Tieni stretto il filo

di Lisbeth Salander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dentro o fuori ***
Capitolo 2: *** Tra chi torna e chi resta ***
Capitolo 3: *** Quella Te ***
Capitolo 4: *** Tieni stretto il filo ***
Capitolo 5: *** Come neve ***
Capitolo 6: *** Draco dormiens nunquam titillandus ***
Capitolo 7: *** Rivedersi era come rinascere ancora una volta ***
Capitolo 8: *** The Only Exception ***
Capitolo 9: *** Stay ***
Capitolo 10: *** Di tanti posti che ci sono nel mondo ***
Capitolo 11: *** You'd come over, right? ***
Capitolo 12: *** Circle ***
Capitolo 13: *** If you hold me tight, we'll be holding on forever ***
Capitolo 14: *** Divergenti ***
Capitolo 15: *** Convergenti ***
Capitolo 16: *** The day before tomorrow ***
Capitolo 17: *** Il giorno giusto del mese giusto dell'anno giusto ***
Capitolo 18: *** Tra passato e futuro ***
Capitolo 19: *** Dear Teddy ***
Capitolo 20: *** Il volto che hai scelto ***
Capitolo 21: *** Un desiderio, una promessa ***
Capitolo 22: *** L'ultima volta ***
Capitolo 23: *** Fino a perderne il conto ***
Capitolo 24: *** Something like this ***
Capitolo 25: *** Ogni mio giorno ti appartiene ***
Capitolo 26: *** Pieces of us (in your eyes) ***
Capitolo 27: *** Les jeux sont faits ***
Capitolo 28: *** Toccare la felicità ***
Capitolo 29: *** Il lupo ***
Capitolo 30: *** Casa ***
Capitolo 31: *** Inganneremo anche gli anni ***



Capitolo 1
*** Dentro o fuori ***




Tieni stretto il filo

Dentro o fuori

Day 1. Dentro o fuori.
Prompt (Pumpnight*): Vino

 
«Ci sono state volte in cui ho pensato che ti avrei persa per sempre, che non sarei mai riuscito a meritarti abbastanza, che non avresti mai perdonato le mie titubanze. 
Abbiamo complicato le cose un milione di volte, Vic, in un milione di modi possibili.
Sono stato così idiota da non essere riuscito a vedere prima quello che stai cercando di dirmi da tutta la vita, perché tu l’hai capito subito mentre io ho impiegato anni a riconoscerlo.
Sei sempre stata tu. Ci sei sempre stata solo tu.
Tu esisti e io so che non sarò mai in grado di amare qualcun altro nel modo in cui amo te.
E non importa quanta resistenza abbia provato ad opporre, perché in un modo o nell’altro sono sempre tornato da te».
 
11 agosto 2017
La Tana
«Non dovresti bere tutto quel vino. Se ti becca zia Molly, è la fine».
Nonostante le tre settimane di assenza, nonostante il loro litigio che ancora rimbomba nell’aria, Teddy non riesce a non avvicinarsi a lei.
Victoire è da sola, in un angolo riparato dell’enorme giardino della Tana, lontana dal chiacchierare caotico di amici e parenti riunitisi per il compleanno di Ginny.
Tre settimane senza parlarsi sono state un’infinità. Mai lei ha resistito così tanto senza scrivergli lettere disperate e mai lui è riuscito a starle tanto lontano.
«Ah, ora mi parli. Buono a sapersi», ribatte tagliente versandosi dell’altro vino.
Teddy la conosce così bene da riconoscere la lotta che Victoire combatte con se stessa per non piangere, nota i movimenti lenti e controllati che reprimono tutta la rabbia che prova nei miei confronti.
«Non riuscirei mai a stare senza parlarti, lo sai».
«No, non lo so. Te ne sei andato tre settimane fa, sei letteralmente scomparso. Non eri nemmeno alla cena per il compleanno di zio Harry e l’unica cosa che riesco a ricordare è che mi hai detto che non sai dove ci sta portando questa relazione».
«Lo dico per te, Vic».
Victoire ride, con una risata amara e disperata che non crede di averle mai sentito, e beve ancora il vino, come se potesse annegare ogni dispiacere.
«Smettila di bere», le dice Teddy avvicinandosi e strappandole il bicchiere tra le mani.
Beve lui gli ultimi sorsi rimasti di quella bevanda che tanto odia. Il vino ha un effetto che non gli piace, gli sembra che il controllo che è tanto abituato a voler avere sfumi nel nulla, che gli escano dalla bocca parole che dovrebbero rimanere soltanto nella sua testa.
Bastano due sorsi per farlo sciogliere un po’ e non può fare a meno di pensare a George che gli ha sempre detto che dovrebbe imparare a tollerare di più l’alcol.
Bastano due sorsi perché il desiderio di stringere di nuovo Victoire tra le braccia torni a pulsare prepotente, scacciando brutalmente le ragioni che lo hanno tenuto lontano da lei nelle ultime settimane.
«Non funziona così. Non hai il diritto di sparire per tre settimane dopo le cose che mi hai detto, non hai il diritto di venire qui e preoccuparti per me, come se fossimo ancora… come se ti importasse realmente di me. Non puoi farlo, Teddy».
Stavolta Victoire non trattiene le lacrime. Trema dalla rabbia e gli occhi azzurri le si arrossano sempre di più ma non smette mai di fissarlo.
«È complicato, Vic, e tu sei brilla. Non è il momento».
«Non sono brilla. Non dare la colpa al vino per i miei sbalzi d’umore, quando sei tu l’unico responsabile di come sto».
Teddy scuote la testa. Avrebbe milioni di cose da dire e, come al solito, non riesce a dire una parola. 
Sente gli occhi di Victoire puntati addosso e non riesce a non guardarla a sua volta.
Si è sempre chiesto se quella necessità che ha da sempre di guardarla fosse per il sangue Veela o meno ma negli ultimi mesi si è semplicemente arreso al fatto che il sangue Veela non c’entra niente.
Qualche volta ha provato a spiegare ad alcuni suoi colleghi il suo rapporto con Victoire, a dire quanto lei sia stata eternamente presente nella sua vita, quanto il sorriso di Victoire e lo scintillio nei suoi occhi al solo vedersi siano state le sole cose in grado di colmare quell’eterno bisogno di amore nella sua vita.
È uno strano gioco quel che c’è tra di loro, un sentimento che li spinge a cercarsi, ad esigersi, a rincorrersi ma in cui lui non è in grado di restare e più Teddy vacilla, più Victoire precipita in una spirale di insicurezze.
Quando litigano, quando Teddy inizia a mettere tutto in dubbio e Victoire a cercare un volto a quei dubbi, pensa quasi che siano destinati a perdersi. 
Poi, le sta lontano e odia ogni secondo.
«Mi sei mancata». 
Vorrebbe tanto dare la colpa a quelle gocce di vino appena bevute, ma, no, non è il vino e l’assenza di Victoire nella sua vita ha annerito tutte le giornate.
«Non puoi farlo, Teddy», dice Vic scuotendo la testa e allontanandosi delusa.
Lui la raggiunge in poche falcate, le afferra il braccio per poi baciarla incurante di sua nonna, dei genitori di lei e di tutti quelli che potrebbero vederli.
Victoire risponde al bacio in un moto istintivo, si aggrappa alle spalle di Teddy, come se il litigio delle ultime settimane fosse stato cancellato da quei pochi passi che lui ha mosso per raggiungerla.
Teddy non può far a meno di ripetersi che nulla gli è mai parso più giusto che tenere Victoire tra le braccia, baciarla, stringerla, fare l’amore. 
La stringe ancora, con una passione e disperazione che non aveva provato prima ma lei si stacca troppo presto e prova a svincolarsi, nuovamente padrona di se stessa.
«Non puoi fare così, Teddy. Dentro o fuori. O con me o senza di me. O stiamo insieme una volta per tutte o ci diciamo addio», gli dice seria e severa.
Teddy si morde il labbro, perché quell’ultimatum è arrivato nel momento sbagliato, in un momento in cui non può spiegare, sviscerare analizzare. Può soltanto rispondere e affrontare l’espressione severa ed esigente di Victoire. 
In fin dei conti, è tutto lì: dentro o fuori, insieme o separati una volta e per sempre.
Ed è una scelta piuttosto semplice perché la verità è che Teddy una vita senza Victoire, senza i loro battibecchi, senza quegli occhi azzurri in grado di spogliarlo di ogni armatura, non è mai riuscita ad immaginarla. 
Non c’è neanche bisogno di pensare, di sviscerare argomenti triti e ritriti.
È tutto lì e non c’è neanche da scegliere.
Nonostante quei sorsi di vino e il lieve giramento di testa, Teddy non è mai stato più certo di cosa dire.
«Ci sono, Vic. Sono con te». 

Note: Questa raccolta nasce un po' per una sfida con me stessa, ossia quella di riuscire a scrivere storie per 31 giorni consecutivi, un po' per dare voce ad una serie di headcanon e, più in generale, alla mia versione di Teddy e Victoire, coppia che mi piace tantissimo da sempre ma della quale, per una ragione o per l'altra, non scrivo mai abbastanza.
Insomma, spero possa piacervi e non annoiarvi troppo.
Un abbraccio, 
Fede

P.S. Un ringraziamento di eccezione va alla mia amica 
Marti Lestrange che è tornata anche lei su questi schermi per il writOber e non mi lascia sola in questa follia. 
Lista pumpword: questa storia è stata scritta in un orario compreso tra le 19.00 e 7.00 del mattino.

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Capitolo 2
*** Tra chi torna e chi resta ***


Day 2: Tra chi torna e chi resta
Prompt (lista pumpfic): Kidfic

 

Tra chi torna e chi resta

«Io, invece, non ho mai avuto bisogno di tornare.
Sono sempre rimasta ancorata a te, qualsiasi cosa ci accadesse. 
Credo di non riuscire neanche a capire quale sia stato il momento esatto in cui mi sono innamorata di te.
È sempre stato così. Mi batteva il cuore anche a otto anni stesa sul pavimento del salotto di tua nonna, semplicemente standoti accanto.
È sempre stato così e sarà sempre così».

 

28 dicembre 2008

Rockbourne, Hampshire1

Se soltanto potesse, trascorrerebbe tutti i suoi pomeriggi invernali a casa di Teddy, soprattutto nel periodo natalizio quando la sua famiglia sembra impazzire e né a casa sua né alla Tana c’è un posto dove potersene stare tranquilli.
Invece, lì c’è una pace infinita e lei e Teddy possono giocare indisturbati o chiacchierare senza essere interrotti da chiunque, in ogni momento.
Sono soltanto loro due e il tempo sembra scorrere secondo regole diverse quando sono insieme. 
Quel pomeriggio non avevano nessuna voglia di uscire fuori nella neve e hanno deciso di rimanere stesi davanti al camino, a scartare figurine e mangiare Cioccorane, a scoprire nuovi gusti di gelatine. 
Teddy le ha mostrato uno dei libri di suo papà, uno di quelli che la nonna gli ha consentito di prendere, e hanno letto qualche pagina sugli Avvincini, cercando di decifrare gli appunti che Remus Lupin ha lasciato ai margini.
Vic è l’unica con cui Teddy condivide qualcosa dei suoi genitori, che sia una foto ritrovata, una confidenza origliata dai più grandi, uno dei libri di suo padre per cui nonna Andromeda dice che sono sempre troppo piccoli. Lui ne parla poco e con gli altri mette sempre su un sorriso malinconico, trincerandosi in un silenzio impossibile da scalfire, ma con lei è sempre stato diverso
È la sua migliore amica, glielo ripete sempre. È l’unica a cui riesce a raccontare i suoi pensieri senza sentirsi in difficoltà e Victoire sente il cuoricino battere più forte del solito quando Teddy sottolinea quanto importante lei sia, quanto cruciale sia il ruolo che lei ha assunto nella sua vita.
«Vorrei che restassi sempre qui. Quando ci sei tu, è sempre tutto più bello e non mi sento solo», le dice Teddy giocando con una ciocca bionda dei suoi capelli e divertendosi a replicare lo stesso colore semplicemente strizzando gli occhi.
Victoire sorride e stringe la mano di Teddy, poggiando la testa sulla sua spalla.
«Anche io vorrei restare qui. Quando torno a casa, mi manchi. Poi, però, appena posso torno qui da te», gli dice.
Restano in silenzio per un po’, con le mani intrecciate, e Victoire pensa che, se mai un giorno dovesse evocare un Patronus, quello sarebbe il suo ricordo preferito.
«Quando andrai ad Hogwarts, ti mancherò almeno un po’?», chiede poi dando voce ad una paura che da qualche tempo si è impossessata di lei e non smette mai di tormentarla.
Lui annuisce e le posa un bacio sulla guancia.
«Mi mancherai tutti i giorni, Vic, ma non devi preoccuparti: lo sai che, appena posso, torno da te».
«È una promessa?», chiede lei guardandolo dritto negli occhi.
«Promessa solenne di Edward Remus Lupin!», ribadisce Teddy portandosi melodrammaticamente la mano al petto.
Victoire si mette seduta con le braccia conserte, mentre fatica a reprimere un sorriso soddisfatto per aver strappato quella promessa.
«Allora, Signor Lupin, lei promette ufficialmente di tornare sempre dalla Signorina Victoire Weasley ogni volta che partirà?».
«Lo prometto», annuisce Teddy, «Ora devi promettere tu: se parti, poi torni dove sono io».
«Se io parto, tu resti. Se tu parti, io resto».
«Promesso».


È nell'Hampshire che ho ufficialmente stabilito la residenza dei Tonks, cercando un posto non troppo lontano dal Surrey, visto che Harry e Hagrid piombano nel loro giardino dopo relativamente poco tempo dalla partenza da Privet Drive.

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Capitolo 3
*** Quella Te ***


Day 3: Quella te
Prompt (lista pumpword): Wabi-sabi (la scoperta della bellezza nell’imperfezione).


Quella te

«Neanche io riesco a ricordare esattamente il momento in cui mi sono innamorato di te. 
Ricordo solo di averti sempre guardata con un sorriso idiota».
«Non ho mai fatto caso a questo sorriso idiota».
«Be’, la verità è che mi prendevano tutti in giro, persino zio Harry. C’erano dei momenti precisi in cui non riuscivo a fare altro che guardarti».

La prima volta che lo nota non ha più di sette anni, stringe tra le mani un manico di scopa e la osserva a pochi passi di distanza.
Victoire ha lo sguardo a metà strada tra l’imbronciato e il terrorizzato mentre suo padre e tutti i suoi zii tentano di convincerla a salire su una scopa. 
Scuote la testa fissando contrariata il manico di scopa giocattolo e Teddy può scorgere il velo di lacrime che le appanna gli occhi.
Una folata di vento le scompiglia i capelli, portando via uno di quei nastri colorati che Fleur si ostina a mettere alle figlie sempre in ordine, sempre perfette, mai fuori posto.
Victoire si volta cercando il nastro, con tutti i capelli che continuano a coprirle il viso senza ordine, senza criterio, senza perfezione. 
Teddy nemmeno se ne accorge ma gli spunta un sorriso nel pensare che non l’ha mai trovata più bella.


Victoire ha il passo svelto e deciso di chi sa dove andare e in quei giorni persino lui fatica a starle dietro.
Ha deciso di correre giù al fiume, in un posto di cui ha sentito parlare dagli zii e che vuole scoprire prima degli altri cugini.
Ci sono giorni, quando sono in campeggio, quando il tempo sembra più lento, in cui Victoire si sveste della perfezione che ha deciso di indossare ogni giorno e sembra libera, senza tanti pensieri ad intrappolarle la mente, senza pensare a come apparire ma solo ad essere.
Ha i capelli sciolti, noncurante del vento che glieli aggroviglia, e il volto arrossato dalla fatica della camminata. 
Lo attende pochi passi più avanti, con le braccia conserte e lo sguardo di sfida e per Teddy non esiste altra versione più bella di lei.

 

Quando rientra in casa, la trova seduta in poltrona vestita solo con una vecchia maglietta che Teddy non indossa più e i capelli tenuti mal fermi da una matita.
Ha impiegato anni a capire cosa fosse esattamente quella forza che lo tratteneva ad osservare Victoire in quei momenti di perfetta imperfezione. 
La verità, quella che ha confessato solo a se stesso e non ha ancora avuto il coraggio di dire a lei, è che di quei momenti sempre più rari in cui Victoire abbassa le difese e si concede quelle umane imperfezioni Teddy è sempre voluto essere l’unico testimone, unico custode di quella versione di lei che ora conosce realmente solo lui.


Nota a margine: il titolo riprende l'omonima canzone di Gazzelle. Se non l'avete mai sentita, fatevi questo regalo! 

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Capitolo 4
*** Tieni stretto il filo ***


Day 4: Tieni stretto il filo
Prompt (lista pumpnight*): Filo
 

Tieni stretto il filo


«Alla fine, la cosa più importante, dopo tutti questi anni, è stata riuscire a non perderci».
«Questo solo grazie a me, Edward Remus Lupin. Ti ci sei messo d’impegno per spezzare il filo, qualche volta».
«Mi ero solo un po’ allontanato. Ti assicuro che lo tenevo ben stretto». 
 

31 agosto 2016*

«Domani parti», le dice ciondolando su se stesso, con le mani in tasca e i capelli castani che sceglie ogni volta che è con lei.
«È strano partire senza di te». 
L’Hogwarts Express senza Teddy Lupin è difficile da accettare, così abituati a salire insieme, a cercarsi.
«È strano restare».
«Non cambierà nulla», dice lei convinta, stringendogli la mano. 
Non far scoprire la loro relazione negli ultimi mesi è stata un’opera degna dei migliori Auror, ma quel giorno Vic non resiste e tiene ben strette le loro dita, anche se chiunque può uscire fuori a chiamarli e a vedere.
«Se tu vuoi… insomma, se ad Hogwarts dovessi conoscere qualcun altro…», inizia Teddy mentre lei alza gli occhi al cielo.
«Quante volte devo ripeterlo? Voglio stare con te, Teddy. E poi chi dovrei conoscere? Quelli del primo anno?», sbuffa scuotendogli il braccio, «Se è per questo, sei tu quello che potrà fare nuovi incontri ma io sono sicura di noi».
Teddy sorride e, noncurante della possibilità che qualcuno li veda, la stringe a sé. Quando la stringe così, Victoire pensa che non esista altro luogo al mondo in cui vorrebbe essere, che, sì, andare ad Hogwarts è elettrizzante ma come si può vivere quando sai che il tuo posto è altrove?
«Teddy, te la ricordi quella storia che abbiamo letto nel libro che ti ha regalato zia Hermione?», gli sussurra lei.
«Abbiamo letto tantissime storie e zia Hermione mi ha regalato tantissimi libri».
«Quella sul filo di Arianna*».
Teddy socchiude gli occhi per un po’ prima di ricordare quella storia che aveva tanto colpito Victoire anni prima.
«Arianna, Teseo e il labirinto?».
«Sì».
«Me la ricordo, non benissimo ma la ricordo. Perché?».
Victoire si stacca appena dalla stretta di Teddy, prima di fare un respiro profondo e parlargli. Teme sempre di essere troppo melensa, troppo sedicenne, per lui che sta entrando in un’altra fase della vita.
«Io vado ma tu resti qui, però mi aspetti…».
Di solito è brava con le parole, va dritta al punto e non si perde in chiacchiere ma con Teddy, nei momenti in cui deve scoprire il cuore, la sua parlantina scompare e c’è posto solo per discorsi poco connessi.
«Io vado ad Hogwarts, ma torno. Tu tieni stretto il filo».

 

4 ottobre 2019

È sempre stata abituata al caos del binario 9 e 3/4 prima di Hogwarts, alla folla soffocante del 1 settembre.
Oggi la stazione è stranamente tranquilla, i Babbani non si voltano guardando incuriositi gufi, rospi e gente vestita in modo strambo.
Quel giorno in stazione sembrano esserci solo lei e Teddy, che trascina un baule pesante.
Non è mai stata al Binario 7 e 1/2*, quello per i viaggi intercontinentali di cui qualche volta gli hanno parlato sua madre e suo zio Charlie e l’enorme locomotiva che si trova davanti supera ogni aspettativa che ha cullato da bambina.
Teddy le sorride entusiasta ed eccitato all’idea di quel viaggio. Il suo tirocinio di sei mesi alla scuola di Mahoutokoro* per studiare i metodi di difesa contro le Arti Oscure utilizzati dai Maghi d’Oriente lo attende dall’altro lato del mondo.
Victoire ha tremato sin da quando lui le ha mostrato la lettera di ammissione, ma non ha mai aperto bocca, mai provato a costituire un ostacolo a quello che sa essere il più grande sogno del suo fidanzato.
Teddy è nato per essere un insegnante, proprio come lo era stato suo padre. 
Ricorda ancora quando anni prima, seduti lì dove una volta c’era il Platano Picchiatore, lui le aveva confidato che la sua più grande aspirazione era cominciare ad insegnare.
Nonostante tutti fossero convinti che sarebbe diventato un Auror per via di sua madre e del suo padrino, sin da bambino Teddy aveva covato quel desiderio di essere proprio come suo padre, cercandolo nei suoi libri, nei suoi appunti. 
«I treni sembrano perfetti per gli addii, non è vero?», dice malinconica Victoire.
«Ma questo non è un addio, Vic».
Teddy le solleva il mento per fissarla negli occhi e lei non riesce a non commuoversi un po’.
«Sarà strano non averti intorno».
«Sarà triste non averti intorno», dice lui prima di chinarsi e baciarla a fior di labbra.
Lo sbuffare della locomotiva li avvisa della partenza imminente, affrettando i tempi di quel saluto che Victoire ha immaginato diverso.
«Sono solo sei mesi. Anzi, meno perché ho già detto a Percy di predisporti una Passaporta per Natale», le dice Teddy stringendola a sé.
«Va’ a conquistare gli Orientali, Teddy Lupin, però, poi, torna da me». 
Teddy le sorride, prende un filo rosso dalla tasca della giacca e lo stringe al suo polso.
«Tieni stretto il filo, Vic, ché torno presto». 


* Il 1 settembre 2016 è il primo anno con Teddy fuori da Hogwarts e la prima volta che a rimanere a scuola c'è soltanto Victoire.

* Secondo la mitologia greca, Arianna, figlia del re Minosse, diede a Teseo un gomitolo di lana (il filo di Arianna) per poter segnare la strada nel labirinto e uscire poi agevolmente dal labirinto, dopo aver ucciso il Minotauro. 

*Su WizardingWorld sono riportate alcune indicazioni della Rowling rispetto ad altri binari come quello 9 e 3/4. Ha sottolineato che, soprattutto a causa dell’interesse generato dal binario, lei pensa 
ce ne siano «quite a few». Nonostante lei non abbia mai menzionato nei libri l’esistenza di altri binari, le piace l’idea di una sorta di Orient Express per i Maghi e di provare al binario 7 e 1/2, mentre che altri binari potevano essere aperti a richiesta, come, ad esempio, concerti di Celestina Warbeck.

* Una delle Undici scuole di Magia che ha indicato la Rowling, idelamente ubicata in Giappone.


* Questa storia è stata scritta tra le 19.00 e le 7.00 del mattino.
 

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Capitolo 5
*** Come neve ***


 

Day 5: Come neve
Prompt (lista pump night*): Neve

 

Come Neve

«Non ti ricordi quanto tempo hai impiegato a convincerti che non eravamo fatti per stare insieme?».
«Non ci sono riuscito, però».
«Hai sprecato un sacco di tempo».
«Non ho sprecato tempo, ho riflettuto attentamente su noi due. Era difficile capire cosa provassi per te. Non è facile arrendersi al fatto di aver trovato l’amore della propria vita e che quell’amore sia una come te».
«Che significa una come me?».
«Sei mezza Veela, Vic, sei la figlia degli eroi, la prima della dinastia più celebre del Mondo Magico. Non è stato facile sentirsi all’altezza di te».

