Il Biancospino e La Falena

di Eevaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.

 
IMPORTANTE:
Questa storia è uno spin-off tratto dalla long "Agrifoglio e Biancospino". Vi suggerisco di leggere prima gli eventi di quella long per comprendere al meglio quello che accadrà qui.

 

- Il BIANCOSPINO e La FALENA -


Atto I


 
4 maggio 1998

«Draco... mi dispiace, mi dispiace tanto!»
Esco a testa bassa, mi immergo nella calca di vociare e spintoni. Qualcuno mi chiama, riconosco il timbro, ma continuo a camminare. So che se mi fermo è la fine.
«Pezzo di merda! Dovevi finirci anche tu in cella, insieme a quel bastardo di tuo padre!»
Le parole mi rimbombano dentro alle pareti del cranio.
«Non ascoltarli, Draco» mi sussurra mia madre, aggrappata al mio braccio. Le urla si fanno più intense, qualcuno ci lancia addosso qualcosa. Il nostro avvocato ci copre le teste con una valigetta mentre ci scorta fuori dal Wizengamot.
«Bastardi!»
La valigetta non riesce a coprire le ingiurie. Nemmeno alcuni incantesimi urticanti.
«Maledetta cagna!»
Gli insulti a mia madre bruciano più che quelli rivolti a me, ma mi costringo a tenere la testa bassa e continuare la traversata del piazzale del Ministero per giungere ai camini.
«Cosa farai adesso che non c'è più paparino, mh
«Che possiate morire soli!»
«Draco...»
Mi volto quanto basta per scorgere occhi color cioccolato e un caschetto di capelli neri.
«Mi dispiace!» dice, mi afferra il braccio. So che è sincera. Anche tutti gli altri sono sinceri, quelli che dicono di volermi vedere morto.
«Pansy... devo... devo andare» sussurro e lascio che mia madre entri per prima nel camino. Rivolgo un sorriso tirato a Pansy, poi mi fiondo tra le fiamme verdi.
«Andate all'inferno!» è l'ultima ingiuria che riesco a sentire.
All'inferno ci sono già.


8 maggio 1998

«Come stai?»
Mia madre mi osserva con la schiena dritta sul primo gradino delle scale. La casa è buia.
«Bene...» mento, lei lo sa. La vedo scuotere la testa con la coda dell'occhio.
«Non fingere con me, Draco».
«Ho detto che sto bene!» alzo il tono e mi rigiro la bacchetta tra le mani. Il legno è caldo.
«È stato gentile da parte sua riportarti la bacchetta» incalza di nuovo mia madre.
Sbuffo dalle narici e mi tengo l'amaro sul palato.
«Sì... quello che è...»
Sono venuto per darti questa. E per ringraziarti per avermela prestata”.
Le parole di Potter mi stringono la gola.
Ho provato decine di bacchette, alcune anche dei miei migliori amici. Nessuna mi è stata così fedele e affine come la tua” ha detto.
Pura follia. Non ha alcun senso che sia così.
Ma tanto poco importa: io e Potter ci siamo detti addio poco fa. O forse potrei fare qualche ricerca in merito. Sono pur sempre curioso.
Faccio per allontanarmi, mia madre continua a parlare di cose totalmente insensate.
«Forse dovresti chiedere aiuto a lui. Tra tutti, penso che sia una presenza positiva».
Mi volto di scatto con tanto d'occhi. Non è la prima volta che in famiglia mi suggeriscono di farmi amico Harry Potter, la prima e ultima volta che ci ho provato mi ha negato la mano. Avevo undici anni e quell'affronto me lo sono portato dietro come una catena al piede.
Solo che sono ben conscio che il suggerimento di mia madre, adesso, sia volto a ben altri scopi.
«Non gli ho chiesto aiuto quando avrei dovuto davvero farlo, non lo farò ora per avere la sua pietà o per aggraziarmi i giornalisti» rispondo, lapidario. Ho già calpestato troppo la mia dignità per fare una cosa del genere.
Salgo le scale e mi rigiro tra le mani la bacchetta. Harry Potter ha ucciso il Signore Oscuro con la mia bacchetta. Harry Potter mi ha liberato con la mia stessa arma.


5 giugno 1998

Sono stanco. Vorrei solo stendermi di nuovo e dormire nel buio della mia camera. Invece loro sono qui, tutti e tre che mi guardano addosso come se fossi qualcosa di interessante da ammirare. Sono ridotto uno schifo.
«Dovremmo uscire un po'» propone Blaise, steso sul mio letto con le gambe accavallate. Lancia e prende al volo una biglia.
«Uscire un po'?!» sibilo. «Ma hai visto la cassetta delle lettere? Cosa pensi possa accadere se andassi in giro, ora?»
Le lettere minatorie sono arrivate a fiumi, nelle scorse settimane. Ho dovuto oscurare e rinforzare i vetri per non fare entrare i gufi e mia madre ha speso ciò che rimaneva del nostro patrimonio in elfi domestici per rinforzare gli ingressi e proteggerci dai vandali.
«Mh... va bene, aspettiamo che si calmino un po' le acque» replica e fa spallucce.
Facile per lui. Per lui le acque non si sono mai mosse troppo, data la sua posizione neutrale durante la guerra.
«Ma è il tuo compleanno! Beviamo almeno qualcosa! Siamo qui per festeggiare!» si intromette Greg, seduto dall'altra parte della stanza con le mani in tasca. Quel ragazzo ha un serio problema con l'alcool, da quando è finita la guerra. Da quando Vince è morto.
«Non c'è niente da festeggiare» replico, e lo sanno tutti che non ho torto. A parte Blaise, siamo tutti in una situazione analoga. Io un po' di più, ma anche i genitori di Greg e il padre di Pansy sono ad Azkaban.
«Draco, cosa sono tutte queste ricerche sulle bacchette?» dice però Pansy, curiosando sulla scrivania.
Mi alzo di scatto dalla poltrona e chiudo il taccuino e i miei appunti. Da un mese non faccio altro che dormire e svolgere inutili ricerche sulle bacchette per trovare un perché a ciò che è impossibile.
Le parole di Potter mi rimbalzano ancora dentro.
Ho provato decine di bacchette, alcune anche dei miei migliori amici. Nessuna mi è stata così fedele e affine come la tua”.
Ho trovato solo spiegazioni inutili in merito: solo gli amici, solo persone che condividono affetto o particolari caratteristiche fisiche possono condividere bacchette diverse senza che la magia ne risenta. La bacchetta di una persona affine è affine. Potter non è per niente affine a me. Non condividiamo niente.
Dovrò continuare a ricercare.
«Lascia stare questa robaccia» dico quindi. Ricercherò più avanti. «Beviamo».
Ho deciso che forse potrei avere un problema con l'alcol anche io.


31 luglio 1998

Appallottolo la lettera e la butto nel cestino. Insieme ad altre cinque, diverse.
Mi prendo i capelli tra le mani, quasi li strappo.
Prendo la piuma tra le dita e ricomincio da capo.

Potter,
con la presente ti faccio i miei sinceri auguri di buon compleanno.
Cordiali saluti,
Draco L. Malfoy


Guardo la lettera. È una merda. La appallottolo e le palline di pergamena nel cestino sono sette.
«Incendio» sussurro.
Per poco non mando a fuoco lo studio, ma almeno non rimarrà traccia della mia ennesima perdita della dignità.


1 settembre 1998

«Pensa... molti ragazzini partiranno ora per Hogwarts... ti ricordi quando eravamo partiti noi?»
Guardo il soffitto e annuisco. Pansy è stesa sul letto di fianco a me. Passiamo tanto tempo così, a ricordare il passato, a lamentarci del presente, a evitare accuratamente di parlare del futuro.
Lei è l'unica amica che mi è rimasta. Blaise non viene più qui, lui si sta facendo una vita vera. Greg è finito in clinica riabilitativa per abuso di alcol e pozioni illegali. Vince sarà morto da quattro mesi, domani.
Non ho mai avuto altri amici veri. Se avessi giocato meglio le mie carte, se fossi stato una persona migliore avrei potuto averne molti di più. Avrei potuto avere Potter come amico.
«A proposito, lo sai che a dicembre ci saranno i M.A.G.O straordinari per il nostro anno, vero? Dici che dovremmo iscriverci ai corsi di recupero?» propone Pansy, mi distrae dall'ennesima divagazione mentale su Potter.
«Non farò i M.A.G.O...» rispondo.
«Ma Draco!» protesta, ma è una protesta sterile. Lo sa meglio di me che ho le mie motivazioni. Lo sa anche lei che è una cattiva idea.
«Non voglio tornare là. Non voglio rivedere nessuno». E nessuno vuole rivedere me, vorrei aggiungere.
Né professori, né vecchi compagni di scuola. Tra loro c'è chi mi vorrebbe morto. Tra quelli che mi vorrebbero morto ci sono anche io, a volte.


6 ottobre 1998

Sgrano gli occhi e rileggo, per esserne sicuro. Che questo libro fosse ridicolo, l'avevo già capito dalla copertina.
Lancio un'occhiata agli appunti sulle caratteristiche delle nostre bacchette: Agrifoglio e Biancospino. Due bacchette agli antipodi. Eppure Potter è riuscito a utilizzare la mia alla perfezione, a sentirla affine.
Leggo di nuovo, scoppio a ridere. È assurdo, completamente insensato.
Due anime gemelle possono utilizzare l'uno la bacchetta dell'altro senza alcun problema, anche se queste possiedono caratteristiche completamente differenti”.
Non è assolutamente il caso mio e di Potter. Devo continuare a ricercare altre spiegazioni.
Ci saranno di sicuro spiegazioni meno ridicole di questa.


4 novembre 1998

«E non far più vedere il tuo brutto muso nei paraggi!»
Sento in bocca il sapore dell'asfalto e del sangue, sulla schiena il dolore di uno schiantesimo ben indirizzato. Il proprietario del negozio d'ortofrutta mi ha cacciato appena ho provato a chiedergli un lavoro.
Non troverò mai nessuno disposto a farmi lavorare. Solo i Babbani mi darebbero un lavoro, ma io non so niente del loro mondo. Come potrei?
I soldi stanno finendo, siamo caduti troppo in basso dopo l'esproprio dei beni al processo. Prima o poi dovrò vendere il maniero, ma nessuno lo vorrà mai comprare. Se sarà il Ministero ad appropriarsene, ci daranno una miseria.
Non mi sarei mai immaginato di poter cadere così in basso. Con la faccia nel fango, letteralmente.
Sputo sangue per terra e mi rialzo. Mi domando se sarò mai in grado di rialzarmi sul serio.


12 gennaio 1999

«Stai ancora in fissa con tutta questa cosa delle bacchette e di Potter? Per Salazar, Draco, non se ne può più» sbuffa Pansy, indicando la scrivania colma di pergamene e appunti.
«Sono solo curioso. Voglio capire» tento di giustificarmi.
«Te ne stai chiuso qui dentro tutto il giorno a cercare e cercare cose che non ti serviranno mai. Hai bisogno di uscire!»
Sono esausto di sentire queste cazzate. Non me ne rendo neanche conto e sono in piedi di fronte a lei.
«Sai cosa succede ogni volta che esco, mh, Pansy?! LO SAI!?» le urlo in faccia, lei non si spaventa. Sa che non farei del male a nessuno. Un peccato che gli altri ne abbiano fatto a me fin troppo spesso.
Faccio l'orlo ai pantaloni, mostro le caviglie e le tibie piene di lividi. Mi slaccio la camicia, mostro le cicatrici degli schiantesimi. Ho avuto almeno la decenza di ripararmi più volte le labbra e mettere il dittamo sugli occhi pesti, ogni volta. «Succede questo!» sibilo infine.
Pansy ora è terrorizzata.
«Anche noi siamo perseguitati ma... questo è troppo» dice mentre scruta i miei lividi. «Dovresti dirlo a qualcuno. Dovresti dirlo a Potter. Ho sentito che è entrato in specializzazione come Auror».
La sua proposta mi fa trasalire. Potter, Potter, Potter.
Perché tutti pensano che la soluzione ai miei problemi sia Potter?!
«Non dirò proprio nulla a Potter» mi rifiuto categoricamente.
Pansy mi guarda e scuote la testa, affranta.


17 marzo 1999

«Sei sicuro di non voler venire?»
Mi guarda con occhi lucidi, ma so che non piangerà. Lei non piange mai, non ha pianto quando padre è stato portato ad Azkaban, non ha pianto quando le hanno mandato lettere minatorie. Non piangerà ora.
«No, madre... io... starò qui» dico, abbasso il volto sul parquet pieno di termiti.
Il Maniero è stato venduto all'asta, non abbiamo ricevuto che pochi spiccioli. Giusto per poterci permettere l'affitto di una dimora pulciosa nella periferia di Liverpool. La strega proprietaria di casa è una simpatizzante del Signore Oscuro, ci ha trattati quasi decentemente negli ultimi tre mesi. Peccato che questo appartamento faccia schifo.
Ho convinto mia madre a trasferirsi in Provenza a casa di lontani parenti. Non è un posto migliore o più grande di questo, ma almeno è lontano dall'Inghilterra e lei potrà uscire senza rischiare di essere trattata come una prostituta.
«Devi cambiare aria, cambiare città. Non puoi stare qui dentro nascosto tutta la vita» mi dice, apprensiva.
Ha già le valigie in mano, abbiamo comprato al mercato nero una Passaporta Internazionale contraffatta, così che nessuno sappia dove sta andando.
Detesto che debba essere così. Detesto fare questa vita, detesto essere caduto così in basso. Detesto che mia madre sia costretta a vivere come una pezzente, detesto che la chiamino con quegli epiteti volgari. Detesto tutto di questa esistenza.
Non vedo come le cose possano cambiare, ma devo fingere. Non devo farla preoccupare.
Mi sporgo e le do un bacio sulla fronte. Chissà quando ci rivedremo.
«Appena i mali spiriti cesseranno, troverò il modo di risalire. Riporterò in alto il nostro nome, madre». Riuscirò mai a mantenere questa promessa?
La guardo andare via senza voltarsi, ma posso giurare di udire un lieve singhiozzo.
Ti voglio bene, vorrei dirle. Non mi sono mai permesso di farlo.


2 maggio 1999

L'anniversario della fine della Guerra pesa sulle mie spalle come se non fosse mai finita. Per me la Guerra non si è mai conclusa.
Sono passato dall'orrore di vivere con quel pazzo in casa a vivere come l'ultimo dei buoni a nulla, odiato e perseguitato da tutti. Dai buoni.
Loro dovrebbero essere i buoni. E allora perché continuano a picchiarmi, in giro per strada? Perché continuano a inviarmi queste lettere?
Speravo che cambiare casa li avrebbe fatti cessare, ma la voce che vivo qui si è sparsa.
“MI AUGURO CHE TU MUOIA PRESTO!”
“CREPA!”
“SEI UNA MERDA!”

