A TRAVEL AROUND A MIRACULOUS WORLD

di sg199885
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Africa ***
Capitolo 2: *** A Christmas Carol ***
Capitolo 3: *** God's joke ***
Capitolo 4: *** Parenti-serpenti ***
Capitolo 5: *** Faithfully ***
Capitolo 6: *** King's Cross ***



Capitolo 1
*** Africa ***


CAPITOLO 1: AFRICA

 
“Chi conosce l’Africa selvaggia deve convenire che,
nell’oscurità, non v’è risonanza più spaventosa del ruggito vicino di un leone.
Quando si leva, tutti gli animali ammutoliscono
Per alcuni istanti.”
Walter Bonatti.
 
Il sole bruciante stava tramontando sulla grande Madre Africa, tingendo tutt’intorno di calde sfumature di un rosso cupo, proiettando ombre lunghe e tetre per la savana del Kenya.
Joseph Loitai, figlio del capo tribù del suo villaggio, stringeva tra le mani la sua lancia, mentre una goccia di sudore scivolava via lungo la sua schiena nuda e riarsa dal sole, davanti a se, ad osservarlo con sufficienza, s
i stagliava il Re di quella valle incontaminata dalla malvagità dell’uomo.

Che cosa vuoi da me, cucciolo d’uomo?

Gli occhi scuri e profondi del giovane si specchiavano negli occhi dorati della bestia che, placida, muoveva alcuni passi verso il nemico, quasi incuriosito dai ghirigori candidi che adornavano il corpo scuro e tonico, dalle piume intrecciate nei dread, come se, con la sua pacatezza, si stesse beffando della tensione che tirava, fino allo spasimo, ogni singolo muscolo del giovane guerriero.
“Sono venuto ad ucciderti…”
Pensò tra sé e sé Jos contemplando la magnifica potenza racchiusa nella placidità dell’animale.
“devo ucciderti per poter essere libero.”
Si ripeté per darsi coraggio: superare la prova di coraggio era il solo modo che conosceva per ottenere da suo padre il permesso di lasciare il villaggio, di andare via, lontano, ad inseguire su ali d’aquila i suoi sogni.
Perché l’Africa è amara terra sì, ma terra natia, l’Africa è per chi resta, è porto sicuro, è povera madre, il mondo fuori invece, malvagio, è per gli uomini coraggiosi.
Per spiccare il volo occorre il permesso del Re, scritto con il suo sangue.
“La tua testa in cambio delle mie ali.”
Ed è così, con questo pensiero ben chiaro nella mente, che il giovane Masai si lanciò contro la belva regale, la quale, resasi conto del pericolo, ruggì furiosamente in avvertimento e, indietreggiando, schivò la lancia che gli veniva brandita contro, tentando poi di spezzarla con colpi delle sue possenti zampe.
Quando il giovane sentì il legno della sua arma sfuggirgli dalle mani, ebbe solo un momento per incrociare lo sguardo, iniettato di sangue, del suo nemico prima di sentire un forte dolore al fianco e, in seguito, la dura terra battuta sotto la sua schiena.
Riaperti gli occhi, sicuro ormai di essere spacciato, vide ancora una volta quello sguardo colmo di attesa negli occhi ferini, il fiato caldo solleticargli il volto e la bava colare dalle zanne sguainate.
Stava per morire, aveva perso.

 È così che credevi di uccidermi, ragazzino?

Ma la sua libertà aveva un valore troppo alto.
Così Jos prese un pugno di polvere dal suolo, vinse la forza delle poderose zampe che gli premevano il petto, mozzandogli il respiro, e lo getto sul viso del leone, defilandosi poi quando quello indietreggiò ruggendo dolorosamente; il giovane prese a guardarsi intorno disperato quando, vista davanti a se una grossa pietra, e il re della savana accucciato a coprirsi gli occhi languendo, capì che era il momento: raggruppando tutte le forze che gli erano rimaste, sollevò il masso e lo scagliò sulla testa della bestia.

Ecco, tu mi uccidi come Davide ha ucciso Golia.

Ansimante, Joseph vide l’esanime animale al suolo, che respirava pesantemente, e che oltre il velo di sangue che gli insozzava il viso e la criniera –corona regale- fissava su di lui uno sguardo vitreo.

Uccidi il re della Savana per il tuo tornaconto personale, chi siederà ora sul mio trono? Chi ruggirà nel silenzio della notte per ricordare a voi arroganti uomini la grandezza e la potenza della Grande Madre Terra?

Così, il Leone chiuse gi occhi attendendo il colpo di grazia, lasciando calare il buio sull’immagine del suo assassino che gli volgeva le spalle, superbo, allontanandosi.
E poi accadde.

Che cosa fai?

Sentendo acqua fresca e ristoratrice piovere su di lui, mentre una grossa foglia veniva premuta sulla ferita fermando il flusso del caldo, vermiglio sangue.
- Nessuna libertà vale il prezzo di una vita, Maestà. – gli sorrise il ragazzo accarezzandolo piano.

Povero illuso, credi davvero di poter rompere proprio tu la nostra lotta millenaria? Non sai forse che, rialzatomi, ti azzannerò e sarò io ad ucciderti?

Eppure Jos rimase accanto al leone, finché l’ultimo raggio di sole non calò lasciando il mondo all’abbraccio del crepuscolo, la ferita smise di sanguinare e il respiro del felino si regolarizzò.
Quando la luna ormai era alta nel cielo, e Joseph si era assopito accanto a lui, poggiando il capo sulla sua pelliccia per non gelare nel freddo notturno, il Re si alzò, destando il sonno del ragazzo, lo guardò ancora una volta con i suoi lucenti occhi dorati, e gli voltò le spalle, per tornare nella sua Savana, nel suo posto, al suo trono.
Rimasto solo nell’immensità della natura, il giovane principe dei Masai alzò gli occhi al cielo stellato, e sorrise amaramente, capendo che la libertà vale ogni singola, fragile vita del mondo.
Quando fece tornare lo sguardo sulla terra, senza che avesse prodotto alcun rumore, vide davanti a se, lontana una decida di passi appena, una donna: il color della sua pelle era di un tono più chiaro del proprio, i suoi occhi scintillavano nella notte ed il suo corpo era coperto da grandi e curiose chiazze bianche.
Lei gli sorrise, e lui ricambiò.

- Salute a te giovane eroe, degno portatore del Miraculous del Leone. - 

NOTE D’AUTORE
Buongiorno raggi di sole bellissimi.
Ecco la prima delle nostre OS, dedicata alla nostra SUMMERLOVER.
In questa storia avete scoperto, come da sondaggio in cui avete votato un prequel, come il nostro leoncino ha ricevuto il suo Miraculous e, soprattutto, ha fatto capolino un personaggio che ancora non è apparso nella storia, un nuovo custode.
Ps. Le parti in corsivo, se qualcuno non ci fosse arrivato, sono i pensieri del leone lol.
Che dire, al prossimo sondaggio, al prossimo capitolo.

Baci,

SG

 

 

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Capitolo 2
*** A Christmas Carol ***


A CHRISTMAS CAROL
 
Se ci diamo la mano
I miracoli si fanno
E il giorno di Natale
Durerà tutto l’anno
Natale 1946.


