In un'altra vita

di slytherin_sev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Paiolo non magico ***
Capitolo 2: *** Hogwhats? ***
Capitolo 3: *** Belive me, muggles ***
Capitolo 4: *** Say no more ***
Capitolo 5: *** Go on ***
Capitolo 6: *** Red and Toby ***
Capitolo 7: *** Kiss her, stupid ***
Capitolo 8: *** Obviously ***
Capitolo 9: *** Can you hear me? ***
Capitolo 10: *** Muggle's magic ***
Capitolo 11: *** Signal not fields ***
Capitolo 12: *** Slytherout ***
Capitolo 13: *** Hold my hand or it won't work ***
Capitolo 14: *** Beyond loneliness ***
Capitolo 15: *** Take me if you can ***
Capitolo 16: *** Five star one stare ***
Capitolo 17: *** It's always hard to say goodbye ***
Capitolo 18: *** Layer of fears, loneliness and you ***
Capitolo 19: *** Vingardium Leviosa on my chest pain ***
Capitolo 20: *** You can't say problem without say Hagrid ***
Capitolo 21: *** Little nose big trouble ***
Capitolo 22: *** Vampire love ***
Capitolo 23: *** Stupid game stupid prize ***
Capitolo 24: *** Christmas surprise ***
Capitolo 25: *** Who are you? ***
Capitolo 26: *** Fawns ***
Capitolo 27: *** Chunky jewellery ***
Capitolo 28: *** Always the same question ***
Capitolo 29: *** Last chance ***
Capitolo 30: *** Nothing is free ***
Capitolo 31: *** Please rewind ***
Capitolo 32: *** I miss you, stupid ***
Capitolo 33: *** Yes, master ***
Capitolo 34: *** We talk about different thing ***
Capitolo 35: *** It can't be true ***
Capitolo 36: *** Surprise surprise ***
Capitolo 37: *** Are you Sirius? ***



Capitolo 1
*** Paiolo non magico ***


Aveva vent'anni e la vita le sorrideva.
Diciamola meglio, non aveva ancora trent'anni e la vita non le aveva tirato grossi calci agli stinchi. Aveva alcuni amici storici, una famiglia che le voleva bene, un fidanzato, sicuramente non perfetto, sicuramente non molto presente ma almeno lo aveva e un lavoro particolare. Da circa un anno lavorava in un pub, si chiamava 'Paiolo Magico' anche se le uniche magie che vedeva lei in quel posto erano quelle fatte dagli stomaci dei clienti a digerire quello che preparava il cuoco. Di sicuro però era un posto strano, ci era capitata per caso una sera, attirata da un annuncio, cercavano una cameriera che potesse iniziare subito così era entrata e il giorno dopo aveva già il grembiule addosso.
La fauna del posto era decisamente variegata, vestivano tutti con colori sgargianti, mantelli e tuniche erano all'ordine del giorno e difficilmente aveva visto jeans e magliette. Gli abiti non erano mai comuni e se lo erano non sarebbero dovuti stare insieme. Aveva visto cilindri con galosce, completi mischiati con giacche a quadretti e pantaloni a pois, cravatte smisurate e tante altre cose strane ma ormai si era abituata, la cosa più strana rimaneva però che loro guardavano storto lei che vestiva sempre in jeans e maglietta, come se fosse lei la matta lì, ma con il passare dei mesi anche loro si abituarono a lei. Aveva anche un debole per un cliente in particolare, non sapeva il suo nome, era un uomo tra i trenta e i quarant'anni sempre molto silenzioso, schivo, aveva capelli neri e lisci che gli cadevano sulle spalle, occhi scuri, quasi neri, profondi, il naso era aquilino su un volto appuntito, pallido e senza un filo di barba, non era per niente il suo tipo eppure le piaceva, lei preferiva uomini con la carnagione olivastra, i ricci, e la barba incolta eppure lui, doveva ammetterlo, aveva un fascino tutto suo dato anche da una voce calda, suadente. Vestiva sempre di nero, eccezion fatta per il bianco candido di una camicia che si intravedeva da sopra il colletto di una strana giacca da uomo, aveva anche provato ad attaccare bottone ricevendo in cambio risposte fredde e occhiate per nulla lusinghiere, aveva quindi lasciato perdere.
Da quando lavorava al pub era abituata a vedere gufi sul suo davanzale Tom, il padrone, glieli mandava con gli orari della settimana o i cambi di turno, lei non aveva mai fatto troppe domande a riguardo, in fondo ľanimale era tenuto bene quindi chi era lei per giudicare? La prima volta che successe non la prese bene, era mattina presto e le venne un colpo a vedere due enormi occhi gialli che la guardavano oltre la sua finestra mentre bussava con il becco sul vetro, da quando i gufi erano animali domestici e per di più portalettere? Ma ci aveva fatto il callo. Era un giovedì mattina come tanti altri quando sentì un picchiettare ritmico, si alzò e senza pensarci andò alla finesta, era un gufo e lo fece entrare, era perplessa però, non era il solito uccello che le mandava Tom, anche perché questo era un barbagianni non lo striminzito uccelletto marrone che arrivava di solito, ľanimale teneva una grossa lettera nel becco e la fece cadere sul suo tavolo, si abbeverò dalla ciotola che lei aveva imparato a lasciare lì per quelle evenienze e ripartì chissà per dove. Cosa se ne facesse di tutti quegli animali Tom era un mistero pensò mentre apriva la busta. Anche quella era diversa, di solito erano bigliettini striminziti arrotolati intorno alla zampina dell'animale questa invece era una lettera in piena regola, la carta era pregiata, spessa, da un lato la busta recava il suo nome e indirizzo mentre dall'altro era chiusa con la ceralacca rossa e, sopra quest'ultima, c'era uno stemma con scritto sopra 'scuola di magia e stregoneria di Hogwarts', che scherzo era mai questo?

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Capitolo 2
*** Hogwhats? ***


Innanzitutto e fortunatamente la scuola ľaveva finita da quanto, otto anni? E poi che nome era Hogwarts? Lei non ľaveva sicuramente frequentata, da quando poi esistevano le scuole di stregoneria? Aveva la mente piena di dubbi mentre estraeva la lettera accingendosi a leggerla.
Veniva da una certa Minerva McGonagall che, a quanto pareva, era la preside di questa fantomatica scuola, le comunicava che lei era una strega. Era in piedi, ancora in pigiama con la lettera tra mani e gli occhi sgranati, la sua mente si rifiutava di elaborare quanto leggeva, decise di sedersi. Sempre Minerva continuava dicendole che, per motivi che le avrebbe comunicato di persona se avesse deciso di raggiungerla, avendo compiuto undici anni, e anche da quel pezzo aggiunse lei, aveva diritto di frequentare Hogwarts, che era appunto la scuola magica del regno unito. Se era interessata un certo Hagrid ľavrebbe aspettata al Paiolo Magico sabato mattina per portarla da lei, le vietava inoltre di riportare quanto seguiva per le leggi sulla riservatezza magica. Oh di questo Minerva poteva stare tranquilla, non aveva intenzione di raccontare di quel mucchio di fesserie ad anima viva.
Sicuramente questo scherzo era opera di Tom anche se non le sembrava il tipo, raramente lo aveva visto ridere, però chi altri conosceva che aveva gufi addestrati a consegnare messaggi? Ci rimugginò sopra tutto il giorno, a che pro uno scherzo del genere? Quando andò a lavoro portò con sé la lettera per chiedere spiegazioni in merito, più ci pensava più era infastidita. Ľoste arrivò un'ora dopo, lei lo prese da parte di lato al bancone. "Che cosa mi significa questa?" disse mettentogli il pugno che stringeva la lettera sotto il naso, lui le abbassò la mano "calmati. Questa, cosa, innanzitutto?", lei alzò il tono, stava perdendo la pazienza "questa fantomatica lettera di Hogwarts, cos'è dovrei forse ridere?". Era così distratta che non si era accorta dell'arrivo del suo cliente preferito, da mezz'ora stava aspettando di poter essere servito al suo solito posto al bancone quando sentì la parola 'Hogwarts', non girò la testa ma li seguiva con la coda dell'occhio allungando ľorecchio. Lei continuava a sbraitare agitando la lettera "mi hai preso per matta forse? Mi è arrivata questa oggi via gufo quindi solo da te può venire. Cosa significa che ho più di undici anni quindi posso andare a Hogwarts?".
Si sentì afferrare il polso, "fermati, posso spiegarti tutto" era lui, ľuomo in nero. Il suo sguardo rabbioso si posò prima sul suo viso, poi sulla sua mano e poi tornò verso i suoi occhi "toglimi subito le mani di dosso". Le mollò il polso come se improvvisamente fosse diventato rovente, solo ora si era reso conto del suo gesto e arrossì leggermente ricomponendosi. Ma lei non aveva finito con lui "spiegare cosa, di grazia? Come mai tu ti sia permesso di afferrarmi? Oppure come il tuo passatempo sia ascoltare conversazioni che non ti riguardano? Sentiamo dai, spiega".
"Io lavoro per Hogwarts".
Lei si immobilizzò "tu... tu che cosa?" , lui la fissava dritta negli occhi "seguimi, Tom portaci qualcosa da bere a quel tavolo in fondo". Lei alzo le sopracciglia e piegò la testa "Tom non porta niente da nessuna parte, tu mi spieghi tutto qui e ora". Ľuomo alzò gli occhi scocciato pentendosi di non essersi fatto gli affari suoi "quello che dice la lettera è vero, tu sei una strega. Ora, se ti decidi a seguirmi, proverò a spiegarti meglio la situazione" indicò un tavolo vuoto nell'angolo più appartato del locale "Tom" disse rivolto alľoste e lui annuì. Le sue gambe, come separate dalla mente che si rifiutava di credere anche solo a una singola parola, si diressero quasi autonomamente al tavolo. Entrambi si sedettero silenziosamente senza guardarsi o proferire parola, aspettavano che Tom portasse i drink più forti in suo possesso prima di iniziare a parlare.

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Capitolo 3
*** Belive me, muggles ***


Tom portò al loro tavolo due grossi bicchieri pieni fino all'orlo di whisky incendiario. Ľuomo bevve il suo quasi in un sorso mentre lei si era appena bagnata le labbra quando lui iniziò. "Io mi chiamo Severus e insegno pozioni", lei lo interruppe "pozioni?!" lui abbassò la testa e i capelli gli ricaddero in avanti dandogli un aria cupa "si, pozioni ma non interrompermi dopo ogni parola o qui non finiamo più".
Era come un fiume in piena di informazioni, a quanto raccontava esisteva un mondo magico e uno babbano, che era il nome che avevano attribuito i maghi a chi non aveva traccia di magia. I primi si nascondevano ai secondi per paura, avevano tutto separato, governo, scuola, sanità e via discorrendo.
A quanto pareva però alcuni non volevano rimanere nell'ombra a favore dei babbani e così era arrivato Voldemort un mago spietato che basava tutto il suo pensiero sulla purezza del sangue magico e su come i non maghi andassero schiacciati così nel novantasette, anno in cui era salito al potere, aveva deciso che Hogwarts sarebbe stata la casa solo dei purosangue. Tutte le lettere che sarebbero andate ai mezzosangue e ai nati babbani vennero distrutte, i mezzo sangue erano stati più fortunati finita la guerra, avendo almeno un genitore mago si poterono riconettere alle loro radici mentre i nati babbani no non avendo nessuno che sapesse dell'esistenza del mondo magico in famiglia. Solo ora erano riusciti, dopo tanti sforzi, a ritrovare i nominativi dei nati babbani andati persi e gli avevano spedito quelle lettere, anche se, con il senno di poi, sarebbe stato meglio parlarne di persona.
Mentre Severus parlava lei era immobile, guardava il bicchiere sul tavolo mentre se lo passava distrattamente da una mano all'altra. Non riusciva a credere alle sue orecchie o lui era completamente matto o a lei sarebbe toccato iniziare una nuova vita da capo, non era pronta a tutto questo e scelse di non credergli. Quando lui ebbe finito il suo monologo passò qualche minuto prima che lei trovasse la forza di parlare ed elaborare il suo pensiero. "Come posso crederti? Come posso credere alla storia della magia senza ľombra di una prova?". Lui esausto da tutta quella situazione si spaparanzò sulla sedia "guardati in torno, quanta gente vedi vestita così vedi in giro normalmente?" e indicò ľinterno del locale "loro non conoscono le usanze e i vestiti banni e quando devono uscire dal mondo magico si vestono come credano facciano loro. Poi non ti sei accorta che spesso fanno magie? Guarda quello per esempio" e indicò un mago grassoccio che aveva davanti a se un tè "vedi che non sta toccando il cucchiaino ma quest'ultimo gira da solo? Dimmi poi un'altra cosa, tu non abiti molto lontano da qui giusto?" lei lo guardò confusa "perché?", "rispondi alla mia domanda perfavore", "no, vengo qua a piedi", "scommetto che quando hai parlato ai tuoi amici di questo posto nessuno lo aveva mai sentito nominare e che non siano mai venuti a trovarti mentre lavoravi vero?". Lei riflettè un attimo, in effetti era vero, nessuno di quelli con cui aveva parlato aveva mai sentito nominare il Paiolo Magico e quando si era parlato di andarle a fare visita non si erano poi presentati, annuì debolmente e lui continuò. "Questo posto, come tutti gli altri luoghi magici nella comunità babbana, è protetto da potenti magie che fanno si che i non maghi non possano interagirvi. Probabilmente i tuoi amici passando di qui avranno visto un luogo pericolante e abbandonato. Anche se avessero provato ad entrare la magia li avrebbe persuasi a tornare indietro senza che loro se ne accorgessero".
Lei era ancora in silenzio a fissare il bicchiere ancora pieno davanti a se "non mi credi ancora, vero?" lei scosse la testa come risvegliandosi e finalmente bevve un sorso che le andò di traverso "n-no" disse con voce strozzata. Lui scosse nuovamente la testa "e va bene" estrasse la sua bacchetta e trasformò il bicchiere che era davanti a lei in un bottone scintillante era diviso a metà trasversalmente, a sinistra era in un metallo argentato grezzo, a destra era verde cangiante. Lei fece un salto dalla sedia quasi cadendo e indicando il bottone concitatamente "T-TU!" disse senza accorgersi di stare urlando "si, lo so, lo so sono un mago" raccolse il bottone e glielo porse "tienilo, ti porterà fortuna".

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Capitolo 4
*** Say no more ***


Guardò ľoggetto qualche secondo prima di allungare la mano, che tremava leggermente, e afferrarlo.
Era un normalissimo bottone.
Si era aspettata che fosse rovente o che toccandolo si potesse trasformare nuovamente rimanendone quasi delusa, lo piazzò in tasca rapidamente per non perderlo. Mise le braccia incrociate sul tavolo poggiandoci sopra il mento "senti David Copperflied ho sete, vedi di far comparire un altro bicchiere davanti a me", i suoi occhi non stavano guardando quello che aveva intorno, era più come se guardassero quello che succedeva nella sua mente. Era confusa, stanca, emozionata, felice, spaventata, non sapeva nemmeno lei che emozioni provare. Il bicchiere arrivò e lui iniziò a guardarla, era forse più confuso di lei, come poteva provare altre emozioni oltre la gioia? Cosa poteva esserci di più bello se non mollare il mondo babbano per sempre per quello magico?
Lei non lo guardò mai, aspetto qualche minuti prima di bere tutto d'un fiato il suo drink, si alzò e uscì da locale senza dire una parola. La seguì oltre ľuscita "va tutto bene?", lei rispose facendo un cenno della mano senza voltarsi, "vuoi che ti accompagni da qualche parte?", "non ho undici anni e almeno fino a sabato non sarai un mio professore quindi lasciami sola". Aveva continuato a camminare mentre parlava quindi non era certo della fine della sua frase ma a giudicare dal tono e dal fatto che era andata avanti senza aspettarlo doveva essere un no. Decise che non sarebbe andata a lavoro il giorno dopo e così fece, passò tutto il giorno sdraiata a guardare il soffitto non riuscendo a decidere se presentarsi il giorno dopo al pub o no. Le ore passarono, il sole fece posto alla luna che presto calò facendo di nuovo spazio alla luce. Lei era rimasta sempre lì, immobile, come se sul soffitto prima o poi comparissero miracolosamente tutte le risposte alle sue domande. Si vestì e uscì di casa, era meno curata del solito, i capelli non erano pettinati, non si era truccata, i vestiti erano sgualciti, e le sue occhiaie segnavano vistosamente il suo viso.
Arrivò al Paiolo Magico con le idee ancora confuse, senza sapere bene cosa o chi aspettarsi. Come sempre c'era Rubeus già al bancone intento a ridere e scherzare, era ľunico volto amico in quella stanza così andò a sedersi vicino a lui. Non appena la vide rimase sorpreso dal suo aspetto, non era certo una reginetta di bellezza normalmente ma oggi si vedeva che era proprio a terra così iniziarono a parlare. Lei gli raccontò tutto quello che le era successo e che per oggi aveva appuntamento con un certo Hagrid ma non sapeva che aspetto avesse ed era terrorizzata che qualche strana creatura potesse comparirle davanti in qualsiasi momento. Lui fece una sonora risata battendosi le mani sulle ginocchia, tutti i vetri del locale vibrarono all'unisono, lui era Hagrid.

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Capitolo 5
*** Go on ***


Era sempre stato palese che lui fosse fuori scala, aveva però pensato a qualche problema ormonale e non aveva voluto chiedere. Non era ancora sicura se andare o meno quando Hagrid la sollevò portandola fuori dal locale. Non sapeva per quanto avrebbero camminato ma lo vide dirigersi a King Cross, lo seguì dubbiosa fino a che non si fermò davanti alla colonna che divideva il binario nove dal dieci. "Vai" le disse dandole una piccola spinta, lei si girò a guardarlo "dove di preciso?", lui alzò un gigantesco dito indicando la colonna davanti a cui erano.
"Ma cosa stai dicendo? Sei forse impazzito?!" appena finì di parlare una mano gigantesca gliela spinse contro, lei urlò cercando di proteggersi dall'urto buttando le braccia davanti ma ľimpatto non arrivò mai. Continuò a urlare finché non si accorse che non c'era stato nessuno schianto, che non si era fatta male, aprì gli occhi trovandosi davanti un macchinista che la guardava confuso. Smise di urlare e abbassò le braccia guardandosi intorno, non era più a King Cross, era sempre sulla banchina di una stazione ma questa volta era all'aperto e la pulizia era impeccabile. Davanti a se non aveva un treno di ultima generazione ma uno a vapore rosso e nero con attaccata una sola carrozza e vicino alla porta, un Piton svogliato la stava osservando. Gli si avvicinò, "pagliuzza corta eh?" disse mentre saliva a bordo. Non era sola, c'erano circa un'altra decina di persone della sua stessa età tra ragazzi e ragazze. Il vagone era suddiviso in più scompartimenti da sei posti ľuno, anche se ne venivano occupati solo due, quello lato finestrino e quello che dava sul corridoio, i due passeggeri cercavano il più possibile di evitare lo sguardo ľuno dell'altro.

