollate, si dedicò alla deliranza.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Manca l’epilogo...non uccidetemi adesso

Buona lettura!

 

 

Non era stato facile convincere Sarah a restare ferma e nemmeno convincerla che i viaggi nell’Aboveground erano rischiosi.

Dopotutto si trattava di far scomparire e riapparire una persona e lei, si sapeva, valeva per due in quel momento.

Ma era testarda e Jareth lo sapeva.

Lei voleva dirlo ai suoi genitori, cosa del tutto naturale e giusta.

Aveva omesso ogni dettaglio magico perché, a detta sua, voleva proteggere Jareth e il labirinto.

Né lei né tanto meno Kal, che si era offerto di accompagnarla ogni volta, avevano previsto che Karen ed il padre di Sarah avrebbero scambiato Kal per il papà del bambino.

Forse era giusto così, era meglio non dire che il padre del bambino era un re che aveva ingannato la sua regina.

Jareth non si era ancora dato pace per questo e, anche se Sarah lo aveva perdonato in lungo e in largo perché aveva capito ogni singola motivazione, faceva sempre di tutto per rimediare il rimediato non facendola mancare nulla.

Bastava una sola parola o due, come ad esempio “stavo pensando”, che Jareth era pronto ad esaudire ogni suo desiderio.

Per ripicca, Sarah ad un certo punto aveva smesso di chiedergli le cose e lo aveva definito apprensivo senza alcun motivo.

Jareth la guardava ogni giorno, innamorandosi sempre di più di lei e di tutto ciò che la circondava.

Non lo dava a vedere, un vero re non esprime i suoi sentimenti...tranne in certe occasioni.

Sarah lo aveva visto in quasi tutte le sue versioni e questo era anche troppo a detta di Jareth, che non voleva mostrarsi mai debole di fronte a lei, per di più in quelle condizioni.

Condizioni sopraggiunte dopo la loro prima notte insieme.

Gli Urskeks avevano ragione.

I Fae, essendo dotati di una vita molto lunga, potevano procreare solo se vincolati da matrimonio ed avevano, nel caso del popolo, il benestare dei regnanti.

Jareth non aveva nemmeno pensato a quel potere finché Sarah non gli aveva detto di essere in dolce attesa.

Gli Urskeks aveva creduto nella sua innocenza fino alla fine e lo avevano privato parzialmente dei suoi poteri e non del tutto come aveva creduto.

Non sapeva se esserne grato o meno.

Restava il fatto che, trovandosi nuovamente a capo del labirinto, doveva dedicarsi al suo popolo e alla sua regina ed il suo erede.

Non si erano nemmeno messi d’accordo sul nome, tanto che Sarah aveva sentenziato:

“Quando lo vedremo ci verrà naturale”

Chissà se aveva ragione, per ora Jareth sentiva solo paura.

Paura ad aprirsi a questa novità e paura per la salute della sua preziosa che, a dettA di Kal e delle guaritrici, stava lentamente peggiorando.

Eppure lei non lo dava a vedere e Jareth non capiva se lo faceva perché non voleva farlo preoccupare o se neanche se ne rendeva conto.

“Maestà, se mi permettete…” intervenne un giorno Kal “...Azzarderei che si tratta dei poteri del bambino” disse “Tenete conto che Sarah è comunque umana e non è detto che il suo corpo sia in grado di sostenere la magia incontrollabile che possiedono i bambini fae”

Jareth aveva scosso la testa “Quando il matrimonio è diventato ufficiale, Sarah ha acquisito i poteri base e li ha riottenuti grazie agli Urskeks quando l’hanno riammessa nel labirinto, non è la magia del bambino che la sta indebolendo” camminava avanti e indietro e pensava ad una motivazione valida “Sono sicuramente tutti questi viaggi nell’Aboveground”

“Dovete pensare, altezza, che Sarah non può dire la verità alla sua famiglia e non può lasciarli di colpo senza una spiegazione”

Kal aveva ragione.

Sarah era comunque umana e questo la metteva in una posizione critica e Jareth sentiva di non essere di alcun aiuto.

Quella sera le avrebbe parlato.

