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Nella sua
testa continuava a rimbombare il suono ad intermittenza del battito cardiaco
accelerato provocato da quel macchinario infernale posto di lato a lei.
Bulma se ne stava sdraiata in una lettiga
in quella stanza con fuori inciso “Sala Travaglio” con le contrazioni
che arrivavano ogni cinque minuti circa e nel frattempo per monitorare le condizioni
vitali del bambino che da lì a poco avrebbe partorito, l’avevano attaccata ad
una macchina rumorosa.
Appena
sarebbe potuta tornare nel suo laboratorio sicuramente si sarebbe prodigata per
inventare qualcosa di altrettanto efficace senza che spaccasse i timpani alle
povere puerpere.
Forse il
volume era stato impostato nella modalità “alto” perché risultava
alquanto fastidioso invece che il suono più bello del mondo a cui era abituata
ogni volta che si recava dal suo medico per la visita mensile di accertamento e
Bulma oltre a non vedere l’ora di avere tra le sue
braccia quel bambino, desiderava staccarsi quegli elettrodi dal suo ventre.
La gravidanza
era andata piuttosto bene, l’azzurra non aveva mai saputo che cosa significassero
le nausee mattutine, anzi, se non l’avesse insospettita quel ritardo di due
settimane scoperto per puro caso guardando il calendario un giorno come un
altro in laboratorio, non avrebbe forse mai saputo di essere incinta.
Anche la
pancia non era mai stata pronunciata, se non per gli ultimi due mesi che era
lievitata a vista d’occhio, ma questa non le impediva di certo i movimenti,
anche se non poteva più infilarsi sotto i macchinari come era solita a fare, ma
delegare il padre anziano a farlo per lei.
E
soprattutto non veniva mai vista di buon occhio da quest’ultimo quando saliva
in cima ad una scala altissima.
“Se non
pensi alla tua salute, pensa almeno a quella del bambino” Continuava a ripeterle
l’anziano.
“So quello
che faccio!” Lo rimbeccava lei con grande disappunto del genitore.
Una
contrazione che arrivò all’improvviso la fece urlare dal dolore, era più forte
delle precedenti, e Bulma ebbe la macabra sensazione
che qualcuno le avesse appena spezzato l’osso del bacino.
L’ostetrica
incaricata di seguire il suo travaglio che se ne stava tranquilla e beata
dietro quel tavolino con la sua bella settimana enigmistica tra le mani, non si
scompose minimamente alle urla della donna, anzi sbuffò seccata.
Ogni tanto soffiava
perché non riusciva a trovare la soluzione all’enigma e quei lamenti sommessi
non l’aiutavano, specie se arrivavano quando c’era quasi scoperto la soluzione.
Bulma notava che ogni tanto sbirciava la
pagina posta alla fine del libretto dove poteva benissimo trovare la risposta
ad ogni suo problema.
“Patetica”
Aveva sussurrato a mezze labbra mentre un’altra contrazione arrivava e le costringeva
a stringere gli occhi e a mordersi la lingua.
Questa volta
non aveva espresso il suo dolore fonicamente perché tanto non sarebbe servito a
niente, anzi, avrebbe solo indispettito di più quell’arpia nella stanza accanto,
e perché se per caso o per sbaglio, da quella porta fosse entrato Vegeta e l’avesse
vista urlare e contorcersi dal male, sicuramente l’avrebbe ripresa sul fatto
che non fosse degna di portare in grembo la sua progenie.
Ma il
principe dei saiyan non le avrebbe mai e poi mai
fatto tale dono, visto che nel momento in cui gli aveva dato la bella notizia,
Vegeta stava salendo a bordo della nuova navicella spaziale commissionata a suo
padre e, per quanto ne potesse sapere, non si era ancora degnato di fare
ritorno, e chissà quando sarebbe capitato.
L’aveva
liquidata con un semplice “Ah!” di sorpresa senza nemmeno guardarla per
poi chiudere quel portellone e partire a razzo scomparendo dalla sua vista.
Aspettava un
bambino.
Il suo
bambino.
E lui l’aveva
lasciata da sola.
Ma da Vegeta
non si sarebbe potuto aspettare niente di diverso.
Non perché l’ annuncio della sua gravidanza lo avesse sconvolto a tal
punto da scappare lontano, ma era proprio per proteggerlo che doveva andare a
ricoprirsi d’oro e superare anche il
livello di Kakaroth.
E quello era
un motivo più che valido per andarsene e raggiungere il suo obiettivo nel minor
tempo possibile senza che lei potesse proferire anche solo una parola di
disappunto.
Un’altra
contrazione…più ravvicinata rispetto all’altra e la voglia di spingere.
Bulma trattenne il respiro ed espirò
appena il dolore l’aveva lasciata stare per un altro minuto.
Cazzo se
faceva male!
Si maledì mentalmente per non aver ancora chiamato sua madre per
starle accanto in quel momento e portarle un cambio d’abiti e la borsa che aveva
preparato con cura per lei e che conteneva tutte le cose del bambino, e che ora
faceva la guardia al suo letto in camera, perché lei se la sarebbe cavata da sola,
pensò quando aveva varcato la soglia del pronto soccorso sorreggendosi alla parete
in preda alla terza contrazione e con le gambe bagnate dal liquido amniotico.
Non sarebbe
stata né la prima e né l’ultima a dare alla luce un bambino in completa
solitudine e soprattutto senza nessun preavviso, in quanto Bulma
aveva appena raggiunto le trentotto settimane e il medico che l’aveva in cura
le aveva detto che non avrebbe partorito prima della quarantesima, era più
chiusa del caveau di una banca, ma il medico non aveva fatto i conti con gli
imprevisti, eppure doveva conoscerli visto la sua grande esperienza.
*
“Fammi dare
un’occhiata” Finalmente l’ostetrica aveva alzato il suo culone grasso da quella
sedia e si era degnata di andarla a visitare.
Le abbassò
il pannolone e la sua espressione di terrore innervosì ancora di più Bulma che per comodità aveva divaricato le gambe.
“Che c’è?”
Chiese tremando.
“E non mi
chiami?” Sbraitò la dottoressa “…sta uscendo la testa!”
“Non volevo
disturbarla…” Si fermò perché un’altra contrazione era arrivata e sentiva il
bisogno irrefrenabile di spingere “…mi sembrava troppo impegnata con i suoi
enigmi.” Mormorò dopo che il dolore era passato.
L’ostetrica
la guardò di sottecchi “Stavo facendo il mio lavoro, sono abituata a vedere donne
urlare per il dolore causato dalle contrazioni…ma non mi è mai capitato nessuno
che soffrisse in silenzio e che non mi chiamasse se sentiva la testa
fuoriuscire, soprattutto senza l’epidurale.”
“Dice così perché
non mi conosce!” Con la fronte che stillava di sudore e il fiato corto, Bulma diede un’ultima forte spinta che le permise di dare
alla luce il suo bellissimo bambino.
L’ostetrica
lo avvolse su un lenzuolino bianco e gli praticò le manovre di disostruzioni
delle vie aeree.
Bulma pensò che dopo quella sera sarebbe
stata pagata il doppio per il lavoro che non spettava a lei, per quanto la
riguardava, poteva benissimo metterlo sul suo conto, quella dottoressa, di cui
non ricordava nemmeno il nome, le aveva appena messo tra le braccia la creatura
più bella che si potesse desiderare.
Piangeva a
dirotto, ma appena la madre le accarezzò dolcemente una gota con un dito e gli
baciò la fronte, smise di farlo e si addormentò tra il suo seno gonfio e
dolorante.
“E’ un bel
maschietto, sano e forte” Si complimentò quella donna dopo essere andata a
chiamare il ginecologo di guardia e il pediatra per le dovute visite.
*
Bulma guardò fuori dalla finestra.
Era buio,
totalmente buio.
Vide solo
una scia rossa oltrepassare il cielo e un boato poco dopo.
“Che cos’era?”
Si chiese.
Un
meteorite? Un asteroide? Alieni che invadevano il pianeta? Oppure lui?
Beh! Tra le
quattro opzioni era la più improbabile.
Quante
possibilità c’erano che Vegeta facesse ritorno il giorno della nascita del loro
bambino?
Poche, o per
meglio dire: nessuna.
Poco dopo
entrarono della sua stanza un paio di medici a prendersi cura di lei e di suo
figlio e Bulma chiese la cortesia di poter chiamare
almeno sua madre per darle la bella notizia e farsi portare quella borsa con
tutto il necessario per darsi una ripulita.
Quando prese
il telefono dalla borsa notò che il genitore l’aveva chiamata una ventina di
volte circa, non si arrabbiò perché l’aveva cercata, anzi, non lo fece affatto,
si limitò a sorridere perché ora capiva perfettamente il suo punto di vista ed
improvvisamente i rimproveri precedenti assumevano la sfumatura di consigli
amorevoli.
Ora anche
lei era una mamma e sentiva il bisogno di proteggere quel fagottino con tutta sé
stessa.
“BULMA!”
Cinguettò la donna nervosa rispondendo al primo squillo “…si può sapere dove
sei? E’ l’una di notte!”
“Mamma…”
Prese coraggio cercando le parole più adatte “…c’è qualcuno che dovreste
conoscere.”
*
Sua madre e
suo padre se ne erano andati dall’ospedale alle prime luci dell’alba, dopo aver
sbrigato gli ultimi convenevoli e firmato varie scartoffie per conto della
figlia che ora stava riposando beatamente tenendo tra le braccia il suo primo
figlio che al momento non aveva ancora un nome.
Bulma aveva chiesto ai genitori se per
caso Vegeta avesse fatto ritorno, ma loro risposero di no, che non l’avevano
ancora visto e che quello che aveva sentito la scorsa notte era solo un
meteorite che si era schiantato al ridosso della montagna.
Lei ci aveva
creduto, però sarebbe stato bello sapere del suo ritorno in quella particolare
notte…peccato!
Ora il
dilemma era dare un nome al nascituro.
Bulma ci aveva pensato e ripensato, ma
non riuscì a trovare qualcosa di adatto.
Chiuse gli
occhi per la troppa stanchezza.
“Trunks” Le sussurrò una voce all’orecchio
che le fece sbarrare gli occhi oltre che a farla rabbrividire.
Ma quando Bulma si guardò attorno non vi vide nessuno, se non la
finestra aperta e l’aria fresca di novembre che entrava e le tende che
svolazzavano.
*
Continua
*
Nda: Ciao a
tutti! Chi non muore si rivede…lo so, vi avevo promesso che sarei tornata a settembre,
ma un piccolo contrattempo, ovvero la stesura completa della long sul fandom di
Miraculous mi ha assorbito completamente, però vi
annuncio che quella è quasi del tutto terminata, quindi posso dedicarmi a
questa con pubblicazione settimanale.
Piccole
precisazioni…questa storia è una cucitura di mie long vecchie, e per vecchie
intendo scritte più di dieci anni fa e pubblicate con un account non più
attivo, cercherò di ripercorrere le varie tappe della saga dei cyborg, ovvero
quello che Toryhama non ha raccontato, da qui il
titolo “Angoli
nascosti”, ho voluto iniziare con la nascita di Trunks, ma dal
prossimo capitolo si ritornerà indietro nel tempo, più precisamente subito dopo
Namecc.
Io ringrazio
fin da subito chi vorrà seguire questa storia e chi vorrà lasciarmi un segno
del suo passaggio.
Il rumore
incessante dei suoi passi era scandito da gocce di umidità che trasudavano dal
soffitto di pietra violaceo e andavano a depositarsi nei catini lasciati
apposta per raccogliere l’acqua nei vari punti.
Capitava
spesso che le case di Yardrat fossero invase d’acqua
durante la stagione delle piogge, che durava al massimo un mese.
Un mese di
disagi, perché gli abitanti di quel pianeta non avevano ancora trovato un modo
per impedire di bagnarsi stando chiusi in casa.
Quel piccolo
omuncolo dalle tre dita oblunghe per mano entrò nella stanza dove era stato
portato l’uomo delle stelle, così era stato soprannominato.
Goku dormiva
beatamente da quasi tre giorni in una lettiga in quella stanza solitaria,
venendo curato con pomate, erbe mediche ed intrugli vari ad alta efficacia.
Era messo
veramente male quando gli alieni lo avevano tirato fuori da quella monoposto, e
subito si erano prodigati per salvargli in ogni modo la vita.
Per sua
fortuna aveva una pellaccia dura ed erano riusciti a rimetterlo in piedi nel
giro di poco tempo, certo, era ancora privo di sensi, ma la febbre era
notevolmente scesa, il battito cardiaco stava ritornato normale e le ferite
quasi guarite.
Sarebbe
stato questione di giorni, giusto il tempo che il fisico recuperasse le forze.
Gli yardratiani forse non saranno stati degli abili
ingeneri edili, ma in fatto di medicina alternativa o tecniche di combattimento
erano al numero uno della classifica, non possedevano una grande forza fisica,
anzi, ma i loro trucchetti non erano per niente male.
Non per
altro, Freezer bramava a conquistare quel pianeta, dopo Namecc,
e non a caso la missione era stata affidata alla squadra Genew,
che purtroppo aveva trovato la morte proprio durante la deviazione di viaggio.
Una goccia
d’acqua colpì il naso di Goku che sbarrò gli occhi.
Si portò in
posizione seduta dopo aver avuto la netta sensazione di non essere affatto sul
pianeta Terra o Namecc, e accanto al letto vi trovò
quell’essere piccolo color lilla vestito strano e con la testa dalla forma di
un palloncino, che trafficava con bende, acqua ed erba, di spalle.
Goku non
percepì nessuna aura malvagia, anzi a dire il vero non ne avvertì nemmeno una.
“Sono
morto?” Chiese spaesato.
Ma più si
sforzava e più la testa gli faceva male e fischiava costringendolo a tenersela
per alleviare il dolore.
“Oh! Tu
svegliato” Disse l’alieno.
“Parli la
mia lingua?” Chiese Goku credendo di trovarsi in un sogno.
“Non bene…”
Gli sorrise “…io cercherò di capirmi”
Il saiyan non comprese appieno, ma si limitò ad annuire di
circostanza, forse con il passare del tempo sarebbe stato tutto molto più
semplice.
“Dove mi
trovo?” Domandò guardandosi attorno.
L’alieno
viola prese l’acqua medica, le bende pulite e si avvicinò a Goku.
“Yardrat!”
“Yardrat?” Fece lui di rimando incrociando la lingua per via
della pronuncia.
“Si, essere
pianeta mio”
“Certi che
parli in modo strano tu…sei sicuro che non sono morto?”
Goku inarcò
un sopracciglio “Mi dispiace, ma non ho tempo per queste cose” Scostò le
coperte e non si preoccupò minimamente di essere nudo, si guardò intorno in
cerca della sua tuta arancione, o meglio dei brandelli, ma non trovò nulla di
tutto ciò.
“Tieni!”
L’alieno gli porse degli abiti uguali identici ai suoi.
“Sul serio?”
“Non avere
abiti tu, pantaloni strappati, maglia inesistente, prego, tu indossa questo.”
Goku non si
oppose e si vestì con quello strano vestiario che nonostante tutto erano anche
comodi.
“Grazie,
amico! Avete anche una navicella da darmi? Dovrei tornare sul mio pianeta.”
L’extra
terrestre negò con il capo, non possedevano quella tecnologia, ma stavano
studiando un modo per riparare quella dello straniero.
“E la mia?
Dov’è?”
“Smembrata”
Rispose semplicemente facendo capitombolare Goku per terra con aria
terrorizzata.
“Che cosa?”
“Scusa,
forse io essere espresso male…forse esatto termine essere riparata.”
Goku tirò un
sospiro di sollievo.
“Così va già
meglio, amico!”
“Amico? No,
io chiamare Juth.”
“Goku, io mi
chiamo Goku.” Ammise porgendogli la mano che l’alieno non strinse, non
cogliendone il significato. “Sul pianeta Terra si fa così, quando ci si
presenta ci stringiamo la mano.”
“Oh! Io
capire…e scusarmi” Gli porse la mano e Goku la sua con un grande sorriso.
“Bene, ora
che ci siamo presentati…non è che avete qualcosa da mangiare?” Chiese tenendosi
la pancia brontolante.
Juth affermò e lo invitò a seguire in
cucina dove un esercito di cuoche stavano preparando un gustoso pranzetto per
tutti gli abitanti del pianeta, il profumino che arrivava da quel locale fece
venire l’acquolina alla bocca del saiyan, che in
mezzo a quegli abitanti sembrava Gulliver da quanto alto era.
*
Goku finì
l’intero banchetto in men che non si dica, lasciando la popolazione in evidente
stato di shock, in pratica si era fatto fuori le scorte che dovevano bastare
per l’approvvigionamento dell’intera stagione delle piogge.
“Ahhhh! Cha mangiata!” Disse pulendosi la bocca con la
manica e tenendosi la pancia visibilmente ingrossata. “Ehi Juth!
Grazie, ora mi porti alla navicella?”
All’alieno
stava ancora ballando un occhio per lo stupore e con fare circospetto aveva
allontanato il saiyan dalla mensa, prima che qualcuno
gli lanciasse addosso qualche coltello colpendolo in pieno.
Goku rimase
di stucco quando vide la sua monoposto fatta in mille pezzettini e un paio di yardratianiche la stavano assemblando un
pezzo alla volta.
“Ma…ma… tu
mi hai detto che era riparata!”
“No no
riparata…forse io esprimere male…”
Uno dei due
si avvicinò a Juth e gli comunicò qualcosa nella sua
lingua originaria.
“Che ha
detto?”
“Non essere
pronta prima di un mese!”
“COSA???? E
IO COME FACCIO??? Devo tornarmene sul mio pianeta!”
“Tu
tranquillo, rimanere qui…”
“Si, ma io
mi annoierò, non c’è nulla da fare qui, e non posso nemmeno allenarmi perchè…” Non fece a tempo a terminare la frase che
l’ennesimo yardratiano si palesò materialmente
davanti a lui spaventandolo, puff…comparso da nulla.
I due alieni
iniziarono a conversare, ovviamente nella lingua incomprensibile a Goku che li
osservava in maniera quasi meravigliata, perché mentre loro parlavano
animatamente, a lui balenò in testa un’idea, se la sua teoria fosse stata
confermata da Juth.
Ma non
servì, perché l’interlocutore si era portato due dita sulla tempia destra ed
era scomparso subito dopo.
“Mi spiace Goku…ma
se tu volere andare via da qui, devi aspettare…fare tutto il possibile…”
Sul volto
del saiyan si materializzò un sorriso soddisfatto.
“Insegnami!”
“Cosa?”
“Il tuo
amico è comparso e ricomparso, voglio farlo anch’io.” Disse entusiasta.
“Quella è
tecnica teletrasporto, difficile da imparare, noi averci messo cento anni per
imparare.”
“Cento
anni??? Ma quanti ne hai tu?”
“Centoventi!”
“Incredibile…comunque
puoi insegnarmela?”
“NO!” Juth incrociò le braccia al petto ricordando la sua
richiesta nell’infermeria.
“Per
favore!” Goku lo implorò con le mani giunte in segno di preghiera, avrebbe
fatto qualsiasi cosa per imparare anche quella tecnica, gli sarebbe sempre
potuta venire utile un giorno.
Muoversi
attraverso il tempo e lo spazio avrebbe scatenato l’invidia di Vegeta.
“Ho detto:
NO!”
Goku sospirò
affranto, poi nel suo volto si disegnò un ghigno divertito.
“Se io ti
insegno la lingua terrestre alla perfezione, tu puoi mostrarmi come ci si tele
trasporta?” Colpito e affondato, Goku era in una botte di ferro.
“No! Io
sapere già parlare di tua lingua!”
“Si, ma
prima ad esempio mi hai detto la parola riparata, invece tu intendevi
ben altro…pensa se ti capitasse di scambiare merci con noi e vi capiste male,
potresti perdere l’affare.”
Non aveva
tutti i torti, l’unico problema era che la Terra non era molto conosciuta per
gli scambi intergalattici, almeno per quanto riguardava il presente, in
passato, Juth ricordava molto bene i suoi avi parlare
di questo pianeta per l’importazione di piante e animali.
“Ultima
offerta!” Decretò Goku, e Juth un’occasione così non
poteva di certo lasciarsela scappare.
*
Terra…
*
Bulma sospirò di grazia quando vide
finalmente il cartello alle porte della città con impresso a caratteri cubitali
“Città Dell’Ovest”.
Era stanca,
sporca e i morsi della fame si stavano facendo sentire man a mano che si
avvicinava alla via di casa.
Appena entrata
si sarebbe sicuramente diretta verso camera sua con in bocca un panino e
gettata letteralmente tra le bolle della jacuzzi per ore.
E fu quello
che fece dopo aver lasciato sull’ingresso la sacca contenente quelle sette
sfere che pulsavano.
“Oh! Bulma tesoro, sei a casa.” Si meravigliò la svampita bionda
mentre riponeva nella credenza le ultime stoviglie pulite. “Vegeta ti ha
lasciato qualcosa da mangiare…” A quelle parole l’azzurra digrignò i denti e
strinse i pugni, gli sarebbe costato tanto darle un passaggio fino a casa?
Comunque si meravigliò nel constatare che l’alieno le avesse accordato quella
gentilezza, non che il cibo in casa sua scarseggiasse.
Rozzo di un saiyan.
Dopo tutto
il cibo, l’alloggio e le attrezzature che aveva a disposizione, quello era il
ringraziamento.
“Ringrazialo
da parte mia!” Rispose attraversando la cucina con fare altezzoso.
“Avete
litigato, forse?” Chiese ottenendo come risposta la porta della camera sbattere
facendo vibrare le pareti.
“Sembrerebbe
di sì!” Mormorò a mezze labbra ritornando alle sue faccende, poi si portò un
dito sulle labbra quando le balenò in testa un’idea “…più tardi gli andrò a
prendere una torta, a Vegeta piacciono le torte, magari questo lo addolcirà un
po' e lui e Bulma faranno pace.” Cinguettò canticchiando
la melodia di una canzoncina allegra.
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao e tutti e buon inizio
settimana.
Spero come
sempre vi sia piaciuto questo capitolo e ne approfitto per ringraziare le
persone che hanno letto, commentato e che stanno inserendo la storia tra le
Preferite, Seguite e Ricordate, ma anche chi legge silenziosamente.
Vi lascio di
seguito il link ad una one-shot (se ve la siete persa) scritta questa estate a
cui si fa riferimento l’ultima parte di questo capitolo.
Bulma si gettò letteralmente dentro l’enorme vasca da bagno invasa da bolle e
schiuma profumata di muschio bianco.
Introdusse all’interno dell’acqua bollente prima un piede e poi un altro
dopo essersi tolta la spugna bianca attorno al suo corpo per riporla nell’apposito
appendino lì accanto.
Il suo corpo venne avvolto da una bellissima sensazione di calma e
tranquillità, giusto quello di cui aveva bisogno dopo una giornata come quella,
sperando che l’odore di uova marce dovuto allo zolfo che emanava il vulcano,
venisse sostituito da quello presente nei sali da bagno.
Aveva avvolto i capelli in una spugna in modo da trattarli successivamente,
quello di cui aveva bisogno in quel momento era rilassare i nervi lasciandosi
andare dalla dolce coccola del vapore acqueo che aleggiava come una nebbia
fitta all’interno della stanza e dalle bollicine della jacuzzi.
Bulma accese preventivamente delle candele profumate e spento la luce.
“Tranquillità” Sospirò immergendo tutto il corpo chiudendo gli occhi.
Quella era stata una giornata pesante e le sue gambe stavano ringraziando
per il calore che le stava avvolgendo, seguito da un massaggio rilassante dalle
bolle d’acqua.
Dopo del corpo, sarebbe toccato al viso, ancora provato e segnato da
ustioni e graffi leggeri, ne avrebbe rimediato con creme e unguenti che teneva
custoditi gelosamente nell’armadietto della bellezza, come lo chiamava lei,
riempito da tutti i rituali della routine della sera.
In pratica da quando saliva in camera, a quando andava effettivamente a
letto, passavano all’incirca un paio d’ore, se andava bene.
In quel caso ci avrebbe messo molto di più, perché una sola applicazione di
pomata non sarebbe di certo bastato a lenire il rossore dell’ustione, eppure la
sua tuta protettiva era ad alta efficacia e poteva resistere alle più alte
temperature, poco importava, l’indomani si sarebbe fiondata su quel progetto,
non sia mai che le dovesse capitare ancora di finire dentro un vulcano attivo.
Bulma però doveva anche chiamare i suoi amici per portargli la buona novella
della raccolta di tutte e sette le sfere, pigiò il tasto al lato dello smartwatch
al polso e vide che erano appena le otto di sera, un orario ancora accettabile
per fare delle telefonate.
L’azzurra non uscì dalla vasca, ma si limitò ad alzare la cornetta vicino
alla vasca e si fece i complimenti da sola per aver pensato ad installare
apparecchi telefonici in ogni stanza della casa; un po' meno felice era sua
madre, perché ogni vota che trillava il telefono quell’eco risuonava per tutta
la casa, rischiando che il rumore venisse avvertito dall’altro capo del
pianeta.
Invano anche il tentativo del dott. Brief di riconfigurare la rete
telefonica in assenza della figlia, Bulma l’aveva
dotata da una serie di codici troppo complicati per lui, però purtroppo, a
causa dei troppi impegni lavorativi si era dimenticato di chiedere a Bulma di rivedere il suo progetto e di risistemarlo.
La scienziata aveva chiamato per prima il Genio delle Tartarughe di Mare e
poi Chichi, avvisandoli appunto che l’indomani
avrebbero richiamato il potere di Polunga per
iniziare a riportare in vita i caduti durante le battaglie che si sono
susseguite nei mesi precedenti.
Si era appena rimessa comoda con gli occhi chiusi quando un boato sordo
provenne dall’ingresso del bagno facendola sobbalzare e di conseguenza
trasbordare acqua e sapone al di fuori dalla vasca, sul pavimento dove erano
state riposte accuratamente dei tappetini da bagno di spugna rosa.
Volse lo sguardo terrorizzato verso la porta che era stata completamente
disintegrata e vide lui che la guardava con quell’espressione sadica in volto.
Era la prima volta che Bulma temeva per la sua
incolumità da quando aveva invitato il saiyan a
restare in casa sua.
Deglutì il nulla e quando si ricordò di essere completamente nuda prese
l’accappatoio con un movimento repentino della mano e si coprì la parte
davanti, immergendo completamente la spugna nell’acqua fino ad inzupparla tutta
e rendendola poi inutilizzabile.
Vegeta avanzò verso di lei a piccoli passi senza mai togliere la
connessione con i suoi occhi, le piaceva intimorirla e doveva ammettere a sé
stesso che l’agnellino ora era in trappola, sarebbe stato facile farle del
male, se solo fosse stato quello lo scopo della sua intrusione.
Bulma d’altro canto pensò stesse per avere un infarto, il braccio sinistro le
doleva, ma solo perché la cintura dell’accappatoio si era avvolta troppo
stretta sul bicipite.
Deglutì il nulla ed iniziò a tremare.
Per la prima volta non riuscì a leggere le sue intenzioni e questo la
faceva andare in bestia.
“C-che…che vuoi?” Gli domandò balbettando.
“È inutile che ti copri, quel pezzo di stoffa non ti proteggerà…e poi credi
che non abbia mai visto nessuna donna nuda?” Berciò altezzoso il saiyan fermandosi al bordo della vasca continuando a
scrutarla.
“E’ anche vero che se mi avessi voluta morta, non ti saresti limitato a
spaccare la porta, dico bene?” Bulma tirò fuori il
coraggio che aveva represso per un istante.
“Tsk! Credi di conoscermi così bene, donna?”
Vegeta schioccò la lingua rimanendo immobile.
Bulma inarcò un labbro con aria di sfida “Ti conosco bene per sapere che sei
venuto fino qui per chiedermi un favore.”
Vegeta sogghignò “Più o meno, ma non fraintendere.”
“Ti ascolto” Deglutì Bulma.
“Ho bisogno di una navicella…”
“Puoi prendere quella che è parcheggiata nel giardino, mio padre l’ha già
messa a nuovo.” L’interruppe irritandolo, infatti Vegeta si scagliò contro di
lei in un nano secondo chiudendole la bocca con due dita, stringendo così forte
da lasciarle un paio di segni rossi.
Tutti vani i tentativi dell’azzurra di togliergli le mani di dosso, il
principe l’aveva stretta in una morsa quasi letale e se ci avesse messo ancora
un po' di pressione, la mascella di Bulma si sarebbe
rotta.
“Non osare interrompermi, mai più! È chiaro?” Le aveva detto alitandole in
volto facendola rabbrividire.
“Sei un animale, Vegeta!” Bulma si massaggiò la
parte inferiore del volto con delicatezza, le doleva e anche parecchio, ma per
quanto sia non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di avvertirlo che le aveva
inferto dolore.
“STA ZITTA!”
“A che cosa ti serve quella navicella?” Glielo doveva chiedere e zitta non
se ne sarebbe mai stata.
Vegeta sbuffò, quelli non erano affari che la riguardavano, era una
questione in sospeso tra lui e Kakaroth.
L’intenzione del principe dei saiyan era quella
di prendere il suo acerrimo rivale una volta riportato in vita, poi caricarlo a
forza sulla navicella e prendere il largo per un pianeta lontano e deserto.
Doveva vederlo, doveva vedere con i suoi occhi il leggendario super saiyan e batterlo, perché in cuor suo Vegeta sapeva di
potergli tenere testa, ma sarebbe stato troppo facile se Kakaroth
usava solo metà della sua forza in quanto avrebbe rischiato di danneggiare il
pianeta Terra, quindi era per questo che aveva preso la decisione di allontanarsi
da lì.
“Tu pensa a riportare in vita quello smidollato di Kakaroth!
Al resto ci penso io.” Le disse prima di voltarle le spalle e sparire da quella
stanza lasciandola da sola con un mucchio di detriti da sistemare.
“Scimmione senza cervello!” Imprecò lei nella sua mente digrignando i denti
ed uscendo dalla vasca ancora più agitata di prima.
*
“No, no e no!” Disse Juth rassegnato
schiaffeggiandosi la testa.
Da qualche giorno si era preso la briga di insegnare all’uomo delle stelle
di nome Goku la tecnica del teletrasporto, ma sembrava che non avesse ben
capito come funzionava.
“Che ho fatto ora?” Chiese il saiyan con aria
interrogativa “Ho seguito le tue istruzioni alla lettera.”
“Tu credere di imbrogliare me?” Chiese indispettito.
“Si dice: Non crederai di imbrogliarmi?” Lo corresse sospirando.
“Non stiamo imparare lingua terrena, ora.”
“Si dice: Non stiamo imparando la lingua terrestre”
“Non prendermi per i fondelli, ragazzo!” Disse in tono piuttosto irritato
lo yardratiano puntando i pugni sui fianchi.
“Senti…che cos’ho fatto che non va questa volta?” Goku pensò bene di
formulare una domanda per sviare il discorso e ritornare sui suoi passi per non
portare quella discussione troppo alle lunghe, aveva imparato a conoscere
quello strano popolo, e sapeva bene quanto fossero permalosi, soprattutto il
suo nuovo maestro.
“Hai usato la super velocità!” Rispose tornando a sedersi sulla roccia
piatta fucsia con le gambe incrociate per meditare.
“Chi? Io? Guarda che ti sbagli!”
“Rifare tutto…concentrati!” Juth chiuse gli occhi
ed alzò le braccia a mezz’aria facendo combaciare gli indici e i pollici di
entrambe le mani.
Goku sbuffò e corse lontano nei pressi della montagna che si vedeva in
lontananza borbottando qualcosa di incomprensibile.
Eppure non era un tipo che si arrendeva facilmente, anzi, in quegli anni
aveva sempre dimostrato grande costanza e tenacia nel raggiungere i propri
obiettivi, cercando di migliorarsi sempre di più imparando nuove tecniche.
E quella l’avrebbe imparata!
Al costo di rimanere in quel pianeta sconosciuto una vita, ma ci sarebbe
riuscito.
Goku alzò gli occhi al cielo, non sapeva bene per quale motivo, ma sembrava
che qualcuno o qualcosa lo stesse richiamando a sé.
Scrollò la testa, non era il momento di farsi prendere dai sentimentalismi,
anche se la sua famiglia gli mancava molto, soprattutto Gohan.
Chissà se stanno bene…
“CONCENTRATI!” La voce di Juth risuonò limpida e cristallina
nella sua testa facendolo rinsavire e tenere gli occhi puntati sul suo
obiettivo.
Goku inspirò ed espirò profondamente incanalando energia presa dagli
elementi attorno stando ben attento a non confondere le auree che avvertiva,
doveva percepirne una sola, ovvero quella di Juth,
lui era il suo obiettivo primario.
Si portò sulla tempia due dita e una volta individuata: sparì.
Riapparve davanti allo yardratiano che lo
guardò con aria rassegnata.
“Non ci siamo, riprova!” Gli disse senza neanche aprire gli occhi.
“Ma come non ci siamo?? Ho fatto tutto quello che mi hai detto!” Protestò
puntando i piedi a terra come un bambino.
Juth aprì un occhio per poi richiuderlo subito dopo “Non credo, non mi avere
ascoltato bene.”
“Ho fatto esattamente quello che mi hai detto…forse sei tu che non ti
esprimi bene”
“Io essere consapevole di non parlare bene, ma le mie istruzioni essere
chiare. Teletrasporto è una tecnica facile, ma non eseguire bene se tu pensieri
diversi.”
Goku si sedette accanto a lui, in effetti aveva ragione quell’omuncolo, la
nostalgia di casa lo stava portando a non avere la giusta concentrazione, forse
anche Gohan e Chichi erano
preoccupati per lui, del resto Gohan aveva visto
scoppiare Namecc come un fuoco d’artificio con la
consapevolezza che anche suo padre era lì e che potesse aver fatto la stessa
fine.
Goku inarcò un sopracciglio distrattamente “Cosa?”
“Vattene…se non vuoi stare qui, prendere navicella e vai via” Disse senza
tanti giri di parole.
“Io non voglio andarmene, non prima di aver imparato questa tecnica. E poi
non posso farlo finchè la navicella non verrà
riparata.”
“Oh! Giusto…smembrata” Sogghignò.
“Già…smembrata!” Goku alzò un labbro in un sorriso tirato, poi stava per
dire qualcosa quando il cielo si fece improvvisamente scuro e un forte vento si
alzò facendo volare giù dal masso lo yardratiano,
soccorso subito dopo dal saiyan prima che volasse via
trasportato dalla corrente.
“Ma che sta succedendo?” Chiese terrorizzato il piccolo uomo viola.
A Goku morì il cuore in gola, lui sapeva benissimo che cosa stava
accadendo, Polunga era stato invocato e lo stava
venendo a prendere, ed infatti tra fulmini e saette comparve la faccia
spaventosa del drago che fece svenire Juth, tanto che
Goku pensò fosse morto all’istante.
“Cavolo! Lo hai fatto secco!” Si grattò la testa perplesso il saiyan.
“VIENI CON ME, GOKU! I TUOI AMICI TI RECLAMANO!” Disse il dio drago di Namecc con voce grossa e minacciosa.
“Ora non posso! Digli che tornerò appena potrò!” Aveva appena appurato che
stavano bene e questo gli aveva dato la giusta scarica elettrica e forza per
proseguire nel suo obiettivo.
“NON SEI TU A DECIDERE!”
“Ti prego, fammi questo favore! Avvisali che tornerò presto.” Si
inginocchiò pregandolo.
