Trasmigrazione

di Nausika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Prologo -Dov'eravamo rimasti e poi... ***
Capitolo 2: *** Decisioni e viaggi - II ***
Capitolo 3: *** Favole, giustificazioni e poi? - III ***
Capitolo 4: *** Percezioni di pericolo - IV ***
Capitolo 5: *** Visita al villaggio vicino - V ***
Capitolo 6: *** Meyhes, la demone minore VI ***
Capitolo 7: *** I tre demoni - VII ***
Capitolo 8: *** Il demone maggiore e la donna umana + Extra - VIII ***
Capitolo 9: *** Presentimenti - IX ***
Capitolo 10: *** Nelle mani di Meyhes - X ***
Capitolo 11: *** I piani dei demoni - XI ***
Capitolo 12: *** La battaglia (prima parte) - XII ***
Capitolo 13: *** La battaglia (seconda parte)- XIII ***
Capitolo 14: *** Residui - XIV ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Prologo -Dov'eravamo rimasti e poi... ***


            

 





TRASMIGRAZIONE 



 
Prologo

Dov'eravamo e poi...



 

- Rin - la chiamò Kaede. - Sesshomaru è venuto di nuovo a portarti un regalo? - le chiese.
- Sì! - rispose affermativa la bambina alla sua tutrice. - Mi ha donato un kimono nuovo - concluse rimirandolo.

Durante lo scorrere del tempo, il demone bianco continuò ad andarla a trovare. Si presentava sempre con un dono: un kimono, uno spillone per capelli, un porta gioie, il tutto accuratamente di buona fattura. Non era solito trattenersi a lungo nel villaggio, anche perché lui non sopportava gli umani, solo Rin veniva esonerata da questa sua antipatia. Con lei era tutto diverso, l’aveva sempre confortato la presenza di quella solare, graziosa bambina che vedeva del buono in tutti e che perfino in lui aveva visto qualcosa, un lato gentile, una lato caratteriale, che lo stesso demone si era imposto di occultare. Sesshomaru teneva molto a lei, ed ora aveva qualcuno da proteggere, a cui sentirsi legato. Jaken era capace di leggere i suoi pensieri, mentre Rin comprendeva il suo stato d’animo a prescindere.
Nel villaggio Musashi viveva anche Inuyasha, Sesshomaru anche se non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, si sentiva confortato a pensare che il fratello fosse lì, poiché la bambina sarebbe stata protetta nei periodi in cui era assente.
Rin si era trovata quasi subito bene a vivere con i suoi simili, certo le mancava il signor Sesshomaru, il saputello Jaken e il drago a due teste Ah Un, ma si destava subito dalla malinconia, quando capiva che in realtà lui non l'aveva abbandonata, anzi, le stava dando la possibilità di conoscere altre cose, inoltre andava a trovarla in maniera costante e questo non era poco, dato il carattere misogino che lo distingueva.
Da qualche anno era perfino diventata l'assistente levatrice di Kaede, aveva stretto amicizia con il mezzo demone Jinenji. Del resto, dopo aver vissuto tutte quelle avventure con quei due demoni e, reduce da un passato traumatico, trovava letizia a rendersi utile, poiché aiutare gli altri la faceva stare bene. Era forte e buona d'animo, la vita l’aveva temprata. 
La vecchia Kaede in quegli anni era diventata quasi una figura materna per lei, sempre pronta a darle consigli, un modello da seguire.
Quando Rin non aveva da rammendare o lavare i panni al fiume, assisteva alle acrobazie e agli spettacoli di Shippo. Ogni volta che il piccolo demone tornava dai suoi lunghi viaggi, correva da lei a farle vedere cosa avesse imparato. Tra i due era nata una curiosa amicizia, era così simpatico quel demone volpe, la faceva ridere, quando prendeva in giro il fratello del signor Sesshomaru per il suo modo di fare infantile. 
Inuyasha e Kagome malgrado stessero assieme da diversi anni non avevano ancora avuto figli, non per un motivo in particolare, semplicemente per passare più tempo assieme come coppia.

-Pensi che non si riaprirà più il pozzo da cui sei venuta, Kagome? - le aveva chiesto un giorno Rin, quando dopo i festeggiamenti per il raccolto erano andate a raccogliere delle erbe medicamentose.
Erano da sole, Inuyasha era andato ad aiutare Miroku e prendere dei barili che da solo ci avrebbe messo una giornata a portare a casa.
-Non ne ho idea Rin - era stata la risposta di Kagome. -Amo Inuyasha, ma mi mancano i miei parenti, vorrei tanto vederli. A volte mi chiedo se sia successo qualcosa a mio nonno, mi chiedo se mia madre pianga per il fatto di non vedermi da anni, mi chiedo cosa stia facendo mio fratello.-
Rin si sentiva rammaricata per lei nel sentire quel tono. Sapeva bene cosa volesse dire avere una famiglia, anche se per sfortuna l'aveva avuta per poco tempo. Kagome invece li aveva ancora i parenti e doveva essere terribile per lei vivere quella lontananza giorno dopo giorno.
-Vedrai che prima o poi qualcosa cambierà - le aveva detto Rin fiduciosa. Non voleva illuderla, ma non aveva senso che quel pozzo restasse ancora chiuso.


In uno svolazzo di fluenti e lunghi capelli scuri, Rin si voltò a salutare un contadino che innaffiava le piante. Faceva caldo quel giorno, i capelli decisamente troppo lunghi le cascavano sulla fronte, scivolando sul profilo dritto del suo piccolo naso regolare e risaltando sulla sua pelle lattea. 
I petali di ciliegio si posavano sul terreno dolcemente, circondando la sua figura. Era diventata abbastanza grande, aveva quindici o sedici anni. Non era sicura di quando fosse il suo compleanno, ma era molto più vecchia dell'età in cui le ragazze del villaggio si erano sposate.
Protese un braccio in avanti, prendendo uno di quei fiori delicati e sorrise tra sé e sé.
Un giovane che tornava dalle lezioni di scrittura restò impalato a guardare quella giovane donna, così sinuosa e slanciata. Ma lei non si accorse di nulla, chiaramente. Era rimasta così ingenua Rin, persa nei suoi pensieri sognanti.
Somigliava molto a Kagome, più di una persona del villaggio, compreso il mezzo demone Jinenji aveva notato quanto fossero simili in quegli anni, ma lei non riusciva a notare quell'accostamento.
L'unico particolare di lei rimasto invariato rispetto all'infanzia era forse la sua acconciatura, dato che non riusciva proprio a fare a meno della sua coda laterale. La differenza stava nel fatto che ora l'abbelliva con dei nastri, degli spilloni o dei fermagli. Molte volte ero lo stesso demone cane a portarle quegli oggetti. Lei, però non era dedita spendere tempo in quelle pratiche, difatti il più delle volte la ricordava l'anziana sacerdotessa di agghindarsi. Di certo, Rin non poteva essere vista come una giovane donna vanitosa, quello era sicuro.
In seguito a tutti i rimproveri che le faceva Kaede, aveva imparato a portare i sandali, assumendo dei comportamenti più femminili, ma non troppo, poiché messa al confronto con le sue coetanee risultava essere fuori dalle righe.
Non aveva mai smesso di salire sugli alberi, tornando al suo capanno coperta di terra.
Per guadagnarsi un po' di indipendenza, negli anni la fanciulla si era sottoposta a severi insegnamenti, che le venivano dati dalla vecchia sacerdotessa. Doveva saper percepire le aure e usare l'arco, così da difendersi da sola almeno dai demoni deboli, in modo tale da non esser sempre accompagnata da Inuyasha in qualunque posto si recasse.
Rin era in qualche modo portata per quel ruolo, apprendeva in maniera molto rapida. E s'era riscoperta recettiva alle aure.
Tuttavia, non vi era grandi pericoli attorno, poiché dalla morte di Naraku, i pochi demoni che circolavano vicino al villaggio avevano un'aura demoniaca debole e lei ne aveva visti di demoni pericolosi, eccome se ne aveva visti. Il suo stesso signor Sesshomaru era uno dei demoni più temibili in circolazione.
Per Rin era estremamente facile interagire con gli altri, non poteva certo essere definita una fanciulla avida di parole, tutto il contrario. Tuttavia, un altro svago a cui si era avvicinata risultava essere quello della lettura. La sua curiosità la indusse a divorare una cospicua quantità di libri che risultavano essere un ottimo mezzo per vagare con la fantasia in luoghi lontani.
Quando superò il viale di alberi di ciliegio, si mise in ascolto e udì il canto di un usignolo in un bosco non lontano, non si muoveva nulla, non un filo di vento disturbava quella pace. Il suo passo all'improvviso si fermò, non per un suono, né per una figura, ma ancora una volta per un profumo rivelatore: fiori di campo emanavano dolci fragranze. Decise di raccoglierne un po' per Kaede, dopodiché si distese sul prato intenta a contemplare il cielo terso.
Sdraiata sull'erba, pensò alla sera prima: che strana conversazione era nata tra lei e Kira una ragazza della sua stessa età con cui aveva stretto un legame forte un mese dopo il suo trasferimento in quel villaggio.
- Rin, perché non dai una possibilità a Taro? - le chiese Kira seduta al suo fianco. - Si vede da lontano un miglio che ha una cotta per te!-
- Dici? - ribatté con un'altra domanda.
- Certo che si! - aveva esclamato l'amica - Non vedi che cerca in tutti i modi di ottenere la tua attenzione? E poi ti riempie di complimenti. -
- Kira - Rin l'aveva fissata negli occhi. - Non sono interessata a lui, lo trovo noioso. E in più non ho nessuna intenzione di sposarmi. -
- Sei senza speranza, molte di noi farebbero i salti di gioia nell'avere un corteggiatore così bello - insistette, vedendo Rin sollevare le spalle.


Rin continuò a restarsene adagiata sul prato. Con un filo d'erba, che faceva dondolare avanti e indietro in leggeri movimenti delle labbra, meditò le parole della sua amica. Le erano parse severe quelle frasi, dette così di getto. Chissà, perché Kira se la prendeva tanto per quelle sciocchezze?"
Lei non aveva la minima intenzione di sposarsi, guardava Sango quasi allarmata vedendola sempre stanca con tutti quei bambini intorno. Certo magari un giorno le sarebbe piaciuto avere una famiglia, ma aveva tanti interessi da portare avanti. E poi non voleva restare sempre nello stesso luogo, voleva esplorare il mondo. Era una figlia di foreste screziate d'oro e prati di fiori colorati. Voleva vivere avventure come quelle che aveva avuto durante la sua infanzia. Si era davvero divertita tanto quand'era bambina assieme alla sua famiglia di demoni: Jaken, Ah Un, Sesshomaru. Per Kira i ragazzi del villaggio erano belli?
Non c’era gara con la bellezza aulica ed eterea del signor Sesshomaru. 

Era sempre uguale a quando l'aveva visto la prima volta il signor Sesshomaru.
Sia lui che Inuyasha non invecchiavano, per loro il tempo quasi non passava. 
Percorse con la mente i tratti del viso del demone bianco, i capelli argentei così lunghi e curati, gli occhi affilati, il naso dritto, le labbra sinuose.
A quei pensieri,  in un balzo si mise seduta a gambe incrociate. I suoi battiti cardiaci erano accelerati, si sentiva agitata, aveva un formicolio strano al basso ventre, sentiva caldo. Iniziò a farsi goffamente vento con le mani, tanto era intenso il tepore che l’assaliva. Ma che le stava succedendo? Rimase perplessa per qualche minuto a interrogarsi per indagarne la causa, ma di li a poco, un rumore di passi dietro di lei la ridestò. La giovane trasalì.
- Rin che cosa stai facendo qui? - le chiese Kaede. - E sei anche distesa a terra sull'erba umida - proferì la sacerdotessa in tono ammonitore.
- Oh, Kaede - farfugliò, portando una mano al petto. Le aveva fatto prendere un colpo la sua tutrice. -Ho finito di svolgere i miei compiti e sono venuta qui, non pensavo di sostare, quindi non ho pensato di portare un panno, ma non è poi così umida la terra...- Kaede la guardò, facendoci sfuggire un sospiro rassegnato.
- Ero venuta ad avvisarti, che la cena è pronta in tavola - Rin si rimise in piedi, e sbattè le mani dietro il kimono per togliere via la terra. -Domani abbiamo molte cose da fare. Dobbiamo indurre il parto alla donna che abita vicino al fiume.-
- Così presto? - le chiese la fanciulla, mentre si incamminavano nelle direzione del loro capanno.
- Meglio anticipare, in modo da non avere conseguenze dopo. -
Le due si sedettero a mangiare la porzione di riso con verdure in salamoia l’una di fronte all’altra. Rin aveva preso a ingurgitare il pasto con foga. La vecchia sacerdotessa la guardava allibita. Quella ragazzina passava il tempo a fantasticare su chissà cosa, pareva vivere su un altro pianeta. 
Rin completamente persa nei suoi pensieri, quando lavò le stoviglie augurò la buonanotte a Kaede e si diresse verso la sua stuoia, pensando alla domanda, che la sua tutrice le aveva appena rivolto. Quanto era cara a preoccuparsi per lei. Un sorriso allegro si fece spazio sulle sue labbra. Tuttavia, riesaminando i sintomi che le erano venuti sul prato, si convinse di avere preso davvero freddo. 


Alle prime luci dell’alba, le due donne erano già in piedi. Finirono di aiutare la giovane partoriente nel primo pomeriggio. La giornata era volata, Kaede si era complimentata con Rin per il suo lavoro e il suo sangue freddo. Ultimamente la sacerdotessa lasciava a lei le incombenze maggiori e, soddisfatta dal suo comportamento impeccabile, decise di lasciarle il resto del pomeriggio libero. Rin appresa la notizia tornò nel capanno, prese una bacinella e cominciò a lavarsi accuratamente. Era stata una giornata faticosa. Per rigirare il nascituro dalla sua posizione podalica aveva sudato molto, non era riuscita a detergersi bene nel capanno della giovane madre, difatti il sangue incrostato sulle sue braccia venne via con non poco olio di gomito. Quando ebbe finito si mise addosso l’essenza ai fiori di lavanda, un dono che le aveva fatto il buon mezzo demone Jinenji.
A quel punto si cambiò d’abito, e lei aveva solo l’imbarazzo della scelta per quanto riguardava i vestiti, alcuni era riuscita a comprarli con il danaro guadagnato grazie al suo lavoro di levatrice, ma gli altri le erano stati donati dal signor Sesshomaru, che ad ogni sua visita non veniva mai a mani vuote. Quel pomeriggio avrebbe optato per il kimono rosso di lino, decorato con piccoli rametti di ciliegio neri. L’obi che le fasciava la vita snella era di un bordò scuro che spezzava bene con il rosso carminio. Si pettinò i lunghi capelli. Per fortuna quelli li aveva lavati il giorno prima.
Quando posò la sua spazzola volse a guardarsi intorno, aveva bisogno di un nastro per rifare la sua acconciatura laterale.

- Kaede. Non so come fermare la coda, il nastro che avevo questa mattina è sparito. - 
- Non me ne sorprendo affatto - rispose l'anziana. - Vicino alle stoffe che sto ricamando ci sono dei fermagli - disse. - Cerca di non perdere anche quelli...-
- Non li avevo visti - riprese Rin. - In effetti mi chiedevo dove fossero finiti. Grazie Kaede, per fortuna che ci sei tu.-
Rin uscì dal capanno in tutta fretta e imboccò la stradina che costeggiava il fiume, quella scorciatoia le avrebbe consentito di arrivare nel più breve tempo possibile dalla sua amica che però non trovò in casa. A quanto pareva era andata ad aiutare suo padre nei campi.
Il sole batteva inesorabile sul villaggio e il cielo era sereno.
In alternativa sarebbe potuta passare da Sango, visto che Kagome era in giro con Inuyasha, ma non se la sentiva. Era stanca e sicuro da Sango, volente o nolente sarebbe finita a far da balia alle gemelle o agli altri due figli piccoli dell'amica.
Decise di raggiungere la maestosa quercia e starsene per conto proprio a leggere.
Finalmente un po’ di frescura, si disse, quando aprì il suo libro.

+   +      +

- Mio giovane signore andate da Rin? - gli chiese il piccolo demone.
- Ci andrò da solo - rispose ferreo.
- Ma pa...padrone anche il vostro fedele servitore vuol venire con voi.-
- Fa silenzio Jaken! - esclamò il demone. - Aspettami qui. - 
Alzandosi in volo, Sesshomaru si diresse al villaggio Musashi. Di lì a poco sarebbe atterrato vicino alla casa di Kaede. Gli abitanti oramai si erano abituati alle visite del demone, alcuni gli rivolgevano un inchino - venendo puntualmente ignorati - ma gli altri facevano finta di non vederlo affatto. Al grande demone questo comportamento andava bene. Una seccatura in meno, pensava.
- Oh, Sesshomaru! Siete tornato, Rin non è ...- Kaede non finì la frase, che il demone senza pronunciare una sillaba era già sparito.
I suoi modi scortesi erano rimasti immutati.
Sento il suo odore, si disse.  E’ qui vicino.

In pochi istanti la raggiunse e la vide. Rin si era assopita sotto la vecchia quercia. Sesshomaru restò a vegliarla, seguendo con lo sguardo la figura di Rin. Il capo inclinato verso il basso le faceva cascare la frangia scura sugli occhi, e il fermaglio che teneva ferma la coda laterale luccicava colpito dai pochi raggi del sole che filtravano dalle chiome dell’albero. Un leggero vento, come un battito d’ali creava un impercettibile movimento tra i suoi lunghi capelli, che come fili dondolavano delicatamente.
In pochi mesi Rin era cambiata molto. E ogni volta che la rivedeva diventava sempre più bella.
Sembra sorridere anche nel sonno.
Erano quattro mesi che non andava a farle visita. L’ultimo viaggio era stato più lungo del previsto. Mai si era assentato per così tanto tempo di seguito. Aveva lastricato l’inferno durante quel periodo d’assenza. Si era scontrato con demoni del suo rango, demoni maggiori. Il suo potere demoniaco aveva impiegato giorni a rigenerare le sue carni infiammate e purulente. Odori di sangue e decomposizione l’avevano accompagnato, fino a quel momento. Jaken gli era stato vicino, ma non era mai stato in grado di sollevare il suo animo tormentato.
Il rigore e le privazioni, che lo stesso demone imponeva a se stesso crollavano solo alla vista di Rin.
Un suo timido sorriso bastava per acquietare il suo supplizio interiore. Lei gli era mancata più di quanto gli facesse piacere ammettere.
Da non credere, si disse. Io il grande demone cane Sesshomaru, mi sento così legato ad un'umana.
Rin valeva più di tutto. Lontano da lei la sua stessa esistenza perdeva di significato e non ne capiva il perché.
Aveva odiato il padre per essersi innamorato di un’umana, perdendo addirittura la vita per lei, privandolo del piacere di scontrarsi con lui. Tuttavia quell’orgoglio, quell’odio che da sempre lo attanagliava in una morsa ora perdeva la propria importanza.
Erano passati quindici minuti dal suo arrivo. Rin continuava a dormire beata.
Il demone si chinò dinanzi a lei e, in un gesto d’affetto, con il palmo della mano le carezzò delicatamente il volto, scostandole i capelli dagli occhi.
Nel sentire quel contatto fresco sulla pelle, Rin sobbalzò, credendosi vittima nel sonno di chissà quale cosa.
Cos’era stato? Chi era?
Attese che la vista mettesse a fuoco, vedeva solo una sagoma dai contorni indistinti.
- Rin - la chiamò il demone con voce incolore.
Lei  riconobbe subito la sua voce e restò qualche minuto a guardarlo in silenzio quasi incredula ora che la vista era tornata.
Era davvero lui. Il signor Sesshomaru era lì, incredibilmente vicino a lei. Erano mesi che non lo vedeva. E poi quel contatto improvviso, quella carezza l’aveva fatta sentire strana.
Si alzò da terra in fretta e furia, quando si riscosse. Un leggero capogiro le fece appoggiare la mano alla corteccia dell’albero per sostenersi.
A lungo aveva atteso il ritorno del demone. Tacere la faceva stare anche peggio, si fece coraggio e iniziò a parlare.
- Si...Signor Sesshomaru, ben tornato - lo salutò, sorridendo dolcemente. - Sono così felice di vedervi qui.-
- Ti vedo agitata. - 
- Sto bene.  Sono solo sorpresa, quanto vi tratterrete? -
- Resterò nei paraggi il tempo di risolvere una questione, poi partirò nuovamente. - 
- Capisco, ma Jaken e Ah Un dove sono? - gli chiese Rin girando il volto a destra e sinistra.
- Nessuno di loro è qui. Jaken mi sta aspettando in una foresta non molto lontana da qui assieme ad Ah Un. Non posso trattenermi adesso, ma tornerò domani. Ho delle cose da dirti.-
- E non potete dirmele ora? - gli chiese la giovane con una punta di curiosità.
- Non è il momento -  le rispose atono, osservando il sole velato da una coltre di nuvole sanguigne prima di sollevarsi dal suolo.
 

                                                                                                                                                                                           

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Capitolo 2
*** Decisioni e viaggi - II ***


II
Decisioni e viaggi


 



Il terreno era duro e il vento ora soffiava più forte, brividi le percorsero tutto il corpo. Rin cominciò ad accelerare il passo per riscaldarsi, poi rallentò di nuovo l’andatura. Una miriade di pensieri gridavano battaglia nella sua mente, il suo signore era tornato, si sentiva felice, ma allo stesso tempo confusa. Di che cosa le avrebbe parlato il signor Sesshomaru?
Fuori dal capanno ad attenderla, seduta su una trave di legno c’era Kaede.
- Rin hai visto Sesshomaru? - le chiese la vecchia sacerdotessa.
- Sì, mi ha raggiunta nel boschetto qui vicino.-
- E’ partito di nuovo? -
- No, dice di avere una questione da risolvere. Si tratterrà ancora nei paraggi per qualche tempo a quanto pare - rispose, mentre sfilava i sandali.

A cena conclusa, Rin cercò in tutti i modi di divincolarsi dalle domande che Kaede le poneva sul demone anche, perché non sapeva cosa risponderle, dato che era la prima a farsele.
Quando si distese sulla sua stuoia cercò di dormire, ma invano. Era stanca, ma non chiudeva occhio. Non ci riusciva, non c’era verso. Infine si arrese. Girata sul fianco cominciò a fissare la parete, mancava qualcosa, ma cosa?
L'arco!
Mancava l’arco, l’aveva scordato sotto la quercia. Era notte inoltrata, non poteva certo andarsene in giro da sola, peraltro senza l'unica arma che sapesse usare. Pensò di tornare a prenderlo l'indomani, non era certo un oggetto di gran valore, lo avrebbe sicuro ritrovato. Soddisfatta di ciò che s'era raccontata afferrò un libro, cominciando a sfogliarne le pagine.

Il sole era alto nel cielo e nuvole soffici piroettavano attorno. A pochi passi dalla vecchia quercia, Rin portò una mano sulla fronte, asciugando il sudore. Come s'era ripromessa la notte precedente era tornata a cercare il suo arco praticamente sparito da dove era convinta di averlo lasciato.
Sempre più spazientita continuò a guardarsi intorno. Niente, non c'era.
- Stavi cercando questo? - le chiese il grande demone con tono pacato.
Rin si voltò di scatto.
- Signor Sesshomaru l’avete trovato prima voi, grazie! -
- Rin.-
- Dite.-
- Devo parlarti, andiamo - proferì lui.
- C'entra per caso con quello che mi avete detto ieri?-
- Ricordi quello che ti dissi, quando decisi di lasciarti in questo villaggio sotto consiglio di Kaede? - le chiese lui senza aspettare la sua risposta. - Volevo che conoscessi la differenza tra lo stare con me o vivere con i tuoi simili.-
- Ricordo tutto e vi sono grata per avermi dato quest’opportunità - disse, facendo una breve pausa. - All’inizio ero arrabbiata, mi sono sentita abbandonata, ma poi ho capito. Inoltre mi sono trovata bene quasi subito qui. Cioè ho amici, ho avuto Kaede accanto che si è comportata come fosse una madre con me, ho stretto amicizia con vostro fratello Inuyasha, a volte lui mi ha portato in spalla per consolarmi, spronato da Kagome che per me è diventata negli anni come una sorella maggiore, sono molto affezionata a tutti loro in particolare. Però voglio bene anche a Shippo che mi fa tanto ridere con le sue trasformazioni, tengo a Sango, Miroku e ai loro bambini - lei vide qualcosa di strano nello sguardo del demone a quelle parole. 
- Io non sono venuto qui per una semplice visita - le disse in tono risoluto, fermando il suo passo. - Ormai sei cresciuta ed è giunto il tempo che tu decida da sola cosa fare, visto che da questo momento non farò più avanti e indietro come ho fatto fino ad ora - continuò volgendo il capo nella direzione di Rin. - L’unico motivo che mi lega a questo villaggio sei tu, ragion per cui se sceglierai di restare qui dovremmo dirci addio.-
- Io non voglio dirti addio! - esclamò Rin, accigliando lo sguardo.
- Se verrai con me non potrai tornare qui, quando ti pare e piace - riprese Sesshomaru. - Ho intenzione di intraprendere un lungo viaggio. Devo accrescere il mio potere demoniaco e confrontarmi con demoni del mio rango, voglio anche riconquistare le terre del Giappone occidentale che prima possedeva mio padre, dando vita a un regno tutto mio. Quella che ti attende con me è una vita rischiosa, diversa da quella a cui ti sei abituata ora - la fissò negli occhi. - Potrebbero passare anni prima che tu possa avere l’opportunità di far visita alle persone con cui hai condiviso questo tempo. - 
Nel sentire quelle parole Rin si sentì irrequieta. Aveva vissuto a lungo in quel villaggio ed era legata molto a tutti coloro che aveva nominato a Sesshomaru, erano la sua famiglia, ma anche Sesshomaru, Jake e il drago a due teste che lei stessa aveva chiamato Ah Un lo erano. In quegli anni si era sempre posta lo stesso interrogativo. Sapeva che quella con Sesshomaru sarebbe stata una vita irta di pericoli in giro a vagabondare. A lei, però andava bene così, era elettrizzante l'idea di viaggiare di nuovo e vedere il mondo.
Voleva bene a quel demone che tutti consideravano di ghiaccio, ma che per lei non lo era affatto, dopo tutto era stato lui a farla tornare in vita.
Sapeva anche che l’avrebbe difesa, l’aveva sempre fatto.
A modo suo lui ci teneva a lei.
Rin lo avrebbe seguito in capo al mondo. L’idea di dirgli addio per sempre non l’aveva mai nemmeno sfiorata.
- Io, io...verrò con te - proruppe lei. - Sono sicura che mi mancheranno tutti coloro con cui ho condiviso questi anni, ma la mia decisione l’ho presa già da molto tempo - concluse fissando il demone con uno sguardo deciso e fermo. Era seria, sapeva cosa stava facendo.
Sesshomaru, quando udì quella risposta fu avvolto da una piacevole sensazione. Nulla traspariva dal suo sguardo distaccato, non una smorfia diversa dalla maschera impassibile che aveva di solito, ma lui quelle parole aveva sempre sperato di sentirle. In quei giorni, infatti lo stato d'animo del demone era pervaso da un timore, Rin avrebbe potuto rifiutare di seguirlo, magari per sposarsi e vivere in quel villaggio con i suoi simili. E invece con una semplicità ed una sicurezza inverosimile, lei aveva accettato di tornare a viaggiare con lui.
Senza troppe cerimonie il grande demone le disse di prepararsi. Tra tre giorni sarebbe tornato a prenderla.

Rin conclusasi la conversazione si avviò verso il capanno. Proseguì a passo leggero, si sentiva felice, tanto felice. La strada davanti a lei si accorciava ad ogni passo. Si fermò qualche istante colta all’improvviso da un pensiero. Era l’ultima volta che faceva quella strada, non tornava più a casa sua, non sarebbe rimasta più lì. Nel suo cuore si fece spazio un mite sentimento di nostalgia, un’angoscia appena nata. Entrò nell’abitazione, chiamò Kaede e la guardò in silenzio con gli occhi velati di lacrime. Quest’ultima iniziò a parlare, sembrava già sapere tutto. La fanciulla restò basita, quando udì quelle parole:
- Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. - le disse Kaede. - Deduco che Sesshomaru ti abbia chiesto di tornare a viaggiare con lui. -
- Perdonami Kaede - le disse con le lacrime che le rigavano il volto. - Ma io non posso, non posso dirgli addio e lasciarlo andare. Non me lo perdonerei mai. Sto male solo al pensiero di separarmi da te e tutti gli altri. Tu sei stata come una seconda madre per me e mi sento in colpa all’idea di lasciarti - singhiozzò.
Kaede la guardò materna, negli aveva sperato che Rin rinunciasse all'idea di seguire Sesshomaru, era divenuta davvero bella la sua bambina, cosa avrebbe potuto offrirle quel demone? Non le avrebbe dato di sicuro serenità perché Rin, invecchiando avrebbe sofferto al suo fianco nel vederlo sempre giovane, mentre lei perdeva la sua bellezza, appassendo. Anche Kagome, la reincarnazione di sua sorella aveva fatto quella scelta e anche lei avrebbe affrontato un destino tortuoso sposa di un mezzo demone che invecchiava con lentezza al suo confronto.

Il giorno dopo Rin salutò gli amici che non potevano attendere con lei l'arrivo di Sesshomaru, e poi con un magone alla bocca dello stomaco dovuto alla felicità, ma anche all'incertezza del suo futuro, preparò qualcosa da portarsi dietro: vestiti, coperte, vari utensili, libri, armi, qualche erba curativa e per finire un po’ di scorte di cibo, almeno per il viaggio.
Quanti anni erano passati da quando non viveva più avventure?

 

Il cielo era nuvoloso quel giorno, Rin seduta accanto a Kaede si fece sfuggire un altro sospiro.
Sesshomaru aveva detto che sarebbe venuto a prenderla a metà mattinata, ma quell'attesa unita a ciò che sarebbe avvenuto dopo il suo arrivo la faceva sentire scombussolata dentro.
Kaede aveva le lacrime agli occhi per la bambina che aveva cresciuto. Guardò Rin in trepidante attesa e sospirò. Era preoccupata per il suo futuro. Non sarebbe stato facile, ma doveva accettare la scelta di Rin.
Kagome e Inuyasha erano lì, in piedi a pochi passi da loro, c'erano anche Shippo, Sango e Miroku con i loro figli, tutti in attesa di vedere Rin partire.
-Sento l'odore sgradevole di quel bastardo di Sesshomaru - disse Inuyasha, voltandosi a guardare gli occhi bruni di Rin. -Sei sicura di voler andare con lui? Se cambi idea fammelo sapere, tratterò con Sesshomaru.-
 -Non preoccuparti, Inuyasha, starò bene. Tuo fratello mi ha sempre trattata con gentilezza - disse Rin con voce morbida.
Inuyasha fece una smorfia, poi incrociò le braccia perplesso. Considerava Rin come una specie di sorella minore ed era un po' ansioso. Lei se ne accorse e lo guardò per qualche minuto con tenerezza, come si guarda un parente a cui si è molto legati. In quegli anni, quando Sesshomaru si assentava s'era sentita confortata nel vedere l'aspetto di Inuyasha, nel vedere i suoi occhi dorati e nel toccare i suoi capelli bianchi così simili a quelli di Sesshomaru. Il suo sguardo si spostò su Kagome che aveva gli occhi un po' liquidi e sentì un magone dentro. Era davvero doloroso separasi da loro.
Venti minuti dopo, mordendosi il labbro inferiore, voltò il capo, quando una folata di vento le scompigliò i capelli.
Sesshomaru era atterrato, seguito da Ah Un e Jaken. 
Rimettendosi in piedi lo raggiunse affiancata dalla sacerdotessa.
Vide Jaken cadere dal demone drago, rivivendo una scena abbastanza familiare, che la fece sorridere.
Senza indugiò si mise sulle ginocchia, abbracciando il piccolo demone verde per poi rialzarsi ed accarezzare Ah Un che al contrario di Jaken, sembrava apprezzare le sue attenzioni, e questo lo si capiva dai piccoli gridi che la bestia demoniaca emetteva ad ogni tocco delle sue dita affusolate.
Incrociando lo sguardo di Sesshomaru, capì che il tempo di stare con coloro che nel villaggio era diventati quasi dei parenti per lei era quasi finito. 
- Sei pronta? - le chiese il grande demone.
- Un momento solo - rispose Rin dolcemente.
Jaken intanto caricò i suoi bagagli sulla schiena del demone drago.
-Ehi Sesshomaru - lo chiamò Inuyasha con tono arrogante. -Vedi di trattarla adeguatamente o te la vedrai con me.-
-Risparmia il fiato Inuyasha, ho fretta di andarmene - si limitò a dirgli Sesshomaru.
Rin sorrise a Sango abbracciandola, fece uguale con Miroku, Shippo fino a che non tornò da Inuyasha, Kagome e Keade. Asciugando le lacrime con la manica del suo kimono serrò le braccia attorno a ciascuno di loro in un abbraccio molto più lungo di quello che aveva dato agli altri tre amici.
Quello era un arrivederci e non un addio. Lei sarebbe tornata a trovare tutti quelli a cui teneva, un giorno. L'anziana frattanto le diede un rosario e un libro di mantra. Rin la guardò con tenerezza, le sarebbe mancata tanto la sua madre adottiva, ne era sicura. Si perse nei ricordi di quel luogo che l'aveva ospitata per anni, ma quando il vento le scompigliò i lunghi capelli, udì una voce profonda che la richiamava alla realtà:
- Rin...- soffiò Sesshomaru.
- Sì, possiamo andare - gli rispose sorridendo.
Jaken le cedette le redini di Ah Un, dato che quella cavalcatura era sempre stata più obbediente con lei, che con lui. Rin si alzò in volo e cominciò a seguire il grande demone, che faceva strada. Si sentì rinata in quel momento al pensiero, che d’ora in avanti non sarebbe più rimasta ferma in un solo luogo. Adesso avrebbero viaggiato tutti insieme. La loro casa sarebbe diventata: un bosco, una caverna, una valle, quello che capitava, proprio come un tempo. Vide il villaggio dall’alto, che appariva sempre più piccolo. Erano anni che non saliva in groppa a quel demone drago. In un certo senso quel luogo aveva contenuto il suo lato selvaggio, che le era mancato tanto.

Per diverse ore sorvolarono sconfinate vallate, laghi, pianure di incommensurabile bellezza. Tuttavia, quando l'azzurro cielo cominciò a colorarsi di nugoli aranciati, la giovane tornò a guardare in basso. Il paesaggio era cambiato: distese rigogliose di alberi lussureggianti incorniciavano maestose catene montuose. Al centro di esse scorreva un lungo fiume. Quei luoghi sembravano incantati.
- Jaken guarda quelle montagne, sono magnifiche! - esclamò Rin sorridente. - Così alte, non si vede nemmeno la cima - disse con voce briosa.
- Cosa vuoi che me ne importi ragazzina? - ribattè  acido il suo interlocutore.
- Sei sempre il solito. Possibile che tu non riesca ad apprezzare niente? - gli chiese lei accigliandosi.
- Non vedo cosa ci sia di così straordinario in delle semplici montagne - proferì il piccolo demone. - Se proprio lo vuoi sapere, ne ho viste di molto più alte nella mia lunga vita!- 
Rin scosse il capo, Jaken aveva cominciato come suo solito a gracchiare in tono provocatorio. Rin prese ad ignorarlo, snervata da quell’atteggiamento. Il suo piccolo amico di infanzia non si smentiva mai, era rimasto petulante fino al midollo. Anche se, nonostante il suo carattere aspro, quel piccolo demone le era mancato.
Frattanto, il grande demone si era fermato in aria.

- Che cosa succede Sesshomaru? - lui la guardò di sbieco.
- Siamo arrivati, ci fermeremo in questo posto. Voi scendete qui sotto - proferì, prima di allontanarsi in una delle sue ispezioni.
I due compagni atterrarono vicino al fiume che avevano visto dall'alto. Rin cominciò a sgranchirsi i muscoli intorpiditi, si sentiva a pezzi, non era più abituata a quei ritmi, ma non voleva darlo a vedere. Corse al fiume che si trovava proprio a una ventina di metri, bevve l’acqua e si rinfrescò il volto. Infine tornò vicino a Jaken e cominciò a rovistare nelle sue borse. Stese sull'erba umida un panno e vi adagiò al di sopra delle scorte di cibo, condividendo il pasto con il piccolo demone, che intanto aveva acceso un fuoco.
Leggere folate di vento percorrevano il bosco.
- Rin vedo che sei cambiata - considerò il piccolo demone. - Quante cose ti sei portata dietro?-
- Soltanto il necessario.-
- Da quando in qua hai questi accorgimenti?-
- Non so se ci hai fatto caso, ma in questi anni sono cresciuta e non solo d’aspetto - rispose lei dopo aver deglutito. - Queste cose mi servono, in questo modo evito di raffreddarmi. Come dici sempre tu: sono solo un’umana, quindi mi tutelo.-
- Quello è sicuro, sei solo una debole umana - disse Jaken conciliante. - Cresciuta? Dì quello che vuoi, ma resti sempre una mocciosa davanti al sottoscritto pluricentenario - concluse tronfio.
- Jaken lo sai che non è l’età a rendere intelligenti? - gli fece notare Rin.
- Come ti permetti insolente! - esclamò il piccolo demone.
Rin scoppiò a ridere per le reazioni eccessive di Jaken che negli anni era rimasto uguale a come l'aveva conosciuto caratterialmente.
- Ammettilo Jaken hai sentito la mia mancanza in questi anni, vero? -
- Per niente - rispose lui. - A me l’unico che può mancare è padron Sesshomaru, anche se...- il piccolo demone interruppe la frase.
- Cosa stavi per dire? - gli chiese con fare sospetto.
- Niente di che - le disse sbrigativo. - Dormi piuttosto, fai finta di avere energie, ma ti conosco si vede che sei stanca, faresti meglio a riposare.-
- Ti preoccupi per me? - gli chiese Rin con aria sorpresa.
Jaken bofonchiò di risposta. - Non montarti la testa ora - le disse in modo antipatico, sentendola sbadigliare.
Rin sistemò il suo giaciglio come meglio poteva, cercando di renderlo più comodo possibile. Era distrutta e troppe emozioni l'avevano accompagnata in quei giorni. Dopo aver dato la buonanotte a Jaken si coprì le spalle con un panno di cotone e si addormentò di lì a poco.
Nonostante fosse quasi arrivata l’estate l’aria nella foresta era fresca.
Frattanto Jaken mentre vegliava il fuoco non fece a meno di pensare a quanto il suo adorato padrone tenesse a Rin. Aveva detto che l'avrebbe riportata assieme a loro e così era stato.
Da quando ha conosciuto questa ragazzina è cambiato. Ormai è diverso tempo che mi chiedo cosa ci trovi in un essere umano.. Fatto sta che in questi anni il mio signore è sempre stato di cattivo umore, peggio del solito. Quando Rin era con noi mi trattava decisamente meglio. Forse il ritorno di questa mocciosa può tornare utile anche a me, concluse risoluto.

Nel frattempo Sesshomaru tornava dalla sua ricognizione, aveva incontrato solo un demone di mezza taglia durante il suo percorso e non c’era stato bisogno nemmeno di sguainare la spada, l’aveva fatto a pezzi in un istante con i suoi artigli. Al suo arrivo i suoi occhi aurei scorsero una scena familiare, Rin dormiva vicino al fuoco in compagnia di Jaken che lo aspettava. Un senso di calore lo pervase.
Il piccolo demone, quando vide il suo signore gli si avvicinò.
- Oh, padron Sesshomaru siete qui!-
- Jaken sta zitto - proferì atono.
- Sì mio signore.-
Sesshomaru si appoggiò al tronco di un albero per riposarsi sempre con il suo fare allerta.
La notte passò indisturbata.

 

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Capitolo 3
*** Favole, giustificazioni e poi? - III ***


 
 
III

Favole, giustificazioni e poi?




Il cinguettio degli uccelli che annunciavano il nuovo giorno la fece ridestare. Dolorante si appoggiò sul gomito. Le faceva male la schiena, aveva dormito malissimo. Dell'erba le si era incollata sul kimono. Seduta sulla sua stuoia, si guardò intorno. Dei timidi raggi di sole filtravano a fatica dalle fronde degli alberi, facendo scintillare le sfere di rugiada. Jaken e Ah Un ancora domivano, Sesshomaru non c’era.
Inarcando la schiena sbadigliò prima di rimettersi in piedi. Forse le sarebbe convenuto imbottire il suo giaciglio, e ripararsi pure dall'umidità attorno. Forse da bambina nemmeno si accorgeva di tutti quei fastidi, ma ora si. L'unica cosa era inventarsi qualcosa per tutelarsi. Dopo anni trascorsi a dormire in una comoda capanna, non era di certo facile riabituarsi a quella vita.
Ormai in piedi percorse la via, che la separava dal fiume con passo felpato così da non disturbare il sonno dei suoi due compagni. Gli arbusti che intravide durante quella passeggiata, avevano una circonferenza ragguardevole. Un'aria magica colmava lo spettacolo di un'ineguagliabile atmosfera pacata. Giunta dinanzi a quelle placide acque si inginocchiò, rinfrescò il viso, prese il pettine e cominciò con fare paziente a districare i lunghi capelli. Quando volse a guardare davanti a sé notò due piccoli e lucenti occhi scuri, che la osservavano, era un coniglio che con fare timoroso cercava di raggiungere l'acqua. Sorrise nel vederlo in quella situazione.
Di certo lei non gli avrebbe fatto niente di male. Ma cosa poteva mai saperne quell'innocente animaletto?
Lì dove si era seduta, la calura estiva si avvertiva molto di più rispetto al riparo ombroso della selva.
Rin ghermì una fiasca e la infilò sott’acqua. Quel movimento increspò il liquido dando vita a onde circolari, che si propagavano via via più lontane per poi disperdersi. Osservò rapita lo specchio d'acqua e attese la calma, ma in quello stesso istante qualcosa la fece ridestare. Sentì un rumore di passi, qualcuno si stava avvicinando e aveva fretta.
Non ebbe il tempo di voltarsi che si sentì afferrare. A quel punto ebbe un brivido e un piccolo grido le uscì dalle labbra.
- Jaken! - esclamò Rin, quando ruotò il capo. - Mi hai fatto prendere un colpo! -
- Il colpo me l’hai fatto prendere tu ragazzina! - rispose lui infuriato. - Mi sono svegliato e non c’eri! - continuò. - Non devi allontanarti da sola! - Padron Sesshomaru mi ucciderebbe se ti succedesse qualcosa, pensò allarmato.
- Ero qui a due passi, non esagerare - riprese Rin.
- Non discutere! -
- Uffa! - bofonchiò la ragazza. - Ma dov’è Sesshomaru? E’ tornato ieri? - gli chiese.
- Quando il padrone è tornato tu dormivi già da un pezzo. Ieri sera è rimasto con noi. Penso che ora sia in giro a sondare il territorio, deve continuare ad accrescere il suo potere.-
- Beh, già che siamo qui, che ne diresti di aiutarmi a prendere dei pesci? - gli chiese sorridente. - Tu sei superbo nella pesca, quindi ti sfido! - disse a voce alta. - Vediamo chi ne prende di più! -
- Ci sto! - rispose il piccolo demone. - Cosa credi mocciosa, io non mi tiro certo indietro! - disse, quando la raggiunse in acqua.
Cominciarono a pescare e Rin non si impegnò molto in quella sfida, poiché lasciare vincere Jaken equivaleva a sentire meno rimproveri dopo.
La mattinata trascorse velocemente. I due si divertirono molto, avevano pescato una quantità generosa di pesci, e poi subito dopo si erano recati a cercare delle erbe aromatiche.
Rin grazie agli insegnamenti di Jinenji, era diventata un’esperta nel riconoscerle.
Consumarono il pasto nel primo pomeriggio. Jaken tronfio della sua vincita nella pesca si era perfino complimentato con Rin per la sua cucina saporita, difatti la giovane donna grazie alle sue due maestre: Kaede e Kagome ora era diventata un'ottima cuoca.

Al calar del sole dopo aver finito di sistemare i tronchi della legna che avevano raccolto, si sedettero davanti al fuoco. E Jaken a quel punto tornò a comportarsi come suo solito, riprendendo la sua attività preferita, quella di lagnarsi per l’assenza del suo signore. Rin non dava spago a quel piagnucolare, dopotutto era di Jaken che si parlava.
E poi, che cos'aveva da lamentarsi?
Sesshomaru era fatto così, non c'era mica da stupirsi dei suoi ritardi.
 Tuttavia, l’unico modo per far smettere il minuto demone di proferir ancora parola, era quello di distrarlo dalle sue pene.
- Jaken guarda la luna piena e le stelle - gli disse Rin, interropendo i suoi sospiri. - Questa notte il cielo è molto luminoso, ho letto vari racconti sulle stelle e anche di altro genere ultimamente.-
- Sono solo sciocchezze inventate da umani che vaneggiano. - rispose il piccolo demone.
- Ma cosa dici? - ribatté accigliata. - Io sono umana e ne sono fiera. Questi scrittori hanno tutto il mio rispetto. -
- Come sei ingenua...- la giudicò il demone rettile con fare petulante. - Io credo in quello che vedo, non in cose inventate.-
- Non riuscirai a farmi cambiare idea - rispose Rin, continuando a guardare il cielo con aria trasognata.

