Ryuusei Fantasy

di Rinalamisteriosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Premessa: ecco la fantasyau! nata per il writober2021. Chiaramente era impossibile per me realizzarla nella sua interezza oggi, perciò posto quello che ho scritto, senza grandi pretese, come primo capitolo e a un seguito decente penserò in un secondo momento XD

La dedico a Rota sperando umilmente che le piaccia <3

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Ryuusei Fantasy: Capitolo 1

Questa avventura iniziò il giorno in cui un giovane ragazzo dai capelli castani e dagli occhi accesi di vitalità, la cui fama era ben nota in tutto il Regno per la sua tenacia inarrestabile e il suo eroismo disinteressato, venne convocato al palazzo reale.

Non si trattava di uno di quei cavalieri legati al proprio sovrano da un giuramento inscindibile: era più un cavaliere giramondo e libero che offriva gratuitamente i propri servigi a chiunque avesse bisogno di qualunque tipo di aiuto o di protezione.

Red Chevalier, con la sua fida spada inclinata sul fianco, si inchinò al cospetto di King Leo, il giovane sovrano dai capelli arancioni.

“Ho un incarico per te, Red. I miei Knights sono attualmente impegnati in un'altra missione e non posso mandare loro, ma sono sicuro che saprai soddisfare ampiamente la mia richiesta di recuperare un oggetto perduto”, lo informò tutto d'un fiato, rimanendo ritto sul trono, per poi cambiare posizione e dondolare le gambe come un bambino felice.

“Certamente! Di quale oggetto si tratta?” chiese, rimanendo ancora in ginocchio.

“La statuetta di un compositore con in mano uno spartito, tutta d'oro. Ho scoperto che è stata trafugata dalla collezione reale da non so chi, quindi cerca di indagare e di riportarmela sana e salva. Tutto qui! Rimango in attesa, puoi andare”, lo congedò il re eccentrico, rivolgendo la sua attenzione a un gatto che si era andato a nascondere dietro un drappo di velluto blu.

“Agli ordini!” esclamò il determinato cavaliere, levandosi in piedi e correndo appunto a indagare.

Così venne a sapere da alcuni servitori nel palazzo che era stato effettivamente individuato un tipo sospetto, tre giorni prima, aggirarsi per il cortile del palazzo per poi sparire nel nulla. Inoltre gli era stato consigliato di provare a chiedere alla locanda Eden, che forse lì sapevano dargli qualche informazione in più sul ladro - era un covo di pettegoli e cospiratori, quindi gli conveniva davvero recarsi lì. Prima di andare, però, Red Chevalier dovette avvisare il proprio valletto personale riguardo alla

faccenda. Costui era per metà imparentato con una tigre, perciò si faceva chiamare Tetora, o Black Tiger. L'aveva conosciuto un paio di anni prima all'interno di un mulino, l'aveva riscattato dal precedente padrone e liberamente gli aveva domandato se volesse lavorare per lui. Liberamente, perché il loro non era un accordo di quelli che duravano per sempre, eppure Tetora stava ancora

al suo fianco. Lo trovò placidamente addormentato con la schiena appoggiata a un tronco d'albero, per ripararsi dai raggi del sole.

Lo svegliò dal suo sonno semplicemente chiamandolo per nome, le mani chiuse a pugno sui fianchi, ma Tetora non ne fu infastidito, anzi, si mostrò ben felice di seguirlo per sventare il furto e riportare indietro la preziosa statuetta.

“Dove si trova questa locanda?” domandò mentre andavano incontro al sentiero che li avrebbe introdotti alla cittadina principale di quel Regno.

“A 150 metri dalla piazza centrale. Mi è stato detto che di fronte è situata una fontana raffigurante Adamo ed Eva, non possiamo sbagliarci!” disse, ottimista.

