Angoli Nascosti

di LadyHeather83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 01

**

Nella sua testa continuava a rimbombare il suono ad intermittenza del battito cardiaco accelerato provocato da quel macchinario infernale posto di lato a lei.

Bulma se ne stava sdraiata in una lettiga in quella stanza con fuori inciso “Sala Travaglio” con le contrazioni che arrivavano ogni cinque minuti circa e nel frattempo per monitorare le condizioni vitali del bambino che da lì a poco avrebbe partorito, l’avevano attaccata ad una macchina rumorosa.

Appena sarebbe potuta tornare nel suo laboratorio sicuramente si sarebbe prodigata per inventare qualcosa di altrettanto efficace senza che spaccasse i timpani alle povere puerpere.

Forse il volume era stato impostato nella modalità “alto” perché risultava alquanto fastidioso invece che il suono più bello del mondo a cui era abituata ogni volta che si recava dal suo medico per la visita mensile di accertamento e Bulma oltre a non vedere l’ora di avere tra le sue braccia quel bambino, desiderava staccarsi quegli elettrodi dal suo ventre.

La gravidanza era andata piuttosto bene, l’azzurra non aveva mai saputo che cosa significassero le nausee mattutine, anzi, se non l’avesse insospettita quel ritardo di due settimane scoperto per puro caso guardando il calendario un giorno come un altro in laboratorio, non avrebbe forse mai saputo di essere incinta.

Anche la pancia non era mai stata pronunciata, se non per gli ultimi due mesi che era lievitata a vista d’occhio, ma questa non le impediva di certo i movimenti, anche se non poteva più infilarsi sotto i macchinari come era solita a fare, ma delegare il padre anziano a farlo per lei.

E soprattutto non veniva mai vista di buon occhio da quest’ultimo quando saliva in cima ad una scala altissima.

“Se non pensi alla tua salute, pensa almeno a quella del bambino” Continuava a ripeterle l’anziano.

“So quello che faccio!” Lo rimbeccava lei con grande disappunto del genitore.

Una contrazione che arrivò all’improvviso la fece urlare dal dolore, era più forte delle precedenti, e Bulma ebbe la macabra sensazione che qualcuno le avesse appena spezzato l’osso del bacino.

L’ostetrica incaricata di seguire il suo travaglio che se ne stava tranquilla e beata dietro quel tavolino con la sua bella settimana enigmistica tra le mani, non si scompose minimamente alle urla della donna, anzi sbuffò seccata.

Ogni tanto soffiava perché non riusciva a trovare la soluzione all’enigma e quei lamenti sommessi non l’aiutavano, specie se arrivavano quando c’era quasi scoperto la soluzione.

Bulma notava che ogni tanto sbirciava la pagina posta alla fine del libretto dove poteva benissimo trovare la risposta ad ogni suo problema.

“Patetica” Aveva sussurrato a mezze labbra mentre un’altra contrazione arrivava e le costringeva a stringere gli occhi e a mordersi la lingua.

Questa volta non aveva espresso il suo dolore fonicamente perché tanto non sarebbe servito a niente, anzi, avrebbe solo indispettito di più quell’arpia nella stanza accanto, e perché se per caso o per sbaglio, da quella porta fosse entrato Vegeta e l’avesse vista urlare e contorcersi dal male, sicuramente l’avrebbe ripresa sul fatto che non fosse degna di portare in grembo la sua progenie.

Ma il principe dei saiyan non le avrebbe mai e poi mai fatto tale dono, visto che nel momento in cui gli aveva dato la bella notizia, Vegeta stava salendo a bordo della nuova navicella spaziale commissionata a suo padre e, per quanto ne potesse sapere, non si era ancora degnato di fare ritorno, e chissà quando sarebbe capitato.

L’aveva liquidata con un semplice “Ah!” di sorpresa senza nemmeno guardarla per poi chiudere quel portellone e partire a razzo scomparendo dalla sua vista.

Aspettava un bambino.

Il suo bambino.

E lui l’aveva lasciata da sola.

Ma da Vegeta non si sarebbe potuto aspettare niente di diverso.

Non perché l’ annuncio della sua gravidanza lo avesse sconvolto a tal punto da scappare lontano, ma era proprio per proteggerlo che doveva andare a ricoprirsi d’oro e  superare anche il livello di Kakaroth.

E quello era un motivo più che valido per andarsene e raggiungere il suo obiettivo nel minor tempo possibile senza che lei potesse proferire anche solo una parola di disappunto.

Un’altra contrazione…più ravvicinata rispetto all’altra e la voglia di spingere.

Bulma trattenne il respiro ed espirò appena il dolore l’aveva lasciata stare per un altro minuto.

Cazzo se faceva male!

Si maledì mentalmente per non aver ancora chiamato sua madre per starle accanto in quel momento e portarle un cambio d’abiti e la borsa che aveva preparato con cura per lei e che conteneva tutte le cose del bambino, e che ora faceva la guardia al suo letto in camera, perché lei se la sarebbe cavata da sola, pensò quando aveva varcato la soglia del pronto soccorso sorreggendosi alla parete in preda alla terza contrazione e con le gambe bagnate dal liquido amniotico.

Non sarebbe stata né la prima e né l’ultima a dare alla luce un bambino in completa solitudine e soprattutto senza nessun preavviso, in quanto Bulma aveva appena raggiunto le trentotto settimane e il medico che l’aveva in cura le aveva detto che non avrebbe partorito prima della quarantesima, era più chiusa del caveau di una banca, ma il medico non aveva fatto i conti con gli imprevisti, eppure doveva conoscerli visto la sua grande esperienza.

*

“Fammi dare un’occhiata” Finalmente l’ostetrica aveva alzato il suo culone grasso da quella sedia e si era degnata di andarla a visitare.

Le abbassò il pannolone e la sua espressione di terrore innervosì ancora di più Bulma che per comodità aveva divaricato le gambe.

“Che c’è?” Chiese tremando.

“E non mi chiami?” Sbraitò la dottoressa “…sta uscendo la testa!”

“Non volevo disturbarla…” Si fermò perché un’altra contrazione era arrivata e sentiva il bisogno irrefrenabile di spingere “…mi sembrava troppo impegnata con i suoi enigmi.” Mormorò dopo che il dolore era passato.

L’ostetrica la guardò di sottecchi “Stavo facendo il mio lavoro, sono abituata a vedere donne urlare per il dolore causato dalle contrazioni…ma non mi è mai capitato nessuno che soffrisse in silenzio e che non mi chiamasse se sentiva la testa fuoriuscire, soprattutto senza l’epidurale.”

“Dice così perché non mi conosce!” Con la fronte che stillava di sudore e il fiato corto, Bulma diede un’ultima forte spinta che le permise di dare alla luce il suo bellissimo bambino.

L’ostetrica lo avvolse su un lenzuolino bianco e gli praticò le manovre di disostruzioni delle vie aeree.

Bulma pensò che dopo quella sera sarebbe stata pagata il doppio per il lavoro che non spettava a lei, per quanto la riguardava, poteva benissimo metterlo sul suo conto, quella dottoressa, di cui non ricordava nemmeno il nome, le aveva appena messo tra le braccia la creatura più bella che si potesse desiderare.

Piangeva a dirotto, ma appena la madre le accarezzò dolcemente una gota con un dito e gli baciò la fronte, smise di farlo e si addormentò tra il suo seno gonfio e dolorante.

“E’ un bel maschietto, sano e forte” Si complimentò quella donna dopo essere andata a chiamare il ginecologo di guardia e il pediatra per le dovute visite.

*

Bulma guardò fuori dalla finestra.

Era buio, totalmente buio.

Vide solo una scia rossa oltrepassare il cielo e un boato poco dopo.

“Che cos’era?” Si chiese.

Un meteorite? Un asteroide? Alieni che invadevano il pianeta? Oppure lui?

Beh! Tra le quattro opzioni era la più improbabile.

Quante possibilità c’erano che Vegeta facesse ritorno il giorno della nascita del loro bambino?

Poche, o per meglio dire: nessuna.

Poco dopo entrarono della sua stanza un paio di medici a prendersi cura di lei e di suo figlio e Bulma chiese la cortesia di poter chiamare almeno sua madre per darle la bella notizia e farsi portare quella borsa con tutto il necessario per darsi una ripulita.

Quando prese il telefono dalla borsa notò che il genitore l’aveva chiamata una ventina di volte circa, non si arrabbiò perché l’aveva cercata, anzi, non lo fece affatto, si limitò a sorridere perché ora capiva perfettamente il suo punto di vista ed improvvisamente i rimproveri precedenti assumevano la sfumatura di consigli amorevoli.

Ora anche lei era una mamma e sentiva il bisogno di proteggere quel fagottino con tutta sé stessa.

“BULMA!” Cinguettò la donna nervosa rispondendo al primo squillo “…si può sapere dove sei? E’ l’una di notte!”

“Mamma…” Prese coraggio cercando le parole più adatte “…c’è qualcuno che dovreste conoscere.”

*

Sua madre e suo padre se ne erano andati dall’ospedale alle prime luci dell’alba, dopo aver sbrigato gli ultimi convenevoli e firmato varie scartoffie per conto della figlia che ora stava riposando beatamente tenendo tra le braccia il suo primo figlio che al momento non aveva ancora un nome.

Bulma aveva chiesto ai genitori se per caso Vegeta avesse fatto ritorno, ma loro risposero di no, che non l’avevano ancora visto e che quello che aveva sentito la scorsa notte era solo un meteorite che si era schiantato al ridosso della montagna.

Lei ci aveva creduto, però sarebbe stato bello sapere del suo ritorno in quella particolare notte…peccato!

Ora il dilemma era dare un nome al nascituro.

Bulma ci aveva pensato e ripensato, ma non riuscì a trovare qualcosa di adatto.

Chiuse gli occhi per la troppa stanchezza.

“Trunks” Le sussurrò una voce all’orecchio che le fece sbarrare gli occhi oltre che a farla rabbrividire.

Ma quando Bulma si guardò attorno non vi vide nessuno, se non la finestra aperta e l’aria fresca di novembre che entrava e le tende che svolazzavano.

*

Continua

*

Nda: Ciao a tutti! Chi non muore si rivede…lo so, vi avevo promesso che sarei tornata a settembre, ma un piccolo contrattempo, ovvero la stesura completa della long sul fandom di Miraculous mi ha assorbito completamente, però vi annuncio che quella è quasi del tutto terminata, quindi posso dedicarmi a questa con pubblicazione settimanale.

Piccole precisazioni…questa storia è una cucitura di mie long vecchie, e per vecchie intendo scritte più di dieci anni fa e pubblicate con un account non più attivo, cercherò di ripercorrere le varie tappe della saga dei cyborg, ovvero quello che Toryhama non ha raccontato, da qui il titolo “Angoli nascosti”, ho voluto iniziare con la nascita di Trunks, ma dal prossimo capitolo si ritornerà indietro nel tempo, più precisamente subito dopo Namecc.

Io ringrazio fin da subito chi vorrà seguire questa storia e chi vorrà lasciarmi un segno del suo passaggio.

*

Erika

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Angoli Nascosti

*

Capitolo 02

**

Yardrat…quattro anni prima

*

Il rumore incessante dei suoi passi era scandito da gocce di umidità che trasudavano dal soffitto di pietra violaceo e andavano a depositarsi nei catini lasciati apposta per raccogliere l’acqua nei vari punti.

Capitava spesso che le case di Yardrat fossero invase d’acqua durante la stagione delle piogge, che durava al massimo un mese.

Un mese di disagi, perché gli abitanti di quel pianeta non avevano ancora trovato un modo per impedire di bagnarsi stando chiusi in casa.

Quel piccolo omuncolo dalle tre dita oblunghe per mano entrò nella stanza dove era stato portato l’uomo delle stelle, così era stato soprannominato.

Goku dormiva beatamente da quasi tre giorni in una lettiga in quella stanza solitaria, venendo curato con pomate, erbe mediche ed intrugli vari ad alta efficacia.

Era messo veramente male quando gli alieni lo avevano tirato fuori da quella monoposto, e subito si erano prodigati per salvargli in ogni modo la vita.

Per sua fortuna aveva una pellaccia dura ed erano riusciti a rimetterlo in piedi nel giro di poco tempo, certo, era ancora privo di sensi, ma la febbre era notevolmente scesa, il battito cardiaco stava ritornato normale e le ferite quasi guarite.

Sarebbe stato questione di giorni, giusto il tempo che il fisico recuperasse le forze.

Gli yardratiani forse non saranno stati degli abili ingeneri edili, ma in fatto di medicina alternativa o tecniche di combattimento erano al numero uno della classifica, non possedevano una grande forza fisica, anzi, ma i loro trucchetti non erano per niente male.

Non per altro, Freezer bramava a conquistare quel pianeta, dopo Namecc, e non a caso la missione era stata affidata alla squadra Genew, che purtroppo aveva trovato la morte proprio durante la deviazione di viaggio.

Una goccia d’acqua colpì il naso di Goku che sbarrò gli occhi.

Si portò in posizione seduta dopo aver avuto la netta sensazione di non essere affatto sul pianeta Terra o Namecc, e accanto al letto vi trovò quell’essere piccolo color lilla vestito strano e con la testa dalla forma di un palloncino, che trafficava con bende, acqua ed erba, di spalle.

Goku non percepì nessuna aura malvagia, anzi a dire il vero non ne avvertì nemmeno una.

“Sono morto?” Chiese spaesato.

Ma più si sforzava e più la testa gli faceva male e fischiava costringendolo a tenersela per alleviare il dolore.

“Oh! Tu svegliato” Disse l’alieno.

“Parli la mia lingua?” Chiese Goku credendo di trovarsi in un sogno.

“Non bene…” Gli sorrise “…io cercherò di capirmi”

Il saiyan non comprese appieno, ma si limitò ad annuire di circostanza, forse con il passare del tempo sarebbe stato tutto molto più semplice.

“Dove mi trovo?” Domandò guardandosi attorno.

L’alieno viola prese l’acqua medica, le bende pulite e si avvicinò a Goku.

Yardrat!”

Yardrat?” Fece lui di rimando incrociando la lingua per via della pronuncia.

“Si, essere pianeta mio”

“Certi che parli in modo strano tu…sei sicuro che non sono morto?”

L’alieno visibilmente imbarazzato sospirò “Perdona mia linguaggio, tu…tu potresti insegnare me.”

Goku inarcò un sopracciglio “Mi dispiace, ma non ho tempo per queste cose” Scostò le coperte e non si preoccupò minimamente di essere nudo, si guardò intorno in cerca della sua tuta arancione, o meglio dei brandelli, ma non trovò nulla di tutto ciò.

“Tieni!” L’alieno gli porse degli abiti uguali identici ai suoi.

“Sul serio?”

“Non avere abiti tu, pantaloni strappati, maglia inesistente, prego, tu indossa questo.”

Goku non si oppose e si vestì con quello strano vestiario che nonostante tutto erano anche comodi.

“Grazie, amico! Avete anche una navicella da darmi? Dovrei tornare sul mio pianeta.”

L’extra terrestre negò con il capo, non possedevano quella tecnologia, ma stavano studiando un modo per riparare quella dello straniero.

“E la mia? Dov’è?”

“Smembrata” Rispose semplicemente facendo capitombolare Goku per terra con aria terrorizzata.

“Che cosa?”

“Scusa, forse io essere espresso male…forse esatto termine essere riparata.”

Goku tirò un sospiro di sollievo.

“Così va già meglio, amico!”

“Amico? No, io chiamare Juth.”

“Goku, io mi chiamo Goku.” Ammise porgendogli la mano che l’alieno non strinse, non cogliendone il significato. “Sul pianeta Terra si fa così, quando ci si presenta ci stringiamo la mano.”

“Oh! Io capire…e scusarmi” Gli porse la mano e Goku la sua con un grande sorriso.

“Bene, ora che ci siamo presentati…non è che avete qualcosa da mangiare?” Chiese tenendosi la pancia brontolante.

Juth affermò e lo invitò a seguire in cucina dove un esercito di cuoche stavano preparando un gustoso pranzetto per tutti gli abitanti del pianeta, il profumino che arrivava da quel locale fece venire l’acquolina alla bocca del saiyan, che in mezzo a quegli abitanti sembrava Gulliver da quanto alto era.

*

Goku finì l’intero banchetto in men che non si dica, lasciando la popolazione in evidente stato di shock, in pratica si era fatto fuori le scorte che dovevano bastare per l’approvvigionamento dell’intera stagione delle piogge.

Ahhhh! Cha mangiata!” Disse pulendosi la bocca con la manica e tenendosi la pancia visibilmente ingrossata. “Ehi Juth! Grazie, ora mi porti alla navicella?”

All’alieno stava ancora ballando un occhio per lo stupore e con fare circospetto aveva allontanato il saiyan dalla mensa, prima che qualcuno gli lanciasse addosso qualche coltello colpendolo in pieno.

Goku rimase di stucco quando vide la sua monoposto fatta in mille pezzettini e un paio di yardratiani che la stavano assemblando un pezzo alla volta.

“Ma…ma… tu mi hai detto che era riparata!”

“No no riparata…forse io esprimere male…”

Uno dei due si avvicinò a Juth e gli comunicò qualcosa nella sua lingua originaria.

“Che ha detto?”

“Non essere pronta prima di un mese!”

“COSA???? E IO COME FACCIO??? Devo tornarmene sul mio pianeta!”

“Tu tranquillo, rimanere qui…”

“Si, ma io mi annoierò, non c’è nulla da fare qui, e non posso nemmeno allenarmi perchè…” Non fece a tempo a terminare la frase che l’ennesimo yardratiano si palesò materialmente davanti a lui spaventandolo, puff…comparso da nulla.

I due alieni iniziarono a conversare, ovviamente nella lingua incomprensibile a Goku che li osservava in maniera quasi meravigliata, perché mentre loro parlavano animatamente, a lui balenò in testa un’idea, se la sua teoria fosse stata confermata da Juth.

Ma non servì, perché l’interlocutore si era portato due dita sulla tempia destra ed era scomparso subito dopo.

“Mi spiace Goku…ma se tu volere andare via da qui, devi aspettare…fare tutto il possibile…”

Sul volto del saiyan si materializzò un sorriso soddisfatto.

“Insegnami!”

“Cosa?”

“Il tuo amico è comparso e ricomparso, voglio farlo anch’io.” Disse entusiasta.

“Quella è tecnica teletrasporto, difficile da imparare, noi averci messo cento anni per imparare.”

“Cento anni??? Ma quanti ne hai tu?”

“Centoventi!”

“Incredibile…comunque puoi insegnarmela?”

“NO!” Juth incrociò le braccia al petto ricordando la sua richiesta nell’infermeria.

“Per favore!” Goku lo implorò con le mani giunte in segno di preghiera, avrebbe fatto qualsiasi cosa per imparare anche quella tecnica, gli sarebbe sempre potuta venire utile un giorno.

Muoversi attraverso il tempo e lo spazio avrebbe scatenato l’invidia di Vegeta.

“Ho detto: NO!”

Goku sospirò affranto, poi nel suo volto si disegnò un ghigno divertito.

“Se io ti insegno la lingua terrestre alla perfezione, tu puoi mostrarmi come ci si tele trasporta?” Colpito e affondato, Goku era in una botte di ferro.

“No! Io sapere già parlare di tua lingua!”

“Si, ma prima ad esempio mi hai detto la parola riparata, invece tu intendevi ben altro…pensa se ti capitasse di scambiare merci con noi e vi capiste male, potresti perdere l’affare.”

Non aveva tutti i torti, l’unico problema era che la Terra non era molto conosciuta per gli scambi intergalattici, almeno per quanto riguardava il presente, in passato, Juth ricordava molto bene i suoi avi parlare di questo pianeta per l’importazione di piante e animali.

“Ultima offerta!” Decretò Goku, e Juth un’occasione così non poteva di certo lasciarsela scappare.

*

Terra…

*

Bulma sospirò di grazia quando vide finalmente il cartello alle porte della città con impresso a caratteri cubitali “Città Dell’Ovest”.

Era stanca, sporca e i morsi della fame si stavano facendo sentire man a mano che si avvicinava alla via di casa.

Appena entrata si sarebbe sicuramente diretta verso camera sua con in bocca un panino e gettata letteralmente tra le bolle della jacuzzi per ore.

E fu quello che fece dopo aver lasciato sull’ingresso la sacca contenente quelle sette sfere che pulsavano.

“Oh! Bulma tesoro, sei a casa.” Si meravigliò la svampita bionda mentre riponeva nella credenza le ultime stoviglie pulite. “Vegeta ti ha lasciato qualcosa da mangiare…” A quelle parole l’azzurra digrignò i denti e strinse i pugni, gli sarebbe costato tanto darle un passaggio fino a casa? Comunque si meravigliò nel constatare che l’alieno le avesse accordato quella gentilezza, non che il cibo in casa sua scarseggiasse.

Rozzo di un saiyan.

Dopo tutto il cibo, l’alloggio e le attrezzature che aveva a disposizione, quello era il ringraziamento.

“Ringrazialo da parte mia!” Rispose attraversando la cucina con fare altezzoso.

“Avete litigato, forse?” Chiese ottenendo come risposta la porta della camera sbattere facendo vibrare le pareti.

“Sembrerebbe di sì!” Mormorò a mezze labbra ritornando alle sue faccende, poi si portò un dito sulle labbra quando le balenò in testa un’idea “…più tardi gli andrò a prendere una torta, a Vegeta piacciono le torte, magari questo lo addolcirà un po' e lui e Bulma faranno pace.” Cinguettò canticchiando la melodia di una canzoncina allegra.

*

Continua

*

Angolo dell’autrice: Ciao e tutti e buon inizio settimana.

Spero come sempre vi sia piaciuto questo capitolo e ne approfitto per ringraziare le persone che hanno letto, commentato e che stanno inserendo la storia tra le Preferite, Seguite e Ricordate, ma anche chi legge silenziosamente.

Vi lascio di seguito il link ad una one-shot (se ve la siete persa) scritta questa estate a cui si fa riferimento l’ultima parte di  questo capitolo.

Alla prossima, Erika

 


Un aiuto inaspettato


Bulma, dopo gli avvenimenti di Namecc, parte alla ricerca delle sette sfere del drago per riportare in vita i suoi amici caduti in battaglia.


Genere: Avventura | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: What if? | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 03

**

Bulma si gettò letteralmente dentro l’enorme vasca da bagno invasa da bolle e schiuma profumata di muschio bianco.

Introdusse all’interno dell’acqua bollente prima un piede e poi un altro dopo essersi tolta la spugna bianca attorno al suo corpo per riporla nell’apposito appendino lì accanto.

Il suo corpo venne avvolto da una bellissima sensazione di calma e tranquillità, giusto quello di cui aveva bisogno dopo una giornata come quella, sperando che l’odore di uova marce dovuto allo zolfo che emanava il vulcano, venisse sostituito da quello presente nei sali da bagno.

Aveva avvolto i capelli in una spugna in modo da trattarli successivamente, quello di cui aveva bisogno in quel momento era rilassare i nervi lasciandosi andare dalla dolce coccola del vapore acqueo che aleggiava come una nebbia fitta all’interno della stanza e dalle bollicine della jacuzzi.

Bulma accese preventivamente delle candele profumate e spento la luce.

“Tranquillità” Sospirò immergendo tutto il corpo chiudendo gli occhi.

Quella era stata una giornata pesante e le sue gambe stavano ringraziando per il calore che le stava avvolgendo, seguito da un massaggio rilassante dalle bolle d’acqua.

Dopo del corpo, sarebbe toccato al viso, ancora provato e segnato da ustioni e graffi leggeri, ne avrebbe rimediato con creme e unguenti che teneva custoditi gelosamente nell’armadietto della bellezza, come lo chiamava lei, riempito da tutti i rituali della routine della sera.

In pratica da quando saliva in camera, a quando andava effettivamente a letto, passavano all’incirca un paio d’ore, se andava bene.

In quel caso ci avrebbe messo molto di più, perché una sola applicazione di pomata non sarebbe di certo bastato a lenire il rossore dell’ustione, eppure la sua tuta protettiva era ad alta efficacia e poteva resistere alle più alte temperature, poco importava, l’indomani si sarebbe fiondata su quel progetto, non sia mai che le dovesse capitare ancora di finire dentro un vulcano attivo.

Bulma però doveva anche chiamare i suoi amici per portargli la buona novella della raccolta di tutte e sette le sfere, pigiò il tasto al lato dello smartwatch al polso e vide che erano appena le otto di sera, un orario ancora accettabile per fare delle telefonate.

L’azzurra non uscì dalla vasca, ma si limitò ad alzare la cornetta vicino alla vasca e si fece i complimenti da sola per aver pensato ad installare apparecchi telefonici in ogni stanza della casa; un po' meno felice era sua madre, perché ogni vota che trillava il telefono quell’eco risuonava per tutta la casa, rischiando che il rumore venisse avvertito dall’altro capo del pianeta.

Invano anche il tentativo del dott. Brief di riconfigurare la rete telefonica in assenza della figlia, Bulma l’aveva dotata da una serie di codici troppo complicati per lui, però purtroppo, a causa dei troppi impegni lavorativi si era dimenticato di chiedere a Bulma di rivedere il suo progetto e di risistemarlo.

La scienziata aveva chiamato per prima il Genio delle Tartarughe di Mare e poi Chichi, avvisandoli appunto che l’indomani avrebbero richiamato il potere di Polunga per iniziare a riportare in vita i caduti durante le battaglie che si sono susseguite nei mesi precedenti.

Si era appena rimessa comoda con gli occhi chiusi quando un boato sordo provenne dall’ingresso del bagno facendola sobbalzare e di conseguenza trasbordare acqua e sapone al di fuori dalla vasca, sul pavimento dove erano state riposte accuratamente dei tappetini da bagno di spugna rosa.

Volse lo sguardo terrorizzato verso la porta che era stata completamente disintegrata e vide lui che la guardava con quell’espressione sadica in volto.

Era la prima volta che Bulma temeva per la sua incolumità da quando aveva invitato il saiyan a restare in casa sua.

Deglutì il nulla e quando si ricordò di essere completamente nuda prese l’accappatoio con un movimento repentino della mano e si coprì la parte davanti, immergendo completamente la spugna nell’acqua fino ad inzupparla tutta e rendendola poi inutilizzabile.

Vegeta avanzò verso di lei a piccoli passi senza mai togliere la connessione con i suoi occhi, le piaceva intimorirla e doveva ammettere a sé stesso che l’agnellino ora era in trappola, sarebbe stato facile farle del male, se solo fosse stato quello lo scopo della sua intrusione.

Bulma d’altro canto pensò stesse per avere un infarto, il braccio sinistro le doleva, ma solo perché la cintura dell’accappatoio si era avvolta troppo stretta sul bicipite.

Deglutì il nulla ed iniziò a tremare.

Per la prima volta non riuscì a leggere le sue intenzioni e questo la faceva andare in bestia.

“C-che…che vuoi?” Gli domandò balbettando.

“È inutile che ti copri, quel pezzo di stoffa non ti proteggerà…e poi credi che non abbia mai visto nessuna donna nuda?” Berciò altezzoso il saiyan fermandosi al bordo della vasca continuando a scrutarla.

“E’ anche vero che se mi avessi voluta morta, non ti saresti limitato a spaccare la porta, dico bene?” Bulma tirò fuori il coraggio che aveva represso per un istante.

Tsk! Credi di conoscermi così bene, donna?” Vegeta schioccò la lingua rimanendo immobile.

Bulma inarcò un labbro con aria di sfida “Ti conosco bene per sapere che sei venuto fino qui per chiedermi un favore.”

Vegeta sogghignò “Più o meno, ma non fraintendere.”

“Ti ascolto” Deglutì Bulma.

“Ho bisogno di una navicella…”

“Puoi prendere quella che è parcheggiata nel giardino, mio padre l’ha già messa a nuovo.” L’interruppe irritandolo, infatti Vegeta si scagliò contro di lei in un nano secondo chiudendole la bocca con due dita, stringendo così forte da lasciarle un paio di segni rossi.

Tutti vani i tentativi dell’azzurra di togliergli le mani di dosso, il principe l’aveva stretta in una morsa quasi letale e se ci avesse messo ancora un po' di pressione, la mascella di Bulma si sarebbe rotta.

“Non osare interrompermi, mai più! È chiaro?” Le aveva detto alitandole in volto facendola rabbrividire.

“Sei un animale, Vegeta!” Bulma si massaggiò la parte inferiore del volto con delicatezza, le doleva e anche parecchio, ma per quanto sia non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di avvertirlo che le aveva inferto dolore.

“STA ZITTA!”

“A che cosa ti serve quella navicella?” Glielo doveva chiedere e zitta non se ne sarebbe mai stata.

Vegeta sbuffò, quelli non erano affari che la riguardavano, era una questione in sospeso tra lui e Kakaroth.

L’intenzione del principe dei saiyan era quella di prendere il suo acerrimo rivale una volta riportato in vita, poi caricarlo a forza sulla navicella e prendere il largo per un pianeta lontano e deserto.

Doveva vederlo, doveva vedere con i suoi occhi il leggendario super saiyan e batterlo, perché in cuor suo Vegeta sapeva di potergli tenere testa, ma sarebbe stato troppo facile se Kakaroth usava solo metà della sua forza in quanto avrebbe rischiato di danneggiare il pianeta Terra, quindi era per questo che aveva preso la decisione di allontanarsi da lì.

“Tu pensa a riportare in vita quello smidollato di Kakaroth! Al resto ci penso io.” Le disse prima di voltarle le spalle e sparire da quella stanza lasciandola da sola con un mucchio di detriti da sistemare.

“Scimmione senza cervello!” Imprecò lei nella sua mente digrignando i denti ed uscendo dalla vasca ancora più agitata di prima.

*

“No, no e no!” Disse Juth rassegnato schiaffeggiandosi la testa.

Da qualche giorno si era preso la briga di insegnare all’uomo delle stelle di nome Goku la tecnica del teletrasporto, ma sembrava che non avesse ben capito come funzionava.

“Che ho fatto ora?” Chiese il saiyan con aria interrogativa “Ho seguito le tue istruzioni alla lettera.”

“Tu credere di imbrogliare me?” Chiese indispettito.

“Si dice: Non crederai di imbrogliarmi?” Lo corresse sospirando.

“Non stiamo imparare lingua terrena, ora.”

“Si dice: Non stiamo imparando la lingua terrestre

“Non prendermi per i fondelli, ragazzo!” Disse in tono piuttosto irritato lo yardratiano puntando i pugni sui fianchi.

“Senti…che cos’ho fatto che non va questa volta?” Goku pensò bene di formulare una domanda per sviare il discorso e ritornare sui suoi passi per non portare quella discussione troppo alle lunghe, aveva imparato a conoscere quello strano popolo, e sapeva bene quanto fossero permalosi, soprattutto il suo nuovo maestro.

“Hai usato la super velocità!” Rispose tornando a sedersi sulla roccia piatta fucsia con le gambe incrociate per meditare.

“Chi? Io? Guarda che ti sbagli!”

“Rifare tutto…concentrati!” Juth chiuse gli occhi ed alzò le braccia a mezz’aria facendo combaciare gli indici e i pollici di entrambe le mani.

Goku sbuffò e corse lontano nei pressi della montagna che si vedeva in lontananza borbottando qualcosa di incomprensibile.

Eppure non era un tipo che si arrendeva facilmente, anzi, in quegli anni aveva sempre dimostrato grande costanza e tenacia nel raggiungere i propri obiettivi, cercando di migliorarsi sempre di più imparando nuove tecniche.

E quella l’avrebbe imparata!

Al costo di rimanere in quel pianeta sconosciuto una vita, ma ci sarebbe riuscito.

Goku alzò gli occhi al cielo, non sapeva bene per quale motivo, ma sembrava che qualcuno o qualcosa lo stesse richiamando a sé.

Scrollò la testa, non era il momento di farsi prendere dai sentimentalismi, anche se la sua famiglia gli mancava molto, soprattutto Gohan.

Chissà se stanno bene…

“CONCENTRATI!” La voce di Juth risuonò limpida e cristallina nella sua testa facendolo rinsavire e tenere gli occhi puntati sul suo obiettivo.

Goku inspirò ed espirò profondamente incanalando energia presa dagli elementi attorno stando ben attento a non confondere le auree che avvertiva, doveva percepirne una sola, ovvero quella di Juth, lui era il suo obiettivo primario.

Si portò sulla tempia due dita e una volta individuata: sparì.

Riapparve davanti allo yardratiano che lo guardò con aria rassegnata.

“Non ci siamo, riprova!” Gli disse senza neanche aprire gli occhi.

“Ma come non ci siamo?? Ho fatto tutto quello che mi hai detto!” Protestò puntando i piedi a terra come un bambino.

Juth aprì un occhio per poi richiuderlo subito dopo “Non credo, non mi avere ascoltato bene.”

“Ho fatto esattamente quello che mi hai detto…forse sei tu che non ti esprimi bene”

“Io essere consapevole di non parlare bene, ma le mie istruzioni essere chiare. Teletrasporto è una tecnica facile, ma non eseguire bene se tu pensieri diversi.”

Goku si sedette accanto a lui, in effetti aveva ragione quell’omuncolo, la nostalgia di casa lo stava portando a non avere la giusta concentrazione, forse anche Gohan e Chichi erano preoccupati per lui, del resto Gohan aveva visto scoppiare Namecc come un fuoco d’artificio con la consapevolezza che anche suo padre era lì e che potesse aver fatto la stessa fine.

“Hai ragione, Juth…” Sospirò rassegnato “…mi manca casa.”

“Vattene!”

Goku inarcò un sopracciglio distrattamente “Cosa?”

“Vattene…se non vuoi stare qui, prendere navicella e vai via” Disse senza tanti giri di parole.

“Io non voglio andarmene, non prima di aver imparato questa tecnica. E poi non posso farlo finchè la navicella non verrà riparata.”

“Oh! Giusto…smembrata” Sogghignò.

“Già…smembrata!” Goku alzò un labbro in un sorriso tirato, poi stava per dire qualcosa quando il cielo si fece improvvisamente scuro e un forte vento si alzò facendo volare giù dal masso lo yardratiano, soccorso subito dopo dal saiyan prima che volasse via trasportato dalla corrente.

“Ma che sta succedendo?” Chiese terrorizzato il piccolo uomo viola.

A Goku morì il cuore in gola, lui sapeva benissimo che cosa stava accadendo, Polunga era stato invocato e lo stava venendo a prendere, ed infatti tra fulmini e saette comparve la faccia spaventosa del drago che fece svenire Juth, tanto che Goku pensò fosse morto all’istante.

“Cavolo! Lo hai fatto secco!” Si grattò la testa perplesso il saiyan.