Le Strillettere oggi urlano in continuazione, si infilano sotto le serrande arrugginite delle finestre, incastrate negli stipiti delle porte.
«Cosa cazzo volete?! COSA CAZZO VOLETE DA ME!?» mi ritrovo a urlare all'ennesimo stormo di gufi che mi lasciano la posta. I gufi scappano, le lettere rimangono lì per terra.
Non le aprirò mai, so già cosa dicono.
Lì sullo zerbino c'è anche un giornale. Mi chino a prenderlo, c'è Potter in prima pagina. Un'intervista al memoriale per l'anniversario, a Hogwarts.
È raggiante, sorride e stringe mani. Bello come il sole, felice, circondato da amici. L'opposto di me.
Mi inginocchio per terra e mi porto il giornale su volto. Ci urlo dentro, il giornale si inzuppa delle mie lacrime da coccodrillo.
«Vaffanculo... Potter... perché non hai salvato anche me?!» dico, nella disperazione.
La risposta è semplice: perché sono sempre stato troppo codardo e idiota per chiederglielo. Se gliel'avessi chiesto, lui mi avrebbe aiutato. Perché lui è fatto così, è uno stupido Grifondoro.
Io invece sono un codardo e rimarrò tale.


8 maggio 1999

È passato un anno da quando Potter si è presentato al Maniero per dirmi insensatezze e ringraziarmi per altrettante insensatezze. Non ho ancora trovato una soluzione diversa da ciò che è senz'altro impossibile.
Devo cercare ancora. Negli ultimi mesi sto lavorando solo a questo, chiuso al buio di questa casa mezza vuota. Il pavimento cigola, è infestata di Poltergeist ficcanaso.
Odio questo posto, non trovo lavoro per mettere soldi da parte e permettermi un posto migliore, ma almeno le aggressioni si sono ridotte da quando sono qui. Magra consolazione.
Potter è in prima pagina sui giornali un giorno sì e l'altro pure. Ho una pila di giornali sul tavolino, lui è sempre con quella faccia sorridente e gli occhiali tondi. Da quando ha salvato il mondo tutti portano gli occhiali tondi. Ha persino creato una moda! Per me rimarranno sempre discutibili, anche se senza quegli occhiali Potter non sarebbe Potter.
È il cadetto più promettente in accademia di Auror, e come potrebbe non esserlo! Potter è sempre stato migliore di me in troppe cose, riconosco la mia invidia ora. Una volta non la riconoscevo.


14 giugno 1999

Anime gemelle... hah!
Guardo i miei appunti inconcludenti e mi afferro i capelli con le mani. Devo scoprire... devo scoprire di più. Io e Potter non siamo anime gemelle. Non lo siamo.
Non possiamo esserlo, è impossibile. Potter mi odia. Lo odio anche io.
Forse non è vero che lo odio, non più. Ma da non odiarlo più a essere anime gemelle c'è più che una sottile differenza.
Ci dev'essere qualcosa, qualcos'altro. Devo spostare le mie ricerche altrove, lontano da qui. Devo cercare qualche libro in biblioteche estere per riuscire a trovare un nesso.


31 luglio 1999

Il cestino è nuovamente pieno di lettere appallottolate, come l'anno scorso. Cosa se ne farebbe Potter dei miei auguri?


2 settembre 1999

Ho trovato dei libri antichi di fabbricazione di bacchette provenienti dalla biblioteca di Pompei. Peccato che siano scritti in latino e poi tradotti in italiano. Come diavolo faccio a leggere l'italiano?! Conosco a malapena due parole che sono simili al Francese! Devo impegnarmi a tradurlo, è risaputo che la magia italiana celi antichi segreti. Forse la soluzione ai miei dilemmi risiede proprio da quelle parti.


21 settembre 1999

«Ma guardalo! Tutto tronfio col suo cazzo di anello di fidanzamento. Che faccia da culo!» borbotta Pansy, io fingo di non ascoltarla. Fingo molto male e quasi non riesco a trattenere un verso di disgusto.
«Draco?» mi chiama di nuovo, ma il mio sguardo è troppo concentrato sulla foto in prima pagina sul giornale. Occhiali tondi e un sorriso smagliante, mentre tiene per mano quella insignificante pezzente.
“Signori e signore: riponete le vostre speranze! Il grande Eroe del Mondo Magico non è più sulla piazza! Harry Potter annuncia il suo fidanzamento ufficiale con Ginny Weasley, Cercatrice delle Holyhead Harpies” recita il titolone sul Profeta.
La Weasley ride gioviale, io vorrei solo cambiarle i connotati con un incanto urticante. Odiosa.
«Draco... ma che ti succede?»
«NIENTE!» sbotto, all'ennesimo richiamo di Pansy. Lei spalanca la bocca e ammicca.
«Draco... non sarai mica geloso di Potter!»
«Fottiti, Pansy!»
Non sono e non sarò mai geloso di Potter. Non ho niente per cui esserlo. Semplicemente odio la Weasley e penso che ci azzecchi con Potter come i cavoli a merenda.
Anche se proprio non posso fare a meno di domandarmi se la bacchetta di Ginevra Weasley gli sia affine come la mia.
Mi innervosisco. Questa storia deve finire.


26 settembre 1999

«IN ITALIA?! Ma sei scemo?!»
Quando Pansy urla, quasi rimpiango i tempi della McGranitt.
«Ho scovato un annuncio di un vecchio scemo che ha bisogno di aiuto con la sua bottega di bacchette di seconda classe, non riesce a trovare nessuno da mesi» rispondo semplicemente.
Non sto mentendo, ma preferisco omettere lo strano concatenamento di eventi che mi ha portato a prendere questa decisione. La sera dell'annuncio del fidanzamento di Potter ho sentito la spinta di andarmene e ho iniziato a cercare lavoro altrove, lontano da qui. Ho guardato quel libro in italiano e mi sono detto che forse sarebbe valsa la pena cercare da quelle parti. Ho reperito dall'Ambasciata Magica Italiana un quotidiano e ho trovato proprio quel lavoro. Un lavoro in un negozio di bacchette. Ho risposto all'annuncio e il datore mi ha assunto senza domande, e poi mi ha dato ventiquattrore di tempo per presentarmi in Italia. A Firenze, per la precisione.
Forse il mio destino è scritto.
«Draco, ma... come...» il volto di Pansy è contratto dalla preoccupazione.
«Ho bisogno di ripartire da zero» le dico. Questa è assoluta verità.
«E riparti in base a un ossessione su 'sta cosa delle bacchette?» sbotta.
«Non riparto in base a un ossessione! È solo che ho imparato molte cose in questo anno e mezzo di ricerche, quindi penso di poter essere bravo in un lavoro simile». Senza contare che il proprietario del negozio è l'unico che ha accettato di prendermi come commesso senza domandarmi nulla sul mio passato. Forse in Italia la Guerra non è stata così sentita come da noi.
Pansy incurva le spalle e nasconde le sopracciglia corrucciate sotto la frangia.
«... mi mancherai molto, Draco!» ammette. Forse è l'unica persona qui a cui importa qualcosa di me, l'unica persona a cui mancherò. Di sicuro non manco a nessun altro. Nessuno si è degnato di cercarmi, potrei essere morto e a nessuno importerebbe. A Potter non importerebbe di sicuro.
«Come farò senza di te, qui? Non ho un lavoro... non ho nessun altro amico!» continua Pansy.
«Vieni con me!» Non ci penso due volte a proporglielo, anche se so già quale sarà la sua risposta. Suo padre è a Azkaban, vicino di cella del mio. Lei e sua madre vivono in una topaia simile a questa senza più un soldo. Lei non me lo dice mai, ma so che a volte è costretta a rubare delle pozioni per sua mamma. È molto malata.
«Devo stare vicino a mia madre» dice infatti. La capisco, e so che Pansy è l'unica che può capirmi.
Mi sporgo di più sul letto e le prendo le mani.
«Ti scriverò ogni settimana, ok?» prometto. «E quando troverò un posto dove stare, ti inviterò per le vacanze!»


1 ottobre 1999

Forse ho capito perché nessuno voleva questo lavoro. Avrei dovuto capirlo da quando ho fatto il colloquio con il proprietario via camino – ma il signor Gianni parla talmente male inglese che avevo dato la colpa al bias linguistico.
Quando immagino Azkaban, me la figuro proprio in questo modo. Forse dovrei scrivere a mio padre. O forse anche no.
Il signor Gianni però mi ha dato un tetto sopra la testa – seppur fatiscente – e un lavoro senza fare domande. Quindi ho poco di cui lamentarmi, a parte che il signor Gianni è un vecchio bastardo burbero incapace e menefreghista. E puzza di tabacco.
Ma qui a Firenze posso uscire per i quartieri magici senza rischiare il linciaggio. La gente persino mi sorride, peccato che non capisco nulla di quello che mi chiedano. Non ancora, almeno.
Sto studiando l'italiano, ma è una lingua davvero terribile a livello di regole.


1 dicembre 1999

«Metti un po' qui della laccatura, và».
Quasi non mi accorgo della voce del signor Gianni. O forse in questi due mesi ho sviluppato uno spirito di sopravvivenza tale da andare in ascolto selettivo automatico.
Continuo a lucidare l'impugnatura di una bacchetta di Betulla, fino a quando il signor Gianni me la strappa via dalle mani.
«Ragazzo, sei distratto. Cosa ti prende, oggi?» grugnisce.
«Niente, Gianni. Niente» rispondo, stremato, ma lui mi frena prima di poter prendere il barattolo di laccatura.
«Balle!» borbotta, con quei baffoni ingialliti dal tabacco. «Quando fai quella faccia da cazzo hai qualcosa!»
Non si risparmia mai in epiteti, il signor Gianni. Ma i suoi insulti da vecchio pazzo sono niente in confronto a quello che mi dicevano in Inghilterra, quindi stringo i denti e ostento indifferenza.
«Se lo parli tu» faccio spallucce, lui sbuffa.
«Se lo “dici” tu, semmai. Quando ti deciderai a imparare un po' di italiano in modo decente?»
«Sto imparando!» controbatto. «Sono mesi solo due!»
«Con le bacchette andrai anche forte, ma con la lingua sei un disastro».
E invece tu, brutto vecchio, con la lingua sei forte, con le bacchette fai cagare da settant'anni, vorrei rispondergli. Mi mordo l'interno della guancia e prendo il vasetto di laccatura.
Se non altro il signor Gianni ha spirito di osservazione: quando faccio questa faccia da cazzo ho qualcosa. Sarà che sul giornale sul tavolo, in prima pagina c'è un Harry Potter vestito di tutto punto, abbracciato alla sua novella sposa in una cerimonia sulla neve a Hogwarts.
Lancio un'altra occhiata a Ginny Weasley che saluta radiosa con la mano. Cagna maledetta.


25 dicembre 1999

«Avrei voluto vederti, Draco».
Il volto di mia madre appare smagrito persino dalla comunicazione via camino. So che la sistemazione in Provenza non è così male, sempre meglio di come stavamo in Inghilterra, quindi non ho troppo di cui preoccuparmi. Deve solo abituarsi a vivere come la gente che una volta disprezzavamo. Io oramai mi sono abituato a essere un pezzente che sgobba tutto il giorno per tornare in una stanza con tredici Doxy come coinquilini – oltre al vecchio Gianni. E i Doxy sono quasi più piacevoli.
«Te l'ho detto: dovevo lavorare. Mi dispiace, madre. Verrò a trovarti quanto prima» le prometto. Non so quando potrò mantenere la promessa. Sento la sua mancanza. Non ho mai sentito la mancanza di mio padre.
«Buon Natale» mi dice lei, prima di sparire tra le fiamme.


2 gennaio 2000

«Wow. Vivi davvero in questa topaia?» è la prima cosa che mi dice Pansy, una volta entrata con passi baldanzosi dal portoncino.
«Grazie, Pansy, è già tanto che quel vecchio bastardo mi abbia dato una stanza sopra il lavoro» le sorrido.
Finalmente il vecchio Gianni se ne è andato in Puglia un paio di giorni per recuperare delle componenti, e ho potuto invitarla qui.
Pansy ridacchia e con una giravolta di tacchi atterra sul divano. Le molle cigolano, o forse è il pavimento. Potrebbe ritrovarsi al piano di sotto da un secondo all'altro, a giudicare dallo stato in cui è ridotto il parquet.
«Dev'essere un tipo simpatico, questo Gianni» constata lei, guardandosi intorno.
«Come una Firebolt nello sfintere anale» sospiro.
«La Firebolt di Potter la prenderesti volentieri nello sfintere anale».
Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva, e lei scoppia a ridere. «Ancora con questa storia, Pans?!» grido.
Mi guarda furbescamente. Nonostante le sue esternazioni mi è mancata lo stesso in questi mesi. Con l'italiano sto migliorando, ma non parlo spesso con le persone. Sono diventato diffidente, ho poche conoscenze qui a Firenze e dubito che riuscirò a farmi degli amici.
«Beh, hai trovato o no una spiegazione alle anime gemelle?» mi domanda a bruciapelo.
«No. Ci sto ancora lavorando».
Sto cercando di tradurre i libri antichi che avevo trovato, ma ancora non ne ho cavato un ragno dal buco. In compenso, però, sto apprendendo sempre di più sull'arte della fabbricazione delle bacchette.
Prima o poi darò una spiegazione logica ai miei quesiti. Io e Potter non siamo anime gemelle.
Lui ha già la sua anima gemella, ed è quella cagna maledetta della Weasley.


31 luglio 2000

Ci sono ancora troppe lettere nel cestino. Nessuna arriverà mai a destinazione.


3 settembre 2000

Gianni è malato. Da quando me l'ha detto le cose sono peggiorate in fretta, ma lui non ha smesso di fumare sigari uno dietro l'altro. Il negozio lo sto gestendo solo io, in questi giorni. Non che ci siano molti clienti – anzi, quasi nessuno.
Gli restano poche settimane, a detta del Guaritore. Non che mi stia struggendo dal dolore, ma in quattro mesi non una singola persona è arrivata a trovarlo, a salutarlo. Specialmente ora che non riesce ad alzarsi dal letto. In questo momento mi sembra solo un povero vecchio solo come un Crup, e non posso fare a meno di domandarmi se mi ridurrò anche io in questo modo, senza nessuno che pianga la mia morte, senza che nessuno se ne preoccupi.
Un po' mi fa pena, anche se sono notti che non riesco a dormire a causa del suo incessante tossire.
Gli porgo una ciotola di zuppa e faccio per andarmene dalla sua stanza, di solito non ha voglia di chiacchierare. Non ha più voglia neanche di insultarmi. Sono l'unico che si prende cura di lui, ora, in attesa che passi a miglior vita.
«Aspetta un po'» borbotta, tra un colpo di tosse e l'altro.
«Che c'è... è poco salato?»
«Nah. Oramai sono abituato al fatto che voi inglesi cuciniate da schifo» mi dice. Forse si sente meglio, se gli è tornata la voglia di denigrarmi. Ignoro la provocazione e monto uno sguardo interrogativo.
«Del negozio... fanne quel cazzo che vuoi, ragazzo. Vendilo, brucialo. Quel che ti pare» sospira infine.
Sgrano gli occhi. Non mi aveva mai accennato a niente del negozio. Pensavo che avesse almeno qualcuno a cui lasciare le sue proprietà, e invece è davvero solo come un Crup.
«Posso tenerlo?» domando, speranzoso.
«Hah... se speri di farci soldi, sei un povero illuso» ridacchia e viene colto da un altro attacco di tosse.
Sorrido beffardo. Questo negozio e questo appartamento sono ridotti in uno stato pietoso. Le bacchette che vende il signor Gianni fanno schifo persino ai ratti che le rosicchiano. Ma, a dirla tutta, la mia testa è piena di idee.
Forse posso rendere questo posto la mia nuova casa. La mia nuova vita. Una nuova speranza. Un punto di partenza.
«Staremo a vedere».