 

 

 

Nello stesso momento, un ragazzino guardava intimorito la suddetta locanda, pensando se fosse davvero il caso di entrarvi oppure no. Aveva con sé un libro magico davvero importante, proprietà del suo maestro di pozioni, il grande Natsume.

Se qualche malintenzionato avesse messo le mani sul tomo, sarebbe stato un grosso guaio. Eppure l’informazione di cui aveva bisogno era davvero importante e quel posto, gli avevano riferito essere un via vai di notizie provenienti da ogni parte del Regno e dintorni. Forse Midori, questo era il suo nome, doveva semplicemente calmarsi. Non doveva dare a nessuno l’impressione di viaggiare con un carico così prezioso, ma far credere che avesse un semplice sacco di tela con solo i propri effetti personali dentro – cose senza importanza, dunque. Prese un respiro profondo, sperando che bastasse a cacciare via ogni traccia di nervosismo e agitazione che lo scuoteva intimamente. Attese qualche minuto e quando si sentì pronto, il Green Wizard andò verso l’ingresso della locanda Eden.

 

 

 

Quella cittadina, composta da un insieme di casette disposte una accanto all’altra, dalla piazza centrale in cui si faceva mercato e da altre vie secondarie in cui potevano esserci appunto locande, chiese e cimiteri, aveva anche un fiume che forniva l’acqua alle fontane e chiaramente ai cittadini che volessero raccoglierla nei secchi per farne scorta.

A Kanata faceva davvero comodo che il suo Chiaki si trovasse in un posto in cui passava il fiume, perché questo gli aveva permesso di raggiungerlo malgrado la sua natura. Quando uscì dall’acqua, dopo aver controllato che non ci fosse nessun umano che richiamasse l’attenzione su di lui, non al momento, bevve la pozione che avrebbe temporaneamente trasformato la sua coda di sirena in due gambe. Mentre avveniva ciò riuscì a nuotare fino a una piattaforma per salire, che si trovava proprio sotto un ponticello, a issarsi col busto e poi avvolgersi il petto con le gambe piegate verso di sé, per coprire la sua nudità. In questi casi anche lui poteva contare su un ragazzo speciale che lo aiutava, per cui fischiò un richiamo e l’altro fu subito da lui con della stoffa rossa da avvolgere intorno al suo corpo.

“Non ho trovato di meglio, mi dispiace”, si scusò.

“Questa va benissimo! Grazie”.

Avendo la particolarità magica di essere un ranocchio trasformato in un ragazzino, Shinobu poteva anche vivere lontano dall’acqua, perciò era già lì da qualche ora a controllare la situazione.

“Lui sta arrivando, Blue mermaid”, lo informò mentre gli faceva un nodo abbastanza stretto.

“Sei stato discreto mentre lo spiavi?” s’informò, tenendo sollevati i lunghi capelli blu per facilitargli il compito.

“Non si è accorto di nulla, sono stato bravo come un vero ninja”, si vantò, ma timidamente, non era da lui la presunzione.

“Non lo metto in dubbio”, rispose Kanata, osservando soddisfatto la sua veste improvvisata e posando la mano sul caschetto di capelli viola di Shinobu, per dargli una carezza come ulteriore ringraziamento. Non apparteneva alla sua stessa razza, ma gli voleva bene come se fosse un fratellino minore.

 

 

 

Nel frattempo, da tutt’altra parte, addirittura nel Regno confinante, un uomo incappucciato in groppa al suo destriero stava per fare il suo ingresso in un altro castello. E nel forziere riposto nel piccolo carro che l’alta figura trasportava risiedeva proprio la statuetta dorata rubata a Re Leo.

Riusciranno dunque i nostri eroi a riprendersela pur essendo arrivata così lontano?

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

Qualche ora prima, alla locanda Eden, qualcuno aveva preparato un infuso alle erbe dopo aver atteso che l’acqua andasse in ebollizione. Egli si chiamava Jun: era un giovane dai capelli blu molto scuro al momenti sciatti, poiché si era svegliato da poco, e gli occhi dorati.