Mezz'ora dopo, un rumore di passi fece ridestare i due compagni.
Rin a quel punto distolse la sua attenzione dalle stelle iridescenti, e ruotò il capo nella direzione del grande demone che dopo diverse ore d'assenza si era deciso a tornare da loro.
- Bentornato Sesshomaru - lo salutò Rin, sorridendo.
- Oh, sommo Sesshomaru siete qui! - esclamò il piccolo demone, correndogli incontro.
- Jaken - disse il demone bianco. - Va a prendere altra legna.-
Il piccolo demone si allontanò nella fitta boscaglia per eseguire l’ordine, tornando qualche minuto dopo con la legna che lasciò vicino al fuoco. Dopo aver svolto il suo compito, Jaken si mise a sedere, restandosene in silenzio con fare assonnato.
Rin sistemò la sua stuoia per la notte, cominciando subito dopo a stuzzicare la vivace fiamma del falò con un rametto. La luce generata dal piccolo rogo illuminava il suo bel volto che ora aveva un espressione malinconica.
Il grande demone fu sorpreso dal quel suo repentino cambio d’umore.
Fino a qualche minuto prima Rin era serena, ma ora sembrava essere angosciata da qualcosa.
Lei era un libro aperto, l’esatto opposto di Sesshomaru che nascondeva ogni minima emozione.
Il demone bianco rise dentro di sé. Lui che pensava fosse da deboli rivelare ogni stato d’animo, ora si accompagnava ad un’umana così spontanea. Tuttavia, Rin non gli pareva debole, al contrario. Lei non aveva mai avuto paura di lui, lo chiamava, gli sorrideva. Rin con quel suo modo di essere, con quel suo animo puro era riuscita senza rendersene conto a sollevare il suo animo. Non lo aveva seguito per un posto nel suo impero, come Jaken, né aveva cercato di manipolarlo a proprio vantaggio. Non aveva alcun interesse ad acquisire potere. Voleva semplicemente stare con lui. Era un rapporto puro e liberatorio che avevano ed era abbastanza soddisfacente. Grazie a Rin, Sesshomaru aveva capito di avere un cuore. Era lei il suo stesso cuore, quando era in sua compagnia stava bene.
- Rin - la chiamò Sesshomaru. - Rin? - chiamò di nuovo.
La giovane riaccese lo sguardo come a far ritorno chissà da quale altro luogo.
- Ah, scusami Sesshomaru, ero sovrappensiero - vide gli occhi perplessi del demone bianco e continuò. -Sai, guardando il fuoco mi è tornata in mente una storia che mi ha raccontato Kagome. - disse prendendo fiato. - Mi turba questa storia.-
- Vuoi raccontamela? - le chiese il demone con tono pacato.
- In una gelida nottata, su un’isola deserta si ritrovarono cinque persone. Sull’isola del Nord non c’era abbastanza legna, quindi trovarono solo un pezzo di legno a testa. Il piccolo fuoco che accesero moriva lentamente per mancanza di combustibile. Il freddo diventava sempre più insopportabile. La prima persona era una donna. Un guizzo del fuoco illuminò il volto di uno degli uomini. Questi aveva un lato del viso deforme. La donna se ne accorse, strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno e pensò: Perché consumare il suo legno per scaldare quest’uomo che le faceva impressione? Meglio tenerlo per sé. L’uomo vide la donna che lo guardava malamente e pensò di tenersi il suo legno per sé. La terza persona che era vestita miseramente si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché usare il suo ramo per un ozioso riccone? si disse.
Il ricco sedeva, pensando ai suoi beni, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei morti di fame.
L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito. Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno,  pensava. Qualche tempo dopo li trovarono così, con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento. - concluse lei sospirando.
Umani, una razza di deboli inetti, pensò Sesshomaru. Patetico, sono morti di freddo.
- Rin - disse il grande demone, guardando la ragazza. - Cosa ti turba in particolar modo di questa storia? -
- Mi turba il fatto che questa gente non è morta solo per il freddo che faceva fuori, ma per quello che aveva dentro - rispose, posando il mento  sulle sue ginocchia. - Però è inutile abbattersi perché non siamo tutti così. Tu per esempio sei la persona più gentile che io abbia mai conosciuto - concluse, sorridendogli dolcemente.
Forse il baluginio della durata di pochi attimi che comparve nelle iridi dorate del grande demone fu merito delle parole sincere che gli aveva detto? Rin non lo sapeva, ma aveva colto quella risposta nello sguardo di Sesshomaru. E le faceva tenerezza quel demone che cercava in tutti i modi di restare impassibile con tutti, ma che con lei non ci riusciva. Tuttavia, non riuscì a sostenere a lungo lo sguardo di lui e si voltò. Qualcosa dentro di lei stava mutando. Le mancava l’aria, doveva spostarsi. 
- Qualcosa non va? - le chiese il grande demone, quando la vide in piedi.
- Niente niente - rispose Rin frettolosamente. - Mi è solo venuta una gran sete.-
Ormai in piedi si diresse verso Ah Un dove aveva lasciato la boccia d’acqua.
Che cosa mi è preso ora? Si chiese, quando raggiunse il demone drago. Aveva sentito il cuore rimbombarle in petto in modo insopportabile e l'aria mancarle, solo l'aver preso distanza dal fuoco l'aveva fatta sentire meglio.
Dopo aver giustificato in modo credibile il suo malessere momentaneo, Rin tornò vicino ai suoi compagni e volse a guardarli, Sesshomaru era di spalle a osservare il cielo, Jaken dormiva. Decise di mettersi a dormire a sua volta, non prima di spostare un po’ la sua stuoia dal fuoco, visto cosa le era successo.
La sua mente la stava difendendo da qualcosa e lei voleva solo che quell’ agitazione non tornasse, perché ne aveva paura.
Inconsciamente Rin dopo quella notte cominciò ad evitare la causa, che le scatenava quegli inspiegabili stati d’animo e, quindi Sesshomaru...


- Rin - la chiamò Jaken. - Rin - la scosse di nuovo. - Rin avanti svegliati! - 
Rin strusciò il viso sul guanciale che aveva cucito personalmente, mugugnando parole senza senso.
Sentire la voce isterica di Jaken appena sveglia era quanto di più atroce potesse capitarle la mattina. Pareva avere fretta poi, lo capiva dal tono ancora più nevrotico.
Era trascorso un mese da quando s'era sentita un po' male dopo aver narrato quella favola a Sesshomaru. E si era data davvero da fare per risolvere i suoi problemi. Alzò il volto, allargando le braccia. Sopra di lei c'era un telo fatto di piccoli pezzi di bambù che aveva tinto con una sorta di resina ricavata da alcuni vegetali. 
- Che sonno, che succede? - gli chiese, strofinandosi gli occhi.
- Muoviti ragazzina, il padrone tornerà a breve, dobbiamo essere pronti a rimetterci in viaggio - la incalzò Jaken spazientito.
- Sì, ho capito - disse Rin, alzandosi dalla sua stuoia. - Non urlare! -
Ancora mezza addormentata sistemò le sue cose e raggiunse il fiume: l’acqua fresca l’avrebbe aiutata a svegliarsi completamente. Una volta concluse quelle azioni, tornò dal piccolo demone che la chiamava come una cantilena.
Quando le capitava di colloquiare con Sesshomaru, che tornava al limitare del crepuscolo, lei evitava in tutti i modi di incrociare i suoi occhi con quelli di lui, poiché quello era l'unico modo per evitare quegli strani stati d’ansia, che le mettevano paura. Dopo tutto per Rin quello era un riflesso meccanico, non c’era niente di studiato. Il suo corpo cercava di dirle qualcosa che lei non la coglieva.
Di certo non poteva immaginare che dentro c'era un seme che fioriva a sua insaputa e che presto avrebbe rotto il suo bozzolo di finta calma, mettendola davanti alla verità.
- Eccomi, assillante Jaken! - esclamò esasperata.
- Che mi tocca sentire - rispose il piccolo demone. - Datti una mossa! -
- Rin - la chiamò il demone bianco.
- Sono pronta, Sesshomaru...- rispose la fanciulla, abbassando involontariamente le palpebre.

Il grande demone cominciò a fare strada al gruppo. A passo lento proseguirono il cammino.
Jaken osservò il suo signore e scorse sul suo volto un’aria più truce del solito.
E' da un po’ di tempo che non capisco il comportamento del mio giovane padrone, pensò.
E’ riuscito a sconfiggere i demoni più potenti di queste montagne, dovrebbe essere felice a quest’ora e avere il suo solito sguardo impassibile, invece è diverso.

- Pa...Padron Sesshomaru perdonate la mia domanda, ma mi chiedevo.. dove siamo diretti? - gli chiese il piccolo demone.
Il demone bianco non rispose, sembrava assente, continuò a camminare lasciando il suo servitore indietro.

Rin in groppa ad Ah Un esaminò la scena, che aveva appena visto davanti ai suoi occhi, pensando: Ma che ha Sesshomaru? Povero Jaken, prima ha tentato di parlare con lui ed è stato totalmente ignorato. Comunque sia, che stanchezza. Ormai è tardo pomeriggio, questa foresta non finisce mai, ma quant’è grande? E’ da questa mattina presto che continuiamo a percorrerla, andando avanti senza sosta. Chissà, quando si deciderà a fermarsi. Per fortuna mi sono portata dietro qualcosa che ho trovato nella foresta che abbiamo lasciato, altrimenti ora starei morendo di fame oltre che di sonno.


Al crepuscolo il gruppo giunse in una vasta radura. Il paesaggio era contraddistinto da diverse specie di arbusti da frutto e i rami degli alberi frondosi più imponenti si attorcigliavano, creando un intricato tetto di fogliame. Un piccolo ruscello costeggiava da un lato il punto in cui il grande demone aveva deciso di sostare.
Frattanto Rin cedendo al sonno della spossatezza si era assopita in groppa al demone drago.
- Jaken ci fermeremo qui - proferì Sesshomaru, arrestando il suo passo. - Va a cercare della legna e qualcosa da mangiare, Rin avrà fame una volta sveglia.-
- Subito mio signore -  il piccolo demone con una malcelata nota di gelosia nella voce si avviò nel bosco.
Il mio padrone pensa solo a Rin. Che tristezza.
Sesshomaru si avvicinò al demone drago Ah Un sopra il quale era distesa Rin. Più la guardava, più non smetteva di farsi delle domande. Da un po’ di tempo Rin era cambiata, sembrava evitasse in tutti i modi di guardarlo e lui non capiva il perché.
Di certo sua madre aveva ragione, nel suo cinismo aveva colto l’attaccamento spropositato del figlio nei confronti di quella ragazza umana, che all’epoca era ancora una bambina. Anche, quando si era deciso a lasciarla al villaggio, non era riuscito a staccarsi da lei e in poco tempo Rin era cresciuta.
In quegli anni di separazione aveva cercato inutilmente di nascondere a se stesso quanto fosse attratto dal suo aspetto che lasciava le parvenze da bambina per fiorire in una splendida donna. E per sviare quei pensieri aveva anche sperato razionalmente che Rin si sposasse, che si innamorasse di un umano, così da farsene una ragione e rinunciarci. Ma lei non sembrava interessata a quelle cose, perfino in quell’aspetto era diversa.

- Jaken sei da solo? Dov’è Sesshomaru? E questa frutta? - gli chiese la ragazza un'ora dopo.
- Il padrone mi ha ordinato di cercarti da mangiare, mentre dormivi, poi è andato via senza dire niente. - rispose. - Prendine quanta ne vuoi, io sono sazio.-
- Grazie! In effetti ho un po' di fame adesso - sorrise, mentre prendeva un'arancia. - Sesshomaru è sempre gentile.-
- Come no! - esclamò Jaken. - Con me è peggio del solito. -
Solo con te il mio padrone si comporta bene. Com’è cambiato, abbindolato da una donna umana e lei nemmeno se ne accorge!
- Beh, ora che mi ci fai pensare, ultimamente Sesshomaru è un po’ strano. - riprese Rin, dopo aver bevuto un sorso d'acqua dalla sua fiasca. - Chissà che ha? -
E' inutile, non ci arriva, si disse il piccolo demone rassegnato.

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Sesshomaru in quei giorni era intento a seguire l’odore di demoni, che potessero competere con la sua forza. Doveva conquistare nuovi territori. Tuttavia, i suoi occhi dorati vagavano alla ricerca di qualcosa che potesse distrarlo da altri pensieri, poiché nella sua mente combatteva con qualcos’altro, non smetteva di pensare a Rin. La ragazza col passare dei giorni era diventata ancora più sfuggente, e lui non riusciva a sopportarlo... Si sentiva spiazzato dal quel comportamento, cercava di tracciare un confine tra le due frontiere, ma senza riuscirci poiché lei con quell'atteggiamento faceva ancora più chiasso nei suoi pensieri.

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- Jaken, quanto pensi che resteremo in questo posto? - gli chiese la giovane la mattina di dieci giorni dopo.
- Ce ne andremo solo, quando il sommo Sesshomaru eliminerà i demoni maggiori che vivono in questi luoghi - rispose il piccolo demone, mettendosi a braccia conserte.
- Oh... speriamo che non gli succeda niente di grave - disse lei con tono preoccupato.
- Non devi neanche pensarlo Rin. Il padrone è invincibile! Negli anni in cui sei rimasta al villaggio ha perfezionato le sue tecniche e ha accresciuto il suo potere. Se continua così ci metterà meno del previsto a diventare il demone più forte di tutti.-
- Hai ragione, Sesshomaru è molto forte.-
- Ovvio che ho ragione altrimenti io non sarei diventato il suo fedele vassallo. -
Rin versò il riso nelle ciotole, condendolo con erbe aromatiche. Proprio quando pensava d'aver quasi finito le scorte, con somma sorpresa il giorno dopo trovata dei sacchi colmi di roba da mangiare. 
Non sapeva dove Sesshomaru prendesse quel cibo di alta qualità, quei kimoni di ottima fattura, erano anni che andava avanti così poiché anche quando ancora abitava con la vecchia sacerdotessa lui oltre a provvedere per il vestiare si premuniva di portarle del cibo, delle prelibatezze.
Quel giorno avevano trovato delle pesche essiccate, un dolce davvero ricercato.

- Sai Jaken sono passati più di due mesi, da quando sono tornata a stare con voi. Mi sento così libera. - disse sorridendo. - Questa radura poi è stupenda! Forse restare qui ha dei vantaggi. E’ piena di erbe che al villaggio non c’erano affatto e nemmeno in quella foresta. Le ho trovate catalogate in uno dei libri che ho portato con me. A Jinenji sarebbe piaciuto questo posto.-
- Ti manca il villaggio? - le chiese il minuto demone.
- Mi mancano gli amici con cui trascorrevo il tempo. - rispose. - Tuttavia, per me rinunciare a te, Sesshomaru ed Ah Un era ancora peggio. Voi siete la mia famiglia. E quella vita mi stava stretta. Mi piace viaggiare e vedere sempre posti nuovi.-
- Ah, se è così hai fatto bene a tornare con noi. - rispose lui sospirando.
- Che hai? Perché sospiri? - gli chiese la giovane con aria curiosa.
Jaken restò in silenzio per un po’ di tempo. Rin lo guardava sempre più impaziente di conoscerne la causa.
- A cosa stai pensando Jaken? - gli chiese lei. - Ti si legge in faccia che vuoi chiedermi qualcosa. Avanti parla! - esclamò.
- Rin...- disse il piccolo demone. - Tu e padron Sesshomaru, ecco... - Tu provi qualcosa per il mio padrone? - 
Rin senza nemmeno accorgersene avvampò in volto nel sentirsi rivolgere una domanda così diretta.
Tuttavia, prima che il piccolo demone potesse proferir di nuovo parola, un rumore aspro interruppe le loro chiacchiere. In poco tempo davanti a loro comparvero due demoni: un Oni gigantesco e un demone umanoide con dei lineamenti, che facevano pensare a quelli di un insetto.
Jaken restò pietrificato per qualche istante, poi si riprese, doveva difendersi e proteggere Rin a costo della vita, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine in ogni caso.
Sparò delle fiamme con il suo bastone Nintojo, tuttavia senza riuscire a prendere il demone umanoide. Rin si ritrovò davanti il gigantesco Oni e, cercando di mantenere il sangue freddo afferrò l'arco.

- Jaken, questo qui ha un’aura demoniaca debole. - disse. - Ce la faccio! - esclamò decisa . - Tu pensa a quell’altro! -
- Ci sto provando razza di mocciosa! - rispose il piccolo demone. "E’ troppo veloce." si disse.
Rin si concentrò, incoccò una freccia che aveva preso dalla sua faretra e la scagliò sulla fronte dell'Oni. Questi cadde al suolo in pochi istanti.
- L'ho ucciso! - disse a voce alta la fanciulla. - Ora vengo ad aiutarti! -
- No! - esclamò il minuto demone. - Rin, non ti avvicinare è pericoloso!-

Lei ignorò le parole di Jaken e lo raggiunse, a quel punto il demone umanoide le si avventò contro, ringhiandole con fare predatorio. Aveva gli occhi infiammati, la bava gli colava da un orifizio disgustoso che doveva essere la sua bocca. Rin cercò di scappare, ma cadde a terra. In preda al panico ebbe il tempo di chiudere gli occhi e di aspettare quella che sarebbe dovuta essere la sua fine, ma non accadde nulla. Sentì un tonfo sul prato, lentamente abbassò le braccia e vide al suo fianco il corpo esanime del demone, che stava per ucciderla. Qualcuno aveva messo fine alla sua vita. Alzò lo sguardo: davanti a lei c’era Sesshomaru con in mano la sua Bakusaiga insanguinata.

Jaken corse incontro al suo padrone con gli occhi lucidi, incantato da quello scontro durato un attimo. Il suo signore gli aveva salvato la vita ancora una volta.
- Pa...Pa...Padron Sesshomaru siete stato superbo! - gli disse il piccolo demone con voce commossa.
Il demone bianco non degnò Jaken di parola.
Rin accasciata sulle ginocchia, lentamente si rimetteva in piedi. Era ancora scossa dall’accaduto.
Per fortuna che è arrivato lui, si disse. Questa volta non sarei sopravvissuta, mi sono spaventata tanto, come non succedeva da parecchio tempo.
- Rin hai ucciso tu quest’altro demone? - le chiese Sesshomaru atono.
- S-Sì purtroppo non siamo riusciti a gestire l’altro... Grazie per averci salvati. - disse la fanciulla, evitando il suo sguardo.
Jaken notò qualcosa di strano negli occhi di Sesshomaru.
Forse è arrabbiato? Rin sarebbe morta di sicuro se non fosse arrivato in quell’istante. 
A quei pensieri il piccolo demone prese a sudare copiosamente, ma poi..
- Jaken aspetta qui e non ti muovere - proferì il grande demone con tono irritato.
Il piccolo demone annuì spiazzato e Sesshomaru in un battito d'ali gli voltò le spalle.
- Rin vieni con me - le disse il demone bianco.
Jaken e Rin si scambiarono un’occhiata interrogativa. Poi la ragazza si allontanò al fianco di Sesshomaru nella radura.
- Dove stiamo andando? - gli chiese lei.
Sesshomaru non le rispose, ma continuò a camminare. Rin non capiva. Era appena stata in pericolo di vita ed ora, dove la stava portando lui così di fretta? Dulcis in fundo non proferiva parola. Lei era palesemente preoccupata, non afferrava quel comportamento. Certo lui era sempre stato poco prevedibile e continuava ad esserlo, ma ora esagerava con quel mistero.
Percorsero la radura in silenzio per circa dieci minuti, poi d’un tratto il demone si fermò e prese a guardarla con fare indagativo.
Rin non ce la faceva più a sopportare quel silenzio.

- Sesshomaru, perché mi hai portata fin qui? Che stiamo facendo? - gli chiese Rin esasperata da quel modo di fare.
- E' un po’ di tempo che ti comporti in maniera diversa con me - rispose.
- Diversa? - ribatté stupita. - Non mi sembra di essere differente dal solito - mise una mano sotto il volto, come a volerci pensare su.
- Dove stai guardando? - le chiese lui sempre più infastidito.
Lei non disse nulla, restò per qualche istante basita a sentire quelle parole. Sesshomaru di risposta a quella reazione protese la mano in avanti e le cinse il braccio, tirandola delicatamente verso di sé. A quel punto, con fare risoluto, le mise due dita sotto il mento e girò il volto di lei davanti al suo tenendolo leggermente sollevato.
- Voglio leggere il tuo viso, guardami - proferì, fissandola.
Rin ebbe un sussulto, cercò di girare i bulbi oculari altrove, ma senza riuscirci. Il suo sguardo incontrò gli occhi di lui. Occhi che sembravano ingoiarla in cui poteva perdersi. Provava qualcosa che non sapeva definire e questo la turbava. Per qualche istante smise di respirare, l’ansia la stava assalendo, non riusciva a parlare. Il suo cuore era impazzito, il corpo non le ubbidiva... Credeva di morire... tanto era sconvolta. Voleva liberarsi da tutto quel fragore interiore, ma come? Non sarebbe riuscita a sopportare oltre. L’unica cosa che poteva fare era scappare da quella situazione.
Sesshomaru avvertì qualcosa sotto le dita: Rin stava tremando. Che cosa le era successo? Temeva forse che lui le facesse del male? Che avesse fatto troppa pressione con le dita? Eppure era stato attento a toccarla. Di cosa aveva paura? Sembrava non stare bene.
Se il cuore di Rin era ferito anche quello di Sesshomaru sanguinava.
Decise di lasciarle il volto e il braccio.
Rin riusciva a muoversi di nuovo. "Ecco!" si disse. "E' arrivata l’occasione per sparire."
In un attimo la ragazza voltò velocemente le spalle al grande demone e prese a camminare, il suo unico pensiero era andare via, non aveva importanza dove.
Sesshomaru la vide voltargli le spalle e ne fu trafitto... Rin stava fuggendo da lui, perché?
Il sole era calato e il cielo era plumbeo, l’oscurità avanzava inesorabile.
Rin continuò ad andare avanti, doveva farlo. Non era lucida. Persino la vista era alterata. Forse allontanandosi le sarebbe passata tutta quell’agitazione. Di certo se fosse stata un po’ da sola si sarebbe calmata, ne era sicura.
Ad ogni suo passo le foglie morte scricchiolavano sotto i suoi sandali come se urlassero, e i cespugli ai lati si muovevano violentemente mossi dal vento, che attraversava le chiome degli alberi. L’erba e la terra le sembrarono cedere sotto il suo peso, tutto intorno a lei era cambiato. Magari sarebbe sprofondata lì. Gli uccelli notturni cantavano una canzone cupa. Rin ebbe un brivido a sentire quei lamenti, impaurita da cosa la circondava accelerò l’andatura, ma non riuscì a fare il passo successivo, che qualcosa la trattenne. Abbassò il capo e vide due braccia che con fare delicato l’avvolgevano. Erano le braccia di Sesshomaru..
Il demone si chiese cosa stesse facendo, ma non era riuscito a trattenersi, voleva sentirla vicino, non poteva farne a meno.
Rin fu sorpresa da quel gesto inatteso. Si sentì come trasportata in un'altra dimensione senza tempo né spazio. Sesshomaru era dietro di lei e l’abbracciava. Quelle forti braccia la tenevano senza alcuna forza. La fanciulla non si era mai sentita così al sicuro come in quel momento, quale conforto riusciva a trasmetterle quel demone senza dire niente. Sentì il suo profumo pervadergli i sensi. Udì il suo respiro sui suoi capelli, le braccia le restarono distese ai lati dei fianchi come abbandonate. Il suo fiato prima affannato via via si calmò.
I lunghi capelli di Rin si spostavano agitati dallo spirito del vento, che ruggiva tra le fronde degli alberi, come a volerle prestare la voce, che non le usciva..
Il grande demone avvicinò il suo volto a quello della fanciulla, sussurrandole con voce leggermente malinconica:
- Rin, perché scappi via da me? -

Restarono in silenzio qualche minuto che per la fanciulla sembrò durare un’eternità. Mille pensieri la stavano assalendo, cercava di unire i pezzi scrutando la sua mente, doveva dare un ordine a quel caos. Si chiese il perché della sua fuga. Per quale motivo si agitava? Scappava da chi? Da Sesshomaru che l’aveva sempre protetta e a cui lei era tanto affezionata? Non aveva senso.
Fin da quando era ancora una bambina Rin provava affetto e ammirazione verso Sesshomaru, ma adesso c’era qualcos’altro. I suoi sentimenti erano cambiati, ad ogni suo sguardo provava un emozione talmente intensa da farle paura. Le vennero in mente le parole di Jaken: “Rin tu provi qualcosa per il mio padrone? Provi qualcosa per il mio padrone?.. Provi qualcosa..?” Quelle parole le rimbombavano in testa.
E allora capì qual’era la risposta. In quel momento il muro che aveva eretto crollò in frantumi, la consapevolezza la stava liberando. Una sensazione di serenità la pervase, le tensioni mentali sparirono a poco a poco. Decise di voltarsi.
Rin ora guardava quei pezzi di luna che erano gli occhi del grande demone senza alcuni timore, gli sorrideva dolcemente.
Sesshomaru vide il volto di Rin davanti al suo e ne fu travolto. Lei era tornata e gli sorrideva. Voleva toccarla, verificare che quell’immagine fosse vera. Le accarezzò il lato del capo e i lunghi setosi capelli scuri con le dita.
A quel contatto Rin socchiuse gli occhi, estasiata da quell’ennesima azione amabile.
La mano di Sesshomaru discese sul lato del suo orecchio, poi sulla morbida pelle del suo viso. Il suo tocco era leggero come avesse paura di romperla, tanto gli sembrava fragile quel corpo. Con una mano le cinse la vita e si chinò col capo accorciando le distanze. In principio fu uno sfiorare impercettibile di labbra, uno sfarfallio delicato, ma poi quel contatto diventò più incalzante. Lui le diede ancora un bacio, e poi un altro schiudendole le labbra come a non riuscire a saziarsene. Una sensazione di felicità mai provata cominciò a farsi spazio in tutto il suo essere.
Rin reagì timidamente a quei baci incapace di resistere a quel fiume in piena.
Sesshomaru ancora incredulo delle sue azioni si stupì di se stesso. Ma che gli era successo? Cosa gli aveva fatto quell’umana per fargli provare tutte quelle nuove sensazioni? Tenerla tra le braccia, sentire quel calore sulle labbra gli dava un senso di pace assoluta. Niente poteva dargli più sollievo. Era giunto il momento di esplorare quei sentimenti che già da un po’ di tempo lo attanagliavano in una morsa.
Non tornarono da Jaken quella notte, restarono fianco a fianco seduti sull’erba a unire le loro labbra, finché Rin stremata da tutte le emozioni provate in quel giorno, non si addormentò tra le braccia del suo amato demone.




 

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Capitolo 4
*** Percezioni di pericolo - IV ***


  
IV
Percezioni di pericolo



 

Rin portò la mano al volto per proteggersi dai raggi del sole, che si posavano insistenti e sempre più caldi sulle sue palpebre. Scocciata girò la testa. Non le era mai piaciuto svegliarsi in quel modo, era una vera e propria violenza al suo sonno.
Quando aprì le palpebre cominciò a osservare il paesaggio che la circondava che pareva diverso. Non c'era l'albero secolare davanti alla sua stuoia, non c'era la sua tendina che la riparava dal sole e che aveva cucito con tanta pazienza.
Ma dove si trovava? .
Di scatto si mise seduta, posò le mani a terra per aiutarsi a rimettersi in piedi, ma non toccò l’erba. Era qualcosa di soffice e caldo. Inclinò il capo e vide una pelliccia dall’aria molto familiare. A quel punto passò un attimo prima che si voltasse e guardasse alle sue spalle.
- Buongiorno Sessho... Sesshomaru..- riuscì a biascicare, non appena realizzò di essere rimasta a dormire tutta la notte appoggiata al petto del demone.
Il grande demone la fissò intensamente per alcuni istanti, dopodiché con una delicatezza inverosimile le cinse la mano e l'aiutò a rimettersi in piedi.
- Andiamo ora - le disse pacatamente.
Rin ancora preda di un forte imbarazzo annuì a quelle parole e lo seguì nella foresta. In poco tempo raggiunsero la radura.
- Jaken! - esclamò Rin, quando lo vide seduto a terra con sguardo affranto. -Resta qui con Rin.
- Sì, pa...padron Sesshomaru - rispose il piccolo demone. - Come mi ero preoccupato.-
Percepisco l'odore del sangue, si disse Sesshomaru, prima di sollevarsi dal suolo.


Qualche minuto dopo aver visto Sesshomaru andare via, Rin portò una mano allo stomaco che brontolava inclemente. Aveva fame, non mangiava dalla sera prima. Senza indugio chiese a Jaken di accompagnarla a raccogliere qualche frutto, poiché non era il caso di cibarsi di riso appena sveglia. Intorno non c'erano alberi da frutto e quindi era il caso di spostarsi da dov'erano. Prendendo le redini di Ah Un attese che Jaken salisse e dopodiché si alzò in volo.
La radura che trovarono era zeppa di alberi di ciliegi e mele, Rin che ormai aveva diciotto anni si guardò intorno prima di prenderle. Aveva del denaro con sé che aveva provveduto Sesshomaru a darle nel caso si trovasse a dover comprare qualcosa che lui non poteva darle. A dire il vero aveva quasi una sacca di denaro appesa ai lato del demone drago.
Insieme a Jaken si guardò intorno, notando la bancarella di verdure di un contadino.

-Finalmente mi sento piena e abbiamo tanta verdura da cucinare tra oggi e domani - considerò, passando le padelle da lavare a Jaken. 
Avevano fatto un accordo, se lei si occupava dei pasti, lui si premuniva di lavare le stoviglie, usando il carbone vegetale.
Rin dopo aver organizzato le varie ciotole e padelle che Jaken aveva pulito raggiunse il campo di fiori selvatici vicino al loro accampamento, intenta a creare una composizione con i fiori, che ricoprivano quella distesa.
Mentre selezionava i vari germogli, ripensò a quello che era successo con Sesshomaru e, senza nemmeno rendersene conto avvampò in volto.
Non si erano detti nulla, ma lui l’aveva abbracciata e poi baciata, accarezzandole i capelli tutta la notte. Com’era stata bene a sentirlo così vicino. Con una mano si sfiorò le labbra.
Ed ora come si sarebbe dovuta comportare? 
Non lo sapeva, non avendo esperienza in certe faccende.
Di sicuro lei dopo aver preso consapevolezza dei suoi sentimenti, non sarebbe più fuggita, ne avrebbe evitato di guardarlo, ma arrivati a quel punto, tra loro, cosa sarebbe cambiato?

Jaken che aveva raggiunto Rin di corsa, guardò la giovane sul prato che si muoveva in modo goffo. "Ma che sta facendo?" si domandò. "Cambia espressione ogni minuto. E’ impazzita? Che gli starà passando per la testa adesso?"
- Ahhh! - urlò il piccolo demone, quando il suo signore comparve come una folata di vento davanti a lui. - Pa...Padron Sesshomaru.
Che spavento mi ha fatto prendere,  si disse.
- Jaken, Rin - proferì il grande demone. - Dobbiamo rimetterci in viaggio- disse senza guardarli.


Questa poi,  pensò Rin mezz'ora dopo, mentre seguiva il grande demone che faceva strada. Ma dove stiamo andando ora? Sembra avere fretta di spostarsi da qui. Come al solito se ne sta zitto, di sicuro ora ci penserà Jaken ad incalzarlo a parlare. Comunque sia, in un certo senso mi tranquillizzano questi suoi modi, almeno non mi sento in imbarazzo.
Per fortuna aveva rimesso in ordine già tutto, e non le ci era voluto molto a smontare la tendina che la proteggeva da sole e umidità, quando dormiva.
- Pe...Perdonate mio giovane signore, perché avete deciso all’improvviso di lasciare la radura? -
Rin sorrise tra sé e sé quando sentì la domanda di Jaken, poiché ancora una volta aveva anticipato i suoi comportamenti.
-Mentre ero in ricognizione dall’alto ho intravisto un’orda di demoni a qualche miglia da qui - rispose Sesshomaru. - Per voi è meglio aspettarmi in un posto più sicuro. Dove siamo diretti c'è un villaggio, si dice che ci sia un potente bonzo a proteggerlo. Tra qualche ora avremmo raggiunto la meta. -
- Il vostro fedele servo è felice di tanta premura. - "Anche se credo che sia più rivolta a tutelare Rin che me, ma mi accontento lo stesso." pensò.
Il cielo era prossimo all’imbrunire, Sesshomaru non arrestava il passo, sembrava volersi allontanare il più possibile dalla radura. Rin stanca di camminare, era salita in groppa al demone drago. Il piccolo demone era poco più avanti, intento a cercare di instaurare una sorta di conversazione con Sesshomaru che se ne stava in silenzio da ore.
- Pa...Padron Sesshomaru, cosa avete intenzione di fare una volta che saremo arrivati in questo posto? -
- Domattina ho intenzione di tornare a controllare.-
- Mio giovane signore, siamo ancora molto lontani? - gli chiese. Erano più di otto ore che camminavano e lui non ne poteva più, era stanco e doveva rifocillarsi.
Sesshomaru lanciò un’occhiata infastidita a Jaken e continuò ad andare avanti imperterrito.
- So...Sommo Sesshomaru... a-aspettate!-
Rin in groppa ad Ah Un osservava il teatrino che gli presentava davanti, cercando di soffocare una risata che le saliva prepotentemente in gola. Quelle scene erano esilaranti, perché si ripetevano di continuo.

A notte inoltrata, dopo parecchie ore di cammino giunsero in un piccolo boschetto, situato nei pressi di una collina.
- Siamo arrivati. - proferì il grande demone. - Ci fermeremo qui.-
- Sì, padron Sesshomaru. - rispose il piccolo demone prima di accasciarsi al suolo.
Sesshomaru intanto raggiunse un albero e si sedette sul prato, appoggiando la schiena alla corteccia.
Rin scese dal dorso del demone drago e con fare curioso cominciò a guardarsi attorno.
- Che bello! - esclamò la ragazza, sorridendo. - Qui dietro c’è una vallata enorm..- non finì la frase che cominciò a starnutire. - Etciu! Etciu! - "Fa un po’ freddo questa sera." si disse. "Meglio che prenda qualcosa per coprirmi."
Ma proprio un istante prima che compisse la sua azione, sentì quella voce roca e profonda che la chiamava:
- Rin - disse il grande demone. - Vieni.-
- Sì Sesshomaru, che c’è? - gli chiese, quando lo raggiunse.
- Cosa fai lì impalata? - le chiese di risposta. - Siediti qui. - le disse, prendendole delicatamente la mano.
In un istante la fanciulla si ritrovò sulle gambe del demone bianco, che le mise attorno la sua coda per riscaldarla, avvolgendole la vita con le braccia.
Rin arrossì non solo per quell'azione improvvisa, ma anche per la presenza del piccolo demone. Per diversi minuti restò pietrificata. Non muoveva un muscolo, come se quella sua nuova trovata servisse a diventare invisibile. La mente a volte le giocava strani scherzi illusori. Ciò nonostante, quando vide lo sguardo interrogativo di Sesshomaru ritornò in sé. Intenta a distrarsi dalle sue paturnie, cominciò a giocare con alcune ciocche dei lunghissimi capelli di lui.

Jaken che ora finalmente aveva ripreso fiato, sgranò gli occhi davanti a quella scena del tutto nuova. Il suo giovane signore teneva Rin sulle sue gambe, si lasciava accarezzare i capelli da lei come se fosse la cosa più normale del mondo. Già da tempo, suo malgrado era a conoscenza del sentimento che legasse il suo padrone a quell’umana, ormai segnato dalla maledizione di famiglia. Ed ora i suoi timori si erano avverati, poiché se in principio il sommo Sesshomaru aveva solo un debole, ora sembrava stregato da quella donna proprio come il padre e il fratellastro, che tanto in passato aveva denigrato.
Sesshomaru per un attimo ruotò il capo e notò lo sguardo sorpreso di Jaken, che era rimasto immobile a guardarli con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Leggermente irritato dai pensieri del suo servitore inarcò un sopracciglio.
Il piccolo demone d'un tratto si sentì addosso lo sguardo vitreo del suo signore, che fino a pochi istanti prima era intento a guardare Rin.
- Jaken! - tuonò la voce imperiosa di Sesshomaru. - Che hai da fissare? -
- Eh? Niente padrone il vostro servitore non voleva arrecarvi noia. - "Che paura!" si disse il piccolo demone. "Sarà meglio che mi faccia gli affari miei." pensò, voltandosi a guardare altrove.

 

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Capitolo 5
*** Visita al villaggio vicino - V ***


 
V

Visita al villaggio vicino





 

Sesshomaru dopo essersi sincerato che il perimetro occupato da lui e i suoi compagni fosse sicuro, decise di recarsi in ricognizione.
In poco tempo, raggiunse il luogo in cui aveva visto quello strano fenomeno.
Era una collina dov'erano presenti aure maligne e odore di sangue e corpi putrefatti. Seguendo la scia di qell'odore acre notò il paesaggio intorno, secco, arido. Non una pianta era rimasta viva intorno. Sull'erba secca e stopposa vi erano corpi di animali morti, c'erano anche umani. Un bambino di nemmeno dieci anni. Non dovevano essere morti da molto tempo, eppure parevano essere lì da mesi.
Ormai in allerta, Sesshomaru analizzò ogni dettaglio che scorgevano i suoi occhi dorati, mentre sorvolava quella landa morta.
Questo fetore di cui trasuda l’aria appartiene ai demoni che ho visto scappare, pensò. Sono tutti morti, ma stranamente non avverto su di loro nessun altro odore. Chi sarà stato?
Una cosa era certa, aveva preso la decisione migliore a far allontanare i suoi compagni. Ora erano al sicuro, Rin era al sicuro. Quella valle in cui l’aveva lasciata, grazie a quel bonzo che proteggeva quelle terre, aveva un'affluenza di demoni molto bassa. Poteva stare tranquillo, avrebbe indagato più avanti sull'identità di quell'umano. 

+++ + +

Soffici nubi bianche attraversavano il cielo e stormi di uccelli cominciavano a lasciare quelle terre, forse in ricerca di un posto più caldo dove sostare. Un venticello autunnale percorreva le fronde alberate, facendo danzare le foglie secche degli alberi che si staccavano dai rami.
Erano trascorsi ben due mesi da quando insieme ai suoi compagni si era accampata nei pressi di quel villaggio umano. Fino ad allora, Rin lo aveva guardato da lontano, aveva visto delle persone, soprattutto i contadini dei campi che le avevano venduto le loro verdure, ma oltre a quei vecchi non aveva visto mai nessuno.
Quella mattina, distesa sul prato soleggiato della vallata, osservava il tetto azzurrino che sovrastava la sua figura. 
- Jaken che facciamo? - gli chiese Rin, voltandosi a guardarlo. - Mi annoio tanto, perché non andiamo a fare un giro in uno dei villaggi qui vicino? Ho letto e riletto tutti i libri che mi ero portata e mi farebbero comodo altre vesti e dei libri nuovi.-
Jaken bofonchiò.
- Ma per chi mi hai preso? Ti sembra che io possa abbassarmi a frequentare un villaggio umano? - 
- Però al villaggio Musashi sei venuto davvero spesso per tutti questi anni, diciamo pure ogni settimana - rispose la ragazza. - Dai andiamo! -
- Non se ne parla! - disse il piccolo demone, incrociando le braccia.
- Allora ci andrò da sola! - esclamò, alzandosi in piedi.
- No aspettami! Non posso lasciarti andare da sola. Ma dove sei? Rin! -

Rin cominciò a incedere tra gli alberi e in poco tempo raggiunse l’estremità del bosco, incurante delle grida di Jaken che le correva dietro come un forsennato. Lasciando la frescura ombrosa degli alberi alle spalle cominciò a percorrere lo sterrato che divideva i campi.
Alcuni contadini la salutarono, quando videro sgusciare quella giovane donna così aggraziata dal bosco.
Rin frattanto avanzò, udendo le risate di alcuni bambini che giocavano a rincorrersi.  
Aveva evitato di entrarci per mesi per non mettere in allarme Sesshomaru, ma questa volta era stato lui a rassicurarla dicendole, che poteva recarsi dove voleva a condizione di muoversi con cautela e armata.

La venuta nel villaggio di quella forestiera non passò inosservata. Le donne che passeggiavano tra le vie del mercato, i commercianti e le persone che camminava tra le vie seguirono con gli occhi Rin che curiosa si guardava in giro, fermandosi ad ogni bancarella.
Indosso aveva un mantello grigio fumo lasciato semi aperto, al cui interno si intravedeva un kimono azzurrino.
Il capo era coperto da un cappuccio, sulle spalle portava un arco e una faretra, una tracolla le scendeva al lato di un fianco.
In molti si chiesero chi fosse.
Era una combattente o una sacerdotessa?
Non riuscivano a definirla, poiché gli abiti che aveva indosso erano diversi. Tuttavia, gli abitanti che la guardavano non finirono di formulare quei pensieri, che improvvisamente furono distratti da qualcos’altro. Dietro la ragazza si manifestò un essere, una piccola figura verde la seguiva, un demone. La cosa strana era che quella fanciulla, non sembrava minimamente curarsene. La videro rallentare il passo e voltarsi. Sembrava colloquiare con quel piccolo demone. Un'ombra di timore raggiunse le menti degli abitanti, che ora si misero sull’attenti. Con fare cauto, cominciarono ad avvicinarsi ai due forestieri. Questi ultimi presi dalle loro chiacchiere, non fecero minimamente caso a quello che nel frattempo avveniva intorno a loro.
- Ti avevo detto di aspettarmi! - la ammonì Jaken.
- Guarda che eri tu a non voler venire - rispose Rin. - Potevi, pure restartene nel bosco, dato che ti fanno schifo i villaggi umani.-
- Io vengo con te e basta! Piuttosto dovresti ringraziarmi, il primo servitore del potente Sesshomaru si sta abbassando a entrare in un villaggio umano qualunque pur di accompagnarti.-
- Fa come vuoi, ma cosa... - disse la ragazza voltandosi.

In poco tempo i due compagni si ritrovarono accerchiati da molti uomini del villaggio. Alcuni di loro erano armati.
- Ehi voi! Cosa volete? Perché ci avete circondati? - gli chiese il piccolo demone con tono irato.
- Jaken non fare lo scorbutico - lo riprese Rin. - Buongiorno io... - la fanciulla non terminò la frase che venne interrotta.
- Voi, straniera - disse a voce alta uno degli abitanti del villaggio. - Cosa siete venuta a fare nel nostro villaggio? Siete forse un demone come il vostro amico? - le chiese.
- Allontanatevi sciocchi umani o dovrò usare il mio Nintojo! - intervenne il piccolo demone ancora più irritato.
- Jaken smettila! - esclamò Rin con tono ammonitore per poi riprendere a parlare con quegli uomini. - Vi prego di perdonare le parole irrispettose del mio amico, è un po’ irruente. Io sono umana, non sono un demone. Forse è stato il mio copricapo ad avervi insospettiti - disse, abbassando il cappuccio del suo mantello.
Gli abitanti restarono per un po’ ammaliati da quella vista. Era una fanciulla di rara bellezza. Aveva dei lineamenti delicati, pelle molto chiara che risaltava ancora di più grazie ai suoi lunghi capelli scuri. Al lato del capo portava una coda laterale, legata da un nastro turchese.
- Giovane signora, perché siete armata? - le domandò uno degli uomini dopo aver constatato la veridicità delle parole di Rin. 
- Intendete l’arco? - gli chiese la fanciulla. - E' una precauzione contro i demoni malvagi. Vedete noi siamo sempre in viaggio e quindi mi serve per difendermi. Non era mia intenzione causare tale scompiglio. Vi prego di credere alle mie parole.-
Un uomo dai lunghi capelli scuri si avvicinò al gruppo che aveva circondato Rin. E lei lo osservò basita, quell'uomo che poteva avere forse trent'anni era singolare, non era un orientale, forse proveniva da occidente, non ne era sicura, non era mai andata in quei luoghi. Tuttavia, era di bella presenza, aveva occhi verdi e lucenti, carnagione ambrata, lineamenti marcati e definiti, i capelli lunghi erano chiusi in una crocchia.
- Tu ragazza - disse il giovane bonzo, spezzando i suoi pensieri. - Come mai ti accompagni a questo piccolo demone? - le chiese con tono placido.
- Lui per me è come un componente della mia famiglia, lo conosco da quando avevo sette anni. Gli voglio bene. Ho insistito io a voler venire qui, volevo visitare questo villaggio. Lui si è preoccupato di lasciarmi da sola e mi ha raggiunta. - concluse.
- Quindi le cose stanno così - rispose il giovane bonzo. - Aspettatemi qui e non muovetevi - proferì.
Rin annuì e Jaken la guardò risentito. Ma che ci faccio io qui? Si chiese il piccolo demone. Guarda in che situazione mi ha cacciato questa mocciosa.
I contadini e il resto degli abitanti si allontanarono da Rin e Jaken intenti a consultare il bonzo che proteggeva il villaggio. I due compagni riuscirono a sentire tutta la conversazione, dato che il tono degli abitanti era piuttosto alto.
- Che facciamo sommo Amir? - gli chiesero alcuni abitanti del villaggio.
Il bonzo abbassò il capo e restò in quella posizione alcuni minuti ponderando una risposta.
- Non mi sembrano pericolosi, - proferì Amir, guardando gli abitanti del villaggio - la ragazza ha un'aura limpida e quel piccolo demone pare esserle davvero amico. Tornate a svolgere i vostri compiti nel villaggio, ora che abbiamo chiarito la faccenda.-
Così dicendo si avvicinò a Rin e Jaken, dando loro il permesso di visitare il villaggio. I due compagni si allontanarono dalla calca che si era formata.
- Rin se fossi rimasta con me nella foresta, non sarebbe successo niente - le disse Jaken. - A quest’ora staremmo tranquilli come sempre ad aspettare il sommo Sesshomaru. Questi umani si confermano sempre idioti. -
- Sì e io starei morendo di noia. Jaken, la loro reazione era più che giustificata, dato che siamo dei forestieri.-
- Macché! - esclamò il piccolo demone.
Un’anziana donna camminava a passo lento, probabilmente rallentata dalla pesante cesta che sosteneva sulle spalle. Rin senza pensarci due volte la raggiunse.
- Signora lasciate che vi dia una mano io - disse Rin. - Deve pesarvi molto quella cesta.-
La donna si voltò e vide una bellissima ragazza che le sollevava la cesta da sopra il kimono con una facilità quasi irreale.
Rin intravide delle bancarelle dopo aver salutato quella signora e comprò cosa le occorreva, visto che fuori dal villaggio aveva solo trovato piccoli commercianti con carri di verdure. Subito comprò una cesta, infilando dentro cosa le serviva: altre pentole, coperchi, teiera, ciotole di legno, bacchette. Per non far spazientire Jaken comprò anche delle polpette di riso da fargli ingurgitare, mentre camminavano così da dargli qualcosa da fare.
Venne a sapere che nel villaggio viveva una sarta molto brava e assieme a Jaken che continuava a mangiare raggiunse la sua abitazione.
- Salve signora, io sono Rin, sono una forestiera, mi hanno detto che voi siete una sarta. Vorrei ordinarle dei capi maschili della mia taglia: dei pantaloni, una casacca e un mantello.-
Dopo aver scritto tutte le misure di Rin la vecchia si voltò per dirle di tornare tra qualche giorno, prima di essere distratta da trambusto che stava facendo due uomini che correvano come pazzi per il villaggio, urlando qualcosa.
Rin inspirò profondamente, socchiudendo gli occhi. Intorno non percepiva aure demoniache o pericoli di quel genere. Si chiese da cosa fosse causato quel baccano. 
- Voi, perché urlate? - chiese la sarta.
- Saki sta per partorire! - rispose uno dei due uomini. -E la levatrice non è ancora tornata dal villaggio della sorella.-
- Perdonate l'interruzione signori - irruppe Rin. - Forse posso aiutare io questa donna, poiché sono una levatrice. Sono stata allevata da una sacerdotessa che assisteva tutte le partorienti del villaggio in cui sono cresciuta. Farò quello che più conviene per aiutare questa donna se me lo permettete.-
I due uomini sorrisero di sollievo e accompagnarono la fanciulla dinanzi al capanno della giovane in travaglio.
- Rin, ma che intenzioni hai? - le chiese il piccolo demone leggermente stupito.
- Jaken se vuoi torna nel bosco ad aspettare Sesshomaru. Io ora devo aiutare questa donna - concluse varcando la soglia del capanno.
Ci mancava anche questa! Pensò il minuto demone. Se continua così, resteremo in questo villaggio più del dovuto. Non posso tornare senza di lei.