 
Era passato un anno da quando il vecchio Salvatore aveva ritrovato la giovane Hala, ma le cose non erano cambiate poi molto in quel lasso di tempo: la ragazza reagiva ancora al minimo rumore e nascondendosi per la paura ed evitando ogni genere di contatto fisico, seppur la situazione stesse pian piano migliorando.
L’uomo comprendeva perfettamente quanto fosse stata dura per lei la Guerra, sapeva che il miglior modo per aiutarla era proprio quello di non fare nulla e lasciare che le cose migliorassero piano piano, però voleva fare qualcosa per renderla felice, per darle almeno una scintilla di speranza che la aiutasse a capire che la sua vita non era finita e che avrebbe potuto sorridere ancora anche dopo tutto quello che aveva passato.
E allora, quando la trovò nascosta per l'ennesima volta in un angolo buio della biblioteca dopo che aveva visto degli uomini entrare, scelse un libro di poesie gentili e cominciò a leggere per lei dolcemente, con ritmo cadenzato e senza nemmeno toccarla, lasciando che lei potesse calmarsi e avvicinarsi a lui di sua spontanea volontà. Andò avanti per ore, e lui non smise di leggere quelle poesie, finché Hala non avvicinò e gli posò una mano sulle sue.
Quello fu il momento in cui la sua guarigione ebbe davvero inizio, ma d'altronde si sa, la Notte Santa è la note dei miracoli, e quella notte di Natale 1946 accadde il più grande miracolo di tutti: era rinata la Speranza di un nuovo futuro in un cuore che ormai non sperava più.



 
§ § §
 
Kyros aveva appena compiuto sei anni quando vide per la prima volta un coso… com’è che lo chiamavano? Ah, sì: “albero di Natale”; si domandava perché quegli strani tipi si fossero dati tanto da fare per abbattere un albero, trascinarlo in casa e addobbarlo con tutte quelle lucine e decorazioni… gli avevano anche permesso di sceglierlo nel bosco della villa, ma lui non sapeva bene che cavolo volesse dire, e si era limitato ad indicarne uno a caso senza dire nulla… non aveva parlato molto da quando era arrivato in quel posto… a dire il vero non aveva parlato proprio.
E anche in quel momento, il 13 di Dicembre, si era limitato a rimanere in silenzio in un angolo del grande salone mentre tutta quella marmaglia che era la sua nuova “famiglia” era rimasta unita ed allegra intorno all’albero, e gli si era avvicinato solo quando tutti erano andati già via.
Curioso com’era, si avvicinò alla miriade di pacchetti avvolti in carte luccicanti e decorati da fiocchi vistosi e ne aveva preso tra le manine uno a caso, leggendo a fatica cinque lettere su un bigliettino attaccatoci sopra.
“Kyros”.
 
- è tuo, e ce ne sono tanti altri per te. – disse una voce alle sue spalle facendolo sussultare, e poi voltare impaurito. Una donna longilinea e coronata da lunghi capelli biondi lo guardava divertita.
- sei spaventato… da me? – indagò la donna, e il bimbo abbassò lo sguardo colpevole. – ehi… - continuò, - nessuno qui ti farà del male, nessuno te ne farà mai più, finché ci sarò io a proteggerti. – lo rassicurò.
- non voglio tornare in orfanotrofio… - confessò il piccolo Kyros con un filo di voce.
- fai come me, - gli disse la giovane porgendogli un mignolo alzato con il quale afferrò quello più piccolo del bimbo. – quando si fa così, è una promessa, e io ti prometto che non tornerai mai più lì. –
Il piccolino abbozzò un timido sorriso, e Gaia, così si chiamava, lo avvolse in un abbraccio. Non si sarebbe mai immaginata che bastasse così poco a farlo sciogliere e mettersi a piangere per la sua gentilezza.
Dopo sei anni, al suo primo vero Natale, tra i tanti regali che ricevette dalla sua nuova famiglia, il più importante che Kyros ricevette fu imparare il significato della parola “mamma”.
 

§ § §
 
Jos osservava pensieroso il braccialetto fatto di perline colorate che gli cingeva il polso, perdendo lo sguardo tra le file di piccole sferette nere, rosse, gialle, azzurre e verdi che si intrecciato a spirale per formare quel gioiello.
Tra tutti i gioielli che indossava, era quello a cui teneva di più in assoluto…
Non poteva osservarlo senza che il suo cuore accelerasse, mentre il ricordo della nonna Abeba tornava vivido alla mente e gli occhi iniziavano a pizzicare; era l’unica cosa che ancora lo legava a lei, ora che era lontano e la Grande Madre Africa era lontana tanto quanto i suoi ricordi.
 La nonna gli aveva dato quel braccialetto durante l'ultimo Natale in cui era ancora viva, quando Jos aveva 10 anni, ed anche se al villaggio il giorno di Natale era più una festa che interessava i turisti che gli abitanti masai, il capovillaggio non aveva mai dato modo di esserne infastidito, anzi, aveva sempre sostenuto che conoscere cose nuove ne arricchiva il sapere di tipo personale ed individuale.
Ed Abeba era così, curiosa, intelligente, aperta, lei non era solo colei che lo aveva cresciuto nella prima infanzia mentre i genitori erano al lavoro, no. Era colei che con premura e pazienza aveva cucito ad una ad una le piume sulle sue ali nude.
Ed ora si sentiva proprio nudo, nudo ed al freddo, mentre la neve che si posava sui tetti di Torino gli gelava un po’ il cuore.
 
 
 
§ § §
 
 
Ayaka per anni aveva odiato quel maledettissimo, costosissimo violino. Il suo suono che ad orecchi altrui risultava così dolce e melodioso lacerava le sue orecchie, sapeva di dolore e privazioni, soprusi e rabbia.
Ma dopo lungo tempo aveva dovuto accettarlo: quello era il suo più grande talento, forse l’unico che possedeva, suonava davvero bene, e non certo per merito di tutte le ore di faticoso esercizio, delle minacce e di quella maledetta cinta di cuoio scuro… Ayaka era brava, lo era sul serio perché la musica che suonava veniva dai meandri più profondi e scuri del suo cuore, quelli nascosti al mondo, protetti dalla ferocia e dalla cattiveria del mondo. E quella notte di Natale, quando una ragazza orientale di appena vent’anni era irrotta in quel reparto di pediatria, spiegando all’infermiera di turno che cosa fosse andata a fare, fu la notte in cui avvenne il primo miracolo che le cambiò la vita: anche se suonava con gli occhi serrati, poteva sentire sulla pelle gli sguardi dei bambini che la osservavano, seduti per terra nella sala d’aspetto, dentro i loro pigiamini colorati, affascinati, ammirati, rapiti dalla sua musica. Quando finì di vibrare l’ultima nota, dischiuse le palpebre e incrociò gli occhi pieni di lacrime dell’infermiera che l’aveva lasciata entrare, che faceva capolino dal fondo del corridoio. Le due donne si scambiarono un timido sorriso, poi l’orientale sentì un peso arrivare addosso, serrarle le gambe e per poco non perse l’equilibrio, poi guardò in basso e vide che una bambina le avvolgeva le longilinee ginocchia in un abbraccio seppellendo il viso contro di lei e che, con un filo di voce, le disse:
- Da grande voglio diventare proprio come te! –
Ayaka carezzò quella testolina priva di capelli, e non seppe cosa dire, ogni parola le morì in gola, mentre le lacrime bruciavano negli occhi.
Distolse lo sguardo verso la finestra, vedendo la neve che aveva iniziato a scendere placida.
“Ti prego, chiunque tu sia la su”, pensò, “fa che diventi grande per davvero.”
 

