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di shaaaWn_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte prima ***
Capitolo 2: *** parte seconda ***



Capitolo 1
*** parte prima ***


In seimila anni di permanenza sulla terra, Aziraphale si era ritrovato a mentire solamente due volte: per mascherare la sua vera natura e per impedire che un cliente mettesse mano su uno dei suoi preziosi libri.

In entrambi i casi, si trattava di bugie durature nel tempo e soprattutto strettamente necessarie affinché filasse tutto per il meglio.
Di certo non poteva permettersi di dar via come se nulla fosse la prima edizione della Divina Commedia, specialmente ad un umano qualsiasi.
Aveva imparato quanto maldestri e sbadati fossero e teneva troppo ai suoi polverosi tomi.

Ovviamente non poteva neanche permettersi di far saltare la sua copertura da affabile libraio quale era.
Il pensiero di Gabriel infuriato lo faceva rabbrividire ogni volta.

Essendo quindi bugie fondamentali, non aveva mai riscontrato difficoltà nello sfoggiare un sorriso cordiale per celare le proprie menzogne ma se si trattava di altro allora l'impresa diventava più ardua.

Interagiva raramente con gli umani, quindi il problema principale era ed era sempre stato Crowley.
Amava passare del tempo assieme a lui proprio perché non doveva sforzarsi nel raccontare fandonie; sebbene quand'erano stati prossimi alla fine del mondo un paio se le era fatte scappare.
Sentendosi terribilmente in colpa subito dopo.

Mentire andava contro ogni suo principio, ogni sua morale e non era affatto abile.
Per l'appunto, si trattavano di occasioni più uniche che rare ma da quando lui e Crowley avevano sventato l'Apocalisse, tenendo testa al Paradiso e all'Inferno, la paura che la sua fazione lo stesse ancora tenendo d'occhio non l'aveva abbandonato per un solo secondo.

Un'innocua preoccupazione, che con il passare dei giorni era diventata puro terrore, logorandolo dall'interno.
Non si scollava di dosso neanche fosse una camicia di flanella in piena estate, opprimente e insopportabile.

Sempre in campana, gli occhi che guizzavano in tutte le direzioni, la sensazione continua di essere seguito e osservato.
Era come avere delle manette fin troppo strette ai polsi che limitavano ogni suo movimento e ogni sua possibilità di godersi la libertà che si erano guadagnati.

Tenere Crowley all'oscuro di ciò che lo tormentava, non faceva altro che aggravare ulteriormente il suo stato.
Si trattava di un peso che non poteva reggere da solo con le sue spalle.
E per quanto cercasse di non lasciare trapelare nulla, con l'andare avanti delle settimane la barriera da lui costruita cominciava a creparsi, lasciando fuoriuscire qualche spiraglio.
Di fatto, i primi segnali allarmanti si verificarono in una tiepida giornata estiva, durante l'inventario mensile.

Il sole era prossimo al tramonto, il cielo cominciava ad assumere sfumature color arancio, le strade pullulavano di gente e la sua amata libreria si era finalmente svuotata.

Un pomeriggio fruttuoso a detta sua, non aveva intrapreso nessuna discussione con nessun cliente che si era mostrato propenso a comperare qualche tomo di valore.

Motivo per cui canticchiando a suon di musica, si diresse verso uno dei polverosi scaffali, in procinto di iniziare l'inventario.
Un'attività che svolgeva a distanza di due o tre mesi, anche uno se come in quel caso era di buon umore.
Evento assai strano, viste le complicazioni nelle ultime settimane a causa della sua angoscia eppure per un po'quella sera parve rilassarsi.

Giuseppe Verdi lo accompagnò per un tempo a lui infinito, mentre si destreggiava tra le varie mensole, spostando, spolverando e catalogando pile e pile di libri.
Passò dai libri profetici, ai classici e alla poesia, categoria assai più vasta e un tantino più stimolante, entrambi validi motivi per dedicarvi più tempo.
Era solito rileggere qualche verso preso casualmente dalla prima pagina che si ritrovava davanti agli occhi.

Sospirando, lesse con predilezione la commovente poesia di Walt Whitman, "A uno sconosciuto", per poi posare con delicatezza il libro al suo posto.
Non poteva fare a meno di trovarla affascinante, ogniqualvolta che sfogliava la raccolta puntualmente finiva su quella pagina.

Fu mentre rimurginava se dedicarsi a Manzoni o a Byron, che udì la porta da lui rigorosamente chiusa, aprirsi con un cigolio, susseguita dalla sua chiusura e da dei passi lenti.
Congeló sul posto, la mano a mezz'aria a pochi centimetri dalla sezione dei poeti italiani; il sudore freddo colò lungo il collo, infiltrandosi nella camicia azzurra che già sentiva fosse troppo pesante.

Chi mai poteva essere?

L'orario di chiusura era ormai lontano e le tendine abbassate parlavano chiaro, nessuno era autorizzato a metter piede la dentro nel bel mezzo della sera, o notte, oramai aveva perso totalmente la cognizione del tempo.

I clienti erano fuori discussione.
Riguardo Crowley, lo aveva visto quella stessa mattina e nonostante avesse notato un atteggiamento un po' fuori dall'ordinario, avevano chiacchierato allegramente come di consueto, quindi non c'era ragione che lui fosse lì.

Ebbe finalmente il coraggio di spostare il braccio ancora sospeso, e portandosi le mani nervosamente all'altezza del petto, tentò con scarsi risultati di chiedere gentilmente allo sconosciuto di rendere nota la sua identità.
Per quanto si sforzasse, non un singolo mormorio trapelò dalla sua bocca, quasi avesse perso la lingua.
Un enorme groppo bloccava le sue corde vocali, facendole pizzicare, seccando del tutto le sue labbra sottili che provò inutilmente ad umettare con la saliva.