“Maestà!” la voce gracchiante di Hoggle interruppe i suoi pensieri “Maestà!”

Jareth sbuffò “Che cosa vuoi, Trogolo?”

Hoggle non ribatté e si fermò riprendendo fiato “Si tratta di Sarah!”

alle sue spalle arrivò anche Sir Didymus con Ambrosian, seguito da Ludo, che teneva Sarah fra le braccia.

“Sarah!” Jareth accorse subito.

“Sarah, male” si lamentò Ludo passandola a Jareth che, con l’aiuto di Kal, la portò subito nella sua stanza.

“Non far entrare nessuno e chiama Aghata” ordinò Jareth rivolto a Kal, che subito uscì e andò a chiamare la guaritrice in questione.

“Jareth…” Sarah riprese fiato “S-sto bene”

“No, Sarah” ribattè Jareth “No, non stai bene e tu lo sai”

Sarah non sapeva cosa rispondere.

È vero, sapeva che qualcosa non andava e continuava a tenerglielo nascosto per paura che la ripudiasse o peggio.

In attesa della guaritrice, Jareth passò una mano sul pancione di Sarah.

“Jareth, che succede?” domandò preoccupata, tentando di mettersi seduta “Jareth?”

“Per adesso è tutto ok, ma io e te dobbiamo parlare”

Quella frase e tutto quello che venne dopo lasciarono Sarah senza parola e con una sensazione di vuoto nel corpo.

Aghata, la guaritrice, la visitò e confermò le ipotesi che Jareth aveva fatto con Kal, suggerendo al sovrano di farla andare nel suo mondo dove sarebbe stata al sicuro e sotto cure che nell’Underground non esistevano.

Essendo Sarah umana aveva questo vantaggio.

Dopo aver emesse il suo parere di guaritrice, Aghata uscì con un inchino e si ritirò.

“No...no!” esclamò Sarah.

“Sarah, ti prego, è l’unico modo” Jareth tentò di spiegare, ma non riuscì.

“Non torno nell’Aboveground!” esclamò “Non mi voglio separare di nuovo da te!”

La voce di Sarah fu così forte che, preoccupato, Kal spalancò la porta ed entrò.

“Sarah!”

“Kal!” Sarah, appena lo vide, cercò di andargli incontro “Kal, ti scongiuro, aiutami”

“Sarah, è per il tuo ed il suo bene” cercò di giustificarsi Jareth “Possibile che sei così ottusa da non capirlo? Ci tieni a nostro figlio no?”

“Non osare, Jareth” sibilò lei, trattenendo i singhiozzi “Non osare farmi passare per la cattiva” Sarah si strinse a Kal, che si era appena pentito di essere intervenuto.

Jareth guardò Kal, chiedendogli aiuto con il solo sguardo.

“Sarah, non affaticarti e siediti un attimo” disse Kal e Sarah, come sempre obbedì.

“Kal, ti prego, non voglio tornare nell’Aboveground” si lamentò lei “Chi mi assicura che non sparirà di nuovo?”

“Tranquilli, fate come se non ci fossi” disse Jareth, ricordando ai due che lui era ancora lì ad ascoltare.

“Sarah, sarà solo temporaneo” spiegò Kal “Appena il bambino sarà nato, torneremo immediatamente”

“Questo non me l’hai detto…” Sarah si rivolse a Jareth

“Tu non mi hai fatto finire” precisò lui e Sarah deglutì imbarazzata, dando a Jareth la possibilità di spiegare meglio “Al bambino non fanno bene i viaggi avanti e indietro tra Aboveground e Underground” disse “Se il bambino nascerà lì sarà più sicuro per te”

“Qui non lo è?” domandò Sarah “E se ti volessi con me? Ci hai pensato?”

Jareth annuì “Ci ho pensato, ma non posso venire nel tuo mondo, i tuoi genitori non sanno di me, ricordi?” Sarah annuì e Jareth proseguì “Se resti qui, non è detto che riusciamo a fare qualcosa per aiutarti in caso di...problemi”

Sarah iniziò a tremare e non ci mise molto a capire che, se restava lì, o lei o il bambino non sarebbero sopravvissuti.