 

24 Dicembre 2016

Rivedere Victoire lo turba più di quanto riesca ad ammettere a se stesso, a causa del loro ultimo litigio ad Hogsmeade. 
In quei mesi lontani non hanno fatto altro che discutere, che sedimentare incomprensioni. Lui ha la sensazione di tarparle le ali, di privarla di leggerezza, mentre Victoire si consuma poco a poco nel tentativo di capire, di sapere, di controllare, corrosa dalla possibilità che Teddy possa rivolgersi altrove.
Da quando sono insieme, in alcuni momenti si sente paralizzato dal terrore di ferirla, dal terrore di deluderla e di rovinare quel legame al quale non riesce a dare un nome.
Sa bene che Victoire attende, che freme aspettando parole che lui non riesce a dirle, e che prima o poi dovrà decidersi a capire cosa prova per lei.
Teddy, però, da quando si è diplomato, non fa altro che pensare e arrovellarsi su quello che può offrirle e gli sembra sempre troppo poco.
Quando ha provato a parlare con sua nonna, senza mai fare esplicito riferimento a Victoire, lei si è limitata a sorridere malinconica e a mo’ di rimprovero gli ha detto che ha il cuore di sua madre ma la mente di suo padre.
Lo dice spesso, senza che lui riesca ad afferrare pienamente il senso di quelle parole.
«Hai intenzione di rimanere lì a meditare seduto nella neve o pensi di entrare prima o poi?», chiede Victoire e a Teddy non sfugge il tono risentito.
«Ancora un minuto ed entro», le dice senza voltarsi.
Victoire, però, non rientra in casa ma gli va incontro camminando a fatica in quella immensa distesa bianca.
«È Natale, Teddy. Potremmo anche fare pace», suggerisce con il tono poco convinto di chi crede di essere dalla parte della ragione.
«Certo», acconsente lui con la sola voglia di evitare discussioni.
«Pensi ancora che dovrei vivere le esperienze delle ragazze della mia età?», chiede Victoire infastidita.
«Sì, lo penso. Penso che dovresti stare con qualcuno che non ti è stato sempre tra i piedi, conoscere altre persone, valutare nuove opportunità».
Victoire alza gli occhi al cielo, irritata e con l’aria di chi la pace non la vuole affatto, anche se è Natale.
«Se vuoi lasciarmi, Teddy Lupin, assumiti tutte le responsabilità del caso. Non sarò io a renderti le cose semplici».
«Non cominciare con le paranoie da gelosa».
«Io non sono paranoica, Teddy. Sei tu che ancora non hai deciso, cosa sono per te, perché in questi momenti mi viene da pensare che per te io sia stata soltanto uno sfizio, un amore momentaneo ed estivo, un pallino che avevi nella testa…»
«Pensi di essere questo per me?», le chiede lui arrabbiato, deluso, scoraggiato.
«Non lo so, Teddy. Non so niente».
«Non sei stata uno sfizio, Vic. Non potrei mai farlo».
«Perché? Perché sono una specie di cugina per te? Forse è solo questo, Teddy».
«Credo che anche un cieco vedrebbe la differenza che c’è tra te e tutte le altre. Il nostro rapporto è sempre stato diverso», sbotta Teddy.
«Sì, diverso, ma diverso come? Perché io lo so, Teddy, com’è che è stato diverso ma penso che tu abbia davvero bisogno di chiarirti le idee perché forse non sono come Molly o Roxy ma forse è stata solo attrazione, forse è stato un sentimento passeggero».
«Noi non siamo passeggeri. Non possiamo».
«Persino la neve non sembra passeggera in queste serate, Teddy, ma alla fine basta un po’ di sole e non resta più nulla».

 


*Questa storia è stata postata in un orario compreso tra le 19.00 e le 7.00 del mattino.

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Capitolo 6
*** Draco dormiens nunquam titillandus ***


Day 6: Draco dormiens nunquam titillandus
Prompt (lista pumpInk): Cuscino

 

Draco dormiens nunquam titillandus


«Ero giovane e un tantino immaturo ma non sono stato così male alla fine, no?».
«Negli anni hai recuperato bene ma all’inizio eri insopportabile».
«Sono diventato un fidanzato esemplare».
«Dopo tutte i cuscini che mi hai fatto bagnare di lacrime era il minimo, Teddy. Te lo assicuro».
«Tu, però, hai deciso di farmela pagare e mi hai dato un bel filo da torcere».
«Lo sai cose dice nonna Molly? Nulla è peggio di un ritorno di fiamma di bacchetta».

 

25 dicembre 2016
La Tana

Le coperte di nonna Molly non sembrano essere sufficientemente pesanti per riuscire a farla sentire protetta e al sicuro come accadeva in passato.
La verità è che non si è mai sentita tanto lontana da Teddy e quel Natale trascorso lontani, senza mai incrociare lo sguardo, senza mai rivolgersi nemmeno un sorriso, le ha buttato addosso una tristezza e sconforto mai provati prima.
Che fosse diversa e poco partecipe l’ha notato davvero soltanto zia Ginny, che l’ha presa da parte e ha provato ad infonderle una sicurezza che sembra esserle scivolata via tra le mani nel momento esatto in cui la madrina si è allontanata da lei.
Da quando è salita in camera si è ritrovata a stringere il cuscino e a bagnarlo di lacrime, cercando di non farsi sentire da Dominique e dalle altre cugine. Si morde le labbra con veemenza, nel tentativo di soffocare i singhiozzi, pensando al suo scontro con Teddy e al gelo che è piombato su di loro peggio della nevicata del giorno prima.
Ha fatto la spavalda ma la verità è che trema al pensiero che una sola delle parole che gli ha rivolto possa rivelarsi veritiera, che davvero il sentimento si sia sciolto come neve al sole.
«Vic, ma stai piangendo?», sussurra Dominique dal letto accanto.
«Va tutto bene, Domi, non preoccuparti», risponde a voce bassissima e poco convincente, nascosta sotto le lenzuola.
Avverte i movimenti cauti e controllati di sua sorella nello scendere dal suo letto per infilarsi accanto al suo, per poi sentire il braccio di Dominique avvolgerla alle sue spalle, mentre appoggia la testa sulla sua schiena. Vic non riesce a non stringere le mani di sua sorella, abbassando per un po’ le difese che ha tenuto su per tutta la serata.
«È per Teddy, vero? Avete litigato ancora?», bisbiglia.
Vic si limita ad annuire e ad aggiungere «Secondo me, non mi vuole più».
Dominique sbuffa contrariata, come sempre, come ogni volta che ne hanno parlato. Per sua sorella è tutto chiaro e lineare, è tutto bianco o nero, ma Victoire è innamorata persa di uno che è nato con le sfumature di colori, che può cambiare da un minuto all’altro.
«Di che parlate voi due?».
La voce di Molly arriva dall’altro lato della stanza, vibrante di curiosità.
«Parla piano ché le svegli tutte così!», intima Dominique, alzando di scatto la testa dal cuscino.
Vic sente il peso di Molly sul suo letto, prima che la cugina le sposti le coperte dagli occhi e che lei affondi il viso pieno di lacrime nel cuscino.
«Ho capito tutto. Avete litigato di nuovo?». 
Vic, ormai stretta tra sua sorella e sua cugina, annuisce e si mette seduta, sistemando il cuscino dietro la sua schiena.
Anche se sono avvolte nel buio, può distintamente carpire lo sguardo di disperazione che si sono scambiate le sue due consigliere.
«Non sono sicura che sia abbastanza», bisbiglia, dando, finalmente, voce ai suoi pensieri.
«Cosa?».
«Non sono sicura di essere abbastanza per lui».
Sua cugina, sette mesi più giovane di lei e un’esperienza nettamente maggiore in fatto di uomini, la fulmina immediatamente.
«Victoire Weasley, tu sei molto più che abbastanza. Non dire sciocchezze e non voglio mai più sentirti dire sciocchezze simili per chicchessia».
«Ma lui non è sicuro di voler stare con me! Dice sempre che dovrei fare più esperienze, proprio come te, e che mi sto perdendo il meglio, sprecando il mio tempo con lui perché potrei avere chiunque altro».
«Questo è perché è un idiota, come tutti gli uomini», commenta Dominique accarezzando i capelli della sorella maggiore, in un gesto che sin da piccole, grazie al tocco delicato e premuroso della madre, ha sempre avuto il potere di acquietarle.
Molly, con fare pratico e con l’aria da maestrina che suo padre le ha inevitabilmente trasmesso, aggrotta il sopracciglio osservando con aria di rimprovero Victoire.
«Senti, Vic, sei una delle ragazze più belle e intelligenti che conosca e concordo   con quel testone di un Lupin perché potresti davvero avere chiunque. Il tuo problema, che possiamo anche definire la mia tragedia, è che tu vuoi lui e non hai mai visto altri che lui mentre lui è un insicuro cronico e si fa mille problemi», sentenzia.
Victoire sospira lasciandosi abbracciare da sua sorella, in uno strano e rarissimo scambio di ruoli.
«Quindi, sono spacciata? Dovrò avere il cuore in frantumi a vita?».
Molly scuote la testa, contrariata, e aggiunge «Assolutamente, no. Vuole che tu valuti altre possibilità? Valutale o, se non altro, Vic, faglielo credere! Da ora inizia la Missione Cuocere a puntino Teddy Lupin, a meno che tu non preferisca continuare a versare lacrime inutili».
Victoire socchiude gli occhi. Ha la testa dolorante, che pulsa in maniera incessante, e quel discorso lo ha già sentito ma oggi è talmente disperata da credere che sia l’unica cosa possibile.
Alla fine, si decide a chiedere «Come, esattamente?».
«Sbaglio o Jonathan Shacklebolt ti ha invitata ad una festa di Capodanno? Andiamoci e ti faccio vedere che Teddy avrà improvvisamente tutto chiaro. Ovviamente, Vic, devi dargli buca per quella sera e metterlo di fronte alla sua stessa idiozia».
Victoire annuisce incerta, perché la gelosia di Teddy è qualcosa che ha testato poche volte. È sempre stata lei quella pronta a scattare, non appena percepiva qualcuna interessata a lui, offrendogli infinite certezze.
Quella volta, però, è certa che valga la pena provare.
Del resto, draco dormiens nunquam titillandus.

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Capitolo 7
*** Rivedersi era come rinascere ancora una volta ***


Day 7: Rivedersi era come rinascere ancora una volta
Prompt (lista pumpInk): Abbracciare
 

Rivedersi era come rinascere ancora una volta

«In fin dei conti, io ero solo un po’ insicuro. Tu mi hai fatto morire di gelosia».
«Capirai, per qualche settimana e poi di nuovo a farti gli occhi dolci!».
«Quelle settimane sono state dolorosissime».
«Signorino, io ho fatto la sostenuta per qualche settimana, tu sei stato indeciso due anni! Sono stata praticamente una martire».
«Dopo quei due anni, però, la nostra storia è iniziata davvero».
«Perché? Vuoi dire che prima abbiamo scherzato?».
«No, solo che…solo che ho capito che per tenerti dovevo cambiare qualcosa».

27 settembre 2017
Hogsmeade

Cosa voglia dire essere dentro o fuori nella loro storia, Teddy non è ancora del tutto certo di averlo capito ma ne ha avuto pian piano un assaggio, perché da quell’ultimatum di Victoire ha avuto sempre di più la pressante sensazione di doverla riconquistare.
Le settimane in cui è sparito, in cui non l’ha cercata e si è sottratto a qualsiasi incontro, l’hanno ferita più di quanto abbia ammesso.
L’ha avvertito pian piano nei giorni successivi, in quel che rimaneva della loro estate e che hanno provato a ricucire. L’ha sentita distante, altrove, come se gli stesse scivolando tra le mani.
Nella solita settimana in campeggio l’ha percepita più distante, appesantita dai suoi stessi pensieri, con lo sguardo eternamente lontano.
Di quella lontananza emotiva sa di essere l’unico e solo responsabile e, da quando Victoire è partita, non ha fatto altro che tormentarsi notte e giorno.
Adesso che l’aspetta, poco distante dalla Stamberga Strillante, sente il peso di quei giorni, della distanza che non sono riusciti a colmare, delle ferite che ha impresso a Victoire allontanandola da lui.
La intravede mentre saluta le amiche e si incammina per raggiungerlo e Teddy sorride al solo vederla.
È una di quelle cose che non è mai cambiata nel tempo. Per quanto la marea possa essere alta tra di loro, vedersi, guardarsi, sfiorarsi ha calmato qualsiasi tempesta.
Ha promesso di restare, di non lasciarla ma, soprattutto, di non cedere più alle proprie insicurezze.
Eppure, ogni volta che la vede circondata dalle amiche, dai compagni di corso, non riesce a non pensare che le sta appesantendo la vita, che non è giusto che si faccia carico del suo impegnativo bagaglio emotivo, che meriterebbe qualcuno che la renda sempre felice e leggera e che non sia costante motivo di preoccupazione.
Victoire è sempre stata la sua confidente, l’unica alla quale raccontare ogni cosa, la prima con la quale non ha mai avvertito il bisogno di tirare su le difese ma, anzi, di abbassarle ma ora tutte quelle confidenze, tutti i segreti che le ha sussurrato, tutte le mancanze che ha avvertito nella sua vita pesano come macigni nella loro relazione.
Vorrebbe vederla spensierata, frivola, come Molly e le altre sue amiche si permettono d’essere. Lei, invece, ha la mente e il cuore impegnati a pensare a lui, alle sue sofferenze, alla difficoltà di lasciare sua nonna, alla sua lotta continua con la solitudine.
La guarda incedere lentamente, avvolta nel mantello, con lo sguardo rivolto verso il castello e fermarsi non appena riconosce la sua sagoma.
È lui a raggiungerla, a correrle incontro e a stringerla, ad abbracciarla come forse non ha mai fatto prima.
Victoire esita un po’ prima di lasciarsi andare, prima di abbandonarsi in quel loro abbraccio che è sempre stato casa, l’unico posto in cui sentirsi entrambi giusti.
«Ehi», sussurra Teddy.
«Ehi».
«Mi sei mancata».
«Anche tu».
Victoire solleva appena la testa prima che Teddy cerchi le sue labbra, in cerca di conferme, per scacciare il dubbio che nulla sia cambiato, che, anche se un po’ più rotti, sono ancora loro.
E, no, non sono cambiati, anche se Victoire esita, se è Teddy a parlare con quel bacio lungo, infinito, che dovrebbe supplire a tutte le parole che ancora non riesce a dirle. Lei cede a poco a poco, lasciandosi convincere, mentre Teddy  serra ancora di più quella stretta che lei ha sempre amato.
Quando interrompono il bacio, Vic abbassa nuovamente gli occhi in un moto di timidezza che non ha mai avuto.
«Va tutto bene?», le chiede.
Lei annuisce e sorride senza convincerlo, senza riuscire a guardarlo.
«Vic, io ci sono. Lo so che non ne abbiamo parlato dopo il compleanno di zia Ginny, però ci sono, non… non mi tiro indietro».
Ed era vero. Non avevano parlato quella sera. Avevano continuato a bere, a guardarsi fino a rincorrersi e ritrovarsi a fare l’amore nella soffitta dei Weasley, lontani dai festeggiamenti in giardino.
Non avevano parlato neanche nei giorni seguenti nel tentativo di recuperare il tempo perso. Avevano ripreso come sempre perché stavano bene e quello bastava - doveva bastare.
Poi era arrivato il 31 agosto, la vigilia della partenza per Hogwarts, e Teddy non era riuscito a rovinare quel momento, l’aveva stretta e abbracciata per tutto il tempo che erano rimasti insieme, sperando di colmare il vuoto dei mesi successivi.
«Teddy, io vorrei tanto crederti…».
«Ma?».
«Ma sono terrorizzata all’idea di discutere ancora con te e che tu sparisca per settimane. Non riesco a pensare ad affrontare il mio ultimo anno come ho affrontato lo scorso anno».
Victoire stavolta lo guarda e i suoi occhi tradiscono disperazione e speranza assieme.«Te l’ho promesso, Vic. Non scappo più…».
«Ma non è soltanto lo scappare, Teddy», sbotta sciogliendosi dall’abbraccio, «Non voglio più temere di svegliarmi un giorno e non trovarti più. Non voglio più trucchetti, non voglio più niente del genere. Non me lo merito. Ho bisogno che tu mi voglia per restare con te».
Teddy fa un passo verso di lei, intrappolandola di nuovo in un abbraccio e appoggiando la sua fronte alla sua.
«Io ti voglio, Vic. Ti ho sempre voluta».
Victoire chiude gli occhi e si aggrappa con forza al mantello di Teddy. Lui sa, perché la conosce meglio di tutti gli altri, che sta faticosamente cercando di mantenere il controllo.
«Non voglio più ridurmi ad andare a feste di gente di cui non mi importa nulla soltanto per avere una reazione da te. Non voglio più pensare di doverti infastidire perché tu abbia l’ansia di perdermi e faccia qualcosa».
«Vic, sono stato un idiota e ti prometto che non ti metterò mai più in questa situazione».
Lei annuisce debolmente mentre Teddy le sposta i capelli che le cadono sulla fronte.
«Per tutti questi giorni, sin da quando sono tornata qui, ho vissuto con l’ansia di una tua lettera, come quella dell’anno scorso, e pensavo solo che non ce l'avremmo fatta a ricucire dopo quest’estate».
L’anno precedente la separazione da Victoire lo aveva distrutto, lacerato, fatto a pezzi in un modo che lo aveva fatto impazzire. Erano solo dei bambini quando lui era partito e lei era rimasto a casa, ma, quando Teddy era sceso dalla barca dopo la cerimonia del diploma, nella sua mente aveva messo radici l’idea che due interi anni separati li avrebbero separati.
All’assenza schiacciante di Victoire nelle sue giornate si era aggiunta l’incertezza per la strada che aveva intrapreso, perché l’insegnamento è una strada tortuosa e complessa, un percorso non lineare in cui i suoi Professori lo stanno aiutando ma che dà poche certezze e, al momento, poco denaro.
«Vic, so di averti fatto impazzire. Sono stato uno stronzo e so che posso esserti sembrato un egoista ma io odio essere la causa di questo… mi detesto ogni volta che ti vedo ferita, infelice o pensierosa. È stato un anno particolare, di assestamento ma presto le cose cambieranno, davvero».
«Se inizi a chiuderti e mi lasci fuori, Teddy, la prossima volta sarò io a sparire», gli dice perentoria.
Lui annuisce, avvicina il suo volto ad un millimetro da quello di Victoire e sussurra «Ricominciamo sul serio, Vic?».
Victoire non risponde ma sorride e lo bacia con un entusiasmo nuovo, con una passione nuova, con una consapevolezza diversa e Teddy pensa che finalmente l’avverte più leggera, più felice, come se con quel bacio fossero nati ancora una volta.


Note: il titolo è tratto dalla canzone Farewell di Guccini. 
Spero che in questo capitolo sia un po' più chiaro cosa ha mosso Teddy fino a questo momento nella sua relazione con Victoire.
Colgo l'occasione per ringraziarvi per l'entusiasmo mostrato per questa raccolta. Io da sola non mi sarei data neanche uno zellino.

Grazie, grazie, grazie
Fede

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Capitolo 8
*** The Only Exception ***


Day 8: The only exception
Prompt (lista pumpWord): Acrasia (mancanza di autocontrollo)

 
The only exception
 
«Sei stato bravo, lo ammetto, anche se ogni tanto hai continuato a fare il cocciuto».
«In verità, la più testarda sei sempre stata tu».
«Non è affatto vero!».
«Assolutamente. L’unica persona al mondo in grado di farmi venire voglia di urlare come un matto».
«Devo confessarti che mi piace tantissimo farti arrabbiare, mi è sempre piaciuto».

7 novembre 2015
Hogwarts

«Si può sapere che ti prende, Vic?».
«Non ho niente».
«Mi hai dato buca per la terza volta consecutiva».
Lo sguardo di Teddy tradisce un rimprovero che Victoire non ha intenzione di ascoltare, altrimenti finirebbe per cedere e tutta quella strategia andrebbe a farsi benedire.
«Scusa, mi è passato di mente», dice facendo spallucce mentre Teddy continua a fissarla cercando di venire capo di quel comportamento così poco da lei.
«Posso almeno sapere il perché?».
Victoire fissa il Platano Picchiatore alle spalle di Teddy, stranamente fermo e calmo. Quello è diventato il loro posto, sin dal momento in cui lei è arrivata ad Hogwarts.
Il primo mattino libero Teddy l’ha aspettata fuori dalla sala comune dei Grifondoro, portandola lì, in quel luogo che fino a quel momento Victoire aveva soltanto potuto immaginare, e da allora è diventato il posto in cui staccare dal mondo, ritrovarsi a dispetto delle case diverse.
«Ero con Xavier Armstrong. Mi ha chiesto un appuntamento e ho deciso di uscire con lui», risponde osservando attentamente la reazione di Teddy.
Lui assottiglia lo sguardo e un paio di vene sul collo diventano più definite, mentre si avvicina a lei con le braccia conserte come chiaro manifesto di tutto il suo disappunto.
«Perché?».
«Come sarebbe a dire ‘perché’?».
«Perché uscirci?».
«Perché non avrei dovuto?».
«Perché non mi rispondi?».
«Perché questa è una domanda stupida, Teddy».
Lui sbuffa, impaziente e innervosito dalla mancanza di risposte.
«Non è una domanda stupida. Non credevo fosse il tuo tipo».
«E chi sarebbe il mio tipo?», chiede Vic ridendo.
«Non…non lo so ma non Armstrong, con quei modi da damerino, servito e riverito».
«Almeno lui conosce l’educazione», rimarca lei pungente.
«Mi stai dando del maleducato?».
«Non a te, a Hilda Hermann sì».
Teddy aggrotta il sopracciglio sentendo nominare la ragazza che ha frequentato fino a qualche settimana prima.
«Non si comporta come fosse la padrona, almeno».
Victoire serra la mascella, cercando di mascherare il fastidio, per poi mettere su il più falso dei sorrisi.
«Io non giudico, Teddy. Deve piacere a te. Probabilmente è questo il tuo tipo».
«Non è il mio tipo ma non stavamo parlando di me. Perché non me lo hai detto?».
«Che Hilda ha dei modi da troll? Pensavo lo avessi già scoperto da solo».
Teddy scuote la testa e dall’espressione che gli si è impressa sul volto Vic è certa che sia quasi al limite perché lo conosce così bene da sapere che nulla al mondo è in grado di irritare e far impazzire totalmente Teddy Lupin quanto una domanda priva di risposta.
«Lo sai. Dei tuoi appuntamenti».
«Tu non dici a me dei tuoi».
«Perché penso che a te non interessino».
«Questa è una sciocchezza, Teddy, e lo sai anche tu. Quando mai mi sono mostrata poco interessata a qualcosa che riguardava te?».
Teddy non la guarda più, in evidente difficoltà.
«Io voglio sapere con chi esci».
«Perché?».
«Perché noi siamo… io sono… tu sei… perché sì».
«Oh, ora mi hai proprio convinta in effetti».
«Vorrei sapere se frequenti brave persone».
«Di solito, non scelgo avanzi di galera ma la prossima volta mi premurerò di chiedere se sono mai stati ad Azkaban».
«Ne sono contento», ribatte acido, «Ti ha baciata?».
Victoire cerca di mostrarsi impassibile, nonostante dentro di sé stia intimamente gongolando a quella che ha tutta l’aria di essere una scenata di gelosia.
«Be’, sì».
Se gli avesse tirato uno schiaffo, forse la faccia di Teddy sarebbe stata meno sconvolta.
«E ti è piaciuto?».
«Che domanda è, Teddy?».
«Quella che ti ho fatto. Allora, mi rispondi?».
«Non ho intenzione di risponderti se me lo chiedi così».
Victoire si incammina verso il castello, con una strana sensazione addosso, mentre Teddy rimane lì, inchiodato davanti al Platano Picchiatore.
«Vic».
Ma lei non si volta, decisa e concentrata su quel che si è prefissata.
«Vic».
La chiama ancora una volta e, ancora una volta, lei non si gira.
«Vic».

Sente il passo svelto di Teddy dietro di lei e cerca di allungare il passo per mantenere la distanza.
Lui le afferra un braccio e la attrae a sé e quel che viene dopo Victoire non lo avrebbe mai davvero immaginato, perché il fatto che Teddy Lupin potesse desiderare di baciarla e baciarla sul serio è sempre stato un desiderio troppo grande per poter pensare che si sarebbe realizzato.
Avverte Teddy rilassarsi non appena lei risponde al bacio e si aggrappa alla sua divisa e la mano di lei corre tra i suoi capelli biondi.
Non credeva nemmeno che un bacio potesse durare così tanto, perché nessuno dei due dà segno di volersi staccare e lei è certa di poter continuare così per sempre. Se glielo chiedessero, forse, potrebbe anche smettere di respirare.
«Tu sei pazzo».
È la prima cosa che gli dice una volta compreso che hanno entrambi bisogno d’aria, nonostante lei sia ancora avvinghiata alla sua divisa e lui la tenga ben stretta a sé.
«È tutta colpa tua».
«Mia?».
«Quando si tratta di te, non capisco più nulla, Vic. Mi si annebbia il cervello e non ragiono più».
«Ma come? Non ti sei vantato proprio ieri di avere un immenso autocontrollo?».
Teddy non risponde, si limita a sorriderle e a baciarla ancora una volta e poi ancora un’altra e poi un’altra ancora.

