I'm not a superhero, it's you. You've always been my superhero. di Voglioungufo (/viewuser.php?uid=371823)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 1 *** I ***
Buon
compleanno dobe!
In ritardo di
ben due giorni, ma che vi devo dire xD
Qualche informazione
preliminare: una settimana fa mi sono guardata la trilogia vecchia di
Spiderman
e ho pensato wow, perché la gente
non mi
scrive una storia con Sasuke superhero dove succede x, y e z?
Ho mandato il
messaggio su facebook,
nel mentre che la gente rispondeva mi è venuta la trama e mi
sono detta: okay,
la scrivo io! Ma a quanto pare ho ispirato anche altra gente, quindi
nel caso
dovesse esplodere il sito di fan fiction con Sasuke superhero e x,y e z
sapete
perché hahahaha ho tipo lanciato una challenge lol
Seconda cosa:
dedico la storia ad Ahyrin
che è l’angelo sceso dal cielo
che si sorbisce i miei audio infiniti che iniziano sempre per:
“Ary, Ary, mi è
venuta in mente l’idea per una storia, posso
raccontartela?”
Quindi, dopo
una settimana di audio a ore improbabili e scleri comuni, gliela dedico
con
tutto il mio affetto visto che è praticamente nata dalla
fusione delle nostre
menti.
Sarà una
long, doveva essere una OS ma non sto nemmeno qui a raccontarvi quanto
io sia
prolissa e come tutto il sia degenerato xD Sappiate che è
stata scritta quasi
tutta e a breve la completerò, quindi non ci saranno attese
troppo lunghe <3
Spero
possa piacervi ^^
I'm
not a superhero, it's you.
You've
always been my superhero
I
La prima
pagina del giornale spuntava in maniera quasi impertinente tra le mani
dell’uomo che lo stava leggendo sulla panchina poco distante.
Sasuke,
diciassette anni, vans nere e zaino pendente su una spalla sola, la
guardò come
se fosse la causa di tutti i suoi mali; e non era così
lontano dalla verità.
L’orologio
da polso segnava il ritardo del suo migliore amico in modo puntiglioso.
Più i
minuti passavano, più Sasuke diventava nervoso e gli
sembrava che la prima
pagina del giornale lo indicasse.
Si
stropicciò gli occhi assonnati e lanciò uno
sguardo alla via quando sentì un
girdo chiamarlo per nome. Naruto, il suo migliore amico, gli stava
correndo
incontro con la giacca infilata solo per metà e lo zaino
mezzo aperto.
“Mh,
sei in
ritardo” lo salutò con un mugugno mentre
l’idiota si fermava davanti a lui e si
piegava in avanti a prendere fiato.
“La
sveglia… anf… non è suonata”
spiegò respirando in modo convulso.
Non
commentò, visto che succedeva almeno tre volte alla
settimana e non poteva
biasimarlo: era già un miracolo che suonasse ogni tanto dal
momento che era
tenuta insieme solo dal nastro adesivo.
“Andiamo,
l’autobus è già passato”
disse solo sistemandosi meglio lo zaino su entrambe le
spalle. Fece per incamminarsi, ma notò che Naruto non lo
seguiva.
Era
ancora
fermo in mezzo al marciapiede, con le mani poggiate sulle ginocchia e
lo
sguardo rivolto allo stesso signore con il giornale che prima stava
guardando
Sasuke. Meglio ancora: anche lui aveva notato la prima pagina. Del
resto era
impossibile il contrario, metà facciata era occupata dal
titolo scritto in
lettere cubitali.
MILLE
FALCHI SVENTA FURTO DI GIOIELLI NELLA TREDICESIMA STRADA.
Il volto
di
Naruto era raggiante, un sorriso enorme raggiungeva entrambe le
orecchie e i
suoi occhi azzurri brillavano di ammirazione.
“Oi,
scemo…” lo chiamò Sasuke infastidito.
L’amico
si
riscosse e lo raggiunse, senza però lasciar cadere il
sorriso o l’espressione
emozionata.
“È
proprio
forte, vero?” squillò “Ogni volta che
c’è un problema lui riesce sempre a risolverlo,
è davvero un eroe!”
“Mpf”
concesse diplomatico Sasuke, sperando che bastasse quello a spegnere
Naruto. Ma
ovviamente il suo entusiasmo era inarrestabile, esattamente come la sua
capacità di dire trecento parole al minuto. Dovette
sopportarlo in silenzio come
ogni mattina mentre si sbrodolava in elogi all’eroe
mascherato che da più di un
anno era comparso in città, scatenando il panico tra i
criminali e portando più
tranquillità nei quartieri. Dire che Naruto lo adorava era
un eufemismo, ne era
rimasto ammaliato fin dalla sua prima apparizione e seguiva le sue
gesta come
il fan più sfegatato. Purtroppo Sasuke, in veste di suo
unico e migliore amico,
era costretto ad assistere ai suoi sproloqui e alla sua pazzia.
Anche
quella mattina non fu diversa: percorsero la strada il più
velocemente
possibile, Naruto non smise un secondo di parlare di Mille Falchi,
delle sue
ultime imprese e delle nuove supposizioni circa la sua
identità segreta. Ne
parlò mentre salivano i gradini della scuola, mentre Sasuke
aspettava il
proprio caffè amaro alla macchinetta e perfino quando
appoggiarono i propri
zaini sui banchi.
“Vorrei
tanto assistere a una sua impresa” terminò
così il suo sproloquio “O almeno
conoscerne i dettagli, sapere com’è andata
veramente. I giornali sono sempre
avari di informazioni” fece una faccia indignata.
Sasuke
soffiò sul proprio caffè. “Mah, non
sarà stato niente di che” minimizzò.
La
reazione
di Naruto fu immediata.
“Bastardo!
Non parlarne come se ne sapessi qualcosa, mentre tu dormivi al
calduccio Mille
Falchi vegliava sulla città. Tu non sai proprio
niente”.
Roteò
gli
occhi al cielo e non ribatté, la campanella era suonata e la
professoressa
aveva fatto il suo ingresso nella classe, non era il caso di mettersi a
bisticciare.
Anche se
Sasuke in realtà sapeva perfettamente di cosa stava parlando
e non poteva
essere altrimenti, del resto Mille Falchi era proprio lui.
**
Sasuke
era
il più piccolo di un’importantissima famiglia che
fino a nemmeno una decina di
anni prima aveva praticamente governato sulla città di
Konoha grazie ai loro
capitali. Erano dei mecenati che avevano raccolto attorno a
sé i migliori
scienziati per formare una cooperazione che potesse creare sia avanzati
strumenti elettronici per il miglioramento della vita quotidiana, che
armi
belliche. Soprattutto armi belliche. Del resto
l’Uchiha’s company aveva
collaborato con il governo militare per molti anni.
L’ultimo
dirigente era stato Madara Uchiha che con il suo carisma aveva portato
la
compagnia alla sua massima espansione, ma anche alla sua rovina. La sua
sete di
potere lo aveva portato alla pazzia, al punto da non riuscire
più a distinguere
la dicotomia tra bene e male, tutto era fatto in virtù della
scienza, della
forza e del potere.
Così,
in
segreto dal resto del consiglio amministrativo e aiutato da pochi
fidati
collaboratori, aveva iniziato a fare esperimenti per potenziare le
prestazioni
umane, modificandone perfino il DNA. Come cavie aveva usato i suoi
parenti, ma
dopo aver scoperto che la modificazione del DNA deteriorava le cellule
degli
adulti, si era concentrato solo sui suoi nipoti. Sui bambini.
Sasuke,
insieme a suo fratello Itachi e il cugino più grande Obito,
era tra loro.
Non
aveva
nemmeno sei anni, praticamente tutti i ricordi della sua infanzia erano
legati
ai laboratori, alle punture di anestesia, al dolore dei bisturi,
dottori in
camici bianche e strane macchine collegate al suo cervello. Erano flash
confusi, che faticava a mettere a fuoco con precisione. I momenti
felici si
limitavano all’interno di una stanza bianca, quando era con
dei giocattoli e
libero di creare mondi immaginari sui quali nascondersi; oppure quando
gli
permettevano di stare con suo fratello.
Sasuke
era
quello che tra le tre cavie era riuscito a rispondere meglio alle
sperimentazioni: a quanto sapeva Obito era impazzito nel tentativo di
controllarlo, mentre suo fratello aveva perso la vista e il suo fisico
si era
indebolito sempre di più. Al contrario di Sasuke, che era
riuscito ad acuire
tutti i sensi e ad avere una forza sopra il comune; da quel momento si
concentrarono sempre di più su di lui, finché il
suo DNA non era stato definitivamente
alterato in modo da dare risultati strabilianti: Sasuke poteva
controllare lo
spazio e la materia. Riusciva a prendere il posto degli oggetti o
scambiarsi
con loro e poteva modificare la loro struttura molecolare rendendoli
una massa
informe da usare a proprio piacimento. Gli avevano fatto fare
così tante simulazioni,
così tanti test che ormai sapeva usare quei poteri come se
ci fosse nato. Non
poteva dire lo stesso di Obito, che invece era sempre più
instabile.
Il
disastro
era successo una notte di sei anni prima, quando
un’esplosione aveva distrutto
il laboratorio segreto e ucciso più della metà
degli scienziati presenti.
Sasuke era riuscito a salvarsi solo grazie al proprio potere e nel
farlo aveva
portato con sé Itachi. Lo shock aveva portato il fratello
maggiore in un coma,
ma prima di addormentarsi gli aveva dato un indirizzo seguito da poche
e
affrettate parole:
“Trova
Shisui, fidati di lui. Ti aiuterà, è
l’unico che può farlo”.
Gli
aveva
anche detto di lasciarlo indietro, cosa che non era stato disposto a
fare,
perciò il piccolo Sasuke aveva dovuto trascinarsi il suo
corpo inerte per ore,
teletrasportandosi per brevi distanze fino a raggiungere la periferia
di
Konoha. Era crollato nel giardino di una casa esausto, sporco di
fuliggine e
pieno di ferite, dove aveva creduto di morire.
Ma non
era
morto.
Una
settimana
dopo si era risvegliato nel letto pulito di una camera confortevole,
con una
donna dagli strani capelli rosa che si prendeva cura di lui. Portava un
camice,
questo l’aveva portato a identificarla come uno degli
scienziati dei laboratori
e perciò aveva tentato di attaccarla, nonostante fosse senza
forze. Era quindi
entrato un altro uomo dai capelli scuri e ribelli, alto e con un buon
fisico
che lo aveva bloccato. Sasuke era ancora troppo debole per poter usare
i suoi
poteri perciò era stato facilmente sovrastato. Ma quegli
uomini non erano
nemici, come aveva specificato subito la donna. Si chiamava Sakura,
mentre
l’altro era proprio lo Shisui indicato da Itachi.
Era
stato
difficile fidarsi di loro, era stato in allerta per la maggior parte
del tempo,
pronto a reagire alla minima mossa sospetta. Sembrava sapessero
già chi fossero
lui e Itachi, perché non avevano mai fatto domande e
conoscevano i loro nomi.
Sakura era una dottoressa di una task
force speciale che teneva sotto d’occhio i progetti
di Madara; lei, Shisui
e un altro collega avevano cercato un modo per fermarlo, ma nel
frattempo era
successo l’incidente. Itachi sapeva della loro esistenza e
dei loro piani, per
questo gli aveva detto di cercarli. Loro potevano davvero aiutarli.
Infatti
un
mese dopo Shisui era tornato con alcuni documenti di
identità e altre
scartoffie che autorizzavano lui e Sakura come tutori dei due bambini
Uchiha.
Naturalmente erano falsi, ma non era questo l’importante.
Avevano aspettato che
le acque si calmassero e l’incidente
dell’Uchiha’s company venisse
“dimenticato”, Madara era morto e quindi con lui
anche quei folli progetti. Ora
l’azienda si occupava di produrre frullatori.
Quando
la
situazione si era presentata sicura, Sakura e Shisui avevano tentato di
reinserire Sasuke nella loro società, mandandolo in primo
luogo alla scuola
pubblica.
Per lui
era
stato strano ambientarsi in un ambiente così diverso da
quello in cui era
cresciuto, dove tutti venivano da una famiglia che li amava, dove erano
persone
normali senza poteri, che non si accorgevano del minimo cambio di
temperatura e
non venivano infastiditi dai più piccolo rumori. Il primo
anno per Sasuke era
stato un inferno, ma alla fine grazie all’aiuto di Sakura e
Shisui aveva
imparato ad ambientarsi. Il suo motto di vita era diventato: mantieni un profilo basso, non farti notare.
Anche se
aveva preso il cognome di Shisui e nessuno al mondo sapeva della sua
esistenza,
era ancora terrorizzato che l’Uchiha’s Company
venisse a catturarlo di nuovo.
Sapeva che Madara era morto in quell’incidente, ma questo non
gli toglieva
l’ansia o il panico che provava quando la gente lo fissava.
Mantieni un
profilo basso.
Era
intelligente, poteva ambire a voti eccellenti ma non lo faceva,
perché temeva
potesse catturare l’attenzione su di sé. Quando
era entrato al liceo aveva
fatto in modo di sparire nella fiumana di studenti, di non stringere
amicizia
con nessuno e di non farsi assolutamente notare. Aveva funzionato,
però Sasuke
aveva inevitabilmente notato lui.
Naruto
Uzumaki, un suo coetaneo dallo sguardo impertinente e capelli
biondissimi,
imbranato come pochi e con una spiccata capacità di mettersi
nei guai da essere
ammirevole. Era uno sfigato, veniva costantemente tormentato dai bulli
per la
sua imbranataggine e per il suo aspetto un po’ cicciotto; in
più reagiva sempre
e se vedeva che qualcuno subiva un’ingiustizia si gettava in
mezzo, cercava
sempre di difendere gli altri ma nonostante questo non aveva amici.
Nessuno
osava avvicinarsi per paura di finire nel mirino dei bulli. Eppure non
smetteva
mai di sorridere, di provare e nemmeno abbassava la testa, piuttosto
rispondeva
sempre per le rime.
Sasuke
all’inizio lo reputava uno stupido, un’idiota dal
quale stare il più lontano
possibile. Ma lo ammirava, perché nonostante tutto non aveva
mai paura di
esporsi ed era coraggioso, tutte doti che a Sasuke mancavano.
Un
giorno,
alla fine delle lezioni, lo aveva trovato chiuso nel bagno
completamente sporco
di acqua di scarico e con il viso tumefatto. Aveva tentato di difendere
un
altro ragazzo dai bulli dell’ultimo anno e quelli avevano
gettato il proprio
scherno su di lui; l’altro ragazzo aveva tagliato la corda
lasciandolo ad
affrontarli da solo.
In un
primo
momento aveva deciso di fare come al solito, lavarsi le mani e
andarsene senza
degnarlo di un’altra occhiata. Ma poi aveva visto il suo
astuccio per terra,
con una spilla di Spiderman mezza rotta e le matite spezzate a
metà. Lo aveva
preso da terra e glielo aveva dato senza guardarlo in faccia.
“Dovresti
lasciar perdere, non ha senso impicciarsi” gli aveva detto
monocorde.
E Naruto
lo
aveva guardato con quegli occhi azzurri che lo avevano sempre fregato.
“Ma
se non
lo faccio io non lo fa nessun altro e non è
giusto”.
Aveva
pensato che fosse un idiota, ma quell’idiota era diventato da
quel momento il
suo migliore amico. Ormai avevano quasi finito il liceo, a inizio
estate si
sarebbero diplomati, e da allora erano diventati inseparabili. Naruto
continuava a mettersi nei guai per il suo senso di giustizia esagerato,
Sasuke
a volte cercava di dissuaderlo, ma era troppo cocciuto. I bulli si
erano fatti
ancora più agguerriti da quando si era sparsa la voce della
sua omosessualità.
Naruto era gay, non se ne era mai vergognato e non aveva fatto
granché per
nasconderlo, anche se quello gli portava continue prese in giro e
battutine
fastidiose. Però continuava a rispondere a tono e a
difendere le matricole;
anzi la sua correttezza era cresciuta al punto che ogni volta che
vedeva una
persona in difficoltà correva per aiutarla, anche se con la
sua imbranataggine faceva
più danni che altro.
Litigavano
spesso per questa faccenda, perché Sasuke continuava restare
fedele al suo
motto e odiava quando l’amico si metteva così
tanto in mostra con le sue
idiozie. Invece Naruto dal canto suo rimproverava sempre Sasuke di
essere un
codardo che abbassava la testa.
“Se
abbiamo
la possibilità di fare qualcosa, di aiutare qualcuno,
dobbiamo sfruttarla”.
Quelle
maledette parole si erano conficcate nella sua testa come un tarlo
fastidioso
che non voleva assolutamente sapere di abbandonarlo. Non capiva il
perché,
forse l’esasperazione e il bisogno di dimostrare che non era
un codardo, ma
quei discorsi avevano fatto nascere l’eroe Mille Falchi.
Naruto
era
una persona normale, piuttosto goffa, ma nonostante questo cercava
sempre di aiutare
gli altri anche a costo di mettersi nei guai a sua volta; Sasuke invece
aveva i
superpoteri, da piccolo il corredo genetico gli era stato modificato
perché potesse
diventare un’arma bellica, aveva il
potere di fare qualcosa di concreto e giusto, ma non lo sfruttava.
Così,
da un
anno a quella parte, si era creata quella ridicola situazione e ora
Sasuke
aveva un’identità segreta, un costume attillato e
di notte dava la caccia ai
criminali per assicurarli alla giustizia. La sua comparsa aveva destato
la
meraviglia di Konoha, ora tutti volevano sapere chi fosse
l’eroe mascherato al
quale ormai era stato affibbiato il nome di Mille Falchi. Naruto ne era
rimasto
stregato come tutti gli altri e da un lato Sasuke non sapeva come
prendere quel
fatto. La sua ammirazione lo imbarazzava, ma allo stesso tempo era
confuso e
geloso, perché solo con un costume e il viso coperto
riusciva a risvegliare
quella reazione nell’amico. Aveva pensato di dirgli la
verità, ma quello
significava rivelargli anche chi fosse in realtà, renderlo
partecipe della sua
schifosa infanzia, spiegargli come avesse ricevuto i suoi poteri e
tutto il
resto. Non voleva, voleva solo che Naruto continuasse a crederlo il suo
migliore amico, il ragazzino schivo e un po’ codardo che si
era trasferito a
Konoha con gli zii. Ma un ragazzino normale.
Mille
Falchi era un segreto che non avrebbe mai rivelato, insieme alla
confessione di
essere in realtà innamorato di Naruto.
**
“Vengo
a
fare i compiti da te?”
Sasuke
guardò distrattamente Naruto mentre prendeva le proprie cose
dall’armadietto.
In quello dell’amico era stato disegnato un fallo con la
vernice spray, ma non
ne sembrava preoccupato.
Annuì.
“E
dopo andiamo insieme a karate” propose.
Avevano
iniziato quella disciplina insieme, Sasuke la praticava
perché gli era utile
per scaricare le energie e anche mantenere in autocontrollo i suoi
poteri.
Naruto lo aveva semplicemente seguito per poter stare insieme anche
dopo la
scuola. Nessuno dei due era iscritto a qualche club, Naruto ci aveva
provato ma
il comportamento dei compagni lo aveva sempre spinto ad abbandonarli.
Camminarono
spensierati verso la casa chiacchierando, il sole primaverile era
abbastanza
caldo da permettergli di tenere le giacche aperte. Sasuke
guardò di soppiatto
le clavicole abbronzate dall’amico che sbucavano dal colletto
slabbrato della
maglia e deglutì. Crescendo e grazie agli allenamenti aveva
perso la maggior
parte del grasso in eccesso e il suo fisico si era fatto più
asciutto, ma a Sasuke
piaceva anche quando aveva un po’ di pancetta. Aveva capito
di esserne
innamorato lentamente, come quando si scivola piano nel sonno: da
sveglia la
mente si fa sempre più fiacca e assonnata, finché
non si spegne del tutto. Allo
stesso modo si era affezionato a lui pian piano, legandosi sempre di
più,
finché non si era trovato innamorato senza nemmeno
accorgersene. Naruto era
gay, quindi in un primo momento aveva pensato di dichiararsi, magari
poteva far
evolvere la loro amicizia, ma… Naruto appunto la considerava
solo come
un’amicizia. Lo testimoniava come ricalcasse così
spesso il fatto che fosse il
suo migliore amico, il suo più grande amico, di come
fosse felice
di essere suo amico, che era un amico importante,
che per il suo amico
ci sarebbe sempre stato, amico, amico, amico…
Solo amico.
Chiaro e
cristallino, così aveva lasciato perdere. Già
avere la sua amicizia era una
bella cosa, anche se a volte gli sarebbe piaciuto essere guardato con
la stessa
ammirazione con cui guardava Mille Falchi.
Quando
entrarono a casa trovarono Sakura in cucina a bere un tè di
fronte al
telegiornale.
“Bentornato”
lo salutò con un sorriso, che allargò nel notare
che era accompagnato “Ciao
Naruto, ti fermi qui?”
Annuì.
“Buon pomeriggio, signorina Sakura”, poi la sua
attenzione venne catturata
dalla televisione, dove un reporter riferiva dell’ultima
missione di Mille
Falchi. Sasuke si chiese se quello non fosse un complotto alle sue
spalle.
“È
davvero
fantastico, ha affrontato sei criminali tutto solo”
trillò deliziato prendendo
posto sul tavolo della cucina.
Sakura
fece
un sorriso a labbra strette. “Lo è
davvero” assicurò e nel dirlo lanciò
un’occhiata attenta a Sasuke, dal quale il ragazzo distolse
lo sguardo.