Neanche i suoi piedi sembravano collaborativi quella sera e in parte li capiva, d'altronde il terrore che fosse Gabriel o un qualsiasi altro angelo ad aver messo piede nella libreria, faceva passare in lui anche la voglia di respirare pur di non farsi trovare.

L'aria parve diventare rarefatta, impedendogli di inalare la quantità necessaria per mettere i nervi apposto, cominciò quindi a boccheggiare con fatica, il che non fece altro che allarmarlo ulteriormente.
I suoi continui ansiti avrebbero di sicuro tradito la sua posizione, sebbene prima o poi sarebbe stato scoperto lo stesso, incollato al pavimento com'era, ma ciò non gli impedì di tapparsi la bocca con entrambi le mani.
Non fu molto furbo da parte sua.

Erano loro, non c'era alcun dubbio.
Generalmente non annunciavano mai il loro arrivo né tantomeno la loro presenza, si divertivano a sbucare quando gli pareva e piaceva, quasi come fosse tutto uno stupido giochetto per intrattenersi nelle giornate noiose.

Non aveva mai tollerato quel loro atteggiamento, in realtà non aveva mai tollerato un loro singolo atteggiamento, si trattava di angeli sciocchi, impuri e infedeli e nonostante li trovasse ripugnanti, nulla gli impediva di esserne così terrorizzato.
Se il Paradiso lo stava cercando, stava a significare che anche l'Inferno era sulle tracce di Crowley e quella volta niente scartoffie, niente trucchetti.

Avevano tenuto loro testa, giocando con il fuoco e con l'acqua, minacciandoli e imbrogliandoli con coraggio e astuzia, eppure era sembrato fin troppo semplice e del tutto irreale.
Quelle settimane di pace erano state solo la calma prima della tempesta e grossi nuvoloni si erano ormai stagliati sopra di lui, pronti a dar inizio alla sua disfatta totale.

Riusciva già a percepire le iridi violette di Gabriel, cariche di rancore e ricolme di vendetta, che lo scrutavano dalla testa ai piedi, accompagnate da un sorriso beffardo.
Magari avrebbe potuto implorare pietà, quantomeno per Crowley, il pensiero di perderlo era ancora più logorante di perdere se stesso.

Le mani accennarono un leggero tremolio e con la forza che non seppe dire con certezza da dove provenne, fece qualche passo furtivo in avanti, il giusto per sbirciare oltre la libreria che fino ad allora aveva funto da riparo.
Terrorizzato, grondante di sudore, leggermente tremante, per nulla pronto ad affrontare la sua sorte, osò affacciarsi con metà del volto e fu allora che si ritrovò faccia a faccia con un paio di occhiali dalle lenti scure.

Vista la distanza ravvicinata, per nulla prevista, indietreggiò rapidamente finendo contro un'altra libreria, non senza aver prima emesso un urlo disperato per via dello spavento.
Due o tre tomi abbastanza spessi rischiarono di finirgli sulla testa ma Crowley intervenne repentino, con un rumoroso schiocco di dita.

"Angelo? Stai bene?"

Il tono preoccupato usato dal demone lo riportò bruscamente alla realtà, facendo scemare la sua angoscia che ben presto divenne collera.

"Buon Dio sei forse impazzito? Non puoi introdurti qui dentro in maniera furtiva per poi sbucare all'improvviso! Se fossi un umano a questo punto sarei già morto di infarto!" sbraitò a pieni polmoni, lasciando il suo amico completamente di stucco.

Non era avvezzo agli strepiti, tantomeno rivolti a Crowley ma doveva ammettere che ciò che aveva fatto era stato del tutto inappropriato.

"Esageri come al tuo solito! Mi spieghi chi altro dovrebbe entrare qui dentro a quest'ora?"

Già, chi?

Eloquente, Crowley portò le braccia conserte al petto, saldamente strette, poggiandosi con la spalla sinistra alla libreria dalla quale era sbucato poco prima.
La sua figura allampanata come d'abitudine era fasciata alla perfezione da abiti stretti e scuri, i capelli rossi ricadevano ribelli lungo il suo viso e la spessa montatura degli occhiali neri venne abbassata dal demone stesso, rivelando le sue iridi dorate.

Quella domanda lo colpì in pieno e parve ridurre la sua collera, come un'onda pestifera che cancella le impronte sulla sabbia.
Rimase in silenzio, la bocca asciutta, inerte con in mano un libro di Pirandello.

Già, chi altro avrebbe dovuto mettere piede la dentro?

Gabriel.
Uriel.
Sandalphon.
Michael.

Insomma, qualcuno sarebbe sceso dal Paradiso apposta per strapparlo dalla vita sulla Terra che tanto amava.
Magari questione di pochi mesi, o settimane, giorni, ore minuti o addirittura secondi.
Chi poteva dirlo.

Crebbe nuovamente la paura.
Aveva un sapore talmente acre e fu come sentire un leggiadro mantello di neve avvolgerlo in una morsa ghiacciata.
Un leggero tremolio lo assalì, tant'è che il libro che teneva tra le mani cadde a terra con un tonfo sonoro, stappandogli le orecchie e facendo scattare un campanello d'allarme in Crowley.

"Aziraphale? Sicuro di star bene?"

Lo raggiunse in poche falcate, non che la distanza fra loro fosse poi molta, posando con delicatezza una mano sulla sua spalla e la sua unica reazione consistette nel trasalire e scostarsi di colpo, quasi come fosse stato folgorato.

"Benissimo! Mai stato meglio in vita mia!"

Nervosamente Aziraphale gli rivolse un sorriso per nulla convincente, scontrandosi con i suoi occhi dubbiosi, prima di schiarirsi la gola e portare la sua attenzione altrove.

Non poteva permettersi certe sceneggiate davanti a Crowley, la situazione andava gestita con tutta la calma possibile.
Inoltre, mettere a rischio la sua incolumità non era ammissibile, perciò tanto valeva non renderlo partecipe dei suoi crucci.