Lei e quei maledetti viaggi tra i due mondi.

La colpa era solo sua se succedeva qualcosa al bambino.

“Jareth…” Jareth si avvicinò subito “...promettimi che non sparirai e che quando torno ti ritrovo qui”

“Sarò sempre qui, mia preziosa” e le diede un bacio, sotto lo sguardo imbarazzato di Kal.

Sarah capì che, dopo quel bacio, sarebbe dovuta partire.

“Fairfarren, Jareth” mormorò

“Fairfarren, Sarah” rispose Jareth e la affidò a Kal.

Quando Sarah prese la mano di Kal, però, accadde qualcosa che non aveva previsto.

Emise un grido e si ritrovò in ginocchio a terra.

“Sarah!” i due uomini la sorressero, ma Sarah gridò ancora.

Kal tentò di esaminarla ma la sentenza non piacque a nessuno di loro “Il bambino non resterà lì dentro a lungo”

“Cosa?!” esclamarono Jareth e Sarah in coro.

“E’ troppo presto, non può essere!” Sarah si aggrappò a Kal “Non può essere!”

 

*****

 

In quelle condizioni, ovviamente, Sarah non poté viaggiare.

Fu costretta a rimanere al castello, ormai era giunta al termine anche se in anticipo di circa un mese.

Aghata costrinse Jareth a rimanere fuori e lui, ovviamente, obbedì per paura che la donna lo prendesse con la forza.

Ma Kal, sotto preciso ordine categorico di Jareth, era l’unico che poteva restare accanto a Sarah per tre motivi:

1-Se succedeva qualcosa, lui avrebbe potuto aiutare e informare Jareth che, probabilemnte, sarebbe entrato nel panico.

2-Era il migliore amico di Sarah e lei dava retta solo a lui

3-Aghata non poteva controbattere ad un ordine del re ed era già tanto che lo avesse obbligato a restare fuori.

Le ore passarono lentamente e Jareth, ormai, non sapeva più cosa dire o cosa fare.

Stava per diventare padre e, si rese conto, di non essere davvero pronto.

Purtroppo le grida di Sarah, che ogni tanto echeggiavano per il castello, non aiutavano Jareth a stare tranquillo.

Stava succedendo qualcosa e lui non poteva intervenire.

L’ultimo grido, forse il più straziante per il cuore di Jareth, gli fece scattare un campanello di allarme.

Lasciò la sala del trono e corse ai piani superiori, nelle stanze da letto.

Non si udivano più rumori, grida o pianti.

Jareth era terrorizzato.

Quando vide Kal uscire dalla stanza, la camicia fuori dai pantaloni e i capelli scompigliati nonostante la coda e le mani...sporche di sangue…, iniziò a rabbrividire.

“Maestà…”

Jareth scosse la testa “No...no…” si portò le mani fra i capelli

“SARAH!”

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Capitolo 19
*** Epilogo ***


Siamo ufficialmente giunti alla conclusione di questa long che, lo premetto sin da subito, al momento non ha un “seguito” previsto.

Innanzitutto grazie a chiunque abbia avuto la pazienza di leggere e raggiungere questo epilogo, la cosa mi fa alquanto piacere.

Auguro a tutti una buona lettura e...vi ho voluto tanto bene e ve ne vorrò sempre…

 

 

16 ANNI DOPO

 

“Ti renderai conto che la colpa è solo tua, vero?” Jareth guardò Alice dritta negli occhi con sguardo misto tra il furente ed il rassegnato “Tua e di quel pazzo del cappellaio”

“Si, Jareth, mi assumo le mie responsabilità” sorrise Alice “Ma tu sei troppo apprensivo”

“Va al diavolo, Alice” brontolò Jareth, superandola e uscendo dal castello per recarsi nei giardini.

Ad ogni passo corrispondeva un sospiro.

“Sarah!” chiamò a gran voce “Sarah!”

Raggiunto il centro del giardino, dove si ergeva un rigoglioso albero di mele, si bloccò vedendo un bel gruppo di persone intorno ad esso.

“Che sta succedendo qui?” domandò, incrociando le braccia e osservando i presenti in attesa di risposta.