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Capitolo 6
*** Red and Toby ***


Si mise nell'ultimo scompartimento, c'era già una ragazza vicino alla porta così si mise lato finestrino, poco prima che il treno partisse entrò Severus che le si sedette affianco. "Sai perché sono qui?", "sentivi già la mia mancanza?" disse poggiando la testa sul vetro guardandolo. "No" rispose lui piccato "perché ho avuto la brillante idea di dire a Minerva che avevo conosciuto uno di voi ritrovati e lei", "ritrovati? È così che ci chiamate?" lo interruppe lei ,"vedo che è proprio un'abitudine la tua di interrompere i discorsi", "già, soprattutto quelli che non mi interessano" gli rispose sorridendo mentre si guardava le unghie. Lui era sempre più infastidito "prega di non finire a Serpeverde o te la faccio passare io la voglia di rispondere", lei si voltò "cosa sarebbe un Serpeverde?", era incredulo, come se gli avesse detto che la terra era piatta e loro erano sul bordo e stavano per cadere giù. "Come sarebbe a dire cos'è un Serpeverde? Ma non sai proprio niente di niente?!", lei si girò puntando i suoi occhi verdi fissi in quelli neri dell'uomo "no, ma figurati. Ho ricevuto una lettera solo due giorni fa in cui scoprivo, dopo 25 anni, che sono una strega senza nessun'altra informazione in merito, ma sicuramente dovrei sapere cosa sia un Serpeverde. Non dovevi essere il più sveglio della cucciolata ai tempi o sbaglio?", l'altra ragazza cercò di soffocare una risata ma entrambi se ne accorsero "e a quanto pare non sono nemmeno ľunica a pensarlo" disse a mezza voce alzando un lato della bocca. Severus arrossì leggermente chiudendosi in un silenzio di tomba mentre lei tornava a guardare fuori. Il paesaggio iniziò lentamente a cambiare, le case erano sempre più rade a favore della vegetazione, vide il riflesso di Piton amareggiato sul vetro, iniziò a pensare che forse era stata un po' troppo sgarbata nel rispondergli, in fondo stava solo cercando di fare conversazione no?
"Mi dicevi di Minerva?" disse girandosi verso di lui, la guardò senza dire una parola, lei allora tornò a voltarsi "le ho raccontato dell'altra sera al pub, così mi ha obbligato ad accompagnavi 'vai tu visto che ne conosci una, non vorrai mica farli arrivare qua soli e spaventati'. Ma a giudicare da te mi sembra che non siate affatto voi quelli a doversi preoccupare qui". Rimasero qualche minuto in silenzio "però ha ragione, per quanto io possa insultarti tu sei ľunico che conosco su questo treno, sono stata quai felice di vederti nonostante non si possa dire lo stesso di te. Nessuno si conosce qui, mi sento quasi privilegiata ad avere qualcuno che mi parli, nonostante quel qualcuno sia tu" lui la guardava annoiato e lei gli fece ľocchiolino, sperava capisse che stesse scherzando. Giudicò di si dal labbro dell'uomo che si alzò impercettibilmente, quasi contro la sua volontà, difatti durò solo una frazione di secondo, ma tanto bastò per farli parlare tutto il resto del viaggio.

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Capitolo 7
*** Kiss her, stupid ***


Arrivarono che era buio, sulla banchina trovarono Hagrid ad aspettarli con una lanterna in mano, lì condusse fino a un molo in cui tre barche li aspettavano. Nella prima andarono quattro ragazzi insieme a lui, nella seconda andò Severus, la chiamò ma non fece in tempo che altri quattro gli si sedettero affianco, lo guardò alzando le spalle e si mise nell'ultima barca. Piton Scese di corsa dalla sua facendola ondeggiare pericolosamente per andare unirsi a lei.
"Allora ti mancavo veramente" gli disse con aria sorniona "ma cosa dici" la guardò storto lui "non volevo farti fare il viaggio sola", lei si voltò verso ľacqua "a me sembra più una full immersion, sono ore che siamo appiccicati" gli sorrise. La barca levò da sola gli ormeggi iniziando a fare un giro panoramico intorno al lago che circondava il castello, lui le si avvicinò facendole da cicerone. Sentiva il suo respiro sul collo, lo sciabordare dell'acqua, il vento sul viso era come ipnotizzata da quel atmosfera. Lui aveva smesso di parlare e la guardava, il viso di lei era pallido rivolto verso ľalto, gli occhi chiusi, il suo collo teso divenne irresistibile e in un secondo di pura follia ci posò le labbra sopra. Cosa stava facendo? Era impazzito? Non era da lui, poi la trovava sgradevole, gli rispondeva sempre, non portava rispetto verso un suo insegnate, ed erano tante altre le caratteristiche sgradevoli che aveva ma su due piedi non gli venne in mente altro. Si allontanò da lei che aveva aperto gli occhi per un secondo, lo guardò sorridendo leggermente, tornando a immergersinei suoni della natura non colmando il vuoto tra di loro.
Poco dopo la barca arrivò a un secondo molo, quando tutti ebbero raggiunto la riva e furono scesi Severus andò in testa al gruppo facendo segno di seguirlo portandoli fino a un enorme portone d'ingresso. Ad aspettarli c'era una strega con una tunica verde smeraldo, i suoi capelli erano legati in una crocchia ben chiusa, il suo viso era accogliente ma severo con degli occhiali squadrati ben piantati alla base del naso.
"Buonasera, io sono Minerva, la preside della scuola. Se deciderete di entrare a far parte del mondo magico io sarò lieta di guidarvi".

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Capitolo 8
*** Obviously ***


Quella in cui entrarono non era una scuola normale ma un castello, era enorme, interamente di pietra a vista con torrioni altissimi stagliati contro il cielo. Ľinterno era illuminato solo da candele fluttuanti che con la loro luce balluginante dava al tutto come un alone di mistero. Alle pareti erano appesi centinaia di quadri senza respiro gli uni dagli altri si avvicinò per osservarli meglio, con le luci così soffuse le era parso si fossero mossi. Non dovette accostarsi molto prima di accorgersi che non aveva visto male ma che i quadri realmente si muovevano ma non solo, parlavano anche e potevano muoversi di cornice in cornice, stava quasi per urlare dalla sorpresa quando si sentì tirare, era Severus che la trascinava in avanti facendole allungare il passo, la tenne per mano tutto il tragitto.
Arrivarono all'ufficio della preside, lei si sedette dietro la scrivania, una decina di sedie erano già pronte a mezzaluna davanti a lei, quando tutti si sedettero Iniziò a parlare. Fece un breve riassunto per spiegare tutte quelle cose che a lei erano state dette qualche giorno addietro poi cominciò con quello che era il programma scolastico futuro.
Nessuno di loro era obbligato a restare, per chi volesse era anche possibile cancellare dalla mente tutto quello che riguardava il mondo magico. Per chi fosse rimasto era previsto uno stipendio equivalente al loro, tirò un sospiro di sollievo, non poteva permettersi certo di non lavorare. Non erano obbligati a portare la divisa scolastica, non avrebbero fatto né lo smistamento, spiegando in cosa consistesse, né le lezioni normali insieme agli altri studenti ma avrebbero condiviso con loro i dormitori avendo una propria stanza indipendente, gli anni scolastici sarebbero stati massimo un paio condensati e non sette. In questa settimana avrebbero provato superficialmente le basi della magia e, per chi avesse deciso di rimanere, il sabato dopo era prevista prima una gita a Diagon Alley, una via magica di Londra in cui avrebbero comprato ľoccorrente per la scuola e un rientro veloce a casa per prendere il necessario alla loro permanenza, nel frattempo si erano permessi loro di prendere il minimo indispensabile per una settimana lontani da casa al posto loro e se non c'erano domande avrebbero iniziato lo smistamento.
Si guardarono fra di loro ma nessuno disse niente così iniziarono. Una professoressa paffuta dall'aspetto selvatico, quasi come fosse appena rientrata da un campo, prese un vecchio cappello logoro posandolo sulla testa del primo ragazzo e poi di tutti quelli in successione. Lei era ľultima della fila prima di lei c'erano stati tre Grifondoro, due Corvonero e tre Tassorosso. Prima che il cappello le venisse posato sulla testa Minerva guardò Severus "mi sa che a questo giro non avrai studenti". Lei abbassò il capo e chiuse gli occhi, il cappello non fece nemmeno in tempo a posarsi sulla sua testa che urlò 'SERPEVERDE!', Minerva sorrise "a quanto pare ho parlato troppo presto. È stato anche più veloce che con te il cappello".
Quando poco prima aveva sentito la descrizione delle case era certa che il suo posto fosse Serpeverde, alzò la testa e guardò Piton dritto negli occhi, le sorrise, ora erano ufficialmente compagni di sventura.

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Capitolo 9
*** Can you hear me? ***


Finito lo smistamento ognuno seguì il proprio capocasa per recarsi ai dormitori, loro due si incamminarono da soli verso i sotterranei. "Quindi ora mi insegnerai a non risponderti?", "sempre se non ti uccido prima" lei lo sorpassò, girandosi e camminando all'indietro "tremo già" lo prese per il bavero della giacca, lo tirò a se baciandogli il collo. "Ma sei diventata matta?!", lei rallentò facendosi superare "semplice vendetta mio caro, quando sarai davvero mio insegnante non mi potrò prendere certe libertà". Lui non si azzardava a girarsi "veramente io sarai già un tuo insegnante" lei gli prese il braccio stringendolo al suo petto "quindi non posso fare nemmeno questo?" lui proseguì senza aprire bocca ma non staccandola da sé. Sentì nuovamente la sua voce solo davanti all'entrata della sala comune mentre sussurrava la parola d'ordine
Ľambiente non sembrava per ragazzi, era più simile una biblioteca universitaria illuminata da una luce verdastra che a un posto dove avresti normalmente visto aggirarsi degli undicenni. "Ma sbaglio o" disse indicando una parete di un verde scuro "si, sott'acqua", la accompagnò alla sua stanza e andarono a dormire. La mattina erano in programma alcune ore di lezione teoriche o di quelle materie che non richiedessero la bacchetta mentre il pomeriggio era libero.
Aveva finito da poco di pranzare ritornando alla propria sala comune, era seduta su un divano in pelle nera, lui arrivando da fuori la vedeva solo da dietro. Indossava una canottiera, la schiena era coperta dai capelli lasciati sciolti mentre le sue spalle erano scoperte, aveva la testa leggermente piegata. "Allora com'è andato il primo giorno?" disse versandosi dell'acqua ma lei non rispose "mi stai punendo con il silenzio per caso?", continuava a non rispondergli, non dava nemmeno segno di essersi accorta di lui. Andò a buttarsi vicino a lei sul divano lanciandosi quasi a corpo morto per farsi notare, lei fece un urlò lanciando per aria il libro che aveva in mano.

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Capitolo 10
*** Muggle's magic ***


"Ma sei matto?!" aveva una mano al petto e si era strappata due fili bianchi che le partivano dalle orecchie. "Ti ho chiamato sedici volte e non hai risposto, pensavo mi ignorarsi apposta", lei era scocciata "tu devi proprio mangiare pane e volpe al mattino eh, ascoltavo la musica non ti ho nemmeno sentito arrivare". "Musica? Ma se c'è il silenzio più totale" lei tornò a sedersi facendogli segno di raggiungerla, lui la guardò senza muoversi, "non mordo tranquillo" con incedere incerto si sedette al suo fianco. Lei gli scostò leggermente i capelli mettendogli una cuffietta poi premette play, la guardò sconvolto "come riesci a fare questa magia?" lei sorrise "vedo che non sono ľunica ignorante qua, non c'è nessuna magia, è solo tecnologia babbana, si chiama iPod" estrasse un parallelepipedo color argento collegato al filo che aveva nell'orecchio e gli spiegò come funzionasse.
Entrambi si poggiarono al divano, lui allargò le braccia posandole sullo schienale buttando là testa all'indietro mentre lei era composta con il libro in mano. La mano di lui le toccava la spalla, iniziò a sfiorarla delicatamente, lei gli posò parte della schiena sul petto reclinando leggermente la testa fino a toccare la sua, Severus si raddrizzò portando ľaltro braccio sui suoi fianchi. Le poggiò il mento sulla spalla, il suo naso le sfiorava il collo, il profumo dei suoi capelli era destinato a entrargli in testa e non uscirne mai più.

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Capitolo 11
*** Signal not fields ***


"Guarda che se continui così potrei quasi pensare di starti simpatica" gli disse senza scomporsi "non ci sperare troppo" rispose lui con ancora il viso fra i suoi capelli "allora me ne vado prima di trovare io simpatico te". Si alzò in piedi, si levò la sua cuffietta, posò il libro, e uscì dal sotterraneo senza dire una parola.
Lui girò la testa seguendola con lo sguardo fino a che non sparì oltre la soglia della sala comune. Tornò a voltarsi in avanti per capire cosa stesse succedendo. Perché lei profumava di un'estate che non era mai stata, di sole attraverso gli alberi, di fiori bianchi tra i capelli e sguardi languidi tra giovani innamorati. Non era possibile, quelle cose non avevano nemmeno un odore reale, erano solo sensazioni, allora come poteva sentirle sul suo collo e nei suoi capelli? Ľaveva sempre trovata fastidiosa anche come barista, cercava continuamente di parlargli, distrarlo dai suoi pensieri con inutili chiacchiere e sorrisi, ora inveve profumava, non riusciva a crederci.
Lei tornò nella sala comune dopo un'ora abbondante trovandolo nella stessa identica posizione in cui ľaveva lasciato "stai puntando a trasformarti in divano entro ľora di cena?" gli disse, lui piegò la testa all'indietro per guardarla "per come sei simpatica dovresti essere una grifondoro" lei agrottò le sopracciglia "questo è un insulto sul piano personale, non penso di poterti perdonare". Gli si sedette di fianco e lui drizzò la testa pronto a reimmergersi tra i suoi capelli quando vide che teneva in mano uno strano oggetto. "Dove c'è campo qui? Sono sparita da tutti per tre giorni devo fare almeno una chiamata ma non prende da nessuna parte", "c'è il campo di Hagrid vicino alla sua casa, se no c'è quello di trifoglio sempre nei paraggi oppure la serra ma non penso che rientri tra i campi". Lei alzò gli occhi al cielo "sempre il solito spiritoso, dai rispondimi", lui non capiva "ľho appena fatto, questi sono gli unici campi che ha la scuola". Chiuse di scatto ľoggetto che aveva in mano che fece un tac sonoro "ti prego, dimmi che sai almeno cosa sia un telefono".

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Capitolo 12
*** Slytherout ***


Per quanto lui fosse mezzosangue la parte di sé babbana ľaveva sempre ripudiata, non si era mai interessato a quel mondo, lo teneva a debita distanza, la parola 'telefono' per lui era un concetto fumoso più che un oggetto fisico. "Non proprio", lei sgranò gli occhi "ľiPod posso quasi accettare che tu non lo conosca, ma il telefono? Esiste almeno dal 1920, e tu all'epoca dovevi avere almeno 50 anni", "una simpatica come te deve essere piena di amici vero?". "Sentiamo secondo te allora come posso comunicare con il mondo esterno che sono tornata a scuola e non sono stata rapita e fatta a pezzi in questi tre giorni?", la guardò sicuro "con un gufo, con che cosa altro se no?". Lei alzò una mano colpendosi la fronte con il palmo "come ho fatto a non pensarci prima? È un'ottima idea! Mandiamo uno stormo di uccelli notturni di giorno in una zona babbana in cui le avranno viste solo nei film, un ottimo modo per mantenere la segretezza, se vuoi appendo anche due striscioni per dire meglio a tutti che sono una strega. Ti informo inoltre che per noi le lettere sono obsolete, sarebbe ancora più strano ricevere quella che uno stormo di gufi a Londra. Una cosa però ľabbiamo capita da questa conversazione, tu non sei certo materiale da Corvonero".
Prima che si arrabbisse più del dovuto iniziò a spiegargli cosa fosse un telefono e come lo usassero i babbani per comunicare a distanza tra loro. La portò oltre i cancelli della scuola, guardandola in lontananza mentre era al telefono, camminava mentre parlava, sorrideva, si toccava i capelli poi di colpo cambiò. Smise di camminare, muoveva le braccia come se stesse discutendo animatamente, fino a che non staccò il telefono dalľorecchio, lo guardò, chiudendolo di colpo rimettendoselo in tasca.
Si voltò e raggiunse Severus, aveva gli occhi lucidi "qualcuno qui ha bisogno di riflettere prima di parlare e per una volta non sono io. Dio quanto vorrei picchiare qualcuno", "vuoi che ti abbracci?" lei si asciugò gli occhi con il braccio "tu dovresti finire a grifondoro veramente, io parlo di picchiare e tu invece di scappare vuoi addirittura avvicinarti? Non ti manca di certo il coraggio". Lui alzò le braccia e fece per girarsi, lei lo guardò contrariata "non mi sembra di aver detto no" gli posò la testa sul petto con un po' troppo vigore sentendo il suo fiato mozzarsi leggermente mentre le posava mento e labbra sulla testa. Quando si lasciarono lui la tenne vicina a sé mettendole un braccio intorno ai fianchi "sai a cosa stavo pensando?", lei si girò stupita "quindi mi stai dicendo che tu pensi?" Severus ignorò la frecciatina "saresti proprio carina come nano da giardino all'ingresso della scuola, hai ľaltezza giusta e saresti un tocco di colore". Lei spalancò la bocca, si liberò dalla presa e corse verso la scuola con la faccia offesa.

