不枉 - Bù Wǎng

di _NeptuneHydrangea_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


“Fidatevi di me...so come sistemare la situazione una volta per tutte”

Le labbra della ragazza si distendono in un sorriso di convinzione e fiducia, un sorriso che sembra avvolgere le persone stesse davanti a lei. Un sorriso che racconta serenità. E’ una frazione di secondo, perché non dà tempo per una reale risposta. Ha fatto le proprie scelte, soppesato i pro, i contro, quelle che ha immaginato essere le conseguenze. E’ un fruscio di vesti quello che accompagna il rapido movimento, l’aggraziato salto che le consente di salire su Chúnyì prima che l’energia spirituale diriga la spada proprio nell’occhio del ciclone.
L’oppressione del risentimento inizia a strisciare lungo i bordi, e per quanto senta di contro la forza del proprio nucleo d’oro accrescere man mano che la consuma, sa che ha poco tempo prima che l’enorme squilibrio la guidi dritta in una deviazione del Qi, e tutto il piano vada in fumo.
C’è semplicemente troppo da perdere.
Indirizza parte di quelle energie che sta raffinando e accumulando per velocizzare la spada, contrastando i venti sferzanti fino a riuscire lì dove la calma sembra quasi paradossale. Come paradossale è il fatto che l’occhio del ciclone cada proprio attorno alla Caverna del Massacro dei Demoni, un sorriso sornione che si dipinge per un attimo sul volto cancellando l’espressione determinata per il tempo di un respiro, prima che l’odore e la pressione del risentimento le comunichino che il tempo scivola sempre più agli sgoccioli.
Salta giù dalla lama, utilizzando il bordo tagliente per aprire la pelle delle dita iniziando a tracciare i segni di una complessa schiera, qualcosa che le ha richiesto innumerevoli ore di lavoro e di impegno e che una parte del proprio cervello, incredibilmente lucida e quasi distaccata, si chiede se non renderà fiero di lei suo padre. All’interno della schiera ulteriori segni vengono apposti, e al centro dei cinque cerchi creatisi c’è lo spazio per l’apposizione di un oggetto.
Fruga nelle proprie maniche, ritrovandosi con le gambe tremanti in un battito delle ciglia scure su uno sguardo che si fa sfocato, che fatica a ridipingere il luogo all’interno di cui si trova. Non ha più tempo, lo sente nella pressione all’interno dei suoi percorsi spirituali, a come il suo corpo brucia come se fosse rimasta un passo di troppo vicina al fuoco. Con un impulso di energia spirituale un ago, una Campana della Chiarezza, un sacchetto di profumo in tessuto di un delicato oro, una benda bianca insanguinata e un Guan trovano il loro posto all’interno della schiera che si illumina inizialmente di un delicato color lavanda, ma quasi immediatamente il colore lascia spazio ad un forte color oro.
Con l’inizio dell’incanto, la cultrice sale nuovamente sulla propria spada, cominciando a sollevarsi sempre più in alto all’interno della tempesta che sembra riprendere ad ululare più forte nel momento in cui un canto sfugge dalle labbra della giovane, energie scure che convogliano in lei, vengono drenate, purificate, inviate alla schiera con costanza nonostante il dolore che aumenta.
L’energia dei Tumuli Funerari è troppa affinché il proprio corpo possa processarla senza danno, e man mano che gli squilibri del suo corpo aumentano, il suo stesso incarnato sembra farsi oro fuso come quel Nucleo che gira impazzito, fluttua incontrollato. Il canto non si spegne, nonostante il sangue che inizia a colare in ordine dalle sette aperture, macchiando le vesti viola. Nonostante il dolore della pelle che si apre, dei muscoli e delle ossa che si rompono. Continua, anche se a tratti il sangue in gola è così tanto che sembra canti immersa in acqua.
L’energia risentita la combatte, sembra vincere, ma non è che il canto del cigno mentre l’intera tempesta collassa all’interno dell’occhio del ciclone, oro e fumo nero che danzano insieme, prima che non ci sia che silenzio, la schiera ancora illuminata.
E poi di colpo, l’esplosione. Oro che schizza in ogni direzione, come se volesse ricoprire l’intera zona, una luce troppo forte per poter essere osservata e immediatamente, infatti, tutti i presenti chiudono gli occhi e coprono il viso. E’ un attimo, il cambiamento.
C’è ancora silenzio mentre la pelle della cultrice si fa bianca, come se il sangue fosse defluito dal corpo assieme all’oro che colorava il suo essere, e forse è realmente così. Gli occhi dei presenti a poco a poco tornano ad osservare quello che li circonda, e con la vista torna anche la voce. Ci sono domande, ma soprattutto urla.
Eppure la giovane cultrice non sente nulla mentre cade con un sorriso, il corpo che si sfalda come se fosse delicata e fragile carta, salutando la coscienza in pace.