Sia
Sakura
che Shisui conoscevano la verità, anche se nel primo periodo
aveva provato a
tenerlo nascosto. Ma entrambi erano molto intelligenti e sapevano dei
poteri di
Sasuke, non avevano impiegato molto tempo a fare due più due
e a capire perché
il ragazzo sembrasse sempre così stanco di mattina e da dove
venissero certi
lividi. Apprezzava che non avessero tentato di dissuaderlo, anzi lo
aiutavano
silenziosamente e ogni volta che tornava a casa con una brutta ferita
c’era
sempre Sakura pronta a rimetterlo in sesto o a fargli un
caffè. Sasuke a volte
pensava di non meritare né lei né Shisui, avevano
preso in casa propria due
ragazzini senza famiglia e con il DNA modificati, eppure si erano
sempre
comportati come se fossero davvero i loro zii. Non li avrebbe mai
ringraziati
abbastanza per tutto quello che avevano fatto per lui, ma soprattutto
per
Itachi.
Naruto
fece
un sospiro da principessa innamorata. “Mi piacerebbe
così tanto incontrarlo,
vorrei dirgli di persona quanto lo trovo fantastico”.
“Oh,
sono
certa che prima o poi se ne presenterà
l’occasione” gli assicurò Sakura
lanciando una chiara occhiata a Sasuke. La donna sapeva anche della sua
cotta
per l’amico e gli dava sempre il tormento per quello, secondo
lei doveva
aprirsi e rivelare la verità a Naruto.
Come no.
Prese il
telecomando dal tavolo e spense la televisione stizzito, Naruto fece un
verso
di disappunto.
“Dobbiamo
fare i compiti, scemo” lo riprese.
“Sasuke!”
lo richiamò Sakura contrariata, poi aggiunse:
“C’è Shisui a casa, dovresti
andare a salutarlo. È da lui”.
Annuì
prima
di fare le scale verso il piano superiore. Non aveva idea di che lavoro
facesse
Shisui, ma spesso lo teneva lontano da casa molti giorni e quindi non
sempre
poteva vederlo. Parcheggiò Naruto in camera propria e poi
continuò per il
corridoio verso la stanza dove riposava suo fratello.
In tutti
quegli anni non si era mai svegliato.
“È
permesso?” domandò prima di spingere la porta.
Sembrava
una stanza di ospedale, molto spoglia e con un grande letto dove
dormiva
Itachi, aveva dei tubicini su per il naso e infilati nel braccio, un
monitor al
lato del letto segnava le sue funzioni vitali. Non aveva idea di come
avessero
potuto procurarsi qualcosa del genere.
Shisui
era
sulla poltrona e sorrise non appena lo vide.
“Ehi,
campione!” gli fece segno di avvicinarsi e subito dopo Sasuke
si trovò
costretto in uno dei suoi soliti abbraccia spaccaossa. Shisui aveva
qualche
anno in più di Sakura, ma restava comunque abbastanza
giovane e aveva un’indole
giocherellona in grado di mettere chiunque a proprio agio.
“Ho
sentito
della tua ultima impresa” gli disse facendolo imbarazzare.
Perché tutti
volevano sempre parlare di Mille Falchi?
“Uhm,
sì.
Niente di che” bofonchiò
“C’è Naruto in casa” aggiunse.
Shisui
annuì, poi gli passò una mano sul viso e lo
guardò attento. “Hai le occhiaie
Sasuke, almeno riesci a dormire?”
“Sì,
sì”
gli garantì, anche se era esausto. Fare il supereroe, lo
studente liceale e il
brav’amico occupava molto tempo che spesso doveva prendere
dal sonno.
Shisui
non
sembrava convinto dalla sua risposta, anzi il suo sguardo si era fatto
strano e
sembrava pronto a iniziare un Discorso – uno di quelli con la
D maiuscola –,
perciò deviò l’argomento su Itachi.
“Come
sta?”
Shisui
si
adombrò. “Come al solito” ammise
“Non è migliorato, ma non è nemmeno
peggiorato”.
Sasuke
guardò indecifrabile il volto pallido del fratello. Ogni
volta che lo vedeva su
quel letto si sentiva il cuore comprimere e si chiedeva come sarebbero
andate
le cose se fosse riuscito a evitare tutto quello, se solo fosse stato
più
veloce con il teletrasporto.
Sentì
la
mano di Shisui spettinargli i capelli.
“Mi
raccomando, Sasuke, non cacciarti troppo nei guai. Quello che stai
cercando di
fare è fantastico, ma… non farti male, per
favore”.
Non gli
rispose, non era mai stato troppo bravo con le parole, quindi lo
salutò con un
mormorio e tornò in camera sua. Naruto si era disteso sul
letto e stava
leggendo un fumetto della Marvel.
“Ti
prego,
basta supereroi” sospirò.
“Scusami,
ma sono troppo forti” gli fece la linguaccia.
Sasuke
si
mise alla scrivania. “Dovremmo fare i compiti”.
Sbuffò.
“Che noia, non ho voglia” fece una pausa
“Secondo te Mille Falchi va a scuola?
Quanti anni avrà? Secondo me è un universitario
ed è bravissimo”.
Tirò
fuori
il libro dei compiti per nascondere dietro di esso il sorriso lusingato.
“Smettila
di dire idiozie e vieni qui”.
Finalmente
lo ascoltò e si sedette sulla sedia accanto.
“Perché
odi
così tanto Mille Falchi?” si lagnò.
“Non
è che
lo odio” lo corresse piccato “Sei tu che parli solo
di lui, è noioso”.
“Non
è
noioso” si indignò “È un
eroe, ci protegge! Solo perché tu non fai mai niente
per aiutare gli altri non significa che non ci siano persone
così ammirevoli”.
Stupido, stupido
Naruto, lo
insultò.
Gli
puntò
contro il righello. “Hai intenzione di fare i compiti o di
parlare di un
ridicolo tizio in calzamaglia? No, perché nel caso puoi
tornartene a casa e ci
vediamo a karate”.
“Tzé,
come
vuoi tu” lo accontentò con una smorfia
“Ma giusto per dire, quella ridicola
tuta in calzamaglia gli fa un culo pazzesco”.
Arrossì
fin
sopra l’attaccatura dei capelli. “E che ne sai tu
del suo culo?”
“Dalle
riprese e dalle foto” spiegò tranquillamente, lo
sguardo sognante “Dio, ogni
volta vorrei strizzare quel culetto d’oro”.
Sasuke
era
certo che fosse umanamente impossibile sentirsi più in
imbarazzo di lui in quel
momento. Voleva sprofondare sotto terra o essere colpito da un fulmine,
qualsiasi
cosa pur di non sentire i commenti così schietti di Naruto
sul proprio sedere,
senza contare che ormai l’idea delle mani
dell’amico strette sul suo didietro
lo stava facendo eccitare.
“Ti
prego,
non mi interessa” lo supplicò spiaccicandosi una
mano sulla faccia “Sta’
zitto”.
Fortunatamente
lo ascoltò e Mille Falchi non fu più tirato in
mezzo.
**
Con l’avvicinarsi
della fine dell’anno si
avvicinavano anche i test finali. Sasuke era troppo stanco e impegnato
con la
sua doppia identità per poter studiare e spesso si
addormentava anche in
classe. Naruto era convinto che avesse la febbre, mentre Sakura e
Shisui si
erano fatti nei suoi confronti più apprensivi. Una volta
avevano tentato di
impedirgli di uscire, ma con il suo potere era stato fin troppo facile
scappare
alla loro supervisione. Avevano litigato, ma non gli importava.
Nonostante la
contorta gelosia e l’imbarazzo, lo sguardo ammirato di Naruto
davanti a una
nuova impresa di Mille Falchi era diventato ormai una droga per lui.
Una di
quelle sere si fermarono a mangiarsi un panino, Sasuke era
particolarmente
stanco, ma sorrideva tranquillo mentre l’amico ripeteva
entusiasta come avesse
steso il suo avversario nella lezione appena trascorsa. Quel giorno non
aveva
ancora nominato Mille Falchi, c’era una tiepida aria
piacevole, il giorno dopo avevano
scuola e il tipo degli hot dog gli aveva fatto uno sconto. Era una
serata
perfetta e tranquilla da passare con il suo migliore amico, nulla al
mondo
gliela avrebbe rovinata.
Un’esplosione
ferì le loro orecchie e un improvviso scoppio di calore gli
investì la faccia.
“AIUTO!
IL
PALAZZO VA A FUOCO!”
L’edificio
che faceva angolo con la strada su cui si trovavano era avvolto dalle
fiamme,
le finestre erano esplose e una folla di curiosi si era già
avvicinata, mentre
dalla porta gli abitanti degli appartamenti cercavano velocemente di
scappare
gridando aiuto.
“Qualcuno
chiami i pompieri!”
Naruto e
Sasuke si avvicinarono, quest’ultimo particolarmente nervoso.
Aveva la tuta
dentro la borsa da palestra, era una calzamaglia fatta in un tessuto
speciale
aderente che si piegava facilmente, perciò poteva portarla
sempre ovunque per
le evenienze. Ma vicino a lui c’era Naruto, sicuramente
avrebbe notato la sua
scomparsa e non era poi così stupido da non capire che Mille
Falchi fosse
proprio lui se fosse comparso all’improvviso. Non poteva
intervenire, dovevano
solo aspettare l’arrivo dei pompieri.
“Vi
prego,
aiutatemi” gridò una donna trattenuta dal marito
“Nostra figlia, nostra figlia
è rimasta bloccata lì dentro!”
I
pompieri,
i pompieri sarebbero arrivati presto…
Naruto
fece
cadere la borsa con il cambio e si tolse la giacca, Sasuke
spalancò gli occhi intuendo
subito le sue intenzioni.
“No,
non ci
provare…” cercò di bloccarlo, ma Naruto
era già schizzato dentro la porta della
casa in fiamme.
Spalancò
la
bocca. C’è un limite
all’idiozia. Tutti
hanno un istinto di autoconservazione, ma a quanto pare non doveva
valere anche
per Naruto.
Appena
Naruto
entrò nel pianerottolo il calore lo aggredì,
facendogli bruciare la pelle. Lo
ignorò e strinse gli occhi cercando di vedere qualcosa
attraverso l’aria
tremolante, percorse le scale cominciando a chiamare a gran voce.
“Ehi!
C’è
qualcuno?!”
Sentì
il
pianto di una bambina e lo seguì, evitando i punti dove le
fiamme erano
appiccate; il rumore veniva oltre una porta chiusa. Provò a
tirarla, ma si
rivelò essere bloccata.
“Ehi,
va
tutto bene!” gridò per tranquillizzare la bambina,
il pianto si interruppe
“Sono venuto a salvarti, ma devo sfondare la porta. Al mio
tre togliti da
davanti, va bene?”
Non
ottenne
risposta, sperò che il suo messaggio fosse arrivato, non
potevano sprecare
altro tempo. Il calore era insopportabile e gli lacrimavano gli occhi,
la gola
gli pizzicava per il fumo che stava respirano.
“Allora…
uno… due… tre!” si gettò con
tutto il proprio peso e fu certo di sentire la
propria spalla slogarsi, ma riuscì ad aprire la porta ed
entrare nella stanza.
Gli mancò il fiato notando quanto fosse messa male, il
soffitto sembrava pronto
a cadere da un momento all’altro. La bambina era rannicchiata
a terra, sporca
di fuliggine con il volto pieno di lacrime.
“Va
tutto
bene” ripeté prendendola in braccio “Ci
sono io, adesso torniamo da mamma e
papà” fece per rifare la strada al contrario ma si
bloccò e con orrore si
accorse che una parte delle scale aveva ceduto.
“Uhm,
magari non per di qua” borbottò e
iniziò a sentire il panico montargli nello
stomaco. Ormai la situazione lì dentro era un inferno e non
sapeva come
uscirne.
“Va
tutto
bene” ripeté per tranquillizzare soprattutto se
stesso. Dovevano solo saltare e
raggiungere l’altro pianerottolo. Potevano farcela, in fondo
il karate lo aveva
reso abbastanza agile e la bambina non era pesante. Non doveva pensare
alle
fiamme, al vuoto, alla possibilità di morire…
No, devo farcela
e uscire da qui. Sasuke deve darmi
dell’incosciente, non può di certo farlo sulla mia
tomba!
“Adesso
saltiamo” avvertì la bambina “Tieniti
stretta a me e non mollare mai la presa”.
La
sentì
annuire contro il petto e quella fiducia gli diede sufficiente
coraggio, fece
qualche passo indietro per prendere la rincorsa, poi saltò.
Per un momento
pensò di farcela, ma poi con orrore si accorse di non aver
calcolato bene:
mentre ancora era a mezz’aria un altro pezzo di pavimento
cedette, allargando
la voragine.
Cazzo, ebbe appena
tempo di pensare
prima che la forza di gravità lo spingesse verso il basso,
troppo lontano
dall’altro lato.
Un
rumore
acuto, stridente come il verso di un falco, gli ferì le
orecchie, mentre
avvertiva una scossa elettrica attraversarlo per tutto il corpo,
togliendogli
il fiato; poi franò sul pavimento, dall’altra
parte della voragine, la bambina
ancora tra le braccia.
Come…?
“Non
ci
posso credere ch tu lo abbia fatto sul serio!”
sbottò una voce pesante,
ovattata “Chi credi di essere, un atleta
olimpionico?”
Dolorante
si tirò a sedere e spalancò la bocca nel vedere
la figura che lo sovrastava,
era impossibile non riconoscere quella tuta scura, dalle sinuose linee
blu
elettrico che correvano lungo il profilo del suo corpo come le
diramazioni di una
saetta.
Mille
Falchi era davanti a lui, un’ombra tra le fiamme, bellissimo
come
un’apparizione angelica. Aveva una figura magra, slanciata,
ogni suo muscolo
era messo in rilievo dalla tuta attillata, perfino la testa era coperta
da quel
tessuto, dove due strisce azzurre disegnavano la forma degli occhi,
mentre una
maschera in metallo a forma di becco occupava la parte inferiore del
volto.
Era
così
sorpreso di avercelo davanti da non riuscire a dire
alcunché. Mille Falchi
sbuffò e si protese verso di lui.
“Dammi
la
bambina, è più sicura con me, testa
quadra”.
“Oddio…”
esalò, poi si rese conto dell’insulto
“Ehi, come ti permetti! L’ho appena
salvata!”
Non
poteva
vederne gli occhi, ma fu abbastanza certo lo stessero fulminando.
“Io vi ho
salvati, entrambi. E ora aggrappati a me, devo farci uscire da
qui”.
Aggrapparsi…
a Mille Falchi?
Deglutì
guardando meglio quella tuta aderente che non lasciava per nulla spazio
all’immaginazione. Cercò di non soffermarsi troppo
sul quel pensiero e gli
passò la bambina, aveva la gola secca e pensò non
fosse solo a causa del
calore. Mille Falchi la sistemò sulle proprie spalle,
facendola aggrappare a sé
come un koala, e le bisbigliò qualche parolina di conforto
all’orecchio. La
bambina sembrò riacquistare fiducia dopo quelle parole.
Il cuore
di
Naruto smise definitivamente di battere quando Mille Falchi lo
afferrò con uno
sbuffo, visto che non si era minimamente mosso, e gli fece allacciare
le mani
attorno alla propria vita. Riusciva a sentire la forma dei suoi
fianchi, il suo
bacino contro il proprio, il profilo del becco sfiorargli i ciuffi
biondi…
“Ora
non
urlate, sarà un po’ strano”.
Avvertì
una
scossa attraversarlo per tutto il corpo e istintivamente
aumentò la presa
sull’eroe, avvinghiandosi addosso a lui e premendo la testa
sul suo collo. Non
ebbe nemmeno il tempo di realizzare pienamente quello che stava
succedendo che
si ritrovò fuori, in mezzo alla strada buia, con
l’aria gelida che gli
asciugava il sudore per tutto il corpo. Attorno a sé udiva
le sirene dei
pompieri, voci concitate, urla e pianti, alzando appena lo sguardo vide
oltre
la spalla di Mille Falchi la casa ormai completamente divorata dalle
fiamme.
Finalmente realizzò la stupidaggine che aveva fatto
gettandosi lì dentro: se il
supereroe non fosse intervenuto prontamente lui sarebbe morto. Fu
abbastanza
certo di essere vicino a un mancamento, le gambe sembravano essersi
trasformate
in un budino.
“Ehm…
testa
quadra” borbottò Mille Falchi “Ora puoi
anche staccarti”.
“Nah,
sto
bene qui” balbettò fiacco, non si fidava per nulla
delle sue gambe e non voleva
cadere con il culo a terra davanti al suo eroe preferito. Eroe che
stava
abbracciando e che aveva letteralmente premuto contro.
Oh Dio, ti
sacrificherei venti confezioni di ramen
istantaneo per avermi dato questa opportunità…
“Margareth!”
“Mamma!”
la
bambina ancora sulle spalle dell’eroe scalciò per
la gioia e il piede colpì
Naruto al costato, che per la botta mollò la presa e
ruzzolò a terra.
“Dio
ti
benedica, grazie, grazie!” disse la madre in lacrime mentre
Mille Falchi le
passava la figlioletta in braccio.
“Dovere,
signora” disse quello formale, poi si girò verso
il ragazzo ancora a terra, gli
occhi azzurri lo guardavano increduli e adoranti. Gli tese la mano, per
aiutarlo a mettersi in piedi, ma Naruto sorrise a trentadue denti e si
tirò in
piedi senza accettarla.
“Grazie,
mi
hai salvato la vita” disse riconoscente “Sei
davvero fantastico come credevo”.
Mille
Falchi ringraziò di avere la maschera, era certo di avere il
volto in fiamme.
Essere finalmente guardati direttamente da quegli occhi con quello
sguardo gli
faceva venire le vertigini allo stomaco. Si chiese se rapirlo e
portarlo in un
posto inaccessibile per poter fare tutto quello che desiderava con lui
lo
avrebbe etichettato come criminale.
“Io
mi
chiamo Naruto, comunque” continuò
l’altro “È un piacere
conoscerti”.
Guardò
la
mano che gli aveva teso, non sapendo se afferrarla o meno.
“Mh,
sì” mormorò “Evita
di fare
idiozie del genere la prossima volta, poteva finire davvero
male” lo riprese
invece burbero.
Naruto
gli
rivolse uno sguardo imbarazzato. “Me lo dice sempre anche il
mio migliore
amico” ammise, poi sussultò e si mise a guardare
attorno a sé.
Mille
Falchi
era certo che lo stesse cercando, o meglio: che stesse cercando Sasuke.
Era il
momento di uscire di scena approfittando del piccolo caos che si era
creato.
Guardò
la
schiena di Naruto, era il momento perfetto visto che era distratto,
però… non
lo sapeva, forse l’adrenalina lo aveva reso un attimo
più impulsivo, ma voleva
approfittarne anche solo per poco.
Perciò
gli
si avvicinò alle spalle, sfiorandogli con la punta del becco
l’orecchio. Naruto
sussultò e fece per girarsi, ma lo tenne fermo in quella
posizione.
“Comunque”,
disse quasi in un sussurro “È la prima volta che
salvo un ragazzo così carino”.
L’orecchio
si accese di un rosso violento mentre il suo proprietario tratteneva il
fiato,
Mille Falchi ridacchiò prima di sparire, accompagnato da
quel suono stridulo
simile alle grida di uno stormo di falchetti. Quando Naruto si
girò, lui non
c’era più, al suo posto trovò sulla
strada un vecchio ombrello rotto con cui si
era scambiato per teletrasportarsi. Si abbassò sui calcagni
per prenderlo, un
sorriso enorme sulle labbra, quella era la prova che aveva davvero
visto Mille
Falchi, che ci aveva parlato e lo aveva pure toccato.
“Oi!”
Qualcuno
gli appoggiò una mano sulla spalla e riconobbe subito la
voce di Sasuke. Si
girò a guardarlo, gli occhi scuri lo fulminavano furiosi e
preoccupati insieme.
“Brutto
scemo, si può sapere che ti è preso?! Hai idea
dello spavento che mi sono preso
quando ti sei buttato lì dentro, volevi morire per caso?
Evita di farlo con me
presente, per l’amor del cielo. Ma io non capisco, la natura
con te ha fallito,
non c’è altra spiegazione. Quando stava
distribuendo l’istinto di sopravvivenza
tu eri da qualche parte a mangiare ramen, ne sono certo, deficiente che
non sei
altro…”
Naruto
ascoltò la sequela sconclusionata di Sasuke con un sorriso
ebete in faccia,
ancora sognante per l’incontro ravvicinato con
l’eroe. Non si rese nemmeno
conto che l’amico lo aveva trascinato davanti a
un’ambulanza. Un infermiere lo
fece sedere sul lettino mobile e poi gli diede una mascherina
perché potesse
liberare i polmoni dal fumo che aveva inalato stando dentro la casa.
“Ho
visto
Mille Falchi…” riuscì alla fine a
interrompere Sasuke, che si zittì di colpo.
“Oh”
disse
solo, non sapeva come reagire per non lasciarsi tradire
“E…”
“È
stato
fantastico!” gridò “Dal vivo
è ancora più bello e quella tuta, dannazione se
è
stretta…” si piegò in avanti facendo
versi indistinguibili. Un camice bianco si
avvicinò convinto che stesse male, ma Sasuke lo
cacciò via con un gesto della
mano.
“Sasuke,
avresti dovuto vederlo, un momento prima stavo per morire e poi puff!, me lo trovo davanti che mi dice
di aggrapparmi a lui. L’ho abbracciato e lui mi ha
abbracciato, te ne rendi
conto?”
Sasuke
si
mise una mano sull’orecchio. “Non urlare,
scemo”.