“VIENI CON ME, GOKU! I TUOI AMICI TI RECLAMANO!” Disse il dio drago di Namecc con voce grossa e minacciosa.

“Ora non posso! Digli che tornerò appena potrò!” Aveva appena appurato che stavano bene e questo gli aveva dato la giusta scarica elettrica e forza per proseguire nel suo obiettivo.

“NON SEI TU A DECIDERE!”

“Ti prego, fammi questo favore! Avvisali che tornerò presto.” Si inginocchiò pregandolo.

Il drago deglutì il nulla, non gli era mai capitata un’insolenza simile, ma era anche ben consapevole che se Goku non voleva andare con lui, niente lo avrebbe smosso di lì, nemmeno il suo grande potere.

“E VA BENE!” Polunga sparì subito dopo portando via con sé il cielo scuro e la tempesta che aveva scatenato.

*

Continua

*

Angolo autrice: Lo so, lo so…sono imperdonabilmente in ritardo e mi dispiace un sacco aver snobbato, se così vogliamo dire, questa long.

Purtroppo nelle settimane precedenti ho dovuto terminare per forza di cose un’altra opera sul fandom di Miraculous e poi, non contenta, mi sono dilettata alla stesura di ben due storie per quanto riguarda Halloween Party organizzato dal sito fanwtriter.it, e poi una one shot per il Calendario dell’Avvento, sempre organizzato dallo stesso sito.

In ogni caso ora sono qui e non me ne andrò finchè non riuscirò a mettere la parola fine a questa storia.

Ringrazio tutti quelli che mi seguono con entusiasmo e spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Vi mando un forte abbraccio, Erika 😊

*

P.s.: ringrazio anche qui la carissima sweetlove per la fan art dedicata alla mia storia di Miraculous, vi lascio il link per vederla, e leggerla se volete XD.

 

https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4000523&i=1

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 Angoli nascosti

*

Capitolo 04

**

Normalità.

Doveva tornare alla normalità senza di lui e con la consapevolezza che Goku era vivo e vegeto da qualche parte nell’universo.

Non era voluto tornare da lei, da loro, e questa cosa la faceva andare in bestia.

Il suo cuore e la sua mente pullulavano da giorni di pensieri negativi e s’interrogava sul perché di quella decisione, ma più ci pensava e meno motivi validi trovava.

Girò la manopola del rubinetto della cucina appena la stoviglia risultò priva di sapone, prese uno straccio asciutto che teneva sempre lì vicino al lavello e tolse l’acqua in eccesso lucidando la ceramica.

Chichi lo fece cadere poi di proposito sul pavimento frantumandolo in mille pezzi da nervoso.

“Tutto bene, mamma? Ti sei fatta male?” Chiese Gohan apprensivo dopo aver alzato la testa dai libri che stava studiando in cucina.

La corvina tremava di rabbia e sarebbe esplosa da un momento all’altro.

Goku non aveva voluto essere riportato sulla Terra.

Goku non voleva tornare.

Goku non voleva bene alla sua famiglia.

Goku pensava solo a sé stesso.

Goku

Tutti contavano di rivederlo quel giorno, per abbracciare quell’eroe che tutti credevano si fosse immolato per l’ennesima volta aiutandoli a scampare da morte certa, ed invece aveva preferito starsene dov’era, lontano.

E forse il Genio delle Tartarughe di Mare non aveva così poi tutti questi torti dicendo che Goku aveva paura di sua moglie, che più di timore si poteva parlare di non amore verso di lei, perché se il saiyan l’amava o provava una specie d’amore per lei e per Gohan se ne sarebbe tornato sulla Terra a condurre la vita di sempre accanto a loro.

E invece no, non è andata così.

“Tornerà quando sarà pronto!” Aveva detto Polunga con la sua vociona minacciosa e inquietante, ma più che incuterle timore con la sua stazza, Chichi si sentì morire dentro perché aveva capito che lei per Goku non sarebbe mai stata una priorità.

Fu quella consapevolezza a farla cadere in ginocchio a peso morto sui cocci bianchi sparsi sul pavimento bianco lucido e perfettamente pulito, perché Chichi per distogliere il pensiero dall’imbecille di suo marito si era buttata a capofitto nelle pulizie e altri doveri domestici fino a sviluppare un disturbo ossessivo compulsivo, tanto che suo figlio ogni tanto doveva darle uno scossone per farla tornare in .

Gohan la sollevò senza alcun problema e la portò in divano togliendole dalle gambe i pezzi che le si erano attaccati, fortunatamente nessuno si era conficcato in profondità nella pelle.

“Sto bene, tesoro!” Disse con voce rauca alzandosi, ma barcollando subito dopo per un mancamento.

“Dovresti riposare, ti porto a letto!” Gohan la prese in braccio e come se stesse trasportando una piuma adagiò la madre sul talamo.

Chichi respirava a fatica e il sonno la raggiunse dopo poco aver toccato il cuscino, ma non prima di sussurrare al figlio che non è giusto che sia lui a vegliarla al posto di suo padre.

“Papà tornerà presto” Le disse e Chichi avrebbe voluto avere il suo stesso entusiasmo e positività.

Non dormiva da giorni, se non per poche ore a notte continuando a girarsi e rigirarsi tra le lenzuola con il pensiero fisso di suo marito in testa.

Un conto era crederlo morto, un altro era la consapevolezza che se ne stava beatamente in giro per l’universo lasciandola da sola a crescere un bambino, il loro bambino.

Chichi aveva anche perso il conto di quante lacrime aveva versato per lui in quelle notti tristi e solitarie, spesso per non svegliare Gohan e farlo preoccupare inutilmente le soffocava sul cuscino.

Mentre agli occhi di Gohan quell’uomo era un eroe, forse è a causa del sangue saiyan che gli scorreva nelle vene, oppure perché lui era presente quando lo aveva visto ricoprirsi d’oro e sconfiggere quell’inietto di Freezer, perito miseramente per colpa delle sue stesse mani.

Gohan era fiero di suo padre e sapeva anche che la sua lontananza era dettata dal fatto di migliorarsi sempre di più, perché era sicuro che si stesse allenando su qualche pianeta sconosciuto imparando tecniche nuove.

In cuor suo non vede l’ora di poterlo riabbracciare e apprendere che cosa avesse scoperto in quei mesi che se ne sarebbe stato lontano, ma ora doveva occuparsi di sua madre.

Abbassò le tapparelle per farla riposare meglio facendo cadere il buio in quella stanza, e prima di uscire le volse un ultimo sguardo amorevole.

“Non ti preoccupare, mamma. Papà tonerà presto da noi…fa tutto questo per proteggerci, perché ci vuole bene” Sussurrò a mezze labbra mentre vedeva il petto di Chichi abbassarsi ed alzarsi a ritmo lento.

*

Vegeta sferzò un pugno in direzione della parete di metallo incrinandola appena.

Fortunatamente l’impronta lasciata dal suo colpo non danneggiò la navicella, altrimenti avrebbe rischiato di venire sbalzato nello spazio più nero e perire miseramente prima ancora di aver potuto vedere con i suoi occhi il leggendario Super Saiyan.

Era in viaggio da parecchi giorni e i morsi della fame si stavano facendo sentire.

Da quando aveva scoperto che il suo acerrimo rivale era vivo da qualche parte e che sarebbe tornato solo quando lo avrebbe deciso lui, aveva preso la navicella indicata da Bulma la sera precedente, senza tanti saluti e lacrime d’addio, aveva preso il volo momentaneamente senza una meta ben precisa con solo l’obiettivo preciso di trovarlo per vedere il leggendario guerriero dorato.

Aprì la credenza scoprendola vuota, del resto il dott. Brief non si era prodigato di rimpinguarla a dovere, in quanto nessuno era a conoscenza delle intenzioni del principe, ovvero di partire senza nessun preavviso anche se il sentore era nell’aria.

“Maledetto, Kakaroth!” Grugnì stringendo i pungi e digrignando i denti così forte da farli stridere senza spezzarli o scheggiarli.

La tentazione di dare un altro pugno alla lamiera super resistente era molto forte oppure di liberare la sua rabbia sotto forma di energia, ma si limitò solo a portare al massimo la gravità e continuare con gli allenamenti scacciando via il pensiero dello stomaco che brontolava con la forte pressione che gli stava scacciando le ossa.

“E’ sempre un passo avanti a me!” Mormorò tra una flessione e un’altra.

“Mentre io perdevo tempo con quei falliti, lui si stava allenando da qualche parte prendendosi così gioco di me!” Vegeta aumentò il ritmo di quell’esercizio abituandosi ormai alla gravità esercitata sul suo corpo.

“Crede di essere lui il più forte…ma si sbaglia!” Una goccia di sudore cadde dalla sua fronte attraversandogli un occhio bruciandolo leggermente, costringendo così il principe a chiuderlo e passarsi il dorso della mano su tutto il volto.

“Ti troverò Kakaroth, e ti sconfiggerò! Fosse l’ultima cosa che farò.”

*

Vegeta aveva impostato come rotta per il viaggio le coordinate per arrivare al pianeta Namecc, se voleva trovare Kakaroth doveva cominciare proprio da lì alla ricerca di qualche indizio, sempre se i detriti di quel pianeta non si fossero completamente sparpagliati per la galassia o disintegrati nell’esplosione, com’era probabile che fosse successo.

Pensò a lungo a dove si poteva essere rintanato e a come era riuscito a sopravvivere a quella deflagrazione devastante; l’unica che trovò di plausibile era che fosse riuscito a scampare con la navicella di Freezer, ma la scartò subito dopo perché gli era venuto in mente che lui stesso l’aveva messa fuori gioco, e Kakaroth non sarebbe stato in grado di ripararla in pochi secondi, nemmeno se Bulma fosse stato lì con lui.

Doveva aver trovato sicuramente un altro modo, e nemmeno l’ipotesi di essersi alzato in volo nello spazio aperto era logica, i saiyan non potevano respirare nella galassia, sarebbe morto in pochi istanti.

Qualcuno doveva averlo aiutato, ma chi?

Non era rimasto nessun altro nel pianeta se non lui e Freezer.

Tutto quel pensare mentre vorticava a gravità altissima gli aveva fatto venire un forte mal di testa, e la fame non aiutava per niente.

Scese fino a toccare il pavimento e spense quell’apparecchio infernale tirando un sospiro di sollievo sentendosi più leggero.

Vegeta poi si diresse in plancia giusto per vedere a che punto fosse e se sulla mappa interstellare fosse segnato qualche pianeta su cui fare rifornimento di carburante e rifocillarsi a dovere, e perché no, magari anche soddisfare qualche altro appetito.

“Ottimo! Pianeta Brower” Schiacciò il pulsante di riferimento e di cambio rotta, tra un paio d’ore sarebbe atterrato, meglio nel frattempo fare un pisolino per racimolare un po' di forze nel caso gli servisse.

Ricordava bene quel pianeta, soprattutto per i bordelli e l’ottimo cibo, c’era passato un paio di volte assieme a Nappa e Radish quando era al comando di Freezer dopo la conquista di pianeti vicini.

Era stato Radish a scoprirlo e ogni volta che poteva trascinava Nappa a soddisfare la loro lussuria, perché se c’era una cosa che mancava alla base di Freezer era la compagnia femminile, quel tiranno la riteneva una distrazione e una cosa non strettamente necessaria.

“Solo perché non l’ha mai provata!” Aveva sogghignato il fratello di Goku a quello pelato una volta.

*

Chichi si era svegliata di soprassalto e avvolta nel buio più totale.

Smarrita, come un cucciolo abbandonata.

Il suo primo pensiero fu rivolto a Gohan, ed era stato quello che l’aveva fatta alzare dal letto e scostare velocemente le coperte per precipitarsi giù.

Trovò il figlio mentre ripuliva la cucina con scopa e paletta, i piatti e le pentole perfettamente lavati ed asciutti riposti negli scomparti dedicati e nel lavello qualche pesce che ancora di dimenava.

“Sei riuscita a riposare, mamma?” Le aveva chiesto appena la vide palesarsi sulla soglia dell’ingresso della cucina.

Chichi si sentì un emerito disastro come madre mentre osservava quella tenerissima scena; Gohan era riuscito a studiare, a raccattare qualcosa per la cena e anche a sistemare il casino che aveva combinato lei.

“Lascia, finisco io adesso. Grazie” Mormorò come un automa prendendogli la scopa dalle mani con delicatezza in un sorriso tirato.

Nonostante avesse riposato molte ore, il suo viso era solcato lo stesso da occhiaie e borse sotto gli occhi molto pronunciate, non le era bastato dormire un po' per levarsi di dosso quella sensazione di inadeguatezza come madre e moglie.

Lei doveva occuparsi di suo figlio e della casa, e non il contrario.

“Mamma…” La richiamò destandola dal suo compito costringendola a guardarlo negli occhi colmi di tristezza. “…papà tornerà presto…adesso non può, si starà allenando per diventare ancora più forte e proteggerci.”

Chichi strinse gli occhi lasciando cadere le lacrime che non era riuscita a trattenere a dovere.

“…lui ci ama, e fa tutto questo per noi!” Continuò lui sperando che in quelle sue parole riuscisse a trovare un po' di conforto per andare avanti e non chiudersi più in sé stessa.

Sua madre era una donna forte e non aveva di certo bisogno di sentirselo dire, perché lo sapeva benissimo, ma a volte, per comodità, preferiva fare l’egoista.

Chichi sospirò con il cuore che le moriva in gola e aprì un enorme sorriso al figlio.

“Lo so tesoro…è solo che…” Alzò le spalle “…mi manca tuo padre.”

Gohan la guardò rimanendo ammutolito per un istante perché anche a lui suo padre gli mancava da morire e anche se non lo avrebbe ammesso mai, era rimasto deluso dalla decisione di Goku di rimanere dov’era.

“Anche a me!” E la strinse forte, dando alla madre una spalla su cui piangere e sfogarsi.

*

Vegeta atterrò su quel pianeta semi sconosciuto e si diresse subito al villaggio più vicino per fare scorta di cibo e carburante.

L’accoglienza non fu dei migliori perché gli abitanti avevano riconosciuto nel saiyan la tipica uniforme dell’impero di Freezer, temutissimo tiranno di tutta la galassia.

Al suo passaggio, continuavano a nascondersi e a sbarrare porte e balconi di quelle piccole costruzioni, come se questo bastasse per fermare il principe, solo quando arrivò in fondo alla via trovò un’aliena appoggiata sullo stipite dell’ingresso della locanda.

“Ciao bel straniero, hai bisogno di aiuto?” Aveva chiesto con voce suadente avvicinandosi a lui iniziando ad accarezzargli il corpo.

Vegeta non mosse un muscolo, ma si limitò a guardarla con sguardo torvo.

“Hai visito Kakaroth?” Grugnì.

Mmmsi!”

Vegeta sussultò, possibile che l’imbecille fosse davvero passato di là? Doveva assolutamente andare a fondo alla faccenda.

“Quanto tempo fa lo hai visto?”

L’aliena continuava a girargli intorno e a squadrarlo dalla testa ai piedi.

“Seguimi…ti farò vedere!” Entrò alla locanda seguita dal saiyan come un cagnolino, salì le scale di legno voltandosi di tanto in tanto con fare voglioso, Vegeta non battè ciglio, era chiaro che Kakaroth non si trovasse lì fisicamente ora, ed era anche ben consapevole che cosa volesse quella sgualdrina, ma nonostante tutto il principe l’assecondò, un po' di movimento gli avrebbe solo giovato e rilassato momentaneamente.

L’aliena aprì una delle innumerevoli porte del piano superiore scoprendo un letto matrimoniale semplice coperto da lenzuola candide.

“Allora? Vuoi dirmi dov’è Kakaroth?” Vegeta stava perdendo la pazienza.

L’aliena si sdraiò sul letto ed iniziò a togliersi di dosso quei pochi vestiti che la ricoprivano.

Aveva sembianze umanoidi e una pelle biancastra, gli occhi erano violacei e le orecchie a punta.

Vegeta deglutì, ma non rimase impassibile al suo fascino, si spogliò anche lui e le saltò sopra in un nano secondo.

“E’ proprio qui!” Rispose toccandogli il membro pulsante.

Vegeta le leccò il collo che le aveva fatto portare all’indietro tirandole i capelli lunghi ramati, per poi passare al seno rotondo.

“Lo vedo…” Mormorò con voce roca entrando in lei dopo averla girata ed iniziando a spingere, prima lentamente e poi sempre con più foga fino a liberare in lei il regale seme.

Ma se c’era una cosa che il principe non sopportava era quello di essere preso in giro, quando l’aliena fece per rivestirsi e chiedere il compenso dovuto per la prestazione, Vegeta non ci mise molto ad alzare una mano e farla sparire per sempre dalla sua vita per due motivi: il primo perché si era preso gioco di lui e il secondo perché non poteva rischiare di mischiare la sua razza con un’insulsa puttana.

*

Continua

*

Angolo autrice: Ciao a tutti! Buon inizio settimana a tutti. Oggi troviamo Chichi in crisi depressiva, nonostante sia una donna forte ho pensato che comunque abbia potuto avere un crollo emotivo, ma per fortuna c’è Gohan a sostenerla e che capisce perché suo padre non ha voluto tornare.

Poi c’è Vegeta alla ricerca di Goku /Kakaroth…lo troverà? XD

Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nel prossimo ci sarà un momento Bulma e Yamcha e…mi fermo qui per non rivelare troppo.

Un bacione a tutti e grazie per il supporto che mi date ogni volta.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 Angoli nascosti

*

Capitolo 05

**

“Il dott. Brief premiato come miglior scienziato”

Un paio di mani rugose appallottolarono quel foglio di giornale gettandolo direttamente nel cestino che prontamente non venne centrato.

Batté poi i palmi delle mani sulla scrivania ribaltando il contenitore con le penne e le matite sopra i progetti a cui stava lavorando; raffiguravano un uomo e un groviglio di cavi disposti all’interno con logica, per un occhio esperto s’intende.

“Quel vecchio senza cervello ha ricevuto un’onorificenza che sarebbe spettata a me se solo il mio di progetto fosse stato pronto in tempo!” Grugnì a denti stretti dando un pugno sulla superficie di mogano.

Tossì poi convulsivamente un paio di volte all’interno del fazzoletto bianco sporcandolo di rosso.

Lo scienziato si pulì la bocca dall’eccesso di sangue e bevve un bicchiere d’acqua tutta d’un sorso che levò via il saporaccio amaro e metallico che gli era rimasto.

“Non ho più molto tempo…devo concludere la mia creazione” Il dott. Gero si gettò a capofitto su quell’essere dalla forma umanoide con la cresta rossa, prese cacciaviti, martelli, bulloni e la saldatrice ed iniziò a trafficare all’interno del suo petto, sulla lamiera sinistra aperta spiccava il simbolo di un fiocco rosso con le iniziali RR in bianco su uno sfondo completamente verde fluo che fungeva da vestito.

Collegò poi un cavo alla base del cervello con la capsula bianca con sopra inciso a caratteri cubitali in nero C-16 e pigiò un tasto sul computer per iniziare la programmazione che sarebbe durata parecchie ore.

Quel cyborg era il primo modello fatto interamente da circuiti e metalli di ogni genere, progettato per essere imbattibile, di solito il dott. Gero prediligeva soggetti umani con circuiti al posto del cervello, molto più affidabili rispetto alla tipologia su cui stava lavorando da mesi, ma più laboriosi.

C-16 avrebbe rivoluzionato le sorti dell’umanità e tutti nelle loro fabbriche o ambiente domestico ne avrebbe voluto avere almeno uno, ma nel frattempo quello che a lui interessava era sbarazzarsi di quell’essere umano che aveva osato sconfiggere l’esercito del Fiocco Rosso anni addietro.

Il dott. Gero dopo la teatrale sconfitta si era rintanato in un laboratorio tra le montagne non facile da localizzare, dove aveva continuato a condurre esperimenti su esseri umani in contemporanea con le sue invenzioni da esporre al mondo intero.

Ma il vecchio scienziato da un po' di tempo, era stato colpito da una malattia che presto l’avrebbe condotto nell’altro mondo senza dargli alcun modo di attuare la sua vendetta, se non creando dei cyborg programmati per uccidere Goku a sangue freddo.

Gliene bastava uno, ovvero quello a cui stava lavorando attualmente.

Si stiracchiò mentre il computer stava installando i file per la sua programmazione e scese nel laboratorio sotterraneo non prima di aver dato un’occhiata alle altre due capsule bianche e vuote che avrebbero dovuto contenere altri due soggetti.

*

Il sole era sorto da pochi minuti quando Yamcha aprì gli occhi e con un movimento repentino trasse a sé la ragazza dai capelli azzurri che gli dormiva accanto.

Il profumo di cocco dei suoi capelli lo avvolse e per farselo entrare più in profondità dentro le narici aveva immerso la testa all’interno della chioma azzurra inebriandosi di quell’essenza pura.

Mmm…” Aveva mugugnato lei scrollando le spalle perché voleva ancora dormire un altro po', quello che lui ovviamente non aveva nessuna voglia di fare.

Yamcha era stato lontano da lei per troppo tempo, dai suoi baci e dalle sue attenzioni, e per quanti Bulma in quei giorni che si sono susseguiti alla sua resurrezione gliene avesse concessi, per lui erano sempre troppo pochi.

Le passò una mano sulla schiena nuda facendola rabbrividire e anche sorridere mentre si richiudeva sempre di più a riccio, per poi distendere le gambe e voltarsi dalla parte del suo amante e stringerlo forte a sé.

Yamcha le baciò la testa e lei il petto muscoloso fino ad arrivare alle sue labbra vogliose e carice di passione.

Non ci fu nemmeno bisogno che i due si spogliassero, perché già nudi dalla sera precedente, Bulma lo portò sotto di sé e divaricò le gambe per comodità non appena sentì qualcosa premere contro la sua femminilità.

I baci da innocenti divennero sempre più audaci e bollenti, soprattutto quando Yamcha con una spinta varcò la sua intimità con ardore e delicatezza.

Bulma iniziò a muore il bacino a ritmo sincronizzando i movimenti coronati da baci e singulti di ogni tipo che risuonarono nella stanza insonorizzata.

Le era mancato, indubbiamente.

Il cuore dell’azzurra batteva forte all’interno del suo petto e mille emozioni diverse si susseguivano all’interno della sua testa concentrandosi con più intensità quando entrambi raggiusero l’apice del piacere.

Yamcha rimase ancora qualche minuto abbracciato a lei, attendendo che il respiro di regolarizzasse e le farfalle che gli erano scoppiate all’interno dello stomaco scomparissero del tutto.

“Ti amo!” Le sussurrò all’orecchio con voce roca.

Bulma invece lo guardò negli occhi “E io amo te!” Riprese a baciarlo, perché non ne aveva ancora abbastanza.

*

Il dottor Gero riemerse dal laboratorio sotterraneo tossendo mentre si teneva al corrimano seguendo il segnale dall’arme che stava dando il computer.

Il suo sonno era stato interrotto da un’avaria improvvisa durante la programmazione di C-16, mancava ormai poco e sperava che non ci fosse nessun intoppo, perché anche la mancanza di trasmissione di un singolo file avrebbe decretato il fallimento di quel progetto a cui stava lavorando da mesi.

Ma fortunatamente l’esperienza del vecchio scienziato si era rivelata propizia, tanto da riuscire a recuperare l’avvio del sistema con pochi e semplici passi, per lui ovviamente.

Ancora qualche altro minuto di stand-by e il cervello pieno di circuiti del cyborg si sarebbe fritto e addio per sempre alla sua invenzione e ai soldi impiegati per la sua realizzazione.

Lo scienziato però continuava ad osservare le altre due capsule bianche e vuote mentre la sua mente malata macchinava qualcosa di sadico, ma che preferiva lasciare come ultima opzione in caso C16 si fosse rivelato un disastro, continuando a scrollare la testa per mandare via quei pensieri.

Basta, non voleva più agire così, anche se andava tutto a favore della scienza.

Un bip incessante lo destò dai suoi pensieri, segno che il programma di installazione aveva appena completato il suo lavoro.

Lo scienziato era pronto a mettere il moto quella macchina e attuare la sua vendetta contro di Goku; tolse il grosso cavo nero con forza dalla sua nuca e pigiò il tasto di accensione posto al difuori della capsula di contenimento.

Seguirono alcuni secondi di ansia e apprensione nell’attesa che il cyborg aprisse totalmente gli occhi.

Il dottor Gero seguiva il tutto con la massima attenzione e preoccupazione mentre in una mano stringeva il dispositivo di sicurezza, pronto per essere premuto in caso di necessità.

Deglutì il nulla ed iniziò a tremare quando l’enorme cyborg gli puntò i suoi occhi azzurri vuoti, in un primo momento.

“Ciao, C-16, sono il tuo creatore!” Esclamò scandendo bene le parole con il cuore in gola, perché il timore che qualcosa durante la programmazione fosse andato storto era più che lecita, e quell’ammasso di ferraglia dalla forma umanoide non ci avrebbe messo tanto ad alzare il braccio destro e trivellarlo di colpi se avesse codificato malamente una sua parola.

Il cyborg alzò la schiena mettendosi in posizione seduta senza proferire nessuna parola ed iniziò a guardarsi attorno mettendo a fuoco i vari oggetti passandoli a sistema per la cifratura.

Poi si soffermò sul volto del vecchio che gli stava parlando, non era identificato come Goku, il computer aveva scannerizzato il profilo e indicato a lato il contorno di un volto dai tratti più decisi e capelli dalla strana forma di palma.

“Tu non sei Goku” Aveva detto con voce metallica alzandosi ed iniziando a camminare verso la sua meta, spostando con il movimento della mano l’anziano che cadde a terra ferendosi ad una gamba con una lamiera lasciata lì distrattamente.

“FERMATI!” Gli aveva urlato tenendosi la coscia per evitare la fuoriuscita ulteriormente di sangue.

“Devo uccidere Goku” C-16 sradicò la porta blindata gettandola poi giù da una scarpata.

“SEI PAZZO! CHE COSA CREDI DI FARE!” Al vecchio erano schizzati gli occhi fuori dalle orbite e la voce era diventata rauca a causa del troppo strillare.

“Goku!” Continuava a ripetere come un automa senza dare peso alle parole del suo creatore che a breve avrebbe avuto sicuramente un infarto.

Il dottor Gero tossì di nuovo imbrattando di sangue la capsula bianca, si sentiva stanco e spossato, ma non poteva lasciare quell’ammasso di ferraglia libero di scorrazzare tra le montagne alla ricerca di Goku, non senza la sua guida, chissà che disastri avrebbe causato nel frattempo.

Ma quando C-16 si soffermò ad osservare il panorama mozzafiato che si stagliava davanti a sé, ebbe un tuffo al cuore e i suoi tratti da duri divennero in pochi secondi rilassati e sorridenti.

Un piccolo uccellino si posò sulla sua enorme spalla sinistra, forse scambiata per un ramo in fogliato visto il colore verde brillante della sua lamiera.

C-16 lo guardò e di rimando l’uccellino rosso cinguettò felice prima di svolazzare di nuovo libero attraverso l’aria fresca della montagna senza una destinazione precisa.

Sorrise.

Un cyborg programmato da zero poteva provare emozioni?

Il dottor Gero rimase sbalordito da quello a cui aveva appena assistito, lui aveva progettato quella macchina per distruggere e non per ammirare la natura, lo scienziato era convinto che avrebbe stritolato quel volatile con una mano sola.

Si avvicinò quatto quatto alla sua creazione e quando vide che la sua gamba stava sanguinando, il cyborg si inginocchiò e medicò quella ferita come poteva, ovvero strappare un lembo di tessuto dal camice del suo creatore ed avvolgerlo attorno alla coscia.

“Noi due conquisteremo il mondo intero.” Gli disse con fermezza.

“Perché dovremo fare del male a delle creature innocenti se il solo obiettivo è Goku?” Chiese mestamente l’androide volgendo poi lo sguardo al panorama.

Perchè dopo di Goku ne arriveranno altri e dovremo essere pronti ad ogni evenienza.”

C-16 analizzò i dati all’interno del suo sistema riscontrando come unico scopo quello di annientare colui che anni addietro aveva messo fine all’impero dell’esercito del Fiocco Rosso.

“Mi dispiace, ma non posso fare quello che dici tu.” Fece spallucce l’omone dalla cresta rossa.

“COME SAREBBE A DIRE????” Strabuzzò gli occhi l’anziano scienziato.

“Mi hai programmato tu così.” Disse con naturalezza.

Il dottor Gero doveva fare subito qualcosa e rimettere le mani su quell’androide prima di decretarlo un fallimento, del resto sapeva che la possibilità di insuccesso era più alta rispetto a dei modelli umani con solo circuiti al posto del cervello.

Una macchina era programmata per un obiettivo specifico, in quel caso C-16 era stato creato solo per liberarsi definitivamente di Goku, quindi avrebbe dovuto fare alcune modifiche al CD di installazione, ma questo avrebbe portato via ulteriore tempo allo scienziato, tempo che assolutamente non aveva.

Il dottor Gero doveva prendere ora una difficile decisione: smaltire quell’ammasso di ferraglia e di conseguenza lavorare sulla sua idea iniziale, oppure mettere in stand by l’androide in attesa di trovare una soluzione per la sua riprogrammazione.

In ogni caso avrebbe dovuto decidere in fretta.

*

“Ti va se andiamo fuori a cena questa sera?” Chiese Yamcha a Bulma mentre quest’ultima ultimava la messa in opera di un robot super sofisticato.

“Si, certo!” Cinguettò lei giuliva rimettendo a posto il cacciavite a stella dopo averlo pulito dall’olio nero in eccesso.

“Ho in mente qualcosa di speciale per noi due.” Le disse infine avvicinandosi al suo volto per stamparle un bacio a fior di labbra.

Il cuore di Bulma ebbe un sussulto, che finalmente fosse arrivato il momento?

Anche se non gliene aveva ancora parlato, l’azzurra stava progettando di lasciare la casa dei genitori per iniziare una convivenza con il suo ragazzo, solo loro due da soli, ormai era arrivato il momento dopo tanti anni di frequentazione e il periodo di pace che si stavano preparando a vivere.

Dopo i saiyan e Freezer, Bulma pensava che non esistesse nessun altro nella galassia in grado di disturbare la loro quiete, ora che Goku era diventato più forte di loro, sarebbe stato in grado di proteggere la Terra, e poi Yamcha si era allenato duramente sul pianeta di Re Kaioh nell’al di là.

Quello che però Bulma ignorava erano le vere intenzioni del suo fidanzato.

*

Continua

*

Angolo autrice: Ciao a tutti! E Buon lunedì! Con quello di oggi si conclude quello che possiamo chiamare un prologo, infatti più o meno ho dato un’infarinatura generale sugli argomenti che tratterrò, sperando di riuscirci senza fare casino o creare incongruenze XD

*

Un piccolo riassunto su cosa vedremo:

-          Goku su Yardrat;

-          Vegeta che lo cercherà per tutta la galassia;

-          La travagliata storia d’amore tra Bulma/Yamcha e Vegeta;

-          I cyborg, o meglio la loro realizzazione (e qui ci tengo a precisare che non ho affatto rubato l’idea a Darkwinter, ma circa dieci anni fa avevo già scritto una storia come la sua, i veterani forse ricorderanno la storia “E divennero cyborg”, che purtroppo è andata persa insieme al mio vecchio profilo);

-          Momenti Chichi e Gohan.

*

Un abbraccione e al prossimo lunedì.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 Angoli nascosti

*

Capitolo 06

**

La serata tra Bulma e Yamcha era trascorsa tranquilla.

Il terrestre aveva prenotato un tavolino per due in un tranquillo ristorantino in centro città, elegante, intimo e adatto a loro.

Bulma cercava in tutti i modi di estorcere informazioni al suo fidanzato circa le sue reali intenzioni con allusioni e girandoci sempre intorno, ma Yamcha sembrava molto abile nel fare lo gnorri, e questo indispettiva la sua fidanzata di parecchio, la quale era già pronta nel versare tutte le lacrime di gioia per l’imminente proposta di matrimonio, susseguita dall’arrivo della sua prole, perché Bulma voleva almeno un paio di marmocchi da viziare e anche perché l’orologio biologico iniziava ad andare avanti, o semplicemente era arrivato il momento per costruire qualcosa di concreto per il futuro.

“Allora? Vuoi dirmi qual è questa sorpresa?” Gli chiese avvicinando un calice di bollicine al suo con aria seducente.

Yamcha si strozzò con la sua stessa saliva mentre portava il bicchiere alla bocca.

“Sei sempre stata troppo curiosa…lo vedrai…la serata non è ancora terminata.” Le strizzò un occhio e Bulma si rilassò un attimo convinta che prima o poi avrebbe tirato fuori dalla tasca interna della sua giacca blu una scatoletta di velluto.

“Colpa della mia eterna voglia di sapere…sono una scienziata ed essere curiosi è una mia priorità, mi dovresti conoscere bene.”

“Si, infatti, ti conosco bene!” Rispose sornione.

*

L’ora era tarda, circa l’una di notte quando il dottor Gero si arrese, spegnendo definitivamente il cyborg C-16 digrignando i denti dalla rabbia.

Eppure non capiva cosa avesse sbagliato e cosa c’era che non andava in lui, forse qualche circuito difettoso o inceppato, ma la diagnostica del computer risultò perfettamente funzionante e priva di bug.

Proprio non riusciva a capacitarsene della sua sconfitta che dovette uscire in piena notte per schiarirsi le idee, prese il velivolo e di diresse verso la Città Dell’Ovest.

In ogni caso non sarebbe riuscito a chiudere occhio.

“Maledetto ammasso di ferraglia arrugginito” Grugnì mentre chiudeva il portellone del laboratorio pieno di rabbia e avviava il motore pigiando il bottone di accensione sfrecciando a tutta velocità giù per quello strapiombo nero come la pece.

Sbuffò a lungo lo scienziato mentre parcheggiava aeromobile nei pressi di un vicolo vicino ad un locale ancora aperto.

Una bevuta lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, anche se le condizioni sue di salute non erano delle migliori.

Aprì la porta nello stesso istante dell’uscita di due ragazzi.

Una era alta, bionda e bellissima, indossava un vestitino grazioso azzurro cielo come i suoi occhi e sopra le spalle un giubbetto di jeans.

Il ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi azzurri, indossava un paio di jeans e una polo arancione.

Tutti e tre si scrutarono per qualche secondo in maniera strana, poi fu la ragazza a parlare per prima.

“E tu che vuoi, vecchio?” Chiese la ragazza bionda in modo riluttante portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Dai, andiamo Lazuli, non vedi che è solo uno che vuole farsi un drink in santa pace?” Disse in tono arrendevole il ragazzo che era con lei.

