Heart's rubble

di Kameyo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eccedentesiast ***
Capitolo 2: *** Memoria ***
Capitolo 3: *** Alew ***
Capitolo 4: *** Toccarti ***



Capitolo 1
*** Eccedentesiast ***


“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Eccedentesiast, chi nasconde il dolore dietro un sorriso - PumpWORD
N° parole: 214
 
 
4.
 
Eccedentesiast
 
 
«Mi sposo.»
Max lo disse fissando la Tequila ancora intatta nel bicchiere.
Avevano fatto l’amore nel suo appartamento quella mattina, dopo sei lunghissimi mesi di lontananza. Non si erano detti molto, un saluto veloce, uno sguardo e poi si erano aggrovigliati fra le lenzuola per ore.
Max gli aveva confessato di amarlo ancora, era la terza volta che glielo diceva in tutti quegli anni.
Adesso Matteo capiva.
«Elena?» chiese, cercando di non far tremare la voce.
«Margherita.»
Capelli blu, lentiggini, famiglia facoltosa. In qualche altro bar, Jacopo doveva star vomitando l’anima.
«Capisco» disse.
Sentì lo sguardo colpevole di Max su di sé. Si chiese se stesse ascoltando il rumore del suo cuore farsi polvere.
Aveva ancora il suo odore addosso, il suo sapore sulle labbra; avrebbe voluto non cancellarli mai.
Prese il bicchiere, si voltò alzandolo in suo onore, lo guardò come se si trovasse oltre un vetro appannato. Sorrise. Andava bene così, si convinse. Non si era mai aspettato un finale diverso.
Max non afferrò il suo bicchiere, lo lasciò sul bancone. Non sorrideva, non era mai stato bravo in queste cose.
«Ti prego, non…» fare così.
«Congratulazioni» disse.
Bevve tutto d’un fiato e poi sorrise, sorrise e sorrise ancora, mentre tutto il suo mondo crollava in un milione di pezzi.






 

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Capitolo 2
*** Memoria ***


“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Memoria – PumpINK
N° parole: 656
 
12.
 