“Ha
detto…
ha detto che sono il ragazzo più bello che abbia
salvato” lo ignorò sognante
“Io… Sasuke, secondo te l’ho
conquistato? Si è innamorato di me? Oddio” si
agitò come una ragazzina di dodici anni al concerto della
sua boy band
preferita.
Sasuke
cominciò pentirsi di avergli detto quella cosa, era stato un
incosciente, ma
cosa aveva nel cervello? Ora Naruto lo avrebbe perseguitato a vita, la
sua
vicinanza gli faceva male.
“Ma
dai, lo
avrà detto per dire…”
borbottò per cercare di minimizzare.
“No,
Sasuke, tu non lo hai sentito! Per un momento ho pensato mi volesse
rapire!”
Be’,
il
piano era quello, era sorpreso che Naruto se ne fosse accorto.
“Ma
dai,
che scempiaggine” liquidò il tutto.
Un verso
da
bestia ferita uscì dalla bocca del biondo e andò
subito in panico, forse si era
ferito e lui non se n’era accorto e…
“Potevo
toccargli il culo! Avevo le mani vicinissime, una strizzatina al suo
culo
bellissimo…”
Sasuke
fu
indeciso se sprofondare sotto
terra o
uccidere il proprio migliore amico.
“Stavi
per
morire ed è questo a preoccuparti?”
“Tu
non
capisci” singhiozzò “Ho sprecato la mia
occasione, non mi capiterà mai più una
fortuna del genere, mai più”.
Sasuke
concordò, Mille Falchi non doveva assolutamente rincontrare
Naruto.
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Capitolo 2 *** II ***
II
Tre
giorni
dopo, Naruto stava ancora rimuginando sul sedere di Mille Falchi.
Sasuke
cominciava a non poterne più, era imbarazzante oltre ogni
limite. Soprattutto
perché i suoi commenti erano troppo sfacciati. Almeno era
certo che non
sospettasse nulla, altrimenti non avrebbe mai parlato così
proprio a lui.
Con
quell’argomento lo perseguitava a scuola, in giro, a casa e
perfino a karate,
come in quel momento.
“Secondo
me
fa il modello. Solo i modelli hanno un culo del genere”
annuì mentre buttava
con poca grazia il borsone sulla panca.
Sasuke
fu
più delicato e lo appoggiò
nell’apposito posto.
“Dacci
un
taglio, scemo” sibilò. “Non a tutti
interessa il culo di un idiota in
calzamaglia.”
Forse fu
troppo brusco, forse Naruto lesse nelle sue parole una frecciatina che
non
esisteva minimamente, perché distolse lo sguardo imbarazzato.
“Non
è un
idiota” ci tenne comunque a precisare. Si sedette per
togliersi le scarpe e non
lo guardò, sul volto una smorfia offesa. “Non
capisco perché tu lo odi tanto,
che ti ha fatto di male? A volte sembri geloso.”
Il suo
cuore sussultò a quelle parole e cominciò a
sudare nel panico, perciò disse le
prime parole che gli vennero in mente.
“Geloso
perché? Perché rischia la sua vita per degli
sconosciuti?”
“Geloso
perché è ammirato” precisò.
“Insomma, tutti almeno una volta hanno voluto
essere un eroe acclamato e amato dalla folla.”
Sasuke
fece
una smorfia. “Non tutti” lo corresse.
“Non mi è mai interessato essere un eroe
e non ho mai voluto l’ammirazione degli
sconosciuti.”
La tua
sì però.
Era
felice
che Naruto non sapesse leggere nella mente, spesso la sua coscienza lo
tradiva
con pensieri del genere.
“A
volte
non riesco proprio a capirti!” sbottò Naruto e nel
farlo si calò i pantaloni
senza un minimo di preavviso.
Nonostante
ormai dovesse essere abituato a vederlo nudo, Sasuke
sussultò per vederselo
all’improvviso con i boxer stretti addosso. Distolse lo
sguardo dai fianchi e
dalle cosce tese sperando di non essere arrossito.
“Sì,
va
be’, io vado a cambiarmi” borbottò e si
diresse verso il cubicolo del bagno con
il kimono di karate piegato fra le mani.
Naruto
non
commentò, gli rivolse solo un’occhiata neutra e
leggermente curiosa. Non aveva
mai visto Sasuke nudo, o solamente in biancheria intima o con il
costume
addosso. Non amava molto la piscina, quindi non ci andava mai e quando
succedeva restava sempre vestito. Allo stesso modo, non si era mai
spogliato
davanti a lui, nemmeno in quei casi quando dovevano cambiarsi per lo
sport.
Andava ogni volta in bagno a farlo. Era un comportamento che aveva
sempre
imputato a un esagerato pudore, ma in quel momento ripensò
alla frecciatina di
poco prima e gli venne il dubbio che in realtà il motivo
fosse un altro.
Io sono gay,
magari lo mette a disagio l’idea che io
possa vederlo nudo.
Quel
pensiero
lo intristì, perciò andò fin davanti
alla porta del cubicolo dietro cui si era
nascosto.
“Sasuke…”
lo chiamò appoggiandosi con la schiena, “tu lo sai
vero che sei il mio migliore
amico?”
In
realtà
trovava Sasuke attraente, era un bel ragazzo e il fatto che lo
conoscesse così
bene gli aveva fatto venire più di qualche dubbio sulla
natura dei suoi
sentimenti per lui, ma c’era come qualcosa che mancava,
qualcosa che non
riusciva a capire bene… un qualcosa che invece provava ogni
volta che pensava a
Mille Falchi.
In ogni
caso, non voleva che Sasuke si sentisse a disagio, la sua amicizia era
troppo
importante e non voleva perderla per niente al mondo.
“Tu
per me
sei come un fratello” continuò, “anche
se non so esattamente come sia avere un
fratello”. Sicuramente non si sognava di fare certe cose
strane con un
fratello. “Però ormai sei parte della mia
famiglia, quindi sei questo per me.”
La porta
del bagno si aprì, ne uscì Sasuke con sguardo
lugubre e imbronciato.
“Ho
già un
fratello” borbottò. “E anche se
è in coma, non me ne serve un altro.”
Lo
superò
lasciandolo spiazzato, lo sguardo ferito per quella risposta brusca. A
volte
Sasuke sapeva essere davvero crudele con le parole, sapeva esattamente
come
ferirlo. Però sapeva anche come farsi perdonare.
“Non
devi per
forza essere mio fratello per essere una delle persone più
importanti della mia
vita, va bene? Quindi smettila con queste cose melense e muoviti,
‘ché siamo in
ritardo.”
Riuscì
a
scorgere del rossore sulle sue guance e quell’ammissione
scacciò la sensazione
dolorosa che aveva provato.
“Sei
sempre
il solito bastardo!” lo insultò amichevole.
Tirò fuori il kimono e si vestì
velocemente sotto il leggero sorriso pigro dell’amico.
**
Sakura
guardava la lettera aperta sul tavolo, mentre Shisui si muoveva nervoso
per la
stanza scuotendo la testa. Anche lei era nervosa e l’agitarsi
dell’altro non
faceva altro che aumentare il suo fastidio.
“Questa
storia non può continuare” decretò
infine lui incrociando le braccia. “Dobbiamo
parlargli e dirgli di smetterla.”
Sakura
sospirò. “Certo, come l’ultima volta.
Non possiamo bloccarlo a casa, non con le
sue… capacità.”
Come
ogni
volta che nominava anche solo vagamente i poteri del ragazzo, Shisui si
irrigidì.
“Deve
capirlo anche lui, ne va del suo futuro!” le si sedette
accanto e afferrò la
lettera. “Rischia di non riuscire a diplomarsi, lo capisci
vero? Sasuke è un
genio, potrebbe avere i voti più alti, capisco che non
voglia esporsi, ma… questo
non significa fallire i test a pochi passi dal diploma!”
La
lettera
era arrivata dalla scuola quella mattina, li informava che Sasuke
rischiava di
non ricevere i crediti necessari per il diploma. Mancava ancora qualche
test,
la faccenda era recuperabile, ma con la doppia vita che
viveva… Sakura era
preoccupata, per quanto avesse cercato di incoraggiarlo, ora temeva di
non aver
fatto la cosa giusta. Sasuke era solo un ragazzino in fondo, non era
giusto che
si prendesse sulle spalle le preoccupazioni degli adulti, lui doveva
solo
preoccuparsi per la scuola e la ragazza che amava.
Cioè,
il ragazzo,
ricordò a sé stessa.
Fargli ammettere di essere innamorato di Naruto era stato abbastanza
complicato, ma solo uno stupido non si sarebbe accorto del modo in cui
lo
guardava, lo cercava.
“Recupererà”
asserì Sakura cercando di essere più sicura di
quanto non fosse.
Shisui
si
prese la testa fra le mani. “Vorrei avere la tua stessa
sicurezza, Sakura” mormorò.
Poi aggiunse: “ogni volta che lo vedo, che vedo
Itachi… sto facendo un
disastro”.
Lo
guardò
con dolcezza e gli accarezzò i capelli. “Stai
facendo del tuo meglio, questo
basta.”
“No
che non
basta, Sakura” disse alzando la voce, “Sasuke mi
preoccupa… Se gli succedesse
qualcosa sarebbe colpa mia, te ne rendi conto?”
“Non
gli succederà
niente.”
“Combatte
contro i criminali!” sbottò. “E ha
diciassette anni, invece di dormire se ne va
a spasso a rischiare di beccarsi una pallottola in pancia.”
Era il
terrore che attanagliava anche lei, spesso lo aspettava sveglia di
notte e si
sentiva tranquilla solo quando lo vedeva rincasare.
“Non
succederà” ripeté piano, gli prese la
mano fra le sue e gli baciò il dorso. “Sa
cavarsela.”
“Mi
sembra
di non star facendo abbastanza” ammise. “Sono un
pessimo tutore, come posso
crescerlo se a volte non ho nemmeno il coraggio di guardarlo in
faccia?”
Sakura
capì
che il discorso era deviato verso l’argomento
tabù, quello che nessuno dei due
osava mai tirare fuori. Se era Shisui a farlo significava che era
davvero
scosso.
“Dovresti
parlargliene…”
Fu
interrotto da una risata amara. “Come no, mi
ammazzerà ancora prima che possa
finire.”
“Non
è
vero, Sasuke ti vuole bene.”
“Credi
che
me ne vorrà anche quando gli dirò
questo?” la guardò scettico. “No, non
posso
farlo.”
“Prima
o
poi lo scoprirà e sarà peggio” gli fece
presente. “Devi essere tu, devi dirlo a
Sasuke.”
“Che
cosa
deve dirmi?”
Entrambi
sussultarono quando sentirono la voce di Sasuke, era
all’entrata della cucina e
aveva lo zaino ancora sulle spalle. Era appena tornato da scuola e
sembrava particolarmente
stanco. A Sakura si strinse il cuore a vedere le occhiaie segnate, quel
ragazzo
dormiva decisamente troppo poco.
“Ehi,
campione” Shisui si incollò un perfetto sorriso
entusiasta sulle labbra. “Com’è
andata oggi a scuola?”
Ma
Sasuke
non si fece incantare e appoggiò gli occhi sulla lettera
ancora sul tavolo, le
cose gli si fecero chiare quando vide il logo della scuola.
“Ah,
ve lo
hanno detto” commentò apatico.
Shisui
sospirò e gli fece segno di sedersi sul tavolo con loro.
“Parliamo.”
“Mi
dispiace,
credevo di essermi preparato a sufficienza, la prossima volta
rimedierò” disse
invece restando sull’entrata.
“Sasuke…”
iniziò incerta Sakura, “ce lo dici ogni volta,
ma… non sei concentrato sullo
studio, è questo il problema”.
“Esatto”
annuì Shisui. “Forse dovresti smetterla con questa
storia del supereroe
mascherato.”
Sakura
avrebbe voluto dare una padellata in testa a Shisui, a lui e alla sua
totale
mancanza di tatto.
“Siamo
preoccupati per te, non vogliamo vederti ferito
o…” tentò di mitigare, ma
Sasuke la fulminò con lo sguardo. Aveva la mascella
contratta ed era furioso,
poteva dirlo con certezza.
“Non
occorre” disse gelido. “So badare a me stesso e
sistemerò questa faccenda. Era
solo un test…”
“Ma
non è
l’unico” lo interruppe Shisui. “Non
capisci, il diploma è importante, non…”
“Lo
capisco, lo so” sbottò. “Ma anche questo
è importante. Devo solo trovare un
equilibrio e resistere, ma ce la farò. E se non vi dispiace,
sono stanco,
vorrei andare a dormire.”
“Sasuke,
non ho…”
Ma lui
si
era già teletrasportato, scomparendo dall’entrata
e lasciando al suo posto un
calzino sporco.
**
“Dovevi venire, bastardo, invece di fare il
solito misantropo.”
“Mh”
commentò Sasuke saltando sul tetto dell’edificio
successivo. Era una notte
serena, la luna illuminava le strade con i suoi raggi, ma Sasuke
riusciva a
vedere comunque nell’oscurità anche quando era
nuvoloso. Stava facendo la ronda
saltando di tetto in tetto, allo stesso tempo parlava con Naruto a
telefono.
Era appena stato a una cena con i loro maestri di karate; Sasuke non ci
era andata
per poter dormire un po’ prima della sua uscita notturna, con
l’amico aveva
usato la scusa di Shisui arrabbiato per il test – cosa tra
l’altro vera – che
non gli permetteva di uscire. La cena era finita in quel momento ed era
molto
tardi, non gli piaceva l’idea di Naruto che camminava per la
città di notte da
solo, perciò lo aveva chiamato per assicurarsi che arrivasse
a casa sano e
salvo. Aveva un brutto presentimento e spesso i suoi presentimenti
erano
giusti.
“Non
ci credo che Shisui sia arrabbiato con te, è
sempre così gentile…”
“Solo
perché con te è simpatico non significa che non
mi tenga il muso” brontolò
contrariato facendolo scoppiare a ridere.
“Lo
capisco, non deve essere facile avere a che fare con
una testa di cazzo come te.”
“Spiegami
allora perché tu continui a sopportarmi” gli
lanciò la frecciatina, ogni tanto
gli faceva domande del genere per vedere che cosa gli rispondesse. Ma
ogni
volta la spiegazione era sempre la stessa.
“Perché
siamo amici, per cosa altrimenti?”
“Sì,
giusto” grugnì. “Logico.”
Lo
sentì
ridere. “A volte sei davvero
strano. E
cos’è questo rumore?”
Sasuke
si
era appena teletrasportato, doveva fare qualcosa per lo stridore che lo
accompagnava ogni volta che lo faceva. Era stato quello a fargli
guadagnare il
nome di Mille Falchi.
“Niente,
il
computer. Sto guardando qualcosa in streaming.”
“Ah, sì, cosa?”
“Ehm…
Voltron” fu il primo nome che gli venne in mente.
“Fantastico! Finalmente hai deciso di
iniziarlo” il suo strepito entusiasta lo costrinse
ad allontanare
l’apparecchio dall’orecchio di qualche centimetro.
“E dimmi, chi è il tuo
preferito? Chi, chi, chi?”
“Non
lo so,
devo ancora capire” improvvisò.
“Io adoro Keith, è così bello
e coraggioso,
ne sono totalmente innamorato” fece una pausa nella
quale Sasuke alzò gli
occhi al cielo. “Sai, secondo me ti
assomiglia.”
A volte
si
chiedeva come si potesse essere così scemi.
“Dove
sei?”
domandò per sviare l’argomento, aveva la faccia in
fiamme. Non sapeva davvero
cosa pensare, a volte Naruto se ne usciva con frasi del genere che lo
mandavano
in confusione.
“E che palle, sei peggio di mia
madre…” borbottò.
“Sono all’incrocio del
Donut Shop.”
“Sei
ancora
distante” considerò preoccupato.
“Eh” si lamentò.
Sasuke
si
teletrasportò verso il punto indicato da Naruto,
finì proprio sull’enorme
ciambella in plastica del negozio, si era sostituito con un bullone.
Vide
Naruto attraversare la strada e lo guardò compiaciuto. Le
temperature erano
calde, quindi non indossava il giubbotto e si vedeva la camicia bianca
fasciargli il petto. Era bello prima, ma crescendo lo era diventato
ancora di
più. A volte i bulli lo prendevano in giro per i graffi che
aveva sul viso, ma
lui trovava quel dettaglio molto sexy.
“Ma esattamente a che punto sei che
c’è tutto
questo rumore”.
“Stanno…
stanno combattendo.”
In
Voltron
combattevano, vero?
“Hanno già formato Voltron?”
Non
capì
cosa intendesse, ma confermò: “sì,
è appena successo.”
“Ah, che figata. Dopo voglio sapere
assolutamente che ne pensi.”
Si
appuntò
mentalmente di andare a cercare la trama dettagliata su internet una
volta a
casa.
“Ci
sei?”
domandò Sasuke accorgendosi del lungo silenzio. Si
spostò in cerca di una
postazione migliore, i suoi occhi scandagliarono
l’oscurità cercandolo. Quando
lo avvistò si accorse che una figura lo stava pedinando a
distanza ravvicinata.
“Ehm, sì, sì”
dal tono nervoso sembrava
essersene accorto anche lui.
Cominciò
a
preoccuparsi, perciò si avvicinò per essere a
portata in caso di bisogno.
“Va
tutto
bene?” domandò.
Lo
sentì
esitare, ma poi sospirò. “Credo che un tizio mi
stia seguendo.”
Lo
credeva
anche Sasuke. “Accelera il passo.”
Lo fece,
anche l’individuo alle sue spalle camminò
più veloce. Socchiuse gli occhi
quando al primo se ne aggiunse un altro.
“Sasuke…”
mormorò Naruto preoccupato.
“Sta’
calmo” gli ordinò e bestemmiò
internamente. Dovevano finire così tardi quella
cena? E perché nessuno si era proposto di accompagnarlo a
casa o di andare in
un ristorante più vicino? No, a mangiare il sushi in
periferia dovevano andare!
“Sasuke…”
ripeté ancora, “io mi
metto a correre, metto giù”.
“No,
non
farlo, idiota, non attacc-.”
Aveva
attaccato. Imprecò
contro lo schermo
nero e tornò a guardare Naruto sulla strada: aveva iniziato
a correre, ma anche
i due uomini lo avevano fatto, presto lo avrebbero raggiunto. Non era
abbastanza veloce, al contrario degli altri due. Si infilarono in un
vicolo,
sparendo alla sua vista.
“Questa
te
la metto in conto, scemo” mormorò fra
sé, poi si teletrasportò.
Naruto
non
era mai stato così tanto spaventato nella sua vita. La
strada buia era deserta,
casa era ancora lontana e quei due uomini non mollavano la presa. Era
senza
fiato e le sue gambe stavano rallentando anche se cercava con tutto
sé stesso
di correre più forte. Inciampò e prima di
rendersene conto si trovò a ruzzolare
a terra, sbucciandosi i palmi delle mani.
I due
uomini lo sovrastarono subito.
Cazzo, cazzo,
cazzo…
Ora era
ancora più spaventato. Sasuke aveva ragione, avrebbe dovuto
farsi accompagnare
da qualcuno.
Il
pensiero
di Sasuke, al quale aveva messo frettolosamente giù al
telefono, che si stava
guardando Voltron dopo mesi che lo supplicava, gli diede sufficiente
forza per
alzarsi e cercare di reagire.
“Che
volete
da me?” domandò guardingo arretrando. Era cintura
marrone di karate e, anche se
non aveva poi chissà quale forza bruta, poteva tenergli
testa.
“Hai
dei
soldi, ragazzo?” domandò uno di loro.
Impallidì quando lo vide tirare fuori un
coltellino.
Aveva
dei
soldi, ma lui non navigava nell’oro, non gli andava di
lasciarglieli così senza
fare niente. Quelle banconote gli servivano.
Non possono
farmi davvero del male…
Scosse
la
testa. “No, mi dispiace, avevo i soldi contati, non ne ho
più.”
“Come
no”
sputò sprezzante l’altro, poi fece un gesto al suo
compare. “Bloccalo e
perquisiscilo.”
Provò
a
reagire, ma fu spinto contro il muro con forza e sbatté la
testa; la botta lo
annebbiò momentaneamente e l’uomo poté
girarlo con la faccia premuta contro la
parete. Le sue mani iniziarono a perquisirlo nelle tasche dei
pantaloni, anche
se gli tremavano le gambe cercò di divincolarsi. Quel
criminale era troppo
forte.
“Eccolo
qui” tirò fuori il portafoglio, lo
lanciò all’altro che lo prese al volo.
Tirò
fuori le banconote, contandole.
“Niente
male per uno che era rimasto senza soldi” commentò
ghignante.
La presa
che lo teneva addossato al muro svanì e lui
scivolò a terra in ginocchio.
Attaccare briga contro i bulli era un conto, con dei
criminali…
Un
calcio
lo colpì al costato e cadde a terra con uno sbuffo di dolore
e sorpresa.
“Che
razza
di bugiardo” lo insultò il suo aggressore.
Serrò gli occhi spaventato, sicuro di
star per ricevere un altro colpo, ma poi sentì quel rumore.
Lo
stridere
di uno stormo di falchi.
Spalancò
gli occhi appena in tempo per vedere Mille Falchi atterrare il
criminale con un
calcio allo stomaco.
“Va
tutto
bene, testa quadra?” gli domandò. Il suo tono
sembrava furioso.
“S-sì”
mormorò deglutendo.
Con la
bocca spalancata lo vide mentre li metteva fuori combattimento,
teletrasportandosi in continuazione e prendendo il posto degli oggetti
attorno
a loro. Ma poi lo vide usare anche l’altro aspetto del suo
potere: la
manipolazione della materia. Prese un coperchio della spazzatura e lo
plasmò
finché non si allungò a formare una sorta di
lama, con la quale in pochissime
stoccate rese innocuo l’avversario. Fece perdere i sensi a
entrambi, poi usò la
stessa lastra di metallo come corda per legarli.