 
Continua...

Riferimenti:
-Non ho idea e esistono anche le ambasciate magiche, ma mi sembra un'idea sensata. 
-Non ho mai usato lo stile narrativo in prima persona presente, a parte per Amélie (che però era una storia epistolare). Chi mi conosce oramai sa che mi piace fare esperiementi. Non rimane comunque il mio stile narrativo preferit, ma mi sembra abbastanza adatto per narrare i fatti di questa sorta di diario mentale e calcare ancora di più i sentimenti e il vissuto di Draco. 
-Che i Malfoy abbiano parenti in Francia penso che sia un headcanon comune, ma non ricordo che abbia fonti attendibili. 
-Mi piace sempre calcare la mano su un dopoguerra molto amaro per la fazione dei "cattivi". Ho approfondito molto meglio il tema in "Come una fenice". 

ANGOLO DI EEVAA
Ehilà! Eccomi qui con l'atteso spin-off che in tanti avete espresso il desiderio di leggere.
Innanzitutto vi ringrazio, spero tanto che possa piacervi. 
Non ho ancora finito di scriverlo, ma dovrebbero essere tre/al massimo quattro capitoli. Questo primo capitolo è stato un po' introduttivo e spiega come sia arrivato Draco a Firenze e come abbia fatto ad aprire un negozio, a diventare il fabbrica-bacchette che abbiamo conosciuto in Agrifoglio e Biancospino. Spero vi sia piaciuto il suo rapporto con Pansy (è da Augurey Building che volevo scrivere qualcosa ancora sulla loro amicizia!) e anche quello con Narcissa.
Nel prossimo si capirà meglio anche chi è la maledetta Falena e come siano arrivati a collaborare. 
Un abbraccio e grazie per essere arrivati fin qui! 
Eevaa

 

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Capitolo 2
*** Atto II ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.

 
 

- Il BIANCOSPINO e La FALENA -


Atto II
 
 



4 dicembre 2000

«Diecimila Galeoni? Non ce li ho diecimila Galeoni!»
Prezzi folli per poter ristrutturare un buco in quel di Firenze. Con diecimila Galeoni potrei comprarmi un appartamento nuovo. Ma quello che mi interessa è il negozio di bacchette e il laboratorio al suo interno. Non è in buono stato, ma ci sono tutti i presupposti per farlo diventare un botteghino di tutto rispetto.
«E allora non so proprio cosa dirle, signor Malfoy» mi dice il Magarchitetto, indifferente.
Devo rassegnarmi e andare dai folletti a chiedere un prestito.
Ho sempre odiato i folletti, ma i folletti della Banca Fiorentina sono ancora più antipatici di quelli della Gringott. Le mie speranze sono pari a zero.
Quel vecchio bastardo mi ha lasciato in mano un negozio che non vale niente e un appartamento infestato da Doxy.
Me lo immagino, il signor Gianni, in qualche angoletto dell'inferno a ridere di me. E sono già troppo fortunato che non sia tornato come fantasma a stressarmi l'anima.


14 gennaio 2001

«Questa è la terza volta che la banca mi nega il prestito. 'Fanculo».
Vorrei strapparmi tutti i capelli dalla testa. Afferro il collo della bottiglia di birra Babbana e ne tracanno un nuovo sorso.
Ho scoperto molte cose Babbane che mi hanno sorpreso. Il telefono, primo tra tutti. Ho convinto Pansy a prenderne uno mesi fa, almeno non dobbiamo stare per forza davanti a un camino per poter parlare – che d'estate poi è anche una tortura. Ci sentiamo spesso, tutte le settimane. Ne sono sempre felice, lei è l'unica che può capirmi.
«Non dirlo a me...» sento Pansy rispondere dall'altra parte della cornetta. Sospira. «Mi hanno rimbalzato per l'ennesima volta all'esame di ammissione a Magimoda».
Lei è davvero l'unica a capire come mi possa sentire. Sospiro anche io e prendo un altro lungo sorso di birra.
«Facciamo schifo, Pansy... facciamo davvero schifo» le dico, schiacciandomi una mano sulla faccia.
«La prossima volta andrà bene. Te lo prometto» si appresta a dire. Lei è sempre quella del bicchiere mezzo pieno. Guardo la mia bottiglia e mi viene solo da piangere nel vedere che è mezza vuota. «Avremo modo di riscattarci, Draco!» continua lei.
Quello che dice mi sembra fin troppo utopico, improbabile. È già tanto che io stia riuscendo a sopravvivere e che non stia facendo fallire questo posto di merda.


11 giugno 2001

Spalanco la porta, mi ritrovo davanti un fantasma.
«Pansy! Che diavolo ci fai qui?»
Ci metto poco tempo a notare che il fantasma ha delle valigie con sé. E questo può significare solo una cosa.
«Mia madre è morta» mi risponde lei. Ha gli occhi lucidi e rossi, non un velo di trucco, i capelli sporchi. Sembra davvero il fantasma di se stessa.
Non le rispondo, sarei troppo meschino nel dirle che finalmente è libera. L'abbraccio e basta.


31 luglio 2001

Sento Pansy sbuffare sul divano. Vive con me da quasi due mesi, ed è l'unica cosa che rende piacevole stare in questo cesso di appartamento infestato.
Mi guardo indietro per mezzo secondo, poi continuo a scrivere frasi sconnesse.
«Inutile che continui a scrivere lettere... tanto non gliele manderai mai» sbotta Pansy.
Vorrei risponderle di farsi i cazzi suoi, ma so che ha ragione. Neanche oggi manderò gli auguri a Potter. Non l'ho fatto l'anno scorso, nemmeno quello prima e quello prima ancora. Non lo farò mai.
«No... infatti». Appallottolo la pergamena e la butto nel cestino.
Sono solo un gran codardo.


22 ottobre 2001

Avverto il fastidio dell'acqua fredda sulla faccia e sputo. Mi gira la testa, sento un saporaccio orribile tra i denti.
Delle mani mi afferrano per la camicia e vengo sbattuto in malo modo contro un muro.
«Che cazzo!» protesto.
Fatico ad aprire gli occhi, ma finalmente mi rendo conto di essere nel bagno, seduto per terra. Non ricordo niente. Forse ho appena vomitato. Forse qualcuno mi ha lavato la faccia. Pansy.
Pansy tira l'acqua del gabinetto e poi si accovaccia di fronte a me.
«Dovevi proprio conciarti in questo modo?!» sibila.
Mi sforzo di ricordare. Ah, certo! Gli affari che rallentano, la banca che mi ha negato di nuovo un prestito, mentre la vita di Potter è una meraviglia.
«Pensavo... sarebbe andato bene... non va bene un cazzo. NON VA BENE UN CAZZO, PANSY, NON VA BENE UN CAZZO!» urlo e tento di alzarmi, ma crollo di nuovo per terra. Sono troppo ubriaco.
«Devi avere pazienza!»
«'Fanculo... quello stronzo di Potter ha ricevuto una promozione, è su tutti i giornali, io faccio fatica a pagare l'affitto e mi ritrovo a fine mese così» mi dispero. Sento gli occhi bruciare, sto piangendo e nemmeno me ne rendo conto.
Pansy alza gli occhi al cielo e so che si sta trattenendo dal tirarmi un ceffone. «Ma perché devi sempre vedere quello che fa Potter, santo Merlino!» ringhia. «Dimenticati di lui!»
Fosse facile dimenticarmi di lui.
Fosse facile dimenticarmi che uno dei pochi gesti gentili che ho ricevuto durante e dopo la Guerra è stato da colui che pensavo fosse un rivale.
Fosse facile dimenticarmi che avrei potuto mettere la parola fine a quella rivalità, chiedergli consiglio, aiuto... come aveva detto mia madre. E invece sono sempre stato troppo codardo.
Ho perso la mia occasione dopo la Guerra.
Potter si sarà dimenticato di me, mentre io... io sono qui a piangere ubriaco sul pavimento di un bagno con le piastrelle tutte rotte.
Le cose devono cambiare.


3 gennaio 2002

Pansy spalanca la porta dell'appartamento con una pergamena aperta in mano. Il gufo spennacchiato che l'ha portata si dilegua spaventato.
«Mi hanno presa!» urla lei, raggiante.
Salto in piedi sul divano. «SCHERZI?!»
«Mi hanno presa, mi hanno presa!» lei inizia a saltellare e a sventolare la lettera di ammissione a Magimoda. Ci ha tentato per anni ad accedere a quella facoltà a Londra ma, a causa del suo trascorso, tutti si erano rifiutati di vedere il suo talento. In Italia invece nessuno la conosce, vedono solo quello che sa fare, le sue capacità.
«Dobbiamo festeggiare!» la esorto, appellando dalla cucina due calici e una bottiglia di bollicine. Ultimamente gli affari al negozio sembrano andare piuttosto bene, con le nuove bacchette che ho messo in vendita sto riuscendo a concedermi persino qualche sfizio.
«Non voglio nemmeno ricordarmi come mi chiamo, stasera» risponde Pansy, raggiante.
«Ecco, magari ricordati che domani devi partire per Roma».
Le sfodero un sorriso sghembo. So già che mi mancherà averla come coinquilina, ma dopo questo periodo difficile si merita la felicità. Chissà se riuscirò a essere felice anche io.


31 luglio 2002

Rileggo le quattro righe appena scritta prima di arrotolare la pergamena. Forse questa volta ce la farò a spedire gli auguri di compleanno al destinatario.
Mi avvicino alla finestra alla ricerca del mio gufo – sì, ho preso un allocco barrato, l'ho chiamato Scorpius. Lui mi restituisce uno sguardo confuso, e io cambio idea. Incendio la lettera e la getto nel lavandino. Niente da fare.
Lo riprometto a me stesso: questa è l'ultima volta che ci provo.


12 dicembre 2002

Madre,
gli affari del negozio mi permettono di vivere un po' meglio, presto avrò abbastanza soldi da parte per ristrutturarlo senza alcun prestito. Ho dovuto lavorare sodo giorno e notte. Gli ho cambiato nome, “La Bottega di Gianni” mi dava solo problemi di pregiudizio sulle bacchette. A differenza di quelle del vecchio proprietario, le mie bacchette valgono molto. Stanno andando di moda, piacciono. Ho chiamato il mio negozio “Il Fabbricante di Ponte Vecchio”.
Prima o poi le cose cambieranno, riceverò la visibilità che merito e potrò regalarti una casa. Spero di poterlo fare presto, madre.
Buon compleanno,
Draco L. Malfoy


31 luglio 2003

Dannazione, me l'ero ripromesso.


6 marzo 2004

«Woooow!»
Pansy volteggia al centro del negozio con occhi sognanti. Si è fatta crescere i capelli, li porta raccolti in una coda con un nastro malva uguale alle scarpe a punta e al rossetto. All'ultima moda. Vedo spesso le streghe vestirsi così, ultimamente.
«Ti piace?» domando, a braccia conserte.
È la prima volta che vede il negozio finito. Ci ho messo mesi a ristrutturarlo come si deve, e l'ho fatto tutto con i miei soldi. Con quello che ho guadagnato in questi anni. Ora sono di nuovo al verde, ma gli affari stanno andando talmente bene che ho ragione di credere che presto tornerò a mettere qualcosa da parte. Prima o poi voglio ristrutturare anche quel cesso di appartamento.
A volte vorrei che Gianni tornasse in vita solo per fargli vedere ciò che sono stato in grado di fare di quel merda di posto che mi ha lasciato. Proprio lui che pensava che non sarei stato capace di fare un bel niente!
«Che figata, Draco. Sono contenta per te» mi dice, saltellando qua e là tra i nuovi scaffali. Della vecchia bottega impolverata non è rimasto quasi più nulla.
Le offro un calice di vino elfico e la invito ad accomodarsi su una poltrona vicino al registratore di cassa. Lei, però, si siede a gambe accavallate sulla scrivania. Così tipico!
«E di te cosa mi dici?» le domando.
«Oh... all'accademia procede bene, ma sto facendo fatica a trovare un lavoro decente. Le boutique di alta moda non prendono studenti» fa spallucce, innocente. «Però...»
Fa una pausa e mi lancia un'occhiata furbesca che mi sa tanto di notizia grossa.
«Però?» la incalzo.
«Ho conosciuto una ragazza!» annuncia, radiosa.
Spalanco gli occhi. «Seriamente?» soffio, stupito.
«No, ma che seriamente!» scaccia l'aria con la mano. «Siamo uscite un paio di volte. È niente male!» sorride.
«Cosa fa? Magimoda anche lei?»
«Uh... non lo so. L'ho conosciuta a un pub. Magari ci conosceremo meglio, chissà» si stringe nelle spalle e alza il calice per brindare.
Di tutti i ragazzi e ragazze con cui è uscita, non mi ha mai raccontato nulla. È la prima volta che le brillano gli occhi.
«Sono felice per te» le dico, facendo tintinnare i due bicchieri.
«E tu? Qualcuno?» rimbecca lei.
Sbuffo, cinico.
«Non ho tempo per l'amore».
«Oh, giusto... sei troppo impegnato a scoprire perché tu e Potter non siete anime gemelle, per innamorarti» controbatte, molto più cinica di me.
Le scocco un'occhiata omicida, poi decido saggiamente di cambiare argomento. Non voglio pensare a Potter stasera.