“Che insolente, se sapessi chi sono io non ti rivolgeresti a me in quella maniera altezzosa e cinica.” Incalzò lo scienziato.

Lazuli si scrollò di dosso la mano che il fratello le aveva messo sulla spalla per richiamarla a sé.

“E sentiamo…chi saresti?” Si avvicinò al suo viso rugoso con tono di sfida.

“Forza Lazuli, hai bevuto un po' troppo per questa sera, lascialo stare.”

“Io sono un brillante scienziato e…”

“Ok, ok…” Il ragazzo mise un braccio attorno alle spalle del vecchietto conducendolo un po' lontano “…senti, mia sorella ha appena avuto una brutta lite con il suo ragazzo e ha bevuto un po' troppo, io la sto solo riportando a casa dopo che mi ha chiamato piangendo disperata. Ora se non ti dispiace, io dovrei alzarmi presto domani, ho un importante esame, quindi… entra e fai finta di non averci mai visto, ok?” Ammiccò il giovane.

Il dottor Gero digrignò i denti, non era certo tipo di farla passare liscia a dei ragazzini sfrontati, soprattutto non dopo una giornata come quella, ma per quieto vivere preferì lasciare andare.

Ma quando quei due attraversarono la strada distrattamente, mentre Lapis urlava alla sorella di stare attenta a due fari che si avvicinavano alla velocità della luce, sul volto dello scienziato si materializzò un ghigno sadico, forse aveva appena trovato chi poteva riempire quelle due capsule bianche vuote e ancora anonime.

*

“STAI SCHERZANDO SPERO!” Sbottò Bulma uscendo dal locale dalla luce soffusa rossa per le troppe lanterne appese al soffitto.

“Dai Bulmina non essere arrabbiata” La inseguì Yamcha allungando il passo perché lei lo stava facendo col suo lasciando il suo fidanzato qualche metro più distante.

“UNO SPETTACOLO DI DRAG QUEEN! Ma sei serio?” Si arrestò di colpo facendogli sbattere quella faccia da deficiente che si ritrovava contro la sua schiena “E NON CHIAMARMI BULMINA!”. Precisò indurendo ancora di più lo sguardo.

Yamcha sospirò, non riusciva proprio a capire perché la sua fidanzata inveiva contro di lui in quella maniera, eppure sapeva benissimo quanto a Bulma piacessero spettacoli simili, quei lustrini, quelle parrucche e persino gli abiti che considerava sempre meravigliosi.

“Perché fai così? Si può sapere che cosa ti è preso?” Provò a chiederle.

Bulma incrociò le braccia sotto il seno e si voltò dalla sua parte, stava per vomitagli addosso di tutto, ma quello che riuscì a dire invece fu solo un misero ‘niente’.

“Niente? Tutto qui!” Si meravigliò Yamcha guardandola stranito.

“Si, niente! Perché? Secondo te ho qualcosa?” Continuò lei.

Yamcha le volse uno sguardo tra lo sbigottito e il sorpreso, ma era inutile continuare a chiederle spiegazioni, se Bulma si era messa in testa di tenerseli per sé i suoi segreti lo avrebbe fatto.

“No, no…era così…per dire!” Fece spallucce dandogliela vinta, di nuovo.

“Andiamo a casa, Yamcha” Lo disse in tono più delicato, ma allo stesso tempo seccato e si sentì una stupida perché pensava che Yamcha fosse finalmente pronto a compiere il grande passo, ma evidentemente si sbagliava, oppure semplicemente il terrestre aveva bisogno di altro tempo per riprendere in mano la sua vita dopo aver trascorso svariati mesi nell’al di là, e forse era per questo che invece Bulma pensava seriamente al suo futuro.

Nonostante ci fossero delle sfere magiche a loro disposizione, la vita era troppo breve per perdersi in cose frivole e inutili.

Yamcha prese delicatamente la mano di Bulma facendole battere il cuore molto velocemente e dalla sua espressione anche quello del fidanzato stava accelerando i battiti.

“Senti, Bulma…io non sarò il fidanzato perfetto, però, ho accanto a me la persona che amo di più al mondo.” La guardò negli occhi riscoprendoli di un blu intenso.

“I-io…voglio scusarmi per aver urlato, ma vedi…io…” Si fermò perché non era quello il momento per confessargli che cosa credeva che succedesse in quella serata d’estate, una volta a casa, forse tra qualche giorno ne avrebbero parlato con più calma, e magari sarebbe stata lei a fargli la proposta “…io credevo mi avresti portato in un altro posto.” Disse spicciola d’un fiato.

“Uh! E dove?”

“Non lo so…non immaginavo di certo ad uno spettacolo di Drag Queen” Gli sorrise cominciando a camminare percorrendo il marciapiede e la via che li avrebbe condotti a casa di Bulma.

“Volevo un po' svagare e ridere.”

D’un tratto Bulma si sentì un’emerita scema, perché non aveva tenuto conto che Yamcha voleva solo tornare alla normale vita che conduceva, lontano dalla desolazione e dagli allenamenti intensivi a cui si era sottoposto in quei mesi.

“Hai ragione, non ho ten…” Il rumore di gomme che stridevano sull’asfalto e le urla che provenivano dalla via dopo l’aveva interrotta da quello che stava per dirgli, costringendo entrambi in una corsa sfrenata per vedere che cosa stesse succedendo.

Videro solo una macchina nera sfrecciare via a grande velocità che aveva una pacca sul cofano, e se gli occhi non gli stavano giocando un brutto scherzo, anche una striscia di sangue sul parabrezza, che prontamente il conducente lavò via con un po' d’acqua azionando il tergicristallo.

Bulma rabbrividì, doveva essere successo per forza qualcosa di molto brutto, ma quando entrambi con il cuore in gola arrivarono nell’ipotetico luogo dell’incidente non vi trovarono niente e nessuno.

Solo dopo il loro arrivo poco distante dall’unico locale aperto sulla via, cominciarono a uscire di corsa i clienti abituali rimasti per accertarsi che nessuno si fosse fatto male.

“Come state? Tutto bene?” Gli domandò un ragazzo accorso un po' brillo ai due fidanzati.

“S-si…ma siamo solo corsi per vedere se fosse successo qualcosa, ma non abbiamo visto niente.”

“Ah!” Si limitò a dire il giovane per poi andarsene credendo di essersi immaginato tutto.

Bulma e Yamcha continuavano a guardarsi attorno spaesati e non capivano che cosa stesse accadendo, avevano sentito le ruote stridere sull’asfalto, le urla, la macchina imbrattata di sangue e nel luogo non c’era nulla, tranne che delle persone incredule che avevano avvertito i medesimi ed inequivocabili rumori.

*

Il dottor Gero tirò un sospiro di sollievo quando arrivò al suo laboratorio nascosto tra l’oscurità delle montagne.

Probabilmente se non avesse avuto con sé la sua invenzione, non sarebbe stato in grado di raccogliere i corpi dei due giovani privi di conoscenza e stivarli all’interno del velivolo in maniera lesta.

“L-lapis!” Mormorò la bionda aprendo a fatica gli occhi, per poi chiuderli subito dopo essere stata investita dalla luce forte e bianca della lampada al neon proprio sopra la sua testa.

Lazuli cercò di togliersi con le poche forze quella maschera trasparente che le opprimeva la faccia, ma che le dava anche modo di respirare senza annaspare.

Il dottor Gero si avvicinò a lei che sussultò perché riconobbe in quel medico, l’uomo che li stava importunando un attimo prima.

“Stai tranquilla cara, tra un po' sarà tutto finito.” Lo scienziato pigiò dei tasti nel computer posto a lato.

“Dov’è, Lapis? Dov’è mio fratello?” Chiese mormorando mentre la sua voce echeggiava all’interno di quel dispositivo.

Lazuli sentiva un dolore atroce attraversarle tutto il corpo e il fiato diventarle sempre più corto.

La vista iniziava anche ad annebbiarsi mentre sentiva la vita scivolarle via tra le dita, ma prima di chiudere gli occhi per sempre, poté sentire ovattato, ma indistintamente le parole “E’ morto!” mentre quello schifoso le accarezzava i capelli con le dita rugose e fredde.

*

Continua

*

Angolo autrice: Ciao a tutti e come sempre vi auguro un buon lunedì! Un altro capitolo dedicato a Bulma e Yamcha dove scopriamo che cosa aveva in mente il terrestre.

Poi finalmente facciamo la conoscenza di Lapis e Lazuli, ovvero i futuri e temibili C-17 e C-18 (p.s. nella mia vecchia long si chiamavano invece Marron e Lith, questa volta ho voluto cambiare visto che Toryhama ci ha svelato il loro vero nome XD)

Colgo l’occasione per ringraziarvi per i messaggi che mi mandate ed i pareri che mi lasciate sotto ad ogni capitolo, ma ringrazio anche chi legge in silenzio e chi continua ad inserire la storia tre le PREFERITE, SEGUITE e RICORDATE.

*

Un abbraccione e al prossimo lunedì.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 07

**

Goku dormiva ancora beatamente e profondamente quando Juth lo andò a svegliare di soprassalto.

Stava sognando la sua famiglia e il sorriso che aveva mentre russava sonoramente, ne era la prova.

Gli mancava molto, questo era innegabile, soprattutto suo figlio Gohan che ora teneva in braccio e lo faceva volare come un aeroplano.

“Più in alto, papà” Continuava a ripetergli con la sua voce cristallina e innocente mentre un invitante profumino proveniva dalla cucina dove Chichi era intenta a preparare il pranzo.

Ma, ahimè, tutte le cose belle alla fine svaniscono, in particolare quella in una nube di fumo sul momento più bello.

Non stava succedendo niente di speciale, ma il saiyan era in ritardo per l’allenamento mattutino.

“SVEGLIAAAAA!” Urlò lo yardratiano spalancando rumorosamente la porta di legno povero color lilla, facendo capitombolare il povero Goku giù dal letto di faccia per lo spavento.

“Che succede?” Chiese con la bocca impastata dal sonno mentre si passava distrattamente una mano sulla faccia per poi massaggiarsi la fronte dove stava per comparire un bernoccolo.

“Sei in ritardo!” Lo rimbeccò il piccoletto con sguardo torvo e severo portandosi le mani dietro a schiena.

Goku si alzò dal pavimento e di ripulì dalla polvere in eccesso “Uffa!”

“E’ tutto qui quello che hai da dire? Cioè lamentarti?”

“Stai imparando bene la lingua, sei riuscito a fare una frase di senso compiuto.”

“Non cambiare argomento!” Juth incrociò le braccia sul petto in segno di dissenso.

“Quanto la fai lunga!” Goku nel frattempo era riuscito a vestirsi con quei ridicoli abiti tipici di quello strano pianeta e a seguire il suo maestro temporaneo un po’ fuori dal villaggio.

“Ah, Goku!” Esordì Juth serio “…la tua navicella è stata riparata, quindi quando vorrai potrai lasciare questo pianeta.”

“Mi stai forse cacciando?” Chiese incredulo facendo scoppiare in una fragorosa risata lo yardratiano.

“No, assolutamente no. Anzi, dopo che l’ultima volta ci hai aiutato con quegli invasori non vorremo che te ne andassi mai!” Rispose seriamente.

Goku tirò un labbro mentre eseguiva gli esercizi di riscaldamento “Non erano poi così forti, se aveste usato le vostre tecniche speciali sono sicuro che li avreste battuti”

“Si, ma tu ci hai messo poco a liberati di loro!”

“Solo perché volevo tornare presto ad allenarmi.”

“Hai nostalgia di casa? Del resto hai detto che appena avresti appreso la tecnica del teletrasporto te ne saresti andato.”

Goku sospirò volgendo lo sguardo al cielo, del resto non stava male in quel pianeta, e il saiyan era più che sicuro che se si fosse intrattenuto più del dovuto, avrebbe potuto imparare molte altre tecniche utili, ma per quanto il suo essere un guerriero saiyan gli stava dicendo di rimanere lì, il suo lato terrestre ereditato in anni di permanenza sul pianeta Terra, gli diceva che prima o poi avrebbe dovuto ritornarci.

“Un po’, sì” Disse mordendosi il labbro inferiore “…più che altro mi manca la cucina di mia moglie.”

Juth assottigliò gli occhi in segno di offesa “Vuol dire che non ti diamo cibo buono?”

Goku gesticolò con le mani in avanti mentre una goccia di sudore che gli scendeva giù dalla tempia lo avvisava di stare esagerando.

Se c’era una cosa che Goku aveva imparato in quei mesi, era che quello strano popolo era molto suscettibile.

“Ma, no, ma no, il vostro cibo è ottimo!” Il saiyan si voltò per imitare un conato di vomito senza essere visto.

Bene…allora continuiamo” Juth si portò due dita sulla tempia e sparì davanti agli occhi di Goku che lo imitò nel gesto, per poi comparire in una frazione di secondo davanti a lui con un enorme sorriso di soddisfazione.

“Bravissimo, Goku! Ottimo lavoro” Lo elogiò come si fa con un bambino che ha eseguito senza alcuna pecca, un comando, senza battere le mani però.

“Grazie, ormai sto imparando bene questa tecnica.”

“Si, la base l’hai imparata, quindi è giunto il momento per lo step successivo.”

“Cioè?” Chiese strabuzzando gli occhi.

*

Goku si sarebbe aspettato di tutto, ma non di certo di prendere la monoposto con la quale era arrivato il saiyan su Yardrat per atterrare in un pianeta sconosciuto con la sola scusa di provare che tutto funzionasse a dovere.

Goku e Juth erano giunti su quel pianeta deserto che ricordava vagamente la Luna.

Molti crateri e un ambiente sterile si ergevano su tutta la superficie, nessun albero o forma di vita compariva davanti a loro.

Juth aprì il portellone e capitombolò giù di faccia mentre Goku uscì dopo di lui annaspando.

“Perché caspita di motivo mi hai spinto?” Berciò il piccolo alieno viola pulendosi il volto dalla polvere stellare e anche i vestiti che si erano imbrattati da una sostanza trasparente e vischiosa, ad una prima occhiata sembrò bava di lumaca gigante, proprio quelle che popolano le sue foreste.

“Che schifo!” Si ritrovò a pensare e non capiva perché la specie femminile del suo pianeta lo riteneva un elisir di bellezza.

Juth pulì come meglio poté quella sostanza sulla superficie delle rocce calcaree grigie, poi alla fine preferì i vestiti di un ignaro Goku che si stava guardando attorno spaesato.

“Scusami, ma come possiamo allenarci qui?” Chiese con aria interrogativa cercando di percepire una qualsiasi forma di vita, anche la più minuscola.

“Non ho incluso me nell’allenamento, io adesso me ne vado e tu devi trovarmi.”

Goku sobbalzò all’indietro e spalancò gli occhi, l’idea di venire abbandonato in quel pianeta deserto, senza cibo e acqua non lo allettava affatto, anzi, al sol pensiero lo stomaco gli si stava contorcendo dalla fame, eppure poche ore prima aveva ingurgitato una grande quantità di cibo che avrebbe sfamato il pianeta Yardrat per giorni.

Ingordo!

Forse era a causa del suo appetito che era stato bandito da quella stella, infatti, da quando il saiyan si era stabilito sulla sua superficie, gli addetti alla cucina avevano sempre un gran da fare per soddisfare la sua fame che sembrava non finire mai.

“Scusa, ma come faccio? Non è che hai una grande forza te.” Constatò senza usare mezzi termini.

Non aveva il timore di rimanere lì per sempre, perché sapeva che in un modo o in un’altra se la sarebbe cavata e ne sarebbe uscito come sempre vincitore, la sua preoccupazione era proprio rimanere senza cibo, e quello sarebbe stato un grossissimo problema. Le rocce non erano commestibili.

“Sono sicuro che prima o poi ce la farai.” Juth entrò nella monoposto stiracchiandosi anche, perché ora l’abitacolo era più spazioso rispetto a prima, Goku con la sua mole imponente l’occupava quasi tutta.

“Mi dai un po' di cibo?” Chiese piagnucolando come un bambino.

Juth strabuzzò gli occhi, incredibile come quel saiyan pensasse costantemente al cibo in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione si trovasse.

Però questa sua richiesta, Juth la tramutò in un pretesto per svolgere al meglio il suo compito e in quel frangente, quando ebbe quell’illuminazione, l’alieno tirò un labbro in un sorriso.

“Il cibo lo troverai una volta che sarai su Yardrat, non ne ho portato con me.” Decretò chiudendo il portellone velocemente.

“E se non dovessi tornare?” Piagnucolò in ginocchio, ma quelle parole non arrivarono mai alle orecchie dello yardratiano, perché Juth avviò i motori e partì alla velocità della luca in direzione di casa, lasciando Goku solo in quel pianeta.

Ma Goku non si perse d’animo, non lo faceva mai, si tirò su le maniche, metaforicamente parlando, ed iniziò una sessione di allenamento giusto per abituare i muscoli a quella gravità che improvvisamente lo aveva costretto a terra, forse era per questo che lo yardratiano se ne era andato a gambe levato, proprio per evitare di finire con la faccia a terra e schiacciato dalla nube che aveva appena avvolto quella stella.

*

Vegeta proseguiva il suo viaggio alla ricerca del super saiyan della leggenda setacciando minuziosamente pianeti di grandi e piccole dimensioni, con grande tenacia, ma anche con grande rabbia dentro di sé per non essere riuscito nell’impresa prima di quella inutile terza classe.

La voglia di battere i pugni sopra la consolle di comando era molto forte, ma sapeva bene che se lo avesse fatto avrebbe mandato in tilt il sistema di comando della navicella in cui si trovava danneggiandola irrimediabilmente, e il prossimo pianeta distava qualche giorno, mesi se fosse riuscito in qualche modo a manovrare quel rottame spento e a condurlo su quella superficie.

E non era detto fosse popolato e che quindi in qualche modo qualcuno lo potesse aiutare nella riparazione.

Lui non era un meccanico o uno scienziato, lui era un mercenario sanguinario, ma se si presentava l’occasione riusciva a svolgere dei lavoretti piccoli di meccanica e a portare la navicella a destinazione.

Vegeta sbuffò e digrignò i denti, ancora qualche ora e avrebbe raggiunto il luogo dove prima si trovava il pianeta Namecc, meglio allenare i muscoli per passare il tempo, anche per tenersi pronto nel caso in cui si fosse trovato faccia a faccia con il rivale.

*

Juth era sdraiato sul prato tra i soffici fili d’erba mentre attendeva l’arrivo di Goku.

Ormai erano settimane che provava e riprovava la tecnica del teletrasporto, ed ultimamente era riuscito ad eseguirla alla perfezione, perché allora non alzare la posta e il grado di difficoltà?

Ma forse per lo yardratiano era un modo per scrollarselo via di dosso per un po'.

Non aveva lasciato Goku in un punto molto lontano, anzi, se si fosse concentrato a dovere, avrebbe potuto scorgere la sua forza spirituale, Juth percepiva la sua indistintamente.

Era chiaro che si stava allenando fisicamente, anche perché lo yardratiano conosceva bene la nube che aleggiava in determinati momenti su quel pianeta, una volta aveva rischiato di venire schiacciato dalla pressione.

Il saiyan non avrebbe corso quel rischio, lui era forte e vigoroso, l’unica incognita che rimaneva era quando sarebbe ritornato al puto di partenza.

*

Vegeta si passò una mano sulla faccia per togliere il sudore in eccesso quando una voce metallica annunciò l’imminente arrivo sul pianeta Namecc, o meglio, di quello che ne rimaneva.

Guardò fuori dall’oblò e vide in lontananza un ammasso di detriti che ardevano ancora, vorticare in cerchio in una traiettoria perfetta.

Poi d’un tratto il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti scorgendo un’aura che avrebbe riconosciuto tra mille.

Kakaroth.

Lo aveva trovato, e non era un miraggio.

Vegeta si precipitò in plancia e controllò minuziosamente tutte le carte interstellari installate sulla memoria della navicella, oltre a comparire ancora il pianeta Namecc, nelle mappe erano segnati un paio di pianeti che conosceva di fama, ma che non aveva mai esplorato perché a detta di Freezer erano pianeti ostili alla vita e di conseguenza sterili, non valevano niente e non sarebbero stati utili a nessun scambio.

Ma qualcosa diceva a Vegeta di avvicinarsi e controllare, magari nell’esplosione il citrullo è balzato così lontano da finire lì.

Quello che balenò in testa al principe fu la consapevolezza che se i pianeti in questione fossero stati realmente privi di vita, Goku non avrebbe potuto sopravvivere così a lungo, ma ormai era in ballo e l’unica cosa che gli rimaneva era proprio ballare.

Impostò la rotta ed aumentò la velocità, anche se questo avrebbe comportato un dispendio superiore in fatto di consumi, poco importava se la posta in gioco era raggiungere Kakaroth.

L’aura di Kakaroth era sempre più forte, presto lo avrebbe raggiunto, la percepiva alla perfezione da quel pianeta grigio, molto simile alla luna, la mappa gli dava solo il nome di B612.

Una scarica elettrica gli percorse la spina dorsale, presto sarebbe stato faccia a faccia con il super saiyan leggendario e lo avrebbe affrontato.

Oh si se lo avrebbe fatto, perché lui era il principe di tutti i saiyan e un sovrano che si rispetti non si tirava mai indietro, anzi, la consapevolezza di affrontare la famigerata leggenda, lo eccitava parecchio.

Vegeta si umettò le labbra con la lingua, presto avrebbe assaporato la vittoria e questa volta non se ne sarebbe di certo andato con la coda tra le gambe come aveva fatto l’ultima volta, anche se in quell’occasione l’unico segno tangibile che lo poteva ricondurre alle sue origini di saiyan, era stato tagliato da un insignificante terrestre.

L’aura di Kakaroth si era intensificata, non la stava sognando.

No.

Era lì.

Vegeta non aspettò nemmeno che il portellone si aprisse del tutto per saltare e correre verso di lui, ma quando aggirò il cratere, non vide nulla e l’aura di Kakaroth era improvvisamente sparita del tutto, lasciandolo con un pugno di mosche in mano.

*

Juth sobbalzò quando Goku apparve improvvisamente davanti a lui spaventandolo a morte.

Era talmente in pace con sé stesso da dimenticarsi di aver lasciato il suo ospite su quel pianeta.

“Ciao, eccomi qui” Sorrise lui agitando una mano.

“Mi hai fatto prendere un colpo!” Incalzò lui tenendosi una mano all’altezza del cuore “…in ogni caso, devo farti i miei complimenti.”

“Sono stato bravo? Ora posso avere il mio cibo?” Chiese quando lo stomaco gli brontolò per l’ennesima volta.

Juth sbuffò ripromettendosi che la prossima volta lo avrebbe lasciato su una stella molto più distante.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice:ehm…ciao! Scusate davvero per la prolungata assenza e spero vivamente di ricominciare con gli aggiornamenti regolari, almeno una volta a settimana, ma non posso promettervelo a causa di una serie di circostanze che non sto qui ad annoiarvi.

Quello che dovete sapere però è che non abbandonerò la storia e che prima o poi vedrà una fine.

Io come sempre vi ringrazio per tutto il vostro sostegno e spero mi farete sapere che cosa ne pensate.

Mannaggia, oggi Vegeta lo aveva quasi preso XD Gli è andata male e Goku è riuscito finalmente a fare un balzo in avanti, tele trasportandosi da un pianeta all’altro.

Vi aspetto come sempre nel prossimo capitolo.

Un abbraccio, Erika

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dragon Ball

*

Capitolo 8

*

Era lui.

Kakaroth.

Vegeta non poteva essersi sbagliato, perché la sua aura era ancora presente in quel pianeta. La percepiva forte e chiaro.

Come avvertiva dentro di lui la rabbia per esserselo fatto scappare, ma come aveva fatto?

Vegeta non aveva visto nessuna navicella lasciare quel posto, a meno che non sia decollata mentre lui si stava preparando ad uscire dal portellone principale, ma anche il quel caso avrebbe visto l’astronave prendere il volo.

Ma anche quell’ipotesi non reggeva, in quanto sembrava che l’aura del super saiyan della leggenda fosse svanita in un nano secondo, e la cosa non era affatto possibile.

Il principe si guardò attorno in cerca di qualche indizio più concreto per avvalorare la sua tesi e per essere sicuro di non stare impazzendo, ma l’unica cosa che vide fu una roccia a punta che assomigliava incredibilmente alla sua testa; non perse tempo e la disintegrò con un calcio rilasciando nell’aria del pulviscolo grigiastro.

“Me la pagherai, Kakaroth!” Digrignò i denti e serrò i pugni.

Gli occhi di Vegeta erano iniettati di sangue e non è da escludere che se in quel momento, Goku avesse fatto magicamente la sua comparsa, sarebbe stato disintegrato dalla follia omicida del suo simile.

Dalla foga prese a calci e pugni qualsiasi cosa gli venisse a tiro, non importava che si trattasse di una roccia minuscola o di una montagna altissima, Vegeta doveva sfogare tutto il suo risentimento in qualche modo.

Ansimante e tutto ricoperto di polvere di roccia, salì sulla navicella e se ne andò, non prima però di aver danneggiato irreparabilmente il nucleo di quella stella con un ki blast.

La vide brillare qualche attimo dopo, lasciando in quello spazio infinito un altro buco e un ulteriore incongruenza nelle mappe interstellari di chi capitava per quelle rotte di navigazione.

*

Goku si stava rifocillando a dovere nell’enorme sala da pranzo, tutto quel dispendio di energie gli avevano fatto venire un grande appetito, quando si fermò di colpo guardandosi attorno e ancora con la bocca piena.

Vegeta.

Deglutì quel boccone contraendo l’esofago con forza per evitare che si fermasse a metà e morire così soffocato.

“Tutto bene?” Chiese Juth con gli occhi sbarrati dall’incredulità, lo yardratiano non si era abituato ancora all’enorme appetito del suo strano ospite. “Qualcosa non va?”

Goku continuò a mangiare imperterrito tutto quello che gli capitò a tiro, e dalla foga addentò anche la ceramica del piatto spezzandola.

Ne sputò i cocci.

“Devi stare attento, Goku, il piatto non si mangia!” Lo rimbeccò sorridendo.

Il saiyan si grattò la testa dall’imbarazzo “Lo so, lo so…sono stato distratto.”

“Da cosa?”

“Mi è sembrato di sentire un’aura famigliare in lontananza, più precisamente sul pianeta dove mi hai abbandonato prima.”

“Non ti ho abbandonato, ti ho lasciato lì” Precisò offeso.

“Il che equivale ad abbandonare.” Incalzò Goku più lentamente brandendo una coscia enorme arrosto strappandola dall’animale intero.

Bahh! Lasciamo perdere… ma parlami di quest’aura.” Juth ne voleva sapere di più.

Goku si portò due dita sporche di olio e grasso animale sul mento imbrattandone la superficie mentre lo yardratiano scrollava la testa e soffocò una risata, per quanto fosse, il saiyan, con la sua innocenza di bambino gli suscitava sempre allegria.

“Sono sicuro si trattasse di Vegeta.”

Mmm…Vegeta, questo nome mi suona famigliare.” Juth picchiettò un paio di volte il dito indice oblungo sulla bocca.

“E’ il principe della mia stirpe ormai estinta a causa di Freezer.”

“Si, conosco la storia del popolo saiyan.” Juth deglutì nascondendo un po' di tremore quando nominò quel tiranno conosciuto in tutta la galassia per le sue peripezie crudeli “… ma ora è morto per causa tua, giusto? Mi pareva di aver capito così quando mi hai raccontato la tua storia.”

“Chi? Vegeta?” Chiese sorpreso.

“Ma no, intendevo Freezer!” Avrebbe aggiunto anche idiota, ma non era il caso.

“Ah! Scusami, ho capito male” Rispose sputandogli in faccia dell’arrosto accidentalmente.

Juth prese un tovagliolo stizzito e si pulì la faccia dal bolo “Puoi gentilmente non parlare se hai la bocca piena? È maleducazione sai?”

Goku deglutì quell’enorme boccone a fatica e si batté il petto un paio di volte per far scendere il tutto ed evitare di strozzarsi di nuovo “Me lo dice sempre anche Chichi.” Sorrise amaramente.

Chissà che cosa stavano facendo lei e Gohan in questo momento.

Chissà se lo stavano pensando e se suo figlio si stava allenando con qualcuno.

Juth notò subito dal tono delle sue parole che qualcosa attanagliava il cuore e la mente del suo strano ospite, era chiaro come il sole che aveva nostalgia di casa, del resto erano passati molti mesi da quando era arrivato su Yardrat.

*

Vegeta continuò a mordicchiarsi le dita delle mani per il nervosismo, alla ricerca di una soluzione che gli permettesse di dare una spiegazione a quella sua apparizione e poi sparizione improvvisa.

Consultò per l’ennesima volta, forse la centesima, ogni singolo millimetro della galassia attraverso le mappe installate nel navigatore, ma non c’era niente che gli fece scattare dentro di lui quella scintilla che gli permettesse di avvicinarsi alla soluzione.

Solo stelle, polvere, detriti e qualche base della pattuglia intergalattica.

“Maledizione!” Imprecò alzandosi dal sedile di guida. “Me l’ha fatta sotto il naso.”

Il principe provò anche a concentrarsi, con la speranza di percepire ancora una volta il suo spirito e ritrovarlo finalmente.

Passò qualche minuto, ma più ci provava e più cresceva dentro di lui la consapevolezza che forse aveva sognato tutto, perdendo così la speranza di ritrovarlo e affrontarlo.

Vegeta poi ebbe un lampo di genio, pigiò dei tasti sulla consolle di comando impostando una rotta precisa, se Kakaroth era stato lì e non riusciva più a percepire la sua presenza nel raggio di qualche anno luce, c’era solo un posto dove lo avrebbe trovato.

Sul pianeta Terra.

*

Chichi continuava a guardare fuori la finestra con la speranza di rivedere suo marito tornare a casa.

Ogni giorno e alla stessa ora scostava la tenda della cucina con il cuore che batteva all’impazzata e si metteva a rimirare il cielo cercando di intravedere un qualcosa che le facesse capire che Goku presto sarebbe tornato.

Ma ogni giorno, puntualmente la delusione si faceva strada dentro di lei e la consapevolezza che forse non avrebbe più rivisto suo marito.

“Tornerà!” Le aveva detto Gohan.

Anche a lui mancava suo padre e come sua madre non vedeva l’ora di riabbracciarlo e vedere quanto fosse diventato forte in quei mesi che era stato lontano da casa.

“Lo pensi veramente?” Deglutì Chichi con gli occhi languidi cercando di non scoppiare a piangere per l’ennesima volta davanti a suo figlio.

Doveva essere forte e non crollare come le capitava spesso quando si coricava la notte.

Per lei e soprattutto per Gohan.

“Papà ci ama, e non ci abbandonerebbe mai.” Parole semplici e confortanti dette da un bambino innocente che non conosce tutti gli aspetti della vita, ma che guarda suo padre come fosse un eroe.

A Gohan non gli importa se ora Goku è lontano da casa, perché sa che suo padre lo sta facendo per loro, per diventare sempre più forte così gli sarà sempre più facile proteggerli.

Invece lui era impegnato sopra quegli stupidi libri tutto il giorno.

Chi avrebbe protetto la Terra durante la sua assenza se si fosse presentato un nemico talmente forte da eliminarli tutti?

“Non lo so tesoro…” Sospirò la corvina chiudendo la tenda ritornando a concentrarsi sulla pila di piatti da lavare rigorosamente a mano con acqua e sapone.

“Vedrai che tornerà presto, e quando meno te lo aspetti ti chiederà di preparargli i tuoi gustosi manicaretti.”

Chichi spezzò un piatto tra le mani dalla rabbia, poi si voltò verso un Gohan allibito.

“L’unica cosa che preparerò a quell’emerito imbecille saranno le valigie che lascerò sulla soglia della porta!”

“Ma dai, mamma, non dire così. Magari papà non sa come tor…”

“BASTA!” Inveì contro suo figlio, Chichi non voleva più sentire nessuno che difendesse quell’uomo, perché pensava che ormai l’unica cosa a cui pensasse erano gli allenamenti e niente altro.

Gohan pensò bene di troncare quella conversazione sul nascere per evitare di finire in castigo o con montagne di libri da leggere, avrebbe tanto voluto che sua madre vedesse Goku come un eroe e non come un fallito che alla prima occasione abbandona la famiglia.

E non era il caso di avvisarla che l’indomani avrebbe iniziato ad allenarsi anche lui.

*

“Ti ho visto parecchio distratto oggi, sei sicuro che tutto vada bene?” Gli chiese Juth dopo aver terminato un’altra sessione di esercizi, questa volta più leggeri visto che la tecnica del teletrasporto gli ha prosciugato quasi tutte le energie.

Goku annuì poco convinto con il capo.

Molte cose attanagliavano la sua mente, ed ora che aveva quasi raggiunto il suo obiettivo, le cose che aveva lasciato in secondo piano, piano piano riaffiorarono in superficie.

“Sai” Fece lo yardratiano “… anch’io sono stato lontano un periodo da questo pianeta, i miei amici mi mancavano molto, ma mi sono messo in testa di dedicare anima e corpo alla mia missione, così da poter tornare a casa in fretta e riabbracciare i miei cari.”

“Non so che cosa stiano pensando mia moglie e mio figlio di me. Polunga gli avrà sicuramente detto che tornerò a casa quando vorrò.”

“Ti amano a prescindere e credo che sappiano che cosa tu stia facendo.”

“Forse Gohan, ma Chichi è diversa, a lei non piacciono queste cose, le ritiene una perdita di tempo e basta.”

Juth si portò due dita sul mento “Donna strana la tua… voglio dire, ti stai allenando e hai rischiato di morire, non è che sei andato a fare un viaggio di piacere.”

“Vaglielo a dire.” Goku si sedette sull’erba fresca cullato dalla brezza che si era alzata dopo una giornata piena di calura “… è convinta che non serve a niente, ma io lo faccio solo per loro, perché non mi perdonerei mai se gli accadesse qualcosa.”

“E’ giusto, e questo ti fa onore.” Poi scoppiò a ridere lasciando Goku interdetto.

“Ho… ho detto qualcosa che non va?”

Juth ci mise un po' prima di calmarsi, la pancia gli faceva male per lo sforzo e alcune goccioline salate si formarono accanto a quegli occhi enormi e a mandorla.

“Tutto il mondo è paese, amico mio.”

“Cioè?”

“La razza femminile è uguale in tutte le forme le s’incontrano. Togli a loro attenzioni e queste non ti perdoneranno mai…”

“Non è che mi tiri molto su il morale così.”

“Fammi finire!” Lo rimbeccò in tono stizzito. “Quando tornerai a casa, presentati con dei fiori, impazzirà dalla gioia.”