“Wow”
commentò Naruto folgorato. Lo aveva visto in azione, lo
aveva visto combattere
davanti ai suoi occhi ed era stato fantastico.
Se lo
ritrovò davanti, incredibilmente vicino. Era più
alto di lui, perciò dovette
alzare la testa.
“Stai
bene?” gli domandò ancora, sembrava essere davvero
preoccupato. “Ti hanno fatto
qualcosa?”
Scosse
la
testa un attimo confuso. “No, io… sto
bene” inarcò un sopracciglio, lo spavento
era già passato del tutto. “Mi segui per caso che
ti sei precipitato subito
qui?”
“Ero
nei
paraggi” glissò.
“Una
fortuna.”
“Già.”
Rimasero
in
silenzio a fissarsi, Naruto non riusciva a credere di averlo
così vicino,
voleva aggiungere qualcosa ma non sapeva cosa. Era stato tutto
così veloce che
faticava a realizzare bene la situazione.
Mille
Falchi si allontanò verso i criminali senza aggiungere altro
e Naruto si morse
il labbro deluso per la fine del momento. Solo lui aveva percepito una
certa
tensione?
“Ehi
te vai
di già?” gli domandò.
“Porto
questi davanti alla centrale” indicò i due
criminali legati. “Non ti muovere da
qui, torno subito.”
“Cosa?”
“Ti
accompagno a casa. Hai una propensione a metterti nei guai, sei un tale
imbranato che è meglio che stia con te.”
Arrossì
vistosamente. “È la prima volta che mi succede una
cosa del genere!” sbottò
oltraggiato.
“Come
l’altra
volta in mezzo al fuoco.”
“Era
un’altra situazione”
s’imbronciò. Era tenero con le guance gonfie e gli
occhi
contrariati.
“Aspettami
qui, torno subito” ripeté Mille Falchi. Fu di
parola, perché l’eco del primo
teletrasporto non si era ancora estinto che era di nuovo al suo fianco.
Naruto
fece un salto nel percepirlo così vicino.
“Dove
abiti?” gli domandò.
Gli
diede
l’indirizzo. “Devo aggrapparmi ancora a
te?” domandò speranzoso.
Annuì.
“Sì,
ma non mettere le mani in posti strani” precisò
ricordando le loro ultime
discussioni.
Lo
guardò
deluso ma ubbidì, allacciò semplicemente le mani
attorno al suo collo, lontano
dal suo didietro. Ma avvertì comunque un senso di vertigine
quando sentì le sue
mani sui suoi fianchi, quella presa rese meno spiacevole la scossa
elettrica
che gli attraversò il corpo. Tempo di un battito di ciglia
si trovò al centro
della strada che attraversava la sua via, tra i familiari e alti
condomini
circondati da uno spelacchiato cortiletto.
Naruto
abbassò lentamente le mani, fece scivolare le mani lungo le
sue spalle e le sue
braccia, approfittandone per tastare anche i muscoli nel frattempo, e
attese
che anche lui togliesse la presa dai suoi fianchi.
Non lo
fece.
Aveva la
tentazione di togliergli quel becco e vedere qual era la forma delle
sue
labbra. E poi il resto della maschera per vedere come fosse realmente
il suo
volto.
“Grazie,
anche per l’altra volta” disse giusto per spezzare
il silenzio, si era fatto
così spesso che si poteva tagliare.
“Ho
solo
fatto il mio dovere” replicò e finalmente lo
lasciò andare.
Naruto
rimase a guardarlo con le braccia lungo il busto, temeva il momento in
cui lo
avrebbe salutato e sarebbe sparito in mezzo allo stridore. Voleva
rubargli
ancora un po’ di tempo, tutto quello era incredibile e temeva
si trattasse di
un sogno. Doveva dire qualcosa per trattenerlo ancora un po’.
“Ma
mi
trovi davvero carino?” domandò. “Non
stavi scherzando?”
Era
difficile capire come avesse reagito a quella domanda, la maschera
impediva di
scorgere qualsiasi espressione, sembrava costantemente impassibile.
“Non
scherzo mai, l’ho detto perché lo penso.”
Il suo
volto si chiazzò di rosso, un particolare che Sasuke
trovò adorabile. Sapere di
essere stato lui a procurargli quello sguardo lusingato lo faceva stare
bene.
“A
me
piacciono i ragazzi” ammise Naruto. “E credo di
essere innamorato di te.”
Rimase
di
sasso. Amava e odiava la spavalderia di Naruto, la sua
capacità di dire sempre
tutto quello che pensava senza temere le conseguenze, a volte aveva il
potere
di mozzargli fiato. Come in quel momento.
Anche se
a
pensarci meglio gli veniva da ridere: il suo migliore amico, di cui era
innamorato da anni, si era innamorato della sua versione supereroica
senza
sapere che fossero la stessa persona. Cupido era un gran bastardo.
“Lo
so che
è ridicolo, che è impossibile che io mi sia
innamorato di una persona che non
ho mai visto e che riceverai continue dichiarazioni
d’amore” riprese Naruto,
parlò tutto d’un fiato mangiandosi anche le parole
“ma… sono innamorato di te,
davvero, lo so istintivamente, non posso spiegare perché.
Volevo solo lo
sapessi”.
Non
sapeva
come replicare. Cosa doveva fare? Una parte di lui voleva togliersi la
maschera
e rivelarsi, ma si chiedeva se in quel caso quella sorta di amore
sarebbe
durato. Naruto amava Mille Falchi, non Sasuke. Sasuke era solo il suo
migliore
amico. Ma anche nel caso più assurdo che tutto fosse andato
bene, non poteva
metterlo in pericolo in quel modo. Naruto sarebbe potuto diventare un
bersaglio
di qualche suo nemico, non poteva permetterlo. Al contrario doveva
proteggerlo.
Davanti
al
suo lungo silenzio, Naruto riprese la parola.
“Scusami,
non volevo metterti in questa situazione” abbassò
lo sguardo sulle proprie
scarpe. “Forse non dovevo dirlo, ma visto che mi trovi
carino… no, non so a
cosa stessi pensando” ridacchiò grattandosi la
testa per mitigare l’imbarazzo.
Sasuke
si
rendeva conto di dover rispondere, se se ne fosse andato senza dire
niente gli
avrebbe spezzato il cuore. E poi non voleva andarsene, voleva
crogiolarsi in
quelle parole anche se non era giusto.
“Non
sai
chi sono, magari ti potrei deludere” sicuramente lo avrebbe
deluso.
Forse le
sue parole erano state troppo dure, perché Naruto assunse
un’espressione ferita.
“Non
potresti mai deludermi. Sei la persona che più ammiro al
mondo, sei la mia
fonte di ispirazione. Io vorrei essere come te”
spiegò affrettato con un po’ di
impaccio, ma gli occhi brillavano di determinazione. “Non sto
mentendo, questi
incontri me lo hanno confermato: c’è qualcosa in
te che mi attira, sento che
potrebbe esserci una certa chimica fra noi due.”
“E
quindi?
Cosa vuoi fare? Propormi di uscire?” non voleva risultare
così sprezzante, ma
quando entrava nel panico non sapeva mai misurare le parole e reagiva
male,
decisamente male. “Ho dei nemici, non ho tempo per queste
cose.”
Ora lo
aveva decisamente ferito.
“Lo
so,
ma…”
“Dovresti
lasciar perdere questa cotta infantile e concentrarti su qualcosa
più alla tua
portata” voleva mordersi la lingua, picchiarsi, ma era
più forte di lui. Naruto
era uno stupido e anche lui ci era rimasto male. Naruto amava Mille
Falchi e
non Sasuke, era una situazione di merda. Forse gli avrebbe spezzato il
cuore sul
momento, ma poi si sarebbe ripreso e non avrebbe perso la sua vita a
seguire
qualcosa che non poteva avere. Naruto si meritava di essere felice con
la
persona giusta. Mille Falchi non era la persona giusta,
perché Sasuke non era
la persona giusta. In più così poteva tenerlo al
sicuro.
Naruto
lo
guardò con gli occhi spalancati, simili a quelli di un
cucciolo di labrador
appena abbandonato, e si sentì una merda.
“Va
bene,
scusami di averti infastidito” mormorò con lo
sguardo basso. “Grazie per avermi
salvato ancora, cercherò di non mettermi più nei
guai.”
Dovette
fare violenza su sé stesso per non rimangiarsi tutto e agire
in modo stupido.
Gli fece
solo un cenno rigido con il capo, prima di teletrasportarsi il
più lontano
possibile da lì e da quegli occhi tristi che lo colpivano
come un pugno allo
stomaco.
**
Concentrarsi
sui compiti quella settimana fu impossibile. Sasuke continuava a
ripensare alla
dichiarazione di Naruto e ogni volta si chiedeva se avesse fatto la
scelta
giusta, ma del resto che altro poteva fare?
Non mi potresti
mai deludere.
Tzé,
dici così solo perché non sai niente.
No,
aveva
fatto la scelta giusta, era l’unica soluzione, anche se si
sentiva in colpa.
Naruto in quei giorni era stato depresso e silenzioso, lui che non era
mai
silenzioso. Parlava fiacco e stava spesso zitto con uno sguardo
pensieroso e
bastonato. In qualità di suo migliore amico sapeva quello
che era successo; si
era aspettato che Naruto insultasse Mille Falchi e facesse qualche
battuta del
genere: “peggio per lui, non sa quello che si
perde”. Invece glielo aveva
raccontato con tono sconfitto, quasi biasimandosi per averci sperato, e
il suo
sguardo continuava a essere avvilito da allora.
Sasuke
provava
così tanto rimorso che per tirarlo su aveva iniziato davvero
a guardare Voltron
e ne parlava con lui, anche se quel cartone lo lasciava molto perplesso
e
c’erano diversi aspetti che non gli erano chiari. Almeno
Naruto ne era stato
entusiasta ed era riuscito a recuperare in parte il suo buon umore,
avrebbe
voluto poter fare di più però.
La
verità è che come amico faccio davvero schifo.
L’unica
cosa che non lo mandava definitivamente in depressione era il fatto che
Naruto
non avesse smesso di ammirare Mille Falchi. Anche se il suo entusiasmo
era più
fiacco e il sorriso un po’ triste, continuava a parlarne con
amore e
adorazione. Considerando quello che gli aveva detto sapeva di non
meritarlo,
era stato davvero stronzo.
Sussultò
quando bussarono alla porta della sua camera e si accorse di aver
copiato la
stessa riga dell’equazione due volte. Sospirò e
permise al suo ospite di
entrare.
Era
Sakura
e reggeva tra le mani un vassoio con tazze e biscotti.
“Pausa
tè?”
propose con un sorriso.
Annuì
grato
e le fece spazio.
“Come
sta
andando?”
“Male”
ammise. “Non riesco a risolvere.”
Sakura
guardò quella sfilza di numeri scritti in modo ordinato.
“Potresti chiedere
aiuto a Shisui, è un genio del calcolo.”
Non lo
avrebbe fatto, gli piaceva risolvere le cose da solo senza
l’aiuto di nessuno.
“In
realtà”,
continuò la donna, “non mi ferivo ai compiti, ma a
te. Come stai?”
La
guardò
senza capire.
“In
questi
giorni ci sei sembrato molto triste” spiegò
accarezzandogli la frangia. “C’è
qualche problema? Naruto? È da tanto che non viene
qui.”
Odiava
il
sesto senso di Sakura, a volte era fin troppo brava a capire il suo
umore e a
scoprirne lo origini. Non voleva parlarne, ma come sempre
capitolò sotto quegli
occhi verdi. Aveva bisogno di parlarne e Sakura era l’unica
con cui poteva
confidarsi.
La
tutrice
ascoltò in silenzio mentre le spiegava tutto e assunse
un’espressione di
biasimo quando riferì come avesse risposto a Naruto.
“Non
puoi
averlo detto sul serio.”
“Cos’altro
dovevo fare?” si difese. “Lo so che sono stato
brusco, ma si renderà conto
anche lui che ho ragione. Anzi, l’ha già capito da
solo che era infattibile.”
Gli
occhi
non smettevano di guardarlo con rimprovero. “Non lo ha
capito, Sasuke, se lo
ripete solo per convincersi e cercare di proteggersi. Sei stato davvero
cattivo
con lui.”
“Cattivo
ma
giusto” borbottò. “L’ho
svegliato dalla sua illusione, almeno non crederà
più di
vivere in una storia d’amore.”
“Tutti
abbiamo il diritto di credere nelle storie d’amore”
lo contraddisse. “Anche tu
ne hai il diritto.”
Capì
subito
dove voleva portare il discorso.
“Non
è
innamorato di me.”
“Sì,
invece” gli prese la mano. “Tu e Mille Falchi siete
la stessa persona e se gli
dirai la verità, lui non si tirerà indietro.
Anzi, sono certa che il suo amore
crescerà.”
“Sono
il
suo migliore amico, solo questo. Lui è innamorato di un
ideale.”
“E
che male
c’è in questo?” domandò.
“Amiamo il concreto, è vero, ma amiamo una persona
anche per quello che significa per noi.”
“Davvero?
E
Shisui allora cosa significa per te?” le ritorse.
Arrossì
per
quella domanda inaspettata e fu strano, la fece apparire molto
più giovane.
“Significa
riscatto, un nuovo inizio” disse seria, poi
sospirò. “Dici di aver fatto la
scelta giusta, ma se fosse davvero così ora non ci
rimuggiresti così tanto
sopra, non ti renderebbe così triste.”
“Non
sono
triste!”
“Lo
sei” lo
guardò quasi divertiva e molto materna. “Sasuke,
tu meriti di essere felice e
vivere la tua storia d’amore. Hai diciassette anni, devono
essere queste le tue
prospettive.”
“Ma
non
posso, è troppo complicato… dovrei spiegare
troppe cose.”
“Naruto
capirà” gli assicurò. “So che
fa paura, ma amare è proprio un salto nel vuoto.
Bisogna buttarsi anche se abbiamo paura, altrimenti non sapremo mai
cosa si
prova.”
Guardò
la
sua equazione pensieroso. Le parole di Sakura lo avevano convinto, ma
non si
fidava, non voleva dire la verità a Naruto. Non era semplice
paura, era puro
terrore.
“Le
cose
non sono sempre bianche o nere”, aggiunse Sakura,
“c’è sempre una tonalità di
grigio in mezzo, un compromesso, un punto di contatto tra i due,
ricordatelo”.
Fece una
smorfia quando si accucciò a baciargli la fronte, ma non si
scostò perché tutto
sommato ne aveva bisogno. Non ricordava più cosa
significasse avere una madre,
probabilmente non lo aveva mai saputo, ma Sakura era la figura che
più le si avvicinava.
La
guardò
chiudersi la porta alle spalle, grato che avesse capito che aveva
bisogno di un
po’ di tempo per pensare.
Un punto
di
contatto…
Lui era
innamorato di Naruto, ma Naruto era innamorato di Mille Falchi.
Però
io sono Mille Falchi.
Era
quello
il punto di contatto?
Ehilà!
Qualche
novità in questo grigio
lunedì di Ottobre? Io sono
circondata dall’acqua alta, la mia casetta
è diventata un’isola e un eroe
in grado di portarmi alla Coop mi farebbe davvero comodo xD ma non ne
ho a
portata, quindi finché non scende si mangia pasta in bianco
çwç
Ma
passiamo al capitolo! Vi
è piaciuto? Abbiamo avuto un altro incontro tra
i due, anche se non è stato dei migliori 3
però c’è sempre Sakura, santa
donna,
che sa risolvere le situazioni :’) lei e Shisui sono da fare
santi, altroché.
Giustamente si preoccupano, anche se forse nascondono
qualcosa…
Non dico
niente :v
Un bacio!
Hatta
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Capitolo 3 *** III ***
III
Naruto
era
disteso sul letto a giocare con la Play Station, aveva lo sguardo
concentrato
sul gioco, in più teneva la musica accesa alta,
perciò non lo sentì subito:
qualcuno stava picchiettando alla sua finestra. Appena se ne accorse
divenne
curioso, considerando che occupava con suo zio il quarto piano
dell’edificio.
Perplesso
si alzò dal letto, andò alla finestra e
tirò su le persiane. Quasi gli prese un
colpo quando vide Mille Falchi al di là del vetro.
Cosa…?
Aprì
la
finestra, l’aria fresca della notte lo colpì al
viso e un leggero vento gli
scompigliò i capelli.
“Ehi”
gli
fece l’eroe. “Finalmente.”
Era in
equilibrio sul balconcino, acquattato come un felino, la tuta nera lo
faceva
mimetizzare con il cielo notturno alle sue spalle. Naruto era troppo
sorpreso e
non sapeva nemmeno cosa dire.
“Che
cosa
ci fai qui?”
Doveva
farlo entrare o no? Si sentiva ridicolo per la felicità che
aveva provato nel
vederlo; nonostante nell’ultimo incontro l’altro
fosse stato fin troppo chiaro
su cosa pensasse dei suoi sentimenti, lui non era riuscito per nulla ad
abbandonarli e in quel momento il suo stomaco stava facendo le capriole.
Mille
Falchi si mosse nervoso sul balconcino in ferro.
“Ho
ripensato al nostro ultimo incontro” ammise.
Naruto
rimase in silenzio, si impose di non leggere nessun senso ambiguo in
quelle
parole, di non lasciarsi illudere. La sua coscienza aveva la voce di
Sasuke e
gli diceva di restare con i piedi per terra.
“Sì,
scusami di essere stato così impulsivo”
balbettò. “Non dovevo dire quelle cose.”
“No”,
lo
contraddisse, “sono io a dovermi scusare, sono stato
insensibile e ti ho
ferito, mi dispiace”.
“Ma
avevi
ragione” abbozzò un sorriso. “Sei carino
a venire fin qui solo per scusarti.”
“Non
sono
qui solo per scusarmi” gli rivelò, la sua voce
sembrava nervosa, quasi fosse in
imbarazzo.
Naruto
lo
guardò imbambolato, ormai si era lasciato andate alla
speranza.
Mille
Falchi si picchiettò il becco.
“Toglimelo.”
“Cosa?”
ora
era confuso.
“Sono
in
equilibrio, non posso farlo da solo” spiegò.
“Mi sbilancerei e cadrei giù.”
Non
spiegava tutto, ma lo accontentò. Si protese in avanti e
portò le mani alla sua
nuca, cercò l’aggancio alla cieca, lo sguardo
ipnotizzato sulla maschera. Così
vicino riusciva a intravedere gli occhi, sembravano scuri, dalla forma
a mandorla.
Un click lo informò di essere riuscito nel suo intento,
perciò afferrò
saldamente la maschera perché non cadesse e la mise al
sicuro. Era più leggera
di quanto pensasse.
Incapace
di
resistere alla curiosità, tornò a rivolgere lo
sguardo al suo volto per vedere
quale fosse la forma della parte inferiore del viso: era
particolarmente
affilata, con la pelle chiara, il naso dritto e le labbra sottili. Le
fissò
deglutendo, aveva la gola secca e stava sudando tantissimo.
“Allora?”
domandò a bassa voce Mille Falchi. “Non mi
baci?”
Si
costrinse ad alzare lo sguardo dalla sua bocca, per fissarlo negli
occhi. La
maschera ne disegnava il contorno rendendoli sottili e allungati come
quelli un
gatto.
“Non
sono
così maleducato da fare qualcosa del genere senza
permesso” disse deciso, anche
se aveva il volto in fiamme. Sentiva il suo fiato infrangersi sul viso,
era
caldo e piacevole.
“Ma
io te
lo sto chiedendo” lo informò.
Naruto
spalancò la bocca sorpreso, la mente in cortocircuito,
perciò fu Mille Falchi a
protendere il viso verso il suo. Fece combaciare le loro labbra,
socchiudendole
appena per invitarlo a ricambiare. Non che ce ne fosse bisogno,
perché reagì
prontamente, lo fece quasi con troppo entusiasmo. Per entrambi era il
primo
bacio, perciò si mossero un po’ alla cieca, ma non
importava, era perfetto
così.
Mille
Falchi lo afferrò saldamente per una spalla, poi con la
solita scossa li
teletrasportò entrambi. Naruto si ritrovò disteso
sul proprio letto, senza
fiato e con l’eroe su di sé che gli leccava il
labbro inferiore. La
realizzazione dell’intera situazione lo fece ansimare e nel
farlo aprì ancora
di più la bocca. Il bacio si approfondì, caotico
per la loro inesperienza, ma
sempre più bagnato e irresistibile. Naruto aveva iniziato ad
eccitarsi già quando
le loro labbra si erano incontrare, ma ora nel sentire il corpo di
Mille Falchi
premuto su di sé e le mani nei suoi capelli era
completamente duro.
Quando
si
staccarono erano rimasti entrambi senza fiato. Naruto aveva artigliato
le mani
al suo didietro e sentire quelle forme rotonde e dure sotto i palmi gli
mandava
continue scosse elettriche all’inguine.
“Credevo
non avessi tempo per queste cose” inciampò con il
respiro incredulo.
Mille
Falchi non rispose, affondò solo il viso sotto al suo collo
strofinando il naso
sulla pelle morbida. Fece scontrare i loro bacini e Naruto credette di
morire
quando sentì che, sotto la tuta attillata, anche il
vigilante era eccitato.
Per me. Oddio,
ci siamo baciati. Si è eccitato per me.
Cominciò
a
temere che quello fosse solo uno dei suoi sogni. Titubante
portò le mani sul
suo volto, sfiorando con le dita il bordo della maschera,
provò a sollevarla
per scoprire il resto del viso e poterlo finalmente vedere, ma Mille
Falchi lo
bloccò subito. Gli afferrò con forza i polsi
bloccando il suo movimento.
