Spiragli

di Shiki Ryougi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - I - ***
Capitolo 2: *** - II - ***
Capitolo 3: *** - III - ***
Capitolo 4: *** - IV - ***
Capitolo 5: *** - V - ***
Capitolo 6: *** - VI - ***
Capitolo 7: *** - VII - ***
Capitolo 8: *** - VIII - ***



Capitolo 1
*** - I - ***


 

- I -
 
Questi sono spiragli sparsi,
come coriandoli
su di una pozza scarlatta.
 
 
 
- 1 -
Precipito nella mia voglia di essere sola e collassare nel buio dell'abisso. 
Lì, dove i morti dormono io giaccio in silenzio, nuda e scossa dal freddo mentre il mio sangue tinge di scarlatto la pelle diafana.
Sono come un animale che cerca di sopravvivere senza più averne alcun motivo se non la vuota inerzia.
Cosa pensa di me il mondo?
Io squallida carne putrescente che attende la fine di ciò che non può avere fine e l'inizio di ciò che non esiste, se non forse solo in sogno.
Voglio morire ma voglio vivere.
Voglio esistere ma voglio svanire.
Il caos alberga dove io dormo, sola e senza voce.
 
- 2 -
Sono crollata e qui sono arrivata. Ho vacillato e pianto, divorato la disperazione e vomitato odio.
Ne ho ottenuto solo fallimento.
Ora sono pronta a sorriderle un sorriso tinto di rosso, ma pronto a portarmi lontano.
Dove ancora non lo so, ma certamente via di qua.
La sofferenza mi seguirà come un'ombra rendendomi gonfia di fame immonda.
Ed io sarò lì a ignorarla.
 
- 3 -
Mi sveglio ma non riesco a vedere il tuo viso.
Gli occhi sono aperti ma davanti a me trovo solo immagini opache. Non hanno significato.
Sorridi ma io sono nella mia stanza.
Piango ma non emetto alcun suono.
Il mondo è pallido, composto da frammenti di quotidianità. Io li vedo ma non capisco l'insieme.
Non sono nessuno.
Vivo, respiro; è ciò che basta.
Dove io mi trovo, è questo il mistero. 
 
- 4 –
Non ci sono parole oltre le sensazioni.
Rumore nelle orecchie ma io sono sorda. Vedo nero su bianco mentre ascolto parole uscite da un sogno. Girano le macchie che al di sotto della realtà mi ridono addosso.
Credo di essere sola mentre, circondata da giganti, giaccio nuda sull’erba fredda; i brividi mi attraversano ovunque mentre con mani monche mi copro gli occhi.
I giganti sono le mie ombre e in questo incubo posso sentirne l’odore.
Con una smorfia sul viso mi osservano, famelici del desiderio di possedere il mio corpo.
Dalla carne lacerata con le loro unghie esce un fiume rosso.
Mi sveglio e la belva sporca di sangue altrui sono io.
 
- 5 –
Ho fame di sangue.
La sua luce scarlatta mi abbaglia e l’odore mi stordisce.
Nettare di vita, sigillo di morte.
L’opaca convinzione che tale liquido denso potrà nutrirci per sempre.
Nel suo dolce calore io rimango fredda.
 
- 6 –
Ho sognato un palcoscenico buio. Seduta al centro della sala distorta ho sorriso con gli occhi chiusi perché credevo di essere a casa.
Fluttuando osservavo l’ingenua me stessa e cadendo mi spezzai le ossa.
Aprendo gli occhi ho visto il nulla e respirando rabbia ho urlato.
 
- 7 –
Dal sangue sono nate le nuove carni. Ma erano membra contorte e tumefatte, odoranti di marcio. Il denso e caldo liquido scarlatto colava ai lati, come lembi sfilacciati.
La linfa della vita aveva bellamente ignorato quel groviglio di muscoli fibrosi e pulsanti.
Non voglio stare qui a osservare quella essenza di nulla.
Non vi è rinascita. Soltanto condanna.
Mi volto e proseguo a camminare lungo la tortuosa salita, abbandonando quella triste esistenza.
Non era in mio potere salvarla e avvicinarmi avrebbe aggiunto altre cicatrici al mio cuore.
 