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Capitolo 13
*** Hold my hand or it won't work ***


Tornarono alla sala comune, lei si mise sul solito divano, si tolse le scarpe posando anche le gambe incrociate sulla pelle nera. Lui era in piedi davanti a lei "siediti bene" le disse muovendole un ginocchio per tirarlo giù, lo guardò infastidita "ti avviso che non sono dell'umore per giocare al professore e alľeducanda" tirò giù i piedi rabbiosamente. Invece che sedersi lui si sdraiò posandole la testa sulle gambe, lei non disse niente, iniziò a passargli le dita tra i capelli carezzandogli la testa.
Quando fu ora di cena lui si alzò dal suo grembo tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi, una volta sollevatasi le loro mani però non si separarono, lei gli prese ľanulare con ľindice e camminaro insieme, mano nella mano. Non c'era stato imbarazzo in quel gesto, stare a stretto contatto era diventata una consuetudine velocemente a quanto pareva. Rimasero uniti a parlare nel loro piccolo mondo fino alla sala grande, lì le loro mani si separarono ma non i loro occhi e i loro sorrisi, erano gli unici in effetti che stavano parlando, tutti gli altri erano in silenzio concentrati sul pasto. Lei si sedette insieme ai suoi compagni mentre lui proseguì al tavolo degli insegnanti e come sempre si mise alla destra di Minerva che, senza alzare lo sguardo dal piatto gli disse "sei sicuro di quello che stai facendo?".
Severus aveva appena preso la forchetta in mano quando si pietrificò d'istinto i suoi occhi andarono al tavolo degli studenti "di cosa stai parlando Minerva?". Lei fece lo sguardo, quello che riservava agli studenti che beccava a fare qualcosa che non dovevano "penso che tu sappia perfettamente a cosa io mi riferisca. Fammi indovinare, è lei la ragazza del pub. Noto una certa affinità tra di voi o sbaglio? È anche ľunica finita nella tua casa, non mi è passato inosservato lo sguardo che vi siete scambiati dopo il verdetto del capello, hai addirittura sorriso", lui si limitò ad alzare le spalle mentre masticava. "Ascoltami Severus, stai in guardia, rifletti su quello che sta passando. Ha ricevuto alla soglia dei 30 anni una lettera che le ha comunicato che tutto quello in cui ha sempre creduto è falso, che c'è di più oltre quello che possiamo percepire tramite i sensi, che la magia esiste. E di colpo deve ricominciare da capo, tornare a scuola e lasciare il lavoro, dire addio ad amici e famiglia e forse anche a un fidanzato per essere catapultata qua, completamente da sola, eccezion fatta per te. Tu puoi uscirci insieme, è più che maggiorenne e come gli altri non è propriamente una studentessa, ma sai cosa penso del aver spedito quelle lettere e essere piombati a gamba tesa nella vita di nove adulti", lui si limitava a giocare con il cibo, quel discorso gli aveva fatto perdere ľappetito.
"Quindi secondo te non aveva il diritto di conoscere il mondo magico? Di conoscere la sua vera natura? Volevi farla marcire nel mondo babbano? Anche noi ci siamo passati per tutto questo", Minerva sospirò.
"Certo che è un suo diritto sapere la verità, ma non così. Non con una lettera e non con ľaccordo di segretezza. Noi ci siamo passati a undici anni, abbiamo formato qua il nostro carattere e le amicizie. Lei non ha nemmeno un compagno di casa con cui condividere quello che sta passando", "undici anni o trenta che differenza vuoi che faccia? Chi vorrebbe restare nel mondo babbano quando ha tutto questo a sua disposizione? E poi lei non è sola, ha me. Come insegnante è mio compito starle vicino e aiutarla se dovesse trovarsi in difficoltà."
"Questo è sempre stato il tuo più grande difetto anche da giovane Severus, hai sempre creduto che la tua sia ľunica visione del mondo accettabile. Sei così intelligente eppure le emozioni ti hanno sempre accecato guidandoti nella direzione sbagliata. Guardala, ha finito di cenare da almeno cinque minuti eppure è ancora lì, seduta ad aspettare e guardare verso di te, perché? Tu sei il suo unico punto di riferimento, senza te è sola. Penso che si sia già accorta che qui la sua tecnologia non funziona, che noi non abbiamo bisogno dell'elettricità a differenza degli oggetti che lei usa quotidianamente, che qua i cellulari non prendono e non prenderanno mai e che quindi è tagliata fuori dal suo mondo, dai suoi amici e dalla sua famiglia per almeno un anno"

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Capitolo 14
*** Beyond loneliness ***


Aveva finito di mangiare e lo stava aspettando per tornare insieme al dormitorio ma lui stava parlando, in realtà aveva notato che da quando si era seduto non avevano smesso di farlo, lo guardò ma lui non sembrava intenzionato a terminare la conversazione o quanto meno di aver notato che fosse pronta ad andarsene, era rimasta solo lei al tavolo e decise di avviarsi comunque. I suoi passi erano ľunico suonò che la accompagnava per il castello, era completamente sola, in realtà questa situazione andava oltre la solitudine.
Non aveva pensato che i maghi potessero non usare ľelettricità o non avere i telefoni, erano invenzioni universali per lei, le aveva date per scontate. Si era appena accorta che ľunica cosa che aveva qui era Severus, ma cosa sarebbe successo quando fosse iniziata la scuola e lui non avrebbe più avuto tempo per lei? I suoi passi rallentarono sempre di più insieme alla sua convinzione a rimanere. Non ne era convinta sin dall'inizio ma si era fatta trascinare da tutte quelle novità e da Hagrid che ľaveva sollevata di peso portandola con se.
Non aveva pensato una singola volta al suo fidanzato in questi giorni tranne poco prima quando avevano discusso al telefono. Sean, era tanto un bravo ragazzo, ma non erano fatti per stare insieme. Inizialmente condividevano tante passioni, la musica, i film, viaggiare, ogni week end erano da qualche parte, poi lui si era fatto nuovi amici e ora tutto quello che lo interessava era il calcio. Durante la settimana si sentivano sporadicamente, uscivano il sabato solo se non c'erano partite, se da un lato le andava bene avere tutta la libertà del mondo dall'altro odiava trascinare quel rapporto ma non aveva voglia di una rottura dolorosa, del solito match di urla così sperava che prima o poi, semplicemente, smettessero di sentirsi e ognuno andasse per la propria strada, ma non succedeva mai, puntuale ogni venerdì lui ricompariva.
Avrebbe voluto dirlo a Sev, anzi avrebbe dovuto farlo ma non era mai il momento giusto e ora era troppo tardi. Da venerdì avevano sempre e solo parlato di magia e non erano mai soli, c'era sempre qualcuno o un qualcosa che la fermava e poi, di colpo, il bacio. Come avrebbe potuto dirglielo dopo quello? Sarebbero stati entrambi in imbarazzo. Ora che sapeva che sarebbe rimasta lontana da Londra e irraggiungibile per almeno un anno Sean era un ricordo ancora più lontano e là doveva rimanere.
Ora che però si era accorta che oltre a lui avrebbe dovuto mettere in pausa anche i suoi amici si sentiva come respinta da quel mondo che prima l'aveva cercata e ora la obbligava ad accantonare tutto il resto della sua vita. Ora anche questo rapporto diventava quasi da tutelare, un altro legame con le sue origini.

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Capitolo 15
*** Take me if you can ***


La settimana seguente fu felice, iniziò a crearsi un legame tra loro nove. Iniziarono a trovarsi dopo le lezioni in una delle tante aule vuote per passare le ore insieme, lei ne era felice, finalmente stava iniziando a sentirsi meno sola, Hogwarts cominciava quasi a essere un luogo accogliente. Era arrivato in un lampo il venerdì ma insieme a lui non arrivò la certezza di voler rimanere. Era piena notte e la sua mente continuava a vorticare tra ottimi motivi per rimanere e ottimi motivi per andarsene, era nella sua stanza da ore rigirandosi fra le coperte senza trovare pace si alzò di scatto nervosamente uscendo prima dalla sua stanza poi dalla sala comune. Girò tutta la scuola fino ad arrivare al chiostro, si sedette con la schiena verso il muro e i piedi che toccavano la colonna di marmo. Sarebbe stato bellissimo passare lì ľadolescenza, crescere tra quelle mura e scoprirne i segreti, sgattaiolare via la notte insieme a qualche compagno.
"Lo sai vero che se ti trovano qua finisci nei guai prima tu e poi io per averti fatto scappare?" lei quasi cadde dal muretto su cui era seduta "ma cristo santo nascondi delle ali in quel mantello per caso?" Lui girò la testa perplesso "mi sei passata accanto in sala, pensavo di avessi visto", lei si girò verso il cortile facendogli spazio per sedersi. "Che ci facevi ancora sveglio tu?", "mi assicuravo che tu non andassi in giro, sapevo che prima o poi sarebbe successo", lei scosse la testa sorridendo "beccata, e ora cosa pensi di fare?". Lui si alzò mettendosi nella parte coperta del chiostro "riportarti a letto ovviamente" lei si alzò mettendosi nella parte che dava sul cortile "non sono sicura che ti ascolterò" e iniziò a camminare verso la parte opposta a Severus guardandolo negli occhi mentre lui rimaneva immobile. "E sentiamo, cosa dovrebbe impedirmi di usare la bacchetta e riportarti in camera legata sopra la mia testa senza fatica?", "per prima cosa sarebbe scorretto, io sono disarmata. Seconda cosa, se riuscirai a prendermi, ma ne dubito visto la tua età, ti darò qualsiasi cosa tu mi chieda", lui guardò lei, poi la mano che era sulla sua bacchetta abbassandola. "E va bene, vediamo cosa sai fare", lei iniziò a correre anche se non sapeva dove.
Prese una svolta, poi un'altra fermandosi dietro a un angolo, lo vide correre oltre il suo nascondiglio e uscì in punta di piedi tornando indietro nel corridoio che aveva appena percorso ma fece male i suoi conti perché se lo ritrovò davanti. Così riprese a correre ridendo con lui a poca distanza che la prendeva in giro per le sue gambe corte. Fecero così tanto baccano che i quadri li rimbrottarono fino a far svegliare la McGonagall che si mise sulle tracce di quelli che i quadri avevano definito 'due ragazzi che facevano rumore'. Iniziò a perlustrare da cima a fondo il castello in cerca dei due fuggiaschi. Loro due continuavano a rincorrersi quando lui sentì dei passi che non erano I loro così accelerò fino a raggiungerla, la tirò per una spalla nascondendosi in una rientranza. Le mise una mano sulla bocca mentre con ľaltra si poggiava al muro, posò la fronte sulla sua mentre riprendevano fiato, il loro respiro andava quasi a tempo quando si sentì chiamare e si sporse oltre la rientranza.
"Sì?" disse con una voce melliflua spezzata dalla fatica "eri tu che stavi correndo a quest'ora nei corridoi?!" chiese Minerva accigliata "ma no, cosa dici, stavo cercando anche io quelli che correvano, mi hanno avvisato i quadri", lei non sembrava convinta ma accettò la sua versione continuando la ricerca.
Stavano entrambi ridendo silenziosamente guardandosi, erano come tornati bambini. Rimasero ancora qualche minuto nascosti prima di tornare al dormitorio camminado normalmente, lui le prese la mano "sono fortunata ad avere un amico insegnante, se no chissà che punizione avrei ricevuto sta sera". Lui sorrise sornione "ti avrei punito obbligandoti a passare qualche ora insieme a me", lei finse di rattristarsi "allora è un vero peccato avere un amico insegnante". Tornarono al dormitorio e lei si mise sotto le coperte più serena. Aveva ritrovato ľentusiasmo della leggerezza in quella piccola scappatella, si era accorta che era ancora giovane, che la vita le sorrideva e che tanto valeva cogliere questa occasione e godere al massimo dei suoi frutti.

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Capitolo 16
*** Five star one stare ***


Al mattino ľattendeva una spiacevole sorpresa, quando fece per vestirsi si accorse che ľunico indumento pulito rimasto era totalmente inadatto per qualsiasi cosa che non fosse una serata in discoteca. A dire la verità erano anni che non lo metteva e appena lo indosso si ricordò il perché, era scandalosamente corto e scollato, non sarebbe andato bene per le due di notte figuriamoci per la scuola alle otto del mattino. Le arrivava poco sopra a metà coscia e su quello non poteva farci molto, ma cercò di tamponare la scollatura indossando la maglietta del pigiama, la annodò in modo che arrivasse poco sopra la vita, sembrava appena tornata da una notte brava. Aprì la porta e Severus la stava aspettando, quando la vide alzò un sopracciglio "come ti sei conciata? E perché indossi ancora il pigiama?", "innanzitutto questo vestito non ľho scelto io per ovvie ragioni" sciolse il nodo alla maglia del pigiama alzandola "oh, direi che questo risponde alla seconda domanda", lei si ricompose "già".
Finita la colazione, in cui notò che in quanto ad abbigliamento non era andata meglio ai suoi compagni, uno indossava addirittura una muta da sub, uscirono tutti dal cancello della scuola "stringi il mio braccio e non lasciarlo per nessun motivo" lo guardò confusa ma obbedì. In un secondo si sentì tirare dalľombelico verso ľesterno, di colpo era come se tutto girasse così velocemente che la materia potesse mischiarsi, che gli atomi che la componevano di colpo perdessero il loro legame trasformandola in ciò che la circondava, le mancava il fiato. "Apri gli occhi", questo era un buon inizio no? Se doveva aprirli voleva dire che li aveva ancora, ne schiuse leggermente uno e la luce del sole non era mai stata così bella e calda. Aprì di scatto entrambi gli occhi trovandosi in una via piena di maghi e streghe a giudicare dalľabbigliamento "cosa diavolo è appena successo?" Lui era calmo come se il mondo non fosse quasi finito poco prima "ci siamo materializzati, o volevi altre otto ore di treno?" Non voleva di fare di nuovo polemica con lui su quante cose desse per scontate sul mondo magico che lei non solo non conosceva ma non aveva neppure immaginato, così non rispose limitandosi a scuotere la testa. Sbrigarono tutte le faccende nel più breve tempo possibile e passarono tutto il pomeriggio insieme a divertirsi tra dolci, tiri vispi e ogni altra cosa che Diagon Alley potesse riservare loro, solo verso ora di cena andarono da lei per prendere le sue cose.
Svoltarono ľangolo che dava sul vialetto di casa sua, lei gli stringeva un braccio che aveva portato al petto, lui le stava sussurrando cose sciocche all'orecchio, il suo respiro le solleticava il collo e abbassò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, quando tornò ad alzare il viso aveva sei paia di occhi puntati su di se, cinque appartenevano ai suoi amici e uno a Sean.

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Capitolo 17
*** It's always hard to say goodbye ***


Guardò com'era vestita, come era insieme a Severus e capì che la situazione non sarebbe finita bene. Si affrettò a raggiungere il gruppo che non sapeva come comportarsi, tutti rimasero immobili tranne Sean che cercò di stringerla a sé ma lei mise le braccia fra di loro dicendogli che non fosse il caso, allora la scostò dirigendosi dritto verso lo sconosciuto. Quando gli fu vicino, senza abbassare gli occhi dai suoi disse "Sean, il suo fidanzato", gli tese la mano ma Piton la guardò senza stringerla "Severus, il suo professore", Sean si girò confuso verso di lei "pro-professore?!".
Lei li raggiunse, prese per un braccio il suo fidanzato riportandolo dai suoi amici "stavo per dirvelo. Ci sono stati problemi con il mio A-level, me lo hanno invalidato insieme a tutto ľultimo anno. Mi hanno rimandato in un'altra scuola, dovrò stare lontana non so quanto tempo e lui è il mio tutor", Sean continuava a scrutalo torvo "e sentiamo, cosa insegnerebbe?", Piton schiuse le labbra per rispondere ma lei fu più veloce "chimica. Senti ora devo entrare per fare le valige, vai a casa per favore", invece di andarsene la seguì dentro e così fecero anche Severus e i suoi amici. Lei iniziò a salire le scale mentre lui perdeva il controllo "come posso credere a quello che mi stai dicendo? Guarda come sei vestita, non vieni di certo da una scuola e ho visto come lo stringevi a te mentre ti sussurrava all'orecchio, dimmi la verità", era spazientita, girò la testa verso di lui mentre prendeva i suoi vestiti "te ľho detta la verità. Dove pensi che sia stata tutta questa settimana? Immagino tu non ti sia nemmeno posto il problema. Sono venuti giovedì scorso a casa mia dicendomi che dovevo partire, ho preso dei vestiti a caso senza guardare e questo" indicò il suo vestito "ne è la conseguenza. Ora ti prego vattene, ho da fare. Speravo che tu capissi che non sentirci per più di una settimana significasse che fosse finita" lui sbattè la mano violentemente sulla sua scrivania facendole fare un salto per lo spavento e uscì di casa come una furia.
Piton e i suoi amici la raggiunsero, il silenzio poteva tagliarsi con un coltello "così torni a scuola eh, ti verremo a prendere alľuscita" disse uno dei suoi amici sorridendo. Lei abbassò lo sguardo sull'orlo delle lacrime smettendo di fare la valigia "purtroppo è più complicato di così. Non posso spiegarvi quello che sta succedendo" dopo qualche secondo di silenzio Severus parlò "veramente un modo ci sarebbe", le si avvicinò sussurrandole all'orecchio, "oh, ma non so, forse è rischioso, non vorranno..." non finì la frase che una sua amica la interruppe "siamo disposti a tutto, spiegaci", Piton ripetè a voce alta quello che aveva detto a lei.
Avrebbero dovuto firmare un contratto magico vincolante. Quello che avrebbero sentito quella sera sarebbe rimasto solo fra loro cinque, chiunque avesse firmato e cercato di diffondere quella notizia avrebbe riferito invece i propri segreti più profondi, sarebbe stato emarginato dai suoi amici e infine gli sarebbero comparse pustole virulente ovunque per la durata di un anno. I suoi amici la guardarono divertiti, come sarebbero potute succedere tutte quelle cose? Lei li guardò seria "sappiate che non sta mentendo. Se deciderete di firmare e contravverete agli accordi vi capiterà tutto quello che vi ha detto". Erano increduli da quanto avevano appena sentito ma dopo alcuni attimi di esitazione prevalse la curiosità. Mentre lei continuava a fare le valige Severus raccontò brevemente di Hogwarts e del mondo magico, per dimostrargli che non mentiva estrasse la bacchetta ed eseguì semplici magie, i suoi amici erano attoniti, senza riuscire a dire una parola. Lei aveva finito di preparare le sue cose "la parte peggiore è che per difendersi dai babbani, ovvero le persone non magiche, gli apparecchi elettronici la non funzionano, non so quanto sarò in grado di comunicare con voi", non le restava più niente da mettere in valigia per perdere tempo e poter stare ancora con i suoi amici. Si alzò con le lacrime agli occhi e si strinsero tutti e sei in un abbraccio che sperava potesse non finire mai.
Uscirono di casa tutti insieme, lei chiuse la porta mentre li guardava andare via, si girò verso Severus sorridendo ma lui guardava dritto davanti a sé "prendi il mio braccio", lei lo fece "dobbiamo parlare" le disse subito prima di smateriallizzarsi.

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Capitolo 18
*** Layer of fears, loneliness and you ***


Sì sentì di nuovo strattonare dalľombelico, chiuse gli occhi, quando li riaprì aveva davanti i cancelli di Hogwarts, senza dire una parola, a passo svelto ma senza correre, si diresse alla sua stanza. Si tolse la maglia del pigiama, le scarpe e si buttò sul letto aspettando ľinevitabile, ci volle più di un'ora prima che bussassero alla sua stanza "è aperto" disse con poca convinzione.
"Ti avevo detto che dovevamo parlare", "e avevi intenzione di farlo davanti a tutti all'ora di cena?" disse lei sedendosi "non essere sciocca", "non lo sono affatto, cosa ti cambia se sono venuta direttamente qua? Ero certa avresti trovato la strada anche senza la mia guida". Lui alzò voce "vuoi smetterla di usare il sarcasmo una buona volta?", lei fece una risata che non aveva niente di allegro "da che pulpito, la prossima cosa che mi dirai sarà di non vestirmi di nero che sembra che mi è morto il gatto?". Ora stava proprio urlando, "piantala una buona volta e sii seria. Pensavi di dirmelo che avevi un fidanzato?", lei lo guardò decisa "perché pensavi di diventarlo tu?", lui arrossì leggermente "no, ma che c'entra?". Lei si alzò in piedi e gli andò davanti "c'entra eccome invece. Io ci ho provato per mesi a parlare con te al pub, il massimo che ho ricevuto sono state occhiate annoiate. È da una settimana che mi parli, e il secondo giorno di questa settimana mi hai baciata. Quando avrei dovuto dirti che ero fidanzata mentre mi parlavi di Voldemort? avresti voluto che andasse tipo 'oh no, poveri babbami, mi spiace. Ma io sono fidanzata'. Non sarei nemmeno sembrata una mitomane. Poi tu mi hai baciato ed io ero semplicemente felice, ma come potevo dirtelo dopo quello?". Lui aveva le braccia incrociate e lo sguardo furibondo "con la bocca, ecco come avresti dovuto dirmelo. Tu hai un fidanzato e io mi sono reso ridicolo".
Si avvicinò a lui con gli occhi lucidi, sull'orlo del pianto "sono imperdonabile lo so, ma vuoi sapere come stanno veramente le cose? Io non ho pensato un singolo giorno a Sean da quando ho ricevuto la lettera. Non mi sono completamente fatta sentire questa settimana, speravo che lui capisse che fosse finita, sono stata sciocca. Io fino a venerdì non ero nemmeno certa di voler rimanere qua. Ho quasi trent'anni per Dio, e devo tornare a scuola, mettere la mia vita in pausa e ricominciare, venerdì ero la fuori perché avevo bisogno di aria, mi sentivo soffocare, ľunica cosa che mi ha fatto decidere di rimanere è stata la spensieratezza che avevo insieme a te, da tanto non mi sentivo così felice. Tra ľaltro, Sean era così importante per me che non ho avuto problemi ad abbracciarti vicino casa mia, per di più conciata così".
Lui la interruppe "mi hai lasciato appena lo hai visto, appena hai visto i tuoi amici".
"Certo che ti ho lasciato, non volevo metterti in imbarazzo, non volevo che lui venisse da te a scaricare la rabbia che spettava a me".
Erano in silenzio uno davanti all'altra. Per la prima volta da quella mattina la guardava bene, i capelli spettinati, gli occhi verdi sembravano quasi due zaffiri ora che erano pieni di lacrime, quel vestito gli dava quasi il capogiro, il suo seno cercava in tutti i modi di uscire da lì e lui ľavrebbe aiutato volentieri. Era arrabbiato, umiliato eppure la sola cosa che voleva fare in quel momento era metterle una mano dietro la nuca, tirarla a se e baciarla.
Lei era disperata, affranta, a terra continuava giorno dopo giorno a perdere tutto, ora anche il suo insegnante. Quando nella sua mente comparve questa parola le si accese come una lampadina.
"Aspetta un momento, ma perché io mi sto giustificando con te della mia vita? Con me hai sempre fatto il professore, con i miei amici ti sei presentato come professore, allora perché avrei dovuto dirti chi frequento e perché? Ľunico che a ragione potrebbe avercela con me è Sean, e anche lui farebbe meglio a tacere, ma tu non hai proprio niente da recriminarmi o pretendi di sapere da tutte le tue studentesse chi frequentano? ".
Iniziò a prendere qualche vestito e ficcarlo a forza in uno zaino, "che stai facendo? Dove pensi di andare?", lei non alzò nemmeno gli occhi "vado a Corvonero, direi che entrambi abbiamo bisogno di spazio e di tempo per riflettere", uscì dalla porta lasciandolo lì, impalato, dentro una stanza vuota a cercare di capire come fosse successo questo ribaltamento.