§ § §
 
 
Matteo aveva appena compiuto diciotto anni, e erano trascorsi solo pochi mesi da quando aveva "rapito" i suoi fratelli dalla casa famiglia ed era fuggito a Roma.
Certo, la loro situazione non era delle migliori, visto che lui era appena maggiorenne e doveva prendersi cura di un bambino di 9 anni e una bambina di 7, però lui voleva fare qualcosa di bello per loro, glielo doveva, era il suo compito di fratello maggiore  da fargli dimenticare almeno per un po' tutto quello che avevano passato con quei due mostri… aveva messo da parte ogni centesimo che gli possibile risparmiare e la sera di Natale aveva provato a preparare una bella cena per loro… certo il risultato non era stato dei migliori, il pollo era un po’ bruciacchiato e la pasta un pelo scotta, ma Pietro e Milena erano cresciuti in fretta tanto quanto lui, ed avevano apprezzato, sorridenti come poche volte li aveva visti, il suo impegno; avevano anche osato appoggiare qui e là dei “buonissimo” e “delizioso”… chissà, forse avevano imparato da lui a mentire tanto bene!
Ma in quel momento, guardandoli accoccolati sul divano mezzo sfondato, sotto la stessa coperta bucata con quei sorrisi sereni sui volti assopiti, ogni suo sforzo e sacrificio fu ripagato, anche quello di dover lavare i piatti la notte di Natale!  Con le mani immerse nell’acqua saponata, mentre strofinata i residui dalle stoviglie, già fantasticava di poter vedere i loro occhi illuminarsi quando, la sera successiva, li avrebbe portati al luna park, facendogli fare un giro sulla ruota panoramica per fargli vedere tutta Roma illuminata per le vacanze di Natale.
Matteo non aveva avuto una vita gran che spensierata, ma vederli contenti e sorridenti dopo tutto il loro dolore subito, sapere di aver salvato i suoi fratelli, a cui era stato unito da un legame ben più forte della consanguineità, fu uno dei pochissimi momenti in cui si sentì davvero fiero di se stesso, e  forse il primo in cui realizzò cosa significhi amare qualcuno.
L’amore era mettere il bene dell’amato davanti al proprio.
 
 
§ § §
 
 
Il Natale per Astreo era sempre stato un giorno felice, sereno, pieno di gioia e pace… ma ora, ora non lo era più. Erano tre anni ormai che nonna Daphne non c’era più, portata via da una lunga ed invalidante malattia, ed adesso, lontano da casa in una città straniera, tutto solo nell’immensa Roma, Astreo si sentiva incredibilmente vuoto e triste.
Erano stati difficili gli ultimi cinque anni della vita della sua amata nonna, scanditi dal lento ed inesorabile spegnersi della sua fiamma, riempiti da quella sensazione strana di tutte le volche che, a parti invertite, era lui a doversi prendere cura di lei e non viceversa come era sempre successo… eppure… eppure finché nonna Daphne c’era, nonostante non fosse più la roccia solida di un tempo, Astreo era forte, sicuro, invincibile… ma ora nonna Daphne non c’era più.
Così, in quella notte Santa, mentre la neve scendeva piano, sulla Terrazza del Plincio solo ed avvolto in una coperta non calda quanto un abbraccio, il greco scrutava le poche stelle visibili nel cielo coperto, come gli insegnato a fare lei… ma il suo cuore era pieno di mestizia, troppo triste anche solo per piangere quando… ecco… fu solo un istante, ma per un momento una stella brillò maggiormente, sfavillando come una scintilla di fuoco.
- come la stella che guidava i Magi, anche solo per un attimo… - rifletté il biondo, ripetendo le parole che tante volte aveva sentito pronunciare dalla sua saggia mentore: - una stella si accende per ogni salvezza che nasce nel mondo. –
 

§ § §
 
 
Diego adorava la sua famiglia, ma, per carità, quando si riunivano tutti insieme sapevano essere così rumorosi! Era per questo che era sgattaiolato in balcone a fumare una meritata sigaretta e rimanere un po’ con i suoi pensieri.
- nino! – lo chiamò la voce imperiosa di sua madre Dolores facendogli, di istinto, gettare via la cicca per girarsi tutto sorridente. – ahi ahi – lo rimproverò contrariata la donna, - tanto lo so che fumi di nascosto! –
- Mi dispiace darti dispiacere,  mamà – si scuso il giovane.
- non essere sciocco ora, mi amor, - lo rimproverò ancora la mamma, - hai portato avanti questa familia dalla morte de tu padre con fatica ed impegno, sarei una vera stupida s mi arrabbiassi con te per questa sciocchezza, e adesso sbrigati, tu abuela desidera farti gli auguri! – gli disse prima di cingersi meglio il grembiule sui fianchi e rientrare in casa.
Diego sorrise, era proprio un caso senza speranza… sua madre riusciva a sembrare incazzata anche la sera di Natale, anche mentre gli diceva una cosa carina.
 

§ § §
 
 
Per Davide il Natale era una delle pochissime occasioni in cui non aveva mai avuto paura di stare in mezzo alla gente, perché aveva sempre avuto la certezza che in mezzo alla sua famiglia fosse circondato da Amore. Era il suo ultimo anno di liceo, quello che sarebbe dovuto essere indimenticabile… e certo il moro non si sarebbe mai scordato tutte le prese in giro per i suoi occhi e le sue stranezze.
Ma quella sera non un solo pensiero triste fece capolino nella sua testa, e potette godere di un cenone fantastico insieme ai suoi genitori, le due nonne e suo nonno materno.
Poco prima che la mamma chiamasse tutti a tavola, Davide incrociò il suo riflesso nello specchio del salone e osservò dubbioso i capelli pettinati indietro, che lasciavano vedere entrambi i suoi occhi.
- Sei bellissimo, tesoro mio… - gli disse sua madre facendo capolino dal corridoio e venendogli vicino.
- dici così solo perché sono tuo figlio… - sospirò il ragazzo, ma fu prontamente zittito da un affettuoso scappellotto sulla nuca. – ahia! – protestò.
- non dire certe sciocchezze! – lo rimproverò la donna, - non importa quanto tutti possano prenderti in giro, perché io so quanto tu sia una persona coraggiosa e sensibile che usa davvero la musica per esprimere le proprie emozioni, e anche se spesso non ci riesci, almeno ci provi. Io non sono fiera di te perché sei mio figlio, sono fiera di avere te come figlio! – gli chiarì -  e i tuoi occhi sono una delle cose che ti rendono bellissimo. –
Gli occhi di Davide si riempirono di lacrime e strinse la sua mamma in un abbraccio, e quella fu una delle poche in cui si sentì davvero fiero di essere se stesso. Non sapeva ancora che di lì a pochi mesi un piccolo cerbiatto volante sarebbe piombato nella sua vita insieme a una banda di matti a renderlo, definitivamente e senza ogni dubbio, speciale.
 