- 8 –
Vorrei che il tuo sorriso si tingesse di rosso.
Come corde di violino farei vibrare la tua anima e respirando lentamente mi addormenterei non più in terribili incubi.
Sognerei di quando ero piccola e giravo in tondo nel giardino dell’asilo. L’albero magro gettava filamenti d’ombra tutt’intorno; continuando a volteggiare, cercavo di evitare quelle vene nerastre. Desideravo i raggi del sole che però mi facevano lacrimare gli occhi e, smettendo di respirare, cadevo a terra mentre il cielo cosparso di nuvole continuava a girare.
In quel momento non importava dove fossi, perché potevo restare nel mondo.

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Capitolo 2
*** - II - ***


 

- II -
 
- 9 –
Mi osservi ma non riesci a capire.
Sono qui solo per te, dopo aver sognato infinite volte il tuo cuore.
Tra noi due esiste un muro invalicabile.
Sorridendo, comincio a colpirlo; il dolore cresce insieme all’intensità dei pugni.
Non posso fermarmi, non posso sfuggire. Non posso smettere di sorridere.
Ma dentro sono vuota. Tu mi hai uccisa.
 
- 10 –
Non posso mangiare, non posso vivere, non posso respirare.
La mia anima resta incatenata.
Sogno quelle risate che nel buio si allungano come artigli. Mi hanno serrato lo stomaco.
Desiderate che io muoia ma non sono nemmeno più qui, in questo incubo chiamato Vita.
 
- 11 –
Danzo in un mondo fatto di sogno da cui non riesco a fuggire.
Ho dimenticato il reale sapore dell’aria, per questo ballo senza sosta, simulando una vita che non mi appartiene.
Tutto del mio corpo fa male a causa del continuo forzo ma fermarsi equivarrebbe a morire.
O uscirò da questo miraggio o non smetterò mai di danzare.
 
- 12 –
Non oso chiudere gli occhi perché facendolo non sarò al sicuro dalle ombre.
Posso assaggiare il sapore del letto caldo, avvolta dal silenzio della notte, ferma in un incanto dove il tempo non esiste.
I sogni, rifugi lontani, sono diventati un miraggio; non posso nemmeno toccarli. Ma la stanchezza mi attanaglia ogni muscolo, come un morbo improvviso e incurabile.
I miei occhi presto si chiuderanno in attesa del sole del mattino.
 
- 13 –
Tra la folla credo di essere sola.
All’interno di quella cacofonia di voci, il mio urlo rimane muto.
Voglio fuggire ma vengo seguita ovunque vada.
Penso di essere sola ma in realtà mi trovo semplicemente al buio.
 
- 14 –
A volte mi ricordo di vivere al di là del muro della vita.
Sono confinata nel mio spazio illusorio dove ombre circolari ruotano intorno a me, soffocandomi.
Posso osservare il tempo scorrere scrutando attraverso il vetro, ma non ne faccio parte. Sono stata esclusa dalle mie stesse paure, che come orribili incubi danzano su di me nella notte. Questo però non è un sogno perché non posso svegliarmi. È un limbo dove a volte la mia mente precipita.
L’abisso che ho nel petto pulsa come un cuore rabbioso, chiamandomi a sé. Lo assecondo solo in parte, per sopravvivere e varcare di nuovo quel muro, in attesa del momento in cui cadrò ancora, in un mondo divenuto piatto e senza colore.
 
Sono qui.
Ma dove è qui?
Divento un’attrazione, invisibile come essere umano.

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Capitolo 3
*** - III - ***



- III -
 
- 15 –
Vedo il sole sulla mia pelle ma non riesco a percepirne il calore. Il vento soffia forte portando via i vecchi ricordi; ogni cosa è pronta a rinascere e fiorire.
Seduta tra le lucciole ne ammiro la bellezza. Sento un debole sussurro: “Puoi essere felice, anche se solo per poco”.
Il sangue non smette di sgorgare da quella mia ferita, macchiando il prato di rosso, ma ora non voglio farci caso. Arriverà il giorno in cui mi resterà solo una cicatrice, ma non si tratta di oggi.
Oggi c’è il sole e io voglio osservare le lucciole.
 