Ludo, Hoggle e Didymus si ripararono dietro a Kal, che si schiarì la voce “Maestà, noi…”

“E tu?” lo zittì Jareth, rivolgendosi poi ad un ragazzo dai capelli rossi e l’abbigliamento stravagante.

“Chiedo perdono, re Jareth” il ragazzo si inchinò rispettosamente, vedendo poi Alice iniziò a sbiancare “Madre…”

“Tarriannah Hightopp, cosa stai facendo?” domandò Alice, incrociando le braccia a sua volta.

“Maestà, perdonateci” Kal riprese la parola “Stavo spiegando al ragazzo alcune storie del castello”

“Risparmiale per un altro momento” lo rimproverò Jareth, osservandosi intorno e notando alcune foglie del melo che cadevano leggiadre sul prato sottostante.

“Maestà, qualcosa non va?” domandò Tarriannah, curioso

“Taran!” intervenne Alice “Porta rispetto davanti al re di Goblin”

“Chiedo scusa, re Jareth” si inchinò scusandosi e avvicinandosi alla madre.

“Jareth, noi andiamo, se ti serve qualcosa chiamaci” disse Alice, ricevendo conferma da Jareth e andando poi via.

Jareth osservò i restanti presenti “Vi chiederei, cortesemente, di andare a bighellonare altrove, voi tre” disse riferito a Ludo, Hoggle e Didymus che, in silenzio, andarono immediatamente via.

Rimasto solo con Kal, Jareth abbozzò un sorriso “Kal, dove si trova Sarah?” domandò e Kal, non potendo disobbedire ad un ordine del suo re, puntò gli occhi verso l’alto due volte, senza dire una parola.

Con un sospiro, Jareth schioccò le dite e…

“No, no, no!” i rami dell’albero tremarono ed una ragazza cadde dall’albero, dritta fra le braccia di Kal “Kal, sei un traditore!” brontolò.

“Mi spiace, Sarah, sono stato costretto” e la rimise a terra.

Dopo essersi ripulita dalla terra e le foglie il vestito e dopo aver legato i lunghi capelli biondi in un fiocco ordinato, Sarah si avvicinò a Jareth con sguardo basso.

“Mi cercavate, padre?” domandò la ragazza, riacquistando compostezza.

“Devo parlarti, mia preziosa” rispose Jareth “E gradirei farlo in forma privata e, possibilmente, con i piedi per terra”

Kal, capendo la situazione, si inchinò e se ne andò, raggiungendo gli altri.

Rimasti soli, la ragazza sbuffò “Stavo per battere il mio record”

“E pensi che restare appesa a testa in giù sia un record?” domandò Jareth “Ti ho cresciuta meglio di così”

“Ma Taran è…”

“Tarriannah è un membro del Sottomondo e le loro usanze non sono le nostre” le ricordò Jareth, avvicinandosi e prendendole il volto fra le mani “Se ti facessi male, mia preziosa, non me lo perdonerei”

Sarah sospirò “Si lo so, padre” disse “Perdonatemi”

Jareth sorrise e le diede un bacio sulla fronte “Ti voglio bene”

“Anche io, padre” sorrise Sarah che, come ogni volta che accadeva, fece mancare un battito ed il respiro a Jareth.

Era passato tanto tempo, ma più guardava la sua preziosa Sarah, più rivedeva in lei gli aspetti della madre.

E quanto le mancava non poteva saperlo nessuno, forse nemmeno Kal.

“Dovevate parlarmi?” lo ridestò la ragazza e lui annuì

“Si, mia preziosa” confermò “Penso sia giunto il momento di raccontarti una storia”

Sarah lo guardò incuriosita “Padre, sono grande per le favole”

“Questa, però, ti riguarda da vicino” specificò Jareth, mettendole un braccio intorno alle spalle e portandola via dai giardini, verso il labirinto.

“Di cosa parla, padre?”

Lui sorrise.

Un sorriso nostalgico.

“Vedi, mia preziosa, questa storia parla di un re…” spiegò “Di un re, che si era innamorato di una ragazza e che le aveva donato certi poteri…”

 

FINE

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