La scena a cui assistette Rin non appena entrò nella stanza, le fece accapponare la pelle: la giovane donna era distesa sul futon e si contorceva dal dolore, sembrava aver perso parecchio sangue. Era la prima volta che si trovava completamente da sola davanti ad uno scenario simile. Kaede non era presente, non poteva consultare nessuno in quel villaggio e si rese conto in pochi istanti di essere l’unica a saperne qualcosa in più. Cercò di mantenere il sangue freddo, sfilò il mantello e posò i suoi oggetti. In poco tempo si inginocchiò al fianco della donna sollevando le maniche del kimono. Ora che aveva visto la situazione da vicino, chiese con la massima urgenza delle specifiche erbe medicinali ai due uomini che l’avevano accompagnata. Doveva far partorire quella ragazza nel più breve tempo possibile. Non c’era tempo da perdere. Si fece portare due bacinelle d’acqua calda; una signora le asciugava la fronte madida di sudore. Passarono diverse ore. Alla fine fece nascere il bambino che sembrava stare in buona salute. Ora toccava alla madre, voleva salvarla. Come meglio poté cercò di calmarle gli spasmi uterini e, con molte difficoltà riuscì ad alleviarle i dolori. La giovane madre finalmente si assopì e smise di perdere sangue. Infine Rin diede delle indicazioni alla signora che l'aveva assistita e al marito della partoriente, scrivendo su un foglio la dieta da far seguire alla sua paziente nei giorni a venire.
Finito di parlare con i parenti della donna, Rin si mise in piedi esausta. Il suo kimono era intriso di sangue, così come buona parte del suo corpo. Uscì dall’uscio del capanno per prendere un po’ d’aria. Notò che ormai era pomeriggio, aveva del tutto perso la cognizione del tempo. All’esterno vide Jaken che l'aspettava seduto su un masso. Alcuni abitanti del villaggio si era accumulati fuori dall’abitazione e le sorridevano.
La sorella della partoriente che si chiamava Nari propose a Rin di lavare via il sangue nella loro sorgente termale. E Rin entusiasta accettò, aveva sangue ovunque e quel giorno aveva indossato un kimono umano cucito da Kaede, non quelli incantati che le dava Sessho che si pulivano da soli. Ma forse avrebbe sentito la necessità di lavarsi sempre e comunque, dopotutto la sua pelle si sarebbe sporcata ugualmente.
- Rin, che cosa ti dice il cervello? - le sbraitò Jaken. - Mi stai facendo perdere tempo. Se andiamo avanti di questo passo il padrone tornerà prima di noi. -
Rin lo guardò scocciata. - Suvvia Jaken quante storie fai? Sarei una villana a rifiutare la gentilezza di questa ragazza. Se non vuoi aspettare, puoi andare via prima di me, perché qui sono al sicuro, non ci sono demoni. -
Nari tornò con un kimono che le avrebbe prestato e degli asciugamani. Le due donne cominciarono a camminare, lasciando Jaken indietro.
Una volta entrata in quel luogo da bagno, Rin raggiunse la riva della sorgente, fece scivolare il suo kimono sul manto erboso e prese dalla sua tracolla un sacchetto di pelle contenente delle erbe, che era solita usare per lavarsi.
Entrò in acqua e si immerse con il capo. Con fare placido cominciò a lavare via il sangue dal suo corpo.
Finito di detergersi a dovere restò seduta ancora un po’ nello specchio d'acqua, così da beneficiare il più possibile del calore di quelle terme.
Tuttavia, di lì a poco la sua quiete venne scossa.
Allarmata Rin si rimise in piedi e uscì dall’acqua, aveva avvertito un'aura maligna, era sicura che ci fosse qualcuno. Avvolse la stoffa intorno al suo corpo bagnato e impugnò l’arco, tirando fuori una freccia dalla sua faretra.
- Chi c’è? - chiese Rin a voce alta.
Sentì il battito d'ali di una civetta e poco dopo la individuò con gli occhi. Ma non era stato quell'uccello notturno a farla agitare. Si guardò intorno. Chiunque fosse, aveva lasciato quel luogo. Gli parve strano avvertire presenze demoniache in quelle terre, dato che erano giorni che non succedeva niente. Finì di asciugarsi il corpo e tamponò i suoi lunghi capelli togliendovi più acqua possible. Dopo aver finito di districarli con le dita, indossò il modesto kimono che le aveva prestato la ragazza e percorse il breve sentiero.
- Rin ce ne hai messo di tempo! - esclamò Jaken spazientito.
- Ho lavato anche i capelli, quindi mi ci è voluto un po’- rispose lei.
Rin diede alla ragazza che l'aveva aspettata con Jaken l'asciugamano che le aveva prestato e quella insistette per avere il suo kimono sporco, impaziente di fare qualcos'altro per lei che era stata tanto d'aiuto alla sorella.
Così assieme a Jaken accettò pure di recarsi a mangiare nella sua abitazione, godendo ancora della sua compagnia.

+     +   +
+++ +    +

A parecchie miglia di distanza da dov’erano loro, il grande demone percorreva a passo lento le rovine di un villaggio. Odore di macerie, terra, ossa. Ma nessun altro odore che segnasse la presenza di un demone in vita.
L’animo di Sesshomaru era tra il curioso e il divertito.
La presenza del grande demone non passò inosservata. Qualcuno o qualcosa aveva percepito la sua aura demoniaca e fatto in modo di nascondere la propria con l’uso di una complicata barriera protettiva, così da studiarne i movimenti.
Sesshomaru dopo diverse ore d’assenza, decise di far ritorno dai suoi compagni nella vallata.
Rin provata dalla giornata se ne stava distesa su una panno davanti al piccolo falò, mentre Jaken continuava a sospirare nell'attesa di veder tornare il suo padrone.
La luna spiccava raggiante nel cielo, quando Rin e Jaken sentirono dei passi. 
- Sommo Sesshomaru! - esclamò Jaken.
- Sesshomaru bentornato - lo salutò Rin, sorridendo.
- Rin, di chi è quel kimono che indossi? - le chiese il demone bianco con tono pacato.
Lei guardò le maniche del suo abito. Si era completamente dimenticata di averne un altro addosso.
- Ecco, da dove inizio... Me l’ha prestato una ragazza, tra qualche giorno tornerò a riprendere il mio. Vedi è successo che...-
- Mio giovane signore - irruppe il piccolo demone. - Non sa cosa mi ha fatto passare Rin, sono stato costretto a restare in un villaggio umano fino a qualche ora fa. Il suo kimono ora è sporco del sangue di un’umana…-
Jaken raccontò tutto a Sesshomaru, facendo molta attenzione a sottolineare il suo disgusto e quanto fosse stremato dalla giornata che aveva passato insieme a Rin, anche se a ben vedere non aveva fatto niente se non lagnarsi per tutto il tempo.
Sesshomaru restò ad ascoltarlo con fare distaccato.
Non si stupì affatto dell’azione della ragazza. Quel comportamento era proprio da lei. Gli tornò alla mente la storia che lei gli aveva raccontato una notte. 
Rin non sapeva nemmeno in che zona abitasse l’egoismo e anche, quando non aveva niente, cercava di aiutare gli altri, questo Sesshomaru l’aveva verificato su se stesso proprio, quando si erano conosciuti.
Il suo servitore come suo solito cercava di incalzarlo a muoverle un rimprovero, che per lui risultava ridicolo e senza senso. Quel piccolo demone non riusciva proprio a capire lo stato d’animo di Rin, come non aveva mai capito il suo, malgrado riuscisse a percepirne gli umori, ma mai in senso profondo.
Rin intanto era tornata a sedersi sulla coperta vicina al fuoco. Le era venuto mal di testa a sentire le tiritere infinite che Jaken le muoveva contro, in più aveva poca forza per controbattere. Era molto meglio estraniarsi, dopotutto non aveva niente da giustificare lei. E poi Jaken se ne sarebbe anche potuto prima, invece di brontolare per tutto il tempo.
Si sentiva serena e soddisfatta di se stessa per essersi resa utile a qualcuno, che era in difficoltà.
Ripensò al bonzo che le aveva dato il permesso di visitare il villaggio: Chissà cosa ci faceva un occidentale in oriente? Pareva misterioso quel giovane uomo.

Sesshomaru volse le spalle al suo servitore che non la finiva più di parlare e, si sedette al fianco di Rin che se ne stava da sola in silenzio a guardare il fuoco. Con le dita scoprì il bel viso di lei seminascosto dai lunghi capelli e le carezzò lo zigomo.
Rin, quando avvertì quel contatto, trattenne la mano di lui sul suo volto per qualche istante.
- Che cosa stai facendo? - le chiese il grande demone.
- Le tue mani fredde mi aiutano a svegliarmi - rispose, sorridendo. - Sai, quando sono spossata il mio volto diventa più caldo del solito.-
Sesshomaru, dopo aver udito quella risposta, avvicinò il suo volto a quello di Rin e le diede un lungo bacio pieno di trasporto schiudendole le labbra. La sensazione di freschezza data da quell'unione attenuò il calore intenso del viso di Rin che ora sembrava aver incontrato l’inverno.
- Come va adesso? - le chiese guardandola.
Rin arrossì colta da imbarazzo, non le veniva niente da dire.
Il grande demone rise dentro di sé, le espressioni che gli regalava Rin erano impagabili, come a voler far contrasto con le sue che mantenevano una linea irremovibile come una bellissima maschera di cera.
Jaken se ne stava in un angolo a debita distanza dal suo padrone e dalla fanciulla. Almeno un piccolo rimprovero avrebbe potuto farglielo!   
Si sentiva triste e sconsolato, il suo signore aveva ignorato le parole del suo servitore e come se non bastasse ora se ne stava seduto accanto a quell'umana, la baciava e abbracciava. Gliele faceva passare tutte a Rin, come quando era piccola.
Ormai quello scenario era diventato consuetudine. Ogni volta che il suo padrone faceva ritorno dalle sue ispezioni, restava appiccicato a lei. La dipendenza nei confronti di quella giovane donna si poteva percepire a miglia di distanza.
Più i giorni passavano, più il suo signore peggiorava. Non c’era nulla da fare.
Sospirò a quei pensieri e con fare rassegnato decise di voltarsi e cercare di dormire.
Rin con due dita della mano sfiorava la mezza luna che Sesshomaru aveva sulla fronte scendendo sui graffi violacei dei suoi zigomi. La divertiva molto farlo. Quel demone bianco era un agglomerato di perfezione in ogni dettaglio.
Il legame che Sesshomaru provava nei confronti della fanciulla diventava sempre più forte e questo in un certo senso lo allarmava, date le loro differenze. Era quasi spaventato dalle emozioni che quell'umana gli faceva provare, ma allo stesso tempo non riusciva a non tenerla vicina. Lei era diversa da lui, ma allo stesso tempo complementare. Era l'unica che riuscisse a capire il suo modo d'essere con una facilità inverosimile. Le tenebre che da secoli lo avevano attanagliato, ora non potevano fare a meno di quella luce che le rischiarava.
Rin completamente all’oscuro dei conflitti interiori di Sesshomaru, dopo un po' di tempo cercò di trovare una posizione comoda nella morsa protettiva del demone. Si sentiva assonnata, appoggiò il volto sul petto di lui e cadde in un placido sonno.
Ormai erano diverse settimane che i due dormivano insieme, anche se a ben vedere il demone bianco aveva un riposo sempre vigile. A differenza degli umani o dei demoni minori a Sesshomaru bastava poco per sentirsi riposato. Non aveva mai dormito un granché nella sua lunga vita. Quando vide il volto assopito della fanciulla l’avvolse in una stretta più salda. Rin rimaneva sempre un’umana. Quanto avrebbe potuto beneficiare della sua presenza?
Contorti meccanismi di difesa da quel pensieri gareggiavano nella sua mente, si sentiva succube di se stesso...


                                                 
                                             


Angolo della scrittrice Nausika.

Cari lettori, innanzitutto grazie per le recensioni che mi avete lasciato. Questa storia è nata praticamente per caso. Di solito scrivo racconti sul genere: macabro – psicologico (di mia totale invenzione). Tuttavia i personaggi di Inuyasha in particolare: Rin e Sesshomaru hanno attirato la mia attenzione proprio per la loro natura: cioè lei un’umana solare, lui un demone introverso. Meglio di così! Valeva la pena approfondire il discorso. A modo mio ho immaginato come sarebbe continuata tra loro la storia...Devo dire che la cosa mi diverte molto. *-*

Ringrazio personalmente: Aurora Sama, Heart, FairyQueen78, Nana 94 sdb, Kadir 95, Ginger 90, Zonami 84.>

> Vi sono molto grata, siete gentilissime. I vostri commenti mi danno la carica giusta a portare avanti questo esperimento. XD

Passo a ringraziare chi ha aggiunto la mia storia tra i preferiti:
RedSonja , sweet sunshine. Aryka90, Cryss97, emanueladirectioner , Ginger_90, sara2107, Kadiri95 .

Chi l'ha inserita fra le storie seguite:
Aurora Sama , FairyQueen78, giada1999, Giuli Snow, Heart , hikaru83, Nana_94_sdb , Rineleo , Sermig4ever_green, Sana_chan91 , Saruccia , Zonami84, ginger_francobolla, Zigo.

E chi ha messo la storia tra quelle da ricordare:
Just_brings_me, Ylenia01. Grazie!

P.S. Vi torneranno molte cose di quello che avete letto oggi. Grazie dell’attenzione. A presto!

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Capitolo 6
*** Meyhes, la demone minore VI ***


  VI

Meyhes, la demone minore




 
- Jaken, perché non cominci a seguire Sesshomaru? - gli chiese Rin, mentre stendeva i panni su dei rami. - Io me la cavo bene qui e poi quel villaggio è ben protetto. Se vuoi posso cercare di convincerlo, quando tornerà.-
- Davvero lo faresti? - le chiese il piccolo demone di risposta.
- Certo. Oggi ti risparmio l’onere di accompagnarmi, sei contento? -
Ma guarda questa mocciosa, mi prende anche in giro. Tuttavia, se riuscisse a convincere il padrone, io potrei seguirlo di nuovo e sarei felice, pensò.
Rin sbrigò le sue faccende quotidiane e pranzò insieme a Jaken. Quel giorno non erano passati dal villaggio, ma solo dai contadini.
Nel tardo pomeriggio, il grande demone fece ritorno dalla sue solite ispezioni.
- Sesshomaru! - esclamò Rin felice di vederlo tornare così presto.
Lui si mise seduto su una roccia e lei a quel punto gli si avvicinò con fare placido.
- Rin, che cosa stai facendo ai miei capelli? - le chiese il demone con tono pacato.
- Mi rilassa acconciare capelli e poi, i tuoi sono bellissimi - fece una breve pausa. - Sesshomaru, domani dovrò tornare al villaggio in cui sono stata un giorno fa. Perché non porti Jaken con te? Lo vedo abbattuto.-
- Vuoi restare qui da sola? - le chiese lui di rimando.
- Ma non sono sola, con me c’è Ah Un e poi quel villaggio è così pacifico, starò bene - proferì lei briosa.
- Domani verrà con me. - rispose il grande demone in tono risoluto.
Rin lo abbracciò da dietro entusiasta di averlo convinto così facilmente.

+
Il cielo era terso il mattino seguente, Sesshomaru e un raggiante Jaken erano andati via da poco più di un'ora.
Rin sollevata d'essersi liberata per un po' dal suo piccolo amico petulante si incamminò verso il villaggio. Al suo arrivo gli abitanti l’accolsero con il sorriso sulle labbra. La voce del suo intervento da levatrice era volata di bocca in bocca e molti anziani la guardavano con ammirazione. Alcuni ragazzi vedendola da sola le si avvicinarono, cercando di instaurare una sorta di conversazione e Rin con la gentilezza che la caratterizzava si congedò quasi subito da loro, poiché aveva altro da fare in quel momento.
Le due ragazze la invitarono a restare con loro a pranzo,  e com'era successo qualche giorno prima Rin annuì placida, godendo della loro compagnia.
Qualche ora dopo, Rin salutò la giovane madre e si diresse con Nari al suo capanno per riprendere il kimono. Infine decise di recarsi presso l’abitazione della sarta. Tuttavia, mentre si dirigeva a passo svelto nel capanno dell'anziana, incontrò il giovane bonzo che proteggeva il villaggio.
- Vedo che sei di nuovo qui. Sei andata a trovare le tue nuove amiche? - Rin sorrise, annuendo.
- Sì, sono uscita ora dal loro capanno. Questo villaggio è pieno di brava gente, voi dove andate?-
- Ero diretto al tempio sulla collina, se verrai con me continueremo la conversazione.-
- Vi accompagno con piacere - disse, affiancandolo. Non riusciva a spiegarlo razionalmente, ma quell'uomo le pareva buono, si fidava di lui nonostante fosse uno sconosciuto. - Non so nemmeno il vostro nome. Io mi chiamo, Rin. -
- Piacere di conoscerti Rin. Io sono Amir.-
- Voi da dove venite? - gli chiese Rin incuriosita. - Non sembrate di queste parti e non intendo questo villaggio. Il vostro aspetto è diverso, si sente che avete imparato a parlare la mia lingua e che non sia davvero la vostra. Avete degli occhi diversi, altezza diversa e occhi così verdi, come acqua. Non ho mai visto degli occhi così tra la mia gente.-
- Io vengo dalle terre dell'Ovest così come i ragazzi che mi accompagnavano l’altro giorno - rispose Amir.
- Forse avevano delle strane armi? E ora che ci penso anche loro avevano occhi chiari, due di loro azzurri se non erro il ragazzo dai capelli neri aveva gli occhi forse grigi? - 
- Sei una buona osservatrice, Rin. Le armi che si portano dietro sono un mio dono. Non posso dirti altro per ora.-
- Scusatemi, forse sono stata inopportuna e indiscreta - rispose Rin, abbassando leggermente lo sguardo.
- Non preoccuparti - le disse tranquillo. - Ecco il santuario. -
Amir si inginocchiò e cominciò a togliere le erbacce, che erano cresciute attorno ai fiori.
A Rin pareva singolare che un uomo occidentale facesse il monaco in un villaggio orientale, pareva davvero integrato nei loro usi e costumi, ma alcuni modi di fare erano differenti, si capiva subito.
Quando Rin gli si chinò accanto per aiutarlo a togliere le erbacce, notò una prominente cicatrice sul dorso della mano del giovane bonzo. Più lo osservava, più il suo aspetto criptico la incuriosiva.
- Cosa c’è Rin? - le chiese lui.
Lei scosse il capo. Che sciocca, stavo fissando quella brutta cicatrice. Chissà come se la sarà fatta?
Mezz'ora dopo, Rin lo salutò e si avviò verso l’abitazione della sarta che non aveva ancora finito ciò che le aveva chiesto. Durante il tragitto di ritorno, pensò a quello strano monaco, si sentiva turbata, poiché le era sembrato così misterioso, triste...

+++++   ++

A miglia di distanza, Sesshomaru insieme a Jaken continuava la perlustrazione delle terre che da più di un mese muovevano il suo interesse.
- Padrone che cosa facciamo? - gli chiese il suo servitore. - Qui non si percepisce nient’altro, solo rovine e cadaveri.-
- Ho visto abbastanza, possiamo tornare. - rispose il grande demone.
Jaken si aggrappò alla coda del suo padrone e a velocità demoniaca in poco tempo giunsero nella vallata. Sesshomaru notò subito l’assenza di Rin.
- Mio giovane signore qui c’è solo Ah Un. - disse Jaken. - Di sicuro a quest'ora Rin sarà ancora a perdere tempo in quello stupido villaggio. Padron Sesshom…- non finì la frase che il demone era già sparito dalla sua vista. "Ma dov’è andato?" si chiese il suo servitore.
Quando si tratta di quella mocciosa perde la testa. Per fortuna almeno per oggi, non sono stato costretto a seguirla in quel luogo brulicante di umani, pensò.

+++    ++  +   +   +

Prima del calar del sole, Rin decise di fare ritorno nella vallata. Non sapeva quanto ci avrebbero impiegato Jaken e Sesshomaru a tornare, ma in compenso c’era Ah Un. "Almeno lui non si lamenta!" si disse lei. "Non sa parlare. A quest’ora chissà quante me ne avrebbe dette Jaken, fortuna che Sesshomaru se l’è ripreso." A quei pensieri la giovane accennò un sorriso divertito sulle labbra, ma subito qualcosa la riscosse, qualcuno la chiamava. Si voltò e vide un ragazzo che le correva incontro. Era di bell'aspetto e portava i capelli legati in una lunga coda. Più lo guardava, più le sembrava di non averlo mai visto.
- Gio...Giovane signora. - disse il ragazzo cercando di riprendere fiato. - Vi ho vista andare via e vi ho raggiunta.-
- Ci conosciamo? - gli chiese Rin.
- Ehm, veramente no - rispose il giovane. - Sono un ragazzo di un villaggio vicino, due giorni fa mi ero recato qui per una commissione e vi ho vista. Voi avete subito attirato la mia attenzione.-
- Perché mi avete seguita? - gli chiese lei.
- Ecco, voi mi piacete molto. - rispose il ragazzo arrossendo. - Siete bellissima. - continuò. - Io mi chiamo Hiroshi e sono il figlio di un ricco mercante, vorrei rivedervi, conoscervi meglio. Vi prego di concedermi questo onore.-
Nel sentire quelle parole Rin avvampò in volto colta dall’imbarazzo. Era la prima volta che un giovane si dichiarava così apertamente, da un lato le faceva piacere, ma dall'altro si sentiva molto a disagio. Erano da soli e lei non voleva far nulla per illudere quel ragazzo.
- Ehm...Ecco... Io...Io vi ringrazio, le vostre lodi mi lusingano, ma ora è meglio che torni dai miei compagni - disse Rin, cercando di sfuggire al più presto da quell'insolita situazione.
- Come dite? Io sono il ragazzo più ambito di tutti i villaggi in circolazione, qualunque donna farebbe i salti di gioia a ricevere queste attenzioni da me.-
- Mi dispiace, ma io...- rispose la ragazza senza riuscire a terminare la frase.
- Da quando vi ho vista non riesco a togliervi dalla testa. -
- Scusatemi, ma devo andare - ripeté di nuovo Rin, voltando finalmente le spalle a quel ragazzo insistente.
- Aspettate! - esclamò il giovane con tono irritato, afferrando con forza il polso di Rin.
- Ma siete impazzito? - gli chiese lei con sguardo accigliato. - Mi fate male, lasciatemi andare.-
In un attimo Rin si ritrovò seduta sull’erba. Un forte spostamento d’aria le aveva fatto perdere l’equilibrio. Vide a pochi metri da lei dei pantaloni bianchi allacciati alle caviglie e degli stivaletti neri. Riconoscendo di chi si trattasse, in un attimo, Rin si rimise in piedi, colta all'improvviso da una spiacevole sensazione. E restò pietrificata, quando vide quella scena: Sesshomaru con una mano teneva il giovane per il collo, sollevandolo in aria. Lei doveva fare qualcosa alla svelta o lui l’avrebbe strangolato di sicuro senza tanti complimenti.
- Se...Sesshomaru lascialo andare - disse Rin con voce ansiosa.
- Questo patetico essere ti avrebbe sicuro fatto qualcosa di male se non fossi intervenuto - affermò il demone con tono gelido.
- Ti scongiuro - riprese lei con voce implorante. - Non ucciderlo. -
Sesshomaru per un istante volse lo sguardo a osservarla, sul volto di lei si poteva scorgere chiaramente la disperazione, che stesse provando. A quella vista, con poca convinzione decise di lasciare la presa.
Il giovane cadde sull’erba e cominciò a tossire sonoramente per riprendere fiato, sollevò il capo lentamente e guardò Rin che gli fece un cenno con gli occhi, come a dire va via alla svelta. E lui ben consapevole di aver rischiato di morire, si alzò in fretta in piedi e corse lontano. Rin a quel punto osservò il volto impassibile di Sesshomaru, la tensione nell’aria era palpabile.
- Andiamo - proferì il demone con voce dura.
- Sì.-
Rin percorse il tragitto che la separava da Jaken e Ah Un al fianco di Sesshomaru, che non disse una parola per tutto il tempo.
- Rin, Pa...Padron Sesshomaru - disse il piccolo demone.
- Jaken resta con Rin - proferì il grande demone sorridendo.
- O...Ob...Obbedisco mio signore. -
Il padrone ha sorriso, si disse il minuto demone. Che paura!

Sesshomaru voltò le spalle al suo servitore e sparì in un istante. Il demone, pur di non far soffrire Rin si era costretto a risparmiare la vita di quell’insulso umano. Ed ora quell’istinto omicida, che aveva messo da parte non era sparito. Era alla ricerca di qualcosa su cui sfogare quella rabbia che si era forzato a controllare. Voleva sentire le carni lacerarsi direttamente sotto i suoi artigli.

Rin si mise seduta a terra sospirando. Il piccolo demone le si avvicinò.
- Allora, che cosa è successo? - le chiese lui.
- Beh ecco, mentre stavo tornano qui..- continuò, raccontando l'accaduto al piccolo demone che si mise in ascolto senza interromperla.
- Quindi il padrone ha risparmiato la vita di quell’ umano..- "Questo spiega il perché di quel sorriso assassino." pensò.
- Jaken dopo che quel ragazzo è scappato via, Sesshomaru mi ha ignorata completamente - disse Rin, con un espressione affranta sul volto.
- Ma che pretendi, mocciosa! - esclamò il piccolo demone. - Il padrone è arrabbiato con quel ragazzo e con te. Non ci arrivi? - 
- Con me? - gli chiese sbarrando gli occhi. - Che c’entro io? -
- Tu hai difeso quell’umano. - rispose. - Il mio signore avrà fatto uno sforzo enorme a non ucciderlo. - 
Certo che l'ho difeso, pensò Rin. Non potevo mica lasciarglielo uccidere.
- Di cosa ti stupisci? - "Me lo sentivo, la mia felicità è durata solo un giorno. Ora il padrone mi costringerà a seguire questa ragazzina incosciente." si disse il minuto demone.

+++ +  +    + + +  + +  +

Sesshomaru sotto forma d'energia era giunto in pochi istanti nei pressi di un bosco, situato poco distante dalle terre disastrate che da più di un mese avevano attirato la sua attenzione. Condensò la sua essenza in forma corporea e cominciò a percorrere quei luoghi alla ricerca spasmodica di qualcosa, che potesse placare i suoi fragori. Doveva attenuare la sua ira.

Lungo il cammino percepì l’aura debole di alcune specie di demoni dalle sembianze bestiali. In una frazione di secondo Sesshomaru sguainò i suoi micidiali artigli, fece un balzò in avanti e tagliò i corpi di quei demoni giganteschi. I pezzi delle loro carni caddero in un sonoro tonfo alle sue spalle. Il demone bianco portò vicino al volto le dita intrise di sangue, ma ancora non gli bastava, non sarebbero bastati mille demoni ad attenuare il suo stato d'animo furioso. Seguì l’odore di bestie demoniache che circolavano a qualche miglia di distanza da dov’era lui. Non ci mise molto a raggiungerle. Mutò le sue sembianze nel suo vero aspetto: un cane gigantesco assetato di sangue.

A poche centinaia di metri da dov’era lui, nascosta dietro una potente barriera protettiva, una demone assisteva allo scenario che Sesshomaru le stava regalando, facendo attenzione a non farsi scoprire. Quando il demone bianco lasciò quelle terre e fu abbastanza lontano, la demone chiamò i suoi due servitori telepaticamente.
- Ruh sei da solo? - gli chiese la demone.
- Mia signora, Eor ci raggiungerà a breve. - rispose il suo servitore.
- Intanto che aspettiamo il suo ritorno, parlami di quello che hai visto nelle tue osservazioni. Hai scoperto qualcosa che potrebbe tornarci utile a riguardo di quel demone maggiore? - gli chiese.
Ha un’aura demoniaca spaventosa. Ho fatto bene a usare quella potente barriera, finalmente l’ho visto in azione. Pensò la demone.
- Quel demone cane si accompagna ad una giovane donna umana, un vecchio demone lucertola e un demone drago, che pare usino come cavalcatura.-
- Una donna umana hai detto? - gli chiese con tono sorpreso.
- Sì, mia signora e pare anche esserne molto legato. - rispose. - Difatti, quando il demone bianco si reca da queste parti, lascia questa giovane donna in compagnia del suo servitore.-
- La cosa si fa interessante. - proferì la demone. - Quel demone ha un punto debole. Parlami di questa donna. Che aspetto ha?-
- E' piuttosto attraente, ho avuto modo di vederla senza vesti, mentre faceva un bagno. Credo abbia percepito la mia presenza, perché pochi istanti dopo l’ho vista alzarsi e impugnare un arco in mano. A quanto pare sa anche combattere.-
Se quel demone dovesse rifiutare la mia offerta, saprei con chi prendermela, pensò.
In poco tempo dinanzi alla demone, si manifestò anche il suo secondo servitore, appena sceso da una bestia demoniaca.
- Mia signora, perdonate il ritardo. - disse Eor.
- Ti vedo pensieroso, cosa c’è? - gli chiese la demone.
- Ho una notizia da darvi. - rispose il suo vassallo. - Anche se..- disse esitando a continuare.
- Cosa aspetti parla! - esclamò la demone con tono alterato.
- Mia signora in quel villaggio ho intravisto un uomo sospetto - rispose. - Le vesti che aveva indosso erano quelle di un monaco, ma il suo aspetto fisico mi ha insospettito, poiché non era orientale. Così l’ho osservato da lontano - disse facendosi scuro in volto. - Quell’uomo ha una cicatrice sul dorso della sua mano, la stessa che aveva Amirdauzer. Quel segno che gli avete lasciato voi con i vostri artigli durante lo scontro. -
- Cosa...- disse, sgranando gli occhi. - Quello stregone è ancora vivo? Si è forse accorto della tua presenza? - 
- No, mia signora, ho trattenuto al massimo la mia aura; sono sicuro che non sia riuscito a percepirmi.-
- Bene - riprese la demone. - Che strana coincidenza, si trova nello stesso posto di quell'umana. -
Quel maledetto è venuto a darmi la caccia fino in queste terre. Mi ha quasi uccisa quella volta… Tuttavia, grazie alla ferita che gli ho inferto sulla mano, metà del suo potere ora è inibito, anche se resta sempre pericoloso.

++   +   +++   ++++         ++ +             +

I giorni che seguirono quel ritorno, Sesshomaru non proferì parola con Rin.
Lei dopo quattro giorni di silenzi si era stancata del comportamento di Sesshomaru. Lei aveva cercato in qualche modo a muovere un dialogo, voleva ringraziarlo per il suo intervento, ma lui proprio non ne voleva sapere di parlare e continuava a ignorarla. Quella mattina, Rin decise di recarsi al villaggio, almeno si sarebbe distratta e a Jaken suo malgrado non restava altra scelta se non quella di seguirla..
Al loro arrivo, molti abitanti si avvicinarono con fare affettuoso alla fanciulla.
- Vedo che ti sei fatta degli amici in questo insignificante villaggio. - le disse il piccolo demone.
- Finiscila Jaken! Sono brave persone - lo redarguì lei. - Salve Saki! - disse alla giovane madre, che aveva appena incontrato davanti a sé. - Ti vedo in forma. - continuò sorridendo.
- Rin, che bello rivederti così presto. Ah! - esclamò la giovane del villaggio. - C'è anche il tuo piccolo amico oggi.-
- Ehi tu! - disse il piccolo demone. - Non prenderti tutte queste confidenze con me!-

Le donne si misero a conversare, nemmeno avevano dato retta alle parole di Jaken.

+++ +     +  +    +          +

Sesshomaru si trovava nei pressi di un lago a parecchie miglia di distanza dai suoi compagni, finalmente aveva percepito qualcosa, un nuovo odore.
E pochi istanti dopo quella scoperta, nel cielo a cavallo di una bestia alata si manifestò un’oscura presenza: aveva lunghi capelli, mani artigliate e un graffio nero su ciascuno degli zigomi. Occhi grigi. Era l’antitesi dei colori di Sesshomaru.
Un uccello demoniaco volava a debita distanza da lei.
- Chi sei? - le chiese il demone bianco.
- Il mio nome è Meyhes - si presentò la demone, passando la mano tra i setosi capelli. - Non mi stavi forse cercando? Sono settimane che ti vedo setacciare queste terre in lungo e in largo. Tra l’altro ora ti sei messo anche a fare fuori i miei sottoposti. Mi riferisco alle bestie demoniache che continui a ridurre in brandelli da giorni.-
- Quindi sei stata tu a fare questo. - disse il grande demone. - Mhf. - fece un ghigno con le labbra. - Vedo che sei abbastanza accorta da usare un fantoccio al tuo posto, peraltro intriso del tuo odore. Credevi di ingannare un demone maggiore come me? Dove ti nascondi vigliacca? -
- Sai, ti ho osservato in questi giorni e ho avuto modo di vedere la forza distruttiva della tua potenza, mi uccideresti senza pensarci un attimo se mi presentassi vicino a te.-
- Che cosa vuoi? -
- Voglio farti una proposta. Sono intenzionata a conquistare tutte le terre che circondano questi luoghi. Che ne diresti di unirti a me? Insieme il lavoro diminuirebbe a dismisura e poi magari potremmo anche fare dell’altro, devo dire che non mi sei affatto indifferente.-
- Peccato che non sia lo stesso per me - proferì inflessibile. - Non mi interessa. -
- Il potente demone cane non potrebbe mai abbassarsi ad aiutare una demone minore come me, vero? - gli chiese acida.
- Esatto - rispose secco.
- Molto presto ti farò cambiare idea.-
- In che modo? - le chiese beffardo.
- Indovina un po'? Proprio in questo momento sono diretta dove hai lasciato lei. -
- Che cosa? - le chiese, sollevando le palpebre.

   

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Capitolo 7
*** I tre demoni - VII ***


VII

I tre demoni 
  




Quando Sesshomaru fece a pezzi il fantoccio con le sembianze della demone, questo diventò polvere, lasciando un simulacro al suo interno.  
L' uccello che serviva a Meyhes per osservare i suoi movimenti si allontanò subito dopo.
A quanto pareva i demoni minori, non avevano nulla da invidiare ai mezzo demoni come Naraku in quanto a indegna codardia, pensò il grande demone, trasformando le sue sembianze in essenza.
 
 +++ ++     ++  ++   +

Rin che passeggiava per le vie del mercato di oggetti con Nari sgranò gli occhi, quando davanti a loro, apparvero demoni sconosciuti.
Erano in tre e avevano sembianze umane occidentali come quelle di Amir e dei suoi seguaci. Uno aveva pelle olivastra e grandi occhi sporgenti grigiastri, l'altro più delicato aveva pelle chiara, labbra sottili, capelli castani e occhi rossi, in mezzo a loro c'era quella che pareva una donna bellissima dai lunghi capelli dorati.
 - Ruh devo dire che ogni tanto ha i suoi vantaggi avere un suddito perverso come te - considerò Meyhes, guardando il servitore dagli occhi sporgenti. - Mi piace molto questa ragazza, è veramente bella e per essere un orientale, non è nemmeno messa male con le curve. -
Finalmente avrebbe potuto disfarsi di quel corpo bello solo all'esterno, ma consumato al suo interno, godendo in aggiunta  delle sofferenze del demone maggiore che l'aveva rifiutata così sfacciatamente.
Il suo vassallo si inchinò davanti a lei, ringraziandola di tanta cortesia nei suoi confronti.
- Ehi tu! - disse il piccolo demone, puntando il bastone nella direzione diMeyhes. - Ti conviene non torcere un capello a questa ragazza o te la vedrai con me!-
 - Eor liberami da questo ridicolo scocciatore - ordinò al demone dalla carnagione chiara. - La sua voce mi infastidisce.
 Il suo servitore ghignò malevolo, guardando Jaken con superiorità. 
- Vediamo cosa sai fare piccolo demone. - gli disse Eor, sfidandolo con lo sguardo.
 - Ora assaggerai la potenza del mio bastone - rispose Jaken, posandolo sul terreno. - Nintojo! - esclamò.
 Eor schivò facilmente le fiamme della sua arma, quasi divertito da quella mossa disperata.
 Nari strinse il braccio di Rin, suggerendole di fuggire nel frattempo che il suo piccolo amico distraeva quei demoni. 
-Va via tu, te ne prego. Non posso lasciare Jaken da solo - mormorò a Nari. Anche se fosse scappata via, quella demone ci avrebbe messo pochi secondi a raggiungerla. Vide scappare la sua nuova conoscenza dopo quelle parole e poi tirando un profondo respiro, afferrò l'arco dalle sue spalle, impugnandolo.
Non pensava di poter fare granché, le aure di quei demoni erano forti, lei era da sola, e anche se negli anni era riuscita a costruire un buon potere spirituale non era ai livelli di Kagome o Kykio. Forse per essere ottimiste poteva sperare di prendere tempo.
-Dì al tuo vassallo di star lontano dal mio amico - disse, puntandole contro la freccia del suo arco.
Meyhes reclinò il capo, passando le dita tra i suoi lunghi capelli biondi.
- Sei anche coraggiosa - le disse, fissandola con i suoi occhi vitrei. -Che ragazza divertente! - 
 - Che cosa volete da me? - replicò Rin a voce alta, continuando a tendere la freccia nella sua direzione.
 Rin rabbrividì quando l'istante dopo vide Meyhes scomparire dai metri che la distanziavano. E una goccia di sudore le colò dalla fronte, quando s'accorse che le era alle spalle.
 -Lo sai che hai un buon odore - disse Meyhes, sfiorandole il viso con gli artigli. - Non preoccuparti farò presto, voglio solo il tuo corpo.-
Rin sentì le forze abbandonarla, il corpo non rispondeva bene ai comandi. Aveva dolore in ogni parte esterna e interna. I suoi occhi vivaci lentamente cominciarono ad oscurarsi e a perdere quella luce radiosa che li aveva sempre distinti.
 - A...Aiuto Jak...- cercò di dire la fanciulla senza riuscire più ad emettere fiato. 
Il piccolo demone spalancò la bocca quando vide quella scena. Cosa poteva fare? Imperterrito continuava a sparare fiamme contro il servitore della demone, che pareva prendersi gioco di lui. Era praticamente circondato, un demone schivava i suoi attacchi e l'altro lo fissava in attesa di vederlo fuggire e farlo a pezzi.
Rin in quel momento lentamente scivolava in un terrore senza fine, visioni lugubri le tormentavano la mente. Meyhes stava cominciando ad angosciare l’animo della ragazza così da condurla ad una graduale perdita di se stessa.
 - Eor lascia perdere quell'essere insulso e andiamo via - gli ordinò la sua padrona con tono imperioso, passando le dita artigliate nei lunghi capelli dorati.
 Il suo servitore annuì, tirando un calcio a Jaken e facendolo sbattere contro l'asta di un capanno violentemente. Non s'era divertito ancora, ma se la sua padrona voleva andar via, lui doveva accontentarla. Salì sulla bestia demoniaca sopra la quale era seduto Ruh.
Meyhes teneva il corpo di Rin con un braccio come fosse stata leggera come una piuma. Le serviva quel corpo e aveva bisogno di silenzio per appropriarsene adeguatamente, di certo restare ancora lì le avrebbe solo fatto perdere tempo.
 - Sapevo che eri tu, Meyhes - la demone si voltò, incrociando gli occhi smeraldo di chi non avrebbe più voluto incontrare.
- Allora è vero quello che diceva Eor. Mi hai seguita fino in queste terre? - gli chiese beffarda. - Non posso certo dire che sia un piacere rivederti. Mi ci è voluto diverso tempo per riprendermi dopo quello scontro. Cosa ci fai camuffato da monaco?  Hai tentato di passare inosservato in questo minuscolo villaggio? -
 - Non fare domande inutili.  Lascia andare quella ragazza - disse, fissando gli occhi ghiacciati di Meyhes, unico punto del suo corpo che restava invariato in ogni corpo che prendesse.
 -Dovresti essere felice di vedermi cambiare corpo, in questo modo non sarai costretto a soffrire ancora guardandomi, non pensi? Sai, il corpo che uso mi ha stancato, lo rivuoi indietro per caso? - ribatté beffarda. - Quel giorno avresti potuto scegliere di stare con me. Dopotutto, possiedo il corpo di colei che tanto amavi, tua moglie Utren. -
-Non osare insozzare il suo nome con la tua boccaccia malvagia, dannata. All'epoca pensasti bene di nasconderti, fino a quando non ti fossi impadronita completamente del corpo di Utren. Oggi la farò finita con te una volta per tutte - concluse in tono risoluto.
 - Ma non farmi ridere, maledetto stregone - rispose la demone. - Quella ferita che ti ho inferto sessant’anni fa, ancora funge da inibitore ai tuoi poteri.-
In quell'istante una nuvola di fumo bianca prese le sembianze di un essere antropomorfo, ovvero Sesshomaru.

- Hai un solo istante per toglierle le mani di dosso. - ringhiò il grande demone, quando riprese sembianze umanoidi.
Lo stregone inarcò un sopracciglio, quando vide un demone maggiore che pareva essere nemico di Meyhes. E vista quella distrazione approfittò per comandare ai suoi seguaci di proteggere gli abitanti del villaggio dalle presenze maligne invocate dalla demone. Ovunque si respirava un miasma velenoso, e dovevano purificare l'aria.

-Ecco che arrivi anche tu - disse Meyhes scocciata, guardando Sesshomaru. - Non c'è che dire, oggi non è proprio giornata - considerò fintamente triste. - In questo momento il mio spirito sta entrando nel corpo di questa donna umana, di conseguenza se ora uccidi me anche lei morirà. Non c'è nulla che tu possa fare.-
 Jaken che s'era appena svegliata dopo lo schianto sul capanno, tirò un respiro di sollievo e raggiunse il suo padrone ben consapevole di non avere nessuna speranza contro quei demoni e stupito di essere ancora vivo.
A ben vedere il servitore di Meyhes, non aveva fatto altro che prenderlo in giro.

 Il demone bianco rimise la sua spada nel fodero, cercando di trovare una soluzione a quella situazione.
 -Se vuoi salva la vita lascia andare quella ragazza subito - intervenne nuovamente lo stregone.

 -Ebbene? Cosa vuoi fare? - gli chiese Meyhes sprezzante. - Non sei più il potente stregone di un tempo, ora hai dei limiti. L’anima di quest'umana pone delle resistenze, ma prima o poi sarà completamente soggiogata da me come Utren.-
-Pagherai per tutto ciò che hai fatto in centinaia d'anni te lo assicuro. E se questo serve a estirparti userò la mia vita - urlò, chiudendo gli occhi.
- Non fatelo, maestro- esclamò il suo allievo dagli occhi verdi e i lunghi capelli neri che si chiamava Wer.
 Lo stregone iniziò a recitare una formula arcana. I suoi capelli si sciolsero dalla coda che li tratteneva e cominciarono a muoversi spostati dall'energia che il suo stesso corpo stava generando. Amir doveva impedire alla demone di impadronirsi del tutto del corpo di Rin. Solo lui poteva farlo. Generò una nube intorno a lui e concentrò tutte le sue forze dentro di essa.
 - Pa...Padron Sesshomaru, questo stregone sembra essere parecchio potente. - Se come dice questa demone il suo potere è anche per metà inibito, non oso immaginare a che livelli arrivi allo stato naturale,  pensò.
 Sesshomaru non rispose, ma fissò la scena, percepiva anch'egli un'aura molto forte, e fatta eccezione di sacerdotesse, fatucchiere e monaci, non aveva mai visto in secoli di vita uno stregone che pareva venire da altri luoghi, davvero lontani dal loro mondo.
 Dopo aver recitato il suo incantesimo raccolto tra entrambe le mani, Amir lo scagliò sulla demone che tentò di scappare, facendo cadere a terra il corpo di Rin. E a nulla valse il suo tentativo di scappare, poiché quell'incantesimo consumava i suoi poteri dall'interno.  
Rin ormai libera da quella forza maligna, si inginocchiò sull’erba, mentre Amir cadde a terra in un tonfo.
- Ruh, Eor - disse Meyhes - Sbrigatevi, dobbiamo andar via alla svelta.- 
 - Credi forse di potermi sfuggire ora? - le chiese Sesshomaru, quando la raggiunse. - Sei finita - esclamò, dilaniandola con i suoi artigli. 
La demone priva di corpo cercò di lasciare quel luogo con il suo spirito che venne però reciso dalla Tenseiga di Sesshomaru.
- Padrone, i suoi servitori si sono dati alla fuga - gli disse Jaken.
- Non mi interessano i pesci piccoli - rispose il grande demone.
 Sesshomaru dopo aver realizzato che fosse tutto finito, raggiunse Rin  che s'era appena ripresa e l'aiutò a rimettersi in piedi.
 - Stai bene? - le chiese lui, mentre le cingeva la vita.
 - Sì. Quella sensazione sgradevole è andata via appena il bonzo... no, lo stregone ha scagliato l'incantesimo contro la demone. -
Aveva assistito ad ogni scena senza poter far nulla, restando interiormente basita nel vedere la vera identità di quell'uomo occidentale. Si chiese dove fosse e subito si voltò, schiudendo le labbra nel vederlo inerme sull'erba. I lunghi e lisci capelli neri erano sparsi disordinatamente sul terreno, il mantello da bonzo era stracciato alle maniche.
Alcuni abitanti del villaggio si erano accumulati intorno allo stregone. I volti dei suoi tre allievi erano spenti e rassegnati. Due di loro piangevano singhiozzanti.
Rin lo raggiunse e subito si inginocchiò al suo fianco, Sesshomaru la seguì con lo sguardo.
 - Ma non sarà? - chiese Rin al giovane che teneva il corpo del coraggioso uomo tra le braccia.
 - E’ morto - sussurrò l'allievo dello stregone in lacrime. - Quell’incantesimo che ha usato per contrastare la demone era troppo potente. Il mio maestro aveva una ferita che cercava di curare ogni giorno, era stata Meyhes a fargliela e, per colpa di quella ferita, l'uso del potere che ha usato gli è stato fatale.-
Rin sentì una stretta al cuore nel constatare che quelle parole erano vere. Quell'uomo le aveva salvato la vita, e le era piaciuto il suo animo sin dal primo giorno in cui l'aveva visto. Era stato lui a difenderla pure dagli abitanti del villaggio, era stato sempre gentile con lei nonostante nemmeno la conoscesse.
 Questo stregone ha perso la vita per salvare Rin dalla possessione, pensò Sesshomaru. Se non fosse stato per lui ora...
 - Mio giovane signore cosa volete fare? - gli chiese il piccolo demone, quando lo vide avvicinarsi al corpo esanime dello stregone.
 - Allontanatevi! - tuonò Sesshomaru, rivolgendosi alla folla accalcata attorno al corpo inerme di Amir.
L'allievo dello stregone che inginocchiato a terra ancora abbracciava le spalle del suo maestro protestò, venendo poi calmato da Rin che gli disse di fidarsi.
Sesshomaru estrasse Tenseiga dal fodero e colpì le anime dei servitori dell’aldilà.
Il corpo dello stregone fu avvolto da una luce per quelli che furono forse due secondi. Il suo corpo reagiva in modo differente da quello di un umano. Amir mugugnò, aprendo lentamente gli occhi.
Gli abitanti del villaggio restarono a bocca aperta, quando lo videro tossire per riprendere il fiato della vita. La scoperta della sua vera identità, non sembrava aver cambiato le cose. Difatti quell'uomo, con la sua venuta aveva portato solo bene in quel villaggio, da quando lui era approdato da quelle parti non si verificavano più attacchi demoniaci. Con le sue barriere, che aveva fatto passare per riti sacerdotali, era sempre riuscito a difendere gli abitanti, in più i suoi tre seguaci erano degli ottimi guerrieri, lui stesso li aveva istruiti.
 - Maestro! - lo chiamarono a voce alta i due allievi che erano in piedi.
 Ero convinto di essere morto, pensò lo stregone.
 - Sono così felice di vedervi di nuovo in vita Amir. Non so davvero come ringraziarvi - disse Rin sorridendo.
 - Maestro guarda - Wer prese la sua mano. - La ferita è sparita.-
 -Ed è tutto merito del mio padrone, se il vostro maestro è guarito - disse Jaken con tono tronfio. - Perché Tenseiga ovvero la sua spada taumaturgica oltre ad avergli ridato la vita, ha guarito anche le sue ferite. Dovreste chinarvi a ringraziarlo tutti, perché vi ha salvato la pelle, visto che ha anche ridotto in brandelli sia il corpo che l’anima di quella demone.- 
 Jaken è proprio un ingrato, pensò Rin per nulla d'accordo con le parole dell'amico. Ma non si vergogna a parlare così? Se non fosse stato per questo stregone io sarei diventata il fantoccio di quella demone.
- Questo significa che la maledizione che limitava il mio potere non esiste più - mormorò lo stregone quasi rivolgendosi a se stesso. - E Meyhes è  davvero morta? -  
 - Ovvio che si - rispose il minuto demone convinto. 
 Amirdauzer si fece scuro in volto e non gli rispose. Era perplesso, erano troppi anni che la inseguiva e l'idea che si fosse concluso tutto così improvvisamente pareva quasi inverosimile. Chiuse i lunghi capelli in una coda bassa, e dopodiché si avvicinò a Sesshomaru.
 - Ti devo la vita - gli disse lo stregone guardandolo in volto. - Quel tuo fendente è davvero eccezionale, ha guarito anche il mio stato d'animo.-
 - Non l'ho fatto per te - rispose il grande demone, volgendo lo sguardo in un punto indefinito.
Proprio com'è successo, quando ho riportato in vita Rin, si disse. Lei all'inizio non parlava, ma grazie a Tenseiga i suoi vecchi traumi sono spariti.
 - Qualunque sia il motivo io ti ringrazio e ti darò qualcosa in cambio - riprese lo stregone.
 - Risparmia la tua gratitudine, non c'è nulla che mi interessi avere. - replicò Sesshomaru chiudendo il discorso.
 - Ora che i miei poteri non sono più inibiti posso usare le mie conoscenze - riprese lo stregone. - Non è un dono per te, ma per lei e credo che lo gradiresti molto anche tu. Qualcosa ti tormenta da quando l'hai conosciuta e io conosco bene quello stato d'animo - proferì fissandolo.
 Non starà forse parlando, pensò il demone bianco.
 - Torna da me tra tre giorni, ne parleremo meglio da soli - gli disse lo stregone.
 - E sia - rispose Sesshomaru.
 