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Capitolo 19
*** Vingardium Leviosa on my chest pain ***


Dopo due giorni che non la vedeva rientrare eccola di nuovo lì, seduta sul divano nero "ti sei decisa a tornare finalmente" ma lei non rispose. Le andò dietro mettendole le mani sotto i capelli quasi dentro le orecchie, si era girata a guardarlo infastidita "hey! Che diavolo stai facendo?", "oh, pensavo non mi avessi risposto per le cuffie", tornò a voltarsi in avanti dandogli le spalle "no, ti ho sentito benissimo ma non avevo voglia di risponderti". Lui fece il giro del divano sedendosi al suo fianco "giuro che se torno indietro mi faccio gli affari miei quella sera", lei alzò un sopracciglio "giuro che te ne sarei estremamente grata". "Vedo che non hai perso la lingua in questi due giorni", chiuse il libro di incantesimi che stava leggendo usando il suo dito come segnalibro "perché avrei dovuto? Io vivo solo per vedere quel espressione di sofferenza ogni volta che mi parli pipistrellino bello. Fermo così un attimo" mentre lui aveva la solita faccia sfibrata lei prese il telefono e gli scattò una foto "guarda come sei venuto bene, si nota tutto ľastio che provi nei miei confronti" girò il telefono mostrandogli lo scatto e aveva ragione, emanava proprio un certo disprezzo. "Ora la metto come screensaver così ogni volta che la vedrò saprò che mi odi e la mia giornata sarà un po' migliore".
"Sei sempre la solita" disse mentre scuoteva la testa "cosa stavi leggendo?", lei girò il libro per mostrargli la copertina "studiavo per Flitwick, ma non mi riesce ancora bene il Vingardium Leviosa", lui le porse la bacchetta che aveva posato sul tavolo "dai, fammi vedere". Lei si alzò in piedi, andò a prendere la piuma che ľinsegnante gli aveva lasciato posandola sul tavolino davanti a Severus che si spostò mettendosi dietro di lei che provò a lanciare ľincantesimo ma non successe niente "vedi?" disse frustrata, "sbagli il movimento, guarda" le si mise dietro prendendole la mano che reggeva la bacchetta. Qualcosa era cambiato nel suo tocco, ľelettricità, la piccola scossa che il suo sistema nervoso le mandava ogni volta che lui la sfiorava, era diversa, più flebile come se il suo corpo non ľavesse riconosciuto, si girò a guardarlo stranita e Severus ricambiò lo sguardo perplesso, era come se lo avesse sentito anche lui il cambiamento. Mollò leggermente la presa su di lei mentre le mostrava il movimento corretto, fece ancora un paio di tentativi poi prese la piuma e andò a chiudersi in camera.
Lui proseguì la sua giornata fino a dopo cena quando rientrò nella sala comune e la sentì urlare, corse verso la sua camera e spalancò la porta "che succede? Tutto bene?", lei saltellava sul posto eccitata "guarda, guarda ci riesco! Vingardium Leviosa" mosse la bacchetta come le aveva mostrato e la piuma iniziò a sollevarsi e librare nell'aria seguendo la sua bacchetta. Lo guardò sorridendo, lasciò cadere la piuma e corse ad abbracciarlo, lui aveva le braccia larghe senza stringerla a sua volta, dopo un secondo che lo stringeva si rese conto di quello che faceva e lo lasciò di scatto, era rossa in viso e guardava i suoi piedi con gli occhi sgranati "io... scusa, non ho pensato che... insomma sei un professore no? Non posso farlo. Quindi grazie". Lui non disse una parola le si avvicinò stringendola, prima le posò il mento sulla testa poi il resto del viso, i suoi capelli avevano sempre lo stesso profumo di estate, pensò mentre lei lo stringeva a sé.

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Capitolo 20
*** You can't say problem without say Hagrid ***


Una settima dopo arrivarono gli studenti ordinari di Hogwarts, pensava che sarebbe stato un incubo invece andò meglio del previsto. Riuscì a integrarsi, quanto meno con i ragazzi più grandi e iniziò a divertirsi anche se i rapporti con Piton diminuirono drasticamente. Lui aveva una marea di classi e quindi di cose da fare, lei aveva molte più cose del previsto da studiare e si divertiva a uscire con dei ragazzini ora che non era più una di loro. Anche se meno di frequente lei e Severus continuavano a battibeccare, questo più la foto di lui che compariva ogni volta che prendeva il telefono in mano le portò un sacco di domande e illazioni su una loro presunta storia che negò sempre fermamente, anche se la verità era che sola nel suo letto fantasticava di continuo sulla possibilità di loro due insieme, ogni volta che lo faceva, senza accorgersene si portava le coperte sotto al naso e arrossiva.
Erano passati un paio di mesi da inizio anno, era Novembre inoltrato e lei aveva trovato la sua dimensione. Era ad un tavolo, un ragazzo e una ragazza la stavano aiutando con un incantesimo di appello mentre altri due si godevano entusiasti il suo iPod quando la porta del sotterraneo si aprì di scatto e due studenti stavano portando dentro una terza persona che urlava quasi in preda a deliri, ci mise un po' ma infine lo riconobbe "SEAN?! Cosa diavolo ci fai tu qua? Come ci sei arrivato?". Quando sentì la sua voce strattonò i ragazzi liberandosi dalla loro presa per raggiungerla "finalmente ti ho trovata è due mesi che cerco di venire qui ma non riuscivo mai a entrare nel pub dove lavoravi per cercare aiuto, ogni volta che ero lì davanti il mio cervello mi ricordava che avevo dimenticato qualcosa di urgente a casa" stava continuando a raccontare come ľaveva raggiunta quando Piton arrivò dai dormitori "che cos'è tutto questo baccano?". Come lo riconobbe Sean iniziò a indicarlo guardandola "cosa ci fa lui qua?", lei era più sconvolta di lui "come cosa ci fa lui qua, insegna, come te lo devo dire? La vera domanda rimane cosa ci fai TU qua", "sono venuto per riconquistarti, non puoi preferire lui a me" lei alzò gli occhi al cielo "io non preferisco nessuno a nessun altro e non ti ho lasciato per lui, ti ho lasciato perché non stavamo bene insieme tutto qua. Ora abbassa la voce, non fare queste sceneggiate davanti ai suoi alunni, sei sconveniente". Lui spalancò la bocca così tanto che sembrò volesse inalare tutta ľaria dell'intero castello "IO SAREI QUELLO SCONVENIENTE? TU ERI ABBRACCIATA A LUI CON QUEL VESTITO, IL MASSIMO CHE HO RICEVUTO IO ERANO LE TUE TUTE E PER LUI ERA UNA SPOGLIARELLISTA".
Lei stava per replicare ma sta volta fu Piton quello più veloce a rispondere "si, sei tu quello sconveniente. Come ti abbiamo già ribadito più volte io sono il suo PRO-FES-SO-RE era ovvio che ci avresti trovati qua insieme. Non mi stava abbracciando, mi stava solo accompagnando a casa sua. Quello era un normalissimo vestito e mi sembra evidente che già la tuta fosse troppo per te. Con persone stupide ho avuto a che fare sempre, ma tu le batti tutte", Sean fece per avventarsi contro di lui ma lei si mise in mezzo allargando le braccia e guardandolo con un disprezzo che andava oltre ogni limite "smettila immediatamente di fare questo cinema, lui non c'entra niente. Risolviamo questa cosa una volta per tutte" gli prese il polso saldamente e lo condusse nella sua stanza, Severus stava per entrare con loro ma lei gli posò una mano sul petto fermandolo "è meglio se ci penso io qua, tu mi hai aiutata fin troppo", lui indietreggiò "va bene ma sarò qui fuori se le cose dovessero sfuggire di mano" lei sorrise "oh non succederà, se non saranno le mie di mani a riportarlo alla realtà" e si chiuse la porta alle spalle.
Sean iniziò a parlare urlando poi abbassò sempre di più il tono della voce mano a mano che si calmava. A quanto pareva il giorno della lite aveva visto la lettera nella sua stanza, lo schiaffo che aveva tirato alla scrivania era in realtà lui che le rubava la lettera. Da quel giorno fino a oggi era cercato costantemente il pub in cui lavorava, si sentiva che li c'erano le risposte alle sue domande. C'era voluto uno sforzo di volontà immane per aprire quella porta ed entrare, aveva in pugno la lettera e aveva chiesto di lei, Tom pensando che fosse anche lui uno dei ritrovati lo aveva lasciato ad Hagrid che aveva in corpo qualche bicchiere di troppo e gli era bastato vedere la lettera per portarlo a Hogwarts senza troppe domande. Lei pensò che tutta quella magia anti babbano lo avesse confuso e frastornato, ecco perché era entrato a braccia.
Passarono il resto del pomeriggio e della sera a discutere e litigare, era sfibrata, uscì dalla sua stanza solo a ora di cena quando tornò con due piatti che consumò insieme a lui in camera. Uscì dalla sua stanza verso la mezzanotte con una coperta mettendosi sul divano, non aveva intenzione di dormire insieme a lui, era già tanto se lo aveva sopportato fino a quel momento.

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Capitolo 21
*** Little nose big trouble ***


Era sfinita, esausta, la sua mente non me poteva più era sdraiata sul divano, la testa buttata indietro sul bracciolo e la mascherina che usava per dormire calata sugli occhi quando sentì il rumore di una porta e pregò che non fosse per lei. Una mano le sfiorò delicatamente la testa ma lei la bloccò saldamente "ti ho detto cento volte che non devi toccarmi. No, non torno di la con te e se serve a farti andare via si, sono innamorata persa di Severus e ora vattene", "wow, puoi ripeterlo quando non siamo soli?", lei si abbassò la mascherina dagli occhi e si sedette, "grazie a Dio sei tu, pensavo fosse di nuovo Sean" si fermò un secondo pensierosa "wow, quanto devo odiarlo se sono felice di vedere te?", lui le andò di fianco mettendole un braccio dietro le spalle.
"Da come mi hai accolto direi che non procede bene" lei andò tra le sue braccia mettendogli la testa sopra la spalla "stava andando tutto bene, lo avevo quasi convinto, poi ha voluto vedere che non ci fossero tuoi messaggi. E io ho pensato 'ok, mostriamoglielo sto telefono così ragiona' ma mi ero completamente dimenticata che avevo te come sfondo", "tutto sistemato quindi? Non ci siamo scambiati messagi, io nemmeno ho il telefono", lei scoppiò a ridere. "Sistemato? A volte mi dimentico che non sei pratico delle nostre usanze. Se usi come sfondo una persona significa che quella è MOLTO importante per te se capisci dove voglio arrivare. Con il senno di poi non è stata una buona idea" lo guardò rassegnata "sta sera mi tocca pure di dormire sul divano o forse dovrei tornare a Corvonero finché non se ne va. Maledetto Hagrid e maledetta me. Vedi, tu mi critichi sempre per la mia lingua lunga, vedi cosa succede quando sto zitta?" Chiuse gli occhi, si raddrizzò e buttò la testa indietro sbuffando.
"Sta sera dormi da me" le disse dopo alcuni attimi di riflessione, "nah, non ho voglia di ricominciare da capo domani con Sean. Poi, non so se lo facciano anche con te, ma a me i tuoi studenti chiedono continuamente se siamo insieme. Non voglio farti fare altre brutte figure oltre quelle di oggi". "Per prima cosa, quello che pensa Sean non mi interessa minimamente. I miei studenti sono tutti ragazzini, oggi pensano a questo domani chissà. E poi, anche se fosse che stiamo insieme, quale sarebbe il problema?", lei non sapeva cosa rispondere ma si sentiva in colpa per tutto quello che gli stava facendo passare "io non credo sia una buona idea...". Lui si alzò in piedi tendendole la mano "sempre meglio che andare da Corvonero, tu sei Serpeverde e la tua casa è qua. E ti ricordo che io ho vinto ľaltra sera e come premio tu sta sera dormirai con me", lei gli prese la mano alzandosi in piedi. "Mi conosci da due mesi e ti ho combinato solo casini, ora capisco perché non mi parlavi al pub, di là verità, sentivi puzza di guai vero? Va bhe che il naso che ti ritrovi aiuta", lui le mise un braccio intorno alle spalle "vedi? Tu con quel tuo nasino piccolo e carino ti ficchi in un sacco di guai e io con il mio nasone finisco sempre per risolverteli tutti", così dicendo le sfiorò appena la punta del naso con ľindice, le sue guance divennero rosse immediatamente, era il primo complimento che le faceva.
La portò nella sua stanza, lei si sedette sul suo letto mente lui andò in bagno a cambiarsi "dove sono le coperte?", lui rispose con la bocca impastata di dentifricio "quelle sul letto non ti bastano?", "hai intenzione di farmi dormire sul tuo letto?", lui sporse la testa "hai intenzione di farne comparire altri?", lei arrossì "bhe no, ma pensavo avrei dormito per terra", lui era confuso "e perché dovresti? Ho un letto apposta", il suo rossore peggiorò "quindi dormiremo insieme?", lui si sporse nuovamemte "mi pareva ovvio". Tornò che indossava un pigiama completamente nero "il tuo armadio deve proprio essere un arcobaleno", le sorrise "piccola ingrata guarda che se non la smetti io", lei gli si avvicinò "tu, cosa?"

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Capitolo 22
*** Vampire love ***


Le sorrise beffardo "io ti rimando a dormire con Sean" lei spalancò la bocca "ecco perché ti vesti sempre di nero, vuoi abbinarti al tuo cuore". Andò al letto e tolse platealmente le coperte guardandolo negli occhi, si raggomitolò e si coprì totalmente "io da qua non me ne vado, vacci tu a dormire con lui. Parla sempre di te, sareste un'ottima coppia", lui si mise sotto le coperte dal suo lato cercando di scoprirla "non ci provare sai? Tu lo hai voluto tu te lo tieni". Lei continuava a lottare per rimanere coperta "la colpa è solo tua sai? Ľho conosciuto quando ho iniziato a lavorare la. Se tu mi avessi parlato prima sarebbe andata diversamente, quindi è sempre tutta colpa tua".
Lui riuscì a scoprirla, i loro visi erano vicini, si fissavano dritti negli occhi "e come sarebbe andata?", lei arrossì coprendosi fino al naso "non lo so, ma sicuro diversamente. Se ti avessi conosciuto non mi sarei mai avvicinata a lui". Erano ancora fissi occhi negli occhi, se fosse stata una situazione normale si sarebbe avvicinata fino a baciarlo, voleva farlo con tutta sé stessa, erano mesi che sperava che succedesse, che ci fosse la condizione giusta per farlo ma non succedeva mai. Lei non voleva prendere ľiniziativa questa volta, non era nemmeno certa di piacergli fino a quel punto e poi lui rimaneva un suo professore a cui stava dando fin troppi guai, solo per quello era nel letto insieme a lui non per altro. Si girò di colpo dandogli la schiena e si rannicchiò, per mezz'ora non volò una mosca nella stanza, lei guardava davanti a se, senza vedere nulla mentre lui fissava il soffitto senza sapere cosa dire o fare, "ho freddo" gli disse interrompendo il filo logico dei suoi pensieri "non penso di avere altre coperte" disse lui dispiaciuto. "Non ti preoccupare, fa niente. Mi succede sempre quando sono nervosa. Tra poco passa" si rannicchiò stringendosi il più possibile, mise anche la testa sotto le coperte e chiuse gli occhi sperando che finisse presto quando sentì Severus, si girò nel letto poggiando il suo petto contro la sua schiena. Distese i muscoli si rilassò voltandosi verso di lui, si tolse la coperta dal viso e lui le strinse le mani soffiandoci sopra, il senso di calore fu immediato "va meglio ora?", ľunica cosa che sentiva in quel momento era il suo cuore, non le batteva solo nel petto ma ovunque creando un rumore assordante che non le permetteva di essere razionale. "Sì, ma non è lì che ho freddo", "e dove allora?" lei si limitò a dire un laconico 'qui' prima di posare le labbra sulle sue.
Non sapeva se o come avrebbe reagito, era ferma con il labbro superiore di lui fra le sue. Lui ci mise qualche secondo a capire se era successo davvero, allargò leggermente le labbra per sentirla meglio, per essere sicuro che fosse tutto vero. Le lasciò le mani, le stava ancora stringendo per scaldarle, e ne posò una sulla sua schiena, prima sentì la sua maglietta ma non gli bastava, fece scorrere le sue dita fino all'orlo del pigiama e ci andò sotto arrivando a metà della sua schiena. La sua mano era fredda e lei inarcò la schiena avvicinandosi ancora di più a lui che stava ricambiando il bacio con passione. Si addormentarono un paio d'ore dopo, lui la stringeva a sé e lei aveva la fronte sul suo petto coperta quasi interamente dalle lenzuola.
"Professore, professore il ragazzo di ieri la cerca, chiede di lei" lei strinse gli occhi 'professore'? In che senso professore? Fece per girarsi quando sentì la sua schiena essere spinta e si ritrovò il viso contro qualcosa di duro senza riuscire a muoversi, sussurrò un "ma che" appena percettibile che ebbe come risposta uno 'shhhh', "mi vesto e arrivo", ora aveva capito tutto. La luce che era entrata nella stanza sparì insieme al ragazzo e lei tornò a parlare "non mi ha vista vero?", "non credo, era lontano e tu sei completamente coperta, ma è meglio se rimani qua. Non so come potrebbero prenderla tutti se ci vedono uscire da qua insieme". Si vestì rapidamente lasciandola lì, al buio e in pigiama, lei non sapeva cosa avrebbero pensato tutti a vederli uscire insieme da quella stanza ma sapeva cosa avrebbe pensato lei, finalmente lui le avrebbe dato una possibilità. Ma non era successo, si erano baciati, avevano dormito insieme ma ora era tutto svanito, era come se il sole cancellasse il loro legame che esisteva solo al lume di candela o nel buio più profondo, si sedette sul letto delusa.