Il drago deglutì il nulla, non gli era mai capitata un’insolenza simile, ma
era anche ben consapevole che se Goku non voleva andare con lui, niente lo
avrebbe smosso di lì, nemmeno il suo grande potere.
“E VA BENE!” Polunga sparì subito dopo portando
via con sé il cielo scuro e la tempesta che aveva scatenato.
*
Continua
*
Angolo
autrice:Lo so, lo so…sono
imperdonabilmente in ritardo e mi dispiace un sacco aver snobbato, se
così vogliamo dire, questa long.
Purtroppo nelle settimane precedenti ho dovuto terminare per forza di cose
un’altra opera sul fandom di Miraculous e poi, non
contenta, mi sono dilettata alla stesura di ben due storie per quanto riguarda Halloween Partyorganizzato dal sito fanwtriter.it, e poi una one shot per il
Calendario
dell’Avvento, sempre organizzato dallo stesso sito.
In ogni caso ora sono qui e non me ne andrò finchè
non riuscirò a mettere la parola fine a questa storia.
Ringrazio tutti quelli che mi seguono con entusiasmo e spero che questo
capitolo vi sia piaciuto.
Vi mando un forte abbraccio, Erika 😊
*
P.s.: ringrazio anche qui la carissima sweetlove per la fan art dedicata
alla mia storia di Miraculous, vi lascio il link per
vederla, e leggerla se volete XD.
Doveva tornare alla normalità senza di lui e con la consapevolezza che Goku
era vivo e vegeto da qualche parte nell’universo.
Non era voluto tornare da lei, da loro, e questa cosa la faceva andare in
bestia.
Il suo cuore e la sua mente pullulavano da giorni di pensieri negativi e
s’interrogava sul perché di quella decisione, ma più ci pensava e meno motivi
validi trovava.
Girò la manopola del rubinetto della cucina appena la stoviglia risultò
priva di sapone, prese uno straccio asciutto che teneva sempre lì vicino al lavello
e tolse l’acqua in eccesso lucidando la ceramica.
Chichi lo fece cadere poi di proposito sul pavimento frantumandolo in mille pezzi
da nervoso.
“Tutto bene, mamma? Ti sei fatta male?” Chiese Gohan
apprensivo dopo aver alzato la testa dai libri che stava studiando in cucina.
La corvina tremava di rabbia e sarebbe esplosa da un momento all’altro.
Goku non aveva voluto essere riportato sulla Terra.
Goku non voleva tornare.
Goku non voleva bene alla sua famiglia.
Goku pensava solo a sé stesso.
Goku…
Tutti contavano di rivederlo quel giorno, per abbracciare quell’eroe che tutti
credevano si fosse immolato per l’ennesima volta aiutandoli a scampare da morte
certa, ed invece aveva preferito starsene dov’era, lontano.
E forse il Genio delle Tartarughe di Mare non aveva così poi tutti questi
torti dicendo che Goku aveva paura di sua moglie, che più di timore si poteva
parlare di non amore verso di lei, perché se il saiyan
l’amava o provava una specie d’amore per lei e per Gohan
se ne sarebbe tornato sulla Terra a condurre la vita di sempre accanto a loro.
E invece no, non è andata così.
“Tornerà quando sarà pronto!” Aveva detto Polunga
con la sua vociona minacciosa e inquietante, ma più che incuterle timore con la
sua stazza, Chichi si sentì morire dentro perché
aveva capito che lei per Goku non sarebbe mai stata una priorità.
Fu quella consapevolezza a farla cadere in ginocchio a peso morto sui cocci
bianchi sparsi sul pavimento bianco lucido e perfettamente pulito, perché Chichi per distogliere il pensiero dall’imbecille di suo
marito si era buttata a capofitto nelle pulizie e altri doveri domestici fino a
sviluppare un disturbo ossessivo compulsivo, tanto che suo figlio ogni tanto
doveva darle uno scossone per farla tornare in sè.
Gohan la sollevò senza alcun problema e la portò in divano togliendole dalle
gambe i pezzi che le si erano attaccati, fortunatamente nessuno si era
conficcato in profondità nella pelle.
“Sto bene, tesoro!” Disse con voce rauca alzandosi, ma barcollando subito
dopo per un mancamento.
“Dovresti riposare, ti porto a letto!” Gohan la
prese in braccio e come se stesse trasportando una piuma adagiò la madre sul talamo.
Chichi respirava a fatica e il sonno la raggiunse dopo poco aver toccato il
cuscino, ma non prima di sussurrare al figlio che non è giusto che sia lui a
vegliarla al posto di suo padre.
“Papà tornerà presto” Le disse e Chichi avrebbe
voluto avere il suo stesso entusiasmo e positività.
Non dormiva da giorni, se non per poche ore a notte continuando a girarsi e
rigirarsi tra le lenzuola con il pensiero fisso di suo marito in testa.
Un conto era crederlo morto, un altro era la consapevolezza che se ne stava
beatamente in giro per l’universo lasciandola da sola a crescere un bambino, il
loro bambino.
Chichi aveva anche perso il conto di quante lacrime aveva versato per lui in
quelle notti tristi e solitarie, spesso per non svegliare Gohan
e farlo preoccupare inutilmente le soffocava sul cuscino.
Mentre agli occhi di Gohan quell’uomo era un eroe,
forse è a causa del sangue saiyan che gli scorreva
nelle vene, oppure perché lui era presente quando lo aveva visto ricoprirsi
d’oro e sconfiggere quell’inietto di Freezer, perito miseramente per colpa
delle sue stesse mani.
Gohan era fiero di suo padre e sapeva anche che la sua lontananza era dettata
dal fatto di migliorarsi sempre di più, perché era sicuro che si stesse
allenando su qualche pianeta sconosciuto imparando tecniche nuove.
In cuor suo non vede l’ora di poterlo riabbracciare e apprendere che cosa
avesse scoperto in quei mesi che se ne sarebbe stato lontano, ma ora doveva
occuparsi di sua madre.
Abbassò le tapparelle per farla riposare meglio facendo cadere il buio in
quella stanza, e prima di uscire le volse un ultimo sguardo amorevole.
“Non ti preoccupare, mamma. Papà tonerà presto da noi…fa tutto questo per
proteggerci, perché ci vuole bene” Sussurrò a mezze labbra mentre vedeva il
petto di Chichi abbassarsi ed alzarsi a ritmo lento.
*
Vegeta sferzò un pugno in direzione della parete di metallo incrinandola
appena.
Fortunatamente l’impronta lasciata dal suo colpo non danneggiò la
navicella, altrimenti avrebbe rischiato di venire sbalzato nello spazio più
nero e perire miseramente prima ancora di aver potuto vedere con i suoi occhi
il leggendario Super Saiyan.
Era in viaggio da parecchi giorni e i morsi della fame si stavano facendo
sentire.
Da quando aveva scoperto che il suo acerrimo rivale era vivo da qualche
parte e che sarebbe tornato solo quando lo avrebbe deciso lui, aveva preso la
navicella indicata da Bulma la sera precedente, senza
tanti saluti e lacrime d’addio, aveva preso il volo momentaneamente senza una
meta ben precisa con solo l’obiettivo preciso di trovarlo per vedere il
leggendario guerriero dorato.
Aprì la credenza scoprendola vuota, del resto il dott. Brief non si era
prodigato di rimpinguarla a dovere, in quanto nessuno era a conoscenza delle
intenzioni del principe, ovvero di partire senza nessun preavviso anche se il
sentore era nell’aria.
“Maledetto, Kakaroth!” Grugnì stringendo i
pungi e digrignando i denti così forte da farli stridere senza spezzarli o
scheggiarli.
La tentazione di dare un altro pugno alla lamiera super resistente era
molto forte oppure di liberare la sua rabbia sotto forma di energia, ma si
limitò solo a portare al massimo la gravità e continuare con gli allenamenti
scacciando via il pensiero dello stomaco che brontolava con la forte pressione
che gli stava scacciando le ossa.
“E’ sempre un passo avanti a me!” Mormorò tra una flessione e un’altra.
“Mentre io perdevo tempo con quei falliti, lui si stava allenando da
qualche parte prendendosi così gioco di me!” Vegeta aumentò il ritmo di
quell’esercizio abituandosi ormai alla gravità esercitata sul suo corpo.
“Crede di essere lui il più forte…ma si sbaglia!” Una goccia di sudore
cadde dalla sua fronte attraversandogli un occhio bruciandolo leggermente, costringendo
così il principe a chiuderlo e passarsi il dorso della mano su tutto il volto.
“Ti troverò Kakaroth, e ti sconfiggerò! Fosse
l’ultima cosa che farò.”
*
Vegeta aveva impostato come rotta per il viaggio le coordinate per arrivare
al pianeta Namecc, se voleva trovare Kakaroth doveva cominciare proprio da lì alla ricerca di
qualche indizio, sempre se i detriti di quel pianeta non si fossero
completamente sparpagliati per la galassia o disintegrati nell’esplosione,
com’era probabile che fosse successo.
Pensò a lungo a dove si poteva essere rintanato e a come era riuscito a
sopravvivere a quella deflagrazione devastante; l’unica che trovò di plausibile
era che fosse riuscito a scampare con la navicella di Freezer, ma la scartò
subito dopo perché gli era venuto in mente che lui stesso l’aveva messa fuori
gioco, e Kakaroth non sarebbe stato in grado di
ripararla in pochi secondi, nemmeno se Bulma fosse
stato lì con lui.
Doveva aver trovato sicuramente un altro modo, e nemmeno l’ipotesi di
essersi alzato in volo nello spazio aperto era logica, i saiyan
non potevano respirare nella galassia, sarebbe morto in pochi istanti.
Qualcuno doveva averlo aiutato, ma chi?
Non era rimasto nessun altro nel pianeta se non lui e Freezer.
Tutto quel pensare mentre vorticava a gravità altissima gli aveva fatto venire
un forte mal di testa, e la fame non aiutava per niente.
Scese fino a toccare il pavimento e spense quell’apparecchio infernale
tirando un sospiro di sollievo sentendosi più leggero.
Vegeta poi si diresse in plancia giusto per vedere a che punto fosse e se
sulla mappa interstellare fosse segnato qualche pianeta su cui fare
rifornimento di carburante e rifocillarsi a dovere, e perché no, magari anche
soddisfare qualche altro appetito.
“Ottimo! Pianeta Brower” Schiacciò il
pulsante di riferimento e di cambio rotta, tra un paio d’ore sarebbe atterrato,
meglio nel frattempo fare un pisolino per racimolare un po' di forze nel caso
gli servisse.
Ricordava bene quel pianeta, soprattutto per i bordelli e l’ottimo cibo,
c’era passato un paio di volte assieme a Nappa e Radish
quando era al comando di Freezer dopo la conquista di pianeti vicini.
Era stato Radish a scoprirlo e ogni volta che
poteva trascinava Nappa a soddisfare la loro lussuria, perché se c’era una cosa
che mancava alla base di Freezer era la compagnia femminile, quel tiranno la
riteneva una distrazione e una cosa non strettamente necessaria.
“Solo perché non l’ha mai provata!” Aveva sogghignato il fratello di Goku a
quello pelato una volta.
*
Chichi si era svegliata di soprassalto e avvolta nel buio più totale.
Smarrita, come un cucciolo abbandonata.
Il suo primo pensiero fu rivolto a Gohan, ed era
stato quello che l’aveva fatta alzare dal letto e scostare velocemente le
coperte per precipitarsi giù.
Trovò il figlio mentre ripuliva la cucina con scopa e paletta, i piatti e
le pentole perfettamente lavati ed asciutti riposti negli scomparti dedicati e
nel lavello qualche pesce che ancora di dimenava.
“Sei riuscita a riposare, mamma?” Le aveva chiesto appena la vide palesarsi
sulla soglia dell’ingresso della cucina.
Chichi si sentì un emerito disastro come madre mentre osservava quella
tenerissima scena; Gohan era riuscito a studiare, a
raccattare qualcosa per la cena e anche a sistemare il casino che aveva
combinato lei.
“Lascia, finisco io adesso. Grazie” Mormorò come un automa prendendogli la
scopa dalle mani con delicatezza in un sorriso tirato.
Nonostante avesse riposato molte ore, il suo viso era solcato lo stesso da
occhiaie e borse sotto gli occhi molto pronunciate, non le era bastato dormire
un po' per levarsi di dosso quella sensazione di inadeguatezza come madre e
moglie.
Lei doveva occuparsi di suo figlio e della casa, e non il contrario.
“Mamma…” La richiamò destandola dal suo compito costringendola a guardarlo
negli occhi colmi di tristezza. “…papà tornerà presto…adesso non può, si starà
allenando per diventare ancora più forte e proteggerci.”
Chichi strinse gli occhi lasciando cadere le lacrime che non era riuscita a
trattenere a dovere.
“…lui ci ama, e fa tutto questo per noi!” Continuò lui sperando che in quelle
sue parole riuscisse a trovare un po' di conforto per andare avanti e non
chiudersi più in sé stessa.
Sua madre era una donna forte e non aveva di certo bisogno di sentirselo
dire, perché lo sapeva benissimo, ma a volte, per comodità, preferiva fare l’egoista.
Chichi sospirò con il cuore che le moriva in gola e aprì un enorme sorriso al
figlio.
“Lo so tesoro…è solo che…” Alzò le spalle “…mi manca tuo padre.”
Gohan la guardò rimanendo ammutolito per un istante perché anche a lui suo padre
gli mancava da morire e anche se non lo avrebbe ammesso mai, era rimasto deluso
dalla decisione di Goku di rimanere dov’era.
“Anche a me!” E la strinse forte, dando alla madre una spalla su cui
piangere e sfogarsi.
*
Vegeta atterrò su quel pianeta semi sconosciuto e si diresse subito al
villaggio più vicino per fare scorta di cibo e carburante.
L’accoglienza non fu dei migliori perché gli abitanti avevano riconosciuto nel
saiyan la tipica uniforme dell’impero di Freezer,
temutissimo tiranno di tutta la galassia.
Al suo passaggio, continuavano a nascondersi e a sbarrare porte e balconi
di quelle piccole costruzioni, come se questo bastasse per fermare il principe,
solo quando arrivò in fondo alla via trovò un’aliena appoggiata sullo stipite
dell’ingresso della locanda.
“Ciao bel straniero, hai bisogno di aiuto?” Aveva chiesto con voce suadente
avvicinandosi a lui iniziando ad accarezzargli il corpo.
Vegeta non mosse un muscolo, ma si limitò a guardarla con sguardo torvo.
“Hai visito Kakaroth?” Grugnì.
“Mmm…si!”
Vegeta sussultò, possibile che l’imbecille fosse davvero passato di là?
Doveva assolutamente andare a fondo alla faccenda.
“Quanto tempo fa lo hai visto?”
L’aliena continuava a girargli intorno e a squadrarlo dalla testa ai piedi.
“Seguimi…ti farò vedere!” Entrò alla locanda seguita dal saiyan come un cagnolino, salì le scale di legno voltandosi
di tanto in tanto con fare voglioso, Vegeta non battè
ciglio, era chiaro che Kakaroth non si trovasse lì
fisicamente ora, ed era anche ben consapevole che cosa volesse quella
sgualdrina, ma nonostante tutto il principe l’assecondò, un po' di movimento
gli avrebbe solo giovato e rilassato momentaneamente.
L’aliena aprì una delle innumerevoli porte del piano superiore scoprendo un
letto matrimoniale semplice coperto da lenzuola candide.
“Allora? Vuoi dirmi dov’è Kakaroth?” Vegeta stava
perdendo la pazienza.
L’aliena si sdraiò sul letto ed iniziò a togliersi di dosso quei pochi
vestiti che la ricoprivano.
Aveva sembianze umanoidi e una pelle biancastra, gli occhi erano violacei e
le orecchie a punta.
Vegeta deglutì, ma non rimase impassibile al suo fascino, si spogliò anche
lui e le saltò sopra in un nano secondo.
“E’ proprio qui!” Rispose toccandogli il membro pulsante.
Vegeta le leccò il collo che le aveva fatto portare all’indietro tirandole
i capelli lunghi ramati, per poi passare al seno rotondo.
“Lo vedo…” Mormorò con voce roca entrando in lei dopo averla girata ed
iniziando a spingere, prima lentamente e poi sempre con più foga fino a liberare
in lei il regale seme.
Ma se c’era una cosa che il principe non sopportava era quello di essere
preso in giro, quando l’aliena fece per rivestirsi e chiedere il compenso
dovuto per la prestazione, Vegeta non ci mise molto ad alzare una mano e farla
sparire per sempre dalla sua vita per due motivi: il primo perché si era preso
gioco di lui e il secondo perché non poteva rischiare di mischiare la sua razza
con un’insulsa puttana.
*
Continua
*
Angolo
autrice:Ciao a tutti! Buon
inizio settimana a tutti. Oggi troviamo Chichi in
crisi depressiva, nonostante sia una donna forte ho pensato che comunque abbia
potuto avere un crollo emotivo, ma per fortuna c’è Gohan
a sostenerla e che capisce perché suo padre non ha voluto tornare.
Poi c’è Vegeta alla ricerca di Goku /Kakaroth…lo
troverà? XD
Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nel prossimo ci sarà
un momento Bulma e Yamcha
e…mi fermo qui per non rivelare troppo.
Un bacione a tutti e grazie per il supporto che mi date ogni volta.
Un paio di mani rugose appallottolarono quel foglio di giornale gettandolo
direttamente nel cestino che prontamente non venne centrato.
Batté poi i palmi delle mani sulla scrivania ribaltando il contenitore con
le penne e le matite sopra i progetti a cui stava lavorando; raffiguravano un
uomo e un groviglio di cavi disposti all’interno con logica, per un occhio
esperto s’intende.
“Quel vecchio senza cervello ha ricevuto un’onorificenza che sarebbe
spettata a me se solo il mio di progetto fosse stato pronto in tempo!” Grugnì a
denti stretti dando un pugno sulla superficie di mogano.
Tossì poi convulsivamente un paio di volte all’interno del fazzoletto
bianco sporcandolo di rosso.
Lo scienziato si pulì la bocca dall’eccesso di sangue e bevve un bicchiere
d’acqua tutta d’un sorso che levò via il saporaccio amaro e metallico che gli
era rimasto.
“Non ho più molto tempo…devo concludere la mia creazione” Il dott. Gero si
gettò a capofitto su quell’essere dalla forma umanoide con la cresta rossa,
prese cacciaviti, martelli, bulloni e la saldatrice ed iniziò a trafficare
all’interno del suo petto, sulla lamiera sinistra aperta spiccava il simbolo di
un fiocco rosso con le iniziali RR in bianco su uno sfondo completamente verde
fluo che fungeva da vestito.
Collegò poi un cavo alla base del cervello con la capsula bianca con sopra
inciso a caratteri cubitali in nero C-16 e pigiò un tasto sul computer per iniziare
la programmazione che sarebbe durata parecchie ore.
Quel cyborg era il primo modello fatto interamente da circuiti e metalli di
ogni genere, progettato per essere imbattibile, di solito il dott. Gero
prediligeva soggetti umani con circuiti al posto del cervello, molto più
affidabili rispetto alla tipologia su cui stava lavorando da mesi, ma più laboriosi.
C-16 avrebbe rivoluzionato le sorti dell’umanità e tutti nelle loro
fabbriche o ambiente domestico ne avrebbe voluto avere almeno uno, ma nel frattempo
quello che a lui interessava era sbarazzarsi di quell’essere umano che aveva
osato sconfiggere l’esercito del Fiocco Rosso anni addietro.
Il dott. Gero dopo la teatrale sconfitta si era rintanato in un laboratorio
tra le montagne non facile da localizzare, dove aveva continuato a condurre
esperimenti su esseri umani in contemporanea con le sue invenzioni da esporre
al mondo intero.
Ma il vecchio scienziato da un po' di tempo, era stato colpito da una
malattia che presto l’avrebbe condotto nell’altro mondo senza dargli alcun modo
di attuare la sua vendetta, se non creando dei cyborg programmati per uccidere
Goku a sangue freddo.
Gliene bastava uno, ovvero quello a cui stava lavorando attualmente.
Si stiracchiò mentre il computer stava installando i file per la sua
programmazione e scese nel laboratorio sotterraneo non prima di aver dato
un’occhiata alle altre due capsule bianche e vuote che avrebbero dovuto
contenere altri due soggetti.
*
Il sole era sorto da pochi minuti quando Yamcha aprì
gli occhi e con un movimento repentino trasse a sé la ragazza dai capelli
azzurri che gli dormiva accanto.
Il profumo di cocco dei suoi capelli lo avvolse e per farselo entrare più
in profondità dentro le narici aveva immerso la testa all’interno della chioma
azzurra inebriandosi di quell’essenza pura.
“Mmm…” Aveva mugugnato lei scrollando le spalle
perché voleva ancora dormire un altro po', quello che lui ovviamente non aveva
nessuna voglia di fare.
Yamcha era stato lontano da lei per troppo tempo, dai suoi baci e dalle sue
attenzioni, e per quanti Bulma in quei giorni che si
sono susseguiti alla sua resurrezione gliene avesse concessi, per lui erano
sempre troppo pochi.
Le passò una mano sulla schiena nuda facendola rabbrividire e anche
sorridere mentre si richiudeva sempre di più a riccio, per poi distendere le
gambe e voltarsi dalla parte del suo amante e stringerlo forte a sé.
Yamcha le baciò la testa e lei il petto muscoloso fino ad arrivare alle sue
labbra vogliose e carice di passione.
Non ci fu nemmeno bisogno che i due si spogliassero, perché già nudi dalla
sera precedente, Bulma lo portò sotto di sé e
divaricò le gambe per comodità non appena sentì qualcosa premere contro la sua
femminilità.
I baci da innocenti divennero sempre più audaci e bollenti, soprattutto
quando Yamcha con una spinta varcò la sua intimità
con ardore e delicatezza.
Bulma iniziò a muore il bacino a ritmo sincronizzando i movimenti coronati da
baci e singulti di ogni tipo che risuonarono nella stanza insonorizzata.
Le era mancato, indubbiamente.
Il cuore dell’azzurra batteva forte all’interno del suo petto e mille
emozioni diverse si susseguivano all’interno della sua testa concentrandosi con
più intensità quando entrambi raggiusero l’apice del piacere.
Yamcha rimase ancora qualche minuto abbracciato a lei, attendendo che il respiro
di regolarizzasse e le farfalle che gli erano scoppiate all’interno dello
stomaco scomparissero del tutto.
“Ti amo!” Le sussurrò all’orecchio con voce roca.
Bulma invece lo guardò negli occhi “E io amo te!” Riprese a baciarlo, perché non
ne aveva ancora abbastanza.
*
Il dottor Gero riemerse dal laboratorio sotterraneo tossendo mentre si
teneva al corrimano seguendo il segnale dall’arme che stava dando il computer.
Il suo sonno era stato interrotto da un’avaria improvvisa durante la
programmazione di C-16, mancava ormai poco e sperava che non ci fosse nessun
intoppo, perché anche la mancanza di trasmissione di un singolo file avrebbe
decretato il fallimento di quel progetto a cui stava lavorando da mesi.
Ma fortunatamente l’esperienza del vecchio scienziato si era rivelata
propizia, tanto da riuscire a recuperare l’avvio del sistema con pochi e
semplici passi, per lui ovviamente.
Ancora qualche altro minuto di stand-by e il cervello pieno di circuiti del
cyborg si sarebbe fritto e addio per sempre alla sua invenzione e ai soldi
impiegati per la sua realizzazione.
Lo scienziato però continuava ad osservare le altre due capsule bianche e
vuote mentre la sua mente malata macchinava qualcosa di sadico, ma che preferiva
lasciare come ultima opzione in caso C16 si fosse rivelato un disastro, continuando
a scrollare la testa per mandare via quei pensieri.
Basta, non voleva più agire così, anche se andava tutto a favore della
scienza.
Un bip incessante lo destò dai suoi pensieri, segno che il programma
di installazione aveva appena completato il suo lavoro.
Lo scienziato era pronto a mettere il moto quella macchina e attuare la sua
vendetta contro di Goku; tolse il grosso cavo nero con forza dalla sua nuca e
pigiò il tasto di accensione posto al difuori della capsula di contenimento.
Seguirono alcuni secondi di ansia e apprensione nell’attesa che il cyborg
aprisse totalmente gli occhi.
Il dottor Gero seguiva il tutto con la massima attenzione e preoccupazione
mentre in una mano stringeva il dispositivo di sicurezza, pronto per essere
premuto in caso di necessità.
Deglutì il nulla ed iniziò a tremare quando l’enorme cyborg gli puntò i
suoi occhi azzurri vuoti, in un primo momento.
“Ciao, C-16, sono il tuo creatore!” Esclamò scandendo bene le parole con il
cuore in gola, perché il timore che qualcosa durante la programmazione fosse
andato storto era più che lecita, e quell’ammasso di ferraglia dalla forma
umanoide non ci avrebbe messo tanto ad alzare il braccio destro e trivellarlo
di colpi se avesse codificato malamente una sua parola.
Il cyborg alzò la schiena mettendosi in posizione seduta senza proferire
nessuna parola ed iniziò a guardarsi attorno mettendo a fuoco i vari oggetti
passandoli a sistema per la cifratura.
Poi si soffermò sul volto del vecchio che gli stava parlando, non era
identificato come Goku, il computer aveva scannerizzato il profilo e indicato a
lato il contorno di un volto dai tratti più decisi e capelli dalla strana forma
di palma.
“Tu non sei Goku” Aveva detto con voce metallica alzandosi ed iniziando a
camminare verso la sua meta, spostando con il movimento della mano l’anziano
che cadde a terra ferendosi ad una gamba con una lamiera lasciata lì
distrattamente.
“FERMATI!” Gli aveva urlato tenendosi la coscia per evitare la fuoriuscita
ulteriormente di sangue.
“Devo uccidere Goku” C-16 sradicò la porta blindata gettandola poi giù da
una scarpata.
“SEI PAZZO! CHE COSA CREDI DI FARE!” Al vecchio erano schizzati gli occhi
fuori dalle orbite e la voce era diventata rauca a causa del troppo strillare.
“Goku!” Continuava a ripetere come un automa senza dare peso alle parole
del suo creatore che a breve avrebbe avuto sicuramente un infarto.
Il dottor Gero tossì di nuovo imbrattando di sangue la capsula bianca, si
sentiva stanco e spossato, ma non poteva lasciare quell’ammasso di ferraglia
libero di scorrazzare tra le montagne alla ricerca di Goku, non senza la sua
guida, chissà che disastri avrebbe causato nel frattempo.
Ma quando C-16 si soffermò ad osservare il panorama mozzafiato che si
stagliava davanti a sé, ebbe un tuffo al cuore e i suoi tratti da duri
divennero in pochi secondi rilassati e sorridenti.
Un piccolo uccellino si posò sulla sua enorme spalla sinistra, forse
scambiata per un ramo in fogliato visto il colore verde brillante della sua
lamiera.
C-16 lo guardò e di rimando l’uccellino rosso cinguettò felice prima di
svolazzare di nuovo libero attraverso l’aria fresca della montagna senza una destinazione
precisa.
Sorrise.
Un cyborg programmato da zero poteva provare emozioni?
Il dottor Gero rimase sbalordito da quello a cui aveva appena assistito,
lui aveva progettato quella macchina per distruggere e non per ammirare la
natura, lo scienziato era convinto che avrebbe stritolato quel volatile con una
mano sola.
Si avvicinò quatto quatto alla sua creazione e quando vide che la sua gamba
stava sanguinando, il cyborg si inginocchiò e medicò quella ferita come poteva,
ovvero strappare un lembo di tessuto dal camice del suo creatore ed avvolgerlo
attorno alla coscia.
“Noi due conquisteremo il mondo intero.” Gli disse con fermezza.
“Perché dovremo fare del male a delle creature innocenti se il solo
obiettivo è Goku?” Chiese mestamente l’androide volgendo poi lo sguardo al
panorama.
“Perchè dopo di Goku ne arriveranno altri e
dovremo essere pronti ad ogni evenienza.”
C-16 analizzò i dati all’interno del suo sistema riscontrando come unico
scopo quello di annientare colui che anni addietro aveva messo fine all’impero
dell’esercito del Fiocco Rosso.
“Mi dispiace, ma non posso fare quello che dici tu.” Fece spallucce l’omone
dalla cresta rossa.
“COME SAREBBE A DIRE????” Strabuzzò gli occhi l’anziano scienziato.
“Mi hai programmato tu così.” Disse con naturalezza.
Il dottor Gero doveva fare subito qualcosa e rimettere le mani su
quell’androide prima di decretarlo un fallimento, del resto sapeva che la
possibilità di insuccesso era più alta rispetto a dei modelli umani con solo
circuiti al posto del cervello.
Una macchina era programmata per un obiettivo specifico, in quel caso C-16
era stato creato solo per liberarsi definitivamente di Goku, quindi avrebbe
dovuto fare alcune modifiche al CD di installazione, ma questo avrebbe portato
via ulteriore tempo allo scienziato, tempo che assolutamente non aveva.
Il dottor Gero doveva prendere ora una difficile decisione: smaltire
quell’ammasso di ferraglia e di conseguenza lavorare sulla sua idea iniziale,
oppure mettere in stand by l’androide in attesa di trovare una soluzione per la
sua riprogrammazione.
In ogni caso avrebbe dovuto decidere in fretta.
*
“Ti va se andiamo fuori a cena questa sera?” Chiese Yamcha
a Bulma mentre quest’ultima ultimava la messa in
opera di un robot super sofisticato.
“Si, certo!” Cinguettò lei giuliva rimettendo a posto il cacciavite a
stella dopo averlo pulito dall’olio nero in eccesso.
“Ho in mente qualcosa di speciale per noi due.” Le disse infine
avvicinandosi al suo volto per stamparle un bacio a fior di labbra.
Il cuore di Bulma ebbe un sussulto, che
finalmente fosse arrivato il momento?
Anche se non gliene aveva ancora parlato, l’azzurra stava progettando di
lasciare la casa dei genitori per iniziare una convivenza con il suo ragazzo,
solo loro due da soli, ormai era arrivato il momento dopo tanti anni di
frequentazione e il periodo di pace che si stavano preparando a vivere.
Dopo i saiyan e Freezer, Bulma
pensava che non esistesse nessun altro nella galassia in grado di disturbare la
loro quiete, ora che Goku era diventato più forte di loro, sarebbe stato in
grado di proteggere la Terra, e poi Yamcha si era
allenato duramente sul pianeta di Re Kaioh nell’al di
là.
Quello che però Bulma ignorava erano le vere
intenzioni del suo fidanzato.
*
Continua
*
Angolo
autrice:Ciao a tutti! E Buon
lunedì! Con quello di oggi si conclude quello che possiamo chiamare un prologo,
infatti più o meno ho dato un’infarinatura generale sugli argomenti che
tratterrò, sperando di riuscirci senza fare casino o creare incongruenze XD
*
Un piccolo riassunto su
cosa vedremo:
-Goku su Yardrat;
-Vegeta che lo cercherà per tutta la galassia;
-La travagliata storia d’amore tra Bulma/Yamcha e Vegeta;
-I cyborg, o meglio la loro realizzazione (e qui ci
tengo a precisare che non ho affatto rubato l’idea a Darkwinter,
ma circa dieci anni fa avevo già scritto una storia come la sua, i veterani
forse ricorderanno la storia “E divennero cyborg”, che purtroppo è
andata persa insieme al mio vecchio profilo);
La serata tra Bulma e Yamcha
era trascorsa tranquilla.
Il terrestre aveva prenotato un tavolino per due in un tranquillo
ristorantino in centro città, elegante, intimo e adatto a loro.
Bulma cercava in tutti i modi di estorcere informazioni al suo fidanzato circa
le sue reali intenzioni con allusioni e girandoci sempre intorno, ma Yamcha sembrava molto abile nel fare lo gnorri, e questo
indispettiva la sua fidanzata di parecchio, la quale era già pronta nel versare
tutte le lacrime di gioia per l’imminente proposta di matrimonio, susseguita
dall’arrivo della sua prole, perché Bulma voleva
almeno un paio di marmocchi da viziare e anche perché l’orologio biologico
iniziava ad andare avanti, o semplicemente era arrivato il momento per
costruire qualcosa di concreto per il futuro.
“Allora? Vuoi dirmi qual è questa sorpresa?” Gli chiese avvicinando un
calice di bollicine al suo con aria seducente.
Yamcha si strozzò con la sua stessa saliva mentre portava il bicchiere alla
bocca.
“Sei sempre stata troppo curiosa…lo vedrai…la serata non è ancora
terminata.” Le strizzò un occhio e Bulma si rilassò
un attimo convinta che prima o poi avrebbe tirato fuori dalla tasca interna
della sua giacca blu una scatoletta di velluto.
“Colpa della mia eterna voglia di sapere…sono una scienziata ed essere
curiosi è una mia priorità, mi dovresti conoscere bene.”
“Si, infatti, ti conosco bene!” Rispose sornione.
*
L’ora era tarda, circa l’una di notte quando il dottor Gero si arrese,
spegnendo definitivamente il cyborg C-16 digrignando i denti dalla rabbia.
Eppure non capiva cosa avesse sbagliato e cosa c’era che non andava in lui,
forse qualche circuito difettoso o inceppato, ma la diagnostica del computer
risultò perfettamente funzionante e priva di bug.
Proprio non riusciva a capacitarsene della sua sconfitta che dovette uscire
in piena notte per schiarirsi le idee, prese il velivolo e di diresse verso la
Città Dell’Ovest.
In ogni caso non sarebbe riuscito a chiudere occhio.
“Maledetto ammasso di ferraglia arrugginito” Grugnì mentre chiudeva il
portellone del laboratorio pieno di rabbia e avviava il motore pigiando il
bottone di accensione sfrecciando a tutta velocità giù per quello strapiombo
nero come la pece.
Sbuffò a lungo lo scienziato mentre parcheggiava aeromobile nei pressi di
un vicolo vicino ad un locale ancora aperto.
Una bevuta lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, anche se le condizioni
sue di salute non erano delle migliori.
Aprì la porta nello stesso istante dell’uscita di due ragazzi.
Una era alta, bionda e bellissima, indossava un vestitino grazioso azzurro
cielo come i suoi occhi e sopra le spalle un giubbetto di jeans.
Il ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi azzurri, indossava un paio di
jeans e una polo arancione.
Tutti e tre si scrutarono per qualche secondo in maniera strana, poi fu la
ragazza a parlare per prima.
“E tu che vuoi, vecchio?” Chiese la ragazza bionda in modo riluttante
portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Dai, andiamo Lazuli, non vedi che è solo uno che
vuole farsi un drink in santa pace?” Disse in tono arrendevole il ragazzo che
era con lei.
“Che insolente, se sapessi chi sono io non ti rivolgeresti a me in quella
maniera altezzosa e cinica.” Incalzò lo scienziato.
Lazuli si scrollò di dosso la mano che il fratello le aveva messo sulla spalla
per richiamarla a sé.
“E sentiamo…chi saresti?” Si avvicinò al suo viso rugoso con tono di sfida.
“Forza Lazuli, hai bevuto un po' troppo per
questa sera, lascialo stare.”
“Io sono un brillante scienziato e…”
“Ok, ok…” Il ragazzo mise un braccio attorno alle spalle del vecchietto
conducendolo un po' lontano “…senti, mia sorella ha appena avuto una brutta
lite con il suo ragazzo e ha bevuto un po' troppo, io la sto solo riportando a
casa dopo che mi ha chiamato piangendo disperata. Ora se non ti dispiace, io
dovrei alzarmi presto domani, ho un importante esame, quindi… entra e fai finta
di non averci mai visto, ok?” Ammiccò il giovane.