Jaken che aveva raggiunto Rin frattanto che il suo padrone parlava con quel potente stregone, s'era dovuto subire tutte le chiacchiere della sua loquace amica umana, che non solo s'era messa a parlare con i ragazzi che seguivano Amir, ma pure con la sarta a cui aveva ordinato gli abiti nuovi. La donna le stava dicendo di passare l'indomani a ritirarli e questo era davvero troppo per lui che non ne poteva più di quegli umani. Rin pareva ficcarsi sempre nei guai quando si avvicinava alla sua razza.  
Per fortuna il suo padrone aveva richiamato Rin non appena era tornata vicino a loro, insieme erano tornati all'accampamento.

+           +

 A metà mattinata del giorno seguente, Rin decise di fare una passeggiata nella vallata.
 - Jaken vado qui vicino a raccogliere delle erbe - disse Rin. - Non ci metterò molto. Quando sarò tornata andremo al villaggio. La sarta ieri ha detto di aver ultimato i miei abiti.-
 - Guarda che lo so! - rispose il piccolo demone. - Ti ricordo che c’ero anch’io.. - "Destino infausto." pensò il piccolo demone. "Devo sempre farle da accompagnatore."
 - Allora a dopo! - gli disse sorridendo.
Rin avanzò nella foresta in cerca delle sue erbe medicamentose. Poco distante da dov'era lei notò un brillio provenire dalla corteccia di un imponente arbusto, si avvicinò e vide poco più in alto come incastonato nel legno uno splendido fiore pieno di sfumature. Aveva tutti i colori dell' arcobaleno, le rifrazioni solari lo illuminavano facendolo risplendere. Rin voleva osservarlo da vicino,  così cercò di arrampicarsi. Il kimono le impediva movimenti rapidi. Era sempre più impaziente di tornare da quella sarta a cui aveva chiesto degli indumenti maschili. In tutti quei mesi passati a viaggiare si era resa conto di non poterne fare a meno e, inoltre ora non c’era Kaede a rimproverarla, di sicuro la vecchia sacerdotessa non sarebbe stata d’accordo. Rin accorciò il suo kimono come meglio poté, scoprendo così le gambe, salì sull’albero e ammirò quel fiore. Restò appollaiata sul ramo per un po’ di tempo ad ammirare il paesaggio dall’alto poi decise di scendere a terra.  Mentre picchiettava il suo kimono per pulirlo dai residui di corteccia, notò sull’erba un altro fiore simile a quello che cresceva sull’albero. Entusiasta di quella scoperta  lo raccolse e tornò dal piccolo demone.
 - Jaken? - urlò la fanciulla. - Jaken? - chiamò di nuovo, mentre percorreva la foresta. - Dobbiamo tornare al villaggio.- 
 Rin si guardò intorno, non c’era nemmeno il demone drago.
Non c'era nessuno intorno. Spazientita cominciò a camminare, ma non riuscì a fare il passo successivo, che si ritrovò al cospetto del demone bianco.
 - Sesshomaru, quando sei tornato? Ma dov'è Jaken? - gli chiese.
 - L'ho inviato in quel villaggio umano a prendere le tue cose - rispose risoluto.
 Quindi Jaken s'era mosso da solo?
Speriamo che non si comporti da maleducato con quella brava signora, si disse Rin, posando una mano sullo zigomo.  
 - C'è qualcosa che non va? - le chiese Sesshomaru.
 - Ah no, niente di importante. Guarda che bello questo fiore. - gli disse, avvicinandolo al volto del demone. - Prima sono salita su un albero pur di vederlo da vicino, mi dispiaceva coglierlo era un peccato, però quando sono scesa  ne ho trovato un altro uguale sul terreno. Che fortuna! - esclamò con un sorriso sulle labbra.
 - Quel fiore prima o poi appassirà - sentenziò lui.
 - Beh,  è vero. - proferì Rin. - La bellezza dei fiori è effimera, non durerà a lungo in questo stato, ma le cose non muoiono mutano semplicemente forma. Mi piace vederla così - concluse sorridendo.
 Non muoiono, ripeté il demone nella sua testa.
 Rin avvertì un cambiamento appena accennato negli occhi dorati del demone. Si chiese cosa avesse. Protese la mano in avanti e la fece scivolare sullo zigomo, come a volerlo rassicurare. Lui, quando avvertì quel calore sul volto afferrò il polso di Rin bloccando il suo gesto.
 - Che hai, Sesshomaru? - gli chiese preoccupata.
Seppellì la mano tra i suoi folti capelli scuri, sentendone il peso setoso. E la guardò ancora per qualche istante, permettendole di leggere la verità nei suoi occhi, poi si avvicinò al suo volto e cominciò a baciarla. Con una mano le cinse la vita premendola contro il suo corpo, come a farle sentire l'effetto che gli causava. Il desiderio di averla completamente si faceva sempre più pressante, come se avesse atteso quel giorno da lungo tempo. I suoi baci erano passionali, incisivi, un contatto sempre più incalzante, più irruente. 
 Un improvviso terremoto emotivo travolse la fanciulla, che si abbandonò completamente a quelle nuove sensazioni. Le mani di lui le sfioravano la pelle, esplorando il suo corpo come terra sconosciuta. I sibili della ragazza si propagavano nell'aria alla maniera di un eco, seguiti dai battiti accelerati del suo cuore e da quel profumo d'inverno, che lui emanava. Rin sentiva il suo corpo andare a fuoco. 
 Sesshomaru distese parte della sua coda sull'erba e si adagiarono su di essa. Snodò la fascia della sua armatura facendola cadere alle sue spalle. Si liberò dalle sue vesti fluenti e lasciò il torace libero, dopodiché sciolse l’obi del kimono di Rin. Si fermò per qualche istante ad ammirare quel debole corpo, che lo aveva rapito. Seguendo con gli occhi la nudità di quell'umana bellissima, che era diventata: la sua sete, il suo limite, il suo cammino incerto. Così fragile, delicata. 
 Lei lo guardò imbarazzata piena di quel pudore, che caratterizza una fanciulla. 
 A quella vista Sesshomaru le dette un bacio lungo pieno d'ardore, che ben contrastava con la freschezza della sua pelle. Era affascinato dall’inesperienza di lei e sentiva una fiamma di passione farsi strada in tutto il suo essere.
Discese a baciarla in ogni punto avidamente, avvertendo sempre di più il calore e la morbidezza di quella pelle liscia sulle sue fredde labbra. Le sue dita scorrevano labili per le vie di quel corpo flessuoso. Lentamente si insinuò dentro di lei e la sovrastò. 
 Per la fanciulla quell'atto fu forte, doloroso per pochi secondi e poi la rottura, lo squarcio. 
 Il demone sentì l'odore di sangue vivo.
Il sangue di Rin. Ma cosa aveva fatto?
Si fermò qualche istante e guardò la ragazza. Gli occhi di lei brillavano di una luce sensuale, tiepide lacrime fuggivano veloci sulle guance rosee del suo viso. Lui esitava e la guardava. 
Rin allungò le braccia e le strinse dietro la schiena del demone a cui aveva donato se stessa, come a rassicurarlo. Lo baciò sulle labbra, avvertiva dolore, ma si sentiva viva e amata. 
 Lui continuò a muoversi ondeggiando in modo ascendente dentro di lei. I loro corpi erano uniti in un abbraccio profondo.
Un imprevisto folgore avvolse il giovane corpo di Rin, come se fosse divenuto preda di un uragano in progressione, che rapidamente aumentava d’ energia. I suoi ansimi crescevano ad ogni spinta, fino a che furono entrambi travolti da una sensazione intensa.
 Una felicità crescente si fece spazio in lui, quando la vide sorridergli dolcemente. Quel sorriso che per Sesshomaru era stato l’inizio di tutto, che lo aveva risvegliato dal suo sonno di noia, di inquietudine, di giorni bui simili l’uno con l’altro.  
Il grande demone la baciò nuovamente, come a non voler perdere il suo aroma sulle labbra, dopodiché la guardò negli occhi e sussurrò il suo nome con quella voce profonda e oscura che parlava direttamente al cuore di lei. Quel nome appartenente all’unica donna che avesse spogliato il suo spirito dall'immensa solitudine, che lo cingeva da secoli.
 - Rin. -
 
                                                         
                                                    
 
 
Angolo della scrittrice Nausika.
 
Cari lettori, anche questo capitolo è concluso. Mi sono divertita molto a scriverlo e ad inventare le varie storie.
E così, dopo una serie di peripezie, i nostri cari amici hanno legato le loro anime in una cosa sola! Sesshomaru, dopo un po’ di  tempo di inseguimenti, baci, carezze, abbracci ha ceduto ai suoi ultimi freni inibitori e la nostra Rin ha conosciuto qualcosa di nuovo (eheh).
Credo di non essere caduta nel prosaico, sono stata attenta a non inserire particolari un po' troppo osé. 
 
Ringrazio le new entry che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite ovvero:
Aire , lovers_MissManga99 .
 
E le new entry che l’hanno messa tra le seguite: 
lotty_samaSatana1, Shiori Lily Chiara, silser86, Sofina.  
 
* Nota.
In quel tempo, di pari passo alle figure immaginifiche della Takahashi basate sulla mitologia orientale, esistevano altre figure nella mitologia occidentale quali: stregoni, maghi e quel che dir si voglia. Ed io adoro il fantasy Occidentale. Ragion per cui ho pensato di unire Occidente e Oriente. E siccome siamo nel Medioevo, perché non fare entrare altri personaggi che vivono in quell'epoca? Invece di girare sempre la stessa solfa? Quindi senza snaturare il paesaggio orientale, ho optato per far viaggiare queste figure in oriente, almeno prendiamo aria! Tra l'altro vi avverto: " I demoni che descriverò io saranno più crudeli di quelli a cui vi siete abituati nel manga, che vedo molto soft." Dopotutto io non ho un pubblico di ragazzini, quindi nessuna pietà, sono o non sono demoni? E allora descriviamoli come tali! Ovviamente sempre nel limite del sopportabile. :D
Nel prossimo capitolo vi sarà la storia del mio stregone e il dono che lui farà a Sesshomaru.

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Capitolo 8
*** Il demone maggiore e la donna umana + Extra - VIII ***


 VIII
 
Il demone maggiore e la donna umana
+ extra





 

Le affinità da che mondo e mondo erano sempre esistite e il loro meccanismo eludeva la comprensione, forse la chiave di quel mistero non doveva essere trovata. Quell’unione appena compiuta aveva rinforzato quei sentimenti, quel legame.
Era davvero qualcosa di straordinario, come quelle nuove sensazioni, si fossero indelebilmente impresse nel cuore di entrambi i nostri amanti.
Rin quel giorno si era concessa al suo unico e vero amore, senza remore, senza timore alcuno. Come avrebbe potuto provare paura? A lei sembrava di vivere un sogno, poiché si sentiva così privilegiata ad aver avuto la fortuna di conoscere quel demone, considerato da tutti freddo, crudele e spietato, ma che ai suoi occhi non lo era affatto. Rin non riusciva proprio a vedere Sesshomaru come una creatura malvagia, per lo meno non lo era più di certi uomini, che aveva conosciuto nei primi anni della sua vita. Uomini che senza alcuno scrupolo le avevano portato via le persone più care, rovinandole la vita. Perfino gli abitanti del suo villaggio l'avevano maltrattata, malgrado la tenera età. E ironia della sorte proprio una creatura tanto odiata, tanto temuta dall’uomo, perché identificata come infima e oscura l’aveva salvata senza più lasciarla sola.
L’animo della fanciulla non riusciva più a contenere la felicità, l’amore infinito, la gratitudine che provava per lui, che ora l’aveva resa donna completamente, sigillando quel sentimento che mai avrebbe osato dichiararle a parole. Ma Sesshomaru quello che non riusciva a dire a parole lo esprimeva con i fatti, con il corpo, e lei aveva avvertito le risposte del torace di lui in quell'abbraccio, in quel suo modo di fare, fremeva dal desiderio. Quel demone così bello e dai modi risoluti, aveva occhi solo per lei.  
Rin si mise seduta e con una mano afferrò il suo kimono, Sesshomaru la osservò in tralice.
- Cosa fai? - le chiese il grande demone.
- Mi rivesto - rispose la ragazza, voltandosi a guardarlo. - Jaken  potrebbe tornare da un momento all’altro. - 
Così dicendo infilò il suo kimono in fretta e furia, annodando l’obi. Sciolse i suoi capelli scompigliati dal movimento precedente e rifece la coda laterale. Ormai del tutto in ordine, rimirò la figura di lui, spalancando la bocca in una smorfia stupefatta nel vederlo vestito di tutto punto.
- Ma come fai  hai fatto. Non ho sentito niente - gli disse esterrefatta.
- I tuoi sensi non possono percepire i miei movimenti. Sei calma ora? - le chiese con tono pacato.
Rin annuì sorridendo e lui le cinse la vita, facendola sedere sulle sue gambe. Lei in tutta risposta appoggiò la parte posteriore del capo sul torace di lui, che con le labbra le sfiorava lo zigomo.
Restarono lì, sotto l’ombra di un albero, circondati dai suoni della foresta, dal profumo dell’erba.
Il demone in quel momento, pensò che Rin somigliasse a quei fiori che tanto le piacevano.
Mai nei lunghi secoli della sua vita  si era sentito così appagato, così placido interiormente e non solo apparentemente.
Non riusciva ancora a credere a quello che era accaduto. Lui si era lasciato andare al desiderio, al fuoco che da tempo lo consumava, alla veemenza, proprio lui che si era sempre controllato ora non poteva più nascondere cosa provava, le sensazioni e il benessere che lo avvolgevano. Unirsi a Rin che era un’umana gli era sembrato così semplice, così naturale e questo, perché lui l’amava. Si era innamorato di un’umana e chissà da quanto tempo quel sentimento vigeva latente nel suo animo. Quando Rin era una bambina lui non era riuscito a definire quegli stati emotivi, sapeva di non averla mai vista come una figlia o come una sorella; a ben vedere un fratello già lo aveva e bastava, avanzava. Sin, da quando Rin lo seguiva nei suoi viaggi, sentiva un profondo legame per lei e forse in cuor suo sapeva bene che da lì a qualche anno quel sorriso, quegli occhi scuri e profondi un giorno lo avrebbe catturato e, infatti così era stato. Più volte aveva rischiato la sua stessa vita pur di salvarla e senza pensarci un attimo tanto gli pareva normale. Quel sentimento che aveva sempre considerato come una parentesi di debolezza ora faceva parte di lui e a poco a poco l'aveva cambiato. Da quando l’aveva conosciuta era solo migliorato, era diventato più forte, aveva ottenuto una spada micidiale, era stato perfino in grado di rigenerare il suo arto. Innamorato, sì quella parola che non avrebbe mai pronunciato e che gli pareva strano anche pensare, sembrava l’unica che potesse descrivere le sensazioni, che lei gli facesse provare e, sapere di essere ricambiato lo rendeva ancora più felice.
I suoi sensi ora erano inebriati da quella dolce fragranza fruttata che emanava la pelle di lei, l’ unico odore umano che stranamente non infastidisse il suo fiuto. E questo, perché per lui il corpo di Rin emanava un profumo, e non un fetore irritante come quello, che avevano gli altri esseri umani, ed ora quel profumo era diventato tutt’uno con il suo.
Quell’umana era l’unica che lui riuscisse a sopportare, la sola che senza sforzo fosse riuscita ad aprire uno spiraglio di luce nel suo cuore livido, quella ragazza così pura e dolce lo amava ed era sua.
 
+     +

Quando Jaken un'ora dopo fece ritorno nella vallata, vide Rin tra le braccia del suo padrone non stupendosene affatto. Forse quella scena avrebbe giovato anche a lui. Di certo il suo signore ora dava l’idea di essere rilassato a differenza dei giorni trascorsi, almeno così non l’avrebbe maltrattato più del dovuto.
Rin, quando vide il piccolo demone, protese le mani sulle braccia di Sesshomaru e le scostò delicatamente dalla sua vita.
- Jaken sei tornato! - esclamò lei, quando lo raggiunse. - Allora? - gli chiese in attesa.
- Quell’umana mi ha dato questo sacco, al suo interno ci sono i tuoi abiti. - rispose il piccolo demone. - Ha detto che non le devi niente.-
- Davvero? - gli chiese lei sorpresa.
- A quanto pare i tuoi vestiti sono stati pagati dalla donna che hai aiutato a partorire - riprese lui. - Tieni - disse, porgendole il fagotto tra le mani.
- Che gentile, devo tornare al più presto a ringraziarla.-
Come sono ridotto, pensò il piccolo demone. Ora faccio anche da intermediario.
- Rin tra tre giorni dovrò tornare in quel villaggio. - proferì Sesshomaru. - Io resterò con quell'umano, mentre tu insieme a Jaken andrai a fare i tuoi giri. - concluse pacato.
- Ma è fantastico! - esclamò la fanciulla. - Hai sentito Jaken? -
Ci si mette anche il padrone adesso? Nel frattempo dovrò subire le sciocche chiacchiere che Rin intratterrà con quegli umani. Sospirò.
- Jaken resta qui insieme a Rin  -  gli ordinò rimettendosi in piedi. Aveva avvertito qualcosa, l'odore appena percettibile di una presenza demoniaca.
Ormai da sola con Jaken, Rin sciolse il nodo che chiudeva la sacca dei suoi nuovi indumenti, voleva godere a pieno di quella vista. Tirò fuori il mantello seguito dai pantaloni e la giacca. Erano proprio come li aveva chiesti. 
- Ma che fai, ridi da sola? - le chiese il piccolo demone.
- Nemmeno immagini quanto mi facciano comodo questi vestiti. Che bello! - esclamò, richiudendo la sacca per poi ruotare il capo verso l'amico. - Jaken andiamo a cercare qualche frutto da mangiare per cena prima che faccia buio.-
- Sono così belli quei vestiti? - le chiese lui. - Da quando li hai visti, non fai altro che ridere. Fammeli vedere - disse il piccolo demone con sguardo interessato.
- Li vedrai a tempo debito - rispose la ragazza facendogli l'occhiolino.
Jaken bofonchiò e assieme si recarono dai contadini per comperare della frutta.

+   +       +


Nel tardo pomeriggio di tre giorni dopo, Sesshomaru assieme a Rin e Jaken fece ritorno nel villaggio per incontrare lo stregone. Un sospetto s'era fatto pressante nel suo animo a riguardo le ultime vicende successe. Aveva seguito 
l’odore di presenze demoniache quasi ogni giorno senza riuscire a riconoscerlo, l’indizio olfattivo era mescolato ad altri, pareva di sentire il lezzo di più creature in una sola, ne aveva seguito la scia, ma poi giungendo nei pressi di un ruscello non aveva più sentito nulla. L’acqua aveva cancellato quella flebile traccia.
 
Al suo arrivo al villaggio umano notò subito la presenza dello stregone che ora aveva indosso altri abiti.
A quanto pareva non ci aveva messo molto a tornare ad essere se stesso, ma come stupirsene, visto che erano anni che si camuffava in qualcosa che non gli apparteneva.  Ora indossava un intricato completo violaceo e sulle spalle aveva un mantello. I lunghi capelli sciolti color dell'ebano gli ricadevano dietro la schiena.
 Lo stregone si avvicinò a Sesshomaru, che aveva al fianco Rin e il piccolo demone.
- Come di parola sei tornato - disse Amir. - Ti aspettavo. -
- Allora noi andiamo a casa di Saki - disse Rin in tono placido, salutando entrambi. - Andiamo Jaken.-

Sesshomaru e lo stregone uscirono dal villaggio a passa lento e si fermarono davanti al tempio che era divenuto in realtà il deposito di pozioni di Amirdauzer. C'era una porta magica nel muro che lui fece apparire dal nulla.
 -Ecco a te - disse lo stregone, porgendo una piccola boccetta tra le mani di Sesshomaru.
- Che cos’è? - chiese il demone.
- E’ un intricato Elisir ricavato grazie ad una formula tramandatami dal mio maestro - rispose lo stregone con tono pacato.
- Spiegati.- 
- Serve a rallentare l’invecchiamento. Se lei berrà questa pozione, la sua vita si allungherà notevolmente e, se va bene potrebbe anche vivere più di duecento anni.-
- Cosa ti fa pensare che io creda alle tue parole? - gli chiese Sesshomaru.
- Che ragione avrei di mentirti? - replicò Amir.
- Perché hai tenuto tanto a farmi questo dono? - gli chiese il grande demone per poi continuare. - Tre giorni fa hai detto che grazie a Tenseiga il tuo animo ora è sereno. -
- La tua spada mi ha ridato la vita, guarito dalla maledizione che poteva estinguersi solo alla mia morte o alla dipartita di Meyhes, ma soprattutto ha sollevato il mio spirito che da tempo era avvelenato dal rimorso. Ora attraverso te potrò dare  una continuità a quel passato. Vedi Rin, nel carattere somiglia tanto alla mia defunta moglie e tu mi ricordi me a quel tempo, per cui voglio darti quest'opportunità. - Dopotutto te la devo.-
 
....Amir raccontò tutta la sua storia a Sesshomaru che restò ad ascoltarlo.
[Nota*  La storia di Amir si trova alla fine del capitolo (mi è sembrato più opportuno dividere i contesti, data la lunghezza. Come preferite fare? Potreste scendere più tardi o adesso, regolatevi. Quella storia spiega molto su questo personaggio che vi anticipo sarà un elemento fondamentale in questa vicenda). La storia dello stregone ha il titolo sottolineato, quindi nessuna confusione.]


A fine storia Sesshomaru meditò: Quindi è andata così... Quella demone era proprio contorta, ho un dubbio sulla sua dipartita. Quell’odore che ho avvertito mi insospettisce parecchio.
 - Quest' essenza ha un tempo stabilito? - gli chiese il grande demone.
- Dipende dalla reazione del suo corpo alla pozione. Il suo aspetto non muterà più del dovuto a centottanta anni potrebbe aver l’aspetto di una trentenne. Tuttavia, un mese prima di morire avvertirà dei sintomi di sonnolenza in principio leggeri poi via via sempre più forti, fino a che non si risveglierà più.-
Con questo elisir lei potrà vivere molto più di un essere umano qualsiasi,  pensò il grande demone.
- Quante volte può essere usato? - chiese, fissando lo stregone.
- Sapevo che me l’avresti chiesto - rispose lui. - Funziona solo una volta, essendo un demone maggiore, tu puoi vivere fino a un massimo di mille anni. Ma come si suol dire dalle mie parti, sempre meglio di niente. Dopo l’ingestione, lei potrebbe avvertire un consistente calore su tutto il corpo.-
Sesshomaru inarcò un sopracciglio nel sentire quella risposta.
- Niente di grave - disse Amir dopo aver notato quel cambiamento d'espressione. - E' un effetto di questo elisir. Ti consiglio di fargli assumere la pozione vicino a una sorgente o un fiume. L’acqua allevierà i suoi sintomi.-
- E’ la prima volta che un umano mi offre un compenso degno del mio interesse - riprese Sesshomaru.
- Vi è stato uno scambio di favori considerevole da ambedue le parti. - rispose Amir.
Questo deve essere il suo modo di dirmi grazie. Pensò lo stregone. Che demone singolare.
 
+  +     +

Il sole era calato e la luna aveva fatto la sua comparsa nel cielo notturno.

- Ma quanto ci impiega il padrone a tornare? - si chiese il piccolo demone a voce alta.
- Jaken, ma non la smetti mai di brontolare? - gli chiese Rin di risposta. - Oh salve! - disse la giovane ad un ragazzo che le si era avvicinato. - Siete l’allievo di Amir se non sbaglio. Non ricordo il vostro nome.-
- Io invece ricordo il vostro - rispose il giovane dai lunghi capelli ondulati. - E' stato il mio maestro a pronunciarlo. Io sono Wer - protese il braccio nella sua direzione, sorridendo. - Vi spiace se vi do del tu?
Rin ricambiò il suo sorriso e poco dopo cominciò a parlare con quel ragazzo gentile, lasciando il piccolo demone a bocca aperta.
Incredibile! Questa mocciosa ha fatto amicizia con tutto il villaggio! E' proprio l’opposto del mio padrone, lui è così taciturno, lei invece non la smette mai di parlare! Pensò Jaken.
 Era rimasto ad ascoltare la conversazione di Rin con l'allievo dello stregone per mezz'ora, ed era stato così sfortunato di conoscere anche gli altri ragazzi Tyn e Hud. 
Quando erano andati via, Rin s'era messa pure a colloquiare con altri vecchi del villaggio e completamente tranquilla mangiava dei dolcetti di riso che le avevano offerto.
- Jaken  - il piccolo demone che s'era quasi addormentato seduto accanto a Rin, sobbalzò nel sentire la voce di Sesshomaru. -Torna nella vallata e aspetta lì con Ah Un - guardò la ragazza che deglutiva l'ultimo dolcetto. - Rin tu verrai con me.-
Sesshomaru cinse la vita della fanciulla e si librò in aria con lei.
- Tieniti - le disse atono.
- Ma dove mi porti? - gli chiese lei con aria sorpresa.
Sperò di non vomitare in volo, visto quanto aveva mangiato, ma come ad averle letto nel pensiero, lui le posò una mano dietro la spalla e una sotto le gambe, così da non pressarle il ventre. Rin lo guardò grata. E lui fece un segno appena percettibile con il volto. Quando giunse nei pressi di una cascata e posò Rin a terra.
La luna e le stelle screziavano il cielo, facendo risplendere le onde generate dal perpetuo movimento di quelle acque.
- Ma è magnifico! - esclamò la ragazza, mentre si guardava intorno. - Peccato che sia autunno, durante l’estate dev’essere bellissimo venire qui a fare  il bagno; l'acqua è così limpida. - disse dopo aver immerso le mani nel liquido cristallino.
- Rin vieni - la richiamò lui. - Ho qualcosa per te. Prendi - disse, tirando fuori qualcosa dalla tasca del kimono.
- Una boccetta? - gli chiese la giovane.
- E’ una pozione che mi ha donato quello stregone..-
Sesshomaru con la sintesi che lo distingueva spiegò tutto a Rin che restò basita ad ascoltarlo. Le parole del demone risuonarono nella sua mente incredula come una profezia.
- Quindi Amir ti ha fatto dono di un’ essenza tanto portentosa e se la bevo. -
Era un po' perplessa, non voleva illudersi, ma provare non le costava nulla.
- Decidi tu cosa fare - proferì il demone.
Sesshomaru la fissava in attesa e Rin in tutta risposta, si disse: "Lui sembra esserne convinto. Meglio che mi dia una calmata. Nella peggiore delle ipotesi non succederà nulla." 
Finite quelle riflessioni guardò la boccetta che aveva tra le mani ancora qualche istante e, decise di berla.
- Non era nemmeno cattiva . considerò, pulendo la bocca con le dita.
Ha ingerito la pozione, quindi ora, pensò Sesshomaru.
- Sediamoci vicino la riva - disse il demone. - Aspetteremo qui per un altro po’ di tempo.-
- Aspetteremo cosa? - gli chiese la fanciulla, mentre lo fissava con fare indagante.
- Mi stai esaminando? - le chiese. - Fino a poco fa tessevi le lodi di questo posto - le fece notare calmo.
-Non vuoi proprio dirmi cosa stiamo facendo qui, vero? -
Il grande demone restò in silenzio, Rin era perplessa e aveva la certezza che lui le stesse nascondendo qualcosa, ma nulla traspariva dal suo viso. Tanto meno dalle sue parole. Rin appoggiò una mano sul terreno e avvertì qualcosa di liscio e freddo sotto i polpastrelli delle dita.
Erano sassolini colorati. Almeno aveva trovato il modo per passare il tempo. 
- Hai visto, Sesshomaru? - gli chiese, dopo aver lanciato una di quelle piccole pietre nel fiume. - L'ho fatto rimbalzare almeno otto volte! - esclamò entusiasta.
Non riesce a star ferma un attimo, pensò il demone.
 
Venti minuti dopo, Rin dopo aver fatto saltare l’ultimo sassolino, si fermò di colpo e lasciò cadere a terra gli altri. Le mani ora le servivano per un altro scopo, dovevano diventare il suo ventaglio, poiché improvvisamente una sensazione di calore opprimente l'aveva assalita e, con il passare dei minuti diventava sempre più insopportabile. Di reazione sciolse la sua coda laterale e usò il nastro per legare tutti i capelli sul capo, chiudendoli in una coda alta.
Sesshomaru notò il cambiamento repentino di Rin. Quella pozione cominciava a fare effetto.
Lei ora si stava lamentando del caldo eccessivo, aveva il viso in fiamme e la fronte sudata.
- La temperatura non si è alzata - le disse risoluto.
Rin si inginocchiò davanti a Sesshomaru e prese le mani artigliate di lui, portandole sui suoi zigomi ora visibilmente arrossati.
- Per caso stai usando le mie mani per avere del refrigerio? - le chiese il demone.
- Sì! - rispose sorridendo la fanciulla. - Che strano. Nemmeno le tue mani gelide riescono a rinfrescarmi. Devo bagnarmi il volto subito. - concluse alzandosi di scatto.
Rin si piegò sulle ginocchia, tirò su le maniche del suo kimono e cominciò a gettarsi l’acqua dapprima al volto, via via sulle braccia. Sesshomaru rise dentro di sé quello spettacolo stava cominciando a diventare interessante, e per ora si stava verificando tutto quello che gli aveva detto lo stregone. Si sentì sollevato, come se gli avessero tolto un macigno dal cuore, se quella pozione avesse funzionato lei sarebbe stata più tempo con lui: la sua giovinezza così come la sua vita si sarebbero prolungate. Certo, quel tempo che le era stato dato, risultava esiguo messo in confronto con il suo, ma per ora doveva accontentarsi, dato che era stato il destino a decidere.
- Credo che mi farò un bagno - disse Rin. - Per favore voltati Sesshomaru, devo spogliarmi. -
- Ti ho già vista nuda - rispose monocorde.
Rin in preda all'imbarazzo voltò le spalle a Sesshomaru, protese le mani sul capo e sciolse il nastro che imprigionava i suoi lunghissimi capelli. Si sentì rassicurata istantaneamente da quell'azione, poiché in quel modo una parte del suo corpo sarebbe stata coperta. Infine, con una velocità inverosimile snodò l'obi e fece scivolare il suo kimono sull'erba.
Sesshomaru seguì ogni suo movimento con aria impassibile, pensando a quanto fosse attraente la sua umana. I capelli scuri che le cascavano scarmigliati sulle spalle, facevano risaltare la sua candida pelle, rivelando la sensualità delle curve del suo giovane corpo.  
Rin cominciò a percorrere lo specchio d'acqua. Il liquido cristallino ora le lambiva i fianchi, ma non le bastava, quella sensazione di calore opprimente non era andata via, doveva osare di più per liberarsene. Trattenne il fiato e si tuffò completamente. Quando riemerse in superficie si sentì addosso gli occhi ferini di Sesshomaru, che ora la fissavano in attesa.
- Va meglio? - le chiese lui avvicinandosi al margine.
- Molto meglio di prima. Tuttavia, mi sembra di fare il bagno in una sorgente d’acqua tiepida, quasi calda. Eppure dovrebbe essere fredda, dato che è autunno. -
- Quello stregone mi aveva avvertito di quest’effetto. - proferì Sesshomaru.
- Come? - gli chiese Rin. - Perché non me l’hai detto prima? -
Ecco, perché mi ha portata qui. E me lo dice così? Beh, di che mi stupisco, quest’atteggiamento è tipico di lui. Chissà se quello strano liquido funziona veramente?
Sesshomaru, nel frattempo che Rin elaborava quei pensieri, allentò i lacci della sua armatura, che cadde a terra alle sue spalle.
- Che cosa fai ora? - gli chiese lei voltandosi a osservarlo. - Non avrai intenzione di fare il bagno anche tu? - 
- Esatto - rispose.
- Ma quest'acqua in realtà è fredda - replicò Rin, quando si avvicinò al margine. - Sono sicura che in condizioni normali a quest'ora, starei gelando.-
- Sono un demone, preferisco l’acqua fredda a quella calda, se possibile anche ghiacciata - concluse in tono fermo.
Sesshomaru iniziò a sfilarsi il kimono. Rin sgranò gli occhi dall'imbarazzo a quella vista e si voltò di scatto. Senza pensarci un attimo di più si allontanò dalla riva e nuotò verso uno scoglio, che affiorava leggermente fuori dall’acqua. 
- Dove  vai così di fretta? - le chiese Sesshomaru che ora le era alle spalle.
- Volevo solo fare una nuotata. - rispose lei senza voltarsi.
- Strana coincidenza, non trovi? - le chiese maliziosamente, sfiorandole la pelle col soffio del suo respiro. - Hai cominciato a nuotare, quando hai visto che stavo per raggiungerti...-
Lei biascicò qualcosa in risposta.
Il grande demone le cinse i fianchi e le baciò delicatamente le scapole scoperte dall'acqua.
Rin sentii il corpo vibrare e, ancora una volta il suo ventre era in fermento preda di quel contatto fresco così gradito alla sua pelle.
La mano di lui scivolava sapiente nelle sue più velate intimità. Un gemito le  sfuggì dalle labbra.
Lui non aveva fretta, la toccava e le mordicchiava il collo con le sue zanne demoniache.
Sembrava volerla portare allo stremo. I lunghi capelli castani di lei le ricadevano bagnati sul viso uniti a quelli avorio di lui. Non lo vedeva in volto e il che rendeva quel momento pieno di mistero. Il respiro di lei diventava sempre più affannoso come in attesa fremente, non ce la faceva più, lo desiderava e lui a quel punto non la fece più attendere e le diede un colpo di reni.
Lei si contorceva e ansimava.
Si era ritrovata appoggiata a quello scoglio, gemeva ad ogni spinta, non riusciva a smettere di farlo tanto era intensa quella sensazione che lui le stava dando. Niente a che vedere con qualche giorno prima.
E questo, perché ora lei non avvertiva nessun dolore, ma solo un piacere talmente intenso da ottenebrarle i sensi.
Le sue mani stringevano la schiena di lui con forza e le sue gambe cercavano di imbrigliarlo come in una ragnatela. Tutto intorno a loro era sparito, i loro corpi si mescolavano presi dalla passione. Il ritmo di lui era frenetico e via via sempre più veloce ad ogni spinta. Era un incedere incalzante di ansimi e sospiri d'amore, fino a che al sommo culmine dell’estasi, giunti alla cima peccaminosa di quell'ardore, si liberarono e si accasciarono l'uno al fianco dell'altra.  
Qualche minuto dopo, Rin si mise seduta a braccia incrociate.
- Che ti succede ora? - le chiese il demone, voltandosi a guardarla negli occhi.
- Ho avuto un brivido - rispose lei. - Forse sto tornando normale e, magari tra qualche istante quest'acqua mi sembrerà fredda.-
- Lo è. Ti porto a riva.-
Si rivestirono. Rin strizzò i lunghi capelli, cercando di togliere più acqua possibile. 
Ho fatto in tempo. Non ho ancora freddo, ma nemmeno quel caldo che avevo prima. L'acqua e la sua pelle gelida sono stati un tocca sana.
Sesshomaru cinse la vita della fanciulla e le mise attorno la sua coda, per proteggerla dal vento in volo.
Era notte e da lì a qualche altro minuto lei avrebbe sentito freddo, e lui lo sapeva. 


                                                    
                                                 
 
 
La storia dello stregone.

All’epoca ovvero circa novant'anni prima dell'incontro con Rin e Sesshomaru, Amir viveva da oltre cinquant'anni in un villaggio occidentale insieme alla moglie Utren, la donna più bella e radiosa che quelle terre avessero mai visto.
Utren aveva lineamenti delicati, lunghi setosi capelli dorati le incorniciavano il volto; era una fanciulla pura d'animo, apprezzata e ben voluta da tutti quelli, che avessero a che fare con lei. A quel tempo lo stregone almeno una volta al mese era dedito seguire il suo anziano maestro sulle montagne, quei luoghi erano ideali per il perfezionamento delle sue arti magiche. Durante i suoi viaggi si batteva con orchi, draghi e mai avrebbe condotto l’adorata moglie davanti a quei rischi. A ben vedere era meglio lasciarla al villaggio, di certo li, insieme a parenti e amici, non sarebbe stata esposta a inutili pericoli.  
Un giorno durante la sua assenza,  nel villaggio si manifestò un'oscura presenza maligna, era Meyhes. Per lungo tempo la demone oscura aveva cercato un corpo che potesse sostituire il proprio o meglio, quello che di cui si era impossessata. Eor uno dei suoi servitori, da qualche giorno a quella parte, aveva adocchiato una giovane e bella donna in grado di soddisfare i gusti della sua schizzinosa signora, che era un’ amante della bellezza, non si sarebbe mai accontentata di un’umana qualsiasi.
Una mattina la giovane Utren passeggiava nei campi con un’amica. Tre loschi figuri bloccarono il loro passo. La donna aveva un turbante sulla testa e i suoi servitori erano incappucciati con due spade a testa dietro la schiena.
- Mia signora è questa l'umana di cui vi ho parlato. - proferì il servo della demone.
- Bene, mi piace. Muoviti, prendi questa donna e andiamo via - ordinò imperiosa.
- Chi siete? Che cosa volete da noi? - chiese Utren, vedendo quel losco figuro che le si avvicinava.
- Vieni qui...- disse il demone, che ora l'aveva presa con forza sulle spalle.
- No! - esclamò Utren. - Mettetemi giù! - urlò.
- E sta un po’ ferma! - proferì il demone con aria infastidita.
- Lasciatela andare, bastardi! - gridò Drasga, l'amica di Utren.
- Mia signora, posso prendere anche quest’altra umana? - gli chiese il suo secondo servitore. - Voglio divertirmi un po’ con lei.-
- Ruh non farti venire strane idee ora, non posso portarmi dietro due umane - rispose seccata. - Quando mi sarò completamente impossessata del corpo di questa donna andremo a cercare un’umana che soddisfi le tua lascivia. Adesso non ho tempo, muoviti e falla fuori.- 
Il servitore della demone perforò il torace di Drasga con i suoi artigli. Una copiosa quantità di sangue uscì dal petto e dalla bocca della donna, che emise un grido strozzato prima di morire.
- Nooooo, siete dei mostri! Che Dio vi maledica! Luridi assassini! - urlò la giovane Utren in lacrime.
- Ahaahah, che ridere. Ben fatto Ruh, ora andiamo. -
Questa donna ha una chioma molto folta ed è veramente di bell’aspetto. Il corpo che uso adesso ha perso quasi tutti i capelli. Finalmente potrò sbarazzarmi di quest' odioso turbante sul capo.
- Mio marito Zer mi verrà a cercare e vi ucciderà - sentenziò Utren con sguardo accigliato.
- Sta zitta donna - rispose Eor, mentre cercava di tenerla ferma. - Non verrà nessuno in tuo aiuto, noi siamo demoni  secolari. Cosa vuoi che ci faccia un umano come te? - le chiese beffardo.
- Lui conosce le arti magiche - riprese Utren, prima di cominciare di nuovo a dimenarsi. - Qualcuno mi aiuti!-
- Smettila di agitarti! - le disse il demone spazientito.
Che cos’ha detto?  si chiese Meyhes. L'uomo di cui parla potrebbe riuscire a sottrarmi la preda, gli stregoni di queste terre sono molto potenti.
- Eor svelto, zittisci quella donna e andiamo via - disse Meyhes al suo vassallo.
- Come volete voi mia signora. -
Eor diede un colpo assestato in testa alla donna, che pochi istanti dopo, perse i sensi.
 Amir, che era su delle montagne con il suo maestro, fu raggiunto dopo due giorni di cavalcata da uno dei suoi servitori. Questi lo avvertì della misteriosa scomparsa della moglie e della dipartita della sua amica Drasga di cui avevano trovato il corpo dilaniato a pochi chilometri dal loro villaggio.
Passarono i giorni, così le settimane, gli anni e di  Utren non v’era alcuna traccia. L’animo di Amir non aveva mai avuto pace, versava in condizioni miserevoli psicologicamente, dilaniato dal dolore, dal senso di colpa. A niente servirono le parole di amici, parenti per tirarlo su. Si sentiva  spento, ramingo di se stesso. Ne aveva viste tante nel suo peregrinare solitario, e nulla l’aveva scalfito.
Una sera, mentre era intento ad abbrustolire la sua preda appena cacciata udì delle grida lancinanti provenire dall'interno della foresta, che da giorni lo ospitava. Con fare accorto cominciò a percorrerla seguendo il suono di quelle urla, fino a che si fermò davanti ad uno spettacolo, che lo lasciò disgustato della razza a cui purtroppo in parte apparteneva, quella umana. Un mercenario frustava senza alcuna remora tre giovani ragazzi, sui corpi di questi ultimi erano ben visibili le vecchie cicatrici. Doveva fare qualcosa, non era mai riuscito a stare in disparte davanti a simili atti di crudeltà.
- Voi, perché torturate questi giovani? - chiese Amir con tono placido.
- Cosa vuoi vagabondo? Bada agli affari tuoi! - rispose il mercenario, che flagellava a suon di frustate quei ragazzi.
 Un uomo gli si avvicinò e lo prese in disparte.
- Chi siete? - gli chiese a voce bassa. - Non vi ho mai visto da queste parti..-
- Il mio nome è Amir. - rispose lo stregone. - Non appartengo a questi luoghi, sono in viaggio da molto tempo.-
- Io sono Tacel e questa alle mie spalle è la mia squadra di mercenari - proferì. - Amir sazierò la vostra curiosità: questi tre ragazzi mi hanno disobbedito davanti alla mia truppa. Non posso perdonare una simile mancanza di rispetto nei miei riguardi. Ora metà dei miei compagni vuole che io li uccida dinanzi ai loro occhi, mentre l’altra metà si è affezionata a loro e vuole che li risparmi.
- Allora seguite le voci dell’altra metà dei vostri mercenari e risparmiateli - consigliò lui dopo aver udito quelle parole.
- Non credo che sia la soluzione giusta, devo pur far qualcosa per il mio onore, però, visto che tenete tanto alle sorti delle loro vite, vi farò una proposta - disse, voltandosi alle sue spalle. - Questi tre giovani sono abili combattenti, se riuscirete a batterli sarete voi a decidere la loro sorte, in caso contrario mi farò giustizia da solo privandoli della loro vita.-
- Accetto - rispose lo stregone in tono risoluto. - Vanno bene anche tutti e tre contemporaneamente.-
- Tre contro uno? - gli chiese il capo dei mercenari con aria sorpresa. - Però ne avete di fegato. - disse increspando le labbra in un sorriso d'assenso. - Affare fatto. - concluse, stringendo la mano dello stregone.
 Il capo della truppa di mercenari si allontanò da Amir e urlò ai suoi compagni:
- Ascoltate! - esclamò. - Quest’uomo si scontrerà in duello con Tyn, Hud e Wer. Se li batterà deciderà lui cosa farne, ragion per cui date loro delle armi e preparatevi allo spettacolo.-
A fine di quelle parole nell'aria si sentì un coro d'assenso. I mercenari presero delle vivande e si sedettero a godersi lo scontro. 
Amir estrasse la spada dal fodero che aveva sulle spalle. I tre ragazzi, nonostante le ferite si avventarono sullo stregone senza alcuno scrupolo, intenti a lottare per le loro vite. Amir schivò i colpi dei giovani con una facilità quasi irreale, i suoi movimenti erano fluidi ed eleganti, parava ogni loro colpo senza nessuna difficoltà. Mezz’ora dopo, le prime avvisaglie della stanchezza erano ben visibili sui volti dei giovani, ma non su quello dello stregone che ad un certo punto, stufo di quella danza di spade, decise di mettere fine allo scontro. In un movimento rapido spinse i corpi dei tre ragazzi sul terreno e puntò il fendente della sua spada sulle loro gole.
- Cosa aspetti pellegrino hai vinto. Uccidili! - urlò la metà del gruppo di mercenari.
- Tacel, avevate detto che sarei stato io a decidere del loro destino.- proferì Amir.
- Ebbene? Cosa volete fare? - chiese Tacel.
- Ho deciso di risparmiare le loro vite e lasciarli liberi - rispose lo stregone.
- Se questa è la vostra decisione, sarà rispettata. Io mantengo sempre la mia parola.-
Amir voltò le spalle al gruppo di mercenari e prese a camminare. I giovani si sollevarono da terra e lo seguirono.
- Cosa volete? Siete liberi ora.-
- Mio signore - esordì uno dei ragazzi che si chiamava Wer. -  Noi giuriamo sul nostro onore di seguirvi e di obbedirvi, fino a che avremo vita, poiché voi ci avete salvato da una fine infausta. Non avete idea delle torture e delle molestie, che siamo stati costretti a subire per tutto questo tempo.-
- Se volete seguirmi dovrete migliorare la vostra tecnica - rispose asciutto.
- Faremo ciò che voi ci chiederete- disse con riverenza.
- E sia  - proferì lo stregone. - 
- Grazie, mio signore, noi le ubbidiremo fino alla morte.-
Amir decise di fare ritorno nelle sue terre, fece forgiare delle specifiche armi per i suoi tre seguaci e si rimise in cammino con loro. Durante la sua continua ricerca sottopose  i suoi giovani allievi a stremanti allenamenti. Malgrado fossero già abituati a combattere, non avevano sufficiente controllo ed esperienza. In un certo senso si sentiva un po’ confortato ad avere intorno quei giovani così devoti, dati i lunghi anni trascorsi a peregrinare in solitudine.