 

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Capitolo 9
*** Stay ***


TW: questo capitolo tratta di tematiche delicate (depressione). 

Day 9: Stay
Prompt (lista pumpWord): Hävitä. Scomparire, svanire, perdersi

 
 Stay
 
«Quando non lo hai fatto è stato terribile. Mi hai spaventato a morte».
«Lo so. Mi detesto quando penso a quei giorni, credo che ripiombare in quello stato sia ancora oggi il mio più grande incubo. Se avessi davanti un Molliccio, avrebbe le mie sembianze in quei giorni».
«Anche il mio. Ho davvero avuto paura di non riuscire a salvarti».
«Ce l’hai fatta. Io mi stavo perdendo, ma tu mi hai riportata indietro».
«Non è quello che fai tu da tutta una vita?».


9 luglio 2020
Shell Cottage

Il suo ritorno dalla scuola di Mahoutokoro è stato diverso da quello che immaginava. Innanzitutto, quel tirocinio che sarebbe dovuto durare soltanto sei mesi è stato prolungato fino alla fine dell’anno scolastico, ma, soprattutto, quando è tornato, al binario 7 e 1/2 c’erano soltanto Harry e James, con uno sguardo che non è riuscito a decifrare fino in fondo.
L’assenza di Victoire è pesata come un macigno, più ancora della brevità delle sue lettere, del tono asettico che ha usato, della mancata risposta all’ultima.
Lui non ha chiesto nulla, cercando di tradire la delusione, abbracciando il padrino e James, quel che più vicino ha ad un fratello.
Quando, dopo uno sguardo d’intesa, Harry ha parlato, Teddy non ha capito, non avrebbe mai potuto capire prima di vederla.

 

«Non ti abbiamo scritto prima per non farti preoccupare, Teddy. Vic…».
«È cambiata».
«Che significa che è cambiata?».
«Non sta bene. Non… è complicato da spiegare».
«Non si alza più dal letto».
«È malata?».
«Clinicamente non ha nulla. Zia Fleur l’ha fatta visitare da tutto il San Mungo».
«Quindi, che cos’ha?».
«Te l’abbiamo detto: non si alza più dal letto».

Quando entra a casa Weasley, lo accoglie Fleur con uno sguardo che non le ha mai visto. Ha il viso indurito dalla preoccupazione e da un tacito rimprovero, per lui che è partito, che non è tornato, che non sapeva.
Non gli dice nulla, limitandosi a fare un cenno verso la stanza di Domi e Victoire.
Quando la vede, pensa che quel «non si alza più dal letto» sia stato riduttivo, perché Victoire è lo spettro di se stessa. Fuori è luglio, fa un caldo insopportabile e lei è avvolta in uno dei maglioni di Nonna Molly, così pallida che sembra non abbia mai visto la luce del sole, gli occhi scavati di nero.
Quando lo vede, gli sorride con uno sforzo che non esiterebbe a considerare sovrumano.
«Non…non mi ricordavo fosse oggi…», mormora imbarazzata, in difficoltà, mentre le sue mani corrono nervosamente a tentare di sistemare i capelli.
«Non fa niente, Vic, sono qui».
Teddy si fionda sul letto di Victoire, la stringe come se temesse di vederla svanire da un momento all’altro, la bacia sperando di ritrovare qualcosa della ragazza gioiosa con cui ha trascorso il Natale ma qualsiasi movimento sembra essere troppo per Victoire.
«Scusa se non ho risposto alla tua lettera. È che ero tanto stanca…».
Teddy la abbraccia, le bacia la fronte tenendola stretta a sé. 
«Che ti è successo, Vic?». 
Victoire inizia a piangere, scuote la testa, cerca di ritrarsi mentre Teddy la blocca in quell’abbraccio, perché, sin da quando è entrato in quella stanza, ha il timore che lei possa scomparire del tutto, ridursi ancor di più ad un’ombra. 
«N-non lo so. È tutto sbagliato, Teddy, tutto sbagliato».
«Che cosa è sbagliato?».
«Non…non riesco a capire dove dovrebbe andare la mia vita. Ho lasciato il lavoro con zia Hermione, non voglio lavorare lì».
Teddy annuisce. Ricorda bene le lettere in cui Victoire condivideva con lui il peso di quel tirocinio e la mancanza di passione per quel lavoro tutto burocratico. Ripeteva che non faceva altro che sentirsi spenta e appesantita e che non voleva restare.
«Troveremo qualcos’altro».
«Non c’è nient’altro. Non posso fare niente. Non sono buona a niente».
«Vic, adesso smettila. È solo un momento, okay? Solo un brutto momento».
Lei annuisce con poca convinzione, mentre Teddy si arrovella nel tentativo di pensare a cosa fare.
«Perché non vieni un po’ a casa mia?».
Lei lo guarda terrorizzata e lui rintraccia quanto la sua Victoire sia sparita da qualche parte, divorata in un buco nero, perché l’idea di vivere insieme è ciò che aspettano entrambi da anni, anche se in condizioni diverse. È quello che si sono promessi in Giappone solo qualche mese prima e non può essere diventato un motivo di terrore.
«Non riesco ad alzarmi. Pensavo che mamma te lo avesse detto».
«Me lo hanno detto James e zio Harry, quando mi sono venuti a prendere».
Lei sospira e si ritrae un po’, con un senso di vergogna addosso che Teddy non riesce a spiegarsi.
«Non fa niente se non riesci da sola, Vic. Ti porto io. Hai bisogno di cambiare aria».
«Non voglio andare via. Voglio stare qui».
«Allora, andiamo fuori, vicino al mare».
«Fa freddo». 
«È luglio. Potremmo fare il bagno».
«Ho freddo», ribadisce stringendosi nel maglione blu.
«Mettiti tutti i maglioni che vuoi, ma non ti lascio rimanere ancora qui dentro, Vic. Non ti lascio, va bene? Non ti lascio più, finché non torni di nuovo tu».
«E se non tornassi?».
«Tornerai».
«Ma se non lo facessi?».
«Se non lo facessi, troveremo un modo ma hai vent’anni e non puoi vivere ferma in un letto per sempre ma lo giuro sui miei genitori. Non ho intenzione di arrendermi fino a quando non sarai tornata».

Eccomi qui. Mi rendo conto che da questo capitolo in poi c'è un po' una svolta nei toni ma nella mia mente è tendenzialmente chiusa la prima parte della storia di Teddy e Vic, quella in cui sono due adolescenti con problemi della vita da adolescenti e, quindi, si prendono, si lasciano, si ritrovano. Siamo entrati nella prima parte della vita adulta quando c'è da trovare il proprio posto nel mondo e that's it. 
 

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Capitolo 10
*** Di tanti posti che ci sono nel mondo ***


Day 10: Di tanti posti che ci sono nel mondo
Prompt (lista pumpWord): Latibulum (un posto nascosto, un rifugio)

 
Di tanti posti che ci sono nel mondo
 
«Ho un ricordo molto confuso di quel periodo, come se mi fossi anestetizzata da qualsiasi cosa».
«Alla fine, però, ce l’hai fatta, più forte di prima, come ti avevo detto».
«Più forte di prima non lo so. Qualche volta mi sento ancora un po’ graffiata, però, sì, ce l’ho fatta».


14 agosto 2020 
Hogwarts 

Non sa neanche da quanto tempo è seduta lì, a fissare il Platano Picchiatore, incurante del sole cocente di agosto che le scotta la pelle.
Tornare ad Hogwarts sembra aver placato per un po’ tutto il dolore provato nell’ultimo periodo.
Quel posto ha sempre avuto il potere di affascinarla ed incantarla in parte grazie ai racconti di zio Harry sulle avventure sue e dei Malandrini a scuola, in parte perché ha una collezione infinita di ricordi con Teddy proprio in quel posto.
Ha sempre pensato che anche loro due fossero destinati a grandi cose, prima di scontrarsi con il mondo reale, prima di arrivare a pensare che forse non era destinata proprio a nulla se non a confondersi tra tanti nessuno.
Teddy l’ha rimproverata per quei pensieri, ha provato a scuoterla ma c’è sempre qualcosa che resta sotto pelle e che non riesce a mandare vita.
«Hanno combattuto una guerra, Vic. Noi siamo privilegiati».
Sa che è vero, sa che lui ha ragione, sa che quei tempi di pace, di ricostruzione non sono altro che il meritato risultato di quelle guerre di cui ha solo sentito parlare, da cui è sempre stata affascinata. 
«Se vuoi combattere, puoi entrare negli Auror».
Le ha detto provocatoria sua sorella Dominique, rientrata da un periodo di studio in Normandia. È facile per lei, lei che ha da sempre avuto un talento e una passione per le Pozioni e l’Erbologia. 
Non è il combattere il pungolo di Victoire, ma fare qualcosa che abbia un senso.
«Chérie, vedrai che qualcosa saltorà fuori».
Fleur aveva liquidato così il suo problema esistenziale in un primo momento, come se da un momento all’altro qualcosa potesse cambiare e il suo malessere svanire. Era quello il grande talento di sua madre: vedere soluzioni dove tutti trovavano un problema.
«Sta’ tranquilla, tesoro. Possono capitare periodi di stasi. Devi soltanto capire cos’è davvero che vuoi fare».
Suo padre aveva provato a starle vicino, a modo suo, ma cosa dovesse esserne di se stessa Victoire non lo aveva ancora capito.
Qualsiasi prospettiva futura, qualsiasi sogno sembrava essere svanito nel momento esatto in cui era uscita dal Ministero della Magia.
«Lo so che è difficile, mia cara. Sei stata cresciuta in una famiglia in cui la grandezza è l’ordinario ma certe volte basta molto meno, sai?».
Le parole che Andromeda Tonks le aveva rivolto quella mattina l’avevano toccata più di ogni altra. La nonna di Teddy parlava poco e, nonostante quell’ipotesi non fosse mai stata confermata, aveva sempre avuto la sensazione che lei e sua nonna Molly non andassero granché d’accordo, diametralmente opposta a lei nei suoi modi di fare.
«Victoire Weasley, non osare mai più sparire così». 
La voce di Teddy tuona in una Hogwarts deserta. Lui la guarda severo, prima di sedersi accanto a lei e di stringerla a lui. Victoire si limita a lasciarsi abbracciare e sussurrare «Mi dispiace, non volevo farti preoccupare».
«Per fortuna, la McGranitt ha scritto a zio Harry che eri qui. Ti stavamo cercando dappertutto».
Vic scrolla le spalle, appoggiando la testa sul petto di Teddy.
«Avrei dovuto pensarci io, comunque. Questo è il nostro posto».
«Già. Sarebbe bello tornare a quando eravamo due studenti e venivamo sempre qui».
«Possiamo tornarci quando vogliamo».
«Non so da dove cominciare, Teddy. Non riesco a pensare a nulla che mi stimoli davvero, che possa farmi felice».
«È passata zia Ginny a casa. Voleva farti una proposta».
Victoire si irrigidisce, eternamente in ansia per qualsiasi stimolo esterno, senza dar segno d’essere interessata.
Nell’ultimo mese la sua famiglia ha provato di tutto, le hanno proposto l’impossibile senza che lei dicesse mai di sì, senza che nulla la interessasse davvero. Ad un certo punto sua nonna le ha proposto di sposarsi e fare un figlio, perché così tutto le sarebbe passato, guadagnandosi l’occhiata truce e le risposte piccate di tutta la sua infinita schiera di nuore.
«Mi ha detto che si è trovata per lavoro alla radio di Lee. Ti ricordi quanto ti piaceva da bambini?».
Lei annuisce debolmente, ripensando a quando da bambina i suoi zii la portavano lì per farle capire da dove venisse la voce della scatola.
«Be’, pare che vogliano avviare un nuovo programma. Non dovresti parlare, saresti una sorta di supervisore e non è molto impegnativo. Posso accompagnarti se vuoi».
Victoire continua a guardare il Platano Picchiatore. Da qualche parte, nel profondo del suo cuore, desidererebbe quasi che quel vecchio albero le desse uno scossone, che le mescolasse i pensieri fino ad aggiustarla.
La proposta di zia Ginny è davvero troppo specifica per essere casuale ma viene anche da una delle persone che la conosce meglio al mondo e crede di dovere a lei, a Teddy e a tutta la famiglia almeno un tentativo.
«Ci proverò, davvero».
Non lo vede ma percepisce Teddy sorridere e la sua stretta farsi più serrata. Non sa perché, probabilmente è quasi un riflesso incondizionato, ma sorride anche lei, scoprendosi un po’ più leggera.
«Ti rendi conto che di tanti posti che ci sono nel mondo sei venuta davanti ad un albero picchiatore?».
«Non è colpa mia se questo è il nostro posto».
«Però da qui c’è una vista bellissima, vero?».
«La mia preferita. Per questo di tanti posti che ci sono nel mondo vengo qui. Mi sembra che sia l’unico posto in cui c’è pace».


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Capitolo 11
*** You'd come over, right? ***


Day 11: You'd come over, right?
Prompt (lista pumpWORD) :Yugen (una consapevolezza così profonda che provoca un’emozione impossibile da esprimere a parole)

 
You'd come over, right?
 
«Il mio unico rimpianto è di non essere tornato prima».
«Dovevi partire, Teddy. Non sarebbe stato giusto».
«Sì, ma se ci fossi stato…».
«Sei tornato in tempo e io sapevo che tu eri con me e ci saresti sempre stato. È andato tutto bene».


Natale 2017
La Tana 
Pur di ritagliarsi un momento per loro due sono fuggiti fuori, noncuranti della neve che cade giù e con addosso i soli maglioni di Molly Weasley, questa volta nuovi di zecca.
Da quando hanno detto di stare insieme, le riunioni di famiglia sono sempre un tantino imbarazzanti, corredate da battutine di sorta e dalle occhiate scrutatrici di Bill Weasley. 
«Hai visto come ti guardava papà?», ridacchia lei, cercando la bacchetta per isolarli dalla neve ed evitare malanni.
«Sarebbe stato molto difficile il contrario».
«Tua nonna, invece, è sempre carina. Mi ha scritto qualche settimana fa, sai? Mi ha detto che ha sempre saputo che sarebbe successo».
Teddy annuisce, pensando alle chiacchierate con sua nonna in cui ha provato senza successo ad essere criptico.
«Sì, lei è sempre stata convinta che tra noi ci fosse qualcosa di speciale».
Victoire gli sorride radiosa, prima di lanciargli le braccia al collo. Teddy si china a baciarla velocemente, con uno sguardo puntato sulla porta d’ingresso.
«Non usciranno».
«Ma…».
«Zia Ginny o la mamma li affattureranno tutti nel caso», conclude Victoire.
Lo bacia lei con più foga, più desiderio, più tante cose a cui Teddy non può pensare perché tutta la loro famiglia è a pochi metri di distanza. 
Restano aggrovigliati così per un tempo infinito, a sussurrarsi quanto si sono mancati in quel periodo di distanza, quanto vorrebbero un posto solo loro.
Victoire ha uno sguardo luminoso, uno che riserva solo ed esclusivamente a lui, che, se solo riservasse a qualcun altro, Teddy è certo che ne morirebbe.
Quando Victoire è felice, quando lui la vede tanto raggiante grazie a lui, si sente un idiota per tutti i dubbi dei mesi passati, per aver messo in dubbio la possibilità di avere quel genere di felicità.
«Vic, sono stato un perfetto idiota», le dice stringendola a sé ancora più forte.
«In quale circostanza esattamente?».
«Io ti amo». 
Eccole lì, le tre parole che lo hanno sempre terrorizzato, quelle che non è riuscito a dirle prima, quelle che lei avrebbe sempre voluto sentire. Sono scivolate via dalla bocca con una naturalezza inimmaginabile.
È tutto lì, è sempre stato tutto lì. In quelle tre parole che non è riuscito a dirle per quasi due anni ma che alla fine gli sono uscite di bocca senza che lo avesse preventivato.
«So che non sono bravo, che sono un disastro ma… io ti amo. Avrei dovuto dirtelo prima ma…».
Victoire lo fissa in silenzio, visibilmente emozionata e, se fosse umanamente possibile, ancora più bella e luminosa di prima.
«Sta un po’ zitto, Teddy Lupin» gli intima Victoire con un bacio, «Anche io ti amo».


11 ottobre 2020
Rockbourne, Hampshire

 
Sente il passo rapido di Victoire salire le scale, di ritorno dal lavoro a Radio Lee. Da quando ha iniziato, le belle giornate sono diventate sempre di più delle brutte e lei sta pian piano rifiorendo.
Irrompe nella stanza allegra come non l’ha mai vista negli ultimi giorni e Teddy nota subito i capelli più corti e un abito nuovo.
«Guarda un po’ qui», gli dice con un fare civettuolo che gli è dannatamente mancato indicando i capelli.
«Stai molto bene».
«Sono andata in questo nuovo negozio a Diagon Alley. Me ne aveva parlato Molly e avevo un momento libero. Ho anche fatto un po’ di shopping. Ti ho preso una cosa, anzi due».
Dalla borsetta minuscola Victoire estrae un enorme libro, uno di quelli che Teddy cercava da tempo e che non riusciva a trovare usato dato il costo dell’originale, e una giacca di pelle di drago. 
«Sai che ho sempre voluto vedertene una addosso», dice lei sedendosi sulle sue gambe e baciandolo.
«Vic, io… non dovevi».
Lei sorride, lievemente imbarazzata, prima di chinarsi a baciarlo. 
Averla intorno, averla sempre a casa è stato addirittura meglio di quello che Teddy aveva sempre sognato. Probabilmente è l’unico regalo che ha sempre desiderato.
«Dico sul serio, Vic. Non voglio che sprechi tutti i tuoi soldi per me».
«Non li sto sprecando», lo corregge lei e sul volto le ricompare la solita espressione, quella della sua Vic, quella di sempre, di tutte le volte che battibeccano, «Ho una novità».
Prende fiato e Teddy nota che non c’è più tremore, non c’è più traccia di esitazione alcuna, che quella luce che sembrava essersi spenta è, invece, più forte e luminosa che mai.
«Ho un contratto vero, importante e non mi limito a supervisionare. Lee sta pensando di darmi un mio programma radiofonico e poi, poi, senti questa perché impazzirai. Abbiamo deciso di provare a creare una Televisione Magica. Ci lavorerà anche un po’ zia Ginny, per lo sport, ma è complicatissimo perché dobbiamo studiare come fare, capire quali permessi chiedere e sarà una cosa lunga ma penso che potremmo farcela».
Victoire si accende nel parlare di quell’argomento, di quel progetto, con quella voce squillante ed energica che non sentiva nell’aria da troppo tempo.
Mentre Victoire parla di quel suo grande progetto, aggiunge dettagli, lui non riesce a pensare ad altro se non al fatto che Victoire è finalmente tornata, che quegli occhi azzurri brillano di nuovo, che è sparito tutto il nero da sotto i suoi occhi, che è di nuovo luminosa, come quella sera di Natale alla Tana.
Vorrebbe dirle che gli è mancata tantissimo, che ha temuto di vederla scomparire davvero ma pensa che qualsiasi parola sia superflua, un inutile di più, perché Victoire è tornata e basta solo questo.
«… e poi dovremmo trovare un posto nostro, non grande, però non possiamo più invadere così casa di tua nonna, anche se mi dispiace così tanto lasciarla sola. Sarebbe carino vivere proprio a Diagon Alley, vero?».
«Possiamo iniziare a cercare qualcosa, ma senza fretta», annuisce.
«Ah, Teddy, ti amo».
Lo dice così, dopo tante interminabili settimane in cui non riusciva neanche a bisbigliare «anch’io».
È lui questa volta a non dire nulla, sorride e basta perché Victoire è tornata ed era l’unica cosa che voleva.


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Capitolo 12
*** Circle ***


Day 12: Circle
Prompt (lista pumpNight): Oro

 
Circle
 
«Te lo ricordi il nostro primo appartamento a Diagon Alley?».
«Uno dei momenti migliori della mia vita».
«Quando ci siamo trasferiti lì, mancava persino il letto».
«Tanto non ci serviva».
 «Stavamo benissimo anche dormendo su un pavimento. Potremmo vedere se è in vendita adesso».
«Non essere egoista, dobbiamo lasciare che porti fortuna ad altre coppie».