“Fiori? Ne sei sicuro?” Domandò riluttante, non credeva che a sua moglie piacessero queste cose, e non la riteneva il tipo che si lasciasse di certo comprare da simili gesti.

“Certo! Vedrai che ti perdonerà per essere rimasto lontano così a lungo.” Disse con fierezza e convinzione l’alieno, il quale sembrava essere molto esperto in fatto di donne.

Goku deglutì pensando alle sue parole, l’ultima cosa che desiderava era proprio litigare con la sua amata Chichi, l’idea di presentarsi con un mazzo di fiori non lo allettava, ma Juth sembrava molto certo che funzionerà.

“Fiori, eh!?”

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Ciaoooo!!! Dai, questa volta sono stata brava e non vi ho fatto aspettare un mese come l’ultima volta XD Unica pecca è che vado di fretta e non riesco a salutarvi per bene, ma sappiate che vi ringrazio infinitamente per il vostro sostegno e per continuare a seguirmi.

Un abbraccio, Erika

*

P.s. per chi ha telegram e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.

*

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Dragon Ball

*

Capitolo 9

*

Bulma si alzò cinguettante e sognante quella mattina.

Si stiracchiò davanti alla finestra della sua camera dopo aver avviato la tapparella automatica.

Fuori c’era un bellissimo sole che non ci mise molto a filtrare dalla vetrata per andare a colpire il viso di Yamcha che dormiva ancora beatamente abbracciato al cuscino a torso nudo.

“Uhm…” Mugugnò portandosi il guanciale sopra la faccia per schermare la luce.

“Buongiorno, dormiglione!” Bulma lo salutò con un bacio sulla fronte dopo avergli tolto quell’ostacolo, e nel farlo, la sua scollatura vertiginosa finì sul viso del suo ragazzo, il quale non perse tempo ed affondò la testa al suo interno.

Peccato che l’azzurra non gradì affatto il gesto e non ci mise molto a tirargli un sonoro ceffone svegliandolo ulteriormente.

“Sei un porco!” Incalzò alquanto seccata.

“Scusami, pensavo ti piacessero le mie attenzioni mattutine.” Yamcha si massaggiò la guancia lesa, perché nonostante la sua ragazza non seguisse nessun tipo di allenamento, Bulma gli aveva fatto parecchio male.

“Non abbiamo tempo, non ti ricordi che oggi ci viene a trovare Crilin?”

“Oh! Si, è vero!”

“Vestiti!” Gli tirò un paio di pantaloni blu e una maglietta bianca. “Tra poco sarà qui!” Disse prima di chiudersi in bagno.

Sarebbe uscita di lì dopo un’ora pulita, profumata e vestita, a lui non restò altro che usare quello di servizio infondo al corridoio.

*

“Oh! Yamcha, buongiorno. Dormito bene stanotte? Hai fame? Vuoi fare colazione? E per pranzo cosa ti preparo?” La mamma di Bulma gli stava decisamente facendo troppo domande, ma per cortesia, si limitò solo a sorridere ed annuire di circostanza.

“Un caffè va benissimo!” Si sedette prendendo la tazza vuota.

“Una brioche? Dei biscotti? Dei pasticcini? Sai sono stata in una nuova panetteria e c’erano tantissime cose golose, così non sapendo che cosa scegliere, le ho prese tutte, ho fatto bene secondo te?” Cinguettò la bionda sfarfallando le lunghe ciglia mentre gli versava il caffè.

“Solo il caffè, grazie signora.”

La madre di Bulma si sistemò la cotonatura della frangia “Mi fai preoccupare. Sei sicuro di stare bene? Con i muscoli che ti ritrovi devi mangiare pur qualcosa.”

Yamcha voleva solo bere il caffè e sparire, la presenza di quella donna lo stava infastidendo, solo perché si era svegliato con la luna storta, non era detto che se la sarebbe dovuto prendere con tutti quella mattina.

Sorseggiò il caffè rumorosamente perché decisamente bollente, e chiamarlo così era anche un eufemismo, il termine corretto era incandescente.

“E’ troppo caldo, caro?” Chiese la svampita con aria sognante sfarfallando le lunghe ciglia, e Yamcha si chiese più volte a cosa quella donna stesse pensando.

“No, no. Va benissimo.” Sorrise nascondendo la lingua ustionata che pulsava dolorosamente, però lui era un guerriero forte e valoroso, non si sarebbe mai messo a piangere per una cosa così frivola. O sì?

Sta di fatto che quando ebbe finito di bere la tazza di caffè, Yamcha si precipitò in bagno a lenire la sofferenza e il rossore di lingua a gola.

E non scartò l’ipotesi che sia stata la stessa Bulma ad incitare la madre a quel dispetto.

Ultimamente le cose tra loro non andavano molto bene, complice il fatto che il terrestre si stava dedicando al suo hobby preferito, ovvero il baseball.

Ogni sabato sera seguiva assiduamente il campionato in tv, disertando le uscite con la fidanzata nell’unica serata che aveva libera, perché Bulma si rintanava spesso fino a notte fonda nei laboratori sotterranei della casa a lavorare su progetti definiti da lui impossibili.

E questa sua superficialità faceva spesso girare le scatole alla povera ragazza, che si sentiva sempre più sola.

In più, per sbaglio, Yamcha era stato anche reclutato dalla sua squadra preferita a giocare con loro.

Maledetta quella volta che insieme decisero di assistere alla partita personalmente, Yamcha grazie alla sua prontezza di riflessi era riuscito a prendere una pallina che sicuramente sarebbe finita sulla testa del giocatore, salvandogli così la vita.

L’episodio aveva attirato l’attenzione dell’allenatore che non si era fatto scappare l’occasione di avere un elemento di quel tipo nella squadra, gli propose un contratto dopo averlo messo alla prova durante una sessione di allenamento.

Non c’era mai, e le trasferte a cui era costretto a partecipare stavano diventando pesanti.

Come potevano pretendere di pensare al loro futuro in questo modo? Come poteva Yamcha crescere un ipotetico erede se era sempre fuori casa?

Bulma si tolse subito quei pensieri egoistici dalla testa, del resto, ripensando al suo amico Goku, Yamcha non stava facendo nulla di male, e alla fine la scienziata pensò che se il baseball rendeva felice il suo ragazzo, allora lei avrebbe sopportato la lontananza laddove ci fosse stata.

In fondo, che sarà mai una settimana al mese?

Nulla. Era chiaro che ci fosse dell’altro sotto.

Un giorno Bulma mentre riordinava qua e là in giro per casa, trovò sotto il letto della camera di Vegeta un suo indumento.

Una maglietta di cotone blu per la precisione.

La osservò per qualche minuto in maniera malinconica, perché nonostante quel rozzo di un saiyan mancava da casa un paio di mesi, la sua assenza la percepiva forte e chiara.

E non capiva perché.

Si era abituata ad averlo in giro per casa e non vederlo passeggiare tra i corridoi, sfuggente come la notte, le trasmetteva un senso di inquietudine.

Chissà dove sarà e se ha trovato quello che cercava.

Suo padre qualche giorno prima le aveva detto che presto sarebbe tornato perché stando ai suoi calcoli, la navicella doveva essere a secco tra un po', a meno che non si fosse schiantata da qualche parte nell’universo e loro avrebbero perso per sempre quel gioiellino di tecnologia.

Bulma non ricordava nemmeno com’era cominciato il discorso.

*

Yamcha uscì dal bagno nel momento esatto in cui Crilin suonò alla porta della Capsule Corporation.

La mamma di Bulma aprì ed accolse il suo piccolo ospite abbracciandolo e baciandogli le guance.

“Oh! Caro Crilin, ciao! Da quanto tempo… vieni, Yamcha e Bulma ti stanno aspettando su in terrazza. Vuoi qualcosa da bere? Da mangiare? Mi sembri deperito da quando vivi con Genio.”

Crilin deglutì imbarazzato, ricordava bene che la mamma della sua migliore amica tendeva a fare un po' troppe domande, lui infondo è abituato al vecchio genio che non parla quasi mai, ma si limita solo a sogghignare mentre gira le pagine delle sue riviste osé preferite.

Vecchio porco, non cambierà mai.

“E come sta Genio? Me lo saluti quando torni a casa?” Continuò lei mentre accompagnava il suo ospite tra i corridoi.

“Sta bene, grazie. E’ sempre il solito.” Crilin si passò una mano sulla pelata.

“Bene, mi fa piacere.” La madre di Bulma indicò frettolosamente il luogo dove avrebbe trovato i suoi amici ad aspettarlo perché le sembrò di sentire il forno trillare.

“Vada pure, signora. Conosco la strada.” La congedò volgendole un tenero sorriso.

“Grazie, Crilin. Sei sempre molto gentile.”

Crilin varcò la soglia e raggiunse i suoi amici al centro, dove era stato allestito un tavolino al riparo dal sole con un enorme ombrellone bianco panna.

Sul ripiano c’erano leccornie di ogni tipo, e visto che l’ora di pranzo si stava avvicinando, Bulma aveva ben pensato di imbandire il tutto per un brunch.

Il pelato salutò calorosamente e venne subito ricambiato in tono gentile dai due amici.

Poi fu il turno di Pual di abbracciare l’amico di vecchia data.

“Ciao, piccolo. Come stai?” Chiese.

“Non c’è male… lo sai che la squadra di baseball di Yamcha sta vincendo il campionato grazie a lui?”

Yamcha divenne paonazzo per l’imbarazzo “Diciamo che mi tengono più come un jolly, ovvero quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.” Si pavoneggiò il moro suscitando una risata nell’amico e un sorriso appena tirato sul volto di Bulma, la quale non gradiva quando il fidanzato faceva il buffone, oppure si intratteneva con oche giulive anche solo per firmare autografi e si prestava a foto di rito.

Crilin sorseggiò il suo drink “Bene, mi fa piacere. E sono davvero contento per te amico mio.”

“Peccato però che questo lavoro mi tenga spesso lontano dalla mia ragazza!” Yamcha poggiò una mano su quella di Bulma guardandola fissa negli occhi.

Bulma per la prima volta non provò nulla e questa strana sensazione la logorò dentro per l’intero pomeriggio.

Guardava Crilin e Yamcha interagire come una volta, e nonostante lei fosse proprio accanto a loro, era come se fosse in disparte, li sentiva parlare del più e del meno, ma il loro ciarlare lo percepiva ovattato e lontano.

Bulma fissava un punto impreciso della terrazza, entrando successivamente in uno stato di trans quando le sue orecchie udirono per un lungo periodo un fischio che le martellò nella testa.

Poi un fischio seguito da un boato e un muro di polvere alzato.

*

Una spia rossa sulla consolle di comando lampeggiò imperterrita fino a quando Vegeta non decise di romperla con un dito per zittirla del tutto.

“HO CAPITO!” Era la spia del carburante, ormai non gliene restava molto all’interno dei capienti serbatoi, ma ancora qualche anno luce e presto sarebbe ritornato all’ovile, ovvero sul pianeta Terra, dov’era sicuro di trovare finalmente Kakaroth.

Il principe di tutti i saiyan non aveva ancora digerito il fatto di esserselo fatto sfuggire per un soffio, ed era del tutto intenzionato a scoprire come avesse fatto.

E una volta saputo come, lo avrebbe conciato per le feste, quella burla non poteva di certo rimanere impunita.

Soprattutto se di mezzo c’era lui.

Controllò le mappe interstellari e dopo un accurato calcolo, Vegeta arrivò al risultato che con il carburante rimanente avrebbe raggiunto la Terra senza alcun tipo di problema, ma non doveva trovare ostacoli e mantenere rotta e velocità perfettamente costanti.

Una parola, se si parla di spazio aperto, in quanto l’imprevisto è proprio dietro l’angolo.

Nemmeno il tempo di mettersi comodo che intercettò la rotta di un ammasso di asteroidi, alcuni di piccole dimensioni, altre sembravano dei veri e propri pianeti.

Il radar lo avvertì dell’imminente pericolo continuando a suonare un allarme costante e chiassoso, se non avesse azzardato subito una manovra mandando al massimo i motori, presto avrebbe colliso contro uno di quegli ammassi di roccia rischiando di danneggiare seriamente la navicella.

Peccato che quel movimento aveva fatto scendere di molto la lancetta del serbatoio, costringendo Vegeta a rifare calcoli e ricontrollare le mappe alla ricerca di un qualche pianeta abitato dove avrebbe potuto allunare in caso di necessità.

Niente.

Il nulla più assoluto in quella galassia.

L’unico pianeta più vicino era proprio la Terra.

Sbuffò e imprecò in lingua saiyan, pregando gli dei di raggiungere quest’ultima nel minor tempo possibile se non voleva ritrovarsi a vagare nello spazio aperto trasportato solo dai campi elettromagnetici.

*

Vegeta se ne stava tranquillo in plancia ad osservare il vuoto più assoluto davanti a lui, quando un primo motore si era spento improvvisamente, facendo inclinare la navicella di circa trenta gradi e rallentare.

“Maledizione!” Controllò meticolosamente la rotta: mancavano un paio d’ore.

Di questo passo rischiava di non arrivare all’orbita terrestre, gli bastava solo avvicinarsi per essere risucchiato dall’atmosfera e precipitare sul pianeta, se proprio le cose si fossero messe davvero male.

Vegeta pensò di rallentare a sua volta la velocità per non sovraccaricare l’unico motore rimasto, e questa si rivelò essere una mossa vincente, perché per il tempo che gli rimaneva era riuscito ad arrivare all’orbita terrestre nell’esatto momento in cui anche il secondo motore smise di funzionare, facendolo cadere sulla Terra.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Ciao a tutti! Anche questa settimana sono stata brava, ma non abituatevi ad aggiornamenti regolari, il blocco o il poco tempo sono sempre dietro l’angolo, ma in ogni caso non preoccupatevi perché c’è tutta l’intenzione di finire questa mia opera.

Quindi, mettetevi comodi ed aspettate pazientemente il prossimo capitolo. 😊

Un abbraccio immenso, Erika

*

P.s. per chi ha telegram e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Dragon Ball

*

Capitolo 10

*

Il muro di polvere ci mise un po' a diradarsi, e anche la casa smise di tremare poco dopo.

Il dottor Briefs, allarmato, era salito in superficie a controllare che cosa fosse effettivamente successo e quando vide la sua amata navicella spaziale comparire sul suo giardino, un enorme sorriso si materializzò sotto i suoi baffi.

“In perfetto orario, come sempre!” Si accese una sigaretta presa dal taschino del suo camice e ne buttò fuori subito il fumo, con l’approvazione del suo amato gattino nero che non ne voleva sapere di scendere dalla spalla dello scienziato.

Poco dopo erano accorsi, in ordine di apparizione: la moglie, Bulma, Yamcha e Puar.

Crilin invece era rimasto sulla terrazza a controllare la situazione dall’alto, intimato anche dagli amici.

Quando Bulma vide scendere dalla navicella il saiyan, ebbe un enorme tuffo al cuore.

“Oh! Il bel fusto è tornato!” Squittì la signora svampita con l’aria sognante, ma di tutt’altro avviso era suo genero, che appena lo vide digrignò subito i denti dalla rabbia, provando per lui una forte repulsione.

In cuor suo sperava di non doverlo rivedere mai più.

“Che cosa ci fai qui, Vegeta?” Aveva chiesto Yamcha portandosi in posizione da battaglia, pronto a schizzare nella sua direzione se ce ne fosse stata la necessità.

Le gambe gli tremavano per la paura, perché sapeva bene che contro quel mercenario non aveva nessuna possibilità di uscirne vivo, ma doveva mettersi in mostra davanti a Bulma e dimostrargli quanto era forte e coraggioso nonostante avesse lasciato da parte gli allenamenti per dedicarsi completamente a tutt’altra cosa.

Non che le importasse poi molto, perché tra i due, a parte l’oca bionda che continuava a chiedere se qualcuno voleva una tazza di tè, era lei quella che dimostrò coraggio avvicinandosi a lui in punta di piedi.

Vegeta con un balzo atterrò davanti allo spilungone, che arretrò di qualche passo e subito Puar si nascose dietro di lui, impaurito e tremando.

“Sono io che faccio le domande.” Gli alitò sul volto gonfiando il petto “… Kakaroth è già tornato?” Aggiunse poi con autorità.

Quella domanda spiazzò i presenti che si limitarono a strabuzzare gli occhi, tutti, tranne la mamma di Bulma.

“Giovanotto, vuoi una tazza di tè? Sarai stanco e spossato dopo tutto quel viaggio. Siediti qui e riposati un po'.” La bionda signora aveva talmente la testa tra le nuvole che non fece nemmeno caso alla puzza che quel saiyan emanava.

Il principe di tutti i saiyan la guardò in cagnesco, pronta a fulminarla all’istante, ma gli serviva una serva che gli preparasse il pranzo e la cena, non poteva lasciare di certo quel compito a sua figlia, lei bruciava tutto, e l’unica cosa che era in grado di fare era scaldare cibo in scatola, nemmeno fosse un dannato cane.

“Goku non si è visto.” Rispose Yamcha altezzoso.

Vegeta digrignò i denti e strinse un pugno, pronto per sferrarglielo in pieno volto solo per il gusto di farlo e perché si era permesso di rivolgersi a lui in quella maniera, mancandogli di rispetto.

Per fortuna Bulma aveva già capito l’antifona e si avvicinò a loro per calmare gli animi, senza paura.

“Lasciamo che Vegeta si riposi un po'…”

Toccò con un dito la battle suit di Vegeta e lo intimò di seguirlo in casa, sotto lo sguardo attonito dei presenti, soprattutto quello del fidanzato Yamcha, il quale non si aspettava una simile reazione da parte di quell’assassino.

*

“Allora, dove sei stato?” Bulma si sentì lo sguardo di quel saiyan penetrarle la pelle quando gli rivolse quella domanda.

Vegeta non rispose, ma si limitò a seguirla perché un bel bagno caldo e dei vestiti puliti era quello di cui necessitava in quel momento.

Puzzava e si faceva schifo da solo.

Da quando per rabbia aveva distrutto l’impianto idraulico della navicella, si era limitato a lavarsi con delle salviette umidificate che aveva trovato da qualche parte nel vano portaoggetti, forse erano di Bulma, no, anzi, lo erano sicuramente; magari rimaste lì dal suo ultimo viaggio e poi dimenticate, ed oltre a quello, il principe aveva trovato altri oggetti interessanti appartenuti alla terrestre.

“Non sono affari che ti riguardano.”

Bulma alzò le spalle “Puoi anche far a meno di dirmelo, sai che me ne importa.”

“E allora perché me lo hai chiesto?” Continuò lui sempre in tono sprezzante e acido.

“Per fare conversazione, sai, è educazione dire dove si è stati, soprattutto dopo aver rubato una mia proprietà e dopo avermela riportata ridotta ad un rottame. Mi ci vorranno mesi per sistemarla.” Sospirò al cielo.

“E’ un rottame!” Precisò lui senza mezzi termini, di sicuro non era l’ultimo ritrovato di tecnologia universale, ma era il meglio che si potesse permettere al momento.

Vegeta doveva ammettere in ogni caso, che la tecnologia terrestre era abbastanza arcaica rispetto a quanto era abituato a possedere durante il predominio di Freezer.

“Allora potevi far a meno di prenderla!” Berciò alzando le mani al cielo.

Il principe la bloccò con le spalle al muro serrandole la gola con il gomito, ma facendo attenzione a non spingere troppo forte, voleva solo spaventarla, non ucciderla.

“Se non tieni la lingua a freno, te la strappo.” Poi la lasciò andare sperando di averla intimorita con il suo modo rude, quello era la sua maniera per invitarla a stare alla larga da lui, ma in Bulma non aveva sortito quell’effetto, anzi, quello che provò quella ragazza dalla chioma riccioluta e vaporosa, fu un brivido piacevole che non percepiva da tanto tempo.

Per quanto quel modo di fare avrebbe spaventato chiunque, lei ne rimase affascinata, soprattutto quando le puntò il suo sguardo nero pece che si scontrò contro il suo azzurro cielo.

In quel frangente vide un uomo solo, disperato e triste, ma anche forte e vigoroso.

Bulma non mostrò il minimo timore e questo destabilizzò un po' il principe, non era abituato a simili affronti da parte del genere femminile, di solito frignavano o tremavano se solo le sfiorava con un dito o con lo sguardo, ma quella donna era diversa dalle altre, e l’aveva capito la prima volta che l’aveva incontrata.

Forse era solo stupida e non aveva ancora ben capito con chi aveva a che fare, oppure, semplicemente era davvero forte come voleva fargli credere.

“Credi di farmi paura?” Replicò lei mettendo subito in chiaro le cose.

“Dovresti!” Esclamò lui con convinzione indurendo ancora lo sguardo, avvicinandosi di più a lei.

“Beh! Io non ne ho.” Mormorò melliflua alzando di più il volto.

Non fu di certo quella risposta a far arretrare il principe, e nemmeno il suo essere spocchioso e odioso, ma fu l’urgenza di sentire l’acqua calda scorrere sulla sua pelle che lo fece desistere nello staccarle la testa di netto.

“Preparami l’acqua calda, e dei vestiti puliti.” La porta scorrevole del bagno lì vicina si aprì non appena percepì la presenza di qualcuno.

Vegeta entrò nel locale seguito da Bulma. Si spogliò senza alcuna vergogna davanti a lei.

“Sei proprio un selvaggio, sai?” Non hai il minimo ritegno a toglierti i vestiti davanti ad una ragazza!” In un primo momento quella vista l’aveva infastidita non poco, poi quel sentimento mutò in qualcosa di più profondo, facendole provare pietà per quell’uomo che aveva davanti con il corpo deturpato da un numero smisurato di cicatrici, segno delle enormi battaglie e difficoltà che si era ritrovato a fronteggiare negli ultimi anni.

Alcune erano molto profonde, soprattutto quella a croce sul petto, altre più lievi.

Ognuno di quei segni raccontava una storia, una storia che Vegeta non le avrebbe mai e poi mai confidato.

“No!” Rispose semplicemente fiondandosi in doccia sperando di non dover sentire più i suoi sproloqui per il resto della giornata.

“In ogni caso ti ho lasciato i vestiti puliti qua sopra.” Bulma girò i tacchi ed uscì da lì velocemente.

L’aveva combinata grossa questa volta ed era solo questione di tempo prima che Vegeta scatenasse la sua ira contro di lei.

Una camicia rosa e un paio di pantaloni gialli… ma come le era venuto in mente?? L’avrebbe uccisa? Probabile, ma almeno si sarebbe presa una piccola rivincita.

In caso contrario, Vegeta, avrebbe capito a chi portare rispetto.

*

Vegeta contemplò quei vestiti per qualche minuto sperando in uno scherzo di cattivo gusto.

Ma quando Bulma gli disse che i suoi amati vestiti stavano facendo un bagno direttamente nella lavatrice, non gli restò altro che abbassarsi al loro livello, sperando che Kakaroth tornasse presto per andarsene di lì e radere al suolo quel posto.

“Che orrore!” Disse mentre si allacciava i pantaloni “… nemmeno fossi un fiore! Io sono il principe di tutti i saiyan… e non un volgarissimo terrestre.”

“Se non li vuoi indossare, puoi stare nudo!” Incalzò lei da dietro la porta, facendo innervosire ancora di più il saiyan che si limitò a fare quanto ordinato.

Era stanco e non aveva voglia di perdere tempo con quegli smidollati, tanto prima o poi avrebbero avuto quello che si meritavano, meglio se per mano sua.

Uscì dal bagno pulito e profumato, e quando Yamcha e Crilin lo videro, scoppiarono a ridere.

“Smettetela o ve la farò pagare!” Grugnì, zittendoli all’istante.

Bulma si sentì terribilmente in colpa e avrebbe tanto voluto dargli degli ulteriori abiti, che quello era stato solo uno stupido scherzo, ma si limitò ad invitarlo a restare, almeno finchè Goku non sarebbe ritornato.

Vegeta non disse nulla e se ne andò di lì, il che equivaleva ad un sì.

“Ti sei ammattita, Bulma?” Domandò Yamcha stranito mentre sorseggiava il succo d’arancia con la cannuccia.

La riccia prese posto accanto i due ragazzi in maniera tranquilla e per niente preoccupata “Stai tranquillo, non ci farà nulla!”

“Ma fammi il piacere!” Si alzò di scatto e per poco non ribaltò il tavolino “… ti sei forse dimenticata lo scopo di quell’essere? E’ venuto sulla Terra per ucciderci tutti.”

Yamcha aveva ragione, ma in quel momento a Bulma non importava, il passato è passato, e lei in cuor suo era sicura che Vegeta era cambiato.

“Ha ragione, Bulma. Pensi sia saggio tenerlo qui?” Incalzò Crilin intervenuto a dare man forte al suo amico.

“Vi dico che non ci farà niente… e poi Goku tornerà tra poco, ne sono sicura.”

Yamcha scrutò il cielo azzurro limpido di nuvole “Chissà dove sarà, se nemmeno Vegeta è riuscito a trovarlo…”

“Ha detto che tornerà… dobbiamo avere fiducia!” Mormorò Bulma battendo un pugno sul tavolino facendolo vibrare.

“E se non dovesse farlo?” Sospirò Crilin.

“Non ci deluderà… se Goku ha detto che tornerà, vuol dire che lo farà.” Asserì con convinzione la riccia parlando ai suoi amici in tono calmo e rasserenante.

“Anche perché se non lo dovesse fare, chi terrebbe a bada Vegeta? Mi sembra già abbastanza in collera.”

“Quello lo è sempre!” Yamcha si portò le mani dietro la testa incrociandole per poi stiracchiarsi.

Lo spilungone e il piccoletto iniziarono a ridere a crepapelle tenendosi poi anche la pancia, quando furono interrotti dal rimprovero di Bulma.

“Smettetela!”

“Ed dai, stavamo solo scherzando.” Deglutì Crilin guardando l’amica in modo stranito.

“Non è carino parlare delle persone quando non ci sono.” Bulma si alzò stizzita “… e per la cronaca, se Vegeta dovesse diventare un problema, me ne occuperò io!” Infine girò i tacchi e rientrò in casa, quei due le avevano fatto girare le scatole con i loro sproloqui da quattro soldi.

“La tua ragazza è strana!” Crilin si versò da bere, mentre Yamcha osservava la porta che l’aveva vista uscire, preoccupato ed in ansia.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Ciao ragazzi e buon inizio settimana. Piccola precisazione, nel capitolo precedente ho fatto menzione di Crilin, che però nell’episodio incriminato, compare solo dopo che Vegeta è tornato sulla Terra, io ho dato la mia personale interpretazione di come si sono svolti per me i fatti, spero abbiate gradito 😊

Come sempre ringrazio chi segue la storia e chi lascia i segni del proprio passaggio.

GRAZIE DAVVERO DI CUORE *_*

Alla prossima, Erika.

*

P.s. per chi ha telegram e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 11

*

Il Dr. Gero controllò minuziosamente per l’ennesima volta i suoi calcoli sul monitor del suo computer.

Non notò nulla di strano nella programmazione, nessun chip difettoso o qualche bug nascosto che impedisse il perfetto funzionamento delle due macchine da guerra appena progettate.

Eppure, ogni volta che cercava di metterli in funzione, questi prontamente disubbidivano ad ogni suo ordine, costringendolo a spegnerli e riprogrammarli.

L’ultima volta ci aveva quasi lasciato le penne per mano di quella bionda, al secolo Lazuli e poi ribattezzata da lui C18; per fortuna nella tasca del suo camice da laboratorio bianco teneva il telecomando di spegnimento manuale, altrimenti quei due sarebbero riusciti in men che non si dica a sbarazzarsi del loro creatore e a vagare liberi per il pianeta, senza nessuna guida al seguito.

Perché quello che lo scienziato non riusciva a capacitarsene, era come quei due, nonostante le ripetute e minuziose programmazioni, avessero sempre tanta voglia di fare quello che gli pareva.

L’unica cosa, però, che gli sollevava il morale, era la consapevolezza che conoscevano bene il loro unico obiettivo, ovvero quello di liberarsi definitivamente di Goku, colui che aveva sterminato l’esercito del Fiocco Rosso.

Ma lo avrebbero fatto senza causare troppi danni in giro per il mondo? Questa risposta non la conosceva, o meglio, non ne era del tutto sicuro.

Meglio non rischiare, perché nonostante anche lui amasse raggiungere i suoi obiettivi ad ogni costo, non era giusto che per un solo individuo, ci rimettesse un intero popolo.

Chi mai vorrebbe vivere in un mondo devastato dalla distruzione? Nemmeno lui, anche se il suo scopo principale era quello di costruire un esercito di androidi per tenere in un pugno il pianeta per dominarlo.

Tutti si sarebbero prostrati alla sua genialità, ma forse ancora per poco visto che la malattia che lo stava divorando non accennava a placarsi o regredire.

Tossì, tingendo di rosso l’ennesimo fazzoletto, che poi finì nel cestino assieme ad altri.

Anche in quel caso doveva prendere provvedimenti.

Prese carta e penna ed iniziò ad appuntare qualcosa in maniera molto frenetica, non dando troppa importanza al tempo che stava passando.

Ci lavorò su un paio d’ore e quando sembrava essere arrivato ad una soluzione, si stiracchiò e si alzò dalla sedia per sgranchirsi la schiena.

“Non sono più agile come un tempo.” Pigolò strizzando gli occhi per un leggero dolore osseo.

Fece poi un giro per il laboratorio per schiarirsi le idee e controllare a che punto i cyborg C17 e C18 fossero con la centesima programmazione.

Ancora a metà.

Sbuffò e ritornò al posto, prese tra le mani quel foglio A3 con disegnato una sagoma umana con all’interno solo circuiti, e l’unico spazio che gli rimaneva da occupare era la calotta cranica. Indeciso se usare un cervello vero o artificiale.

In quel caso vero, il suo per la precisione.

Il problema sarebbe stato a chi dare quel compito una volta che lui fosse passato a miglior vita.

C17 e C18 erano fuori discussione, se anche quel tentativo di riprogrammazione avesse evidenziato lo stesso identico problema, avrebbe pensato a come impiegare al meglio quelle due risorse.

Per quanto odiasse ammettere, quei due erano la sua migliore invenzione, unici nel suo genere.

Era riuscito ad integrare perfettamente carne e circuiti al posto del cervello, donando a loro energia illimitata e una forza smisurata, al contrario di C16, costruito interamente con della ferraglia, ma anche lui si era rivelato essere difettoso.

L’unico modello che gli rimaneva da costruire era tutto composto da parti meccaniche tranne che per il cervello; e quello era il giusto tipo di androide in cui si sarebbe presto trasformato, ma per essere sicuro della totale riuscita del suo piano, doveva costruire un ulteriore cyborg che lo completasse una volta che il corpo dello scienziato sarebbe passato a miglior vita.

*

Il Dr. Gero non perse tempo, perché il tempo era proprio la cosa che gli mancava in questo momento.

Pensò a come costruire C19 e alle sue fattezze, se donargli un cervello umano oppure bionico; optò per quest’ultimo, sperando di non fare un enorme buco nell’acqua proprio come C16.

Nella foga di disegnare e di appuntare sul foglio bianco tutto quello che gli stava passando per la mente, urtò la tazza di thè fumante riversando tutto il contenuto bollente sopra progetti lasciati incompiuti e volutamente indietro.

Tra questi, spiccò una cartellina azzurra con la dicitura Progetto Cell apposta in calce.

L’aprì con curiosità ed iniziò a ridere malignamente mentre leggeva i suoi studi in merito, poi aprì un cassetto dall’ archiviatore in metallo e ne tirò fuori un paio di ampolle contenenti quella che sembrava essere solo acqua, ma in realtà conteneva qualcosa di più importante, in una c’era un’etichetta con scritto Goku e l’altra Junior.

“E se…?” Sussurrò con un filo di voce volgendo poi lo sguardo verso le capsule di criogenia dei due ragazzi giovani.

“Potrebbe funzionare…” Continuò “…SIIIIII!” Urlò nella stanza dopo che un barlume di genialità gli aveva attraversato la mente. “… sarà la mia più grande invenzione! Tutti si ricorderanno del grandissimo Dr. Gero! CELL L’ESSERE PERFETTO!”

Scese a perdifiato nei sotterranei del laboratorio portando con sé tutti i progetti e le ampolle che era riuscito a trovare, perché oltre a quelle di Goku e Junior, in quel cassetto ce n’erano molte altre, che sarebbero presto servite per dar vita alla sua splendida creatura.

“Forse non tutto è perduto!” Con un gesto lento dell’avambraccio destro, gettò per terra tutte le scartoffie inutili presenti su quel tavolo impolverato.

Erano alcuni mesi che non scendeva in quella parte del laboratorio, troppo preso dalle sue ultime tre creazioni, che aveva dimenticato, forse, quella più importante.

Al centro della stanza buia troneggiava un’ampolla di ampie dimensioni contenente una sostanza chiara, un liquido che permettesse la generazione della vita stessa attraverso miscugli specifici.

Allo scienziato sarebbe bastato inserire tutto il necessario per iniziare la nascita di quell’essere; aveva tutto quello di cui necessitava: cellule prese dai migliori guerrieri in circolazione, intrugli, ampolle, formule matematiche, ma gli mancava ancora qualcosa.

Per quante volte ricontrollasse i calcoli, la risposta era sempre la stessa: con quello che aveva in mano al momento, Cell non sarebbe mai stato l’essere perfetto, perché richiedeva ulteriori tasselli da aggiungere al bagaglio genetico.

Se avesse iniziato a crearlo con il materiale che aveva a disposizione, quasi sicuramente sarebbe stato sì in grado di crescere, ma avrebbe avuto molte più possibilità di essere sconfitto se Goku e la sua banda avessero solo provato ad affrontarlo.

La matematica era una scienza esatta che non permetteva alcun tipo di errore, e l’errore non era di certo un vocabolo che faceva parte del suo dizionario.

L’idea dello scienziato era quella di procurarsi tutte le cellule che riusciva a racimolare dai migliori combattenti ed unirle per formare un unico e forte essere, poi una volta cresciuto e immagazzinato una forza tale da contrastare i due androidi, li avrebbe assorbiti, facendoli così diventare parte integrante del suo corpo, dando vita così all’ ‘Essere Perfetto’.

Poco importava se lui fosse perito prima di vedere la nascita di quella creatura, il computer avrebbe continuato a lavorare da solo, fornendo il nutrimento e gli input necessari affinché Cell riuscisse a crescere in totale autonomia.

Poi sarebbe uscito dal laboratorio, avrebbe assorbito l’energia necessaria dagli abitanti del pianeta Terra, ed infine C17 e C18 avrebbero trovato il loro scopo.

Però questo progetto non si sarebbe potuto realizzare se il brodo primordiale non fosse stato completo.