31 luglio 2004

Potter,
giusto per tua informazione: la mia vita finalmente sta andando molto meglio. Anche senza il tuo fottuto aiuto.
Ancora sto provando a capire qualcosa di più su tutta la questione delle anime gemelle, ma non riesco proprio a trovare un nesso. A volte vorrei presentarmi da te per indagare meglio sulla questione. O magari invitarti qui per farti vedere dove sono arrivato. Chissà se saresti felice per me!
Che cosa sciocca. Tanto sciocca quanto questa lettera che ora vado a infilare nel camino.
Draco L. Malfoy


7 agosto 2004

«Ti sei messa con uno sbirro?!» sbraito, completamente basito.
Pansy mi fa cenno di abbassare la voce. In effetti tutti gli altri commensali del ristorante ci stanno guardando male. Mi sono preso cinque giorni di vacanza per andare a trovare Pansy a Roma, e mi sta preparando psicologicamente per incontrare la sua fidanzata, domani.
«Non è ancora uno sbirro, suvvia. Sta ancora facendo l'accademia per Auror» tenta di giustificarsi lei.
Di tutto mi sarei aspettato, tranne che questa serpe si innamorasse di una fottuta Auror.
«Merlino santissimo...»
Lei si finge offesa, ma poi ammicca. «Invidioso? Anche tu vorresti metterti con un Auror... e che Auror!»
«PANSY, E CHE CAZZO!» le urlo. Altri commensali si voltano infastiditi, ma in questo momento mi risulta fin troppo facile sgarrare dalle regole del bon ton.
«Suvvia, scherzo» aggiunge Pansy, ma io lo so che non sta affatto scherzando. «E comunque lei non è il solito Auror... diciamo che è molto... corruttibile!» sussurra, attenta alle orecchie indiscrete.
Io alzo un sopracciglio. Sapevo che c'era sotto qualcosa in tutta questa storia!
«... che diavolo state combinando?»
«Diciamo che sta usando un po' della sua influenza e la sua posizione per farmi lavorare in qualche posto di prestigio. Ha delle buone conoscenze per farmi raccomandare... gente con i Galeoni» ghigna.
«Ah... quel tipo di Auror!» ridacchio. In questi anni in Italia ho imparato tante cose sugli Auror nazionali. E anche sulla polizia Babbana. «E tu cosa le offri in cambio?»
«Oltre alla mia squisita persona?» domanda, vanesia. «Il mio potere per qualche piccola commissione».
Sono seriamente colpito, ma soffoco un'altra risata nel naso. «Serpe...»


31 luglio 2005

Tra i vari acquisti per il mio appartamento in ristrutturazione ho comprato anche un tritarifiuti Babbano. Così posso gettarci molte più pergamene, quest'anno.


30 luglio 2006

La luce fioca del negozio mi appesantisce gli occhi. C'è troppa polvere, noto. Poche finestre. Non è come il mio negozio, non è così che l'avrei arredato uno spazio del genere. Troppo antico troppo poco curato.
«Sono... interessanti» gracchia il vecchio, facendo scivolare le scatole sulla scrivania. Ha la bocca storta e gli occhi incappucciati in un'espressione vuota.
«Non sono solo interessanti, signor Olivander. Sono portentose» controbatto, riprendendomi le bacchette per riporle nella valigia.
«Lei è molto sicuro di sé, signor Malfoy, ma temo che ci sia ancora lavoro da fare» conclude, unendo le mani.
Aggrotto le sopracciglia. Non capisco proprio cosa intenda.
«Lavoro... lavoro da fare?» domando.
«Sì... temo di sì».
Mi sembra solo una scusa. Le mie bacchette rasentano praticamente la qualità di quelle di Gregorovich, si vede a occhio nudo. O, almeno, un esperto come Garrick dovrebbe notarlo. Ho talento, ho studiato, ho buone idee.
«Le stanno ordinando dal Regno Unito!» controbatto, piccato.
Olivander si alza e mi dà le spalle.
«Forse è gente che non capisce bene il valore delle bacchette. E di chi le costruisce» sussurra tra sé e sé.
Trattengo a malapena qualche epiteto sulla punta della lingua e decido di affrontare la questione con maturità.
«Penso che lei stia solo covando rancore» dico. Olivander sospira.
«Può essere. Può biasimarmi, signor Malfoy?»
Mi tremano le mani. Posso biasimarlo? Non saprei. Non sono io che l'ho fatto rinchiudere nelle segrete del maniero, non sono io ad averlo imprigionato e maltrattato. Io ero quello che faceva portare loro del pane di nascosto, dagli elfi. Ma quello Olivander non lo può sapere e non lo saprà mai. Come non lo saprà mai nemmeno la Lovegood.
Ingoio il boccone amaro e mi alzo.
«Ok, lo accetto» concludo, stanco. «Ma si ricordi del nostro accordo: non una parola sul mio nome. Non sono mai stato qui» gli rammento. Non voglio che nessuno in Inghilterra mi associ al negozio del Fabbricante di Ponte Vecchio.
Olivander annuisce lentamente, sottecchi. «Io sono un uomo di parola». So che sta trattenendo qualche mala parola nei confronti della mia famiglia, ma non mi interessa.


31 luglio 2006

Ho preso un alloggio nella Londra Babbana per questi due giorni, in attesa della Passaporta illegale che mi riporterà in Italia di nascosto. In questi anni ho imparato anche a utilizzare la nuova moneta Europea Babbana. Un vero peccato che qui in Inghilterra abbiano ancora le Sterline e io non ci abbia capito mai niente. Penso di avere fatto delle gran figuracce per pagarmi questa stanza di Hotel.
«Non sarei dovuto tornare qui» sussurro nella cornetta del telefono, con un avambraccio a coprirmi gli occhi.
«Draco... ma che è successo?» mi domanda Pansy.
«Olivander ha rifiutato la rivendita delle mie bacchette» singhiozzo. Erano anni che non mi sentivo così umiliato. «Qui nessuno mi perdonerà mai... nessuno...»
«Avevamo già appurato che la nostra vita non è più lì. Ma non perché non valiamo, ma perché non sanno riconoscere il nostro valore. Purtroppo per noi è più difficile , ma ce la stiamo facendo e dobbiamo andarne fieri. Molto più fieri di chi ha la strada spianata».
Sorrido e alcune lacrime mi cascano tra le labbra. Pansy sa sempre cosa dire per tirarmi su il morale, per farmi ragionare.
Forse non è il caso di dirle però che poche ore fa ho visto Potter. Forse non è il caso di dirle che come un codardo mi sono nascosto dietro un muro per non farmi vedere, mentre lui e i suoi amichetti erano al Paiolo Magico a brindare per il suo compleanno.
Avrei voluto dirgli qualcosa, anche solo affacciarmi e fargli gli auguri. Ma se in tutti questi anni non sono stato in grado di mandargli nemmeno una lettera, figurarsi fargli gli auguri di persona!
Non lo vedevo dalla fine della Guerra, e non mi è sembrato nemmeno cambiato.
Stessi occhiali fuori moda, stessi ricci indomabili. Stesso sorriso di chi ha cambiato il mondo. Stesso sorriso di chi ha cambiato me.


3 novembre 2006

Il telefono che squilla alle sette del mattino del mio fottuto giorno di riposo non mi stupisce nemmeno più di tanto. Non dopo che Scorpius mi ha appena lanciato la Gazzetta del Profeta dritto in faccia cinque minuti fa.
Non faccio in tempo a rispondere e avvicinare il telefono all'orecchio, che la voce acutissima di Pansy quasi mi buca un timpano.
«DIMMI CHE HAI LETTO I GIORNALI!»
«Sì...» rispondo, con la voce impastata e un gran mal di testa.
«Cos'è questo tono da oltretomba! È una notizia meravigliosa!»
«Dobbiamo rivedere il tuo concetto di meraviglia» le dico, contemplando la foto in movimento della Gazzetta che ritrae due persone uscire da un tribunale con un cipiglio tutt'altro che felice.
«Ma sei deficiente?! È il tuo momento, Draco!»
Chissà come, immaginavo che l'entusiasmo di Pansy sarebbe stato fuori luogo.
«Ma quale momento!?» sbuffo.
«Finalmente di fare qualcosa, ad esempio?!»
«E cosa cazzo dovrei fare, Pans?! Andare da lui e dirgli “ehi, ciao, ho saputo che hai divorziato. Ti va di uscire?”» sbuffo, contrariato. Non posso dire che la notizia del divorzio di Potter mi abbia fatto struggere dal dolore, anzi. Ma da qui a fare un passo verso di lui...
«Beh... può essere un inizio. Innanzitutto non stai negando di volerci uscire». Sento la sua fidanzata ridacchiare vicino a lei.
«Ma vaffanculo, Pansy. Lui non si fida di me. Nessuno si fida di me, lassù».
La mia vita oramai è qui in Italia. Lontana da Londra. Lontana da Potter.


2 aprile 2007

«Quel vecchio rincoglionito continua a non voler rivendere le mie bacchette. Eppure le ordinano da tutto il Regno Unito!» ringhio.
«Draco...»
Mi era mancata mia madre, persino il suo modo di rimproverarmi per il linguaggio poco aristocratico. Erano quasi due anni che non venivo a trovarla in Provenza.
«Chiedo scusa, madre».
Lei sorride pacatamente e spinge la zuccheriera verso di me. La casa in cui vive con lontani cugini è piccola e malmessa, ma questa veranda in mezzo ai campi di lavanda è suggestiva. Il sole è già tiepido, c'è profumo di biscotti proveniente dalla cucina. Non si sta male, qui, ma so bene che mia madre è sempre stata abituata ad altri standard. Per incontrarmi ha indossato uno dei suoi vecchi abiti di sartoria, come se si vergognasse a vivere come una campagnola. Non vorrei che mia madre si vergognasse di me. Per me rimarrà la donna di classe di sempre, anche vestita di stracci.
«Potresti ponderare di aprire una sede lì. Magari non in Inghilterra, ma comunque lassù. In Irlanda, ad esempio» mi propone. In realtà ci avevo già pensato, ma i contro sono più consistenti dei pro.
«Non ho soldi per aprire un nuovo negozio, e non ho nessuno lì che vorrebbe lavorare per conto mio. Inoltre aprire un negozio di concorrenza potrebbe invogliare Olivander a far saltare il nostro patto. Se rivelasse il mio nome, le vendite colerebbero a picco, lì» le spiego.
Mia madre sorseggia il te con eleganza. Poi poggia la tazzina e sussurra. «Quel vecchio rincoglionito...»
Non posso fare a meno di ridere.


31 luglio 2007

Potter,
vorrei trovare il coraggio, ma non lo trovo da nessuna parte. Ho trovato la forza di rialzarmi, di sopportare le peggiori angherie, le minacce, le percosse. Ho trovato il coraggio di ripartire da zero e crearmi un lavoro. Ho trovato la forza di imparare una nuova lingua, di crescere da solo, lontano da tutto e da tutti. Sono arrivato fin qui grazie solo a me stesso e ancora non trovo il coraggio di spedirti una lettera di auguri.
Draco L. Malfoy



31 luglio 2008

Potter,
è passato un altro anno. Stiamo crescendo. Sono passati più di dieci anni dalla fine della Guerra e ancora rimango attaccato al passato.

Sono passati dieci anni, sono diventato un Fabbrica-bacchette di alto livello... eppure non sono ancora riuscito a trovare una soluzione per le affinità tra le nostre. Non ho mai smesso di cercare, mi sono intestardito a lungo. Non c'è altra spiegazione oltre a quella delle anime gemelle. Insensata, impossibile. Ma questo mi spinge a continuare a pensarti, a tentare di capire.
Forse dovrei davvero chiudere il cerchio e provare a parlarti, a scriverti con questa banale scusa. O forse rimarrai un dubbio per sempre.
Draco L. Malfoy


22 agosto 2008

«Tra pochi giorni i ragazzini partiranno per Hogwarts, sono tutti alla ricerca della bacchetta perfetta. Preferisce che le ordinino tutti via gufo o rivenderle qui, ritraendone profitto?»
Questa è la seconda volta che salgo in Inghilterra sotto mentite spoglie per tentare di fare affari con Olivander. Le ho provate tutte. Lui sembra irremovibile anche stavolta e non posso fare a meno di domandarmi se sia scemo o semplicemente troppo rancoroso.
«Non rivenderò le sue bacchette, Malfoy» dice infatti.
«Allora non ha proprio senso per gli affari».
Questa volta non riesco proprio a frenare la lingua, ma lui non appare per niente stupito.
«Non faccio affari con i Mangiamorte, dopo quello che i Mangiamorte mi hanno fatto durante la Guerra» sibila Olivander, gelido.
La lingua che prima ho faticato a frenare ora mi si è incollata al palato. Dovrei essere abituato alla gente che si appella a me in questo modo, dovrei essere abituato a essere guardato con così tanto odio, ma fa sempre male. Sono anni che nessuno usa un tono così orribile con me.
Sono anni che non mi sento così tanto umiliato.
“Non sono un Mangiamorte” vorrei dirgli. “Non sono come mio padre”. Invece non dico niente. Sbatto la porta alle mie spalle e spero che nessuno veda le lacrime che mi pendono dalle ciglia.
Tutto ciò che mi viene da pensare è che quel vecchio bastardo merita di fallire.


5 ottobre 2008

«Beh... non è una casa grande, ma è pur sempre una casa. E la posizione è ottima» dico, sincero. L'appartamento sarà anche un monolocale, ma è un monolocale abbastanza grande per due persone. E la vista sul Colosseo è davvero magnifica.
«Risparmiatelo, Draco. Stiamo facendo solo una gran fatica» sbuffa infatti Pansy, lanciando un'occhiata esasperata alla sua fidanzata. A dire il vero non avrei mai pensato che potessero resistere, ma posso comprendere che dopo tutti questi anni insieme abbiano bisogno di qualche metro quadro in più. Soprattutto perché il concetto di ordine di Pansy non è esattamente convenzionale.
Mi guardo intorno e noto che in ogni angolo ci sono i suoi bozzetti di moda, disegni, progetti. Non capisco proprio come Ambrosia riesca a resistere senza lanciarli tutti nel camino in un raptus di follia.
«Non riuscite proprio a permettervi un bilocale, con la tua promozione?» domando ad Ambrosia, che giusto una settimana prima è stata chiamata a prendere il posto di capo di terza divisione Auror.
«Hah... mi pagano uno sputo comunque» sbuffa. «Dovrei essere il capo assoluto per riuscire a guadagnare abbastanza per una bella casa in una posizione come questa».
“Uno sputo” mi sembra comunque esagerato, ma comprendo che dopo tre anni di accademia e due di specializzazione si abbia voglia di meritocrazia. Ho sentito dire che in Italia non ce ne è molta.
«E quanto manca alla tua promozione?» le domando.
«Dipende da quanti casi mi farà vincere Pansy mettendo mano alle prove di nascosto...» ammicca lei.
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa. «Serpi...»
Anche loro ridono. Oramai mi è piuttosto noto che la loro storia si basa su tanto amore, reciproca collaborazione e tanto inganno verso gli altri. Ambrosia Verbena sfrutta il potere di Pansy per acchiapparsi per prima i meriti di casi risolti da altri, e in cambio Ambrosia assicura a Pansy lavori per aziende immanicate. È stata Pansy stessa a collaborare con una famosa stilista per disegnare le nuove divise Auror di ricerca.
Tutto perché in Italia a quanto pare la meritocrazia non esiste, ma i giri loschi sono all'ordine nel giorno.
«Dovresti valutare anche tu il nostro aiuto» propone quindi Pansy, per l'ennesima volta.
Saranno mesi che mi propone di entrare nel loro giro di loschi affari, e sono mesi che mi rifiuto. «Non vorrei più essere una persona disonesta».
«Hai visto cosa cazzo succede a quelli come noi che tentano di essere onesti, Draco. HAI VISTO» si infervora Pansy, come sempre. Capisco il suo ardore, capisco la sua frustrazione. Quelli come noi devono fare sempre il doppio della fatica per emergere, ed è una verità.
Ho dovuto sputare sangue per ottenere ciò che ho. Sono stato deriso, picchiato, insultato.
Se fossi ancora nella stessa situazione di quattro anni fa forse accetterei l'aiuto... ma ora? Ora mi sento fiero di quello che sto facendo, di quello che ho costruito con le mie mani. Anche se vorrei di più, anche se vorrei venire riconosciuto per i miei meriti, non essere più costretto a nascondermi... non essere più umiliato.
«È già buono ciò che abbiamo» mi convinco. Ed è vero. «Pensa a come eravamo ridotti... ora abbiamo una casa, dei buoni lavori...»
«E da quando sei uno che si accontenta?!» ringhia e si avvicina a me, con il naso ad un palmo dal mio. «Tu sei... il più bravo di tutti in questo lavoro, non ti è riconosciuto solo perché non puoi rivelarti al mondo. Tu pensa che ingiustizia! Quel vecchio citrullo di Olivander non vuole vendere le tue bacchette solo perché gli ricordi tuo padre!»
Mi mordo le labbra. Ha ragione, è una vera ingiustizia. Vorrei farcela da solo... ma devo guardare in faccia la realtà. Per la società rimarrò un Mangiamorte come mio padre.