Prese un bel respiro, sperando di incanalare coraggio e determinazione, ripose il libro nel suo apposito scaffale e con un sorriso affabile stampato sul volto, si voltò verso il demone.

Notò con nervosismo la sua aria di disappunto ma non si fece intimorire, e nonostante apprezzasse l'interesse a lui rivolto, attinse alle sue carenti doti attoriali e represse la sua angoscia.

"Dovrei essere io a fare le domande qui," fece presente, sperando di cambiare definitivamente discorso.

"Mi spieghi di grazia, qual buon vento ti ha portato nella mia libreria a quest'ora della sera?"

Fu il turno di Crowley a comportarsi in maniera strana e sospetta, anche se ripensandoci andava avanti da tutta la giornata.
Vide sparire la sua mano destra sotto la chioma ribelle, che smaniosamente grattò la nuca e il suo sguardo divenne rapido, sfuggente.

Aziraphale stette ad osservare quello strano meccanismo che aveva messo innescato semplicemente grazie alla sua curiosità; sembrava di guardare una fila di tessere del domino che pian piano ricadevano all'indietro su se stesse.
Udì anche qualche bizzarro balbettio, che fece nascere in lui un piccolo sorriso, prima che ebbe finalmente successo nel rispondere.

"Volevo...volevo sapere se ti andasse di andare al Ritz domani sera, è passato del tempo dall'ultima volta."

Ciondolando, il demone lo guardò di sfuggita negli occhi e non seppe dire il perché ma il suo cuore fece una capriola all'udire quel invito.
O meglio, era conscio del motivo.

La sua terza bugia.
La più ardua e dolorosa.

Le sue guance si imporporarono appena.

"Ne sarei lieto mio caro," rispose giulivo, con il cuore palpitante.

Mascherare la sua vera natura era una bazzecola in confronto al continuo reprimere i suoi sentimenti per Crowley.

Il demone sorrise raggiante scrutandolo attraverso le lenti scure, per poi schiarirsi la gola visibilmente imbarazzato, portando lo sguardo altrove e le mani in tasca.
Le vecchie abitudini non muoiono mai, Aziraphale per poco non rise.

"Non avresti potuto semplicemente telefonarmi?"

Ed ecco che il muretto che Crowley aveva miserabilmente innalzato, crollò in mille pezzi, mandandolo nuovamente nel pallone.

"Non sapevo se avresti risposto, essendo tardi magari avresti potuto pensare che fossi un cliente maleducato o addirittura qualche ragazzino che si diverte a fare gli scherzi telefonici oppure-."

"Hai reso l'idea mio caro," lo interruppe, lasciandosi finalmente andare ad una risata cristallina che non fece altro che mettere il demone a disagio.

"Si, insomma...- bofonchiò subito dopo, dondolandosi sulle gambe - passo qui davanti per la solita ora, fatti trovare pronto."

In un batter d'occhio, lasciò la libreria con le mani rigorosamente infilate nelle tasche dei jeans e le spalle strette.
L'unica compagnia che gli rimase fu il giradischi che placido emanava le opere di Chopin e la scia del profumo inebriante di Crowley.
Gli si scaldò il cuore nel respirare quell'odore a lui tanto caro, e sentendosi più leggero riprese l'attività che aveva interrotto prima del suo arrivo.

Chissà, magari le cose sarebbero andate per il verso giusto, pensò tra se afferrando un libro di Edgar Allan Poe.
Sciocco da parte sua crederlo.
Solamente perché la presenza di Crowley l'aveva momentaneamente distolto dalla sua angoscia, ciò non stava a significare che essa fosse sparita.

Ebbe l'opportunità di distrarsi per qualche ora, ma la giornata successiva non fu una passeggiata, specie sull'avvicinarsi dell'uscita con il demone.

Un altro giorno fruttuoso, nessun cliente impertinente o fastidiosamente curioso, solo persone annoiate che preferivano ciondolare tra gli scaffali che aveva accuratamente spolverato.

L'orario di chiusura arrivò in un battito di ciglia e così anche la cara vecchia Bentley tirata a lucido.
Si affrettò a salire, rivolgendo al demone un sorriso mellifluo che ricambiò con quello che a lui parve un grugnito.
Naturalmente ne colse l'imbarazzo.

Chiacchierarono durante il viaggio, fatti di poco conto eppure fu una delle conversazioni più tranquille e piacevoli degli ultimi giorni.
Non che effettivamente avesse parlato con qualcuno, i libri erano stati la sua unica compagnia.
Giunsero finalmente alla loro meta e Aziraphale aveva sperato, dio se aveva sperato, che andasse tutto per il meglio e anzi ci era pure cascato.

Presero posto, il loro tavolo era lì dov'era sempre, ben apparecchiato e pronto ad accoglierli.
Passò con delicatezza i polpastrelli sulla tovaglia, rivivendo i numerosi pasti che aveva consumato lì, assieme a Crowley, tutti quei discorsi senza senso, le risate genuine, i racconti più avvincenti.
Ne avevano fatta di strada.

Istintivamente voltò il capo verso il demone, un ampio sorriso nacque sul suo volto, le guance si tinsero appena e il suo battito cardiaco aumentò di intensità prima di arrestarsi completamente.
Per un folle attimo intravide un guizzo viola.
Poi dei capelli brizzolati e un completo grigio.

Davanti a sé passarono tutti i diverbi, le minacce e i soprusi che aveva sopportato, senza tener conto di quello sciocco inquietante sorrisetto che più e più volte gli era stato rivolto.

Gabriel.
Era lì, per lui.
E sicuramente aveva già avvisato Beelzebub o chissà quale altro demone.
Magari erano proprio dietro di loro.

Di scatto voltò la testa, la fronte imperlata di sudore, gli occhi sgranati.
Lanciò occhiate fugaci e disperate ad ogni cliente presente nel ristorante, nessuno parve farci caso, nessuno se non Crowley.