Doveva trovare una soluzione alla svelta, anche perché il tempo stringeva ed il Dr. Gero aveva un altro progetto a cui pensare.

Quello che poteva fare al momento, era inviare delle spie in giro per il pianeta, nell’attesa che si presentasse qualcuno di molto forte per attingere dal loro patrimonio genetico, rendendoli ignari che avrebbero contribuito alla realizzazione di un progetto di una portata enorme.

Loro avrebbero percepito solo una semplice puntura di zanzara, lui sarebbe stato ad un passo nel conquistare il mondo.

*

Goku continuò a rimirare l’orizzonte, quella sarebbe stata la sua ultima notte su Yardrat, un pianeta che lo aveva ospitato per quasi un anno.

Un lungo anno che lo aveva tenuto lontano dalla sua famiglia e dai suoi amici.

Juth si avvicinò a lui con fare circospetto.

“E così domani torni a casa.” Gli sussurrò destandolo dai suoi pensieri.

“E’ lontana la Terra, se tutto va bene, tra una settimana starò dormendo nel mio letto con mia moglie.”

“Puoi sempre usare il teletrasporto e trovarti sul tuo pianeta in men che non si dica.” Convenne lo yardratiano mellifluo.

“Posso?”

“Certo!” Asserì con il capo “… lo hai già fatto. Non ti ricordi?”

“Ah giusto! Quando mi hai abbandonato su quel pianeta.”

“Esatto!” Confermò senza essersi pentito minimamente della sua vile azione, tanto era sicuro che prima o poi Goku sarebbe riuscito a tornare all’ovile senza alcun tipo di problema.

“La Terra è più lontana, non credo di riuscire a percepire le auree dei miei amici.”

“Provaci!”

“Va bene!” Goku si alzò in piedi ed iniziò a concentrarsi, i muscoli del corpo si erano irrigiditi, gli occhi chiusi che faticava ad aprire, una vena gli pulsava nella tempia.

Infine riprese fiato e abbandonò l’impresa.

“Non ce la faccio, non sento niente.” Protestò stizzito, non amava perdere e quella per lui odorava di sconfitta bella e buona.

Juth arricciò le labbra lateralmente “Prima o poi ci riuscirai, non devi abbatterti.”

Goku riprese posto accanto a lui.

“Sei stato un maestro eccezionale!” Gli sorrise ingenuamente “… e non so davvero come ringraziare te e il tuo popolo per l’aiuto che mi avete dato.”

“Non devi, tu avresti fatto lo stesso se ci fossi stato io al tuo posto, e poi sono io che ti sono riconoscente per avermi insegnato la tua lingua.”

Il saiyan si schiaffeggiò da solo la faccia “Sai che me ne ero scordato?”

Juth scoppiò a ridere, quel saiyan gli mancherà molto per la sua genuinità e ingenuità.

“Sei davvero simpatico, Goku.”

“Grazie! Sai che mi mancherà questo pianeta?”

Naaa… non credo! Hai moglie e un figlio meraviglioso che ti aspettano a casa e che non vedono l’ora di riabbracciarti.”

“Già…” Goku abbassò la testa poco convinto.

“Che c’è?” Gli domandò notando il suo disagio momentaneo.

“Il fatto è che… Chichi sarà sicuramente in collera con me.”

“Sei sano e salvo, non dovrebbe essere difficile farsi perdonare, no?”

“Non conosci mia moglie, sarà sicuramente delusa perché non sono tornato quando ho potuto.”

“Basta spiegarle che non sei andato a fare un viaggio di piacere, del resto lo hai fatto anche per loro no?” Spiegò Juth come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.

“A Chichi non interessa il combattimento, lo trova una perdita di tempo e basta. Se fosse per lei dovrei abbandonare gli allenamenti per guadagnare qualcosa lavorando.”

“Hai provato a spiegarle che se non c’è qualcuno che difende la Terra dai malvagi, rischia di ritrovarsi all’altro mondo in un battibaleno?”

“Si, ma non le importa.”

Juth scoppiò a ridere finchè la pancia non cominciò a fargli male, sotto lo sguardo attonito di Goku.

“Voi terrestri siete proprio forti…”

“Si, ma non è che l’ascolti poi tanto, appena posso me la svigno.”

“Vedi allora che non hai più bisogno dei miei consigli?”

“Quindi dovrei abbandonare l’idea di portarle dei fiori?”

“No.”

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Buon pomeriggio a tutti! E come sempre grazie, grazie, grazie per essere arrivati fino a qui, sono davvero contenta che questi ‘angoli nascosti’ vi stiano piacendo e spero di non deludervi, non è facile per me mixare tutto, perché bisognerebbe scrivere una long apposta per ogni personaggio e situazione, infatti, molte cose le sto saltando.

In questo capitolo abbiamo ritrovato i cyborg e il Dr. Gero, non a caso, perché nel prossimo faremo un tuffo nel futuro… si, avete capito bene, ritroveremo Mirai Trunks *_*

Alla prossima, Erika.

*

P.s. per chi ha telegram e gli piacerebbe fare anche solo due chiacchere, vi lascio il link del canale a cui sono iscritta, è a tema Miraculous, ma posso garantirvi che si parla spesso e volentieri di altro.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 12

*

12 Maggio

*

Bulma si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli azzurri che la brezza primaverile mosse poi sinuosamente riportandoglieli davanti al volto.

Raccolse il bambino che gattonava libero e felice sul prato, prima che potesse infilarsi da qualche parte mentre inseguiva una farfalla bianca che continuava a saltare di fiore in fiore. Libera e spensierata.

“Ora devi fare la nanna.” Cantilenò lei ballando, tenendo il bambino stretto tra le braccia, dirigendosi verso la porta di casa.

L’aria che le sferzò la faccia era fresca, segno che da qualche parte si stavano scatenando dei temporali di grande portata, infatti, all’orizzonte, una coltre di nuvoloni neri sarebbero presto arrivati nella Città dell’Ovest.

Trunks protestò, non voleva andare a letto.

“Coraggio, piccolo. Non fare così. Se non fai il riposino poi sarai stanco tutti il pomeriggio. Hai dormito poco stanotte.” Entrò in casa con il bambino che strillava, cercando di rimanere calma ed impassibile a quelle lamentele, perché sapeva bene che non gliela poteva dare vinta, altrimenti la sua autorità genitoriale sarebbe stata messa in discussione.

Beh! Se ci fosse stato Vegeta sarebbe stata tutta un’altra storia, perché a Trunks bastava solo percepirne l’aura circostante per calmarsi all’istante, perché conosceva bene la sua repulsione a certi comportamenti da femminuccia.

“Vuoi darlo a me, tesoro?” Chiese sua madre allungando le braccia per prendere il nipotino con sé.

Bulma sorrise di circostanza “Ci penso io, mamma!” Rispose con tono seccato avviandosi verso il piano superiore con il bambino urlante che si dimenava per liberarsi dalla sua morsa e trovare conforto tra le braccia amorevoli della nonna.

Perché nonostante volesse molto bena alla mamma e fosse ancora piccolo, Trunks percepiva un certo malumore nella donna. Del tutto giustificabile.

Il suo migliore amico era passato a miglior vita qualche mese fa, e nemmeno le Sette Sfere Del Drago erano riuscite a riportarlo in vita.

“Non posso guarire dalle malattie.” Aveva detto con la sua vociona gutturale e spaventosa, congedandosi poi da tutti i presenti, lasciandoli letteralmente senza speranze e con un enorme vuoto nel cuore.

Goku sarebbe mancato a tutti e la sua presenza si sarebbe fatta sentire.

Ancora non poteva credere che non avrebbe più rivisto la sua faccia, il suo sorriso e la sua genuinità, ma un giorno si, un giorno, non molto lontano si sarebbero rincontrati, sempre se quello zuccone non fosse stato assegnato da Re Yammer a qualche girone del Paradiso riservato solo ai guerrieri, e Bulma era sicura che fosse proprio così.

In più, da quando Goku non c’era più, Vegeta non si era più visto gironzolare per casa, come se stesse scontando un castigo lontano da tutti, però Bulma sapeva che ogni tanto ritornava, e lo poteva appurare dal frigo vuoto o dalle tute di combattimento lerce, lasciate appositamente nella sua stanza.

*

Trunks si addormentò dopo una mezz’ora buona tra ninna nanne e dondolamenti nelle braccia della madre.

Esausta e sfinita, Bulma si lasciò cadere nell’enorme e morbido divano bianco del salotto di casa.

Accese con decisione la televisione con l’intento di godersi la sua telenovela preferita.

Quella sarebbe stata una mattinata tranquilla: suo padre si trovava ad una convention di inventori illustri, e lei si era presa una giornata di riposo visto che era riuscita a terminare dei progetti ai quali stava lavorando da tempo.

Accennò uno sguardo fugace all’orologio a pendolo posto nella parete: le 9.47.

Sbadigliò, e senza accorgersene chiuse gli occhi divenuti improvvisamente pesanti, nemmeno lei aveva dormito molto quella notte, un po' per colpa di Trunks, e un po' perché ultimamente rimaneva spesso alzata per vedere se riusciva a intercettare Vegeta, con scarsi risultati.

*

Si svegliò di soprassalto con la bava alla bocca, per colpa del telefono che trillò.

“P-p-pronto?!” Riuscì a dire quando tirò su la cornetta, pulendosi quella sostanza viscida con il palmo della mano.

Bulma!” Disse l’interlocutore con voce spaventata e tremolante, l’azzurra riconobbe in Genio Delle Tartarughe di mare.

“S-sei tu Genio?”

“Si… hai visto che cosa sta succedendo?” Mormorò lasciando cadere la cornetta per sbaglio.

“Genio? Genio?” Chiamò lei spaventata dando le spalle alla tv.

“S-sono qui… scusami, è caduto il telefono… è un disastro, Bulma. Morti… distruzione…”

Bulma continuava a non capire. Due erano le cose: o stava ancora sognando, oppure in quel lasso di tempo che aveva chiuso gli occhi era successo il finimondo.

“Genio! Calmati, che stai dicendo?”

Ma della risposta del vecchio maestro riuscì solo a percepire ‘telegiornale’, poi un fischio lungo e rumoroso che la costrinse a riattaccare e tapparsi l’orecchio.

Bulma si voltò lentamente e presto il suo sguardo da preoccupato, passò a terrorizzato in un batter d’occhio.

Alla tv non stavano più passando la telenovela, ma un’edizione speciale del telegiornale, il quale stava passando le immagini terribili di una guerra in atto, interrotte bruscamente poco dopo.

Bulma tentò invano di risintonizzare i canali, ogni emittente televisiva non riusciva più a trasmettere immagini o sonoro.

La signora bionda ritornò a casa dopo un paio di commissioni tutta trafelata e inzuppata d’acqua perché da un po' aveva iniziato a scatenarsi un temporale.

Bulma!” Annaspò venendo sorretta dalla figlia “… è terribile… terribile…”

“Mamma, calmati. Devi asciugarti.” Le passò uno straccio pulito della cucina.

“Ho sentito tuo padre, sta tornando a casa.”

“Ma che sta succedendo?”

“Non lo so… non lo so!” Si sedette sulla sedia di legno portandosi le mani dentro i capelli.

Il telefono trillò ancora e oltre a quello, anche Trunks aveva deciso di svegliarsi, poteva sentire il suo pianto indistintamente nella ricetrasmittente.

“Vado io da Trunks.” Pigolò la donna bionda alzandosi dalla sedia.

Bulma prese la cornetta “P-pronto?”

Era Chichi.

“Hai visto il telegiornale?” Nemmeno un saluto, solo una domanda diretta.

“Si, ma le trasmissioni sono crollate subito, sai che cosa è successo?” Chiese preoccupata.

“Due individui molto forti hanno attaccato la Città Sud poco dopo le dieci e stanno distruggendo tutto.”

Bulma sbiancò, e se uno di questi fosse proprio Vegeta? No. Scartò subito quell’ipotesi, non poteva credere che il padre di suo figlio fosse capace ancora di tanto.

Ora che Goku non c’era più, l’essere più forte sulla Terra era proprio lui, ma sapeva aver abbandonato ormai da tempo quell’obiettivo, integrandosi quasi perfettamente con i terrestri.

Era anche vero che non lo vedeva dalla scomparsa di Goku.

“Si sa chi sono?”

“Ancora no. Crilin, Junior, Tensing, Riff e Yamcha sono sul posto. A Gohan gli ho impedito di andare.” Seguì qualche istante di silenzio “…Vegeta? E’ andato anche lui?”

Bulma deglutì, non sapeva risponderle e non sapeva se l’ormai ex compagno era venuto a conoscenza della battaglia che si stava scatenando a pochi chilometri della Città del Sud.

“Io… io… è dalla morte di Goku che non lo vedo più.” Disse d’un fiato.

“Questo è terribile, Bulma. Devi rintracciarlo!” Le ordinò in modo perentorio.

“CREDI SIA FACILE?” Sbraitò stizzita, se era così semplice allora perché non ci provava lei. Bulma non riusciva nemmeno ad intercettarlo se era dentro casa, figuriamoci cercarlo per tutto il pianeta con i suoi mezzi mediocri e con un figlio di quasi un anno appresso.

“Scusami, non volevo farti arrabbiare, è… è solo che hanno detto che sono molto forti e che nemmeno l’esercito riesce a fermarli.” Anche se avrebbe voluto dire che le mancava in modo inesorabile suo marito, lui sì che avrebbe risolto quella spiacevole situazione in un batter d’occhio.

“E’ andato anche Gohan?” Le chiese.

“No, non voglio che si muovi di casa. Deve studiare.” Incredibile come quella donna pensasse a far stare suo figlio sopra i libri nonostante la guerra in corso, e Chichi sapeva benissimo che sarebbe bastato un suo cenno per farlo scattare e lasciare quella casa, andando incontro al suo destino, senza alcuna paura.

“Vedrò che posso fare con Vegeta… stammi bene, Chichi.” Attaccò la telefonata salutandola frettolosamente.

Bulma non sapeva quanto grave fosse la situazione e il fatto che la moglie di Goku non avesse fatto partecipare il figlio a quella missione stava a significare solo una cosa: che presto la situazione si sarebbe fatta letteralmente pericolosa.

*

Due individui dall’aspetto umano camminavano tra le macerie della città con sguardo glaciale e spaventoso.

La femmina bionda salì su un cumulo alto di calcinacci per controllare la situazione.

“Hai finito?” Gli chiese il moro stizzito, sembrava molto annoiato in verità.

C18 saltò davanti al fratello con un balzo, non scomponendosi minimamente.

“Ho appena iniziato, o meglio, abbiamo” Si corresse poco dopo. “… e poi, abbiamo compagnia.” Aggiunse percependo delle presenze nascoste poco distante, le quali si stavano nascondendo dietro alcuni palazzi già abbattuti.

C17 controllò i suoi sensori e confermò la cosa poco dopo.

“Ci divertiremo, sembrano anche forti. Ma non mi pare che tra loro ci sia quello che chiamano Goku.”

C18 fece spallucce “Che importa, basta ammazzare qualcuno.” Si sistemò il caschetto biondo con un gesto della mano.

“Si, ma se uccidiamo tutti, rimarremo solo noi. E poi? Io non voglio annoiarmi.” Protestò come un bambino volgendo lo sguardo al cielo.

“Potremo lasciarne vivo uno o due.” Propose.

“E se poi dovessero diventare troppo forti?”

“Siamo stati costruiti con energia illimitata, non ci sarà mai niente e nessuno in grado di sconfiggerci.”

“Se lo dici tu…”

“Comunque basta parlare, mi si stanno atrofizzando i circuiti.” C18 levitò alta nel cielo, seguita dal fratello intuendo l’intenzione e mettendosi al suo fianco.

Insieme ammirarono la città distrutta e caduta, nell’aria aleggiava lo spettro della morte.

Non si sarebbero fermati solo a quella, ma ben presto tutto il pianeta Terra sarebbe stato devastato dalla loro forza distruttrice solo per il gusto di farlo.

La ragazza bionda stese una mano, da cui iniziò a creare una sfera di energia dalle dimensioni e devastazioni di una bomba atomica.

Il primo a scattare fu il piccoletto pelato.

“NO CRILIN!” Urlò Yamcha nel tentativo di dissuaderlo da quella pazzia, ma il terrestre doveva provarci, anche se sapeva bene essere un suicidio.

“Finalmente qualcuno con le palle!” Mormorò C18 sogghignando ritraendo la sfera di enrgia.

“A-andatevene subito da qui, e non to-tornate mai più!” Gli ordinò con voce tremolante.

C17 e C18 si scambiarono uno sguardo d’intesa.

“Uh… che paura!”

Crilin deglutì il nulla.

“Senti… se prometti di dirci una cosa, non ti faremo niente, ok?” Propose la bionda melliflua.

“Chi siete?? Che cosa volete??” Chiese con decisione mascherando il tremore del corpo.

“Giusto, non ci siamo presentati” Suonò come una presa in giro “… io sono C18 e lui mio fratello C17, siamo cyborg creati dal dottor Gero.” Rispose la bionda.

“CYBORG??? DR. GERO?? Ma non è quel pazzo che faceva parte dell’esercito del Fiocco Rosso? Pensavo fosse morto!”

“Lo è, infatti! Per mano mia” Sul volto di C17 comparve un ghigno sadico che raggelò il sangue dentro le vene al povero Crilin.

“BASTA!” Urlò spazientita la bionda “C17 non è il caso di vantarsi e di perdere tempo! Fatti dire dove possiamo trovare Goku!”

Crilin ebbe un tuffo al cuore “G-g- GOKU???”

“Ehi… sembra tu abbia visto un fantasma, piccoletto!” Disse C17 con aria interrogativa.

“State cercando Goku???” Chiese conferma.

“Si, sei sordo forse?” C18 si avvicinò pericolosamente al suo volto.

Crilin deglutì nuovamente il nulla. “G-goku non c’è più!” Rispose d’un fiato.

C18 strabuzzò gli occhi “Che significa che Goku non c’è più? Si è forse ritirato su qualche pianeta?”

“N-no. Goku ci ha lasciato mesi fa. E’ MORTO!” Disse trattenendo le lacrime.

C17 fece finta di esserne rammaricato “Beh! Questo non ci voleva…”

“No…” Scosse il capo la sorella mordendosi la punta delle dita “… però… potremo divertirci lo stesso no?”

“Sono d’accordo con te.” Mormorò dando le spalle al piccolo guerriero.

“Ehi! Dove credete di andare?” Chiese Crilin stringendo i pugni per prepararsi ad attaccare quei due.

“Mi sembra ovvio!” Rispose C17 “… abbiamo altre città da distruggere, e miliardi di persone da massacrare.”

“VOI NON LO FARETE!” Crilin ingrossò la voce rendendola più minacciosa, ma ciò non scompose minimamente i due cyborg, anzi, questa cosa li spazientì ancora di più.

Quel piccoletto era solo un insetto da schiacciare.

“Senti, ti risparmieremo la vita se te ne andrai da qui, intesi? Una promessa è una promessa.”

“Dovrete passare sul mio cadavere!”

“Sei sordo, oltre che stupido?” Chiese C17.

“Combattete, se ne avete il coraggio!”

“E’ stupido!” Confermò C18.

Crilin cercò di sferrare un pugno contro il maschio, che venne prontamente schivato senza alcun problema, iniziando un combattimento dove il terrestre sembrava avere la meglio.

“Ce la fa!” Esclamò con entusiasmo Yamcha.

“No, sta perdendo!” Constatò Junior “… il ragazzo non è minimamente stanco, ma Crilin sta decelerando, presto finirà l’energia.”

Yamcha ancora con gli occhi sbarrati dal terrore, si rese conto che per loro non ci sarebbe stata alcuna vittoria, quei due esseri non erano avversari alla loro portata.

“Ma che cosa sono?” Chiese Tensing non percependo alcuna aura in loro.

“Non lo so.” Disse Junior a denti stretti mentre osservava il corpo di Crilin che veniva dilaniato dalla bionda.

“NOOOOOOO!” Urlò Yamcha gettandosi letteralmente nella battaglia, raccogliendo prima quelli che restava del suo amico. “BRUTTI BASTARDI, ME LA PAGHERETE!” Disse digrignando i denti con la voce rotta dalla disperazione.

“Fatti sotto, babbeo!” Lo invitò C17 facendo gesto con le mani di avvicinarsi.

*

Com’era prevedibile, dopo Crilin, Yamcha si era gettato a capofitto nella battaglia con la consapevolezza che non sarebbe servito a nulla, se non a farsi ammazzare a sangue freddo, e dopo di lui toccò a Tensing, al piccolo Riff ed infine a Junior.

E con il namecciano sparì anche la speranza di poter riportare in vita i caduti e sistemare la distruzione e la devastazione che stavano creando quegli individui.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Ciao a tutti! Eccoci qui con la prima parte ambientata nel futuro, purtroppo i nostri eroi non ce l’hanno fatta e sono periti per mano dei cyborg C17 e C18.

Spero vi sia piaciuta la mia interpretazione della cosa, perché nell’OAV e anche nell’episodio filler, non viene mostrato un gran chè, ma ci sono io per farvi viaggiare con la fantasia XD

A parte gli scherzi, spero vivamente abbiate apprezzato il tutto, se non ho fatto male i calcoli dovrei scrivere altre due parentesi su questo futuro.

Un abbraccio, Erika

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 13

*

15 anni dopo

*

Non era stato per niente facile andare avanti in quegli anni.

La sofferenza e il dolore per la perdita di amici e famigliari non faceva altro che continuare ad alimentare il cuore, sempre in costante pianto, di Bulma.

Perché non solo il suo primo amore Yamcha, ma anche Crilin, Tensing, Riff, Junior e persino Vegeta, avevano lasciato per sempre quel pianeta, periti sotto la mano distruttrice dei due cyborg che si facevano chiamare C17 e C18.

Ancora una volta il Dr. Gero continuava a tormentarli, guidato dalla smania di vendicarsi di Goku.

Già, Goku…

Se solo non fosse morto per quella stupida, stupidissima malattia cardiaca, ci avrebbe pensato lui a portare la pace sul pianeta Terra…

Avrebbe dovuto resistere soltanto un altro d’anni in più, e poi si sarebbe finalmente trovato il farmaco specifico per quel virus che aveva deciso di divorarlo dall’interno, in maniera silenziosa e macabra, ma il destino aveva deciso diversamente per lui.

Bulma ricordava ancora bene quando aveva ricevuto la visita di Vegeta lo stesso giorno che quei cyborg avevano iniziato a seminare il panico per le varie città, solo per il gusto di farlo, perché non appena erano venuti a conoscenza che il loro obiettivo principale non c’era più, avevano dovuto impiegare il tempo in altra maniera. E quella maniera era proprio giocare con i terrestri.

Vegeta fissava in penombra la culla di Trunks, il quale dormiva beatamente.

Bulma era entrata un attimo per prendere la vestaglia bianca di seta che aveva lasciato appoggiata nella sedia a dondolo.

Sussultò quando vide quell’ombra accanto al letto di suo figlio.

“Sono morti tutti!” Aveva esordito continuando a fissare quel bambino innocente che continuava a dormire, non si era nemmeno preoccupato di parlare a bassa voce per non svegliarlo.

Ma questo l’azzurra lo aveva già capito e pianto tutte le lacrime che il suo corpo era riuscito a produrre.

E poi, lo aveva immaginato, dato che gli attacchi non accennavano a diminuire, e lei e la sua famiglia, si erano dovuto rifugiare nei sotterranei della casa per sfuggire alla loro furia distruttrice quando erano arrivati nella Città Dell’Ovest.

“Tu dov’eri?” Era riuscita a dirgli indurendo lo sguardo cercando come meglio poteva di trattenere le lacrime.

Vegeta non poteva vedere i tratti del suo volto a causa del buio della stanza, ma poteva intuire dal tono severo della sua voce che lo stava rimproverando e accusando di essere un vigliacco, di non aver preso parte alla battaglia, e ora i suoi più cari e vecchi amici non ci sono più, compresa la speranza di riuscire un giorno a portare tutto alla normalità.

“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose semplicemente, perché il grande principe di tutti i saiyan non doveva rendere conto a nessuno, tanto meno che ad una terrestre.

“Certo che mi riguardano!” Incalzò sussurrando per non svegliare Trunks.

Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, anche se sapeva benissimo che sarebbe stato come colpire l’acciaio, e quella che si sarebbe ritrovata con un polso rotto sarebbe stata lei.

“Devo andare ora.” Disse girando i tacchi.

“Certo, vai a nasconderti.” Omise la parola codardo, anche se a Vegeta gli si poteva rimproverare di tutto, ma non che fosse uno che si tirava indietro anche quando le cose si facevano pericolose.

“Non devi dirmi che cosa devo fare, ok?” In un lampo si ritrovarono faccia a faccia, occhi negli occhi.

Quello che lesse Vegeta lo colpì dritto nel cuore, perché in quell’espressione dura, aveva visto solo risentimento e rancore.

Quello che lesse Bulma, invece, era un addio, e da quel giorno non lo avrebbe mai più rivisto.

Perito anche lui per mano degli androidi.

Alla radio si era parlato di uno scontro senza precedenti, dove purtroppo chi ha prevalso erano proprio i nemici.

A Bulma non restò altro che piangere di nuovo, e ancora… ancora… ancora… e continuare a fissare il punto dove vide Vegeta per l’ultima volta, e dove ora soffiava un vento quasi spettrale, che arrivava dalla parete abbattuta.

*

Gohan continuava a meditare in silenzio con solo il suono del vento in sottofondo.

Questo esercizio gli serviva per capire dove andava a colpire, e dove si fermava, significava che aveva finito la sua corsa contro un ostacolo.

Quello era l’unico modo che aveva trovato per cercare di individuare i due cyborg durante una battaglia, soprattutto quando volevano giocare al gatto e al topo.

Loro non avevano aura; loro non potevano essere scovati facilmente.

In quel caso, il topo era proprio il figlio di Goku e loro i gatti sempre pronti in agguato a tendergli una trappola.

Chichi gli si avvicinò con un piatto caldo di ramen tra le mani, era dalla sera del giorno prima che Gohan non metteva qualcosa di commestibile sotto i denti, solo per dare la possibilità a lei di rimettersi in forze.

“Lascialo lì, mamma. Grazie!” Tenendo gli occhi chiusi, indicò alla donna con un cenno del capo, un tronco di un albero che aveva abbattuto qualche istante prima.

“Si raffredderà se non lo mangi subito.” Disse apprensiva e con un tono preoccupata, perché Chichi sapeva bene che ora il suo piccolo Gohan era cresciuto, e che sarebbe stato impossibile trattenerlo a casa, evitando di farlo partecipare a quelle missioni.

“Ho quasi terminato l’esercizio.”

“Inutile chiederti di rinunciare, giusto?”

Gohan aprì gli occhi.

“… intendo a combattere di nuovo contro quei cyborg.” Continuò lei in tono calmo.

“Esatto!” Rispose prendendo il piatto e le bacchette, per riempirsi la pancia con quella leccornia.

Chichi sorrise malinconica, perché ogni giorno che passava, Gohan assomigliava sempre in maniera spropositata al defunto marito.

Quanto le mancava.

Se Goku fosse ancora vivo, ora di quegli androidi sarebbe rimasto solo un ammasso di ferraglia arrugginita, ammucchiata da qualche parte.

“Non posso, mamma. E tu lo sai…” Si alzò in piedi con un balzo prendendo tra le mani il piatto di ramen “… e poi sto allenando Trunks, vedrai che appena sarà in grado di combattere, di quei cyborg ne rimarrà soltanto un lontano ricordo, così i nostri cari verranno finalmente vendicati.” Tirò su rumorosamente il brodo. “Squisito!” Disse con la bocca piena, venendo subito rimproverato dalla madre.

Gohan allungò il labbro inferiore come a scusarsi, ma doveva ammettere che quel piatto era veramente delizioso e che ne avrebbe mangiato dell’altro se solo ce ne fosse stato.

“Rammenta le buone maniere, Gohan… anche in tempo di guerra!” Ammiccò scoppiando a ridere di gusto, seguita a ruota dal figlio.

Gohan non ricordava nemmeno più l’ultima volta che aveva visto sorridere così sua madre, e quella era senz’altro una risata amara che nascondeva qualcosa di più oscuro, perché Gohan la sentiva piangere ogni notte in modo disperato, invocando il nome del marito tra un singhiozzo e l’altro.

Gohan non fece a tempo ad aprire bocca per dire a sua madre che non c’è bisogno di fingere, che percepì la presenza di Trunks avvicinarsi a lui.

“Signor Gohan!” Chiamò a gran voce librando una mano in aria per attirare la sua attenzione.

Trunks sbucò da dietro un albero poco distante ansimando, ma non per questo motivo si fermò a riprendere fiato.

Era pur sempre un saiyan e un saiyan non doveva conoscere che cosa fosse la fatica. Questo è stato il primo insegnamento di Gohan, il suo maestro: mai arrendersi. Nemmeno quando le cose sembrano degenerare e volgere a favore dei nemici.

“Ciao, Trunks!” Salutò Chichi “… stai diventando davvero grande!” Era da qualche mese che non lo vedeva.

“Grazie signora Chichi, lei è sempre molto gentile con me.” Fece una riverenza di cortesia.

“Quante volte ti ho detto di darmi del tu?” Chiese assottigliando gli occhi.

“Un’ altra ancora.” Sorrise lui, se c’era una cosa a cui teneva sua madre Bulma, era proprio l’educazione e Trunks sapeva bene di rivolgersi alle persone più grandi usando il lei.

Chichi gli scompigliò la chioma lilla sorridendo “Ora torno a casa” Mormorò voltando le spalle.

“Ah, aspetti.” La fermò Trunks prendendo una cosa dalla tasta della tuta “… tenga, mia madre mi ha detto di darle questo.” Le porse una scatolina bianca contenente un paio di capsule. “… in una c’è del cibo e nell’altra degli abiti e coperte.”

Chichi si commosse difronte a quel gesto, non riusciva ad ammetterlo, ma erano tutte cose che le servivano, ormai non aveva nemmeno più scampoli per rattoppare i vestiti, soprattutto quelli di Gohan, ridotti a brandelli dopo ogni incontro con quei dannatissimi cyborg, e la terra in quel periodo faceva fatica a dare i suoi frutti.

“Ringrazia tua madre da parte mia, mi rifarò appena potrò.”

“Sapeva che l’avreste detto e vuole che le riferisca che non è affatto necessario. Gli amici non si abbandonano.”

Se Chichi fosse rimasta ancora qualche minuto in compagnia di quel ragazzino e di suo figlio, sicuramente sarebbe scoppiata a piangere, ma si limitò a sorridere, ringraziare di nuovo e sparire nel bosco, lasciandoli da soli ad allenarsi.

Perché Gohan aveva deciso che Trunks ormai era pronto per affrontare quegli androidi, del resto, lui era più piccolo quando aveva intrapreso il viaggio per Nemecc e affrontato nemici non di certo alla sua portata.

Aveva paura? Si. Ma questo non gli impedì di tener testa all’esercito di Freezer.

Bulma era d’accordo sulla questione, anche se un po' titubante all’inizio, ma se Gohan aveva visto nel figlio del principe dei saiyan un forte potenziale, allora non gli restò altro che accettare di buon grado, con la consapevolezza che loro due avrebbero rappresentato la loro unica speranza.

*

Quel pomeriggio, Trunks, cercò in tutti i modi quella scintilla che gli permettesse di tingersi d’oro, proprio come riusciva Gohan.

“Devi scacciare le tenebre dal tuo cuore, Trunks” Gli suggerì in tono calmo mentre il lilla tentava di trasformarsi.

“E come faccio? Per arrabbiarmi sto pensando al male causato da quegli androidi!” Piagnucolò pestando i piedi.

“Quello è risentimento, che non ti porterà da nessuna parte… lo so, non è facile, ma vedrai che ci riuscirai.”

Trunks diminuì drasticamente la sua forza e strinse i pugni “Forse non sono poi così bravo!”

Gohan sospirò “Non dirlo nemmeno per scherzo. Nel tuo sangue scorre il sangue della stirpe nobile del nostro popolo saiyan, e non ti è concesso arrenderti.” Proprio le parole dal tono duro e severo che avrebbe di certo usato Vegeta in quella situazione, magari corredato da qualche schiaffo per farlo rinsavire e rimangiarsi quanto detto in precedenza.

“Non sono nemmeno capace di trasformarmi in super saiyan.” Digrignò i denti dalla rabbia, solo perché si sentiva un essere inutile, e sapeva bene che il suo maestro non aveva certo tempo da perdere con i buoni a nulla.

“Ci ho messo anch’io un po' di tempo… basta capire come fare, o meglio, devi trovare la scintilla da accendere… dentro il tuo cuore!” Gli portò una mano sulla spalla come ad infondergli coraggio e forza.

Gohan sapeva che la strada era ancora lunga e tortuosa, ma anche che Trunks era forte abbastanza per riuscirci in breve tempo.

“Non è così facile” Sospirò. Trunks le aveva provate tutte.

“Ci riuscirai… non devi arrenderti, Trunks. E nemmeno io lo farò.” Si accomodò accanto a lui osservando l’orizzonte. Davanti a loro, in lontananza una città distrutta, una delle tante. “… i nostri padri, i nostri amici più cari non vorrebbero che noi ci arrendessimo. Abbiamo ancora tante persone da proteggere, e sono sicuro che un giorno troveremo il punto debole di quegli androidi.”

Trunks asserì con il capo con convinzione.

Gohan sapeva sempre come infondergli coraggio.

“Alleniamoci ancora!” Disse alzandosi per mettersi in posizione d’attacco seguito dal suo maestro.

“Fatti sotto, pivellino!” Lo schernì muovendo le dita della mano verso di lui invitandolo ad attaccare.

Ma fu quanto Trunks scattò che un boato li sorprese entrambi, distraendoli e costringendoli a guardare verso quel rumore assordante.

In lontananza si erse una nuvola di fumo.

“Dannazione!” Imprecò Gohan a denti stretti “… sono ritornati” Erano settimane che i cyborg non attaccavano.

“Andiamo!” Fu la prima cosa che saltò in mente a Trunks spiccando il volo, ma venendo subito bloccato dal suo maestro.

“No, è troppo pericoloso. Non sei ancora pronto.” Gohan questa volta aveva una strana sensazione dentro le viscere e in cuor suo sapeva che sarebbe successo qualcosa di grave questa volta, doveva assolutamente convincere Trunks a non seguirlo per nessun motivo.

“Ma signor Gohan, mi sto allenando da tanto ormai.”

“L’ultima volta ti hanno lasciato in vita per poter giocare ancora con te, se ci eliminano non avranno più nessuno con cui farlo e loro avrebbero la scusa buona per far saltare in aria questo pianeta.”