- 16 –
Un oceano di rumori mi circonda; voci sussurrano al vuoto ma io non posso rispondere.
Quindi rimango in silenzio e ascolto.
Molte parole mi fanno male al petto mentre altre non le comprendo. Divento sorda e la percezione del mio corpo sfuma nella nebbia mentre un forte vento improvviso lo trascina lontano, da me.
 
- 17 –
La nebbia si dirada e rocce acuminate sporgono dal terreno. Ora posso tentare di attraversare quella landa dove divieni un nessuno. Un nessuno in nessun luogo*.
Mi hanno lasciata qui da sola, nuda al freddo. Ho ormai rinunciato a coprire le mie parti intime; anche ci fosse qualcuno a osservarmi non m’importerebbe più.
Con il silenzio che mi pulsa nelle orecchie posso quasi sentire il mio cuore battere e il sangue correre lungo i vasi. È la mia unica certezza a ricordarmi che sono ancora viva.
A piedi nudi, muovo il primo passo sulla pietra scura; ho deciso di camminare, da qualche parte dovrò pur giungere.
 
- 18 –
Quando quella spina mi punse non riuscii più a toglierla per molto tempo. Sotto la pelle lei percorreva la sua strada indisturbata, perforando la carne e imbevendosi del sangue scarlatto che fuoriusciva senza controllo. Avrei potuto afferrarla e toglierla immediatamente, ma stranamente l’idea di una lunga e lenta agonia era più allettante dell’acuto dolore istantaneo.
E rimasi lì a sopportare, a giustificare e a piangere mentre quel frammento velenoso avanzava nel mio corpo con l’intento di raggiungere il cuore.
 
E ci arrivò al mio cuore.
In quel preciso istante provai un dolore come mai avevo fatto prima. Mi spezzai letteralmente a metà, sputando sangue a ogni disperato colpo di tosse.
Il mio vedere solo nero si era concretizzato in un nulla totale; un viscido e melmoso putridume in cui stavo sprofondando e morendo lentamente, con la mia spina conficcata nel cuore.
 
Nel momento in cui sembrava dovesse sopraggiungere la fine, il miracolo accese in me quella scintilla; non era ancora troppo tardi.
Strapparmi la spina dal cuore avrebbe fatto un male inimmaginabile ma avevo trovato il coraggio per pagare questo prezzo; guardando negli occhi l’abisso, esso mi aveva restituito qualcosa. Il mio coraggio era caduto lì e io l’avevo ritrovato.
Stringendo i pugni e vomitando veleno, senza emettere un singolo suono, afferrai la spina e la strappai via.


[*] Citazione dal romanzo "Nessuno in nessun luogo. La straordinaria autobiografia di una ragazza autistica" di Donna Williams.

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Capitolo 4
*** - IV - ***



- IV -


- 19 -
Sono chiusa nella mia stanza cubica dalle pareti storte. Dai vetri delle innumerevoli finestre posso osservare la gara che si sta svolgendo fuori e che non avrà mai né una fine né un vincitore.
Vorrei poter uscire a competere per il nulla a cui questa gara conduce. Vorrei che le persone incitassero per me, urlando e battendo le mani, alzandole al cielo, ma non riesco a uscire.
Ma se potessi, rompendo la mia bolla di mondo distorta, verrei schiacciata dalla folla, perché sono nata incapace di correre.
Quindi resto qui, lontana dalla realtà, a guardare da sola questa gara che è la vita.
 
- 20 -
Un fiore dai colori blu e viola si attorciglia intorno alle mie gambe, formando una spirale.
So che sto sognando ma non riesco a svegliarmi.
Le spine mi lacerano la carne, macchiando di rosso ovunque. Ormai mi sono rassegnata e decido di lasciarmi uccidere, sperando di riuscire poi a svegliarmi da questa realtà così orribile che deve essere per forza un incubo.
 