"Ti senti bene?"

Quella domanda giunse ovattata alle sue orecchie, concentrato com'era nella ricerca di una qualche presenza demonica.
Non credeva fossero così bravi a nascondersi, Crowley avrebbe già dovuto avvertirli e così lui.
Cominciò a respirare affannosamente, le mani strette attorno alla posate lucenti, le pupille guizzavano da un angolo all'altro tremanti, spaventate.

Dov'erano?
Quand'è che li avrebbero presi?
Durante la cena? O non appena avessero messo piede fuori dal Ritz?
Che fossero quella coppia anziana che gli aveva sorriso precedentemente?
O addirittura il cameriere?
E se avessero messo qualcosa nel cibo o nei bicchieri?

Cercò con lo sguardo il bicchiere del demone e con orrore lo trovò a pochi centimetri dalle sue labbra, il liquido scarlatto che già andava inclinandosi.
Repentino, tolse il calice dalle sue mani, sporcando la tovaglia e attirando l'attenzione di qualche cliente.

"Che diamine ti prende?" acido, Crowley ruotò il capo nella sua direzione visibilmente seccato dal suo gesto.

"Andiamo via," mormorò flebile, stringendo tremante il calice al petto come fosse una creatura indifesa.

"Come?"

"Voglio andare via," ribadì secco, gli occhi incollati alla tovaglia ben ricamata.

Il cuore palpitava, sentiva gli sguardi di ogni singolo cliente puntato su di sé, la testa pulsava, vorticava, ormai sentiva e vedeva a malapena.
Doveva uscire, respirare aria fresca, lasciare quel luogo asfissiante, fuggire, allontanarsi.
Eppure sembrava incollato alla sedia, a malapena muoveva i piedi.

Non si rese conto di quanto tempo passò, ma non appena Crowley sfiorò delicatamente la sua spalla, parve risvegliarsi, sobbalzando come fosse stato fulminato.
Con le orecchie finalmente stappate, ebbe il coraggio di alzarsi e ripetere con tono elevato ciò che la sua mente non aveva fatto altro che pensare in quegli ultimi istanti.

"Andiamocene."

Ovviamente Crowley non scattò sull'attenti, pronto ad esaudire ogni suo desiderio, specie assurdo come poteva sembrare.
Anzi, stette comodamente sbracato sulla sedia a fissarlo come fosse pazzo, neanche avesse detto che la Terra fosse piatta.

"Siamo arrivati praticamente ora..." frastornato tentò di controbattere ma Aziraphale non demorse.

"Potresti riportarmi alla libreria?"

Le folte sopracciglia rosse si aggrottarono.

"Cosa? Certo che no, siediti."

Fu il turno dell'angelo ad essere piuttosto disorientato.

"Non puoi esaudire questa mia richiesta, caro?"

"E tu non puoi sederti e smetterla con quest'assurdità?" soffiò acido Crowley, le dita che tamburellavano nervosamente sul tavolo.

Aziraphale notò ulteriori sguardi indiscreti dei clienti e il suo livello di sopportazione parve scendere ancora di più.
Non poteva rimanere un altro minuto in quel locale.

"Andrò da solo, allora," annunciò solenne, allontanandosi rapidamente in direzione dell'uscita, senza neanche voltarsi.

Forse era la cosa migliore.
Crowley non doveva immischiarsi né essere coinvolto, o ne avrebbe subito le conseguenze.
D'altronde non sembrava minimamente preoccupato, l'Inferno aveva modi bizzarri di gestire quel tipo di situazioni.
Ma lui sapeva come le gestiva il Paradiso e per quanto sperasse, non comprendeva di certo tè e biscottini.

Messo piede fuori da locale, l'aria estiva gli solleticò il viso scottante, raffreddando appena i suoi bollenti spiriti ma non ebbe neanche il tempo di ispirare una boccata d'aria, che si sentì prendere per il polso.

Si ritrovò faccia a faccia con il demone.

"Angelo, puoi spiegarmi cosa ti prende?"

Quella volta il tono non aveva tracce di malcontento o collera ma semplice e genuina preoccupazione, fatto assai raro, Crowley raramente si tradiva a quel modo.
E per un attimo, quelle attenzione gli diedero un briciolo di conforto, immediatamente spazzato via dal solo pensiero di veder il demone evaporare nell'acqua santa.

Brusco, scansò il braccio dalla sua presa e riuscì a percepire la pugnalata al cuore che aveva appena lanciato a Crowley che con indosso gli occhiali nascondi-espressione, sembrò irrigidirsi su due piedi.
La discreta quantità di interesse che gli era stata rivolta, sparì in un soffio, ingoiata a forza e con amarezza.

È per il suo bene, ripeté a se stesso nella speranza di crederci.

"Non ho nulla caro, vorrei semplicemente fare ritorno alla libreria e come ho già detto, mi recherò lì per conto mio."

Senza nemmeno guardalo in faccia, le mani strette smaniose tra di loro, gli diede le spalle e compì due passi prima di essere bloccato per l'ennesima volta.

"Sali in macchina angelo."

Per quanto adirato sembrasse, Aziraphale accettò di buon grado il passaggio, anche perché ad essere onesti aveva dei dubbi sulla strada di ritorno.
Ovviamente non spiccicarono una singola parola per tutto il viaggio, la tensione in quel piccolo cubicolo era sufficiente a tenerli occupati e silenziosi.
Nonché a soffocarli.
Neanche la radio era stata accesa e ciò stava a significare che la faccenda era piuttosto grave.

È meglio così, si disse una volta giunti a destinazione.

"Sicuro di star bene?"

Aziraphale annuì, per nulla convinto, gli occhi chiari puntati sulla porta della libreria chiusa.
Sentì un sospiro.

"Deduco che tu non voglia neanche compagnia per bere."