§ § §
 
 
I Natali a casa Manni erano sempre grandi feste che riempivano il grande loft di gente ricca, snob e che Mason non conosceva minimamente, a cui doveva dispensare sorrisi radiosi e parole cordiali per non indispettire suo padre, e non poteva neppure provarci con i ragazzi carini perché, a detta di sua madre, era “sconveniente”.
Finito il grande party, il ragazzo si ritirò educatamente in camera sua, dove si rinchiuse con un’imprecazione, si spogliò e si buttò esausto sul letto e, in pochi minuti, si assopì.
Il suo cupo sonno senza sogni venne interrotto da un rumore forte, un tonfo assordante costellato dal fragore dei vetri rotti che lo fece sobbalzare.
Dopo un attimo di smarrimento, credendo potesse essere qualcosa di grave, si precipitò al piano di sotto e vide il disastro: per un ignoto motivo, il grande, immenso albero che decorava il salone era precipitato al suolo, giaceva inerme, spento di tutte le luci che lo illuminavano e circondato dai vetri delle decorazioni rotte. Il cuore del ragazzo, inaspettatamente, si spezzò nel petto… prese da terra un coccio di una vecchia pallina, una che aveva realizzato alle elementari come lavoretto e che doveva ogni anno mettere sul ramo più nascosto per non rovinare la composizione che lo stylist professionista –lautamente pagato- aveva creato. Dopotutto non era una casa in cui si faceva l’albero tutti insieme, la sua…
Guardò ancora una volta il caduto, e una lacrima, silenziosa, gli rigò il volto.
La sua vita era proprio come quell’albero: scintillante, luminosa, maestosa… doveva solo aspettare impotente il momento della sua caduta.
 

§ § §
 
 
La mamma di Luna amava il natale. Era sempre stata la sua festa preferita, perciò ogni anno passavano la mattina della Vigilia a preparare tutto, cucinando, addobbando la casa e divertendosi da matti. E soprattutto ogni anno la mamma si divertiva a far vestire bene le sue figlie per farle sentire le vere anime della festa.
L'ultimo Natale trascorso con tutta la sua famiglia unita era uno dei ricordi che custodiva più gelosamente…  Quell’anno, nonostante ormai la salute di sua madre stesse già iniziando a vacillare, lei ha voluto continuare quella tradizione, quasi come una sorta di immateriale, ma preziosa, eredità; organizzò tutto insieme al marito, comprò vestiti nuovi per tutte e tre le sue figliole e regalò una delle sue collane preferite proprio a lei, Luna. In quel momento la bimba si sentì speciale come una regina e da allora, anche se erano trascorsi alcuni Natali da quando la mamma non c’era più, lei, le sue sorelle e suo padre addobbavano tutta la casa e le tre si vestivano al meglio per continuare a mandare avanti la tradizione, seppur con una nota triste che risuonava sul fondo dei canti natalizi che si sentivano nell’aria.
 

§ § §
 
 
Vaen si era rassegnata a passare la Vigilia di Natale da sola visto che sua madre Malai era via, non sarebbe tornata in giornata e le aveva anche fatto degli auguri sbrigativi per telefono. Il programma della ragazza era passare la serata a vedere la tv e meditare, insomma, avvincente no? “Ma si” si disse, “tanto meglio una cosa tranquilla”.
Ecco, l’idea di tranquillità svanì in un millisecondo quando Aurora gli piombò letteralmente in casa trascinandola insieme a lei a casa sua, dove ci sarebbero stati suo fratello e i suoi parenti a festeggiare.
 Aurora voleva fare una bella sorpresa a tutti provando a cucinare una sua ricetta per arricchire il cenone di Natale per colpire suo fratello, sua madre, la nonna e i in particolare i suoi zii, i due fratelli minori del padre, e ovviamente –cosciente delle sue scarse doti culinarie- aveva chiesto aiuto alla sua migliore amica.
Il risultato? un vero disastro, come chiunque si sarebbe aspettato, ovviamente.
Le due ragazze non avevano messo in conto di essere in grado di bruciare persino l'acqua sui fornelli, quindi quando suo fratello Michele rientrò, per poco non gli prese un colpo alla vista della cucina devastata dentro cui, colpevoli, lo guardavano due squinternate sporche dalla testa ai piedi… cosa avrebbe dovuto fare? Ridere fino a soffocare, incazzarsi per quel disastro o consolarle?
 Alla fine il ragazzo optò per una sobria via di mezzo, ovvero aiutarle a sistemare quel casino mentre continuava a ridere e prenderle in giro… dopotutto sapeva perché sua sorella gemella si era inventata tutto quel casino, sapeva che fare una buona impressione agli zii, fratelli del defunto padre, ma dopotutto lo spirito natalizio è ben altro no? Anche se il cenone è parecchio bruciato…
 

§ § §
 
 
Quella appena trascorsa era stata decisamente una Vigilia di Natale redditizia: il negozio era letteralmente scoppiato di clienti pazze per i regali last minute, e in quel momento, ad ora chiusura, Fiore guardava soddisfatta gli scaffali vuoti mentre Camilla le si strusciava amorevolmente, fuseggiando, contro le gambe. Era giunto il momento di chiudere bottega tornare a casa e… passare il resto del Natale mangiando spaghetti di riso cotti al microonde… bello schifo.
Fiore sospirò… non era il top non avere una famiglia da cui tornare, un fidanzato o degli amici con cui trascorrere le feste… solo in quel momento la rossa si accorse di aver trascorso talmente tanti anni della sua concentrata sulla realizzazione dei suoi progetti da aver completamente messo da parte tutto il resto.
Si avvicinò all’albero che aveva addobbato al centro del negozio, e, ricordandosi un vecchio cartone animato natalizio che guardava sempre con suo fratello Mason, si rivolse direttamente allo sguardo amorevole dell’angelo sulla cima:
- Ti prego, ti chiedo solo una cosa per il prossimo Natale – chiese – degli amici sinceri. -
 

§ § §
 
 
Tra poco sarebbe arrivata la primavera a Roma, Fiore e Diego si erano appena mollati, Luna ben presto avrebbe iniziato ad avere le prime crisi adolescenziali, Astreo era appena arrivato, ancora non avevano deciso nulla su chi convocare come portatrice dell’Orso e il suo rapporto con Davide era ambiguo sopra ogni cosa. Si navigava a vista, insomma. Non era certo una situazione in cui si facevano programmi, eppure Andrea non poteva non fantasticare su come sarebbe stato il Natale successivo.
La famiglia di Andrea non aveva niente di troppo eclatante, era piuttosto normale ed unita, per loro era davvero importante condividerla assieme, quindi la ragazza si sarebbe sicuramente dovuta inventare la scusa del secolo per non tornare a casa, e sapeva benissimo che i suoi familiari ci sarebbero rimasti molto male, ma non aveva altra scelta, il supercattivi non vanno mica in vacanza!
Si immaginava già a comprare il calendario dell'avvento per tutti i suoi amici, per poi invitarli a casa sua per vedere assieme "Polar Express", il suo preferito, oltre che un film di Natale davvero bellissimo (e guai a chi avrebbe obbiettato).
Solitamente lo guardava il famiglia, specialmente accoccolata a sua sorella maggiore, ma dato che non avrebbe potuto vederli, giurò che avrebbe condiviso quel momento con la sua nuova, improvvisata, ma splendida famiglia.
Perché questo erano loro, una strana e a volte divisa, ma erano una famiglia piena d’amore… 2.0, per così dire.
E lei non vedeva l’ora…
- può partire ufficialmente il conto alla rovescia per il prossimo Natale, e sarà il più bello di tutti! –
 

NOTE DELL’ELFO

Salve a tutti popolo… niente da dire se non che sono un pagliaccio, avevo promesso questa storia il 25 dicembre e invece è il 29, scusatemi tanto T.T

Che dire, dicembre è stato un incubo coronato da un esame spostato 4 volte e un matrimonio che più orrendo non poteva essere. E voi? Come siete stati in questo mese che non ci siamo sentiti? Spero tutto bene… mi raccomando, scrivetemi in recensione cosa avete fatto a Natale!
In questa raccolta troverete tutti i personaggi meno due, perché l’autrice non ha mai risposto al prompt e quindi, insomma, non potevo inventare, non sarebbe stato giusto e soprattutto non era quello il senso.
piccolo spoiler, la prossima OS, come da votazione, sarà rosso fuego.