Tempo cinque minuti e il comproprietario della locanda era salito al piano di sopra recando un vassoio con sopra il profumato infuso dentro una tazza bianca in ceramica.

Scostando leggermente la porta di legno di frassino era entrato nella camera dove, accanto alla finestra con delle tendine color verde oliva, vi era un semplice letto matrimoniale con una giovane dai voluminosi capelli biondi e con ancora indosso la vestaglia da notte, mentre tra le sue braccia dormiva beata una piccola bimba con in testa un ciuffetto di capelli scuri.

Era passato circa un annetto dalla sua nascita che aveva allietato la loro vita coniugale, anche se non mancavano certo i momenti in cui le stavano dietro un po’ di più senza mai riposare, come quando aveva contratto una febbre alta che li aveva tenuti in allerta per cinque giorni, ma fortunatamente era guarita grazie alle cure di un bravissimo cerusico.

«Hiyori, io devo aprire la locanda: prenditi il tuo tempo per bere e per sistemarti: vi aspetto sotto», sussurrò per non disturbare.

«Jun, aspetta! Stai dimenticando una cosa importantissima!» esclamò, dopo averlo visto deporre il vassoio nel comodino vuoto accanto a lei.

La donna aveva chiuso le palpebre e stretto le labbra, sporgendole in avanti e in attesa. Jun decise all’istante di accontentare la sua graziosa principessa soltanto perché sapeva per esperienza che altrimenti gli avrebbe tenuto il broncio per tutto il giorno, il loro bacio fu veloce ma passionale abbastanza per farla felice.

«Mary, adesso noi due ci facciamo belle, ok?» Hiyori si rivolse alla loro bimba sollevandola delicatamente e sfregando con dolcezza il naso contro il suo, piccolissimo.

 

 

 

Midori scelse senza alcun indugio di occupare il posto più appartato della locanda, senza incrociare lo sguardo di nessuno, con l’intento di rimanere inizialmente per i fatti propri. Sperò di non essere sembrato troppo rigido mentre raggiungeva quella sedia dietro una pianta in vaso dall’aspetto ben curato. Quasi saltò quando comparve il locandiere per porgergli una pergamena con il menù trascritto sopra con l’inchiostro.

«Grazie m-mille!» esclamò per cortesia.

«Va tutto bene?» domandò Jun, vedendolo così intimidito. «È bello vedere volti nuovi ogni tanto. Da dove provieni?» continuò per rompere il ghiaccio ed essere accogliente come richiedeva il suo ruolo.

Forse incoraggiato dal suo sorriso, Midori replicò con più serenità: «Dai Monti Shiranui. Sono in viaggio su richiesta del mio maestro, per questo sono giunto fin qui, ma si tratta di una missione segreta quindi… non ne parlerò», si limitò a replicare, grattandosi la nuca.

«Va bene, non insisto. Aspetti qualcuno, per caso? Molti scelgono la nostra locanda per darsi appuntamento».

«No. A-avete altri avventori, pare», riferì cambiando discorso, poiché aveva appena visto la porta principale aprirsi con lo scampanellio della campanella posta sopra, come si era mossa anche con lui.

Dall’ingresso della locanda entrarono due persone, precisamente due giovani, e la prima cosa che attirò lo sguardo di Midori fu lo spadone che uno di loro portava al fianco. Non credeva che avrebbe avuto la possibilità di vedere già un cavaliere importante, pensando che avrebbe dovuto viaggiare ancora prima che succedesse. Lo sfiorò la possibilità di chiedergli se per caso potesse accompagnarlo nel luogo in cui era diretto, tipo fargli da scorta, ma magari era già impegnato e questo lo frenò subito dall’alzarsi in piedi e andare a domandarglielo. Chi era lui per avere pretese del genere? Solo un maghetto principiante da quattro soldi, e poi quelli erano pure muscolosi in confronto a lui, gracilino.