Perché Crowley doveva rendere tutto così difficile?
Non poteva avercela con lui e basta?
Sarebbe stato meglio, per entrambi.

Moriva dalla voglia di contraddirlo, di invitarlo nella libreria come di consueto, di bere fino a tarda notte e ridere a crepa pelle, la mente leggera lontana da qualsiasi pensiero, solo loro due nel loro piccolo angolo di mondo.

Eppure non poteva, non poteva permetterselo.
Mai e poi mai avrebbe messo a rischio la sua vita.

Nonostante l'enorme groppo in gola, un gigantesco peso sul petto, riuscì a mormorare una risposta, le corde vocali che dolevano.

"Non credo sia una buona idea al momento."

Non dissero più nulla.
Calò uno dei silenzi più fragorosi della storia, di quelli che entrano nel cervello e lo martellano fino all'esasperazione e al dolore.
E diamine faceva male per davvero.

Scese dall'auto, forse per l'ultima volta, chiuse lo sportello con la giusta quantità di forza, inspirò l'aria estiva di Londra ma non ebbe nessun effetto.
Raggiunse l'entrata e prima di posare la mano sulla maniglia, ebbe il forte impulso di voltarsi, tornare sui suoi passi e spiegare per filo e per segno la sua situazione, sperando che Crowley capisse, perché Crowley lo aveva sempre capito.

Ma in questo caso, non lo avrebbe fatto.
Sapeva in cuor suo che il suo atteggiamento per lui sarebbe stato un qualcosa di assurdamente sciocco, incosciente, esagerato, inutile e chi più ne ha più ne metta.
Perciò abbassò la maniglia e mise piede nella libreria, in sottofondo il rumore di una macchina che si allontanava sfrecciando per le strade deserte.

Sono tornato in tutta fretta con oneshot fin troppo lunga che ho deciso di dividere in due parti.
Il prossimo capitolo arriveà il prima possibile!!

 

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Capitolo 2
*** parte seconda ***


Passarono un paio di giorni da quella serata, nessuna chiamata, nessuna visita inaspettata il che poteva ritenersi quasi normale, d'altronde era capitato più volte di non sentirsi né vedersi per quel lasso di tempo ma quella volta era diverso.
Non aveva mai sperimentato una mancanza così forte, né tantomeno il senso di colpa che lo divorava secondo dopo secondo, consolandosi unicamente con l'idea di aver fatto ciò che andava fatto per salvaguardare la vita di Crowley.
L'unica via, l'unico modo.
Ne era convinto.

Scosse il capo, nella speranza di scacciare qualsiasi pensiero che lo riguardasse.
Più si focalizzava sul demone, più complicata diventava la convivenza assieme al senso di colpa, il quale era il suo unico compagno, specie in quel pomeriggio desolato.
Quasi quasi sentì la mancanza dei clienti e il solo pensiero lo fece rabbrividire.

Fu il trillo assordante del telefono a riscuoterlo dal suo continuo rimuginare e l'altra sua coinquilina parve fare ritorno giusto in quel momento.
Sebbene trovasse assurdo il pensiero di Gabriel o Michael che lo contattavano tramite telefono, non poté fare a meno di esitare prima di rispondere.
Fisso l'aggeggio che si dimenava sul mobile in legno, in attesa di essere disattivato e indugiò più volte prima che trovasse il coraggio, la cornetta tremante tra le sue mani.

"A.Z.Fell and Co, come posso aiutarla?"

Cercò con tutta la sua forza di sfoggiare un tono affabile e sicuro, ottenendo uno risultato assai scarso ma comunque passabile.

"Ei angelo, come stai?"

Per poco non fece cadere la cornetta.

Ebbe la brutta sensazione che non sarebbe più riuscito a mantenere in piedi quella farsa.

Solo il fatto che Crowley lo avesse contatto bastava a sorprenderlo, ma quel tono stranamente allegro era ancora più sconvolgente.

Dov'era il risentimento, dov'era la rabbia, perché lo aveva chiamato?
Perché non poteva lasciarlo sguazzare nel senso di colpa e nell'angoscia per conto suo?
Così non faceva che peggiorare la situazione già di per sé assai precaria.

"Aziraphale? Ci sei?"

Quel richiamo lo riportò alla dura realtà che doveva affrontare.
Balbettò la risposta, dissimulando il suo nervosismo.

"Buon pomeriggio Crowley."

"Buon pomeriggio a te, come ti senti?"

Esitò nuovamente prima di rispondere.

"Direi che sono in forma smagliante," ribatté riluttante, dato che ovviamente non era in forma smagliante.
Per educazione, stava per rivolgere a lui la stessa domanda ma venne anticipato.

"Ti va se passo in libreria più tardi? Te lo chiedo appositamente per evitare incidenti come quello dell'altra sera."

Udì una risatina dall'altro capo del telefono ma non era proprio in vena di scherzi, quella richiesta lo aveva completamente lasciato di stucco.
Pensava non volesse più parlargli invece si era anche interessato alle sue condizioni.

Rendeva il tutto solo più complicato.

"Aziraphale? Sei ancora lì? Cos'ha questo aggeggio che non funziona oggi."

Quelle lamentele fecero accendere un lui una lampadina.
Non era un'idea brillante né tantomeno consona, eppure non sapeva più che pesci prendere.

"Crowley mi senti? Puoi ripetere?" borbottò alla cornetta.

"Si ti sento! Ho semplicemente chiesto se potessi fare un salto in libreria più tardi!"

Stava praticamente urlando dentro quel povero cellulare e per poco non danneggiò permanentemente il suo udito.

"Lotteria? Cosa c'entra?"

Dio quanto si sentiva in colpa.

"Nulla! Per l'amor di- la libreria! Posso passare o no?"

"Vuoi passare in lavanderia?"

Per un folle attimo gli venne quasi da ridere, poi si ricordò dell'infimo gesto che stava compiendo e l'impulso passò immediatamente.