Spero che questa raccolta piaccia, come a me è piaciuto scriverla, e che vi tenga compagnia in quei giorni un po’ noiosi tra Natale e Capodanno; colgo l’occasione di augurarvi un augusto 2022, e per questo anno che viene io mi auguro che possiamo restare ancora tutti insieme ad incontrarci, se pur virtualmente, intorno alle nostre storie.

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Capitolo 3
*** God's joke ***


GOD'S JOKE
 

Legare l’amore al sesso è stata una delle trovate più bizzarre del Creatore.
(Milan Kundera)
 
Matteo si chiese, mentre armeggiava con quella dannatissima chiave per farla girare nella fottuta serratura, con Mason spalmato addosso, quand’era l’ultima volta che aveva fatto l’amore con qualcuno.

Fare l’amore.

Perché Matteo non era stupido al punto da confondere per amore tutte l volte che si era portato a letto qualche vecchio ricco da far schifo dopo averlo spolpato alla grande, oppure il belloccio di turno per il puro gusto di aggiungere una figurina al suo album.
Realizzò, mentre sentiva il freddo della porta sbattuta contro la sua schiena fin troppo violentemente, e le labbra del moro che si scontravano con le proprie, che non faceva l’amore da un po’ di tempo.
Fare sesso e fare l’amore sono due cose ben diverse.
Si domandò quand’era stata l’ultima volta che delle mani avevano percorso il suo corpo con tale desiderio, che una bocca aveva tentato di divorarlo con tale ardore, tra morsi, graffi e baci bollenti.

Desiderio.

Era da parecchio tempo che non si sentiva desiderato in quel modo… giusto, pulito, sano.
 Si fermò, tra un respiro rubato e l’altro all’attacco famelico del suo amante, a riflettere su come quei gesti così impetuosi potessero essere insieme delicati, come potesse graffiarlo e morderlo ed insieme maneggiarlo con cura, attenzione, mentre lo adagiava sul letto e, seppur freneticamente, lo spogliava dei suoi abiti.
Matteo non era di certo un principiante, e ci mise pochi ed abili movimenti per sfilare la cintura, slacciare il bottone e calare la zip per intrufolare la mano al loro interno, facendo gemere di piacere il suo amante direttamente nel suo orecchio.
Si prese più di un secondo, tra una carezza lasciva e l’altra, per trovare un aggettivo adatto a definire quei gemiti.

Appassionati.

Decise che quella era la parola adatta. E insieme rifletté che era parecchio tempo che non sentiva un suono simile, diverso da tutti i gemiti che sentiva di solito, quelli che di solito gli facevano venire la nausea… doveva essere passato almeno qualche anno, da quando era scappato a Roma con i suoi fratelli, per lo meno.
- Hai un… - provò a chiedere, affannato dal piacere, il moro.
- primo cassetto. – snocciolò pratico Matteo, e Mason obbedì, aprendo il cassetto e frugandoci dentro, ridendo sommessamente direttamente sulle sue labbra quando lo trovò letteralmente invaso di preservativi e lubrificanti.
- mh, fornito! – scherzò spalmandosi una generosa quantità di lubrificante sulle dita per poi avvicinarle all’apertura dell’amante che fremette al contatto freddo.
Mason gli baciò teneramente il naso e lo guardò con uno sguardo dolce e divertito insieme.

Tenerezza.

Matteo era abbastanza onesto con se stesso per ammettere che non era una parola che rispecchiava neppure un momento della sua vita negli ultimi anni. Forse da che ne aveva memoria.
Ma non era più lucido abbastanza per fare calcoli, riflessioni, elucubrazioni, il piacere si sciolse liquido nel suo corpo a partire da quel punto caldo nel suo ventre che il suo capo sfiorava con le dita così sapientemente, fino a farlo urlare dal desiderio tanto da tapparsi da solo la bocca, per non spaventare i fratelli.
- Ti prego… - sospirò.
- dillo ancora. – gli ordinò mentre mordeva il suo collo Mason.
- ti prego, ti scongiuro… - piagnucolò, spoglio di ogni difesa, mentre si aggrappava a quelle braccia robuste come ad una boa durante un uragano.
E Mason lo accontentò, sprofondando in lui con un unico, fluido, deciso movimento che levò il fiato ad entrambi.

Senza fiato.

Quand’era l’ultima volta che era rimasto senza fiato? Era così remota nella memoria, che quasi non la ricordava.
Il maggiore lo strinse forte a se, baciandolo con foga, mentre aspettava con premura che il suo corpo si abituasse all’intrusione, per far sì che l’atto potesse iniziare con il minimo di dolore possibile.
- Tutto ok? – chiese.
- non sono mica un pivellino… - sbuffò il moretto quasi infastidito da tutte quelle attenzioni.
- voglio solo prendermi cura di te… - si giustificò, come se fosse la cosa più naturale del mondo; e doveva esserlo, per una persona più o meno normale come Mason era. Ma Matteo non lo era.
“Prendersi cura”
Non faceva parte del suo vocabolario.
Da momento in cui l’anello di muscoli si allentò intorno al suo membro, il moro iniziò a spingersi in lui, prima delicatamente, poi con sempre più foga, sempre più veloce, sempre più forte, mentre i gemiti d’entrambi si mischiavano in una grande armonia di passione, ed erano ormai solo baci che sembravano morsi, carezze che sembravano graffi, sussurri che sembravano ringhi.
Non avrebbe mai voluto ammette che quel bell’imbusto fosse così maledettamente bravo, ma il suo corpo lo tradì quando il proprio piacere esplose tra i loro colpi, dopo un affondo particolarmente preciso, e solo allora il suo amante si liberò dentro di lui all’interno del profilattico.
Gli girava la testa, il cuore batteva forte.
E che cavolo doveva fare ora? Ora che, dopo essere venuto, quel pazzo continuava a stringerlo forte come se fosse la cosa più preziosa del mondo?

Come una cosa preziosa.

Forse questo significava essere amati? Essere trattati come una cosa preziosa?
Essere amati.
Non aveva bisogno di pensarci neanche un attimo, mentre la sonnolenza del post-coito scuriva il mondo intorno a lui, di pensarci un solo secondo.
Ne era certo.
Non era mai stato amato prima.