Memoria
 
 
La periferia non è cambiata, lo scenario è identico al passato. Sua madre gli ha raccontato dell’asfalto nuovo, dei lampioni sostituiti, ma è durato tutto talmente poco che sembra non sia mai stato toccato niente.
Matteo cammina per le strade del suo cuore. La casa di Ivan è abbandonata da anni, il balcone potrebbe cadere in testa a qualcuno, la madre di Ludovica lo saluta distrattamente, come se non se ne fosse andato via per anni senza più tornare. Non si avvicina all’appartamento in cui vive Elisa, non ce la fa a vederla, non ancora. Fa un giro nella villetta in cui ha giocato da bambino, ci sono un paio di giostre nuove, sa già che spariranno presto.
Passeggia lento e si gode il panorama. È scuro e tetro, ma è casa, quella in cui ci ha lasciato tutto, l’anima pure.
I suoi piedi lo portano esattamente dove dovrebbero, ma non si azzarda a salire le scale, non entra, non si avvicina. L’edificio è sempre lo stesso, più solitario e malconcio che mai, alla fine non ci hanno creato un bel niente, né l’albergo né altri appartamenti per le famiglie in difficoltà. È vuoto, più di prima, perché dopo di loro nessuno si è più azzardato a metterci piede.
I loro nomi saranno ancora incisi sulle mura, intoccabili.
Matteo alza gli occhi verso i rettangoli vuoti che avrebbero dovuto ospitare vetrate magnifiche, e lo vede. Vorrebbe non fosse così, ma lo è.
Alex porta i capelli sciolti, le ciocche lunghe si muovono con il vento, ha una sigaretta spenta tra le dita; i suoi occhi di ghiaccio sembrano sciogliersi quando si guardano.
«Allora,» gli chiede con il suo solito tono canzonatorio. «Come sta andando?»
«Uno schifo. Max si sposa.»
Alex lo fissa, schiocca la lingua sul palato, e sembra così da lui da fargli tremare il cuore.
«Che testa di cazzo. E tu cosa farai adesso?»
«Niente. Quello che faccio sempre. Il lavoro, la palestra. Crescere Alessandro.»
La sigaretta di Alex è accesa, lui inspira il fumo e lo butta via di sbieco.
«Mi somiglia?»
«Molto. Ha i tuoi occhi.»
«E poi?»
«Si muove come te, fa le tue facce strane.»
«Io non ho facce strane.»
«Ce le hai. Mi stai guardando storto proprio adesso.»
Matteo pensa che si arrabbierà e lo manderà a fanculo, come fa sempre, invece Alex scoppia ridere, ride così forte che lo sentiranno in tutto il quartiere. Incredulo, si lascia trascinare e comincia a ridere anche lui, senza controllo.
«Ah! Mi piacerebbe vederlo. Lo porti da me più tardi?»
«Ci sta pensando la mamma, dovrebbero essere già lì.»
«Davvero? Devo andare allora, lo voglio vedere.»
Alex getta la sigaretta nel vuoto, lo accarezza con lo sguardo, gli sorride.
«Vai oltre» gli dice. «Dimenticalo una volta per tutte e fatti amare da qualcuno che ti merita. Max è sempre stato una testa di cazzo, non è alla tua altezza.»
Matteo non piange da quel giorno. Alle volte i suoi occhi s’inumidiscono, ma le lacrime non hanno più abbastanza forza da bagnargli le guance.
«Mi diresti così se fossi qui?»
Alex scuote la testa.
«Gli avrei rotto le ginocchia da un pezzo.»
Ed eccole lì, Matteo le sente spingere verso il basso, e c’è qualcosa nel suo petto che gli comprime il cuore. Non vuole piangere, non adesso, non in quel posto.
«Vorrei che tu fossi qui» la sua voce trema così tanto da non sembrare neanche la sua.
Alex ha un buco in fronte, la sua pelle è fredda, le sue labbra sono blu, giace in una fossa nella vecchia cava; ha chiesto dei soldi alle persone sbagliate. Matteo guarda i suoi capelli neri sporchi di sangue e terra. Ha diciannove anni e suo fratello è morto ammazzato.
«Mi manchi, fratello. Mi manchi tantissimo.»
Alex lo guarda con aria colpevole, ma rimane in silenzio. Svanisce a poco a poco esattamente com’è apparso.
Matteo rimane da solo tra le macerie dei suoi ricordi.
 

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Capitolo 3
*** Alew ***


“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Alew, pianto di disperazione – PumpWORD
N° parole: 215
 
17.
 
Alew
 
 
Matteo lo sente risalire dallo stomaco, gli graffia la gola fino a rotolare via dalle sue labbra. Il suo urlo squarcia il silenzio degli attoniti.
I poliziotti cercano di fermarlo, lo afferrano per le braccia, lo spingono indietro.
«Non guardare» lo supplica uno di loro.
Lo riconosce, è lo stesso che si è presentato in casa loro di notte, cercava roba che Alex non nascondeva, non ancora almeno.
Scalcia e si dimena finché non sguscia dalla loro presa, corre verso la buca, scivola al suo interno, cade e rotola e si sbuccia le ginocchia nel farlo. Altri poliziotti cercano di portarlo via, ha troppa rabbia in corpo, non ci riescono.
«È mio fratello!» urla alla gente in divisa attorno al corpo di Alex.
Non sa chi siano, ma li odia tutti, perché lo stanno studiando come se non fosse un ragazzo, ma solo un caso di cui devono occuparsi.
Matteo li raggiunge, li spintona, lo guarda.
Alex ha un buco in fronte, i suoi capelli sono sporchi di sangue e terra, le sue labbra sono blu, gli occhi vitrei. Non osa toccarlo, ha paura di sentire quanto sia fredda la sua pelle.
Cade in ginocchio ai suoi piedi e non si trattiene più. Le sue lacrime inondano ogni cosa, le sue urla rimbombano nella notte.
 