+++

Passarono cinque anni.
Amir quel giorno si era separato dai suoi seguaci, li aveva inviati in un villaggio a comperare alcuni libri. Un rumore aspro lo distrasse dalla meditazione in cui versava in quel momento. Il villaggio che si trovava a poche miglia da dov'era lui era stato attaccato. Il bagliore delle fiamme era perfettamente visibile. Si incamminò intento a fare chiarezza, quel piccolo paese di montagna era preda di nefaste presenze.
Raggiunse il centro del villaggio. Una figura longilinea di donna gli si avvicinò, aveva lunghi capelli biondi.
- Zer non mi riconosci? - chiese la donna con tono dolce.
Utren? No, non è lei.
- Perché resti lì a fissarmi? - gli chiese di nuovo la donna che ora l'aveva raggiunto a braccia aperte.
- Allontanati! - esclamò lo stregone.
- Ma cosa dici Zer?-
- Chi sei? - le chiese lui.
Percepisco un'aura demoniaca.
- Mi tratti così dopo vent’anni che non ci vediamo?-
- Non puoi ingannarmi! - esclamò Amir.
Meyhes sorrise malevola.
- Sei più sveglio di quel che pensassi, non sei caduto nella mia trappola - proferì la demone.
- Hai usato il corpo di mia moglie per muoverti nella dimensione materiale.  Che tu sia maledetta, ti ucciderò!-
Amir cominciò a formulare un potente sortilegio così da potenziare il  potere della sua spada. La demone cercò di schivare i colpi difendendosi con i suoi artigli, ma a nulla serviva, poiché lui riusciva a parare tutti i suoi colpi. Non avendo alternativa, scrutò i ricordi del corpo della moglie dello stregone, così da individuarne le debolezze.
- Eor uccidi quella mocciosa! - ordinò la demone al suo servitore.
Di chi parla?
Meyhes approfittando di quella distrazione, raggiunse lo stregone e, con i suoi artigli gli trafisse la mano destra.
- Ma..Maledetta...- soffiò Amir irritato da quel gesto.
- A quanto pare il tuo altruismo ti ha tradito. Ho inferto un veleno al dorso della tua mano. D'ora in avanti potrai usare solo metà del tuo potere. - gli disse derisoria.
- Tuttavia, il potere rimastomi, basta e avanza per farti fuori.- rispose gelido. - Muori maledetta! - urlò, afferrando il suo fendente con l’altra mano e tranciando le carni della demone.
Meyhes emise un grido raggelante.
 - Dannato! - imprecò, accasciandosi sul terreno. 
- Mia signora arriviamo! - urlarono all'unisono i suoi servitori.
Amir non fece in tempo a darle il colpo di grazia, poiché la sua nemica fu tratta in salvo dai suoi seguaci. La vide salire sul dorso di una bestia demoniaca.
Maledetta. 
Il dorso della sua mano grondava di sangue misto ad un altro liquido. Sospirò fiaccamente, quando constatò che quella ferita sarebbe guarita solo con un sacrificio mortale, il suo o quello di chi aveva causato quella lesione.
Quando i tre giovani tornarono, trovarono il loro salvatore ferito, chino vicino ad un albero. 


                                                                    
                                                 


Angolo della scrittrice Nausika.

Cari lettori, questo capitolo è stato veramente lungo. Che dite dell'inserimento del nuovo personaggio e del dono che ha fatto a Rin? Questo passo avanti rappresenta decisamente una svolta per la nostra strana coppia. Lo scorso capitolo alcune di voi avevano già anticipato le miei intenzioni. I più attenti hanno letto i miei indizi, dubitando anche di una certa dipartita. XD
Tornando alla vita di Rin, mi piaceva l'idea di darle più tempo. E credo che tutto sia possibile, dato che Inuyasha è un anime medievale fantasy, quindi ricco di creature magiche: demoni, stregoni, maghi, fattucchiere ecc. Per ora è meglio non citarne altri.
Ricordate, però che tutto ha un prezzo..

Per forza maggiore ho dovuto inserire altro eros, era inevitabile adesso. Sono sicura di non essere caduta nemmeno questa volta nel prosaico, poiché odio ardentemente le descrizioni delle varie zone erogene, si può far capire la cosa ugualmente e l'ho dimostrato, vero?
Come al solito passo a ringraziare le New Entry che hanno aggiunto la mia storia alle:

Preferite: 
Adrastea_  , Fede chan Pucci , HappiNessie4Ever , Kiki97 , rospetta92 , teresa1993xdxdxd .

Seguite:  
elemcfly ,FrannyIn ,  gattina95 , Lakers85 , valencina .

Da ricordare: 
MartynaChan , mati93 , zipi89 .

Messaggio per i "CASPER"  lettori :

Carissimi lettori ((fantasma)), allora? Ad ogni capitolo andate in crescendo e quindi dovrò ripetermi di nuovo: cosa aspettate a parlare? Usate le vostre manine per esprimervi e comunicate con me.
 

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Capitolo 9
*** Presentimenti - IX ***


IX

Presentimenti



 


Sesshomaru osservò il sentiero davanti a sè, aguzzando i sensi. Era sicuro che Meyhes non fosse morta, le parole di quello stregone lo avevano messo in allarme.  Conoscendo l'indole subdola di quella razza di demone, aveva la certezza che prima o poi quella creatura nefasta si sarebbe vendicata e, quella  vendetta l’avrebbe attuata, prendendosela con il suo punto debole, ovvero Rin.     
Sesshomaru non aveva detto niente allo stregone Amirdauzer a riguardo dei suoi sospetti, non era necessario, non ancora almeno, fino a che non avesse trovato una prova inconfutabile dei suoi timori. Percorreva il sentiero boscoso a passo lento, facendosi guidare dai suoi sensi, aveva memorizzato l’odore di Meyhes insieme a quello dei suoi servitori. Quanto poteva essersi allontanata in quello stato? Di sicuro in quei giorni aveva trovato un nuovo corpo da possedere, ma ci avrebbe messo del tempo per assumerne totalmente il controllo. Da quel che avesse capito, lei non era tipa da accontentarsi di un involucro qualunque, quindi per ora avrebbe usato un corpo di fortuna inviando i suoi servitori alla strenua ricerca di un involucro, che potesse soddisfare le sue insolite pretese. Sospirò impercettibilmente a quei pensieri, continuando a seguire le vie del luogo, che aveva davanti.
 
+++++  ++  +    +++      +

Rin accompagnata da Jaken - che era venuto a conoscenza della pozione - faceva il suo ingresso nel villaggio. La ragazza voleva schiarirsi le idee a riguardo della strana sostanza ingerita.
E chi meglio di quello stregone poteva aiutarla a dissipare i suoi dubbi?
- Grazie dell’informazione - rispose ad un'anziana che le aveva detto dove trovare lo stregone. 
Fuori dalle mura, proprio vicino l’entrata della foresta Rin fermò il suo passo, quando vide i tre allievi di Amirdauzer combattere. I giovani si stavano allenando proprio a pochi metri da dov’erano lei e Jaken. Uno di loro appena la vide le si avvicinò.
- Salve Rin! - esclamò un ragazzo dai lunghi capelli neri ondulati e gli occhi grigi.
- Ciao Wer! - disse lei sorridendo. - Il tuo maestro è qui? -
- Sì. E' qui, noi ci stavamo allenando, tu come stai?-
Incurante dei suoi compagni, Wer cominciò a conversare con Rin, ricevendo al tempo stesso parole di protesta. Stavano facendo insieme un allenamento speciale e collaborativo e Wer non poteva fregarsene come suo solito appena qualcosa lo distraeva.
Lo stregone si mise in piedi e richiuse in un sonoro botto il libro che stava sfogliando.
- Ora basta! - esclamò Amirdauzer in tono ammonitore. - Wer, pensi di poter lasciare i tuoi compagni ad aspettare senza dire nulla? Se non siete concentrati non ha senso l’allenamento.-
Wer serrò la mandibola, il suo maestro aveva ragione. Prendendo la la responsabilità si scusò con tutti e lo stregone, smorzando la tensione disse ai suoi allievi di fare una pausa.
I tre ragazzi posarono le loro armi a terra  e cominciarono ad asciugare le loro fronti  imperlate di sudore.
Rin cercò di scusarsi sentendosi colpevole.
- Non preoccuparti Rin, non è  colpa  tua se attiri la loro attenzione - sussurrò Amir sorridendo.
Ovviamente non se n’era accorta. Figuriamoci! Quando si tratta di queste cose è sulle nuvole. Pensò Jaken rassegnato.
- Dimmi - disse Amirdauzer, guardando la giovane. - Sei venuta a chiedermi informazioni riguardanti la pozione che hai bevuto?-
Rin alzò lo sguardo e  annuì con il capo,  lo stregone aveva subito colto nel segno.
- Hai avuto particolari problemi dopo l’ingestione? - chiese lo stregone con tono pacato.
- No, niente di grave. Solo una sensazione di caldo opprimente - rispose lei.
Amirdauzer la rassicurò su quegli effetti e poi fece un cenno con la mano alla ragazza come a indicargli di attendere e richiamò i suoi allievi invitandoli a presentarsi. I due ragazzi che la conoscevano solo di vista, si fecero avanti.
- Salve! Io sono Hud. - disse il primo ragazzo dai capelli rossi e gli occhi nocciola.
- E io sono Tyn - proferì il secondo ragazzo dagli occhi cerulei e i capelli biondi.
- Piacere di conoscervi. Io sono Rin e lui è il mio piccolo amico Jaken - disse la fanciulla sorridendo. Le faceva piacere fare nuove conoscenze così particolari, visto che erano tutti occidentali.
- Come sarebbe a dire piccolo? - borbottò Jaken risentito.
- Sono fatti, Jaken - affermò Rin.
- Rin, quanti anni abbiamo secondo te? - le chiese Wer, con cui aveva un po' di confidenza.
Tyn e Hud guardarono il loro compagno sbalorditi, quando mai lui interagiva così placidamente con una donna? Negli anni era sempre stato guardato per il suo bell'aspetto, cedendo ogni tanto alle sue pulsioni, ma mai aveva mostrato interesse per primo.
- Ehm, dall’aspetto direi più o meno quanto me, quindi una ventina- rispose Rin convinta. Nessuno di loro aveva rughe, erano uomini, ma allo stesso tempo avevano la pelle tirata come un fanciullo, non potevano certo avere più di una ventina d'anni.
- I miei allievi hanno più di ottant’anni a testa - intervenne Amirdauzer con voce calma, passando la mano sulla barba incolta.
Rin spalancò la bocca in una smorfia stupefatta, non ci poteva credere, era assurdo. C'erano davvero tante cose al mondo di cui ignorava l'esistenza. Wer, Hud e l'altro ragazzo di cui non ricordava il nome parevano avere la sua età, erano umani. Cominciò a fare domande a raffica a ognuno di loro, Jaken estenuato sospirò.
Lo stregone, nel mentre Rin conversava con i suoi allievi, raggiunse il masso su cui era seduto poco tempo prima e riaprì il suo libro. Una volta che la pausa dei tre ragazzi ebbe termine, Rin si recò nuovamente da lui, sedendosi al suo fianco.
- I vostri allievi sono veramente bravi a combattere - disse lei. - Io so usare l’arco per difendermi, ma a quanto pare non basta.-
- Di certo, non risulta essere un’arma immediata, quando hai un nemico al tuo cospetto - rispose Amirdauzer.
Rin assentì, abbassando le palpebre, non sapeva davvero difendersi adeguatamente e le sarebbe piaciuto saper usare tutte quelle armi come quei tre. Voleva saper difendersi da sola senza avere Jaken sempre appresso, senza far preoccupare nessuno.
- Io vorrei tanto essere più indipendente - sussurrò.
- Rin mi faresti una cortesia? - le chiese Amir, vedendola annuire. - Trova un rametto di legno ben robusto e portalo qui.-
Lei fece come gli aveva chiesto Amirdauzer e trovò ciò che le serviva. Amirdauzer le sorrise e quando lo prese tra le mani sussurrò parole magiche nella sua lingua, che fecero mutare in pochi istanti il rametto in una spada di legno.
Devo dire che questo stregone continua a sorprendermi, pensò Jaken, che era rimasto a bocca aperta.
- Ma è strabiliante! - esclamò Rin. - Voi siete bravissimo!-
- Questa spada di legno andrà benissimo per te. Non può fendere nulla, ma è molto resistente, non si spezzerà facilmente. Ti va di  provarla adesso? - le chiese Amir.
- Una prova? Ma io non so nemmeno da che parte iniziare...- rispose titubante.
Lo stregone richiamò Wer, che aveva già un certo tipo di confidenza con Rin e gli ordinò di cominciare a insegnarle i fondamenti della lotta con la spada.
Wer entusiasta del fatto di poter passare del tempo con quell’ incantevole fanciulla, accettò subito l’ordine del suo maestro.  
I due cominciarono lo scontro d’allenamento. Wer ci andava molto piano con Rin, dato che era una ragazza, anche se a suo avviso, risultava essere molto più forte di quello che sembrasse dall’aspetto.
Jaken si mise seduto sull'erba, incrociando le piccole braccia. Adesso doveva anche sorbirsi quell’improvvisata, oltre a tutte le chiacchiere che nei giorni prima Rin aveva fatto con gli abitanti del villaggio?
 
++   +
Il crepuscolo faceva bella vista nel cielo, quando Rin e Jaken si congendarono dal gruppo, tornando alla vallata.
Erano finiti anche per mangiare tutti assieme, a Rin faceva piacere quella compagnia, ammirava Amirdauzer e i suoi allievi, erano tutti davvero simpatici e gentili. Erano davvero delle belle persone.
Rilassata si mise a sfogliare il suo nuovo libro, accomodandosi sulla sua stuoia imbottita che forse poteva somigliare ai materassi che descriveva Kagome.  Era completamente assorta. Tutto il contrario del piccolo demone, che continuava a sospirare nell’attesa fremente del suo adorato padrone.
Rin voltò l'ennesima pagina.
Grazie alla torcia che aveva acceso, riusciva a vedere chiaramente tutto.
Quel manuale era interessantissimo, ricco di simboli e illustrazioni occidentali che lei non aveva mai visto.
Rin si sentiva felice, erano successe molte cose, da quando aveva ripreso a viaggiare con il demone: era riuscita a mettere in pratica gli insegnamenti di Kaede assistendo un parto, e fatto la conoscenza di quello stregone a cui Sesshomaru aveva ridato la vita. Era orgogliosa dell’evoluzione emotiva del demone e, anche se lui non diceva niente, di sicuro provava empatia verso Amir, altrimenti non lo avrebbe salvato.
Il bene che dai al mondo ritorna tutto,  si disse con convinzione. C’era tanto da imparare dai vissuti della gente, dai libri e lei voleva apprendere il più possibile, poiché la conoscenza dava saggezza e preparazione.
Al suo arrivo il grande demone notò il bel volto di Rin in contemplazione, scrutava quel libro con attenzione. Non si era nemmeno accorta della sua presenza. Col suo solito fare silenzioso si piegò davanti a Rin, appoggiando i suoi avambracci sulle gambe di lei.
Rin cacciò un piccolo urlo, quando sentì quel contatto improvviso.
Il grande demone inarcò un sopracciglio.
- Oh! Sei tu Sesshomaru - disse lei riaprendo gli occhi. - Mi hai spaventata. -
Mi ha fatto prendere un colpo così forte, da farmi cadere anche il libro, pensò. Comunque, ultimamente sembra un miraggio. Chissà dove va?
- E quella? - chiese lui, guardando l’oggetto al fianco di Rin.
- E’ una spada che mi ha donato Amir! - rispose lei. - Sai oggi io e Jaken siamo andati a trovarlo al tempio...                                                     
...Rin spiegò tutto a Sesshomaru che si sedette al fianco della ragazza, mettendosi in ascolto con il suo solito fare placido.
Quindi ora vuole imparare a combattere con la spada, pensò il demone.
- Rin tra tre settimane ti metterò alla prova - le disse Sessho atono. - Cerca di allenarti anche sulla concentrazione. Non puoi assentarti totalmente dal mondo soprattutto, quando sei da sola in una foresta - proferì in tono ammonitore.
Rin assentì e abbassò leggermente lo sguardo. E Sesshomaru a quella vista rubò un bacio fugace dalle labbra della fanciulla.
Lei dopo la fine di quel breve sfarfallio di labbra, osservò con attenzione il volto del demone bianco. Anche se lui era un maestro nel nascondere le espressioni, lei lo conosceva bene. Si chiese cosa avesse. Di certo c’era qualcosa a preoccuparlo. Sottoporlo ad un interrogatorio era da escludere, data la natura introversa che lo distingueva lui si sarebbe chiuso ancora di più in se stesso messo sotto pressione. Tuttavia era convinta che fosse esausto e più pensieroso del solito.                                                                     
In quei giorni Sesshomaru faceva ritorno nella vallata sempre ad orari inconsueti e, quando tornava non chiudeva occhio, nemmeno per un minuto. Il suo orgoglio ora faceva da padrone, si sentiva frustrato e insoddisfatto, quella maledetta Meyhes era davvero furba.
Chissà dove si nascondeva? Anche quel potente stregone le aveva dato la caccia per anni, ma senza trovarla. La mente del grande demone era densa di pensieri che non gli davano pace.
Rin avrebbe voluto alleviare lo stato mentale inquieto di Sesshomaru. Ma come? Lui aveva ripreso a starsene zitto dopo quel breve dialogo. A vederlo da fuori forse, qualcuno avrebbe pensato che stesse osservando l’albero che gli stava davanti, ma Rin sapeva bene che in realtà lui non stesse fissando proprio un bel niente. Il suo sguardo era perso nel vuoto e la sua mente era sicuramente immersa in chissà quali pensieri.
- Sesshomaru - lo chiamò Rin, interrompendo quel silenzio. - Perché non ti distendi un po’ qui sopra? - gli chiese con tono dolce indicando le sue gambe con l’indice della mano.
Il demone non rispose, restò per qualche istante basito da quella richiesta inaspettata.
Che lei avesse colto la sua insofferenza? Eppure era stato molto attento a non far trapelare nulla.
- Allora? - chiese con volto sorridente Rin, in attesa di una qualsiasi reazione.
Sesshomaru continuò a restare in silenzio, ma decise di accettare quell’ invito innocente e appoggiò  il capo sulle gambe di Rin che con fare delicato iniziò ad accarezzargli il volto. Non c’era niente da fare, solo lei aveva quel potere su di lui che ormai non riusciva proprio a resistere a tanta purezza e affetto.
Lei, mentre accarezzava il viso del demone avvertì qualcosa sotto i polpastrelli delle dita: i muscoli facciali di Sesshomaru erano tesi, molto tesi, soprattutto quelli frontali e il corrugatore (situato tra le sopracciglia). Da fuori non traspariva nulla, il suo volto sembrava rilassato, ma dal contatto era tutta un’altra storia. Lei non si stupì più del dovuto, aveva già capito il suo stato d’animo, quella scoperta serviva solo a confermare le sue sensazioni. Con fare delicato cominciò a massaggiare quei muscoli in tensione seguendo le linee del volto di lui. I suoi movimenti erano circolari, lievi pressioni nei punti giusti sarebbero bastate ad attenuare quella rigidità.
Il grande demone sentiva le morbide dita della ragazza scivolare leggere sul suo volto, il tocco di lei era pieno di tenerezza. In quel momento chiuse le palpebre dei suoi occhi e smise di arrovellare la sua mente in pensieri conturbanti, così da godere a pieno del massaggio affettuoso delle mani della fanciulla che amava. Si sentiva confortato da quella premura, dal calore che lei gli stava dando.
Rin increspò le labbra in un sorriso, quando lo vide finalmente con gli occhi chiusi, i massaggi che stava sperimentando su quel volto etereo stavano funzionando.
L’animo di Sesshomaru era pervaso di piacevoli sensazioni, con un gesto così semplice Rin era riuscita ancora una volta a rassicurarlo. Gli sembrava di essere sommerso da un’onda dolce come il vento di primavera e calda come il sole in estate. Forse sarebbe riuscito perfino ad addormentarsi grazie a quelle carezze sussurrate che gli donavano amore incondizionato, grazie a lei che era divenuta parte integrante del suo cuore.
Rin notò il volto del demone ancora più rilassato, forse si era assopito? Ce l’aveva fatta!
Tuttavia non interruppe il contatto sul suo volto, lui si era addormentato grazie ai suoi massaggi, quindi quello restava il modo migliore di prolungare il suo sonno.
Jaken tornò con la legna stretta tra le sue piccole braccia e, Rin prima che questi potesse dire una parola o cadere con il suo solito fare goffo, si voltò e mise l’indice della mano davanti alle labbra, indicando con gli occhi il demone bianco. Era un vero miracolo che fosse riuscita a farlo addormentare, malgrado tutti i rumori che avvertisse in maniera nitida, grazie ai suoi sensi. Doveva proteggere il suo riposo, visto che sapeva benissimo che non ci avrebbe impiegato tanto a ritornare vigile.
 
+++++   +   + 

Rin si stava avviando insieme a Jaken vicino al tempio dove ad attenderla c’erano Amir e i suoi allievi. Ogni giorno la tecnica della ragazza andava migliorando e grazie ai consigli di Wer stava cominciando ad avere più autocontrollo. Forse la scadenza di Sesshomaru l’aveva aiutata ad impegnarsi di più. Tuttavia c’era qualcos’altro a impensierirla.
- Jaken da un po’ di tempo ho delle strane sensazioni.-
- Di cosa stai parlando ora? - le chiese il piccolo demone.
- Mi sembra di essere spiata - disse Rin voltandosi a guardare l’amico.
- Cosa vai farneticando? - rispose Jaken. - Io sono sempre con te e non ho mai avvertito aure demoniache in questi giorni.-
Ma come fa ad esserne così convinto? Si chiese Rin. Molti demoni riescono a nascondere la propria aura con facilità. Possibile che mi stia sbagliando? Non mi sento tranquilla.
Tra allenamenti con Wer, pesca al fiume, impacchi di erbe, tre settimane volarono.
Finalmente era arrivato il giorno di mettere alla prova Rin.
Jaken si mise seduto ad osservare lo scontro d’allenamento. In tutto quel tempo aveva assistito ai miglioramenti della giovane, ma vedere addirittura lei battersi (per modo di dire) con un demone potente come il suo padrone non aveva prezzo. Più che altro, era curioso di vedere la lentezza dei movimenti che avrebbe usato il demone bianco con lei. Ancora una volta era fiero del suo giovane padrone, lui riusciva a disciplinare il suo immenso potere senza troppo sforzo, non come gli altri demoni che perdevano il controllo per un non nulla.
- Sei pronta? - chiese Sesshomaru alla ragazza.
- Sì! - rispose affermativa. Mica tanto. Di sicuro se avessi detto di no, mi avrebbe fulminata con lo sguardo. Sospirò.
Sesshomaru estrasse Tenseiga dal fodero e Rin a quel punto afferrò l’elsa della sua spada d’allenamento tra le mani.
- Avanti Rin, fatti sotto - le disse lui con un ghigno sulle labbra.
Lei brandì la spada e cominciò ad attaccarlo. Sessho parò tranquillamente ogni colpo e nel mentre si premuniva di darle indicazioni sui suoi errori nella lotta, analizzando ogni minimo movimento.
- I tuoi colpi devono essere più decisi - disse il demone un'ora dopo. - Cerca di non mettere i tuoi punti vitali a rischio, devi saper pararti.-
- Va bene, adesso ci provo - rispose Rin.
- No, non va bene - ribatté il grande demone. - Con questo movimento hai dato all’avversario un’occasione. L’occasione di disarmarti - disse, ammonendola di nuovo.
- Sì, vedrò di correggermi -  rispose Rin. Povera me, quant’é severo!
- Credo proprio che dovrai continuare ad allenarti ancora per un po’ di tempo, prima di passare ad una spada vera.-
-Hai ragione - disse ansimante. Le mancava il fiato per la stanchezza.
Io gliel’avevo detto che tre settimane era poche. Sai che scoperta!  Pensò Rin sfinita da quell'allenamento.
All’improvviso proprio, mentre la fanciulla riprendeva un po’ di fiato tenendo la sua spada tra le mani, come un fulmine a ciel sereno, qualcosa interruppe quell’allenamento: una demone bellissima dai lunghi capelli argentei e dagli occhi ambrati si materializzò in forma corporea davanti al gruppo.
Rin abbassò la sua spada e fece un inchino di saluto con il capo, mentre Jaken sgranò gli occhi sorpreso da quella visita inattesa.
- Cosa vi porta qui madre? - chiese il demone bianco, riponendo Tenseiga nel fodero.
- Vedo che ancora ti accompagni a quest’umana, me l’aspettavo - rispose la madre del demone, voltandosi a osservare la fanciulla. - Mi è stato riferito di essere addirittura riuscito a prolungarle la vita.-
- Ci avete fatto spiare...- disse Sesshomaru, aggrottando impercettibilmente la fronte.
Allora avevo ragione a sentirmi osservata. Pensò Rin.
- Dimmi Sesshomaru - riprese la demone, guardando il figlio negli occhi. - Hai intenzione di continuare a macchiare il buon nome della nostra famiglia dando vita ad una discendenza di mezzo demoni come ha fatto tuo padre?-
Il grande demone fissò sua madre senza rispondere.
- In questo caso, penserò io stessa a estirpare il problema alla radice - proferì con tono autoritario.
- Madre - replicò Sesshomaru. - Se la toccate, non risponderò più delle mie azioni..-
Povera Rin, la signora madre vuole ucciderla. Cosa succederà adesso? Pensò Jaken preoccupato.
- Dunque sei disposto a tanto? - chiese la demone in tono pacato. - Mio caro Sesshomaru, ora non possiedi più il Meido, vero? -
- Dove state cercando di arrivare? - le chiese Sesshomaru.
- Con la mia pietra dell’aldilà potrò spedire direttamente la tua umana nel regno dei morti. E nulla potrai fare in quel caso, perché se la seguissi tu non potresti più fare ritorno in questo mondo - concluse la demone lapidaria.
 Gli occhi di Rin si velarono di un’ombra a sentire quelle parole. Sapeva bene che se malauguratamente fosse accaduta una cosa del genere, lui non sarebbe di certo rimasto a guardarla andare via, l’avrebbe seguita lì, nell’aldilà, cercando inutilmente di riportarla indietro, pagando quel suo atto di cavalleria con la sua stessa vita.
No, si disse. Non doveva accadere, perché lo amava troppo per condannarlo ad un simile destino.
In qualche modo, Rin cercò di non tremare davanti allo sgomento del presente, così da arginare la rapida corrente di preoccupazione che ora la stava assalendo, voleva mantenere un’aria composta, era decisa e ferma. La vita l’aveva posta di nuovo dinanzi ad una scelta e lei ora l’aveva fatta..
- Perdonate mia signora - irruppe Rin che ora aveva fatto un passo avanti.
- Cosa c’è ragazza? - le chiese la demone.
- Io ho molto rispetto per voi, siete la madre di Sesshomaru e inoltre in passato mi avete ridato la vita. Ero ben consapevole delle conseguenze che avrebbe dato il rapporto che c’è tra me e vostro figlio. Ora è giunto il tempo, che io stessa ripaghi il favore che voi mi avete fatto. -
Rin cosa stai cercando di dire? Si chiese Sesshomaru.
- Va avanti - disse la madre del demone.
- Mia signora, se il problema che ponete è la discendenza, che con la mia natura umana posso dare a vostro figlio, allora. - disse Rin che ora guardava la demone negli occhi. - Allora...- proseguì. - Io vi do la mia parola che non darò nessun erede a vostro figlio.-
Jaken restò a bocca aperta a sentire quelle parole, quasi gli sfuggì il suo bastone di mano, l’esatto opposto di Sesshomaru che come sempre mantenne un'aria fiera e composta.
- Stai dicendo la verità? - chiese la demone con aria quasi sorpresa. - Devo dire che sei saggia per essere ancora una ragazzina - affermò in tono placido.
- Voi avete senz’altro ragione, esteriormente sono una ragazzina. Tuttavia, ne ho viste tante in questa mia breve vita - disse, increspando le labbra in un sorriso amaro. - Non posso permettere che Sesshomaru si batta con voi che siete sua madre e per giunta a causa mia. Le mie parole sono sincere.-
La madre del grande demone guardò la giovane pensando: Già, è stato merito suo se mio figlio è riuscito ad usare Tenseiga, ottenendo la sua potente spada. Grazie a quest’umana, lui ha conosciuto dei sentimenti nuovi, che lo hanno reso più forte. Sì, devo riconoscerlo e devo dire che ha carattere. Mai, mi sarei aspettata un’ uscita del genere.
Rin restò in attesa della sentenza che da lì a pochi istanti sarebbe stata emessa dalla madre del suo amato demone.
- Ragazza - riprese la demone. - Sappi che se non manterrai la tua promessa, non esiterò un istante a venirti a cercare e ucciderti. -
La demonessa scrutò Rin, pensando: Non sarà un grave problema aspettare la fine della vita di quest’umana, data la lunghezza di vita di mio figlio. 
- Terrò fede ai patti - rispose Rin.
- Madre siete soddisfatta ora? - le chiese Sesshomaru con sguardo leggermente accigliato.
- Direi di sì, per il momento.-
- Vi ringrazio mia signora - le disse Rin con un lieve sorriso sulle labbra.
La demone finite di ascoltare quelle parole mutò le sue sembianze nella sua vera forma di cane gigantesco e lasciò la foresta.
Rin provò un sollievo inesprimibile a vederla andar via e, per un istante inspirò quanta più aria possibile. Per fortuna era sicura di non essere già gravida, d'ora in avanti avrebbe fatto molta attenzione. Si disse di aver fatto bene a intervenire, prendendo quella decisione che a suo parere, risultava essere la più giusta.
Oh! Se né andata, pensò il minuto demone.
- Jaken! - lo chiamò a voce alta Sesshomaru.
- Sì padrone vado via.-
Il grande demone si avvicinò alla ragazza e non sapendo cosa dire intrecciò la propria mano con la sua. Rin volse a guardarlo. Gli occhi penetranti di Sesshomaru la fissavano rivelandogli un cuore pieno, traboccante di emozioni delle quali lei era divenuta parte integrante e insostituibile.   
- Sesshomaru - disse Rin con voce ferma. - Io manterrò la promessa fatta a tua madre. Tuttavia, se me ne andassi tutto si risolverebbe e tu potresti avere una discendenza degna della tua stirpe di demone maggiore.-
Il grande demone, dopo aver udito quelle parole sollevò leggermente le palpebre degli occhi e con le dita girò il volto della ragazza davanti al suo. La fanciulla traeva un piacere acuto a guardare quegli occhi oro puro, un piacere prezioso e allo stesso tempo straziante.
- Rin ascolta bene, perché non mi ripeterò una seconda volta. - le disse con voce solenne. - A me non importa nulla della discendenza. - Se questo comporta fare a meno di te, si disse. - Tu non vai da nessuna parte.-
- Se la metti così dovrai aiutarmi - ribatté lei.
- Che vuoi dire? - le chiese il demone.
- Beh, sai... Io sono una levatrice e so che l’odore di noi donne in quel periodo cioè quando siamo fertili cambia. Ecco, i tuoi sensi sono molto sviluppato - mormorò, abbassando lo sguardo leggermente imbarazzato.
- Ho capito. -
Sesshomaru sentiva qualcosa di simile al senso di colpa per aver messo la sua donna in quella situazione, in quello strepitio. Le cinse la vita tenendola stretta a sé, lei sembrava serena nonostante tutto
 

Nugoli oscuri ricoprivano il cielo e grandi bagliori di lampi, tuoni e saette annunciavano quella che in poco tempo, sarebbe diventata una tempesta di pioggia.

Rin e Jaken consapevoli raccolsero tutti i loro oggetti e cercarono un riparo. Una grotta vicina fece al caso loro. Jaken ravvivò il fuoco appena acceso con il suo bastone felice che almeno quel giorno non sarebbero andati dallo stregone. Ormai erano settimane che seguiva gli allenamenti di Rin con quel bell'imbusto dell'allievo dello stregone.
Era insostenibile e noioso stare tutte quelle ore ad aspettare, almeno quella pioggia lo aveva salvato.

 - Jaken comincia ad abbrustolire il pesce che abbiamo pescato. Io vado a prendere delle erbe aromatiche che ho visto qui vicino.-
- Fa presto! Sta per cominciare a piovere - disse il piccolo demone.
Rin annuì e uscì indossando il suo mantello.
In quello stesso istante a qualche centinaio di miglia dalla radura, il demone bianco finalmente era riuscito a trovare una traccia di quella demone minore. Senza pensarci ulteriormente aveva deciso di raggiungere il villaggio, poiché quello stregone doveva sapere che Meyhes la causa delle sue disgrazie non era morta.
Il grande demone anche se non lo dava a vedere e non ne parlava, era rimasto profondamente colpito dalla storia di quello strano stregone, provava per lui un sentimento simile al rispetto.
Quell’uomo gli aveva fatto un grande dono e in più ora si era perfino preso l’onere di insegnare a Rin a combattere.
- Sesshomaru - disse Amir in tono di saluto, quando lo vide materializzarsi in forma corporea davanti ai suoi occhi.
- Amirdauzer sono sicuro che quella demone sia ancora viva - disse il demone bianco con tono distaccato, arrivando come suo solito subito al dunque. - Giorni fa avevo dei sospetti sulla sua dipartita, ma non ne ero sicuro. Tuttavia, proprio ora ho trovato il cadavere dell’uccello demoniaco che volava a distanza da noi, quando l’ho incontrata per la prima volta. Quell’uccello aveva il suo odore.-
- Quindi, quando si è recata qui aveva lasciato parte della sua essenza dentro quella bestia. Dovevo aspettarmelo. - rispose lo stregone in tono amareggiato.
- Dev’essersi nascosta dietro una barriera protettiva.. - proferì il demone.
 
++++++++  ++  +

Intanto nella radura, Rin si era piegata sulle ginocchia intenta a inserire nella sua tracolla le erbe che aveva trovato, quando avvenne qualcosa: due demoni si manifestarono alle sue spalle, cogliendola di sorpresa. Avevano azzerato la propria aura così da non far percepire la propria presenza.
Lei era inerme, disarmata. Cercò di fuggire via, ma inutilmente, i due l’avevano circondata. Si ritrovò con le spalle al muro e si maledisse per non aver preso un’arma con sé.
Jaken se ne stava in placida attesa, il pesce che stava abbrustolendo sul fuoco cuoceva lentamente. Passarono cinque minuti, poi dieci, la fanciulla tardava.
Ma quanto ci mette? Ormai sarà bagnata fradicia visto come ha cominciato a piovere. 
Il piccolo demone cominciò a spazientirsi.
- Rin! - urlò, quando si sporse fuori dalla grotta. - Rin! - gridò di nuovo.
Ma dove si sarà cacciata quella mocciosa?
Jaken sentì un urlo provenire dal cuore della fitta boscaglia. Quella era la voce di Rin, non c’era dubbio. Cominciò a correre e giunse nel punto in cui aveva sentito quelle grida. Sull’erba c’era la tracolla che la fanciulla era solita usare per raccogliere le sue erbe. Un’improvvisa folata di vento proveniente dall’alto lo fece cadere sull’erba bagnata, in aria vi era una bestia demoniaca e su di essa c’era Rin svenuta, due demoni cingevano le redini di quella cavalcatura.
- Nooo! - urlò Jaken con tutto il fiato che aveva in gola. - Lasciatela andare maledetti!-
I due demoni guardarono la sua piccola figura di sfuggita e risero di gusto allontanandosi rapidamente.
Jaken prese a sudare copiosamente.
Rin era stata rapita, li aveva riconosciuti, quelli erano i servitori di Meyhes.
Il suo giovane padrone non era ancora tornato, in preda all’apprensione decise di andare a prendere Ah Un così da fare ritorno nel villaggio, magari lo stregone l’avrebbe aiutato a cercarla prima che Sesshomaru potesse ucciderlo.
Durante il percorso inciampò diverse volte, l’erba e il terreno erano bagnati e scivolosi. Alla fine riuscì a raggiungere il demone drago e in poco tempo arrivò nei pressi del tempio.
La pioggia continuava a scendere incessantemente.
- Ma quello lì non è Jaken? - disse Hud, che aveva intravisto da lontano la sua piccola figura avvicinarsi a loro.
Sesshomaru si voltò notando il suo servitore, pareva avere un'aria trafelata, cosa ci faceva lì?
Oh, ma quello è il padrone. Sono morto.
 

 
                                       
                                      


Angolo della scrittrice Nausika.

Cari lettori/recensori, "a volte ritornano" diceva il titolo di un libro di Stephen King.
Pubblichero' il quattordicesimo capitolo, quando sarò tornata in città e cioè credo la seconda settimana di Settembre.  
Che posso dire di questo capitolo se non: colpo di scena! Dite la verità, non ve l’aspettavate vero? Come avevo avvertito nell’altro capitolo "tutto ha un prezzo" e Rin in un certo senso lo sta pagando, per non parlare di quello che è successo dopo. Proprio non riuscivo a immaginare la madre del demone inerme alla scelta del figlio visto i suoi vissuti. Per me questa situazione è credibilissima, non può essere tutto rose e fiori, non è coerente, specie data la natura dei personaggi che ho scelto di raccontare. Tuttavia anche questa trovata ha un senso ai fini della storia.

P.S. Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto Trasmigrazione tra le seguite, ma soprattutto chi l'ha inserita tra le "preferite"! XD<

Ok, fine dell'intrattenimento, arrivederci al prossimo capitolo!
 

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Capitolo 10
*** Nelle mani di Meyhes - X ***


 
X

Nelle mani di Meyhes

 




Il cielo era squarciato da saette e rimbombi di tuoni assordanti, quando Jaken provato dalla corsa, raccoglieva tutto il suo coraggio per avvicinarsi al mesto gruppetto, che ora riusciva chiaramente a distinguere davanti ai suoi occhi.
Che sfortuna! Si disse il piccolo demone. Che cosa ci faceva il suo giovane padrone al tempio?
L’unica via d’uscita che gli era rimasta per evitare la sua collera ora era perduta: Rin era stata rapita dai servitori di quella demone e lui non era stato in grado di evitarlo.
Quando cominciò a salire a fatica i pochi gradini che lo separavano da loro, si sentì addosso gli occhi sottili e uncinati di Sesshomaru, che ora seguivano ogni suo movimento. 
Il demone rettile era sempre più agitato, ma ormai non aveva altra scelta. In quel momento un altro tuono irradiò una porzione di nubi oscure.
Forse sarebbe stato molto meglio essere colpito da un fulmine, pensò, quando giunse al cospetto del suo giovane padrone.
- Jaken! - esclamò la voce austera di Sesshomaru.
- P-Pa...Pa...Padrone - rispose il piccolo demone sobbalzando.
- Dove hai lasciato Rin? - gli chiese il suo signore. 
Che paura! si disse Jaken. E’ arrivato subito al sodo, ormai non ho via di scampo, devo farmi coraggio e dirgli cos'è successo.
-Pa...Pa...Padrone ecco...Rin - fece una pausa deglutendo - il suo padrone assottigliò gli occhi e Jaken allora si decise a sputare il rospo. - Rin è stata rapita dai tirapiedi di Meyhes - disse tutto d'un fiato.
Sesshomaru, quando udì quella risposta sollevò leggermente le palpebre degli occhi, le sue pupille si contrassero. Un furore ceco cominciò a farsi spazio in tutto il suo essere, sentiva la pressione sanguigna aumentare, ogni singola vena delle sue arterie si stava dilatando, i suoi muscoli cominciarono a tendersi. In quell'istante tutti scomparvero davanti a lui troppo intento a parlare con se stesso: settimane intere a cercare di scovare quella demone ed ora, gliel’aveva fatta proprio sotto il naso? 
- Dannata Meyhes! - esclamò Amirdauzer visibilmente preoccupato. - Sono convinto che abbia scelto questo giorno di proposito.- Sesshomaru è un demone cane, con tutta quest’acqua non riuscirà a seguire le giuste tracce.
- Chiedo umilmente perdono padron Sesshomaru - riprese Jaken con voce mortificata scusandosi in ginocchio. - Non sono riuscito a fare in tempo, la troverò statene certo.-
Amirdauzer osservò il volto del demone e per un solo attimo vide la sua maschera di alterigia compostezza incrinarsi. Di sicuro il suo sangue ribolliva, ma quello era il massimo sconvolgimento che lui potesse mostrare, non si lasciava andare, dedusse lo stregone.
L’acqua ha impedito al mio fiuto di percepire l’odore di quei demoni nelle vicinanze, pensò Sesshomaru. Senza contare che il lezzo di quella carcassa che ho scovato era molto debole, l’avrà abbandonata da settimane. Sicuramente in questo tempo Meyhes si sarà impadronita di un altro corpo." concluse riducendo gli occhi a due fessure.
- Ti aiuteremo noi a cercarla - gli disse Amirdauzer con tono di voce rassicurante.
Il demone bianco si voltò per un istante a guardarlo negli occhi, ma non gli rispose, in quel momento voleva solo andare via. Si sollevò in aria e diede le spalle al gruppo.
- Aspettate mio signore, portatemi con voi! - urlò Jaken inutilmente.
Sesshomaru sparì in un attimo e il piccolo demone, suo malgrado, restò con Amir e i suoi allievi.
- Jaken stai sfidando la fortuna per caso? - gli chiese Tyn.  – Volevi ricordare Sesshomaru di ucciderti prima che potesse andare via? - gli chiese il ragazzo in tono beffardo, mentre legava i suoi capelli dorati. - Il tuo padrone non ha perso tempo ed è andato subito a cercare Rin, tuttavia era il tuo compito proteggerla o sbaglio? -
Jaken continuò a battibeccare con Tyn, mentre lo stregone raggiunse l’estremità del tempio intento a guardare il cielo seguito da Wer che al contrario dei suoi compagni sceglieva bene a chi dare confidenza e il piccolo demone non rientrava tra le sue simpatie. 
-Domattina erigerò un obelisco in mezzo a questo villaggio, siamo stati cinque anni qui, lascerò qualcosa che protegga gli abitanti dai poteri maligni - Wer annuì fiero del suo maestro, vedendolo poi voltarsi nella direzione del piccole demone arrogante.
- Jaken - lo chiamò Amirdauzer - appena il tempo ce lo concederà verrai con noi a cercare Rin. Questa storia dev’essere chiusa una volta per tutte - proferì in tono risoluto.
Jaken lo guardò commosso. Per fortuna che c'erano loro a cui appoggiarsi, forse dopotutto gli era servito seguire Rin ogni giorno per prendere proprio la confidenza che ora aveva con quel gruppo di occidentali.

+ +++ ++++  +    +    +      +       +                                                                          

I servitori di Meyhes giunsero nel palazzo che avevano occupato da quasi un mese, dove ad attenderli v’era la loro padrona.
- Mia signora, siamo riusciti a catturare la donna di quel demone bianco - disse il suo vassallo che con un braccio teneva Rin svenuta sulle spalle. - E' andato tutto come avevate previsto voi.-
- Ottimo lavoro - rispose la demone increspando le labbra in un sorriso malevolo. - Posala a terra.-
Meyhes si piegò sulle ginocchia e adagiò una mano sulla fronte di Rin chiudendo gli occhi, a quel punto l’intera vita della ragazza cominciò a scorrere velocemente nella sua mente.
Questa donna possiede un’aura troppo limpida, si disse la demone, mentre analizzava le memorie di Rin. Se avessi di nuovo preso possesso di questo corpo, mi avrebbe consumato le stesse energie, che usai per manovrare la mente di quella Utren, ma quella aveva anche quel coso ad aiutarla. Comunque sia, quest’umana ha dei trascorsi burrascosi alle spalle, farò in modo di sfruttare al meglio ciò che ho appena visto. 
- Ruh - lo chiamò Meyhes voltandosi a guardare il suo servitore. - Portala via e chiudila in una stanza ai piani superiori - ordinò. - Sigilla la porta e fai in modo di creare uno spazio sotto di essa abbastanza grande per darle l'occorrente, qualcosa in cui lasciare i bisogni e i pasti quotidiani. Lo spazio deve essere piccolo per farla passare attraverso. Quest'umana per ora resterà qui.-
- Come volete voi mia signora - rispose Ruh, prendendo di nuovo la fanciulla sulle spalle.
Quel demone maggiore si pentirà amaramente di avermi rifiutata in quel modo, meditò Meyhes, avvicinandosi alla finestra della stanza.