Hydrangea's Corner
 

SSSSSSSSalve a tutti!
Dopo mesi passati a minacciare che sarei tornata a scrivere, alla fine ho messo in atto quanto detto.
Torno con una long fic dopo davvero tanti, tanti, tantissimi anni dall'ultima e lo faccio in un periodo alquanto incasinato.
Motivo per cui avviso già da ora che non so quanto mi sarà possibile mantenere una schedule di aggiornamenti regolare.
Però prometto che la finirò, costi quel che costi!
Tutto questo nasce da un viaggione mentale dei miei, uno di quelli fatti alle quattro del mattino quando non riesco a prendere sonno e onestamente, spero possa piacervi.

Tag, avvertenze e rating sono soggetti a cambiamenti man mano che i capitoli verranno pubblicati.
Mi sono tenuta abbastanza contenuta per evitare di spoilerarvi subito ogni cosa.

Detto questo, ogni critica, commento, idea o altro sarà bene accetta

Enjoy it!

Vocabulary:
纯意 Chúnyì - Intenzioni Pure
不枉 Bù Wǎng - Non invano


 

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Capitolo 2
*** Chapter 1 ***


Urla.
E’ questa la prima cosa che Hasu sente nel momento in cui la coscienza ritorna.
Dolore, paura, agonia che si mescolano nelle sue orecchie e sembrano quasi il ritorno di un vecchio amico a lungo dimenticato, a lungo atteso.
Le ci vuole un attimo a comprendere che non è altro che l’eco di un sogno probabilmente, mentre lentamente le palpebre si sollevano, solo per potersi riabbassare di fronte all’intensità della luce che entra dalla finestra a lato del letto. Inspira, prima di riprovarci nuovamente combattendo nel frattempo la sensazione di debolezza, tentando di ricostruire gli ultimi ricordi che ha nella volontà di capire dove si trovi. La realizzazione del fatto che si trovi all’interno dell’ala medica dei Laboratori Andromeda la colpisce nel momento in cui qualcosa cade, colpisce il pavimento, il liquido si spande su di esso e alcuni passi affrettati segnano l’avvicinarsi di un volto che non tarda molto a comparire nel suo campo visivo.

“Hasu. Sei sveglia!”

E’ una esclamazione che le dà da pensare, che la spinge a chiedersi quanto tempo sia passato dal suo ultimo ricordo ad ora. L’ultima cosa certa che sa è che lei e Liam erano all’interno del secondo piano di un palazzo in fiamme nei pressi di Central Park, ne erano usciti e ora l’amico è lì in piedi che la fissa.

“Sembrerebbe. Che diamine è successo? “

Man mano che le parole scivolano fuori dalla bocca della ragazza, la forza pare tornare a piccole ondate dentro di lei. Le mani si puntellano contro il materasso, e lottano per non tirare i fili dei macchinari e delle flebo, le braccia dell’amico che la guidano contro la testiera del letto.
C’è il silenzio, l’assenza di una risposta che permea l’aria tra di loro e che la spinge a cercare nuovamente il viso dell’amico.

“Non lo so, sei svenuta nel bel mezzo del vicolo. Stavo parlando alla radio con Kate, Sophie e Luke per rassicurarli che stavamo bene e tutto ad un tratto dicevi di sentire delle urla e ti tenevi la testa tra le mani. Dopo di quello, sei crollata come un sacco di patate.”

La preoccupazione è evidente nello sguardo dell’amico, e Hasu semplicemente si ritrova a scuotere il capo. Non ricorda nulla di quanto le viene detto, ci sta provando davvero quando un pensiero tanto improvviso quanto cruciale, le balza alla mente.

“Qualcuno…?”

Liam sa già cosa voglia chiedere l’amica, il capo che si scuote.

“No, sei al sicuro. Nessuno ti ha visto. ”

C’è un sospiro di sollievo che scivola involontario fuori dalle labbra della giovane, che solleva le mani a strofinare il volto, come a voler cancellare la preoccupazione che le ha fatto battere più forte il cuore, un suono che viene catturato dal monitor a cui è attaccata e a cui lancia uno sguardo assolutamente tradito che fa sfuggire una risata di sollievo al ragazzo lì presente.

“Va bene, vado a chiamare Kate. Fatti visitare e poi andiamo a cena fuori tutti insieme. “

C’è solo un attimo di esitazione della voce.