“Vuole andare da solo??? NON TE LO PERMETTERO’!” Trunks aumentò la sua aura e Gohan pensò bene a calmarlo.

“No, non andremo, aspetteremo”

Quelle parole sorpresero Trunks, il quale spalancò gli occhi per lo stupore.

Gohan ritornò a sedersi e al suo adepto non restò altro che obbedire al maestro.

Trunks stava per dire qualcosa quando la vista si annebbiò di colpo e gli mancò l’aria improvvisamente.

Buio.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Buongiorno a tutti! Ed eccoci con la seconda parte dedicata al futuro da dove proviene Mirai Trunks, un salto temporale necessario, altrimenti avrei dovuto dedicare l’intera long a questo universo, non che mi sarebbe dispiaciuto, sia chiaro XD

Mi spiace non essere riuscita aggiornare la scorsa settimana, ma purtroppo non ne ho avuto il tempo a causa di impegni lavorativi, perdonatemi!!!!

Vi aspetto come sempre nel prossimo capitolo, e vi ringrazio davvero di cuore per le bellissime recensioni che mi lasciate ogni volta.

Un abbraccio, Erika

*

p.s. per chi volesse seguirmi anche su wattpad, vi lascio il link https://www.wattpad.com/user/LadyHeather83

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 14

*

Le dita affusolate di Bulma si muovevano frenetiche sopra i tasti della tastiera collegata ad un vecchio computer nel suo laboratorio sotterraneo, e lei aveva solo il tempo di sorseggiare rumorosamente dalla tazza di ceramica, sbeccata, ripiena di caffè posta al lato di essa. Freddo.

Ancora qualche minuto e la programmazione del suo ultimo progetto, che l’aveva tenuta sveglia e perennemente con il fiato sospeso negli ultimi anni, sarebbe stata ultimata.

Trunks entrò nel laboratorio quasi di soppiatto, poggiando sul primo tavolino libero un vassoio argentato dal riflesso ormai opaco, con del cibo povero racimolato qualche negozio chiuso e distrutto: una scatola di tonno con fagioli mezza arrugginita ed un sacchetto di grissini ben oltre la data di scadenza originaria, ma ancora commestibili.

“Posso lasciare qui, mamma?” Chiese il lilla facendola sussultare.

Dio… Mi hai spaventata, Trunks!” Sospirò per riprendere fiato portandosi una mano sul petto involontariamente.

“Scusami.”

“Tranquillo” Tirò le labbra per accennare ad un sorriso. “Lascia pure lì.” Bulma indicò con il mento dove mettere il tutto e ritornò subito dopo ad immergersi nel suo lavoro fatto di calcoli matematici di precisione e programmazioni lunghe ed esatte, non poteva permettersi di sbagliare, non ora che c’ era in ballo la vita di Trunks e di conseguenza della loro sopravvivenza.

Perché, se le cose fossero andate come sperava, nel loro futuro non ci sarebbero stati né morti e né distruzioni.

L’ultima grande perdita era stata qualche anno prima con Gohan.

Ancora ricordava la disperazione di Chichi, rimasta ormai sola. Senza una ragione per cui continuare ancora a vivere.

La corvina si era tolta la vita qualche mese dopo la scomparsa del figlio, era stato lo stesso Trunks a trovarla penzolare con la corda legata al collo proprio sotto l’albero dov’erano sepolti i corpi dei suoi due uomini.

Trunks le aveva scavato una fossa accanto a loro e piantato una croce sopra, dopo aver riversato sulla terra fresca le sue lacrime di disperazione più totale.

Gli piaceva intrattenersi con Chichi i pomeriggi soleggiati, le teneva compagnia mentre lei gli raccontava le avventure di Goku e dei suoi amici. Non sapeva molto di Vegeta, perché quell’uomo le incuteva sempre un senso di disagio, ma sapeva che era molto legato a suo marito, forse perché condividevano lo stesso pianeta natale.

Ora quegli aneddoti non li ascolterà più, e non vedrà mai più quel volto scavato dalla depressione.

Troppo forte il dolore da sopportare e la solitudine non ha proprio aiutato la sua anima fragile.

“Impedirò tutto questo… statene certi” Aveva mormorato prima di lasciare un bacio d’addio sulle tre croci e correre verso la via di casa.

Bulma non poteva permettersi di perdere nessun altro. Bulma non poteva permettersi di perdere anche Trunks.

*

“Dovresti fare una pausa, sono settimane che non ti riposi” Trunks iniziò a fare delle flessioni nell’angolo libero del laboratorio utilizzando solo il dito indice. Bulma lo aveva visto fare molte volte a Vegeta nel giardino di casa.

“I cyborg non si riposano mai!” Ammise non staccando gli occhi dal monitor, che continuava ad esaminare minuziosamente alla ricerca di qualche bug del sistema. Sembrava tutto in ordine e preciso. Come sempre. Del resto lei era un genio, e quell’ultima invenzione ne era la prova.

“Si, ma tu non sei una di loro.” Convenne lui, continuando a contare mentalmente.

Bulma si stava spazientendo, se stava in piedi notte e giorno era solo per permettere la realizzazione di un futuro più sereno e privo di qualsiasi tipo di dolore, e per evitare ad altri di dover patire le loro stesse pene.

“Per favore, Trunks. Lasciami lavorare, mi manca poco!” Girò la sedia girevole e continuò imperterrita con quello che stava facendo.

Trunks sognò ad occhi aperti “Wow! Tra un po' vedrò papà… non posso ancora crederci.”

Bulma sussultò, sperava di evitargli una simile delusione, Vegeta non era di certo un modello esemplare di padre.

“Se i miei calcoli sono esatti, e per la cronaca lo sono, incontrerai solo Goku e te ne andrai prima che gli altri arrivino sul posto.”

“Non è giusto, però.”

“Si che lo è. Non possiamo interferire troppo con il passato.”

“Però lo stiamo facendo!” Trunks indurì lo sguardo.

“E’ a fin di bene, dobbiamo solo impedire a Goku di morire, poi la storia farà il suo corso naturale.”

“Vuoi dire che Goku era più forte di papà?” Aggrottò le sopracciglia.

Bulma deglutì.

“Goku era un super saiyan, batterà quei cyborg senza problemi, tuo padre non era mai riuscito a diventarlo, però aveva coraggio da vendere, non si tirava mai indietro difronte ad una sfida. Avrebbe preferito morire piuttosto che andarsene con la coda tra le gambe come un codardo.”

“Anche Gohan era un super saiyan, e anch’io lo sono, eppure, non siamo riusciti a battere C17 e C18.”

“Per questo li avvertirai del loro arrivo, in modo che possano essere preparati.” Alzò un po' di più la voce facendo sussultare il suo stesso figlio.

Trunks era ben consapevole che sua madre aveva ragione e che quel viaggio nel passato sarebbe stato necessario, era la loro ultima spiaggia, la loro sola speranza.

Nonostante il figlio del principe dei saiyan fosse forte, non sarebbe mai e poi mai stato all’altezza di quei due androidi, non senza un allenamento adeguato.

Peccato che in quella realtà non era rimasto più nessuno che gli potesse insegnare qualcosa.

Non gli bastava fare qualche flessione o dare calci e pugni ad un sacco da boxe in una palestra dismessa, aveva la necessità di allenarsi in un luogo dove poter scatenare tutta la sua potenza, e soprattutto di imparare tecniche nuove.

Gohan aveva fatto del suo meglio, purtroppo non abbastanza per renderlo invincibile.

“Si, mamma.” Disse mestamente.

Bulma non poteva fare nient’altro per lui nonostante sapesse quanto ci teneva a conoscere suo padre, ma forse era meglio così, gli avrebbe risparmiato una delusione bella e buona.

Vegeta non aveva mai fatto accenno a volere Trunks, anzi, quando gli aveva comunicato di essere incinta se ne era uscito con una frase tipo “Non è un problema mio”facendole cadere tutto il mondo addosso e desiderare di interrompere la gravidanza al più presto.

Ma nonostante questo, Bulma si era rialzata e a testa alta aveva fatto nascere quel bambino e cercato di crescere come meglio poteva.

Infondo però, sapeva che Vegeta non avrebbe mai rinnegato suo figlio.

*

Bulma aveva terminato prima del previsto la programmazione della macchina del tempo, e chiamò Trunks per un check.

Il lilla con un balzo salì al suo interno e si posizionò sulla plancia di comando.

Non gli fu difficile ad una prima occhiata capire che cosa significavano quei pulsanti e quei sensori, del resto anche lui aveva collaborato alla sua realizzazione, procurando alla madre i pezzi che le servivano in vari laboratori di sua conoscenza, per la sua costruzione.

“Ci siamo!” Aveva esclamato lei accendendo il tablet dallo schermo crepato in alto a destra, ma nonostante questa pecca, ancora perfettamente funzionante.

“Funzionerà?” Chiese quasi in un sussurro.

Bulma lo guardò negli occhi con sguardo convincente “Ti ho mai deluso?”

Trunks si sentì ad un tratto stupido, ma un’esitazione era più che lecita da parte sua, abituato ad un mondo dove tutte le cose vanno sempre male.

“Mai.” Scosse il capo ricacciando indietro il velo di lacrime che gli stavano annebbiando la vista.

Era pur sempre il figlio del principe dei saiyan e come tale, non gli era permesso piangere, anche perché Trunks, le aveva versate l’ultima volta che aveva seppellito Chichi.

“Cominciamo, allora.”

Bulma collegò un cavo usb dalla consolle di comando al suo apparecchio per eseguire dettagliatamente una diagnostica del sistema.

Controllò minuziosamente sotto la guida infallibile di suo figlio per filo e per segno il funzionamento di ogni circuito.

Tutto era in ordine e senza alcuna pecca.

Trunks avrebbe fatto un viaggio di andata e ritorno in tutta sicurezza.

Il suo cuore stava sussultando perché finalmente quei cyborg avrebbero fatto la fine che si meritavano, ovvero essere ridotti ad un cumulo di rottami, e terminare così l’era di quel pazzo del dott. Gero.

Le mani di Trunks tremavano al sol pensiero di compiere quell’impresa.

Avrebbe visto per la prima volta suo padre, ne era certo, nonostante sua madre gli avesse detto che questo non sarebbe stato in alcun modo possibile perché aveva fatto bene i calcoli, l’unico che avrebbe incontrato sarebbe stato Goku subito dopo l’atterraggio di Re Cold e Freezer.

E a lui, solo a lui avrebbe raccontato tutto, modificando così volontariamente il corso naturale degli eventi.

“Mi raccomando, Trunks. Nessuno deve sapere chi sei, lo dirai solo a Goku. E’ importante.”

“Come faccio a capire che mi potrò fidare di lui? Cioè, insomma, non è più facile andare da papà o dalla te del passato e dirle tutto?”

“NO! Se raccontassi tutto a me o a tuo padre potresti non nascere più. Non so come potrei reagire al fatto che ho avuto un figlio con Vegeta, ti ricordo che sto con Yamcha quando tornerai nel passato.”

Trunks era un ragazzo molto intelligente e non servivano altre spiegazioni da parte di sua madre, sapeva bene anche lui che rivelare troppo del futuro potrebbe avere conseguenze disastrose, ma il desiderio di vedere per la prima volta Vegeta, parlargli, scoprire che tipo era, gli stava logorando il cuore.

Ma il sé stesso più piccolo potrà saperlo solo grazie al suo intervento.

“Farò come dici tu, mamma. Vedrai che non ti deluderò!”

“Non potresti mai farlo.” Lo abbracciò d’istinto “… forza, andiamo a dormire. Domani sarà una giornata importante ed impegnativa.” Gli disse spegnendo la luce del laboratorio.

*

Trunks non chiuse occhio quella notte, un po’ per l’eccitazione del viaggio che avrebbe compiuto l’indomani e un po’ per la preoccupazione che tutto potesse andare bene.

Non c’era stata la possibilità di procedere con il collaudo della macchina del tempo, ma Bulma pareva molto sicura del suo lavoro.

E se lo era lei, anche Trunks non dubitava di ciò. Non gli sarebbe accaduto nulla.

Nonostante questa consapevolezza però, lo spettro che potesse accadere qualcosa, un qualsiasi imprevisto che non gli permettesse di raggiungere il suo obiettivo, aleggiava nel suo cuore.

Solo la speranza per creare un domani migliore non lo faceva desistere dal compiere quell’impresa.

Speranza!

D’un tratto Trunks scostò le coperte che ricoprivano il suo corpo e si diresse in punta di piedi all’interno del laboratorio, non prima aver gettato uno sguardo amorevole nel giaciglio dove sua madre riposava beatamente. Ma era comunque sicuro che i suoi sogni non erano fatti di arcobaleni e unicorni, ma neri come la pece. E questo lo poteva capire dai suoi occhi che si increspavano.

“Andrà tutto bene, mamma. Te lo prometto”

Trunks prese un pennarello nero ed incise a caratteri cubitali in una delle gambe che tenevano in piedi la struttura di quell’invenzione la parola “HOPE”.

Mentre la scriveva, nella mente di Trunks si susseguirono le immagini dei volti delle persone che non aveva mai potuto conoscere e che gli erano state strappate via prematuramente.

“Mamma, papà, Gohan, Chichi, Goku, Yamcha, Tensing, Riff, Crilin, Genio… lo faccio per voi, perché possiate vivere il futuro che meritate. Abbiate speranza. Sto arrivando.”

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice:Buongiorno a tutti e buon inizio settimana, che inizia con la fine dei tre capitoli dedicati al futuro da cui proviene Trunks, e come avrete già intuito, nel prossimo tonerà Goku.

So che molti di voi attendono il momento in cui Goku, se ne ricorderà, porgerà i fiori alla sua amata Chichi, ma vi anticipo che dovrete pazientare ancora un’altra settimana, sorry.

Come sempre ringrazio per il sostegno che mi date ogni volta e non smetterò mai di dirvelo, e se avete piacere, potete seguirmi sul fandom di Miraculous Lady Bug.

Un abbraccio, Erika

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 15

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Bulma si stiracchiò e sbadigliò sonoramente.

Era una calda e bella domenica di metà maggio, e lei ne stava approfittando prendendo il sole comodamente sdraiata sullo sdraio del suo terrazzino.

Yamcha accanto a lei a torso nudo faceva lo stesso.

Vegeta invece effettuava degli esercizi di riscaldamento all’aria aperta, a lui non importava di certo se era una qualche giornata di festa in particolare, ogni istante era ottimo pretesto per allenarsi.

Di solito il saiyan durante la giornata spariva, per poi ricomparire magicamente prima che il sole calasse del tutto. Non era sua abitudine cenare con tutto il resto della famiglia, anche se l’oca bionda insisteva sempre se lo incrociava il suo cammino.

“Portami la cena in camera mia.” Le ordinava con i suoi modi ributtanti e vili.

Lei cinguettava ed annuiva sempre in maniera contenta, perché la sua sola presenza le metteva serenità, cosa invece non nota all’attuale fidanzato di sua figlia.

“Non so come tu faccia a stare tranquilla sapendo che quell’assassino dorme sotto il nostro stesso tetto.” Lo spilungone sorseggiò dalla cannuccia del suo bicchiere l’aranciata che la futura suocera gli aveva appena portato “… potrebbe ucciderci nel sonno, o peggio ancora far saltare in aria la città con un sol schiocco di dita.” Rabbrivvidì al sol pensiero.

Bulma gli volse uno sguardo in cagnesco, non amava particolarmente quando qualcuno la contradiceva o giudicava le sue scelte.

“Ecco, hai detto bene: potrebbe. Ma non lo ha ancora fatto.” Rispose in tono saccente ed altezzoso, era sicura che Vegeta non avrebbe creato problemi né a loro e né al resto del mondo.

“Tu non sai che cosa passa nella mente di quel mercenario senza scrupoli.” Continuò lui inorridendo per un senso di disagio che gli attraversò il corpo.

Ripensare a quando era stato fatto fuori senza pietà per mano sua, o meglio per i saibaim lo inquietava ancora adesso.

“Se è per questo nemmeno tu.” Ribadì togliendosi gli enormi occhiali da sole dal volto per portarseli sopra i capelli evitando così la classica abbronzatura stile panda.

“Si che lo so… è un assassino Bulma. Quante volte te lo devo ripetere?” Yamcha provò in tutti i modi a farglielo capire alla sua ragazza che il fatto che Vegeta si trovasse in quel pianeta e soprattutto sotto lo stesso tetto lo metteva a disagio, ma sembrava che a lei non importasse poi molto di quello che provava.

“E io quante volte te lo devo ripetere che non oserà torcerci un capello?”

Yamcha preferì alzarsi e andarsene di lì piuttosto che continuare con quell’inutile conversazione, sapeva che avrebbe perso in partenza perché conosceva bene la testardaggine di Bulma.

Prima di entrare in casa, il cuore di Yamcha iniziò a battere forte e sembrava volergli uscire dal petto, costringendolo ad arrestare il suo passo incessante.

Guardò in alto, oltre il cielo, non vide nulla oltre che l’azzurro infinito.

“E ora che c’è?” Berciò Bulma infastidita credendo che il motivo fosse tornare indietro e continuare la conversazione spiacevole.

Yamcha volse lo sguardo in basso verso Vegeta.

Anche lui si trovava nella medesima posizione, ma sembrava essere più preoccupato rispetto al terrestre.

Digrignava i denti e stringeva i pugni con grande forza.

“Non è possibile…” Mormorò a mezze labbra lasciandosi cadere sulle ginocchia.

Yamcha lo raggiunse con un balzo, non per soccorrerlo, ma per trovare certezza in una sua ipotesi: quella che sentiva era l’aura di Freezer, ma non aveva ben individuato l’altra.

Lo spilungone non fece tempo a proferire parola che la madre di Bulma arrivò in giardino con il telefono in mano per porgerlo al genero.

“E’ Crilin!” Aveva esordito cinguettando per poi ritornare ad occuparsi dei suoi amati fiori in giardino, anche se l’occhio cadeva sempre sul petto muscoloso del saiyan.

Yamcha prese la cornetta con decisone.

“Pronto?”

“L’hai sentita anche tu?”

“Si, è terrificante… e a giudicare dall’espressione di Vegeta, la cosa sembra seria.” Yamcha vedeva i tratti del suo volto contrarsi e una goccia di sudore solcargli il volto.

“Non capisco chi ci sia con lui, sembra più forte…”

“E’ Re Cold, suo padre.” Rispose Vegeta udendo quella domanda metallica.

Yamcha sbiancò pensando che presto avrebbe rivisto Re Kaioh.

Se Freezer e suo padre si stavano dirigendo verso il pianeta Terra, per loro non c’era scampo.

Vegeta continuava a digrignare i denti dalla rabbia, quell’idiota di Kakaroth non lo aveva ucciso. Lo sapeva che non ne avrebbe avuto il coraggio. Al diavolo il suo animo buono e gentile che risparmiava tutti.

Se ripensava che anche a lui aveva riservato lo stesso trattamento gli veniva il nervoso, costretto ad una ritirata come un verme strisciante. E lui odiava le cose che strisciano.

Che fare ora? Il principe dei saiyan sapeva bene che entrambi non erano nemici alla sua portata, ma tirarsi indietro non era per niente contemplato nel suo DNA.

Avrebbe affrontato il nemico e il destino a testa alta, come sempre e se ne sarebbe andato con dignità.

“Scusami, Yamcha, ho una chiamata sotto. Ci sentiamo.” Crilin troncò quella conversazione lasciando il terrestre attonito e altamente spaventato.

“Fai bene a tremare… lo farei anch’io se avessi il tuo livello combattivo!” Lo schernì Vegeta con sicurezza e fierezza.

“Guarda che siamo sulla stessa barca, lo sai questo?” Nemmeno Yamcha seppe da dove avesse preso il coraggio per dirgli quelle cose, forse perché sentiva lo sguardo di Bulma puntato su di lui, oppure perché tanto sapeva che se non veniva ucciso da Vegeta, sarebbe stato ucciso da Freezer. Il suo destino in ogni caso era segnato, tanto valeva farsi vedere bello agli occhi della fidanzata.

A Vegeta iniziò a pulsare una tempia sulla testa dal nervoso “Come osi rivolgerti a me con quel tono, inutile insetto?” Gli alitò sul volto.

“Guarda che sei in casa mia, dovresti essere grato a Bulma per averti permesso di rimanere… principe del niente!” Balbettava e sudava freddo.

“C-che cosa?” Negli occhi di Vegeta non trasparì alcun sentimento positivo, anzi, le pupille si dilatarono ancora al massimo rendendo i suoi occhi ancora più lugubri.

Il principe avanzò di qualche passo facendo arretrare Yamcha e farlo cadere col sedere a terra.

Tsk… lo immaginavo… non riesci nemmeno a stare in piedi, dovresti solo vergognarti.” Gli disse con disprezzo.

“Sono inciampato” Rispose alzandosi sicuro di sé.

“Non è questo il momento di litigare!” Intervenne Bulma mettendosi nel mezzo, spingendo Vegeta in un angolo e Yamcha dall’altro “… ci sono altri problemi più gravi. Se questi maniaci della guerra si stanno avvicinando alla Terra è probabile che l’attaccheranno, e noi dobbiamo difenderla.”

Vegeta scoppiò in una fragorosa risata che echeggiò per tutto il giardino, facendo chiedere alla madre di Bulma che cosa l’avesse scatenata.

“E sentiamo, che cosa suggerisci di fare?” Chiese curioso Vegeta.

“Per prima cosa sarebbe da capire dove atterreranno.”

“Penso tra le montagne, se ho fatto bene i calcoli.” Rispose il principe.

Yamcha convenne con lui.

“Allora andremo lì!” Disse Bulma con determinazione.

“Andremo?” Domandò interrogativo Yamcha.

“Si, verrò anch’io! Non ho mai visto Freezer, nemmeno quando eravamo su Namecc e sono curiosa di conoscere il suo aspetto.”

Vegeta sogghignò, quella terrestre aveva coraggio da vedere, oppure era semplicemente stupida, non lo aveva ancora capito bene.

“Tu sei tutta matta!”

“NON DARMI DELLA PAZZA! Ho tutte le ragioni di questo mondo di venire con voi” Inveì contro il suo fidanzato.

Yamcha sapeva bene che se la sua ragazza si metteva in testa qualcosa difficilmente se lo toglieva o desisteva, quindi la cosa più saggia da fare era quella di prenderla in braccio e portarla con loro.

Non era stupida, e se la situazione si fosse fatta seria, avrebbe abbandonato lei stessa il luogo dell’atterraggio.

Vegeta continuava a guardare quella terrestre di sottecchi, trovandola un esemplare di femmina terrestre alquanto interessante.

*

Entrambi gli interlocutori ricordavano bene quell’aura malvagia e potente, e nessuno dei due aveva vergogna a far trasparire il disagio e la preoccupazione dai loro toni tremolanti.

“E’ tornato!” Aveva esordito Crilin quando aveva sentito la voce di Gohan dall’altra parte del telefono.

Nessun ciao o come stai, sapeva che non si sarebbe offeso, anzi, quegli inutili convenevoli avrebbero fatto perdere solo del tempo prezioso anche a lui.

“Lo so… com’è possibile?”

“Non ne ho idea… però so per certo che è lui.”

“Questa volta non è solo, e la sua aura è molto potente.”

Gohan deglutì non sapendo che cosa fare di concreto, non c’era nessuno sul pianeta Terra in grado di tener testa a Freezer, figuriamoci a quell’altra accanto a lui ancora più notevole.

“Senti…” Balbettò Crilin “… io vado lì ad aspettarlo.” Se quella doveva essere la sua fine, allora avrebbe fatto una grande fine.

“Vengo anch’io!” Lo disse senza pensare e soprattutto senza avvisare sua madre, ma Chichi aveva le orecchie lunghe e non ci mise molto ad entrare in camera di Gohan ed attaccarsi alla sua gamba per trascinarlo in casa per evitargli la fuga dalla finestra.

“Mamma, lasciami. Devo andare!” Cercò di divincolarsi come meglio poteva ed usando soprattutto pochissima forza per non ferirla.

“No, devi studiare!” Insistette lei.

“Se Freezer attaccherà la Terra sarà inutile restare con il naso dentro i libri.”

“Tu diventerai uno studioso e non un maniaco della guerra come lo era tuo padre.” Chichi sembrava far orecchie da mercante.

“NO!” Disse con convinzione puntando i piedi sul pavimento “… ora mi ascolti! Non diventerò mai e poi mai uno studioso finchè non ci sarà pace sulla Terra. Se arriverà un nemico io sarò lì in prima fila a combattere. Devo proteggere te e tutta la popolazione.”

“Ci penseranno alt..

“No” L’interruppe “… io sono forte e ora andrò a dare una mano. E tu, non me lo impedirai.” Gohan fece lo sguardo duro e senza dare il tempo a sua madre di replicare uscì dalla finestra e volò fino al luogo prestabilito per l’incontro lasciando sola la donna a piangersi addosso.

*

Tutti i guerrieri Z arrivarono quasi in contemporanea su quel promontorio, e quasi tutti si meravigliarono per la presenza di Bulma, ma ancora di più per quella di Vegeta.

Solo Crilin era a conoscenza del suo ritorno improvviso, gli altri si limitarono a lanciargli occhiate interrogative tenendosi a debita distanza, come se il nemico fosse ancora una volta lui.

Vegeta d’altro canto si sentiva quegli sguardi addosso come fossero coltelli pronti per infilzarlo, ma non diede molto peso alla cosa, in quanto era abituato ad essere osservato e squadrato, anzi, questa situazione rimpolpava di più il suo ego smisurato.

“ARRIVANOOOO!!” Aveva urlato quando sentì molte auree deboli avvicinarsi, seguiti poi dalla navicella di Freezer e Re Cold, tutti si nascosero tremando di paura dietro le rocce acuminate.

“Che facciamo ora?” Chiese sussurrando Gohan a Junior.

Non lo sapeva nemmeno lui, avrebbero potuto battere gli scagnozzi, ma non quelli più forti, neppure se avessero unito le forze tutti insieme.

La situazione era seriamente pericolosa e più i minuti passavano e più cresceva nei guerrieri la consapevolezza che non avrebbero mai vinto quella battaglia.

“Io vado!” Aveva detto Tensing con estremo coraggio alzandosi.

“Sei pazzo? Cosa credi di fare?” Gli domandò Yamcha ancora sconvolto, era tornato da poco dall’al di là e l’ultima cosa che voleva era ritornarci.

“Non lo so, ma sarà sempre meglio che stare qui con le mani in mano aspettando la nostra fine.”

Bulma rabbrividì a quelle parole, non era pronta nemmeno lei a lasciare la sua vita terrena, non prima di essersi sposata e aver avuto dei figli. Immaginava di morire di vecchiaia nel suo letto di casa attorniata dalla sua famiglia.

“Verrai ucciso appena vedranno la tua zucca pelata” Disse Vegeta con riluttanza.

Tensing si sentì profondamente offeso, non per l’espressione zucca pelata, ma perché era stata appena messa in discussione il suo coraggio, e lui ne aveva da vendere.

“Sempre meglio di starsene qui a non fare nulla.”

Tensing stava per muoversi quando in lontananza vide alcuni riflessi sferzare l’azzurro cielo e quelli che sembravano dei pezzi di carne, cadere a terra.

*

Continua

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 16

*

Gli addii non erano mai stati il suo forte, anzi, se fosse dipeso da lui un saluto con la mano alzata prima di entrare nella monoposto sarebbe stato più che sufficiente, non era affatto abituato ad inutili convenevoli. Un po' anche per ingenuità e non per ignoranza.

Però doveva rimanere ancorato ancora per un po' alle tradizioni di quell’assurdo pianeta dove aveva trascorso circa un anno dall’esplosione del pianeta Namecc, e dopo il banchetto di addio dove era stata servita ogni tipo di leccornia tipica di quella terra aliena, Goku era finalmente pronto a lasciarsi alle spalle per sempre Yardrat.

Aveva imparato molto da loro, e non solo parlando in termini di tecniche da combattimento, ma aveva anche appreso l’arte del cucito che gli permise così di rammendare la sua amata tuta arancione.

Goku aveva provato a spiegare molte volte alle donne del paese che quel capo andava sistemato e rimesso a nuovo, ma ogni volta interveniva Juth, dicendogli che se la sua intenzione era quella di imparare la tecnica del teletrasporto, il cucito era un ottimo modo per iniziare.

Ancora oggi Goku non ne capiva il nesso. Forse perché fin dall’inizio si era preso gioco di lui, pensò. Quasi sicuramente. No, giunti a questo punto ne era più che certo, ma non gli importava poi molto.

Juth in realtà voleva fargli passare solo la paura degli aghi. Ci era riuscito? E chi può dirlo, quello di cui poteva essere sicuro era che Goku non tremava più come una foglia come le prime volte, ora andava sicuro e deciso ad ogni ricamo.

Ovviamente, Juth aveva fatto sistemare il disastro che aveva combinato dalle donne yardratiane, prima che il saiyan si ritrovasse con degli abiti inutilizzabili.

In ogni caso, gli aveva donato delle vesti tipiche di quel luogo e Goku le aveva accettato con grande piacere, indossandole anche all’istante.

Juth porse la mano al suo strampalato ospite in segno di saluto, Goku contraccambiò con mestizia. Gli dispiaceva andarsene, ma quella casa non gli apparteneva, ed in più aveva nostalgia della sua di terra e non vedeva l’ora di abbracciare moglie e figlio.

Chissà com’era cresciuto e diventato forte Gohan in quell’ultimo periodo.

“Grazie di tutto, amico mio, è stato un grandissimo piacere conoscerti e conoscervi”

“Il piacere è stato nostro, ci hai aiutato parecchie volte con quei predoni, e credo che non si faranno più rivedere.” Convenne lui tenendo ancora la mano di Goku stretta alla sua.

“Lo spero per voi” Mormorò “… in caso contrario, sapete come difendervi!” Ammiccò.

“Certo, e tutto grazie a te.”

“Non devi ringraziarmi, è stato il minimo che potessi fare!”

“Comunque… sai che puoi ritornare quando vorrai, magari con la tua famiglia, così finalmente conoscerò questa Chichi di cui hai paura”

Goku inarcò un sopracciglio “Ma… ma io non ho paura di mia moglie… è solo che…”

“E’ solo che?...” Lo invitò a continuare.

“Sarà come sempre in collera con me!” Sospirò alzando gli occhi al cielo non capendo perché sua moglie se la doveva prendere così tanto.

“E tu portale dei fiori… tieni!” Juth prese da dietro la schiena un mazzo di boccioli provenienti dal suo giardino, molto simili a rose, solo di colore blu e che profumavano di lavanda.

A Goku si illuminarono gli occhi, erano bellissime e Chichi avrebbe sicuramente gradito tale dono; prese il mazzo di fiori e lo portò all’interno della monoposto con l’intento di partire, ma prima di farlo, volse prima un ultimo sguardo malinconico a quegli abitanti, molti di loro stavano piangendo, soprattutto i più piccoli, da ora in poi il loro giocattolo preferito non lo avrebbero più visto.

Perché nonostante la sua età, Goku teneva il cuore innocente di un bambino.

“Arrivederci, amici miei!”

Gli yardratiani videro la navicella del loro ospite sorvolare il cielo violaceo, per poi sparire oltre la coltre di nuvole, fino a raggiungere lo spazio più infinito.

Nella fretta di partire, Goku non si accorse minimamente di essersi seduto sopra il dono per la sua Chichi, ma fu quando una spina si conficcò nel gluteo destro che egli sussultò e tremò dal dolore.

Urlò.

Non poteva muoversi o aumentare l’aura a dismisura, altrimenti la navicella sarebbe scoppiata in tanti piccoli pezzettini facendolo capitombolare fuori dall’abitacolo e vagare nello spazio infinito nell’attesa di perire.

Si limitò a piagnucolare mentre estraeva con difficoltà quell’aculeo appuntito.

*

Goku si stava ancora massaggiando il gluteo dolorante quando sentì un enorme aura avvicinarsi alla sua monoposto.

Anzi, le presenze che percepivano erano due. Una gli sembrava di conoscerla, anche se si stava chiedendo come fosse possibile, l’altra leggermente più debole non aveva la più pallida idea a chi potesse appartenere. All’interno di quell’abitacolo ne sentiva altre, ma molto più fievole ed insignificanti.

Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, ma fu quando lo sorpassarono a grande velocità che i suoi dubbi divennero certezze: quella era la navicella di Freezer con lui all’interno.

Doveva essere sopravvissuto in qualche maniera all’esplosione del pianeta Namecc nonostante avesse ricevuto ingenti danni alla sua persona, probabilmente era stato grazie all’energia donata generosamente da Goku che si era potuto salvare in qualche maniera.

“Dannazione!” Digrignò i denti.

Il saiyan vide la navicella allontanarsi in maniera spropositata e solo dopo pochi istanti realizzò che si stavano dirigendo verso il pianeta Terra, poi sparì davanti ai suoi occhi, dovevano aver realizzato un salto iperspaziale per arrivare prima.

“Mannaggia!” Goku schiacciò un po' di pulsanti per attivare anche lui il portale così da seguirli, ma si era appena ricordato di un piccolo particolare, gli yardratiani non possedevano la tecnologia necessaria per riparare il comando, però, lui fruiva un’abilità particolare, che pochi al mondo conoscevano: la tecnica del teletrasporto.

Goku controllò sulla consolle di comando il tempo stimato per l’atterraggio sulla Terra e storse il naso quando realizzò che mancavano all’incirca tre ore.

“Non arriverò mai in tempo, meglio usare una piccola scorciatoia” Il saiyan si portò due dita sulla tempia destra e concentrò al massimo la sua mente seguendo quelle potenti auree.

Aprì gli occhi di scatto non capendo che cosa stesse succedendo, oltre all’aura potentissima di Freezer e quell’altra malvagia, ce n’era un’altra, potente, buona e sconosciuta.

“Wow… i ragazzi sono diventati davvero forti in questo mio periodo di assenza!” Gonfiò il petto in segno di orgoglio, poi incrociò le braccia al petto e chiuse gli occhi, forse avrebbe fatto bene a riposare un po' visto che la Terra non correva alcun pericolo.

*

Quelle scie luminose si videro per ancora per qualche minuto nel cielo alto.

C’era chi come Gohan, Vegeta e Junior riuscivano a distinguerle bene e a vedere in lontananza un guerriero dotato di spada che affettava quelle vittime sacrificali.

Il restante invece, non percepivano altro che una forte aura.

“Non vedo niente!” Mormorò Bulma portandosi una mano in orizzontale all’altezza degli occhi, credendo fosse colpa del riflesso del sole che si trovava alto nel cielo, il motivo per cui non riusciva a vedere nulla.