Rin si svegliò qualche ora dopo, distesa su un pavimento di legno. Sentì un fastidio sotto il costato. Ancora intontita si sollevò sui gomiti, strisciò le dita sulle assi e afferrò il misterioso oggetto scomodo, portandoselo davanti agli occhi: Uno spillone dorato per capelli, ma di chi era?
A quel punto passò un attimo prima che si ricordasse cos’era accaduto. Ruotò il capo in modo da scorgere il luogo che la ospitava: luci soffuse che filtravano dalla finestra serrata illuminavano i motivi intricati delle pareti di quella stanza abbastanza grande. C'era una cassettiera, un armadio con dei vestiti, forse quelli della proprietaria di quello spillone, intravide: un futon disfatto, nell'anta di un altro piccolo armadio vi erano altre coperte, un piccolo vasetto con un fiore appassito era posato sulla finestra sbarrata.
L’aria era pesante, sinistra. Rin avvertì un malessere psicofisico. Quel luogo doveva essere infestato in maniera esorbitante da demoni, dato quante aure maligne riusciva a distinguere chiaramente.
Non v’era alcun dubbio che quei mostri si fossero impadroniti di quel posto, e quella doveva essere la camera di una delle sue abitanti, di sicuro una donna, considerato l'oggetto trovato.
Digrignò i denti dalla frustrazione di sentirsi in trappola e cercò di rimettersi in piedi, ma un dolore acuto alla caviglia destra la fece desistere da quell’azione.
Cadde sul pavimento in un sonoro tonfo, sbattendo di nuovo la sua gamba livida.
-Ahi, che male - mormorò.
Fece mente locale e rammentò di essere scivolata sull'erba bagnata proprio, mentre cercava di sfuggire a quei due demoni. Guardò la caviglia e la trovò molto gonfia.
Con un po’ di preoccupazione protese la mano su di essa e notò che l’arto non era rotto, ma aveva una brutta contusione.
E adesso come faccio? A quest'ora Sesshomaru mi starà cercando e io non riesco nemmeno a camminare.
Al fine di quei pensieri fece un lungo respiro e restò seduta, continuando con lo sguardo a ispezionare la stanza che la teneva reclusa.
                                                                                                       
In quello stesso momento, ai piani inferiori del palazzo, Meyhes discuteva con uno dei suoi servitori:
- Mia signora cosa devo farne dei prigionieri? - le chiese Eor. 
- Quegli umani hanno un’aura combattiva interessante. - rispose la demone. - Separali e lascia che si avviliscano. - continuò, passandosi una mano tra i capelli. - Così facendo potremo conservare il loro rancore a nostro vantaggio.-
- Quindi voi volete usarli come opzione - rispose il suo servitore senza finire la frase.
- Gli umani sono deboli - proferì Meyhes, facendo una breve pausa. - Non ci metteranno molto a cedere alle mie offerte preferendo la vita alla morte..-
- Non vi smentite mai, siete un genio padrona.-
- Eor  - lo chiamò Meyhes che ora aveva uno specchio tra le dita artigliate. - Cosa ne pensi di quest’ involucro? - gli chiese, mentre osservava il suo nuovo volto.
Quante volte dovrà chiedermelo ancora? Si chiese Eor esasperato. Per fortuna era troppo intenta a guardarsi per leggere nella sua mente.
- Siete bellissima mia signora  - le disse allora Eor.
- Sì devo dire che mi piace parecchio - riprese Meyhes, passandosi una mano sul viso. - Queste orientali sono interessanti, hanno un colorito roseo appena sugli zigomi e i capelli molto lisci - sorrise lieta, voltandosi a guardare in tralice Eor.  -Sei ancora qui? Vedi di sparire alla svelta dalla mia vista.-
- Come desiderate padrona.-
La figlia del proprietario di questo palazzo era davvero avvenente, pensò Meyhes. Che fortuna che ho avuto, per mio sommo piacere quella ragazza versava in condizioni pietose al limite della depressione, e tutto questo per cosa? Per via dell'amore non corrisposto di un uomo. Che sciocchezza! Se non avessi preso io il suo corpo di sicuro lo avrebbe sprecato togliendosi la vita. 

+++  +   ++    ++                                                                       

Sesshomaru perlustrò i territori circostanti affinando i sensi, mantenendo in allerta la vista, l’udito e soprattutto il suo fiuto. In quel mentre, pensò a Jaken che gli aveva recato la notizia: erano già diversi anni che quel vecchio demone rettile lo serviva e, ancora una volta si era confermato un incapace a svolgere i compiti che gli venivano assegnati. Del resto lui si sarebbe sorpreso del contrario. Dopotutto le capacità di quell’essere minuto erano sempre state scarse. Quando lo salvò per caso fortuito, pensò di servirsi almeno delle sue doti intellettive, dato che quel piccolo demone manifestava una riverenza e un’ubbidienza nei suoi confronti senza pari, ma soprattutto voleva seguirlo. Tanto per avere una seccatura in meno, gli aveva donato un’arma, se non altro si sarebbe potuto difendere da solo.
Tuttavia, non riusciva a colpevolizzarlo totalmente per quel che era successo, poiché sentiva nel petto qualcosa di simile a un rimpianto bruciante per non essere stato presente all'accaduto.

+  +  +++  + 

Cinque, pensò Rin, segnando una croce sul muro. Quelli erano i giorni che erano passati dal suo rapimento. Il sole non si vedeva, ma il miasma era più chiaro in determinate ore, quindi aveva dedotto che quel chiarore rappresentasse il giorno. Tre giorni prima quando i morsi della fame avevano cominciato a farsi insopportabili, Rin s'era vista costretta a infrangere il suo rifiuto imperituro nell’accettare qualcosa da quei mostri e cedere all'istinto di sopravvivenza, iniziando a lesinare il cibo che le veniva consegnato. Stranamente quei demoni sembravano a tutti i costi volerla tenere in vita e lei non ne capiva la ragione.
Che cosa avevano in mente?
Due o tre volte al giorno uno dei servitori di Meyhes le dava da mangiare dei pasti abbastanza invitanti, bussando sonoramente alla sua porta, in attesa della sua risposta. Veniva a riprendere le ciotole vuote quando le dava le altre porzioni. In quella stanza aveva acqua sempre a disposizione, un vaso con coperchio per fare i bisogni che svuotava dalle sbarre della finestra. Quel demone gli aveva anche dato un liquido profumato per pulire la stanza. Parevano con quelle accortezze evitare che vivesse nella sporcizia e si ammalasse.
La sua ferita era ancora gonfia, ma non c'era da meravigliarsene, ci avrebbe messo il doppio del tempo a sanare, dato che non poteva applicare nessuno dei suoi impacchi specifici e non aveva detto nulla a quel demone.
Di buono c’era che non aveva infezioni in corso. S'era anche cambiata, per fortuna aveva diversi kimono a disposizione, la ferita l'aveva ripulita con un lembo strappato dalla fascia del kimono logoro che aveva indosso qualche giorno prima. Si era mossa saltellando su un piede visto che non riusciva a camminare, ma s'era anche resa conto di destare l’attenzione dei demoni, che subito accorrevano a vedere cosa stesse facendo guardandola con disprezzo, e quindi ora con la forza delle braccia e delle ginocchia si trascinava sul pavimento. Per lo meno così non avrebbe sforzato la gamba ferita inutilmente.
Da quando Rin era lì, non v’erano uccelli ad annunciare il mattino e lei di questo non se ne stupiva, di certo delle creature così melodiose sarebbero morte all’istante a contatto con quell’aria maligna.

A pochi passi dalla potente barriera protettiva che aveva eretto, la demone con l’uso della telepatia decise di richiamare al suo cospetto uno dei suoi servitori.
- Padrona Meyhes - disse Ruh. - Cosa posso fare per voi?-
- Dimmi - proferì Meyhes, guardando il suo vassallo. - Quella donna continua ancora a rifiutare il cibo che le diamo?-
- A quanto pare ha deciso di mangiare. Ha ripreso la ciotola completamente svuotata - disse, sogghignando.
- Molto bene - riprese Meyhes. - La voglio in forze.-
- Perdonate mia signora avrei una domanda.-
- Cosa c’è adesso? - gli chiese la demone con voce annoiata, mentre passava le dita artigliate nei lunghi capelli.
- Padrona, perché non posso dare il cibo a quell’umana personalmente? - Invece di restare dietro la porta? Solo a me è vietato aprirla, avrebbe voluto dirle.
- Così da divorarla, mentre le usi violenza carnale? - gli chiese la demone, aggrottando la fronte. - Quella donna mi serve viva, non osare toccarla! - esclamò infuriata.
- Chiedo perdono mia signora - rispose Ruh con voce tremula. 
- Sparisci dalla mia vista - soffiò, guardando sdegnata il suo servitore. - E vedi di renderti utile. Ci sono ancora dei sopravvissuti in questo palazzo, si stanno nascondendo - continuò espirando con forza. - Avverto la loro paura, muoviti e falli fuori!-
- Provvederò subito ad esaudire la vostra richiesta padrona - le rispose Ruh cauto nel sentire il suo tono.
La sua padrona era terribile quando si alterava.
- E liberati dei loro resti - riprese Meyhes. - Lo sai che non sopporto il tanfo della decomposizione.-
- Nessun problema - rispose il suo vassallo. - Ci penseranno i demoni qui intorno a divorarle.-
- Tra poco verrò ad assistere allo spettacolo. - concluse compiaciuta.
Quella notte Rin sentì delle urla provenire dai corridoi di quel palazzo e poi in aggiunta a quello strazio c’era qualcos’altro: l’eco di una risata lontana, agghiacciante, perniciosa e crudele.
Che i servitori di Meyhes stessero ammazzando le persone che abitavano quel luogo? Di certo a lei quel martirio doveva sembrare molto divertente, dato come rideva trionfante.
Un brivido le percorse la schiena, quando ripensò al giorno in cui l’aveva vista per la prima volta. Sentirla nel suo corpo le aveva dato sensazioni spaventose.
Rin rammentò i suoi pensieri in quei minuti d’angoscia, quando in preda al terrore, pensò perfino di uccidersi da sola prima di cedere completamente a quella perdizione, a quelle tenebre, allorché la sua fine in un modo o nell’altro sarebbe stata anche peggiore.

+  +++++   +++   +++
 
Dieci giorni dopo il rapimento di Rin, il gruppo di Amirdauzer si accampò nei pressi di un lago e, in tarda serata il piccolo demone unitosi alle loro ricerche, chiacchierava con gli allievi dello stregone davanti al fuoco che avevano acceso per la notte.
- Chissà dove ha nascosto Rin quella demone - proferì Jaken sospirando. – Speriamo che il mio padrone abbia trovato una traccia da seguire.-
- Speriamo di trovarla ancora viva più che altro - rispose Tyn.
- Certo che la troveremo viva! - esclamò il piccolo demone che al solo pensiero già tremava.
- Jaken - mormorò Tyn. – Cerca di parlare a voce bassa, Wer sta riposando. Ieri notte non ha chiuso occhio per fare la guardia e non ha un carattere molto gentile, quando viene svegliato.-
Non può essere certo peggio di padron Sesshomaru che mi tratta male sempre,  pensò Jaken.
- Quella demone è molto scaltra - sussurrò Hud fissando le fiamme del fuoco. - Noi ne sappiamo qualcosa.-
- Ma dov’è il vostro maestro? - chiese il piccolo demone ai due ragazzi, cercando di abbassare il tono.
Tyn fece un'alzata di spalle. - Ogni tanto sparisce senza dire niente e torna dopo ore d’assenza. -
Proprio come padron Sesshomaru, pensò Jaken. Chissà dov’è adesso? Non si fa vedere, da quando gli diedi la notizia. Speriamo che trovi Rin, non oso immaginare in che condizioni versi il suo umore, mi sento male solo a pensarci.
- Povero maestro sono anni che insegue quella maledetta - proferì Hud. - Magari con un po' di fortuna riusciremo a farla fuori questa volta. -
Che intenzioni hai questa volta dannata Meyhes? Si chiese Amirdauzer, mentre sorvolava in groppa ad un uccello, che aveva richiamato con il suo potere, le zone limitrofe al colle dove aveva lasciato il gruppo.

+++ +  ++     +       +

Gli occhi del grande demone frugavano il panorama offuscato dalla nebbia, il suo fiuto continuava a setacciare l’aria, migliaia di indizi olfattivi attraversavano le sue narici, ma nessuno di questi risultava essergli d’aiuto, poiché dopo interminabili giorni di ricerche ininterrotte, la risposta era sempre la stessa: nulla.
Erano passati undici giorni.
Il suo spirito era inquieto, in tumulto, e la sua mente era vestita di una lorica di rabbia e preoccupazione.
No, non avrebbe mai accettato di perdere colei che gli aveva mostrato un cuore che temeva di aver perso per sempre. Si impose di placare i suo fragori interiori, imponendo al suo corpo la giusta quantità di lungimiranza, rigore.
Gli seccò ammetterlo, ma Meyhes non era affatto stupida, tutto il contrario. Era vero che alcuni demoni di basso rango se pur dotati di poteri esigui, messi al confronto con i suoi; possedevano capacità intellettive non indifferenti, di certo non tutti, ma lei era una stratega dannatamente astuta. Usava il suo insulso potere a proprio vantaggio, ben consapevole dei propri limiti aveva previsto ogni cosa, perfino l’acqua così da far perdere istantaneamente le proprie tracce. Meyhes stava prendendo tempo, e lui sapeva bene di essere il vero obiettivo di quell’essere sputato dalle fiamme dell’inferno. Gliel’avrebbe fatta pagare cara questa volta, squartandola con i suoi artigli, godendo di ogni suo spasmo di sofferenza nel vederla sciogliersi in quell'acido letale.. Eccome se lo avrebbe fatto. Un ringhio che salì dal centro del torace, servì per un istante a lenire l’ira che stava provando.

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Era così presto che la luce del mattino ancora non era comparsa nei territori occupati da Meyhes.
Quattordici giorni trascorsero, da quando la malvagia demone aveva cominciato a torturare le menti dei suoi prigionieri in maniera costante, e da quando teneva Rin in ostaggio. Tuttavia i poveri uomini si trovavano in quella prigionia da molto più tempo di lei. Meyhes circa un mese prima, grazie all’aiuto della sua orda di demoni bestiali e alle sue strategie, era riuscita ad usurpare quel palazzo. Molti esseri umani erano stati uccisi senza scrupolo, riversi in pozze vermiglie, ma gli altri, quelli che avevano destato il suo interesse, versavano in condizioni miserevoli nelle segrete del palazzo. Il giorno in cui la demone avrebbe attuato la sua vendetta si stava avvicinando..

Con tutto il tempo che aveva, suo malgrado a disposizione, Rin era riuscita a esplorare bene la stanza che la teneva reclusa, constatando alcune cose: l’unica porta della sua camera era stata chiusa a dovere e poteva essere aperta solo dal lato opposto, la fessura da cui le davano da mangiare era troppo piccola per passarvi attraverso e, anche se ci fosse riuscita, di certo non sarebbe stata una buona idea usarla, dato che dava nei corridoi del palazzo pullulanti di demoni.
Tuttavia, scoprì anche qualcosa che destò il suo interesse: una sbarra della sua finestra era cedevole, lei se n’era accorta, quando presa dalla rabbia l’aveva spinta avanti e indietro facendo pressione con le braccia. Ad ogni colpo la pietra che rivestiva le mura attorno l’inferriata si sgretolava se pur di poco, ma lo faceva.
Quella per lei risultava essere un’ottima via di fuga. E siccome riusciva a sentire chiaramente il perpetuo gorgoglio delle acque, si convinse di trovarsi al di sopra di qualcosa come un fiume, ma non sapeva a che altezza fosse, poiché le stanghe che chiudevano la finestra le impedivano di vedere al di sotto. La forza a poco a poco le era ritornata, da quando si era decisa a mangiare e, con lo spillone trovato inizialmente dedicava il suo tempo a scavare la pietra attorno al parapetto. Doveva agevolare lo spostamento di quella grata. Rin procedeva lentamente, dato l’oggetto a sua disposizione, ma senza perdersi d’animo. Di sicuro era già stata fortunata a scovare qualcosa di appuntito e a fare quella scoperta, che le dava una speranza di salvezza.                                                                                                             

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A notte inoltrata, un rumore di passi proveniente dalla fitta boscaglia fece ridestare il gruppo di Amirdauzer. Tutti i presenti percepirono la sua aura demoniaca, sapevano bene di chi si trattasse. Dopo più di tre settimane d’assenza il grande demone si era deciso a comparire davanti a loro.
- Pa...Padron Sesshomaru! - esclamò il piccolo demone con gli occhi luccicanti dalla gioia.
Il demone bianco ignorò completamente il suo servitore, che di reazione tornò a sedersi attorno al fuoco dov’erano gli allievi dello stregone.
Come immaginavo ce l’ha ancora con me, pensò Jaken sospirando.
Intanto Amirdauzer con fare placido si avvicinò a Sesshomaru, che se ne stava a debita distanza dal gruppo.
- Immagino che non vi sia nessuna novità - gli chiese lo stregone con voce rammaricata.
Il grande demone distolse lo sguardo altrove come a guardare qualcosa, e Amir a quella vista capì la risposta.
- Sesshomaru - lo chiamò lo stregone. - Cerca di riposare un po’ o almeno sforzati.-
- Non ne ho bisogno - fu la replica incolore del demone.
- Anche i demoni del tuo lignaggio prima o poi perdono le forze.- proferì Amir, prima di congedarsi da lui e riprendere il suo posto attorno al fuoco. Ovvio che non mi avrebbe dato ragione. Di certo non deve aver avuto vita facile per esser diventato così. Ciò nonostante, per quanto lui lo neghi, sarà sicuramente tornato da noi per cercare di acquietare il suo animo. Un po’ di compagnia non può che fargli che bene, malgrado tutto.

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Il tempo scorre via velocemente, quando ci si diverte, ma in caso contrario le ore diventano giorni e i giorni sembrano anni, pensò Rin, mentre cercava di produrre il minimo rumore possibile nella sua pratica di fuga. La ragazza sentiva chiaramente l’andirivieni dei demoni nei corridoi, che affiancavano la sua porta. In quei giorni quei mostri sembravano essere ancora più in fermento. Ormai conosceva gli orari in cui uno di loro si sarebbe presentato dinanzi alla sua stanza per porgerle quel pasto strano, un rancio che sapeva di altri luoghi. Quei demoni da quanto avesse capito venivano da occidente e quindi a quanto pare anche le loro pietanze rispettavano le loro terre. La roba che le davano non era cattiva, nemmeno buona, solo diversa ed ora si era perfino abituata a quei sapori forti. Quando il servitore di Meyhes si avvicinava, Rin lasciava il suo placido lavoro così da non destare sospetti e, con voce sofferta, si sforzava di ringraziare quel mostro per il cibo che le donava.
                                                                        
Come aveva previsto Meyhes, i suoi prigionieri dopo settimane di torture psicologiche, di condizioni inquiete alla fine avevano ceduto uno dopo l’altro alle sue subdole offerte: “Se diverrete i miei servitori vivrete secoli e avrete forza sovrumana. Fidatevi di me.” gli diceva, e loro troppo deboli e provati da giorni di frustate e fame, alla fine avevano consacrato la propria anima al male. Su sette solo due di loro erano stati così forti interiormente da preferire la morte a quel destino di barbarie, di crudeltà. Gli altri, troppo attaccati alla vita materiale, erano scivolati nella palude dell’oblio senza più farvi ritorno.
                                                                        
+++   ++   +

Sesshomaru appoggiò la spalla sulla corteccia rugosa di un albero e osservò il gruppo di Amir, che da giorni vagava insieme a Jaken alla strenua ricerca di quella demone. Uno di loro era seduto a fare la guardia, non aveva idea di come si chiamasse e non gli importava. Gli altri dormivano placidamente attorno a quel fuoco di cui sentiva distintamente il crepitio monotono e incessante. C’erano proprio tutti: Jaken, Ah Un accucciato a poca distanza, lo stregone, i tre ragazzi che lo seguivano da anni, solo Rin non c’era.. Poche settimane prima a quell’ora lui sarebbe stato disteso accanto a lei a godere del suo respiro caldo come un rogo vicino al suo collo, quel soffio rassicurante che gli scaldava l’anima, ed ora l’unica cosa che aveva addosso era il gelo della sua assenza.          
Il grande demone restò lì, all’ombra di quell'arbusto con il vento che scompigliava i suoi lunghi capelli e, ormai preda di un sentimento divorante, senza nemmeno farci caso sibilò una domanda, emettendo un leggero suono.
Nessuno avrebbe potuto sentire quelle parole sussurrate, forse nemmeno suo fratello Inuyasha, che aveva un fine udito, ci sarebbe riuscito.
Gli occhi dorati di Sesshomaru dopo quell’impercettibile agito verbale, contemplarono il vuoto della lontananza nell’attesa di una risposta, che non sarebbe di certo arrivata.

++  +     +++    +    +    +  +                                                                          

Rin si svegliò di soprassalto in tarda serata, turbata dall’ennesimo sogno inquietante. La sua fronte era madida di freddo sudore. Per tutti quei giorni di prigionia non aveva udito altro che urla e lamenti funerei. A nulla era servito coprirsi le orecchie nel vano tentativo di isolarsi, quelle grida oramai per lei, erano diventate un sottofondo perenne.
Era notte, ma che importava? Tanto il suo sonno sarebbe di nuovo stato costellato da incubi.
Cercando di occupare la mente altrove aveva deciso di continuare la sua attività di fuga, prendendo il suo spillone che da oggetto d’abbellimento, ora era diventato un ottimo attrezzo. Si mise sulle ginocchia e cominciò il suo lavoro.
La gamba non le dava più problemi, piuttosto erano le mani ricoperte di graffi e ferite a dolerle ora. Lesioni provocate dall'insistenza che metteva nel grattare la superficie ruvida della parete che intratteneva l’asse di ferro. Lei usava prima una mano, poi l’altra, cercando di limitare lo sforzo il più possibile.
Era giunta a un buon punto e, se proprio il suo destino risultava essere la morte, un tentativo di sfuggirle ancora una volta doveva pur farlo. Tuttavia, all’improvviso il flebile suono che lei produceva nel compiere quella pratica fu spezzato da qualcosa di evanescente e lontano, che le fece perdere un battito. Sentì una voce oscura e profonda chiamare il suo nome: “Rin.”
Che cos’era stato? Si chiese, lasciando cadere lo spillone dalle mani. Da dove veniva quella voce? Da dove?
Si guardò intorno, ma non c’era nessuno.
Che il suo cervello stesse generando delle allucinazioni uditive adesso?
Forse quello doveva essere un effetto collaterale di giorni di prigionia inquieta e solitudine. Sperò con tutta se stessa di non aver raggiunto la follia.
Credendo di averla immaginata, si passò una mano sul volto e schiaffeggiò lo zigomo, magari non si era ancora svegliata completamente, ma poi la sentì di nuovo e più forte di prima, più vivida: Dove sei? Le chiese quella voce solenne, nota, familiare che non veniva dalla camera, né dalla finestra serrata, nemmeno dai piani inferiori. Rin era sicura di essere da sola, non vedeva niente. Eppure.. Eppure.. aveva udito quella voce amata carica di tristezza, disperazione. Lei era sconvolta, sentì un bruciore al petto, i suoi battiti cardiaci accelerarono, posò le mani a terra stringendosi sulle spalle. Stille salate e silenziose cominciarono ad accarezzarle gli zigomi per poi infrangersi sul pavimento di legno. Il suo volto era chino, e la frangia color terra bagnata le ricopriva gli occhi. Pensò che quella doveva essere l’opera della natura stessa, non volle farsi altre domande. Avrebbe voluto abbracciarlo, accarezzarlo così da alleviare quell’angoscia che stava provando..
-Sesshomaru non so dove mi trovo - sussurrò lei di risposta, graffiando le assi di legno con le unghie. Lui aveva passato tutto quel tempo a cercarla, ma qualcosa gli impediva di trovarla.
Di sicuro quella demone malvagia stava occultando la propria presenza con l'uso di una barriera protettiva e lei doveva agevolarlo, andargli incontro.
Rin si mise in piedi e strinse i pugni, si sentì carica, non c'era altro tempo da perdere, voleva andarsene.
  
 
                                                             
                                              


Angolo della scrittrice Nausika.

Salve ragazze/i, eccomi di nuovo qui, ho tentato di avvertirvi del mio ritardo nel mio angolo (nell’altro capitolo) inviando un messaggio dal mio smarthphone (visto che almeno quello si collegava). Spero che qualcuno l’abbia letto..(-_-)’’ Tuttavia dai, credo di essermi fatta perdonare con questo “papiro” che ho pubblicato adesso.

Tornando alla storia, qui il nostro caro Sesshomaru se la passa “molto male” a livello psicologico(pure Rin non scherza), ma lui la cerca e non la trova, povero..Lo stregone Amir ha capito il carattere di Sesshomaru e riesce a vedere oltre le sue maschere di difesa. La loro avversaria cioè Meyhes mi ispira molto, ha una personalità vendicativa e narcisistica.. non riesce a placare i suoi fragori.. brama vendetta...chissà cosa farà con Rin?  

P.S. Ma lo sapevate che la Takahashi ha dato il suo consenso per due trasmissioni radio, una giapponese, l'altra cinese dove sentiamo Sesshomaru dire di voler prendere Rin come compagna, quando sara' cresciuta?! Daiii! Che bello! Chissà quanto l'avranno stressata i fan. Questa notizia ho avuto modo di scoprirla..un paio di settimane fa grazie ad una delle mie affezionate recensitrici : Fede chan..XD

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Capitolo 11
*** I piani dei demoni - XI ***


XI

I piani dei demoni


 




Il sole sorgeva e tramontava portando con sé un’altra delusione.
In tutto quel tempo le sue ispezioni l’avevano sempre condotto a un inesorabile e misero fallimento.
Nessun indizio, nessun odore che rivelasse quella presenza, niente di niente.  
Un incubo?
Sì lo era
, si disse Sesshomaru in quel momento. Non poteva essere vero che fossero passati trentaquattro giorni, da quando Rin era sparita, non poteva essere vero che una maledetta demone di basso rango si stesse divertendo tanto alle sue spalle. Strinse i pugni e sentì nell’aria il diffondersi di quella fragranza conosciuta: l’odore del suo sangue.
Si guardò intorno e lasciò che le sue iridi abbracciassero lo spazio che lo circondava.
Non si sarebbe arreso, l’avrebbe cercata ancora e ancora, poiché senza di lei il mondo attorno a lui perdeva il suo colore.

+++  +++ +  +++ +     
    
Da diverse ore in quel palazzo serpeggiava un cupo silenzio. Ora che era riuscita finalmente a portare a termine la sua placida e fastidiosa attività di scavo, Rin attenta a non produrre troppo rumore, aveva spinto con le mani l’inferriata dondolante, facendo leva con le gambe e, dopo tutta quella fatica purtroppo, non era successo un bel niente. Quella stanga si muoveva poco, non ne voleva sapere di spostarsi di più. Lo spazio che si era creato risultava essere ancora troppo piccolo per attraversarlo.
E’ inutile cercare vie di mezzo, si disse abbattuta, sfiorando la sua fronte con le dita.
Quell’inferriata si sarebbe mossa quanto le serviva solo se l’avesse scalciata con forza.
Proprio ora dovevano calmarsi quelle bestie?
Per più di un mese aveva udito solo baccano ed ora invece, l’unico suono che riuscisse a percepire era il gorgoglio del fiume che si trovava fuori. Quei demoni erano lì, ma in strana quiete, quindi se ora avesse osato compiere quell’azione, di certo avrebbe vanificato tutti i suoi sforzi, poiché quei mostri sarebbero accorsi subito nel sentire quel frastuono.

++   +    +

All’imbrunire  Meyhes si recò con uno dei suoi servitori nelle segrete del palazzo.
- Vedo che questi umani hanno ripreso colorito, sembrano in buona forma fisica. Hai fatto un buon lavoro, Ruh - disse la demone al suo servitore, mentre guardava i suoi prigionieri appoggiati alle mura con sguardo perso nel vuoto. - Hai fatto un buon lavoro.-
- Vi ringrazio mia signora - ripose Ruh. - Li ho liberati dalle catene, non appena hanno smesso di opporre resistenza.-
- E' una vera fortuna, che tu non nutra interesse per gli esseri umani di sesso maschile - proferì Meyhes. 
- Ora che sono tornati in salute vuol sottoporli ad un allenamento? - le chiese Ruh, facendo finta di non aver sentito la frecciatina della sua signora.
- Non ve n’è alcun bisogno, loro sono già valenti guerrieri. - rispose lei.  – A me non resta altro che incrementare la loro forza. - continuò. - Va a preparare le bestie demoniache e avvisa Eor. Quando avrò finito dovrò recarmi da Beart - disse, artigliando il suo ciondolo smeraldo. – Tu aspetterai il mio ritorno qui.-
Ruh annuì all'ordine, risalendo le scale delle segrete.
Meyhes scostò la bruna chioma dal viso e si piegò sulle ginocchia. Con un leggero movimento d’artigli incise le fronti dei suoi prigionieri, e loro completamente soggiogati al suo volere non opposero alcun cenno di resistenza, nessun lamento uscì dalle quelle labbra. Le rune demoniache sanguinanti cominciarono a brillare in quella fioca luce.
Quando ebbe terminato risalì le scale raggiungendo il suo vassallo, poiché ora doveva recarsi da colei che le era alleata da secoli.

+    +              +

Il chiarore pallido della falce lunare che filtrava nella camera, sfiorava i contorni del suo viso, screziandone i delicati lineamenti. Rin stringeva le gelide sbarre della sua prigione lanciando uno sguardo affranto e malinconico al di là di esse. Non sapeva cosa fare, non riusciva a trovare una soluzione ai suoi dilemmi. Nell’attesa di una svolta voltò le spalle al cielo notturno e raggiunse la porta della sua camera sotto la quale si trovava la sua scodella di cibo.
Erano ore che quel demone l’aveva lasciata lì e, stranamente non era nemmeno tornato a riprendersela. Si piegò sulle ginocchia e protese le braccia in avanti così da poterla afferrare. A quel punto sollevò il coperchio e vide della carne avvolta in uno strato spesso di salsa. L’odore del suo pasto le risultò gradevole, magari se fosse riuscita ad andarsene sarebbe stata ancora più felice, ma per il momento bisognava accontentarsi. Appoggiò la spalla al muro e consumò la sua razione, per ora non poteva fare altro.

+   +     +

Ormai a cavallo della sua bestia demoniaca, la demone assieme al suo vassallo si diresse nelle terre occupate da Beart. Dopo alcune ore di volo giunsero nel suo rifugio. La stanza che li accolse era ricolma di oggetti di vario genere: armature, ossa, statue. Al centro di essa c'era un lungo tavolo su cui erano stati accuratamente stipati libri e contenitori di ogni dimensione. 
- Mia signora siete qui - le disse la demone dalla chioma ramata, quando entrò nella camera. - Avete incontrato difficoltà a raggiungermi? - le chiese in attesa.
- L’amuleto che mi hai donato il mese scorso ha occultato bene la mia venuta - rispose Meyhes pacatamente. – Ecco ciò che mi avevi chiesto - disse, porgendole un sacchetto tra le mani.
- Molto bene - rispose Beart, prendendo un piccolo barattolo dal tavolo. – Questa polvere viene dalle nostre terre, l’ ho estratta dai monti di Erdenae - continuò. - Come vi accennavo un giorno fa, quando mi avete contattata per mezzo del vostro potere telepatico, la forza di quest’incantesimo consiste nell’animare i corpi esanimi.-
- Procedi - le ordinò Meyhes, accomodandosi davanti a quel banco.
Beart versò la materia polverosa del suo barattolo in un contenitore, che era solita usare per le misture, aggiunse la terra che la sua signora le aveva portato; un liquido rossastro faceva da collante. La demone unì altri composti e sollevò gli occhi in aria, le sue pupille da nere divennero bianche. I versi antichi che cominciò a pronunciare la portarono ad assumere uno stato di semi coscienza.
Meyhes ed Eor assistettero a quella pratica senza proferir parola, così da non distrarla da quello stato in cui era approdata.
Quando le sue pupille assunsero di nuovo un colorito scuro, Beart sollevò le palpebre e volse a guardare Meyhes.
- Mia signora la mistura è pronta. Ora non dovete far altro che spargerne piccole dosi su ognuno dei vostri demoni. L’effetto di quest’antica forza inizierà alla loro dipartita- finì di dire Beart con un sogghigno.
- Ebbene? Qual’è l’inconveniente di quest’incantesimo? - le chiese Meyhes, fissando quelle iridi violacee.
- Questa mistura è legata alle terre che voi stessa avete contaminato con il vostro potere. Ragion per cui – fece intendere.
Se loro dovessero allontanarsi da esse cadrebbero al suolo inermi in un istante, pensò Meyhes.
- Vedrò di fare il possibile per evitare che ciò accada - disse in tono grave.
- Mia signora - riprese Beart. – Vado a prendere ciò che ho preparato per i vostri prigionieri umani. Attendete qui, tornerò a breve. - concluse congedandosi da lei.

+ +   +

L’inerzia di silenzi che da ore era insita in tutto il palazzo all’improvviso venne bruscamente interrotta da un rumore aspro, come se qualcosa fosse appena stato rotto.
Che succede ora? Si domandò Rin.
Quel baccano fragoroso sembrava provenire dai piani inferiori. In poco tempo si distese sul pavimento, facendo aderire l’orecchio alle assi. Sgranò gli occhi nell’udire le grida d’aiuto di una voce, che sembrava appartenere ad una giovane donna. Il sangue le raggelò e si strinse nelle spalle. In quel momento realizzò cosa stesse accadendo, poiché anche se non riusciva a vederlo con i propri occhi, non v’era alcun dubbio che il servitore di quella demone stesse usando violenza carnale contro quella poverina. Le parole strazianti che le udì urlare nuovamente diedero ulteriore conferma ai suoi pensieri. Sollevò il capo e accostò le dita affusolate delle mani, sussurrando una preghiera per l’anima di quella ragazza. Si morse le labbra, percependo come non mai l’amarezza di quella situazione, sentendosi in colpa con se stessa, non poteva porle aiuto e forse anche lei presto o tardi avrebbe fatto una fine simile. Quando udì altre grida unite ad oggetti ridotti in frantumi calciò l’asse, e finalmente riuscì a spostarla il tanto che bastava per sgattaiolare fuori.
Scese pesante contro il muro e seguì il lastricato, strisciando le dita dietro la schiena. Proseguiva lentamente, il desiderio di andare via era forte, ma la paura di cadere ora l'accompagnava.
Il suo respiro cominciò a farsi irregolare, quando vide a che altezza si trovasse e le gambe iniziarono a tremarle.
Posò il piede goffamente e scivolò, era avvenuto quello che temeva.
Ruzzolò per alcuni metri e con gli occhi cercò un appiglio, ma inutilmente.
Cadde e in quell’istante diede forza a tutto il suo controllo per non urlare. La profondità di quel fiume la salvò da morte certa.
Sott’acqua i suoi lunghi capelli le ondeggiarono impalpabili davanti agli occhi, che aveva di nuovo aperto. I raggi lunari filtravano quelle acque, rivelando alla sua vista i contorni degli antichi massi che albergavano il greto di quel corso.
Riemerse in superficie e si sentì rigenerata dal tocco di quel liquido, poiché dopo giorni di miserevole prigionia finalmente si era ripulita per bene, anche se quello che aveva appena fatto, non risultava certo essere un bagno di piacere.

+++   +   +

Quaranta minuti dopo la demone fattucchiera ancora non era tornata.
Eor durante quell’attesa si avvicinò alla sua signora e disse: - Padrona Meyhes, siete sicura di potervi fidare ancora di Beart? - le chiese con aria perplessa.
- Il giorno in cui le diedi quell’opportunità di salvezza dalla sua misera vita umana suggellai con lei un patto, legando la sua anima alla mia essenza demoniaca. – rispose. - Per cui se lei dovesse morire, per un attimo il mio corpo sarebbe attraversato da spasmi e finirebbe lì, ma in caso contrario la mia stessa morte risulterebbe essere la sua. - sentenziò risoluta.
- Di conseguenza ogni volta che a voi accade qualcosa lei viene trafitta da dolori lancinanti – continuò Eor, portando una mano sotto il volto. - Questo spiega il motivo di tutti i doni che vi ha consegnato in questi due secoli ed anche il fatto che ci segua negli spostamenti. – proferì sollevando le palpebre.
- Eccomi - disse Beart, rientrando nella stanza con cinque spade foderate e una cintura di cuoio tra gli artigli.
- Queste lame rappresentano il lavoro che hai svolto in questo tempo? - le chiese Meyhes, afferrandone una.  
- E' così - rispose affermativa. - La loro forza è celata dal fodero.-
- Sei stata impeccabile come sempre, Beart. -
- La ringrazio mia signora - rispose inchinandosi. - Sono felice di essere riuscita a soddisfare le vostre richieste.-

++++   +    +      +      +

Quando terminò di divorare quel pasto umano che tanto aveva ambito, Ruh si diresse davanti alla stanza che ospitava Rin. Si era completamente dimenticato di porgerle la seconda razione di cibo. Come di rito bussò a quella porta in attesa di sentire quella voce morbida che lo ringraziava e, nessuna risposta udirono le sue orecchie. In principio, pensò che lei stesse dormendo, ma poi bussò di nuovo e con più forza.
- Ehi umana - la chiamò Ruh a voce alta. - Che stai facendo? -
La risposta si fece attendere nuovamente.
- Umana hai sentito? - chiese di nuovo.
Silenzio. A quel punto Ruh sferrò un colpo d’artigli sulla porta facendola a pezzi. Quando ebbe oltrepassato la soglia notò l’assenza della ragazza e vide la trave spostata. Si sporse fuori e guardò il panorama circostante. Era chiaro il mezzo che avesse usato e, data la sua natura umana, lei ci avrebbe messo del tempo a raggiungere il confine della barriera. A velocità demoniaca seguì il fiume, convinto di trovarla ancora nei paraggi. 

+   +       +

La corrente era debole, il dorso di Rin scivolava sulla superficie liquida che lei stessa contribuiva a increspare. Nuotava nascondendosi dietro ad ogni sterpaglia, facendo attenzione a non farsi vedere dai demoni che sorvolavano la zona. L’irregolarità del decorso di quel fiume la impressionò, difatti quelle acque si diramavano in bracci contorti che andavano a stagnarsi in ampi meandri di laguna. A quel punto avrebbe dovuto sentirsi spossata e invece no, in quel momento rivalutò quel pasto straniero che in tutto quel tempo aveva sempre visto come pesante e indigesto, poiché ora le aveva fornito un’energia, che non pensava nemmeno di poter avere. Quando avvertì l’affievolirsi di aure demoniache nei dintorni decise di aggrapparsi ad una roccia, in modo da raggiungere la sponda.
Risalì l’argine e si rimise in piedi, ma non riuscì a fare il passo successivo, che quasi era inciampata. Le gocce che colavano dalla sua veste avevano appesantito i suoi movimenti. Consapevole della difficoltà, che le avrebbe dato quella scoperta arrestò il suo passo e si piegò in avanti afferrando ampie porzioni di kimono, così da strizzarne via più acqua possibile. Per ultimare il tutto scrollo il capo, infilò le dita nella sua lunga chioma assicurandola ad una coda, che spremette con forza. Le sfere d’acqua che ne uscirono si sparsero di qua e di la sul terreno.  
Davanti a lei si stagliava un arduo sentiero fangoso, a passo sostenuto cominciò a percorrerlo. Schiere di alberi spogli e rovi appassiti lo fiancheggiavano. Un tetro silenzio si snodava nei corridoi di quell’ombrosa foresta. Rin si mise in ascolto, ma non sentì nient’altro che il rumore che lei stessa produceva. E più i suoi occhi constavano la moria di quella terra, più la sua andatura accelerava. 
Via di qui, si disse, scrutando la distanza che la separava dalla sua salvezza.
Giunse al confine di quelle lugubri terre e osservò il panorama all'esterno di quell’oscura barriera. Il mondo al di fuori le sembrò un luogo accogliente e luminoso, completamente diverso da quell’inferno che stava lasciando. Tirò un respiro di sollievo, ma proprio, quando stava per varcare il limite di quella rete protettiva, un brivido le percorse tutto il corpo, sentì i battiti del suo cuore martellare. Un’aura maligna si stava avvicinando. Svelta cercò qualcosa per difendersi. Ghermì una pietra con punta affilata, quel mostro era arrivato, ne era sicura. Si voltò di scatto e sferrò un tentativo di difesa che risultò subito vano, poiché in meno di un batter di ciglia colui che le era dietro aveva fermato il suo movimento.
- Lasciami! - urlò lei, quando si sentì serrare il braccio.
- Mi spiace, ma il tuo viaggio finisce qui - le disse Ruh, sorridendo malevolo.
Rin riconobbe istantaneamente quella voce acuta, era più d’un mese ormai che la sentiva. In un atto di coraggio sollevò il capo e osservò quel demone, che in tutti quei giorni non aveva mai visto in faccia. I suoi lineamenti erano duri, marcati, gli occhi grandi color della cenere. Il viso rubicondo, il naso acquilino, i capelli di un castano molto chiaro. Tornò a guardare il suo profilo, scendendo giù dov'erano le labbra dove sporgevano le sue zanne. Impallidì e sentì lo stomaco contorcersi, quando notò che aveva le labbra impregnate di sangue, perché non ci mise molto a capire da dove provenisse. Un’ondata di nausea e orrore l’aveva avvolta. Il demone la osservava con perfidia e lei di risposta ricambiò quello sguardo con una nota intensa di disprezzo.
- Toglimi le mani di dosso! - esclamò Rin, facendo leva col suo braccio libero.
- Così mi spezzi il cuore - le disse Ruh in tono beffardo. - E’ questo il trattamento che riservi a chi per tutto questo tempo ti ha dato da mangiare? - le chiese cingendole la vita e portandola sulle spalle.
- No mettimi giù! - gridò la fanciulla dimenandosi.
- Se non fosse per la mia padrona a quest’ora, ti avrei fatto fare la stessa fine che ho riservato a quella sciocca umana - disse rudemente, cominciando a camminare. - Tu devi avere un sapore ancora più gradevole. - 
- Sei un mostro! - esclamò Rin calciando e strattonando, cercando di sfuggire a quella morsa.
-Così mi fai arrossire - bofonchiò il demone, sogghinando. - Non sono abituato a tutti questi complimenti. Farò un piccolo strappo alla regola. - Non posso ucciderti, ma almeno posso farti stare zitta, si disse, colpendola sul capo con forza controllata.
La vista di Rin a quell'urto cominciò ad annebbiarsi e una lacrima le solcò il viso, quando nella sua mente comparve il volto di colui che amava. Lei ci aveva provato e non era riuscita a superare quel limite che le dava una speranza.  
Ce l'avevo quasi fatta. Perdonami Sessho, pensò prima che il mondo intorno a lei si facesse sfuocato, accogliendola nel buio e poi in nulla più.

+++ + ++ +   +   +       +

Sesshomaru sollevò il capo e osservò la volta celeste: il lucore mattutino andava incrementando. Il vento in quel momento era spirato tra i suoi vestiti con forza inaspettata facendolo sussultare, dandogli una sensazione che definì come un’improvvisa stilettata al petto. Si guardò intorno cercando qualcosa che potesse giustificare il turbamento avuto pochi istanti prima e non vi trovò niente, nessuna discrepanza. Ma come ad aver involontariamente colto la sua frustrazione lacerante, una voce emerse nell’aria e lo richiamò al presente.
- Non credo che manchi molto alla resa dei conti - gli disse Amirdauzer, quando lo raggiunse in groppa al suo uccello.
- Cosa te lo fa pensare? - gli chiese Sesshomaru senza voltarsi.
- Conosco quella demone, il tempo darà ragione alle mie parole.-

++++  +++   +++      +

Quando Ruh tornò a palazzo trovò la sua signora ad attenderlo.
- Padrona Me...Meyhes - tartagliò Ruh, quando incontrò il suo sguardo tagliente. - Siete tornata prima del previsto.-
- Eor prendi quell’umana dalle braccia di questo buono a nulla - ordinò la demone rivolgendosi al vassallo che le era al fianco.
Eor lanciò uno sguardo di biasimo al suo compagno e dopodiché cinse il corpo inerme di Rin tra le sue mani artigliate avvicinandosi alla sua signora che ora fissava Ruh con aria truce.
- Dunque è così che vanno le cose in mia assenza? - gli chiese lei con tono acido.
- Mia signora, quell’umana è riuscita a spostare un asse scavandoci attorno con qualcosa - rispose Ruh avvicinandosi al suo compagno e prendendo la mano livida della ragazza, così da dimostrarle la veridicità della sua ipotesi.
- Deve aver prodotto parecchio baccano per spostarla in modo definitivo - dedusse Meyhes argutamente. - E tu...- disse aggrottando la fronte diafana. - In quel momento avevi il tuo da fare, vero? - gli chiese colorando i suoi occhi di un rosso porpora. - Ti avevo detto di non perdere tempo con le tue inclinazioni perverse almeno, quando siamo in queste situazioni, idiota! - urlò furiosa.
- Perdonatemi padrona - riprese Ruh inginocchiandosi al suo cospetto.
- Hai rischiato di far saltare i miei piani - disse, sferrando un calcio sul capo del suo servitore. -Lo sai quanto mi ci vuole a ucciderti?-
- Vi prego mia signora datemi un’altra possibilità - riprese il demone in tono disperato.
- Se ora non mi fossi utile ti avrei ridotto in brandelli - disse frusciando nervosamente le dita artigliate sulla stoffa vellutata del suo mantello. - L’hai anche ferita al capo - continuò, osservando dei rivoli di sangue scivolare dalla fronte di Rin.
- Padrona Meyhes non sapevo cosa fare, si dimenava, ma non le ho inferto una ferita grave - si giustificò Ruh, cercando di giustificare il suo atto.
- Sparisci...- soffiò Meyhes.
Ruh restò inebetito, limitandosi a sollevare il capo.
- Non hai sentito? - la demone assottigliò lo sguardo, massaggiandosi la fronte. - Togliti di mezzo prima che cambi idea. -
Ruh non si fece ripetere quelle parole e scomparve a velocità demoniaca da quella stanza.
Meyhes si avvicinò a Eor che aveva Rin svenuta tra le braccia e  artigliò la coda laterale dei suoi capelli che a quel contatto cominciò a striarsi di pallide strisce, fino a che non divenne completamente del colore dell’avorio.
- Mia signora - disse Eor. - Immagino che ora non vi sia più bisogno di rinchiudere quest’umana in quella stanza - concluse guardando quella coda argentea che era il simbolo di un vetusto maleficio.
Meyhes annuì dicendogli di stenderla per terra.
Sei giorni dopo quell’infausto evento, la nube nera che fino ad allora era arginata da quella forza protettiva cominciò ad espandersi tutt’intorno ai territori confinanti col palazzo della demone, causando la moria di qualsiasi essere avesse avuto la sfortuna di incrociare il suo passaggio.
E fu così che in quell’oscura notte, Meyhes aveva infranto la sua barriera...
 

                                                         
                                           


Angolo della scrittrice Nausika.