12 dicembre 2008

Mio caro Draco,
ti ringrazio per i tuoi consueti auguri di buon compleanno. Io sto bene ma, come pronosticabile, mi hanno trovata. Hanno intercettato delle lettere che ho mandato a tuo padre e mi sono arrivati degli altri auguri di compleanno oggi, molto meno piacevoli dei tuoi. Qualcuno ha minacciato di volerti trovare e rovinare, mi sembrava corretto avvisarti, ma non entrerò nei dettagli degli epiteti rivolti alla nostra famiglia. Penso che tu già li conosca.
Spero che le cose per te stiano andando sempre bene. Vieni a trovarmi quando più ti aggrada.
Narcissa Black Malfoy

Alzo gli occhi dalla pergamena e i miei denti scricchiolano dalla rabbia. Appoggio la lettera sulla pila di bollette da pagare, contratto d'affitto, ennesima lettera di diniego da parte di Olivander per la collaborazione.
Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ci vogliono tre squilli perché lei risponda.
«Pansy... ho cambiato idea».


3 gennaio 2009

«E questo chi sarebbe?» le domando. O forse sarebbe più corretto dire “gli” domando.
Pansy fa un paio di piroette sul tappeto del salotto e Ambrosia applaude. L'odore della Polisucco riempie tutto l'appartamento, ci vorranno giorni per farlo andare via.
«Meh... un Babbano che ha trovato Ambrosia per strada a Milano durante l'ultima missione. Carino, vero?» risponde Pansy, guardandosi meglio allo specchio. Non ha più la frangetta di capelli neri, non ha più le forme femminili. Al suo posto c'è un ragazzo alto e slanciato, muscoloso, con i boccoli castano chiaro e due occhi azzurro cielo.
«Beh... decisamente carino» ammetto. Non posso negare il contrario, e quasi mi viene un conato di vomito al pensiero di essere attratto da Pansy. Non capitava dal Ballo del Ceppo, quando ero ancora convinto di essere etero.
«Dobbiamo dargli un nome» propone lei, estasiata.
«Chissenefrega del nome» sbuffo, teso.
«Draco, sai bene che è necessario» mi rimprovera Ambrosia. «E il cognome ce l'abbiamo già!»
La guardo storto. «Non sono convinto che questa cosa possa funzionare...»
E soprattutto non sono nemmeno convinto di volerlo al cento per cento.
«Oh, sai come funzionano queste cose... funzionano eccome. Basterà annebbiare bene il cervello al vecchio e dopo un po' gli risulterà quasi credibile che sia tutto vero. Sai bene che Pansy è un portento con questi tipi di incantesimi e pozioni». Ambrosia sembra convinta. Ed è un Auror, questo mi tranquillizza sul fatto dell'illegalità della questione.
Anche se proprio non riesco a comprendere fino a che punto possano spingersi queste due pur di ottenere di più.
«E va bene... proviamo» mi faccio convincere, ma prima voglio accertarmi che la mia migliore amica sia totalmente a favore. «Pansy... ne sei proprio sicura?»
«Lo faccio volentieri per te, Draco. E per noi... sai bene cosa significa ottenere il monopolio delle bacchette» ridacchia Pansy.
«Soldi a palate! Solo la nostra parte sarà il quadruplo del mio stipendio attuale» sogna Ambrosia. Se da un lato comprendo la voglia di riscattarsi di Pansy, non capisco altrettanto l'arrivismo della sua fidanzata. Ma c'è anche da dire che non ho mai visto la mia migliore amica così felice come quando è con lei.
A volte vorrei anche io una relazione così intensa, ma poi mi ricordo che non ho tempo per l'amore. E non c'è nessuno che vorrei al mio fianco. Nessuno... tranne...
Pansy mi si getta addosso e mi stritola, dimenticandosi di avere la forza e l'altezza di un uomo. Quasi casco per terra e lei ridacchia.
«Non chiamarmi più Pansy per un po', ok?» mi dice, schioccandomi un bacio sulla guancia.
«E come vuoi che ti chiami?» le domando.
Lei storce le labbra e si mette a pensare. Poi l'illuminazione.
«Mmh... che ne dite di Edgar?»



 
Continua...

ANGOLO DI EEVAA:
Ehilà, gente!
Questo secondo atto dello spin-off è servito per mostrare la crescita di Draco, sia come personaggio sia nel mondo del lavoro... non siamo molto distanti dagli eventi di Agrifoglio e Biancospino e nel prossimo capitolo verrà inquadrato bene come e perché le tre Serpi abbiano sfruttato Edgar, ma soprattutto di come hanno organizzato tutta la questione degli eventi della storia principale.
Qualcuno aveva ipotizzato che Verbena potesse avere a che fare qualcosa in tutta questa storia e... ebbene sì! Anche lei è parte stessa del piano, oltre che essere la fidanzata della nostra cara Pansy... o meglio, Edgar. Beh, per sillogismo avete capito anche chi è la Falena, in tutto questo. Si capiva già dal primo capitolo, credo.
Lo spin-off non voleva essere nulla di misterioso, il mistero era già stato risolto, ora le motivazioni le conoscete ma... da qui a tutta la storia dell'attentato, cosa può essere successo? E dopo?
Lo vedrete nel prossimo capitolo :) non so ancora se riuscirò a farci stare tutto nel terzo atto o ce ne sarà un quarto, ma verosimilmente accorperò. 
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto! Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 3
*** Atto III ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.

 
 

- Il BIANCOSPINO e La FALENA -


Atto III



 
18 gennaio 2010

«Io non sono comunque d'accordo. Ma vorrei sentire cosa ne pensa mio nipote, prima».
Il cuore mi balza in gola. C'è voluto un anno. Un anno intero per giungere fino a questo punto.
Quando riapro gli occhi vedo il volto di Pansy – di Edgar – che faticosamente tenta di non lasciarsi andare in una risata vittoriosa.
C'è voluto un anno per convincere il vecchio di avere un nipote. Incantesimi Confundus, Oblivion parziali, pozioni assuefacenti. Pansy e Ambrosia ci hanno lavorato parecchio e finalmente, piano piano, Garrick ha iniziato a fidarsi del suo amato nipote Edgar – figlio illegittimo dell'inesistente sorella deceduta giovanissima di Olivander – giunto faticosamente dalla Danimarca per apprendere la sacra arte della fabbricazione delle bacchette.
Mesi e mesi di condizionamento operante, sotterfugi, inganni perpetrati per far credere a Garrick di un potenziale nascosto. Ed ecco che Edgar – senza alcun talento né passione per le bacchette – è diventato il nipote modello, una promessa del mestiere, l'unico di cui il vecchio Garrick si può fidare per portare avanti il suo operato.
Incredibile ma vero, ha funzionato: il vecchio rancoroso mi ha appena aperto uno spiraglio.
«Suvvia, zio... lo vedi anche tu che queste bacchette sono poderose. Non conviene a nessuno lasciarsi condizionare dal passato. Alla lunga potremmo solo risentirne a livello economico» dice Edgar. Siamo giunti a un momento cruciale, quello di sfondare quello spiraglio e creare finalmente un passaggio. Un primo passo verso il successo.
«Mmh» mugugna Olivander, con la bocca storta nel ponderare. Non possiamo lasciarci sfuggire l'occasione.
«Rivenderle farà ricadere un bel profitto anche a noi. E vedrai che quando imparerò al meglio il mestiere, non ci sarà neanche bisogno di farlo. Lo hai detto anche tu che sono una giovane promessa!» Pansy esibisce la sua travestita faccia da culo esattamente come mi sarei aspettato. «Creerò una linea di bacchette tutta nuova che potrà competere e superare queste» continua.
«Ufh. Sì, sì... ho capito, Ed» sbuffa Garrick. «Ma cosa penserà la gente se mi metto a fare affari con lui?»
«Si ricorda di quello che ho detto, signor Olivander?» intervengo pacatamente. «Sono il primo a non volere che il mio nome salti fuori in Inghilterra. Rimarrò solo il Fabbricante di Ponte Vecchio» gli ricordo. Mento. Prima o poi vorrei che il mio nome saltasse fuori, vorrei dimostrare al mondo il mio cambiamento, il mio successo, ottenuto solo grazie alle mie capacità – e un piccolo inganno come spinta. Ma quello è solo il grande obiettivo finale.
Garrick ci pensa a lungo, lancia occhiate torve a Edgar e lui annuisce per spronarlo. Infine, dopo minuti interminabili di attesa, parla.
«Mh. Abbiamo un accordo, allora».
Chiudo gli occhi e sospiro. Ce l'ho fatta.
Un anno di inganni per poter ottenere solo quello che mi spetterebbe di merito e diritto.


28 febbraio 2010

Non posso crederei ai miei occhi. Eppure i numeri sono inequivocabili.
Abbasso il resoconto mensile di vendita e deglutisco.
«In un solo mese abbiamo avuto un sacco di introiti. Molti vogliono le mie bacchette solo per collezione! Collezione, hai capito?!» esalo. Quasi non posso credere a ciò che leggo. Le bacchette da collezione hanno prezzi folli, eppure c'è gente che le ha comprate da me.
Ambrosia sorride, la sua pelle nera sembra brillare sotto le luci dorate del mio negozio. «Te lo meriti, Draco».
«Beh, anche tu hai meritato la tua promozione, Ambrosia» le dico. Ha ottenuto da pochi giorni il titolo di capo degli Auror in Italia. Una cosa grande.
«Naaah, sappiamo bene che la mia fortuna deriva tutta dalle capacità di Pansy» scaccia via l'aria con la mano.
«Nell'ultimo anno però hai agito esclusivamente da sola. Vuol dire che sei capace di essere una buona Auror» sottolineo.
«Sono una buona Auror corrotta» controbatte lei, facendo spallucce. Beh, se non altro ne è perfettamente consapevole. «Ma va bene così... ho ottenuto ciò che volevo, tu hai ottenuto ciò che volevi».
Quasi tutto. Non sarò mai completamente felice senza poter riscattare il mio nome. L'ho promesso a mia madre, l'ho promesso a me stesso. E l'ho promesso a Potter nell'ultima lettera di auguri che non gli ho mai inviato.
«Non ti manca Pansy?» domando, nel tentativo di distrarmi dalla presenza mentale di Potter.
«Certo che mi manca. Ma l'ambizione mi fa superare la mancanza» risponde Ambrosia. Nell'ultimo anno Pansy si è trasferita in pianta stabile in Inghilterra e si vedono solo nel fine settimana. Un po' triste, dopo tutti quegli anni di convivenza. «E tu cosa mi dici?»
Non comprendo la domanda, aggrotto le sopracciglia.
«Di cosa?»
«Quando ti troverai un fidanzato?»
Deglutisco. Quando riscatterò il mio nome magari qualcuno cambierà idea su di me, penso. Ma è un pensiero sciocco.
«Non ho tempo per l'amore» rispondo quindi, disilluso.


25 marzo 2010

«Se solo potessi... avere credito sul mio nome... se solo si trovasse il modo per far vedere che valgo... non ne posso più di nascondermi, Pansy...» mi stropiccio gli occhi, stanco. Di fronte a me una nuova pila di fatture e resoconti. Sto guadagnando molti Galeoni in più da quando il negozio a Diagon Alley di Olivander è diventato rivendita delle mie bacchette. Le azioni del negozio stanno salendo, ogni giorno mi arrivano lettere per incontri, interviste da tutto il continente e persino da oltremare... e io non posso partecipare se non nell'anonimato.
«Troveremo un modo, Draco. Ci redimeremo» mi promette, dall'altra parte della cornetta. «Con i soldi di questa cosa ci compreremo tutti una casa più grande e faremo la vita da ricchi. Che ne so... a Capri? Uh, non dovremo più nasconderci» la posso vedere sognare a occhi aperti persino da tutta questa distanza.
«Ci vorranno anni!» dico. Certo, stiamo facendo molti Galeoni e in fretta, ma di certo non così tanti da fare una vita da ricchi in tre. Non ancora.
«Magari potremmo trovare un modo perché sia più veloce... dobbiamo solo aspettare la giusta occasione».
Ma quale può essere una giusta occasione? Nel Regno Unito non posso nemmeno farmi vedere per strada senza rischiare una valanga di insulti.


1 aprile 2010

«È un pesce d'aprile?!» dico a bocca aperta, senza riuscire a smettere di guardare l'immagine in copertina al Settimanale delle Streghe che Pansy mi ha portato direttamente da Londra.
«Ma no... ho solo pensato che un po' di buona pubblicità potrebbe essere un affare. Mi stanno dando parecchi soldi per questa cosa del Settimanale delle Streghe, sai? L'intervista... le foto. Ho sempre desiderato essere una modella» ridacchia Pansy, estasiata.
La guardo storto e lancio un'altra occhiata al bel volto sorridente di Edgar che ammicca e fa l'occhiolino.
«... solo che non lo stai facendo col tuo corpo» puntualizzo.
«Dettagli» sbuffa. «E comunque te li detraggo dal compenso di questo lavoro» ammicca esattamente come in foto, poi ridacchia.
«Magnanima...» sospiro, cinico.
Lei si sporge e mi bacia sulla guancia.
«Per il mio migliore amico, questo e altro».
È bello rivederla in versione femminile ogni tanto.