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Capitolo 23
*** Stupid game stupid prize ***


Mentre lui non c'era lei si mise a guardare la sua stanza, solo ora si era accorta che era collegata al suo studio. Stette lì tutto il tempo, era molto meglio della camera, era misterioso, magico, c'era un camino a scaldare ľambiente, la luce del fuoco veniva riflessa su centinaia di boccette di vetro piene di liquidi colorati creando un arcobaleno in continuo movimento. Girò fra gli scaffali sfiorandole, facendole tintinnare sotto il suo tocco leggero, quando ebbe guardato tutto si sedette sulla sua scrivania, le sembrò divertente farsi trovare da lui così. Era passata mezz'ora quando la porta si aprì, era tornato, si diresse verso di lei che si sporse in avanti per dargli un bacio ma lui nemmeno la guardò andando a sedersi dietro la scrivania "com'è andata? Che è successo?", lui sbuffava mentre sistemava delle carte "come vuoi che sia andata, sbraitava, chiedeva di te, e ovviamente non potevo farti uscire. Ho dovuto portarlo da Hagrid appeso a mezz'aria. E scendi da lì prima di farti male", lei posò le mani sul mobile e fece un piccolo saltello atterrando in punta di piedi "hai ragione, chissà cosa potrebbe succedermi se cadessi dalla strabiliante altezza di un metro scarso. Lo sai si che non ho undici anni?" lui alzò il viso e la guardò "per come ti comporti alle volte non si direbbe proprio".
Di colpo gli occhi le si riempirono di lacrime, qualche ora prima la stava baciando e ora la trattava da ragazzina stupida? Era troppo, uscì senza dire una parola lasciando la porta aperta, corse diretta alla sua stanza. La prima cosa che fece fu cambiare lo sfondo al telefono, le aveva dato fin troppi guai, poi si rannicchiò sotto le coperte, se voleva che le cose andassero così ok, si sarebbe comportata di conseguenza. Nelle settimane successive ogni tanto lui provò a parlarle, a scherzarci insieme, ma lei lo ignorò completamente, non aveva più voglia di quel gioco stupido. Il tempo da quando era andato via Sean era voltato, era già tempo di decidere cosa fare per Natale.
Mancava una settimana alle vacanze e tutta la sala era in fermento, lei era vicino al fuoco insieme a dei suoi compagni, stavano parlando dei loro piani quando uno le chiese se fosse rimasta a Natale, "no, e perché dovrei? Non ho niente che mi tenga qua, poi è da mesi che non vedo i miei amici", una ragazza le fece ľocchiolino "bhe, Piton di solito rimane qua tutti gli anni praticamente solo", "ľultima volta che ci ho parlato ha detto che mi comporto come una ragazzina di undici anni e a giudicare da come li tratta dubito che voglia anche solo passare un minuto più del necessario in mia compagnia. Comunque ve ľho già detto più e più volte, non c'è niente tra di noi".
Piton stava uscendo dal dormitorio quando aveva iniziato a sentire la sua conversazione, aveva fatto un paio di passi indietro nascondendosi per ascoltarla e non gli era piaciuto quello che aveva sentito, aveva dato per scontato che senza Sean sarebbe rimasta lì per Natale così da passarlo insieme. Si era pentito subito della frase che le aveva detto ma era arrabbiato, non poteva sopportare ľidea che un suo ex potesse essere lì soprattutto dopo che si erano baciati, aveva reagito male ma pensava che come al solito le cose si appianassero con qualche battuta, invece da allora non avevano più parlato. Si decise ad uscire quando lei riprese a parlare e velocemente tornò al suo nascondiglio "tra ľaltro è un po' che mi passa per la testa di non rientrare dopo Natale", i ragazzi che aveva intorno drizzarono la schiena "no ma perché dici così? Non puoi andartene" Le chiesero quasi in coro "ragazzi voi siete fantastici, non pensavo mi sarei divertita tanto, ma siamo in due fasi completamente diverse della vita. Voi avete sei anni in più rispetto a quelli del primo anno e non ci parlate praticamente mai, io ne ho dieci a separarmi da voi, anno più anno meno, e per quanto mi trovi bene è tutto diverso per me qui. Sono un po' un'estranea in prestito, non appartengo a questo posto".
Lui si appiattì con la schiena al muro, aveva il fiato mozzato, era certo non ľavesse visto quindi tutto quello che aveva detto lo pensava, forse non sarebbe tornata, non avrebbe avuto altre possibilità con lei, cosa doveva fare ora? Pensava che si trovasse bene e pensava anche di essere uno dei motivi per il quale lei potesse rimanere, la verità era arrivata come uno schiaffo in faccia.

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Capitolo 24
*** Christmas surprise ***


Mancava meno di una settimana a Natale era intenta a fare le valige, la porta era socchiusa, i suoi compagni sarebbero dovuti arrivare da un momento alľaltro per farle compagnia e passare gli ultimi giorni insieme quando sentì bussare. Girò appena la testa, stava sorridendo ma appena lo vide si spense "ah, sei tu. Hai bisogno di qualcosa?", Severus entrò appena nella stanza chiudendosi la porta alle spalle "avevo solo voglia di parlare", "sono occupata in questo momento, facciamo un'altra volta". Lui incrociò le braccia "si, infondo abbiamo tutte le vacanze per farlo, vedrai come è il castello per le feste", lei continuava a piegare i suoi vestiti non curante "non rimango per le feste", "e pensavi di dirmelo?", "e pensavi di chiedermelo? Sai la comunicazione funziona in due sensi", "sei sempre la solita" lei si irrigidì, di scatto abbassò la testa e si girò verso di lui con i pugni stretti, era sull'orlo delle lacrime per la rabbia.
"Eccola, sapevo che sarebbe arrivata, la tua frase preferita 'sei sempre la solita'" gli disse scimmiottandolo "ma la solita cosa?! Tu non mi conosci, tu non sai letteralmente niente di me e dici che sono la solita? Tu dai per scontato che il mio mondo e miei programmi ti girino intorno. Volevo informati che non sei il sole e che ľunica cosa che mi sta girando al momento non dovrei nemmeno averla. Ma si può sapere una buona volta cosa diavolo pretendi da me?" Stava per risponderle ma lei lo zittì "anzi no, sai che c'è? Non me ne frega letteralmente niente di quello che vuoi, mi sono scocciata di te e dei tuoi giudizi, vattene". Lui non si mosse "veramente io", lei gli si avvicinò, gli prese il collo delle camicia facendolo abbassare alla sua altezza "prima cosa, a differenza di quello che credi io non ho undici anni e non sono uno dei tuoi ragazzini per cui il tuo umore fa il bello e il cattivo tempo, secondo" lo tirò ancora più a sé "se io ti dico che tu te ne devi andare, tu te ne vai senza fiatare, chiaro?" con la mano libera aprì la porta e lo gettò fuori facendolo quasi cadere a terra, non avrebbe mai detto che era così forte. La porta si chiuse con un tonfo sonoro e sentì la serratura scattate, di colpo si sentì come osservato, si girò istintivamente verso destra, c'era il solito gruppo di ragazzini con cui lei usciva, lì guardò tutti con disprezzo e loro abbassarono il capo tornando indietro sui loro passi.
Era il 24 Dicembre e il treno era partito già da un giorno, lui girava scontroso per il castello minacciando e punendo ogni ragazzino che gli passasse a tiro in barba alľallegria del Natale. Era a cena, seduto vicino a Minerva "vedo che non è rimasta per le feste", lui infilzò un filetto di pesce con il coltello "quindi? A chi vuoi che importi? Anzi è meglio così. Ha combinato più guai lei che tutti i ragazzini messi insieme, che si diverta", lei lo fissava da sopra i suoi occhiali "a giudicare da come maltratti quel povero filetto e i tuoi studenti direi proprio a te. Lo sai vero che non sei obbligato a rimanere qui per le feste tu?".
Posò il coltello, non ci aveva pensato a questa cosa, la guardò negli occhi, si alzò e uscì di corsa dalle mura del castello, ci fu un crack e un momento dopo era scomparso. Riapparve al Paiolo Magico ma uscì senza nemmeno salutare ľoste. Fuori lo accolse un vento gelido, quasi tagliente, la neve lo rendeva quasi implacabile, si strinse nel mantello e cercò la via di casa sua, fu più complicato del previsto, non riusciva a vedere più lontano di un palmo dal suo naso, ci mise un po' a trovare il vialetto prima e la casa poi.
Arrivò davanti al suo ingresso, vedeva una luce provenire da dentro, suonò il campanello un paio di volte. Dopo qualche secondo si accese la luce che dava sulla porta, sentì un vociare indistinto e la porta si aprì. Lei era di fronte a lui con il viso voltato verso ľinterno mentre rideva, aveva un maglione verde smeraldo oversize, qua e là aveva qualche coriandolo in giro, i suoi capelli erano legati in uno chignon disordinato da cui uscivano alcuni ciuffi di capelli e dei fili oro e argento, era il ritratto della felicità, gli venne naturale sorridere. Come lei si girò e lo vide la risata le si bloccò, rimase ferma a fissarlo, non sapeva se stesse sognando o se lui fosse veramente lì.

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Capitolo 25
*** Who are you? ***


"Dimmi che questo è uno scherzo di pessimo gusto" disse lei guardandolo, il sorriso gli si spense in un secondo. Non fece in tempo a dire altro che arrivò una sua amica, aveva il tipico cappellino da festa in testa e anche lei era piena di coriandoli, con tono gioioso li interruppe "uh carino lui, chi è? Bhe non importa, più siamo meglio è", si tolse il cappello mettendolo in testa a Severus, lo prese per un braccio portandolo in sala, lui la seguiva di malavoglia rallentando il passo, si girò a guardarla, lei gli sorrise e si passò ľindice sotto alle labbra come se stesse ricordando a un bambino di sorridere durante una recita.
Nel soggiorno ľaria era gioiosa , c'erano una decina fra ragazzi e ragazze, c'era chi parlava, chi ballava con sottofondo una musica che lui reputava orribile, chi più chi meno avevano tutti una bottiglia o un bicchiere in mano, gliene porsero uno ma lo rifiutò gentilmente, "immagino che tu sia quella specie di professore che ľha fatta lasciare con Sean. Lui non fa altro che piangere e parlare di te da allora" disse una voce divertita alla sue spalle, si girò a guardare chi avesse parlato quando la vide passare dietro a tutti entrando in una stanza attigua, fece una breve conversazione poi si divincolò seguendola. La porta era a scorrimento, con un vetro opaco dietro cui la vide muoversi, ľaprí velocemente e la chiuse senza voltarsi, ora i suoni della festa erano più ovattati, si trovava in una cucina piccola e scarsamente illuminata.
Lei era girata, stava armeggiando con un bicchiere e un paio di bottiglie "che fai?" le chiese quasi timidamente "cerco di superare la serata", "con della limonata?", "considerando che ho undici anni non posso permettermi molto altro giusto?" gli tese il bicchiere che aveva in mano "bevi". Lui assaggiò, la limonata in effetti era presente quasi solo come odore rispetto a tutto ľalcool contenuto in quel intruglio "ma è una schifezza". Lei si sedette su un mobile basso con un nuovo bicchiere in mano "come tutto quello che mi riguarda del resto no?", lui si girò fissandola dritta negli occhi, il suo sguardo era diverso, non lo aveva mai visto così, "non proprio tutto" disse posando il bicchiere.
Le andò vicino e senza che avesse il tempo di reagire le mise una mano dietro il collo e la tirò a se baciandola, lei non oppose resistenza, poggiò il bicchiere che aveva in mano lasciandolo fare. Le percorse con le labbra tutto il tragitto che dalla sua bocca arrivava fino al collo, lo mordeva, lo baciava mentre lei buttava la testa all'indietro mettendogli le mani fra i capelli per non farlo smettere "questo è quello che ti avrei fatto quel sabato con quel vestito indosso" le sussurrò all'orecchio prima di sfilarle la maglia e toccarle i seni. Lei non voleva, sapeva che non era la cosa giusta da fare, ma era da troppi mesi che aspettava questo momento per lasciarselo sfuggire. Inarcò la schiena per avvicinarsi, lui le mise le mani sul sedere tirandola a se, riusciva a sentire quanto la desiderasse nonostante avessero entrambi i pantaloni. Lui iniziò a sbottonarsi la camicia mentre lei si toglieva il reggiseno, quando ebbe finito la tirò a se, erano pelle contro pelle, era come se tutti i suoi nervi scattessero a ogni suo tocco, fino a che non le slaccio i pantaloni.
"Alzati" lei afferrò il bordo del mobile e sollevò il sedere mentre lui le sfilava i jeans, lei fece lo stesso con lui che non si prese nemmeno la briga di toglierle le mutandine, le spostò leggermente di lato entrando dentro di lei che inarcò la schiena, buttò indietro la testa e socchiuse le labbra stringendolo a se, quanto aveva desiderato questo momento poteva saperlo solo lei. Lui continuava a baciarla ovunque mente lei gli affondava le unghie nella schiena, non riusciva a non gemere sentendo i colpi ritmati dei suoi fianchi ripetendogli di non fermarsi anche se lui non non ne aveva intenzione, più lei gemeva più lui voleva sentirla sua.

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Capitolo 26
*** Fawns ***


Si erano rivestiti frettolosamente, non avevano idea di quanto tempo avessero passato insieme, ma sapevano che sarebbero venuti a cercarli prima o poi. Da un momento alľaltro la porta venne spalanca e la luce accesa, loro sembravano due cerbiatto con i fari puntati contro, immobili cercando di capire cosa fare. Era la stessa ragazza di prima "oh, eccovi qua. Spilungone ti spiace portare di la qualche birra che siamo a secco?", prese dal frigo una decina circa di bottiglie passandogliele "veramente noi avremmo bisogno di parlare" cercò di interromperla lei, ma la ragazza la liquidò con un gesto della mano e un sorriso "abbiamo tutta la notte per parlare ora è tempo di divertirsi".
Stava uscendo per seguirlo anche lei ma si sentitì tirare da dietro "fermati un attimo tu, noi si che ne abbiamo di cose da dirci" andò a chiudere la porta e si sedette dove poco prima era lei insieme a Severus, si girò fingendo di sistemare qualcosa nel lavello per non mostrare il suo imbarazzo "carino il tuo amico, chi è?", "non è un amico, è un mio professore", "non sapevo facessi ľuniversità", "università? Ah, certo. Mi è arrivata questa possibilità perché non coglierla". "Non saprei, io non penso che riuscirei a tornare suoi libri dopo tutto questo tempo. Ma parliamo di cose serie invece" la sua amica si alzò dal mobile le andò vicino posando la schiena contro il bancone della cucina così da guardarla in faccia "sai se è fidanzato o se frequenta qualcuna al momento?".
Lei era intenta a lavare un bicchiere che per poco non le cadde di mano a quella domanda "oddio, non lo so. Non ne abbiamo mai parlato. Te ľho detto è solo un mio professore, niente di più", la sua amica rise "ah si? Perché io ho sentito che è lui il motivo per cui hai lasciato Sean", lei si girò stizzita "allora hai sentito male. Lui è semplicemente un mio professore, punto e basta. E odio venga tolto del credito a suo nome come insegnante per colpa mia. Erano mesi che non ero più innamorata e avrei dovuto lasciarlo ma procrastinavo sempre per non dover discutere e la cosa mi è esplosa in faccia ma lui non ha colpe". "Oh bhe in questo caso allora" disse Beth, questo era il nome della sua amica, che nel frattempo si era spostata dalla cucina e ora aveva una mano sulla porta che aveva socchiuso "non ti dispiace vero se gioco le mie carte con lui? È proprio carino. Alto, tenebroso, decisamente il mio tipo", lei continuava a lavare lo stesso bicchiere da cinque minuti ormai "figurati, fai pure".
Beth uscì chiudendosi lasciandola sola, lei mollò quello stramaledetto bicchiere nel lavello, non era gelosa, era certa che lei non avesse speranze. Prima cosa, era babbana. A giudicare da quanto poco conoscesse il suo mondo, non doveva avere molte frequentazioni non magiche. Seconda cosa, per essere gentili Beth era una persona molto loquace, forse addirittura troppo per i suoi gusti e se lo era per lei figuriamoci per lui che aveva trovato eccessivo il saluto che gli rivolgeva lei come barista. Ciononostante era infastidita da quella situazione ma non poteva certo darlo a vedere, decise di aspettare ancora un paio di minuti prima di uscire, non voleva dare ľidea di inseguirla.
Quando varcò la soglia della cucina aveva in faccia un'espressione scocciata che si tramutò in noncuranza quando vide lui seduto sul divano con lei che gli stringeva un braccio posandogli la testa sulle spalle. Li raggiunse andando dritta da Severus "mi dispiace, non ti abbiamo proprio lasciato spazio, che peccato" disse Beth fintamente dispiaciuta stringendosi ancora di più a lui che però si liberò alzandosi in piedi per farla sedere.
"Non preoccuparti" gli disse mentre lo faceva tornare al suo posto, lei si sedette per terra proprio davanti alle sue gambe posandoci la schiena, "apri" gli disse, lui esegui e lei si fece indietro fino a poggiare la schiena contro il bordo del divano. Beth tutta la sera cercò di avere le attenzioni del professore con scarso risultato, lui non era scortese ma non era mai andato oltre a una semplice risposta a monosillabi non scollandosi mai dalla sua amica. Decise di giocarsi il tutto per tutto e corse fuori, tornò dentro completamente imbiancata reggendo in mano un rametto, tutti gli occhi erano su di lei per cercare di capire cosa stesse facendo "voglio lanciare una nuova tradizione" disse stringendosi le braccia sul corpo e battendo i piedi per togliere la neve dalle scarpe. Si diresse verso una coppia e gli mise sopra quello che stringeva in mano "vischio. Concludiamo la serata con un gesto d'amore", i due ragazzi si guardarono dolcemente e si baciarono tra gli applausi degli altri. Fece il giro di tutte le teste lasciando per ultimo Severus, gli toccò una spalla per farlo girare "sei rimasto solo tu a non aver ricevuto un bacio", iniziò a chinarsi per baciarlo ma lui fu più veloce. Si abbassò sulla sua amica che stava parlando insieme agli altri, le mise delicatamente una mano sotto al mento facendole alzare la testa e la baciò. Lei era prima rigida per la sorpresa ma si ammorbidì sfiorandogli il viso. Tutti iniziarono ad applaudire e urlare, lei arrossì staccandosi da lui, si copriva il viso sorridente mentre batteva i piedi per ľimbarazzo, anche lui sorrideva, mentre ancora piegato su di lei la stringeva.