Salve mie care/i lettrici e lettori affezionate/i, a modi spettro ricompaio tra voi.. Immagino che questo sarà stato un capitolo sofferto per chi si aspettava di veder il grande demone in azione, ma andava fatto. Per come la vedo io non è realistico arrivare subito allo scontro senza prima preparare il terreno.. Spero che avrete apprezzato le mie invenzioni fantasy. Per mettere in difficoltà un demone maggiore ce ne vuole..
Il disegno di Rin che avete avuto modo di visionare a inizio pagina  è una personale rappresentazione della sottoscritta, un misto di colori a pastello su carta. Ebbene sì, questa volta non me la son potuta prendere comoda e, dato cosa mi sono inventata, la probabilità di trovare una Rin con coda avorio sul web era pressappoco pari a zero. E lo si sa: io non pubblico niente senza un’immagine introduttiva a capitolo, proprio non ce la faccio. ;)
P.S. Lo sguardo vuoto che ha Rin nel disegno, non è un caso.

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Capitolo 12
*** La battaglia (prima parte) - XII ***


XII

La battaglia

(prima parte)
 



Le sue mani diafane erano ferme, i respiri bassi, rilassati, composti.
Meyhes uscì dal palazzo e attese pazientemente la rappresaglia di colui che le aveva recato offesa.
I suoi servitori distinsero sul volto della loro padrona un'espressione fiera, allietata e non se ne stupirono affatto, poiché in seicento anni di servizio erano sempre stati complici di quelle malefatte d’odio che lei si divertiva a perpetrare in qualunque posto si recasse. Vedere gli altri inveirle contro in preda all’odio, al dolore per la perdita di una persona cara di cui lei stessa ne era stata causa la deliziava. E in tutti quei secoli il suo animo mai si era piegato alla compassione, né era stato colpito dalle storie livide che leggeva nella mente delle sue sfortunate vittime.

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Sesshomaru che si trovava in una delle sue ronde di ricerca sgranò gli occhi, quando riuscì ad avvertire in modo nitido una quantità cospicua di aure demoniache. Era arrivato il momento, Meyhes aveva scoperto le carte. In pochi istanti mutò le sue sembianze corporee in essenza e si diresse da lei.

Intravide un lungo fiume curvo, le foreste che ne fiancheggiavano i lati erano marce, i colori dell’ambiente circostante sfumavano sulle tonalità del marrone e del nero. Fiutò l'aria e sentì le viscere rivoltargli, quando tra tutti gli odori che percepì emerse il tanfo di Meyhes.

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L’intero accampamento dello stregone era in fermento. Tutti i presenti avevano visto il cielo stellato ammantarsi di un cumulo di nugoli neri. E quelle, che ad un occhio inesperto potevano sembrare masse gassose di nuvole d’acqua, vennero da loro identificate come energia oscura. L’aria cominciò lentamente a farsi pesante, Amir protese il braccio e strappò una foglia dall’albero alla sua destra portandola sulle labbra. La melodia che generò il suo soffio riverberò in pochi istanti dalla radura, alle vallate, alle montagne, fino a che non venne udita dagli uccelli magici a cui lui chiedeva aiuto.
- Wer, Tyn, Hud – li richiamò lo stregone. – Svelti mandate giù– disse estraendo dalla tasca dei suoi pantaloni tre fiale, che parevano cambiare colore continuamente, dal rosso, al blu, dal giallo al viola e via dicendo.
Jaken, Hud e Tyn le fissarono con aria ammaliata, mentre Wer completamente immune a tali fattori ne afferrò una.
- A cosa servono maestro? – gli chiese Wer.
- Vi renderanno immuni all’aria maligna delle terre di Meyhes, mantenendo il vostro stato mentale vigile, in più aumenteranno la vostra resistenza. Prendetele subito tutti quanti, perché non abbiamo tempo da perdere. 
- Ehi! – esclamò Jaken. - A me non dai niente? - gli chiese accigliato.
- Bada a come parli - lo redarguì Wer, che mal sopportava il suo atteggiamento arrogante.  – Sappi, che in questo mese ho avuto molta pazienza con te. – Questo piccolo demone è veramente insopportabile. Non mi stupisce, che nemmeno il suo padrone lo voglia tra i piedi.
- Jaken - lo chiamò Amirdauzer dopo aver lanciato un'occhiata di rimprovero a Wer per i suoi modi scontrosi.  – Tu sei un demone. Ragion per cui, che male potrebbero mai farti delle aure maligne? – gli chiese inarcando un sopracciglio.
Il minuto demone annuì nel sentire quelle parole, ma la paura l’aveva condotto a fare quella bizzarra richiesta.
I tre ragazzi si voltarono quando udirono le urla degli uccelli richiamati dal loro maestro. Era uno stormo di esemplari di dimensioni due volte superiori a quelle di Ah Un. Due di loro, uno bianco e l’altro nero atterrarono nel campo aperto,che si trovava a qualche decina di metri dal gruppo. Amirdauzer raggiunse i due volatili alfa che detenevano il comando sugli altri e carezzò le loro piume come saluto.
- Wer, Hud salite su quest’uccello bianco – disse lo stregone. – Tyn, tu andrai con Jaken in groppa ad Ah Un – gli fece un cenno di saluto montando in groppa del volatile nero.
- Jaken muoviti! – esclamò Tyn, mentre allungava il braccio per aiutarlo a salire in groppa al demone drago. C'era da aspettarselo che il maestro avrebbe lasciato a me l’incombenza di proteggere  questo piccolo demone debole e petulante.
In poco tempo il gruppo di Amir raggiunse quelle terre disastrate. Una trapunta oscura si ergeva sopra di loro.
L’aria che accolse la loro venuta era satura del tormento di migliaia di creature maligne.
Gli occhi dello stregone ruotarono alla ricerca di quella demone, ma subito dovette tornare a guardare davanti a sé, poiché si ritrovò assediato da un’ondata di bestie.
Eor, che l’aveva riconosciuto all’istante non ci aveva messo molto a impartire quell’ordine alle sue creature.
Jaken deglutì, allorché si rese conto della mole di demoni al servizio di Meyhes. Ma d’altronde, quell’antica demone aveva secoli d’esperienza alle spalle. E se un mezzo demone come Naraku era riuscito a far danni, figurarsi cosa poteva fare una vera demone.
Amirdauzer dopo aver ponderato la gravità della situazione, mormorò una richiesta al suo uccello che emise un grido acuto. In men che non si dica lo stormo si separò, intento a metter fine alle vite di quelle bestie demoniache.
Atterrarono nei pressi di un rigagnolo di acqua salmastra.
I tre ragazzi sguainarono le loro armi contro i demoni bestiali, aiutati dallo stormo d’uccelli magici. Jaken restò in groppa ad Ah Un e si guardò intorno, il suo pensiero ora era per il suo padrone, doveva raggiungerlo. 

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Sesshomaru era al cospetto di Meyhes, la guardava con negli occhi un baluginio da predatore.
- Ho appena infranto la barriera ed eccoti qui! – proferì Meyhes con un sorriso sardonico sulle labbra - Ti stavo aspettando.-
- Lei dov’è? - le chiese Sesshomaru con tono gelido.
- Un demone maggiore come te che preferisce un’umana a una demone - disse Meyhes derisoria.
Sesshomaru si limitò ad assottigliare lo sguardo, ma senza risponderle, nell’attesa che la sua richiesta fosse esaudita.
- Quanto sei noioso con il tuo mutismo, se proprio vuoi vederla ti accontento.-
Mia cara vieni da me, le ordinò  la demone con l’uso della telepatia.
Pochi istanti dopo quel richiamo una sagoma apparve nel sentiero che si stagliava alle spalle della demone. Gli stivali di quella figura affondavano nel terriccio reso morbido dalla pioggia caduta la notte precedente. Il suo volto era celato dall’ampio cappello del suo mantello, che aderiva perfettamente al suo corpo. La fessura aperta sul davanti rivelò il resto del vestiario: dei pantaloni aderenti, una maglia nera. Non c’era alcun dubbio era una donna. La squadrò dalla testa ai piedi incredulo, poiché lei non emanava nessun odore e, probabilmente se non l’avesse vista, non avrebbe nemmeno creduto a quella presenza.
– Ti stai forse prendendo gioco di me? - chiese Sesshomaru, fissando la demone. - Non avverto su questa femmina nessuna traccia olfattiva. -  
- Già - rispose Meyhes sempre più divertita. - Non avevo considerato un oggetto. -
Dammi il mio medaglione, le disse nella mente.
La figura ruotò il capo verso la demone e abbassò il cappuccio, lasciando che la sua fluente chioma le ricadesse libera sino al bacino. Con un aggraziato movimento sfilò l’amuleto dal suo collo, posandolo sul palmo aperto della mano di Meyhes. E a quel punto passo un attimo prima, che la fragranza della misteriosa figura si liberasse nell’aria.
Sesshomaru sentì i battiti del cuore accelerare, quando il suo odore raggiunse le sue narici, perché ora non aveva più alcun dubbio.
Quello era l’odore di Rin.
Avvertì un calore intenso irradiarsi in tutto il suo essere nel vederla lì, davanti a lui, viva.
Lei volse il capo nella sua direzione, bella, delicata come un giglio. E quel calore provato pochi istanti prima svanì non appena i loro sguardi si incrociarono.
Sesshomaru continuò a fissarla constatando la triste realtà, Rin non lo riconosceva, lo stava osservando con sguardo vacuo. Era chiaro che fosse stata completamente soggiogata da quella demone.
Jaken raggiunse il suo padrone e restò incredulo a vedere quella scena.
- Tu maledetta - ringhiò Sesshomaru rivolgendosi a Meyhes. - Che cosa le hai fatto? - 
- Che hai da lamentarti ancora, l'ho fatta venire qui, non la riconosci? – gli chiese Meyhes, posando una mano sul volto. - Fino ad ora ti facevi beffe di me. Ti fa male constatare che a lei non gliene importi nulla? -
- Lei non è in sé – rispose minaccioso, facendo un passo avanti nella sua direzione.
- Mia signora - la chiamò Rin con voce morbida, schermando la figura della demone con il suo corpo. - State indietro, vi proteggerò io - proferì, guardando con veemenza quello che pensava essere il suo nemico.
- Prego mia cara difendimi - le rispose Meyhes, ghignando quando incrociò gli occhi di Sesshomaru.
Un vento gelido si frappose tra i due amanti in quel momento.
- Dannato demone - disse Rin, fissando il volto di Sesshomaru. - Non osare nemmeno pensare di far del male alla mia signora! - esclamò infuriata.
Gli occhi di Sesshomaru saettarono sulla coda laterale di Rin, un dettaglio che ancora non aveva scorto.
- Mio giovane padrone - disse Jaken, notando la medesima cosa. – Che sia quello il segno da abbattere? -
- Questo lo verificherò subito – sibilò Sesshomaru, sollevandosi in aria e allungando i suoi artigli. Balzò davanti a Rin e in un movimento fulmineo tagliò la sua coda argentea.
Rin per pochi secondi si guardò intorno stordita, ma quel suo repentino ritorno alla realtà non durò quanto sperato, poiché quei capelli appena recisi crebbero qualche attimo dopo.
Meyhes ridacchiò con gusto. – Come sei ingenuo – disse sarcastica rivolgendosi a Sesshomaru. - Per chi mi hai presa? Pensavi che bastasse così poco per estirpare il mio potere? – 
Sesshomaru la guardò impassibile. Doveva riacquistare la dovuta calma, consapevole come non mai che uno stato alterato dei sensi l’avrebbe condotto ad essere un facile bersaglio emotivo.
- Sai, ne ho fin sopra i capelli della tua aria supponente – riprese Meyhes. – Rin liberami da quest’essere. -
- Sarà fatto mia signora - le rispose Rin, interamente assoggettata al suo volere.
- Ma che cosa stai dicendo Rin! - esclamò il piccolo demone in un impeto istintivo. – Non è con noi che devi prendertela! -
Rin ghermì con entrambe le mani i coltelli della cintura, che aveva legata sulla vita. I suoi occhi bruciavano pronti allo scontro, come se questo significasse la sua unica ragione di vita.
La malvagia demone dopo aver letto nella sua mente, era venuta a conoscenza dell’abilità della ragazza nell’usare l’arco e, data la notevole mira, non ci aveva messo molto a capire che sarebbe stata anche in grado di adoperare altre armi da lancio. Per circa una settimana, Rin si era allenata assieme ai suoi servitori. Ed ora l’idea che lei potesse ferire a morte proprio colui, che non le avrebbe mai alzato un dito contro esaltava l’animo contorto di Meyhes.
Poiché, che cosa c’era di meglio del vedere quel potente demone maggiore del tutto inerme dinanzi alla sua amata umana?
Completamente succube dei suoi comandi, Rin cominciò senza remora a scagliare pugnali contro il suo compagno.
Sesshomaru schivò il primo pugnale, poi il secondo, ma il terzo non riuscì ad evitarlo e una ciocca dei suoi lunghissimi capelli argentei venne recisa.
Jaken sgranò gli occhi, quando vide quell’azione, poiché Rin era riuscita a colpire seppur di striscio il suo signore.
- Pa...Pa...Padron Sesshomaru allontanatevi da lei! – urlò il piccolo demone allarmato, quando ebbe raccolto i suoi capelli da terra. – I pugnali di Rin annullano i vostri poteri – disse, sollevando il braccio che teneva la sua ciocca, ora divenuta nera.
Sesshomaru osservò i capelli, che il piccolo demone stringeva convulsamente tra le mani riconoscendo su di loro il tipico odore umano.
E mentre Rin raggiungeva la corteccia dell’albero per liberare i suoi coltelli incastonati, Ruh richiamato telepaticamente dalla sua signora, compariva ai margini del sentiero con al fianco cinque esseri umani.
- Credi che sia così vulnerabile? - le chiese Sesshomaru, quando sentì Meyhes sogghignare. – Dei semplici umani non possono farmi nulla.-
– Vedremo – rispose la demone risoluta. – Dato che ora perfino la tua compagna può farti del male.-
- Forse dimentichi chi hai davanti. – le fece notare Sesshomaru. Che cos’ha in mente quest’essere superfluo? 
- Miei fidi seguaci avanti - ordinò Ruh. – Mettete fine alla vita di questo demone.-
Sesshomaru a quel punto estrasse Bakusaiga dal fodero, che con il suo chiarore illuminò il terreno circostante.
In un attimo i samurai gli furono addosso. Con poco sforzo il grande demone parò i loro colpi nell’attesa fremente di vedere quei deboli corpi sciogliersi al contatto con la sua lama, e restò basito nel constatare, che non accadeva nulla.
Ma che succede ora? Si chiese Sesshomaru prima di parare un altro colpo.
La sua Bakusaiga aveva perso luminescenza, sembrava una spada qualsiasi, che ormai priva del suo potere magico cozzava con i fendenti dei tre uomini. Uno di loro azzardò un salto in avanti, ma il demone fece appena in tempo a schivarne il colpo. Era chiaro che fossero state quelle spade ad annullare la forza della sua zanna.
Non poteva distrarsi, doveva fare attenzione, dato che effetto devastante avrebbero potuto causare sulla sua pelle.
I movimenti di quegli umani erano rapidi, scattanti. Tutto il contrario del loro sguardo perso nel vuoto.
Scrutò i loro volti e poi ne intravide la ragione. Meyhes aveva impresso delle rune demoniache sulle loro fronti, incrementando a dismisura la loro forza. Quei samurai paravano ogni suo colpo senza alcuno sforzo.
E quelli che un tempo furono valenti guerrieri, nobili d’animo, ora si erano trasformati in spietati assassini assetati di sangue, morte.
Cercò di mutare le sue sembianze umanoidi nella sua vera forma, ma non ci riuscì, poiché la vicinanza di quelle spade aveva indebolito il suo potere. Seccato da quella conseguenza generò delle fruste di luce dai suoi artigli, ma il loro effetto venne annullato all’istante da una delle spade degli uomini.
I fendenti di questi esseri umani hanno annichilito i poteri del sommo Sesshomaru, ed ora che cosa succederà? Si chiese Jaken inquieto.
Rin si mise di nuovo in posizione d’attacco, accostando la sua figura a quella dei samurai.
Il demone bianco si voltò di scatto, quando le sue narici fiutarono la fragranza di lei, che ora si era avvicinata troppo a quello scontro di lame.
Non poteva permettere che si ferisse. Generò di nuovo delle fruste di luce dai suoi artigli e bloccò il movimento repentino di Rin sollevandola in aria, facendola atterrare il più lontano possibile da lui e da quella demone.
Meyhes ben consapevole del fatto che lui non avrebbe lasciato il terreno dov’era la sua umana, salì a cavallo di una delle sue bestie. Sesshomaru non si accorse di quell’assenza, poiché il ciondolo di quella demone occultava il suo odore e quello della bestia, che adesso la trasportava in aria.
Jaken cercò di aiutare il suo padrone, ma senza alcun successo, poiché quei guerrieri erano troppo forti. E se fosse rimasto lì avrebbe non solo rischiato la vita, ma anche intralciato lo scontro. Concluse quelle riflessioni, decise di tornare dal gruppo di Amirdauzer.
Sesshomaru balzò a destra, poi a sinistra così da evitare i colpi di quelle spade. Una rotazione su se stesso e disarmò l’avversario, ma di nuovo accigliò lo sguardo nel vedere quell’arma sull’erba emanare una rete d'energia, che proteggeva il corpo del samurai. E in quel momento dovette ammettere, che quella demone gli stesse dando del filo da torcere. Il suo animo ora era scisso su due frontiere: l’elettrizzante istinto da guerriero e la frustrazione per lo stato accecato di Rin.

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Altri demoni dalle sembianze bestiali si avventarono sul gruppo dello stregone. Un incedere sempre più violento di spade, alabarde e lance. I tre giovani sconfissero la prima ondata, poi la seconda, sembravano non finire mai. E, quando si accorsero che altri non erano, che gli stessi demoni abbattuti poco prima, restarono di sasso.
- Maledizione! – imprecò Wer inferocito, annaspando nel terreno insanguinato. – Per caso ho le visioni? Questo demone l’avevo eliminato, come ha fatto a rialzarsi? - Fortuna che abbiamo bevuto quelle pozioni.
Jaken urlò terrorizzato, quando una bestia spalancò le fauci al suo cospetto, scaraventando il suo bastone dall’altro lato del campo di battaglia.
E’ arrivata la mia ora. E nemmeno il padrone potrà più riportarmi in vita, si disse, chiudendo gli occhi.
- Muori bestiaccia! – esclamò Tyn stizzito, trapassando il corpo del rettile che stava per uccidere Jaken. - Che ci fai di nuovo qui? - gli chiese incrociando gli occhi lucidi di Jaken in quell'attimo riconoscente. – Credevo che tu fossi tornato dal tuo padrone. - 
Tyn parò un'altro demone che gli era venuto addosso, i suoi capelli solitamente dorati erano macchiati talmente di sangue da sembrare arancioni.
- Non ero di alcun aiuto al sommo Sesshomaru, anzi gli ero d'intralcio. Persino lui sta avendo difficoltà.-
- Jaken va a raccogliere il tuo pezzo di legno e cerca di guardarti le spalle - gli disse Tyn. - Ci sono troppi demoni, ti proteggerò finché posso, ma fai anche tu la tua parte.-
Jaken lo guardò commosso, forse sarebbe riuscito a cavarsela ancora una volta.
- Maestro! - esclamò Hud. – Cosa possiamo fare? Le nostre armi magiche non li uccidono. - Diamine, non abbiamo un attimo di pace. Si rimettono in piedi dopo pochi minuti.
- No, non è esatto - considerò Amirdauzer, mentre colpiva l’ennesima bestia demoniaca. - Loro sono già morti - Questa è magia nera, non può essere che abbiano addosso. E’ ora di chiarire quest’enigma.
Le iridi smeraldine di Amirdauzer dopo un impercettibile sibilo di parole assunsero un colore ghiacciato, poiché quello era l’unico modo per aumentare la sensibilità della sua vista, che ora avrebbe individuato ciò che a occhio umano pareva invisibile. Seguì le figure demoniache assottigliando lo sguardo nella spasmodica ricerca di quel sospetto già insito nei suoi pensieri, di quella conferma, che potesse giustificare quell’insolito fattore. Si accigliò, quando l’ebbe trovata, poiché sul dorso di quelle bestie era presente un unguento iridescente. Chiuse le palpebre il tempo di permettere alla magia di regredire.
Chi c’è dietro tutto questo? Si chiese lo stregone, aggrottando la fronte. Meyhes controlla le rune, la mente, ma non è in grado di usufruire di tale incantesimo. Una cosa è certa, la sostanza che hanno addosso viene dai monti di Erdenae dove tutt’ora errano i cadaveri dei non morti.
- Amirdauzer! - esclamò il piccolo demone ansante, riuscendo finalmente a essergli abbastanza vicino.
- Jaken che nuove porti? - gli chiese lui prima di fendere il corpo del demone, che gli era apparso davanti. 
– Il mio padrone sta combattendo con i seguaci di Meyhes, c’è anche Rin la in mezzo ed è completamente fuori di sé. - continuò. - Non ci ha riconosciuti, sembra nutrire un’eccessiva devozione per quella demone. -
- C’era da aspettarselo - gli rispose per niente sorpreso. - Per quanto riguarda i seguaci di Meyhes, un demone maggiore potente come Sesshomaru non può essere messo in difficoltà da cinque umani, anche se da quello che dici immagino li abbia rinforzati con delle rune. –
- Sì e hanno delle strane spade – riprese il minuto demone. - La sua Bakusaiga non appena ne ha sfiorata una ha smesso di funzionare, ora sembra una spada comune. E come se non bastasse i poteri del mio padrone ne hanno risentito. Come facciamo? – gli chiese turbato. Fortuna che l’ho raggiunto, al fianco di questo stregone mi sento molto più al sicuro.
Amirdauzer bofonchiò sdegnato, pensando: La sua zanna potrebbe riuscire ad eliminare queste bestie definitivamente. Da quanto mi disse una volta ciò che viene distrutto con il suo fendente non può tornare. Con i miei incantesimi non riuscirei ad eliminarli tutti, sono troppi. Meglio dosare quelli giusti. Ed ora che è in questa situazione, tocca a me fare qualcosa. A mali estremi. 
- Jaken! - lo richiamò all'improvviso. - E' meglio che tu ti copra gli occhi ora – proferì in tono risoluto.
Il piccolo demone fece come gli aveva chiesto, notando sulla pelle dei brividi. Un po' di luce attraversava le fessure delle sue minute mani. Amirdauzer emanava un'energia spaventosa.
La magia era esplosa nel corpo di Amir, tanto forte da riscaldargli i palmi delle mani, come se lui stesso fosse diventato fuoco. Un incredibile potere attraversava tutto il suo essere.
- Non permetterò che tu compia quello che hai in mente – proferì la voce graffiante di una demone.
Amirdazuer puntò gli occhi si chi aveva parlato, notando una donna dai capelli rossi, gli occhi cangianti e un'armatura a fasciarle il corpo.
- Beart - la chiamò lo stregone, tornando al suo aspetto umano.
-Zer - replicò lei con un sorriso privo di calore sulle labbra. 
- Erano secoli, che nessuno pronunciava il mio nome abbreviato. Dunque è così che ti sei ridotta, fai da zerbino a quell’infida demone?-
- Non siamo tutti fortunati come te, che discendi da una razza di stregoni di alto rango – rispose Beart. – Essere d’aiuto a Meyhes mi ha consentito di vivere a lungo e poi parli tu, che sei divenuto alleato di quel demone cane.-
- Come osi parlare così del sommo...- cercò di dire Jaken prima di ricevere un’occhiata, che non ammetteva repliche dallo stregone.
- Che cosa vuoi fare, Beart? – le chiese Amirdauzer in tono sprezzante. – Non sei stata in grado di mettermi in difficoltà, quando avevo solo quindici anni, figurarsi ora. Provo quasi tenerezza per l’ingenuità della tua mente. -
- Questi due secoli mi hanno consentito di sviluppare altre qualità. - rispose Beart.
- L’esperienza da te acquisita non può nulla al mio confronto e questa volta non ti concederò la pena che mi facesti all'epoca. -
- Ti svelerò un segreto - disse Beart. - Sono stata io ad aiutare Meyhes a far perdere le tracce di sé quel giorno - proferì. - Poiché sapevo a chi appartenesse il corpo di cui si era impossessata.-
- Sei una spregevole vigliacca – la giudicò lo stregone con una nota di disprezzo nella voce.
- Io a quel tempo ti odiavo con tutte le mie forze. – riprese Beart. - Tu mi hai umiliata e guardata sempre dall’alto in basso. – continuò. - Che cosa c’è? - gli chiese. – Dopo tutto hai vissuto per più di cinquant’anni con quell’odiosa ragazzina, tutta fiori e sghembi sorrisi.-
Questa demone vuol proprio morire,  pensò Jaken.
Beart lo provocò fino al punto di non ritorno, cedendo a quei complessi di inferiorità, che da sempre provava nei suoi confronti. Desiderava colpirlo dov’era più debole così d’avere una sorta di riscatto morale. Cosciente del rischio che stava affrontando, ma incapace di rinunciare al veleno che portava dentro.
Amirdauzer inclinò il capo, i suoi lunghi capelli cominciarono a ondeggiare in alto così come il suo mantello. E quello che si stava preparando a compiere doveva essere l’ultimo assalto a colei, che non era degna di avere il fiato della vita.
Beart sollevò l’indice della mano sinistra pronunciando parole nella sua lingua, lasciando che la mano si colorasse di una strana aura grigia. Le sue dita artigliate si scurirono sotto quella strana energia diventando nere come pece. I suoi lunghi artigli viola spezzavano il colore scuro delle sue mani. 
Lo stregone si preparò a contraccambiare accostando le mani a coppa. Tra i suoi palmi comparve una sfera d’energia da dove come piccoli lampi, saettavano raggi dorati. I due scagliarono le loro forze uno contro l’altra e per un attimo Amirdauzer sembrò in difficoltà, come avesse avvertito la spinta eccessiva di quella forza. Beart ghignò divertita e fece un passo avanti mantenendo il controllo su quell’incantesimo, ma il suo stato d’euforia svanì nel vedere l’espressione dello stregone, che ora la fissava gelido. Il bianco della sua sfera d’energia si stabilizzò in una luce intensa. E in quel momento era come se il tempo si fosse fermato, poiché tutti coloro che combattevano dovettero fermarsi per schermare gli occhi da quel bagliore che li feriva. 
Consapevole di non riuscire più a sfuggirgli l'istante prima che Amirdauzer la colpisse fatalmente Beart disse qualcosa che lo colpì.
- Ci sono delle cose che non sai e che starebbero a cuore, ma io le porterò all'inferno con me - per un solo istante Amirdauzer la guardò perplesso, ma sentendo il suo potere pressante poiché impaziente di fuoriuscire fece la sua mossa conclusiva, scagliando la forza che trasformò l'attimo dopo Beart in un cumulo di polvere. 

L'attimo dopo Amirdauzer estrasse la sua spada dal fodero, sussurrando delle parole magiche, il fendente a quel punto si caricò e divenne nero. Con un movimento rapido lo conficcò nel terreno, causando uno squarcio che si propagò nel raggio di alcune miglia. Un fiume di lava incandescente scorreva al suo interno.
- Jaken va ad avvisare il tuo signore - disse lo stregone. - Le armi di quei samurai dovranno essere gettate direttamente qui dentro. - continuò indicando l'apertura. - Questa non è lava qualsiasi, Sesshomaru dovrà compiere quest'azione prima, che la depressione nel terreno si richiuda.–

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Meyhes in quello stesso momento si piegò su se stessa, poiché la morte di Beart le aveva dato degli spasmi lancinanti. Si sentì come se una quantità cospicua di spade lacerasse ogni centimetro del suo essere. Quella sensazione devastante ebbe la durata di pochi attimi e, quando si riprese capì che era giunto il tempo di chiudere una questione.
Ruh,  lo chiamò la demone collegando la sua mente a quella del suo servitore.
Comandate padrona, rispose il suo vassallo, quando sentì la voce della sua signora rimbombare nella sua testa.
Fa fuori quell’umana, gli ordinò. Uccidi Rin.
Ruh annuì nella mente prima di cadere per l'improvviso movimento sismico del terreno. Non sapeva cosa fosse esattamente successo, ma la temperatura pareva essersi alzata, e un fiume giallo aveva preso il posto del rigagnolo che gli era vicino.

+++ +  ++   +

Sesshomaru sentì il terreno crepitare sotto i piedi, subito la cercò con lo sguardo e la vide, era caduta a terra. Fece un sospiro rilassato, quando constatò che la portata dell’urto non poteva averle fatto molto male.
- Pa..Pa..Padrone! – urlò Jaken in groppa al demone drago. – La lava che scorre in quella lacerazione può distruggere le armi di quegli umani. E' stato lo stregone a causarla, non durerà a lungo. Approfittatene prima che l'effetto del suo incantesimo volga al termine. -
Il grande demone dopo aver udito quelle parole rimirò le distanze. Non poteva perdere altro tempo ora che aveva una soluzione. Quando ebbe calcolato ogni fattore, decise di fare una prova e, con un manrovescio disarmò il primo dei cinque uomini. La lama di quest’ultimo volteggiò in aria per alcuni metri, fino a che non lambì direttamente la lava incandescente sprofondando in essa. Quel contatto provocò una nube densa di fumo. Ce l'aveva fatta.
Frattanto il samurai disarmato gli si avventò addosso in un impulso suicida e lui non lo uccise, ma si limitò a tirargli un pugno, perché provò per quell'umano qualcosa di simile alla pena. I suoi occhi non lo temevano, il suo spirito non c’era. Era come vedere un fantoccio errare nell’oblio onirico dei sensi.
Quando il secondo avversario lo raggiunse adottò su di lui la stessa tattica usata con il primo. Così fece di nuovo con il terzo. A mano a mano, che quelle spade venivano incenerite dalle lingue di fuoco, sentiva la forza aumentare. E poi avvertì pulsare; il potere della sua zanna stava tornando. Quello stregone aveva risolto la questione, non c’era alcun dubbio, ancora una volta si era confermato degno di tutto il suo rispetto.
Infine Sesshomaru riuscì a disarmare tutti i guerrieri. Gli umani che mise al tappeto continuavano a contorcersi dal dolore, rotolando da un lato all’altro sul terreno. Li aveva risparmiati. La dipartita di quella demone avrebbe rappresentato il loro nuovo inizio. Si sorprese da solo nel constatare quanto fosse diventato misericordioso d’animo, poiché in passato non avrebbe manifestato un simile atteggiamento. Gli vennero in mente le parole che Totosai gli aveva detto, quando era riuscito a generare l’arto e la spada. Consapevole di aver compiuto un ulteriore passo avanti in quell’emotività, che per secoli si era forzato a occultare dietro infinite maschere.
Il suo passato in quel momento gli sembrò troppo lontano.
E si sentì fiero di quello che era diventato, dei suoi agiti, delle decisioni che aveva preso. 


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Rin sollevò le palpebre ritrovandosi in un paesaggio brumoso, fitto quanto l'oscurità. Si chiese dove fosse finita la sua signora. Fece un lungo respiro e continuò il suo percorso. Seguì il sentiero tenendo gli occhi fissi sul terreno, il fumo velava ogni cosa. Sentì un calore intenso farsi spazio prepotentemente sul volto e, istintivamente portò la manica della sua veste davanti agli occhi, che avevano preso a lacrimare. Si fermò sgomenta, quando si accorse di esser troppo vicina a quella pericolosa voragine che si era aperta, chissà come nel terreno. In un movimento veloce voltò le spalle e accelerò l’andatura, doveva allontanarsi il più possibile, dato che ora aveva preso anche a tossire.
Ruh dopo diversi minuti di ricerca intravide la figura di Rin nel sentiero della foresta morta e le si avvicinò malevolo; lei del tutto ignara delle sue intenzioni lo raggiunse riconoscendo in lui un alleato.
- Ah, finalmente non sono più da sola. – disse Rin. - Dov’è andata la nostra signora? – gli chiese apprensiva.
- Non è più cosa che ti riguardi. - le rispose acido.
- Che diamine stai dicendo! – esclamò prima, che Ruh le afferrasse il braccio. – Ma che fai? – gli chiese accigliata.
Si ritrovò bloccata nella replica di quella notte in cui aveva tentato la sua fuga, ma senza ricordarsene. In pochi attimi il demone la trascinò a terra incombendo su di lei con negli occhi una nota di perversione. Era pronto a violare il corpo dell’umana, che da più d’un mese inondava i suoi pensieri lascivi. Voleva sporcare quell’animo puro, che lo disgustava ed ora poteva farlo. Le serrò entrambi i polsi nel palmo della mano e si inebriò del suo odore fruttato. L’avrebbe uccisa nel modo a lui congeniale, portando a compimento il suo pernicioso desiderio latente.
Rin fu invasa dalla paura, quando avvertì la mano callosa di quel mostro farsi strada sotto la sua maglia. Scalciò all'improvviso cercando invano di liberarsi del suo peso.
- Lasciami andare! - urlò. - Mia signora! – la chiamò disperata. – Mia signora mi sentite? Aiutatemi! - gridò con tutto il fiato, che aveva in gola.

++++  +  ++    +            

Il grande demone si guardò intorno con frenesia. Dov’era finita Rin? I fumi provocati dalla combustione di quelle armi avevano annebbiato l’intero panorama e confuso tutti gli odori. Sempre più allarmato la cercò in ogni dove e poi d’un tratto assottigliò lo sguardo, quando un refolo di vento diradò i fumi rivelando ai suoi occhi quello, che stava avvenendo. La sentì urlare in quel momento e scattò fulmineo, non appena ebbe chiara la situazione. Quel demone la teneva a terra, stringendole rudemente i polsi.
Sesshomaru sollevò il corpo di quell’essere indegno da quello di lei, scaraventandolo violentemente sul terreno. Ma come aveva osato toccarla?
Ruh indietreggio intimorito, quando si rimise in piedi, poiché non pensò nemmeno per un attimo di poter aver la meglio contro una creatura così potente. Gli occhi dorati di Sesshomaru spiccavano nell'oscurità di quei fumi, come due stendardi avvolti dalle fiamme. In un movimento fluido il grande demone sferrò i suoi artigli, che come un cozzo implacabile sprofondarono nel petto di Ruh ora inondato del suo veleno letale, che lentamente scioglieva le sue carni. L’infimo demone protese le braccia sulla mano di Sesshomaru nel tentativo di estrarla dal suo corpo, ma non ci riuscì. La sua gola si contrasse in uno sfogo d’agonia e, un getto di sangue evase dalle sue labbra. L'immagine finale che videro le sue iridi grigie fu quella che ogni vittima di Sesshomaru portava impressa sulla cornea: il ghigno spietato di colui che gli stava togliendo la vita. 
Rin ancora preda della suggestione osservò la scena con un’indifferenza disarmante, senza nessun sentimento di riconoscenza. Sebbene quel demone bianco l’avesse salvata, ai suoi occhi restava sempre il nemico della sua signora. Pensava solo a lei, a dove fosse finita.
Sesshomaru lasciò andare il corpo di quel demone non appena ne ebbe constata la morte. E a quel punto i suoi occhi si posarono sul volto di Rin, che non lo degnava di uno sguardo.
Ma cosa si aspettava? Che lei si fosse improvvisamente liberata da un maleficio così potente?
Sospirò seccato e cercò di confortarsi, poiché non era il momento di mettersi a fare simili ragionamenti di biasimo.
Rin era completamente andata, l’unico modo per farla tornare in sé risultava essere quello di uccidere quella creatura immonda, futile.

Quando constatò che non ci fossero pericoli nelle immediate vicinanze si sollevò da terra e, con un leggero movimento di braccia sferzò l’aria. Il potere magico della sua zanna era tornato completamente.
Una nota positiva,  si disse.
Percepì l’odore dell’uccello demoniaco a cui Meyhes lasciava parte della sua essenza.
Non mi sfuggirai questa volta, pensò.
Quell’ammasso di carne volante sarebbe stato il primo a perire, non avrebbe tralasciato niente, aveva già fatto quell’errore in passato, e lui non era certo il tipo da ripetersi.
Eor dopo aver assistito alla scena dall’alto, cercò di rallentare il percorso di Sesshomaru, così da impedirgli di raggiungere la sua signora. E fu così, che in pochi istanti il grande demone venne attaccato da un’orda di bestie voraci.  
- Sparite dalla mia vista- soffiò Sesshomaru irritato, scagliandogli addosso la sua Bakusaiga.
In quell'istante sia Jaken che i seguaci di Amirdauzer levarono lo sguardo in aria, poiché avvertirono la forza prorompente della spada del demone. Il folgore generato dal suo fendente, cominciò a propagarsi su tutti i corpi di quei demoni non morti, illuminando all’improvviso il colore scuro della volta notturna.
- Il mio padrone ce l’ha fatta! – esclamò Jaken tronfio d'orgoglio.
- La sua zanna ha ripreso a funzionare, siamo a cavallo ora. - disse Tyn ai suoi amici.
- Li ha inceneriti totalmente, fantastico! - esclamò Hud entusiasta.
- Dov’è  il maestro? - chiese Wer allarmato.
 
     

                                                        


Angolo della scrittrice Nausika.

Salve lettori/recensori, ed ecco che ritorno con questo lungo e cruento capitolo. La battaglia è iniziata, la realtà di Rin è stata completamente distorta da Meyhes. Il nostro caro Jaken si è attaccato a modi ventosa allo stregone, Sesshomaru continua ad evolversi emotivamente e c'è una bella alleanza. Ci sono state delle svolte e ben due dipartite.

* Nota. 
Le rune demoniache - com'è scritto nei trattati di demonologia - vengono usate dai demoni o dagli stregoni neri per rinforzare l'incantesimo nella mente dei loro schiavi. La magia demoniaca generalmente produce energia Arcana, ma in base al genere d'incantesimo potrebbe variare notevolmente, in questo caso i nostri esseri umani sono stati resi potenti quanto un demone completo. Io mi ispiro a quei trattati per descrivere i demoni e non al fumetto. Difatti per la complessità e la potenza del mio caro Sesshomaru, mi sono dovuta inventare delle lame magiche che annichiliscono i poteri del demone, dato che a quanto sembra questi demoni maggiori sono immuni a quasi tutto: veleni, ecc. Il capitolo di snoda in dualismi di bianco e nero, se c'è un potere magico, c'è anche qualcosa che lo toglie o indebolisce, come pure se c'è un veleno, c'è l'antidoto e via dicendo.


 
Curiosità sulla razza a cui appartiene Meyhes.
Che cos'è un demone minore?
E´ un´entità che i Padri Oscuri riconoscono meritevole di disseminare catastrofe sul piano materiale, ma  a differenza del demone maggiore, deve prima impossessarsi di un corpo già presente sulla terra o di un'altra creatura demoniaca. Scinderà  l’essenza a secondo della convenienza in corpi diversi.  Tuttavia, a meno che  l’ospitante appartenente alla razza umana non sia depresso ecc.. quindi in uno stato alterato, il demone minore impiegherà diverso tempo a impadronirsi del suo corpo, attuando una lotta con l’anima del povero sfortunato. Esempio moglie dello stregone; mentre la donna che trova nel palazzo  già voleva uccidersi, quindi Meyhes ha impiegato poco tempo a sopprimerne lo spirito. Nella storia dello stregone situata nel capitolo 12, Meyhes è in cerca di un corpo nuovo, perché quello di cui si era impadronita aveva perso i capelli. E questo, perché gli involucri di cui si impossessano via, via si consumano, perdono capelli e peli. Difatti nella storia di Amirdauzer, Meyhes prima di rapire Utren, indossa un turbante. Gli involucri dei posseduti una volta privi dell'anima, verranno rinforzati con zanne, artigli e forza sovrumana. Il demone tutelerà lo stato del suo involucro, poiché le ferite gli impedirebbero di migrare altrove.
Questa creatura maligna ricorderà le emozioni della vittima pur rimanendo di allineamento esclusivamente negativo, riuscirà a comprendere i sentimenti, molto spesso sfruttandoli a proprio piacimento. In questo caso, data la sua umanizzazione, non disdegnerà rapporti fisici atti a trovar puro piacere.

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Capitolo 13
*** La battaglia (seconda parte)- XIII ***


XIII
 
La battaglia
(seconda parte)




 

Meyhes aggrottò la fronte, quando vide il cielo oscuro irradiarsi di una luce fulgida, perché sapeva bene da chi fosse stata generata.
Ora che i suoi umani erano stati sconfitti e due dei suoi seguaci avevano perso la vita, si sentiva vulnerabile. Non poteva rischiare di farsi scorgere. L’ amuleto che aveva al collo occultava gli odori e non la sua figura.
A fine di quelle considerazioni, discese dalla sua bestia e raggiunse una piccola rientranza rocciosa, dietro la quale si poteva sentire chiaramente lo sciabordio placido dell’acqua del lungo fiume. Quando varcò l’insenatura, eresse una rete protettiva attorno a sé che subito ne rese invisibile la presenza.
Quella stupida di Beart si è fatta ammazzare e anche Ruh ha compiuto misera fine, pensò la demone. Se credono che sia finita qui, si sbagliano. Io porto sempre a compimento ciò che desidero. Devo agire subito. Farò in modo di sfruttare al meglio lo squarcio che quell’odioso stregone ha aperto nel terreno - prima che l’effetto del suo potere svanisca - così da condurre l’umana di quel demone ad un destino infausto e senza nemmeno prendermi il fastidio di raggiungerla.

+++++  ++  +    +

Amirdauzer cominciò a percorrere il panorama brullo, inoltrandosi nella foresta morta. Sicuro di trovare Meyhes nei paraggi, dato che l’aveva vista sparire improvvisamente proprio in quel punto. Consapevole, che lei stesse celando la propria presenza per mezzo di una barriera.
Era il ricordo di una perdita a guidarlo in quel momento, quello di un cuore che aveva gridato per troppo tempo il dolore sordo di un animo combusto dalla disperazione.
Sentiva il sangue ribollire nelle vene, come se le profondità più oscure del suo animo fossero nuovamente tornate in superficie.
Tenseiga era riuscita in qualche modo ad affievolire i suoi sensi di colpa, ma non il desiderio di estirpare la vita di quella demone che per più di settant’anni aveva odiato con un’intensità lacerante, tanto da seguirla fino in terre orientali. Meyhes non faceva altro che causare disgrazia ovunque si recasse, ed ora aveva rapito Rin solo per un suo sciocco e crudele desiderio di rivalsa. Il male che ne caratterizzava l’animo, non si sarebbe placato se non alla sua morte. Contrasse le mani fino a sbiancare le nocche e richiamò la magia oculare intensificandola allo stremo, perlustrando con le iridi ghiacciate il territorio circostante, poiché ora che sapeva dove cercarla, lei si sarebbe potuta nascondere da chiunque, ma non da lui.

++++    +

Eor a debita distanza da Sesshomaru accigliò lo sguardo, allorché vide le sue creature ridotte in un ammasso di polvere inconsistente, che non avrebbe più ripreso il sinistro movimento della non morte. E proprio, quando ormai si apprestava ad impartire l'ordine ai demoni restanti, sentì la voce imperiosa della sua padrona accedere nella sua mente:
Eor, lo chiamò Meyhes.
Dite mia signora.
Fa circondare gli esseri umani che accompagnano lo stregone. Non devono assolutamente raggiungere Rin.

Eor fece come la sua padrona gli aveva ordinato, dirigendo ogni bestia mortifera davanti al gruppo.
Mia cara umana è giunta l’ora, che il vero tormento della maledizione che ti ho inferto compia il suo ciclo, si disse Meyhes, collegando la sua mente a quella di Rin e colorando la sclera fibrosa dei  suoi occhi di un nero senza alcuna luce.
Rin arrestò il passo bruscamente, quando d'improvviso la visione di ciò che la accerchiava cominciò a distorcersi. Intorno a lei iniziarono a delinearsi sagome oscure, oscillanti e dai tratti indefiniti. Ombre sinistre che le si avvicinavano minacciosamente, producendo sibili e fruscii agghiaccianti. E una combinazione di colori tetri la circondava, accompagnati dall’implacabile fluire di immagini che la dilaniavano dentro. Meyhes come un parassita si insinuava nelle pieghe del suo essere, trionfando nei suoi incubi peggiori, facendole provare un oppressione, che le spremeva le viscere e la mente.
- Chi... Chi siete voi? - domandò Rin in quel momento, mentre brividi le percorrevano la schiena, facendo divenire il suo respiro: un rantolo spezzato.
La risposta a quella domanda fu una risata stridula, che sembrava provenire più dai recessi della sua mente, che dalle sagome attorno, nel riverbero di una demone che ora non riconosceva più.
Rin indietreggiò e strinse i lembi del mantello con forza, muovendo passi incerti nel buio che la circondava. Un tormento impietoso le si era radicato dentro. Sentiva i suoi polmoni bruciare via l’ossigeno, che riusciva a stento ad incanalare. Non c’era terra sotto i suoi passi, non c’era nulla se non la perdizione, non aveva più idea di cosa fosse vero. La sua anima veniva schiacciata da una solitudine divorante. E l’unico barlume di speranza che fiorì nella sua mente in quel momento, fu la visione di una luce fluente in fondo al sentiero oscuro. Percorse con lo sguardo la distanza che la separava da quel bagliore, attirata come una falena da quella voragine rovente, di una lava che presto avrebbe messo fine a tutti i suoi respiri.