2 maggio 2010

Sono passati dodici anni dalla Guerra. Pesano sulle mie spalle come se fossero cento.
Non basterebbe una biografia di sette libri per raccontare pienamente quello che ho vissuto, prima, durante e dopo. È stato difficile, ma sono ancora in piedi per la maggior parte del tempo.
A parte oggi. Oggi sono ancora seduto per terra nel mio bagno, con una bottiglia di Odgen Stravecchio vuota in mano, a ricordare il perché di tutte le mie scelte sbagliate.
Ancora oggi faccio fatica a guardare il Marchio che ho sul braccio, lo tengo nascosto... ma ogni due maggio lo scopro e lo guardo. E bevo. E penso. E ricordo.
Penso che avrei dovuto accettare l'aiuto di Silente... e l'aiuto di Potter.
Sbuffo e lancio la bottiglia contro la parete, i vetri infranti mi tagliano le caviglie. Tanto sono pieno di cicatrici, comunque.
Chiudo gli occhi e prego che domani arrivi presto. Domani potrò tornare a essere l'uomo di medio successo che sono diventato, qui in Italia, e potrò smettere di essere il ragazzo inglese che ha fatto solo scelte sbagliate.


13 maggio 2010

Digrigno i denti e per sbaglio rompo la punta della bacchetta che stavo serigrafando.
«Ripeti» sibilo dentro la cornetta. Il telefono scricchiola nella mia mano.
«Quel vecchio figlio di puttana ha paura delle tue vendite... sono troppo alte. Teme la concorrenza. Ha tentato... di sabotare le tue bacchette!» ansima Pansy, con la voce rotta dalla rabbia.
Non può essere vero. Non può essere giunto a tanto pur di affossarmi. E se non ci fosse stata Pansy tutto questo sarebbe persino passato inosservato.
«Bastardo. Idiota. Bastardo!» grido e lancio per terra la bacchetta oramai rovinata. Non lo meritavo. Non meritavo questo colpo basso. E, nonostante l'inganno perpetrato a Olivander, nulla di tutto ciò era volto ad affossarlo. Solo a prendermi quello che mi spettava e che ingiustamente non mi veniva dato.
Ma... da questo momento in poi... adesso è guerra.
«Gliela faremo pagare, Draco. Gliela faremo pagare cara» dice Pansy.
Questa volta non ho più dubbi sul fatto che sarà così. La giustizia è per gli eroi. Io non sono e non sarò mai un eroe.
Io sono il cattivo.


26 maggio 2010

«Stanno firmando per un accordo internazionale?! Ma state scherzando!?» grido e quasi mi strozzo con la carbonara che Ambrosia ha preparato per me e per Pansy che, finalmente, è riuscita a prendersi quattro giorni per tornare in Italia nelle sue sembianze.
Verbena annuisce.
«Ebbene sì. Un accordo segreto. E sapete cosa accadrà?» domanda, retorica, poi si sporge di più verso di me. Nego con la testa.
Non mi sarei mai aspettato che il paese in cui sono cresciuto e quello che mi ha accolto si inseguissero da anni in cerca di accordi.
«Si millanta vogliano fare un ricevimento. Qui in Italia» annuncia Ambrosia, e Pansy balza in piedi e mi afferra per la camicia, fin troppo entusiasta.
«Draco... sai cosa significa?»
Alzo un sopracciglio e tento di ignorare gli strattoni. «No...»
«Potrebbe essere la tua occasione!» dice lei, ma io proprio non riesco a comprenderne le implicazioni.
«Per far cosa?»
«Oh, secondo te chi ci sarà al ricevimento per un accordo internazionale?!» mi risponde con tono esasperato.
Ora comprendo meglio e non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo.
«Ancora!? Io e Potter non abbiamo nulla da spartire...»
Anche se proprio non posso fare a meno di ignorare il cuore che mi è salito fino alle tonsille al pensiero di Potter qui, in Italia. Come se inconsciamente mi stessi illudendo di qualcosa di impossibile.
«Aspettate un attimo... e se unissimo l'utile al dilettevole?» interviene Ambrosia, dopo qualche secondo.
«Che cosa intendi?» domando.
«Chi più di Potter potrebbe avere influenza sulla reputazione altrui, nel Mondo Magico?!»
Pansy guarda la sua fidanzata e poi si illumina ancor di più, iniziando a strattonarmi ulteriormente. Sento la camicia scricchiolare. «Ma certo! Dobbiamo convincere Potter che sei degno di fiducia. Un bravo ragazzo, insomma».
«Ehi, io sono degno di fiducia!» mi indigno.
«Oh, disse quello che ha accettato di confondere un bacchettaio per rivendere bacchette...» ridacchia Ambrosia.
E questo è un colpo basso. So che non è una cosa bella, quella che ho accettato di fare, ma non riesco proprio a sentirmi in colpa per due motivi.
«Era necessario per prendermi quello che mi spettava di diritto. E il bacchettaio in questione è stato un bastardo, con me» elenco i motivi, ma ne ho in mente un altro ancora. «E devo ancora fargliela pagare per ciò che ha fatto alle mie bacchette!»
Ho passato due settimane con lo stomaco sottosopra al pensiero.
Pansy e Ambrosia si guardano complici. Di tutto quello che hanno fatto e fanno per manipolare le persone per i loro scopi, proprio non riesco a fare a meno di pensare che vorrei qualcuno che mi guardi allo stesso modo. Qualcuno che mi capisca senza bisogno di parlare.
Ma è solo una sciocchezza.
«... bene... fino a che punto sei disposto a rischiare per fargliela pagare?» domanda Ambrosia, sottecchi.
«Cosa diavolo avete in mente?» domando. Ho quasi paura a saperlo.
Lei e Pansy si guardano di nuovo, e la mia paura di trasforma in terrore.
«Forse è il momento di mettere fine al bel faccino di Edgar Olivander».


«No, no, no! ASSOLUTAMENTE NO!» ringhio, dopo aver ascoltato attentamente le farneticazioni mentali di quelle due serpi. «Non posso fare una cosa del genere» mi rifiuto categoricamente.
Quel piano è quanto di più folle e suicida che abbia mai sentito, oltre che essere scorretto da miliardi di punti di vista.
«Infatti tu non dovrai fare niente, a parte recitare. Saremo noi a fare tutto» spiega Pansy.
Ne hanno parlato una buona mezz'ora, stipulando dettagli ed entusiasmandosi per questioni assolutamente illegali, ma ancora non mi sembra vero quello che le loro menti siano riuscite a partorire.
«Santo Merlino... Pansy, Ambrosia... ma siete davvero disposte a questo?» domando, senza fiato. Sento la bocca asciutta, ma non ho nemmeno la forza di bere. La candela al centro del tavolo traballa, le mie gambe traballano di più.
«Per farti fare un mucchio di soldi, vederti felice e guadagnare di conseguenza un mucchio di soldi? Assolutamente sì» trilla Pansy, e Ambrosia rincara la dose.
«Pensaci: in questo modo ti avvicineresti a Potter... dimostrerai di essere degno di fiducia, cosa che non potresti fare in nessun altro modo... gli dirai la verità sulle bacchette, lui si fiderà di te. E se lui si fiderà di te allora convincerà anche tutti gli altri a farlo. E con Olivander che perde consensi dopo uno scandalo del genere, avrai la strada spianata verso il successo... e magari persino verso Potter».
Spalanco la bocca, vorrei solamente mettere ordine nella mia testa per comprendere cosa potrebbe comportare tutto questo.
«Salazar...» esalo, ma Pansy si avvicina. Il suo respiro caldo addosso mi manda ancora più in panico.
«Ti ricordi di cosa ti hanno fatto, Draco?! Ricordati cosa ti hanno fatto in tutti questi anni» soffia. Io non vorrei ricordare, ma lei elenca tutto. Tutto quanto. «Ti hanno picchiato, malmenato, trattato come una merda. Non hanno riconosciuto il tuo talento, ora hanno anche tentato di affossarti. Meriti vendetta. Per tutti noi» conclude.
Le ombre nella mia testa si intensificano, ma nel petto un senso di rabbia cresce, cresce, cresce fino a esplodere.
Il pensiero di tutto quello che è accaduto mi stringe le membra. L'ingiustizia, il dolore. Il desiderio di vendetta.
La lucidità mi scivola dalle dita e di fronte agli occhi ho solo persone che urlano “puttana” a mia madre. Vedo Pansy che è costretta a rubare medicine per sua madre perché nessuno gliele vuole vendere. Vedo Greg ancora dopo dodici anni in una comunità di alcolisti. Vedo me stesso steso sull'asfalto dopo che mi è stato rifiutato un lavoro.
E per ultimo vedo Olivander che manomette ciò che ho costruito con fatica.
Gli occhi verdi di Potter che mi suggeriscono di rifiutare sono nascosti tra tutte quelle ombre. Troppo lontani, troppo fiochi.
Accetto.


3 giugno 2010

«Ti avevo detto che il tuo volto non doveva essere associato a queste bacchette, Malfoy. Hai idea di cosa-»
«Zio... calmati, per favore».
Olivander e Pansy – Edgar - stanno discutendo proprio nel bel mezzo del grande salone per ricevimenti di Villa Carlotta ma, nonostante ciò, non riesco a rimanere concentrato in quella futile discussione. Anche se vedere il volto di quel vecchio bastardo quando mi ha visto è stato impagabile.
La mia coda dell'occhio, però, non può fare a meno di scrutare due persone poco lontane. Una delle due, in particolare, sembra avere assunto un colore simile a quello delle candide tovaglie del banchetto.
Tento in tutti i modi di non guardare, ma proprio non riesco. Mi volto e incrocio il suo sguardo. Per la prima volta dopo dodici anni.
Potter ha gli occhi spalancati, mentre la mano della Granger gli sta arpionando l'avambraccio. Sembra sconvolto di vedermi, come se semplicemente fossi un oggetto pericoloso saltato fuori dal baule di vecchi ricordi.
Nonostante il mio stomaco si stia contorcendo nelle più acrobatiche capriole, monto un'espressione di disinteresse e cordialità. Con un gesto del capo li saluto, poi torno alla conversazione spiacevole come se nulla fosse. Anche se tutto ciò che vorrei fare è sciogliermi in un brodo di insensatezza.
«Aveva promesso! Aveva promesso di non farlo» sibila Garrick, rivolto al nipote.
«Signor Olivander, credo che lei stia esagerando...» intervengo, affabile. Mi sento ancora gli occhi di Potter puntati addosso,
«No, che non sto esagerando! Non avresti dovuto presentarti qui!» ringhia Garrick, tremante. «...è la volta buona, non rivenderò più le tue bacchette» mi minaccia, ma tutto ciò che dimostro è un sorriso impertinente.
Vorrei affatturarlo lì su due piedi, ma non posso dare nell'occhio. Devo dimostrarmi pacifico, fa tutta parte del piano. Edgar mi guarda di sfuggita, poi si aggrappa al braccio di Garrick.
«Aspetta, zio... ci penserò io... troverò il modo di sistemare tutto» sussurra, dolcemente. «Ma non facciamo sceneggiate in pubblico, per favore. Ne va della nostra reputazione».
Il vecchio diventa completamente rosso, come se fosse una pentola a pressione. Non proferisce più verbo.


Non so con quale forza io abbia trovato il coraggio di avvicinarmi a Potter, dopo che per dodici anni non sono nemmeno riuscito a inviargli degli auguri di buon compleanno.
Per fortuna ci ha pensato Pansy a minacciarmi di morte se non l'avessi fatto. Anche perché fa tutto parte del nostro piano.
«Non si hanno tue notizie da anni».
Non so nemmeno con quale forza io non stia cedendo a tirargli una testata in mezzo agli occhi, ma non sono altrettanto bravo a frenare la lingua.
«Forse perché nessuno le ha cercate, mie notizie» dico. Me ne pento subito dopo, ma l'espressione di Potter sembra mutare. Si morde la lingua, forse in imbarazzo. Cos'è, senso di colpa?
Proprio non riesco a decifrarlo. So solo che ora che stiamo parlando – da soli, dopo che la Granger è stata rapita da personalità importanti – non sento più l'urgenza di scappare a gambe levate.
Vorrei solo raccontargli tutto... vorrei solo mettermi a urlare in mezzo a questa sala quanto sia stato difficile, quanto vorrei tornare indietro e rifare da capo tutto. Accettare il suo aiuto.
Ma non posso, non posso fare niente di tutto ciò. Non è bene. Deglutisco l'amaro e prendo due calici di prosecco, poi mi allontano con l'intento di essere seguito.
Sto improvvisando, naturalmente. Il piano per stasera non prevede altro che io racconti a Potter qualcosa di più di me, di chi sono diventato... non importa come, non importa in che modo. Importa solo che io lo attiri a Firenze nel mio negozio.
Ma più chiacchieriamo e ci lanciamo frecciatine in riva al lago, più mi rendo conto che i tempi in cui eravamo solo due ragazzini che bisticciavano per le cazzate mi mancano. Mi sto divertendo a punzecchiarlo, lui sembra divertito a sua volta. Per un attimo mi dimentico persino del piano e faccio esattamente ciò che farei in una situazione completamente disinteressata: incuriosirlo.
Ed è per questo che, di conseguenza, il piano sembra funzionare.
Potter prende tra le mani il biglietto con l'indirizzo del mio negozio e sorride. Mi basta questo. Sembra solo un vecchio incontro tra compagni di scuola... sembra davvero tutto naturale.
E proprio per questo mi ritrovo a sorridere come un idiota sulla terrazza, da solo, quando un uomo alto e riccioluto si avvicina a me di soppiatto a ricordarmi che è stato tutto una finzione. Avrei voluto che quel momento durasse di più.


«È andato tutto bene?» domanda Edgar di soppiatto, sistemandosi la cravatta al collo.
«Lo sai che è andato tutto bene... non hai fatto altro che svolazzarci intorno tutto il tempo!» le dico, tornando con i piedi alla realtà.
Edgar sorride di nascosto, scrutandosi intorno per accertarsi che il vecchio Garrik non sia nei paraggi.
«Beh, era parte del piano... Potter prima o poi farà due più due» disse.
Annuisco e sospiro. Spero davvero che le doti investigative di Potter lo portino a pensare che avere falene sempre intorno non sia cosa normale. Ma prima di tutto spero davvero di averlo incuriosito abbastanza da attirarlo dritto nella tana del lupo.
«Sempre che vorrà davvero venire al negozio».
Mi rendo conto che non lo spero solo perché è parte del piano.