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Capitolo 27
*** Chunky jewellery ***


Finita la serata salutò i suoi amici sulla soglia di casa con un sorriso mentre chiudeva la porta. "È stata proprio una bella serata" disse raggiante mentre lo raggiungeva, lui aveva un braccio teso che le mise intorno alle spalle baciandola sulla fronte "si, direi proprio di si". Lei iniziò a raccogliere I bicchieri sparsi per la stanza ma lui estrasse la bacchetta, diede un colpetto a mezz'aria e tutto tornò in ordine, si girò a guardarlo con le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate "ora, vorrei capire, perché a me insegnate a sollevare piume quando potrei invece fare questo", Severus le si avvicinò mettendole le braccia intorno ai fianchi "così ti sproniamo a rimanere con noi", le baciò la fronte mentre la stringeva a se. Lei posò il lato sinistro del viso sul suo petto "hai programmi per il resto della serata?", "dovrei fartela io questa domanda, saresti disposta a ospitare un vecchio mago per la notte?", "finalmente, temevo che non me lo chiedessi più" si alzò sulla punta dei piedi dandogli un piccolo bacio sul naso. Lui le posò le mani sulle spalle facendola abbassare "signorina, le pare questo il modo di comportarsi con un suo professore?". Lei gli sorrise maliziosa, lo tirò per il colletto della camicia baciandolo sulle labbra "ora non hai più nessun titolo a difenderti da me, posso farti quello che voglio", la prospettiva lo eccitò "allora è meglio che ti sbrigi perché domani, quando torneremo, lo riavrò e allora sarai tu a dover fare tutto quello che voglio", le pese il viso tra le mani baciandola. Quando si staccò da lei la sua faccia non aveva ľespressione allegra che si aspettava "in che senso torneremo?".
Lui indicò prima se stesso e poi lei "torneremo, io e te, a Hogwarts. Non vedo ľora". Lei abbassò la testa e iniziò a salire le scale per andare in camera sua mentre lui dietro la seguiva "deve esserci stato un errore, un fraintendimento", lui si fermò a metà scala "di che tipo?", quando fu arrivata in cima non si girò a guardarlo "io non ho nessuna intenzione di tornare a Hogwarts".
Il cuore gli precipitò dritto ai piedi, fece gli scalini due alla volta per raggiungerla "in che senso? Sono venuto qua apposta per farti cambiare idea. Come puoi ostinarti a non voler venire dopo quello che è appena successo?", lei si fermò e lo guardò sospettosa "in che senso scusa?". Lui si fermò con la mano sulla ringhiera a prendere fiato "nel senso che sono venuto qui a fare pace così saresti rientrata insieme a me", il sospetto iniziava a diventare realizzazione "in base a cosa fare pace con te... fermati un secondo, ho capito male o hai detto 'saresti rientrata'? Come sapevi tu che fra due settimane non sarei salita su quel treno? Non ne abbiamo parlato", "ti ho sentito discutere con gli altri. Hai detto che io non volevo stare con te quindi sono venuto apposta a dimostrarti il contrario". I suoi occhi verdi ora avevano una luce che non gli piaceva affatto "vedo che è proprio una tua caratteristica intrinseca quella di origliare discorsi che non ti riguardano", la guardò piccato "eri in sala comune, mica ti stavi nascondendo", "e allora perché io non ho memoria di averti nemmeno visto passare quel giorno? Eri tu quello che si nascondeva a origliare. Non mi dirai che quando ti ho cacciato eri venuto apposta per cercare di farmi cambiare idea", lui distolse lo sguardo "ecco io", lei aprì violentemente la porta della sua stanza "tu mi stai dicendo che sei venuto qui e hai fatto quello che hai fatto solo ed esclusivamente per riportarmi là?", "sì, cioè no. Intendevo".
Il suo sguardo trasmetteva tutta la sua rabbia e il suo disgusto "sarei tanto curiosa di parlare con chi ti ha dato ľidea di avere tutto questo controllo, questo peso, nella mia vita e nelle decisioni che la riguardano. Hai visto com'è finita la mia ultima storia, come ho trattano Sean, le sue idee e i suoi desideri. Allora vorrei sapere cosa ti ha convinto di essere così speciale per me, perché se è solo il fatto che mi piaci ti conviene ridimensionati. Tu sei solo accessorio, se ci sei bene, mi migliori la giornata, ma se non ci sei, posso assicurarti, che la mia vita va avanti comunque. Tu mi hai usata, e per cosa poi? Farmi tornare a scuola, a che pro? Hai tutti gli studenti di questo mondo cosa ti cambia se io torno o no?!". "Mi cambia che tu sei una strega e quindi deve comportarti diversamente e non fare la babbana" lei scoppiò in una risata isterica "SVEGLIA! Non è una lettera ricevuta quattro mesi fa a farmi strega di colpo. Io SONO babbana, tutta la mia vita è nel mondo babbano, i miei amici lo sono, la mia famiglia lo è. Tutto è babbano, tranne te. E tu sei anche ľunico per cui la mia vera natura è un problema". Lui era furioso, fuori di sé "e cosa sarebbe la tua vita senza magia, sentiamo. Un gruppo di ubriaconi come amici e un lavoro squallido in un pub. Non posso fare altro che invidiarti". Lei drizzò le spalle la sua espressione era di quiete "non ti ho mai chiesto di invidiarmi o di accollarti come stai facendo ora e hai fatto sin dall'inizio. Sei semplicemente... mi mancano anche le parole per definirti. Vattene ora", "veramente non ho finito di parlare", "ti do ľimpressione di una persona a cui questo interessi? Pensavo di essere stata chiara la scorsa volta, se io dico 'vattene' tu levi le tende e basta. Fuori da casa mia, ora!". Lui strinse i pugni, ci fu un sonoro crack e nella sua stanza tornò la quiete.

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Capitolo 28
*** Always the same question ***


Aprì i cancelli del castello con un colpo di bacchetta e tornò dentro furioso, maledetta quella volta in cui aveva ascoltato Minerva. Certo che una persona così testarda e scostante poche volte ľaveva incontrata, era irrazionale sotto ogni punto di vista. Voleva stare nel mondo babbano? Ebbene che ci stesse, si godesse quel mondo popolato di nullità senza che niente che fosse anche solo lontanamente paragonabile alla magia o a Hogwarts, si tenesse pure il suo adorato Sean o chi per lei.
Pensando a lei e Sean si fermò, stava rivedendo da fuori quello che era successo qualche ora prima in cucina . Lei con le gambe intorno ai suoi fianchi, mentre gli metteva le mani fra i capelli chiedendogli di non fermarsi mai, la desiderava, voleva tornare da lei e rifarlo quando notò che i suoi capelli non erano lunghi e neri ma corti e biondi. Non aveva il mantello ma la schiena nuda, non Severus ma Sean era il nome che urlava. Ľuomo che era abbracciato lei si girò di colpo a guardarlo "credevi davvero che ti volesse?", lei aveva smesso di gemere e lo guardava con scherno mentre rideva, la sua faccia era deformata, aveva un sorriso diabolico con i denti appuntiti simili a quelli di uno squalo. Gli manco ľaria, si sedette a terra attonito dalla visione che aveva appena avuto. Solo una volta era stato innamorato in tutta la sua vita ed era stato un disastro, non aveva mai più voluto ripetere quell'errore, eppure sentiva che stava ricapitando, sentiva che aveva bisogno delle sue attenzioni. La provocava apposta, gli piaceva la sua impertinenza, il sarcasmo che usava per ogni cosa, lo sguardo quando lo prendeva in giro, cosa avrebbe dato per stringerla di nuovo a se, sentire il suo profumo, il suo respiro.
Le due settimane di vacanza furono un inferno. Ogni giorno voleva smateriallizzarsi e andare da lei, ma se ľavesse trovata insieme a un altro? Se lei non avesse voluto vederlo? Il tarlo nella sua testa gli stava lentamente mangiando ogni pensiero che non fosse su di lei. Trovava pace solo quando riviveva gli attimi che avevano passato insieme, nel suo letto la sera del loro primo bacio, mentre le posava le labbra sul collo e lei gli sfiorava i capelli, quando le aveva posato la testa sulle gambe. Non poteva rassegnarsi ad averla persa, ma non sapeva come fare, lavorava ancora al pub? Perché andare a casa sua non era un'opzione praticabile, era terrorizzato all'idea che uscisse già con qualcun'altro o peggio, che si stesse rivedendo con Sean. Lungo la sua strada incrociò la ragazza che era in carrozza insieme a loro il pro giorno, stava armeggiando con il telefono, anche lei non riusciva a trovare campo. Le passò oltre quasi distrattamente per tornare subito sui suoi passi, le parlò qualche minuto poi uscì dal cancello e sparì, tornò solo dopo cena andando a bussare a Corvonero per richiamarla, parlarono un paio di minuti e lui tornò a uscire dal castello.
Erano le due di notte, stava dormendo abbracciata a Severus, quando sentì il telefono squillare, fece per prenderlo ma lui la tirò a se "no dai, non rispondere, è solo il drago della sera che ti manda gli imbuti". Alzò la schiena dal letto, "che imbuti?" disse mentre se strofinava gli occhi. Si girò a sinistra per guardarlo ma al suo fianco non c'era nessuno, il telefono però squillava veramente, non guardò chi la stesse chiamando, rispose con la bocca impastata di sonno. "Pronto?", "CIAO, SI MI SENTI? SONO IO, SEVERUS " tolse di scatto il telefono dalľorecchio quasi perdendolo di mano, lui stava gridando come se la sua voce dovesse coprire la distanza che li separava. "Sì, ti sento, ti sento. Ma non serve urlare, lo abbiamo inventato apposta il telefono per non doverlo fare", lui abbassò la voce arrossendo, per fortuna nessuno lo aveva visto o sentito "oh, scusa. Non sono pratico delle vostre tecnologie. Volevo sapere come stavi", "proprio alle due di notte ti è venuta questa folle curiosità?", "hai ragione, ti richiamo domani con più calma". Lei si strinse le ginocchia al petto, gli mancava da morire, sentirlo anche solo per telefono la rendeva felice "non ti preoccupare, non ho impegni domani. Io comunque sto bene, tu?" parlarono fino all'alba senza interruzioni. La chiamò un'intera settimana prima di trovare il coraggio di chiederle quello che realmente aveva in mente.
Erano al telefono da qualche ora, lei raccontava una cosa buffa, aspettò che finisse prima di iniziare il discorso "senti io volevo chiederti una cosa" le disse con voce incerta, lei stava ancora sorridendo "dimmi", "ti andrebbe di tornare qua?".

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Capitolo 29
*** Last chance ***


La risata le si smorzò in bocca "Severus, io... ne abbiamo già parlato e sai come la penso". Lui era fermo con il telefono in mano che tremolava leggermente, senza che ci prestasse attenzione iniziarono a scendergli tante piccole lacrime, tutte in fila ordinate ai lati degli occhi. "Ti... ti prego. Non ti manca qua?... non ti manco io?", la sua voce aveva cambiato tono, era stanca "Sev, tu mi manchi ogni giorno. Non aspetto altro che mi chiami. Ma li non mi sento a casa". Cercò di non farle sentire quanto soffrisse "e allora torna per me, ti manca solo qualche mese e poi sarai libera. E poi questa è a tutti gli effetti una casa per te", "senti, ne abbiamo già parlato un milione di volte senza venirci a capo. Io sto bene lì perché ci sei tu. Se invece che lì fossimo qui da me io sarei felice uguale. Lo vuoi capire che ľunico motivo che mi tenesse lì eri tu? E penso tu possa capire quanto questo sia sbagliato...", lui stava quasi urlando "invece si che è giusto. Tu appartieni a Hogwarts e" ma lei lo interruppe "senti Sev, io non ho intenzione di cambiare idea o di tornare lì. Quando vorrai parlare di altro il mio numero ce ľhai. Ora devo andare, ci sentiamo", " no senti io" era troppo tardi, dall'altra parte sentiva solo il classico tu, tu di quando si chiude la chiamata.
Provò a richiamarla una, due, cinque volte ma lei non rispose mai. Tornò dentro e andò dritto nel suo ufficio, posò la testa sulla scrivania e iniziò a piangere incontrollabilmente. Ora non sapeva più che fare, non poteva nemmeno più telefonarle, sola una persona era in grado di aiutarlo. La mattina dopo mettendo da parte il suo orgoglio percorse tutto il castello fino a fermarsi davanti una porta con due gargoyle a guardia e bussò. Uscì Minerva sorpresa di vederlo lì "avevamo appuntamento e me ne sono dimenticata?", lui aveva il viso rivolto ai suoi piedi "veramente no, ma ho bisogno del tuo aiuto" la guardò dritto negli occhi, erano lucidi di pianto. Lo fece accomodare servendogli del tè caldo.
"Sentiamo, come dovrei aiutarti?", "lei... lei non vuole tornare. Dice che è babbana e che qui non si sente a casa ma, ma io so che lei deve stare qui. Deve almeno finire ľanno". "Severus", disse lei intrecciando le mani davanti al suo viso guardandolo oltre gli occhiali squadrati, "sì?", "è successo niente, magari tra di voi, che abbia fatto sì che lei non voglia tornare qui?", "n-no, niente di strano. Un normalissimo rapporto studentessa insegnante tutto qui". Lei scosse la testa "poniamo il caso che io ti creda, che tra voi non è successo niente, che lei semplicemente non voglia tornare, cosa potrei fare io? È una sua scelta. Non posso di certo obbligarla, a maggior ragione se tu ti sei comprato correttamente". "Tu, tu potresti chiamarla e convincerla. Guarda ho proprio qui un" estrasse dalla tasca del vestito il suo cellulare "telefono" concluse lei la frase "lo conosci?", lei lo guardò storto "per chi mi hai preso? Anche io ne ho uno. Solo non lo uso qua, tanto non funzionerebbe". A lui si accese una lampadina "e non li si potrebbe far funzionare solo temporaneamente? Non le fotografie ma almeno mandare i messaggi e fare chiamate. Tutti gli altri si sono lamentati di questo problema, di non poter comunicare con il mondo esterno". "Severus, per ľamor del cielo, ti sei visto?" lui si bloccò "tremi, balbetti, sei un fascio di nervi. Però c'è da dire che almeno ora ti preoccupi per i bisogni di qualcun'altro. Senti io non sono sicura che sia una buona idea cercare di convincerla a ritornare qua se non vuole. E mi sembra anche tu stia passando dei guai a occhio e croce con lei", "no Minerva senti non è come sembra io, cioè lei, non ha colpe. È solo strano tornare a scuola ora per lei tutto qui", " Severus... non ti prometto niente, proverò a pensarci" gli disse restituendogli il cellulare.

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Capitolo 30
*** Nothing is free ***


Passò una settimana, lui provava a chiamarla o a scriverle ma raramente riceveva risposta e quando succedeva lei era fredda, insensibile e cercava sempre di tagliare corto. Lui ogni giorno da canto suo a ogni pasto si sedeva vicino alla preside, tenendola sempre nel campo visivo con la coda dell'occhio, sperava in un suo cenno, che si fosse decisa ad aiutarlo a farla tornare qui. Una sera stava mangiando e come al solito fingeva un'aria disinteressata quando Minerva sbattè sgarbatamente le poste sul tavolo "oh adesso basta, piantala con questa commedia. Dopo cena prendi quello stramaledetto telefono e vieni nel mio ufficio".
Lui corse fino nei sotterranei a prendere il cellulare andando poi dritto davanti ai due gargoyle ad aspettarla. Rimase mezz'ora seduto sugli scalini poi la vide arrivare e si alzò come se al posto delle giunture avesse delle molle. La fece andare avanti seguendola a breve distanza, entrarono nello studio e lei chiuse la porta a chiave "ci ho riflettuto Severus, ho deciso di aiutarti", non capiva perché lo stesse sottolineando, era ovvio dato quello che gli aveva detto a cena, "ma" e fece una pausa.
Ecco, lo sapeva, un ma, arrivavano sempre inesorabili quando si trattava di lui, mai nessuno gli aveva detto sì senza chiedere qualcosa in cambio. "Sentiamo" gli disse mentre si sedeva con la gioia di poco prima sparita come neve al sole "io cercherò di convincerla. Se ci riuscirò tu non dovrai avere nessun rapporto con lei al di fuori di quello alluna insegnante", "noi abbiamo già quel tipo di rapporto", "chi vuoi prendere in giro? Mettiamo anche che creda a questa tua storriella. A novembre è piombato qua il suo fidanzato" lui alzò un indice "ex", lei sbuffò. "Va bene, ex fidanzato che ha mosso accuse molto specifiche nei tuoi confronti. Dopo di che arriva Natale, va tutto bene senonché lei decide di non rimettere piede a scuola e tu, pur sempre un suo professore, sei qui a pregarmi di farla tornare, non ti ho mai visto così solerte con nessun'altro studente. Non mi riguarderebbe il vostro rapporto, ma il motivo primario per cui lei è qui è studiare, ricollegarsi alle sue radici magiche, mentre mi sembra che ora il motivo principale che la tiene o la allontana da qui sia tu. È dal primo giorno che ti dico di fare attenzione, di non legati troppo a lei e guarda dove siamo ora. Io ci parlerò ma solo alla condizione sopracitata. Ti lascio un po' di tempo per decidere".
Severus iniziò a girare a grandi passi per la stanza, non poteva rinunciare a lei. Ma in fondo sarebbero stati solo pochi mesi e se lui fosse riuscito a farla innamorare del mondo magico probabilmente finita la scuola sarebbero potuti stare insieme senza che nessuno potesse più dire niente, tanto valeva tentare, tornò a sedersi nella sedia di fronte a lei "accetto".
Il telefono le stava suonando per la trecentesima volta quel giorno, non fece nemmeno finta di controllare chi la stesse chiamando "senti Sev io", "signorina la interrompo prima che possa dire qualcosa di" staccò il telefono dalľorecchio mentre la voce femminile continuava a parlare, controllò il numero ma era il solito "mi sente? Ha capito?", "no scusi c'è stato un calo di linea può ripetere?". "Sono Minerva, la preside di Hogwarts. Ho notato che non è ritornata dalle vacanze invernali", "no, vede io onestamente non sento Hogwarts come un posto per me". Le due iniziarono a parlare e, dopo una buona ora di tira e molla, Minerva riuscì nell'impresa: la ragazza sarebbe tornata a Hogwarts. Erano state la promessa della corrente elettrica e della possibilità di telefonare a fare breccia in lei. "Viene Severus quindi a prendermi?", "no, lui sfortunatamente in questo periodo ha impegni con il collegio docenti ma Hagrid domani aveva già programmi a Diagon Alley. Si faccia trovare alle dieci davanti al Paiolo Magico. Buona serata" e riagganciò senza che potesse aggiungere altro. Severus fece per riprendere il telefono dalle mani della preside ma lei glielo tolse "un'ultima cosa, io ti ho chiesto di parlarne se te lo domandasse. E non serve che ti dica di non riferirle questa nostra conversazione, giusto?", lui alzò gli occhi al cielo, riprese il telefono e uscì sbattendo la porta. Corse fino al suo studio dove si chiuse dentro accasciandosi sulla poltrona, lei sarebbe tornata tutto il resto poteva aspettare.