“Non ti sei svegliata per un mese, eri come in una stasi. Non farlo mai più. “

Preoccupazione che resta a farle compagnia, mentre i passi di Liam scivolano fuori dalla stanza.


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E’ passato un mese dal suo risveglio, e non si può dire che la sua vita in qualche modo sia cambiata.
Ogni giorno si alza, si reca al piccolo teatro nel Queens dove lavora come tuttofare e quando il turno finisce torna a rifugiarsi all’interno dei Laboratori Andromeda, dove occasionalmente la sera la loro piccola squadra investigativa scivola per le strade di New York.
Eppure, inconsapevolmente, dal suo risveglio qualcosa sembra essersi messo in moto.
Sono piccoli segni, frammenti di sogni così assurdi che lasciano la confusione in quei primi attimi di risveglio, ma che lungo la giornata svaniscono rapidamente dalla memoria.
A volte sono voci, l’impressione di un volto, il tocco di un tessuto sulla pelle oppure il suono di una melodia lontana che appena apre gli occhi svanisce lontano lasciando una sensazione di vuoto.

E’ giunta la sera e la cena è stata consumata nella stanza una volta che gli amici sono tornati a casa e i rumori del Laboratorio non sono che delicati ronzii di alimentazione per i macchinari che restano in funzione. Hasu è stesa sul letto, gli occhi fermi su un soffitto che non vedono mentre insegue ricordi e pensieri, scivolando ai propri primi giorni all’interno della Grande Mela.

*Sono passati quasi tre giorni tra cambi di autobus e treni, la tensione alta nel mantenere costante attenzione nell’ evitare quanto più possibile i controlli, celandosi dietro un abbigliamento casual e abbastanza coprente, prima di poter muovere i primi passi tra le strade di New York. Solo pochi attimi di respiro, uno sguardo delle iridi grige al cielo limpido prima di incamminarsi per mimetizzarsi tra la folla, vagando fino ai confini di Manhattan, lungo il ponte che la collega a Brooklin. Non il posto migliore per una quindicenne se si vuole essere onesti, ma come può farle paura quando sa cosa si è lasciata alle spalle? Nel suo vagare, ormai al tramonto, il suo sguardo si appoggia su una parete scrostata contornata da impalcature tipiche dei lavori di ristrutturazione e che sembrano lasciare a prima vista, molte possibilità di intrufolarsi. E’ meno semplice del previsto, ma in qualche modo scivola dentro quella stanza attraverso temporanee assi di legno che risultano inchiodate malamente ad una delle finestre ed è solo nel momento in cui l’asse si preme al telaio nuovamente con un tonfo, chiudendola in una stanza circondata di scaffali e completamente al buio, che la ragazza sente l’adrenalina abbandonarla e il corpo vacillare. Scivola a terra tirando le ginocchia al petto, stuzzicata dai morsi della fame che pungono lo stomaco ma che non le impediscono di scivolare nel sonno.
Quando riapre gli occhi, confusamente si rende conto che è mattina, ma non riesce a comprendere subito perché le sembri strana tutta quella luce. Si ritrova a sollevare lo sguardo e a sgranare gli occhi di fronte un ragazzo di circa vent’anni, capelli castani e occhi verdi che contengono quella che a mente lucida potrebbe sembrare preoccupazione, ma che lei non sembra riuscire a leggere.
Il ragazzo ha una mano tesa, deve averla svegliata scuotendola forse, e il meccanismo del timore si riaccende in lei in un lampo. Fa un movimento brusco, tentando di allontanarsi il più possibile, registra
ndo vagamente che sta cercando di alzarsi in piedi e correre mentre il cappuccio della felpa scivola indietro e mostra i lunghi capelli di un biondo quasi bianco, la pressione all’altezza del petto è come un doloroso pugno e lei sa cosa significa. Sta perdendo il controllo…”

Viene richiamata alla realtà dal suono del cellulare, un allarme che fa scattare il braccio per prendere il device e leggere il breve messaggio di testo e nell’attimo di un sospiro, sta già afferrando la giacca mentre esce di corsa per raggiungere il luogo di incontro.
Nell’ombra della notte, all’interno della stanza, sembra quasi di poter scorgere qualcuno.

 

 

 

 

 

Hydrangea's Corner:


Quindi, ce l'ho fatta a pubblicare un aggiornamento settimanale.
Viva Me!

Scherzi a parte, se mi sarà possibile cercherò di mantenere il venerdì come giorno di pubblicazione, sperando che la vita non mi bastoni perchè sto cercando di fare dei piani.

E' un piccolo capitolo introduttivo, ma l'azione non ci metterà molto ad arrivare, promesso!

Hydrangea

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