25 dicembre 2020
Diagon Alley

 
«Vic, svegliati, è tardissimo. Tua nonna ci ucciderà e anche la mia. Come diavolo abbiamo fatto a non sentire la sveglia?».
Victoire si sente scuotere più volte, prima di aprire gli occhi il tempo giusto per coprirsi la testa con un lenzuolo.
«No, voglio rimanere qui». 
«È Natale ed è già tanto che non ci siano piombati in casa con la Metropolvere. Dovevamo essere lì ore fa».
Victoire sbuffa annoiata. Ama la sua famiglia ma qualche volta, solo qualche volta, vorrebbe vivere senza tutta quella invadenza eccessiva e smodata che li caratterizza.
«Il prossimo anno faremo Natale solo noi due, ti avviso. Andremo da qualche parte nel mondo e li abbandoneremo tutti con le loro folli tradizioni».
«Ma se sei la prima che non resiste a stare lontano da quella banda di pazzi».
Teddy, dal canto suo, è già pronto, avvolto nel maglione bordeaux che nonna Molly gli ha regalato la sera prima, e la guarda seduto a gambe incrociate sul materasso che usano come letto.
Victoire si trascina fuori dal letto, consapevole che, sì, è davvero tardi e che sua nonna sarebbe capace di buttare giù Diagon Alley se lei non dovesse presentarsi al pranzo di Natale. Non ha neanche trattenuto il disappunto per la convivenza, perché ai suoi tempi non si faceva così e senza un anello al dito non si va da nessuna parte, né per il fatto che lei e Teddy abbiano deciso di non dormire alla Tana insieme a tutti i cugini.
«Sbrigati!». 
La voce di Teddy dall’altra stanza arriva forte e chiara non appena lei entra nella doccia.
«Comunque potevi farla anche con me la doccia», ribatte Vic divertita dalle ansie di Teddy, un puntuale cronico.
Quando esce dalla doccia se lo ritrova lì, pronto a porgerle l’asciugamano con un’espressione quasi dolorosa sulla faccia.
«Potevi anche entrare».
«Dai, Vic. Sto facendo violenza a me stesso. Quel camino mi terrorizza».
«Sei proprio un tenero Tassorosso preoccupato», ridacchia alzandosi sulle punte per baciarlo.
«Tu una Grifondoro incosciente», ribatte Teddy approfondendo il bacio. 
Tra le cose a cui non si è ancora abituata in quei giorni di convivenza, è l’idea di avere tutta quella intimità con Teddy, di poter vivere senza pensare a fratelli, genitori, nonni, zii sempre pronti a star loro intorno.
Teddy è ancora terrorizzato da quello che hanno ribattezzato l’incidente del camino, ossia da quando nonna Molly è sbucata dal camino alle sei del mattino perché voleva esser loro utile. 
«C’è qualcosa nel tuo accappatoio», le dice lui sfiorandole il fianco destro.
Victoire lo osserva con sospetto frugando nelle tasche in cui di solito lascia solo il pettine. Le mani rintracciano qualcosa di metallico.
«Teddy, ma…». 
Si ferma ad osservare il braccialetto che Teddy deve aver messo lì e che ha un’aria conosciuta.
«Io non sono ricco, Vic», le dice serio Teddy, «non dico che sia povero o squattrinato, perché, insomma, non è così. Grazie a zia Hermione, ho avuto il risarcimento per la guerra e…».
«Teddy, piantala io…».
«No, Vic, fammi finire. Io non sono ricco, okay? Ho delle risorse e, poi, sì, ci sono gli altri* soldi ma spero di non doverli mai usare perché spero di riuscire a vivere senza…».
«Teddy, lo so ma questo è…».
«Quando sei stata male, mi sono sentito uno schifo per non aver capito, per non essere tornato…».
«Ne abbiamo parlato cento volte, basta parlarne…».
«Sì, ma quello che ho capito è che non sarei mai stato in pace fino a quando non ti avessi vista di nuovo contenta, di nuovo felice, di nuovo piena di vita come sei sempre stata, così travolgente in ogni cosa. Sei la cosa migliore della mia vita, Vic, e non posso pensare…».
Victoire gli riserva uno sguardo carico di tenerezza, perché lo ha visto anche lei perdere il sonno dietro il suo malessere, sforzarsi di trovare ogni giorno qualcosa che le desse uno stimolo. Lo ricorda arrabbiato, disperato, ma mai arrendevole, mai una volta in cui davanti ai suoi muri abbia deciso di voltarsi.
«Ora sto bene, Teddy, sul serio, un giorno alla volta…».
«Non lascerò che ricapiti mai più una cosa del genere. Non dovevo rimanere in Giappone…».
«Ascolta, Teddy, se non fosse successo, forse non saremmo arrivati qui. Dovevo solo capire…».
«Non dovevi stare così», dice lui abbassando lo sguardo.
Victoire gli prende il viso tra le mani prima di baciarlo a lungo, di stringerlo e rassicurarlo.
«Lo sai che cosa mi ha detto quell’amica di zia Audrey, vero? La Guaritrice del San Mungo con cui parlo…».
«Sì, ma, Vic, la sofferenza qualche volta è solo sofferenza inutile. Non c’è bisogno di stare così male per capire e vorrei evitartela».
«Soffrirò ancora, Teddy, credo sia inevitabile. Anzi, forse sono stata così male proprio perché non la conoscevo davvero».
Teddy ha un’espressione scettica dipinta sul volto. Vic sospira perché, tra tanti momenti in cui avrebbe potuto fare quel discorso, la mattina di Natale in accappatoio con mille parenti che li attendono è forse il più sbagliato.
«Io la sofferenza non l’avevo mai provata sulla mia pelle, Teddy. Sono nata il 2 maggio, un giorno in cui tutti hanno perso qualcuno, in cui sono tutti un po’ spezzati ma un giorno che li ha spinti a festeggiarmi sempre. Quindi, sì, l’ho vista, la ricordo la sofferenza di mio padre, di mia madre, dei miei nonni, di tua nonna. Ho visto la tua sofferenza, Teddy, ma non era la mia. So che questo può suonarti terribilmente egoista ma io un dolore mio non lo avevo mai davvero sperimentato e quando mi è toccato non ero pronta. Non mi è mancato nulla, non… Mio padre non aveva abbastanza soldi da piccolo, ha dovuto rinunciare a tantissime cose, ma io? Io ho potuto solo scegliere tra mille opzioni e mi è crollato tutto addosso quando un’opzione giusta per me non riuscivo a vederla. Non sentirti responsabile di nulla, ti prego».
«Non penso che smetterò mai di sentirmi responsabile», dice lui stringendola più forte e sciogliendole i capelli.
«Ma per questo non devi regalarmi costosissimi bracciali!».
«È di mia nonna. Mi ha detto che, quando eri a Rockbourne, l’hai aiutata a fare delle faccende e che lo avevi visto e ti era piaciuto…».
Victoire sgrana gli occhi osservando meglio quel braccialetto. Sforzando la memoria ricorda che Andromeda le ha detto che è d’oro forgiato dai folletti e che era uno dei gioielli cui teneva di più.
«Non posso accettarlo, Teddy. Tua nonna lo adora!».
«È un regalo di mio nonno», continua lui, dando segno di non aver sentito, «Nonna mi ha detto che erano sposati da poco, probabilmente lei non era nemmeno incinta e non avevano tantissimi soldi, perché nonno non era ancora entrato al Ministero e scriveva per una piccola rivista. Un bel giorno nonno si presenta a casa con questo braccialetto per la nonna, per cui aveva speso quasi tutti i suoi risparmi. Lei mi ha detto che non riuscì neanche ad arrabbiarsi perché nonno l’aveva convinta che si potesse vivere anche di solo amore».
Victoire guarda con tenerezza il braccialetto di Ted Tonks, quel nonno di cui Andromeda parla ancora con occhi sognanti e con la voce tremante.
«È una storia bellissima», sussurra.
«Nonna dice che le ricordiamo loro due da giovani e che era giusto che lo dessi a te», conclude stringendole il braccialetto intorno al polso.
«Si sono amati tantissimo, vero?».
«Contro tutti e tutto».
«Come facciamo e faremo noi».
«Fortunatamente, le nostre famiglie non sono la Antichissima e Nobilissima Casata dei Black».
«Sì, ma sono sicura che Hilda Hermann abbia represso il desiderio di Schiantarmi tutte le volte che ci siamo incrociate in corridoio».
«Sono sicuro che avrebbe avuto pane per i suoi denti».
«Certo, sono una Weasley e poi zio Harry ci ha cresciuti a succo di zucca e difesa».
Victoire guarda il bracciale che le cinge il polso, soffermandosi su ogni dettaglio, mentre avverte lo sguardo attento di Teddy su di sé.
«Spero che riusciremo a rimanere sempre innamorati come loro».
«Io ne sono sicuro».

 

*Per questa spiegazione, se dovessi riuscire, ci sarà un’altra storia, non propriamente dedicata a Teddy ma collaterale.

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Capitolo 13
*** If you hold me tight, we'll be holding on forever ***


Day 13: If you only hold me tight, we’ll be holding on forever
Prompt (lista pumpFIC): Hurt&Comfort 

 
If you only hold me tight, we'll be holding on forever

«Comunque non sarei potuta essere di nessun altro».

«Neanch’io».
«Però non me lo dici mai, eh?».
«Te lo sto dicendo adesso!».
«Sono sempre stata sicura che mai nessun altro avrebbe potuto farmi provare quello che provo con te».
«Vic?».
«Non dirmi ‘anch’io’».
«Sei la costante della mia vita, lo sai vero?».

24 giugno 2007
Rockbourne, Hampshire


Teddy ha nove anni ed è un giorno di giugno* in cui tutti i bambini festeggiano ma lui non può, perché un papà lo ha avuto soltanto per dieci giorni o poco più.
Se ne sta seduto in giardino, con le gambe incrociate, a leggere Storia di Hogwarts perché Hermione è convinta che sia una lettura giusta. 
È facile pensare che sia un giorno come gli altri, anche se le ore sembrano durare molto di più.
«Teddy, guarda chi c’è».
La voce di sua nonna lo distoglie dal capitolo sul litigio tra Salazar e i Fondatori. Accanto ad Andromeda, c’è Victoire che corre subito a sedersi accanto a lui.
«Sono venuta a farti una sorpresa».
Quando Andromeda va via, Victoire traffica con le sue tasche e caccia fuori un oggetto che Teddy conosce sin troppo bene.
Di figurine con l’immagine sorridente di suo padre e sua madre ne ha tante, tantissime, innumerevoli, ma non sono mai abbastanza.
«L’ho trovata stamattina e ho pensato che fosse un segno, che dovevi averla tu».
Teddy annuisce e fissa suo padre ancora una volta. Conosce a memoria ogni riga, ogni minuscolo dettaglio. Se lo è impresso nella testa in modo che mai, mai, mai possa dimenticare i dettagli della vita di Remus J. Lupin.
«Grazie, Vic. Io oggi non ne ho trovata nessuna».
Victoire aggrotta le sopracciglia, prima di rispondere con candore «Questo perché tuo papà lo sapeva che avresti avuto bisogno di compagnia e allora è venuto da me».
Lui le sorride, con il primo vero sorriso della giornata, perché quando c’è Victoire riesce a scrollare sempre via tutta la tristezza.
«Vuoi vedere cosa mi ha portato zio Harry stamattina?».
30 agosto 2009
Devon


«Eccoti! Ti ho cercata tutto il giorno!».
Victoire si è rifugiata giù al ruscello ore fa, quando tutti erano troppi impegnati a giocare allo stramaledetto Quidditch.
Teddy si siede accanto a lei, che continua a tacere. 
«Ti ho coperta con tua madre e tua nonna. Stavano già dando di matto».
«Grazie», dice lei con un sussurro.
Teddy porta un braccio attorno alle sue spalle, senza dire nulla per un po’.
«Ti sei arrabbiata per quello che ha detto Domi?».
«Certe volte è proprio cattiva. Se avessi voluto giocare?».
«Tu odi il Quidditch, Vic. Non giochi mai».
Victoire lo trafigge con un solo sguardo perché non esiste per nulla al mondo che Teddy possa osare giustificare sua sorella e i suoi modi da troll.
«È un troll e tu dovresti essere dalla mia parte».
«Sono dalla tua parte e Domi non è stata carina affatto, solo che tu non giochi mai a Quidditch».
Victoire scrolla le spalle, mentre Teddy le tira scherzosamente la coda di cavallo.
«È anche un peccato perché, contrariamente a quanto dice Domi, sono sicuro che saresti bravissima».
«Perché dici cosi? Odio volare».
«Be’, se superassi questa paura, saresti bravissima. Sei sempre bravissima in tutto».
Teddy ha sempre il potere di addolcirla in un modo o nell’altro, di farle dimenticare i contrasti con quella sorella così diversa da lei e con la quale discute dalla mattina alla sera.
«In che ruolo?», chiede curiosa.
«Secondo me, saresti un’eccellente Battitrice. Hai la dose di energia giusta e sei sempre attenta a proteggere gli altri».
«Come zio George! Mi piace».
Tace per un po’, godendosi quegli ultimi momenti di pace con Teddy, con il suo braccio intorno alle spalle e nessuno che lo voglia per sé. Ha un appuntamento al binario 9 e 3/4, Teddy, pronto a lasciarla lì per due infiniti anni.
«Teddy?».
«Vic?».
«Sei preoccupato per lo Smistamento?».
Lui scuote la testa convinto.
«Penso mi vada bene proprio tutto. Me lo ha detto anche zio Harry e anche la nonna».
«Secondo me, il Cappello sceglierà la Casa di uno dei tuoi genitori».
«Se fosse Tassorosso, la nonna esploderà di gioia. Sai, come la mamma e il nonno».
Questa volta è Vic ad abbracciarlo, in modo goffo, incastrati su quel pezzo di legno. 
«Come farò adesso che parti a stare tutto il tempo con Domi?».
Teddy le sorride, perdendosi per un po’ tra i suoi pensieri.
«Quando Domi ti fa impazzire, tu mi scrivi una lettera come se stessi parlando con me e io ti rispondo subito».
«Promesso?».
«Parola di Teddy Lupin!».


8 marzo 2019
Shell Cottage


Teddy siede sconfortato sui gradini di casa Weasley, stringendo tra le mani un pezzo di pergamena.
«Non accettano la mia pubblicazione, non per questo mese».
«Sono degli idioti. Questa rivista si pentirà», si inalbera Vic, con un tono e una convinzione che sono sempre in grado di alleggerirlo.
«Magari non era abbastanza buono».
«Era ottimo il tuo articolo ma sono certa che presto accadrà qualcosa».
«Lo hai letto nelle mie foglie di tè?», chiede lui a metà tra lo scettico e il divertito.
«No, ma ti ricordo che una volta al mio quarto anno ti ho letto la mano e c’era scritto che c’erano grandi cose nel tuo futuro e ho anche avuto un ottimo voto».
Lui scuote la testa, prima di attrarre a sé Victoire e baciarla.
«Devo essere consolato».
Victoire gli sorride mentre un lampo di malizia le attraversa lo sguardo e ricambia appassionata, come ogni volta.
«Penso anch’io, sai?».
Le labbra di Victoire sono sempre caldissime e Teddy pensa che forse è tanto meglio essere stati rifiutati, se dev’essere baciato così.
«Sono davvero convinta che arriverà qualcosa di meglio. Sei troppo in gamba e troppo intelligente e un giorno scriverai un’Enciclopedia Magica».
Teddy sogghigna, prima di pensare che Victoire sta trascorrendo davvero troppo tempo con Hermione.
«Credo che ci abbiano già pensato ma penserò ad allargare i miei orizzonti».
«In ogni caso, domani dirò a zia di disdire l’abbonamento».
«Sai, credo di dover aggiungere nel mio curriculum una postilla».
«Che postilla?».
«Attenzione: la mia fidanzata è molto vendicativa».
Victoire ride e quel suono ha il potere di scacciare via persino il malumore di Teddy, di fargli pensare che forse ha ragione, forse arriverà altro, di meglio, come il tirocinio a Mahoutokoro che tanto desidera.
«Dovrei chiedere delucidazioni a nonna sulla Strillettera. Sono sicura che nessuno si permetterebbe mai più di dirti di no».
Teddy la bacia ancora, indugiando per un po’ sul collo di Victoire, incurante della possibilità che Bill Weasley si affacci alla finestra.
«Vic?».
«Sì?».
«Grazie».
«Per la Strillettera?».
«Per esserci sempre e per essere sempre dalla mia parte».


19 luglio 2020
Rockbourn, Hampshire


Victoire trema e Teddy ha il terrore di non riuscire a calmarla questa notte. Prende coperte, maglioni, la copre in ogni modo per tentare di scacciare il gelo che ha dentro e che sembra divorarla ogni giorno, anche se fuori il caldo estivo incombe.
Le racconta storie, storie di ogni genere, scegliendo con cura quelle che a lei non facciano male. Qualche volta racconta di momenti di vita quotidiana, delle avventure di James, di Molly che fa impazzire zio Percy, di Lily che pensa di essere innamorata di qualcuno.
Altre volte le parla di storie che ha letto, che ha sentito in Giappone, di nuovi Incantesimi.
Quando Victoire risponde, quando accenna un sorriso, quando trova la forza per fargli una domanda, Teddy pensa che la sua Victoire è ancora lì dentro, che il gelo non l’ha fatta sparire, che può ancora scioglierlo e ritrovarla.
Quella sera non smette di tremare, non riesce a distrarsi e poco importa se fuori ci sono trenta gradi. Teddy decide di infilarsi sotto quella montagna di coperte insieme a lei.
Le accarezza i capelli in un gesto che ha sempre avuto il potere di rilassarla, le bacia la guancia, la stringe nel tentativo di passarle tutto il calore che prova.
Non sa quanto tempo passi prima di accorgersi che Victoire non trema più, che si è calmata, che sta lì ferma, immobile tra le sue braccia, con un respiro che finalmente gli sembra regolare.
«Vuoi che me ne vada?», chiede lui timidamente.
Vic scuote la testa e tocca la sua mano per invitarlo a serrare la presa, a stare più vicini.
«Teddy?».
«Sono qui».
«Grazie».
«Per cosa?».
«Per essere rimasto con me…».
«Vic…».
«…e per non farmi tremare».


*Nel Regno Unito la Festa del Papà si festeggia la terza domenica di giugno. 
**Il titolo di questa storia è tratto dalla canzone Total Eclipse of the heart.


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Capitolo 14
*** Divergenti ***


Day 14: Divergenti
Prompt (lista pumpINK): Discussione

 
Divergenti
 
«Sono la tua costante anche quando discutiamo?».
«Direi nonostante le discussioni».
«Perché, poi, alla fine noi discutiamo sempre per cose che non sono importanti».
«Be’, non esattamente. Qualche volta discutiamo perché sei matta».
«Ad esempio?».
«Lo sai benissimo, Vic».
«Dopo tutto questo tempo ancora non me lo hai perdonato?».
«Assolutamente no».


5 maggio 2021
Diagon Alley

«Vic, io spero che tu non stia dicendo sul serio».
Teddy la guarda con il volto severo e preoccupato, gettando la pergamena sul tavolo e Victoire pensa che vorrebbe affatturarlo.
«Non credevo che sarebbe stata questa la tua reazione».
Tutto l’entusiasmo di Victoire è stato spazzato via dal sopracciglio eternamente alzato di Teddy, dalle espressioni incredule, pregne di contrarietà.
«Non…non credevi che sarebbe stata questa la mia reazione? Ma ti rendi conto?».
«Mi rendo conto del fatto che mi hanno fatto una proposta di lavoro incredibile e tu stai dando di matto».
«Pensi che io sia un idiota?».
Victoire boccheggia, perché, no, non era preparata a questo scontro, perché pensava che Teddy quella proposta l’avrebbe amata esattamente come l’ha amata lei, perché era fermamente convinta del fatto che ne avrebbe visto tutte le meravigliose sfaccettature.
«Mi hanno chiesto di andare a fare la corrispondente in Brasile, Teddy. È una cosa…».
«È una cosa pericolosa, Vic! C’è una guerra magica in Brasile, pensi che non lo sappia?».
Lui la guarda severo, preoccupato, duro. Lo conosce da una vita ma quell’espressione non gliel’ha mai vista.
«È il mio lavoro, Teddy. Tu stesso mi hai detto che sei in contatto per una supplenza a Castelobruxo».
«Io vado in una scuola, Vic, e la nostra storia…».
«La nostra storia ci dice che nella nostra scuola, in quello che doveva essere il luogo più sicuro di tutta la Gran Bretagna c’è stata la Battaglia più sanguinosa degli ultimi cento anni, Teddy».
Lui non ribatte, scuote la testa senza mai incrociare il suo sguardo.
«Non ho intenzione di lasciarti andare lì».
«Tu non hai il potere di lasciarmi fare proprio niente!», esclama irritata, sbigottita.
Lui sembra tornare in sé per un momento, perché sul volto fa capolino l’espressione da Teddy, quella che la frega da una vita ma che non può fregarla adesso, perché adesso è della sua vita professionale, è di lei che fa qualcosa che abbia un senso che si parla. 
«Scusami, non volevo dire questo… è pericoloso, Vic», dice lui avvicinandosi piano.
«Lo so, ma voglio farlo. Voglio partire, voglio scoprire il mondo, voglio raccontare qualcosa», ribatte Victoire posandogli un bacio sulla guancia, nella speranza di placare quella discussione.
«Non puoi raccontare da qui?».
«Non è la stessa cosa».
«E io?».
«Tu cosa?».
«Che ne sarà di me?».
«Vado per tre settimane, poi tornerò qui».
«E se non dovessi tornare? Se ti succedesse qualcosa, Vic?».
Victoire trema perché talmente sopraffatta dalla felicità per quell’occasione non ha pensato alle possibili obiezioni di Teddy.
«Non mi succederà niente, Teddy. Sono seria e non sarò sola. Ci sarà anche Lee e…».
«Non si vive sui ‘Non succederà niente’».
«Quindi, per te non dovrei partire e basta?», sbotta lei.
«No, per me non dovresti partire».
«Io non ho mai detto nulla, Teddy, assolutamente nulla, quando sei stato tu a partire, a prolungare i tuoi viaggi e…».
«Non stavo andando in un posto dove rischiavo di essere ammazzato, Vic».
«Mi hai incoraggiata tu a fare questo lavoro…».
«Non ti ho incoraggiata a fare la corrispondente di guerra! Ti ho incoraggiata a fare qualcosa che ti piacesse e che ti facesse stare bene…».
«Ora mi fa stare bene questo!», urla Victoire, talmente arrabbiata che in un moto di magia involontaria infrange tutti i vetri.
Teddy la guarda ferito, mentre con due colpi di bacchetta cerca di ricomporre ogni cosa.
«Dove stai andando?», le chiede notando che sta indossando il mantello.
«Ho bisogno di stare da sola. Devo chiarirmi le idee e non ce la faccio più a discutere».
«Possiamo fare meglio di così».
«Non voglio più parlare con te».
Victoire esce sbattendo la porta, nervosa e arrabbiata, precipitandosi giù per le scale, con il timore di aver appena visto frantumarsi qualcosa che non sarà più possibile aggiustare.


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Capitolo 15
*** Convergenti ***


Day 15: Convergenti
Prompt (lista pumpWORD): Ataraxy (assenza di stress o di ansia)

 
Convergenti
 
«Sì, quella volta sono stata un po’ matta ma…».
«Totalmente».
«Tu, però, sei stato terribile a non farti trovare quando sono tornata a casa».
«Non sei l’unica che doveva ‘chiarirsi le idee’. Ora puoi ammettere che era tutta una tecnica per farmela pagare».
«Forse».
«Però quanto è stato bello fare pace».
«Come sempre».


27 dicembre 2019
Mahoutokoro, Giappone


Il battibecco di poche ore prima è cancellato, come se non fosse mai esistito prima. Persino litigare per cose inutili, come il regalo da prendere ad Al, sembra giusto se sono insieme, se poi Victoire resta nel suo letto e può baciarla, stringerla e toccarla quanto vuole.
«Comunque Al è troppo suscettibile per quel genere di regalo», ricomincia Victoire con le labbra lievemente increspate in un sorriso.
«Non ricominciare».
Teddy la zittisce baciandola e offrendole una nuova occasione di distrazione.
Vic si raggomitola tra le sue braccia, appoggiando la testa biondissima sul suo petto. 
«Non possiamo rimanere chiusi qui dentro per sempre?».
«Blocco la porta?».
«Magari. Quando sono con te, mi sembra tutto lontano».
«Siamo in Giappone, Vic. È lontano».
«Smettila di essere così spoetizzante! Intendo dire che sono talmente rilassata, talmente in pace, che mi dimentico di tutto lo stress, di tutti i casini. Mi piace».
Teddy ride prima di alzare il mento di Victoire per poterla baciare ancora, per recuperare il tempo che hanno trascorso lontani.
Da quando Victoire è arrivata a Mahoutokoro, gli sembra sprecato tutto quel tempo lontani l’uno dall’altra, inutile e doloroso.
«Mi fai quest’effetto sin da quando eravamo bambini», le dice lui un po’ imbarazzato mentre Vic sorride raggiante.
«Sai», continua lui, «Castor mi ha detto che in Grecia hanno una parola per questa sensazione».
«Il famoso Castor! Che parola è?».
«Si chiama ataraxia, se mi ricordo bene. È una sorta di stato di imperturbabilità, di totale tranquillità».
«E noi siamo imperturbabili, Professor Lupin?».
«Solo quando siamo insieme. Ora sono meno spoetizzante?».
«Fai incredibili miglioramenti», sghignazza lei prima di posargli un bacio a fior di labbra, «Dovremmo trovare un modo di far durare questa ataraxia più a lungo, non trovi?».
Teddy scruta ogni lineamento di Victoire, cercando di imprimere nella sua testa tutti quei dettagli che conosce solo lui, come, ad esempio, il fatto che abbia delle minuscole lentiggini, visibili soltanto se la si guarda da vicino, perché l’idea che presto saranno di nuovo lontani lo fa impazzire.
«Un modo ci sarebbe, in realtà».
«Quale?».
«Andiamo a vivere insieme, Vic, tu ed io. Lo aspettiamo da una vita, lo vogliamo da una vita e… non… non voglio più rimandare. Quando torno, non disfo neanche le valigie. Troviamo un posto, un posto nostro e andiamo lì».


5 maggio 2021
Diagon Alley


Lo sente muoversi piano per casa. Quando è rientrato, deve aver visto il suo mantello sulla sedia e realizzato che era tornata.
Si è messa a letto da sola, ancora arrabbiata, perché Teddy avrebbe dovuto essere lì, in punizione dove nella sua mente credeva d’averlo lasciato e quella casa, la loro casa, non avrebbe dovuto essere vuota. Prega silenziosamente che Teddy non decida di dormire sul divano perché in quel caso sarebbe costretta ad alzarsi e ad ucciderlo a mani nude per quanto è idiota.
Sta attenta a non muoversi, voltata sul fianco come suo solito, sbirciando ogni tanto le immagini distorte rimandate dallo specchio.
Teddy si avvicina al loro letto ma non si siede.
«Tanto lo so che sei sveglia, Vic».
Lei si ostina a non girarsi, a rimanere ferma dov’è, perché solo la sua voce l’ha resa già un po’ più arrendevole. 
È un secondo che avverte il peso di Teddy sul letto, una mano di lui cingerle la vita e avvicinarla a lui e la bocca di Teddy sul suo collo.
Cerca le labbra di Teddy, si stringe a lui ancora di più, ritrovandosi a cavalcioni su di lui poco dopo.
«Lo sapevo che non dormivi», commenta con un sorriso lui.
«Sono ancora arrabbiata con te», replica intenzionata a resistere all’offerta di pace.
«Ho avuto dei modi da Troll».
«Il peggiore dei Troll».
«Sono stato il Re dei Troll, ma sono davvero spaventato e impaurito, Vic».
Teddy la fissa spaventato, non più arrogante ed arrabbiato e deluso, come prima, solo spaventato.
«Teddy, lo so ma…».
«È la tua carriera ed è giusto che decida tu… ti prometto che cercherò di interferire sempre meno ma stai andando in una zona di guerra, Vic».
«Farò attenzione. Te lo assicuro, siamo protettissimi. È coinvolto anche zio Harry e la Cooperazione Magica. Non andrei se non fossi sicura».
Teddy sembra distendersi quando sente il riferimento al padrino, avvicinando ancora di più a sé il corpo di Victoire.
«L’ultima volta che sono andato via tu non c’eri più e…». 
Victoire lo zittisce con un bacio, nel tentativo di scacciare via tutte le ombre di Teddy.
«Sono solo due settimane. Quando tornerò, sarò sempre io e tornerò nella nostra casa, dove mandare via tutte le nostre ansie, tutto lo stress, dove regna la… com’è che era quella parola?».
«Ataraxia», suggerisce Teddy.
Vic gli accarezza la fronte, si china a baciarlo ancora, allontanando una volta di più le preoccupazioni di Teddy, più o meno fondate.
«Scaccia i pensieri, Teddy, e pensa che, quando tornerò, dovremo recuperare con gli interessi».
Teddy non dà cenno di averla sentita, limitandosi ad appoggiare la fronte contro la sua.
«Sono terrorizzato all’idea di perderti, di perdere tutto questo».
«È solo un servizio, Teddy, solo per questa volta e non perderemo nulla. Te lo prometto».