- 21 -
Aprendo gli occhi scopro di trovarmi al di sotto di un cielo plumbeo dove le stelle sono morte da tempo.
Lacrime salate come il mare mi rigano le guance; cosa altro potrei fare? Non riesco più a distinguere la realtà dal sogno. Potrei provare a uccidermi ancora, forse questa volta mi sveglierò nel posto giusto.
Così afferro di nuovo le forbici, ammirandone per qualche istante la lama già intrisa del mio sangue.
Porto la punta sull’avambraccio sinistro e, con le lacrime che hanno smesso di scendere, torno a vedere di nuovo l’oblio.
 
- 22 -
Tutto questo è come un orribile gioco di morte. Soltanto che io continuo a rimanere qui; vorrei vedere la luce ma invece davanti a me trovo un muro nero come la notte.
Aspetto che qualcuno venga a salvarmi, aspetto che qualcuno venga a donarmi un po’ di amore, ma il mio petto è un buco nero che può soltanto consumare.

 

Questo capitolo è più breve degli altri ma l'ho scritto tutto di getto e ho pensato che fosse bene pubblicarlo tutto insieme, senza altri pezzi. E' nato dopo un forte momento di crisi, quindi prendetelo per quello che è: pura depressione.

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Capitolo 5
*** - V - ***



- V -
 
- 23 -
Lo stormo di uccelli si allargò proiettando ombre sinistre sull’erba in cui io camminavo.
Erano rapaci e avevano fame, ma non sarebbe stato il sangue a saziarli. Avrei volentieri offerto la mia carne ma loro l’avrebbero rifiutata.
Ero troppo magra, pelle e ossa; ripugnavo persino quelle bestie.
Così, per loro affronto, cominciai a mordermi il braccio, succhiandone il sangue grumoso.
Offeso e disgustato, lo stormo volò via, lasciandomi alla mia solitudine.
 
- 24 -
Ho la mente divisa in due e la mia anima è imprigionata in una delle parti.
Io non sento più niente: paura, dolore e amore. Le mie emozioni risiedono nell’anima incatenata in quella cella vuota e oscura che un tempo era stata parte fondamentale della mia essenza.
Ora rimango soltanto io, ridotta in pezzi, con i frammenti infilati nelle carni che trasudano sangue. Piango lacrime scarlatte ma non sento più nulla.
Ne assaggio il sapore fatto di ruggine e inarco le labbra in un sorriso vuoto.
La mia anima nel frattempo urla.
 
- 25 -
Nessuna parola esce dalla mia bocca cucita. Con mani pallide e tremanti, traccio linee sottili nella sabbia, tentando di comunicare qualcosa ma nessuno si interessa a osservarmi.
Nella mia mente non vi è più alcuna parola ma solo emozioni fumose, impossibili da afferrare nel tentativo di dargli una forma accettabile.
Quindi resto sola, nel mio silenzio.
 
- 26 -
Il tempo non mi aspetta; corre sempre avanti, lasciandomi indietro. Io cerco di afferrarlo perché vorrei dirgli di fermarsi, di rallentare un po’. Ma lui va avanti e non mi ascolta. Anzi, con me si diverte a essere particolarmente crudele. Ride, mentre mi vede arrancare nella polvere.
 
- 27 -
Vorrei essere magra.
Vorrei che le mie ossa sporgessero come montagne deformi sulla pelle.
Vorrei smettere di mangiare, non lordando più il mio corpo con tale abominio.
Vorrei avere le gambe simili a due stuzzicadenti, a tal punto che rischierebbero di spezzarsi.
Vorrei scomparire, smettendo di essere un problema piuttosto che una persona.
Ma poi mi sveglio da questo incubo, ricordando il mio più forte desiderio: io voglio vivere.
 
- 28 -
C’è una cosa chiamata Ansia che scorre nelle mie vene.
È nell’aria che respiro e nell’acqua che bevo.
Pulsa tra gli intrighi del tempo che passa. Non pensa e non prova sentimenti; è la mia piaga. Una condanna.
Genera un’orda di pensieri nella mia testa, con una voce che sussurra parole sconnesse e taglienti.
Si agita nel buio, afferrando il mio corpo irrigidito.
Se piango mi sente.
Se urlo mi chiude la bocca, lasciando le parole a morirmi nella gola.
Senza di lei sono niente.
Insieme a lei sono annientata.
 