“No”
ordinò
deciso. “Questo no.”
Gli
sembrò
di sentire il proprio cuore precipitare nello stomaco.
“Ma…”
“Io
voglio
questo con te” lo interruppe, si passò la lingua
lungo le labbra lucide di
saliva “Ma ci devono essere delle condizioni. Non posso
rivelarti chi sono.”
“Perché
no?” protestò.
“È
meglio
così” tagliò corto.
“È più sicuro per entrambi.”
S’imbronciò.
“Voglio sapere chi sei, non lo dirò a nessuno, lo
giuro!”
Gli
prese
la mano e gli baciò l’interno del polso, quel
gesto lo fece arrossire.
“Lo
so, sei
troppo onesto per farlo” disse. “Ma deve fidarti di
me. Puoi farlo?”
La voce
di
Mille Falchi era dura e profonda, un po’ come quella di
Sasuke, ma non era
secca e tagliante come la sua, era cadenzata e soppesava con lentezza
ogni
parola. Era sexy.
Voleva
protestare, ma era troppo incantato e… be’, il
sangue non stava più affluendo
al cervello da un pezzo, concentrato tutto sull’inguine.
“Va
bene”
acconsentì con un sospiro sconfitto, ma poi pretese subito
dopo un altro bacio.
Aveva preso più confidenza con quei movimenti della bocca e
decise di essere
più lento, per gustarselo meglio. Mille Falchi si
adeguò a quel ritmo e si
strusciò sul suo corpo, facendolo impazzire.
Tornò ad appoggiare le mani sul
suo sedere e lo palpeggiò con gusto, si adattava
perfettamente ai suoi palmi.
Queste sono le
soddisfazioni della vita.
Mille
Falchi spostò le labbra dalla sua bocca e gli
baciò la mascella, scese poi a
leccare il collo, mordendo piano la pelle delicata. Naruto
respirò
pesantemente, gli faceva male l’erezione costretta nei
pantaloni.
Cominciò
a
chiedersi fino a dove fosse disposto a spingersi il supereroe,
perché in quel
momento la sua razionalità era andata a farsi benedire e
voleva fare tutto.
Sussultò
quando Mille Falchi tirò il colletto della sua maglia del
pigiama, scoprendo la
clavicola abbronzata e baciandola. Ma usò troppa forza nel
tirarlo e il suono
di una lacerazione accompagnò il momento in cui la
strappò fino all’ombelico.
Naruto
sussultò un attimo spaventato, mentre Mille Falchi si
lanciò all’indietro, sul
bordo del letto.
“Io…
mi
dispiace” si scusò preoccupato.
Il
ragazzo
guardò il proprio pigiama distrutto, la pelle del bacino
esposta.
“Non
importa” rise, perché nonostante tutto era
divertito da quell’impazienza, era
la stessa che agitava anche lui.
L’eroe
non
sembrava convinto, lo guardava amareggiato e dispiaciuto, come se
avesse fatto
un errore madornale.
“Solitamente
mi controllo meglio” precisò. “Ho perso
un attimo la testa.”
Quella
confessione lo lusingò. “Dai non è
successo niente. È solo un vecchio pigiama”
ridacchiò, colto da un pensiero. “Meno male che mi
sono cambiato, se avessi
rotto la maglia di Sasuke non mi avrebbe mai perdonato.”
Mille
Falchi s’irrigidì e le sue labbra presero una
piega strana.
“Ehm,
chi?”
domandò.
Lo
sguardo
azzurro si illuminò. “Sasuke, è il mio
migliore amico. Be’, anche l’unico in
verità, ma non è questo il punto. Ogni volta che
non gli restituisco qualcosa
si incazza, però a parte il suo carattere scorbutico
è fantastico. Gli voglio
davvero molto bene”.
Rimase
senza parole a sentire quelle parole. Naruto lo considerava fantastico,
nonostante gli ripetesse di essere un codardo, in
realtà… davvero faceva quello
sguardo quando parlava di lui? Sentì la vertigine
aggredirgli lo stomaco, come se
si stessero baciando ancora.
“Senti,
so
che sicuramente questo sarà un segreto… ma posso
dirlo a Sasuke?” lo distrasse.
“Lo manterrà anche lui, non mi ha mai tradito.
Potrei pure presentartelo,
secondo me andreste d’accordo.”
Quella
conversazione stava toccando tasti pericolosi, perciò decise
di chiuderla. Gli
tornò vicino, sistemandosi fra le sue gambe aperte,
appoggiò la mano sul suo
stomaco piatto, nonostante conservasse ancora un po’ di
morbidezza, e lo
ributtò disteso.
“Vuoi
davvero parlare di un altro ragazzo o continuare?”
domandò a voce bassa.
A Naruto
venne la pelle d’oca. “Sei geloso?”
“No”
negò
impassibile “Ma ho un ragazzo bellissimo davanti e vorrei
approfittarmene”.
Riuscì
nel
suo intento, Naruto si ammutolì, mentre la sua faccia
raggiunse ogni gradazione
di rosso possibile.
“Naruto,
non devi dirlo a nessuno. Nessuno, capito? È una cosa seria,
potresti mettere
in pericolo te stesso, potrebbero usarti per arrivare a me, per
ricattarmi”.
“Non
sono
uno sprovveduto, so prendermi cura di me”
s’indignò “Non preoccuparti, posso
cavarmela”.
“Lo
spero
per te, sarebbe una seccatura doverti salvare di nuovo”.
“Senti,
ma…. Nemmeno a Sasuke posso dirlo quindi?”
domandò in un broncio “Il fatto è
che con lui non ho segreti, non so se ne sarei in grado”.
Si
chiese
quale fosse la risposta giusta e meno sospetta, ma alla fine
scrollò le spalle.
“Se ti fidi di lui…”
“Tantissimo.”
“Allora
va
bene. Ma davvero, non tradirmi.”
“Per
chi mi
hai preso?” s’indignò. “Non lo
farei mai!”
Gli
baciò
il solco fra le sopracciglia contratte.
“Continuiamo?”
Naruto
allacciò le braccia attorno al suo collo e se lo
tirò contro, annuì felice, ma
poi fece un’espressione leggermente esitante.
“Posso
spogliarti?”
Si
sentì
riluttante ad accettare. “Il mio corpo… ha dei
difetti.”
Quella
risposta lo lasciò perplesso. “Dei difetti,
tu?” eppure quello che lasciava
intravedere la tuta era a dir poco perfetto.
“Ecco…
non
mi va di mostrarteli” mormorò.
“Te
l’ho
già detto, non c’è niente di te che
potrebbe deludermi” ripeté deciso
l’altro,
fece scivolare le mani lungo tutta la sua schiena, poi le
spostò in avanti,
strofinando il pollice sul gonfiore dell’erezione.
“E
poi, se
sei vestito, come posso rimediare qui?”
Mille
Falchi doveva essere arrossito, perché intravide il rossore
sbucare da sotto la
maschera. Ma quella argomentazione parve convincerlo.
“Ti
prego,
non farmi domande in merito.”
Scese dal letto e
cominciò ad armeggiare con
il costume fino a sfilarlo. Era di una stoffa sottilissima, che
scivolò a terra
silenziosa, sembrava acqua.
Naruto
capì
subito quali fossero i difetti che intendeva: il corpo era pallido,
slanciato, atletico
anche se non particolarmente muscoloso. Ma a deturpare quella pelle
tesa era un
reticolo di cicatrici rosate, ormai vecchie e guarite. La parte
agghiacciante
era che sembravano seguire un disegno preciso, non erano fatte a caso,
ma come
se fossero state fatte con un bisturi per cercare qualcosa che stava
sotto la
pelle. Non riuscì a non inorridire davanti a quella visione,
il cuore stretto
in una morsa.
Si
alzò dal
letto e allungò un braccio a seguirne una sotto lo sterno,
era appena in
rilievo rispetto al resto della pelle ma liscia.
“Cosa…”
“Niente
domande” gli ricordò afferrandogli la mano.
“Ma…”
“Te
ne
parlerò”, forse,
“ma non adesso”.
Naruto
era
scosso, aveva mille domande e visioni in testa, si chiese come se le
fosse
procurate, se c’entrassero con i suoi poteri o se fossero il
ricordo di un
qualche criminale. Ma Mille Falchi sembrava davvero riluttante a
parlarne,
probabilmente anche se cicatrizzate quelle ferite dovevano fare ancora
male;
perciò non insistette.
“La
maschera…?” sbatté le ciglia.
“Resta”
decretò.
Sbuffò,
ci
aveva provato, ma non insistette. Poteva farselo bastare per ora, ma in
futuro
ci avrebbe provato ancora a convincerlo.
Gli
sfiorò
le labbra in modo casto. “Io sono ancora vestito”
gli ricordò innocente.
Gli
afferrò
il bordo dei pantaloni, accarezzando la linea di pelle un poco
arrossata
dall’elastico.
“Rimediamo
subito, allora”.
**
Il
giorno
successivo, quando Sasuke e Naruto si trovarono per andare a scuola,
quest’ultimo era distratto e aveva uno sguardo sognante.
Sasuke rimase in
silenzio e non chiese niente, aspettando che fosse l’amico a
parlarne e
abbastanza curioso di sapere la sua versione di quella notte.
Per lui
era
stata semplicemente meravigliosa.
Non
erano
andati fino in fondo, però avevano fatto altro. Dovette
mordersi la guancia per
non mettersi anche lui a sorridere come un cretino.
“Ho
fatto
un pompino a Mille Falchi.”
Eh già.
Sussultò,
accorgendosi che Naruto aveva effettivamente parlato e che lui in
teoria non
doveva sapere niente.
“Cosa?”
domandò, cercò di imitare il tono che faceva
quando credeva che l’amico avesse
sbattuto la testa da qualche parte.
Certo
che
tra tutti i modi in cui poteva introdurre
l’argomento…
Naruto
era
rosso fino alla radice dei capelli e teneva lo sguardo puntato sul
marciapiede,
il suo imbarazzo era palpabile, così come la sua
felicità.
“Hai
sentito bene, bastardo.”
“Intendi
che lo hai sognato? Perché non mi interessano i dettagli,
che schifo. Tieniteli
per te i tuoi sogni da arrapato.”
In
realtà
aveva fatto tutt’altro che schifo, anche se a un certo punto
lo aveva morso. Ma
era una cosa che sarebbe migliorata con la pratica e lui era
decisamente
portato per quel lavoro di bocca.
Naruto
lo
colpì con una spallata.
“Sei
un
cretino” lo insultò, ma aveva il sorriso
più bello e spensierato che gli avesse
visto. “No, dico il vero Mille Falchi. Ieri notte…
è venuto in camera mia.”
E gli
raccontò tutto il resto, abbassando la voce ogni volta che
qualcuno si
avvicinava. Non era poi così sprovveduto alla fine.
Sasuke
lo
guardò scettico e sorpreso, anche se a dirla tutta era
davvero compiaciuto di
aver fatto un’impressione così bella a Naruto. Ne
era sollevato, perché per la
maggior parte del tempo si era sentito impacciato e aveva agito
d’istinto, non
molto certo di ciò che stava facendo.
“Secondo
te, Mille Falchi ha già fatto sesso?”
Spalancò
gli occhi colto di sorpresa. “Ma che razza di domanda
fai?” bofonchiò
imbarazzato.
Comunque
la
risposta era no.
Naruto
fece
spallucce. “Visto cosa abbiamo fatto ieri sera è
probabile che noi… eheheh”
ridacchiò con l’espressione di chi è
già partito per la luna.
“Secondo
me
corri troppo.”
Non
correva
affatto troppo, già non sapeva per quale miracolo divino si
fosse trattenuto la
sera prima dall’andare oltre. Forse l’ansia, del
resto era qualcosa di cui
conosceva solo la teoria, la pratica era tutt’altro
Naruto
lo
ignorò, sembrava pensieroso e un po’
giù di morale. “Secondo me ha già fatto
sesso. Ovviamente. È un eroe, avrà una fila di
persone disposte a fare sesso
con lui.”
“Mah,
non
saprei” replicò, spaventato che cominciasse a
considerarlo un esperto a livello
sessuale e si facesse troppe aspettative. “È
probabile che non abbia tempo per
queste cose, secondo me è vergine”
buttò lì.
Ma
Naruto
ormai si era impuntato. “No, è impossibile, non
è mica uno sfigato come noi. E
poi ieri sera era troppo sicuro e bravo per essere stata la sua prima
volta.
Cioè, era proprio… wow.”
Cercò
di
non compiacersi troppo e di mantenere l’espressione
distaccata.
“Bah,
come
vuoi tu.”
“Secondo
te
Mille Falchi è un top o
un bottom?”
Si
fermò in
mezzo al marciapiede, la faccia in fiamme. “Ma
che… la smetti con queste
domande?” sbottò.
“No,
è
importante!” protestò. “Devo capire come
comportarmi, insomma… e se vogliamo
fare tutti e due la stessa parte?”
“Non
voglio
parlarne.”
Lo
afferrò
per il braccio spiaccicandoglisi addosso. “No, dai, ti prego,
non c’è nessun
altro a cui posso dirlo! E io devo capire, non voglio fare disastri,
sembrare
un imbranato…”
“Tu
sei un
imbranato” lo corresse, ma l’altro non lo
ascoltò minimamente.
“Sasuke,
io
tutto quello che so sul sesso lo so per i porno e tra maschi le cose
sono
diverse che tra uomo e donna, no? Voglio dire, uno dei due
dovrà pure prenderlo…”
Avrebbe
voluto mandarlo al diavolo, ma le preoccupazioni dell’amico
fecero andare anche
lui in paranoia. Non ci aveva pensato a quell’incombenza.
“Tu,
ehm…
tu cosa preferisci? Passivo o attivo?” gli domandò
nell’imbarazzo totale.
“È
questo
il punto: non lo so!” si disperò.
“Insomma, la parte passiva è quella che fa
più male in teoria, però dover reggere la
situazione… io non so come si faccia
sesso. E se non lo preparassi abbastanza? Se gli facessi
male?”
“Allora
lascia a lui quel ruolo” borbottò arginando
l’ansia da prestazione che cominciò
già a sentire.
“Ma
fa male
prenderlo in culo!”
Lo disse
così forte che una vecchietta, intenta a portare il cane a
passeggio dall’altra
parte della strada, si voltò a guardarli con aria
scandalizzata.
“Non
gridare” mormorò sul punto di uccidersi per
l’imbarazzo.
“Non
voglio
che mi faccia male, tu non hai visto quanto è grosso, non
può entrare lì
dentro. È una parte delicata, e se poi non riesco
più a fare bene la cacca?”
Si morse
la
lingua soddisfatto per l’implicito apprezzamento sulle sue
dimensioni.
“E
allora
fai l’attivo, santo cielo.”
“E
se vuole
farlo lui?”
Sbuffò.
“Chiediglielo, magari te lo lascia fare.”
In
realtà
l’idea non lo entusiasmava tanto, Naruto aveva la delicatezza
di un elefante.
“Ma
se
faccio un disastro?” domandò infatti
l’amico in crisi. “Se mi rendo ridicolo?
Se non lo faccio venire? Se vengo prima io? Oddio, se vengo prima io
dopo come
facciamo?”
Ormai
erano
quasi arrivati davanti alla scuola e lui voleva che la smettesse di
parlare di
quella faccenda.
“Magari
sono le stesse domande che si sta facendo lui”
provò a consolarlo.
Naruto
si
guardò le scarpe. “Lui è sempre
così perfetto, è un eroe…”
“Questo
non
significa che non abbia dubbi” doveva assolutamente abbassare
le sue
aspettative, non sarebbe mai riuscito a reggerle. “Sotto la
maschera è un
ragazzo come te, scommetto che ha le tue stesse
preoccupazioni”.
Le ha, adesso per colpa tua le ha.
Ricevette
un’occhiata mogia e poi, prima che potesse evitarlo,
l’altro ragazzo gli franò
addosso in un abbraccio inaspettato.
“Oi”
domandò sentendo le ossa scricchiolare per la presa troppo
forte, ma finse
solamente di allontanarlo, in realtà adorava quando lo
abbracciava.
“Grazie,
Sasuke! Se non ci fossi tu… sono così felice di
essere tuo amico, non immagini
quanto ti voglia bene. Grazie per esserci sempre per me.”
“Ehm,
sì,
anche io” borbottò, gli diede qualche pacca sulla
spalla nella speranza che fosse
sufficiente. Non sapeva mai come reagire a quelle dichiarazioni, da un
lato gli
scaldavano il cuore, dall’altro lo facevano sentire frustrato
perché non voleva
essere solo suo amico.
Finalmente
Naruto lo lasciò andare e fece un passo indietro, sembrava
imbarazzato. Strano,
era solito lanciarsi in certi gesti d’affetto.
“Dopo
scuola potresti accompagnarmi a comprare del lubrificante?”
domandò grattandosi
la guancia.
Arrossì
ferocemente. Lo superò deciso a ignorare quella domanda.
“Andiamo
in
classe.”
“È
un sì?”
“Non
voglio
parlarne.”
“Ma
Sasuke…
Sasuke! Aspettami almeno, bastardo!”
**
Alla
fine
lo aveva accompagnato a comprarlo, sia il lubrificante che un pacco di
preservativi. Aveva dovuto anche accompagnarlo davanti alla cassa
perché si
vergognava ad andare da solo, adesso il farmacista credeva che fossero
una
coppia.
Be’,
non che abbia tutti i torti.
Ma,
nonostante fossero passati un po’ di giorni dalla compera,
non avevano ancora
fatto nulla di concreto. Sasuke aspettava che fosse Naruto a prendere
in mano
la situazione, Naruto aspettava che fosse Mille Falchi,
perciò restavano in
quello stallo senza fare nulla.
Non
andava
a trovarlo ogni sera, solo ogni tanto e prima lo avvertiva con un
bigliettino
che teletrasportava qualche ora prima in camera sua. Aveva dovuto
modificare la
propria scrittura per non essere scoperto, ma fin’ora Naruto
continuava a non
sospettare nulla. Aveva riportato qualche volta la discussione sulla
maschera,
dove lui era stato irremovibile, o sulle cicatrici, sulle quali
continuava a
tacere. Pensava di dirglielo prima o poi, perché era
qualcosa che voleva
confessare da sempre, ma continuava ad avere paura della sua reazione.
Era
vero, in quel caso non sarebbe stato Sasuke, ma Mille Falchi,
però significava
comunque esporsi e la cosa non gli piaceva per nulla.
Quella
era
stata una notte tranquilla, nessuna aveva osato nulla e lui si era
limitato a
spostarsi da un lato all’altro della città con la
testa un po’ sulle nuvole. Verso
l’alba decise che poteva tornare a casa, poi si
ricordò che era domenica e che
quella mattina non ci sarebbe stata scuola. Cambiò idea,
invece di
teletrasportarsi nella propria camera, andò in quella di
Naruto. Atterrò sul
pavimento accompagnato dal solito rumore stridulo, ma non
bastò quello a
svegliare il ragazzo addormentato sul letto.
Naruto
aveva uno sguardo pacifico quando dormiva, come se nessun problema
potesse
scalfirlo. I suoi lineamenti erano rilassati, morbidi, le labbra
socchiuse con
un piccolo colo di bava. Sapeva di apparire come un maniaco a fissarlo
mentre
dormiva, ma era una tentazione troppo forte, soprattutto
perché era raro
vederlo così calmo e silenzioso.
Sorrise
da
solo per quel pensiero, poi si portò le mani alla nuca per
togliere il becco in
metallo e lo mise sul comodino vicino alla cornice di una foto di lui e
Naruto
al suo ultimo compleanno. S’infilò silenzioso e
agile sotto le coperte al suo
fianco, ben attento a non svegliarlo.
Ma il
ragazzo dovette percepire comunque la sua presenza, perché
corrugò la fronte e
senza aprire gli occhi biascicò:
“Sasuke?”
S’irrigidì
nel sentire il proprio vero nome e si chiese come agire, il cuore gli
batteva
fortissimo nelle orecchie.
“Sì?”
esitò
usando la propria voce e non quella contraffatta che usava di solito.
Naruto
non
aprì gli occhi, sembrava in uno stato di dormiveglia.
Sorrise e basta, poi si
spinse in avanti ad abbracciarlo come se fosse un peluche e si
riaddormentò con
la testa appoggiata alla sua spalla.
Sasuke
non
si mosse e trattenne il respiro, rimase vigile finché la
stanchezza non lo
aggredì del tutto e si addormentò a sua volta.
La
sveglia
suonò alle sette facendo saltare Naruto sul letto preso dal
panico. Ci mise un
poco a capire che a provocare quel baccano era l’oggetto
infernale che teneva
sul comodino; aveva dimenticato di spegnerla o posticiparla.
Allungò una mano
per zittirla, ma nella sua missione tastò un corpo caldo
accanto al proprio.
Quella scoperta lo svegliò del tutto e gridò.
Il corpo
sotto le coperte mugugnò, poi dalle lenzuola
sbucò la maschera di Mille Falchi.
Vederlo lì gli fece schizzare il cuore in gola dalla gioia.
“Che
cosa
ci fai qui?” gridò.
Lo vide
piegare la bocca in una smorfia infastidita. “Non gridare,
Dio che ore sono?”
“Le
sette”.
“Buonanotte”
fece per rimettere la testa sotto le coperte, ma Naruto glielo
impedì.
“Quando
sei
arrivato, perché non mi hai svegliato?”
“Era
l’alba, dormivi troppo bene per farlo”
borbottò. La sua voce di prima mattina
era roca, graffiante.
“Non
mi
avevi detto che venivi.”
“Cambio
di
programma all’ultimo.”