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Capitolo 16
*** The day before tomorrow ***


Day 16: The day before tomorrow
Prompt (lista pumpWORD): Pridian (relativo al giorno prima)

The day before tomorrow

«Tra l’altro, avevamo battibeccato anche prima…insomma, prima di quel giorno».
«Perché ero stressata. Ti ricordi quanto ci spostavamo in quel periodo?».
«Perché adesso siamo la definizione di sedentarietà, invece?».
«Be’, no ma adesso sono periodi un po’ più lunghi, mentre prima c’erano mesi in cui vivevamo con le valigie in mano».
«Sì, c’è stato un periodo di delirio però poi…».
«Ci siamo fermati al momento giusto, vero?».
«Da quel momento, non so perché tutto è cambiato».
«Eppure, sai che non credevo che sarebbe stato così?».

8 settembre 2023
Uagadou, Uganda

 
«Oh, no! Non posso crederci», esclama Victoire rovesciando l’intero contenuto del baule.
«Che succede?».
«Ho dimenticato il mio taccuino per il programma. Dovrò fare senza a quanto pare». 
«Sei sicura di averlo dimenticato? Hai provato ad Appellarlo?».
«Sì, sono sicura, Teddy. Non ho dimenticato di essere una strega».
Teddy le tira scherzosamente la coda, prima di farle cenno con le mani di rilassarsi.
Sono appena arrivati a Uagadou, dopo due giorni di viaggio ma Victoire non sembra riuscire a godersi il momento. Non si è mai soffermata in quei giorni sul fatto che sarebbe stata ospite della più grande scuola magica del Mondo, di aver incontrato uno dei massimi esperti al mondo di Astronomia. 
La vita frenetica che da un paio d’anni stanno conducendo lei e Teddy qualche volta la fa vacillare al punto da farle dimenticare di assaporare la bellezza.
Da quando due anni prima è approdata in Brasile, Victoire non si è più fermata, pur avendo deciso di abbandonare scenari di guerra. Ha un suo programma fisso sulla radio, in attesa che quel dannato progetto sulla Televisione Magica possa sbloccarsi, in cui scopre le culture delle altre Comunità Magiche.
Alcune sono nettamente più aperte e non ha avuto alcuna difficoltà a fare interviste e ricerche. In altri casi è stato difficile, per usare un eufemismo. Ha incontrato più di una resistenza e si è messa in piccoli guai.
Teddy, dal canto suo, in attesa che il posto di Difesa contro le Arti Oscure si liberi, scrive libri, collabora con alcuni progetti del Ministero e accetta incarichi più o meno temporanei nelle altre Scuole. 
Quando non insegna, segue Victoire in quell’eterno girovagare. Se sono divisi, invece, trovano il modo per accorciare le distanze, per ritrovarsi il prima possibile. 
«Hai ragione, sono solo un po’…».
«Sei a Uagadou, la più grande Scuola Magica del Mondo, Vic. Ogni mago africano ha studiato qui e…».
«…hai visto che non usano le bacchette? Voglio imparare anch’io a fare magie senza bacchetta».
Teddy la stringe e Victoire sembra finalmente lasciar andare la tensione. 
Le stanze che hanno riservato loro all’interno della Scuola sono diverse da quelle che avevano nei dormitori di Hogwarts, tradiscono una cultura, un modo di vivere del tutto opposto al loro. 
«Chiederò ai miei colleghi se sarà possibile avere qualche lezione extra».
«Hai visto che qui insegnano Alchimia? Nel Regno Unito è del tutto diverso questo genere di studi. Credo che da questo punto di vista siamo molto arretrati rispetto a loro e anche a Beauxbaton, ma questo eviterò di dirlo in presenza di mia madre».
«L’eterna discussione?».
«Proprio quella!». 
Quando apre la finestra, resta senza fiato. Uagadou è costruita all’interno di una delle Montagne della Luna e circondata e protetta dalle altre. È in un punto talmente alto che per un po’ si sente mancare il fiato.
«Te l’ho detto. Ti stavi perdendo il bello», le dice Teddy cingendola in un abbraccio, fermandosi con lei a guardare quel panorama.
«Sai, non penso di essermi sentita così nemmeno ad Hogwarts», sussurra Vic.
Dare voce a quella sensazione è strano. Lei è abituata alla Magia, ad ogni tipo, soprattutto dopo gli ultimi anni. Eppure, Uagadou sembra diversa da tutti gli altri luoghi in cui è stata, sembra un luogo dove c’è ancora più magia. 
«Che intendi?».
«Non ridere ma credo che questo sia un posto ancora più magico degli altri».
Inaspettatamente, Teddy non ride ma le sembra più assorto del solito.
«Ho anche io questa impressione, anche se credo che Hogwarts sia leggermente offesa nei nostri confronti».
«Hogwarts non può sentirci».
«E poi non è detto che più posti non possano rappresentare qualcosa di importante per noi, giusto?».
Vic sospira, continua ad osservare quel panorama così diverso, così nuovo e a cui i suoi occhi non riescono ad abituarsi.
«No, alla fine ad Hogwarts c’è il Platano Picchiatore. È quello il nostro posto del mondo e non so se qualcos’altro potrà mai eguagliarlo».
«Non mettere limiti».
«Infatti, questo non toglie che io abbia una sensazione e sono molto brava con le sensazioni».
«Avevo dimenticato di essere fidanzato con una Veggente».
«Non sono una Veggente ma io sento le cose quando stanno per accadere e ho una sensazione, come se oggi fosse la Vigilia di qualcosa».
Sul volto di Teddy c’è una espressione indecifrabile.
«Dici? Io avevo ieri questa sensazione ma penso fosse solo la voglia di arrivare qui!».

Tutte le informazioni sulla Scuola di Uagadou sono state prese dal sito Wizarding World.

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Capitolo 17
*** Il giorno giusto del mese giusto dell'anno giusto ***


Day 17: Il giorno giusto del mese giusto dell’anno giusto
Prompt (lista pumpINK): Nove

 
Il giorno giusto del mese giusto dell'anno giusto
 
«Intendi dire che non sarebbe avvenuto in quel modo?».
«No, che sarebbe tutto cambiato dopo! In quei giorni avevo questa sensazione di attesa».
«Io ero convinto che avessi capito tutto…».
«No, tutto merito dei miei poteri a cui non credi».
«Ti credo, ti credo».
«Ma toglimi una curiosità. La storia del numero Nove era vera?».
«Pensi che mi inventi la Numerologia Alchemica per chiederti quel che ti dovevo chiedere?».
«Sarebbe stato romantico».
«Non è stato altrettanto romantico aspettare il giorno giusto del mese giusto dell’anno giusto?».
«Sì, in effetti, è stato molto romantico».
«Ho portato quella dannata scatolina con me per mesi, prima di decidere».
«Questo perché sei un testone indeciso».

9 settembre 2023
Uagadou, Uganda

Camminano da più di mezz’ora mano nella mano e in silenzio, mentre il resto del Castello sta già dormendo da un pezzo.
Si sono fermati più di una volta ad ammirare scorci nuovi della Scuola, a ficcanasare in qualche aula particolare, a cercare di scoprire nuovi segreti.
«Tu sei proprio sicuro che sia permesso fare questa cosa e gironzolare per il Castello?».
«Da stamattina e per i prossimi tre mesi sono ufficialmente un Professore della Scuola di Uagadou. Direi che a me sia permesso gironzolare», sghignazza Teddy a bassa voce mentre percorrono quella che, secondo le indicazioni raccolte, dovrebbe essere l’ultima rampa di scale.
«Ma tu hai un’idea precisa di dove stiamo andando?».
«Sì, te l’ho già detto prima. Fidati di me!».
«Ho contato i gradini e penso che ne siano almeno un milione».
«Hai contato male, Vic, sono esattamente il doppio».
«Due milioni di gradini ed è quasi mezzanotte! Qualche volta vorrei essere nella tua testa, Professor Lupin».
Teddy sorride scuotendo la testa, prima di spingere la porta alla cima di quelle scale.
La Torre di Astronomia della Scuola di Uadagou, a pochi istanti dalla mezzanotte, è uno dei luoghi che non dimenticherà mai. 
Restano per un po’ fermi l’uno accanto all’altra, con le mani ancora intrecciate, ad osservare quel posto, con la sensazione di essere davvero dei minuscoli puntini.
«Guarda, Teddy, guarda come si vedono bene le stelle. Quasi non serve il telescopio!».
Lui annuisce, mentre il nervosismo e l’ansia iniziano a salire. Trascina Victoire , incredula e sorpresa dal suo comportamento, al centro della stanza.
«Sai che giorno è oggi?».
Victoire sbarra gli occhi, confusa, scrollando le spalle.
«È l’otto…».
«Il nove di settembre, il nono mese dell’anno», puntualizza Teddy, cercando di tenere a bada l’ansia che lo sta divorando.
«Okay…».
«In Alchimia*, il numero Nove è un numero importantissimo, Vic».
«Mi stai facendo una lezione a mezzanotte quando siamo in questo posto?!», esclama, mettendosi a braccia conserte.
Teddy sorride perché pensa che davvero non abbia capito nulla.
«Il numero Nove è sacro perché rappresenta il numero tre moltiplicato per se stesso. È il numero della completezza. Nessun numero può andare oltre il Nove: è il simbolo della permanenza, di quello che resta sempre fisso ed immutabile. Non a caso, è rappresentato da un cerchio».
Disegna un cerchio dorato solo con il dito, senza usare la bacchetta, mentre Victoire lo osserva stupefatta. 
«Ma quando hai imparato?».
«È un segreto. Lo vedi questo cerchio?», le dice indicando ancora la sua creazione.
«Sì, ho capito. Rappresenta quello che resta fisso ed immutabile, quel che è completo».
«Rappresenta quello che io sono con te», le dice Teddy e, appena inizia a parlare, si rende conto di quanto sia molto più semplice di quanto immaginasse, «Quando tu sei con me, Vic, io mi sento completo ed è sempre stato così. Ti conosco da quando sei nata e non ricordo un solo istante in cui la tua presenza non mi abbia fatto sentire nel posto giusto. Dici sempre che il nostro posto è sotto il Platano Picchiatore ma la verità, la verità, Vic, è che per me ogni posto in cui sono con te è il nostro posto».
Victoire ha gli occhi lucidi e trema un po’ nella veste azzurra da maga che le ha cucito Lucy.
«Quindi, oggi è il nono giorno del nono mese dell’anno e oggi sono esattamente nove anni da quella volta in Brasile*. Te la ricordi?».
Attende la risposta di Victoire che sembra perdersi nei loro infiniti ricordi.
«Quando siamo andati alla Coppa del Mondo e…».
«…e io mi sono reso conto di quanto bella fossi diventata e…».
«…e mio padre tentava di separarci ogni due minuti!».
«Però una sera sono riuscito a dirtelo che eri davvero bella e ci siamo guardati in quel modo, nel nostro modo».
«Era l’ultima sera e zia Ginny ci aveva fatto intrufolare con lei. Me lo ricordo».
Teddy ricomincia, questa volta più sicuro, più sorridente.
«È il nono giorno del nono mese del nono anno da quando ho capito di provare qualcosa per te. Siamo nel punto magico più alto del Mondo, Vic. Se volessimo scalare l’Himalaya e arrivassimo in cima, non saremmo comunque più in alto di dove siamo ora. Le Montagne della Luna sono…».
«…sono immisurabili», conclude Victoire tremante, perché finalmente inizia a capire qualcosa.
«Nessun numero può andare oltre il Nove e questa montagna non può essere misurata. Secondo il Professor Mbabazi, non esiste miglior presupposto per iniziare qualcosa di nuovo, per cominciare ad essere una famiglia».
Vic non trattiene più le lacrime, lacrime di gioia, di felicità, lacrime di chi ha capito cosa sta arrivando e fa per muovere un passo verso di lui ma Teddy la blocca.
«Devo prima chiedertelo e devi rispondermi. Non puoi muoverti da quel punto, perché è il punto più alto, quello centrale, quello dove la luce delle stelle converge e rischiamo di incasinare questa cosa assurda che sto preparando da mesi».
Adesso Vic ride, con un sorriso bagnato che non ricorda di averle mai visto, tremante e, conoscendola, terribilmente impaziente.
«Non so se davvero cominceremo ad essere una famiglia perché la verità è che sei sempre stata la mia famiglia, sei sempre stata il mio numero Nove, il mio punto fisso e ci ho messo tanto a capirlo davvero ma non ho intenzione di lasciarti andare mai più».
Teddy muove le mani, proprio come gli ha insegnato il Preside di Uagadou, pregando di fare tutto nel modo giusto, e gira il cerchio disegnato poco prima, facendo comparire al suo posto un anello.
Al centro troneggia una pietra di acquamarina*, che un paio d’anni prima in Brasile gli aveva regalato una strega conosciuta lì, quando in un momento di follia aveva deciso di raggiungere Victoire impegnata a lavoro.
I suoi occhi incrociano quelli impazienti e luminosi di Victoire. 
«Victoire Weasley, vuoi farmi l’onore di diventare mia moglie?».
Come se non aspettasse altro nella vita, Victoire annuisce senza un brandello di esitazione.
«Sì, lo voglio, Teddy, l’ho sempre voluto», gli dice attirandolo a sé e baciandolo come davvero mai prima nella vita.
L’anello scivola al dito di Victoire mentre loro si guardano emozionati, stretti l’uno all’altro e illuminati dalle stelle del cielo ugandese.
«Teddy?».
«Non dirmi che c’hai già ripensato!», la prende in giro lui.
Vic inclina la testa scoccandogli uno sguardo di finto rimprovero, prima di mettergli le braccia al collo.
«Sei anche tu il mio numero Nove».

 

* Tutto quel che ho scritto sul numero Nove non è frutto della mia invenzione ma di una ricerca su una pagina chiamata Visione Alchemica.
* Quanto al Brasile non ho inventato nulla neanche qui. Anni fa uscì una sorta di pseudoarticolo, non ricordo neanche bene dove, che parlava dell'ipotetica Coppa del Mondo di Quidditch in Brasile e della famiglia Potter - Weasley, scritto dalla Skeeter. C'erano dei riferimenti al fatto che Bill fosse seccato dagli sguardi dolci che Teddy rivolgeva a Victoira e, allora, ho ripreso questo momento, immaginando che fosse proprio lì che Teddy avesse iniziato a guardarla con occhi diversi.
*Nella simbologia, l’acquamarina simboleggia l’amore felice e sereno, dovrebbe assicurare la felicità nel patrimonio. A quanto pare, da una rapida ricerca su Google, ci sono grandi giacimenti in Brasile.

Note: questo credo che sia il capitolo che più mi ha emozionata scrivere e con cui più mi sono divertita a giocare, mischiando informazioni varie. Aggiungo che a Uagadou, secondo Wizarding World, danno particolare rilievo all'insegnamento di Alchimia, Astronomia e Auto-Trasfigurazione (anche questa materia tornerà dopo) e qui ho solo mescolato, mentre l'idea delle Montagne immisurabili me la sono bellamente inventata.
Spero vi sia piaciuto e colgo l'occasione per ringraziare tutti, ancora una volta, per seguirmi in questo delirio.
Un abbraccio,

Fede

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Capitolo 18
*** Tra passato e futuro ***


Day 18: Tra passato e futuro
Prompt (lista pumpINK): Sentiero

 
Tra passato e futuro
 
«Quando siamo tornati per Natale e abbiamo annunciato di sposarci…».
«Sono stati deliranti, come al solito».
«A parte tua nonna, lei non perde mai la calma».
«Sì, anche se non l’ho mai vista tanto turbata come quel giorno…».
«Quando siamo andati al Maniero dei Black».
«Già…»

29 dicembre 2023
Chatworks, Derbyshire


Il sentiero che conduce al Maniero che un tempo aveva ospitato la famiglia di Cygnus Black è ancora magnificamente tenuto, nonostante siano passati più di dieci anni da quando sua moglie Druella è morta. 
Il fatto che Andromeda Tonks avesse ereditato quel luogo aveva suscitato molte chiacchiere, riaccendendo una morbosa curiosità su di lei.
Dall’annuncio del fidanzamento, Victoire aveva notato che alla felicità composta di Andromeda si era progressivamente accompagnato un certo nervosismo.
Quando pochi giorni prima aveva annunciato loro che le ultime volontà di Druella Black erano estremamente chiare nel richiedere che fosse Teddy ad avere l’antico maniero dopo sposato, Victoire aveva avuto chiara ogni cosa.
Mentre percorrono quel sentiero, seguiti dai suoi genitori e da Harry e Ginny, nota che una ruga increspa costantemente la fronte di Andromeda.
Teddy, dal canto suo, cammina silenzioso, imbronciato, in palese tumulto con se stesso dinanzi a loro.
Andromeda si ferma un momento e fa cenno ad Harry di andare avanti lui, di parlare con suo nipote, forte di una comprensione assoluta che li ha stretti sin dal loro primo incontro.
«Forse…forse ho sbagliato».
Bill Weasley le si avvicina comprensivo, poggiando una mano sulla sua spalla.
«Un testamento come quello di sua madre è un atto magico vincolante. Ha agito secondo quello che la legge magica le ha detto di fare».
Andromeda annuisce e Victoire non può fare a meno di pensare a quanto calzante fosse la descrizione che una volta ne aveva fatto suo nonno materno, nel descriverla circondata da un dolore talmente composto ed educato da mettere gli altri in palese soggezione.
«Andate avanti, arrivo tra poco», dice Andromeda, sedendosi su una panchina lì vicino.
«Resto con lei», si fa avanti Victoire mettendosi seduta accanto a lei.
Bill, Fleur e Ginny proseguono silenziosi. Sembra a tutti di star attraversando un pezzo di storia.
«Non ha sbagliato, signora Tonks. È giusto. Non so quanto sia giusta per noi ma è giusto…».
Andromeda le sorride, appoggiandole un braccio sulla spalla.
«Teddy non ha ancora fatto pace».
Victoire la guarda dubbiosa, non comprendendo esattamente le sue parole.
«Non ha fatto pace con il fatto che sia stata mia sorella a uccidere sua madre».
Victoire abbraccia Andromeda, con quella confidenza che hanno acquisito anno dopo anno, con una tenerezza che è stata riservata probabilmente soltanto a lei.
«Teddy ha un rapporto complicato con quel che riguarda i suoi genitori, lo sa».
«Io ho provato a… essere abbastanza ma…».
«Lo è stata, Signora Tonks, glielo assicuro».
Andromeda sorride con un’amarezza tale da spezzare il cuore di Victoire.
«Io non ero infelice in questa casa, sai?», le confida stringendo con più confidenza il suo braccio, «Ho avuto una bella infanzia, nonostante tutto. Mio cugino Sirius è nato ribelle, io stavo bene. Ero la figlia prediletta e mi piaceva».
Le scappa quasi un sorriso nel pensare alla sua altra vita.
«C’era sempre una festa, un vestito nuovo da provare. Era una vita più vuota ma i miei genitori non sono mai stati cattivi o aggressivi nei nostri confronti. Mio padre era freddo, glaciale ma mai duro o cattivo come i miei zii lo erano con Sirius e Regulus. Poi…».
«…poi è arrivato il Signor Tonks».
Andromeda si illumina ancora quando sente il nome di suo marito e Victoire non può che pensare a quanto forte dev’essere stato il loro legame, quanto possa averlo amato per aver rinunciato ad una vita che le piaceva e ad ogni suo affetto.
«È arrivato il Signor Tonks e di quelle feste non me n’è importato più nulla, ma questo posto, questo posto ha ancora un significato per me, Victoire. Se non fossi cresciuta qui, se non mi avessero educato in un certo modo, io… non sarei la stessa persona».
Victoire annuisce convinta a quel discorso che ha già sentito tante volte, da altre persone, in altre occasioni.
«Per lui è difficile riconciliarsi con la parte Black», cerca di spiegare, conoscendo i pensieri del fidanzato, «Non è semplice accettare che sua madre sia stata uccisa da una sua zia, che ci sia stato tutto quell’orrore…».
Andromeda guarda la sua vecchia casa con gli occhi velati di lacrime, stringendosi ancor di più nel pesante mantello.
«Non credo… non credo sia possibile accettare o riconciliarsi. La nostra vita è andata in questo modo. Non sai quante volte ho incolpato me stessa per la morte di Ninfadora, quante volte ho pensato che fosse solo un modo per lacerarmi, per punirmi ancora di più ma non avevo il potere di cambiare le cose. Teddy discende dai Black, c’è il loro sangue nelle sue vene, così come c’è nel mio, anche se non condividiamo il loro motto, i loro ideali. Accettare questa casa non vuol dire accettare Bellatrix, ma esattamente il contrario».
«Non credo di capirla», confessa Victoire lievemente disorientata.
Andromeda sospira e osserva in lontananza Teddy e Harry che stanno arrivando nella loro direzione. Teddy appare lievemente più rilassato, segno che il padrino deve essere riuscito a toccare le corde giuste.
Si fermano a tre passi da loro, in attesa e sufficientemente vicini da sentire cosa stanno dicendo.
«Teddy ha mosso i suoi primi passi nel salotto di Grimmauld Place, per tutti voi quella casa è stata un posto felice. Io lo ricordo come un posto che quasi mi metteva i brividi, da cui mia madre tornava umiliata dai commenti di mia zia e mio padre era sempre più arrabbiato e gelido. Quello che voglio dire, Vic, è che io non so se per voi due questa sarà mai realmente casa, non so se si potrà mai cancellare chi l’ha abitata. Per volere di mia madre dal giorno del vostro matrimonio questa casa sarà di Teddy e sarà inalienabile per i prossimi cinquant’anni. Una casa la fa chi la abita, non i suoi fantasmi».
Andromeda Tonks conclude così, prima di alzarsi. Teddy le si avvicina per aiutarla e darle il braccio, le poggia un bacio lieve sui capelli che, nonostante i settant’anni da poco compiuti, non accennano ad ingrigirsi.
«Non mi avevi mai detto che c’era un piccolo campo di Quidditch», le dice Teddy mentre Victoire scambia uno sguardo carico di complicità con suo zio.
«Oh, sì! Prevalentemente è stato usato da me e Narcissa per giocare con Sirius e Regulus quando venivano qui qualche giorno in estate… hai già visto la serra?».
Mentre Andromeda e Teddy si incamminano sotto braccio, Victoire resta due passi indietro con Harry.
«Qualsiasi cosa gli abbia detto… grazie», gli sussurra.
«Non mi sono dovuto impegnare molto. A quanto pare aveva già sentito quasi tutto da te».
«Gli ho solo detto che in un modo o nell’altro andrà a lui… che lui lo voglia o meno», spiega Victoire.
«Com’è accaduto a te con Grimmauld Place».
«Più o meno».
«Ed è stato un posto in cui sei stato felice alla fine?».
Harry si ferma un momento, si concede un unico attimo di esitazione, e poi annuisce.
«Subito dopo la guerra sono andato a vivere lì ma era una casa sempre aperta a tutti. È stata la prima casa dove ho vissuto con tua zia, dove ho vissuto con i miei amici, dove abbiamo ricominciato a vivere…».
«Una casa la fa chi la abita», ripete Victoire.
«E in questo caso specifico direi che Teddy ha dalla sua l’avere un’ottima futura moglie».
Victoire ride e scuote la testa. In un modo strano ed intricato a causa delle loro parentele, l’approvazione di zio Harry per quel matrimonio pesava più delle altre.
«Sono molto fortunata con lui», confessa un po’ imbarazzata dallo scambio di confidenze. È sempre stata sua zia Ginny la consigliera d’elezione.
«Sinceramente, credo che anche lui sia infinitamente fortunato e per fortuna lo sa».