"Satana dammi la forza! - udì un sospiro - non ti preoccupare, ci sentiamo domani," e riattaccò.

Aziraphale posò con delicatezza la cornetta al suo posto, il senso di colpa che cresceva amaro dentro di lui.
Odiava mentire e odiava mentire a Crowley.

Ma era l'unico modo.

Purtroppo non fu un evento isolato.
Ricevette un'altra chiamata il pomeriggio successivo e dopotutto non c'era da sorprendersi, Crowley non era un che lasciava perdere tanto facilmente.
E non è che lui si fosse sforzato con la genialata del pomeriggio prima.

Fu nuovamente costretto a mentire, inventandosi di sana pianta che quel pomeriggio doveva incontrare un libraio assai anziano che voleva finalmente cedergli un'edizione limitata del Grande Gatsby.
Il demone parve crederci, sebbene percepì il suo evidente disappunto.

Pregò affinché fosse lasciato in pace per almeno un paio di giorni ma non venne accontentato dato il telefono trillò nuovamente la mattina successiva.
In qualche modo sapeva si trattasse di Crowley, e indeciso sul da farsi lo lascio squillare e squillare, finché non si fermò.
Riprese pochi secondi dopo e anche in quel caso, seppe semplicemente fissare quell'affare per lui diventato ormai infernale che si agitava rumorosamente.
Ci fu un terzo tentativo e poi il silenzio, forse uno dei migliori.

Esitante rimase lì impalato per qualche altro minuto, come in attesa che ricominciasse ma in cuor suo sapeva che non sarebbe accaduto.
O per lo meno, non quel pomeriggio.
La prossima volta avrebbe sicuramente risposto ne era certo.
Anche se sperava ardentemente non ci fosse una prossima volta e in un certo senso le sue richieste vennero ascoltate.

Crowley di fatti, non lo chiamò più.

Preferì irrompere nella sua libreria in pieno pomeriggio.

"Mi sono stufato!"

Fu quella esclamazione assai ricolma di collera a fargli gelare il sangue.
Il cuore prese a battere veloce e il suo cervello andò fuori uso, troppo il panico che lo investì tutto d'un fiato.

Effettivamente, se lo sarebbe dovuto aspettare, giocare con la pazienza di Crowley era stato rischioso.

E che avrebbe dovuto fare? Cacciarlo?
Spiegargli come stavano realmente le cose? Mentire nuovamente? E se si, che si sarebbe dovuto inventare?

Ormai non aveva più la forza per affrontare la situazione.

Terrorizzato, sbucò frettolosamente dal retro della libreria e si ritrovò davanti la figura furiosa di Crowley, che con un'espressione contratta lo fissava con occhi fulminati.
Forse cercava di ridurlo in polvere con lo sguardo.
Anzi, era abbastanza sicuro l'intento fosse quello.

"Buon pomerig-."

"No! Non ti azzardare a fare lo zuccheroso con me Aziraphale!"

Il suo indice affusolato gli venne puntato contro con aria minacciosa. Quantomeno non aveva alzato la voce, altrimenti i clienti che pian piano stavano lasciando il negozio sarebbero stati ancora più terrorizzati.

Lui lo era di certo.
Mai aveva visto il demone tanto arrabbiato ed era solamente colpa sua ma che altre opzioni aveva?
Doveva proteggerlo.

E se per allontanarlo da lui era costretto a ferire i suoi sentimenti, tanto valeva correre il rischio.
Magari all'Inferno non importava nulla, ma sapeva com'era il Paradiso.

"Non capisco di cosa tu stia parlando," rispose distaccato, freddo, con vani tentativi di regolare battito e respiro.

La libreria era vuota, l'aria era pesante e la tensione era talmente palpabile che la si poteva tagliare con un coltello.
Ma doveva farlo, per lui.

"Seriamente? Ancora con le prese in giro? Vedo che non ti stanchi mai."

Fu una pugnalata in pieno petto che sentì di meritarsi, aveva veramente giocato sporco negli ultimi giorni e ne era ripugnato quanto lui ma doveva tenerlo lontano a tutti i costi.

Infuriato il demone lo fissò e dietro quelle lenti scure, dietro le pupille dorate lesse preoccupazione, dolore, confusione e un mix di altre emozioni che creavano un cocktail micidiale.
Odiava esserne la causa.

"Crowley cos'è che vuoi esattamente?"

Lo vide spalancare la bocca allibito, prima che iniziasse a gesticolare come un forsennato.

"Cos'è che- ugh! Sai cosa voglio? - disse con tono disperato, guardandolo dritto negli occhi - che mi spieghi cosa ti passa per il cervello! Sono giorni che non fai altro che prendermi in giro come un allocco, per non parlare dell'altra sera al Ritz!"

Okay aveva iniziato a sbraitare e cominciava seriamente a farlo sentire molto più in colpa di quanto già non si sentisse, tant'è che quel briciolo di sicurezza che possedeva sparì in un soffio.

"Non sono cose che ti riguardano..." ebbe il coraggio di mormorare, fissando con intensità un punto indefinito, consapevole di star solamente buttando benzina sul fuoco.

"Non sono cose che mi riguardano? - esclamò con disappunto - Aziraphale per l'amor di qualcuno, ci conosciamo dai seimila anni maledizione!" gli fece presente allargando le braccia.

Come se non lo sapesse.

"Non per questo devo raccontarti qualsiasi cosa mi frulli nella testa."

Cadde il silenzio.

Placido, portò lo sguardo verso quello di Crowley, incastrando le pupille chiare con quelle dorate, ma non fu un'ottima idea.
Vide la collera scemare, farsi da parte per lasciare completo spazio al dolore, all'incredulità, il tutto accompagnato da un sorriso amaro che nacque sulle sue labbra.

A fare scoppiare quella bolla, fu una risata amara.