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Capitolo 31
*** Please rewind ***


Rimase un po' delusa nell'apprendere che non sarebbe stato Severus a riportarla a scuola. Dopo tutta ľinsistenza e ľostinazione per farla tornare si aspettava che le comparisse davanti da un momento alľaltro per paura che cambiasse idea. Alle dieci puntuale si fece trovare al Paiolo Magico, Hagrid arrivò trafelato dopo una decina di minuti. Svolsero tutta la mattina le commissioni che lui aveva in programma e solo nel primo pomeriggio presero una passa porta per Hogsmeade. Quando atterrò iniziò a domandarsi perché i maghi non potessero usare mezzi di trasporto normali.
Andò subito nella sala comune a riabbracciare gli altri Serpeverde. Non sapeva cosa aspettarsi da Severus, non aveva dimenticato le parole che le aveva rivolto sera di Natale, con lui era sempre così, un giorno era tutto bellissimo e il giorno dopo ľinferno in terra. Si era messa al suo solito posto dando la schiena all'ingresso, ogni volta che sentiva la porta aprirsi tendeva ľorecchio per capire se fosse finalmente venuto a salutarla, ma ľunica cosa che arrivò quel giorno fu ľora di cena. Andò nella sala grande, lui era già al tavolo dei professori che parlava con Minerva, il busto e il viso leggermente girati verso la preside non prestando attenzione a chi entrasse in sala, aveva un gomito sul tavolo, mosse leggermente le dita come a schermarsi le labbra per non far capire di cosa parlasse. In quel momento lei si congelò sul posto, era come stata risucchiata alla sera di Natale, quando quelle mani erano su di lei, si riprese quando i suoi compagni la spinsero al tavolo ridendo. Presa da non si sa che impulso gli mando un messaggio, un semplice 'ciao :)' e si girò a guardarlo. Lui si infilò una mano in tasca, guardò il telefono senza reazioni e lo rimise dove lo aveva preso. D'istinto lei si voltò a controllare il suo, come se lui le avesse risposto telepaticamente ma ovviamente non successe nulla, il suo cellulare non squillò né comparve la notifica di un nuovo messaggio, tornò a guardare ľuomo delusa rimettendo il telefono in tasca.
Erano passate diverse ore dalla cena e nella sala comune del sotterraneo non rimanevano che pochi ragazzi a parlare del più e del meno, lei li ascoltava senza prestare attenzione quando la porta sì aprì. Si voltò automaticamente a controllare chi fosse entrato, finalmente era Severus, gli sorrise ma lui quasi non la guardò dirigendosi ai dormitori, lei si alzò di scatto inseguendolo. Varcò la soglia e urlò "hey" lui si girò a guardarla. Non aveva il solito sguardo, era come se non ľavesse mai vista prima d'ora, come se non la riconoscesse. "Sì?" rispose lui freddo, "non mi dici niente che sono tornata?", lui si irrigidì "complimenti per esserti persa una settimana di scuola a fronte di già un'insufficiente anno scolastico. Non è il comportamento che mi aspetto da un Serpeverde" girò i tacchi e proseguì per la sua strada.
Lei rimase immobile, paralizzata, era successo per davvero? Si girò, cercava un ragazzino fantasma a cui fosse appropriato rispondere a quel modo, ovviamente non c'era nessuno lì oltre lei. Severus era diventato completamente un'altra persona, non la considerava mai al di fuori delle lezioni, e anche lì, se poteva, la ignorava, lei si buttò a capofitto nello studio per non pensare a quanto fosse stata stupida ad aspettarsi un minimo di decenza umana da lui. Quella sera si era messa vicino al camino per ripassare, finendo per assopirsi. Del fuoco che aveva scaldato la stanza non rimaneva altro che qualche timida brace, la temperatura si era abbassata di qualche grado e dacché dormiva tornò in dormivelglia. Si sentì avvolgere da una coperta calda e una mano le sfiorò delicatamente la testa, aprì gli occhi di scatto e si sedette. Piton stava procedendo verso la sua stanza quando si fermò di colpo, aveva sentito lo scricchiolio inconfondibile che faceva la pelle quando veniva toccata .
Lei non disse un parola, si alzò lasciando cadere la coperta e uscì dalla stanza, iniziò a camminare in punta di piedi mettendo un piede davanti alľaltro come se stesse camminando su un filo invisibile, era un'abitudine che si portava dietro sin da piccola. Iniziò a sfiorare con la punta delle dita i muri di pietra che diventavano sempre più freddi mano a mano che si avvicinava al chiostro. Sentiva che quello era il luogo in cui tutto era iniziato, lì si erano rincorsi una delle prime sere insieme, era grazie a quelľattimo di spensieratezza se ora era lì sulľorlo del pianto e non a casa sua tranquilla a guardare la tv. Si sedette esattamente come quella volta, come a sperare che succedesse di nuovo e che quindi tutto potesse sistemarsi. Aveva quasi iniziato a pensare a lui come a un supereroe, arrivava sempre nei suoi momenti di difficoltà, quasi avesse un sesto senso speciale solo per lei. Allungò una mano lasciandola pendere sotto al muretto su cui era seduta, la teneva rigida, come se stesse stringendo una mano invisibile, sperava che lui comparisse da un momento alľaltro a colmare quel vuoto afferrandola. Era tornata a tarda notte nella sua stanza, il mattino dopo non aveva una bell'aspetto, era pallida, con due grosse occhiaie a segnarle il viso, i suoi capelli poi vivevano di vita propria. Manco a dirlo la prima lezione era quella di pozioni, la seguì svogliatamente, senza prestare particolare attenzione al suo calderone, stava sminuzzando alcune erbe quando Severus, facendo il suo solito giro, le si fermò accanto "finite le lezioni vieni nel mio ufficio, dobbiamo parlare del tuo rendimento", lei annuì debolmente continuando la sua pozione.

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Capitolo 32
*** I miss you, stupid ***


Finì le lezioni e andò nel suo ufficio, lui era voltato, aveva le mani dietro la schiena, allora diede un colpo di tosse per farsi sentire, "siediti" le disse con tono calmo e lei lo fece. Aveva le mani in grembo guardandosi i piedi quando lui girò appena la testa "non lì, al tuo posto", lei lo guardò perplessa "da quando avrei un mio posto?", "da quando ľho deciso io" si girò e con il braccio destro fece cadere tutto quello che era sulla sua scrivania, lei sbattè gli occhi per la sorpresa "mi pare eccessivo tutto questo solo perché non vado bene nella tua materia". "Non ho mai detto che vai male, ma prima siediti al tuo posto, per cortesia", lei era scocciata "ancora? Non so quale sia questo posto" lui posò le dita sul tavolo "qui", lei alzò un sopracciglio "magari mi ricordo male io" disse in tono ironico "ma ľultima volta che mi sono seduta sul tuo tavolo non è finita bene". Si alzò ugualmente sedendosi al centro davanti a lui "soddisfatto ora?".
Lui le sfilò la bacchetta che le teneva i capelli legati mettendola nella sua tasca, si avvicinò e la strinse a se. Mise il suo viso nell'incavo tra collo e orecchio con una mano le cingeva la vita, ľaltra era in mezzo ai suoi capelli le teneva delicatamente la testa vicino a sé. Respirò profondamente e allontanò la testa di colpo "hai cambiato profumo", lei aveva gli occhi chiusi e li aprì leggermente "mmh? Ah si quello di prima era un regalo e poi era estivo". Tornò sul suo collo, il profumo era più intenso dell'altro, poteva sentire la rugiada sulla frutta tardiva invernale, la campagna ricoperta di bianco dalla brina che scricchiava sotto i suoi passi, però era un odore più maschile, più ruvido. "Regalo hai detto? Di chi? Ha buon" si fermò staccandosi di nuovo da lei "non mi dire", lei annuì "amavo quel profumo, fino a cinque minuti fa", "anche io, per questo me lo sono fatto regalare", "quindi non ľha scelto lui?", "ma figurati, lui lo odiava". Risollevato si adagiò sulla sua sedia avvicinandola al tavolo, le posò il busto sulle gambe, lei si era tolta le scarpe posando i piedi nudi sulla sua sedia mentre gli accarezzava i cappelli "non dovevi parlarmi ?", "come?" disse lui come riprendendonsi da un pensiero "ah si..." lei aspettava in silenzio accarezzandogli la testa "scusa".
Lei si fermò, strinse gli occhi dubbiosa e gli sollevò il viso abbassandosi, lo guardò come se fosse uno strano oggetto mai visto prima "tu... tu chi sei? Sei tale e quale a Severus, hai la stessa voce di Severus, ma non puoi essere lui. Devo farti un esorcismo? Darti qualche pozione specifica o...?". Le si avvicinò nuovamente, posandole la testa sul ventre mentre la stringeva "non mi lasciare, ti prego" dacché aveva alzato le braccia per il gesto repentino dell'uomo le abbassò su di lui "non è mai stata mia intenzione farlo". Lui iniziò a parlare con lei, le raccontò tutto quello che pensava, quello che era successo in sua assenza e in fine le raccontò quello che era successo con Minerva. La stringeva sempre di più a sé terrorizzato che lei si alzasse e andasse via "io, io ero disposto a tutto pur di farti tornare e ho accettato. Ma avevo paura che per giugno ti fossi già dimenticata di me. Io, io non voglio che succeda. Io voglio che tu stia con me". Lei scosse il capo "Severus...", "sì, sì lo so quello che stai per dire. Vattene ora, avanti. Tanto so che odi stare qui e odi me e tutto il resto", "Severus, stavo per dirti che mi dispiace. Non sarebbero dovute andare così le cose. Magari ora sarebbe tutto diverso se avessi avuto il coraggio di parlare prima. Hai ragione quando dici che odio Hogwarts e il mondo magico, non apprezzo nemmeno particolarmente ľintervento di Minerva soprattutto il fatto che tu non me ne abbia parlato. Anche senza raccontarmi del vostro accordo potevi dirmi che preferivi un semplice rapporto professore alunna, avrei capito, ma su di te ti sbagli. Ti voglio molto bene invece" lui alzò il viso guardandola "davvero?", lei si abbassò e posò le labbra sulle sue "tu che dici?" e iniziò a baciarlo.

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Capitolo 33
*** Yes, master ***


Se vi sembra che manchi un pezzo, avete ragione. Mi sono accorta dopo di aver saltato un capitolo, per non ripubblicare qualcosa di già letto lunedì ľho aggiunto ora, se vorrete recuperarlo buona lettura.


Lui si alzò in piedi senza staccarsi da lei iniziò a stringerla, a toccarla, a baciarla "e da quella sera che sogno ogni giorno di rifarlo" le sussurrò all'orecchio. "Severus" ma lui non disse niente "Severus" di nuovo non ottenne risposta, "Severus!" disse con decisione allungando le braccia allontanandolo "credo che non sia il caso correre. Abbiamo un sacco di problemi ancora, è meglio aspettare", lui abbassò le braccia sistemandosi il vestito "s-si, credo tu abbia ragione, meglio aspettare". Lei rise "devo decidere, sono un'ottima attrice io o sei un credulone tu? Difficile da dire" si prese il mentro fra pollice e indice fingendo di riflette.
Lui le mise una mano sul collo, poco sotto al mento stringendo leggermente, lei fece un gemito leggero che fece si che la mano dell'uomo si alzasse fino a fargli stringere con le dita le guance facendole alzare il viso "non avresti dovuto farlo, ora mi toccherà punirti. Mi ci hai costretto tu, io non volevo arrivare a tanto" disse con un sorriso malizioso sul viso.
Estrasse la bacchetta fece un movimento rapido e i suoi vestiti divennero coriandoli di stoffa "ma sei tutto sce" le tappo la bocca, "shhh non ti ho dato il permesso di parlare signorina. Reggiti ora". Lei completamente nuda strinse le gambe intorno ai suoi fianchi e le braccia intorno al suo collo, la posò a terra spingendola contro al muro. Lei sentiva la fredda e ruvida parete contro la schiena e sui palmi delle mani, "alza le braccia" lei eseguì e si sentì stringere da corde invisibili i polsi immobilizzandole le braccia sopra la testa. Le mise il ginocchio in mezzo alle gambe, mentre posò ľavambraccio sinistro al muro; con la mano destra le sollevò il mento facendole arrivare ľorecchio alle sue labbra "ora faremo un gioco, si chiama 'fai tutto quello che ti dice il professore e rivolgiti a lui come 'signore', sei pronta a cominciare?".
Lei fece un sorriso beffardo, "tutto quello che vuoi Sev", lui le spinse il ginocchio contro il sesso e lei gemette leggermente "chiedimi scusa, ora", "non ci contare" gli rispose divertita. Le portò una mano al collo stringendo leggermente, ľaltra mano andò in mezzo alle sue cosce, con le dita parti dal suo monte di venere, passo in mezzo alle sue labbra per poi penetrarla, lei gemette chiudendo gli occhi e socchiudendo le labbra. "Non hai il permesso di provare piacere, a meno che... tu non mi chieda scusa", lei sorrise con ancora gli occhi chiusi "fottiti" fu la sua risposta "no, ma sto per fottere te". Iniziò a entrare ritmicamente dentro e fuori di lei con le sue dita mentre la guardava muoversi e gemere, quanto la voleva. Il suo corpo si muoveva a tempo delle sue dita, quando di colpo si fermò "perché hai smesso?" disse lei ansimante, "non riprenderò finché non ti sarai scusata a sufficienza". Lei iniziò a chiedere perdono in ogni modo pur di farlo riprendere ma lui si allontanò da lei arrotolandosi le maniche della camicia facendole arrivare poco sotto il gomito, si sbottonò rimanendo a torso nudo, era illuminato dalla luce calda del camino, quanto era sensuale, voleva che la penetrasse ora, voleva farlo eccitare come mai lo era stato prima. Tornò verso di lei avvicinandosi al suo orecchio "come devo fare con te? Ti sei decisa a scusarti solo sotto la minaccia di terminare il tuo piacere. Dovrò essere ancora piùcattivo ora". La fece mettere prona sul letto con ancora le mani legate, poté solo sentirlo mentre si spogliava. Non era abituata ad essere sottomessa, aveva sempre avuto un carattere forte, sapeva quello che voleva e come ottenerlo, lei guidava senza farsi mai guidare... eppure questa volta le piaceva essere in balia dei desideri di Severus. Lo sentì posarsi su di lei, "dimmi che mi vuoi" le sussurrò, "ti voglio" rispose lei sensualmente, lui sorrise "brava, così ti voglio. Docile e mansueta". Le diede uno schiaffo sul sedere e iniziò a penetrarla, era rude, eppure le piaceva lo sentiva dentro di se, sentiva il suo sudore scivolarle sulla schiena, girò il viso sussurando leggermente "s-signore" disse, con la voce tremante. Lui le si accostò al viso "si?" rispose freddo, "più forte ti prego, stai per farmi venire" lui sorrise compiaciuto "ogni suo desiderio è un ordine ragazzina voluttuosa".

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Capitolo 34
*** We talk about different thing ***


Salve a tutti, scusate ľoff topic ripetitivo. Venerdì, per sbaglio, ho pubblicato il capitolo 33 al posto del numero 32. Per non cancellare e ripubblicare oggi un capitolo già letto dalla maggior parte di voi ho pubblicato lo stesso giorno anche il 32. Se vi va quindi il capitolo in cui la protagonista e Piton si riappacifinicano ora c'è, grazie a tutti della pazienza e buona lettura.

Avevano finito di fare ľamore, lei era stesa supina con gli occhi chiusi e un sorriso rilassato sulle labbra, lui mosse il braccio che aveva sotto la sua testa facendola arrivare sul suo petto. Il braccio sinistro di Severus le sfiorava appena il fianco solleticandolo, lei lo afferrò di scatto. Sotto i suoi polpastrelli però la pelle dell'uomo non era liscia come si aspettava ma aveva dei punti in rilievo, una sensazione che conosceva. Reagì al torpore e aprì gli occhi, si posò la mano sul fianco e lo vide, un tatuaggio. Era strano, molto sbiadito, a malapena percettibile, eppure avrebbe giurato che fosse molto intenso dallo spessore che aveva sentito sotto le sue dita, era un teschio dalla cui bocca usciva un serpente. Rimase stupita, non si sarebbe mai aspettato che lui fosse tatuato, almeno non era uno di quei brutti tribali che andavano tanto di moda.
"Non mi aspettavo che avessi un lato del genere. Ma ora abbiamo un problema" gli disse mentre gli baciava la mascella "a si? Quale? Che non riesci più a stare lontana da me?", lei alzò gli occhi al cielo "quello è un problema di vecchia data. Se mai ora TU non riesci a stare lontano da me. Ma torniamo seri un minuto, mi ha ridotto in pezzi i vestiti, come posso tornare di là?". Lui si puntellò sui gomiti guardandola "e perché mai dovresti andare di là quando puoi stare qui con me e...". Le sussurrò cose irripetibili all'orecchio, le gli colpì la spalla dolcemente mentre si alzava "quanto sei scemo", "dove pensi di andare?", "a rubarti una camicia, te ľho detto, devo andare di la". Lui indicò un cassetto del suo armadio, lei lo raggiunse "e i boxer?". Severus si sedette sul letto, aveva il petto scoperto, era magro, pieno di cicatrici, ne aveva alcune sul collo che sembravano quasi dei morsi. Eppure per lei era irresistibile, non aveva mai trovato un uomo che ľattirasse come lui, anche il loro gioco del gatto col topo ora le piaceva. "Di fianco, ma a che ti servono?", indossò la camicia mostrandogli il suo sesso completamente nudo "vuoi veramente farmi uscire di qua senza mutande?", "io non vorrei proprio farti uscire veramente", indosso anche i boxer, controllò che la via fosse sgombra e, appena non vide nessuno, uscì lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Lui si buttò di nuovo nel letto con le braccia larghe e gli occhi chiusi, era andata; di nuovo. Sperava che fosse rimasta almeno per quella sera, che finalmente le cose tra loro potessero procedere. In realtà non sapeva nemmeno come era successo quella 'cosa' tra di loro poco prima. Lui non era il tipo che faceva quel genere di 'azioni'? Non sapeva nemmeno come definirle ma lei gliele tirava fuori, il suo profumo, come lo guardava, come lo baciava, come faceva tutto quello che faceva. Non le avrebbe nemmeno chiesto di venire da lui se non ľavesse seguita la sera prima. Era tornata al chiostro, il posto in cui per la prima volta aveva iniziato a pensare che le piacesse. Aveva teso una mano, come ad aspettarlo, ad accoglierlo e lui era là, ma non riusciva a parlare, non riusciva a guardarla in faccia dopo la promessa fatta alla McGonagall. Se n'era andato prima che lei potesse vederlo con il cuore pesante; pensava a quanti momenti stesse perdendo insieme a lei. Non era più così sicuro che lei riuscisse ad aspettarlo fino a giugno non voleva rischiare. Quanto era bello poi fare ľamore con lei, pensava che ľavrebbe schiaffeggiato o che sarebbe corsa via da lui; invece era stata al gioco. Non si era mai sentito così libero.
Sentì bussare alla porta e si tirò le coperte fino al mento "sì, chi è?". Non aveva capito il nome ma doveva essere una ragazzina del primo anno a giudicare dal pigolio sommesso che aveva udito. Si mise un paio di pantaloni e una camicia stropicciata si stava chiudendo gli ultimi bottoni quando aprì la porta. Abbassò lo sguardo ma non trovò una bambina piagnucolante bensì una ragazza mezza nuda con la sua camicia indosso. Lo spinse dentro guardandolo maliziosamente "è così che ti presenti alle tue alunne? Sono fortunate. Ai miei tempi i professori erano tutti brutti e sulle loro, nemmeno ci parlavano a momenti". "Che ci fai tu qui?", lei posò una pila di suoi effetti personali in una sedia vuota della sua camera "avevi detto che volevi che me ne andassi giusto? Ne ho approfittato prima che cambi idea". Lui sorrise, la raggiunse e ľabbracciò da dietro mentre finiva di sistemare le sue cose.