Note: faccio piccole e brevi precisazioni. Nel mio headcanon ad un certo punto le proprietà Black torneranno ad Andromeda e Teddy, che per scelta decideranno di non attingere a quelle risorse perché provenienti dai Black. Spero di esplorare presto questo aspetto della storia ma non credo che ci sarà ancora spazio in questa raccolta. Era soltanto l'occasione per affrontare la tematica dei geni Black, con cui evidentemente Teddy fa fatica a riconciliarsi.
Che Andromeda fosse una brava figlia e la prediletta è anche questo un headcanon abbastanza radicato e credo diffuso anche perché,a differenza di Sirius, lei è Smistata in Serpeverde conformemente a tutta la sua famiglia ma che ho in parte già trattato in 
Lo splendore della disobbedienza
Ancora, che la famiglia di Cygnus Black risieda nel Debyshire l'ho deciso ai fini della mia long in corso 
Niente si oppose alla notte (tranne noi).
Non occorre aver letto nessuna di queste storie ai fini della comprensione di questo capitolo.
Tra l'altro, è quello che più mi ha dato grattacapi, visto che ieri in un attacco di scrittura l'ho integralmente riscritto. Nella sua precedente versione riguardava la storia relativa all'acquamarina e all'occasione in cui Teddy la ottiene.
A presto,
Fede 
 

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Capitolo 19
*** Dear Teddy ***


Day 19: Dear Teddy
Prompt (lista pumpFIC): First person

 
Dear Teddy
 
«Sono contento di aver accettato quell’eredità alla fine».
«Daremo una nuova occasione a quella casa, vedrai. Ti ha convinto zio Harry, vero?».
«Mi ha solo ricordato quanti bei ricordi abbiamo a Grimmauld Place n. 12, nonostante tutto, e poi la nonna mi scrisse una lunga lettera quando sono tornato in Africa».
«Me la ricordo quella lettera».
«Se non avessi avuto lei, sarei un briciolo di quello che sono ora».

 

 
8 gennaio 2024
Caro Teddy, 
 So bene quanto sia stato strano per te tornare qui. Sento ancora nell’aria il peso delle cose che non ci siamo detti. 
Da quando siamo rimasti soli tu ed io quel maledetto 2 maggio 1998, non ho fatto altro che dedicarti la mia vita e ho spesso temuto di sopraffarti ché non era giusto riversare su un unico essere umano qualsiasi sentimento.
Guardando l’uomo che sei non posso che essere orgogliosa di te, di come sei riuscito a farti strada nonostante tutte le difficoltà che hai incontrato giorno dopo giorno.
Ho cercato di agire con te nello stesso identico modo in cui avevo agito con tua madre. Ho provato a difenderti da qualsiasi malvagità ma ho anche scelto di insegnarti a riconoscerla. È per questo che sono sempre stata onesta nei tuoi confronti, che ho scelto di dirti a causa di chi Dora è stata uccisa, che ho scelto di dirti per quale ragione mia madre ha deciso di lasciarci parte dell’eredità dei Black.
So quanto dolore ti dia, quanto tu avverta come sbagliato questo legame di sangue, perché ho odiato me stessa per moltissimi anni prima di riuscire ad incolpare esclusivamente colui che ha spazzato via la vita di mia figlia, di tua madre. 
Eppure esiste, quel legame di sangue esiste e ce lo ricordano infiniti momenti della nostra vita e questo non vuol dire perdonare, perché nulla di quello che ci è accaduto potrà mai essere perdonato, ma vuol dire svuotare il cuore dalla rabbia.
Ti ho visto negli anni inseguire disperatamente ciò che io non potevo darti, cercare tracce di Remus e Dora in ogni persona che abbia incrociato il loro cammino. Ti ho visto arrabbiato in ogni festa in cui il nostro dolore aumentava all’aumentare della gioia degli altri. Ti ho visto mutare il tuo aspetto più e più volte per arrivare ad essere l'esatta sintesi dei tuoi genitori.
In cuor mio, vorrei saperti lontano da qualsiasi disperazione, da ogni forma di rabbia, da ogni tumulto ma so che questo non è possibile.
Teddy, se non dovessi volere la casa dei miei genitori, se dovessi ritenere che quel luogo è talmente marchiato dalla presenza di mia sorella al punto da precluderti ogni felicità, non voglio che tu possa mai sentirti obbligato a iniziare la tua vita matrimoniale lì.
Voglio che tu sia felice, Teddy, qualsiasi sia il posto in cui deciderai di vivere, qualunque sia il luogo che chiamerai casa. Sono stata felice in ogni posto stando con tuo nonno e conosco a sufficienza il legame tra te e Victoire per essere profondamente convinta del fatto che starete bene in ogni luogo, che siano due stanze sopra Diagon Alley o un’enorme villa nel Derbyshire.
Hai la fortuna d’avere con te una donna che ti conosce meglio di quanto tu stesso ti conosca e sono certa che insieme, come avete sempre vissuto da quando Victoire è nata, prenderete la migliore decisione per la vostra vita insieme.
Quel che ti chiedo dal momento in cui il Maniero dei Black passerà a te è di non lasciarlo all’incuria e al degrado, di decidere per quel luogo una sorte, di farne qualcosa di buono. È il luogo in cui sono cresciuta e negli anni, pur essendomi tirata quel grosso portone alle spalle senza mai pentirmene, ha continuato a rappresentare in modo del tutto assurdo casa.
Sarei dovuta essere più coraggiosa e dirti queste cose quando eri qui, ma il coraggio non è mai stato una mia qualità e allora mi sono affidata alla penna.
Ti prego di perdonarmi,
Nonna Andromeda

 
Note: il prompt di oggi mi ha dato parecchio filo da torcere e, no, non era nato così ma è uscito così. Non mi ritengo particolarmente soddisfatta ma volevo chiudere un po' il cerchio del capitolo precedente.
Grazie ancora a tutti,
Fede

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Capitolo 20
*** Il volto che hai scelto ***


Day 20: Il volto che hai scelto
Prompt (lista pumpWord): Multitarian (più forme, una sola essenza)

 
Il volto che hai scelto
 
«È vero ma è anche vero che sei stato bravo a trovare la tua strada, ad avere chiaro dove arrivare».
«Questo non sempre, in verità».
«Hai solo avuto bisogno di aiuto qualche volta».
«Soprattutto del tuo».
«Fortuna che fossi sempre lì tra i piedi, pronta a salvare la situazione».
«Non avrei potuto fare altrimenti»

5 luglio 2017
Rockbourne, Hampshire
Lo osserva dall’uscio della sua stanza fissare lo specchio con una foto tra le mani.
Strizza gli occhi e cambia i lineamenti. Qualche volta il suo naso è più lungo, altre volte i capelli sono più scuri, altre ancora modifica la forma dei suoi occhi.
Vic sa benissimo cosa sta facendo. È l’unica custode di quei tentativi, l’unica il cui giudizio conti, secondo quello che ha detto Teddy.
Vic conosce precisamente la foto che ha in mano, quasi consumata dalle tante volte che Teddy l’ha fissata.
È certa che Ninfadora Tonks e Remus Lupin siano sorridenti nel giardino di casa Tonks il giorno del loro matrimonio.
Sono anni che Teddy si esercita davanti ad uno specchio, che tenta di sintetizzare sul suo volto eternamente destinato a mutare i geni paterni e quelli materni. 
«Vuoi che ti aiuti?», chiede Vic annunciando la sua presenza.
Teddy si siede sconfortato sul letto, con la foto tra le mani, mentre lei si china a baciarlo.
«Non ci riuscirò mai. È sempre… sempre sbagliato».
«Cos’è che non ti convince?».
«Tutto?», azzarda lui con un tono in grado di far commuovere i sassi.
«Più nello specifico?».
«Non mi sembra… non mi sembro loro figlio…».
«Smettila, Teddy», lo rimprovera Vic, che conosce quel discorso a memoria, che è stata testimone di quasi ogni crollo di Teddy.
«La odio, Vic, la odio questa cosa», dice Teddy strizzando gli occhi e cambiando colore ai capelli, che da qualche anno a questa parte ha scelto di portare color biondo cenere, quasi castano, una tonalità inferiore a quella di suo padre nella foto appesa in camera di Sirius.
Vic gli accarezza i capelli costringendolo a guardarla.
«Smettila di torturarti così».
Teddy appoggia la testa sul suo ventre, abbandonandosi per un secondo alle sue carezze.
«Odio questa cosa, odio non somigliare a nessuno. Mi sembra di essere una persona diversa ogni volta».
Lo ripete ancora una volta, l’ennesima da quando si conoscono, da quando ha iniziato a percepire quel potere che tutti gli hanno sempre invidiato come una sorta di maledizione, come qualcosa che, invece di avvicinarlo a sua madre, lo allontana da suo padre.
«Può essere odioso anche somigliare a qualcuno, Teddy».
Lui la guarda con un tacito interrogativo negli occhi, prima di trascinarla sulle sue gambe.
«Pensa a zio George, pensa a quanto lui odi guardarsi allo specchio».
Scuote la testa, Teddy, e Vic sa di non averlo convinto.
Gli bacia la punta del naso prima di dire «Un giorno sceglierai il volto che preferisci e, vedrai, non lo cambierai più».


16 giugno 2019
Rockbourne, Hampshire

 
Si inquieta non appena non lo percepisce più accanto a lei, mettendosi improvvisamente seduta, scossa dal sonno.
Lo trova davanti allo specchio, ma senza fotografia in mano, senza espressione corrucciata, senza fastidi.
È un po’ di tempo che il suo Teddy non cambia, che ha trovato il punto di equilibrio, che ha scelto chi essere, che ha trovato l’esatta proporzione tra il naso di Remus e quello di Dora, l’esatta tonalità di colore.
«Mi hai spaventato», bisbiglia Victoire, dando segno di essere sveglia.
«Sei una dormigliona!».
«Solo quando sono con te», ammicca lei, invitandolo a tornare a letto insieme a lei.
Qualche volta, vorrebbe costruire una statua d’oro ad Andromeda che con qualche pretesto riesce a lasciare loro un po’ di privacy. 
«Non sono sicuro che sia solo in questi casi».
Teddy scivola accanto a lei, stringendola a sé.
«Mi piaci così».
«Così?».
«Così con questa faccia».
Teddy sorride mettendo su un’espressione enigmatica che Victoire non riesce subito a capire.
«Ho detto qualcosa di…».
«L’altro giorno sono passato al Ministero a salutare zio Harry. Era con Kingsley», comincia lui, «Non lo vedevo da un po’ e mi ha detto che era impressionante come riuscissi a ricordargli allo stesso tempo mio padre e mia madre».
Victoire accarezza lentamente il volto di Teddy, con tutta la tenerezza del mondo.
«Ci sei riuscito, quindi».
«Non ci stavo neanche più provando, sai? Mi ero un po’ arreso, sono stato preso da altro».
«Io credo che semplicemente tu sia arrivato, Teddy».
«A cosa?».
«Hai chiuso il cerchio, com’è che si dice? Li hai rincorsi per tutta la vita, com’è normale e giusto che sia, ma hai capito che tuo padre e tua madre non dovevano essere solo sul tuo volto. Questo è quello che hai scelto ma sono sicura che, per la persona che ti ho visto diventare, potrai cambiare mille volte il tuo naso, i tuoi capelli, la tua bocca, e Kingsley e tutti quelli che hanno conosciuto i tuoi continueranno a vederli sul tuo volto».
«Forse sono stato troppo ossessionato da questa storia della forma…».
«Questo è perché non ti sei impegnato a sufficienza in Trasfigurazione: molte forme ma una sola essenza, Lupin», ridacchia, imitando la voce del loro Professore di Trasfigurazione.
«Qualche volta dimentico la teoria…».
«…il che è paradossale per uno che vuole insegnare, ma custodirò il tuo segreto!».
«Anche perché, poi, non puoi negare che io sia Eccezionale nella pratica», le dice con tono malizioso.
«Mmm, al momento sei Oltre Ogni Previsione, ma si può sempre migliorare».

Nota: ehm, ehm, ehm, anche qui cercherò di essere breve. Lo avevo già accennato tra le righe ma sono convinta che la condizione di Metamorphmagus non sia necessariamente una benedizione, soprattutto per un bambino, un ragazzo che è cresciuto rincorrendo due genitori che sono stati con lui per pochi giorni.
Quindi, da qui l'idea della ricerca voluta di una somiglianza.
Ora fuggo a nascondermi,
Grazie ancora a tutti
Fede

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Capitolo 21
*** Un desiderio, una promessa ***


Day 21: Un desiderio, una promessa
Prompt (lista pumpINK): Fiammiferi

 
Un desiderio, una promessa

«D’altronde, me lo avevi promesso».

«Te lo dico da quando ho iniziato a parlare che ci sarei sempre stata per te».
«Però quella volta me lo hai detto soffiando un fiammifero».
«Il nostro rito».
«Quello delle grandi promesse…».
«…e grandi speranze».
«Non ha mai fallito, vero?».
«Mai».


 
Agosto 2009
La Tana


Victoire ha il passo veloce, gli tiene ben stretta la mano e Teddy si lascia trascinare. 
Insieme scivolano nel capanno degli attrezzi di Arthur Weasley, impegnato in un lungo riposino pomeridiano. Lì dentro è possibile trovare qualsiasi cosa e, anche se la Signora Weasley dice sempre che non dovrebbero entrare lì dentro, spesso è stesso Arthur che li fa entrare e gli mostra nuovi manufatti Babbani.
Vic gli lascia la mano e prende una piccola scatoletta colorata dal bancone.
«Guarda, Teddy!», gli dice illuminandosi, «Secondo te, cosa c’è dentro?».
Teddy le si avvicina e prende la piccola scatolina.
«Possiamo aprirla, secondo te?».
Victoire annuisce convinta, aggiungendo «Tanto il nonno non si arrabbia proprio mai».
Teddy sbircia pian pianino nella scatola e poi li riconosce: i fiammiferi. Ci ha giocato una volta con zio Harry, quando gli ha insegnato ad accendere il fuoco alla Babbana.
«Sono fiammiferi, Vic. I Babbani li usano per accendere il fuoco».
Vic si illumina al solo pensiero e si riprende la scatolina aprendola completamente. 
«Dai, proviamoci anche noi».
«Dobbiamo stare attenti, però», la rimprovera Teddy, improvvisamente ansioso che qualcosa vada storto.
Lei annuisce distrattamente mentre prende il primo fiammifero e glielo porge.
Teddy cerca di ricordare cosa avesse fatto zio Harry e lo sfrega.
Al terzo tentativo c’è una piccola fiamma e Vic ne sembra incantata.
«È bellissimo».
«Dobbiamo spegnerlo, però. Altrimenti, rischiamo di fare un super incendio».
«Sì, ma non lo spegniamo così».
«E come vuoi spegnerlo?».
«Esprimiamo un desiderio, come quando spegniamo le candeline, però questa volta ce li diciamo».
Teddy sorride mentre Vic chiude gli occhi pensando al desiderio.
«Io desidero che tu stia sempre con me», le dice Teddy, mordendosi le labbra per aver lasciato scappare troppo velocemente quel desiderio.
«Te lo prometto, Teddy. Ci sarò sempre, sempre, sempre per te».
La stessa del fiammifero sta per finire e Teddy la esorta a soffiare insieme a lui.
«Non hai espresso il desiderio però», dice mesto calpestando quel che resta del loro fiammifero per assicurarsi che sia spento.
«Non fa niente. Ti ho fatto una promessa. Ogni volta che lo accendiamo, ci sarà un desiderio e una promessa».
«È una cosa solo nostra, vero?».
«Certo, tutta solo nostra».


Ottobre 2014
Hogwarts


«Finalmente ti ho trovata!».
La voce di Teddy risuona cristallina mentre Vic si stringe nel mantello e si limita a sorridergli.
«Come se non sapessi dove trovarmi!».
Il Platano Picchiatore è da sempre il luogo in cui si ritrovano. Qualche volta Vic si trova a pensare che più semplicemente è il posto in cui lei vuole essere trovata da lui.
Teddy si siede accanto a lei e le sistema una ciocca dietro l’orecchio. È da qualche mese che ogni tanto percepisce uno sguardo diverso negli occhi di Teddy su di sé. Molly le ha detto che secondo lei si è accorto che è una ragazza e che tutto quel rapporto morboso non va più bene.
Senza chiedere nulla, prende il tema di Storia della Magia che stava scrivendo fino a poco prima.
«Sei dannatamente più brava di me a scrivere, lo sai?».
«Questo non è vero. A te non piace Storia della Magia».
«No, mi piace ma… Rüf la rende noiosissima. Che, poi, ci pensi? La cattedra di Storia della Magia non sarà mai disponibile!».
«È un po’ difficile licenziare un fantasma, in effetti».
Teddy continua a leggere, concludendo che, se dovesse prendere meno di Eccezionale, farà appello all’intero Wizengamot.
«Comunque, ti cercavo perchè mi hanno dato una cosa».
Lei lo scruta attentamente e non sa neanche perchè il cuore cominci a batterle forte. Odia quel preciso momento, quando pensa che, se quello stupido muscolo non rallenterà, Teddy stesso potrà sentirlo e lei avrà solo voglia di sprofondare.
Dalla tasca della divisa estrae una scatoletta che Vic conosce benissimo e alla cui vista non può non sorridere.
«Un desiderio, una promessa?», chiede lei e nella sua testa martella il pensiero che Molly abbia torto, che sono sempre amici, sono sempre Teddy e Vic, migliori amici, i bambini che si sono promessi di esserci qualsiasi cosa accada spegnendo insieme un fiammifero.
«Tocca a te, se non sbaglio», la esorta Teddy, pronto ad accendere il fiammifero.
«Io non… Va bene, vai! Ne ho uno».
La piccola fiamma si accende tra le dita di Teddy che la guarda sorridente. Era da tantissimo che non facevano il gioco del fiammifero.
«Io desidero che entro una ventina d’anni possa liberarsi la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure e che il Signor Edward Remus Lupin diventi Professore».
Teddy le sorride e Vic teme seriamente di potersi sciogliere. La verità è che non ha ancora un suo desiderio, ché tanto il suo Orientamento Professionale è lontano, mentre lui l’ha già fatto e ha una strada tutta in salita davanti a sé.
«Vic, era un tuo desiderio!».
«Ormai l’ho espresso», dice scrollando le spalle, «Ora prometti».
«Prometto che, quando diventerò Professore ad Hogwarts, ti porterò a festeggiare in un posto incredibile, perché ci sei sempre stata».
Soffiano insieme anche stavolta e Vic si chiede se ci sarà davvero un momento in cui riuscirà a dar voce al suo vero desiderio.


19 giugno 2021
Diagon Alley


«Quindi, Lee ha detto che domani vuole parlarti, ma di stare serena perché è una bella notizia?», ricapitola Teddy, mentre Victoire si accoccola tra le sue braccia.
«Proprio così. Mi ha detto ‘Sta’ tranquilla, ma queste sono notizie che vanno discusse bene’ e se n’è andato».
«Potrebbe essere…?».
«…il programma solo per me? Spero di sì. Dal progetto della Televisione credo non ci siano molte novità».
«Prima o poi andrà in porto e tu sarai la pioniera della Televisione Magica».
Victoire ride, appoggiando la testa nell’incavo del collo di Teddy.
«Non darebbero mai a me un programma di punta».
«Questo è perché non ne capiscono. Dovrebbero parlare con me che sono un vero intenditore».
«E così saresti un intenditore?».
«Ti ho puntata da quando eravamo più bassi di due gnomi da giardino».
«Eppure c’hai messo un tempo infinito a dirmelo».
«Questi sono dettagli…».
«…non irrilevanti!».
«Però ho sempre pensato che fossi la più bella di tutti».
Lei gli sorride con un’espressione intenerita e sognante dipinta sul volto e Teddy è pronto a giurare che quello che conta è tutto lì, sul divano celeste del loro minuscolo appartamento di Diagon Alley.
«Sai che facciamo?», le chiede improvvisamente, agitando pigramente la bacchetta, «Un rito portafortuna».
Tra le mani di Victoire compare una scatola colorata di fiammiferi, quella che hanno usato la loro prima notte in quella casa, che chiamano tra loro la scatola dei desideri.
«Un desiderio, una promessa», ripete lei mentre prende un fiammifero e lo accende, «Tocca a te».
«Io desidero che tutto il mondo possa accorgersi di quanto tu sia incredibilmente brava, spigliata e di talento».
Victoire arrossisce appena, mentre tiene ben saldo il fiammifero tra le mani.
«Io prometto che… che mi ricorderò di te quando sarò famosa!», ride prima di soffiare per spegnere il fiammifero.
Teddy la coglie di sorpresa e in un attimo è sopra di lei sul divano.
«Sono certo che avrai molto da ricordare, Miss Weasley», le sussurra prima di chinarsi a baciarla.


14 giugno 2027
Massachuttes


Ascolta con il fiato sospeso, mentre Teddy le sussurra, ben attento a non fare rumore, le ultime novità.
Ha un luccichio particolare negli occhi questa sera e Vic spera, spera con tutta se stessa che questa volta sia quella buona.
Lui gioca, come sempre quando è nervoso, con gli anelli sul suo anulare sinistro. Dice che lo rilassano, che gli ricorda che in mezzo a quella loro vita errante c’è qualcosa che resta uguale in ogni luogo.
«Teddy?», bisbiglia, «Secondo te, il nostro rituale funziona davvero?».
Sul viso di Teddy sbuca lo stesso sorriso che gli ha visto la prima volta nel capanno di suo nonno. 
«Non ci ha mai tradito».
«Allora, dovremmo proprio farlo».
«Adesso?».
«Sì, adesso».
«Qui?».
«E dove altrimenti?».
«Ma…».
«A bassa voce, Teddy. È una cosa importante!».
Vic allunga la mano sul comodino, afferra la bacchetta e in un niente la scatola di fiammiferi è tra le sue mani.
«Sei pronto?», gli chiede scrutandolo.
Lui si impossessa della scatola di fiammiferi e ne estrae uno.
«Tocca a te, non ricordi?».
«È il…».
«Non ricordi come si fa?», le chiede lui provocatorio. 
Vic scuote la testa e si china a baciarlo, perchè ci sono tante cose in ballo in quel fiammifero che si sta per accendere e il cuore di suo marito batte talmente forte che riesce ad ascoltarlo nel silenzio della sera.
«L’ho inventato io: un desiderio, una promessa. Dai, accendi, ché sono pronta».


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Capitolo 22
*** L'ultima volta ***


Day 22: L’ultima volta
Prompt (lista pumpNIGHT*): Fuga
 
L’ultima volta
 
«Sai dove avrei voglia di tornare?».
«Dove?».
«A Plage de Collignon».
«È da tantissimo che non pensavo a quel posto».
«La nostra ultima volta».
«O la nostra prima…».
«È stata un po’ la fine di un’era, no?».
«Quella da fidanzati».
«L’ultima volta in cui sono stato in compagna della Signorina Victoire Weasley».
«Perché la Signora Victoire Lupin è così male?».
«Assolutamente, soltanto che qualche volta…».
«Qualche volta?».
«Non essere impaziente, Signora Lupin! Qualche volta mi manca quel genere di spensieratezza».
«Dovremmo tornarci».
«Che dici? Chiedo a James se ci presta la moto?».