NOTE D'AUTORE (?)
che cosa ci faccio ad aggiornare la sera di capodanno? non ne parliamo proprio... almeno abbiamo fatto qualcosa di costruttivo... come si dice, se facciamo qualcosa stanotte la faremo tutto l'anno no? quindi saremo insieme tutto l'anno *-*
anyway, ancora un sentito augurio per un 2022 sempre migliore, dal profondo del mio cuore 

 

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Capitolo 4
*** Parenti-serpenti ***


PARENTI-SERPENTI
 
"avere un fratello, una sorella che ti vuole bene è
un'esperienza forte, impagabile, insostituibile" 
 - Papa Francesco -

 
Le ultime luci del tramonto coloravano di un intenso rosso sanguigno le acque della baia in cui si stagliava la scalinata marmorea del grande tempio del Dio dei Mari; un uomo si strinse di più nella veste nera, facendo scivolare lo sguardo corrucciato sui riflessi che come pietre preziose scintillavano sul pelo dell’acqua.
- Fratello… - lo chiamò una voce alle sue spalle facendolo destare dal suo silenzio cosmo di pensieri.
- cosa ti porta qui? – rispose l’uomo senza distogliere lo sguardo dal mare.
- potrei farti la stessa domanda, ma credo di sapere la risposta… - lo incalzò il più giovane portandosi al suo fianco. – sei preoccupato per lui… -
- è ancora un bambino! – sbottò il maggiore trafiggendolo con due occhi infiammati come braci.
- non è l’unico… - rispose con naturalezza il minore stringendosi nelle spalle come se quella fosse una giustificazione che avrebbe dovuto tranquillizzarlo. Il fratello sbuffò e fece per dischiudere le labbra in risposta, ma venne bloccato, - azzardati a dire che non sono padre e non posso capire e ti butto in mare! – avvisò.
- ma è la verità! È solo un bambino, sono tanti bambini ad essere stati scelti per il rituale, m nessuno ha pensato che stiamo per prendere le loro vite… - sbottò esasperato.
- senti un po’, - lo redarguì il fratellino, - ma quale scelta credi di avere, eh? Gli Dei ci hanno abbandonato, sono sdegnati da noi, l’isola sta per essere inghiottita dalle onde, se non verrà distrutta prima dai nemici! Le hai viste anche tu no? Le navi da guerra sono già all’orizzonte, il nostro popolo sta per essere distrutto, massacrato, cancellato dalla terra e dalla storia… questo rituale è il nostro unico modo per salvarci… è vero che i abbandoneremo i nostri corpi, ma la vita non ci sarà tolta, ma trasformata! Se legheremo le nostre anime a quei gioielli, vivremo per sempre, tuo figlio vivrà per sempre. – cercò di consolarlo il più piccolo stringendogli con forza le spalle.
- cosa diventeremo, tu lo sai? – chiese il più grande mentre una lacrima solitaria scendeva sul suo viso.
- non lo so… nessuno lo sa, ma saremo salvi… il mondo sarà salvo. – rispose sicuro.
- non potrò più stringerlo tra le mie braccia. – realizzò l’uomo mentre sentiva, poteva distinguerlo perfettamente, il cuore spezzarsi nel petto e scivolare liquido e bollente tra le viscere, ustionandole.
- lo so che lo ami più della tua stessa vita, che sei stato per lui sia madre che padre, ma quale altra scelta abbiamo? Dobbiamo salvare soprattutto i bambini dalla catastrofe che il sole del nuovo mattino porterà con se, questa notte il rituale ci metterà al sicuro e placherà l’ira degli dei… vedrai che Duusuu starà bene, te lo prometto. – lo rassicurò il minore.
- grazie, Sass. – singhiozzò il fratello stringendolo in un abbraccio vigoroso, come se quello scricciolo di ragazzo cresciuto troppo in fretta fosse l’unico appiglio sicuro di un universo in rovina.
- sei mio fratello, Edenn, e ti voglio bene. – gli confidò prendendo il viso del più grande tra le mani. – è il momento di avviarci al tempio. – ricordò poi con mestizia, e i due, fianco a fianco, voltarono le spalle al mare che per tanti secoli era stato il padre fedele del loro popolo, e che ora li minacciava di distruggerli per la loro insolenza, e si incamminarono verso l’acropoli.
- secondo te quale sarà il mio animale totem? – chiese Sass.
Edenn si voltò a guardarlo, il sopracciglio inarcato e le labbra piegate in un ghigno furbo, - io un’idea ce l’avrei, serpe! – lo derise.
- Tsz, senti da che pulpito, velenoso che non sei altro! – rispose a tono il minore, facendo ondeggiare con alterigia la lunga treccia.
 
NOTE DELL’ENIGMISTA

Buongiorno popolino! Che ne dite, non ci avete capito una sega di niente eh? E pensate che vi spiegherò qualcosa ora? Mai! MUAHAHAHAHA come sono cattivo.
Vi dico soltanto che tutto è partito da qui, tutto il mio interesse per Miraculous Lady Bug che prima era solo un cartone animato da bambini, la mia voglia di scrivere una storia tutta mia in questo fandom, tutto nasce da una semplicissima domanda: ma da dove vengono i Miraculous? Ecco qui la mia personalissima risposta… non preoccupatevi, è volutamente tutto misterioso, nebuloso, perché questa è comunque solo una serie di OS e non posso svelare qui qualcosa che nella trama principale ancora non è apparso… a dire il vero non so neanche se apparirà mai nella storia principale, perché io sono megalomane e sto già pensando ad un sequel LOL.
Ci tengo a precisare che di tutto ciò che ho partorito è un frutto della mia mente deviata, ponderato senza pensare troppo ad eventuali riscontri nella trama della serie originale, quindi non vi fossilizzate troppo sui dettagli incongruenti che da qui in poi verranno fuori sempre più spesso…
Vi lascio con una grande domanda quindi, anzi con un bel po’ di domande, perché tutto molto bello se invece che scrivere e basta possiamo far nascere tutti insieme una bella discussione con un confronto ed uno scambio di idee, quindi che dire, ci avete mai pensato anche voi a quale sia l’origine dei Miraculous? Se si, fin dove si è spinta la vostra fantasia? E da questa storia, che cosa avete capito della mia personalissima idea delle origini? In che luogo siamo? In che tempo? A che popolo appartengono i nostri Kwami prima di, beh, diventare Kwami?
Un saluto a tutti, grazie in anticipo a chi leggerà/commenterà.
Baci
SG

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Capitolo 5
*** Faithfully ***


FAITHFULLY
 
Highway run
Into the midnight sun
Wheels go round and round
You're on my mind
 
- Come sto?! – chiese nervosa Fiore mentre si sistemava, mai soddisfatta, la folta e rossa chioma, per l’occasione acconciata in morbidi boccoli.
- sei meravigliosa! – la rassicurò allegra Leevy, che svolazzava felice per la casa giocando con Camilla, finalmente libera nelle ore in cui Mason era al locale.
- sicura? Non avrò esagerato? Il bianco di sera è pretenzioso!  - si lagnò guardando allo specchio il vestito pieno di ruches e brillantini che aveva indossato.
- sei perfetta così come sei, e andrà benissimo vedrai, certo, se la smetti di farlo aspettare fuori, ha suonato almeno cinque volte! – le fece notare divertita la colombella e Fiore imprecò mentre saltellava per casa per mettersi contemporaneamente scarpe ed orecchini, per poi scendere trafelata.
 