Il dottor Gero digrignò i denti, non era certo tipo di farla passare liscia
a dei ragazzini sfrontati, soprattutto non dopo una giornata come quella, ma
per quieto vivere preferì lasciare andare.
Ma quando quei due attraversarono la strada distrattamente, mentre Lapis
urlava alla sorella di stare attenta a due fari che si avvicinavano alla
velocità della luce, sul volto dello scienziato si materializzò un ghigno
sadico, forse aveva appena trovato chi poteva riempire quelle due capsule
bianche vuote e ancora anonime.
*
“STAI SCHERZANDO SPERO!” Sbottò Bulma uscendo dal
locale dalla luce soffusa rossa per le troppe lanterne appese al soffitto.
“Dai Bulmina non essere arrabbiata” La
inseguì Yamcha allungando il passo perché lei lo
stava facendo col suo lasciando il suo fidanzato qualche metro più distante.
“UNO SPETTACOLO DI DRAG QUEEN! Ma sei serio?” Si arrestò di colpo facendogli
sbattere quella faccia da deficiente che si ritrovava contro la sua schiena “E
NON CHIAMARMI BULMINA!”. Precisò indurendo ancora di più lo sguardo.
Yamcha sospirò, non riusciva proprio a capire perché la sua fidanzata inveiva
contro di lui in quella maniera, eppure sapeva benissimo quanto a Bulma piacessero spettacoli simili, quei lustrini, quelle
parrucche e persino gli abiti che considerava sempre meravigliosi.
“Perché fai così? Si può sapere che cosa ti è preso?” Provò a chiederle.
Bulma incrociò le braccia sotto il seno e si voltò dalla sua parte, stava per
vomitagli addosso di tutto, ma quello che riuscì a dire invece fu solo un
misero ‘niente’.
“Niente? Tutto qui!” Si meravigliò Yamcha
guardandola stranito.
“Si, niente! Perché? Secondo te ho qualcosa?” Continuò lei.
Yamcha le volse uno sguardo tra lo sbigottito e il sorpreso, ma era inutile
continuare a chiederle spiegazioni, se Bulma si era
messa in testa di tenerseli per sé i suoi segreti lo avrebbe fatto.
“No, no…era così…per dire!” Fece spallucce dandogliela vinta, di nuovo.
“Andiamo a casa, Yamcha” Lo disse in tono più
delicato, ma allo stesso tempo seccato e si sentì una stupida perché pensava
che Yamcha fosse finalmente pronto a compiere il
grande passo, ma evidentemente si sbagliava, oppure semplicemente il terrestre
aveva bisogno di altro tempo per riprendere in mano la sua vita dopo aver
trascorso svariati mesi nell’al di là, e forse era per questo che invece Bulma pensava seriamente al suo futuro.
Nonostante ci fossero delle sfere magiche a loro disposizione, la vita era
troppo breve per perdersi in cose frivole e inutili.
Yamcha prese delicatamente la mano di Bulma facendole
battere il cuore molto velocemente e dalla sua espressione anche quello del
fidanzato stava accelerando i battiti.
“Senti, Bulma…io non sarò il fidanzato perfetto,
però, ho accanto a me la persona che amo di più al mondo.” La guardò negli
occhi riscoprendoli di un blu intenso.
“I-io…voglio scusarmi per aver urlato, ma vedi…io…” Si fermò perché non era
quello il momento per confessargli che cosa credeva che succedesse in quella
serata d’estate, una volta a casa, forse tra qualche giorno ne avrebbero
parlato con più calma, e magari sarebbe stata lei a fargli la proposta “…io
credevo mi avresti portato in un altro posto.” Disse spicciola d’un fiato.
“Uh! E dove?”
“Non lo so…non immaginavo di certo ad uno spettacolo di Drag Queen” Gli
sorrise cominciando a camminare percorrendo il marciapiede e la via che li
avrebbe condotti a casa di Bulma.
“Volevo un po' svagare e ridere.”
D’un tratto Bulma si sentì un’emerita scema,
perché non aveva tenuto conto che Yamcha voleva solo
tornare alla normale vita che conduceva, lontano dalla desolazione e dagli
allenamenti intensivi a cui si era sottoposto in quei mesi.
“Hai ragione, non ho ten…” Il rumore di gomme che
stridevano sull’asfalto e le urla che provenivano dalla via dopo l’aveva
interrotta da quello che stava per dirgli, costringendo entrambi in una corsa
sfrenata per vedere che cosa stesse succedendo.
Videro solo una macchina nera sfrecciare via a grande velocità che aveva
una pacca sul cofano, e se gli occhi non gli stavano giocando un brutto
scherzo, anche una striscia di sangue sul parabrezza, che prontamente il
conducente lavò via con un po' d’acqua azionando il tergicristallo.
Bulma rabbrividì, doveva essere successo per forza qualcosa di molto brutto, ma
quando entrambi con il cuore in gola arrivarono nell’ipotetico luogo
dell’incidente non vi trovarono niente e nessuno.
Solo dopo il loro arrivo poco distante dall’unico locale aperto sulla via,
cominciarono a uscire di corsa i clienti abituali rimasti per accertarsi che
nessuno si fosse fatto male.
“Come state? Tutto bene?” Gli domandò un ragazzo accorso un po' brillo ai
due fidanzati.
“S-si…ma siamo solo corsi per vedere se fosse successo qualcosa, ma non
abbiamo visto niente.”
“Ah!” Si limitò a dire il giovane per poi andarsene credendo di essersi
immaginato tutto.
Bulma e Yamcha continuavano a guardarsi attorno
spaesati e non capivano che cosa stesse accadendo, avevano sentito le ruote
stridere sull’asfalto, le urla, la macchina imbrattata di sangue e nel luogo
non c’era nulla, tranne che delle persone incredule che avevano avvertito i
medesimi ed inequivocabili rumori.
*
Il dottor Gero tirò un sospiro di sollievo quando arrivò al suo laboratorio
nascosto tra l’oscurità delle montagne.
Probabilmente se non avesse avuto con sé la sua invenzione, non sarebbe
stato in grado di raccogliere i corpi dei due giovani privi di conoscenza e
stivarli all’interno del velivolo in maniera lesta.
“L-lapis!” Mormorò la bionda aprendo a fatica gli occhi, per poi chiuderli
subito dopo essere stata investita dalla luce forte e bianca della lampada al
neon proprio sopra la sua testa.
Lazuli cercò di togliersi con le poche forze quella maschera trasparente che le
opprimeva la faccia, ma che le dava anche modo di respirare senza annaspare.
Il dottor Gero si avvicinò a lei che sussultò perché riconobbe in quel
medico, l’uomo che li stava importunando un attimo prima.
“Stai tranquilla cara, tra un po' sarà tutto finito.” Lo scienziato pigiò
dei tasti nel computer posto a lato.
“Dov’è, Lapis? Dov’è mio fratello?” Chiese mormorando mentre la sua voce
echeggiava all’interno di quel dispositivo.
Lazuli sentiva un dolore atroce attraversarle tutto il corpo e il fiato
diventarle sempre più corto.
La vista iniziava anche ad annebbiarsi mentre sentiva la vita scivolarle
via tra le dita, ma prima di chiudere gli occhi per sempre, poté sentire
ovattato, ma indistintamente le parole “E’ morto!” mentre quello schifoso
le accarezzava i capelli con le dita rugose e fredde.
*
Continua
*
Angolo
autrice:Ciao a tutti e come
sempre vi auguro un buon lunedì! Un altro capitolo dedicato a Bulma e Yamcha dove scopriamo che
cosa aveva in mente il terrestre.
Poi finalmente facciamo la conoscenza di Lapis e Lazuli,
ovvero i futuri e temibili C-17 e C-18 (p.s. nella
mia vecchia long si chiamavano invece Marron e Lith,
questa volta ho voluto cambiare visto che Toryhama ci
ha svelato il loro vero nome XD)
Colgo l’occasione per ringraziarvi per i messaggi che mi mandate ed i
pareri che mi lasciate sotto ad ogni capitolo, ma ringrazio anche chi legge in
silenzio e chi continua ad inserire la storia tre le PREFERITE, SEGUITE e
RICORDATE.
Goku dormiva ancora beatamente e profondamente quando Juth
lo andò a svegliare di soprassalto.
Stava sognando la sua famiglia e il sorriso che aveva mentre russava
sonoramente, ne era la prova.
Gli mancava molto, questo era innegabile, soprattutto suo figlio Gohan che ora teneva in braccio e lo faceva volare come un
aeroplano.
“Più in alto, papà” Continuava a ripetergli con la sua voce cristallina e
innocente mentre un invitante profumino proveniva dalla cucina dove Chichi era intenta a preparare il pranzo.
Ma, ahimè, tutte le cose belle alla fine svaniscono, in particolare quella
in una nube di fumo sul momento più bello.
Non stava succedendo niente di speciale, ma il saiyan
era in ritardo per l’allenamento mattutino.
“SVEGLIAAAAA!” Urlò lo yardratiano spalancando rumorosamente la porta di legno
povero color lilla, facendo capitombolare il povero Goku giù dal letto di
faccia per lo spavento.
“Che succede?” Chiese con la bocca impastata dal sonno mentre si passava
distrattamente una mano sulla faccia per poi massaggiarsi la fronte dove stava
per comparire un bernoccolo.
“Sei in ritardo!” Lo rimbeccò il piccoletto con sguardo torvo e severo
portandosi le mani dietro a schiena.
Goku si alzò dal pavimento e di ripulì dalla polvere in eccesso “Uffa!”
“E’ tutto qui quello che hai da dire? Cioè lamentarti?”
“Stai imparando bene la lingua, sei riuscito a fare una frase di senso
compiuto.”
“Non cambiare argomento!” Juth incrociò le
braccia sul petto in segno di dissenso.
“Quanto la fai lunga!” Goku nel frattempo era riuscito a vestirsi con quei
ridicoli abiti tipici di quello strano pianeta e a seguire il suo maestro
temporaneo un po’ fuori dal villaggio.
“Ah, Goku!” Esordì Juth serio “…la tua navicella è stata riparata, quindi quando vorrai
potrai lasciare questo pianeta.”
“Mi stai forse cacciando?” Chiese incredulo facendo scoppiare in una
fragorosa risata lo yardratiano.
“No, assolutamente no. Anzi, dopo che l’ultima volta ci hai aiutato con
quegli invasori non vorremo che te ne andassi mai!” Rispose seriamente.
Goku tirò un labbro mentre eseguiva gli esercizi di riscaldamento “Non
erano poi così forti, se aveste usato le vostre tecniche speciali sono sicuro
che li avreste battuti”
“Si, ma tu ci hai messo poco a liberati di loro!”
“Solo perché volevo tornare presto ad allenarmi.”
“Hai nostalgia di casa? Del resto hai detto che appena avresti appreso la
tecnica del teletrasporto te ne saresti andato.”
Goku sospirò volgendo lo sguardo al cielo, del resto non stava male in quel
pianeta, e il saiyan era più che sicuro che se si
fosse intrattenuto più del dovuto, avrebbe potuto imparare molte altre tecniche
utili, ma per quanto il suo essere un guerriero saiyan
gli stava dicendo di rimanere lì, il suo lato terrestre ereditato in anni di
permanenza sul pianeta Terra, gli diceva che prima o poi avrebbe dovuto
ritornarci.
“Un po’, sì” Disse mordendosi il labbro inferiore “…più
che altro mi manca la cucina di mia moglie.”
Juth assottigliò gli occhi in segno di offesa
“Vuol dire che non ti diamo cibo buono?”
Goku gesticolò con le mani in avanti mentre una goccia di sudore che gli
scendeva giù dalla tempia lo avvisava di stare esagerando.
Se c’era una cosa che Goku aveva imparato in quei mesi, era che quello
strano popolo era molto suscettibile.
“Ma, no, ma no, il vostro cibo è ottimo!” Il saiyan
si voltò per imitare un conato di vomito senza essere visto.
“Bene…allora continuiamo” Juth
si portò due dita sulla tempia e sparì davanti agli occhi di Goku che lo imitò
nel gesto, per poi comparire in una frazione di secondo davanti a lui con un
enorme sorriso di soddisfazione.
“Bravissimo, Goku! Ottimo lavoro” Lo elogiò come si fa con un bambino che
ha eseguito senza alcuna pecca, un comando, senza battere le mani però.
“Grazie, ormai sto imparando bene questa tecnica.”
“Si, la base l’hai imparata, quindi è giunto il momento per lo step successivo.”
“Cioè?” Chiese strabuzzando gli occhi.
*
Goku
si sarebbe aspettato di tutto, ma non di certo di prendere la monoposto con la
quale era arrivato il saiyan su Yardrat
per atterrare in un pianeta sconosciuto con la sola scusa di provare che tutto
funzionasse a dovere.
Goku
e Juth erano giunti su quel pianeta deserto che
ricordava vagamente la Luna.
Molti
crateri e un ambiente sterile si ergevano su tutta la superficie, nessun albero
o forma di vita compariva davanti a loro.
Juth aprì il
portellone e capitombolò giù di faccia mentre Goku uscì dopo di lui annaspando.
“Perché
caspita di motivo mi hai spinto?” Berciò il piccolo alieno viola pulendosi il
volto dalla polvere stellare e anche i vestiti che si erano imbrattati da una
sostanza trasparente e vischiosa, ad una prima occhiata sembrò bava di lumaca
gigante, proprio quelle che popolano le sue foreste.
“Che
schifo!”
Si ritrovò a pensare e non capiva perché la specie femminile del suo pianeta lo
riteneva un elisir di bellezza.
Juth pulì come
meglio poté quella sostanza sulla superficie delle rocce calcaree grigie, poi
alla fine preferì i vestiti di un ignaro Goku che si stava guardando attorno
spaesato.
“Scusami,
ma come possiamo allenarci qui?” Chiese con aria interrogativa cercando di
percepire una qualsiasi forma di vita, anche la più minuscola.
“Non
ho incluso me nell’allenamento, io adesso me ne vado e tu devi trovarmi.”
Goku
sobbalzò all’indietro e spalancò gli occhi, l’idea di venire abbandonato in
quel pianeta deserto, senza cibo e acqua non lo allettava affatto, anzi, al sol
pensiero lo stomaco gli si stava contorcendo dalla fame, eppure poche ore prima
aveva ingurgitato una grande quantità di cibo che avrebbe sfamato il pianeta Yardrat per giorni.
Ingordo!
Forse
era a causa del suo appetito che era stato bandito da quella stella, infatti,
da quando il saiyan si era stabilito sulla sua
superficie, gli addetti alla cucina avevano sempre un gran da fare per
soddisfare la sua fame che sembrava non finire mai.
“Scusa,
ma come faccio? Non è che hai una grande forza te.” Constatò senza usare mezzi
termini.
Non
aveva il timore di rimanere lì per sempre, perché sapeva che in un modo o in
un’altra se la sarebbe cavata e ne sarebbe uscito come sempre vincitore, la sua
preoccupazione era proprio rimanere senza cibo, e quello sarebbe stato un
grossissimo problema. Le rocce non erano commestibili.
“Sono
sicuro che prima o poi ce la farai.” Juth entrò nella
monoposto stiracchiandosi anche, perché ora l’abitacolo era più spazioso
rispetto a prima, Goku con la sua mole imponente l’occupava quasi tutta.
“Mi
dai un po' di cibo?” Chiese piagnucolando come un bambino.
Juth strabuzzò gli
occhi, incredibile come quel saiyan pensasse
costantemente al cibo in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione si
trovasse.
Però
questa sua richiesta, Juth la tramutò in un pretesto
per svolgere al meglio il suo compito e in quel frangente, quando ebbe
quell’illuminazione, l’alieno tirò un labbro in un sorriso.
“Il
cibo lo troverai una volta che sarai su Yardrat, non
ne ho portato con me.” Decretò chiudendo il portellone velocemente.
“E
se non dovessi tornare?” Piagnucolò in ginocchio, ma quelle parole non
arrivarono mai alle orecchie dello yardratiano,
perché Juth avviò i motori e partì alla velocità
della luca in direzione di casa, lasciando Goku solo
in quel pianeta.
Ma
Goku non si perse d’animo, non lo faceva mai, si tirò su le maniche,
metaforicamente parlando, ed iniziò una sessione di allenamento giusto per
abituare i muscoli a quella gravità che improvvisamente lo aveva costretto a
terra, forse era per questo che lo yardratiano
se ne era andato a gambe levato, proprio per evitare di finire con la faccia a
terra e schiacciato dalla nube che aveva appena avvolto quella stella.
*
Vegeta
proseguiva il suo viaggio alla ricerca del super saiyan
della leggenda setacciando minuziosamente pianeti di grandi e piccole
dimensioni, con grande tenacia, ma anche con grande rabbia dentro di sé per non
essere riuscito nell’impresa prima di quella inutile terza classe.
La
voglia di battere i pugni sopra la consolle di comando era molto forte, ma
sapeva bene che se lo avesse fatto avrebbe mandato in tilt il sistema di
comando della navicella in cui si trovava danneggiandola irrimediabilmente, e
il prossimo pianeta distava qualche giorno, mesi se fosse riuscito in qualche
modo a manovrare quel rottame spento e a condurlo su quella superficie.
E
non era detto fosse popolato e che quindi in qualche modo qualcuno lo potesse
aiutare nella riparazione.
Lui
non era un meccanico o uno scienziato, lui era un mercenario sanguinario, ma se
si presentava l’occasione riusciva a svolgere dei lavoretti piccoli di
meccanica e a portare la navicella a destinazione.
Vegeta
sbuffò e digrignò i denti, ancora qualche ora e avrebbe raggiunto il luogo dove
prima si trovava il pianeta Namecc, meglio allenare i
muscoli per passare il tempo, anche per tenersi pronto nel caso in cui si fosse
trovato faccia a faccia con il rivale.
*
Juth era sdraiato
sul prato tra i soffici fili d’erba mentre attendeva l’arrivo di Goku.
Ormai
erano settimane che provava e riprovava la tecnica del teletrasporto, ed
ultimamente era riuscito ad eseguirla alla perfezione, perché allora non alzare
la posta e il grado di difficoltà?
Ma
forse per lo yardratiano era un modo per
scrollarselo via di dosso per un po'.
Non
aveva lasciato Goku in un punto molto lontano, anzi, se si fosse concentrato a
dovere, avrebbe potuto scorgere la sua forza spirituale, Juth
percepiva la sua indistintamente.
Era
chiaro che si stava allenando fisicamente, anche perché lo yardratiano
conosceva bene la nube che aleggiava in determinati momenti su quel pianeta,
una volta aveva rischiato di venire schiacciato dalla pressione.
Il
saiyan non avrebbe corso quel rischio, lui era forte
e vigoroso, l’unica incognita che rimaneva era quando sarebbe ritornato al puto
di partenza.
*
Vegeta
si passò una mano sulla faccia per togliere il sudore in eccesso quando una
voce metallica annunciò l’imminente arrivo sul pianeta Namecc,
o meglio, di quello che ne rimaneva.
Guardò
fuori dall’oblò e vide in lontananza un ammasso di detriti che ardevano ancora,
vorticare in cerchio in una traiettoria perfetta.
Poi
d’un tratto il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti scorgendo un’aura che
avrebbe riconosciuto tra mille.
Kakaroth.
Lo
aveva trovato, e non era un miraggio.
Vegeta
si precipitò in plancia e controllò minuziosamente tutte le carte interstellari
installate sulla memoria della navicella, oltre a comparire ancora il pianeta Namecc, nelle mappe erano segnati un paio di pianeti che
conosceva di fama, ma che non aveva mai esplorato perché a detta di Freezer
erano pianeti ostili alla vita e di conseguenza sterili, non valevano niente e
non sarebbero stati utili a nessun scambio.
Ma
qualcosa diceva a Vegeta di avvicinarsi e controllare, magari nell’esplosione
il citrullo è balzato così lontano da finire lì.
Quello
che balenò in testa al principe fu la consapevolezza che se i pianeti in
questione fossero stati realmente privi di vita, Goku non avrebbe potuto sopravvivere
così a lungo, ma ormai era in ballo e l’unica cosa che gli rimaneva era proprio
ballare.
Impostò
la rotta ed aumentò la velocità, anche se questo avrebbe comportato un
dispendio superiore in fatto di consumi, poco importava se la posta in gioco era
raggiungere Kakaroth.
L’aura
di Kakaroth era sempre più forte, presto lo avrebbe
raggiunto, la percepiva alla perfezione da quel pianeta grigio, molto simile
alla luna, la mappa gli dava solo il nome di B612.
Una
scarica elettrica gli percorse la spina dorsale, presto sarebbe stato faccia a
faccia con il super saiyan leggendario e lo avrebbe
affrontato.
Oh
si se lo avrebbe fatto, perché lui era il principe di tutti i saiyan e un sovrano che si rispetti non si tirava mai
indietro, anzi, la consapevolezza di affrontare la famigerata leggenda, lo
eccitava parecchio.
Vegeta
si umettò le labbra con la lingua, presto avrebbe assaporato la vittoria e
questa volta non se ne sarebbe di certo andato con la coda tra le gambe come
aveva fatto l’ultima volta, anche se in quell’occasione l’unico segno tangibile
che lo poteva ricondurre alle sue origini di saiyan,
era stato tagliato da un insignificante terrestre.
L’aura
di Kakaroth si era intensificata, non la stava
sognando.
No.
Era
lì.
Vegeta
non aspettò nemmeno che il portellone si aprisse del tutto per saltare e
correre verso di lui, ma quando aggirò il cratere, non vide nulla e l’aura di Kakaroth era improvvisamente sparita del tutto, lasciandolo
con un pugno di mosche in mano.
*
Juth sobbalzò quando
Goku apparve improvvisamente davanti a lui spaventandolo a morte.
Era
talmente in pace con sé stesso da dimenticarsi di aver lasciato il suo ospite su
quel pianeta.
“Ciao,
eccomi qui” Sorrise lui agitando una mano.
“Mi
hai fatto prendere un colpo!” Incalzò lui tenendosi una mano all’altezza del
cuore “…in ogni caso, devo farti i miei complimenti.”
“Sono
stato bravo? Ora posso avere il mio cibo?” Chiese quando lo stomaco gli
brontolò per l’ennesima volta.
Juth sbuffò
ripromettendosi che la prossima volta lo avrebbe lasciato su una stella molto
più distante.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:ehm…ciao! Scusate
davvero per la prolungata assenza e spero vivamente di ricominciare con gli
aggiornamenti regolari, almeno una volta a settimana, ma non posso
promettervelo a causa di una serie di circostanze che non sto qui ad annoiarvi.
Quello che dovete sapere però è che non abbandonerò
la storia e che prima o poi vedrà una fine.
Io come sempre vi ringrazio per tutto il vostro
sostegno e spero mi farete sapere che cosa ne pensate.
Mannaggia, oggi Vegeta lo aveva quasi preso XD Gli è
andata male e Goku è riuscito finalmente a fare un balzo in avanti, tele
trasportandosi da un pianeta all’altro.
Vegeta
non poteva essersi sbagliato, perché la sua aura era ancora presente in quel
pianeta. La percepiva forte e chiaro.
Come
avvertiva dentro di lui la rabbia per esserselo fatto scappare, ma come aveva fatto?
Vegeta
non aveva visto nessuna navicella lasciare quel posto, a meno che non sia
decollata mentre lui si stava preparando ad uscire dal portellone principale,
ma anche il quel caso avrebbe visto l’astronave prendere il volo.
Ma
anche quell’ipotesi non reggeva, in quanto sembrava che l’aura del super saiyan della leggenda fosse svanita in un nano secondo, e
la cosa non era affatto possibile.
Il
principe si guardò attorno in cerca di qualche indizio più concreto per
avvalorare la sua tesi e per essere sicuro di non stare impazzendo, ma l’unica
cosa che vide fu una roccia a punta che assomigliava incredibilmente alla sua
testa; non perse tempo e la disintegrò con un calcio rilasciando nell’aria del
pulviscolo grigiastro.
“Me
la pagherai, Kakaroth!” Digrignò i denti e serrò i
pugni.
Gli
occhi di Vegeta erano iniettati di sangue e non è da escludere che se in quel
momento, Goku avesse fatto magicamente la sua comparsa, sarebbe stato
disintegrato dalla follia omicida del suo simile.
Dalla
foga prese a calci e pugni qualsiasi cosa gli venisse a tiro, non importava che
si trattasse di una roccia minuscola o di una montagna altissima, Vegeta doveva
sfogare tutto il suo risentimento in qualche modo.
Ansimante
e tutto ricoperto di polvere di roccia, salì sulla navicella e se ne andò, non
prima però di aver danneggiato irreparabilmente il nucleo di quella stella con
un kiblast.
La
vide brillare qualche attimo dopo, lasciando in quello spazio infinito un altro
buco e un ulteriore incongruenza nelle mappe interstellari di chi capitava per
quelle rotte di navigazione.
*
Goku
si stava rifocillando a dovere nell’enorme sala da pranzo, tutto quel dispendio
di energie gli avevano fatto venire un grande appetito, quando si fermò di
colpo guardandosi attorno e ancora con la bocca piena.
Vegeta.
Deglutì
quel boccone contraendo l’esofago con forza per evitare che si fermasse a metà e
morire così soffocato.
“Tutto
bene?” Chiese Juth con gli occhi sbarrati
dall’incredulità, lo yardratiano non si era
abituato ancora all’enorme appetito del suo strano ospite. “Qualcosa non va?”
Goku
continuò a mangiare imperterrito tutto quello che gli capitò a tiro, e dalla
foga addentò anche la ceramica del piatto spezzandola.
Ne
sputò i cocci.
“Devi
stare attento, Goku, il piatto non si mangia!” Lo rimbeccò sorridendo.
Il saiyan si grattò la testa dall’imbarazzo “Lo so, lo so…sono
stato distratto.”
“Da
cosa?”
“Mi
è sembrato di sentire un’aura famigliare in lontananza, più precisamente sul
pianeta dove mi hai abbandonato prima.”
“Non
ti ho abbandonato, ti ho lasciato lì” Precisò offeso.
“Il
che equivale ad abbandonare.” Incalzò Goku più lentamente brandendo una
coscia enorme arrosto strappandola dall’animale intero.
“Bahh! Lasciamo perdere… ma parlami di quest’aura.” Juth ne voleva sapere di più.
Goku
si portò due dita sporche di olio e grasso animale sul mento imbrattandone la
superficie mentre lo yardratiano scrollava la
testa e soffocò una risata, per quanto fosse, il saiyan,
con la sua innocenza di bambino gli suscitava sempre allegria.
“Sono
sicuro si trattasse di Vegeta.”
“Mmm…Vegeta, questo nome mi suona famigliare.” Juth picchiettò un paio di volte il dito indice oblungo
sulla bocca.
“E’
il principe della mia stirpe ormai estinta a causa di Freezer.”
“Si,
conosco la storia del popolo saiyan.” Juth deglutì nascondendo un po' di tremore quando nominò
quel tiranno conosciuto in tutta la galassia per le sue peripezie crudeli “… ma
ora è morto per causa tua, giusto? Mi pareva di aver capito così quando mi hai
raccontato la tua storia.”
“Chi?
Vegeta?” Chiese sorpreso.
“Ma
no, intendevo Freezer!” Avrebbe aggiunto anche idiota, ma non era il
caso.
“Ah!
Scusami, ho capito male” Rispose sputandogli in faccia dell’arrosto
accidentalmente.
Juth prese un
tovagliolo stizzito e si pulì la faccia dal bolo “Puoi gentilmente non parlare
se hai la bocca piena? È maleducazione sai?”
Goku
deglutì quell’enorme boccone a fatica e si batté il petto un paio di volte per
far scendere il tutto ed evitare di strozzarsi di nuovo “Me lo dice sempre
anche Chichi.” Sorrise amaramente.
Chissà
che cosa stavano facendo lei e Gohan in questo
momento.
Chissà
se lo stavano pensando e se suo figlio si stava allenando con qualcuno.
Juth notò subito dal
tono delle sue parole che qualcosa attanagliava il cuore e la mente del suo
strano ospite, era chiaro come il sole che aveva nostalgia di casa, del resto
erano passati molti mesi da quando era arrivato su Yardrat.
*
Vegeta
continuò a mordicchiarsi le dita delle mani per il nervosismo, alla ricerca di
una soluzione che gli permettesse di dare una spiegazione a quella sua
apparizione e poi sparizione improvvisa.
Consultò
per l’ennesima volta, forse la centesima, ogni singolo millimetro della
galassia attraverso le mappe installate nel navigatore, ma non c’era niente che
gli fece scattare dentro di lui quella scintilla che gli permettesse di
avvicinarsi alla soluzione.
Solo
stelle, polvere, detriti e qualche base della pattuglia intergalattica.
“Maledizione!”
Imprecò alzandosi dal sedile di guida. “Me l’ha fatta sotto il naso.”
Il
principe provò anche a concentrarsi, con la speranza di percepire ancora una
volta il suo spirito e ritrovarlo finalmente.
Passò
qualche minuto, ma più ci provava e più cresceva dentro di lui la
consapevolezza che forse aveva sognato tutto, perdendo così la speranza di
ritrovarlo e affrontarlo.
Vegeta
poi ebbe un lampo di genio, pigiò dei tasti sulla consolle di comando impostando
una rotta precisa, se Kakaroth era stato lì e non
riusciva più a percepire la sua presenza nel raggio di qualche anno luce, c’era
solo un posto dove lo avrebbe trovato.
Sul
pianeta Terra.
*
Chichi continuava a
guardare fuori la finestra con la speranza di rivedere suo marito tornare a
casa.
Ogni
giorno e alla stessa ora scostava la tenda della cucina con il cuore che
batteva all’impazzata e si metteva a rimirare il cielo cercando di intravedere
un qualcosa che le facesse capire che Goku presto sarebbe tornato.
Ma
ogni giorno, puntualmente la delusione si faceva strada dentro di lei e la
consapevolezza che forse non avrebbe più rivisto suo marito.
“Tornerà!”
Le aveva detto Gohan.
Anche
a lui mancava suo padre e come sua madre non vedeva l’ora di riabbracciarlo e
vedere quanto fosse diventato forte in quei mesi che era stato lontano da casa.
“Lo
pensi veramente?” Deglutì Chichi con gli occhi
languidi cercando di non scoppiare a piangere per l’ennesima volta davanti a
suo figlio.
Doveva
essere forte e non crollare come le capitava spesso quando si coricava la
notte.
Per
lei e soprattutto per Gohan.
“Papà
ci ama, e non ci abbandonerebbe mai.” Parole semplici e confortanti dette da un
bambino innocente che non conosce tutti gli aspetti della vita, ma che guarda
suo padre come fosse un eroe.
A Gohan non gli importa se ora Goku è lontano da casa, perché
sa che suo padre lo sta facendo per loro, per diventare sempre più forte così
gli sarà sempre più facile proteggerli.
Invece
lui era impegnato sopra quegli stupidi libri tutto il giorno.
Chi
avrebbe protetto la Terra durante la sua assenza se si fosse presentato un
nemico talmente forte da eliminarli tutti?
“Non
lo so tesoro…” Sospirò la corvina chiudendo la tenda ritornando a concentrarsi
sulla pila di piatti da lavare rigorosamente a mano con acqua e sapone.
“Vedrai
che tornerà presto, e quando meno te lo aspetti ti chiederà di preparargli i
tuoi gustosi manicaretti.”
Chichi spezzò un piatto
tra le mani dalla rabbia, poi si voltò verso un Gohan
allibito.
“L’unica
cosa che preparerò a quell’emerito imbecille saranno le valigie che lascerò
sulla soglia della porta!”
“Ma
dai, mamma, non dire così. Magari papà non sa come tor…”
“BASTA!”
Inveì contro suo figlio, Chichi non voleva più
sentire nessuno che difendesse quell’uomo, perché pensava che ormai l’unica
cosa a cui pensasse erano gli allenamenti e niente altro.
Gohan pensò bene di troncare
quella conversazione sul nascere per evitare di finire in castigo o con montagne
di libri da leggere, avrebbe tanto voluto che sua madre vedesse Goku come un
eroe e non come un fallito che alla prima occasione abbandona la famiglia.
E
non era il caso di avvisarla che l’indomani avrebbe iniziato ad allenarsi anche
lui.
*
“Ti
ho visto parecchio distratto oggi, sei sicuro che tutto vada bene?” Gli chiese Juth dopo aver terminato un’altra sessione di esercizi,
questa volta più leggeri visto che la tecnica del teletrasporto gli ha
prosciugato quasi tutte le energie.
Goku
annuì poco convinto con il capo.
Molte
cose attanagliavano la sua mente, ed ora che aveva quasi raggiunto il suo
obiettivo, le cose che aveva lasciato in secondo piano, piano piano riaffiorarono
in superficie.
“Sai”
Fece lo yardratiano “… anch’io sono stato
lontano un periodo da questo pianeta, i miei amici mi mancavano molto, ma mi
sono messo in testa di dedicare anima e corpo alla mia missione, così da poter
tornare a casa in fretta e riabbracciare i miei cari.”
“Non
so che cosa stiano pensando mia moglie e mio figlio di me. Polunga
gli avrà sicuramente detto che tornerò a casa quando vorrò.”
“Ti
amano a prescindere e credo che sappiano che cosa tu stia facendo.”
“Forse
Gohan, ma Chichi è diversa,
a lei non piacciono queste cose, le ritiene una perdita di tempo e basta.”
Juth si portò due dita
sul mento “Donna strana la tua… voglio dire, ti stai allenando e hai rischiato
di morire, non è che sei andato a fare un viaggio di piacere.”
“Vaglielo
a dire.” Goku si sedette sull’erba fresca cullato dalla brezza che si era
alzata dopo una giornata piena di calura “… è convinta che non serve a niente,
ma io lo faccio solo per loro, perché non mi perdonerei mai se gli accadesse
qualcosa.”
“E’ giusto, e questo
ti fa onore.” Poi scoppiò a ridere lasciando Goku interdetto.
“Ho…
ho detto qualcosa che non va?”
Juth ci mise un po' prima
di calmarsi, la pancia gli faceva male per lo sforzo e alcune goccioline salate
si formarono accanto a quegli occhi enormi e a mandorla.
“Tutto
il mondo è paese, amico mio.”
“Cioè?”
“La
razza femminile è uguale in tutte le forme le s’incontrano. Togli a loro
attenzioni e queste non ti perdoneranno mai…”
“Non
è che mi tiri molto su il morale così.”
“Fammi
finire!” Lo rimbeccò in tono stizzito. “Quando tornerai a casa, presentati con
dei fiori, impazzirà dalla gioia.”
“Fiori?
Ne sei sicuro?” Domandò riluttante, non credeva che a sua moglie piacessero
queste cose, e non la riteneva il tipo che si lasciasse di certo comprare da
simili gesti.
“Certo!
Vedrai che ti perdonerà per essere rimasto lontano così a lungo.” Disse con fierezza
e convinzione l’alieno, il quale sembrava essere molto esperto in fatto di
donne.
Goku
deglutì pensando alle sue parole, l’ultima cosa che desiderava era proprio
litigare con la sua amata Chichi, l’idea di
presentarsi con un mazzo di fiori non lo allettava, ma Juth
sembrava molto certo che funzionerà.
“Fiori,
eh!?”