“E
hai
dormito qui?” si sentiva come un bambino la mattina di
Natale. Era la prima
volta che si svegliava col supereroe al proprio fianco, solitamente
restava
solo poche ore per poi andarsene.
Mille
Falchi non rispose nemmeno e sistemò meglio la faccia sul
cuscino, pronto a
riprendere il sonno, ma il ragazzo glielo impedì
perché lo aggredì per un
bacio.
“No,
dai,
lavati i denti prima, stammi lontano” protestò
spiaccicandogli una mano in
faccia.
“Bastardo,
non mi puzza l’alito” protestò con un
broncio, che mantenne solo per pochi
secondi, poi tornò a sorridere. Si distese al suo fianco
guardandolo come se
fosse una magica apparizione divina, gli baciò la guancia e
poi strofinò la
testa sulla sua spalla.
“Sono
così
felice di averti qui.”
Mille
Falchi sospirò; nonostante il suo corpo gli stesse lanciando
continui messaggi
sul suo bisogno di recuperare le ore di sonno, ormai la sua mente era
sveglia e
Naruto addossato a sé non aiutava la situazione.
Avvolse
le
braccia attorno alla sua schiena e lo abbracciò stretto.
“Niente
baci finché non ti lavi i denti” lo
informò.
Sbuffò,
ma
non tentò nessun altro attacco. Rimasero distesi sotto le
lenzuola intrecciando
le gambe senza dire nulla, avevano il respiro sincronizzato. Sasuke
pensò che
fosse tutto perfetto, in quel momento non poteva chiedere
nient’altro per
essere felice, semplicemente non si poteva essere più felice
di così.
Il
momento
di quiete fu interrotto dallo stomaco di Naruto, che
gorgogliò per informare il
mondo del suo immediato bisogno di cibo. Fu un rumore così
inquietante e strano
che il suo proprietario arrossì per l’imbarazzo.
“Credo
che
sia ora di andare” considerò Mille Falchi con un
sospiro, ma l’altro non fu
d’accordo e si aggrappò a lui con forza.
“No,
dai, resta
un altro po’.”
“Devo
tornare a casa…”
“Un
altro
pochino, poco poco…” si lagnò.
“Non vuoi fare colazione con me?”
Lo
guardò
come se stesse dicendo una sciocchezza. “Certo, in cucina,
dove possono vedermi
tutti gli abitanti di questa casa.”
Naruto
sussultò
a quella risposta e scivolò giù dal letto.
“Aspetta
qui, non osare andartene” gli puntò contro un
dito, poi uscì dalla camera.
Rimase
ad
aspettarlo come gli aveva chiesto, non si mosse dal letto e
guardò il soffitto.
Quanto era stato imprudente? Naruto si sarebbe potuto svegliare senza
che lui
se ne accorgesse e togliergli la maschera, scoprire tutto.
Fantasticò
sulla sua possibile reazione. Si sarebbe incazzato? Sicuramente, ma
poi?
Sarebbe anche stato disgustato di aver fatto certe cose con il proprio
migliore
amico? Si sarebbe sentito tradito, lo avrebbe odiato?
Quei
pensieri depressi furono spazzati via dal ritorno di Naruto in camera,
con un
vassoio fra le mani. Sopra c’erano due tazze di latte, un
succo, una busta di
cerali, un pacco di biscotti e delle banane.
“Scusami,
non sapevo con cosa preferissi fare colazione così ho preso
un po’ tutto” disse
tornando sul letto.
Quell’accortezza
gli riscaldò il cuore.
“Mio
zio
sta ancora dormendo, quindi non preoccuparti. Puoi stare qui quanto
vuoi.”
Prese
una
banana, domandandosi cosa dire. Sasuke sapeva che Naruto viveva solo
con lo
zio, ma in teoria Mille Falchi no. Sarebbe stato troppo indelicato
chiedere, ma
quella frase avrebbe fatto incuriosire chiunque, cosa doveva fare?
“Tuo
zio?”
domandò con fare casuale.
Come si
aspettava, Naruto intristì lo sguardo.
“Sì, vivo con lui” spiegò,
tirò le gambe
al petto e appoggiò il mento sulle ginocchia. “I
miei genitori sono morti anni
fa.”
Lo
sapeva
già, ma la tristezza nello sguardo azzurro era
così palpabile da farlo stare
male.
“Mi
dispiace” disse. “Non volevo essere
indelicato.”
“No,
va
bene” lo rassicurò con un sorriso malinconico.
“Erano dei poliziotti, tutti e
due, ed erano i genitori migliori del mondo. Una volta sono rimasti
coinvolti
in un incidente con dei criminali, c’erano degli ostaggi e
hanno provato a
salvarli; però nessuno ha salvato loro” fece una
smorfia.
“Naruto…”
“Scusami,
non volevo metterti in una brutta situazione. Mi mancano, ovviamente,
ma sono
fiero di loro. Sono stati i miei primi eroi, sono stati loro a
insegnarmi di
essere leale, onesto e giusto” si toccò il lato
sinistro del petto. “Finché io
mi comporterò in modo giusto loro continueranno a vivere,
porterò io avanti i
loro ideali.”
Sasuke
era
ammutolito, Naruto non gli aveva mai spiegato quella faccenda, ora
capì perché
si comportava sempre in quel modo avventato.
“Sono
sicuramente fieri di te” tentò di dire.
“Mh,
chissà, provo a fare del mio meglio”
evitò il suo sguardo, prese i cereali per
inzupparli nel latte.
“Il
tuo
meglio… si contano sulle dita le persone disposte a gettarsi
in un incendio per
salvare una bambina. Tu sei una persona davvero ammirevole.”
Le
orecchie
si accesero di rosso e faticò a nascondere il sorriso
lusingato.
“Credevo
di
essere uno stupido.”
“Anche”
confermò, poi fece un lungo sospiro rassegnato catturandosi
un’occhiata
confusa.
Naruto
si
era aperto con lui su un fatto che aveva lasciato una profonda
cicatrice in
lui, Sasuke sapeva quanto avesse sofferto per la morte dei suoi
genitori e
quanto faticasse a parlarne. Il fatto che ne avesse parlato con Mille
Falchi
era quasi incredibile, ne era addirittura così tanto
innamorato?
In ogni
caso, voleva ricambiare la sua fiducia. Forse quello li avrebbe fatti
sentire
ancora più vicini, condividere un dolore.
“Queste
cicatrici…”
iniziò incerto, ma Naruto lo bloccò subito.
“Non
dirmelo solo per dovere, solo perché io ti ho detto dei miei
genitori” disse
serio. “Te l’ho detto non per avere qualcosa in
cambio, ma perché lo volevo e
basta”.
Era
così
bello con quello sguardo limpido e determinato che non resistette dal
piegarsi
in avanti per baciarlo, Naruto rispose subito. Non rovesciarono il
latte solo
per miracolo.
“Non
mi
sono ancora lavato i denti…” mormorò.
“Va
be’,
non è importante” fece una pausa, poi riprese il
discorso di prima. “Io non
sono nato con i miei poteri, me li hanno imposti modificandomi il
DNA.”
Naruto
sbatté le palpebre. “Cosa? Davvero?”
Annuì.
“Sì,
un’azienda tecnologica – non ti dico quale, non
fare quella faccia – aveva un
programma segreto per potenziare gli esseri umani. Io ero fra le cavie,
da
quello che posso dire sono nato in quel laboratorio. Le cicatrici sono
un
ricordo della permanenza, delle operazioni chirurgiche.”
Lo aveva
detto con voce pacata, come se stesse discorrendo della sua infanzia in
un
ambiente un po’ soffocante, come se non lo toccasse
più, anche se il tremore
delle sue mani rivelava il contrario.
Naruto
era
sconvolto, lo guardava agghiacciato e con gli occhi sbarrati,
l’espressione
contratta in una smorfia. Sasuke si era aspettato di vedere
pietà, ma c’era
solo orrore e rabbia.
“Come
si può
fare una cosa del genere?” sbottò furioso.
“A un bambino!”
“Per
una
cosa che si chiama potere” cercò di mantenere un
tono sarcastico, ma fallì
miseramente visto che risultò lugubre.
Nemmeno
Naruto pareva intenzionato a buttarla sull’ironia, sembrava
volesse dare fuoco
a qualcosa.
“Questo
è…
tremendo” lo guardo con gli occhi spalancati.
“Vorrei fare qualcosa.”
Quel
modo
di fare di Naruto gli metteva tenerezza, doveva sempre essere in prima
fila, agire,
non poteva stare con le mani in mano. Per lui ignorare
un’ingiustizia era
impossibile.
“Ormai
è
passato” lo tranquillizzò. “Quelle
persone non ci sono più, non possono più
farmi niente.”
“Cos’è
successo?”
“Un
incidente al laboratorio e io sono riuscito a scappare.”
“E
hai
deciso di mettere i tuoi poteri al servizio
dell’umanità per evitare che
potesse succedere ancora qualcosa del genere?”
L’ho
fatto perché tu mi hai ispirato e mi hai fatto
desiderare di essere una persona migliore.
“Qualcosa
del genere” borbottò.
Gli
rivolse
un sorriso soddisfatto, poi piegò la testa curiosa.
“E adesso? Voglio dire,
oltre a fare il supereroe che cosa fai?”
S’irrigidì.
“Ne parliamo un’altra volta” chiuse
l’argomento.
“Vorrei
sapere più cose su di te” bofonchiò.
“Lo so che lo fai per proteggermi, ma…”
“Appunto,
niente ma” lo interruppe “La tua sicurezza
è più importante.”
Strinse
le
labbra in una smorfia e distolse lo sguardo infastidito. Voleva
protestare, ma
aveva paura di farlo arrabbiare, che scappasse via e non tornasse
più. Quel
poco che aveva voleva tenerlo stretto, anche se non gli sembrava
abbastanza.
Quella relazione era davvero difficile.
Se siamo in una relazione…
Non
è che
il supereroe lo avesse specificato e lui si sentiva abbastanza ridicolo
a
chiedere.
Fecero
il
resto della colazione in silenzio, il ronzio del traffico che si faceva
più
alto man mano che la mattina avanzava.
“Credo
sia
ora di andare” disse a un certo punto Mille Falchi.
Naruto
lo
spiò oltre le ciglia bionde. “Quando ti
rivedrò?”
“Non
lo so”
si fece pensieroso. “Te lo farò sapere”,
si voltò a guardarlo e gli accarezzò
la testa “Non essere arrabbiato con me, lo faccio solo
per…”
“Proteggermi”
completò per lui. “Lo so, non sono arrabbiato.
È solo un po’ frustrante, non so
niente di te e vorrei poterti proteggere anche io.”
Quella
confessione divertì Sasuke, che fece un sorriso carico di
tenerezza. “Non ho
bisogno di essere protetto, sono un supereroe io”
replicò fingendosi altezzoso.
Naruto
baciò le labbra distese. “Il mio supereroe, vero?”
Ricambiò
il
bacio, pensando che fosse una risposta affermativa più che
sufficiente. Si
teletrasportò mentre ancora le loro bocche erano premute e
Naruto avvertì una
leggera scosse sulle labbra quando sparì. Aprendo gli occhi,
scoprì che si era
scambiato con un dente di leone che ora giaceva con il gambo spezzato
tra le
coperte. Lo prese in mano e sorrise.
Buon
lunedì nuvolette!
Niente
di meglio di iniziare la
settimana con un po’ di fluff, visto che in questo capitolo
ne abbiamo tanto
<: ma un po’ di dolcezza ci vuole prima dei drammi.
Spero vi
sia piaciuto e che lo
scambio di battute tra Naruto e Sasuke vi abbia fatto ridere :D
Un bacio
alla nostra super Ahiryn che
continua a betare la storia <3
A presto!
Hatta
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Capitolo 4 *** IV ***
IV
Mille
Falchi era disteso sul terrazzo di un condominio, gli occhi socchiusi e
il
corpo dolorante. Si era teletrasportato lì non appena era
riuscito a portare i
criminali che aveva catturato davanti alla stazione di polizia. Era una
gang
che aveva provato a scassinare un negozio di antiquariato con pezzi di
grande
valore; nonostante fossero in tanti in una situazione normale Sasuke
non
avrebbe avuto problemi a sconfiggerli. Il problema erano state le
pistole e il
proiettile che gli avevano sparato.
Lo
avevano
preso solo di striscio, non era nulla di grave, in più lui
guariva molto
velocemente per via del suo potenziamento. Però sentiva
ugualmente il dolore e
in quel momento ne avvertiva così tanto che non riusciva a
trovare la
concentrazione necessaria per teletrasportarsi a casa. Si era dovuto
interrompere a metà viaggio e fermarsi lì a
prendere fiato. La sua tuta gocciolava
sangue e attorno a lui si stava formando una piccola chiazza; doveva
tornare a
casa per fasciarsi, prendere un antidolorifico e sperare che
né Sakura né
Shisui lo beccassero.
Strinse
gli
occhi e si concentrò sul bicchiere di plastica che aveva
lasciato al centro
della sua stanza, ormai non mancava troppo all’alba e doveva
sbrigarsi. Strinse
i denti e si teletrasportò. Atterrò malamente sul
tappeto della sua camera a
gattoni, lo sforzo lo aveva indebolito al punto che si
ritrovò a vomitare.
Cazzo, mi sono
spinto al limite.
Provò
una
fitta di panico, sensazioni del genere le aveva provate solo al
laboratorio,
quando lo testavano per vedere quali fossero i suoi limiti. Prese
lunghi
respiri cercando di calmarsi, la vista gli si stava sfocando e faticava
anche
solo a reggersi a carponi.
La porta
della sua camera si aprì.
“Sasuke?
Sei tornato adesso? È tard…” la voce
assonnata di Shisui si interruppe con un
urlo soffocato. Peccato che non riuscisse a vedere la sua espressione,
doveva
essere comica, ma ormai vedeva solo nero.
“Sakura!”
chiamò. “Sakura, vieni subito qui!”
Sentì
due
mani afferrarlo per il bacino, gemette quando sfiorarono la ferita. La
fitta di
dolore fu tale che perse definitivamente i sensi.
**
Naruto
chiuse il proprio armadietto pensieroso. Sasuke non era venuto a
scuola, né gli
aveva mandato un messaggio per avvertirlo; aveva pensato fosse in
ritardo per
un malfunzionamento della sveglia, ma dopo due ore non si era
presentato,
cominciava a temere fosse ammalato. Anche se non lo aveva mai visto
ammalato in
tutta la sua vita.
Era
comunque preoccupato, per questo approfittò
dell’intervallo per prendere il
cellulare, sgattaiolare in giardino e chiamarlo a casa. A rispondere fu
Sakura.
“Pronto?”
“Ciao,
sono
Naruto” disse. “Come mai Sasuke non è a
scuola?” domandò diretto.
La
sentì
esitare. “Ha le febbre” spiegò alla
fine. “Starà a casa qualche giorno,
finché
non passerà”.
Si
preoccupò per l’amico, ma sentì anche
il cuore cadergli nello stomaco. Qualche
giorno a casa. Solo quella mezza giornata senza Sasuke al suo fianco
era stata
terribile, non solo perché i bulli vedendolo solo si erano
fatti più
insistenti, ma perché era abituato a condividere con lui
ogni minuto. Non
poterlo fare era destabilizzante.
“Oh,
capisco” mormorò mogio. “Puoi
passarmelo?” voleva sentire la sua voce e
assicurarsi che non stesse davvero troppo male.
“Mi
dispiace, ma sta dormendo. Ma se vuoi dirgli qualcosa dillo a me,
glielo
riferisco appena si sveglia” gli assicurò.
Quello
era
imbarazzante, perché non aveva davvero qualcosa da dire. E
poi quello che si
dicevano era una faccenda fra lui e Sasuke, non gli andava che Sakura
potesse
saperlo.
“Chiedigli
se può chiamarmi appena si sveglia, se sta meglio. E che
prenderò appunti anche
per lui, ma che gli conviene tornare presto perché non sono
il suo schiavo!”
Sakura
rise
al suo finto tono burbero e assicurò che lo avrebbe fatto,
poi lo salutò e mise
giù.
Naruto
tornò in classe intristito e per il resto delle lezioni
lanciò sguardi abbattuti
al banco vuoto.
**
Si
svegliò
con la sensazione che un treno in corsa fosse passato sul suo corpo
inerte più
volte a tutta velocità, per poi essere calpestato da una
mandria di belve
inferocite. Aveva in bocca un gusto orribile e lo stomaco era
così sottosopra
che se solo non fosse stato desolatamente vuoto avrebbe vomitato seduta
stante.
Si avvolse meglio nelle coperte rabbrividendo per il freddo e
sospirò quando
sentì qualcuno passargli una pezza bagnata sulla fronte.
“Sei
sveglio, Sasuke?” mormorò la voce di Sakura, ma a
lui sembrò che quella domanda
gli venisse gridata nelle orecchie, perciò fece una smorfia
di dolore che causò
un’immediata apprensione in Sakura.
“Ti
senti
male? Hai bisogno di…”
“Shhh”
la
interruppe piano, quel semplice sibilo gli grattò la gola e
si ritrovò a
tossire.
Un
bicchiere d’acqua gli fu portato alle labbra e si rese conto
di quanta sete
avesse, perciò bevve con avidità mentre una mano
gli teneva la testa e poi gli
puliva il mento dall’acqua che era scivolata.
Finalmente
Sasuke si decise ad arrischiare ad aprire gli occhi, lo fece piano
sbattendo le
palpebre per abituarsi alla luce bianca e accecante, nella quale
cominciarono a
profilarsi le figure dei mobili della sua camera. Era sul suo letto,
avvolto
tra le coperte invernali, mentre Sakura era su una sedia al suo lato.
Dalla
luce dei lampioni fuori dalla finestra sembrava essere notte.
“Quanto
ho
dormito?” la sua voce aveva la stessa intonazione di un
moribondo.
“Per
tutta
la notte” disse Sakura pianissimo, gli passò una
mano sulla fronte e sospirò
nel sentirla ancora calda “E hai ancora bisogno di
dormire”.
Non si
sforzò nemmeno di mentire dicendo che stava bene,
perché era evidente il contrario
e sì, voleva dormire ancora. Lo voleva tantissimo.
Non
disse
niente, lasciò che Sakura si prendesse cura di lui
sistemando bene le coperte
sul suo corpo e gli rinfrescasse la fronte, cullato da quelle premure
tornò
subito tra le braccia di Morfeo.
**
Il Parco
Susanoo era stato fondato qualche anno prima come regalo della nuova
Uchiha
Corps per partecipare a un’iniziativa cittadina ecologica.
Era molto grande e
in primavera diventava un polmone verde e profumato tra i grattacieli
di
Konoha. Ci andavano gli sportivi a correre e fare esercizio, si
incontravano i
ragazzini a passeggiare e le mamme ci portavano i figli a giocare sui
prati con
le giostre. Era molto frequentato, un progetto che aveva funzionato a
regola
d’arte.
Al mio contrario.
C’era
una
bambina dai capelli castani che giocava sull’altalena, si
spingeva avanti e
indietro con il corpo per andare sempre più in alto. Su e
giù, i piedini
puntati al cielo.
L’uomo
la
guardava da un po’ di tempo immobile nella stessa posizione.
Era una giornata
calda, ma indossava un capotto nero fino ai piedi come se fosse ancora
inverno.
Aveva freddo.
Come si
chiamava quella bambina sull’altalena? Nella sua testa
sentiva ripetuto il nome
di un’altra bambina, che aveva amato e promesso di
proteggere, ma dubitava
fosse lo stesso. Ma quelle due bambine si assomigliavano tantissimo,
magari
erano le stesse? Quanto gli mancava la sua bambina, prenderla fra le
braccia e
farla girare come una principessa.
La sua
bambina, dov’era la sua bambina? Stava giocando anche lei in
quel parco? Perché
non la vedeva più? La cercò con lo sguardo, ma
una fitta alla testa lo
costrinse a serrare gli occhi e digrignò i denti.
Soffriva
di
emicrania, per questo doveva prendere delle pastiglie, ma era uno
sbadato e le
dimenticava. Per fortuna c’era sua moglie a ricordarglielo,
meno male che c’era
quell’angelo a vegliare su di lui e a ricordargli che doveva
stare bene. Perché
quella mattina non lo aveva fatto? Aveva dimenticato la pasticca e ora
gli
faceva male la testa. Quel sole era troppo forte e gli feriva gli occhi.
La
bambina
continuava a dondolarsi sull’altalena, era un movimento
rilassante e
ipnotizzate, riusciva appena a mitigare il suo mal di testa. La sua
bambina riusciva
sempre a farlo stare meglio, era la sua principessa.
No, lei non
è mia figlia…
ricordò.
La
bambina
sull’altalena si diede un’ultima spinta e poi si
gettò contro il cielo,
imitando il volo di un angelo. Ma fu un volo breve, perché
la gravità la spinse
prepotente a terra.
Mia figlia
è…
La
bambina
cadde a terra scomposta e rimase inerte sulla terra, gli arti piegati
in modo
innaturale, il collo spezzato. L’uomo si alzò di
scatto dalla panchina e corse
verso di lei, ansimando per un attacco di panico improvviso.
“Ehi…
ehi…”
tentò di chiamarla, ma era senza voce, senza respiro,
“ehi!”
Sbatté
le
palpebre. La bambina era davanti a lui, inginocchiata a terra e con uno
sguardo
sorpreso, un po’ spaventato. Stava bene. Non era sua figlia.
Si
portò
una mano al collo, si sentiva soffocare.
“Signore…
va tutto bene?” domandò la bambina con una sottile
voce preoccupata.
Non
andava
tutto bene. Dov’era? Perché non era a casa con sua
figlia e sua moglie? Dov’era
la sua casa?