Restless hearts
Sleep alone tonight
Sendin' all my love
Along the wire
 
Uscita dal portone vide il suo cavaliere appoggiato alla fontana che c’era davanti al negozio, fasciato in uno splendido completo camicia-pantalone nero, intento a fumare come faceva sempre quando era nervoso.
- ciao – lo salutò timidamente vedendolo sobbalzare, gettare la cicca e sistemarsi nervosamente i capelli.
- ehm, ciao Principessa. – la salutò trafelato l’argentino.
- e quella? – chiese divertita la stilista indicando la cravatta dorata che decorava l’outfit del ragazzo.
- oh questa, beh, ho pensato ti potesse piacere, ecco… -
- vogliamo andare? – propose compiaciuta la rossa e quello le porse sorridente il braccio.
- dove desideri andare, Mylady? – chiese scherzoso Diego incamminandosi.
- ovunque vadano… le persone normali… - decise, sulle spine, la rossa, - non ne posso più di tutte queste follie, voglio solo illudermi di essere una ragazza come tutte le altre per una sera. –
- tu non sarai mai come tutte le altre. – la bloccò il ragazzo prendendola delicatamente per le spalle e trafiggendola con i suoi caldi occhi scuri, - neanche per un istante… tu sei speciale. –
Fiore arrossì vistosamente, facendo fiorire sulle labbra dell’argentino un sorrisetto soddisfatto, quasi infantile, e allora procedettero verso la notte che gli spalancava le porte.
 
They say that the road
Ain't no place to start a family
Right down the line
It's been you and me
And lovin' a music man
Ain't always what it's supposed to be
 
Oh Boy you stand by me
 
I'm forever yours, faithfully
 
 
- Non mi prenderai per pazza se mangio il gelato in pieno inverno, vero? – si accertò la stilista prima di portare il cucchiaino alle labbra.
- pfff, vedessi quante tipe strane ho conosciuto in vita mia! – la rassicurò Diego scherzoso, mentre continuavano a passeggiare lungo la strada illuminata dalla flebile e dorata luce dei lampioni.
- sottolineare tutte le tue conquiste non è un modo geniale di provarci con una ragazza, sai? – lo prese in giro Fiore tirandogli una leggera gomitata.
- ehm… veramente le “tipe strane” a cui mi riferivo sono le mie sorelle… - la corresse il moro in imbarazzo, - sai… io non ho mai avuto una vera e propria ragazza… - si confidò quasi in un sussurro.
- oh, questa sì che è una rivelazione inaspettata… - si stupì l’altra.
- già, ho cinque sorelle più piccole: Adelita, Carmencita, Felisa, Juanita, e Lolita. – rivelò fiero, - io sono il più grande. –
- c… cinque sorelle?! – si stupì Fiore lasciando cadere il cucchiaino del gelato, e imbambolandosi a guardare con un’espressione atterrita che doveva sembrare molto buffa, dato che l’argentino gonfiò le guance prima di scoppiarle a riderle di gusto in faccia, tanto che le lacrime gli solcavano il viso.
- ah.ah. divertente! – si irritò la rossa, - è una reazione del tutto normale la mia! – si difese imbronciandosi, offesa.
- oh… ma non è per quello che rido… - le rispose il ragazzo asciugandosi l’ultima lacrima luccicante.
- è per cosa? – indagò stizzita, allora Diego le si fece più vicino, tanto da poter sentire il calore del suo corpo avvolgerla nella fredda notte resa ancora più gelida dal suo sfizioso dolce ghiacciato.
 Hai il cioccolato sul naso… - le soffiò, seducente, ad un orecchio e, a quel punto, non poté esimersi dallo scoppiare a ridere anche lei.
 
Circus life
Under the big top world
We all need the clowns
To make us smile
Through space and time
Always another show
Wondering where I am
Lost without you
 
 
- Felice di essere stata il tuo pagliaccio per stasera. – lo pungolò mentre si sistemava il trucco, seduta accanto a lui su una panchina sperduta.
- tutti abbiamo bisogno di pagliacci per ridere, nel grande circo della vita… - le rispose placido Diego mentre osservava assorto le volute che il fumo della sua sigaretta, placido, disegnava nell’aria. – Mason è il tuo unico fratello? –
- già. – rispose la rossa senza distogliere l’attenzione dalla sua opera di restauro, - fratello gemello, praticamente inseparabili, non abbiamo mai litigato una volta fino ai 18 anni. –
- e poi? – chiese Diego curioso.
- e poi ho dovuto scegliere se inseguire i miei sogni o quelli dei miei genitori e lui… beh si è schierato dalla loro parte... non ci siamo parlati per anni prima che ripiombasse qui e mi mettesse la vita in subbuglio, ma è pur sempre mio fratello no? –
- sarà difficile nascondere Leevy ora che ce l’hai in giro per casa… magari potresti comprarle una gabbietta e fingere che sia un canarino! – scherzò il moro.
- ehi, ti ho sentito! – pigolò contrariata la diretta interessata dal ramo dell’albero su cui si era appollaiata con il compagno, per lasciare un po’ di intimità ai due protetti.
- non più difficile di nascondere Aares a ben cinque piccole pesti! – ribatté la rossa.
- nah, passa la maggior parte del suo tempo rintanato nel borsone della palestra a trangugiare caramelle, e fidati, lì non ci si avvicina manco mia madre! – la rassicurò con un occhiolino furbo.
- se intendi dire che nessuno ci si avvicina perché puzza come un cadavere continuo a ripeterti: rivedi le tue tattiche di abbordaggio! – lo redarguì Fiore scoppiando nell’ennesima, cristallina, melodiosa e serena risata della serata.
- da quanto tempo non parli con i tuoi? – domandò a bruciapelo il ragazzo.
- senza litigarci? Saranno anni ormai… - confessò la ragazza trovando immediatamente molto interessanti le punte delle sue scarpe.
- dovresti farlo sai? Io darei qualsiasi cosa per poter litigare un’ultima volta con il mio papà… - confessò, improvvisamente serio Diego, mentre un dolore antico si faceva strada nel petto, e quei ghirigori di fumo nell’aria prendevano la forma misteriosa di immagini della sua infanzia tortuosa… poi improvvisamente sentì un calore, e delle dita affusolate avvolgere le proprie e, quando voltò lo sguardo, due diamanti azzurri e luccicanti lo fissavano colmi di un sentimento che non vedeva da molti anni… tenerezza, amore, forse?
- hai ragione tu… dovrei proprio farlo… -  gli sussurrò sorridendo dolce, - ma sai, non è facile imparare ad amare di nuovo, dopo essere stati delusi dal primo, e forse più importante, uomo della tua vita. – confessò.
- allora prova semplicemente a scoprire di nuovo cosa significa amare… senza per forza impararlo. -
 
And being apart ain't easy on this love affair
Two strangers learn to fall in love again
I get the joy
Of rediscovering you
Oh girl, you stand by me
 