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Ciaoooo!!! Dai, questa volta
sono stata brava e non vi ho fatto aspettare un mese come l’ultima volta XD
Unica pecca è che vado di fretta e non riesco a salutarvi per bene, ma sappiate
che vi ringrazio infinitamente per il vostro sostegno e per continuare a
seguirmi.
Un
abbraccio, Erika
*
P.s. per chi ha telegram
e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a
cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso
garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.
Bulma si alzò
cinguettante e sognante quella mattina.
Si
stiracchiò davanti alla finestra della sua camera dopo aver avviato la
tapparella automatica.
Fuori
c’era un bellissimo sole che non ci mise molto a filtrare dalla vetrata per
andare a colpire il viso di Yamcha che dormiva ancora
beatamente abbracciato al cuscino a torso nudo.
“Uhm…”
Mugugnò portandosi il guanciale sopra la faccia per schermare la luce.
“Buongiorno,
dormiglione!” Bulma lo salutò con un bacio sulla fronte
dopo avergli tolto quell’ostacolo, e nel farlo, la sua scollatura vertiginosa
finì sul viso del suo ragazzo, il quale non perse tempo ed affondò la testa al
suo interno.
Peccato
che l’azzurra non gradì affatto il gesto e non ci mise molto a tirargli un
sonoro ceffone svegliandolo ulteriormente.
“Sei
un porco!” Incalzò alquanto seccata.
“Scusami,
pensavo ti piacessero le mie attenzioni mattutine.” Yamcha
si massaggiò la guancia lesa, perché nonostante la sua ragazza non seguisse
nessun tipo di allenamento, Bulma gli aveva fatto
parecchio male.
“Non
abbiamo tempo, non ti ricordi che oggi ci viene a trovare Crilin?”
“Oh!
Si, è vero!”
“Vestiti!”
Gli tirò un paio di pantaloni blu e una maglietta bianca. “Tra poco sarà qui!”
Disse prima di chiudersi in bagno.
Sarebbe
uscita di lì dopo un’ora pulita, profumata e vestita, a lui non restò altro che
usare quello di servizio infondo al corridoio.
*
“Oh!
Yamcha, buongiorno. Dormito bene stanotte? Hai fame?
Vuoi fare colazione? E per pranzo cosa ti preparo?” La mamma di Bulma gli stava decisamente facendo troppo domande, ma per
cortesia, si limitò solo a sorridere ed annuire di circostanza.
“Un
caffè va benissimo!” Si sedette prendendo la tazza vuota.
“Una
brioche? Dei biscotti? Dei pasticcini? Sai sono stata in una nuova panetteria e
c’erano tantissime cose golose, così non sapendo che cosa scegliere, le ho
prese tutte, ho fatto bene secondo te?” Cinguettò la bionda sfarfallando le
lunghe ciglia mentre gli versava il caffè.
“Solo
il caffè, grazie signora.”
La
madre di Bulma si sistemò la cotonatura della frangia
“Mi fai preoccupare. Sei sicuro di stare bene? Con i muscoli che ti ritrovi
devi mangiare pur qualcosa.”
Yamcha voleva solo bere
il caffè e sparire, la presenza di quella donna lo stava infastidendo, solo
perché si era svegliato con la luna storta, non era detto che se la sarebbe
dovuto prendere con tutti quella mattina.
Sorseggiò
il caffè rumorosamente perché decisamente bollente, e chiamarlo così era anche
un eufemismo, il termine corretto era incandescente.
“E’
troppo caldo, caro?” Chiese la svampita con aria sognante sfarfallando le
lunghe ciglia, e Yamcha si chiese più volte a cosa
quella donna stesse pensando.
“No,
no. Va benissimo.” Sorrise nascondendo la lingua ustionata che pulsava
dolorosamente, però lui era un guerriero forte e valoroso, non si sarebbe mai
messo a piangere per una cosa così frivola. O sì?
Sta
di fatto che quando ebbe finito di bere la tazza di caffè, Yamcha
si precipitò in bagno a lenire la sofferenza e il rossore di lingua a gola.
E
non scartò l’ipotesi che sia stata la stessa Bulma ad
incitare la madre a quel dispetto.
Ultimamente
le cose tra loro non andavano molto bene, complice il fatto che il terrestre si
stava dedicando al suo hobby preferito, ovvero il baseball.
Ogni
sabato sera seguiva assiduamente il campionato in tv, disertando le uscite con
la fidanzata nell’unica serata che aveva libera, perché Bulma
si rintanava spesso fino a notte fonda nei laboratori sotterranei della casa a
lavorare su progetti definiti da lui impossibili.
E
questa sua superficialità faceva spesso girare le scatole alla povera ragazza,
che si sentiva sempre più sola.
In
più, per sbaglio, Yamcha era stato anche reclutato
dalla sua squadra preferita a giocare con loro.
Maledetta
quella volta che insieme decisero di assistere alla partita personalmente, Yamcha grazie alla sua prontezza di riflessi era riuscito a
prendere una pallina che sicuramente sarebbe finita sulla testa del giocatore,
salvandogli così la vita.
L’episodio
aveva attirato l’attenzione dell’allenatore che non si era fatto scappare
l’occasione di avere un elemento di quel tipo nella squadra, gli propose un
contratto dopo averlo messo alla prova durante una sessione di allenamento.
Non
c’era mai, e le trasferte a cui era costretto a partecipare stavano diventando
pesanti.
Come
potevano pretendere di pensare al loro futuro in questo modo? Come poteva Yamcha crescere un ipotetico erede se era sempre fuori
casa?
Bulma si tolse subito
quei pensieri egoistici dalla testa, del resto, ripensando al suo amico Goku, Yamcha non stava facendo nulla di male, e alla fine la
scienziata pensò che se il baseball rendeva felice il suo ragazzo, allora lei
avrebbe sopportato la lontananza laddove ci fosse stata.
In
fondo, che sarà mai una settimana al mese?
Nulla.
Era chiaro che ci fosse dell’altro sotto.
Un
giorno Bulma mentre riordinava qua e là in giro per
casa, trovò sotto il letto della camera di Vegeta un suo indumento.
Una
maglietta di cotone blu per la precisione.
La
osservò per qualche minuto in maniera malinconica, perché nonostante quel rozzo
di un saiyan mancava da casa un paio di mesi, la sua
assenza la percepiva forte e chiara.
E
non capiva perché.
Si era
abituata ad averlo in giro per casa e non vederlo passeggiare tra i corridoi,
sfuggente come la notte, le trasmetteva un senso di inquietudine.
Chissà
dove sarà e se ha trovato quello che cercava.
Suo
padre qualche giorno prima le aveva detto che presto sarebbe tornato perché
stando ai suoi calcoli, la navicella doveva essere a secco tra un po', a meno
che non si fosse schiantata da qualche parte nell’universo e loro avrebbero
perso per sempre quel gioiellino di tecnologia.
Bulma non ricordava
nemmeno com’era cominciato il discorso.
*
Yamcha uscì dal bagno
nel momento esatto in cui Crilin suonò alla porta
della Capsule Corporation.
La
mamma di Bulma aprì ed accolse il suo piccolo ospite
abbracciandolo e baciandogli le guance.
“Oh!
Caro Crilin, ciao! Da quanto tempo… vieni, Yamcha e Bulma ti stanno
aspettando su in terrazza. Vuoi qualcosa da bere? Da mangiare? Mi sembri
deperito da quando vivi con Genio.”
Crilin deglutì
imbarazzato, ricordava bene che la mamma della sua migliore amica tendeva a
fare un po' troppe domande, lui infondo è abituato al vecchio genio che non
parla quasi mai, ma si limita solo a sogghignare mentre gira le pagine delle
sue riviste osé preferite.
Vecchio
porco, non cambierà mai.
“E
come sta Genio? Me lo saluti quando torni a casa?” Continuò lei mentre
accompagnava il suo ospite tra i corridoi.
“Sta
bene, grazie. E’ sempre il solito.” Crilin si passò una mano sulla pelata.
“Bene,
mi fa piacere.” La madre di Bulma indicò
frettolosamente il luogo dove avrebbe trovato i suoi amici ad aspettarlo perché
le sembrò di sentire il forno trillare.
“Vada
pure, signora. Conosco la strada.” La congedò volgendole un tenero sorriso.
“Grazie,
Crilin. Sei sempre molto gentile.”
Crilin varcò la soglia e
raggiunse i suoi amici al centro, dove era stato allestito un tavolino al
riparo dal sole con un enorme ombrellone bianco panna.
Sul
ripiano c’erano leccornie di ogni tipo, e visto che l’ora di pranzo si stava
avvicinando, Bulma aveva ben pensato di imbandire il
tutto per un brunch.
Il
pelato salutò calorosamente e venne subito ricambiato in tono gentile dai due
amici.
Poi
fu il turno di Pual di abbracciare l’amico di vecchia
data.
“Ciao,
piccolo. Come stai?” Chiese.
“Non
c’è male… lo sai che la squadra di baseball di Yamcha
sta vincendo il campionato grazie a lui?”
Yamcha divenne paonazzo
per l’imbarazzo “Diciamo che mi tengono più come un jolly, ovvero quando il
gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.” Si pavoneggiò il moro
suscitando una risata nell’amico e un sorriso appena tirato sul volto di Bulma, la quale non gradiva quando il fidanzato faceva il
buffone, oppure si intratteneva con oche giulive anche solo per firmare
autografi e si prestava a foto di rito.
Crilin sorseggiò il suo
drink “Bene, mi fa piacere. E sono davvero contento per te amico mio.”
“Peccato
però che questo lavoro mi tenga spesso lontano dalla mia ragazza!” Yamcha poggiò una mano su quella di Bulma
guardandola fissa negli occhi.
Bulma per la prima
volta non provò nulla e questa strana sensazione la logorò dentro per l’intero
pomeriggio.
Guardava
Crilin e Yamcha interagire
come una volta, e nonostante lei fosse proprio accanto a loro, era come se
fosse in disparte, li sentiva parlare del più e del meno, ma il loro ciarlare
lo percepiva ovattato e lontano.
Bulma fissava un punto
impreciso della terrazza, entrando successivamente in uno stato di trans quando
le sue orecchie udirono per un lungo periodo un fischio che le martellò nella testa.
Poi
un fischio seguito da un boato e un muro di polvere alzato.
*
Una
spia rossa sulla consolle di comando lampeggiò imperterrita fino a quando
Vegeta non decise di romperla con un dito per zittirla del tutto.
“HO
CAPITO!” Era la spia del carburante, ormai non gliene restava molto all’interno
dei capienti serbatoi, ma ancora qualche anno luce e presto sarebbe ritornato
all’ovile, ovvero sul pianeta Terra, dov’era sicuro di trovare finalmente Kakaroth.
Il
principe di tutti i saiyan non aveva ancora digerito
il fatto di esserselo fatto sfuggire per un soffio, ed era del tutto
intenzionato a scoprire come avesse fatto.
E
una volta saputo come, lo avrebbe conciato per le feste, quella burla non
poteva di certo rimanere impunita.
Soprattutto
se di mezzo c’era lui.
Controllò
le mappe interstellari e dopo un accurato calcolo, Vegeta arrivò al risultato
che con il carburante rimanente avrebbe raggiunto la Terra senza alcun tipo di
problema, ma non doveva trovare ostacoli e mantenere rotta e velocità
perfettamente costanti.
Una
parola, se si parla di spazio aperto, in quanto l’imprevisto è proprio dietro
l’angolo.
Nemmeno
il tempo di mettersi comodo che intercettò la rotta di un ammasso di asteroidi,
alcuni di piccole dimensioni, altre sembravano dei veri e propri pianeti.
Il
radar lo avvertì dell’imminente pericolo continuando a suonare un allarme
costante e chiassoso, se non avesse azzardato subito una manovra mandando al
massimo i motori, presto avrebbe colliso contro uno di quegli ammassi di roccia
rischiando di danneggiare seriamente la navicella.
Peccato
che quel movimento aveva fatto scendere di molto la lancetta del serbatoio, costringendo
Vegeta a rifare calcoli e ricontrollare le mappe alla ricerca di un qualche
pianeta abitato dove avrebbe potuto allunare in caso di necessità.
Niente.
Il
nulla più assoluto in quella galassia.
L’unico
pianeta più vicino era proprio la Terra.
Sbuffò
e imprecò in lingua saiyan, pregando gli dei di
raggiungere quest’ultima nel minor tempo possibile se non voleva ritrovarsi a
vagare nello spazio aperto trasportato solo dai campi elettromagnetici.
*
Vegeta
se ne stava tranquillo in plancia ad osservare il vuoto più assoluto davanti a
lui, quando un primo motore si era spento improvvisamente, facendo inclinare la
navicella di circa trenta gradi e rallentare.
“Maledizione!”
Controllò meticolosamente la rotta: mancavano un paio d’ore.
Di
questo passo rischiava di non arrivare all’orbita terrestre, gli bastava solo
avvicinarsi per essere risucchiato dall’atmosfera e precipitare sul pianeta, se
proprio le cose si fossero messe davvero male.
Vegeta
pensò di rallentare a sua volta la velocità per non sovraccaricare l’unico motore
rimasto, e questa si rivelò essere una mossa vincente, perché per il tempo che
gli rimaneva era riuscito ad arrivare all’orbita terrestre nell’esatto momento
in cui anche il secondo motore smise di funzionare, facendolo cadere sulla
Terra.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Ciao a tutti! Anche questa
settimana sono stata brava, ma non abituatevi ad aggiornamenti regolari, il
blocco o il poco tempo sono sempre dietro l’angolo, ma in ogni caso non
preoccupatevi perché c’è tutta l’intenzione di finire questa mia opera.
Quindi,
mettetevi comodi ed aspettate pazientemente il prossimo capitolo. 😊
Un
abbraccio immenso, Erika
*
P.s. per chi ha telegram
e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a
cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso
garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.
Il
muro di polvere ci mise un po' a diradarsi, e anche la casa smise di tremare
poco dopo.
Il
dottor Briefs, allarmato, era salito in superficie a controllare che cosa fosse
effettivamente successo e quando vide la sua amata navicella spaziale comparire
sul suo giardino, un enorme sorriso si materializzò sotto i suoi baffi.
“In
perfetto orario, come sempre!” Si accese una sigaretta presa dal taschino del
suo camice e ne buttò fuori subito il fumo, con l’approvazione del suo amato
gattino nero che non ne voleva sapere di scendere dalla spalla dello scienziato.
Poco
dopo erano accorsi, in ordine di apparizione: la moglie, Bulma,
Yamcha e Puar.
Crilin invece era
rimasto sulla terrazza a controllare la situazione dall’alto, intimato anche
dagli amici.
Quando
Bulma vide scendere dalla navicella il saiyan, ebbe un enorme tuffo al cuore.
“Oh!
Il bel fusto è tornato!” Squittì la signora svampita con l’aria sognante, ma di
tutt’altro avviso era suo genero, che appena lo vide digrignò subito i denti
dalla rabbia, provando per lui una forte repulsione.
In
cuor suo sperava di non doverlo rivedere mai più.
“Che
cosa ci fai qui, Vegeta?” Aveva chiesto Yamcha
portandosi in posizione da battaglia, pronto a schizzare nella sua direzione se
ce ne fosse stata la necessità.
Le
gambe gli tremavano per la paura, perché sapeva bene che contro quel mercenario
non aveva nessuna possibilità di uscirne vivo, ma doveva mettersi in mostra
davanti a Bulma e dimostrargli quanto era forte e
coraggioso nonostante avesse lasciato da parte gli allenamenti per dedicarsi
completamente a tutt’altra cosa.
Non
che le importasse poi molto, perché tra i due, a parte l’oca bionda che
continuava a chiedere se qualcuno voleva una tazza di tè, era lei quella che
dimostrò coraggio avvicinandosi a lui in punta di piedi.
Vegeta
con un balzo atterrò davanti allo spilungone, che arretrò di qualche passo e
subito Puar si nascose dietro di lui, impaurito e
tremando.
“Sono
io che faccio le domande.” Gli alitò sul volto gonfiando il petto “… Kakaroth è già tornato?” Aggiunse poi con autorità.
Quella
domanda spiazzò i presenti che si limitarono a strabuzzare gli occhi, tutti,
tranne la mamma di Bulma.
“Giovanotto,
vuoi una tazza di tè? Sarai stanco e spossato dopo tutto quel viaggio. Siediti
qui e riposati un po'.” La bionda signora aveva talmente la testa tra le nuvole
che non fece nemmeno caso alla puzza che quel saiyan
emanava.
Il
principe di tutti i saiyan la guardò in cagnesco,
pronta a fulminarla all’istante, ma gli serviva una serva che gli preparasse il
pranzo e la cena, non poteva lasciare di certo quel compito a sua figlia, lei
bruciava tutto, e l’unica cosa che era in grado di fare era scaldare cibo in
scatola, nemmeno fosse un dannato cane.
“Goku
non si è visto.” Rispose Yamcha altezzoso.
Vegeta
digrignò i denti e strinse un pugno, pronto per sferrarglielo in pieno volto
solo per il gusto di farlo e perché si era permesso di rivolgersi a lui in
quella maniera, mancandogli di rispetto.
Per
fortuna Bulma aveva già capito l’antifona e si
avvicinò a loro per calmare gli animi, senza paura.
“Lasciamo
che Vegeta si riposi un po'…”
Toccò
con un dito la battlesuit
di Vegeta e lo intimò di seguirlo in casa, sotto lo sguardo attonito dei
presenti, soprattutto quello del fidanzato Yamcha, il
quale non si aspettava una simile reazione da parte di quell’assassino.
*
“Allora,
dove sei stato?” Bulma si sentì lo sguardo di quel saiyan penetrarle la pelle quando gli rivolse quella
domanda.
Vegeta
non rispose, ma si limitò a seguirla perché un bel bagno caldo e dei vestiti
puliti era quello di cui necessitava in quel momento.
Puzzava
e si faceva schifo da solo.
Da
quando per rabbia aveva distrutto l’impianto idraulico della navicella, si era
limitato a lavarsi con delle salviette umidificate che aveva trovato da qualche
parte nel vano portaoggetti, forse erano di Bulma,
no, anzi, lo erano sicuramente; magari rimaste lì dal suo ultimo viaggio e poi dimenticate,
ed oltre a quello, il principe aveva trovato altri oggetti interessanti appartenuti
alla terrestre.
“Non
sono affari che ti riguardano.”
Bulma alzò le spalle “Puoi
anche far a meno di dirmelo, sai che me ne importa.”
“E
allora perché me lo hai chiesto?” Continuò lui sempre in tono sprezzante e
acido.
“Per
fare conversazione, sai, è educazione dire dove si è stati, soprattutto dopo
aver rubato una mia proprietà e dopo avermela riportata ridotta ad un rottame.
Mi ci vorranno mesi per sistemarla.” Sospirò al cielo.
“E’
un rottame!” Precisò lui senza mezzi termini, di sicuro non era l’ultimo
ritrovato di tecnologia universale, ma era il meglio che si potesse permettere
al momento.
Vegeta
doveva ammettere in ogni caso, che la tecnologia terrestre era abbastanza
arcaica rispetto a quanto era abituato a possedere durante il predominio di
Freezer.
“Allora
potevi far a meno di prenderla!” Berciò alzando le mani al cielo.
Il
principe la bloccò con le spalle al muro serrandole la gola con il gomito, ma
facendo attenzione a non spingere troppo forte, voleva solo spaventarla, non
ucciderla.
“Se
non tieni la lingua a freno, te la strappo.” Poi la lasciò andare sperando di
averla intimorita con il suo modo rude, quello era la sua maniera per invitarla
a stare alla larga da lui, ma in Bulma non aveva
sortito quell’effetto, anzi, quello che provò quella ragazza dalla chioma
riccioluta e vaporosa, fu un brivido piacevole che non percepiva da tanto
tempo.
Per
quanto quel modo di fare avrebbe spaventato chiunque, lei ne rimase
affascinata, soprattutto quando le puntò il suo sguardo nero pece che si
scontrò contro il suo azzurro cielo.
In
quel frangente vide un uomo solo, disperato e triste, ma anche forte e
vigoroso.
Bulma non mostrò il
minimo timore e questo destabilizzò un po' il principe, non era abituato a
simili affronti da parte del genere femminile, di solito frignavano o tremavano
se solo le sfiorava con un dito o con lo sguardo, ma quella donna era diversa
dalle altre, e l’aveva capito la prima volta che l’aveva incontrata.
Forse
era solo stupida e non aveva ancora ben capito con chi aveva a che fare, oppure,
semplicemente era davvero forte come voleva fargli credere.
“Credi
di farmi paura?” Replicò lei mettendo subito in chiaro le cose.
“Dovresti!”
Esclamò lui con convinzione indurendo ancora lo sguardo, avvicinandosi di più a
lei.
“Beh!
Io non ne ho.” Mormorò melliflua alzando di più il volto.
Non
fu di certo quella risposta a far arretrare il principe, e nemmeno il suo
essere spocchioso e odioso, ma fu l’urgenza di sentire l’acqua calda scorrere
sulla sua pelle che lo fece desistere nello staccarle la testa di netto.
“Preparami
l’acqua calda, e dei vestiti puliti.” La porta scorrevole del bagno lì vicina
si aprì non appena percepì la presenza di qualcuno.
Vegeta
entrò nel locale seguito da Bulma. Si spogliò senza
alcuna vergogna davanti a lei.
“Sei
proprio un selvaggio, sai?” Non hai il minimo ritegno a toglierti i vestiti
davanti ad una ragazza!” In un primo momento quella vista l’aveva infastidita
non poco, poi quel sentimento mutò in qualcosa di più profondo, facendole
provare pietà per quell’uomo che aveva davanti con il corpo deturpato da un
numero smisurato di cicatrici, segno delle enormi battaglie e difficoltà che si
era ritrovato a fronteggiare negli ultimi anni.
Alcune
erano molto profonde, soprattutto quella a croce sul petto, altre più lievi.
Ognuno
di quei segni raccontava una storia, una storia che Vegeta non le avrebbe mai e
poi mai confidato.
“No!”
Rispose semplicemente fiondandosi in doccia sperando di non dover sentire più i
suoi sproloqui per il resto della giornata.
“In
ogni caso ti ho lasciato i vestiti puliti qua sopra.” Bulma
girò i tacchi ed uscì da lì velocemente.
L’aveva
combinata grossa questa volta ed era solo questione di tempo prima che Vegeta
scatenasse la sua ira contro di lei.
Una
camicia rosa e un paio di pantaloni gialli… ma come le era venuto in mente?? L’avrebbe
uccisa? Probabile, ma almeno si sarebbe presa una piccola rivincita.
In
caso contrario, Vegeta, avrebbe capito a chi portare rispetto.
*
Vegeta
contemplò quei vestiti per qualche minuto sperando in uno scherzo di cattivo
gusto.
Ma
quando Bulma gli disse che i suoi amati vestiti
stavano facendo un bagno direttamente nella lavatrice, non gli restò altro che
abbassarsi al loro livello, sperando che Kakaroth
tornasse presto per andarsene di lì e radere al suolo quel posto.
“Che
orrore!” Disse mentre si allacciava i pantaloni “… nemmeno fossi un fiore! Io
sono il principe di tutti i saiyan… e non un
volgarissimo terrestre.”
“Se
non li vuoi indossare, puoi stare nudo!” Incalzò lei da dietro la porta,
facendo innervosire ancora di più il saiyan che si
limitò a fare quanto ordinato.
Era
stanco e non aveva voglia di perdere tempo con quegli smidollati, tanto prima o
poi avrebbero avuto quello che si meritavano, meglio se per mano sua.
Uscì
dal bagno pulito e profumato, e quando Yamcha e Crilin lo videro, scoppiarono a ridere.
“Smettetela
o ve la farò pagare!” Grugnì, zittendoli all’istante.
Bulma si sentì
terribilmente in colpa e avrebbe tanto voluto dargli degli ulteriori abiti, che
quello era stato solo uno stupido scherzo, ma si limitò ad invitarlo a restare,
almeno finchè Goku non sarebbe ritornato.
Vegeta
non disse nulla e se ne andò di lì, il che equivaleva ad un sì.
“Ti
sei ammattita, Bulma?” Domandò Yamcha
stranito mentre sorseggiava il succo d’arancia con la cannuccia.
La
riccia prese posto accanto i due ragazzi in maniera tranquilla e per niente
preoccupata “Stai tranquillo, non ci farà nulla!”
“Ma
fammi il piacere!” Si alzò di scatto e per poco non ribaltò il tavolino “… ti
sei forse dimenticata lo scopo di quell’essere? E’
venuto sulla Terra per ucciderci tutti.”
Yamcha aveva ragione, ma
in quel momento a Bulma non importava, il passato è
passato, e lei in cuor suo era sicura che Vegeta era cambiato.
“Ha
ragione, Bulma. Pensi sia saggio tenerlo qui?” Incalzò
Crilin intervenuto a dare man forte al suo amico.
“Vi
dico che non ci farà niente… e poi Goku tornerà tra poco, ne sono sicura.”
Yamcha scrutò il cielo
azzurro limpido di nuvole “Chissà dove sarà, se nemmeno Vegeta è riuscito a
trovarlo…”
“Ha
detto che tornerà… dobbiamo avere fiducia!” Mormorò Bulma
battendo un pugno sul tavolino facendolo vibrare.
“E
se non dovesse farlo?” Sospirò Crilin.
“Non
ci deluderà… se Goku ha detto che tornerà, vuol dire che lo farà.” Asserì con
convinzione la riccia parlando ai suoi amici in tono calmo e rasserenante.
“Anche
perché se non lo dovesse fare, chi terrebbe a bada Vegeta? Mi sembra già
abbastanza in collera.”
“Quello
lo è sempre!” Yamcha si portò le mani dietro la testa
incrociandole per poi stiracchiarsi.
Lo
spilungone e il piccoletto iniziarono a ridere a crepapelle tenendosi poi anche
la pancia, quando furono interrotti dal rimprovero di Bulma.
“Smettetela!”
“Ed
dai, stavamo solo scherzando.” Deglutì Crilin
guardando l’amica in modo stranito.
“Non
è carino parlare delle persone quando non ci sono.” Bulma
si alzò stizzita “… e per la cronaca, se Vegeta dovesse diventare un problema,
me ne occuperò io!” Infine girò i tacchi e rientrò in casa, quei due le avevano
fatto girare le scatole con i loro sproloqui da quattro soldi.
“La
tua ragazza è strana!” Crilin si versò da bere, mentre
Yamcha osservava la porta che l’aveva vista uscire,
preoccupato ed in ansia.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Ciao ragazzi e buon inizio
settimana. Piccola precisazione, nel capitolo precedente ho fatto menzione di Crilin, che però nell’episodio incriminato, compare
solo dopo che Vegeta è tornato sulla Terra, io ho dato la mia personale
interpretazione di come si sono svolti per me i fatti, spero abbiate gradito 😊
Come
sempre ringrazio chi segue la storia e chi lascia i segni del proprio
passaggio.
GRAZIE
DAVVERO DI CUORE *_*
Alla
prossima, Erika.
*
P.s. per chi ha telegram
e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a
cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso
garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.
Il
Dr. Gero controllò minuziosamente per l’ennesima volta i suoi calcoli sul
monitor del suo computer.
Non notò
nulla di strano nella programmazione, nessun chip difettoso o qualche bug
nascosto che impedisse il perfetto funzionamento delle due macchine da guerra
appena progettate.
Eppure,
ogni volta che cercava di metterli in funzione, questi prontamente disubbidivano
ad ogni suo ordine, costringendolo a spegnerli e riprogrammarli.
L’ultima
volta ci aveva quasi lasciato le penne per mano di quella bionda, al secolo Lazuli e poi ribattezzata da lui C18; per fortuna nella
tasca del suo camice da laboratorio bianco teneva il telecomando di spegnimento
manuale, altrimenti quei due sarebbero riusciti in men che non si dica a
sbarazzarsi del loro creatore e a vagare liberi per il pianeta, senza nessuna
guida al seguito.
Perché
quello che lo scienziato non riusciva a capacitarsene, era come quei due,
nonostante le ripetute e minuziose programmazioni, avessero sempre tanta voglia
di fare quello che gli pareva.
L’unica
cosa, però, che gli sollevava il morale, era la consapevolezza che conoscevano
bene il loro unico obiettivo, ovvero quello di liberarsi definitivamente di
Goku, colui che aveva sterminato l’esercito del Fiocco Rosso.
Ma
lo avrebbero fatto senza causare troppi danni in giro per il mondo? Questa
risposta non la conosceva, o meglio, non ne era del tutto sicuro.
Meglio
non rischiare, perché nonostante anche lui amasse raggiungere i suoi obiettivi
ad ogni costo, non era giusto che per un solo individuo, ci rimettesse un
intero popolo.
Chi
mai vorrebbe vivere in un mondo devastato dalla distruzione? Nemmeno lui, anche
se il suo scopo principale era quello di costruire un esercito di androidi per
tenere in un pugno il pianeta per dominarlo.
Tutti
si sarebbero prostrati alla sua genialità, ma forse ancora per poco visto che
la malattia che lo stava divorando non accennava a placarsi o regredire.
Tossì,
tingendo di rosso l’ennesimo fazzoletto, che poi finì nel cestino assieme ad
altri.
Anche
in quel caso doveva prendere provvedimenti.
Prese
carta e penna ed iniziò ad appuntare qualcosa in maniera molto frenetica, non
dando troppa importanza al tempo che stava passando.
Ci
lavorò su un paio d’ore e quando sembrava essere arrivato ad una soluzione, si
stiracchiò e si alzò dalla sedia per sgranchirsi la schiena.
“Non
sono più agile come un tempo.” Pigolò strizzando gli occhi per un leggero
dolore osseo.
Fece
poi un giro per il laboratorio per schiarirsi le idee e controllare a che punto
i cyborg C17 e C18 fossero con la centesima programmazione.
Ancora
a metà.
Sbuffò
e ritornò al posto, prese tra le mani quel foglio A3 con disegnato una sagoma
umana con all’interno solo circuiti, e l’unico spazio che gli rimaneva da
occupare era la calotta cranica. Indeciso se usare un cervello vero o
artificiale.
In
quel caso vero, il suo per la precisione.
Il
problema sarebbe stato a chi dare quel compito una volta che lui fosse passato
a miglior vita.
C17
e C18 erano fuori discussione, se anche quel tentativo di riprogrammazione
avesse evidenziato lo stesso identico problema, avrebbe pensato a come
impiegare al meglio quelle due risorse.
Per
quanto odiasse ammettere, quei due erano la sua migliore invenzione, unici nel
suo genere.
Era
riuscito ad integrare perfettamente carne e circuiti al posto del cervello,
donando a loro energia illimitata e una forza smisurata, al contrario di C16,
costruito interamente con della ferraglia, ma anche lui si era rivelato essere
difettoso.
L’unico
modello che gli rimaneva da costruire era tutto composto da parti meccaniche
tranne che per il cervello; e quello era il giusto tipo di androide in cui si
sarebbe presto trasformato, ma per essere sicuro della totale riuscita del suo
piano, doveva costruire un ulteriore cyborg che lo completasse una volta che il
corpo dello scienziato sarebbe passato a miglior vita.
*
Il
Dr. Gero non perse tempo, perché il tempo era proprio la cosa che gli mancava
in questo momento.
Pensò
a come costruire C19 e alle sue fattezze, se donargli un cervello umano oppure
bionico; optò per quest’ultimo, sperando di non fare un enorme buco nell’acqua
proprio come C16.
Nella
foga di disegnare e di appuntare sul foglio bianco tutto quello che gli stava
passando per la mente, urtò la tazza di thè fumante riversando tutto il
contenuto bollente sopra progetti lasciati incompiuti e volutamente indietro.
Tra
questi, spiccò una cartellina azzurra con la dicitura ProgettoCell
apposta in calce.
L’aprì
con curiosità ed iniziò a ridere malignamente mentre leggeva i suoi studi in
merito, poi aprì un cassetto dall’ archiviatore in
metallo e ne tirò fuori un paio di ampolle contenenti quella che sembrava
essere solo acqua, ma in realtà conteneva qualcosa di più importante, in una
c’era un’etichetta con scritto Goku e l’altra Junior.
“E
se…?” Sussurrò con un filo di voce volgendo poi lo sguardo verso le capsule di
criogenia dei due ragazzi giovani.
“Potrebbe
funzionare…” Continuò “…SIIIIII!” Urlò nella stanza dopo che un barlume di
genialità gli aveva attraversato la mente. “… sarà la mia più grande
invenzione! Tutti si ricorderanno del grandissimo Dr. Gero! CELL L’ESSERE
PERFETTO!”
Scese
a perdifiato nei sotterranei del laboratorio portando con sé tutti i progetti e
le ampolle che era riuscito a trovare, perché oltre a quelle di Goku e Junior,
in quel cassetto ce n’erano molte altre, che sarebbero presto servite per dar
vita alla sua splendida creatura.
“Forse
non tutto è perduto!” Con un gesto lento dell’avambraccio destro, gettò per
terra tutte le scartoffie inutili presenti su quel tavolo impolverato.
Erano
alcuni mesi che non scendeva in quella parte del laboratorio, troppo preso
dalle sue ultime tre creazioni, che aveva dimenticato, forse, quella più
importante.
Al
centro della stanza buia troneggiava un’ampolla di ampie dimensioni contenente
una sostanza chiara, un liquido che permettesse la generazione della vita
stessa attraverso miscugli specifici.
Allo
scienziato sarebbe bastato inserire tutto il necessario per iniziare la nascita
di quell’essere; aveva tutto quello di cui necessitava: cellule prese dai
migliori guerrieri in circolazione, intrugli, ampolle, formule matematiche, ma
gli mancava ancora qualcosa.
Per
quante volte ricontrollasse i calcoli, la risposta era sempre la stessa: con
quello che aveva in mano al momento, Cell non sarebbe mai stato l’essere
perfetto, perché richiedeva ulteriori tasselli da aggiungere al bagaglio genetico.
Se
avesse iniziato a crearlo con il materiale che aveva a disposizione, quasi
sicuramente sarebbe stato sì in grado di crescere, ma avrebbe avuto molte più
possibilità di essere sconfitto se Goku e la sua banda avessero solo provato ad
affrontarlo.
La
matematica era una scienza esatta che non permetteva alcun tipo di errore, e l’errore
non era di certo un vocabolo che faceva parte del suo dizionario.
L’idea
dello scienziato era quella di procurarsi tutte le cellule che riusciva a racimolare
dai migliori combattenti ed unirle per formare un unico e forte essere, poi una
volta cresciuto e immagazzinato una forza tale da contrastare i due androidi,
li avrebbe assorbiti, facendoli così diventare parte integrante del suo corpo,
dando vita così all’ ‘Essere Perfetto’.
Poco
importava se lui fosse perito prima di vedere la nascita di quella creatura, il
computer avrebbe continuato a lavorare da solo, fornendo il nutrimento e gli input
necessari affinché Cell riuscisse a crescere in totale autonomia.
Poi
sarebbe uscito dal laboratorio, avrebbe assorbito l’energia necessaria dagli
abitanti del pianeta Terra, ed infine C17 e C18 avrebbero trovato il loro
scopo.
Però
questo progetto non si sarebbe potuto realizzare se il brodo primordiale non
fosse stato completo.
Doveva
trovare una soluzione alla svelta, anche perché il tempo stringeva ed il Dr.
Gero aveva un altro progetto a cui pensare.
Quello
che poteva fare al momento, era inviare delle spie in giro per il pianeta, nell’attesa
che si presentasse qualcuno di molto forte per attingere dal loro patrimonio
genetico, rendendoli ignari che avrebbero contribuito alla realizzazione di un
progetto di una portata enorme.