 

 

 

Chiaki era andato dritto e sicuro verso il tavolo centrale, con quattro posti, di cui due erano già occupati, perciò chiese se per caso gli dispiaceva se si univano a loro a bere in allegria.

Si trattava di un tizio biondo con una benda nell’occhio sinistro e l’altro occhio con l’iride azzurrissima, mentre il suo vicino era un ragazzino dai capelli rosa e un’acconciatura circolare ai lati delle orecchie. Corrispondeva esattamente alla descrizione che avevano riguardo agli informatori.

Fu quello più grande a rispondere seraficamente: «D’accordo. Accomodatevi pure».

 

 

 

«Mio caro Shinobu, ti dispiace andarci da solo? Non sono il benvenuto in luoghi del genere», disse Kanata, accucciandosi dietro una cassa di legno nel retro della locanda Eden. Da qualche metro avevano visto Chiaki e il suo assistente nel momento esatto in cui vi si erano introdotti, per poi sgattaiolare furtivamente dove si trovava un’uscita secondaria della struttura.

«Solo perché la gente non capisce! Per fortuna non hanno tutti dei pregiudizi contro le sirene, ma sarebbe bello se le cose cambiassero», si dispiacque il ragazzo ranocchio, calando contrito il capo.

«Già. Non immagini quanto ti sia grato per essere dalla mia parte, Shinobu: sei sempre un alleato così prezioso», gli sollevò il morale la creatura marina, attualmente nella sua forma umana.

«Basta mettermi in imbarazzo! Adesso entro anch’io», asserì lui, guardando il cielo e stringendo i pugni.

«Vi aspetto qui», mormorò l’altro con totale fiducia accompagnata da un sorriso sincero.

 

 

 

«Sì, esatto, quella volta ho steso un orso combattendo a mani nude! Ahah», confermò Chiaki dopo che Tori – il nome del ragazzino, che lo fissava meravigliato con gli occhi sgranati e la cannuccia tra le labbra – gli aveva domandato se questa vicenda su di lui fosse accaduta veramente.

Erano passati pochi minuti da quando erano stati serviti con due tazze di latte per quest’ultimo e Tetora, e due boccali di vino rosso per Chiaki e il misterioso giovane con la benda che non si era ancora presentato. Non aveva per nulla toccato il suo boccale, solo ci aveva girato un dito intorno più volte, riflettendo su chissà che.

«Cosa spinge un cavaliere così valoroso come lei da queste parti?» domandò allora il biondo con tono apatico, fingendo disinteresse.

«Sono stato convocato da Re Leo e mi è stata affidata una missione, ma prima di decidere come muovermi ho pensato che qui, tre giorni fa, dovrebbe essere passato un individuo alquanto sospetto. Sapete dirmi qualcosa a riguardo? Pensateci: recava con sé qualcosa che non ha mai tirato fuori?» chiese, arrivando al sodo con il motivo per il quale si trovavano lì.

«Costui ha i capelli castani: purtroppo è l’unica informazione che abbiamo ottenuto da una donna che lavora a palazzo», aggiunse Tetora, leccandosi le labbra sporche del buon latte.

Il tipo ben informato, appoggiando il mento nella mano, il volto reclinato, l’occhio sano stranamente assottigliato e quasi tagliente, tirò un sospiro.

«Ti dirò quello che so, ma prima vorrei precisare una cosa: sono stato gentile perché inizialmente non ti avevo riconosciuto. C’è una diceria sull’eroico cavaliere Chiaki, su Red Chevalier, che non mi piace: tempo fa hai salvato una sirena».

All’ultima parola cadde un silenzio intimidatorio. Qualcuno dei presenti sussultò.

Chiaki mantenne comunque il suo entusiasmo.

«Sì, è vero. L’ho fatto, signori e signore. Ed è una delle cose che rifarei perché non c’è nulla di male», fu la sua pura e semplice replica.