I'm forever yours, faithfully
 
Ripresero la loro passeggiata, in silenzio, mani nelle tasche, confortati semplicemente dalla reciproca vicinanza, godendosi il formicolio che li invadeva quando le loro spalle si sfioravano, riscaldandosi del calore che tenue infervorava le loro guance, e lì, un passo dopo l’altro, non c’erano più White Dove e Gladiator, non c’erano più la stilista squattrinata o l’istruttore di nuoto con una famiglia sulle spalle, c’erano solo due ragazzi cresciuti forse un po’ troppo in fretta, combattuti tra la voglia di amare ardentemente e la paura, flebile, di essere scottari. Quella sera però, tutto sembrava essere diventato piccolo e semplice per miracolo, mentre passeggiavano a Piazza Trevi, davanti la grande e maestosa fontana, non esistevano più super poteri, cattivi da combattere, negozi da aprire ed affitti da pagare, era tutto perfetto.
- Grazie… - mormorò con un filo di voce Fiore, stupita da quella parola che, spontanea, le era fiorita sulle labbra.
- e di che, non mi hai neanche permesso di offrirti il gelato! – la rimbrottò Diego.
- no scemo! Grazie di essere qui, di essere sempre qui, al mio fianco, senza mai riserve o ripensamenti… - disse, sincera, guardandolo negli occhi.
- io sarò qui per sempre, sarò tuo per sempre…
- non fare promesse che non puoi mantenere! – lo avvisò, scettica, la rossa.
- un Forlan non viene mai meno alla parola data… lo diceva sempre mio Padre… non era un uomo perfetto, sbagliava un sacco di cose, ma non ha mai infranto una promessa in vita sua! -
- beh… allora potrei crederci. -
 
 Si guardarono ancora a lungo intensamente, e non c’erano più parole necessarie da sprecare, e non esisteva più neanche il mondo fuori a dividerli, c’era solo n velo di nebbia che piano piano li avvolgeva nascondendoli ad occhi estranei, e una musica che suonava…

 
Oh, oh, oh, oh, Faithfully
Faithfully, I'm still yours
Oh, oh, oh, oh
I'm still yours
Oh, oh, oh, oh
 
I'm still yours, faithfully

 
MINUSCOLE NOTE D'AUTORE:
buongiorno popolo! che dire, per celebrare l'odiata (XD) festa degli innamorati, ecco qua un missing moment  del capitolo " my funny Valentine" bello romantico... o almeno spero LoL, dopo l'ennesimo due di picche non mi sento molto in vena di romanticherie varie.
l'idea era quella di scrivere in base ai versi della canzone che compare nel capitolo, Faithfully dei Journey nella versione di Glee, ma boh, si è scritta un po' da sola e di getto... fatemi sapere che ne è uscito fuori, se si percepisce che vorrei dare fuoco a qualcosa XD ho voluto anche dare qualche scorcio del background di Diego, spero sia interessante.
non credo di avere niente da aggiungere, quindi ci vediamo alla prossima!

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Capitolo 6
*** King's Cross ***


KING’S CROSS
 
"Per la mente ben organizzata, la morte è solo la prossima grande avventura."
-Albus Silente-

 
Su Han, il Guardiano Celeste, seduto a gambe incrociate su un comignolo, osservava quella stupenda città sotto di se, meditando su quante certezze della sua vita fossero state infrante in un solo giorno.
Come dicevano i versetti sacri dei guardiani: “sotto l’assalto del vento la grande quercia si spezza, mentre il ramoscello piegandosi resiste alla dura prova”.
E lui era proprio così, una grande quercia che si era spezzata sotto il vento del cambiamento… forse troppi anni erano passati, rinchiusi in un limbo senza tempo, e i guardiani non erano più al passo con il mondo che correva troppo veloce.
E forse Polletto Piagnucoloso non era mai stato un grande esempio di solidità e disciplina, ma grazie alla sua flessibilità di tenero ramoscello aveva affrontato da solo più di un secolo di battaglie, e aveva affidato i Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero a due portatori che, seppur giovani, si erano dimostrati più degni di quelli che li avevano preceduti.
La notte ormai era inoltrata, la stanchezza pesava sulle sue spalle, il Guardiano Celeste decise che poteva concedersi un attimo di riposo, chiuse le palpebre e…
- Su Han! – lo chiamò una voce che faticava a riconoscere, in un mondo nebuloso e totalmente immerso in una luce chiarissima… era una voce flautata si arrochita dal tempo e dalla vecchiaia, ma era certamente la voce di…
- Edda! Sei tu? – chiamò, confuso, Su Han.
- certo che sono io perticone, chi credi possa apparirti in sogno dall’aldilà, un drago a sette teste? – lo prese in giro la donna rivelando la sua figura piccola e consumata dall’età avvolta in una candida veste bianca.
- dall’aldilà? Questo significa che tu… - realizzò l’uomo, e poté chiaramente percepire il suo cuore incrinarsi nel petto.
- sei stato intrappolato nella pancia di un Sentimostro per quasi centocinquant’anni, che ti aspettavi? – scrollò le spalle la vecchietta. – meglio così, la luce del mondo degli spiriti mi spiana un po’ le rughe, ti saresti spaventato a vedermi dal vivo! – scherzò, cercando di far tornare il sorriso all’uomo che aveva, un tempo, amato con tutta se stessa.
- se tu sei trapassata come candido giglio sepolto dalla neve d’inverno, allora significa che un’altra Miracle Box è rimasta incustodita! – si rese conto, preoccupato, il guardiano.
- placa i bollenti spiriti tigre, - lo redarguì la custode, - ho sistemato ogni cosa prima del mio passaggio… alcuni dei miei protetti erano anche presenti quando Fu ha ceduto il suo titolo alla giovane LadyBug. – lo informò, placida, sedendosi accanto a lui.
- dove ci troviamo? – chiese pensieroso Su Han.
- credo che sia la stazione di un treno… solo più pulita. – osservò Edda.
- ottima metafora di due viaggi paralleli, che si incontrano solo di sfuggita ai crocevia dell’esistenza. – commentò, amaramente, l’uomo.
- avremo di nuovo la nostra occasione, in questa vita o in un’altra… - lo consolò, filosoficamente, la donna.
- hai speso tutta la tua vita per riparare agli errori di due portatori ribelli dei gioielli della Creazione e della Distruzione, come posso sapere che non accadrà di nuovo? – si interrogò, disperato, il Maestro.
- la risposta è semplice: non puoi saperlo. – gli rivelò candidamente Edda alzandosi dal suo fianco, - puoi solo fidarti di loro. – consigliò intraprendendo la strada verso una grande luce che lo accecava.
- Aspetta! – la richiamò il Guardiano celeste, la voce rotta dalla disperazione. – questo non è reale giusto? Sta accadendo solo nella mia testa. – chiese.
- ovvio che sta accadendo nella tua testa, vecchio rimbambito! – lo prese in giro, - ma non per questo vuol dire che non sia reale… - disse, prima di mandargli un bacio volante con la piccola mano raggrinzita, e sparire, per sempre, nella luce.


NDA
Ave.
Che dire, ho invertito l’ordine pubblicando la storia che avevate scelto a proposito del sondaggio cap. 16, dove avete votato una os sui comprimari, e ho scelto di far tornare alla ribalta un personaggio degli esordi, la Nobile Edda. Che dire, ve lo aspettavate?
Questa breve flashfic è un fash-forward sul futuro post ep. 4x06, dove fa la sua comparsa Su Han, anche questo un personaggi oche avrebbe potuto dare di più, speriamo ricompaia in stagione 5.
Non ho potuto non infilarci un po’ di romanticismo, qualche dettaglio succulento sulla storia principale e ovviamente, un rimando al mio primo grande amore: Harry potter. Che dire, soddisfatti?

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