Loro
avrebbero percepito solo una semplice puntura di zanzara, lui sarebbe stato ad
un passo nel conquistare il mondo.
*
Goku
continuò a rimirare l’orizzonte, quella sarebbe stata la sua ultima notte su Yardrat, un pianeta che lo aveva ospitato per quasi un
anno.
Un
lungo anno che lo aveva tenuto lontano dalla sua famiglia e dai suoi amici.
Juth si avvicinò a lui
con fare circospetto.
“E
così domani torni a casa.” Gli sussurrò destandolo dai suoi pensieri.
“E’ lontana la Terra,
se tutto va bene, tra una settimana starò dormendo nel mio letto con mia
moglie.”
“Puoi
sempre usare il teletrasporto e trovarti sul tuo pianeta in men che non si
dica.” Convenne lo yardratiano mellifluo.
“Posso?”
“Certo!”
Asserì con il capo “… lo hai già fatto. Non ti ricordi?”
“Ah
giusto! Quando mi hai abbandonato su quel pianeta.”
“Esatto!”
Confermò senza essersi pentito minimamente della sua vile azione, tanto era
sicuro che prima o poi Goku sarebbe riuscito a tornare all’ovile senza alcun
tipo di problema.
“La
Terra è più lontana, non credo di riuscire a percepire le auree dei miei amici.”
“Provaci!”
“Va
bene!” Goku si alzò in piedi ed iniziò a concentrarsi, i muscoli del corpo si
erano irrigiditi, gli occhi chiusi che faticava ad aprire, una vena gli pulsava
nella tempia.
Infine
riprese fiato e abbandonò l’impresa.
“Non
ce la faccio, non sento niente.” Protestò stizzito, non amava perdere e quella
per lui odorava di sconfitta bella e buona.
Juth arricciò le
labbra lateralmente “Prima o poi ci riuscirai, non devi abbatterti.”
Goku
riprese posto accanto a lui.
“Sei
stato un maestro eccezionale!” Gli sorrise ingenuamente “… e non so davvero
come ringraziare te e il tuo popolo per l’aiuto che mi avete dato.”
“Non
devi, tu avresti fatto lo stesso se ci fossi stato io al tuo posto, e poi sono
io che ti sono riconoscente per avermi insegnato la tua lingua.”
Il saiyan si schiaffeggiò da solo la faccia “Sai che me ne ero
scordato?”
Juth scoppiò a ridere,
quel saiyan gli mancherà molto per la sua genuinità e
ingenuità.
“Sei
davvero simpatico, Goku.”
“Grazie!
Sai che mi mancherà questo pianeta?”
“Naaa… non credo! Hai moglie e un figlio meraviglioso che ti
aspettano a casa e che non vedono l’ora di riabbracciarti.”
“Già…”
Goku abbassò la testa poco convinto.
“Che
c’è?” Gli domandò notando il suo disagio momentaneo.
“Il
fatto è che… Chichi sarà sicuramente in collera con
me.”
“Sei
sano e salvo, non dovrebbe essere difficile farsi perdonare, no?”
“Non
conosci mia moglie, sarà sicuramente delusa perché non sono tornato quando ho
potuto.”
“Basta
spiegarle che non sei andato a fare un viaggio di piacere, del resto lo hai
fatto anche per loro no?” Spiegò Juth come se quella
fosse la cosa più naturale del mondo.
“A Chichi non interessa il combattimento, lo trova una perdita
di tempo e basta. Se fosse per lei dovrei abbandonare gli allenamenti per
guadagnare qualcosa lavorando.”
“Hai
provato a spiegarle che se non c’è qualcuno che difende la Terra dai malvagi,
rischia di ritrovarsi all’altro mondo in un battibaleno?”
“Si,
ma non le importa.”
Juth scoppiò a ridere finchè la pancia non cominciò a fargli male, sotto lo
sguardo attonito di Goku.
“Voi
terrestri siete proprio forti…”
“Si,
ma non è che l’ascolti poi tanto, appena posso me la svigno.”
“Vedi
allora che non hai più bisogno dei miei consigli?”
“Quindi
dovrei abbandonare l’idea di portarle dei fiori?”
“No.”
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Buon pomeriggio a tutti! E come
sempre grazie, grazie, grazie per essere arrivati fino a qui, sono davvero
contenta che questi ‘angoli nascosti’ vi stiano piacendo e spero di non
deludervi, non è facile per me mixare tutto, perché bisognerebbe scrivere una
long apposta per ogni personaggio e situazione, infatti, molte cose le sto
saltando.
In
questo capitolo abbiamo ritrovato i cyborg e il Dr. Gero, non a caso, perché
nel prossimo faremo un tuffo nel futuro… si, avete
capito bene, ritroveremo Mirai Trunks *_*
Alla
prossima, Erika.
*
P.s. per chi ha telegram
e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a
cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso
garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.
Bulma si portò dietro l’orecchio
una ciocca di capelli azzurri che la brezza primaverile mosse poi sinuosamente
riportandoglieli davanti al volto.
Raccolse
il bambino che gattonava libero e felice sul prato, prima che potesse infilarsi
da qualche parte mentre inseguiva una farfalla bianca che continuava a saltare
di fiore in fiore. Libera e spensierata.
“Ora
devi fare la nanna.” Cantilenò lei ballando, tenendo il bambino stretto tra le
braccia, dirigendosi verso la porta di casa.
L’aria
che le sferzò la faccia era fresca, segno che da qualche parte si stavano
scatenando dei temporali di grande portata, infatti, all’orizzonte, una coltre
di nuvoloni neri sarebbero presto arrivati nella Città dell’Ovest.
Trunks
protestò, non voleva andare a letto.
“Coraggio,
piccolo. Non fare così. Se non fai il riposino poi sarai stanco tutti il
pomeriggio. Hai dormito poco stanotte.” Entrò in casa con il bambino che
strillava, cercando di rimanere calma ed impassibile a quelle lamentele, perché
sapeva bene che non gliela poteva dare vinta, altrimenti la sua autorità
genitoriale sarebbe stata messa in discussione.
Beh!
Se ci fosse stato Vegeta sarebbe stata tutta un’altra storia, perché a Trunks
bastava solo percepirne l’aura circostante per calmarsi all’istante, perché
conosceva bene la sua repulsione a certi comportamenti da femminuccia.
“Vuoi
darlo a me, tesoro?” Chiese sua madre allungando le braccia per prendere il
nipotino con sé.
Bulma sorrise di
circostanza “Ci penso io, mamma!” Rispose con tono seccato avviandosi verso il
piano superiore con il bambino urlante che si dimenava per liberarsi dalla sua
morsa e trovare conforto tra le braccia amorevoli della nonna.
Perché
nonostante volesse molto bena alla mamma e fosse ancora piccolo, Trunks
percepiva un certo malumore nella donna. Del tutto giustificabile.
Il
suo migliore amico era passato a miglior vita qualche mese fa, e nemmeno le
Sette Sfere Del Drago erano riuscite a riportarlo in vita.
“Non
posso guarire dalle malattie.” Aveva detto con la sua vociona gutturale e
spaventosa, congedandosi poi da tutti i presenti, lasciandoli letteralmente
senza speranze e con un enorme vuoto nel cuore.
Goku
sarebbe mancato a tutti e la sua presenza si sarebbe fatta sentire.
Ancora
non poteva credere che non avrebbe più rivisto la sua faccia, il suo sorriso e
la sua genuinità, ma un giorno si, un giorno, non
molto lontano si sarebbero rincontrati, sempre se quello zuccone non fosse
stato assegnato da Re Yammer a qualche girone del Paradiso
riservato solo ai guerrieri, e Bulma era sicura che
fosse proprio così.
In
più, da quando Goku non c’era più, Vegeta non si era più visto gironzolare per
casa, come se stesse scontando un castigo lontano da tutti, però Bulma sapeva che ogni tanto ritornava, e lo poteva appurare
dal frigo vuoto o dalle tute di combattimento lerce, lasciate appositamente
nella sua stanza.
*
Trunks
si addormentò dopo una mezz’ora buona tra ninna nanne e dondolamenti nelle
braccia della madre.
Esausta
e sfinita, Bulma si lasciò cadere nell’enorme e
morbido divano bianco del salotto di casa.
Accese
con decisione la televisione con l’intento di godersi la sua telenovela
preferita.
Quella
sarebbe stata una mattinata tranquilla: suo padre si trovava ad una convention
di inventori illustri, e lei si era presa una giornata di riposo visto che era
riuscita a terminare dei progetti ai quali stava lavorando da tempo.
Accennò
uno sguardo fugace all’orologio a pendolo posto nella parete: le 9.47.
Sbadigliò,
e senza accorgersene chiuse gli occhi divenuti improvvisamente pesanti, nemmeno
lei aveva dormito molto quella notte, un po' per colpa di Trunks, e un po'
perché ultimamente rimaneva spesso alzata per vedere se riusciva a intercettare
Vegeta, con scarsi risultati.
*
Si svegliò
di soprassalto con la bava alla bocca, per colpa del telefono che trillò.
“P-p-pronto?!”
Riuscì a dire quando tirò su la cornetta, pulendosi quella sostanza viscida con
il palmo della mano.
“Bulma!” Disse l’interlocutore con voce spaventata e tremolante,
l’azzurra riconobbe in Genio Delle Tartarughe di mare.
“S-sei
tu Genio?”
“Si…
hai visto che cosa sta succedendo?” Mormorò lasciando cadere la cornetta per
sbaglio.
“Genio?
Genio?” Chiamò lei spaventata dando le spalle alla tv.
“S-sono
qui… scusami, è caduto il telefono… è un disastro, Bulma.
Morti… distruzione…”
Bulma continuava a non
capire. Due erano le cose: o stava ancora sognando, oppure in quel lasso di
tempo che aveva chiuso gli occhi era successo il finimondo.
“Genio!
Calmati, che stai dicendo?”
Ma
della risposta del vecchio maestro riuscì solo a percepire ‘telegiornale’,
poi un fischio lungo e rumoroso che la costrinse a riattaccare e tapparsi
l’orecchio.
Bulma si voltò
lentamente e presto il suo sguardo da preoccupato, passò a terrorizzato in un
batter d’occhio.
Alla
tv non stavano più passando la telenovela, ma un’edizione speciale del
telegiornale, il quale stava passando le immagini terribili di una guerra in
atto, interrotte bruscamente poco dopo.
Bulma tentò invano di
risintonizzare i canali, ogni emittente televisiva non riusciva più a
trasmettere immagini o sonoro.
La
signora bionda ritornò a casa dopo un paio di commissioni tutta trafelata e
inzuppata d’acqua perché da un po' aveva iniziato a scatenarsi un temporale.
“Bulma!” Annaspò venendo sorretta dalla figlia “… è
terribile… terribile…”
“Mamma,
calmati. Devi asciugarti.” Le passò uno straccio pulito della cucina.
“Ho
sentito tuo padre, sta tornando a casa.”
“Ma
che sta succedendo?”
“Non
lo so… non lo so!” Si sedette sulla sedia di legno portandosi le mani dentro i
capelli.
Il
telefono trillò ancora e oltre a quello, anche Trunks aveva deciso di
svegliarsi, poteva sentire il suo pianto indistintamente nella
ricetrasmittente.
“Vado
io da Trunks.” Pigolò la donna bionda alzandosi dalla sedia.
Bulma prese la cornetta
“P-pronto?”
Era Chichi.
“Hai
visto il telegiornale?” Nemmeno un saluto, solo una domanda diretta.
“Si,
ma le trasmissioni sono crollate subito, sai che cosa è successo?” Chiese
preoccupata.
“Due
individui molto forti hanno attaccato la Città Sud poco dopo le dieci e stanno
distruggendo tutto.”
Bulma sbiancò, e se uno
di questi fosse proprio Vegeta? No. Scartò subito quell’ipotesi, non poteva
credere che il padre di suo figlio fosse capace ancora di tanto.
Ora
che Goku non c’era più, l’essere più forte sulla Terra era proprio lui, ma
sapeva aver abbandonato ormai da tempo quell’obiettivo, integrandosi quasi
perfettamente con i terrestri.
Era
anche vero che non lo vedeva dalla scomparsa di Goku.
“Si
sa chi sono?”
“Ancora
no. Crilin, Junior, Tensing,
Riff e Yamcha sono sul posto. A Gohan
gli ho impedito di andare.” Seguì qualche istante di silenzio “…Vegeta? E’ andato anche lui?”
Bulma deglutì, non
sapeva risponderle e non sapeva se l’ormai ex compagno era venuto a conoscenza
della battaglia che si stava scatenando a pochi chilometri della Città del Sud.
“Io…
io… è dalla morte di Goku che non lo vedo più.” Disse d’un fiato.
“Questo
è terribile, Bulma. Devi rintracciarlo!” Le ordinò in
modo perentorio.
“CREDI
SIA FACILE?” Sbraitò stizzita, se era così semplice allora perché non ci
provava lei. Bulma non riusciva nemmeno ad
intercettarlo se era dentro casa, figuriamoci cercarlo per tutto il pianeta con
i suoi mezzi mediocri e con un figlio di quasi un anno appresso.
“Scusami,
non volevo farti arrabbiare, è… è solo che hanno detto che sono molto forti e
che nemmeno l’esercito riesce a fermarli.” Anche se avrebbe voluto dire che le
mancava in modo inesorabile suo marito, lui sì che avrebbe risolto quella
spiacevole situazione in un batter d’occhio.
“E’ andato anche Gohan?” Le chiese.
“No,
non voglio che si muovi di casa. Deve studiare.” Incredibile come quella donna
pensasse a far stare suo figlio sopra i libri nonostante la guerra in corso, e Chichi sapeva benissimo che sarebbe bastato un suo cenno
per farlo scattare e lasciare quella casa, andando incontro al suo destino,
senza alcuna paura.
“Vedrò
che posso fare con Vegeta… stammi bene, Chichi.”
Attaccò la telefonata salutandola frettolosamente.
Bulma non sapeva quanto
grave fosse la situazione e il fatto che la moglie di Goku non avesse fatto
partecipare il figlio a quella missione stava a significare solo una cosa: che
presto la situazione si sarebbe fatta letteralmente pericolosa.
*
Due
individui dall’aspetto umano camminavano tra le macerie della città con sguardo
glaciale e spaventoso.
La
femmina bionda salì su un cumulo alto di calcinacci per controllare la
situazione.
“Hai
finito?” Gli chiese il moro stizzito, sembrava molto annoiato in verità.
C18
saltò davanti al fratello con un balzo, non scomponendosi minimamente.
“Ho
appena iniziato, o meglio, abbiamo” Si corresse poco dopo. “… e poi, abbiamo
compagnia.” Aggiunse percependo delle presenze nascoste poco distante, le quali
si stavano nascondendo dietro alcuni palazzi già abbattuti.
C17
controllò i suoi sensori e confermò la cosa poco dopo.
“Ci
divertiremo, sembrano anche forti. Ma non mi pare che tra loro ci sia quello
che chiamano Goku.”
C18
fece spallucce “Che importa, basta ammazzare qualcuno.” Si sistemò il caschetto
biondo con un gesto della mano.
“Si,
ma se uccidiamo tutti, rimarremo solo noi. E poi? Io non voglio annoiarmi.”
Protestò come un bambino volgendo lo sguardo al cielo.
“Potremo
lasciarne vivo uno o due.” Propose.
“E
se poi dovessero diventare troppo forti?”
“Siamo
stati costruiti con energia illimitata, non ci sarà mai niente e nessuno in
grado di sconfiggerci.”
“Se
lo dici tu…”
“Comunque
basta parlare, mi si stanno atrofizzando i circuiti.” C18 levitò alta nel
cielo, seguita dal fratello intuendo l’intenzione e mettendosi al suo fianco.
Insieme
ammirarono la città distrutta e caduta, nell’aria aleggiava lo spettro della
morte.
Non
si sarebbero fermati solo a quella, ma ben presto tutto il pianeta Terra
sarebbe stato devastato dalla loro forza distruttrice solo per il gusto di
farlo.
La
ragazza bionda stese una mano, da cui iniziò a creare una sfera di energia
dalle dimensioni e devastazioni di una bomba atomica.
Il
primo a scattare fu il piccoletto pelato.
“NO
CRILIN!” Urlò Yamcha nel tentativo di dissuaderlo da
quella pazzia, ma il terrestre doveva provarci, anche se sapeva bene essere un
suicidio.
“Finalmente
qualcuno con le palle!” Mormorò C18 sogghignando ritraendo la sfera di enrgia.
“A-andatevene
subito da qui, e non to-tornate mai più!” Gli ordinò con voce tremolante.
C17
e C18 si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Uh…
che paura!”
Crilin deglutì il nulla.
“Senti…
se prometti di dirci una cosa, non ti faremo niente, ok?” Propose la bionda
melliflua.
“Chi
siete?? Che cosa volete??” Chiese con decisione mascherando il tremore del
corpo.
“Giusto,
non ci siamo presentati” Suonò come una presa in giro “… io sono C18 e lui mio
fratello C17, siamo cyborg creati dal dottor Gero.” Rispose la bionda.
“CYBORG???
DR. GERO?? Ma non è quel pazzo che faceva parte dell’esercito del Fiocco Rosso?
Pensavo fosse morto!”
“Lo
è, infatti! Per mano mia” Sul volto di C17 comparve un ghigno sadico che
raggelò il sangue dentro le vene al povero Crilin.
“BASTA!”
Urlò spazientita la bionda “C17 non è il caso di vantarsi e di perdere tempo!
Fatti dire dove possiamo trovare Goku!”
Crilin ebbe un tuffo al
cuore “G-g- GOKU???”
“Ehi…
sembra tu abbia visto un fantasma, piccoletto!” Disse C17 con aria
interrogativa.
“State
cercando Goku???” Chiese conferma.
“Si,
sei sordo forse?” C18 si avvicinò pericolosamente al suo volto.
Crilin deglutì
nuovamente il nulla. “G-goku non c’è più!” Rispose
d’un fiato.
C18
strabuzzò gli occhi “Che significa che Goku non c’è più? Si è forse ritirato su
qualche pianeta?”
“N-no.
Goku ci ha lasciato mesi fa. E’ MORTO!” Disse
trattenendo le lacrime.
C17
fece finta di esserne rammaricato “Beh! Questo non ci voleva…”
“No…”
Scosse il capo la sorella mordendosi la punta delle dita “… però… potremo
divertirci lo stesso no?”
“Sono
d’accordo con te.” Mormorò dando le spalle al piccolo guerriero.
“Ehi!
Dove credete di andare?” Chiese Crilin stringendo i
pugni per prepararsi ad attaccare quei due.
“Mi
sembra ovvio!” Rispose C17 “… abbiamo altre città da distruggere, e miliardi di
persone da massacrare.”
“VOI
NON LO FARETE!” Crilin ingrossò la voce rendendola
più minacciosa, ma ciò non scompose minimamente i due cyborg, anzi, questa cosa
li spazientì ancora di più.
Quel
piccoletto era solo un insetto da schiacciare.
“Senti,
ti risparmieremo la vita se te ne andrai da qui, intesi? Una promessa è una
promessa.”
“Dovrete
passare sul mio cadavere!”
“Sei
sordo, oltre che stupido?” Chiese C17.
“Combattete,
se ne avete il coraggio!”
“E’ stupido!”
Confermò C18.
Crilin cercò di sferrare
un pugno contro il maschio, che venne prontamente schivato senza alcun
problema, iniziando un combattimento dove il terrestre sembrava avere la
meglio.
“Ce
la fa!” Esclamò con entusiasmo Yamcha.
“No, sta perdendo!” Constatò Junior “… il
ragazzo non è minimamente stanco, ma Crilin sta decelerando,
presto finirà l’energia.”
Yamcha
ancora con gli occhi sbarrati dal terrore, si rese conto che per loro non ci
sarebbe stata alcuna vittoria, quei due esseri non erano avversari alla loro
portata.
“Ma che cosa sono?” Chiese Tensing non percependo alcuna aura in loro.
“Non lo so.” Disse Junior a denti stretti
mentre osservava il corpo di Crilin che veniva
dilaniato dalla bionda.
“NOOOOOOO!” Urlò Yamcha
gettandosi letteralmente nella battaglia, raccogliendo prima quelli che restava
del suo amico. “BRUTTI BASTARDI, ME LA PAGHERETE!” Disse digrignando i denti
con la voce rotta dalla disperazione.
“Fatti sotto, babbeo!” Lo invitò C17 facendo
gesto con le mani di avvicinarsi.
*
Com’era prevedibile, dopo Crilin,
Yamcha si era gettato a capofitto nella battaglia con
la consapevolezza che non sarebbe servito a nulla, se non a farsi ammazzare a
sangue freddo, e dopo di lui toccò a Tensing, al
piccolo Riff ed infine a Junior.
E con il namecciano
sparì anche la speranza di poter riportare in vita i caduti e sistemare la
distruzione e la devastazione che stavano creando quegli individui.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Ciao a tutti! Eccoci qui con la
prima parte ambientata nel futuro, purtroppo i nostri eroi non ce l’hanno fatta
e sono periti per mano dei cyborg C17 e C18.
Spero
vi sia piaciuta la mia interpretazione della cosa, perché nell’OAV e anche
nell’episodio filler, non viene mostrato un gran chè,
ma ci sono io per farvi viaggiare con la fantasia XD
A
parte gli scherzi, spero vivamente abbiate apprezzato il tutto, se non ho fatto
male i calcoli dovrei scrivere altre due parentesi su questo futuro.
Non era
stato per niente facile andare avanti in quegli anni.
La
sofferenza e il dolore per la perdita di amici e famigliari non faceva altro
che continuare ad alimentare il cuore, sempre in costante pianto, di Bulma.
Perché
non solo il suo primo amore Yamcha, ma anche Crilin, Tensing, Riff, Junior e
persino Vegeta, avevano lasciato per sempre quel pianeta, periti sotto la mano
distruttrice dei due cyborg che si facevano chiamare C17 e C18.
Ancora
una volta il Dr. Gero continuava a tormentarli, guidato dalla smania di
vendicarsi di Goku.
Già,
Goku…
Se
solo non fosse morto per quella stupida, stupidissima malattia cardiaca, ci
avrebbe pensato lui a portare la pace sul pianeta Terra…
Avrebbe
dovuto resistere soltanto un altro d’anni in più, e poi si sarebbe finalmente trovato
il farmaco specifico per quel virus che aveva deciso di divorarlo dall’interno,
in maniera silenziosa e macabra, ma il destino aveva deciso diversamente per
lui.
Bulma ricordava ancora
bene quando aveva ricevuto la visita di Vegeta lo stesso giorno che quei cyborg
avevano iniziato a seminare il panico per le varie città, solo per il gusto di
farlo, perché non appena erano venuti a conoscenza che il loro obiettivo
principale non c’era più, avevano dovuto impiegare il tempo in altra maniera. E
quella maniera era proprio giocare con i terrestri.
Vegeta
fissava in penombra la culla di Trunks, il quale dormiva beatamente.
Bulma era entrata un
attimo per prendere la vestaglia bianca di seta che aveva lasciato appoggiata
nella sedia a dondolo.
Sussultò
quando vide quell’ombra accanto al letto di suo figlio.
“Sono
morti tutti!” Aveva esordito continuando a fissare quel bambino innocente che
continuava a dormire, non si era nemmeno preoccupato di parlare a bassa voce
per non svegliarlo.
Ma
questo l’azzurra lo aveva già capito e pianto tutte le lacrime che il suo corpo
era riuscito a produrre.
E
poi, lo aveva immaginato, dato che gli attacchi non accennavano a diminuire, e
lei e la sua famiglia, si erano dovuto rifugiare nei sotterranei della casa per
sfuggire alla loro furia distruttrice quando erano arrivati nella Città Dell’Ovest.
“Tu
dov’eri?” Era riuscita a dirgli indurendo lo sguardo cercando come meglio
poteva di trattenere le lacrime.
Vegeta
non poteva vedere i tratti del suo volto a causa del buio della stanza, ma
poteva intuire dal tono severo della sua voce che lo stava rimproverando e
accusando di essere un vigliacco, di non aver preso parte alla battaglia, e ora
i suoi più cari e vecchi amici non ci sono più, compresa la speranza di
riuscire un giorno a portare tutto alla normalità.
“Non
sono affari che ti riguardano.” Rispose semplicemente, perché il grande
principe di tutti i saiyan non doveva rendere conto a
nessuno, tanto meno che ad una terrestre.
“Certo
che mi riguardano!” Incalzò sussurrando per non svegliare Trunks.
Avrebbe
voluto prenderlo a schiaffi, anche se sapeva benissimo che sarebbe stato come
colpire l’acciaio, e quella che si sarebbe ritrovata con un polso rotto sarebbe
stata lei.
“Devo
andare ora.” Disse girando i tacchi.
“Certo,
vai a nasconderti.” Omise la parola codardo, anche se a Vegeta gli si
poteva rimproverare di tutto, ma non che fosse uno che si tirava indietro anche
quando le cose si facevano pericolose.
“Non
devi dirmi che cosa devo fare, ok?” In un lampo si ritrovarono faccia a faccia,
occhi negli occhi.
Quello
che lesse Vegeta lo colpì dritto nel cuore, perché in quell’espressione dura,
aveva visto solo risentimento e rancore.
Quello
che lesse Bulma, invece, era un addio, e da quel
giorno non lo avrebbe mai più rivisto.
Perito
anche lui per mano degli androidi.
Alla
radio si era parlato di uno scontro senza precedenti, dove purtroppo chi ha
prevalso erano proprio i nemici.
A Bulma non restò altro che piangere di nuovo, e ancora…
ancora… ancora… e continuare a fissare il punto dove vide Vegeta per l’ultima
volta, e dove ora soffiava un vento quasi spettrale, che arrivava dalla parete abbattuta.
*
Gohan continuava a
meditare in silenzio con solo il suono del vento in sottofondo.
Questo
esercizio gli serviva per capire dove andava a colpire, e dove si fermava,
significava che aveva finito la sua corsa contro un ostacolo.
Quello
era l’unico modo che aveva trovato per cercare di individuare i due cyborg
durante una battaglia, soprattutto quando volevano giocare al gatto e al topo.
Loro
non avevano aura; loro non potevano essere scovati facilmente.
In
quel caso, il topo era proprio il figlio di Goku e loro i gatti sempre pronti
in agguato a tendergli una trappola.
Chichi gli si avvicinò
con un piatto caldo di ramen tra le mani, era dalla sera del giorno prima che Gohan non metteva qualcosa di commestibile sotto i denti,
solo per dare la possibilità a lei di rimettersi in forze.
“Lascialo
lì, mamma. Grazie!” Tenendo gli occhi chiusi, indicò alla donna con un cenno
del capo, un tronco di un albero che aveva abbattuto qualche istante prima.
“Si
raffredderà se non lo mangi subito.” Disse apprensiva e con un tono
preoccupata, perché Chichi sapeva bene che ora il suo
piccolo Gohan era cresciuto, e che sarebbe stato impossibile
trattenerlo a casa, evitando di farlo partecipare a quelle missioni.
“Ho
quasi terminato l’esercizio.”
“Inutile
chiederti di rinunciare, giusto?”
Gohan aprì gli occhi.
“…
intendo a combattere di nuovo contro quei cyborg.” Continuò lei in tono calmo.
“Esatto!”
Rispose prendendo il piatto e le bacchette, per riempirsi la pancia con quella
leccornia.
Chichi sorrise
malinconica, perché ogni giorno che passava, Gohan
assomigliava sempre in maniera spropositata al defunto marito.
Quanto
le mancava.
Se Goku
fosse ancora vivo, ora di quegli androidi sarebbe rimasto solo un ammasso di
ferraglia arrugginita, ammucchiata da qualche parte.
“Non
posso, mamma. E tu lo sai…” Si alzò in piedi con un balzo prendendo tra le mani
il piatto di ramen “… e poi sto allenando Trunks, vedrai che appena sarà in
grado di combattere, di quei cyborg ne rimarrà soltanto un lontano ricordo,
così i nostri cari verranno finalmente vendicati.” Tirò su rumorosamente il
brodo. “Squisito!” Disse con la bocca piena, venendo subito rimproverato dalla
madre.
Gohan allungò il labbro
inferiore come a scusarsi, ma doveva ammettere che quel piatto era veramente
delizioso e che ne avrebbe mangiato dell’altro se solo ce ne fosse stato.
“Rammenta
le buone maniere, Gohan… anche in tempo di guerra!”
Ammiccò scoppiando a ridere di gusto, seguita a ruota dal figlio.
Gohan non ricordava
nemmeno più l’ultima volta che aveva visto sorridere così sua madre, e quella
era senz’altro una risata amara che nascondeva qualcosa di più oscuro, perché Gohan la sentiva piangere ogni notte in modo disperato,
invocando il nome del marito tra un singhiozzo e l’altro.
Gohan non fece a tempo
ad aprire bocca per dire a sua madre che non c’è bisogno di fingere, che
percepì la presenza di Trunks avvicinarsi a lui.
“Signor
Gohan!” Chiamò a gran voce librando una mano in aria
per attirare la sua attenzione.
Trunks
sbucò da dietro un albero poco distante ansimando, ma non per questo motivo si
fermò a riprendere fiato.
Era
pur sempre un saiyan e un saiyan
non doveva conoscere che cosa fosse la fatica. Questo è stato il primo
insegnamento di Gohan, il suo maestro: mai
arrendersi. Nemmeno quando le cose sembrano degenerare e volgere a favore dei
nemici.
“Ciao,
Trunks!” Salutò Chichi “… stai diventando davvero
grande!” Era da qualche mese che non lo vedeva.
“Grazie
signora Chichi, lei è sempre molto gentile con me.”
Fece una riverenza di cortesia.
“Quante
volte ti ho detto di darmi del tu?” Chiese assottigliando gli occhi.
“Un’
altra ancora.” Sorrise lui, se c’era una cosa a cui teneva sua madre Bulma, era proprio l’educazione e Trunks sapeva bene di
rivolgersi alle persone più grandi usando il lei.
Chichi gli scompigliò la
chioma lilla sorridendo “Ora torno a casa” Mormorò voltando le spalle.
“Ah,
aspetti.” La fermò Trunks prendendo una cosa dalla tasta della tuta “… tenga,
mia madre mi ha detto di darle questo.” Le porse una scatolina bianca
contenente un paio di capsule. “… in una c’è del cibo e nell’altra degli abiti
e coperte.”
Chichi si commosse
difronte a quel gesto, non riusciva ad ammetterlo, ma erano tutte cose che le
servivano, ormai non aveva nemmeno più scampoli per rattoppare i vestiti,
soprattutto quelli di Gohan, ridotti a brandelli dopo
ogni incontro con quei dannatissimi cyborg, e la terra in quel periodo faceva
fatica a dare i suoi frutti.
“Ringrazia
tua madre da parte mia, mi rifarò appena potrò.”
“Sapeva
che l’avreste detto e vuole che le riferisca che non è affatto necessario. Gli
amici non si abbandonano.”
Se Chichi fosse rimasta ancora qualche minuto in compagnia di
quel ragazzino e di suo figlio, sicuramente sarebbe scoppiata a piangere, ma si
limitò a sorridere, ringraziare di nuovo e sparire nel bosco, lasciandoli da
soli ad allenarsi.
Perché
Gohan aveva deciso che Trunks ormai era pronto per
affrontare quegli androidi, del resto, lui era più piccolo quando aveva
intrapreso il viaggio per Nemecc e affrontato nemici
non di certo alla sua portata.
Aveva
paura? Si. Ma questo non gli impedì di tener testa all’esercito di Freezer.
Bulma era d’accordo
sulla questione, anche se un po' titubante all’inizio, ma se Gohan aveva visto nel figlio del principe dei saiyan un forte potenziale, allora non gli restò altro che
accettare di buon grado, con la consapevolezza che loro due avrebbero
rappresentato la loro unica speranza.
*
Quel
pomeriggio, Trunks, cercò in tutti i modi quella scintilla che gli permettesse
di tingersi d’oro, proprio come riusciva Gohan.
“Devi
scacciare le tenebre dal tuo cuore, Trunks” Gli suggerì in tono calmo mentre il
lilla tentava di trasformarsi.
“E
come faccio? Per arrabbiarmi sto pensando al male causato da quegli androidi!”
Piagnucolò pestando i piedi.
“Quello
è risentimento, che non ti porterà da nessuna parte… lo so, non è facile, ma
vedrai che ci riuscirai.”
Trunks
diminuì drasticamente la sua forza e strinse i pugni “Forse non sono poi così
bravo!”
Gohan sospirò “Non
dirlo nemmeno per scherzo. Nel tuo sangue scorre il sangue della stirpe nobile
del nostro popolo saiyan, e non ti è concesso
arrenderti.” Proprio le parole dal tono duro e severo che avrebbe di certo
usato Vegeta in quella situazione, magari corredato da qualche schiaffo per
farlo rinsavire e rimangiarsi quanto detto in precedenza.
“Non
sono nemmeno capace di trasformarmi in super saiyan.”
Digrignò i denti dalla rabbia, solo perché si sentiva un essere inutile, e
sapeva bene che il suo maestro non aveva certo tempo da perdere con i buoni a
nulla.
“Ci
ho messo anch’io un po' di tempo… basta capire come fare, o meglio, devi
trovare la scintilla da accendere… dentro il tuo cuore!” Gli portò una mano
sulla spalla come ad infondergli coraggio e forza.
Gohan sapeva che la
strada era ancora lunga e tortuosa, ma anche che Trunks era forte abbastanza
per riuscirci in breve tempo.
“Non
è così facile” Sospirò. Trunks le aveva provate tutte.
“Ci
riuscirai… non devi arrenderti, Trunks. E nemmeno io lo farò.” Si accomodò
accanto a lui osservando l’orizzonte. Davanti a loro, in lontananza una città
distrutta, una delle tante. “… i nostri padri, i nostri amici più cari non
vorrebbero che noi ci arrendessimo. Abbiamo ancora tante persone da proteggere,
e sono sicuro che un giorno troveremo il punto debole di quegli androidi.”
Trunks
asserì con il capo con convinzione.
Gohan sapeva sempre
come infondergli coraggio.
“Alleniamoci
ancora!” Disse alzandosi per mettersi in posizione d’attacco seguito dal suo
maestro.
“Fatti
sotto, pivellino!” Lo schernì muovendo le dita della mano verso di lui invitandolo
ad attaccare.
Ma
fu quanto Trunks scattò che un boato li sorprese entrambi, distraendoli e
costringendoli a guardare verso quel rumore assordante.
In
lontananza si erse una nuvola di fumo.
“Dannazione!”
Imprecò Gohan a denti stretti “… sono ritornati”
Erano settimane che i cyborg non attaccavano.
“Andiamo!”
Fu la prima cosa che saltò in mente a Trunks spiccando il volo, ma venendo
subito bloccato dal suo maestro.
“No,
è troppo pericoloso. Non sei ancora pronto.” Gohan
questa volta aveva una strana sensazione dentro le viscere e in cuor suo sapeva
che sarebbe successo qualcosa di grave questa volta, doveva assolutamente
convincere Trunks a non seguirlo per nessun motivo.
“Ma
signor Gohan, mi sto allenando da tanto ormai.”
“L’ultima
volta ti hanno lasciato in vita per poter giocare ancora con te, se ci
eliminano non avranno più nessuno con cui farlo e loro avrebbero la scusa buona
per far saltare in aria questo pianeta.”