“Scusi”
sussultò quando una voce più adulta, una voce
femminile, lo chiamò.
Alzò
lo
sguardo speranzoso.
Rin?
Non era
sua
moglie, era un’altra donna dall’’incedere
aggressivo. Prese la bambina in
braccio e lo guardò bellicosa.
“Le
serve
qualcosa?” domandò brusca.
Non
rispose. Se lei non era sua moglie, lei dov’era?
Perché era solo?
Un’altra
fitta di dolore gli trapassò il cervello, più
forte della prima, e cadde sulle
ginocchia con un lamento. Faceva così male, c’era
qualcosa che non andava…
Il
cappuccio gli scivolò dalla testa e la donna
sussultò per lo spavento e
l’orrore nel vederlo in viso.
No, non
era
sua moglie, Rin non aveva mai provato orrore per il suo aspetto, aveva
sempre
saputo guardare oltre la carne martoriata.
“Oh,
Rin…”
sussurrò il suo nome, una cantilena mentre la donna
continuava chiedergli se
gli servisse aiuto.
Voleva
sua
moglie, sua figlia… ma non poteva più averle. Le
aveva perse entrambe ed era
colpa sua.
No, è
colpa loro.
La
rabbia
montò dirompente come un uragano, alzò lo sguardo
carico d’odio sulla donna che
teneva in braccio la bambina. Perché c’erano
quelle estranee invece di chi
contava veramente?
Le
odiava.
Odiava tutto quello, odiava quel parco perbenista che nascondeva il
marcio di
quella città.
Smise di
mormorare, risoluto in quello che doveva fare e si rialzò.
La donna ora taceva,
guardandolo circospetta.
Tutto
quello… non aveva senso. Meritava di sparire.
E
così
successe, con un battito di ciglia, la donna e la bambina smisero di
esistere
davanti a lui. E anche il resto del parco cominciò ad
accartocciarsi su sé
stesso, come se una mano invisibile lo comprimesse. Qualcuno
gridò. Delle
sirene suonarono. Pianti, urla, detriti che sbriciolavano e sparivano
inghiottiti nel semplice nulla. Nel giro di un minuto,
l’intero parco sembrava
essere sopravvissuto all’atterraggio di un meteorite e al
centro di quel
cratere desolato c’era solo lui, impassibile e vibrante di
energia distruttiva.
A Obito
Uchiha non faceva più male la testa e se andò,
sparendo a sua volta come se non
fosse mai stato lì.
**
Sasuke
dormì un altro giorno intero, svegliandosi di tanto in tanto
per qualche minuto
o per andare in bagno aiutato da Sakura.
La sera
di
due giorni dopo si sentiva abbastanza riposato da poter scendere in
cucina a
cenare. Sakura aveva ricucito la ferita e anche se gli faceva ancora
male stava
guarendo, non aveva più nulla di cui preoccuparsi.
Shisui
spense il telegiornale appena arrivò a tavola e
puntò gli occhi scuri su di
lui, la sua espressione era impassibile come la pietra. Sasuke
rabbrividì,
c’erano dei piccoli momenti quando Shisui si arrabbiava in
cui gli ricordava
vagamente il volto di Madara.
Nessuno
disse niente per tutto l’inizio della cena, i cucchiai e le
forchette
tintinnavano contro il tavolo e si sentiva solo il loro deglutire.
L’aria era
pesante, nervosa, Sasuke si ritrovò a rimpiangere il ronzio
della televisione
che normalmente detestava. Shisui continuava a guardarlo e a studiare i
suoi
movimenti. Sakura invece gli lanciava continue occhiate nervose e
preoccupate.
Alla
fine
non riuscì più a trattenersi.
“Se
dovete
dire qualcosa, ditelo” sbottò gelido facendo
cadere la forchetta sul piatto con
un rumore frastornante.
Shisui
finì
di bere con calma, quasi senza dare peso allo scatto del ragazzo, poi
lo
appoggiò sul tavolo.
“Secondo
te, cosa abbiamo da dirti?” gli domandò con voce
incolore e controllata. “Ormai
sei abbastanza grande da rendertene conto da solo”.
A Sasuke
non piaceva quel tono, fece una smorfia infastidita.
“È
stato
solo un incidente, non…” iniziò, ma
Sakura lo bloccò.
“Non
ci
provare” lo avvertì. “Non è
stato solo
un incidente”.
Gli
occhi
verdi lo trafissero sul posto furiosi e Sasuke fu tentato di fare un
passo
indietro, si rese conto che dei due quella davvero fuori di
sé era Sakura.
“Saresti
potuto morire” continuò per lei Shisui.
“Tu sei forte, Sasuke, molto più di
qualsiasi altro uomo, ma non sei invincibile. Un proiettile
può ucciderti”.
“E
tu
l’altra sera te ne sei preso uno” Sakura si
appoggiò una mano sulla fronte
massaggiandola. “E ti ha quasi fatto dissanguare. Se non
fosse stato per le tue
capacità rigenerative non ce l’avresti fatta senza
una trafusione. Stavo per
chiamare l’ambulanza!”
Sobbalzò.
“Se lo avessi fatto…”
“Avrebbero
scoperto dei tuoi poteri, lo so” lo interruppe. “Ma
credi che per mantenere il
segreto io sia disposta a vederti morire?!”
Shisui
le
appoggiò una mano sulla spalla, nonostante cercasse di
mostrare calma aveva
tutti i muscoli tesi.
“Sasuke,
almeno capisci la gravità di quello che è
successo?”
Abbassò
lo
sguardo, odiava quella sensazione da bambino sgridato.
“Sì”
disse
piano. “Ma sto bene”.
“No,
non è
vero” lo contraddisse. “Sei debole, ti reggi a
malapena in piedi e hai dormito
due giorni interi”.
“Naruto
ha
chiamato preoccupato” s’intromise Sakura con una
smorfia. “Pensa almeno a lui,
credi che accetterebbe una cosa del genere senza battere
ciglio?”
“Sono
un
vigilante, combatto i criminali, è ovvio che ci siano
effetti collaterali”
sbottò. “E Naruto non saprà mai niente
di tutta questa storia”.
Shisui
si
alzò in piedi di scatto e la sedia si rovesciò.
“Smettila! Tu non sei né un
vigilante né un cazzo di supereroe, questo non è
un fumetto! Sei un ragazzino
che si è buttato in qualcosa di più grande di lui
per un capriccio, devi
piantarla!” gridò.
“Questo
non
è un capriccio!” urlò anche lui in
risposta. “È importante!”
“La
tua
vita è più importante” Shisui si
portò le mani ai capelli. “Hai idea
dell’ansia
che ci fai vivere ogni notte? Del terrore che viene a Sakura quando
ritardi di
qualche minuto? L’altra domenica è quasi impazzita
perché non tornavi più”.
L’altra
domenica ero da Naruto, avrebbe
voluto dire, ma si morse le labbra.
“Ero
in
giro”.
“Sì,
e nel
frattempo noi qui preoccupati che ti fosse successo qualcosa”
allargò le
braccia come a indicare tutta la casa. “Questa storia deve
finire, Sasuke”.
La
rabbia
gli offuscò la vista. “Tu non sei mio padre, non
mi dici cosa fare” sibilò.
Sakura
sussultò e sbiancò, mentre Shisui strinse le mani
a pugno.
“Invece
sì”
lo contraddisse. “Non sarò tuo padre, ma tu farai
quello che ti dico”.
“Non…”
“Questa
storia del supereroe finisce qui. Non voglio vederti mai più
tornare a casa
mezzo morto. Ora la tua priorità è la scuola ed
essere un ragazzo normale”.
I
bicchieri
sulla tavola esplosero in mille schegge.
Sebbene
fosse stato lui, lo stesso Sasuke sussultò per
quell’esplosione inaspettata: la
rabbia lo aveva fatto uscire di testa e perdere il controllo sul suo
potere.
Guardò
le
schegge di vetro con sguardo disperato.
“Come
se i
ragazzi normali potessero fare questo” sbottò
velenoso “O questo”.
Fece per
teletrasportarsi in camera, ma era troppo debole e arrivò
solo fino all’entrata
della cucina contro la quale si accasciò.
Ricacciò dietro le lacrime di rabbia,
dolore e frustrazione.
“Non
sono
mai stato un ragazzo normale e mai potrò esserlo.
È inutile sforzarmi del
contrario” terminò, poi uscì.
**
Il clima
era uggioso, umido, sembrava aver fatto un passo indietro
nell’inverno. Shisui
odiava i temporali primaverili, davano un colore grigio a
quell’angolo di città
e gli gonfiavano i capelli.
Era sul
porticato della loro villetta e stava fumando una sigaretta per
calmarsi per il
litigio appena avvenuto. Sasuke cominciava a spaventarlo, era naturale
che alla
sua età fosse così indisponente e scontroso, un
perfetto adolescente nella fase
di ribellione, ma era tutta la faccenda dietro a preoccuparlo; avrebbe
dovuto
preoccuparsi di vederlo sgattaiolare via la sera per andare alle feste,
non a
combattere i criminali.
Il vero
problema era che non lo considerava davvero una figura autoritaria a
cui dover dare
ascolto, al massimo provava riconoscenza nei suoi confronti e un
bizzarro
affetto. Doveva trovare un modo per costringere Sasuke a casa anche una
volta
ripresosi.
Il
cellulare suonò, ma lo lasciò squillare troppo
pigro per rispondere, odiava
venire disturbato quando si fumava una sigaretta calmante; ma alla fine
il
suono si fece così insistente che si trovò
costretto a rispondere.
“Pronto?”
“Alla
buon’ora!”
Riconobbe
subito la voce e fece una smorfia: lavoro.
“Ero
impegnato.” Mentì. “Cosa vuoi,
Orochimaru?”
“Domani
ci
servi.” Rispose dritto al punto. “Abbiamo una
riunione con altri manager e ci
serve la tua presenza”.
S’irrigidì.
“Non posso, ho da fare”.
Lo
sentì
imprecare a bassa voce. “È una settimana che non
ti fai vedere, le pratiche da
firmare si stanno accumulando e così i tuoi impegni. Non
sono io a doverti
ricordare qual è il tuo ruolo qui”.
“Lo
so”
strinse il cellulare infastidito. “Non ce
n’è bisogno”.
“Allora
sai
che la tua presenza qui è inderogabile. Sei il nostro capo,
prenditi le tue
responsabilità”.
“Lo
so!”
ripeté frustato. “Ma a casa è un
pessimo momento, non posso lasciare Sakura a
vedersela da sola”.
Ci fu un
momento di esitazione dall’altra parte della cornetta.
“Itachi…?”
“No,
è
Sasuke il problema” sospirò. “Prima devo
risolvere qui, domani non può andare
Yamato al mio posto?”
Anche
Orochimaru sospirò, sentì attraverso
l’apparecchio alcuni movimenti di fogli e
tasti del computer.
“Vedrò
cosa
posso fare” concesse alla fine.
Lo
ringraziò e mise giù, non fece però in
tempo a mettere via il telefono che
ricevette un’altra chiamata. Il fastidio sparì
appena vide il nome sullo
schermo e venne sostituito dall’ansia, non era mai un buon
segno quando
riceveva una sua chiamata.
“Kakashi.”
rispose preoccupato. “Che sorpresa”.
“Shisui!”
la voce dell’altro era affrettata. “Hai visto il
telegiornale?”
Ripensò
al
pranzo e fece una smorfia, aveva spento la televisione per potersi
concentrare
totalmente su Sasuke.
“No,
perché?”
Lo
sentì
imprecare coloritamente. “Perché abbiamo un
problema”.
**
Sasuke
continuava a mancare a scuola. Naruto gli aveva mandato qualche
messaggio per
sapere come stesse, ma non aveva mai ottenuto risposta. Era indeciso se
richiamarlo a casa o meno, non voleva risultare troppo ossessivo, ma
gli
mancava terribilmente e la scuola assomigliava sempre più a
una prigione senza
di lui.
Senza
contare che in quelle notti Mille Falchi non era più
tornato; gli stava venendo
il dubbio di essersi esposto troppo quell’ultima mattina, di
aver messo l’eroe
alle strette e per questo non voleva presentarsi più, magari
lo aveva forzato.
Almeno
quella giornata era finita, poteva tornare a casa e prendere un momento
di
respiro. Andò verso il suo armadietto per prendere le sue
cose, ma vide che
c’erano alcuni ragazzi della squadra di football con le
bombolette.
Sospirò,
quella non era proprio giornata.
“Ehi!”
vociò facendo la voce grossa. “Lasciate stare il
mio armadietto”.
I
bulletti
si girarono a guardarlo sfrontati. “To’,
è arrivato il frocietto” lo derisero.
Strinse
gli
occhi e li guardò storto, ma non rispose alla provocazione.
Era stanco, era
stato interrogato alla lavagna e tutto quello che voleva era potersene
tornare
a casa per chiamare Sasuke.
“Non
è
aria” si fece spazio in mezzo a loro per raggiungere il
proprio armadietto, ma
uno di loro lo afferrò per la spalla.
“Su,
non
essere così scontroso” allargò un finto
sorriso amichevole. “Devi sentirti
solo, il tuo amichetto non si fa vedere da un po’”.
Ebbe un
fremito nel sentire il riferimento a Sasuke.
“Forse
ha
capito che non gli conviene farsi vedere con un finocchio come
te” considerò
uno.
Si morse
le
labbra costringendosi a non rispondere. Ne aveva la tentazione, ma non
poteva
cominciare l’ennesima rissa.
“Ehi,
checca, stiamo parlando con te” si sentì sbattuto
contro l’armadietto con la
faccia. Il dolore lo frastornò.
“Cos’è?
Ti
senti meno coraggioso senza il tuo amichetto?”
continuò quello che lo aveva
spintonato. “Sai, gli stavamo per disegnare una grande merda
nell’armadietto.
Perché del resto devi essere proprio una merda umana per
frequentare gente come
te, eh frocie…”
Non
terminò
la frase perché Naruto lo colpì con un pugno allo
zigomo. Ci mise tutta la
forza e la rabbia che aveva in corpo e fu così forte che il
ragazzo dovette
fare un passo indietro.
“Pezzo
di
merda!” sbottò portandosi una mano alla guancia.
“Sei morto!”
“No,
tu”
ringhiò Naruto pronto a battersi e a mandare tutto al
diavolo. “Non permetterti
mai più di chiamare in quel modo Sasuke!”
“Culattone
del cazzo” e gli si avventò addosso, seguito dal
resto dei compagni.
**
Sasuke
non
aveva intenzione di perdersi un’altra ronda, nossignore.
Ormai stava bene, la
ferita era guarita del tutto e anche i suoi poteri erano tornati
abbastanza
stabili. Indossò il costume nel silenzio totale, ben attento
a non fare un
rumore, doveva uscire senza che Sakura e Shisui se ne accorgessero.
Si
assicurò
di avere tutto, di essere a posto e poi si concentrò,
focalizzò il giardinetto
alla fine della strada, si sarebbe scambiato con qualche fiore o una
foglia. Le
scosse elettriche avvolsero il suo corpo, una fitta lo colpì
all’ombelico e la
familiare pressione lo teletrasportò.
Riaprì
gli
occhi davanti alla porta d’entrata in corridoio.
Cosa…?
Perché
non
era uscito? Eppure si era ripreso, sentiva l’energia scorrere
nei suoi muscoli.
“Bene,
bene”.
Sussultò
per la sorpresa e la paura, non si era accorto che seduto sulla sedia a
dondolo
c’era seduto Shisui, celato
dall’oscurità.
“A
quanto
pare stai ancora troppo male per andare a scuola, ma non abbastanza per
farti
un giretto di notte”.
“Io…”
“Non
puoi
uscire” lo interruppe alzandosi e accese la luce, che
illuminò il suo volto
impassibile e freddo.
Era
furioso, poteva dirlo con certezza.
“Non
puoi
teletrasportarti fuori da questa casa, ho messo un apparecchio che ti
impedisce
di lasciarla usando i tuoi poteri” spiegò gelido.
Strabuzzò
gli occhi, come aveva fatto a trovare qualcosa di così
specifico? Sembrava il
sistema di sicurezza che usavano nella sua camera quando era ancora ai
laboratori, non era di certo qualcosa che poteva ordinare con amazon
prime.
“Come…”
Lo
interruppe ancora, intuendo la domanda. “Sono bravo con le
cose elettroniche,
lo sai” gli lanciò un’occhiataccia.
Avrebbe
indagato su quella faccenda più tardi, ora aveva altre
urgenze.
“Significa
che non posso uscire?” domandò rigido.
“Ovvio
che
no. Puoi uscire aprendo la porta e camminando sulle tue gambe, come le
persone normali”.
Lo
fulminò
con un’occhiataccia. “Bene, allora
camminerò!” lo sfidò.
Si
diresse
a grandi passi verso la porta, rigido come un soldatino, e
afferrò la maniglia.
Tirò con forza, ma la porta non si aprì di un
centimetro, si sforzò ancor di
più, ma rimase chiusa.
Si
girò a
trucidarlo con lo sguardo.
“La
porta è
chiusa” lo informò impassibile Shisui.
“Perché è l’una di notte, le
persone normali a
quest’ora dormono”.
“Mi
hai
chiuso dentro casa?” domandò oltraggiato.
“Sì”.
“Non
potrò
più uscire?!”
“Potrai
uscire fra qualche giorno, quando ti sarai ripreso del tutto, per
andare a
scuola e vedere i tuoi amici come le persone normali”.
“Smettila!”
gridò. “Smettila di ripeterlo, ti ho
già detto che io non sono normale!”
Non si
lasciò incantare. “Invece sì, Sasuke.
È vero, hai qualcosa di diverso rispetto
gli altri, ma questo non può impedirti di vivere sereno e
felice. Ora vai a
letto, solo perché riesci a camminare non significa che sei
guarito”.
“No”
s’impuntò.
Sospirò.
“Come vuoi, ma da questa casa non uscirai”.
“Romperò
la
serratura, modificherò la sua struttura
molecolare”.
Lo
guardò
con sufficienza. “Non puoi, i sensori te lo
impediranno” lo superò per
raggiungere le scale.
Sasuke
era
incredulo, tutto quello non poteva essere reale. Non poteva essere
imprigionato
nella sua stessa casa, non di nuovo.
“Ti
odio!”
ringhiò con frustrazione, si morse le labbra per resistere
alla tentazione di
piangere per la rabbia. Chiuso in una gabbia, lo aveva chiuso dentro
un’altra
gabbia.
Quelle
parole bloccarono Shisui.
“È
per il
tuo bene, Sasuke” disse piano. “Non importa se non
capisci, odiami pure. Ma non
permetterò che ti venga ancora fatto del male”.
“Stai
zitto” tremò. “Tu! Tu adesso mi stai
facendo del male, questo non ti rende
diverso da quei pazzi nei laboratori. Sei come loro, vuoi tenermi
dentro una
fottuta gabbia”.
Si
teletrasportò in camera propria e questa volta si
premurò di essere il più
rumoroso possibile con lo stridere delle scosse elettriche.
**
Sakura
aprì
la porta confusa dopo che dallo spioncino aveva riconosciuto la figura
di
Naruto. Strano che fosse lì a quell’ora, non
doveva essere a scuola?
Quasi le
prese un infarto nel vedere in che condizioni si trovava.
“Naruto!”
esclamò. “Che è successo?”
Aveva
lividi
violacei attorno agli occhi e sullo zigomo, il labbro spaccato e una
cicatrice
sul mento.
“Salve
signorina
Sakura” la salutò, si strinse nelle spalle.
“Una rissa a scuola” spiegò
semplicemente, poi: “Sasuke sta ancora male?”
Sbatté
le
palpebre ancora sorpresa di vederlo in quello stato.
“Lui…
sì,
ma ormai è quasi guarito. Entra pure, non stare
fuori”.
La
ringraziò ed entrò nel corridoio familiare, fu
quasi confortante entrare in
quella casa.
“Sasuke
è
in camera sua.” continuò Sakura, lo
guardò più criticamente. “Non dovresti
essere a scuola a quest’ora?”
“Sono
in
punizione.” ammise con una punta di vergogna mentre saliva le
scale. “Sono
stato sospeso per due giorni”.
“Oh,
Naruto…”
“Non
sono
stato io a iniziare.” la interruppe, sembrava davvero
abbattuto. “Ma il preside
non mi ha creduto. Almeno gliel’ho fatta vedere a quegli
idioti”.
Sakura
non
disse niente e lo guardò mentre usciva dalla sua visuale.
Naruto
bussò alla porta della camera di Sasuke, ma poi non attese
che rispondesse ed
entrò.
Sasuke
era
a letto e sussultò quando vide che si trattava di lui,
spalancò lo sguardo
smettendo di essere truce.
“Naruto?”.
La sorpresa felice sparì appena lo vide meglio in volto.
“Che cosa ti è
successo?!”
“Quell’idiota
di Hans” disse semplicemente, richiuse la porta alle proprie
spalle. “Ho fatto
a botte con lui e i loro amici. Sono stato sospeso dalla scuola per due
giorni,
non sapevo dove andare quindi sono venuto a vedere come
stavi” riassunse, evitò
di dirgli che si era lasciato provocare perché lo avevano
insultato, sapeva che
Sasuke non avrebbe gradito scoprire che si era ridotto in quello stato
per lui.
L’amico
era
senza parole.
“Razza
d’idiota!” sbottò preoccupato.
“Manco qualche giorno e tu ti fai spaccare la
faccia, Dio quanto sei idiota” fece per alzarsi, ma una fitta
di dolore lo
immobilizzò in una smorfia. In quella notte aveva provato
molto spesso ad uscire
nonostante i sensori, fino allo stremo, Sakura era furiosa con lui per
quel
motivo.
A Naruto
non sfuggì la sua smorfia di dolore.