 
 

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Capitolo 4
*** Toccarti ***


“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Toccare
N° parole: 515
 
28.
 
Toccarti
 
 
Hanno da poco passato i quaranta, eppure, pensa Max con il cuore gonfio, Matteo è bellissimo, non ha smesso di farlo sentire un ragazzino.
Alle spalle, hanno una lista infinita di rimpianti ed errori, ne stanno per compiere un altro proprio adesso, forse il peggiore. In passato si sono fatti a pezzi, si sono vomitati addosso parole taglienti, si sono presi a pugni, ma non avevano mai ferito altri se non loro stessi. Ora è diverso. Matteo ha una famiglia, se l’è costruita con sforzi immensi, allontanando il loro ricordo, la voglia di vederlo, di stringerlo tra le braccia una volta di più.
Eppure, pensa ancora Max, non gli importa.
Ha passato tutta la vita ad essere come volevano gli altri, ha seguito la strada tracciata per lui, anche se non faceva altro che guardarsi indietro, anche se non faceva altro che tormentarsi nel pensarlo altrove, stretto ad un altro corpo.
Adesso non ci riesce più, non riesce più a trattenersi, a stare nei binari. Ha fatto troppo male, fa troppo male. Quindi, anche se è sbagliato, anche se Matteo si sentirà in colpa e dovrà affrontare conseguenze enormi, lo tocca. Stringe il suo viso fra le mani, gli accarezza le guance ispide.
«Non farlo» lo supplica Matteo. «Non farmi questo, non adesso. È troppo tardi. Non uccidermi ancora.»
È l’ultimo barlume di lucidità che gli rimane, e decide di ignorarlo. Lo bacia.
Lo bacia e tutto il suo mondo si assesta. Il suo sapore non è cambiato, il suo calore è lo stesso, brucia la pelle e cura ogni ferita.
«Ti prego. Max, ti prego
Max non lo ascolta, gli sbottona la camicia, bacia la sua pelle nuda. È come da ragazzi, non è cambiato niente, niente.
«Non ti lascio più» promette. «Solo io e te, per sempre. Non ti lascio a lui, non ti lascio a nessuno. Sei mio, sei sempre stato mio.»
Lo tocca e si sente febbricitante. Lo spoglia, si spoglia, lo bacia, si baciano. Sono pelle contro pelle e niente ha più senso se non loro due, in quel palazzo abbandonato in mezzo alla periferia.
Matteo lo abbraccia, sente le sue lacrime sulle labbra, gliele asciuga e lo bacia ancora. Non farebbe altro.
«Mai più» giura. «Non ti lascio più. Ti amo. Ti amo.»
Hanno passato i quaranta, stanno per compiere l’errore più grande, il più doloroso, ma non potrebbe essere più giusto.
«Perché proprio qui?»
Max si blocca, lo fissa. Matteo ha i capelli sfatti, le labbra gonfie, gli occhi rossi, è bellissimo. Così bello da lasciarlo senza fiato.
«Qui è dove ti ho toccato l’ultima volta, per ferirti.» Se lo ricorda ancora quel pugno, il suo sangue sulle nocche. «Adesso voglio guarirti. Tutte le ferite che ti ho inferto, tutto il dolore che ti ho causato, voglio rimediare.»
Matteo è diffidente, lo vede nel mondo in cui la sua mascella si tende, ma si sono amati – e si amano – troppo per non darsi un’altra possibilità. Quell’incertezza infatti non dura che un battito di ciglia.
«Va bene» cede. «Va bene.»
Max lo sovrasta, lo tocca, e riprende a vivere.
 
 

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