"Sai ho uno strano déjà vu - i nervi del demone parvero rilassarsi - hai ragione non devi rendermi partecipe di nulla, d'altronde com'è che dissi l'ultima volta? Non siamo amici? Non abbiamo nulla in comune? Beh, evidentemente non avevi tutti i torti."

Gli sorrise con franchezza e Aziraphale non ebbe più cuore di continuare.
Ma ormai era troppo tardi.

"No Crowley non era ciò che intende-."

"No no, ho capito - lo interruppe con quello snervante sorrisetto - sai qual'è la cosa più divertente? Ero fermamente convinto che finalmente, dopo esserci entrambi lasciati il nostro passato alle spalle avremmo potuto...avremmo potuto..."

La voce sprezzante divenne un mormorio sommesso, sovrastato dal dolore.

"Anzi, non importa," il sorriso scomparve, lasciando spazio alle labbra sottili strette tra di loro, adornate dalla più pura delusione, che distrusse Aziraphale del tutto.

"Ti lascerò in pace d'ora in avanti, così sarai più contento e non dovrai più avere a che fare con me."

Il demone gli rivolse un ultimo sguardo ferito, prima di voltarsi e lasciare la libreria a passi veloci.

Il mondo parve andare a rallentatore per pochi attimi, durante i quali Aziraphale rimase inchiodato al pavimento, gli occhi sbarrati, il cuore in gola e l'aria che pian piano sembra venir sempre meno.

Aveva ottenuto ciò che voleva, o meglio ciò che serviva.

Allora perché il rimorso? L'insoddisfazione? Il pentimento?
La solitudine? L'impellente bisogno di vuotare il sacco?
Perché non riusciva ad accettare di aver raggiunto l'obiettivo che si era prefissato?

Cercò invano di sciogliere i nervi, di prendere una boccata d'aria nella speranza di respirare normalmente.
La figura sfocata di Crowley aveva ormai oltrepassato la porta principale, altri pochi passi e sarebbe entrato nella Bentley, lasciandolo lì da solo, forse per sempre.

Ne valeva la pena?

Si? No? Forse?
La testa era sul punto di scoppiare ne era assolutamente certo.

L'unica persona a cui teneva veramente, l'unica persona che lo aveva sempre trattato con gentilezza, l'unica persona su cui poteva contare sempre e comunque stava per abbandonarlo, per motivi giustificati ovviamente ma stava comunque per sparire dalla sua vita.

Seimila anni e finiva così?

Dopo i duri momenti che avevano affrontato assieme, lavorando fianco a fianco come una squadra, poteva sparire tutto in un soffio?
Tutto ciò che avevano passato contava ancora qualcosa?

Per un folle momento, la vista parve farsi più limpida, forse perché aveva finalmente fatto chiarezza tra i suoi stessi pensieri.
Sbatté le palpebre più volte per riprendersi e si fiondò, come non aveva mai fatto prima in vita sua, fuori dalla libreria, propenso più che mai a fermare il demone dall'uscire definitivamente dalla sua vita.

"Crowley!"

Per poco non inciampò sui gradini presenti davanti l'entrata.

Grazie a non seppe qualche intervento divino, il rosso non lo ignorò bensì voltò il capo nella sua direzione, apparentemente confuso.

"Cosa vuoi?"

Quel tono durò spense parzialmente il suo entusiasmo e la sua determinazione, ma non si fece abbattere, ormai aveva capito cosa doveva fare.
Affannato si posizionò davanti a lui e lo guardò dritto negli occhi, o almeno ciò che le lenti scure degli occhiali permettevano.

"Sono profondamente dispiaciuto."

Ci fu un attimo di silenzio.

"Quindi sei corso fino a qui, bloccandomi, solamente per dirti che ti dispiace?" sprezzante sollevò un sopracciglio.

Non era mai stato un tipo facile dopotutto.

"No mio caro, questo è solo l'inizio di-."

"Oh, no no, non rimarrò qui un minuto di più Aziraphale."

Fece per aprire la portiera dell'auto, ma repentino l'angelo interruppe il suo gesto, afferrandolo per la mano sinistra.
Quel gesto parve fare scattare un interruttore dentro il demone, che sorpreso lo guardò.

"Crowley per cortesia, ho bisogno che tu sappia la verità..." mormorò stringendogli la mano con dolcezza, gli occhi azzurri velati.

Poco convinto, il rosso lo seguì dentro la libreria, il silenzio che incombeva su di loro in maniera soffocante.

Si accomodarono nel retro, come di consueto, luogo di grandi bevute e grasse risate.
Sebbene quel giorno ci fosse un'aria del tutto diversa dal solito.

Aziraphale esitò prima di aprir bocca, nutriva ancora qualche dubbio in merito alla questione ma vedendo l'amico decisamente stizzito, prese un bel respiro.

"Crowley io..."

Le parole gli morirono in bocca.

"Tu cosa?"

Un groppo in gola ostruiva le sue corde vocali, non riusciva ad emettere in singolo verso e non ne capiva il motivo.

Voleva spiegare, fare chiarezza, scusarsi, ottenere il suo perdono, eppure si era bloccato, il discorso fermo sulla punta della lingua.

Forse aveva ancora paura di metterlo in pericolo, dopotutto chi poteva saperlo?
Magari erano in agguato proprio in quel momento.

Ed ecco che di nuovo si guardò attorno furtivo, spaventato, l'ansia che gli contorceva lo stomaco, la mente annebbiata.
Doveva mantenere il controllo e risolvere ma era più difficile di quanto credesse.
E Crowley di pazienza ne aveva ben poca.

"Sto solo sprecando tempo," esordì di punto in bianco, alzandosi dalla poltrona.

No, non di nuovo.

Si aggrappò con tutte le sue forze al braccio del demone, tant'è che perse l'equilibrio e finì con le ginocchia a terra.

"Ti prego non...non lasciarmi..." sussurrò avvinghiato al suo braccio, il respiro ansante, gli occhi umidi e disperati.