+ ++++++  +    +

Eor si sollevò in aria e si diresse dov’era il grande demone, poiché adesso doveva prendere tempo. Sesshomaru dovette fermare il suo percorso istantaneamente, quando sentì l’odore di un demone che probabilmente gli era alle spalle. Lentamente voltò il capo, squadrandolo da capo a piedi, lanciandogli un’occhiata minacciosa. Ne aveva riconosciuto il fetore.
 - Hai intenzione di farmi fronteggiare altri putridi demoni? -  gli chiese Sesshomaru in tono provocatorio. - Le tue bestie puzzano di stantio - sottolineò.
- Dettaglio irrilevante - rispose Eor. - Perché ora sarò io il tuo avversario. - estrasse la sua spada dal fodero.
Sesshomaru ghignò sinistro. – A quanto pare, hai fretta di morire - sentenziò, affilando lo sguardo.  
Eor rispose a quell'istigazione, attaccando Sesshomaru, sperando di sorprendere i suoi riflessi, dato che a differenza di Ruh, lui era sempre stato molto forte, ma soprattutto veloce nei movimenti. Lo stridere di quei fendenti suonava una melodia, che i due demoni conoscevano fin troppo bene. Pareva di vedere saette erranti, che ad ogni stoccata andavano a demolire il paesaggio circostante. Le lame delle loro spade cozzavano violentemente, rivelando scintille di luce ad ogni colpo.                                            

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La battaglia infuriava sul campo. Jaken, Wer, Tyn e Hud combattevano senza un attimo di pace, circondati da bestie fameliche e sempre più minacciose. Il suolo era reso scivoloso dalla fanghiglia mista al liquido viscoso e marcio, che colava dai corpi purulenti dei demoni. I mantelli dei tre giovani erano laceri. Un tanfo di decomposizione saturava l’aria che li circondava.
Gli uccelli magici colpivano le bestie dall’alto, che poco dopo tornavano ancora una volta ricolme di ferite, ma inesorabilmente viventi nella morte. Si erano accumulati attorno a loro, creando una mezza sfera che traeva confine sul terreno esangue.
- Se continua così ci lasciamo la pelle - disse Hud affannato, scostando le ciocche dorate dei suoi capelli dagli occhi. Il maestro è sparito e le nostre armi magiche non riescono ad eliminarli.
- Ehi! Non dirlo nemmeno per scherzo! – esclamò Jaken inquieto. – Non ho nessuna intenzione di morire io! –
- Tu dovresti essere il primo a preoccuparsene - gli rispose Tyn, guardandolo in tralice. - Dato che sei il più scarso qui in mezzo – decretò, tranciando le carni di una bestia che si era avventata contro Jaken. – Visto? -
A pensarci bene ha ragione, si disse il piccolo demone. Senza la spada di padron Sesshomaru siamo spacciati. E lui mi ha coperto le spalle più di una volta. Ma dove siete mio signore?
-Sembra, che tutti i restanti demoni che sorvolavano la zona si siano riuniti davanti a noi – dichiarò Hud, mentre affondava l’alabarda nel costato di una bestia.
- Davvero strano - disse Wer con l’acutezza che lo caratterizzava. Deve esserci qualcosa sotto.
- Nintojo! - esclamò Jaken per l’ennesima volta, prima di rovinare al suolo.
- Che succede? - chiese Tyn, avvertendo la vibrazione nel terreno.
- Forse la crepa del maestro sta per richiudersi - rispose Hud, che ora combatteva al suo fianco.
Lo sguardo di Wer seguì la lacerazione nel terreno, come a voler verificare la fine di quell’ apertura lavica. Sempre più insospettito da quell’ improvvisa concentrazione di demoni intorno soffermò la sua attenzione sul sentiero, che si stagliava in fondo al campo. E sollevò le palpebre, quando vide la sagoma di una donna, che impavida andava incontro alla voragine incandescente.
Ma quella non è Rin? Se continua a camminare in quella direzione morirà bruciata. Pensò Wer, accigliando lo sguardo. - Toglietevi di mezzo maledetti! - imprecò, fendendo irato il corpo di due bestie con la sua lancia magica. – Rin! – urlò improvvisamente. - Allontanati da lì! - 
Hud, Jaken e Tyn si voltarono all’istante, quando sentirono le grida di Wer che ora cercava di aprirsi un varco, attraverso quei demoni che gli serravano il passaggio.
– Hai visto Rin? - gli chiese Jaken ansioso, quando lo raggiunse. – Qui intorno non c’è anima viva oltre e noi e queste bestie. Io non vedo niente. - disse, fissando il luogo che gli stava davanti.
- Stai sbagliando direzione – rispose Wer, mentre balzava sulla bestia, stringendo l’elsa con due mani. – Guarda lì in fondo! – disse, indicando il sentiero con la lama insanguinata.
Jaken sobbalzò, quando la mise a fuoco. E’ impazzita del tutto. - Rin! – urlò, cercando di attirare la sua attenzione. – Dove vai? – gridò. - Fermati!  –

I respiri trafelati dei guerrieri che accompagnavano Jaken si fondevano con l’aria putrida che li circondava e le loro grida rimbombavano nell’aria, tuttavia, senza riuscire a destare l’attenzione di Rin che indomita continuava la sua avanzata incontro a quella che sarebbe stata la sua fine.

+++++ ++ ++   +

Sesshomaru non sembrava risentire della forza di quel demone, ma piuttosto ne pareva seccato. Aggrottò le sopracciglia e si esibì in un assalto, che scaraventò il suo avversario ancora una volta sul terreno. Eor dopo aver passato il dorso della mano sul labbro insanguinato, scattò nuovamente nella sua direzione. Sebbene si fosse reso conto di non avere alcuna speranza contro quel demone maggiore, continuava a rialzarsi.
- E’ dunque questo tutto quello che sai fare? – gli chiese Sesshomaru, mentre lo guardava tornare ad attaccarlo. – Non sei degno di batterti con me. –
- Non mi arrendo così facilmente – rispose Eor, sferzando la sua spada ferocemente su quella del suo avversario.
 - I giochi sono finiti - sibilò Sesshomaru, affondando la lama sull’armatura di Eor, riducendola in frantumi e facendolo capitombolare al suolo.
Il grande demone lo raggiunse, calpestando il sangue che lui aveva appena tossito e in una mossa conclusiva trafisse con Bakusaiga il torace del suo nemico.
Eor serrò le labbra per soffocare un gemito, mentre il suo corpo tremava per via dell'intrusione rovente di quella folgore, che si faceva spazio in tutto il suo essere. Tuttavia, sul suo volto non si intravide nemmeno l'accenno di un rimpianto. Aveva rischiato tutto per adempiere l’ordine di colei, che da secoli era la sua padrona.

Non appena Eor spirò, le orecchie appuntite del demone bianco vibrarono, captando le voci urlanti dei seguaci dello stregone e quella del suo servitore senza, però riuscire a capire cosa stessero dicendo. Fece spaziare lo sguardo sul paesaggio circostante, vide Jaken e i ragazzi di Amirdauzer combattere contro un ammasso di demoni. Continuavano a gridare a squarciagola qualcosa. Sembravano voler andare tutti in una direzione. E poi, poco dopo, il nome di chi stessero chiamando con tanta foga tuonò nelle sue orecchie. 
Rin.
Scattò rapido sotto forma d’essenza, non appena i suoi occhi la individuarono.
Quindi era questo il suo intento? Distrarmi dai piani di quella maledetta, si disse Sesshomaru. E ora, pur di non disobbedirle ha perso la vita.

Rin continuava ad accelerare l’andatura. Ancora pochi passi e quella luce l'avrebbe liberata dalle ombre guardinghe che la circondavano, dai loro lamenti. La chioma morbida castano misto argento dei suoi capelli le ondeggiava intorno al volto, facendola apparire simile ad uno spettro. Il panico le stringeva la gola e i fumi che emanava la lava ora le avvolgevano il corpo. Dei rami secchi le colpirono il volto durante il percorso, facendole pensare che fossero state quelle sagome a sfiorarla. Distaccata completamente dalla realtà circostante a stento percepiva il calore intenso del magma, sebbene i suoi grandi occhi bruni ne riflettessero il guizzo. E le scintille dei residui che bruciavano fluttuassero nell’aria.
Il grande demone la raggiunse e le cinse la mano, bloccandole il passo che l’avrebbe condotta alla morte.
La ragazza sussultò, quando sentì quel contatto improvviso. Sperò con tutta se stessa che la sagoma oscura non le facesse del male.
Lo sguardo di Sesshomaru in quel momento si soffermò sulla figura di Rin, constatandone l’inesorabile peggioramento. I suoi occhi erano persi come naufraghi che da giorni affrontano una tempesta in mare. Rin sembrava esser divenuta un'ombra tra le ombre. Un pungente odore di sale colpì le sue narici. Lei stava piangendo. Sentì una stretta al cuore nel vederla ridotta in quelle condizioni e la guardò in silenzio, lasciandosi sfuggire un sospiro affranto.
Rin si afflosciò come un ramoscello, sentendo le gambe abbandonarla, mentre le braccia di Sesshomaru le circondavano la vita, portandola in aria così da spostarla da quel luogo.
Le lacrime di disperazione che le solcavano il volto si fecero ardite e sempre più numerose. Non muoveva un muscolo, come abbandonata a quella paura che ormai sembrava averla avvolta.
Pochi istanti dopo il terreno crollò, inghiottito dalla lava e si richiuse in uno scontro sismico che fece tremare il luogo circostante.
Il grande demone raggiunse il gruppo dello stregone e mise a sedere  Rin, che preda di nefaste visioni, abbracciò le sue ginocchia.
Jaken, Hud, Tyn e Wer tirarono un sospiro di sollievo, quando lo videro. Coscienti che solo lui potesse liberarli definitivamente da quell’assalto.
- Bakusaiga! – urlò infuriato, sferrando un colpo fluorescente sui demoni bestiali, che pochi istanti dopo caddero al suolo inceneriti.
- Pa..Pa..Padron Sesshomaru! - esclamò Jaken, correndogli incontro emozionato. - Per fortuna che siete arrivato voi. – Ce ne avete messo di tempo
- Tieni d’occhio Rin - gli ordinò ferreo, prima di sollevarsi in aria.
– Obbedisco padrone - rispose Jaken, voltandosi a osservare la giovane, che se ne stava seduta con sguardo assente. Come a cercare di ingoiare la sua stessa paura, arresa a quell’oblio che non le dava pace.

+++  ++     +        +

Amirdauzer digrignò i denti, quando i suoi occhi ghiacciati individuarono la figura di Meyhes. Se ne stava lì, nascosta al di la di uno sperone roccioso. Innalzò il suo fendente sulla barriera che lei aveva eretto e con un poderoso colpo la squarciò, facendo crollare l’insenatura che fino a quel momento l’aveva messa al riparo.
La demone per un soffio riuscì ad evitare il crollo. E l’istante successivo, sgranò gli occhi nel vedere chi le era davanti. Si guardarono alcuni minuti, le iridi di Amirdauzer divennero due pietre opache.
Meyhes lo fissò, assaporando quei sentimenti d’odio che arricchivano il suo animo istrionico. Unica protagonista del rancore che lui le rivolgeva.
- Alla fine mi hai trovata, Zer - lo chiamò Meyhes. – Se credi di riuscire a farmi fuori ti sbagli di grosso.-
- Taci maledetta! - urlò Amirdauzer, chiamando a sé un incantesimo elementale. - E non osare chiamarmi come faceva mia moglie.-
Pochi istanti dopo, Amirdauzer puntò il palmo della mano satura di potere nella direzione di Meyhes, che subito balzò indietro senza, però riuscire a schivarla, poiché l’energia dello stregone ne circondò il corpo, arroventandole la pelle del volto, che ora era stato sfigurato.
- Come hai osato rovinare il mio bel viso! - esclamò la demone, portando la mano sulla carne slabbrata e riarsa.
- Quel corpo l’hai rubato, così come hai fatto con quello di mia moglie, dannata! -
- Che nausea – rispose Meyhes in un soffio, mentre si rimetteva in piedi. – A me non importa nulla della vita di questi sciocchi umani e più leggo i loro pensieri, più mi disgustano.-
Il vento ruggì forte in quel momento, lambendo l’orlo del mantello della demone ora intriso del suo stesso sangue.
Lo scontro tra Meyhes e Amirdauzer imperversò. La demone brandì l’elsa della sua spada e dal palmo della mano sinistra sprigionò delle schegge appuntite, scagliandole contro lo stregone, che di risposta a quell’offensiva, eresse uno scudo davanti a sé. Una volta schivato il colpo che la nemica avrebbe voluto infliggergli, mirò la spada carica del suo potere nella sua direzione e, con una violenta stoccata la costrinse in difesa. Avvalendosi dell’evidente fatica con cui lei cercava di contrapporsi, con un manrovescio le trafisse il fianco. Il petto della demone schizzò indietro per l’eccessiva pressione, facendole percepire il suono dei frammenti delle costole spezzate e di un brano di carne straziato. 
Amirdauzer osservò il corpo barcollante di quella creatura rovinare nuovamente al suolo, eppure ora che la vedeva in quelle condizioni, ne provava si odio, ma anche pena per l’inesorabile nulla di cui era composto il suo animo. 
Meyhes affondò gli artigli nel terreno intriso del suo stesso sangue scuro per l’ennesimo colpo che le aveva inferto lo stregone, rialzando la testa solo per rivelare il baluginio allucinato delle sue iridi grigie. Aveva fatto appello a metà del suo potere ed ora, si sforzò di usare la forza magica rimastale per guarire le sue ferite, così da separarsi da quel debole corpo umano, migrando nell’essere che deteneva parte della sua essenza. In un sussurro richiamò il suo custode.
E proprio, quando Amirdauzer si apprestava a infliggerle l'ennesimo colpo, una percezione alle spalle lo spinse a ritrarsi.
Dal nulla nel cielo era comparso un poderoso enorme uccello demoniaco corazzato.
Lo stregone restò attonito ad osservarlo, cosciente di cosa fosse accaduto. La bestia emise un grido acuto, sparando vento corrosivo dalle sue fauci. Gli uccelli dello stregone subito vennero in aiuto, ma senza riuscire a scalfire la lorica che ne rivestiva il corpo.
Amirdauzer si sollevò da terra, squadrando quella figura in pieno vigore fisico. Sospirò di frustrazione, mentre la osservava, poiché lui non ne aveva più, erano stati troppi gli incantesimi di cui si era servito, ed ora sentiva il suo potere venire meno.

Sesshomaru percepì l’aura magica dello stregone e contemporaneamente il lezzo di quel volatile che ora si era fatto più intenso. Erano vicini. Probabilmente Meyhes aveva spostato i residui della sua essenza in quell’essere, cogliendo l’ennesimo spiraglio di salvezza. Un ringhio sfiatato e ruvido gli fece vibrare le pareti della gola.
Voleva ridurla in brandelli. Le sue iridi ambrate divennero due scaglie di furia cieca e poi d’un tratto, sentì la crescita delle zanne e degli artigli. Stava mutando nella sua vera forma, ed era stata la sua ira ad accelerare la trasformazione.
Aveva solo un obiettivo, la vendetta unita al desiderio di assaporare la morte di quell’immonda creatura.
E in quell’istante nel cielo apparve un cane dal pelo argenteo di incomparabile bellezza, dal cuore bruciante di chi ha combattuto infinite battaglie senza mai riuscire a sfamarsene. 

Wer, Tyn e Hud  sollevarono lo sguardo, sgranando gli occhi, quando videro la vera forma di Sesshomaru levarsi al di sopra delle loro figure.
- Quella belva gigantesca non sarà per caso? – chiese Wer allibito.
- E’ padron Sesshomaru - affermò Jaken con fierezza. – Quello è il suo vero aspetto. Ammirate la sua potenza. Ormai quella demone non ha scampo! -
Ma è spaventoso, pensò Tyn, scambiando uno sguardo di sbieco con Hud che sembrava aver meditato la stessa cosa.
E poi qualcos’altro si aggiunse a quella visione, due figure combattevano all’ultimo sangue: un raccapricciante uccello demoniaco, dalle fauci ricolme di innumerevoli denti aguzzi e il loro maestro. 
I loro volti osservarono la scena in una muta espressione di orrore, sperando che quell’incubo avrebbe presto avuto fine.
- Il maestro ha usato troppo potere non resisterà a lungo - considerò Wer. 

E proprio, quando Meyhes continuava a lanciare volute di fiato caustico dirette allo stregone, che ormai allo stremo, aveva solo la forza di generare barriere di difesa; si sentì nell’aria il suono raggelante e cupo di un latrato.
In un istinto predatorio Sesshomaru snudò le zanne, affondandole nella gola di quell’uccello, facendolo rovinare al suolo.
Le sue fauci gli penetrarono la carne, trapassandolo da parte a parte, cercando la polpa libera sprovvista di corazza. I suoi artigli ricolmi di veleno rilasciavano flutti verdastri, che ne scioglievano le carni.
L'orrenda creatura maligna continuava a sbattere le ali membranose da un lato all’altro, come a cercare una scia di salvezza. Ed era molle la morte che si stava apprestando a compiere, tra zanne scheggiate e bolle di sangue che salivano dalle cavità orali. Sesshomaru continuò a tenere salda la presa, caricando il peso, schiacciandola come un insetto. Il lamento della bestia immonda echeggiò a lungo nel cielo, fino a che i muscoli contratti e duri si rilassarono, lasciandola immobile nel sonno eterno.
Sesshomaru riprese forma umanoide e come ad essere ancora incredulo che l’incubo fosse terminato, puntò Bakusaiga sulla figura inerme di quell’uccello, bruciandolo interamente. Dopodiché, lanciò uno sguardo ad Amirdauzer, incrociandone le iridi opalescenti, che a poco a poco lasciavano la freddezza di pochi istanti prima.
Era finita. Meyhes aveva lasciato il mondo dei vivi per raggiungere l’inferno, l’unico posto di cui il suo animo era degno. Amirdauzer si sentì svuotato in quel momento, come se tutto quel che era accaduto fosse stato un sogno.
Sesshomaru contemplò il panorama arido, vide delle scie di fumo alzarsi dal suolo, gli ultimi strascichi di quel che era stato. A quel punto rinfoderò la spada e raggiunse Jaken. Il suo pensiero ora era per lei.
L’oscura cappa energetica densa di aria maligna lentamente si dissolse, rivelando dietro di sé una convulsa massa di nuvole grigiastre.
- Finalmente quella dannata è morta! - esclamò Hud, conficcando l'arma nel terreno.
Jaken che aveva visto le reazioni fisiche di Rin durante la battaglia dello stregone e del suo padrone contro Meyhes corse nella sua direzione quando la vide stramazzare al suolo.
- Ehi Rin-  la scosse all'improvviso il piccolo demone.  – Rin è tutto finito, svegliati! - 
Wer, Tyn e Hud volsero il capo, quando sentirono i richiami ansiosi di Jaken e gli si avvicinarono, intenti a verificare cosa fosse accaduto.
- Niente da fare, non si sveglia - decretò Wer, mentre le bagnava il volto con un po' d'acqua.
- Che cosa è successo? - chiese all’improvviso la voce austera di Sesshomaru, che ora aveva ripreso sembianze corporee.
Wer posò la schiena di Rin su una roccia in modo tale da dar spazio a Sesshomaru.
- Mio giovane signore - lo chiamò Jaken. – Rin ha perso i sensi e non si sveglia in nessun modo. –
- Forse l’effetto del maleficio non è ancora passato - riflettè Wer con fermezza.
- Da quanto è in queste condizioni? -  chiese Sesshomaru, protendendo le braccia in avanti così da poterla sollevare dal terreno. 
- Da quando voi, sommo Sesshomaru avete messo fine alla vita di quella demone - rispose Jaken in tono apprensivo. - Fino a poco fa  era seduta con un'espressione piena di terrore, poi appena avete dato il colpo di grazia a Meyhes ha sbarrato gli occhi e si è accasciata al suolo.-
– I suoi capelli sono ancora in quello stato - considerò Sesshomaru, in un sussurro che pareva più essere rivolto a se stesso, che al suo servitore.
Il torace di Rin si alzava e abbassava, scandendo battiti regolari.
Sembra dormire profondamente, pensò, carezzando con lo sguardo il volto di Rin.
Notò la nuvola di condensa che si formava ad ogni caldo respiro  e, in un gesto pieno di premura le coprì le spalle con la sua coda.
Hud e Tyn messi un po’ a disagio dallo sguardo vitreo del demone, si voltarono a guardare altrove; mentre Wer cominciò a ripulire le sue lame e la sua catena dal sangue rappreso.
Ancora una volta la sua indifferenza indomita stupiva i suoi compagni.
Tyn fece un lungo respiro e fletté il braccio dolorante, mentre Hud guardò il cielo coperto dalle nuvole. Invidiava il modo di fare di Wer, che non sembrava minimamente intimorito dall'aria inflessibile di quel demone maggiore. 

++++ +   +   ++    +

Amirdauzer  intento a scandagliare il territorio, arrestò  il suo passo, quando vide cinque corpi riversi sul prato, erano umani, vivi..
Dunque Sesshomaru li ha risparmiati, pensò lo stregone, increspando le labbra in un sorriso. Questo conferma ulteriormente le mie impressioni su di lui.
Aveva capito il suo carattere. Sapeva che se gliel’avesse fatto presente, Sesshomaru si sarebbe messo sulla difensiva, escogitando giustificazioni incredibili, pur di non dichiarare apertamente i propri pensieri.
Non si sorprese del gesto del demone, dopotutto aveva tratto in salvo anche lui e si accompagnava ad una ragazza così solare, dolce.
Nessun essere davvero cattivo sarebbe stato attratto da quelle qualità.
All’inizio non era stato facile per lui oltrepassare la barriera di diffidenza con cui quel demone bianco teneva a distanza tutti, tuttavia la sua caparbietà l'aveva premiato, poiché ora nel suo sguardo non percepiva nessun sospetto.
Quando scrutò i volti dei samurai, notò l’affievolirsi delle lettere runiche incise sulle loro fronti, probabilmente sarebbero scomparse del tutto nel giro di qualche giorno. Decise di tornare dal gruppo, ora voleva vedere in che condizioni fosse Rin.
Frattanto, nel cielo dalla massa convulsa di nuvole grigie cominciò a rivelarsi qualcosa, che fino a quel momento nessuno si sarebbe aspettato: un simbolo. Migliaia di fiocchi vagabondi discesero dalle nuvole, fitti e sempre più audaci a falde larghe. I colori del panorama tetro acquisirono in poco tempo il loro candore. Tutto divenne silenzioso. La neve cadeva iniziatica, purificatrice  sul terreno, occultando i corpi dei demoni morti e con loro il fetore dell’aria impiastrata di polvere e sangue.
- Guardate sta nevicando! - esclamò Hud sorridendo.
- E anche parecchio. – rispose Tyn con aria basita.
Davvero bizzarro, pensò Sesshomaru, mentre teneva Rin tra le braccia, perché ora come a voler chiudere quel ciclo di tormento, il tempo si divertiva in qualcosa di poetico.
- Ancora una volta la natura ci sorprende con la sua eloquenza - proferì Amirdauzer, quando raggiunse i suoi seguaci. - Allora, come stanno i miei ragazzi? -
- Un po' indolenziti, ma bene - rispose Hud, sorridendo insieme a Tyn e Wer.
- Sono lieto di saperlo. Aspettate qui un momento. - disse, raggiungendo il demone cane, che era a qualche metro di distanza.
I tre giovani annuirono e seguirono il loro maestro con lo sguardo.
- Vedo che anche Rin è in uno stato di sonnolenza. - proferì, rivolgendosi a Sesshomaru. 
- Stai forse dicendo che anche quegli umani sono in queste condizioni? - gli chiese risoluto, dato che ne aveva sentito l'odore sulle mani di Amirdauzer.
- Probabilmente si tratta di uno shock postumo al maleficio - rispose lo stregone. - Il corpo di un essere umano cade in uno stato rigenerativo, quando viene liberato da una maledizione così potente, sia a livello mentale, che fisico.- 
- Quanto tempo impiegano a riprendersi? - chiese monocorde.
- Varia a secondo dei danni subiti. In ogni caso sarà meglio non muoverli da qui e tenerli in un posto riparato dal gelo che aleggia. Propongo di portarli dentro - concluse senza aspettare la risposta, che era sicuro il demone non gli avrebbe dato. Non a parole almeno.
Sesshomaru restò in un tacito silenzio, vagliando quel suggerimento. Non gli importava degli altri umani fino a quel punto. Avergli concesso di respirare ancora, era stato anche troppo come aiuto. Tuttavia, furono i cristalli di ghiaccio che ora lambivano il bel volto della ragazza a fargli prendere la decisione, e il tempo che sembrava peggiorare a vista d’occhio. Un viaggio in groppa al demone drago in quella situazione fisica le sarebbe stato fatale. Respirò a fondo e decise varcare la soglia dell’entrata del palazzo, così da proteggerla dal freddo sferzante.
Nella sua mente ora balenava un pensiero insidioso: In che condizioni psicologiche si sarebbe destata Rin?

                          
                                           
                                        
                                     


Angolo della scrittrice Nausika.

Cari lettori/recensori ho aggiornato, alé! Ogni aggiornamento sta diventando una sfida tra descrizioni, introspezione, simbolismi vari, ecc..  
I miei perfidi demoni occidentali sono passati tutti a miglior vita.. infernale. Quasi quasi mi dispiace, dopotutto sono stati presenti per otto capitoli. Immagino che invece ora voi starete sparando fuochi d'artificio a modi Gandalf, vero?


Mi scuso per l'ennesimo ritardo, ma tra mancanza di tempo, scene che mi venivano in testa a tratti e da unire a modi puzzle ci ho messo più del previsto. Ringrazio i recensori onnipresenti che commentano ogni capitolo, quelli nuovi che si sono rivelati le volte scorse, chi mi ha chiesto di aggiornare tramite email o commento, chi ha messo la storia tra le preferite, le seguite, le ricordate e soprattutto chi mi lascia un parere; perché grazie al vostro sostegno, ho voglia di continuare a scrivere questa storia.^^

Nota.*
Rin è stata rapita durante una tempesta di pioggia, in seguito resta in ostaggio per  40 giorni. Il numero quaranta è un'emanazione del numero elementare quattro e 4 sono le forze della natura: terra, aria, acqua, fuoco, presenti in tutto questo ciclo.  Inoltre quaranta significa fossilizzazione e prove da superare per il cambiamento, penitenza. Il bianco della neve con cui ho chiuso questo ciclo di guerra sancirebbe il connubio tra ascesi e morte. La battaglia è terminata con una collaborazione, spero di essere riuscita a farvi percepire fino in fondo i sentimenti di odio, rancore, vendetta, tormento e amore che hanno fatto da padroni. 


 

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Capitolo 14
*** Residui - XIV ***


Mie care lettrici, dopo anni, sono tornata, penso che a qualcuno
stia venendo un colpo spero positivo.
Buona lettura.

 

 

XIV

Residui



 


Jaken afferrò la carne secca che gli aveva offerto Tyn e fissò i tre uomini distesi su delle coperte, a Wer, quel ragazzo dai capelli neri e gli occhi plumbei nemmeno osava avvicinarsi, visto com’era gelido.
- Vado a lavarmi – disse Wer, sciogliendo i suoi lunghi capelli neri.
- Fa con comodo – esordì Jaken, ricevendo un’occhiata torva da Wer.
A quanto pareva l’antipatia era reciproca.
E quel ragazzo di ottant’anni poteva dire che gli mettesse i brividi, a volte gli ricordavano il suo signore i suoi modi di fare.
Jaken sospirò.
Che lo stregone e i suoi allievi, escludendo Wer fossero sin troppo solidali con gente sconosciuta non era poi un gran scoperta, visto che pur di restare sulle tracce di Meyhes, Amirdauzer s’era abbassato a vestirsi da bonzo. A stupirlo quindi non era quella compagnia di occidentali dai poteri magici, ma piuttosto il suo signore.
Era rimasto folgorato di ammirazione, quando l’aveva visto presentarsi in forma demoniaca di cane gigantesco e squartare finalmente quella demone minore così  subdola.
Ora però il suo padrone era in uno stato di sofferenza, nulla traspariva dal suo viso, ma lui aveva avvertito la sua preoccupazione. E questo perché Rin come gli uomini risparmiati dal suo signore Sesshomaru, dormiva ancora ed erano passati già due giorni dalla fine della battaglia.
Quel castello ormai diroccato sebbene avesse diverse finestre rotte era caldo, poiché lo stregone per mezzo dei suoi poteri aveva usato la neve circostante come fonte di calore, creando una sorgente quasi perpetua intorno.
I tre ragazzi avevano fatto un bagno dentro e anche lui alla fine aveva approfittato di quell’acqua, con i suoi sortilegi Amirdauzer nutriva anche i corpi dormienti di quegli uomini e quello di Rin.

- Questi tizi sono samurai – disse Tyn, mentre legava i capelli biondi in alto. - Forse appena si sveglieranno rimpiangeranno di essere vivi, visto che il loro padrone è morto.-
- Già - rispose Hud, scuotendo il capo. - Questi orientali sono troppo fissati con l'onore, ma cosa avrebbero potuto fare? -
- Il fatto che preferiscano il suicidio mi fa accapponare la pelle. Appena si sveglieranno dovremmo armarci di pazienza per fargli capire il concetto.-
- Cosa ve ne importa di questi umani? – esordì Jaken. - Pensate a Rin che ancora non si sveglia.-
- Jaken - disse Tyn. - Se fossimo egoisti come te ora non staresti qui nemmeno a parlare, perché saresti morto - disse, vedendo il piccolo demone zittirsi.
Sesshomaru ascoltò tutti i discorsi di quegli umani senza staccare lo sguardo dal volto di Rin.
Lei stava perdendo pelle sugli zigomi, intorno agli occhi.
Forse la vicinanza a quella crepa incandescente le aveva bruciato lo strato superficiale dell’epidermide.
Amirdauzer le applicava impacchi di erbe almeno tre volte al giorno per idratare la sua pelle. Osservò il suo viso, quella ciocca bianca non accennava a sparire, spiccando sul resto dei capelli bruni.

Il suo corpo era intorpidito, lentamente Rin acquisì padronanza delle braccia e si alzò dal letto in cui era adagiata.
La camera era davvero strana, non aveva mai visto un mobilio come quello, c’erano decori ovunque, sulle pareti numerosi dipinti completamente differenti da quelli che era abituata a vedere, i personaggi avevano lineamenti diversi da quelli del suo popolo,  molte opere ritraevano donne con acconciature vaporose e abiti che stringevano troppo la vita. Collane preziose adornavano il collo di quelle donne forse nobili.
Dove si trovava esattamente e come aveva fatto ad arrivare lì nemmeno era sicura di saperlo.
Pareva essere un castello quello.
Tutto ciò che vedeva era molto singolare, una parte di lei cominciò a trovare familiarità con alcune cose che guardava. Le pareva di trovarsi in un posto sconosciuto e conosciuto al tempo stesso.
Il pavimento era in pietra ed era freddo. Era scalza, i piedi erano diversi, non riconobbe nemmeno quelli, sulla caviglia aveva una catenina dorata. 
Fissò la gonna del vestito lungo che indossava. Era di un verde smeraldo, sulla vita portava un cordoncino color ocra.
Su tre dita della mano destra aveva anelli con pietre rosse, verdi e blu. Aveva un piccolo neo vicino alle nocche. Non ricordava d’avere un neo in quel punto.
Ma erano davvero le sue mani quelle?
Avanzò ancora nella stanza, osservando il grande armadio. Superò lo specchio d’ottone, retrocedendo quando s’accorse di un dettaglio.  
Chi era quella donna riflessa?
Rin cominciò a muovere le braccia, le gambe, avvicinandosi, allontanandosi. La superficie vetrosa le rimandava indietro l’immagine di una persona che non aveva mai visto in vita sua.
La carnagione era pallida, sulle guance aveva un po’  di efelidi, gli occhi blu come il mare profondo, i capelli lunghi e ricci di un biondo dorato. Il vestito fasciava il suo seno prosperoso, il suo grembo era gonfio. 
Era una donna forse di trent’ anni ed era stupenda.
Che cosa le era successo?
Ancora cerchi di sfuggire alla possessione, fragile mezza-umana?
Sentì dire nella sua mente.
Rin riconobbe quella voce e gli occhi saettarono da un lato all’altro della camera, non continuò ad osservare il resto del suo corpo. Sgomenta aprì la porta e uscì nel lungo corridoio, le finestre ad arco erano sbarrate da grate.
Dove vuoi che ti porti la tua testardaggine, ragazza?
Cercò di non dar retta a quella voce, scuotendo il capo.
Era terrorizzata da Meyhes, nonostante ora lei avesse un aspetto diverso ancora la perseguitava, com’era possibile tutto ciò?
Le sue prigioni erano diverse, ricordava d’aver provato a fuggire e d’essere stata ripresa da Ruh, e poi?
Non mi avrai mai, Meyhes, lui mi troverà e per te non ci sarà scampo.
Non fu lei a rispondere a Meyhes, ma la voce di quella che forse era la proprietaria di quel corpo.
Sentì il movimento non comandato del braccio, la mano era andata sul ventre, dentro avvertiva qualcosa.
Era incinta.
No, non lei.
La padrona di quel corpo lo era.
E’ solo quel figlio potente che porti in grembo a darti la forza di contrastare il mio comando, ma io sarò qui ad attenderti per sentirti mia completamente.
Rin inorridì a quelle parole.
Quindi condivideva il corpo con una povera donna gravida e Meyhes?
No, non era possibile, Meyhes doveva trovarsi da qualche altre parte, era sicura  non fosse riuscita a dominare quell’involucro, era la sua mente che la sentiva, cercava di annichilire lo spirito della padrona di quel corpo per piegarlo e acquisire ciò che voleva.
Cercando di non addentrarsi troppo in quelle riflessioni avanzò nel lugubre corridoio pieno di sibili e lamenti. La parola d’ordine era fuggire da lei e dal suo comando. Accelerando il passo si precipitò a scendere le scale. Ogni volta che arrivava ad un nuovo piano notava armature agli angoli, c’erano pure delle casse di legno. Sulle mura  grigie scoprì degli schizzi rossi.
Sangue.
Rin deglutì, rallentando l’andatura, mentre le dita strisciavano sul passamano. La scena che gli si parò davanti, quando abbracciò il piano terra fu agghiacciante, sui tappeti c’erano donne, uomini morti, bambini, soldati con la bocca spalancata.
- Ripulisci tutto Ruh – sentì dire da una voce fredda.
Ruh.
- Perché devo essere sempre io a farlo? – ribatté il compagno.
Rin si abbassò, abbracciando le gambe, mentre pregava che quell’angolino che aveva trovato bastasse per non farsi scorgere.
I ricordi sull’identità di quei demoni tornarono lentamente nella sua mente.  
Ruh aveva mangiato una donna, mentre la violentava, ricordava bene le urla di dolore di quella povera ragazza.
Sentendo dei passi vicini, cercò di farsi ancora più piccola, pressando la mano sul naso, per non far sentire i suoi respiri.
- Questa qui avrebbe fatto al caso mio – disse Ruh, mentre lacerava la veste di una donna dai capelli rossi morta.
Sentendo le lacrime agli occhi, Rin pregò che tutto il lezzo intorno lo avrebbe distratto dal suo odore. E forse qualche presenza sentì le sue invocazioni, quando il rumore del portone che si apriva le confermò che fosse uscito all’esterno. Mordendosi le labbra, si sporse per guardare la stanza ancora piena di cadaveri, presto sarebbe tornato, e lei doveva trovare un nascondiglio più sicuro così da non morire prima di pensare di scappare.
Sento la tua paura. Fidati di me, io ti terrò al sicuro.
La voce di Meyhes le fece di nuovo accapponare la pelle. Altri ricordi passarono veloci nella mente. Lei dopo le sue prigioni aveva sentito un grande moto d’affetto per quella demone, come era potuto accadere? Il solo pensiero era ripugnante. Rimembrò che Ruh avesse tentato di violentarla e le labbra le tremarono.
Il cuore le sprofondò dal torace allo stomaco quando ricordò pure d’aver cercato di uccidere Sesshomaru. I suoi ricordi tornavano disordinati nella sua testa, volti crudeli continuavano a farle fremere le membra. E poi cos'era successo? Dov'era lui?
Quella che aveva tentato di ucciderlo non ero io, quella non ero io, ripeté nella mente.

Sesshomaru aguzzò l’udito, percependo i battiti di Rin aumentare. Afferrandole la mano la fissò. Lei si contorceva tra le lenzuola, i capelli lunghi sparsi intorno, voltava il viso delicato da un lato all’altro e sudava, farfugliando qualcosa.
- Che cos’ha ora? – domandò ad Amirdauzer che sentendo il maleficio più forte sul corpo di Rin si era seduto accanto a Sesshomaru.
- Non sono sicuro di poterti rispondere, percepisco un’energia caotica dentro di lei – affermò con voce quieta, incrociando i suoi occhi smeraldo in quelli dorati del grande demone cane. – Forse sta rivivendo qualche suo vissuto.-
Sesshomaru restò silente, mentre Amirdazuzer espirò con forza. In quei giorni aveva scorto delle differenze tra Rin e quei samurai.
Attorno a quegli uomini c'era un alone rosso e questo era normale, ma l'alone scuro che non riusciva a eliminare da Rin era qualcosa che lo insospettiva.  
Si chiese se fosse il residuo del potere di quella maledetta di Meyhes, aveva visto migliaia di anime liberarsi dal corpo di quella demone quando Sesshomaru le aveva dato il colpo di grazia. E ciò lo aveva fatto rabbrividire.
Forzare il suo risveglio potrebbe condurla alla morte, ponderò, scostando una ciocca di lunghi capelli neri dal volto.
- Vado a raccogliere delle erbe – disse a Sesshomaru prima di afferrare il lungo mantello nero e il suo nodoso bastone.


Un’ora dopo, l’urlo di uno dei samurai fece voltare tutti coloro che condividevano quella stanza diroccata di legno e frantumi di una battaglia finita.
- Dove mi trovo? – domandò l’uomo dalla corta coda di cavallo, mettendosi sui gomiti.
-Siete nel castello del vostro signore credo – disse Tyn, guardando il samurai. - Come vi sentite? Dormite da due giorni.-
-Il mio signore – ansimò il guerriero ansioso. - Il mio signore è vivo?-
Ci siamo, pensò Tyn, guardando Hud.
-Sono tutti morti qui – intervenne Jaken senza ritegno.
Hud portò una mano sul volto, Tyn scosse il capo. L'empatia di Jaken era pari a quella di un sasso.
- Come morti, cosa state dicendo? - domandò il samurai, alzando il tono.
- Se voi siete ancora in vita dovete solo ringraziare il mio signore che provando pietà per la vostra possessione vi ha risparmiati – disse Jaken tronfio.
- Possessione? – domandò il secondo samurai appena sveglio.
L'uomo si rabbuiò. Ricordava che fossero stati imprigionati nelle segrete dopo aver perso la battaglia contro i demoni che avevano usurpato il castello. Li avevano lasciati lì a marcire per giorni dando loro un pasto misero solo ogni tanto giusto per tenerli in vita. Aveva visto quella demone avvicinarsi e toccare la fronte al suo compagno, terrorizzato all’idea che dopo toccasse a lui. E poi c’era stato il buio.
Istintivamente il terzo uomo sentendo quei discorsi portò la mano sulla fronte.
- Non c’è più – mormorò allora.
- Le rune sono sparite non appena il mio padrone vi ha disarmati dalle armi demoniache – disse Jaken, indicando il bastone nella direzione di Sesshomaru.
Il grande demone bianco seduto a qualche metro di distanza lanciò uno sguardo gelido a Jaken che sentì il sudore colargli dalla fronte.
I tre uomini si inchinarono nella direzione di Sesshomaru in lacrime per cosa aveva fatto per salvarli.  Tuttavia uno di loro affermò che erano samurai e che non potevano certo vivere con un disonore simile addosso, erano servitori, e tutti i membri della famiglia che dovevano proteggere erano stati uccisi.
- Effettivamente non ha molto senso vivere con un simile fardello addosso - disse Jaken, incrociando le braccia, ricevendo occhiatacce da Tyn e Hud.
Un varco oscuro si aprì alle loro spalle. La figura dello stregone uscì fuori da esso.
- Jaken – mormorò Amirdauzer. - Questi uomini non hanno colpe e tu lo sai bene.-
Lo stregone si piegò davanti al samurai angosciato. Il suo volto delicato e placido li guardò uno ad uno, quegli uomini erano disperati. Pregno di compassione puntò l’indice sulla sua fronte. Dal polpastrello un barbaglio di luce bluastra si insinuò nella testa di quell'uomo. Ciò era tutto quello che lui poteva fare per calmare un po' il suo stato psichico.
- Non dovete sentire rimorso, non avevate i mezzi per salvare il vostro signore – disse lo stregone. - Siete uomini liberi ora, fate in modo di vivere le vostre vite, traendo il meglio da quella che purtroppo è stata una tragedia.-
 
Rin  conosceva il vero freddo. 
Sapeva cosa si provava a cadere nelle acque gelate, si era buttata da un’altezza vertiginosa pur di scappare da Meyhes. Ruh aveva trovato due bambini nascosti dietro i corpi dei loro genitori e li aveva squartati, i loro corpi erano caduti a terra con un suono cupo e l’aria si era impregnata ancora di sangue. Aveva lottato con tutta se stessa per non intervenire, ma le veniva da vomitare nel sentirsi così inutile. Era in un corpo che era anche compromesso dalla gravidanza. I lineamenti contratti in un'espressione amara. Quante vite innocenti avevano reciso quei perfidi demoni? Quanto ancora sarebbe riuscita a resistere? Nascosta dietro quel muro, quando non sentì più la voce di Ruh si fece forza e camminò, le narici erano investite da un forte odore di bruciato. Sporgendosi dalle finestre vide montagne di corpi che ardevano. Rin sentì l'acido della propria bile.
Non credi che sia uno spettacolo meraviglioso?
Di nuovo Meyhes parlava nella sua testa, di nuovo conosceva ogni cosa che stesse facendo.
Maledetta, sentì dire Rin dalla voce della padrona di quel corpo.
Era confinata in una dimensione senza tempo, con la sola compagnia di quel ventre rigonfio e la voce di una demone che voleva possedere lei e quella donna sfortunata che la ospitava. Intorno colori scuri e odore ferroso di sangue.  
Qualcuno ci aiuti, aiutateci, pensò angosciata.
Il suo ventre generò un bagliore così prorompente da farle portare le mani agli occhi. La luce attraversava persino le fessure delle sue dita.
Dannato marmocchio non ancora nato, sentì dire da Meyhes.

Sesshomaru  schiuse le labbra, quando vide Rin mettersi seduta sul letto.
Come a essere emersa da acque profonde, lei si ritrovò ad avere fame d'aria, le mani stringevano forse del cotone spesso, erano lenzuola quelle?
Era ancora in quella camera? 
Un’agonia di pura paura le era rimasta addosso, mentre il dolore ai muscoli si aggiungeva alla lacerante sofferenza per tutte quelle morti che aveva visto.
Sesshomaru protese la mano, sfiorandole la spalla e Rin sussultò.
Ruh l'aveva presa, spaventata si ritrovò a tremare.
Sesshomaru la guardò attonito, il volto di Rin era una maschera di paura, la ciocca dei capelli bianca di Rin si era attorcigliata in un boccolo lungo e biondo.
Rin portò le mani sul ventre, trovandolo piatto, era il suo corpo quello? Che fine aveva fatto quella donna bionda? Sentì qualcosa di simile all'amarezza nel pensare di non sentire più quel bambino che l'aveva protetta poco prima, forse Meyhes l'aveva rimessa nel suo vero corpo? Forse ora voleva darla in pasto a Ruh?
Non percepiva gli odori, non sentiva nulla.
Il grande demone la guardò perplesso, era sicuro che fosse sveglia, eppure non apriva gli occhi.
In un istante la prese per i fianchi e la mise sulle sue gambe, lei si ritrovò a cacciare un piccolo urlo.
Jaken sobbalzò nel sonno. Rin si era svegliata? Istantaneamente raggiunse il suo signore, osservando lei che restava immobile tra le sue braccia. C'era qualcosa di strano in Rin. Scoprì anche lui il mutamento del colore della sua ciocca.
Rin respirò freneticamente, davvero la sua vita doveva finire in modo così pietoso?
La mano che sentì tra i capelli la pietrificò.
Timorosa che aprendo gli occhi avesse rischiato di incontrare quelli cattivi di Ruh, continuò a rifiutarsi di vedere.
Non voleva guardare quel viscido demone, mentre dilaniava il suo corpo. Era molto meglio vedere nero a quel punto.
Strinse le palpebre, se doveva essere uccisa era meglio che avvenisse subito. Sentì il petto stringersi al pensiero di non poter più incontrare lui.
Amirdauzer si avvicinò con cautela, i suoi allievi non avevano sentito nulla.
- Rin? – la chiamò Sesshomaru con voce bassa, fissandola.
Sentendo la voce di colui che amava, Rin decise di rischiare e tremante sollevò le braccia, protendendo le mani per cercare quel volto. Sotto i polpastrelli percepì la pelle vellutata, liscia.
Quello non poteva essere Ruh, ricordava bene i lineamenti aspri di quel demone, il volto che toccava era perfetto.
Lentamente aprì gli occhi, avvertendo un dolore urticante sulla sclera dei suoi bulbi oculari.
Sesshomaru sollevò le palpebre, Amirdauzer serrò la mandibola, Jaken spalancò la bocca. Le iridi di Rin erano nere, non castane, aveva gli occhi tremendamente arrossati.
Maledetta Meyhes, pensò Sesshomaru. Persino ora che è morta continua a dare problemi.
Portando la mano affusolata sul volto, Rin piegò il capo, mentre la sua chioma bruna e fluente scivolava sul petto di Sesshomaru.
- Cosa senti? - le domandò il grande demone, sollevandole il viso.
Era tremendamente pallida, sentiva ancora l'odore della sua paura, non osava nemmeno immaginare cos'avesse visto. Il suo cuore sanguinava nel vedere la sua amata umana in quello stato. L'avrebbe uccisa altre mille volte Meyhes se solo fosse servito a far star bene Rin.
Lei deglutì, percependo gli occhi inondarsi di lacrime. Il bruciore era troppo. E poi c'erano quei ricordi a perseguitarla, sentiva un sentimento davvero forte per quel bambino e il corpo che aveva lasciato. 
– Sento bruciore e non vedo niente – disse in un singulto. - Niente - ripeté angosciata, mentre dai suoi occhi spietatamente scivolavano lacrime di sangue.




 
Angolo di Nausika

Ciao a tutte/i miei cari lettori e lettrici, davvero per tutto questo tempo ho avuto paura a entrare in questo fandom per il senso di colpa che avevo di non aggiornare questa storia, ma ve lo giuro, ho sempre pensato di farlo, solo che le idee che mi venivano non erano mai soddisfacenti per il mio gusto e intanto rimandavo e rimandavo la pubblicazione. Quindi davvero vi chiedo perdono per tutta questa mia assenza.
E' come se tempo fa io abbia avuto un blocco qui, del tipo troppo carico, difatti mi misi a scrivere un romanzo che non c'entra nulla con questa storia, è ambientato nella realtà, ma pieno di filosofia, sogni, quindi si viaggia nel mondo onirico, ci sono citazioni alla mitologia, musica rock e c'è uno psicanalista in mezzo, vorrei finirlo per massimo l'anno prossimo.


La situazione riprende esattamente ciò che vivevamo a fine battaglia, le conseguenze della possessione di Rin. Fate attenzione al suo sogno, al colore della ciocca di Rin, sarà importante, perché entrerà un nuovo personaggio qui, forse qualcuna di voi capirà di chi si tratti, posso dire che sia legato ad alcuni personaggi. E come sapete, questa storia è si sulla coppia Rin e Sesshomaru, ma i personaggi nuovi hanno la loro importanza. Molte di voi mi chiedevano dello stregone, dei suoi allievi, cercherò di addentrarmi ancora di più nelle caratterizzazioni di tutti.
E lo so vi lascio con Rin svenuta e ora ve la faccio svegliare cieca, ma fidatevi che ci sta, ne succederanno di robe, niente è a caso.
Sono curiosa di sapere la vostra, riguardo a questo capitolo, le vostre congetture, c'è molta carne al fuoco qui.
Siete preziosissime tutte quante voi con i vostri pareri, quindi non esitate a mostrarmi la vostra presenza, così che veda ancora interesse per questa storia.^^


 

 

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