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Capitolo 35
*** It can't be true ***


Si svegliò la mattina intontito, andò in bagno meccanicamente con gli occhi ancora socchiusi "buongiorno bellezza". Quasi gli venne un infarto quando ci trovo dentro una ragazza che aveva solo mutandine e maglietta. Ci mise un minuto a riprendersi e capire chi fosse e cosa ci facesse lì, nel frattempo lei si era girata poggiando delicatamente il sedere nudo e le mani sul lavandino freddo "quante scene, non sono molto diversa da ieri notte" disse divertita "devo ammettere che mi sto abituando a sentirti urlare per me". Gli sorrise maliziosa prima di girarsi e riprendere a lavarsi il viso, le mise le mani fredde sui fianchi facendola alzare di colpo, per posarle le labbra sull'incavo del collo "mi ero dimenticato di avere ospiti". Lei sgranò gli occhi e si girò a guardarlo "come prego? Ospiti?! Al massimo tu qui sei ľospite, io sono già là padrona", si staccò da lei sorridendo "ne devi ancora prendere di pacche sul culo per potermi parlare così signorinella", gli sorrise afferrandogli il polso "allora iniziamo subito così posso mettere le tende", la seguì possedendola di nuovo sul suo letto.
Quello che seguì fu il periodo più bello della vita di entrambi. Lei tacitamente si era trasferita lì e solo raramente per recuperare qualche vestito tornava nella sua stanza. Severus le era sempre appiccicato, non faceva altro che baciarla, stringerla, coccolarla e farci ľamore. Nessuno dei due era mai stato più felice o amato di così. Fuori dallo studio del professore non davano quasi a vedere che fossero insieme, era un segreto di pulcinella almeno per i Serpeverde, ma volevano godersi la loro intimità. La calma, come sempre purtroppo, non durò.
Un paio di mesi dopo lei si stava mortalmente annoiando a storia della magia, ascoltava distrattamente, scarabocchiando que e la sulla sua pergamena, quando alcune parole le arrivarono forte e chiaro 'tatuaggio', 'serpente', 'teschio'. Magari il tatuaggio di Sev era mainstream come i tribali per i babbani, ma addirittura parlarne a scuola? Alla fine di quelľora era come se quel poco che avesse saputo fin'ora del mondo magico fosse spazzatura.Quello che emergeva dal racconto che il professore le fece dei mangiamorte era aberrante, le fece rivoltare lo stomaco. Lei non solo ne conosceva uno, non solo ci aveva fatto ľamore ma lo amava. Severus Piton era uno dei cattivi. Non quelli affascinanti dei film, ma uno di quelli veri che uccidevano e torturavano innocenti per puro divertimento.
Ora capiva perché non ľaccettasse, perché detestasse la sua preferenza per il mondo babbano rispetto a quello magico. Era incapace di pensare, di parlare, di connettere, la sua mente era k.o. Si trattenne a fare alcune domande al professore, ma quest'ultimo non fu molto esaustivo. Ľunica cosa nuova che scoprì fu che in Serpeverde di solito ci finivano i rampolli delle famiglie più nobili e antiche fra i maghi che tenevano particolarmente alla purezza del sangue magico, infatti lui si chiedesse il perché della scelta del cappello di buttarci anche lei dentro. Il suo stomaco non resse più, dovette correre nella sua stanza a vomitare. Si era completamente dimenticata delle lezioni successive a quelle di storia, tra cui pozioni. Arrivarono solo otto dei nove studenti nel suo sotterraneo, mancava solo lei. Quando la lezione finì si fermò a parlare con la sua amica Corvonero, "mancava anche prima?", lei scosse io capo "no, è sempre stata presente. Stava bene fino a storia della magia, poi è cambiata", "è successo qualcosa di strano a lezione?", lei scosse il capo "no, o almeno non che io sappia. Era tutto normale anche se la lezione è stata dura. Abbiamo parlato di mangiamorte, del loro tatuaggio che" vide bianco, scappò lasciandola da sola a parlare mentre correva nella sala comune, era impossibile che in tutti quei mesi, per quanto sbiadito, lei non avesse notato il suo tatuaggio.
Entrò di corsa ignorando chiunque fosse sul suo cammino e andò nelle sue stanze, lei non c'era. Era stato stupido da parte sua pensare di trovarla lì, ma ci aveva sperato. Tornò sui suoi passi fermandosi davanti alla stanza di lei, girò la maniglia ma non successe nulla, la porta non si mosse. Iniziò a bussare, dapprima piano, poi sempre più forte, la chiamava, la pregava, la supplicava di uscire o quanto meno di ascoltarlo ma non ottenne mai risposta. Lei lo sentiva, forte e chiaro, sentiva le sua urla, i suoi lamenti, le sue richieste. Quante volte lui come mangiamorte aveva fatto lo stesso? Quante grida e quante preghiere aveva ignorato per seguire il suo obiettivo della purezza del sangue? Si mise semplicemente sotto le coperte e crollò esausta con lui ancora fuori dalla porta.
Si svegliò e guardò ore fossero, le sembrava di avere semplicemente sbattuto le palpe, invece aveva dormito dieci ore. La testa le pulsava, andò nella sua valigia mettendola sotto sopra senza risultati, di tutte le cose che poteva dimenticare aveva scelto proprio ľaspirina. Aprì la porta rischiando di cadere sotto il peso Severus che ci dormiva poggiato. Lui si svegliò di colpo come in quei sogni in cui ti sembra di cadere, solo che sta volta non gli sembrava, stava cadendo per davvero. Atterrò sbattendo la testa sulla moquette che ricopriva il pavimento, lei si limitò a scavalcarlo come se fosse una pila di vestiti sporchi. Si rialzo frettolosamente tenendosi la nuca che aveva sbattuto. Lei era già fuori dalla sala quando la raggiunse "posso spiegare", "ne sono sicura", "è più complicato di come sembra", "lo è sempre no?". Si fermò per cercare di parlarle faccia a faccia ma lei continuò il suo cammino, "è stato un errore di gioventù" lei si fermò di colpo "farsi comprare le birre dai grandi è un errore di gioventù, il frisè è un errore di gioventù, uscire con quel ragazzo che ti piace tanto anche se tutti dicono che è stronzo e rimanerci scottati, altro errore di gioventù. Entrare in un gruppo che crede nella superiorità di un individuo in base alla purezza del sangue non è un errore di gioventù, è criminale. Anche io ho avuto diciotto anni, perché come errore non ho mai fatto quello di torturare, uccidere o minacciare qualcuno? Spero vivamente che tu non dia la colpa delle tue azioni alla giovinezza. Giovani lo siamo stati tutti, criminali senza scrupoli no". Riprese la sua marcia verso ľinfermeria lasciandolo con le lacrime agli occhi incapace di seguirla.

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Capitolo 36
*** Surprise surprise ***


Andò in infermeria e iniziò a cercare fra gli armadietti qualcosa che sembrasse poter combattere il mal di testa. Si stringeva la base del naso cercando di mettere a fuoco tutte quelle stramaledette boccette con nomi assurdi. Niente sembrava fare al caso suo, sentiva che enormi chiodi le stessero trapassando la fronte e il rumore che facevano tutti quei vetri non aiutava. Piton arrivò poco dopo "cosa cerchi?", lei rise arcigna "sicuramente non del veleno quindi non credo tu possa aiutarmi". La voce dell'uomo era spezzata; sulľorlo delle lacrime "dimmi cos'hai, come posso aiutarti", lei alzò la voce.
"Dirti cos'ho?! Ho che ho appena scoperto che ľuomo che amo e con cui faccio ľamore è uno sporco mangiamorte. Una persona che tortura e discrimina in base solo al sangue. Cosa diavolo vuoi da me allora? Il mio sangue è la cosa meno pura che tu possa trovare nell'arco di cento chilometri. Forse persino ľacqua del Tamigi è più pura di me. Mi ricordo il modo asettico con cui mi spiegasti la guerra il primo giorno, solo oggi ho realizzato di cosa hai fatto parte. Io non posso crederci, speravi forse che non lo scoprissi mai? Che non capissi chi eri?".
"No, non doveva andare così. Noi non dovevamo diventare intimi", lei rise acida "eh certo. Sono una sporca sanguemarcio, non rientro sicuramente nei tuoi interessi". "NO, NON È COSÌ, NON È PER QUELLO" disse con la voce rotta dal pianto "io ho perso tutto in quella guerra e mi ero ripromesso che non avrei mai più avuto un giorno felice in vita mia. Non volevo mai più amare nessuno e poi..." sorrise "poi sei arrivata tu. Non lo so perché ma dalla prima sera in cui abbiamo parlato mi è impossibile starti lontano. Tu mi hai dato un motivo per essere felice e amare la mia vita. Io sono andato avanti da quello che ero durante la guerra, ho lasciato quella parte di me nel passato, e non ho pensato...".
"E non hai pensato di dire a una delle tue potenziali vittime chi eri veramente; mi sembra giusto, legittimo. Sta parlando lo stesso uomo che mi ha fatto una ramanzina di un'ora perché non gli ho detto che ero fidanzato? Perché, non so, io vedo sempre più dell'ironia in questa storia. Ci mancava solo che facessi tornare la voglia di vivere a un assassino spietato. Ma li trovo tutti io quelli matti a questo mondo?".
Continuava a cercare rumorosamente tra le boccette quando sentì dei passi venire da dietro di lei, era Madama Chips ľaddetta alľinfermeria "che succede? Cos'è tutto questo baccano?", "succede che non so quale fra queste mille stramaledette pozioni possa farmi passare il mal di testa". Si fermò e corse verso il cestino a vomitare, Severus si chinò su di lei accarezzandole la schiena mentre le teneva i capelli. Ľinfermiera le diede una pozione densa, era azzurra e ribolliva leggermente, la bevve tutta di un fiato prima di crollare nuovamente sul pavimento.
Si svegliò diverse ore dopo in piena notte, trovò alla sua destra Madama Chips addormentata, la cuffietta le stava scivolando dalla testa e alla sua sinistra la preside intenta a sferruzzare a maglia. Appena si accorse che si era svegliata le sorrise posandole una mano sulla sua "Severus mi ha avvisato che non ti sei sentita bene, ti andrebbe di raccontarmi cosa è successo?". Le parole le uscirono come un fiume in piena, a Hogwarts non aveva nessuno con cui potersi confidare, nessuno sapeva veramente e per intero cosa fosse successo tra lei e Piton. Quando ebbe finito gli occhi erano pieni di lacrime e la voce impastata dal pianto, si teneva a il viso tra le mani senza riuscire a farsi forza. La preside ľaccarezzava dolcemente "vorrei raccontarti alcune cose, ti andrebbe di ascoltarmi?", la guardò senza riuscire veramente a mettere a fuoco e annuì.
"Per prima cosa voglio rassicurarti sui Serpeverde. Certo il loro passato non è dei migliori ma sono ragazzi ambiziosi e capaci. Hanno avuto molte mele marce ma molti di loro hanno posti di spicco nel mondo magico e hanno aiutato a ricostruirlo. La purezza del sangue poi è superata, qualsiasi famiglia ormai è imparentata con qualche babbano. Per quel che riguarda il periodo di Piton come mangiamorte, non negherò che abbia fatto azioni violente e spregevoli; ma è solo grazie a lui che il mondo magico esiste ancora, che i babbani non siano stati schiavizzati sotto ľegemonia di Voldemort. Se mi sarà possibile ti farò parlare con qualcuno che possa chiarirti le idee. Parliamo del presente ora, non voglio perdere troppo tempo su questo aspetto. Voglio dirti una cosa su Piton, non so se te ne sei accorta, ma come professore non è particolarmente attento ai suoi studenti; eppure il primo giorno che siete arrivati qua in treno è stato lui a chiedermi di potervi venire a prendere perché avrebbe potuto aiutarti. Per la prima volta era felice che qualcuno fosse finito a Serpeverde. E questo è stato il primo natale che non ha passato a Hogwarts da sempre più o meno, per non parlare del fatto che è venuto a supplicarmi di farti tornare qui. Non posso dire di essere il suo confessore ma, almeno ai miei occhi, i suoi sentimenti verso di te sembrano autentici".
Lei era seduta e guardava fisso davanti a sé, "mi perdoni" disse brusca "mi fa piacere che Severus per voi sia un'eroe, che abbia salvato il mondo magico e tutto quello che vi pare. Ma io davanti ai miei occhi non ho questo. Ho qualcuno che mi ha mentito, che ha preso parte attiva non solo nel processo che mi ha tenuto fuori da questo mondo ma che mi ci ha fatto anche entrare a forza. Mi sento manipolata oltre ľimmaginabile da questo mondo e da Piton e al momento i suoi sentimenti sono ľultima cosa che mi interessi. Io... io" ma non riusciva più a formulare anche solo un singolo pensiero a riguardo.
Tornò nel dormitorio senza dire una parola, le sembrava tutto diverso, quel posto, chi lo frequentava... era tutto una bugia. Chissà se anche i ragazzini che pensava di essersi fatta amica pensavano di lei che fosse solo una sanguemarcio. Si era appena seduta sul letto che bussarono alla porta; senza riflettere agendo quasi come un'automa la aprì. Si sentì abbracciare; automaticamente allungò le braccia; creò una distanza tra lei e chiunque avesse osato anche solo pensare che quella potesse essere una buona idea. Ľultima cosa che voleva era essere toccata in quel momento, senza sorprendersi non dovette nemmeno alzare il capo per capire chi avesse davanti. "Serve che io dica qualcosa?" disse gelida senza guardare Severus che si torceva le mani "no", vide ľalta figura dell'uomo tornare nelle sue stanze lasciando la porta socchiuse come a invitarla. Invito che, nemmeno a dirlo, venne disatteso.
Questa procedura si ripetè almeno quattro volte al giorno nelle settimane seguenti. Ľennesimo colpo alla porta le fece sbavare la riga di eyeliner che stava tracciando, come una furia andò ad aprire la porta "la vuoi piantare con questo maledetto bussare? Non mi interessa quello che...". Si fermò, non aveva davanti il solito abito nero a coprire il petto di Severus ma aveva davanti una camicia a quadri e il mento del suo interlocutore. Alzò il viso e un uomo poco più grande di lei di età le sorrideva con due incantevoli occhi verdi. "Salve, non penso tu mi conosca. Mi presento, sono Harry Potter".

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Capitolo 37
*** Are you Sirius? ***


Era un bel uomo, moro, con i capelli ribelli "piacere mio" disse mentre gli sorrideva "Hai bisogno di qualcosa?". Lui ricambio il sorriso "si, mi manda Minerva. Vuole che ti parli del professor Piton e del suo passato" lei alzò gli occhi al cielo facendolo entrare. "Ne sentivo il bisogno" lo fece accomodare e lui iniziò il suo racconto. Aveva giusto detto qualche parola che di nuovo si sentì bussare "è aperto" si limitò a dire, Severus non se lo fece ripetere due volte ed entrò "finalmente, ecco volevo solo". Harry quando lo vide si alzò e sorrise mentre lui aveva un'espressione stupefatta in volto "professore! Quanto tempo". Ľuomo rimase bloccato sulla porta cercando di capire cosa succedesse "lo ha mandato Minerva" intervenne lei "ha detto che mi deve parlare di te. Non vedo ľora, sono tutta orecchie" sorrideva scocciata di questa ennesima sciocchezza. I due uomini si scambiarono dei convenevoli, quelli di Harry furono decisamente più calorosi di quelli di Piton che si limitò a fare qualche domanda di cortesia con la sua solita espressione impassibile delle grandi occasioni.
La scena vista da fuori doveva sembrare quasi divertente. Tre adulti in una stanza posizionati a triangolo, lei e Harry sul lato lungo del letto ma ai rispettivi angoli e Severus seduto su una sedia, idealmente a metà fra di loro ma distante alcuni metri. Il ragazzo iniziò a parlare, gli occhi di lei passavano tra i due uomini come se stesse vedendo una partita di ping-pong nonostante Severus fosse colto da mutismo. Lui li teneva fissi su di Harry ben attento a cosa dicesse mentre quest'ultimo era ľimmagine della calma, parlava sereno ma sicuro, guardando un po' lei è un po' lui, sorrise appena in certi momenti, sembrava genuinamente grato a Severus. Quando ebbe finito di parlare calò il silenzio, erano una moltitudine di informazioni da processare per lei. Aveva le mani sulle ginocchia e lo sguardo fisso davanti a sé quando si sentirono dei colpi così forti sulla porta da farle pensare che stesse per venire giù. Corse ad aprire cercando di capire cosa stesse succedendo e una figura enorme entrò nella stanza quasi riempiendola "ALLORA ERA VERO CHE ERI VENUTO" disse Hagrid sorridendo, lui e Harry si abbracciarono forte, iniziarono a parlare mentre lei usciva dalla stanza, non aveva molto voglia di socializzare al momento.
Guardò qualche secondo la porta prima di incamminarsi e procedere verso ľuscita, cambio idea sentendo nuovamente i cardini cigolare e voltandosi vide Severus. Lui cercò il suo sguardo, lei inclinò la testa indicando lo studio, iniziarono a camminare in quella direzione, la precedette aprendo la porta e facendola entrare. Lei si sedette sulla sedia riservata agli studenti; incrociò le gambe, ci mise le mani sopra, guardò Severus dritto negli occhi "ma davvero il mondo magico era nelle sue mani e noi siamo qui a raccontarcelo?". Severus sgranò gli occhi e sorrise, non si sarebbe mai aspettato una reazione simile da lei. "Oddio, non voglio immaginare cosa sarebbe successo se fosse stato in mano a me. Probabilmente sarei scappata ai Caraibi. Però wow, non è proprio sveglio il ragazzo, peccato però perché era bellino". Rimasero di nuovo in silenzio quando lui decise di voler arrivare a capo una volta per tutte a quella faccenda "quindi?"; lei inclinò leggermente la testa "quindi, cosa?", "cosa pensi di quello che hai appena sentito".
Lei riflettè facendo una strana sfomorfia "per prima cosa mi sembra che il ragazzo non abbia colto certe sfumature ma quello è solo un mio pensiero. Seconda cosa non ho sentito, almeno in quella parte della storia, il tuo cambio di idea su babbani. Ľunica cosa che ti ha fatto tradire Voldemort è stata la morte di Lily non il tuo cambio di visione sul mondo. Sei stato eroico non lo nego, ma per i motivi sbagliati. Hai fatto tanti sacrifici, rischiato la vita in continuazione e perso tutto, sei stato veramente... fantastico, una persona migliore. Ma la mia paura... forse non è nemmeno la parola giusta, più ferita magari? Nei confronti di quello che è successo e sta succedendo non si può sanare con una bella storia". Lui la guardò incerto "vorrei raccontarti io invece cosa provo e cosa penso", lo guardò strano e lui abbassò la testa "lo so, lo so... non ti interessa, vai pure", "questa volta no Sev, voglio ascoltarti. Voglio sentire cos'hai da dire".
Lui si alzò, fece un respiro profondo e iniziò a parlare "essere Serpeverde è un onore e un privilegio per me, non vorrei appartenere a nessun'altra casa. La maggior parte di quelli che vedi qui saranno i leader del futuro. Le cose sono cambiate, loro sono cambiati e ne sono orgoglioso ma..." si alzò dandole le schiena "le cose ai miei tempi erano diverse".
"Per prima cosa ero, come sempre, ľemarginato. Qui c'erano solo nobili rampolli e puro sangue, se non fosse stato che ero incredibilmente bravo a scuola e abbastanza sveglio da capire come comportarmi avrei passato sette anni completamente isolato. Io ero povero in canna, unticcio e solo, ľunica amica che avevo era in grifondoro ed era innamorata del mio peggior bullo... non mi vanto di quello che ho fatto ma non ero in un bel posto allora. Le idee sul sangue erano guardate male all'apparenza ma condivise dai più nella sostanza e le ho fatte mie pur di avere qualcosa, pur di essere qualcuno. Quello che non volevo ma Voldemort mi rispettava, mi prendeva in considerazione, mi reputava quasi un suo pari e io ho perso la parte migliore di me il giorno in cui ho insultato Lily e lei mi ha detto addio. Non pretendo che tu mi capisca, sono stato uno sciocco e inutile ragazzino. Mi sentivo un estraneo in ognuno dei mondo, in quello babbano avevo solo mio padre che mi picchiava e umiliava per quello che ero. In quello magico mi vessato continuamente e solo i 'cattivi' mi erano vicino e mi accettavano per quello che ero: un secchione che amava studiare, le pozioni e sperimentare con gli incantesimi. Io... io..."
Si fermò, la voce rotta dal rimpianto del suo passato che odiava e che stava rivivendo troppo spesso ultimamente. Lei lo raggiunse "siediti, ti preparo una tazza di tè".

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