7 luglio 2024
Plage de Collignon 

La spiaggia è quasi vuota mentre il sole sta tramontando. 
Quella giornata, l’ultima (o meglio, la penultima) da fidanzati, sta per terminare e c’è qualcosa nell’aria che avvertono entrambi e non riescono a decifrare.
«Sei emozionata?», le chiede Teddy a bruciapelo, mentre Vic infila un maglioncino leggero portato per l’occasione.
«Sì, tanto. Non pensavo che lo sarei stata così tanto».
«Ah, grazie!», ridacchia lui trascinandola giù sulla sabbia insieme a lui.
«I preparativi sono stati complicati e lunghi, e problematici, e…».
Teddy la bacia chiudendole la bocca, chiedendosi se, poi, una volta infilate le fedi al dito, qualcosa cambierà.
«E ti hanno fatto dimenticare che dovrai sposare questo gran bel ragazzo?».
Vic sorride, ricambia il bacio, lo tira a sé e per un attimo sembra d’essere tornati ragazzini, a quando si spingevano oltre Shell Cottage, solo per potersi baciare lontani da occhi indiscreti.
«Mi stavano facendo dimenticare che sto per sposare l’amore della mia vita», sussurra.
«Anche tu sei l’amore della mia vita».
«Grazie per avermi portata via».
«Questa fuga solo per noi ci voleva, dopo i deliri degli ultimi mesi».
«Non credevo che fosse così impegnativo quando te l’ho chiesto», ridacchia Teddy accarezzandole il viso.
«Sei damigelle, mie madre, le nonne, le zie… ahhh!», sbotta.
«Sei adorabile anche così».
«Tu sei adorabile, futuro marito», ribatte Vic sollevandosi e sistemandosi sui gomiti.
«Solo perché ti ho portata via».
«Soprattutto!».
Vic è persa nei suoi pensieri, ha lo sguardo fisso sull’orizzonte.
«Teddy?».
Dal tono di voce, capisce subito che c’è qualcosa, qualcosa che vuole dirgli, che la sta turbando, qualcosa che non può aspettare, un pensiero che deve tormentarla.
«Dimmi».
«Non fa niente se i primi mesi da sposati saranno a Durmstrang».
«Ah».
Teddy si morde il labbro, mentre lo sguardo serio di Vic si posa su di lui e la loro ultima litigata è tornata lì tra loro. La proposta di insegnare a Durmstrang era arrivata solo un mese prima in maniera inaspettata, probabilmente sulla scia della risonanza che i suoi mesi a Uagadou avevano avuto in Europa, Teddy non aveva neanche fatto domanda e Vic, tanto propensa a girare il mondo, sembrava gradire poco l’idea della Bulgaria e di quella Scuola.
«Sono stata ottusa, come avevi detto tu. Qualche volta mi impunto su un’idea e…».
«Vic, ho rifiutato», confessa lui.
«In che senso? Quando?». 
«Qualche giorno dopo la nostra litigata. È una bella opportunità ma la loro politica sulle Arti Oscure è tuttora poco chiara e non me la sento di andare lì. Forse è snob e poco riconoscente da parte mia, ma ho deciso di rifiutare».
«Perché non me lo hai detto subito?».
«Perché sei stata ingiustificatamente capricciosa».
Victoire gli fa una linguaccia, prima di chinarsi a baciarlo spazzando via l’eco dell’ultimo litigio.
«Che ne pensi degli Stati Uniti piuttosto?», le chiede a bruciapelo.
«Ilvermorny?».
«Aspetto a breve una risposta».
«Sarebbe molto bello andarci insieme», risponde con un sorriso.
Poi si alza di scatto e lo guarda, con il suo sguardo serio delle grandi occasioni, difficile da decifrare.
«Ho preso una decisione».
«C’hai ripensato?», la prende in giro. 
Victoire alza gli occhi al cielo, contrariata.
«Sono seria».
«Che decisione?».
«Questa è l’ultima volta che esci con Victoire Weasley».
Teddy la fissa non afferrando al volo. Realizza dopo due minuti di silenzio.
«Vuoi dire che…».
«Prendo il tuo cognome».
Sbarra gli occhi, disorientato. Non ne hanno mai parlato. Probabilmente ha dato per scontato che non lo avrebbe preso, come sua madre, come le sue zie.
«Perché?».
«Mi piace come suona, innanzitutto», dice segnando sulla mano la prima delle ragioni.
«Ottimo punto, ma, Vic, Weasley è un cognome molto più antico, rispettoso e noto di Lupin».
Victoire lo guarda contrariata.
«Ci sono mille Weasley ma può esserci una sola Signora Lupin».
Lo dice con un tono talmente solenne che Teddy non può che arrendersi. È una sua scelta, una scelta che non credeva nemmeno fosse possibile, e che può solo rispettare.
Si tira su e si avvicina per baciarla prima con tenerezza e poi sempre con più passione.
«Allora, devo impegnarmi a salutare bene la Signorina Weasley».
Vic si lascia baciare, stretta in quell’abbraccio che un po’ sa di addio e un po’ di promessa di cose nuove. Teddy è convinto che non cambierà nulla, che saranno sempre loro, che quell’equilibrio non sarà smosso da nulla.
Lei si scosta un po’ e dalla tasca dei pantaloncini di jeans estrae il filo che lui le ha regalato anni prima, per quella loro lunghissima separazione.
«Te lo ricordi?», gli chiede.
«Certo che me lo ricordo», le dice lui prendendo l’altra estremità.
«Dobbiamo solo continuare a tenerlo stretto». 
«Non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare».

*Questa storia è stata scritta tra le 19.00 e le 7.00 del mattino

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Capitolo 23
*** Fino a perderne il conto ***


Day 23: Fino a perderne il conto
Prompt (lista pumpINK): Appuntamento

 
Fino a perderne il conto

«Sarebbe bello avere un appuntamento, uno solo nostro».
«Poter staccare un momento».
«Ci serve un nuovo primo appuntamento…».
«Abbiamo già avuto due primi appuntamenti, Vic».
«Esiste un solo primo appuntamento».
«Il primo da fidanzati, il primo da sposati».
«Be’, questo sarebbe un altro primo».
«Anche se a me non piacciono così tanto i primi appuntamenti. Provavo un’ansia incredibile».
«E quali preferisci?».
«Non lo so, tutti? Ho perso il conto».



 

18 novembre 2015
Hogsmeade
Teddy le sorride dall’altra parte del tavolo, anche se di tanto in tanto si perde a fissare la Burrobirra.
È strano essere lì insieme. Lo hanno già fatto altre volte ma da quel bacio di poche settimane prima tutto tra loro sembra cambiato.
Si sono visti ancora, si sono baciati ancora e hanno provato a parlare, infilando un pensiero confuso dopo l’altro, inconsapevoli di ciò che sono diventati
«Ti va se usciamo a fare un giro?», le chiede lui. 
Vic annuisce istintivamente, perché ai Tre Manici di scopa fa troppo caldo ed è impossibile avere un po’ di privacy. Neanche si accorge che Teddy ha già pagato il conto per entrambi, che non è una cosa esattamente nuova ma le appare comunque diversa.
Camminano vicini per un po’, senza dirsi nulla, con le dita che si sfiorano appena in quel loro modo, fintamente distratto, che va avanti da mesi ormai.
Quando si allontanano un po’ dal caos del villaggio, Teddy l’attira a sé e Vic ha di nuovo la sensazione che si possa sentire quanto velocemente batte il suo cuore.
«Ciao», le dice sfiorandole il naso con il suo.
«Ciao», ricambia Vic, facendosi più vicina, intercettando solo il sorriso contento di Teddy prima di percepire le sue labbra esigere un bacio.
È strano come una cosa così naturale sia per lei tanto straordinaria, in grado di lasciarla senza fiato e di annebbiarle il cervello.
Quando si staccano, Teddy sembra perso ad accarezzare i capelli di Vic.
«Teddy, ma tu ed io…», comincia Vic, cercando le parole, «…insomma. Questo era un appuntamento, no?».
Lui la guarda un po’ disorientato, ma lei si compiace perché non accenna a staccarsi.
«Credo… credo di sì. Insomma, lo abbiamo già fatto, tu ed io insieme da qualche parte, da tutte le parti, però…».
«Però non è come le altre volte».
«No… per niente», conclude, «Sì, era proprio un appuntamento».
«Il primo».
«A suo modo, primo».


16 luglio 2024
Londra 


«Si può sapere dove mi porti?».
La voce squillante di Victoire lo fa sussultare, perso com’era nei suoi pensieri.
«Oggi andiamo alla scoperta della Londra Babbana, Signora Lupin», le dice lui, cingendole le spalle con il braccio.
«È un’occasione particolare?», chiede con fare sospettoso.
«Sette giorni che siamo sposati sono sufficientemente particolari?», chiede Teddy ridendo.
«Penso di sì. È solo che…».
«Che?».
«No, nulla. Non farci caso, è una sciocchezza».
«Dai, dimmelo».
«È diverso», spiega Victoire ma Teddy sembra non capire. Si ferma, sciogliendosi dall’abbraccio per scrutarla negli occhi.
«Che cosa è diverso?».
«Noi… questo!», esclama mostrando l’anulare sinistro.
Teddy fissa la propria mano ancora incredulo. Qualche volta gli sembra quasi di aver assistito come esterno a quella giornata, forse la prima vera giornata di perfetta felicità.
«È diverso uscire a cena insieme?», chiede dubbioso su cosa ci sia di diverso in quello.
Victoire annuisce convinta, riprendendo a camminare e portandosi il braccio di Teddy intorno alle spalle.
«Lo abbiamo fatto già tante volte. Insomma, ho perso il conto dei nostri appuntamenti», continua Teddy.
«Sì, ma era prima, era da fidanzati».
Teddy scrolla le spalle. Ha imparato a conoscere Vic tanto bene da sapere che ci sono momenti che le si imprimono tanto nella mente e che finiscono per rappresentare uno spartiacque per lei: c’è un prima e c’è un dopo in ogni cosa che Victoire fa, nel suo modo di vivere, nel suo modo di interagire con il resto del mondo.
Quando arrivano al ristorante, però, la sensazione di essere in un dopo finisce per travolgere anche lui.
«Ho una prenotazione per i Signori E. Lupin. Siete voi?», chiede il maître.
Teddy annuisce, stringendo più forte la mano di Victoire, sorprendendosi ancora di sentire quella fede che le cinge il dito.
«Siamo noi», risponde rapida Vic.
Il maître fa cenno di aspettare pochi minuti prima di accomodarsi.
«Avevi ragione», le sussurra Teddy all’orecchio.
«A proposito di…?».
«È tutto diverso».
«È un altro primo appuntamento».
«A modo suo, un altro primo».


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Capitolo 24
*** Something like this ***




Day 24: Something like this
Prompt (lista pumpFIC): Flirting

 
Something like this


«Dici che ci ricordiamo come si fa?».
«Andare ad un appuntamento?».
«Sì, fare tutte le cose da appuntamento».
«Non ti facevo così insicura. Certo che ce lo ricordiamo e poi stare noi due soli ci è sempre venuto naturale».
«Zia Ginny mi ha detto che flirto con te da tutta una vita».
«Persino Ron si è accorto che avevo una cotta clamorosa per te. Come potrebbe non riuscirci più?».


 
2015
«La smettete voi due di fare i piccioncini o avete intenzione di darmi una mano?». 
La voce gioviale di George Weasley ha come effetto immediato quello di far ritrarre la mano di Teddy, che lascia andare quelle di Victoire.
Ha la legna in mano che servirà per il falò di quella sera e loro si sono volutamente offerti di andare con lui e Fred, salvo rimanere sempre indietro.
Scherzano, giocano, si sfiorano quasi per caso da qualche settimana e Teddy pensa che starle lontano stia diventando un’impresa degna di un Torneo Tremaghi.
Si rimettono a cercare la legna pian piano, dapprima allontanandosi, poi di nuovo vicini, con i piccoli dispetti di Victoire.
«Hai tagliato i capelli», le dice lui mentre tornano alla tenda, fianco a fianco, camminando così vicini che le dita si sfiorano.
«Ti piacciono?».
«Sì, sembri più grande e sei più bella».
Vic si morde il labbro e arrossisce, ma sul viso le sbuca un sorriso soddisfatto.
Non appena arrivano alla tenda, Teddy intercetta lo sguardo malizioso di George, pronto a sussurrare a Bill «Caro fratello, puoi già dire addio alla tua primogenita».


2017
«Non è che perché adesso siete fidanzati dovete sempre stare appiccicati tutto il tempo».
James deve essere sfuggito alla sorveglianza degli adulti e li ha raggiunti fuori nella neve.
«Dai, James, non rompere! Non lo vedo da un sacco di tempo», esclama Victoire esortandolo ad andare.
«Anche io non lo vedo da un sacco di tempo!», protesta dall’alto dei suoi dodici anni.
«Ho la precedenza. Sono la sua fidanzata», calca Vic.
«Arrivo dopo», dice Teddy tentando di fare da paciere.
«Allora, lo preferisci a me?», chiede Vic con fare civettuolo. Teddy, incurante dei borbottii di James che si allontana, torna a baciarla e a stringerla.
«Non preferisco nessuno a te. Dovresti saperlo!».
«Sempre meglio esserne sicura», ribatte sicura Vic.
«Siete proprio MIELOSI», urla James in lontananza.
«Si dice MELENSI», replica Vic da lontano.


2021
«Oh, Teddy, che carino che sei a venire a prendere Victoire a lavoro».
Lee Jordan ha una voce che ogni ragazzo della generazione di Teddy riconoscerebbe. 
«Le ho fatto una sorpresa e volevo vederla all’opera», dice indicando il mazzo di fiori che stringe tra le mani.
«Lee, ho sistemato la scaletta di domani e un paio di inter…». 
Victoire irrompe nella stanza con fare deciso e sicuro, un atteggiamento che fino a pochi mesi prima era sparito chissà dove. Si interrompe quando vede Teddy prima di corrergli incontro.
«Che ci fai?», gli chiede sorpresa mentre lui le porge i fiori.
«Ho saputo che Lee aveva assunto una nuova stagista. Volevo conoscerla».
Lei sorride compiaciuta e inclina appena la testa.
«Ah, e com’è questa stagista?».
«Lee se ne stava giusto lamentan…», risponde prendendola in giro e beccandosi un buffetto sul braccio.
«In effetti, ha un fidanzato molto invadente. Fortuna che è piena di corteggiatori», ammicca Lee.
«Ma da che parte stai, Lee?», protesta Teddy.
«Dalla mia. Mai inimicarsi la propria stagista», conclude lasciandoli soli.
Victoire giocherella con il mazzo di fiori, mentre Teddy le si avvicina cingendole i fianchi.
«Quindi, hai un sacco di corteggiatori?», chiede con una punta di gelosia.
«Qualcuno».
«Interessanti?».
«Non male».
«Devo preoccuparmi».
«Dipende».
«Da che?».
«Da dove mi porti stasera», chiosa Vic ridendo e mettendogli le braccia al collo.


2024
«Lei dev’essere la famosissima Victoire. Edward mi ha parlato tantissimo di te. A quanto pare non riesce a credere di averti sposata».
Il Preside di Ilvermorny, Agilbert Fontaine*, le tende sorridente la mano che Vic si affretta a stringere.
«Siamo in due, Preside. Ci siamo inseguiti per tanti anni».
«E questo deve aver reso il vostro matrimonio ancora più speciale».
Vic non può fare a meno di guardare Teddy e la fede che gli fascia l’anulare sinistro. Lui sorride fiero e compiaciuto al suo fianco, sereno come non l’ha mai visto prima.
«Lo è stato. È stato un bellissimo matrimonio», conviene Teddy.
«So che in Gran Bretagna ha avuto una certa risonanza e che discendete da importanti famiglie e che la Signora Lupin è una giornalista radiofonica di una certa fama».
Fontaine sembra essere genuinamente interessato al loro matrimonio, chiedendo loro dettagli e dilungandosi sulle differenze tra Paesi. Victoire annuisce convinta, con una certezza e consapevolezza tutte nuove che da qualche mese a quella parte, sin dal momento in cui ha pronunciato il fatidico , non l’hanno più abbandonata.
«Mi piace tantissimo quando mi presenti come tua moglie», ridacchia dopo aver bevuto un po’ troppo Vino Elfico.
«È quello che sei!».
«Sì, ma non mi abituo ancora».
«Lo sai che da quando siamo sposati sei più bella?».
«Tu più ruffiano».
«Sei tremenda».
«Non è per questo che mi hai sposata?».


*Fonte Wizarding World


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Capitolo 25
*** Ogni mio giorno ti appartiene ***


Day 25: Ogni mio giorno ti appartiene
Prompt (lista pumpFIC): OTP

 
Ogni mio giorno ti appartiene
 
«Se ti è riuscito sull’altare, penso ti possa accadere in qualsiasi occasione».
«Non sono riuscita a trattenermi».
«Quel giorno è stato perfetto, un giorno di assoluta e perfetta felicità».
«L’hai mai più provata?».
«Solo un’altra volta, però quella è stata la prima».
«Hai mai avuto dubbi, Teddy? In quei giorni, dico».
«No, non ho mai più dubitato di noi da quando mi hai dato il famoso ultimatum. E tu? Ci hai mai ripensato?».
«Non sono mai stata tanto convinta in vita mia quanto nel momento in cui ti ho sposato».

9 luglio 2024

«Puoi dirmelo che hai una paura tremenda», lo incalza James guadagnandosi un’occhiata truce da parte di un nervosissimo Teddy.
«Non ho paura. Sono solo un po’ teso».
«È innamorata di te da… be’, sempre. Di che hai paura?». 
«Spero che il tuo discorso da testimone sia un po’ più strutturato di questo o, Tosca mi perdonerà, sarai brutalmente affatturato».
«Tranquillo, mi sono superato».
«Per fortuna, c’è anche Daniel», dice indicando il suo più caro amico e compagno di casa che gli sorride comprensivo.
«Sarete davvero felici insieme», dice James, appoggiandogli una mano sulla spalla, d’un tratto serio.
«Come fai ad esserne così certo?».
«Perché, per qualche ragione che ancora non comprendo, non c’è nessuno come quella rompipluffe di Victoire in grado di renderti più felice di così e non c’è nessuno come te in grado di renderla meno rompipluffe di quanto non sia».
Le parole di James hanno il potere di strappargli un sorriso e di alleviare un po’ la tensione che avverte come un pugno nello stomaco da quando è salito su quell’altare.
Sua nonna, in prima fila accanto a Harry e Al, lo guarda fiera e orgogliosa, incredibilmente serena, con un sorriso di genuina felicità che Teddy le ha raramente visto comparire sul volto.
«In ogni caso, sai che sei come un fratello per me ma, se deludi Vic, non mi opporrò a nessuna delle Maledizioni che ti saranno scagliate contro».
«È un discorso da cugino premuroso questo?», scherza Teddy.
«È la mia cugina maggiore. Impossibile non esserlo con lei, nonostante…».
«Nonostante siate cane e gatto».
«E, poi, quando è stata male…merita di essere felice con te, meritate di esserlo entrambi».
«È per questo che ci hai aiutati ad opporci al ricevimento alla Tana?».
«Nonna ha rischiato di allagare casa con i pianti ma non è una scelta in cui poteva intromettersi e qui a Shell Cottage l’atmosfera è sempre stata incredibile».
Teddy annuisce. Shell Cottage è il luogo in cui Victoire è cresciuta, è il luogo in cui da bambini giocavano a rotolarsi nella sabbia, quello in cui da grandi iniziavano a rincorrersi soltanto per potersi stringere di più.
«Ma quando arriva?», chiede impaziente, guardando l’orologio.


«Siamo in un ritardo incredibile. L’ultima foto e poi dobbiamo scendere», incalza zia Hermione in quella stanza piena di tutte le donne di casa Weasley.
Victoire si guarda l’ultima volta allo specchio in abito bianco, prima di fare cenno alle zie di cominciare a scendere. 
«Sei charmant, cherie», le dice sua madre con lo sguardo commosso dalla gioia, prima di abbracciarla e unirsi agli invitati. 
«Lily, Lucy, Rose e Roxy, cominciate a posizionarvi».
Molly, visibilmente incinta, ha preso il controllo come al solito e comanda tutti a bacchetta, cambiando più volte l’ordine delle damigelle.
Dominique, intanto, resta indietro, vicino a sua sorella. Non le ha ancora detto nulla da quando è tornata pochi giorni prima. Si sono allontanate tanto in quegli anni, ciascuna assorbita nel suo mondo, e la distanza fisica ha acuito quella caratteriale che hanno sempre avuto.
«Sei davvero bellissima», le dice quasi imbarazzata.
«Anche tu. Grazie per esserti vestita da damigella per me».
Dominique sorride e si guarda il vestito azzurro chiaro.
«Ho messo il color pervinca per Molly. Per te avrei messo di tutto».
«Grazie, Domi», sussurra posizionandosi sotto il braccio del padre, più taciturno del solito.
«Papà, sta’ tranquillo. Non ricapiterà presto, dovrai farlo solo per questa volta», lo stuzzica Dominique.
«Sono preparato a questo momento da circa dieci anni», borbotta mentre Vic si solleva per dargli un bacio sulla guancia.
«Non hai mai dubitato, vero?», le chiede sua sorella, dopo aver rivolto uno sguardo esasperato a Molly che per l’ennesima volta aveva fatto invertire Roxanne e Lucy.
«Di Teddy?».
«Di voi due insieme».
Victoire scuote la testa. Incredibilmente, non è nemmeno nervosa quel giorno, sente addosso una sensazione di pace che non riesce a spiegare. Diventare la moglie di Teddy le sembra qualcosa di talmente naturale da renderla impenetrabile a qualsiasi dubbio.
«No. Io… l’ho sempre amato, sono sempre stata sicura di quel che eravamo e che potevamo essere insieme».
«Siete fortunati», commenta laconica.
Victoire le rivolge un sorriso carico di tenerezza e comprensione per la vita sentimentale sempre burrascosa di sua sorella.
«Siamo pronti!», annuncia Molly, posizionandosi dietro Roxanne e prima di Dominique, «Mi raccomando, Vic. Schiena dritta e attenta ai tacchi».
«Molly, per la centesima volta so come si cammina! Ora, se vi muoveste, mi vorrei sposare».


Victoire cammina sicura e decisa, stretta al braccio di suo padre, radiosa come può esserlo solo chi non ha mai dubitato della sua scelta.
Teddy l’aspetta all’altare con il sorriso stampato sulle labbra e l’impazienza di chi non vede l’ora di cominciare insieme il resto della propria vita. 

 
«Sono dieci anni che ci rincorriamo tu ed io e adesso siamo finalmente qui. Hai cambiato la mia vita semplicemente venendo al mondo, hai cambiato il significato di un giorno che odiavo e che adesso temo sia uno dei miei giorni preferiti. Sei la mia forza, la mia migliore amica, l’unica donna che ho sempre voluto. Victoire Weasley, prometto di amarti finché morte non ci separi».

 
«Mi sono innamorata di te talmente tanto tempo fa da non riuscire ad identificarlo nel tempo. Ho realizzato che ogni mio giorno ti appartiene, che non ricordo un solo giorno della mia vita in cui tu non sia stato nei miei pensieri. In questi dieci anni ne abbiamo vissute di ogni, siamo stati ovunque, insieme e separati e non avrei potuto desiderare un compagno migliore. Edward Remus Lupin, prometto di amarti finché morte non ci separi».
Note: fuggo perché (non so per quale ragione) questo capitolo mi imbarazza terribilmente e, no, i dialoghi iniziali non sono le loro promesse nuziali.

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Capitolo 26
*** Pieces of us (in your eyes) ***


Day 26: Pieces of us (in your eyes)
Prompt (lista pumpNIGHT*): Frammento

 
Pieces of us (in your eyes)
 
«Mentre ti guardavo camminare verso l’altare, riuscivo solo a pensare a tutto quello che ci ha portato a quel momento».
«Pensavi ad un momento in particolare?».
«Non esattamente».
«In che senso?».
«Erano tante immagini che mi si sono sovrapposte nella mente e mi sono sentito incredibilmente fortunato».
«A sposarmi?».
«A sposare una donna che ha fatto della mia felicità una missione di vita».


La mente di Teddy Lupin è un luogo affollato mentre Victoire percorre la navata, un infinito via vai tra il passato e il presente, tra quello che sono stati e quello che sono diventati, tra i bambini che erano un tempo e gli adulti che si stanno incontrando su un altare.
Ora che Victoire cammina verso di lui, riesce anche a vedere un frammento, un’immagine di una neonata biondissima che ha avuto il privilegio di vedere diventare una donna (la sua).
La mente di Teddy è un luogo affollato in cui Victoire muove i primi passi per raggiungerlo in uno dei loro giochi e subito dopo corre nella foresta di Dean, una delle estati in cui con zio Harry e i Weasley sono andati in campeggio.
Sul volto di Victoire, man mano che si avvicina all’altare, non c’è mai l’ombra di esitazione e l’unica cosa che pensa Teddy è che quel volto deciso, certo, combattivo l’ha visto solo per lui, perché lui la ricorda bene, Victoire, lottare quando lui era ancora indeciso, con il volto severo e disarmante di chi non ha mai avuto paura dei propri sentimenti.
Ha due anni meno di lui ma tutto quel che sa sull’amore Teddy l’ha imparato da lei, dalla sua capacità di resistere e restare (nonna Andromeda gli ha detto che è un dono di famiglia).
La osserva voltarsi con un sorriso radioso in direzione dei suoi nonni e scorge un momento di commozione. Non piange spesso (anche se la maggior parte delle lacrime gliele ha fatte versare lui, anche se la maggior parte è lui ad averle asciugate), non più da quando è cresciuta ma la mente di Teddy è un luogo affollato in cui c’è una Victoire che piange bambina per un ginocchio sbucciato e una Victoire adulta che con gli occhi velati da lacrime di gioia accetta di sposarlo.
La ricorda capricciosa ogni volta che le proponevano di salire su una scopa e allo stesso tempo testarda, senza paura (da dannatissima Grifondoro qual è) fare un giro su un tappeto volante durante il loro viaggio in Africa, perché Victoire ha sempre reso conto solo a sé stessa, incurante della famiglia di giocatori di Quidditch da cui discende e pronta a seguire solo ed esclusivamente il proprio istinto.
Nota che raddrizza la schiena per riuscire ad incrociare il suo sguardo, oltre le teste di tanti colori diverse delle cugine e non riesce a non pensare a quelle volte che sgattaiolava via dalla stanza delle bambine, soltanto per rimanere a parlare tutta la notte insieme a lui.
La mente di Teddy è un luogo affollato in cui Victoire canticchia canzoni che non ricorda ogni mattina, con una matita tra i capelli e una sua T-shirt che le va troppo lunga. È la sua Victoire, è quella che non vede nessuno perché nessuno la conosce come la conosce lui.
Victoire ha lo sguardo deciso e sicuro di chi non ha mai dubitato dei propri sentimenti e, quando Teddy incrocia il suo sguardo, vanno a posto i frammenti di tutta una vita insieme (la loro).