7 giugno 2010

«Visto... alla fine è arrivato sul serio!»
Pansy è estasiata, mentre io ho solo voglia di vomitare dopo la conversazione appena avuta con Potter. Raccontargli tutta la storia delle anime gemelle, di come sono finito qui e tutto il resto mi ha lasciato un gran senso di vuoto. Lui mi è sembrato semplicemente curioso, io devo essergli sembrato solo un pazzo.
«Già» esalo, lanciandomi sulla poltrona.
«E sei stato completamente sincero con lui» rincara Pansy.
Ho da dissentire. «Se lo chiami essere completamente sincero, questo...»
Vero, non gli ho raccontato alcuna menzogna, ma non posso fare a meno di pensare che tutto questo sia solo parte di un piano elaborato dalla mente geniale di due serpi folli.
«Draco... non stai facendo niente di sbagliato» cerca di consolarmi lei, ma avrei comunque da dissentire.
Ambrosia, però, non mi dà il tempo di farlo. «Sei pronto per la seconda parte del piano?» chiede, consegnando a Pansy la bacchetta di biancospino che Potter ha appena provato nel mio negozio.
«Merlino...» soffio, passandomi una mano sul volto. Il pensiero di ingannare Potter – e il resto del Mondo Magico – solo per ottenere più visibilità mi fa stare in ansia. Ma oramai è troppo tardi per tirarmi indietro. «Ok... non... state attenti a non fargli troppo male. Neanche a nessun altro» mi raccomando, e loro annuiscono. Ambrosia si avvicina a me e, dopo un sorriso furbesco, mi carezza la testa e mi strappa i capelli. «Ahia! Era necessario strapparmeli così forte?!» domando.
Le due serpi ridacchiano, mentre Ambrosia spezzetta i miei capelli dentro una boccia di pozione Polisucco.
Oramai è davvero troppo tardi per ripensarci. Prego solo che vada tutto bene,


8 giugno 2010

«Merlino... Merlino... è successo davvero...» vado in iperventilazione.
Pansy è appena arrivata al negozio, è ancora sporca di polvere, ma ha le sue sembianze. Tossisce e ha dei brutti conati di vomito. Prendere la pozione Polisucco due volte per compiere due trasformazioni – da Pansy a Edgar, da Edgar a me - in poco tempo non dev'essere stata una passeggiata.
«Calmati. Andrà tutto bene. Comunque la tua Polisucco sa di mela verde, lo sapevi?» dice, mentre gli effetti della pozione iniziano a svanire.
Ignoro la questione e mi concentro su altro. «Sei sicura che lui stia bene? Che nessuno sia rimasto ferito?»
«Beh... feriti ci sono stati feriti – altrimenti non sarebbe stato credibile - ma sono stata attenta a non ferirli gravemente» fa spallucce. «Aww, ma senti come ti preoccupi per il tuo Potter».
Ringhio un verso di disapprovazione, poi decido di soprassedere. «Il minimo che io possa fare, visto che lo sto usando».
«Avremo la nostra rivincita, Draco. Nessuno lo scoprirà. Ambrosia è dalla nostra parte».
Avere il capo degli Auror dalla nostra parte nel caso più eclatante degli ultimi dodici anni sicuramente sarà d'aiuto. Il piano è stato ben studiato e ben stipulato, ma davvero andrà tutto come previsto?
«E se Potter non riuscisse a fare due più due? Non è mica un Corvonero» domando. Anche se, da quello che ho sentito, Potter sa fare bene il suo lavoro.
«Oh, gli sbatteremo sotto il naso una marea indizi. Gli svolazzerò intorno il più possibile, fino a quando non si renderà conto di essere seguito. Lo porteremo a voler cercare la verità, e tenterà in tutti i modi di scagionarti. E quando scoprirà che il destinatario dell'attentato non era lui ma tu, cercherà in lungo e in largo per capire chi ti ha messo in questa situazione. Non sopporta le ingiustizie, è un Grifone, e inoltre è sempre stato ossessionato da te. E tu da lui» cerca di tranquillizzarmi Pansy, ma mi focalizzo solo sull'ultima parte della conversazione.
«Non sono ossessionato!»
Lei mi guarda male, poi mi abbraccia e si allontana di qualche passo per trasformarsi.
«Pansy... stai attenta, ti prego. Non voglio che ti accada nulla» dico, mentre mi svolazza intorno.
Per lei è un piano rischioso più che per tutti gli altri. Non voglio perderla.


Sono arrivati come da previsione. Ambrosia ha presentato la bacchetta di biancospino a Potter e lui l'ha riconosciuta immediatamente, quindi sono venuti entrambi a Firenze a prendermi. A portarmi via.
Era tutto calcolato, ma farmi arrestare è stato traumatico. Forse perché so di essere un delinquente, forse perché quando hanno preso mio padre è stato lo stesso. Non è stato difficile fingermi spaventato. Lo ero sul serio.
Così come ora non sto fingendo fastidio nel farmi interrogare.
«Quindi... lei è stato o non è stato rivale di Harry Potter?» domanda Ambrosia, per la terza volta.
E per la terza volta mi rifiuto appositamente di risponderle.
«Signor Malfoy, quando ha preso il Marchio Nero durante la Guerra, lo ha fatto contro la sua volontà o era d'accordo?» domanda di nuovo.
«Non vedo cosa possano centrare queste domande» sibilo, indignato. Queste domande mi fanno male, anche se sono fatte appositamente per far sembrare tutto più credibile di fronte all'altro Auror che prende appunti.
«Colombo, vada a prendere dell'acqua per l'indagato, potrebbe volersi schiarire le idee» ordina finalmente Ambrosia.
Attendo che Colombo esca e si chiuda la porta alle spalle, poi sputo veleno. «È necessario andarci così pesanti?!»
Ambrosia ridacchia.
«Abbi pazienza, è solo il primo giorno. E abituati... non subirai trattamenti di favore, deve essere credibile la cosa» fa spallucce. «Sei l'indiziato numero uno, quando usciranno i filmati ti dovremo persino portare in cella preventiva, qui».
Spalanco gli occhi. «Non voglio finire in cella!» urlo. Questo non era stato preventivato.
Pensavo di rimanere semplicemente qui nella stanza degli interrogatori.
«Troppo tardi per i ripensamenti» sorride lei, ma non faccio in tempo a replicare.
Colombo entra con un bicchiere d'acqua in mano e mi rendo conto solo ora che sono nella merda.
Non sarà per niente difficile fingermi disperato. Non ci sarà bisogno di fingere affatto.


9 giugno 2010

Il video delle telecamere di sicurezza è stato reso noto. Pansy ha fatto un ottimo lavoro a fingersi me. Talmente un ottimo lavoro che Potter non ha dubitato neanche un secondo che sia stato io l'artefice dell'attentato.
«Hai cercato di uccidermi?!» ringhia lui.
Mi fa male essere guardato in questo modo. Specialmente perché fino a ieri sembrava quasi che Potter non sospettasse davvero di me.
Posso biasimarlo? No. Ma sono deluso, sotto sotto, che lui possa pensare che io possa arrivare a tanto.
Un vero peccato che la verità non sia migliore. Di certo non arriverei a fare un attentato, ma... a elaborare un piano che preveda ingannare un vecchio facendogli credere di avere un nipote, farmi passare per un attentatore, lasciare indizi perché Potter scopra che sia tutto un complotto nei miei confronti, il tutto per poter guadagnare prestigio, affossare il vecchio e attirare la pietà e le attenzioni di Potter... beh, questo sono arrivato a farlo.
Quindi no, non posso proprio biasimare Potter quando mi guarda in questo modo. Quando pensa che io abbia cercato di ucciderlo.


Sta andando tutto come dovrebbe.
La Falena sta ronzando giorno e notte intorno a Potter. A quanto pare lui e i suoi amichetti stanno indagando. Sono giunti alla conclusione che potresti non essere stato tu, appunto perché hai richiesto il Veritaserum. Ho finto di inoltrare il protocollo e dirò che ci sono ritardi causa poche scorte.
Dobbiamo solo aspettare che Potter si accorga di essere seguito dalla Falena e, come da previsione, che tenti di scagionarti.
Fai a pezzi questo biglietto e buttalo nel cesso.
PS: tua madre arriverà domattina. È molto preoccupata, ma non raccontarle nulla. Andrà tutto bene.

Finisco di leggere il biglietto che Ambrosia mi ha recapitato insieme al pasto, poi faccio quanto suggerito.
Avanzo il mio pasto, non ho fame. Non ho assolutamente voglia di mangiare. 
Mamma, perdonami, è tutto ciò che riesco a pensare.


10 giugno 2010

Quando Potter è arrivato qui a dirmi che non pensa che sia stato io avrei solo voluto sotterrarmi. Ma ora che mi ha preso per la camicia e mi ha attirato alle sbarre, ogni ripensamento si è fatto incredibilmente più flebile.
«Stai attento alle falene» sussurra.
Capisco che il piano sta funzionando, ma non me ne può importare niente. Quegli occhi verdi così vicini, il suo respiro contro la guancia mi porta solo a pensare che va tutto bene così.
Anche se è tutto un inganno, anche se sono una persona orribile, anche se sto facendo preoccupare a morte mia madre.
Tutto quello che mi importa ora è che Potter mi tenga ancorato contro le sbarre e mi respiri addosso. Anche se puzza di fumo. Capisco in questo istante che forse c'è qualcosa di vero in tutta quella questione delle anime gemelle, lo capisco da come mi guarda. E mi rendo conto di guardarlo allo stesso identico modo.
Forse c'è davvero una speranza per noi” mi ritrovo a pensare, solo per un secondo.
Poi però quel pensiero evapora improvvisamente in fumo. Tutto cambia in un istante.
«Ah, Malfoy?»
«Sì?» rispondo, quando fa per andarsene.
«Non sei come tuo padre» mi dice.
Mi costringo a sorridere, ma dentro vorrei solo sotterrarmi un'altra volta. Non sono come mio padre, questo è vero.
Ma sono comunque un criminale.


Quando Potter torna di corsa e mi promette che mi tirerà fuori di qui, capisco che il piano ha funzionato. Potter sta facendo di tutto per scagionarmi, per tirarmi fuori da qui.
Perché per lui sono innocente, una vittima. E lui è talmente buono di cuore che non sospetterebbe mai che io sia arrivato a mentire fino a questo punto. Non mi merito la sua pietà. Non mi merito niente. Forse meriterei davvero di stare in questa cella.
«Fidati di me. La prossima volta che ci vedremo non ci saranno sbarre, promesso».
Sei tu che non dovresti fidarti di me, Harry... perdonami, vorrei dirgli. Non dico nulla.


11 giugno 2010

Vedo Edgar Olivander – Pansy - entrare nella cella accanto alla mia, scortato da Ambrosia.
Tutto è andato come ci eravamo prefissati. Tra poco sarò libero. Tra poco si parlerà di me solo come una vittima e gli Olivander come carnefici. Buona pubblicità per me, per il mio negozio. Finalmente potrò espormi al mondo come una persona nuova, una persona pulita.
La persona pulita che ero fino a qualche mese fa, quando non avevo ancora ingannato nessuno.
So che il mondo è stato ingiusto con me, ma avrei voluto non arrivare a tanto per prendermi quello che mi spettava. Per prendermi i miei meriti.


Ma è solo quando Potter mi porge la mano per mettere definitivamente via il passato che mi rendo conto di una cosa troppo, troppo importante.
«E... uhm, se vuoi potremmo indagare un po' insieme per scoprire cos'è che lega il biancospino e l'agrifoglio» mi dice, con quegli occhi verdi gentili e la speranza disegnata sul volto.
Posso accettare di essere un farabutto per ottenere credito lavorativo, posso accettare di ingannare tutti. Non posso però accettare di iniziare qualsiasi tipo di rapporto con Potter a partire da una menzogna.
Non è giusto, non così. Quindi rifiuto, mi allontano e torno da mia madre.
Dovrei dirgli addio, ma tutto quello che mi esce è un arrivederci.


12 giugno 2010

«Pansy è in cella, come diavolo fai a essere così tranquilla, dannazione!» grido. Sono ubriaco. È da quando sono tornato a casa, a Firenze, che sono ubriaco.
Proprio non riesco a dimenticare tutto quello che è successo in questi giorni. Proprio non riesco a dimenticare occhi verdi e odore di tabacco.
Ho comprato delle sigarette per potermelo sentire ancora addosso. Io che non ho mai fumato.
«Ho già pensato a tutto... lo sai» spiega Ambrosia, quasi annoiata. «Le sto facendo arrivare la Polisucco al posto della brodaglia. Le passerò una bacchetta così che possa fuggire prima che la trasferiscano a Matera. Io ho già obliviato il Babbano da cui abbiamo preso l'aspetto di Edgar, così da sbattere lui in cella. E ovviamente, visto che sarà confuso, dirò che ha tentato di scappare e nel farlo ha sbattuto troppo forte la testa».
Prendo un lungo tiro della mia sigaretta e chiudo gli occhi. «Quel poveraccio...»
«Poveraccio un corno!» sbotta Ambrosia. «Pensi davvero che io l'abbia scelto a caso?! Quel bastardo era uno stupratore seriale che adescava le ragazze con le droghe Babbane per potersi approfittare di loro. Si merita di stare in cella comunque!»
Alzo la testa, esterrefatto. In effetti questo cambia le cose. Mi alleggerisce un poco dal senso di colpa. Un senso di colpa che chissà fino a quando mi tormenterà.


14 giugno 2010

«NON HAI ACCETTATO L'INVITO DI POTTER?!» è la prima cosa che mi urla Pansy, entrando nel mio appartamento, dopo quattro giorni trascorsi in gattabuia. «MA SEI COMPLETAMENTE SCEMO?!» aggiunge, mentre si getta sul divano e, senza troppi complimenti, si scola l'ultimo goccio di Odgen Stravecchio.
Sapevo che avrebbe reagito così.
«Non volevo che la nostra amicizia iniziasse con una menzogna...» provo a giustificarmi.
Lei ruota gli occhi con gesti plateali di disappunto. «E di preciso cosa vi siete detti?»