«Le sirene sono pericolose!» sbottò l’altro.

«Eichi-sama!» esclamò Tori, che sapeva il motivo di quel comportamento, ma non aveva il permesso di rivelarlo dallo stesso.

«Ne hai conosciuta qualcuna per affermare ciò?» domandò Chiaki senza ancora farsi turbare dalle loro parole. Era abituato alle provocazioni, di qualunque natura esse fossero. Aveva impiegato anni per allenare l’autocontrollo, mentre prima sicuramente si sarebbe arrabbiato. Arrabbiarsi, però, recava solo rancore e odio e lui non voleva affatto cedere a quei sentimenti così negativi.

«Non personalmente, ma-».

«Kanata è gentile. Ha un cuore grande quanto gli abissi dai quali proviene. Non farebbe del male a nessuno».

Aveva dato questa risposta con un tono meno squillante, più intenerito. Eppure Eichi non riusciva a concepire un tale affetto: non poteva. Aveva perso qualcuno di importante.

«Ti avrà abbindolato, allora! È un mostro come tutti quelli della sua specie!» enfatizzò, balzando in piedi e battendo i pugni sul tavolo nello stesso momento.

«Vuoi attaccare briga, per caso? Io sono sempre pronto a difendere il padrone con i miei artigli. Se padron Chiaki afferma che le sirene sono buone, io gli credo!» ringhiò Tetora, venendo però trattenuto per una spalla dall’altro, che sorrise per rassicurarlo che non c’era bisogno di aggredire nessuno.

E poi la sua forma animale avrebbe sicuramente scatenato il panico generale. Meglio non utilizzarla.

A giungere in suo soccorso per quanto riguardava il tranquillizzare i presenti, Hiyori, con i capelli legati in una coda alta e il vestito da locandiera a balze sotto il grembiule, si mise al fianco di Eichi. Era una delle poche persone al mondo a poterlo fare dato che si conoscevano da anni, anche non sempre sopportava il suo carattere.

«Calma, calma, calma. Non c’è bisogno di scaldarsi, miei cari! Eichi, non provocare i nuovi clienti, per piacere. Ho perso il conto di tutte le volte in cui te l’ho detto. Torna a sedere, su, da bravo!»

«Me ne vado», ribatté invece, riportando almeno il suo tono all’apatia dimostrata precedentemente. Si rivolse al ragazzino che era insieme a lui: «Tori, dagli l’informazione che desiderano, così se ne potranno andare anche loro».

 

 

 

Udirono che il ladro della statuetta – erano certi fosse lui poiché non avevano altre piste – si chiamava Madara, si era fermato a bere lì appunto tre giorni prima, e animato dall’alcol in circolo aveva riferito allegramente il suo piano. La sua intenzione era di imbarcarsi verso l’isola più vicina, poi da lì avrebbe preso un’altra nave e infine un cavallo che lo avrebbe condotto fino al castello di Re Rei, nel Regno confinante.

«A quest’ora potrebbe essere arrivato a destinazione, o quasi, non pensate anche voi?» affermò Tetora.

«Temo proprio che sia così», rispose Hiyori, che si era fermata ad ascoltare, seduta nella sedia prima occupata da Eichi.

«Dobbiamo imbarcarci nella prima nave disponibile verso la medesima isola, dunque», dedusse Chiaki.

«E-ehm, scusatemi se mi intrometto», si inserì una voce bassa, timida.

Anche Midori aveva preso il giusto coraggio per avvicinarsi al gruppetto riunito nel tavolo centrale.

«Io, forse, ho una suggerimento più rapido per il vostro caso».

Persino Shinobu, che nel frattempo si era fatto servire da Jun una specialità della locanda, senza ancora farsi avanti con Chiaki per svelare il fatto che Kanata lo attendesse fuori, rimase stupito e quasi impietosito da quel tipo che sembrava stesse per svenire da un momento all’altro.

 

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