“Se è per questo nemmeno noi.” Le rispose Yamcha.

“Beh! Allora avvinciamoci!” Incalzò lei indispettita.

“Non sarebbe saggio farlo.” Li zittì Junior con l’approvazione silenziosa di Vegeta.

“Solo perché voi riuscite a distinguere bene, io invece non vedo niente!” Piagnucolò puntando i piedi l’azzurra.

“Nessuno ti ha invitata!” Convenne Vegeta con ovvietà ritornando a godersi lo scontro e la sconfitta da parte dell’esercito di Freezer con somma rabbia nel cuore, perché quello che doveva posare la sua mano distruttrice era lui e nessun altro, invece ancora una volta era stato superato e messo in un gradino inferiore. E quello che è peggio è che non sapeva nemmeno da chi.

Doveva avvicinarsi e guardarlo meglio negli occhi.

Il più gettonato era Kakaroth, ma Vegeta era strasicuro che non si poteva trattare di lui, l’aura era sì, tipica di un saiyan, ma qualcosa non tornava. Kakaroth non si sarebbe servito di una spada o di una qualsiasi arma.

Yamcha digrignò i denti “Non ti rivolgere a lei in quella maniera” Il mollusco gonfiò il petto mettendosi davanti alla fidanzata, in cambio ottenne uno sguardo ancora più intimidatorio da parte di Vegeta che si avvicinò lentamente a lui.

“Sennò che fai?” Gli alitò sul volto facendogli diventare le ginocchia di gelatina.

Il cuore dello spilungone gli galoppò nel petto e per una frazione di secondo temette di morire all’istante per mano del saiyan… tanto se non ci avrebbe pensato lui, sarebbe morto comunque per mano degli invasori.

Quindi se doveva decidere sul come, preferì di gran lunga mentre difendeva la fidanzata piuttosto che come un vile codardo.

“Basta, voi due!” Intervenne Tensing a placare gli animi.

Vegeta pensò che non valeva la pena sporcarsi le mani con del letame e ritornò lentamente al suo posto di guardia.

“Io vado a vedere!” Disse poi il principe di tutti i saiyan.

“Vengo con te!” Lo seguì Junior tra gli anfratti della montagna, vendo poi raggiunti da tutti gli altri curiosi.

Si fermarono poco dopo su un promontorio da dove potevano godere di una vista migliore e Vegeta spalancò gli occhi dallo stupore quando vide quello strano ragazzo trasformarsi davanti a lui in super saiyan e con una facilità impressionante affettare e disintegrare il corpo di Freezer in una frazione di secondo.

Impallidì, venendo assalito da mille domande e perdendo per un attimo la fiducia in sé stesso. Chi era quel ragazzo? Era chiaro non fosse un saiyan… e allora perché possedeva tutte le abilità di un abitante del pianeta Vegeta-sej? Che fosse il figlio di qualcuno che era riuscito a scampare miracolosamente all’esplosione del pianeta?

Vegeta digrignò i denti dalla rabbia, che presto si trasformò in collera non appena anche Re Cold seguì suo figlio Freezer nell’al di là.

Il ragazzo misterioso di asciugò la fronte con l’avambraccio, faceva caldo e l’aria afosa del deserto non aiutava.

*

Trunks si guardò attorno venendo assalito da una strana sensazione di malinconia.

“Allora è questo il passato” Mormorò a mezze labbra.

E in ogni caso si stava chiedendo dove diavolo fosse Goku.

Sua madre gli aveva dato istruzioni precise ed era sicura che nell’esatto momento lui sarebbe approdato nel passato, anche Goku avrebbe fatto lo stesso, in quanto sarebbe dovuto arrivare in contemporanea con Freezer e Re Cold.

“Forse è colpa mia, avrò cambiato involontariamente il passato… mannaggia!” Proprio quello che doveva evitare di fare.

Ma c’era un’altra cosa che non era in programma, ovvero incontrare gli altri, le persone sotto di lui che lo stavano guardando con aria interrogativa.

Deglutì. “Non doveva andare così, dove ho sbagliato?” Trunks controllò il palmare agganciato all’avambraccio e gli stava segnalando l’arrivo della navicella di Goku tra tre ore precise.

Quello che doveva fare, era attendere il suo ritorno con gli altri, perché sapeva già che avrebbe dovuto rispondere ad alcune domande, forse scomode.

“Ehi! Voi!” Si rivolse a loro, non li conosceva, però tra quel gruppo riconobbe indistintamente sua madre Bulma, il piccolo Gohan e suo padre Vegeta.

Quest’ultimo lo aveva visto solo una volta in una foto andata ormai perduta, ma il suo volto era ben impresso nella mente.

Trunks si sentì un attimo smarrito e la voglia di abbracciare tutti stava avendo il sopravvento, ma un brandello di lucidità lo fece rinsavire ed evitargli di commettere un errore, li si che sarebbe stato fottuto.

“Sto andando ad accogliere Goku. Seguitemi!” Il ragazzo spiccò il volo facendo segno della direzione da prendere.

“Ma chi è?” Qualcuno chiese storcendo il naso.

“Possiamo fidarci di lui?”

“Potrebbe essere una trappola.”

“Non conosciamo nemmeno le sue intenzioni!”

“A me basta sapere che conosce Goku e che ha fatto fuori Freezer e suo padre.” Tensing seguì il ragazzo misterioso, e dopo di lui tutti gli altri.

Forse quello più curioso, infondo, era proprio Vegeta, l’unico a vedere quella situazione strana e nebulosa.

Lo avrebbe fatto parlare con ogni mezzo se era necessario.

Fu l’ultimo ad alzarsi in volo per saziare la sua sete di curiosità.

*

Continua

*

Angolo dell’Autrice: Ciao a tutti! E come di consueto buon inizio settimana, devo essere sincera credevo che non sarei stata in grado di pubblicare, in quanto questo capitolo è stato difficile da scrivere, un po' come tutti gli altri, ma questo in particolare.

Come al solito vi chiedo di lasciarmi un vostro parere sincero e vi ringrazio fin da ora per il vostro supporto.

 

Un abbraccio, Erika

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 17

*

L’aria calda del deserto gli sferzava la faccia mentre si apprestava a raggiungere le coordinate indicate con estrema precisione da sua madre.

Il posto dove tra sole tre ore sarebbe atterrato Goku era vicino, e quando il palmare iniziò a trillare, Trunks, iniziò la manovra di atterraggio seguito da tutto il resto del gruppo.

Il cuore gli batteva forte nel petto, non in quanto avrebbe finalmente conosciuto il famigerato Goku, il paladino della giustizia, colui che se salvato avrebbe sconfitto quei maledetti cyborg assicurando un futuro più sereno a quella linea temporale, ma perché poco più indietro c’era suo padre che continuava a scrutarlo e a lanciargli occhiate che avevano bisogno di soddisfare la sua sete di sapere.

Una volta sceso, il lilla controllò che la boccetta contenuta nella tasca del suo giubbetto di jeans non si fosse rotta durante il combattimento di pocanzi.

Intatta.

Trunks tirò un sospiro di sollievo, sarebbe stato un disastro se si fosse infranta accidentalmente, rendendo così inutile quel viaggio nel tempo.

Tutti erano curiosi verso quel misterioso ragazzo, gli rivolgevano alcune domande, molte delle quali purtroppo dovevano rimanere senza risposta per ovvie ragioni.

“Wow, il simbolo della mia azienda, sei per caso uno dei nostri dipendenti?”

L’ interesse della sua giovane madre lo fece impalare come un gatto di sale, ma del resto Bulma era sempre stata una ragazza sveglia e notare certe cose le veniva normale, soprattutto se si trattava della sua azienda, quel simbolo lo avrebbe riconosciuto tra mille.

Trunks rispose molto vagamente e sembrava che il genitore l’avesse bevuta, proprio come stava trangugiando quella bibita fresca che le offrì.

Chi invece non la smetteva di togliergli gli occhi di dosso era un irritato Vegeta, desideroso di sapere tutto su di lui.

Prima tra tutti perché possiede la forza di un saiyan.

Se ne stava in disparte con le braccia incrociate al petto, ma con lo sguardo ben puntato su quel misterioso ragazzo.

“Noi saiyan abbiamo i capelli neri!” Non doveva essere uno della sua razza perché non possedeva quel tratto distintivo, almeno che il padre o la madre non avessero mescolato il loro sangue puro con qualche altro alieno, allora la cosa si spiegherebbe. Ci aveva anche azzeccato il principe, ma questa cosa non doveva saperla.

Trunks si morse il labbro inferiore, avrebbe voluto corrergli incontro e urlare a squarciagola che era suo figlio e che trovarsi davanti a lui era un grande onore e privilegio, oltre che un piacere.

Ma Trunks dovette buttare giù un po' di saliva mista a polvere per togliersi di dosso quel desiderio e farlo scivolare subito via, non poteva essere scoperto e non poteva rischiare di rivelare di più del dovuto, altrimenti la sua esistenza sarebbe stata messa in discussione.

Trunks non rispose a quella provocazione, si limitò solo a volgergli un sorriso accennato per poi accomodarsi sopra una roccia per attendere l’arrivo di Goku insieme agli altri.

*

Il sole era alto e cocente, e l’attesa divenne presto un’agonia, soprattutto per Bulma, la quale tollerava meno degli altri il caldo torrido.

“Quanto è passato?” Domandò a Crilin vicino a lei.

Mmm… forse mezz’ora!” Rispose con superficialità il pelato.

“Uffa… non ho nemmeno portato con me la crema solare.” Sbuffò sonoramente guardandosi attorno alla ricerca del fidanzato per chiedergli se andava a casa a prenderla, e dato che c’era anche uno sdraio, quella roccia dura e irta era molto scomoda per i suoi gusti.

Erano usciti così di corsa che Bulma non aveva avuto modo di portare con sé qualche capsula di emergenza.

Il suo sguardo però si posò immediatamente sul ragazzo misterioso e su quello che stava facendo, niente di male in realtà, ma continuava a fissare Vegeta in maniera ossessiva, notando il suo disagio.

“Ehi!” Diede una gomitata al pelato destandolo dai suoi pensieri ancora una volta.

“Che c’è ora?” Domandò quasi irritato.

“Non credi si assomiglino?”

“Chi?”

“Quel bellissimo ragazzo e Vegeta… soprattutto per l’aria che hanno”

Crilin inarcò un sopracciglio di dissenso, non si assomigliavano per niente a dire la verità: uno era scorbutico e antipatico, l’altro timido e introverso. Due mondi agli antipodi.

“Bah! Io non l’ho notato. Per me ti stai sbagliando.” Crilin ritornò a sonnecchiare.

Mmm…” Bulma non ne era convinta del tutto convinta.

Da quando lo aveva visto un po' più da vicino una strana sensazione si era impossessata di lei, non sapeva bene che cosa fosse, ma ad un tratto si sentì triste, ma anche eccitata nel conoscerlo.

Aveva voglia di porgli mille domande, ma anche di offrigli la sua ala protettiva.

Si alzò e si diresse verso di lui con passo deciso, era intenzionata a scoprire di più.

*

Bulma si mosse verso la sua direzione quasi d’istinto, come se una forza misteriosa l’ attirasse verso di lui.

Trunks si irrigidì ancora di più, se possibile, perché sapeva bene che se lei si stava avvicinando era solo per curiosità si sapere tutto su di lui.

Sua madre l’aveva avvertito che ogni interazione con gli altri sarebbe risultata pericolosa ed Trunks non quel preciso momento invocò mentalmente il suo aiuto.

Inspirò profondamente in attesa di conoscere le sue intenzioni.

“Ciao, io sono Bulma. Non mi sono presentata a dovere prima.” Si sedette accanto a lui.

“C-ciao!” Rispose timidamente in attesa di altre domande relative alla sua persona.

“Allora? Dove hai conosciuto Goku?”

“Go-Goku?” Chiese sorpreso “… in realtà lo conosco solo di fama, non l’ho mai visto prima.”

Bulma rimase sbalordita da quell’affermazione, era convinta fosse un suo amico, ed invece…

“E allora perché lo stai aspettando? E come mai sai esattamente che sta arrivando?”

Trunks abbassò lo sguardo timidamente “Mi dispiace, non posso dirlo. Davvero.”

“STRONZATE!” Sbottò Vegeta alzandosi dal suo posto.

“Oh! Smettila! Se dice che non può rivelarci nulla, sarà così.”

“E tu gli credi?” Vegeta le mostrò i denti per spaventarla.

“Certo che gli credo razza di scimmione!”

“Perché? Non vedi che ci sta prendendo tutti per i fondelli? Non arriverà nessuno qui! Stiamo aspettando da ore ormai!”

“N-non ho mentito!” Rispose il misterioso ragazzo visibilmente imbarazzato.

“E ALLORA DOV’E’?” Un per il caldo e un po' per l’attesa snervante, Vegeta stava sbottando di brutto. Non tollerava essere preso in giro, senza contare che chi stava osando tanto, era solo un ragazzino, che si poteva trasformare in Super Saiyan, per giunta. Un affronto ancora più grande per il principe.

E forse era quest’ultima cosa che lo irritava ancora di più.

“Non so come dirtelo, ma sta arrivando!” Il ragazzo misterioso controllò il conto alla rovescia sul palmare, segnava quattro zeri, segno che il countdown era terminato e che presto avrebbero notato una monoposto nel cielo limpido azzurro.

“Che bel modello!” Disse Bulma “…alta tecnologia! Chi lo ha inventato dev’essere stato un genio!”

Trunks si morse la lingua, aveva ormai perso il conto di quante volte lo aveva fatto nell’arco di quelle tre ore; forse se avesse ingerito dell’azoto liquido per congelarsi all’istante sarebbe stato molto più proficuo, ma ormai era tardi per rimediare, e Goku stava solcando il cielo in quel momento.

“ARRIVA!” Aveva urlato Junior al resto della compagnia percependo l’aura dell’amico all’interno della monoposto atterrata poco distante.

Tsk! Ti è andata bene!” Furono le parole che Vegeta rivolse al ragazzo dai capelli improbabili.

“Ti ho detto che non sono un bugiardo!” Sibilò per non fomentare la rabbia del genitore.

*

Erano tutti eccitati ed entusiasti quando la navicella si aprì e Goku uscì di lì con sguardo attonito.

“E voi che ci fate qui?” Chiese senza ottenere risposta da nessuno, in cambio, il bagno di folla si riversò verso di lui.

Non vedevano l’ora di riabbracciarlo e chiedergli dov’era stato per quell’anno.

Tutti erano preoccupati e nei mesi precedenti c’erano stati parecchi giorni di apprensione per la sua sorte, fino a quando il drago Polunga non ha annunciati a tutti che era vivo e vegeto, e quella consapevolezza, aveva fatto partire un embolo al principe dei saiyan che si era messo a cercarlo per tutta la galassia solo per essersi preso gioco di lui.

“Uh! A proposito… chi ha sconfitto Freezer? Aveva una forza incredibile… sei stato tu Junior? Anche se scommetto che è stato Vegeta!” Ipotizzò con la sua solita aria spensierata guardando prima il namecciano e poi il suo simile.

“In realtà è stato questo ragazzo!” Crilin indicò il giovanotto dietro di lui prima di spostarsi e fargli spazio per passare davanti in modo che conoscesse Goku.

Il saiyan dai capelli a palma squadrò quel giovane da capo a piedi, chiedendosi mentalmente chi fosse e come poteva possedere una forza di tali proporzioni per la sua età.

“E chi sarebbe?”

I presenti strabuzzarono gli occhi, erano convinti che da come ne parlava il ragazzo misterioso i due si fossero conosciuti da qualche parte, ed invece non era proprio così.

“Ma come? Non lo conosci?” Chiese Crilin, fomentando ancora di più la rabbia nel principe, il quale, alla prossima domanda non ci avrebbe pensato due volte a scatenare la sua ira per mettere fine a quella pagliacciata.

A Goku non bastava averlo fatto attendere così a lungo, doveva anche prendersi gioco di lui mettendo in scena quel teatrino patetico ed illogico.

“Mai visto in vita mia.” Rispose con naturalezza.

“Ciao, Goku. Ti dispiace se andiamo a parlare laggiù?” Intervenne il ragazzo misterioso.

*

Alla fine Trunks aveva spiegato a Goku per filo e per segno tutte le vicissitudini che l’avevano portato a compiere quel viaggio indietro di qualche anno dopo che sua madre Bulma aveva inventato la macchina del tempo.

Purtroppo l’unica cosa che gli era rimasta impressa nella mente erano il suo nome e di chi era figlio, il resto, ovvero la parte più importante lo aveva rimosso.

Chissà che cosa sarebbe successo se Trunks avesse davvero incontrato solo Goku come gli era stato predetto da sua madre e non il resto della compagnia, ma questa è un’altra storia, oggi Trunks per sua fortuna aveva incrociato anche il cammino di Junior.

Dopo aver salutato tutti, Trunks avviò la sua macchina del tempo, e attendendo che la barra che controlla lo spazio tempo, si fosse riempita tutta, volse un ultimo sguardo in basso, soprattutto ai suoi giovani genitori.

Il lilla lasciò quel tempo con un enorme vuoto nel cuore, ma con la consapevolezza di essere riuscito nella sua missione.

Aveva conosciuto Goku e consegnato nelle sue mani quella medicina che gli permetterà di sopravvivere e sconfiggere quegli androidi, con la promessa che trascorsi i tre anni si sarebbero rivisti. In un modo o nell’altro.

“Allora? Che voleva quel ragazzo?” Chiese Crilin in trepidante attesa.

Tutti li avevano visti lottare e scambiarsi qualcosa, oltre che parlare per oltre mezz’ora.

Improvvisamente vuoto. La mente di Goku non riusciva a formulare una frase di senso compiuto che non fosse il vero nome di quel ragazzo e che sua madre e suo padre erano niente di meno che Bulma e Vegeta. Incredibile, se ci pensava, gli veniva quasi da ridere.

Goku deglutì prima di annunciare che non ricordava nulla.

“Sei sempre il solito, Goku!” Inveì Bulma, forse la più curiosa del gruppo.

“MA SEI DEFICIENTE???” Sbraitò Vegeta facendosi spazio tra quei rammolliti per suonargliele di santa ragione e fargli tornare a mente a suon di schiaffi quanto detto da quel ragazzo poco fa.

“Scusa… è che mi ha detto talmente tante cose che…” Goku mise avanti le mani nella speranza di allontanare un iracondo Vegeta.

“… che la tua mente contorta non ha recepito niente!” Continuò il principe riluttante.

Gli avrebbe volentieri sputato sulla faccia per fargli capire quanto idiota era, ma per sua fortuna intervenne Junior a placare gli animi, annunciando che avrebbe parlato lui al suo posto, ma che non avrebbe detto a nessuno delle origini di quel ragazzo.

**

Continua

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 18

*

Goku e Gohan erano stati i primi a sollevarsi in volo e prendere la via di casa, dopo ovviamente aver augurato a Bulma di partorire un bel bambino.

Per fortuna che l’amica non ne aveva colto il senso logico, ovvero collegare quel misterioso ragazzo venuto del futuro proprio con lei. Eppure era una ragazza sveglia ed intelligente, ma forse il fatto che Yamcha avesse pensato che Goku gli stesse suggerendo il fatto si sistemarsi, l’aveva mandata letteralmente fuori strada.

Junior avrebbe voluto soffocarlo all’istante, ma per sua fortuna dalla sua bocca ingenua non era trapelato null’altro.

E mentre lo spilungone fantasticava su un possibile erede e di conseguenza una vita lunga e felice con l’azzurra compagna, la mente di Bulma era attanagliata da un incubo terribile, ovvero la possibilità che il suo migliore amico perdesse la vita a causa di un virus, nonostante ora gli fosse stata consegnata una medicina in grado di salvarlo da morte certa.

“Ci conviene andare, adesso!” Le aveva detto Yamcha destandola dai suoi pensieri.

Bulma smise improvvisamente di torturare l’unghia del pollice destro ed annuì, non prima però di aver tracciato delle coordinate per ritornare con suo padre a prendere la monoposto con la quale era arrivato Goku e la navicella di Freezer che giaceva oltre le montagne.

Erano rimasti solo loro, assieme all’aria torrida e secca del deserto.

“Ora possiamo farlo… non vedo l’ora di buttarmi sotto la doccia e levarmi via la sabbia tra i capelli” Sbuffò sonoramente tra le braccia sudate del fidanzato.

“Possiamo farla assieme!” Ammiccò lui sensualmente.

“Tu devi allenarti!” Smorzò indubbiamente il suo entusiasmo.

“Abbiamo tre anni per prepararci, anche se inizio domani, che cosa cambia?” Era un ragazzo che prendeva sempre tutto alla leggera, e questa cosa qui non giocava di certo a suo vantaggio.

L’aria fresca le colpiva il volto niveo, togliendole così un po' di rossore dovuta alla calura delle ultime ore, ritrovando refrigerio. Bulma sperava solo di non essersi presa un eritema solare, ma da come la pelle bruciava sembrava proprio trattarsi di quello. Qualche giorno e tanta crema lenitiva tra le più costose in commercio avrebbero potuto sanare la situazione ed evitare la desquamazione.

Non si sarebbe più potuta guardare allo specchio sapendo che si stava trasformando in un serpente nel periodo di cambio muta.

Ma non aveva tempo per pensare a quello, perché il suo ragazzo stava tirando fuori un argomento senza alcun fondamento.

“Immagino che gli altri abbiano già provveduto.”

“Con altri, intendi Vegeta?” Incalzò lui sottolineando perfettamente il nome del saiyan “… mi era sembrato abbastanza irritato quando ha scoperto che anche quel ragazzo proveniente dal futuro si poteva trasformare in super saiyan senza tanti problemi.” Sogghignò sotto i baffi.

“Lo puoi biasimare?”

“Lo stai forse difendendo?”

Bulma staccò lo sguardo dal suo preferendo guardare in basso piuttosto che il volto inquisitore di Yamcha.

“Sto solo dicendo che capisco perché è sbottato in quella maniera.” Sollevò gli occhi al cielo rassegnata, a volte quella sua gelosia infondata le dava sui nervi.

Mmm… va bene!” Yamcha non indagò oltre per non irritarla ancora di più, quello di cui non aveva affatto bisogno in quel momento era proprio litigare con lei per una stupidaggine come quella.

*

Chichi, da brava massaia, aveva già rassettato tutta casa e messo la cena sul fuoco.

Ovviamente imprecando tutti gli Dei che conosceva. Pochi, a dire la verità.

Nonostante in quell’ultimo anno avesse cresciuto Gohan da sola cercando sempre di renderlo ligio al dovere di studioso, si era resa conto che il sangue guerriero che scorreva nelle sue vene sarebbe stato difficile da estirpare, ma questo, non le avrebbe impedito, una volta rientrato a casa, di impartirgli una severa e giusta punizione solo per averle osato disobbedire.

Chichi dal nervoso ruppe un piatto che stava riponendo con forza nello scolapiatti.

Tirò su i cocci con una scopa che teneva vicino al lavello sbuffando, se avesse continuato di questo passo, presto avrebbe avuto bisogno di un servizio nuovo.

“Non vuoi entrare, papà? Mamma sarà contenta di vederti.” Disse Gohan entusiasta, finalmente quella sera la sua famiglia si sarebbe riunita dopo tanto tempo. Nemmeno ricordava più quando avevano cenato l’ultima volta tutti e tre insieme, sembrava essere passato un’eternità. Un po' lo era.

Goku s’impietrì quando sentì qualcosa dentro casa andare in frantumi e conseguentemente imprecare il suo nome con disprezzo.

Del resto, sua moglie aveva tutte le ragioni ad essere arrabbiata con lui.

In pratica l’aveva abbandonata senza tanti complimenti.

E solo ora si stava rendendo veramente conto di quanto le fosse mancata e del dolore che le aveva causato.

“Aspetta un attimo, Gohan.” Deglutì e suo figlio annuì rimanendo al suo fianco a qualche metro di distanza da casa “… ho bisogno di qualche altro minuto!” Soffiò.

“Vuoi che vada dentro a dire a mamma che sei qui?” Chiese innocentemente.

Goku strabuzzò gli occhi mentre un brivido di freddo gli percorse frettolosamente la schiena.

Non aveva mai avuto paura, nemmeno quando sul pianeta Namecc non c’era più scampo per lui e la morte gli era apparsa all’improvviso davanti gli occhi, svanendo qualche attimo dopo la comparsa di una navicella di soccorso che stava per essere inghiottita dalle fiamme del nucleo del pianeta.

“Sei matto? Vuoi che esca con un bastone e che mi insegua per tutta la montagna?”

Gohan sorrise, una scena del genere l’avrebbe voluta proprio vedere.

Suo padre, l’essere più forte dell’intero Universo, rincorso da una donna terrestre e senza nessun potenziale combattivo. Forse il Genio Delle Tartarughe di Mare non aveva avuto poi tutti i torti quando definì Chichi più forte di un super saiyan.

Ma quello di cui era certo, era il fatto che sua madre era una delle donne più in gamba che conosceva. Non si faceva mai abbattere e soprattutto, affrontava le avversità di tutti i giorni sempre a testa alta.

“La mamma piange ogni notte, sai?” Mormorò mestamente abbassando lo sguardo.

Goku si morse il labbro inferiore “Mi dispiace.” Fu tutto quello che era riuscito a dire.

“Lo so…” Sospirò “… e so anche che se sei rimasto lontano tanto tempo è solo per diventare più forte e difenderci.”

Il saiyan gli scompigliò i capelli, orgoglioso di suo figlio, perché aveva perfettamente capito il motivo della sua lontananza.

“Il problema è che a tua madre non è andata giù la cosa, vero?”

Gohan annuì con il capo.

“Ho provato a farglielo capire, ma è come se non ci sentisse.”

“Tua madre non era contenta del fatto che fossi un guerriero, e non vuole che tu diventi come me. Secondo lei sono un fannullone perché non lavoro e non guadagno.”

“Ma io voglio diventare come te!”

“No!”

Gohan scoccò un’occhiata interrogativa a suo padre.

“Mamma vuole che tu sia uno studioso. E l’accontenterai.” Goku continuava a guardare Chichi dimenarsi in cucina attraverso la trasparenza delle tende.

“Ma papà… io… e i cyborg?” Balbettò ricordandosi di quella minaccia incombente accennata da quel ragazzo misterioso.

“Seguirai sia la scuola che gli allenamenti.”

Gohan sussultò, ma non replicò alla volontà del genitore, pensando che quello fosse un ottimo compromesso per un possibile accordo con sua madre.

I due saiyan rimasero ancora qualche minuto a parlare fuori le mura domestiche e a Gohan parve che il genitore più anziano cercasse solo di prendere tempo, così decise di allontanarsi da lì con la scusa banale di pescare un pesce per l’indomani.

“Ehi, no. Aspetta…” Non fece tempo a dire che Gohan era già sparito dalla sua vista addentrandosi nella fitta foresta dietro di loro.

Goku sbiancò al pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con Chichi, poi improvvisamente si ricordò del dono per la moglie che arrivava direttamente dal pianeta Yardrat.

Si toccò la schiena prendendo quello che era rimasto di quel mazzo di fiori schiacciato e quasi privo di petali, e con passo tremolante si avvicinò alla porta.

Avrebbe potuto entrare senza farsi annunciare, ma per il suo bene aveva preferito bussare un paio di volte.

Chichi terminò di tagliare la carota a rondelle per poi aggiungerla al brodo che sobbolliva.

Si pulì velocemente le mani e mentre le stava asciugando con un cencio a quadri bianchi e rossi, aprì la porta con un enorme sorriso, che smorzò non appena vide l’ebete del marito sulla soglia che la salutava con la mano.

“C-ciao, Chichina, come va?” Balbettò timidamente come se quello fosse il loro primo incontro e lui il cavaliere che era passato a prenderla per uscire fuori a cena.

Chichi di rimando rinchiuse la porta con forza credendo fosse tutto frutto della sua immaginazione ed il saiyan sfarfallò gli occhi incredulo.

“Dannato Goku!” Imprecò lei a denti stretti imboccando la strada per la cucina.

Ma si voltò appena bussarono di nuovo, ed aprì.

Goku era ancora lì davanti a lei.

“Mi sei mancata, Chichi.” Mormorò porgendole quel che restava del mazzo striminzito di rose yardrayiane.

Allora era tutto vero, quell’emerito imbecille del marito era tornato dal suo lungo viaggio e le aveva anche portato un dono.

Chichi aveva voglia di corrergli incontro, di abbracciarlo, urlargli con tutto il fiato che aveva in gola che anche lui le era mancato.

Se fosse stata una persona normale lo avrebbe invitato ad entrare in casa, anzi, trascinato a forza all’interno, si vedeva anche già seduta sul divano del salotto mentre gli raccontava delle sue ultime avventure, avrebbero cenato e alla fine avrebbero fatto l’amore tutta la notte, finché la loro voglia non sarebbe stata saziata e stanchi e sfiniti si sarebbero addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.

Peccato che la rabbia di Chichi aveva avuto il sopravvento sull’amore ed aveva finito per rovinare quel bellissimo film mentale che scorreva velocemente sulla sua mente.

Gli strattonò dalle mani quel dono che si era disturbato di portare e glielo tirò in faccia.

“Credi che basti un mazzo di fiori per chiedermi scusa?”

Goku sospirò “No, ma ci tenevo a scus…” Non finì la frase perché la moglie lo schiaffeggiò con tutta la forza che aveva in corpo, e nonostante quello, Chichi si slogò inevitabilmente un polso.

Le sembrò di tirare un pugno contro un muro di cemento armato, ma forse si sarebbe fatta meno male, perché durante i suoi allenamenti da ragazzina si era specializzata nello spaccare pietre.

No, non poteva piangere o dirgli che si era fatta male. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione.

Gli occhi di Chichi erano velati di lacrime e sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.

Per quanto in quel momento lo odiasse, la corvina era felice del ritorno del marito e sapere soprattutto che stava bene, ma era anche irritata dal fatto di come lui stesse prendendo tutto così alla leggera.

Un mazzo di fiori? Siamo seri? Nemmeno un campo fiorito sarebbe bastato a farle passare l’arrabbiatura.

“TU… tu...” Riuscì a dire prima che calde lacrime le fuoriuscirono inevitabilmente dagli occhi costringendola ad inginocchiarsi al suo cospetto.

Goku si abbassò al suo livello e le tolse le mani che le oscuravano il volto, non colpevolizzava la moglie per la scenata, Chichi aveva tutto il diritto di essere in collera con lui e se quello era un modo per sfogare la sua rabbia, allora lui sarebbe stato lì per risollevarla.

Era tornato per rimanere al suo fianco, e glielo avrebbe urlato in tutte le lingue che conosceva, una in realtà, ma quello era solo un dettaglio, l’importante era il gesto.

“Non me ne andrò mai più, Chichi.”

Chichi lo strinse più forte ed affondò la testa all’interno del suo petto sentendosi subito protetta quando anche lui la circondò con le sue forti braccia.

E questo bastò a Chichi per scacciare via le nuvole nel suo cuore, per fare spazio all’amore che Goku le voleva donare ancora, oggi, domani e per sempre.

La corvina si asciugò il volto con la punta delle dita.

“Scusa per i fiori… erano bellissimi!” Tirò su con il naso.

Goku si portò una mano sulla fronte “Urca! Allora Juth aveva ragione…”

Juth? Chi è Juth?” Chiese stringendo poi gli occhi, il polso pulsava e si stava gonfiando.

“Che hai?” Si preoccupò Goku notando che Chichi si stava massaggiando la parte lesa.

“Hai la testa dura, lo sai questo?”

*

continua

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Angoli nascosti

*

Capitolo 19

*

Le mani bianche, rugose e quasi prive di linfa vitale, si muovevano sinuose sulla superficie impolverata di quelle capsule di criogenia dov’erano custoditi i corpi dei tre androidi costruiti da lui con dedizione e cura.

Peccato si fossero rivelati dei completi fallimenti, ma al momento c’era tempo per rimediare. Lo scienziato non ne aveva più a disposizione, e ogni giorno che passava la morte lo consumava lentamente succhiandone via la vita da ogni tessuto presente all’interno del suo corpo, ed il suo volto scavato e grigio ne era la prova.

Per questo aveva dovuto cercare un’alternativa per assicurarsi che in ogni caso quelle macchine micidiali non andassero perdute con il tempo e sepolte tra le montagne anche a causa di un cedimento della roccia, perché sapeva che prima o poi si sarebbero rivelate utili.

Si muoveva in maniera lenta e claudicante con addosso solo un camice bianco tipico degli ospedali, stringendo in mano l’asta di metallo che sorreggeva la flebo con i nutrienti necessari; ogni tanto i suoi piedi nudi calpestavano fili di rame e viti lasciate sul pavimento.

Con un colpo secco della mano tolse un po' di polvere depositata sulla superficie di vetro della capsula del cyborg numero 16 rivelandone il volto. Gli occhi erano chiusi.

“Tu non mi servirai più.” Mormorò cercando di allungarsi per arrivare alla spina che non avrebbe più alimentato la sua energia.

Ma nello sforzo di compiere quell’azione, il vecchio scienziato venne colpito da una tosse convulsiva e devastante, facendogli sputare anche quel poco sangue che gli rimaneva in corpo e che lo costrinse a piegarsi in avanti.

Il cyborg numero 19 avanzò per sorreggerlo.

La sua espressione era vuota e priva di vita o sentimenti, proprio come una macchina. Beh! In fondo lo era.

“Non sforzarti. Il tuo nuovo corpo è quasi pronto, non puoi rischiare che ti vada in pappa il cervello.” Lo fece sdraiare sulla lettiga accanto alla riproduzione del tutto fedele alla sua persona.

“Volevo staccare la spina a quel fallimento.” Tossì di nuovo e il cyborg fu costretto a tappargli la bocca con la maschera per l’ossigeno misto a qualche altra sostanza per riattivare il sistema immunitario. Per il tempo che gli restava, s’intende.

Il cyborg 19 non rispose, ma si limitò a muoversi all’interno della stanza in maniera meccanica ed impostata, seguendo una traiettoria precisa.

Era stato programmato per costruire un corpo al suo creatore ed assicurarsi che arrivasse vivo fino a quando non avesse adempiuto al suo compito, il resto non gli importava.

Il dr. Gelo lo vide saldare, tagliare, suturare, avvitare ed oliare con grande velocità tutti gli ingranaggi, cavi e viti necessarie alla composizione del suo corpo ormai completato.

Le scintille provocate dalla saldatrice lo costrinsero a chiudere gli occhi per la troppa luce accecante emanata, cosa che non fece Diciannove, a lui non serviva nessun tipo di protezione.