“Vuole
andare da solo??? NON TE LO PERMETTERO’!” Trunks aumentò la sua aura e Gohan pensò bene a calmarlo.
“No,
non andremo, aspetteremo”
Quelle
parole sorpresero Trunks, il quale spalancò gli occhi per lo stupore.
Gohan ritornò a sedersi
e al suo adepto non restò altro che obbedire al maestro.
Trunks
stava per dire qualcosa quando la vista si annebbiò di colpo e gli mancò l’aria
improvvisamente.
Buio.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Buongiorno a tutti! Ed eccoci con
la seconda parte dedicata al futuro da dove proviene Mirai Trunks, un salto
temporale necessario, altrimenti avrei dovuto dedicare l’intera long a questo
universo, non che mi sarebbe dispiaciuto, sia chiaro XD
Mi
spiace non essere riuscita aggiornare la scorsa settimana, ma purtroppo non ne
ho avuto il tempo a causa di impegni lavorativi, perdonatemi!!!!
Vi
aspetto come sempre nel prossimo capitolo, e vi ringrazio davvero di cuore per
le bellissime recensioni che mi lasciate ogni volta.
Un
abbraccio, Erika
*
p.s. per chi volesse seguirmi anche su wattpad, vi lascio il link https://www.wattpad.com/user/LadyHeather83
Le
dita affusolate di Bulma si muovevano frenetiche
sopra i tasti della tastiera collegata ad un vecchio computer nel suo
laboratorio sotterraneo, e lei aveva solo il tempo di sorseggiare rumorosamente
dalla tazza di ceramica, sbeccata, ripiena di caffè posta al lato di essa.
Freddo.
Ancora
qualche minuto e la programmazione del suo ultimo progetto, che l’aveva tenuta
sveglia e perennemente con il fiato sospeso negli ultimi anni, sarebbe stata
ultimata.
Trunks entrò nel
laboratorio quasi di soppiatto, poggiando sul primo tavolino libero un vassoio
argentato dal riflesso ormai opaco, con del cibo povero racimolato qualche
negozio chiuso e distrutto: una scatola di tonno con fagioli mezza arrugginita
ed un sacchetto di grissini ben oltre la data di scadenza originaria, ma ancora
commestibili.
“Posso
lasciare qui, mamma?” Chiese il lilla facendola sussultare.
“Dio… Mi hai spaventata, Trunks!”
Sospirò per riprendere fiato portandosi una mano sul petto involontariamente.
“Scusami.”
“Tranquillo”
Tirò le labbra per accennare ad un sorriso. “Lascia pure lì.” Bulma indicò con il mento dove mettere il tutto e ritornò subito
dopo ad immergersi nel suo lavoro fatto di calcoli matematici di precisione e
programmazioni lunghe ed esatte, non poteva permettersi di sbagliare, non ora
che c’ era in ballo la vita di Trunks e di
conseguenza della loro sopravvivenza.
Perché,
se le cose fossero andate come sperava, nel loro futuro non ci sarebbero stati
né morti e né distruzioni.
L’ultima
grande perdita era stata qualche anno prima con Gohan.
Ancora
ricordava la disperazione di Chichi, rimasta ormai sola.
Senza una ragione per cui continuare ancora a vivere.
La
corvina si era tolta la vita qualche mese dopo la scomparsa del figlio, era
stato lo stesso Trunks a trovarla penzolare con la
corda legata al collo proprio sotto l’albero dov’erano sepolti i corpi dei suoi
due uomini.
Trunks le aveva
scavato una fossa accanto a loro e piantato una croce sopra, dopo aver
riversato sulla terra fresca le sue lacrime di disperazione più totale.
Gli
piaceva intrattenersi con Chichi i pomeriggi
soleggiati, le teneva compagnia mentre lei gli raccontava le avventure di Goku
e dei suoi amici. Non sapeva molto di Vegeta, perché quell’uomo le incuteva
sempre un senso di disagio, ma sapeva che era molto legato a suo marito, forse
perché condividevano lo stesso pianeta natale.
Ora
quegli aneddoti non li ascolterà più, e non vedrà mai più quel volto scavato
dalla depressione.
Troppo
forte il dolore da sopportare e la solitudine non ha proprio aiutato la sua
anima fragile.
“Impedirò
tutto questo… statene certi” Aveva mormorato prima di
lasciare un bacio d’addio sulle tre croci e correre verso la via di casa.
Bulma non poteva
permettersi di perdere nessun altro. Bulma non poteva
permettersi di perdere anche Trunks.
*
“Dovresti
fare una pausa, sono settimane che non ti riposi” Trunks
iniziò a fare delle flessioni nell’angolo libero del laboratorio utilizzando
solo il dito indice. Bulma lo aveva visto fare molte
volte a Vegeta nel giardino di casa.
“I
cyborg non si riposano mai!” Ammise non staccando gli occhi dal monitor, che
continuava ad esaminare minuziosamente alla ricerca di qualche bug del sistema.
Sembrava tutto in ordine e preciso. Come sempre. Del resto lei era un genio, e
quell’ultima invenzione ne era la prova.
“Si,
ma tu non sei una di loro.” Convenne lui, continuando a contare mentalmente.
Bulma si stava
spazientendo, se stava in piedi notte e giorno era solo per permettere la
realizzazione di un futuro più sereno e privo di qualsiasi tipo di dolore, e
per evitare ad altri di dover patire le loro stesse pene.
“Per
favore, Trunks. Lasciami lavorare, mi manca poco!”
Girò la sedia girevole e continuò imperterrita con quello che stava facendo.
Trunks sognò ad occhi
aperti “Wow! Tra un po' vedrò papà… non posso ancora
crederci.”
Bulma sussultò, sperava
di evitargli una simile delusione, Vegeta non era di certo un modello esemplare
di padre.
“Se
i miei calcoli sono esatti, e per la cronaca lo sono, incontrerai solo Goku e
te ne andrai prima che gli altri arrivino sul posto.”
“Non
è giusto, però.”
“Si
che lo è. Non possiamo interferire troppo con il passato.”
“Però
lo stiamo facendo!” Trunks indurì lo sguardo.
“E’
a fin di bene, dobbiamo solo impedire a Goku di morire, poi la storia farà il
suo corso naturale.”
“Vuoi
dire che Goku era più forte di papà?” Aggrottò le sopracciglia.
Bulma deglutì.
“Goku
era un super saiyan, batterà quei cyborg senza
problemi, tuo padre non era mai riuscito a diventarlo, però aveva coraggio da
vendere, non si tirava mai indietro difronte ad una
sfida. Avrebbe preferito morire piuttosto che andarsene con la coda tra le
gambe come un codardo.”
“Anche
Gohan era un super saiyan,
e anch’io lo sono, eppure, non siamo riusciti a battere C17 e C18.”
“Per
questo li avvertirai del loro arrivo, in modo che possano essere preparati.”
Alzò un po' di più la voce facendo sussultare il suo stesso figlio.
Trunks era ben
consapevole che sua madre aveva ragione e che quel viaggio nel passato sarebbe
stato necessario, era la loro ultima spiaggia, la loro sola speranza.
Nonostante
il figlio del principe dei saiyan fosse forte, non
sarebbe mai e poi mai stato all’altezza di quei due androidi, non senza un
allenamento adeguato.
Peccato
che in quella realtà non era rimasto più nessuno che gli potesse insegnare
qualcosa.
Non
gli bastava fare qualche flessione o dare calci e pugni ad un sacco da boxe in
una palestra dismessa, aveva la necessità di allenarsi in un luogo dove poter
scatenare tutta la sua potenza, e soprattutto di imparare tecniche nuove.
Gohan aveva fatto del
suo meglio, purtroppo non abbastanza per renderlo invincibile.
“Si,
mamma.” Disse mestamente.
Bulma non poteva fare
nient’altro per lui nonostante sapesse quanto ci teneva a conoscere suo padre,
ma forse era meglio così, gli avrebbe risparmiato una delusione bella e buona.
Vegeta
non aveva mai fatto accenno a volere Trunks, anzi,
quando gli aveva comunicato di essere incinta se ne era uscito con una frase
tipo “Non è un problema mio”facendole cadere tutto il mondo addosso e
desiderare di interrompere la gravidanza al più presto.
Ma
nonostante questo, Bulma si era rialzata e a testa
alta aveva fatto nascere quel bambino e cercato di crescere come meglio poteva.
Infondo
però, sapeva che Vegeta non avrebbe mai rinnegato suo figlio.
*
Bulma aveva terminato
prima del previsto la programmazione della macchina del tempo, e chiamò Trunks per un check.
Il
lilla con un balzo salì al suo interno e si posizionò sulla plancia di comando.
Non
gli fu difficile ad una prima occhiata capire che cosa significavano quei
pulsanti e quei sensori, del resto anche lui aveva collaborato alla sua
realizzazione, procurando alla madre i pezzi che le servivano in vari
laboratori di sua conoscenza, per la sua costruzione.
“Ci
siamo!” Aveva esclamato lei accendendo il tablet
dallo schermo crepato in alto a destra, ma nonostante questa pecca, ancora
perfettamente funzionante.
“Funzionerà?”
Chiese quasi in un sussurro.
Bulma lo guardò negli
occhi con sguardo convincente “Ti ho mai deluso?”
Trunks si sentì ad un
tratto stupido, ma un’esitazione era più che lecita da parte sua, abituato ad
un mondo dove tutte le cose vanno sempre male.
“Mai.”
Scosse il capo ricacciando indietro il velo di lacrime che gli stavano
annebbiando la vista.
Era
pur sempre il figlio del principe dei saiyan e come
tale, non gli era permesso piangere, anche perché Trunks,
le aveva versate l’ultima volta che aveva seppellito Chichi.
“Cominciamo,
allora.”
Bulma collegò un cavo
usb dalla consolle di comando al suo apparecchio per eseguire dettagliatamente
una diagnostica del sistema.
Controllò
minuziosamente sotto la guida infallibile di suo figlio per filo e per segno il
funzionamento di ogni circuito.
Tutto
era in ordine e senza alcuna pecca.
Trunks avrebbe fatto
un viaggio di andata e ritorno in tutta sicurezza.
Il
suo cuore stava sussultando perché finalmente quei cyborg avrebbero fatto la
fine che si meritavano, ovvero essere ridotti ad un cumulo di rottami, e
terminare così l’era di quel pazzo del dott. Gero.
Le
mani di Trunks tremavano al sol pensiero di compiere
quell’impresa.
Avrebbe
visto per la prima volta suo padre, ne era certo, nonostante sua madre gli
avesse detto che questo non sarebbe stato in alcun modo possibile perché aveva
fatto bene i calcoli, l’unico che avrebbe incontrato sarebbe stato Goku subito
dopo l’atterraggio di Re Cold e Freezer.
E
a lui, solo a lui avrebbe raccontato tutto, modificando così volontariamente il
corso naturale degli eventi.
“Mi
raccomando, Trunks. Nessuno deve sapere chi sei, lo
dirai solo a Goku. E’ importante.”
“Come
faccio a capire che mi potrò fidare di lui? Cioè, insomma, non è più facile
andare da papà o dalla te del passato e dirle tutto?”
“NO!
Se raccontassi tutto a me o a tuo padre potresti non nascere più. Non so come
potrei reagire al fatto che ho avuto un figlio con Vegeta, ti ricordo che sto
con Yamcha quando tornerai nel passato.”
Trunks era un ragazzo
molto intelligente e non servivano altre spiegazioni da parte di sua madre,
sapeva bene anche lui che rivelare troppo del futuro potrebbe avere conseguenze
disastrose, ma il desiderio di vedere per la prima volta Vegeta, parlargli,
scoprire che tipo era, gli stava logorando il cuore.
Ma
il sé stesso più piccolo potrà saperlo solo grazie al suo intervento.
“Farò
come dici tu, mamma. Vedrai che non ti deluderò!”
“Non
potresti mai farlo.” Lo abbracciò d’istinto “… forza, andiamo a dormire. Domani
sarà una giornata importante ed impegnativa.” Gli disse spegnendo la luce del
laboratorio.
*
Trunks non chiuse
occhio quella notte, un po’ per l’eccitazione del viaggio che avrebbe compiuto
l’indomani e un po’ per la preoccupazione che tutto potesse andare bene.
Non
c’era stata la possibilità di procedere con il collaudo della macchina del
tempo, ma Bulma pareva molto sicura del suo lavoro.
E
se lo era lei, anche Trunks non dubitava di ciò. Non
gli sarebbe accaduto nulla.
Nonostante
questa consapevolezza però, lo spettro che potesse accadere qualcosa, un
qualsiasi imprevisto che non gli permettesse di raggiungere il suo obiettivo,
aleggiava nel suo cuore.
Solo
la speranza per creare un domani migliore non lo faceva desistere dal compiere
quell’impresa.
Speranza!
D’un
tratto Trunks scostò le coperte che ricoprivano il
suo corpo e si diresse in punta di piedi all’interno del laboratorio, non prima
aver gettato uno sguardo amorevole nel giaciglio dove sua madre riposava
beatamente. Ma era comunque sicuro che i suoi sogni non erano fatti di
arcobaleni e unicorni, ma neri come la pece. E questo lo poteva capire dai suoi
occhi che si increspavano.
“Andrà
tutto bene, mamma. Te lo prometto”
Trunks prese un
pennarello nero ed incise a caratteri cubitali in una delle gambe che tenevano
in piedi la struttura di quell’invenzione la parola “HOPE”.
Mentre
la scriveva, nella mente di Trunks si susseguirono le
immagini dei volti delle persone che non aveva mai potuto conoscere e che gli
erano state strappate via prematuramente.
“Mamma,
papà, Gohan, Chichi, Goku, Yamcha, Tensing, Riff, Crilin, Genio… lo faccio per voi,
perché possiate vivere il futuro che meritate. Abbiate speranza. Sto arrivando.”
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Buongiorno a
tutti e buon inizio settimana, che inizia con la fine dei tre capitoli dedicati
al futuro da cui proviene Trunks, e come avrete già
intuito, nel prossimo tonerà Goku.
So che molti di voi attendono il momento in cui
Goku, se ne ricorderà, porgerà i fiori alla sua amata Chichi,
ma vi anticipo che dovrete pazientare ancora un’altra settimana, sorry.
Come sempre ringrazio per il sostegno che mi date
ogni volta e non smetterò mai di dirvelo, e se avete piacere, potete seguirmi
sul fandom di Miraculous
Lady Bug.
Era
una calda e bella domenica di metà maggio, e lei ne stava approfittando
prendendo il sole comodamente sdraiata sullo sdraio del suo terrazzino.
Yamcha accanto a lei a
torso nudo faceva lo stesso.
Vegeta
invece effettuava degli esercizi di riscaldamento all’aria aperta, a lui non
importava di certo se era una qualche giornata di festa in particolare, ogni
istante era ottimo pretesto per allenarsi.
Di
solito il saiyan durante la giornata spariva, per poi
ricomparire magicamente prima che il sole calasse del tutto. Non era sua
abitudine cenare con tutto il resto della famiglia, anche se l’oca bionda
insisteva sempre se lo incrociava il suo cammino.
“Portami
la cena in camera mia.” Le ordinava con i suoi modi ributtanti e vili.
Lei
cinguettava ed annuiva sempre in maniera contenta, perché la sua sola presenza
le metteva serenità, cosa invece non nota all’attuale fidanzato di sua figlia.
“Non
so come tu faccia a stare tranquilla sapendo che quell’assassino dorme sotto il
nostro stesso tetto.” Lo spilungone sorseggiò dalla cannuccia del suo bicchiere
l’aranciata che la futura suocera gli aveva appena portato “… potrebbe
ucciderci nel sonno, o peggio ancora far saltare in aria la città con un sol
schiocco di dita.” Rabbrivvidì al sol pensiero.
Bulma gli volse uno
sguardo in cagnesco, non amava particolarmente quando qualcuno la contradiceva
o giudicava le sue scelte.
“Ecco,
hai detto bene: potrebbe. Ma non lo ha ancora fatto.” Rispose in tono
saccente ed altezzoso, era sicura che Vegeta non avrebbe creato problemi né a
loro e né al resto del mondo.
“Tu
non sai che cosa passa nella mente di quel mercenario senza scrupoli.” Continuò
lui inorridendo per un senso di disagio che gli attraversò il corpo.
Ripensare
a quando era stato fatto fuori senza pietà per mano sua, o meglio per i saibaim lo inquietava ancora adesso.
“Se
è per questo nemmeno tu.” Ribadì togliendosi gli enormi occhiali da sole dal
volto per portarseli sopra i capelli evitando così la classica abbronzatura
stile panda.
“Si
che lo so… è un assassino Bulma. Quante volte te lo
devo ripetere?” Yamcha provò in tutti i modi a
farglielo capire alla sua ragazza che il fatto che Vegeta si trovasse in quel
pianeta e soprattutto sotto lo stesso tetto lo metteva a disagio, ma sembrava
che a lei non importasse poi molto di quello che provava.
“E
io quante volte te lo devo ripetere che non oserà torcerci un capello?”
Yamcha preferì alzarsi e
andarsene di lì piuttosto che continuare con quell’inutile conversazione,
sapeva che avrebbe perso in partenza perché conosceva bene la testardaggine di Bulma.
Prima
di entrare in casa, il cuore di Yamcha iniziò a
battere forte e sembrava volergli uscire dal petto, costringendolo ad arrestare
il suo passo incessante.
Guardò
in alto, oltre il cielo, non vide nulla oltre che l’azzurro infinito.
“E
ora che c’è?” Berciò Bulma infastidita credendo che
il motivo fosse tornare indietro e continuare la conversazione spiacevole.
Yamcha volse lo sguardo
in basso verso Vegeta.
Anche
lui si trovava nella medesima posizione, ma sembrava essere più preoccupato
rispetto al terrestre.
Digrignava
i denti e stringeva i pugni con grande forza.
“Non
è possibile…” Mormorò a mezze labbra lasciandosi cadere sulle ginocchia.
Yamcha lo raggiunse con
un balzo, non per soccorrerlo, ma per trovare certezza in una sua ipotesi:
quella che sentiva era l’aura di Freezer, ma non aveva ben individuato l’altra.
Lo
spilungone non fece tempo a proferire parola che la madre di Bulma arrivò in giardino con il telefono in mano per
porgerlo al genero.
“E’ Crilin!” Aveva esordito cinguettando per poi ritornare ad
occuparsi dei suoi amati fiori in giardino, anche se l’occhio cadeva sempre sul
petto muscoloso del saiyan.
Yamcha prese la cornetta
con decisone.
“Pronto?”
“L’hai
sentita anche tu?”
“Si,
è terrificante… e a giudicare dall’espressione di Vegeta, la cosa sembra
seria.” Yamcha vedeva i tratti del suo volto
contrarsi e una goccia di sudore solcargli il volto.
“Non
capisco chi ci sia con lui, sembra più forte…”
“E’
Re Cold, suo padre.” Rispose Vegeta udendo quella
domanda metallica.
Yamcha sbiancò pensando
che presto avrebbe rivisto Re Kaioh.
Se
Freezer e suo padre si stavano dirigendo verso il pianeta Terra, per loro non
c’era scampo.
Vegeta
continuava a digrignare i denti dalla rabbia, quell’idiota di Kakaroth non lo aveva ucciso. Lo sapeva che non ne avrebbe
avuto il coraggio. Al diavolo il suo animo buono e gentile che risparmiava
tutti.
Se
ripensava che anche a lui aveva riservato lo stesso trattamento gli veniva il
nervoso, costretto ad una ritirata come un verme strisciante. E lui odiava le
cose che strisciano.
Che
fare ora? Il principe dei saiyan sapeva bene che
entrambi non erano nemici alla sua portata, ma tirarsi indietro non era per
niente contemplato nel suo DNA.
Avrebbe
affrontato il nemico e il destino a testa alta, come sempre e se ne sarebbe
andato con dignità.
“Scusami,
Yamcha, ho una chiamata sotto. Ci sentiamo.” Crilin troncò quella conversazione lasciando il terrestre
attonito e altamente spaventato.
“Fai
bene a tremare… lo farei anch’io se avessi il tuo livello combattivo!” Lo
schernì Vegeta con sicurezza e fierezza.
“Guarda
che siamo sulla stessa barca, lo sai questo?” Nemmeno Yamcha
seppe da dove avesse preso il coraggio per dirgli quelle cose, forse perché
sentiva lo sguardo di Bulma puntato su di lui, oppure
perché tanto sapeva che se non veniva ucciso da Vegeta, sarebbe stato ucciso da
Freezer. Il suo destino in ogni caso era segnato, tanto valeva farsi vedere
bello agli occhi della fidanzata.
A
Vegeta iniziò a pulsare una tempia sulla testa dal nervoso “Come osi rivolgerti
a me con quel tono, inutile insetto?” Gli alitò sul volto.
“Guarda
che sei in casa mia, dovresti essere grato a Bulma
per averti permesso di rimanere… principe del niente!” Balbettava e sudava
freddo.
“C-che
cosa?” Negli occhi di Vegeta non trasparì alcun sentimento positivo, anzi, le
pupille si dilatarono ancora al massimo rendendo i suoi occhi ancora più
lugubri.
Il
principe avanzò di qualche passo facendo arretrare Yamcha
e farlo cadere col sedere a terra.
“Tsk… lo immaginavo… non riesci nemmeno a stare in piedi,
dovresti solo vergognarti.” Gli disse con disprezzo.
“Sono
inciampato” Rispose alzandosi sicuro di sé.
“Non
è questo il momento di litigare!” Intervenne Bulma
mettendosi nel mezzo, spingendo Vegeta in un angolo e Yamcha
dall’altro “… ci sono altri problemi più gravi. Se questi maniaci della guerra
si stanno avvicinando alla Terra è probabile che l’attaccheranno, e noi
dobbiamo difenderla.”
Vegeta
scoppiò in una fragorosa risata che echeggiò per tutto il giardino, facendo
chiedere alla madre di Bulma che cosa l’avesse
scatenata.
“E
sentiamo, che cosa suggerisci di fare?” Chiese curioso Vegeta.
“Per
prima cosa sarebbe da capire dove atterreranno.”
“Penso
tra le montagne, se ho fatto bene i calcoli.” Rispose il principe.
Yamcha convenne con lui.
“Allora
andremo lì!” Disse Bulma con determinazione.
“Andremo?”
Domandò interrogativo Yamcha.
“Si,
verrò anch’io! Non ho mai visto Freezer, nemmeno quando eravamo su Namecc e sono curiosa di conoscere il suo aspetto.”
Vegeta
sogghignò, quella terrestre aveva coraggio da vedere, oppure era semplicemente
stupida, non lo aveva ancora capito bene.
“Tu
sei tutta matta!”
“NON
DARMI DELLA PAZZA! Ho tutte le ragioni di questo mondo di venire con voi” Inveì
contro il suo fidanzato.
Yamcha sapeva bene che
se la sua ragazza si metteva in testa qualcosa difficilmente se lo toglieva o
desisteva, quindi la cosa più saggia da fare era quella di prenderla in braccio
e portarla con loro.
Non
era stupida, e se la situazione si fosse fatta seria, avrebbe abbandonato lei
stessa il luogo dell’atterraggio.
Vegeta
continuava a guardare quella terrestre di sottecchi, trovandola un esemplare di
femmina terrestre alquanto interessante.
*
Entrambi
gli interlocutori ricordavano bene quell’aura malvagia e potente, e nessuno dei
due aveva vergogna a far trasparire il disagio e la preoccupazione dai loro
toni tremolanti.
“E’ tornato!” Aveva
esordito Crilin quando aveva sentito la voce di Gohan dall’altra parte del telefono.
Nessun
ciao o come stai, sapeva che non si sarebbe offeso, anzi, quegli
inutili convenevoli avrebbero fatto perdere solo del tempo prezioso anche a lui.
“Lo
so… com’è possibile?”
“Non
ne ho idea… però so per certo che è lui.”
“Questa
volta non è solo, e la sua aura è molto potente.”
Gohan deglutì non
sapendo che cosa fare di concreto, non c’era nessuno sul pianeta Terra in grado
di tener testa a Freezer, figuriamoci a quell’altra accanto a lui ancora più
notevole.
“Senti…”
Balbettò Crilin “… io vado lì ad aspettarlo.” Se
quella doveva essere la sua fine, allora avrebbe fatto una grande fine.
“Vengo
anch’io!” Lo disse senza pensare e soprattutto senza avvisare sua madre, ma Chichi aveva le orecchie lunghe e non ci mise molto ad
entrare in camera di Gohan ed attaccarsi alla sua
gamba per trascinarlo in casa per evitargli la fuga dalla finestra.
“Mamma,
lasciami. Devo andare!” Cercò di divincolarsi come meglio poteva ed usando
soprattutto pochissima forza per non ferirla.
“No,
devi studiare!” Insistette lei.
“Se
Freezer attaccherà la Terra sarà inutile restare con il naso dentro i libri.”
“Tu
diventerai uno studioso e non un maniaco della guerra come lo era tuo padre.” Chichi sembrava far orecchie da mercante.
“NO!”
Disse con convinzione puntando i piedi sul pavimento “… ora mi ascolti! Non
diventerò mai e poi mai uno studioso finchè non ci
sarà pace sulla Terra. Se arriverà un nemico io sarò lì in prima fila a
combattere. Devo proteggere te e tutta la popolazione.”
“Ci
penseranno alt..”
“No”
L’interruppe “… io sono forte e ora andrò a dare una mano. E tu, non me lo impedirai.”
Gohan fece lo sguardo duro e senza dare il tempo a
sua madre di replicare uscì dalla finestra e volò fino al luogo prestabilito
per l’incontro lasciando sola la donna a piangersi addosso.
*
Tutti
i guerrieri Z arrivarono quasi in contemporanea su quel promontorio, e quasi
tutti si meravigliarono per la presenza di Bulma, ma
ancora di più per quella di Vegeta.
Solo
Crilin era a conoscenza del suo ritorno improvviso,
gli altri si limitarono a lanciargli occhiate interrogative tenendosi a debita
distanza, come se il nemico fosse ancora una volta lui.
Vegeta
d’altro canto si sentiva quegli sguardi addosso come fossero coltelli pronti
per infilzarlo, ma non diede molto peso alla cosa, in quanto era abituato ad
essere osservato e squadrato, anzi, questa situazione rimpolpava di più il suo
ego smisurato.
“ARRIVANOOOO!!”
Aveva urlato quando sentì molte auree deboli avvicinarsi, seguiti poi dalla
navicella di Freezer e Re Cold, tutti si nascosero
tremando di paura dietro le rocce acuminate.
“Che
facciamo ora?” Chiese sussurrando Gohan a Junior.
Non
lo sapeva nemmeno lui, avrebbero potuto battere gli scagnozzi, ma non quelli
più forti, neppure se avessero unito le forze tutti insieme.
La
situazione era seriamente pericolosa e più i minuti passavano e più cresceva
nei guerrieri la consapevolezza che non avrebbero mai vinto quella battaglia.
“Io
vado!” Aveva detto Tensing con estremo coraggio
alzandosi.
“Sei
pazzo? Cosa credi di fare?” Gli domandò Yamcha ancora
sconvolto, era tornato da poco dall’al di là e l’ultima cosa che voleva era
ritornarci.
“Non
lo so, ma sarà sempre meglio che stare qui con le mani in mano aspettando la
nostra fine.”
Bulma rabbrividì a
quelle parole, non era pronta nemmeno lei a lasciare la sua vita terrena, non
prima di essersi sposata e aver avuto dei figli. Immaginava di morire di
vecchiaia nel suo letto di casa attorniata dalla sua famiglia.
“Verrai
ucciso appena vedranno la tua zucca pelata” Disse Vegeta con riluttanza.
Tensing si sentì
profondamente offeso, non per l’espressione zucca pelata, ma perché era
stata appena messa in discussione il suo coraggio, e lui ne aveva da vendere.
“Sempre
meglio di starsene qui a non fare nulla.”
Tensing stava per
muoversi quando in lontananza vide alcuni riflessi sferzare l’azzurro cielo e
quelli che sembravano dei pezzi di carne, cadere a terra.
Gli
addii non erano mai stati il suo forte, anzi, se fosse dipeso da lui un saluto
con la mano alzata prima di entrare nella monoposto sarebbe stato più che
sufficiente, non era affatto abituato ad inutili convenevoli. Un po' anche per
ingenuità e non per ignoranza.
Però
doveva rimanere ancorato ancora per un po' alle tradizioni di quell’assurdo
pianeta dove aveva trascorso circa un anno dall’esplosione del pianeta Namecc, e dopo il banchetto di addio dove era stata servita
ogni tipo di leccornia tipica di quella terra aliena, Goku era finalmente pronto
a lasciarsi alle spalle per sempre Yardrat.
Aveva
imparato molto da loro, e non solo parlando in termini di tecniche da
combattimento, ma aveva anche appreso l’arte del cucito che gli permise così di
rammendare la sua amata tuta arancione.
Goku
aveva provato a spiegare molte volte alle donne del paese che quel capo andava
sistemato e rimesso a nuovo, ma ogni volta interveniva Juth,
dicendogli che se la sua intenzione era quella di imparare la tecnica del
teletrasporto, il cucito era un ottimo modo per iniziare.
Ancora
oggi Goku non ne capiva il nesso. Forse perché fin dall’inizio si era preso
gioco di lui, pensò. Quasi sicuramente. No, giunti a questo punto ne era più
che certo, ma non gli importava poi molto.
Juth in realtà voleva
fargli passare solo la paura degli aghi. Ci era riuscito? E chi può dirlo,
quello di cui poteva essere sicuro era che Goku non tremava più come una foglia
come le prime volte, ora andava sicuro e deciso ad ogni ricamo.
Ovviamente,
Juth aveva fatto sistemare il disastro che aveva
combinato dalle donne yardratiane, prima che
il saiyan si ritrovasse con degli abiti
inutilizzabili.
In
ogni caso, gli aveva donato delle vesti tipiche di quel luogo e Goku le aveva
accettato con grande piacere, indossandole anche all’istante.
Juth porse la mano al
suo strampalato ospite in segno di saluto, Goku contraccambiò con mestizia. Gli
dispiaceva andarsene, ma quella casa non gli apparteneva, ed in più aveva
nostalgia della sua di terra e non vedeva l’ora di abbracciare moglie e figlio.
Chissà
com’era cresciuto e diventato forte Gohan in quell’ultimo
periodo.
“Grazie
di tutto, amico mio, è stato un grandissimo piacere conoscerti e conoscervi”
“Il
piacere è stato nostro, ci hai aiutato parecchie volte con quei predoni, e
credo che non si faranno più rivedere.” Convenne lui tenendo ancora la mano di
Goku stretta alla sua.
“Lo
spero per voi” Mormorò “… in caso contrario, sapete come difendervi!” Ammiccò.
“Certo,
e tutto grazie a te.”
“Non
devi ringraziarmi, è stato il minimo che potessi fare!”
“Comunque…
sai che puoi ritornare quando vorrai, magari con la tua famiglia, così
finalmente conoscerò questa Chichi di cui hai paura”
Goku
inarcò un sopracciglio “Ma… ma io non ho paura di mia moglie… è solo che…”
“E’
solo che?...” Lo invitò a continuare.
“Sarà
come sempre in collera con me!” Sospirò alzando gli occhi al cielo non capendo perché
sua moglie se la doveva prendere così tanto.
“E
tu portale dei fiori… tieni!” Juth prese da dietro la
schiena un mazzo di boccioli provenienti dal suo giardino, molto simili a rose,
solo di colore blu e che profumavano di lavanda.
A
Goku si illuminarono gli occhi, erano bellissime e Chichi
avrebbe sicuramente gradito tale dono; prese il mazzo di fiori e lo portò
all’interno della monoposto con l’intento di partire, ma prima di farlo, volse
prima un ultimo sguardo malinconico a quegli abitanti, molti di loro stavano
piangendo, soprattutto i più piccoli, da ora in poi il loro giocattolo
preferito non lo avrebbero più visto.
Perché
nonostante la sua età, Goku teneva il cuore innocente di un bambino.
“Arrivederci,
amici miei!”
Gli yardratiani videro la navicella del loro ospite
sorvolare il cielo violaceo, per poi sparire oltre la coltre di nuvole, fino a
raggiungere lo spazio più infinito.
Nella
fretta di partire, Goku non si accorse minimamente di essersi seduto sopra il
dono per la sua Chichi, ma fu quando una spina si
conficcò nel gluteo destro che egli sussultò e tremò dal dolore.
Urlò.
Non
poteva muoversi o aumentare l’aura a dismisura, altrimenti la navicella sarebbe
scoppiata in tanti piccoli pezzettini facendolo capitombolare fuori dall’abitacolo
e vagare nello spazio infinito nell’attesa di perire.
Si
limitò a piagnucolare mentre estraeva con difficoltà quell’aculeo appuntito.
*
Goku
si stava ancora massaggiando il gluteo dolorante quando sentì un enorme aura
avvicinarsi alla sua monoposto.
Anzi,
le presenze che percepivano erano due. Una gli sembrava di conoscerla, anche se
si stava chiedendo come fosse possibile, l’altra leggermente più debole non
aveva la più pallida idea a chi potesse appartenere. All’interno di quell’abitacolo
ne sentiva altre, ma molto più fievole ed insignificanti.
Chiuse
gli occhi per concentrarsi meglio, ma fu quando lo sorpassarono a grande
velocità che i suoi dubbi divennero certezze: quella era la navicella di
Freezer con lui all’interno.
Doveva
essere sopravvissuto in qualche maniera all’esplosione del pianeta Namecc nonostante avesse ricevuto ingenti danni alla sua
persona, probabilmente era stato grazie all’energia donata generosamente da
Goku che si era potuto salvare in qualche maniera.
“Dannazione!”
Digrignò i denti.
Il saiyan vide la navicella allontanarsi in maniera
spropositata e solo dopo pochi istanti realizzò che si stavano dirigendo verso
il pianeta Terra, poi sparì davanti ai suoi occhi, dovevano aver realizzato un
salto iperspaziale per arrivare prima.
“Mannaggia!”
Goku schiacciò un po' di pulsanti per attivare anche lui il portale così da
seguirli, ma si era appena ricordato di un piccolo particolare, gli yardratiani non possedevano la tecnologia necessaria
per riparare il comando, però, lui fruiva un’abilità particolare, che pochi al
mondo conoscevano: la tecnica del teletrasporto.
Goku
controllò sulla consolle di comando il tempo stimato per l’atterraggio sulla
Terra e storse il naso quando realizzò che mancavano all’incirca tre ore.
“Non
arriverò mai in tempo, meglio usare una piccola scorciatoia” Il saiyan si portò due dita sulla tempia destra e concentrò al
massimo la sua mente seguendo quelle potenti auree.
Aprì
gli occhi di scatto non capendo che cosa stesse succedendo, oltre all’aura
potentissima di Freezer e quell’altra malvagia, ce n’era un’altra, potente,
buona e sconosciuta.
“Wow…
i ragazzi sono diventati davvero forti in questo mio periodo di assenza!”
Gonfiò il petto in segno di orgoglio, poi incrociò le braccia al petto e chiuse
gli occhi, forse avrebbe fatto bene a riposare un po' visto che la Terra non
correva alcun pericolo.
*
Quelle
scie luminose si videro per ancora per qualche minuto nel cielo alto.
C’era
chi come Gohan, Vegeta e Junior riuscivano a
distinguerle bene e a vedere in lontananza un guerriero dotato di spada che
affettava quelle vittime sacrificali.
Il
restante invece, non percepivano altro che una forte aura.