Le racconto tutto, tutto quello che si è persa mentre non poteva svolazzarci intorno, quello che Potter mi ha detto quando mi sono rifiutato di rivederci.
«Oh, andiamo, lui avrebbe voluto conoscerti meglio a prescindere da tutta la storia del tuo ingiusto incarceramento! Già al negozio aveva manifestato interesse, se non addirittura a Villa Carlotta!» si lagna lei.
E io so che potrebbe anche essere vero. Ed è per questo che in questi giorni non ho fatto altro che pensare di voler tornare indietro a quando lui è entrato al negozio a Firenze. Non proseguire con quel folle piano di voler incastrare Olivander.
Sono stato un cretino, uno stupido. Ma oramai è troppo tardi.
Avrei dovuto fermarmi prima.
«Ma la fiducia ottenuta adesso si baserebbe comunque solo su una bugia... e non me la sento di mentirgli ancora» dico.
Sia Pansy che Ambrosia sembrano non condividere il mio discorso, quindi tento di deviare su altri fronti.
«Cosa mi dici di Olivander? Ora che non è più sotto l'effetto delle tue maledizioni, avrà senz'altro iniziato a dire in giro di non aver avuto nessun nipote» domando.
«Esatto. Oh, ma l'ho fatto ben impazzire durante l'interrogatorio... tutti lo stanno dando per matto! Al processo, vedrai, ci sarà da divertirsi» ridacchia Ambrosia.
«E se lo merita. Lo sai anche tu che se lo merita» interviene Pansy, prima che io possa mettermi a riflettere anche su questo. «Ricordati come ti ha trattato, ricordati come ci hanno trattato! E poi la decrescita dei suoi affari sarebbe stata fisiologica... tu sei molto più bravo di lui! Hai talento. Fine della storia».
Ed è tutto vero. A volte tendo a dimenticare quello che Olivander mi ha fatto, che ha tentato di sabotare le mie bacchette per tornaconto personale, i suoi pregiudizi, l'umiliazione che mi ha fatto subire. I miei sensi di colpa si affievoliscono immediatamente.
«Posso accettare questo... è la dura legge del mercato... e dell'illegalità» dico quindi, convinto. Quello che sta accadendo a Olivander è solo frutto delle sue pessime decisioni e comportamenti.
«Ma con Potter non vuoi essere disonesto, bla bla bla...» strascica Ambrosia, in uno sbuffo. «Che seccatura! Abbiamo messo in atto tutto questo piano anche per farti avvicinare a lui!»
«Io scommetto che tornerà» azzarda Pansy, divertita. «E se tornerà non potrai dirgli di no. In fin dei conti tornerebbe da te in un contesto completamente diverso, no?!»
Alzo un sopracciglio. Non sono sicuro di capire.
«In che senso?»
«Beh, ovvio: se dovesse tornare lo farebbe solo perché vuole vederti, non per tutta questa storia delle bacchette, né dell'attentato... solo per te!» spiega Pansy, con occhi luccicanti.
«Giusto! Sarebbe solo una storia tra voi due... e tu hai il tuo piccolo segreto che non c'entra niente con lui» interviene Ambrosia.
Non sono proprio certo che funzioni così. «Meh...» dico. Oltretutto trovo improbabile che Potter potrebbe tornare. Non avrebbe alcun senso. Gli ho praticamente chiuso una porta in faccia!
Pansy mi prende le mani e mi guarda negli occhi. «Draco... promettici che se tornerà, allora accetterai».
Mi mordo le labbra. Non ho mai pensato a questa eventualità... ma continuo a pensare di non poterlo fare.


4 luglio 2010

«Seicentomila galeoni di risarcimento! IO URLO!» saltella Pansy, mentre tutti e tre entriamo nella stanza d'albergo vicino a Diagon Alley.
Il processo a Olivander si è risolto davvero nella migliore delle condizioni, per noi. Per lui decisamente meno.
«Gli devono pignorare le proprietà. È passato persino per complice perché non capisce un cazzo» ridacchia Ambrosia.
«E le tue azioni stanno migliorando dopo tutto questo... anche in Inghilterra! La gente inizia ad avere fiducia in te, a perdonarti» la voce di Pansy è quasi rotta dalla commozione, mentre legge i tabulati affaristici del negozio.
«Pazzesco...» esalo. Le mie bacchette sono in cima al mercato.
Ambrosia si avvicina a Pansy e le schiocca un bacio sulla guancia. «Sei pronta per una bella vacanza?!»
«Non vedo l'ora!» trilla Pansy.
È bello vederle felici, nonostante tutto. È bello sapere che ora Pansy tornerà in Italia con Ambrosia, che non dovrà più camuffarsi come Edgar Olivander, che torneranno a vivere insieme e stare vicine.
E magari grazie a tutta questa storia – alla mia redenzione, alla fiducia che la gente sta iniziando a darmi – magari anche Pansy e altri come noi otterranno benefici.
Magari potremmo uscire alla luce del sole, qui in Inghilterra, e nessuno ci insulterà più, nessuno ci umilierà.
Forse qualcosa di buono da tutto questo potrebbe venirne fuori, qualcosa di altruista. Qualcosa di giusto, seppur ottenuto nel modo sbagliato.
«Sentite io... ve li do tutti. I soldi del processo... li do a voi» propongo, senza rifletterci troppo.
Loro sciolgono l'abbraccio e spalancano la bocca, allibite.
«Ma... avevamo detto che ce li saremmo divisi noi tre» soffia Pansy.
«Vi cedo tutto. Io... adesso i miei affari vanno bene e vivrò del mio profitto, com'è giusto che sia... come sarebbe stato giusto sin dal principio» spiego.
Non mi interessano questi soldi. Mi interessa riuscire a guadagnarmeli come avrei dovuto fare, se solo Olivander non mi avesse messo i bastoni tra le ruote.
«... a volte credo che l'influenza di Potter ti renda scemo» commenta Ambrosia. Mi metto a ridere.
«Non c'entra niente Potter... voglio solo provare a essere una persona più onesta».
Anche se, se non ci fosse stato Potter nella mia vita, non sarei arrivato a voler essere dalla parte del giusto. A dire il vero se non ci fosse stato Potter nella mia vita sarei anche morto.
«Vi auguro il meglio, ragazze... accettate questi soldi, per favore. Terrò solo qualche spicciolo per mia madre» dico loro, infine.
Loro si guardano furbescamente. Quando si guardano in questo modo, non accade mai niente di buono.
«Li accettiamo, solo a una condizione» precisa Ambrosia.
«Quale sarebbe?» ho già paura a chiederlo.
«Hai accettato di partecipare al nostro piano solo per ottenere una buona influenza, quella che ti saresti meritato. Il tuo rapporto con Potter non c'entra niente in tutto ciò. E in fin dei conti non gli hai mai mentito: non hai fatto nessun attentato, non meritavi di stare in cella. Hai solo omesso delle cose. Quindi... se lui tornerà da te, promettici che ti darai una possibilità» mi propone Pansy.
Abbasso lo sguardo. Non so proprio cosa rispondere.
«Draco... per favore. Te lo meriti!» continua lei. Quando mi guarda con quegli occhi così luccicanti non posso fare a meno di pensare a tutto quello che abbiamo dovuto passare per giungere fino a qui.
«Vedremo...» dico. Non posso prometterlo.
«È già qualcosa» fa spallucce e sorride. «E ovviamente vorremo essere le prime a sapere se l'Agrifoglio tornerà nel vaso del Biancospino!»


25 dicembre 2010

Bevo un bicchiere di Odgen Stravecchio e mi stiracchio. Domani mattina dovrò lavorare sodo, nonostante sarà un giorno di festa. La richiesta di bacchette arriva anche da oltreoceano, e non sono ancora riuscito a trovare un buon aiutante. Sono stato troppo, troppo impegnato ad allestire la rivendita a Diagon Alley nel vecchio negozio di Olivander, in questi mesi. E a istruire Greg a occuparsi della vendita. Dopo anni passati in quella comunità senza uno straccio di lavoro, a volte non è proprio un asso a rapportarsi con le persone. Ma è stato bello dargli una possibilità di redenzione.
È stato bello vedere cambiare l'opinione della gente in questi mesi. La fiducia, la meritocrazia.
Sono felice, anche se sono sempre impegnato. Tanto impegnato che sono dovuto tornare a casa dalla Francia questo pomeriggio, anche se avrei voluto stare ancora un poco con mia madre.
Poco importa: a breve lei potrà tornare in Inghilterra. Tra qualche mese, con i risparmi che ho messo da parte, sarò in grado di comprarle un appartamento decente a Londra, e magari prima o poi potrò persino permettermi un maniero più splendente. Dovrò lavorare sodo per farlo, ma le bacchette vendute ai collezionisti valgono molto. Il collezionismo mi aiuta a guadagnare meglio.
Mi stiracchio di nuovo sul divano, il mio gufo Scorpius tuba sulla rastrelliera, quasi felice di vedermi. Sorrido amaramente e mi rendo conto di essere solo, la sera di Natale, a bere Whiskey Incendiario e pensare al lavoro.
Non faccio in tempo a portarmi di nuovo il bicchiere alla bocca, che sento bussare alla porta.
Chi potrà mai essere?


Quello che mai avrei pensato potesse accadere è accaduto. E io sono ancora qui che non mi capacito di avere i riccioli neri di Potter in faccia, mentre dorme e sogna vicino a me. Nel mio letto. Completamente nudo.
Dopo dodici anni è stato lui a trovare qualcosa, un piccolo dettaglio a cui non avevo mai pensato. Agrifoglio e Biancospino sono piante di Natale! Come ho fatto a non pensarci prima?
E quando, se non a Natale, avrei potuto trovare il più inaspettato regalo di sempre proprio davanti al mio portoncino?
Tutti i miei buoni propositi sono crollati come un castello di carte, di fronte a un sorriso smagliante e due occhi verdi.
Niente preamboli, niente di niente. È successo tutto così in fretta che quasi non riesco a crederlo, e l'unico modo per tenermi aggrappato a questa realtà che sembra un sogno sono questi ricci neri spiaccicati in faccia.
Forse la storia delle anime gemelle non era così falsa. È stato tutto così semplice, così spontaneo e disordinato.
Harry Potter nel mio letto, nella mia vita, che mi propone di rimanere qui fino a oltre Capodanno.
Dopo tutti questi anni in cui ho fatto fatica anche solo a scrivergli una pergamena di auguri – perché sì, ci ho tentato anche quest'anno e non ci sono riuscito – sono bastati pochi giorni in cella e una proposta di una cena a tirarmi addosso la persona che più ho sognato, invidiato, pensato. Che ho sempre voluto e desiderato, forse ancora da prima di rendermene conto. 
E, in questo momento che tutto mi sembra una favola a lieto fine, non posso proprio fare a meno di pensare che il mio destino sia sempre stato parecchio bizzarro. Ho sempre detto che non avevo tempo per l'amore... ma mentivo. Mi ricaverò il tempo, anche se sono pieno di cose da fare, anche se dovrò lavorare... mi ritaglierò il tempo per l'amore, ora che finalmente l'amore è venuto a bussare alla mia porta la notte di Natale.
E mi domando come potrò mantenere il mio più grande segreto a Harry, ma se questo è il risultato... beh, non sono disposto a rinunciarvici. Sotterrerò i miei sensi di colpa nell'inconscio, pur di tenerlo stretto a me.
Perché... ora che è qui, non sono più certo di poterlo lasciare andare. Anche se per ottenere giustizia ho fatto cose sbagliate, anche se ci sarà sempre questo grande segreto tra noi e anche se mi divorerà per tutta la vita... sono disposto a farmi divorare pur di non perdere quello che ho.
Serpe ero, serpe rimarrò. Del resto la giustizia è per gli eroi... ma io non sono e non sarò mai un eroe.
Io sono il cattivo.

Mi prometto che Harry non vedrà il mio lato oscuro, non più.
Però mi ricordo di un'altra promessa che ho fatto... alla persona senza la quale non sarei qui. Senza la quale Harry non sarebbe qui. Io e La Falena ne abbiamo passate tante... ma ora siamo felici.
Va tutto bene.



26 dicembre 2010, Bali.

«Ehi, Falena... l'Agrifoglio è nel vaso».
Spalanco gli occhi e mi alzo di scatto dal lettino. Il mio cocktail alla frutta fresca si rovescia, ma non vi bado.
«CHE COSA?!» strillo dentro la cornetta del telefono. Ambrosia si sveglia di soprassalto al mio fianco, la sua pelle nera brilla tra il sole e la salsedine.
«Ti racconterò presto tutto. Ora devo andare».
Draco attacca e, anche se la curiosità mi pervade, quello che conta è solo il risultato. Non c'è bisogno di parole, con Ambrosia. Mi basta guardarla e sorridere per farle capire cosa sia appena accaduto.
Lei si toglie gli occhiali da sole ed esulta a gran voce, poi si sporge verso di me e mi bacia con le labbra salate. Un ragazzo dagli occhi a mandorla mi porge un nuovo cocktail al mango e papaia, poi si allontana. La nostra vacanza di quattro mesi oramai è diventata a tempo indeterminato. Presto ci sposeremo su questa spiaggia, e io non potrei essere più felice. Non dopo la meravigliosa notizia che mi ha appena dato il mio migliore amico.
«Finalmente ce l'ha fatta. Se lo merita» trillo, entusiasta.
«Beh, il merito è anche nostro, della nostra superba bontà ad aiutare poveri piccoli artigiani in difficoltà» mi risponde Ambrosia e, prendendo in mano il suo cocktail, mi propone un brindisi.
Faccio tintinnare i nostri bicchieri e mi lecco le labbra.
«Già... siamo davvero magnanime».
La mia vita non potrebbe essere migliore di così.
Ora dobbiamo elaborare una scusa plausibile per quando inviteremo Potter e Draco al nostro matrimonio. Ma tanto per noi... mentire non sarà mai un problema.
 

FINE


 
Riferimenti:
-La Rowling non ha mai parlato di bacchette da collezione ma, a giudicare da tutte quelle che ha Olivander nel negozio, mi è sembrato plausibile.

ANGOLO DI EEVAA:
LOL.
Beh, sì, questa volta è finita per davvero. Ovviamente alla storia originale aggiunge poco, giusto il punto di vista di Draco, essendo appunto uno spin-off.
Ci tengo a specificarlo, non giustifico assolutamente il suo comportamento o quello delle due serpi. Sicuramente ci sono state delle serie motivazioni che l'hanno portato a prendere parte a questo piano (e non sono i soldi, al contrario di Pansy e Verbena xD), ma il fatto che terrà tutto nascosto a Harry è senza dubbio deplorevole. 
Per una volta ho voluto costruire un Draco non perfetto, non completamente buono, ma che accetta di fare cose cattive per ottenere ciò che vuole - anche se ciò che vuole gli spetterebbe di diritto.
Era tutto un grande esperimento e mi rendo conto che potrebbe non piacere... ma ho scritto già talmente tante Drarry che vertevano sulla completa redenzione di Draco, e volevo fare qualcosa di diverso.
Non penso di esserci riuscita, a dirla tutta non sono molto soddisfatta di come è saltata fuori questa serie, e a dirla tutta non so nemmeno per quanto tempo rimarrà pubblicata. Non sono per niente convinta di ciò che ho fatto, se devo essere onesta. 
Beh... questo è davvero il momento di salutarci T__T non ho altre Drarry da parte, al momento... ho qualcosa in mente, ma nulla di scritto. Prima o poi potrei tornare... quando meno ve lo aspetterete :) 
Nel frattempo mi trovate sul fandom di Dragon Ball! 
Grazie di cuore a chi mi ha seguito fin qui! Un abbraccio e a presto,
Eevaa

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