Mancavano solo alcuni dettagli, e poi l’androide avrebbe provveduto ad estrarre il cervello dal morente scienziato per installarlo nella macchina perfetta che aveva creato per lui. O meglio, che il Dr. Gelo aveva progettato. Il merito era il suo se ora aveva una possibilità di sopravvivere.

Il cyborg 19 fu distratto dalla sirena rossa che risuonò imperterrita all’interno del laboratorio. L’allarme era scattato nei sotterranei, dove la nuova creatura di quel pazzo di uno scienziato stava prendendo lentamente forma.

Il robot iniziò la sua lenta discesa per controllare quale anomalia avesse fatto scattare quel segnale di avvertimento e allontanato dal suo lavoro.

Aprì la porta automatica apponendo l’impronta di tutta la mano sul display posto affianco, ma non ci trovò nulla che non andasse, a parte un grosso cavo nero che si era staccato dall’incubatrice e che ora penzolava senza una direzione ben precisa.

Forse un brutto sogno aveva fatto scuotere quella creatura talmente forte da provocare quel distaccamento improvviso.

Diciannove lo attaccò senza problemi e sogghignò volgendo uno sguardo a quell’embrione, cresciuto notevolmente dall’ultima volta, ma non ancora pronto per lasciare quel luogo.

Il computer segnava ancora tre anni, sette giorni, venti ore, quattordici minuti e quarantasette secondi, dopodiché, stando a quanto rivelatogli dallo scienziato, la capsula si sarebbe rotta rilasciando il liquido e la creatura libera di crescere all’aria aperta, svilupparsi ed assorbire i cyborg all’interno delle due capsule poste nella stanza affianco, diventando così l’essere perfetto.

Un piano geniale, insomma, pensato in ogni minimo dettaglio. Del resto non ci si poteva aspettare altro che da una mente brillante come la sua.

E in ogni caso, il Dr. Gelo avrebbe vigilato sulla sua creatura nell’ombra una volta che anche lui si fosse trasformato in un cyborg.

Quello a cui non aveva pensato, era come avrebbe reagito in caso di fallimento, perché non era contemplato affatto nei suoi loschi e vili piani.

Quando Diciannove riemerse dal sotterraneo, lo scienziato con un filo di voce, si era prodigato immediatamente a chiedere se fosse tutto apposto spostandosi dal viso la maschera che gli permetteva di respirare senza annaspare.

“Un cavo staccato.” Aveva risposto con noncuranza. “Ma ora l’ho sistemato.”

“Grazie!” Mormorò rimettendosi la maschera d’ossigeno e chiudendo infine gli occhi stanchi.

*

Il vecchio scienziato si posizionò meglio gli occhiali sul ponte del naso.

Prese una sigaretta dal suo taschino e l’accese.

Il gattino nero che come un compagno fedele si trovava appollaiato sulla sua spalla, miagolò impercettibilmente ed infine sbadigliò. Poco importava se l’uomo che si trovava di fonte il suo padrone lo stava guardando in malo modo e sbraitava qualcosa a lui di incomprensibile.

“Allora? Lo puoi fare o no?” Chiese con tono deciso.

Il Dottor Brief si portò due dita sul mento ed iniziò a pensare alle parole del suo strano ed esigente ospite, non che questo gli provocasse disturbo, anzi, per lui e per sua figlia poter creare ed essere stimolati in imprese nuove e difficili era un piacere ed una sfida sempre ben accetta.

Magari con una di quelle invenzioni si sarebbero potuti accaparrare qualche altro premio ambito in fattore della scienza e aggiunto un ulteriore cimelio alla già piena vetrina presente in salotto, e sarebbe stato tutto merito di Vegeta e delle sue richieste strampalate.

Una fortuna che Bulma lo avesse invitato a restare, era un giovanotto molto intelligente e con un bagaglio scientifico niente male.

Non che sapesse costruire qualcosa, ma i suoi spunti per nuove attrezzature e strumenti erano davvero interessanti.

“Devo parlare con mia figlia, ma penso che non ci siano problemi.” Espirò una boccata di fumo che fece storcere il naso al principe dei saiyan, quel tanfo lo disgustava a dir poco “… a proposito, sai dove si è cacciata?”

Bulma non aveva ancora fatto ritorno dal deserto, invece Vegeta era stato il primo a tornarsene alla Capsule Corporation per iniziare fin da subito l’allenamento che gli avrebbe permesso di arrivare preparato al fatidico giorno, e per farlo, aveva bisogno di una camera gravitazionale potente il doppio di quella in cui Goku si era allenato durante il viaggio per Namecc.

Vegeta gli scoccò un’occhiata riluttante e per poco non gli uscì una piccola scintilla dagli occhi “Non sono la sua balia. Se devi trovare una persona te la cerchi. Io esigo la mia camera gravitazionale. ORA! Non domani, ORA!” Grugnì stringendo i pugni.

Se si fosse trovato al cospetto di uno degli scienziati al comando di Freezer non ci avrebbe messo molto a prendergli la testa per spappolargliela con le sue stesse mani, tanto poi lo avrebbero sostituito subito, ma ora, Vegeta se ne doveva stare buono, perché di scienziati brillanti come quel vecchio e sua figlia ne era privo, e lui era stato fottutamente fortunato a capitare in quella casa.

Il Dottor Brief sospirò affranto e spense poi la sigaretta all’interno del posa cenere automatico che si trovava sopra il tavolo da lavoro in mezzo agli attrezzi.

“Va bene, vedrò che posso fare fino a che non arriva Bulma!”

Questo bastò al principe per tranquillizzarsi giusto un attimo e girare i tacchi nel preciso istante in cui la signora svampita fece il suo ingresso nel laboratorio portando con sé un enorme vassoio pieno di leccornie dolci di ogni tipo.

“Oh! Il bel giovanotto… ti vedo sciupato, mio caro. Vuoi qualcosa da mangiare? Oppure una tazza di tè?”

A Vegeta iniziò a ballare un occhio ed in corrispondenza a pulsargli vistosamente una vena sulla tempia.

Quanto avrebbe voluto scatenare tutta la sua energia e radere al suolo quel posto e perché no? Anche il pianeta se fosse stato necessario, così niente allenamenti, niente cyborg e soprattutto niente più problemi.

A dire il vero non era nemmeno compito suo proteggere la Terra e quegli idioti dei suoi abitanti, ma doveva ammettere che al momento non aveva un posto dove andare e quello era l’unico dov’era stato accolto senza chiedere nulla in cambio.

Vegeta si limitò così a guardare dritto negli occhi per incutere timore a quella donna ficcanaso e cinguettante, sortendo però l’effetto contrario, perché le guance s’imporporarono di rosso.

“Voglio la mia dannata stanza gravitazionale!” Scandì a denti stretti prima di lasciare il laboratorio ancora più infastidito.

“Caro…” Mormorò lei con aria sognante “… Bulma è davvero fortunata ad aver trovato un uomo simile.”

*

Le urla di Chichi si propagarono per qualche kilometro in tutta la vallata, facendo tremare le fronde degli alberi e spaventare i poveri animali nelle vicinanze che si dileguarono in fretta e furia senza una direzione ben precisa.

“CHE COSA???? SEI APPENA TORNATO E SUBITO VUOI ALLENARTI???” La corvina brandì in aria il cencio che stava usando per asciugare le porcellane.

“Forza, Chichi. Ti ho spiegato il motivo.” Goku portò le mani in avanti agitandole velocemente.

“HO DETTO NO!” Ribadì lei alzando possibilmente di più la voce per fargli entrare in quella testa la sua volontà ed imporgliela.

“Ma tesoro, tra tre anni arriveranno i cyborg e…”

“E che cosa vuoi che me ne importi!” Gli finì la frase sbattendo il canovaccio sulla tavola per la rabbia.

“Mamma, dobbiamo proteggere la Terra, altrimenti…” Provò a dire Gohan con lentezza e con la speranza di far ragionare la madre.

Effettivamente Chichi non aveva tutti i torti, Goku non era tornato nemmeno da ventiquattro ore e l’unica cosa a cui pensava, erano gli allenamenti.

“TU VAI IN CAMERA TUA! Non spalleggerai tuo padre in questa follia.”

“Se la Terra esploderà, il tempo che passerò sui libri sarà totalmente inutile.”

“Almeno avrai studiato!”

Gohan roteò gli occhi al cielo, far ragionare sua madre si stava rivelando più difficile del previsto.

Goku si avvicinò alla moglie con sguardo amorevole e le prese una mano “Ti prego, cara. Lasciaci andare ad allenarci. Ti prometto che oggi pomeriggio Gohan si metterà sui libri e io ti aiuterà ad arare la terra.”

Per poco Chichi non ebbe un mancamento.

Junior, che come richiesta di Goku, era arrivato all’alba per iniziare la sessione di allenamenti, se ne stava a braccia conserte, seduto sull’erba ad aspettare fuori in giardino l’arrivo dei due compagni. Dopo che avrebbero convinto Chichi.

La voce stridula della donna gli entrò all’interno delle orecchie fino a martellargli il cervello, costringendo il namecciano a stringere i denti dal dolore e ringraziare il suo stato di asessuato.

“Ma quanto urla, quella?” Si domandò spazientendosi.

Se avesse dovuto aspettare ancora qualche minuto lì fuori ed assistere a quella pietosa scenetta, se ne sarebbe andato indisturbato ed in punta di piedi.

Ed invece, fu proprio in quel frangente che Goku e Gohan uscirono di casa accompagnati da Chichi.

“Però oggi ti metti a studiare!” Esclamò in direzione del figlio.

Gohan abbassò la testa lentamente “S-si, mamma.” Annuì mestamente.

“E tu…” Chichi si rivolse a Junior “… assicurati che non si mettano nei guai.”

Il namecciano si mise all’attenti come un soldatino, portandosi anche una mano sulla fronte e con profondo imbarazzo mormorò un balbettante “Certo!”

Per poi tirare un sonoro sospiro di sollievo quando la donna rincasò.

“E’ andata!” Disse Goku.

“Per fortuna… tua moglie mi ha rotto un timpano con le sue urla, non capisco come voi riusciate a sopportarla!” Junior si massaggiò le orecchie trovandone presto sollievo.

“Basta non ascoltarla!” Rispose Goku con ovvietà.

“VI SENTO!!!” Si sentirono dire quei tre, ai quali si accapponò subito la pelle dalla paura che quella donna potesse uscire di corsa di casa e rincorrerli finché non avrebbe martellato la loro testa con un mattarello pesante di legno, proprio quello che usava per stendere la pasta all’uovo.

“Andiamocene via!” Propose Gohan spiccando il volo seguito poi dai due maestri.

“Ah! Finalmente un po' di pace!” Sospirò la donna continuando a canticchiare un motivetto a mezze labbra mentre iniziava a preparare il pranzo.

*

continua

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Angoli nascosti

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Capitolo 20

*

Erano trascorse circa quattro settimane da quando quel ragazzo misterioso venuto dal futuro aveva annunciato a tutti l’arrivo di quei micidiali cyborg, con la speranza che quando sarebbe accaduto, i guerrieri che avrebbero preso parte alla battaglia li accogliessero come meglio meritavano.

Ci sarebbe stato anche lui ad aiutarli, se mai fosse sopravvissuto in quegli anni.

Tutti avevano iniziato immediatamente degli assidui allenamenti e Bulma aveva chiesto ad ognuno di essi se avessero bisogno di qualche attrezzatura in particolare che li aiutasse a migliorarsi. Tutti tranne Tensing, l’unico che non era riuscita a contattare e che con alta probabilità si era rintanato nei meandri più reconditi ed ostili del pianeta insieme al suo fidato amico Riff.

Nessuno comunque aveva accettato per non disturbare troppo l’amica, eccetto Vegeta ovviamente, il quale richiedeva agli scienziati della Capsule Corporation macchinari sempre più all’avanguardia per i suoi esercizi impossibili. Forse dimenticandosi che non si trovava più alla base di Freezer e che non poteva pretendere di comandare tutti a bacchetta o che tutti si prostrassero ai suoi piedi senza battere ciglio.

Poco importava, veniva sempre accontentato in tutto come un bambino capriccioso purché se ne rimanesse zitto, buono e non creasse problemi.

Il dottor Brief e Bulma avevano da poco ultimato una camera gravitazionale identica a quella che Goku aveva utilizzato per viaggiare nello spazio e allenarsi prima di atterrare sul pianeta Namecc, solo più potente, come richiesto dallo stesso Vegeta.

Se voleva raggiungere lo stadio di Super Saiyan nel più breve lasso di tempo possibile, doveva seguire lo stesso allenamento di Goku e per superarlo, invece, doveva utilizzare una gravità superiore. Questa era la sua strategia.

Bulma percorse il vialetto di ciottoli di casa sua con due enormi buste della spesa in mano, quando vide Yamcha seduto sulla panchina a dondolo con sguardo perso e preoccupato.

Le portò velocemente in casa lasciandole sulla tavola, le avrebbe sistemate più tardi, e poi se ne uscì nuovamente con l’intento di raggiungere il fidanzato.

“Stai facendo una pausa?” Gli chiese accomodandosi accanto a lui. Lo sdraio dondolò appena lei poggiò i glutei sul morbido cuscino.

Mmm…” Si torturò i pollici “… non ho intenzioni di allenarmi oggi.”

“Perché?” Bulma ne fu sorpresa, nei giorni scorsi sembrava che Yamcha avesse preso molto seriamente questa nuova minaccia che incombeva, iniziando anche a frequentare molto assiduamente la palestra della casa, utilizzando gli attrezzi che il principe dei saiyan aveva scartato e per poco scagliati fuori dalla finestra perché li riteneva inutili. Eppure quegli strumenti comparivano nella più importanti palestre della città e non solo, definiti dai preparatori come macchinari all’avanguardia.

“Non credo di poter competere con i cyborg, nemmeno se mi allenassi per tutto il giorno e sette giorni su sette.”

Bulma scosse la testa.

“Non sono del tuo stesse parere… insomma, guardati… sei un ragazzo eccezionalmente forte, non vedo perché tu ti debba buttare giù in questa maniera.”

Yamcha si portò le mani all’interno dei capelli corvini.

“Siamo seri, Bulma. Se non è riuscito nemmeno Vegeta a sconfiggerli, perché dovrei riuscirci io?”

“Puoi sempre dare una mano, non ti sei mai e poi mai tirato indietro. Hai affrontato anche il fratello di Goku in passato, nonostante sapessi già di non essere alla sua altezza…”

“Già… e guarda che fine avevo fatto!”

“Questa volta sarà diverso, non morirà nessuno. Quel ragazzo è venuto ad avvertirci del pericolo, avete tempo per prepararvi… e poi ci sarà Goku, lo ha salvato.”

Yamcha si passò la mano velocemente sulla faccia per poi grattarsi la testa “E chi ti dice che non abbia mentito?”

“MA BASTA!” Bulma si alzò stizzita facendo sobbalzare lo sdraio e anche Yamcha che per poco non cadde in avanti a causa della spinta. “Non penso che quel ragazzo abbia mentito, lo hai visto no? Era spaventato, chissà che cosa è stato costretto a subire nel corso di questi anni. E tu?” Si voltò verso di lui puntando l’indice conficcandogli l’unghia laccata di rosa nella carne “… e tu hai paura ad affrontare un ammasso di circuiti?”

“I-io non ho pa-paura” Balbettò buttando giù della saliva. La sua ragazza aveva ragione, lui temeva la potenza di quegli androidi e di perdere la vita per mano loro. Yamcha era ancora giovane e tutta un’intera esistenza davanti, e poi se per caso Bulma rimanesse incinta ed acconsentirebbe a sposarlo, chi avrebbe badato a lei se lui dovesse perire? E il bambino? Rimarrebbe senza padre.

Forse sarebbe stato meglio a rimandare il tutto e vedere il susseguirsi degli eventi.

“E allora perché non vuoi combattere?” L’azzurra si portò le mani chiuse a pugno sui fianchi indurendo lo sguardo.

Yamcha si sentì improvvisamente un codardo ed un vile, aveva fatto una pessima figura con la sua compagna, dimostrando ancora una volta di non essere degno di lei. Doveva assolutamente cambiare atteggiamento, anche perché aveva notato negli ultimi giorni uno strano scambio di sguardi tra lei e Vegeta, ma forse era tutto frutto della sua immaginazione, a Bulma non poteva piacere un tipo rozzo e meschino come quello, ed in più Vegeta si era macchiato del titolo di assassino, più volte.

L’unico modo per potervi porre rimedio, era quello di togliersi di dosso quel mantello di inutile mestizia e cominciare a reagire, tirando fuori il lupo nascosto in lui.

Yamcha le regalò un enorme sorriso e le prese entrambe le mani attorcigliandole con le sue.

“Scusami, Bulma. Ho avuto un attimo di debolezza… ma tu sai sempre come spronarmi ad andare avanti…”

Bulma arrossì vistosamente e il suo cuore iniziò a galoppare veloce all’interno del suo petto. Le ultime settimane erano state talmente frenetiche e la notizia di una nuova minaccia aveva reso tutto ancora più difficile che non avevano più avuto occasione di rimanere da soli.

E a causa delle richieste insistenti di Vegeta, Bulma e suo padre passavano intere giornate, fino a notte fonda, all’interno del laboratorio, finendo così per snobbare il fidanzato se lui voleva concedersi a qualche momento di coccola nel letto.

“No, scusami tu… ti ho lasciato da parte senza nemmeno accorgermene.” Lo strinse forte a sé e Yamcha l’avvolse con il suo corpo “… non accadrà mai più.”

“E io ti prometto che diventerò più forte per proteggerti.”

Si stavano per scambiare un lungo e tenero bacio appassionato quando un applauso lento e di scherno li destò da quel bellissimo momento.

“Ma che bel quadretto…” Poi si rivolse a Bulma senza scusarsi per l’irruzione “… mi servi in laboratorio, quei rottami che mi hai rifilato hanno smesso di funzionare.”

Bulma sbottò, non perché Vegeta l’aveva interrotta mentre si intratteneva con il suo ragazzo, ma perché pretendeva che scattasse non appena aveva bisogno.

“Senti tu, non puoi pretendere di comandarmi a bacchetta come facevi con gli scienziati dell’esercito di Freezer. Se hai un problema e io non ci sono, puoi chiedere gentilmente a mio padre. Ora ho da fare! Torna più tardi.” Si voltò in maniera altezzosa mostrandogli le spalle.

Tsk! Con chi? Con quell’invertebrato?” Chiese in tono sprezzante.

“Sei per caso geloso, Vegeta?” Gli alitò sul volto senza mostrargli alcuna paura. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza.

Vegeta la guardò negli occhi fino a penetrarle dentro l’anima.

Bulma si sentì pervadere da un calore immenso, una sensazione che non provava da molto tempo.

“Di quello là?” Scoppiò a ridere come non faceva da tanto, facendo tirare a Bulma un sospiro di sollievo.

Lo sguardo del principe era magnetico, misterioso, e ogni volta che succedeva che i loro occhi s’incrociavano anche solo per sbaglio, Bulma veniva come rapita e trasportata su di una nuvola.

L’azzurra vedeva in lui la tristezza che si celava oltre quella corazza che aveva issato per non far trasparire alcuna emozione, ed aveva capito che l’unica ragione per la quale rimaneva ancora ancorato sulla Terra era perché non aveva più un altro posto dove poter andare.

Quel pianeta rappresentava per Vegeta una piccola oasi felice dove nessuno avrebbe osato dargli fastidio e lui avrebbe potuto vivere serenamente la sua esistenza finchè un giorno non sarebbe riuscito a battere Kakaroth.

Non gli importava un fico secco di quei dannati terrestri o dei cyborg, l’obiettivo del principe di tutti i saiyan era proprio quello di diventare più forte di quella stupida terza classe e un giorno arrivare persino a batterlo.

E poi, forse, se ne sarebbe andato verso una destinazione ignota.

“Che cos’è quel tono che osi usare quando parli di me?” Yamcha gonfiò il petto pronto per battersi contro Vegeta.

“Vuoi una lezione?” Lo provocò il saiyan oltrepassando Bulma.

“Non mi fai paura!” Rispose lo spilungone con assoluta convinzione, sperando che nessuno notasse le sue ginocchia tremare per la fifa, se solo Vegeta avesse voluto, gli sarebbe bastato un colpo ben assestato per mandarlo all’altro mondo.

Bulma si contrappose immediatamente tra tutti e due, spingendoli ai lati opposti con i palmi delle mani poggiate sui loro petti muscolosi, scongiurando una possibile lite.

“Basta, voi due! Non è il momento di fare i bambini capricciosi.” Sembrava una mamma intervenuta per dividere i figli durante un litigio per un giocattolo non condiviso.

“Ha cominciato lui a provocare!” Esclamò Yamcha mettendo il broncio.

“Ma senti chi parla, idiota!”

“Idiota a chi? Selvaggio che non sei altro!”

“Come mi hai chiamato?”

“HO DETTO BASTA!” Starnazzò Bulma facendo scoppiare i timpani di entrambi costringendoli a strizzare gli occhi per il dolore. “TU ENTRA IN CASA!” Ordinò a Yamcha “… E TU! VIENI CON ME!” L’azzurra prese per un polso il principe.

Il terrestre li guardò allontanarsi ed entrare poi nella navicella gravitazionale poco distante, mentre a lui non restò altro che fare come Bulma gli aveva ordinato ed attenderla che rientrasse.

*

Yamcha aveva appena fatto una pessima figura con la sua ragazza, ma sapeva anche che non poteva competere con quel rozzo di un saiyan.

Aprì la manopola dell’acqua calda che cadde a pioggia attraverso la superficie della sua pelle.

“Me la pagherai un giorno!” Strinse un pugno evitando di scagliarlo sulla porcellana, se lo avesse fatto sicuramente avrebbe rotto la parete, e chi l’avrebbe poi sentita Bulma che si sarebbe ritrovata senza il suo amato bagno personale.

“Non ti arrabbiare, Yamcha. Sappiamo che a Vegeta piace provocare le persone.”  Gli disse il piccolo trasformista passandogli lo shampoo per i capelli.

“Io non capisco perché Bulma gli abbia chiesto di restare.” Sospirò insaponandosi la testa.

“Non aveva un posto dove andare. E poi dà retta a Bulma, e sa come farlo stare buono.”

“E’ questo che mi preoccupa.”

“Credi che lei non ti ami più e che si sia invaghita di quello là?”

Yamcha incurvò il labbro inferiore.

“Non lo so, non credo che Bulma sia una sprovveduta, però non so che cosa pensare. La sento distante, Puar… temo di perderla da un momento all’altro.”

“Puoi sempre rimediare no? Non farla allontanare, forse ha bisogno delle attenzioni che solo tu sai darle… mi hai capito, no?”

“E’ da un po' che non riusciamo a stare insieme, da quando quel ragazzo ci ha annunciato l’arrivo dei cyborg.”

Yamcha chiuse l’acqua, prese l’asciugamano ed iniziò a strofinarsi la pelle.

“Sorprendila, allora!” Ammiccò complice il trasformista nel momento esatto in cui sentì la porta di camera aprirsi.

 

*

continua

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Avevano trascorso una bellissima nottata lui e Bulma.
Peccato che dopo aver fatto l'amore per due volte consecutive, Yamcha era riuscito ad addormentarsi senza problemi, mentre lei era rimasta sveglia tutta la notta a rimuginare sul fatto che, forse, non provava più per lui le stesse cose.
Gli voleva bene, questo era certo, ma dire che l'amava era tutta un'altra storia.
Bulma si alzò dal letto appena i raggi di un timido sole fecero capolino sul sul volto stanco.
Andò in bagno e strofinò i denti, per poi passare a lavarsi la faccia e infilarsi qualcosa di sportivo che avrebbe portato sotto il camice da laboratorio.
Prima di uscire dalla sua camera da letto, volse un ultimo sguardo quello che era il suo attuale ragazzo.
Il cuore non le mandò nessun segnale, anzi, la infastidiva vederlo dormire mentre incombe su di loro una minaccia più grande.
Digrignò i denti ed ebbe l'istinto di togliergli le coperte di dosso e buttarlo giù dal letto, ma quando fece per avvicinarsi sentì il tonfo della porta d'ingresso che si chiuse.
Bulma si avvicinò lentamente alla finestra semi aperta e guardò giù.
Vide Vegeta raggiungere con pochi passi la Gravity Room che stazionava in giardino.
Suo padre gli disse di provarla per scovare eventuali anomalie.
Sorrise e il suo cuore iniziò a riscaldarle l'anima e a farle tremare le ginocchia per l'emozione.
Si morse il labbro inferiore e velocemente scese giù in cucina, chissà se Vegeta aveva già fatto colazione.
Ci trovò sua madre cinguettante che sfornava una torta al cioccolato. Che buon profumo che aveva.
"Oh! Buongiorno, tesoro. Vuoi un pezzo di dolce?" Chiese mentre l'appoggiava sull'alzatina e la cospargeva di zucchero a velo.
"Sembra ottimo!"
La svampita prese un coltello e ne tagliò una fetta che adagiò su un piattino, Bulma non usò la posata che le aveva allungato, preferendo mangiarla con le mani.
"Lo è." Esclamò con la bocca piena buttando giù un boccone.
"Caffè?"
"Nero!"
"Non hai chiuso occhio stanotte, non è così?"
"Rimuginavo su questi cyborg..."
"Non sei tu che ci devi pensare. Vegeta ci proteggerà, vedrai. E poi c'è anche Goku, Crilin..." Incredibile come che alla mamma di Bulma non venne in mente di nominare Yamcha.
"Vegeta sta provando la camera gravitazionale..."
"Sì, non ha nemmeno voluto fare colazione."
Bulma stava per prendere un vassoio con ogni ben di dio da portargli, quando lo spilungone fece il suo ingresso in cucina sbadigliando sonoramente.
Subito le salì il nervoso e digrignò i denti mascherando il disagio come meglio poteva.
"Oh! Ben svegliato, Yamcha!" Cinguettò la bionda sorridendo "... Vai ad allenarti anche tu con Vegeta?"
Yamcha avrebbe preferito sgozzarsi con le stesse mani piuttosto di condividere un allenamento con quell'assassino, e ancora non si capacitava come la fidanzata abbia potuto giocargli un tiro così mancino.
Bulma era di spalle e il suo attuale fidanzato non riuscí a vedere la sua faccia schifata.
"No, ma vado in palestra."
"Potresti allenarti con Crilin o Tensing." Propose l'azzurra in uno squittio.
"Con Genio? No, non ne ho voglia."
Yamcha bevve d'un sorso il caffè e prima di uscire imburrò una fetta di pane morbida e l'addentò.
A Bulma per poco non partì un embolo, sembrava che lo spilungone non avesse voglia di mettersi alla prova o di proteggere il suo pianeta, o lei.
Poco le importava, ci avrebbero pensato Vegeta e Goku.
Con aria spocchiosa prese il vassoio e si diresse fuori casa con l'intenzione di servire la colazione al Saiyan.
Almeno lui provava a fare qualcosa di concreto e il minimo che potesse fare Bulma era aiutarlo.
Deglutì il nulla, non che Vegeta la intimorisse, ma il fatto era che una volta arrivata davanti la camera gravitazionale, il suo cuore iniziò a battere in maniera irregolare e le dita delle mani s'intorpidirono, tant'è che rischiò di fare cadere il vassoio e il suo contenuto sul prato.
"Diamine! Che ti prende, Bulma?" Si chiese mentalmente facendo un bel respiro profondo, e una volta calmata del tutto, riuscì a trovare il coraggio di pigiare il tasto di chiamata.
Il Saiyan non rispose e dall'interno non proveniva alcun rumore.
Suonò di nuovo e questa volta azionò la telecamera per vedere all'interno: Vegeta si trovava in piedi, di fronte la consolle di comando e non faceva nulla.
Bulma allora aprì la porta notando che la macchina era spenta e lei non correva alcun pericolo.
"Posso entrare?" Domandò timidamente.
"Che vuoi?" Il Saiyan non la degnò di uno sguardo.
"Ti ho portato la colazione, mamma ha appena sfornato una torta."
"Lascia tutto lì per terra, e vieni subito qui."
Vegeta non era un cane e non meritava che Bulma gli mettesse il cibo in terra, così poggiò il tutto sopra il bancone all'ingresso, quello che fungeva da dispositivo di emergenza.
Bulma avanzò guardinga e solo dopo pochi passi riuscì a raggiungerlo.
"Aggiustalo!" Le ordinò indicando la tastiera schiacciata e che scintillava.
Bulma strabuzzò gli occhi "Ma che hai fatto? Mi ci vorranno delle ore."
"Beh! Allora è meglio che inizi subito." Disse uscendo di lì prendendo la torta.
*
Quel rozzo di un Saiyan, nel tentativo di avviare la macchina, ruppe il pulsante e dal nervoso ci scagliò anche un pugno.
Bulma ci lavorò cinque ore, senza nemmeno fare una pausa, ma alla fine riuscì ad aggiustare il tutto.
Fece alcune prove in sicurezza, indossando una tuta speciale che la riparò dalla gravità non troppo alta.
"Perfetto!" Esclamò poi togliendosi il casco e l'imbragatura nell'esatto momento in cui entrò Vegeta per vedere come procedevano le riparazioni. Spazientito, ovviamente.
Perché a causa di quell'inconveniente e dell'incapacità dei terrestri di avere una camera gravitazionale di riserva, lui aveva perso ore preziose che invece avrebbe dedicato ad allenarsi.
"Era ora!" Esordì il Saiyan scacciando via di malomodo la scienziata.
"È questo il tuo ringraziamento?"
"Vattene!" Le disse guardandola di traverso "... Mi stai innervosendo."
"Buon allenamento!" Gli augurò retorica  prendendo armi e bagagli, per poi lasciare quel luogo con il cuore galoppante nel petto.
Bulma si appoggiò alla parete metallica e respirò affannosamente.
"Che mi sta succedendo?" Si domandò riprendendo il cammino verso casa.
*
Trascorsero le settimane e i mesi, fino ad arrivare al compimento del primo anno dall'annunciazio e dell'arrivo dei cyborg.
Le cose tra Bulma e Yamcha andarono sempre via via peggiorando, fino a che una sera, il terrestre rincasò ubriaco fradicio dopo una rimpatriata con la sua ex squadra di baseball.
Bulma non lo aveva aspettato alzato, ma si trovava in cucina a tarda notte, indossando un pigiama molto sexy corredata di vestaglia di raso nera.
Sorseggiava un caffè mentre analizzava degli schemi relativi a un nuovo prototipo di Gravity Room.
Vegeta ormai tollerava alla perfezione la gravità trecento e aveva bisogno di più potenza per spingersi oltre il limite.
In tutti quei mesi non aveva mai parlato con Kakaroth e non gli aveva mai fatto visita, non gli importava sapere quello che stava facendo o confrontarsi su un possibile allenamento.
Era capitato che Goku facesse visita all'amica, ma non di certo per controllare la sua nemesi, più che altro perché a Chichi servivano degli elettrodomestici nuovi.
Yamcha percorse il corridoio in maniera claudicante, non riusciva a reggersi in piedi e dopo pochi passi riuscì a reggersi grazie a un mobiletto attaccato alla parete, che per la cronaca finì schiacciato sotto il peso del terrestre, e il vaso da fiori finì in frantumi.
Bulma sussultò e saltò dalla sedia, età talmente concentrata che non aveva udito il rumore della porta che si apriva.
Si precipitò di corsa fuori dalla cucina brandendo un mestolo di legno, ovvero la prima arma che aveva a portata di mano.
Quando vide il suo ragazzo stramazzato al suolo d'istinto le venne di romperglielo su quella sua testaccia.
Yamcha alzò il volto assonnato in direzione della ragazza e si alzò.
"Sei deficiente? Mi hai spaventata."
Yamcha la guardò inebetito per poi scoppiare a ridere.
"Tu? Che hai paura? Questa sì che è bella."
"Vai a letto, Yamcha, sei ubriaco."
Bulma si voltó e gli diede erroneamente le spalle.
Quella sottoveste era tremendamente sexy che i pantaloni di Yamcha iniziarono a stargli stretti all'altezza del cavallo, risvegliando in lui un istinto animalesco e primordiale.
La prese per i fianchi e la bloccò con la schiena al muro, baciandola.
Bulma sentì la vodka di cui ne era impregnata la sua lingua.
Schifata si divincolò rompendo la connessione con lui.
Yamcha le stringeva le spalle e le faceva tremendamente male.
"Lasciami!" Gli ordinò a denti stretti.
Ma Yamcha la desiderava più di ogni altra cosa, erano settimane che non s'infilava nel suo letto a causa di quel Saiyan che la costringeva a rimanere in laboratorio fino a tarda notte.
"Facciamo l'amore, Bulma. Ti voglio."
L'azzurra scostò la faccia quando percepì l'alito di Yamcha e il suo retrogusto alcolico entrare nelle narici.
"Sei ubriaco. Vai a letto. Ne riparleremo domani."
"Do-domani?" Lo spilungone, senza saperlo, strinse ancora di più le mani attorno alle spalle di lei.
"Mi-mi fai male." Sussurrò per non urlare e rischiare di svegliare i suoi genitori.
Ma Yamcha non voleva sentire ragioni, si era messo in testa che voleva Bulma e l'avrebbe avuta.
Ormai il suo cervello era annebbiato dai fumi dell'alcol e il cavallo dei pantaloni chiamava di essere aperto per liberare il suo contenuto.
Non era sua intenzione fare del male alla sua ragazza, ma ormai era partito per la tangente e la sua testa gli stava suggerendo che Bulma era pronta per lui.
Le mani di Yamcha vagavano per tutto il corpo di Bulma, soffermandosi sui seni generosi facendole inturgidire i capezzoli.
"Vedi che lo vuoi anche tu?" Le alitò nuovamente sul volto catturandone le labbra.
"Lasciami subito andare."
Yamcha però non ci stava subire quell'umiliazione, non comandava lei e per farglielo capire alzò una mano in alto, la quale venne bloccata subito dopo.
"Sei sordo, forse?"
Bulma riconobbe quella sagoma e quella voce nascosta dal buio: Vegeta.
Subito tirò un sospiro di sollievo quando prese il terrestre e lo scaraventò fuori di casa.
Ovviamente non lo fece passare dalla porta principale, ma bensì da un paio di pareti, fino a che non stramazzò svenuto sul prato, annaffiato poi dall'acqua degli idranti automatici.
"Gra-grazie." Farfugliò lei coprendosi il petto con la vestaglia.
"Non devi, mi avete svegliato." Aggiunse riluttante e infastidito tornandosene dritto a letto.
Bulma lo vide sparire nel buio del corridoio, poi volse lo sguardo verso la breccia aperta nella parete e vide Yamcha ronfare nella posizione ad Angelo e le salì il nervoso più assoluto.
*
Continua

 

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