“Non
vedo niente!” Mormorò Bulma portandosi una mano in
orizzontale all’altezza degli occhi, credendo fosse colpa del riflesso del sole
che si trovava alto nel cielo, il motivo per cui non riusciva a vedere nulla.
“Se
è per questo nemmeno noi.” Le rispose Yamcha.
“Beh!
Allora avvinciamoci!” Incalzò lei indispettita.
“Non
sarebbe saggio farlo.” Li zittì Junior con l’approvazione silenziosa di Vegeta.
“Solo
perché voi riuscite a distinguere bene, io invece non vedo niente!” Piagnucolò
puntando i piedi l’azzurra.
“Nessuno
ti ha invitata!” Convenne Vegeta con ovvietà ritornando a godersi lo scontro e
la sconfitta da parte dell’esercito di Freezer con somma rabbia nel cuore, perché
quello che doveva posare la sua mano distruttrice era lui e nessun altro,
invece ancora una volta era stato superato e messo in un gradino inferiore. E
quello che è peggio è che non sapeva nemmeno da chi.
Doveva
avvicinarsi e guardarlo meglio negli occhi.
Il
più gettonato era Kakaroth, ma Vegeta era strasicuro
che non si poteva trattare di lui, l’aura era sì, tipica di un saiyan, ma qualcosa non tornava. Kakaroth
non si sarebbe servito di una spada o di una qualsiasi arma.
Yamcha digrignò i denti “Non
ti rivolgere a lei in quella maniera” Il mollusco gonfiò il petto mettendosi
davanti alla fidanzata, in cambio ottenne uno sguardo ancora più intimidatorio
da parte di Vegeta che si avvicinò lentamente a lui.
“Sennò
che fai?” Gli alitò sul volto facendogli diventare le ginocchia di gelatina.
Il
cuore dello spilungone gli galoppò nel petto e per una frazione di secondo
temette di morire all’istante per mano del saiyan…
tanto se non ci avrebbe pensato lui, sarebbe morto comunque per mano degli
invasori.
Quindi
se doveva decidere sul come, preferì di gran lunga mentre difendeva la
fidanzata piuttosto che come un vile codardo.
“Basta,
voi due!” Intervenne Tensing a placare gli animi.
Vegeta
pensò che non valeva la pena sporcarsi le mani con del letame e ritornò
lentamente al suo posto di guardia.
“Io
vado a vedere!” Disse poi il principe di tutti i saiyan.
“Vengo
con te!” Lo seguì Junior tra gli anfratti della montagna, vendo poi raggiunti
da tutti gli altri curiosi.
Si
fermarono poco dopo su un promontorio da dove potevano godere di una vista
migliore e Vegeta spalancò gli occhi dallo stupore quando vide quello strano
ragazzo trasformarsi davanti a lui in super saiyan e
con una facilità impressionante affettare e disintegrare il corpo di Freezer in
una frazione di secondo.
Impallidì,
venendo assalito da mille domande e perdendo per un attimo la fiducia in sé stesso.
Chi era quel ragazzo? Era chiaro non fosse un saiyan…
e allora perché possedeva tutte le abilità di un abitante del pianeta Vegeta-sej? Che fosse il figlio di qualcuno che era riuscito a
scampare miracolosamente all’esplosione del pianeta?
Vegeta
digrignò i denti dalla rabbia, che presto si trasformò in collera non appena
anche Re Cold seguì suo figlio Freezer nell’al di là.
Il ragazzo
misterioso di asciugò la fronte con l’avambraccio, faceva caldo e l’aria afosa
del deserto non aiutava.
*
Trunks
si guardò attorno venendo assalito da una strana sensazione di malinconia.
“Allora
è questo il passato” Mormorò a mezze labbra.
E in
ogni caso si stava chiedendo dove diavolo fosse Goku.
Sua
madre gli aveva dato istruzioni precise ed era sicura che nell’esatto momento
lui sarebbe approdato nel passato, anche Goku avrebbe fatto lo stesso, in
quanto sarebbe dovuto arrivare in contemporanea con Freezer e Re Cold.
“Forse
è colpa mia, avrò cambiato involontariamente il passato… mannaggia!” Proprio
quello che doveva evitare di fare.
Ma c’era
un’altra cosa che non era in programma, ovvero incontrare gli altri, le persone
sotto di lui che lo stavano guardando con aria interrogativa.
Deglutì.
“Non doveva andare così, dove ho sbagliato?” Trunks controllò il palmare
agganciato all’avambraccio e gli stava segnalando l’arrivo della navicella di
Goku tra tre ore precise.
Quello
che doveva fare, era attendere il suo ritorno con gli altri, perché sapeva già
che avrebbe dovuto rispondere ad alcune domande, forse scomode.
“Ehi!
Voi!” Si rivolse a loro, non li conosceva, però tra quel gruppo riconobbe
indistintamente sua madre Bulma, il piccolo Gohan e suo padre Vegeta.
Quest’ultimo
lo aveva visto solo una volta in una foto andata ormai perduta, ma il suo volto
era ben impresso nella mente.
Trunks
si sentì un attimo smarrito e la voglia di abbracciare tutti stava avendo il
sopravvento, ma un brandello di lucidità lo fece rinsavire ed evitargli di
commettere un errore, li si che sarebbe stato fottuto.
“Sto
andando ad accogliere Goku. Seguitemi!” Il ragazzo spiccò il volo facendo segno
della direzione da prendere.
“Ma
chi è?” Qualcuno chiese storcendo il naso.
“Possiamo
fidarci di lui?”
“Potrebbe
essere una trappola.”
“Non
conosciamo nemmeno le sue intenzioni!”
“A
me basta sapere che conosce Goku e che ha fatto fuori Freezer e suo padre.” Tensing seguì il ragazzo misterioso, e dopo di lui tutti
gli altri.
Forse
quello più curioso, infondo, era proprio Vegeta, l’unico a vedere quella situazione
strana e nebulosa.
Lo
avrebbe fatto parlare con ogni mezzo se era necessario.
Fu l’ultimo
ad alzarsi in volo per saziare la sua sete di curiosità.
*
Continua
*
Angolo dell’Autrice:Ciao a tutti! E come di consueto buon
inizio settimana, devo essere sincera credevo che non sarei stata in grado di
pubblicare, in quanto questo capitolo è stato difficile da scrivere, un po'
come tutti gli altri, ma questo in particolare.
Come
al solito vi chiedo di lasciarmi un vostro parere sincero e vi ringrazio fin da
ora per il vostro supporto.
L’aria
calda del deserto gli sferzava la faccia mentre si apprestava a raggiungere le
coordinate indicate con estrema precisione da sua madre.
Il
posto dove tra sole tre ore sarebbe atterrato Goku era vicino, e quando il
palmare iniziò a trillare, Trunks, iniziò la manovra di atterraggio seguito da
tutto il resto del gruppo.
Il
cuore gli batteva forte nel petto, non in quanto avrebbe finalmente conosciuto
il famigerato Goku, il paladino della giustizia, colui che se salvato avrebbe
sconfitto quei maledetti cyborg assicurando un futuro più sereno a quella linea
temporale, ma perché poco più indietro c’era suo padre che continuava a
scrutarlo e a lanciargli occhiate che avevano bisogno di soddisfare la sua sete
di sapere.
Una
volta sceso, il lilla controllò che la boccetta contenuta nella tasca del suo
giubbetto di jeans non si fosse rotta durante il combattimento di pocanzi.
Intatta.
Trunks
tirò un sospiro di sollievo, sarebbe stato un disastro se si fosse infranta
accidentalmente, rendendo così inutile quel viaggio nel tempo.
Tutti
erano curiosi verso quel misterioso ragazzo, gli rivolgevano alcune domande,
molte delle quali purtroppo dovevano rimanere senza risposta per ovvie ragioni.
“Wow,
il simbolo della mia azienda, sei per caso uno dei nostri dipendenti?”
L’ interesse
della sua giovane madre lo fece impalare come un gatto di sale, ma del resto Bulma era sempre stata una ragazza sveglia e notare certe
cose le veniva normale, soprattutto se si trattava della sua azienda, quel
simbolo lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Trunks
rispose molto vagamente e sembrava che il genitore l’avesse bevuta, proprio
come stava trangugiando quella bibita fresca che le offrì.
Chi
invece non la smetteva di togliergli gli occhi di dosso era un irritato Vegeta,
desideroso di sapere tutto su di lui.
Prima
tra tutti perché possiede la forza di un saiyan.
Se
ne stava in disparte con le braccia incrociate al petto, ma con lo sguardo ben
puntato su quel misterioso ragazzo.
“Noi
saiyan abbiamo i capelli neri!” Non doveva essere uno
della sua razza perché non possedeva quel tratto distintivo, almeno che il
padre o la madre non avessero mescolato il loro sangue puro con qualche altro
alieno, allora la cosa si spiegherebbe. Ci aveva anche azzeccato il principe,
ma questa cosa non doveva saperla.
Trunks
si morse il labbro inferiore, avrebbe voluto corrergli incontro e urlare a
squarciagola che era suo figlio e che trovarsi davanti a lui era un grande
onore e privilegio, oltre che un piacere.
Ma
Trunks dovette buttare giù un po' di saliva mista a polvere per togliersi di
dosso quel desiderio e farlo scivolare subito via, non poteva essere scoperto e
non poteva rischiare di rivelare di più del dovuto, altrimenti la sua esistenza
sarebbe stata messa in discussione.
Trunks
non rispose a quella provocazione, si limitò solo a volgergli un sorriso
accennato per poi accomodarsi sopra una roccia per attendere l’arrivo di Goku
insieme agli altri.
*
Il
sole era alto e cocente, e l’attesa divenne presto un’agonia, soprattutto per Bulma, la quale tollerava meno degli altri il caldo
torrido.
“Quanto
è passato?” Domandò a Crilin vicino a lei.
“Mmm… forse mezz’ora!” Rispose con superficialità il pelato.
“Uffa…
non ho nemmeno portato con me la crema solare.” Sbuffò sonoramente guardandosi
attorno alla ricerca del fidanzato per chiedergli se andava a casa a prenderla,
e dato che c’era anche uno sdraio, quella roccia dura e irta era molto scomoda
per i suoi gusti.
Erano
usciti così di corsa che Bulma non aveva avuto modo
di portare con sé qualche capsula di emergenza.
Il
suo sguardo però si posò immediatamente sul ragazzo misterioso e su quello che
stava facendo, niente di male in realtà, ma continuava a fissare Vegeta in
maniera ossessiva, notando il suo disagio.
“Ehi!”
Diede una gomitata al pelato destandolo dai suoi pensieri ancora una volta.
“Che
c’è ora?” Domandò quasi irritato.
“Non
credi si assomiglino?”
“Chi?”
“Quel
bellissimo ragazzo e Vegeta… soprattutto per l’aria che hanno”
Crilin inarcò un
sopracciglio di dissenso, non si assomigliavano per niente a dire la verità:
uno era scorbutico e antipatico, l’altro timido e introverso. Due mondi agli
antipodi.
“Bah!
Io non l’ho notato. Per me ti stai sbagliando.” Crilin
ritornò a sonnecchiare.
“Mmm…” Bulma non ne era convinta
del tutto convinta.
Da quando
lo aveva visto un po' più da vicino una strana sensazione si era impossessata
di lei, non sapeva bene che cosa fosse, ma ad un tratto si sentì triste, ma
anche eccitata nel conoscerlo.
Aveva
voglia di porgli mille domande, ma anche di offrigli la sua ala protettiva.
Si
alzò e si diresse verso di lui con passo deciso, era intenzionata a scoprire di
più.
*
Bulma si mosse verso la
sua direzione quasi d’istinto, come se una forza misteriosa l’
attirasse verso di lui.
Trunks
si irrigidì ancora di più, se possibile, perché sapeva bene che se lei si stava
avvicinando era solo per curiosità si sapere tutto su di lui.
Sua
madre l’aveva avvertito che ogni interazione con gli altri sarebbe risultata
pericolosa ed Trunks non quel preciso momento invocò mentalmente il suo aiuto.
Inspirò
profondamente in attesa di conoscere le sue intenzioni.
“Ciao,
io sono Bulma. Non mi sono presentata a dovere
prima.” Si sedette accanto a lui.
“C-ciao!”
Rispose timidamente in attesa di altre domande relative alla sua persona.
“Allora?
Dove hai conosciuto Goku?”
“Go-Goku?”
Chiese sorpreso “… in realtà lo conosco solo di fama, non l’ho mai visto
prima.”
Bulma rimase sbalordita
da quell’affermazione, era convinta fosse un suo amico, ed invece…
“E
allora perché lo stai aspettando? E come mai sai esattamente che sta
arrivando?”
Trunks
abbassò lo sguardo timidamente “Mi dispiace, non posso dirlo. Davvero.”
“STRONZATE!”
Sbottò Vegeta alzandosi dal suo posto.
“Oh!
Smettila! Se dice che non può rivelarci nulla, sarà così.”
“E
tu gli credi?” Vegeta le mostrò i denti per spaventarla.
“Certo
che gli credo razza di scimmione!”
“Perché?
Non vedi che ci sta prendendo tutti per i fondelli? Non arriverà nessuno qui!
Stiamo aspettando da ore ormai!”
“N-non
ho mentito!” Rispose il misterioso ragazzo visibilmente imbarazzato.
“E
ALLORA DOV’E’?” Un per il caldo e un po' per l’attesa snervante, Vegeta stava
sbottando di brutto. Non tollerava essere preso in giro, senza contare che chi
stava osando tanto, era solo un ragazzino, che si poteva trasformare in Super Saiyan, per giunta. Un affronto ancora più grande per il
principe.
E
forse era quest’ultima cosa che lo irritava ancora di più.
“Non
so come dirtelo, ma sta arrivando!” Il ragazzo misterioso controllò il conto
alla rovescia sul palmare, segnava quattro zeri, segno che il countdown era
terminato e che presto avrebbero notato una monoposto nel cielo limpido
azzurro.
“Che
bel modello!” Disse Bulma “…alta tecnologia! Chi lo
ha inventato dev’essere stato un genio!”
Trunks
si morse la lingua, aveva ormai perso il conto di quante volte lo aveva fatto
nell’arco di quelle tre ore; forse se avesse ingerito dell’azoto liquido per
congelarsi all’istante sarebbe stato molto più proficuo, ma ormai era tardi per
rimediare, e Goku stava solcando il cielo in quel momento.
“ARRIVA!”
Aveva urlato Junior al resto della compagnia percependo l’aura dell’amico all’interno
della monoposto atterrata poco distante.
“Tsk! Ti è andata bene!” Furono le parole che Vegeta rivolse
al ragazzo dai capelli improbabili.
“Ti
ho detto che non sono un bugiardo!” Sibilò per non fomentare la rabbia del
genitore.
*
Erano
tutti eccitati ed entusiasti quando la navicella si aprì e Goku uscì di lì con
sguardo attonito.
“E
voi che ci fate qui?” Chiese senza ottenere risposta da nessuno, in cambio, il
bagno di folla si riversò verso di lui.
Non
vedevano l’ora di riabbracciarlo e chiedergli dov’era stato per quell’anno.
Tutti
erano preoccupati e nei mesi precedenti c’erano stati parecchi giorni di apprensione
per la sua sorte, fino a quando il drago Polunga non
ha annunciati a tutti che era vivo e vegeto, e quella consapevolezza, aveva
fatto partire un embolo al principe dei saiyan che si
era messo a cercarlo per tutta la galassia solo per essersi preso gioco di lui.
“Uh!
A proposito… chi ha sconfitto Freezer? Aveva una forza incredibile… sei stato
tu Junior? Anche se scommetto che è stato Vegeta!” Ipotizzò con la sua solita
aria spensierata guardando prima il namecciano e poi
il suo simile.
“In
realtà è stato questo ragazzo!” Crilin indicò il
giovanotto dietro di lui prima di spostarsi e fargli spazio per passare davanti
in modo che conoscesse Goku.
Il saiyan dai capelli a palma squadrò quel giovane da capo a
piedi, chiedendosi mentalmente chi fosse e come poteva possedere una forza di
tali proporzioni per la sua età.
“E
chi sarebbe?”
I
presenti strabuzzarono gli occhi, erano convinti che da come ne parlava il
ragazzo misterioso i due si fossero conosciuti da qualche parte, ed invece non
era proprio così.
“Ma
come? Non lo conosci?” Chiese Crilin, fomentando
ancora di più la rabbia nel principe, il quale, alla prossima domanda non ci
avrebbe pensato due volte a scatenare la sua ira per mettere fine a quella
pagliacciata.
A
Goku non bastava averlo fatto attendere così a lungo, doveva anche prendersi
gioco di lui mettendo in scena quel teatrino patetico ed illogico.
“Mai
visto in vita mia.” Rispose con naturalezza.
“Ciao,
Goku. Ti dispiace se andiamo a parlare laggiù?” Intervenne il ragazzo
misterioso.
*
Alla
fine Trunks aveva spiegato a Goku per filo e per segno tutte le vicissitudini
che l’avevano portato a compiere quel viaggio indietro di qualche anno dopo che
sua madre Bulma aveva inventato la macchina del
tempo.
Purtroppo
l’unica cosa che gli era rimasta impressa nella mente erano il suo nome e di
chi era figlio, il resto, ovvero la parte più importante lo aveva rimosso.
Chissà
che cosa sarebbe successo se Trunks avesse davvero incontrato solo Goku come
gli era stato predetto da sua madre e non il resto della compagnia, ma questa è
un’altra storia, oggi Trunks per sua fortuna aveva incrociato anche il cammino
di Junior.
Dopo
aver salutato tutti, Trunks avviò la sua macchina del tempo, e attendendo che
la barra che controlla lo spazio tempo, si fosse riempita tutta, volse un
ultimo sguardo in basso, soprattutto ai suoi giovani genitori.
Il
lilla lasciò quel tempo con un enorme vuoto nel cuore, ma con la consapevolezza
di essere riuscito nella sua missione.
Aveva
conosciuto Goku e consegnato nelle sue mani quella medicina che gli permetterà
di sopravvivere e sconfiggere quegli androidi, con la promessa che trascorsi i
tre anni si sarebbero rivisti. In un modo o nell’altro.
“Allora?
Che voleva quel ragazzo?” Chiese Crilin in trepidante
attesa.
Tutti
li avevano visti lottare e scambiarsi qualcosa, oltre che parlare per oltre
mezz’ora.
Improvvisamente
vuoto. La mente di Goku non riusciva a formulare una frase di senso compiuto
che non fosse il vero nome di quel ragazzo e che sua madre e suo padre erano
niente di meno che Bulma e Vegeta. Incredibile, se ci
pensava, gli veniva quasi da ridere.
Goku
deglutì prima di annunciare che non ricordava nulla.
“Sei
sempre il solito, Goku!” Inveì Bulma, forse la più
curiosa del gruppo.
“MA
SEI DEFICIENTE???” Sbraitò Vegeta facendosi spazio tra quei rammolliti per
suonargliele di santa ragione e fargli tornare a mente a suon di schiaffi
quanto detto da quel ragazzo poco fa.
“Scusa…
è che mi ha detto talmente tante cose che…” Goku mise avanti le mani nella
speranza di allontanare un iracondo Vegeta.
“…
che la tua mente contorta non ha recepito niente!” Continuò il principe
riluttante.
Gli
avrebbe volentieri sputato sulla faccia per fargli capire quanto idiota era, ma
per sua fortuna intervenne Junior a placare gli animi, annunciando che avrebbe
parlato lui al suo posto, ma che non avrebbe detto a nessuno delle origini di
quel ragazzo.
Goku e Gohan erano stati i primi a sollevarsi in
volo e prendere la via di casa, dopo ovviamente aver augurato a Bulma di partorire un bel bambino.
Per fortuna che l’amica non ne aveva colto il senso logico, ovvero
collegare quel misterioso ragazzo venuto del futuro proprio con lei. Eppure era
una ragazza sveglia ed intelligente, ma forse il fatto che Yamcha
avesse pensato che Goku gli stesse suggerendo il fatto si sistemarsi, l’aveva
mandata letteralmente fuori strada.
Junior avrebbe voluto soffocarlo all’istante, ma per sua fortuna dalla sua
bocca ingenua non era trapelato null’altro.
E mentre lo spilungone fantasticava su un possibile erede e di conseguenza
una vita lunga e felice con l’azzurra compagna, la mente di Bulma
era attanagliata da un incubo terribile, ovvero la possibilità che il suo
migliore amico perdesse la vita a causa di un virus, nonostante ora gli fosse
stata consegnata una medicina in grado di salvarlo da morte certa.
“Ci conviene andare, adesso!” Le aveva detto Yamcha
destandola dai suoi pensieri.
Bulma smise improvvisamente di torturare l’unghia del pollice destro ed annuì,
non prima però di aver tracciato delle coordinate per ritornare con suo padre a
prendere la monoposto con la quale era arrivato Goku e la navicella di Freezer
che giaceva oltre le montagne.
Erano rimasti solo loro, assieme all’aria torrida e secca del deserto.
“Ora possiamo farlo… non vedo l’ora di buttarmi sotto la doccia e levarmi
via la sabbia tra i capelli” Sbuffò sonoramente tra le braccia sudate del
fidanzato.
“Possiamo farla assieme!” Ammiccò lui sensualmente.
“Tu devi allenarti!” Smorzò indubbiamente il suo entusiasmo.
“Abbiamo tre anni per prepararci, anche se inizio domani, che cosa cambia?”
Era un ragazzo che prendeva sempre tutto alla leggera, e questa cosa qui non
giocava di certo a suo vantaggio.
L’aria fresca le colpiva il volto niveo, togliendole così un po' di rossore
dovuta alla calura delle ultime ore, ritrovando refrigerio. Bulma
sperava solo di non essersi presa un eritema solare, ma da come la pelle bruciava
sembrava proprio trattarsi di quello. Qualche giorno e tanta crema lenitiva tra
le più costose in commercio avrebbero potuto sanare la situazione ed evitare la
desquamazione.
Non si sarebbe più potuta guardare allo specchio sapendo che si stava
trasformando in un serpente nel periodo di cambio muta.
Ma non aveva tempo per pensare a quello, perché il suo ragazzo stava
tirando fuori un argomento senza alcun fondamento.
“Immagino che gli altri abbiano già provveduto.”
“Con altri, intendi Vegeta?” Incalzò lui sottolineando perfettamente il
nome del saiyan “… mi era sembrato abbastanza
irritato quando ha scoperto che anche quel ragazzo proveniente dal futuro si
poteva trasformare in super saiyan senza tanti
problemi.” Sogghignò sotto i baffi.
“Lo puoi biasimare?”
“Lo stai forse difendendo?”
Bulma staccò lo sguardo dal suo preferendo guardare in basso piuttosto che il
volto inquisitore di Yamcha.
“Sto solo dicendo che capisco perché è sbottato in quella maniera.” Sollevò
gli occhi al cielo rassegnata, a volte quella sua gelosia infondata le dava sui
nervi.
“Mmm… va bene!” Yamcha
non indagò oltre per non irritarla ancora di più, quello di cui non aveva
affatto bisogno in quel momento era proprio litigare con lei per una stupidaggine
come quella.
*
Chichi, da brava massaia, aveva già rassettato tutta casa e messo la cena sul
fuoco.
Ovviamente imprecando tutti gli Dei che conosceva. Pochi, a dire la verità.
Nonostante in quell’ultimo anno avesse cresciuto Gohan
da sola cercando sempre di renderlo ligio al dovere di studioso, si era resa
conto che il sangue guerriero che scorreva nelle sue vene sarebbe stato
difficile da estirpare, ma questo, non le avrebbe impedito, una volta rientrato
a casa, di impartirgli una severa e giusta punizione solo per averle osato
disobbedire.
Chichi dal nervoso ruppe un piatto che stava riponendo con forza nello scolapiatti.
Tirò su i cocci con una scopa che teneva vicino al lavello sbuffando, se
avesse continuato di questo passo, presto avrebbe avuto bisogno di un servizio
nuovo.
“Non vuoi entrare, papà? Mamma sarà contenta di vederti.” Disse Gohan entusiasta, finalmente quella sera la sua famiglia si
sarebbe riunita dopo tanto tempo. Nemmeno ricordava più quando avevano cenato l’ultima
volta tutti e tre insieme, sembrava essere passato un’eternità. Un po' lo era.
Goku s’impietrì quando sentì qualcosa dentro casa andare in frantumi e
conseguentemente imprecare il suo nome con disprezzo.
Del resto, sua moglie aveva tutte le ragioni ad essere arrabbiata con lui.
In pratica l’aveva abbandonata senza tanti complimenti.
E solo ora si stava rendendo veramente conto di quanto le fosse mancata e
del dolore che le aveva causato.
“Aspetta un attimo, Gohan.” Deglutì e suo figlio
annuì rimanendo al suo fianco a qualche metro di distanza da casa “… ho bisogno
di qualche altro minuto!” Soffiò.
“Vuoi che vada dentro a dire a mamma che sei qui?” Chiese innocentemente.
Goku strabuzzò gli occhi mentre un brivido di freddo gli percorse
frettolosamente la schiena.
Non aveva mai avuto paura, nemmeno quando sul pianeta Namecc
non c’era più scampo per lui e la morte gli era apparsa all’improvviso davanti
gli occhi, svanendo qualche attimo dopo la comparsa di una navicella di
soccorso che stava per essere inghiottita dalle fiamme del nucleo del pianeta.
“Sei matto? Vuoi che esca con un bastone e che mi insegua per tutta la
montagna?”
Gohan sorrise, una scena del genere l’avrebbe voluta proprio vedere.
Suo padre, l’essere più forte dell’intero Universo, rincorso da una donna
terrestre e senza nessun potenziale combattivo. Forse il Genio Delle Tartarughe
di Mare non aveva avuto poi tutti i torti quando definì Chichi
più forte di un super saiyan.
Ma quello di cui era certo, era il fatto che sua madre era una delle donne
più in gamba che conosceva. Non si faceva mai abbattere e soprattutto,
affrontava le avversità di tutti i giorni sempre a testa alta.
“La mamma piange ogni notte, sai?” Mormorò mestamente abbassando lo
sguardo.
Goku si morse il labbro inferiore “Mi dispiace.” Fu tutto quello che era
riuscito a dire.
“Lo so…” Sospirò “… e so anche che se sei rimasto lontano tanto tempo è
solo per diventare più forte e difenderci.”
Il saiyan gli scompigliò i capelli, orgoglioso di
suo figlio, perché aveva perfettamente capito il motivo della sua lontananza.
“Il problema è che a tua madre non è andata giù la cosa, vero?”
Gohan annuì con il capo.
“Ho provato a farglielo capire, ma è come se non ci sentisse.”
“Tua madre non era contenta del fatto che fossi un guerriero, e non vuole
che tu diventi come me. Secondo lei sono un fannullone perché non lavoro e non
guadagno.”
“Ma io voglio diventare come te!”
“No!”
Gohan scoccò un’occhiata interrogativa a suo padre.
“Mamma vuole che tu sia uno studioso. E l’accontenterai.” Goku continuava a
guardare Chichi dimenarsi in cucina attraverso la
trasparenza delle tende.
“Ma papà… io… e i cyborg?” Balbettò ricordandosi di quella minaccia
incombente accennata da quel ragazzo misterioso.
“Seguirai sia la scuola che gli allenamenti.”
Gohan sussultò, ma non replicò alla volontà del genitore, pensando che quello
fosse un ottimo compromesso per un possibile accordo con sua madre.
I due saiyan rimasero ancora qualche minuto a
parlare fuori le mura domestiche e a Gohan parve che
il genitore più anziano cercasse solo di prendere tempo, così decise di
allontanarsi da lì con la scusa banale di pescare un pesce per l’indomani.
“Ehi, no. Aspetta…” Non fece tempo a dire che Gohan
era già sparito dalla sua vista addentrandosi nella fitta foresta dietro di loro.
Goku sbiancò al pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con Chichi, poi improvvisamente si ricordò del dono per la
moglie che arrivava direttamente dal pianeta Yardrat.
Si toccò la schiena prendendo quello che era rimasto di quel mazzo di fiori
schiacciato e quasi privo di petali, e con passo tremolante si avvicinò alla
porta.
Avrebbe potuto entrare senza farsi annunciare, ma per il suo bene aveva
preferito bussare un paio di volte.
Chichi terminò di tagliare la carota a rondelle per poi aggiungerla al brodo che
sobbolliva.
Si pulì velocemente le mani e mentre le stava asciugando con un cencio a
quadri bianchi e rossi, aprì la porta con un enorme sorriso, che smorzò non
appena vide l’ebete del marito sulla soglia che la salutava con la mano.
“C-ciao, Chichina, come va?” Balbettò
timidamente come se quello fosse il loro primo incontro e lui il cavaliere che
era passato a prenderla per uscire fuori a cena.
Chichi di rimando rinchiuse la porta con forza credendo fosse tutto frutto della
sua immaginazione ed il saiyan sfarfallò gli occhi
incredulo.
“Dannato Goku!” Imprecò lei a denti stretti imboccando la strada per la
cucina.
Ma si voltò appena bussarono di nuovo, ed aprì.
Goku era ancora lì davanti a lei.
“Mi sei mancata, Chichi.” Mormorò porgendole quel
che restava del mazzo striminzito di rose yardrayiane.
Allora era tutto vero, quell’emerito imbecille del marito era tornato dal
suo lungo viaggio e le aveva anche portato un dono.
Chichi aveva voglia di corrergli incontro, di abbracciarlo, urlargli con tutto il
fiato che aveva in gola che anche lui le era mancato.
Se fosse stata una persona normale lo avrebbe invitato ad entrare in casa, anzi,
trascinato a forza all’interno, si vedeva anche già seduta sul divano del salotto
mentre gli raccontava delle sue ultime avventure, avrebbero cenato e alla fine
avrebbero fatto l’amore tutta la notte, finché la loro voglia non sarebbe stata
saziata e stanchi e sfiniti si sarebbero addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.
Peccato che la rabbia di Chichi aveva avuto il
sopravvento sull’amore ed aveva finito per rovinare quel bellissimo film
mentale che scorreva velocemente sulla sua mente.
Gli strattonò dalle mani quel dono che si era disturbato di portare e
glielo tirò in faccia.
“Credi che basti un mazzo di fiori per chiedermi scusa?”
Goku sospirò “No, ma ci tenevo a scus…” Non finì
la frase perché la moglie lo schiaffeggiò con tutta la forza che aveva in corpo,
e nonostante quello, Chichi si slogò inevitabilmente un
polso.
Le sembrò di tirare un pugno contro un muro di cemento armato, ma forse si
sarebbe fatta meno male, perché durante i suoi allenamenti da ragazzina si era
specializzata nello spaccare pietre.
No, non poteva piangere o dirgli che si era fatta male. Non gli avrebbe
dato questa soddisfazione.
Gli occhi di Chichi erano velati di lacrime e
sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
Per quanto in quel momento lo odiasse, la corvina era felice del ritorno
del marito e sapere soprattutto che stava bene, ma era anche irritata dal fatto
di come lui stesse prendendo tutto così alla leggera.
Un mazzo di fiori? Siamo seri? Nemmeno un campo fiorito sarebbe bastato a
farle passare l’arrabbiatura.
“TU… tu...” Riuscì a dire prima che calde lacrime le fuoriuscirono inevitabilmente
dagli occhi costringendola ad inginocchiarsi al suo cospetto.
Goku si abbassò al suo livello e le tolse le mani che le oscuravano il
volto, non colpevolizzava la moglie per la scenata, Chichi
aveva tutto il diritto di essere in collera con lui e se quello era un modo per
sfogare la sua rabbia, allora lui sarebbe stato lì per risollevarla.
Era tornato per rimanere al suo fianco, e glielo avrebbe urlato in tutte le
lingue che conosceva, una in realtà, ma quello era solo un dettaglio, l’importante
era il gesto.
“Non me ne andrò mai più, Chichi.”
Chichi lo strinse più forte ed affondò la testa all’interno del suo petto
sentendosi subito protetta quando anche lui la circondò con le sue forti
braccia.
E questo bastò a Chichi per scacciare via le
nuvole nel suo cuore, per fare spazio all’amore che Goku le voleva donare
ancora, oggi, domani e per sempre.
La corvina si asciugò il volto con la punta delle dita.
“Scusa per i fiori… erano bellissimi!” Tirò su con il naso.
Goku si portò una mano sulla fronte “Urca! Allora Juth
aveva ragione…”
“Juth? Chi è Juth?”
Chiese stringendo poi gli occhi, il polso pulsava e si stava gonfiando.
“Che hai?” Si preoccupò Goku notando che Chichi
si stava massaggiando la parte lesa.
Le mani bianche, rugose e quasi prive di linfa vitale, si muovevano sinuose
sulla superficie impolverata di quelle capsule di criogenia dov’erano custoditi
i corpi dei tre androidi costruiti da lui con dedizione e cura.
Peccato si fossero rivelati dei completi fallimenti, ma al momento c’era
tempo per rimediare. Lo scienziato non ne aveva più a disposizione, e ogni
giorno che passava la morte lo consumava lentamente succhiandone via la vita da
ogni tessuto presente all’interno del suo corpo, ed il suo volto scavato e
grigio ne era la prova.
Per questo aveva dovuto cercare un’alternativa per assicurarsi che in ogni
caso quelle macchine micidiali non andassero perdute con il tempo e sepolte tra
le montagne anche a causa di un cedimento della roccia, perché sapeva che prima
o poi si sarebbero rivelate utili.
Si muoveva in maniera lenta e claudicante con addosso solo un camice bianco
tipico degli ospedali, stringendo in mano l’asta di metallo che sorreggeva la
flebo con i nutrienti necessari; ogni tanto i suoi piedi nudi calpestavano fili
di rame e viti lasciate sul pavimento.
Con un colpo secco della mano tolse un po' di polvere depositata sulla
superficie di vetro della capsula del cyborg numero 16 rivelandone il volto.
Gli occhi erano chiusi.
“Tu non mi servirai più.” Mormorò cercando di allungarsi per arrivare alla
spina che non avrebbe più alimentato la sua energia.
Ma nello sforzo di compiere quell’azione, il vecchio scienziato venne
colpito da una tosse convulsiva e devastante, facendogli sputare anche quel
poco sangue che gli rimaneva in corpo e che lo costrinse a piegarsi in avanti.
Il cyborg numero 19 avanzò per sorreggerlo.
La sua espressione era vuota e priva di vita o sentimenti, proprio come una
macchina. Beh! In fondo lo era.
“Non sforzarti. Il tuo nuovo corpo è quasi pronto, non puoi rischiare che
ti vada in pappa il cervello.” Lo fece sdraiare sulla lettiga accanto alla
riproduzione del tutto fedele alla sua persona.
“Volevo staccare la spina a quel fallimento.” Tossì di nuovo e il
cyborg fu costretto a tappargli la bocca con la maschera per l’ossigeno misto a
qualche altra sostanza per riattivare il sistema immunitario. Per il tempo che
gli restava, s’intende.
Il cyborg 19 non rispose, ma si limitò a muoversi all’interno della stanza
in maniera meccanica ed impostata, seguendo una traiettoria precisa.
Era stato programmato per costruire un corpo al suo creatore ed assicurarsi
che arrivasse vivo fino a quando non avesse adempiuto al suo compito, il resto
non gli importava.
Il dr. Gelo lo vide saldare, tagliare, suturare, avvitare ed oliare con
grande velocità tutti gli ingranaggi, cavi e viti necessarie alla composizione
del suo corpo ormai completato.