Crowley lo fissò incredulo dall'alto, prima di inginocchiarsi a sua volta sul tappeto, in modo da poter stare alla sua altezza.

"Aziraphale cosa succede?" chiese pacato, sfilandosi finalmente gli occhiali.

Non ebbe ancora la forza di parlare, riuscì solamente a guardarlo negli occhi per poi sprofondare tra le sue braccia, lasciandosi sfuggire un sospiro tremante.

Fu la prima volta che si abbracciarono, il che gli sembrò assai strano dopo tutto quel tempo e diamine come avevano potuto non farlo prima.
Quando le braccia di Crowley lo strinsero a sé, fu come essere nuovamente in Paradiso, morbido e confortevole.

"Ho paura..." borbottò sulla sua spalla.

"Di cosa?"

Esitò per poco, ma quando percepì la presa farsi leggermente più stretta, riuscì a continuare.

"Di perderti."

Silenzio.

"Aziraphale sono qui, non me ne andrò te lo prometto."

"Non...non intendo quello - gli sfuggì un singhiozzo - ho paura che questa volta ci facciano sparire per davvero..."

"Angelo credo di essermi perso," sussurrò il demone.

"Crowley sono terrorizzato all'idea che Inferno e Paradiso ci stiano cercando," disse tutto d'un fiato, liberandosi di l'enorme peso che l'aveva oppresso per settimane.

Cadde nuovamente il silenzio.
Il demone sciolse l'abbraccio, facendogli perdere un battito, ma successivamente prese le mani tra le sue e lo guardò dritto negli occhi.

"È per questo che ti sei comportato in maniera bizzarra negli ultimi giorni?"

Aziraphale annuì.

"Pensavo di essere seguito, osservato, controllato, come se ogni persona che mi circondasse potesse essere Gabriel o Michael, e temevo potessero fare del male anche te così ho finito con l'evitarti... sono mortificato."

Vomitò d'un fiato tutto ciò che lo aveva perseguitato fino ad allora, il tono della voce ancora tremante, le mani strette tra quelle di Crowley.
E il solo parlarne lo fece sentire uno sciocco, perché aveva chiaramente esagerato.

Anche se la piccola risata emessa da Crowley lo turbò e non poco.

"Perché diamine stai ridendo adesso?" gli scoccò un'occhiataccia.

"Scusa scusa, solo che non mi sarei mai aspettato una risposta del genere, avevo immaginato chissà quale altra fantasia assurda," rispose con un meraviglioso sorriso a fior di labbra che contagiò anche lui.

"Ovvero?"

Il demone parve ammutolirsi di colpo.

"Beh...ricordi come ero agitato quando ti ho chiesto di cenare al Ritz l'altro giorno?"

Aziraphale annuì.

"E ricordi anche che prima avevo accennato al fatto che pensavo che dopo esserci lasciati il nostro passato alle spalle avremmo potuto...si insomma avremmo potuto fare qualcosa...?" continuò il discorso decisamente in imbarazzo, una delle mani a grattare la nuca.

"Ora sono io quello ad essersi perso," ridacchiò appena.

Crowley gli rivolse uno sguardo scettico, il che lo fece ridacchiare ulteriormente.

"Pensavo che quella cena sarebbe stato un nuovo inizio per entrambi ma vedendo quel tuo atteggiamento strano, ho creduto che non volessi ciò che volevo io..."

Sebbene il demone stesse borbottando, Aziraphale colse ogni singola parola e il rimorso tornò più forte che mai.
Fu il suo turno a stringere le mani di Crowley tra le sue, un sorriso dolce a dipingergli il volto.

"Mio caro sono doppiamente mortificato, impegnato com'ero a preoccuparmi inutilmente, non ho badato alla cosa più importante," mormorò sorridente, scrutando con dolcezza le pupille dorate che aveva di fronte.

Crowley ricambiò imbarazzato il sorriso, le guance leggermente rosse.

"Non erano preoccupazioni inutili angelo, anzi devo ammettere che anche io ho questo timore di tanto in tanto."

Quella confessione stupì Aziraphale.
Sentirsi capito lo fece sentire meglio.

"Mi fa piacere di non essere l'unico - disse con tranquillità - e mi fa piacere avertene finalmente parlato, ho odiato tenerti nascosto tutto ciò."

"A proposito, come mai non hai voluto dirmi nulla?"

Il demone lo guardò curioso, accarezzando con il pollice il palmo della sua mano.
Ebbe un leggero brivido.

"Non so, in qualche modo credevo di proteggerti tenendoti all'oscuro di tutto - ridacchiò leggermente - poi ho realizzato che nei momenti difficili siamo sempre stati lì l'uno per l'altro, come io ho aiutato te, tu hai aiutato me, sebbene numerose volte, e insieme siamo riusciti a salvare il mondo, a mettere i piedi in testa a chi non ci aveva mai rispettato..." fece una piccola pausa.

"Non sono solo io o solo tu, siamo...noi."

Con enfasi, strinse nuovamente le mani del demone, come a rafforzare ciò che aveva appena detto e si godette l'espressione esterrefatta sul suo viso, prima che quest'ultimo azzerasse la poca distanza tra di loro, posando un bacio delicato sulle sue labbra.

Forse durò un secondo o forse una vita intera, Aziraphale non ne aveva idea.
Solamente di una cosa era certo, ossia quello non sarebbe stato il loro ultimo bacio.

"Ti va di andare al Ritz stasera?" soffiò dolcemente il demone sulle sue labbra, che non poté fare a meno di increspare all'udire quella richiesta.

Avrebbero iniziato un nuovo capitolo della loro eterna esistenza, insieme.
Nessuna preoccupazione.
Nessun fraintendimento.
E nessuna bugia.

"Ne sarei onorato, mio caro."

Ecco la seconda parte eheh
Spero vi sia piaciuta, mi ha portato via parecchio tempo !!!

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