- 29 -
Sono un ciclo che si ripete all’infinito. Non riesco a sfuggire alla ruota che continuamente gira sulla mia schiena scarnificata. Il sangue ha smesso di uscire da tempo e il dolore si è trasformato in un compagno fedele.
Desidero solo silenzio, mentre intono il mio canto di sconfitta.
 
- 30 -
Non ho parole da scrivere. Non ci sono sentimenti che valga la pena sussurrare.
Al di sotto del tuo sguardo io ritorno bambina e, come allora, affogo in quel mare nero che è il tuo amore.
Mi ami, cercando di toccarmi. Cerchi la mia pelle nel buio mentre io mi rannicchio in un angolo e piango lacrime silenziose.
I tuoi sentimenti non sono altro che una prova di forza. Io non ho mai compreso questo tuo desiderio.
Sei affamato ma di cosa non sai dirmelo. E io non posso darti niente.
Quindi divento quella bambola vuota con cui ami giocare.



 

Le cose rimangono piuttosto pesanti, depresse e cariche d'ansia.
Questo è il mio stato d'animo o comunque ciò che riesco meglio a esprimere.
Devo buttare fuori tutto questo accumulo di odio, rabbia, tristezza e vuoto.

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Capitolo 6
*** - VI - ***



- VI -
 
- 31 -
La depressione è un demone nero che ci segue come un'ombra.
Ti opprime. Ti azzittisce mentre urli. Ti stringe la gola in una morsa. Ti dice un sacco di bugie e tu ci credi perché davanti non vedi altro che nero. Il mondo è distante, le persone sono lontane; giungono soltanto echi indistinti.
Sei solo con lei che canta parole insanguinate.
 
- 32 -
Non ce la faccio. Non riesco a guardarti oltre lo specchio che riflette un’immagine che fatico a riconoscere come mia.
Sono frammentata a terra e non posso muovermi. Il mio corpo non esiste nella mia mente e io vorrei poterne uscire ed essere libera da ME.
Fatico e dondolo nel mio giaciglio.
Fatico a connettermi con il mondo.
Non conosco le parole.
 
- 33 -
Quel pesante macigno che ho nella testa non mi lascia speranze, Mantiene i miei piedi piantati nel terreno arido, specchio della mia vita.
Come un albero costretto a crescere nel deserto, io non fiorisco; sono composta da filamenti storti e ringrinziti.
Tengo testa a questa morte che avanza che però non mi lasci alcuna speranza.
 
- 34 -
Devo prendermi il tempo necessario che mi spetta e dare fuoco ai pensieri.
Essi arderanno fino a venir ridotti in cenere; cumuli neri e fumanti ma freddi al tocco. Io vi camminerò sopra a piedi scalzi, lordandomi e gustando nel frattempo quel trionfo. Sarà come sorridere alla me stessa al di là del muro. Prigioniera del tempo e del caos, mascherato da un ordine fittizio. Il mio cuore resta connesso al suo da una nera e putrida catena che ci tiene unite a quel muro fatto di paranoie.
Possiamo vederci, possiamo sorridere.
Dobbiamo morire.
 
- 35 -
Ti prego, osservami mentre danzo. Non posso fare a meno di ballare e tu nel frattempo piangi. Sono lacrime di sangue quelle che scorrono sulle tue guance arrossate. Io non sono in grado di porre fine alle tue sofferenze, come lascio scorrere le mie tra le ossa che rischiano di spezzarsi per il troppo logoramento.
Continua a osservarmi mentre danzo; non distogliere lo sguardo perché potrei morire.
 
- 36 -
Sono nuda e tu osservi le forme del mio corpo, quelle curve che tanto detesto. Mi spezzo a ogni tuo sogghigno ma mi sforzo di mostrare un sorriso.
Non posso permettermi di piangere ma allora concedimi di ridere. Riderò fino a sanguinare, tanto da lacrimare per lo sforzo. Riderò di te, di me e di tutto ciò che rimane.
Alla fine sarà buio e io smetterò di essere il tuo pupazzo. Quindi ridiamo, finché è possibile.