Le scintille provocate dalla saldatrice lo costrinsero a chiudere gli occhi
per la troppa luce accecante emanata, cosa che non fece Diciannove, a lui non serviva
nessun tipo di protezione.
Mancavano solo alcuni dettagli, e poi l’androide avrebbe provveduto ad
estrarre il cervello dal morente scienziato per installarlo nella macchina
perfetta che aveva creato per lui. O meglio, che il Dr. Gelo aveva progettato.
Il merito era il suo se ora aveva una possibilità di sopravvivere.
Il cyborg 19 fu distratto dalla sirena rossa che risuonò imperterrita
all’interno del laboratorio. L’allarme era scattato nei sotterranei, dove la
nuova creatura di quel pazzo di uno scienziato stava prendendo lentamente
forma.
Il robot iniziò la sua lenta discesa per controllare quale anomalia avesse
fatto scattare quel segnale di avvertimento e allontanato dal suo lavoro.
Aprì la porta automatica apponendo l’impronta di tutta la mano sul display
posto affianco, ma non ci trovò nulla che non andasse, a parte un grosso cavo nero
che si era staccato dall’incubatrice e che ora penzolava senza una direzione
ben precisa.
Forse un brutto sogno aveva fatto scuotere quella creatura talmente forte
da provocare quel distaccamento improvviso.
Diciannove lo attaccò senza problemi e sogghignò volgendo uno sguardo a
quell’embrione, cresciuto notevolmente dall’ultima volta, ma non ancora pronto
per lasciare quel luogo.
Il computer segnava ancora tre anni, sette giorni, venti ore, quattordici
minuti e quarantasette secondi, dopodiché, stando a quanto rivelatogli dallo
scienziato, la capsula si sarebbe rotta rilasciando il liquido e la creatura
libera di crescere all’aria aperta, svilupparsi ed assorbire i cyborg
all’interno delle due capsule poste nella stanza affianco, diventando così l’essere
perfetto.
Un piano geniale, insomma, pensato in ogni minimo dettaglio. Del resto non
ci si poteva aspettare altro che da una mente brillante come la sua.
E in ogni caso, il Dr. Gelo avrebbe vigilato sulla sua creatura nell’ombra
una volta che anche lui si fosse trasformato in un cyborg.
Quello a cui non aveva pensato, era come avrebbe reagito in caso di
fallimento, perché non era contemplato affatto nei suoi loschi e vili piani.
Quando Diciannove riemerse dal sotterraneo, lo scienziato con un filo di
voce, si era prodigato immediatamente a chiedere se fosse tutto apposto
spostandosi dal viso la maschera che gli permetteva di respirare senza
annaspare.
“Un cavo staccato.” Aveva risposto con noncuranza. “Ma ora l’ho sistemato.”
“Grazie!” Mormorò rimettendosi la maschera d’ossigeno e chiudendo infine
gli occhi stanchi.
*
Il vecchio scienziato si posizionò meglio gli occhiali sul ponte del naso.
Prese una sigaretta dal suo taschino e l’accese.
Il gattino nero che come un compagno fedele si trovava appollaiato sulla
sua spalla, miagolò impercettibilmente ed infine sbadigliò. Poco importava se
l’uomo che si trovava di fonte il suo padrone lo stava guardando in malo modo e
sbraitava qualcosa a lui di incomprensibile.
“Allora? Lo puoi fare o no?” Chiese con tono deciso.
Il Dottor Brief si portò due dita sul mento ed iniziò a pensare alle parole
del suo strano ed esigente ospite, non che questo gli provocasse disturbo,
anzi, per lui e per sua figlia poter creare ed essere stimolati in imprese
nuove e difficili era un piacere ed una sfida sempre ben accetta.
Magari con una di quelle invenzioni si sarebbero potuti accaparrare qualche
altro premio ambito in fattore della scienza e aggiunto un ulteriore cimelio
alla già piena vetrina presente in salotto, e sarebbe stato tutto merito di
Vegeta e delle sue richieste strampalate.
Una fortuna che Bulma lo avesse invitato a
restare, era un giovanotto molto intelligente e con un bagaglio scientifico
niente male.
Non che sapesse costruire qualcosa, ma i suoi spunti per nuove attrezzature
e strumenti erano davvero interessanti.
“Devo parlare con mia figlia, ma penso che non ci siano problemi.” Espirò
una boccata di fumo che fece storcere il naso al principe dei saiyan, quel tanfo lo disgustava a dir poco “… a proposito,
sai dove si è cacciata?”
Bulma non aveva ancora fatto ritorno dal deserto, invece Vegeta era stato il
primo a tornarsene alla Capsule Corporation per iniziare fin da subito
l’allenamento che gli avrebbe permesso di arrivare preparato al fatidico
giorno, e per farlo, aveva bisogno di una camera gravitazionale potente il
doppio di quella in cui Goku si era allenato durante il viaggio per Namecc.
Vegeta gli scoccò un’occhiata riluttante e per poco non gli uscì una
piccola scintilla dagli occhi “Non sono la sua balia. Se devi trovare una
persona te la cerchi. Io esigo la mia camera gravitazionale. ORA! Non domani,
ORA!” Grugnì stringendo i pugni.
Se si fosse trovato al cospetto di uno degli scienziati al comando di
Freezer non ci avrebbe messo molto a prendergli la testa per spappolargliela
con le sue stesse mani, tanto poi lo avrebbero sostituito subito, ma ora,
Vegeta se ne doveva stare buono, perché di scienziati brillanti come quel
vecchio e sua figlia ne era privo, e lui era stato fottutamente fortunato a
capitare in quella casa.
Il Dottor Brief sospirò affranto e spense poi la sigaretta all’interno del
posa cenere automatico che si trovava sopra il tavolo da lavoro in mezzo agli
attrezzi.
“Va bene, vedrò che posso fare fino a che non arriva Bulma!”
Questo bastò al principe per tranquillizzarsi giusto un attimo e girare i
tacchi nel preciso istante in cui la signora svampita fece il suo ingresso nel
laboratorio portando con sé un enorme vassoio pieno di leccornie dolci di ogni
tipo.
“Oh! Il bel giovanotto… ti vedo sciupato, mio caro. Vuoi qualcosa da
mangiare? Oppure una tazza di tè?”
A Vegeta iniziò a ballare un occhio ed in corrispondenza a pulsargli vistosamente
una vena sulla tempia.
Quanto avrebbe voluto scatenare tutta la sua energia e radere al suolo quel
posto e perché no? Anche il pianeta se fosse stato necessario, così niente
allenamenti, niente cyborg e soprattutto niente più problemi.
A dire il vero non era nemmeno compito suo proteggere la Terra e quegli
idioti dei suoi abitanti, ma doveva ammettere che al momento non aveva un posto
dove andare e quello era l’unico dov’era stato accolto senza chiedere nulla in
cambio.
Vegeta si limitò così a guardare dritto negli occhi per incutere timore a
quella donna ficcanaso e cinguettante, sortendo però l’effetto contrario,
perché le guance s’imporporarono di rosso.
“Voglio la mia dannata stanza gravitazionale!” Scandì a denti stretti prima
di lasciare il laboratorio ancora più infastidito.
“Caro…” Mormorò lei con aria sognante “… Bulma è
davvero fortunata ad aver trovato un uomo simile.”
*
Le urla di Chichi si propagarono per qualche
kilometro in tutta la vallata, facendo tremare le fronde degli alberi e spaventare
i poveri animali nelle vicinanze che si dileguarono in fretta e furia senza una
direzione ben precisa.
“CHE COSA???? SEI APPENA TORNATO E SUBITO VUOI ALLENARTI???” La corvina brandì
in aria il cencio che stava usando per asciugare le porcellane.
“Forza, Chichi. Ti ho spiegato il motivo.” Goku
portò le mani in avanti agitandole velocemente.
“HO DETTO NO!” Ribadì lei alzando possibilmente di più la voce per fargli
entrare in quella testa la sua volontà ed imporgliela.
“Ma tesoro, tra tre anni arriveranno i cyborg e…”
“E che cosa vuoi che me ne importi!” Gli finì la frase sbattendo il canovaccio
sulla tavola per la rabbia.
“Mamma, dobbiamo proteggere la Terra, altrimenti…” Provò a dire Gohan con lentezza e con la speranza di far ragionare la
madre.
Effettivamente Chichi non aveva tutti i torti,
Goku non era tornato nemmeno da ventiquattro ore e l’unica cosa a cui pensava,
erano gli allenamenti.
“TU VAI IN CAMERA TUA! Non spalleggerai tuo padre in questa follia.”
“Se la Terra esploderà, il tempo che passerò sui libri sarà totalmente
inutile.”
“Almeno avrai studiato!”
Gohan roteò gli occhi al cielo, far ragionare sua madre si stava rivelando più
difficile del previsto.
Goku si avvicinò alla moglie con sguardo amorevole e le prese una mano “Ti
prego, cara. Lasciaci andare ad allenarci. Ti prometto che oggi pomeriggio Gohan si metterà sui libri e io ti aiuterà ad arare la
terra.”
Per poco Chichi non ebbe un mancamento.
Junior, che come richiesta di Goku, era arrivato all’alba per iniziare la
sessione di allenamenti, se ne stava a braccia conserte, seduto sull’erba ad
aspettare fuori in giardino l’arrivo dei due compagni. Dopo che avrebbero
convinto Chichi.
La voce stridula della donna gli entrò all’interno delle orecchie fino a
martellargli il cervello, costringendo il namecciano
a stringere i denti dal dolore e ringraziare il suo stato di asessuato.
“Ma quanto urla, quella?” Si domandò spazientendosi.
Se avesse dovuto aspettare ancora qualche minuto lì fuori ed assistere a
quella pietosa scenetta, se ne sarebbe andato indisturbato ed in punta di
piedi.
Ed invece, fu proprio in quel frangente che Goku e Gohan
uscirono di casa accompagnati da Chichi.
“Però oggi ti metti a studiare!” Esclamò in direzione del figlio.
Gohan abbassò la testa lentamente “S-si, mamma.” Annuì mestamente.
“E tu…” Chichi si rivolse a Junior “… assicurati
che non si mettano nei guai.”
Il namecciano si mise all’attenti come un
soldatino, portandosi anche una mano sulla fronte e con profondo imbarazzo
mormorò un balbettante “Certo!”
Per poi tirare un sonoro sospiro di sollievo quando la donna rincasò.
“E’ andata!” Disse Goku.
“Per fortuna… tua moglie mi ha rotto un timpano con le sue urla, non
capisco come voi riusciate a sopportarla!” Junior si massaggiò le orecchie
trovandone presto sollievo.
“Basta non ascoltarla!” Rispose Goku con ovvietà.
“VI SENTO!!!” Si sentirono dire quei tre, ai quali si accapponò subito la
pelle dalla paura che quella donna potesse uscire di corsa di casa e
rincorrerli finché non avrebbe martellato la loro testa con un mattarello
pesante di legno, proprio quello che usava per stendere la pasta all’uovo.
“Andiamocene via!” Propose Gohan spiccando il
volo seguito poi dai due maestri.
“Ah! Finalmente un po' di pace!” Sospirò la donna continuando a
canticchiare un motivetto a mezze labbra mentre iniziava a preparare il pranzo.
Erano trascorse circa quattro settimane da quando quel ragazzo misterioso venuto
dal futuro aveva annunciato a tutti l’arrivo di quei micidiali cyborg, con la
speranza che quando sarebbe accaduto, i guerrieri che avrebbero preso parte
alla battaglia li accogliessero come meglio meritavano.
Ci sarebbe stato anche lui ad aiutarli, se mai fosse sopravvissuto in
quegli anni.
Tutti avevano iniziato immediatamente degli assidui allenamenti e Bulma aveva chiesto ad ognuno di essi se avessero bisogno
di qualche attrezzatura in particolare che li aiutasse a migliorarsi. Tutti
tranne Tensing, l’unico che non era riuscita a
contattare e che con alta probabilità si era rintanato nei meandri più
reconditi ed ostili del pianeta insieme al suo fidato amico Riff.
Nessuno comunque aveva accettato per non disturbare troppo l’amica, eccetto
Vegeta ovviamente, il quale richiedeva agli scienziati della Capsule
Corporation macchinari sempre più all’avanguardia per i suoi esercizi
impossibili. Forse dimenticandosi che non si trovava più alla base di Freezer e
che non poteva pretendere di comandare tutti a bacchetta o che tutti si
prostrassero ai suoi piedi senza battere ciglio.
Poco importava, veniva sempre accontentato in tutto come un bambino
capriccioso purché se ne rimanesse zitto, buono e non creasse problemi.
Il dottor Brief e Bulma avevano da poco ultimato
una camera gravitazionale identica a quella che Goku aveva utilizzato per
viaggiare nello spazio e allenarsi prima di atterrare sul pianeta Namecc, solo più potente, come richiesto dallo stesso
Vegeta.
Se voleva raggiungere lo stadio di Super Saiyan
nel più breve lasso di tempo possibile, doveva seguire lo stesso allenamento di
Goku e per superarlo, invece, doveva utilizzare una gravità superiore. Questa
era la sua strategia.
Bulma percorse il vialetto di ciottoli di casa sua con due enormi buste della
spesa in mano, quando vide Yamcha seduto sulla
panchina a dondolo con sguardo perso e preoccupato.
Le portò velocemente in casa lasciandole sulla tavola, le avrebbe sistemate
più tardi, e poi se ne uscì nuovamente con l’intento di raggiungere il
fidanzato.
“Stai facendo una pausa?” Gli chiese accomodandosi accanto a lui. Lo sdraio
dondolò appena lei poggiò i glutei sul morbido cuscino.
“Mmm…” Si torturò i pollici “… non ho intenzioni
di allenarmi oggi.”
“Perché?” Bulma ne fu sorpresa, nei giorni scorsi
sembrava che Yamcha avesse preso molto seriamente
questa nuova minaccia che incombeva, iniziando anche a frequentare molto
assiduamente la palestra della casa, utilizzando gli attrezzi che il principe
dei saiyan aveva scartato e per poco scagliati fuori
dalla finestra perché li riteneva inutili. Eppure quegli strumenti comparivano
nella più importanti palestre della città e non solo, definiti dai preparatori
come macchinari all’avanguardia.
“Non credo di poter competere con i cyborg, nemmeno se mi allenassi per tutto
il giorno e sette giorni su sette.”
Bulma scosse la testa.
“Non sono del tuo stesse parere… insomma, guardati… sei un ragazzo
eccezionalmente forte, non vedo perché tu ti debba buttare giù in questa
maniera.”
Yamcha si portò le mani all’interno dei capelli corvini.
“Siamo seri, Bulma. Se non è riuscito nemmeno
Vegeta a sconfiggerli, perché dovrei riuscirci io?”
“Puoi sempre dare una mano, non ti sei mai e poi mai tirato indietro. Hai
affrontato anche il fratello di Goku in passato, nonostante sapessi già di non
essere alla sua altezza…”
“Già… e guarda che fine avevo fatto!”
“Questa volta sarà diverso, non morirà nessuno. Quel ragazzo è venuto ad
avvertirci del pericolo, avete tempo per prepararvi… e poi ci sarà Goku, lo ha
salvato.”
Yamcha si passò la mano velocemente sulla faccia per poi grattarsi la testa “E
chi ti dice che non abbia mentito?”
“MA BASTA!” Bulma si alzò stizzita facendo
sobbalzare lo sdraio e anche Yamcha che per poco non
cadde in avanti a causa della spinta. “Non penso che quel ragazzo abbia
mentito, lo hai visto no? Era spaventato, chissà che cosa è stato costretto a
subire nel corso di questi anni. E tu?” Si voltò verso di lui puntando l’indice
conficcandogli l’unghia laccata di rosa nella carne “… e tu hai paura ad
affrontare un ammasso di circuiti?”
“I-io non ho pa-paura” Balbettò buttando giù
della saliva. La sua ragazza aveva ragione, lui temeva la potenza di quegli
androidi e di perdere la vita per mano loro. Yamcha
era ancora giovane e tutta un’intera esistenza davanti, e poi se per caso Bulma rimanesse incinta ed acconsentirebbe a sposarlo, chi
avrebbe badato a lei se lui dovesse perire? E il bambino? Rimarrebbe senza
padre.
Forse sarebbe stato meglio a rimandare il tutto e vedere il susseguirsi
degli eventi.
“E allora perché non vuoi combattere?” L’azzurra si portò le mani chiuse a
pugno sui fianchi indurendo lo sguardo.
Yamcha si sentì improvvisamente un codardo ed un vile, aveva fatto una pessima figura
con la sua compagna, dimostrando ancora una volta di non essere degno di lei.
Doveva assolutamente cambiare atteggiamento, anche perché aveva notato negli
ultimi giorni uno strano scambio di sguardi tra lei e Vegeta, ma forse era
tutto frutto della sua immaginazione, a Bulma non
poteva piacere un tipo rozzo e meschino come quello, ed in più Vegeta si era
macchiato del titolo di assassino, più volte.
L’unico modo per potervi porre rimedio, era quello di togliersi di dosso
quel mantello di inutile mestizia e cominciare a reagire, tirando fuori il lupo
nascosto in lui.
Yamcha le regalò un enorme sorriso e le prese entrambe le mani attorcigliandole
con le sue.
“Scusami, Bulma. Ho avuto un attimo di debolezza…
ma tu sai sempre come spronarmi ad andare avanti…”
Bulma arrossì vistosamente e il suo cuore iniziò a galoppare veloce all’interno
del suo petto. Le ultime settimane erano state talmente frenetiche e la notizia
di una nuova minaccia aveva reso tutto ancora più difficile che non avevano più
avuto occasione di rimanere da soli.
E a causa delle richieste insistenti di Vegeta, Bulma
e suo padre passavano intere giornate, fino a notte fonda, all’interno del
laboratorio, finendo così per snobbare il fidanzato se lui voleva concedersi a
qualche momento di coccola nel letto.
“No, scusami tu… ti ho lasciato da parte senza nemmeno accorgermene.” Lo
strinse forte a sé e Yamcha l’avvolse con il suo
corpo “… non accadrà mai più.”
“E io ti prometto che diventerò più forte per proteggerti.”
Si stavano per scambiare un lungo e tenero bacio appassionato quando un
applauso lento e di scherno li destò da quel bellissimo momento.
“Ma che bel quadretto…” Poi si rivolse a Bulma
senza scusarsi per l’irruzione “… mi servi in laboratorio, quei rottami che mi
hai rifilato hanno smesso di funzionare.”
Bulma sbottò, non perché Vegeta l’aveva interrotta mentre si intratteneva con il
suo ragazzo, ma perché pretendeva che scattasse non appena aveva bisogno.
“Senti tu, non puoi pretendere di comandarmi a bacchetta come facevi con
gli scienziati dell’esercito di Freezer. Se hai un problema e io non ci sono,
puoi chiedere gentilmente a mio padre. Ora ho da fare! Torna più tardi.” Si
voltò in maniera altezzosa mostrandogli le spalle.
“Tsk! Con chi? Con quell’invertebrato?” Chiese in
tono sprezzante.
“Sei per caso geloso, Vegeta?” Gli alitò sul volto senza mostrargli alcuna
paura. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza.
Vegeta la guardò negli occhi fino a penetrarle dentro l’anima.
Bulma si sentì pervadere da un calore immenso, una sensazione che non provava da
molto tempo.
“Di quello là?” Scoppiò a ridere come non faceva da tanto, facendo tirare a
Bulma un sospiro di sollievo.
Lo sguardo del principe era magnetico, misterioso, e ogni volta che succedeva
che i loro occhi s’incrociavano anche solo per sbaglio, Bulma
veniva come rapita e trasportata su di una nuvola.
L’azzurra vedeva in lui la tristezza che si celava oltre quella corazza che
aveva issato per non far trasparire alcuna emozione, ed aveva capito che l’unica
ragione per la quale rimaneva ancora ancorato sulla Terra era perché non aveva
più un altro posto dove poter andare.
Quel pianeta rappresentava per Vegeta una piccola oasi felice dove nessuno avrebbe
osato dargli fastidio e lui avrebbe potuto vivere serenamente la sua esistenza finchè un giorno non sarebbe riuscito a battere Kakaroth.
Non gli importava un fico secco di quei dannati terrestri o dei cyborg, l’obiettivo
del principe di tutti i saiyan era proprio quello di diventare
più forte di quella stupida terza classe e un giorno arrivare persino a
batterlo.
E poi, forse, se ne sarebbe andato verso una destinazione ignota.
“Che cos’è quel tono che osi usare quando parli di me?” Yamcha
gonfiò il petto pronto per battersi contro Vegeta.
“Vuoi una lezione?” Lo provocò il saiyan
oltrepassando Bulma.
“Non mi fai paura!” Rispose lo spilungone con assoluta convinzione, sperando
che nessuno notasse le sue ginocchia tremare per la fifa, se solo Vegeta avesse
voluto, gli sarebbe bastato un colpo ben assestato per mandarlo all’altro mondo.
Bulma si contrappose immediatamente tra tutti e due, spingendoli ai lati opposti
con i palmi delle mani poggiate sui loro petti muscolosi, scongiurando una
possibile lite.
“Basta, voi due! Non è il momento di fare i bambini capricciosi.” Sembrava
una mamma intervenuta per dividere i figli durante un litigio per un giocattolo
non condiviso.
“Ha cominciato lui a provocare!” Esclamò Yamcha mettendo
il broncio.
“Ma senti chi parla, idiota!”
“Idiota a chi? Selvaggio che non sei altro!”
“Come mi hai chiamato?”
“HO DETTO BASTA!” Starnazzò Bulma facendo
scoppiare i timpani di entrambi costringendoli a strizzare gli occhi per il
dolore. “TU ENTRA IN CASA!” Ordinò a Yamcha “… E TU!
VIENI CON ME!” L’azzurra prese per un polso il principe.
Il terrestre li guardò allontanarsi ed entrare poi nella navicella
gravitazionale poco distante, mentre a lui non restò altro che fare come Bulma gli aveva ordinato ed attenderla che rientrasse.
*
Yamcha aveva appena fatto una pessima figura con la sua ragazza, ma sapeva anche
che non poteva competere con quel rozzo di un saiyan.
Aprì la manopola dell’acqua calda che cadde a pioggia attraverso la
superficie della sua pelle.
“Me la pagherai un giorno!” Strinse un pugno evitando di scagliarlo sulla
porcellana, se lo avesse fatto sicuramente avrebbe rotto la parete, e chi l’avrebbe
poi sentita Bulma che si sarebbe ritrovata senza il
suo amato bagno personale.
“Non ti arrabbiare, Yamcha. Sappiamo che a Vegeta
piace provocare le persone.”Gli disse
il piccolo trasformista passandogli lo shampoo per i capelli.
“Io non capisco perché Bulma gli abbia chiesto di
restare.” Sospirò insaponandosi la testa.
“Non aveva un posto dove andare. E poi dà retta a Bulma,
e sa come farlo stare buono.”
“E’ questo che mi preoccupa.”
“Credi che lei non ti ami più e che si sia invaghita di quello là?”
Yamcha incurvò il labbro inferiore.
“Non lo so, non credo che Bulma sia una
sprovveduta, però non so che cosa pensare. La sento distante, Puar… temo di perderla da un momento all’altro.”
“Puoi sempre rimediare no? Non farla allontanare, forse ha bisogno delle
attenzioni che solo tu sai darle… mi hai capito, no?”
“E’ da un po' che non riusciamo a stare insieme, da quando quel ragazzo ci
ha annunciato l’arrivo dei cyborg.”
Yamcha chiuse l’acqua, prese l’asciugamano ed iniziò a strofinarsi la pelle.
“Sorprendila, allora!” Ammiccò complice il trasformista nel momento esatto
in cui sentì la porta di camera aprirsi.
Avevano
trascorso una bellissima nottata lui e Bulma.
Peccato che dopo aver fatto l'amore per due volte consecutive, Yamcha era riuscito ad addormentarsi senza problemi, mentre
lei era rimasta sveglia tutta la notta a rimuginare sul fatto che, forse, non
provava più per lui le stesse cose.
Gli voleva bene, questo era certo, ma dire che l'amava era tutta un'altra
storia. Bulma si alzò dal letto appena i raggi di un timido
sole fecero capolino sul sul volto stanco.
Andò in bagno e strofinò i denti, per poi passare a lavarsi la faccia e
infilarsi qualcosa di sportivo che avrebbe portato sotto il camice da
laboratorio.
Prima di uscire dalla sua camera da letto, volse un ultimo sguardo quello che
era il suo attuale ragazzo.
Il cuore non le mandò nessun segnale, anzi, la infastidiva vederlo dormire
mentre incombe su di loro una minaccia più grande.
Digrignò i denti ed ebbe l'istinto di togliergli le coperte di dosso e buttarlo
giù dal letto, ma quando fece per avvicinarsi sentì il tonfo della porta
d'ingresso che si chiuse. Bulma si avvicinò lentamente alla finestra semi
aperta e guardò giù.
Vide Vegeta raggiungere con pochi passi la Gravity
Room che stazionava in giardino.
Suo padre gli disse di provarla per scovare eventuali anomalie.
Sorrise e il suo cuore iniziò a riscaldarle l'anima e a farle tremare le
ginocchia per l'emozione.
Si morse il labbro inferiore e velocemente scese giù in cucina, chissà se
Vegeta aveva già fatto colazione.
Ci trovò sua madre cinguettante che sfornava una torta al cioccolato. Che buon
profumo che aveva.
"Oh! Buongiorno, tesoro. Vuoi un pezzo di dolce?" Chiese mentre
l'appoggiava sull'alzatina e la cospargeva di zucchero a velo.
"Sembra ottimo!"
La svampita prese un coltello e ne tagliò una fetta che adagiò su un piattino, Bulma non usò la posata che le aveva allungato, preferendo
mangiarla con le mani.
"Lo è." Esclamò con la bocca piena buttando giù un boccone.
"Caffè?"
"Nero!"
"Non hai chiuso occhio stanotte, non è così?"
"Rimuginavo su questi cyborg..."
"Non sei tu che ci devi pensare. Vegeta ci proteggerà, vedrai. E poi c'è
anche Goku, Crilin..." Incredibile come che alla
mamma di Bulma non venne in mente di nominare Yamcha.
"Vegeta sta provando la camera gravitazionale..."
"Sì, non ha nemmeno voluto fare colazione." Bulma stava per prendere un vassoio con ogni ben di
dio da portargli, quando lo spilungone fece il suo ingresso in cucina
sbadigliando sonoramente.
Subito le salì il nervoso e digrignò i denti mascherando il disagio come meglio
poteva.
"Oh! Ben svegliato, Yamcha!" Cinguettò la
bionda sorridendo "... Vai ad allenarti anche tu con Vegeta?" Yamcha avrebbe preferito sgozzarsi con le stesse mani
piuttosto di condividere un allenamento con quell'assassino, e ancora non si
capacitava come la fidanzata abbia potuto giocargli un tiro così mancino. Bulma era di spalle e il suo attuale fidanzato non riuscí a vedere la sua faccia schifata.
"No, ma vado in palestra."
"Potresti allenarti con Crilin o Tensing." Propose l'azzurra in uno squittio.
"Con Genio? No, non ne ho voglia." Yamcha bevve d'un sorso il caffè e prima di uscire
imburrò una fetta di pane morbida e l'addentò.
A Bulma per poco non partì un embolo, sembrava che lo
spilungone non avesse voglia di mettersi alla prova o di proteggere il suo
pianeta, o lei.
Poco le importava, ci avrebbero pensato Vegeta e Goku.
Con aria spocchiosa prese il vassoio e si diresse fuori casa con l'intenzione
di servire la colazione al Saiyan.
Almeno lui provava a fare qualcosa di concreto e il minimo che potesse fare Bulma era aiutarlo.
Deglutì il nulla, non che Vegeta la intimorisse, ma il fatto era che una volta
arrivata davanti la camera gravitazionale, il suo cuore iniziò a battere in
maniera irregolare e le dita delle mani s'intorpidirono, tant'è che rischiò di
fare cadere il vassoio e il suo contenuto sul prato.
"Diamine! Che ti prende, Bulma?" Si chiese
mentalmente facendo un bel respiro profondo, e una volta calmata del tutto,
riuscì a trovare il coraggio di pigiare il tasto di chiamata.
Il Saiyan non rispose e dall'interno non proveniva
alcun rumore.
Suonò di nuovo e questa volta azionò la telecamera per vedere all'interno:
Vegeta si trovava in piedi, di fronte la consolle di comando e non faceva nulla. Bulma allora aprì la porta notando che la macchina
era spenta e lei non correva alcun pericolo.
"Posso entrare?" Domandò timidamente.
"Che vuoi?" Il Saiyan non la degnò di uno
sguardo.
"Ti ho portato la colazione, mamma ha appena sfornato una torta."
"Lascia tutto lì per terra, e vieni subito qui."
Vegeta non era un cane e non meritava che Bulma gli
mettesse il cibo in terra, così poggiò il tutto sopra il bancone all'ingresso,
quello che fungeva da dispositivo di emergenza. Bulma avanzò guardinga e solo dopo pochi passi riuscì
a raggiungerlo.
"Aggiustalo!" Le ordinò indicando la tastiera schiacciata e che
scintillava. Bulma strabuzzò gli occhi "Ma che hai fatto? Mi
ci vorranno delle ore."
"Beh! Allora è meglio che inizi subito." Disse uscendo di lì
prendendo la torta.
*
Quel rozzo di un Saiyan, nel tentativo di avviare la
macchina, ruppe il pulsante e dal nervoso ci scagliò anche un pugno. Bulma ci lavorò cinque ore, senza nemmeno fare una
pausa, ma alla fine riuscì ad aggiustare il tutto.
Fece alcune prove in sicurezza, indossando una tuta speciale che la riparò
dalla gravità non troppo alta.
"Perfetto!" Esclamò poi togliendosi il casco e l'imbragatura
nell'esatto momento in cui entrò Vegeta per vedere come procedevano le
riparazioni. Spazientito, ovviamente.
Perché a causa di quell'inconveniente e dell'incapacità dei terrestri di avere
una camera gravitazionale di riserva, lui aveva perso ore preziose che invece
avrebbe dedicato ad allenarsi.
"Era ora!" Esordì il Saiyan scacciando via
di malomodo la scienziata.
"È questo il tuo ringraziamento?"
"Vattene!" Le disse guardandola di traverso "... Mi stai
innervosendo."
"Buon allenamento!" Gli augurò retorica
prendendo armi e bagagli, per poi lasciare quel luogo con il cuore
galoppante nel petto. Bulma si appoggiò alla parete metallica e respirò
affannosamente.
"Che mi sta succedendo?" Si domandò riprendendo il cammino verso casa.
*
Trascorsero le settimane e i mesi, fino ad arrivare al compimento del primo
anno dall'annunciazio e dell'arrivo dei cyborg.
Le cose tra Bulma e Yamcha
andarono sempre via via peggiorando, fino a che una sera, il terrestre rincasò
ubriaco fradicio dopo una rimpatriata con la sua ex squadra di baseball. Bulma non lo aveva aspettato alzato, ma si trovava in
cucina a tarda notte, indossando un pigiama molto sexy corredata di vestaglia
di raso nera.
Sorseggiava un caffè mentre analizzava degli schemi relativi a un nuovo
prototipo di Gravity Room.
Vegeta ormai tollerava alla perfezione la gravità trecento e aveva bisogno di
più potenza per spingersi oltre il limite.
In tutti quei mesi non aveva mai parlato con Kakaroth
e non gli aveva mai fatto visita, non gli importava sapere quello che stava
facendo o confrontarsi su un possibile allenamento.
Era capitato che Goku facesse visita all'amica, ma non di certo per controllare
la sua nemesi, più che altro perché a Chichi
servivano degli elettrodomestici nuovi. Yamcha percorse il corridoio in maniera claudicante,
non riusciva a reggersi in piedi e dopo pochi passi riuscì a reggersi grazie a
un mobiletto attaccato alla parete, che per la cronaca finì schiacciato sotto
il peso del terrestre, e il vaso da fiori finì in frantumi. Bulma sussultò e saltò dalla sedia, età talmente
concentrata che non aveva udito il rumore della porta che si apriva.
Si precipitò di corsa fuori dalla cucina brandendo un mestolo di legno, ovvero
la prima arma che aveva a portata di mano.
Quando vide il suo ragazzo stramazzato al suolo d'istinto le venne di
romperglielo su quella sua testaccia. Yamcha alzò il volto assonnato in direzione della
ragazza e si alzò.
"Sei deficiente? Mi hai spaventata." Yamcha la guardò inebetito per poi scoppiare a ridere.
"Tu? Che hai paura? Questa sì che è bella."
"Vai a letto, Yamcha, sei ubriaco." Bulma si voltó e gli diede
erroneamente le spalle.
Quella sottoveste era tremendamente sexy che i pantaloni di Yamcha
iniziarono a stargli stretti all'altezza del cavallo, risvegliando in lui un
istinto animalesco e primordiale.
La prese per i fianchi e la bloccò con la schiena al muro, baciandola. Bulma sentì la vodka di cui ne era impregnata la sua
lingua.
Schifata si divincolò rompendo la connessione con lui. Yamcha le stringeva le spalle e le faceva
tremendamente male.
"Lasciami!" Gli ordinò a denti stretti.
Ma Yamcha la desiderava più di ogni altra cosa, erano
settimane che non s'infilava nel suo letto a causa di quel Saiyan
che la costringeva a rimanere in laboratorio fino a tarda notte.
"Facciamo l'amore, Bulma. Ti voglio."
L'azzurra scostò la faccia quando percepì l'alito di Yamcha
e il suo retrogusto alcolico entrare nelle narici.
"Sei ubriaco. Vai a letto. Ne riparleremo domani."
"Do-domani?" Lo spilungone, senza saperlo, strinse ancora di più le
mani attorno alle spalle di lei.
"Mi-mi fai male." Sussurrò per non urlare e rischiare di svegliare i
suoi genitori.
Ma Yamcha non voleva sentire ragioni, si era messo in
testa che voleva Bulma e l'avrebbe avuta.
Ormai il suo cervello era annebbiato dai fumi dell'alcol e il cavallo dei
pantaloni chiamava di essere aperto per liberare il suo contenuto.
Non era sua intenzione fare del male alla sua ragazza, ma ormai era partito per
la tangente e la sua testa gli stava suggerendo che Bulma
era pronta per lui.
Le mani di Yamcha vagavano per tutto il corpo di Bulma, soffermandosi sui seni generosi facendole
inturgidire i capezzoli.
"Vedi che lo vuoi anche tu?" Le alitò nuovamente sul volto
catturandone le labbra.
"Lasciami subito andare." Yamcha però non ci stava subire quell'umiliazione,
non comandava lei e per farglielo capire alzò una mano in alto, la quale venne
bloccata subito dopo.
"Sei sordo, forse?" Bulma riconobbe quella sagoma e quella voce nascosta
dal buio: Vegeta.
Subito tirò un sospiro di sollievo quando prese il terrestre e lo scaraventò
fuori di casa.
Ovviamente non lo fece passare dalla porta principale, ma bensì da un paio di
pareti, fino a che non stramazzò svenuto sul prato, annaffiato poi dall'acqua
degli idranti automatici.
"Gra-grazie." Farfugliò lei coprendosi il
petto con la vestaglia.
"Non devi, mi avete svegliato." Aggiunse riluttante e infastidito
tornandosene dritto a letto. Bulma lo vide sparire nel buio del corridoio, poi
volse lo sguardo verso la breccia aperta nella parete e vide Yamcha ronfare nella posizione ad Angelo e le salì il
nervoso più assoluto.
*
Continua