 
* Questa storia è stata scritta tra le 19.00 e le 7.00
 

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Capitolo 27
*** Les jeux sont faits ***


Day 27: Les jeaux sont faits
Prompt (lista pumpINK): Petali

 
Les jeaux sont faits


«È stato un desiderio innato, vederti felice. In fin dei conti credo di averti sempre voluto dare tutto quello che non avevi avuto. L’altro desiderio innato è stato quello di voler essere ricambiata».
«Lo sei sempre stata».
«Non so, sai? Quante povere margherite ho torturato a Nizza per fare M’ama, Non m’ama!».
«Ecco perchè tua nonna Apolline al matrimonio mi ha ricoperto di petali di margherite».
«Sono fiori carini e, poi, è ora di confessarti che ti ho dato la colpa per averle distrutto una pianta intera».


 
26 luglio 2015
Nizza


Victoire si è rintanata in un angolo del giardino, scappando ai giochi dei fratelli e dei cugini francesi. Una parte di sé sarebbe voluta rimanere ancora in Inghilterra, a cercare di decifrare il suo rapporto con Teddy, che sta cambiando giorno dopo giorno in un modo che non riesce a capire del tutto.
Stringe tra le mani una delle margherite di sua nonna e inizia quello stupido gioco che le ha insegnato zia Gabrielle anni prima. Stacca un petalo alla volta, pensando ai segnali contrastanti che ha percepito, senza accorgersi di quanto stia impoverendo la pianta.
«La nonna si arrobierà moltissimo», trilla la voce di sua madre.
Vic scrolla le spalle e poggia la testa sulle ginocchia.
Fleur si siede accanto a lei raccogliendo pazientemente i petali che ha fatto sparpagliare ovunque.
«Teddy?», chiede soltanto.
Vic annuisce senza stupirsi più di tanto di quanto sua madre riesca ad essere perspicace. In fin dei conti, ha sempre pensato che alla Gringott fosse sprecata e che avrebbe potuto lavorare con zio Harry per quanto è sveglia e intuitiva.
«Allora, non c’è bisogno di fare questo gioco», conclude agitando la bacchetta e divertendosi a fare disegni con i petali.
«Perché dici così?».
«Le jeaux sont faits.Ti ama, oviamont. Si vede da come ti guarda, solo un cieco avrebbe avuto dubbi».


9 luglio 2024
Shell Cottage


«Io l’ho sempre detto che voi due sareste finiti insieme!».
Ron Weasley alza l’ennesimo calice in direzione di Teddy e Victoire.
«Ron, soltanto un cieco non lo avrebbe detto», lo punzecchia sua sorella, in quel battibecco che va avanti da una vita.
«Lo discevo anche io a Victoire quando era pètite e si disperava quando Teddy non giocava con lei».
Victoire e Teddy si scambiano uno sguardo complice, ben consapevoli che il tavolo degli zii deve aver superato la gradazione alcolica che avevano preventivato.
«Io ricordo bene il periodo in cui eri tutta triste perché pensavi che a lui non piacessi», dice zia Audrey con fare comprensivo mentre le stringe un po’ troppo la mano.
«L’adolescenza è un brutto momento», conviene Victoire.
«Teddy era solo un po’ insicuro da enfant e mon Vic, quando andavamo in Francia, non faceva altro che distruggere le povere margherite di mia madre e fare quello stupido giochino che fasceva anche Gabrielle».
«M’ama, non m’ama?», chiede Vic imbarazzata, «Sono passati quasi dieci anni, mamma!».
«E vi siete sposati, cherie. Como vedi, avevo ragione e non c’era bisogno di chiederlo ai petali di fiori. Les jeux sont faits».

Sono molto poco convinta di questo capitolo. Ho sperato di poterlo riscrivere ma l'ispirazione non è arrivata. Grazie ancora!


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Capitolo 28
*** Toccare la felicità ***


Day 28: Toccare la felicità
Prompt (lista pumpNIGHT): Toccare

  
Toccare la felicità
 
«In ogni caso, per quanto bello sia stato, non può eguagliare quell’altro giorno».
«Nulla può eguagliarlo, credo».
«Lì ho capito cosa significhi toccare il cielo con un dito».
«Io non credevo che fosse così…».
«Così come? Devastante?».
«Non so se avrei usato proprio quest’aggettivo».
«Sei tu il Professore».
«È stato... come arrivare in cima alla vetta e pensare più di così non potrà mai essere».
«È sempre così quando siamo con lei, vero?».
«Sempre».

Che cosa voglia dire toccare la felicità, Teddy Lupin lo scopre una notte di febbraio quando stringe sua figlia tra le braccia per la prima volta.
Tutto quel che gli avevano detto sulla paternità gli è sembrato riduttivo nel momento in cui la Guaritrice gli ha messo la bambina tra le braccia.
Fino al momento in cui le dita di sua figlia si sono strette attorno al suo anulare, non si era neanche reso conto di quanto l’avesse desiderata quella figlia, la prova vivente che lui e Vic ci sono stati, che sono esistiti, che si sono amati.
Nel tocco di sua figlia c’è la quadratura del cerchio, la fine di una ricerca iniziata neanche sa quando, il punto di arrivo di una parte della sua vita. Ha smesso di cercare di definirsi figlio, lui che figlio non ci si è mai sentito, per diventare genitore e pensa che non ci sia passaggio di consegne migliore.
Che cosa voglia dire toccare la felicità, Teddy lo realizza quella mattina di febbraio, con sua figlia stretta tra le braccia, intenta ad avvolgergli l’anulare.
È un genere di felicità che non può spiegare, neanche lui che spiega per vivere, per passione. È tutto quello che cercava da una vita intera.


Che cosa voglia dire toccare la felicità, Victoire Weasley Lupin lo scopre una notte di febbraio quando la Guaritrice le appoggia sua figlia sul petto. 
Quanto abbia temuto quel momento, quanta paura abbia avuto nel timore di non sentirsi all’altezza, svanisce nel momento esatto in cui avverte il contatto con la pelle di sua figlia.
È stata una gravidanza particolare, non cercata, ma neanche evitata, che li ha colti di sorpresa, che ha scombussolato la loro vita da vagabondi, che li ha costretti a fermarsi e a dare una direzione. Non ne ha amato ogni momento, ma ama tutto ora, ora che stringe sua figlia e realizza quanto reale sia quella felicità inseguita, sudata, conquistata negli anni.
È una felicità di nuovo genere, che non aveva neanche immaginato, che pensava fosse soltanto ingigantita dai racconti.
Che cosa voglia dire toccare la felicità, Victoire Weasley Lupin lo scopre una notte di febbraio con sua figlia stretta al petto, che non piange, appoggiata al suo cuore. 
Non saprebbe raccontarla quella felicità, neanche lei che racconta per vivere. Non sapeva neanche di cercarla e, invece, è arrivata a suggellare quello che ha rincorso per una vita intera.

 
Note: oggi arrivo relativamente presto ma sarò sintetica. La frase finale diversa vuole alludere (non so con quanti risultati) al diverso atteggiamento che hanno Teddy e Vic nei confronti della famiglia: lui non è mai stato figlio, cerca completezza anche in questo rapporto genitoriale in modo più o meno consapevole; Victoire voleva una famiglia con Teddy, una famiglia che potenzialmente poteva anche essere limitata a loro due, per questo la bambina (che, sì, ha un nome ma che dirò solo nel capitolo finale) arriva a sorpresa anche perché nell'immediato non cercano subito un figlio, specie in ragione del fatto che hanno carriere che li portano a spostarsi tanto.
Volevo essere sintetica e non lo sono stata. Story of my life.
Un abbraccio
Fede

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Capitolo 29
*** Il lupo ***


Day 29: Il lupo
Prompt (lista pumpWORD): Hukka (il lupo)

Il lupo
«Un giorno dovremo raccontarle tante cose…».
«Ha due anni, Teddy. C’è tempo per i racconti».
«Sì, forse dovremmo aspettare anche per dirle…».
«…di quella cosa che sappiamo solo io e altre tre persone».
«Esattamente».
«Temi che possa esserne incoraggiata?».
«Non lo so… non… è una cosa complessa».
«Io credo sia impossibile tenerle nascosta quella parte di te, Teddy. Sei suo padre».
«Intendi…».
«Il lupo, Teddy. Intendo il lupo».


 
29 novembre 2023
Uagadou, Uganda


«Allora, cos’è che devi farmi vedere?».
Victoire sussurra nell’aula vuota, che Teddy si è premurato di sigillare. Le ha detto che doveva parlarle e mostrarle una cosa con tono solenne, con un’aria pensierosa e cupa che non ha fatto altro se non preoccuparla.
«Aspetta un momento».
Teddy chiude le tende, ancora incerto, ancora in ansia.
«Ho bisogno che mi ascolti e… quando ero in Giappone, nel periodo che ho passato a Mahoutokoro, ho cercato di capire…».
«Teddy, non riesco a capire neanche dove vuoi arrivare», sbotta Victoire leggermente confusa dal discorso agitato.
«Ecco, tu sai, tu sai quanto io abbia cercato un modo per sentirmi figlio di mio padre, per capirlo, per conoscerlo…».
Victoire annuisce, ammorbidendosi immediatamente. Il legame creato da Teddy nei confronti della memoria di suo padre è sempre stato controverso. Ha cercato di farsi un’idea dell’uomo che era attraverso i racconti di chi lo aveva conosciuto, anche se quelli che gli erano stati più vicini nel corso della vita erano morti.
«A Mahoutokoro ho capito cosa mi mancava», continua Teddy, «Mi mancava il Lupo».
«Il Lupo?!», chiede esterrefatta, «Oddio, Teddy, non dirmi che ti sei fatto mordere da un Lupo Mannaro».
«No, Vic! Non sono così idiota!».
Victoire sospira, dandosi della sciocca solo per aver pensato che Teddy potesse sottoporsi a quella maledizione solo per sentire le stesse cose che sentiva suo padre.
«Hai cambiato il tuo Patronus?», azzarda.
Teddy scuote la testa e Vic sembra intercettare uno sprazzo della delusione che l’ha assalito quando ha scoperto che il suo Patronus non era un lupo, che non era uguale a quello di suo padre, che per lui non era stato lo stesso che con Harry.
«No, è sempre quello».
«Allora, cos’è?».
Teddy sospira, camminando nervosamente per la stanza, e a Victoire sembra che cerchi di raccogliere il coraggio a due mani.
«Ho capito che la soluzione era sempre stata sotto i miei occhi… in un certo senso…».
«Teddy, sembra di risolvere un indovinello della Sfinge».
«Mi ci ha fatto pensare James prima di partire per il Giappone e poi ho cominciato a pensare e a maturare lì la decisione».
Victorie si siede sulla cattedra, continuando a scrutarlo senza riuscire a capire il filo del discorso.
«Ci sono riuscito solo qualche giorno fa, con l’aiuto di Mbabazi, anche se la McGranitt si è offerta di aiutarmi in passato ma non siamo mai rimasti abbastanza…».
«Teddy, ma insomma. Puoi dirmi a cosa ti stai riferendo?».
Lui alza le spalle e in un momento davanti a Victoire compare un grosso lupo grigio. Solo in quel momento realizza, capisce che Teddy ha finalmente trovato il modo per sentire e capire anche quella parte (tanto tormentata e dolorosa) di suo padre - il lupo.
«Che ne pensi?», le chiede timoroso, una volta tornato in forma umana.
«È incredibile». 
«È una bella sensazione. Ho avuto per molto tempo paura che la forma non fosse questa e mi ci è voluto tanto per decidermi una volta e per sempre ma Uagadou è ineguagliabile quanto ad Auto-Trasfigurazione e… l’ho visto come un segno».
«La McGranitt sarà molto fiera di te, quasi quanto lo sono io», dice aprendosi in un sorriso e correndo ad abbracciarlo.
«Sono sicura che mi dirà di registrarmi non appena torneremo in Inghilterra».
«Dovresti farlo».
«Dici?».
«Perché, no?».
«Magari voglio ricongiungermi anche con la parte malandrina».
«Per quello non bastano zio Harry e James?».


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Capitolo 30
*** Casa ***


Day 30: Casa
Prompt (lista pumpWORD): Hiraeth: una nostalgia per un luogo perduto - o una persona - dove non si può più fare ritorno 


 
Casa
 
«Sei pronta a tornare, allora?».
«Tornare… non mi sembra di tornare».
«Ma come? Siamo stati lì mille volte, ci siamo cresciuti».
«Ma non siamo più quelli di una volta. Ci siamo sposati, siamo diventati genitori, siamo stati ovunque…».
«Quindi, quel posto non è più speciale come una volta? Pensavo ti mancasse…».
«Mi manca, mi manca soprattutto quello che rappresenta. È solo che siamo oltre, Teddy. Non ho più bisogno di andare lì per essere trovata».



Viaggiare il mondo per lavoro ha una strana controindicazione. Casa è un concetto che finisce quasi con lo scolorire, soprattutto se casa è una persona e la persona la si porta con sé. 
Ogni tanto Victoire si ferma a pensare e cerca di tenere a bada la nostalgia di una vita in cui non viveva con la valigia in mano, in cui sapeva sempre dove fare ritorno, in cui aveva luoghi precisi in cui fermarsi quando il mondo diventava pesante.
La sua infanzia è stata piena di luoghi che sapevano di casa: Shell Cottage, La Tana, casa di zia Ginny, la stanza di Teddy, il prato antistante al Platano Picchiatore. Poi era arrivata Diagon Alley e quel minuscolo appartamento che aveva condiviso con Teddy e lì Victoire aveva capito che non le interessava affatto del dove.
Da allora si era fermata in molti posti, senza davvero sentirsi a casa, perché tanto bastava stare con Teddy e tutto sarebbe passato ma qualche volta, qualche volta mancava la sensazione di avere un luogo in cui tornare. Le mancava essere una ragazzina un po’ insicura e troppo innamorata davanti ad un albero che era stato piantato per Remus Lupin, che rappresentava un pezzo di storia di Hogwarts, anche se a conoscerla davvero erano pochi privilegiati.
Le mancava fuggire lì soltanto perché Teddy venisse a cercarla, soltanto per sapere di essergli mancata, soltanto per parlare un po’. 
Decidere di tornare in Gran Bretagna è stato naturale, una volta arrivata quella notizia, e inaspettatamente è stato altrettanto naturale decidere di andare a casa Black, di popolare quella casa, perché, come Andromeda Tonks aveva detto loro anni prima, una casa la fa chi la abita.
E, allora, cosa importa chi l’ha abitata un tempo, se loro due insieme sono stati casa dappertutto
Quella notte, la notte prima di partire, prima di toccare la Passaporta che riporterà lei, Teddy e la loro bambina nel Regno Unito, che porrà fine una volta e per sempre alla vita da vagabonda, non fa che tornarle in mente una parola gaelica che le ha insegnato una volta un collega di suo padre.
Hiraeth, le aveva detto, è la nostalgia per una persona o un luogo dove non si può più tornare e Victoire è convinta, con tutte le particolarità del caso, che sia quel genere di nostalgia a tenerla sveglia la notte, perché lei a casa, nei suoi luoghi, tornerà ma non è più la stessa di prima.
Pur essendo profondamente grata di tutto quello che le ha riservato la vita fino a quel momento, lo sa, ne è sicura che i due ragazzini insicuri ma innamorati davanti al Platano Picchiatore non ci sono più. 
Hanno lasciato spazio a due persone che, no, non sono sempre sicure ma restano tuttora innamorate l’una dell’altra, della loro vita che cambia ogni giorno, della loro figlia e dei prossimi figli che hanno intenzione di fare e che hanno chiaro cos’è che deve muovere la loro vita, che certi sentimenti non esistono soltanto davanti ad un albero, per quanto importante sia, che un luogo anche se speciale resta un luogo. 
Poco importa che in certi luoghi non si possa tornare, non si possa essere gli stessi di prima, se si ha la fortuna di vivere sempre a Casa.

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Capitolo 31
*** Inganneremo anche gli anni ***


Day 31: Inganneremo anche gli anni
Prompt (pumpNIGHT): Credere

 
Inganneremo anche gli anni
 
«Avresti mai creduto che saremmo riusciti a creare tutto questo?».
«Sì, in verità ho sempre creduto che saremmo riusciti a fare qualcosa, a parte quel momento buio».
«È paradossale che il tuo momento buio sia stato il momento in cui ho creduto di più in noi due e… ho capito cosa ti ho fatto provare, appena ci siamo messi insieme, quando io vacillavo e tu credevi per tutti e due».
«È faticoso, vero?»
«Molto, ma per fortuna a me è toccato farlo per pochissimo tempo. Dopo… dopo è iniziato il bello».
«Come sarà il nostro futuro dopo aver avuto una vita da avventurieri, come dice nonna Molly?».
«Sono sicuro che anche la Gran Bretagna ci renderà felici, altrimenti ci toccherà aspettare la pensione».
«E fino ad allora? Non saremo poi troppo vecchi per andare per il mondo?».
«Inganneremo anche gli anni e torneremo ad essere tu ed io a spasso per il mondo».
«Lasceremo figli e nipoti in quella casa enorme».
«O molto probabilmente tutto questo vagare ci basterà per una vita intera».

24 giugno 2027
Ilvermorny, Massachuttes 


La Passaporta che li riporterà in Gran Bretagna, dritti all’ormai ex Maniero dei Black, è stata predisposta accanto ad un rifugio del Lago Chaubunagungamaug1, poco distante dalla Scuola di Ilvermorny, la scuola in cui Teddy ha insegnato da quando si sono sposati nell’attesa che il tanto agognato posto di Difesa contro le Arti Oscure ad Hogwarts fosse libero.
La notizia era arrivata dieci giorni prima con una lettera carica di orgoglio e felicità da parte della Preside McGranitt, proprio come Victoire aveva desiderato la sera prima in quel rito tutto loro2, suggellato dalla promessa di Teddy che qualsiasi cosa sarebbe venuta dopo la priorità sarebbe stata la loro famiglia.
Come uno strano scherzo del destino, tre giorni prima della partenza già programmata, Lee Jordan aveva scritto a Victoire che il loro progetto sulla televisione magica aveva finalmente ottenuto i permessi e che, anche se la strada sarebbe stata ancora lunga e tortuosa, non vedeva l’ora di lavorare fianco a fianco a lei. 
Camminano stretti mano nella mano cercando di raggiungere il luogo da cui prendere la Passaporta.
«Sei tesa, vero?».
«Un po’», sussurra Victoire, «Mi sembra la fine di un’era».
«In un certo senso lo è. Sta cominciando una nuova fase della nostra vita».
La bambina davanti a loro trotterella, incredibilmente leggera, eccitata all’idea di andare a vivere in una casa tanto grande e, soprattutto, vicino a quei parenti che ha sempre percepito tanto lontani.
«Willow3, non correre così. Devi aspettare la mamma e il papà», incalza Teddy, non appena la bambina si allontana troppo.
Willow, capelli castani e occhi azzurri, due anni e mezzo di energia, si ferma e li aspetta a braccia conserte. Ha un patrimonio genetico che li preoccupa ogni giorno per quel che potrà venire: ha geni di lupo Mannaro, di Metamorphmagus e di Veela e sono in molti ad essersi interessati a lei per scopi scientifici. Hogwarts è arrivata nel momento giusto, nel momento in cui entrambi avvertivano pressante e necessario tornare lì, in un posto che potesse dar loro la protezione (e il calore familiare) adeguata.
Quando la raggiungono, Teddy se la mette sulle spalle.
«Guarda bene da quassù. È l’America, Willow, chissà quando torneremo!».
«Ma questo è solo un lago! A Willow piace il mare che si vede da casa dei nonni, vero?», incalza Victoire.
Willow annuisce convinta, stringendo le mani attorno al viso di suo padre.
«Ma anche dove va a lavorare papà ci sarà un lago, sai?».
«Dove vive la piovra?», chiede curiosa.
«La piovra, le sirene…».
«A Hogvatz c’è anche il mio albero, vero?».
Victoire e Teddy si guardano complici e annuiscono alla domanda della figlia. Quel posto, quell’albero ha significato tanto per loro sin dall’inizio e in un certo senso hanno trovato il modo di portarlo sempre con loro.
«Mamma e papà ti porteranno a vederlo nei prossimi giorni. Sai, Hogwarts è un posto bellissimo!», racconta Victoire.
«Più di questo?».
«Molto di più. Te ne innamorerai, vedrai».
Willow sorride, seduta sulle spalle di suo padre, pronta per la sua prima grande avventura, per una vita sconosciuta, per una casa grande e così diversa dall’alloggio che fino ad allora ha condiviso con i suoi genitori nel parco di Ilvermorny.
«Eccola», trilla Victoire riconoscendo la Passaporta a forma di teiera.
«Siete pronte?», chiede Teddy, con un briciolo di emozione per quel ritorno a casa così definitivo, così irreversibile, per quella sensazione che raramente si prova nella vita di aver raggiunto uno straordinario punto d’arrivo.
«Io sì. Willow?».
«Sì, ma devi dirlo, mamma!».
«Willow ha ragione, Vic. Devi dirlo e subito dopo si va».
Victoire sorride, porta i capelli all’indietro e si schiarisce la voce, come fa sempre alla fine di ogni trasmissione radiofonica.
«Questa puntata finisce qui, Streghe e Maghi in ascolto», inizia mentre un sorriso eccitato fa capolino sul volto della figlia, «Grazie per essere stati con noi fino a questo punto, è stato un vero piacere per tutti noi».

Il lago in questione si trova davvero in Massachuttes.
Riferimento al rito descritto in Un desiderio, una promessa. Nell'ultimissima parte non ho appositamente scritto né il desiderio, né la promessa, che erano ovviamente relativi all'assunzione di Teddy ad Hogwarts.
Ho scelto di chiamare la primogenita di Teddy e Victoire Willow per nobilissime ragioni: la prima è che nel periodo in cui plottavo la storia avevo costamente in testa la canzone Willow di Taylor Swift, la seconda è che mi sembra un nome sufficientemente magico per loro due (vedasi Buffy), il terzo (che poi è quello dirimente) è che in inglese il Platano Picchiatore è il Whoomping Willow (e, infatti, nella nuova traduzione è il Salice Schiaffeggiante, ma io sono vecchia e continuo a seguire la vecchia traduzione). Per questo Willow dice che ad Hogwarts c'è il suo albero. Volevo trovare un nome che omaggiasse i genitori di Teddy ma senza cadere nel tributo doloroso del nome dei morti, anche perché sono fermamente convinta che, se Teddy chiamasse sua figlia Ninfadora, Tonks resusciterebbe solo per Schiantarlo ripetutamente. 

Note: ancora non posso crederci di avercela fatta, anche perché non avrei mai scommesso un penny su me stessa. 
Teddy e Vic sono personaggi che mi frullano nella mente da anni, che mi hanno sempre incuriosita, che ho sempre immaginato a fare i conti con problemi non straordinari ma ordinari, legati ad una vita di pace, alla necessità di trovare il loro posto nel mondo con la complicazione (perché è una complicazione) di aver conosciuto l'amore della propria vita sin dalla nascita.
Erano gli unici che mi permettessero di spaziare tanto e di dare voce a tanti piccoli headcanon senza che mi venisse a noia, ma mai avrei immaginato di scrivere per loro 28mila parole in 31 dannatissimi giorni. Adesso me li immagino tornare a casa, ristrutturare quella casa che all'inizio non volevano e dare a Willow altri due fratellini (che per questioni di timeline qui non potevano esserci).
Intanto, io vi ringrazio tantissimo per avermi un po' seguita su queste montagne russe. È stato un viaggio assurdo (che non credo si ripeterà), ma assolutamente indimenticabile, fatto di organizzazione e scleri e corse con la mia folle compagna di quest'impresa, 
Marti Lestrange.
Ancora grazie mille,
un abbraccio,
Fede



 

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