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Capitolo 7
*** - VII - ***



- VII -
 
- 37 -
 
Era divertente, ogni cosa s’era fatta esilarante. Non mi restava altro che ridere a quel destino infausto che era piombato su di me.
Rannicchiata in un angolo, avevo presto smesso di pregare e piangere. Nella vita avevo imparato a tacere, a sopprimere i sentimenti, affogandoli nel mare che mi riempiva il petto. Quindi ora potevo dire di stare bene, di essere felice come se fosse arrivato il giorno del mio compleanno. Ovviamente però non prestavo ascolto a quella voce, la singola voce che mi urlava nella testa: nessuno ricorda più il tuo nome, così come non sei nemmeno mai nata davvero.
Molte ragazze della mia età hanno amici, genitori, fratelli e vanno a scuola. Io credevo di poter condurre questa vita normale, fatta di bugie e rumore, un costante ronzio che mi perforava le orecchie fino a farle sanguinare. Ma era ciò che volevo, nella mia apatia, accettavo questo susseguirsi degli eventi.
Mi sedevo e ascoltavo cosa gli altri avevano da dire perché a me mancavano le parole. Anzi, sarebbe meglio dire che non avevo sentimenti; ero un’ombra senza espressione, un’anima triste che restava invisibile al divertimento di chi mi circondava.
Avrei mandato tutto al diavolo, avrei mollato e fatto scomparire questo mondo assurdo, perché andava oltre la mia comprensione – tuttora non riesco a coglierne il vero significato – e avrei tolto il domani a tutti. Il tempo si sarebbe espanso e poi contratto, per poi dipanarsi e assottigliarsi come una tenue nebbia.
Guardavate attraverso di me ma mai dentro perché vi era il vuoto, un vuoto che trascina e seppellisce, un buco nero che ti cancella.
Un mondo assurdo alla quale ho dato la mia vita. Ma no, assolutamente no, non l’ho fatto per salvare qualcosa che nemmeno comprendo, come l’ordinaria esistenza. Io ho cancellato me stessa soltanto per te. Perché, immerso nel mare che ho in petto, ho trovato l’amore che ti ho donato.
Quindi tutto quanto ha continuato a esistere, le persone hanno continuato a sentirsi apparentemente bene, nella loro vita monotona, e io sono svanita.
Ora cammino tra di voi ed è divertente, mentre non trovo nulla su cui piangere. Le persone corrono, come in un cerchio e io non riesco a smettere di divertirmi a guardare mentre si inabissano verso la fine.


 


E' da tempo che non scrivo più nulla - sono stata poco bene.
Sopratutto vorrei tornare a scrivere qualcosa di più complesso.
Ma farò tutto con un passo alla volta.
Quanto avete letto è sia ispirato a me stessa che all'anime Serial experiments lain.

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Capitolo 8
*** - VIII - ***



- VIII -
 
- 38 -
 
Abietta inutile perpetua creatura che avanza inesorabile verso una luce troppo lontana da toccare dove il calore ti sfiora le dita della mano destra allungata come un gesto disperato alla ricerca di qualcosa che non sarà mai tuo in quanto fallimento che evita di pensare di affrontare di combattere e di resistere.
Ma hai resistito e hai riso ma hai combattuto e hai pianto mai fallito e ti sei ferita ma hai allungato la mano e qualcuno l'ha afferrata per aiutarti a camminare in qual pantano in cui sei sprofondata oh cara creatura oh cara piccola anima mia devi smettere di avere paura e affrontare il mondo ma esso stesso è parte dei tuoi incubi ed esso stesso è parte del tuo terrore più interiore.
Piccola creatura non ti chiedo di sorridere ma di resistere ancora un po' perché finché c'è vita c'è speranza.

 


Ripeto quanto ho scritto nel capitolo precedente: è da tempo che non scrivo più nulla - sono stata poco bene.
Soprattutto vorrei tornare a scrivere qualcosa di più complesso.
Ma farò tutto con un passo alla volta.
Questo capitolo è breve ma prometto che mi impegnerò a pubblicare cose più lunghe e complesse.
Ma non dimenticatevi che questa raccolta è una specie di diario personale romanzato e non ha una storia di fondo.
Questa volta ho pubblicato una sorta di flusso di coscienza. Spero che vi piaccia.

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