“Tu
tutto
bene?” si preoccupò avvicinandosi al letto.
“Lo sapevo che ti stavi ammalando,
ultimamente eri troppo strano”.
“Già”
commentò solo, poi sospirò “Grazie per
essere passato”.
“Figurati,
questi giorni sono stati una noia senza di te” si sedette sul
bordo del letto.
“Devo assolutamente raccontarti quello che ti sei
perso”.
“Evita,
non
mi interessa”.
“Sta’
zitto
e ascolta.” Lo azzittì. “Be’,
innanzitutto sono stato interrogato e…”
Per le
successive ore, la stanza di Sasuke smise di essere noiosa e tetra. Era
bastata
la presenza di Naruto e la sua parlantina a renderla più
calda e accogliente, a
volte Sasuke avrebbe tanto voluto scoprire il suo segreto.
Naruto
lo
mise a capo di tutti i nuovi pettegolezzi, gli disse di quello che si
era perso
con le lezioni e cose stupide o di poco valore. Si sfogò di
tutto il silenzio
che era stato costretto a sopportare in quei giorni di solitudine. Gli
spiegò i
paragrafi nuovi di scienze sentendosi davvero importante e
intelligente, fecero
matematica insieme e guardarono perfino un episodio di Voltron.
Il
malumore
sparì completamente da Sasuke, rinfrescato dalla presenza
dell’amico, e le ore
passarono senza che se ne rendesse conto. Quando si fece ora di cena
Sakura
portò loro il piatto in camera, a quanto pare Sasuke non
voleva scendere in
cucina. Naruto aveva capito che fosse arrabbiato con Shisui di nuovo,
ma appena
aveva provato ad accennare alla faccenda Sasuke era sprofondato in un
cupo
silenzio.
“Ti
fermi a
dormire da noi, Naruto?” domandò Sakura con fare
casuale.
Sia
Naruto
che Sasuke spalancarono gli occhi, l’uno per la
felicità l’altro per l’orrore.
Lui e Naruto non condividevano un letto da anni, se non si contavano le
volte
che si era intrufolato da lui come Mille Falchi. Sarebbe stato troppo
strano,
soprattutto perché Naruto aveva la brutta abitudine di
spiaccicarsi contro
qualsiasi fonte di calore umano.
“Posso
davvero?” domandò Naruto emozionato.
“Non
hai il
pigiama dietro…” tentò Sasuke.
“Non
importa, puoi prestargli uno dei tuoi” s’intromise
Sakura. “Per noi non è
affatto un disturbo”.
Certo,
perché la sua presenza mi impedirà di tentare
di andare via.
Doveva
trovare un modo sottile perché Naruto rifiutasse.
“Adesso
ci
pensa, lasciaci in pace” la mandò via un
po’ brusco, guadagnandosi
un’occhiataccia di rimprovero.
“Io
non ci
devo pensare” disse Naruto appena la porta si fu richiusa.
“Ho già deciso,
resto. È da tanto che non facciamo un pigiama
party”.
Odiava
dover giocare quella carte, ma l’altro sembrava piuttosto
deciso.
“E
se
questa notte passasse Mille Falchi da te? Non sarebbe strano per lui
scoprire
che sei nel letto di un altro ragazzo?”
Fu la
cosa
sbagliata da dire, perché tutta la spensieratezza
sparì dal volto di Naruto.
“In
realtà
è da un po’ che non viene” ammise.
“Credo abbia cambiato idea… forse si è
stufato di me” tentò una risata amara.
“No!”
sbottò Sasuke fin troppo veemente, al punto che si
guadagnò un’occhiata
perplessa. “Voglio dire, nessuno potrebbe stancarsi mai di
te, sei troppo…” non
trovò la parola adatta con cui finire la frase, quindi la
lasciò sfumare da
sola nel silenzio.
Naruto
lo
guardò con gli occhi spalancati, un leggero rossore sulle
guance.
“Grazie…
sei un amico” mormorò intimidito. Quelle parole
gli avevano capovolto lo
stomaco e non capiva nemmeno perché.
Sasuke
distolse lo sguardo, anche lui in palese imbarazzato.
“Già,
il
tuo migliore amico” commentò neutro.
Guardarono
un’altra puntata di Voltron mentre mangiavano, poi si
spostarono sul letto a
guardarlo per stare più comodi.
Dopo
quello
che aveva appena detto, Naruto si sentiva un po’ a disagio a
stare così vicino
a Sasuke, aveva le palpitazioni accelerate. Il modo in cui il corpo di
Naruto
era premuto al suo fianco gli era familiare, ma questo era ovvio visto
che si
conoscevano da anni; però lo sentiva familiare anche in un
altro senso che non
riusciva bene a capire, improvvisamente gli era venuto molto
più caldo e stava
sudando.
Perché
si
stava agitando così tanto? Era Sasuke, il suo migliore
amico, non aveva senso
niente di quello; si stava solo lasciando impressionare.
S’impose di rilassarsi
e nel farlo appoggiò la testa sulla spalla
dell’amico, così sentiva il suo
profumo in modo molto più intenso, lo stava stordendo appena.
Assomiglia a
quello di Mille Falchi…
Si
bloccò,
sconvolto da quella sua stessa considerazione. Perché stava
paragonando l’odore
del suo migliore amico a quello del suo amante? Perché li
trovava eccitanti
allo stesso modo?
Forse
l’idea di restare a dormire da lui quella notte non era stata
una delle
migliori.
Al
termine
di un episodio, Sasuke spense il computer e lo mise via sul comodino.
“Andiamo
a
dormire, stai crollando”.
“Non
è
vero, posso guardarne un altro” s’impose con voce
fievole, anche se aveva gli
occhi socchiusi.
Sasuke
ridacchiò divertito e Naruto si sentì un
po’ indispettito, come faceva a essere
così calmo e controllato? Non stava provando anche lui le
strane emozioni che
lo stavano prendendo?
“Andiamo
a
dormire” ripeté tirando su le coperte sopra le
loro teste. Si sistemò meglio
sul cuscino e si assicurò di allontanarsi il più
possibile da Naruto.
Quello
lo
guardò perplesso. “Ma che fai? Sei sul
bordo!”
“Mi
piace
avere spazio” si giustificò.
“Ma
quale
spazio, stai per cadere” sbuffò,
allungò una mano ad afferrarlo e se lo tirò
contro. “Non fare l’idiota, non ti mangio
mica”.
“Non
azzardarti a fare il polipo come tuo solito” lo
minacciò.
“Non
è
qualcosa che posso controllare, dormo quando succede!”
protestò indignato.
“Come
vuoi,
ma lasciami dormire” fece per chiudere gli occhi, ma si
ritrovò stretto in una
morsa, in uno degli abbracci soffocanti di Naruto. L’amico
gli si era
completamente avvinghiato contro e aveva intrecciato le loro gambe.
“Idiota!”
sbottò. “Adesso sei sveglio, lasciamo
andare”.
Lo
sentì
ridere. “Scusa, dai” blaterò
stringendolo più forte. Era così familiare
abbracciarlo in quel modo, come se il suo corpo si adattasse
perfettamente a
quello dell’altro, era una sensazione così strana.
“Mi
sei mancato,
non hai idea di quanto” ammise con la voce un po’
ovatta per il sonno, aumentò
la stretta. “Mi sei mancato tantissimo”.
Sasuke
trattenne il fiato, quello era un genere di abbraccio che aveva sempre
riservato per Mille Falchi, non lo aveva mai abbracciato in quel modo
così
disperato e totale, che persino le loro gambe erano aggrovigliate. Gli
piacevano quegli abbracci ed era incredulo di averne ricevuto uno. Era
una
brutta persona se ne approfittava un pochino?
Si
rilassò
contro di lui e alzò anche le sue braccia a ricambiarlo.
“Anche
tu”
sussurrò. “Buonanotte,
scemo”.
Buonasera^^
Questo
aggiornamento giunge nel bel
mezzo della settimana e succedono cose.
Sasuke ferito gravemente tanto per cominciare, che viene chiuso in
casa. Naruto
che comincia a sentire qualcosa di strano. E poi
c’è Obito, eh già. Un Obito un
po’ schizzato :> vedremo che cosa combinerà
nella storia u.u e abbiamo un
indizio sul lavoro di Shisui, qualche idea?? Su, I’m so curious delle vostre
elucubrazioni :D
Ringraziamo
Ahiryn per il betaggio, mentre io
ringrazio voi per seguire la
storia. Siete super <3
Un bacio,
Hatta
|
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Capitolo 5 *** V ***
Chi non
muore ci si rivede!
La
storia è
ferma da più di un anno, lo so, ma avevo perso interesse
nello scriverla. Però
mi spiace averlo fatto, visto che non era troppo lunga ed era
abbastanza
leggera. Ho pensato quindi di riprenderla in mano, nonostante il tempo
passato!
Mi spiace avervi lasciati appesi così a lungo ;__;
Un
piccolo
promemoria per ricordarci dove eravamo stati lasciati:
Nei
panni
di Mille Falchi, Sasuke è stato ferito gravemente da dei
criminali,
costringendolo a restare a casa per riprendersi. Ma Shisui, stanco di
vederlo
rischiare la vita, ha deciso di costringerlo a smettere con la vita da
Supereroe ha installato sensori alla casa che impediscono a Sasuke di
uscire
usando i suoi poteri. Nel mentre che Sasuke resta bloccato a casa a
riprendersi
dalla ferita, succedono due cose. La prima: Naruto va a trovarlo a casa
e
decide di restare a dormire da lui la notte, scoprendo così
di non essere del
tutto indifferenze al migliore amico. La seconda cosa: compare
improvvisamente
Obito Uchiha che, mentalmente instabile, distrugge e cancella
dall’esistenza un
parco cittadino.
Ora vi
lascio al nuovo capitolo ^^
Oh,
ovviamente un enorme ringraziamento ad Ary che ha assecondato questo
mio “capriccio”
di riprenderla in mano e ha betato il capitolo <3
V
Alcuni
giorni dopo Sakura decretò che Sasuke poteva tornare a
scuola. La febbre era
scesa del tutto e anche la ferita allo stomaco si era rimarginata,
andando ad
aggiungersi alle altre che segnavano
già tutto il suo
corpo. Purtroppo non gli fu resistituito il cellulare, nemmeno quando
provò a
convincerla con la classica scusa “E se succede un incidente
come faccio a
contattarti?!” Sakura glielo riconsegnò.
Naruto
era
stato felicissimo di rivederlo, lo aveva frastornato di chiacchiere per
l’intera durata della mattinata, senza fermarsi nemmeno
durante le spiegazioni
dei professori. Sasuke dovette ammettere a se stesso di essere
altrettanto
felice. La prigionia in casa era stata pesante, era rimasto chiuso in
camera
per tutto il tempo senza scendere nemmeno ai pasti. Non aveva voluto
incontrare
Shisui, perché sapeva che se si fossero incrociati avrebbero
iniziato a
litigare. Almeno Sakura tentava di mantenere le loro scarne
conversazioni su un
livello civile.
Tornare
a
scuola aveva anche un altro sapore: usciva dal raggio
d’azione dei sensori. Aveva
messo nello zaino il costume di Mille Falchi, deciso a indossarlo
appena finita
la scuola per poter vigilare la città. Sarebbe stato fuori
il più tardi
possibile, in modo da rimediare a tutto quello che aveva combinato.
Doveva
essere successo qualcosa, forse un improvviso aumento della
criminalità, perché
tutti a scuola erano tesi e preoccupati. Aveva tentato di captare
qualcosa origliando
i sussurri dei professori, ma non aveva capito nulla se non che la
polizia
stava lavorando a qualcosa di così grosso che forse
sarebbero intervenute le
forze segrete statali. Doveva assolutamente mettere mano a un giornale
e
notiziario, in quel momento si pentì di essere rimasto tutto
il tempo in camera
lontano dal telegiornale locale.
Aveva
anche
intenzione di fare una capatina nella stanza di Naruto, così
da spiegargli la
situazione e fare in modo che non si preoccupasse; aveva già
ideato la scusa
perfetta.
Con quei
pensieri, la campanella della fine delle lezioni arrivò
lentissima. Come un
fulmine ripose tutto nel suo armadietto e si allontanò da
Naruto con una scusa.
“Ma
abbiamo
karate fra qualche ora” provò a fermarlo.
“Mi
dispiace, ma salto. Non sto ancora abbastanza bene per
tornare” si giustificò.
Ovviamente
non tornò a casa, si infilò invece nel primo
vicolo vuoto e si nascose dietro
una montagna di spazzatura. Indossò il costume, attento che
non passasse
nessuno, poi nascose lo zaino tra l’immondizia che sembrava
essere lì da almeno
cent’anni.
Calatosi
nel proprio alterego, come prima cosa si teletrasportò
vicino a un’edicola per
recuperare una copia di giornale mentre il proprietario era distratto.
Si
premurò di lasciare a terra i soldi per pagarlo, quindi si
spostò sulla
terrazza di un grattacielo, dove in equilibrio sul cornicione
cominciò a
leggere le notizie.
Fortunatamente
la sua improvvisa scomparsa non era ancora stata segnalata, ma in
compenso i
criminali avevano ricominciato ad avere un picco di
attività. C’erano stati
piccoli furti agli sportelli di prelievo e in alcuni ventiquattro ore
perlopiù,
ma Sasuke era certo che era solo questione di giorni prima che si
rendessero
conto della sua scomparsa e tentassero colpi più coraggiosi.
Girò
pagina
e lesse la prima notizia in alto. Congelò di colpo e
aumentò la presa sul
giornale, stropicciandolo.
Il Parco
Susanoo era stato cancellato dalla città.
Che.
Cosa.
Rilesse
la
notizia, scioccato da una simile assurdità. Era successo
più di una settimana
fa, la data combaciava con uno dei giorni di febbre. Nessuno sapeva
cosa fosse
davvero successo, come fosse possibile una cosa del genere.
Un
momento
prima c’era il Parco Susanoo in tutto il suo splendore,
l’attimo dopo era
sparito e al suo posto c’era un cratere degno di una scena
apocalittica. Tutte
le persone che lo stavano frequentando: scomparse.
Sbatté
le
palpebre, cercando di vedere oltre l’incredulità.
Non doveva pensare che fosse
impossibile, perché era successo e lui… lui era
bloccato nella sua fottuta casa
da Shisui.
Digrignò
i
denti e sentì un fiotto di rabbia. Cercò di non
crogiolarsi troppo in essa,
perché doveva trovare una spiegazione a quel mistero.
La
risposta
più probabile era una causa naturale, del resto sembrava il
cratere di una meteora,
ma in quel caso era impossibile che nessuno se ne fosse accorto! Un
corpo
celeste non colpisce la terra senza che venga previsto dalla NASA o
avvistato
da qualcuno.
Nemmeno
la
polizia sembrava volersi muovere verso il versante
dell’incidente e stavano
cercando un colpevole. Il giornale riportava che, subito dopo il
disastro, un
testimone aveva visto un uomo al centro del cratere ridere isterico,
prima di
scomparire a sua volta.
Scomparire.
Come faceva lui quando si teletrasportava.
Una
piccola
consapevolezza cominciò a strisciare nella sua mente, come
una vipera velenosa.
Iniziò a sentire paura, quel tipo che provava solo quando la
mente tornava
indietro alla sua infanzia nel laboratorio.
Quello
che
era successo era pericolosamente simile alle sue abilità e
se proprio doveva
esserci qualcuno dietro tutto quello… poteva essere solo un
individuo al quale
era stato modificato il corredo genetico. Quindi qualcuno che era stato
studiato nei laboratori Uchiha.
Tremò
a
quella prospettiva e perse la presa sul giornale, alcune pagine
cominciarono a
volteggiare verso il basso, ma lui non ci badò.
Si disse
che non era possibile. I laboratori erano stati distrutti, ricordava
quanto
fosse stato ampio l’incendio che aveva distrutto
l’edificio, era impossibile si
fosse salvato qualcosa. Più della metà degli
scienziati erano morti, anche Madara
che aveva portato a fondo con sé tutti i progetti segreti.
Senza contare che
ora l’Uchiha Corps produceva frullatori.
Frullatori, santo Dio!
No, no e
no. Non c’era possibilità che avessero ripreso a
fare esperimenti in segreto
sui supersoldati. Era una prospettiva che non doveva nemmeno vagliare,
al
massimo l’unica cosa che stavano progettando erano dei nuovi
super-frullati.
Ma
allora…
Si
sforzò
di pensare, cercando una soluzione. Non aveva nessuna prova che fosse
stato
causato da un uomo con i superpoteri, ma al momento era la spiegazione
più
probabile. Qualcun altro aveva iniziato a fare esperimenti sui super
soldati?
Probabile, ma sarebbe stata una coincidenza troppo sospetta se gli
esperimenti
riusciti avessero sviluppato gli stessi poteri cercati dai laboratori
Uchiha.
C’era
solo
un’altra spiegazione possibile: lui e Itachi non erano gli
unici sopravvissuti.
Qualche altro bambino era riuscito a scappare dai laboratori la notte
dell’incidente e ora era a piede libero. Probabilmente anche
voglioso di
vendicarsi, il Parco Susanoo era stato finanziato dalla nuova Uchiha
Corps,
anche questa poteva essere solo una coincidenza? Stavano cominciando a
diventare troppe.
Si
stropicciò gli occhi da sopra il costume, cercando di
risvegliare i suoi
ricordi sugli altri bambini tenuti prigionieri. Erano quasi tutti
orfani senza
nessuno, bambini che se anche fossero spariti nessuno li avrebbe
notati… o
parenti diretti di Madara, come lui, Itachi e Obito.
Si
fermò,
il respiro bloccato in gola e cercò di ricordare meglio il
cugino più grande.
Erano in stanze vicine, l’essere nipoti del CEO gli aveva
dato il privilegio di trovarsi in
una zona
diversa dei laboratori, lontani delle altre cavie. Su di loro erano
anche stati
fatti solo gli esperimenti più sicuri, quelli che erano
già stati testati sugli
altri bambini. Sapeva però che dei tre piccoli Uchiha, solo
lui aveva risposto
bene alla modifica genetica. Suo fratello era diventato cieco e si era
indebolito molto dal momento che il suo organismo aveva cercato di
espellere i
corpi estranei. Di Obito ricordava solo quello che sussurravano i
medici, che
era fuori controllo e che tutti i suoi valori vitali erano instabili,
sballati.
Aveva dato per scontato che fosse morto durante l’incidente,
come tutti gli
altri bambini.
Ma forse
si
era sempre sbagliato. Forse Obito era vivo da qualche parte, con i suoi
valori
instabili e il desiderio di vendetta.
Si tolse
il
becco dal viso, il pensiero gli aveva fatto mancare
l’ossigeno e aveva bisogno
di prendere una lunga boccata d’aria. Condivideva il senso di
vendetta,
frullatori o meno avrebbe voluto cancellare l’Uchiha Corps
dalla faccia della
terra per sempre. Ma sradicare dall’esistenza un intero
parco, coinvolgere
civili innocenti che non c’entravano nulla con
loro… quello era sbagliato.
Doveva
trovarlo e fermarlo, e purtroppo quello era un lavoro solo per
supereroi: come
negli stupidi fumetti di Naruto, era comparso il supercattivo.
**
Naruto
cominciava a sospettare di avere la scabbia, o qualsiasi altra malattia
altamente contagiosa come la peste bubbonica, perché non era
possibile che
tutti lo scansassero schifati.
Mogio si
allontanò lungo la strada, il borsone che colpiva il suo
fianco a ogni passo.
Le lezioni di karate senza Sasuke erano sempre un inferno, un
po’ come la
scuola. Certo in palestra almeno non c’erano i bulli, ma lo
avviliva sempre
quando si arrivava al momento dei combattimenti in coppia, dove
bisognava scegliere
un compagno. Ovviamente, come nelle partite di pallavolo, lui rischiava
sempre
di non essere scelto da nessuno, nemmeno quelli di cintura bianca.
Almeno
quando c’era Sasuke combatteva con lui, era la sua garanzia e
l’unica persona
che gli impediva di essere del tutto solo.
Fece un
piccolo sorriso a quel pensiero, ma lo scacciò subito per
l’imbarazzo. Era da
quando avevano dormito insieme quella sera a casa sua che si sentiva
strano
ogni volta che pensava a lui. Provava un senso di felicità e
gratitudine che
gli scombussolava lo stomaco, come se avesse inghiottito delle
caramelle
frizzanti. Lo stare lontani in quella settimana gli aveva fatto capire
quanto
fosse fondamentale, era diventato la presenza fissa della sua vita.
Anche solo
poter allungare la mano per toccarlo e sentirlo vicino a lui lo faceva
emozionare.
Quei
pensieri lo fecero arrossire, si rendeva conto da solo di quanto
fossero
intimi. Inoltre non poteva negare a se stesso che dormire con lui fosse
stato
diverso dall’ultima volta che era successo, aveva reagito a
quel corpo caldo
contro di sé.
Cosa
c’è che non va in me?!
In
realtà
la risposta era molto semplice, annidata da qualche parte nel suo
cervello, ma
faceva di tutto per non notarla. Sasuke era il suo migliore amico, solo
quello,
e lui era innamorato di Mille Falchi.
Il
pensiero
del supereroe lo fece oscurare. Da quanto non lo vedeva? Da quella
volta che
gli aveva parlato delle cicatrici. Aveva creduto che si fossero
avvicinati,
invece aveva avuto l’effetto opposto, lo aveva fatto fuggire
via.
Con quei
pensieri tristi tornò nel suo appartamento, non si
stupì di scoprire che
Jiraiya non era ancora rientrato dal suo ufficio. Era un giornalista e
ultimamente era stato molto impegnato per via della notizia del Parco
Susanoo.
Se ci pensava gli veniva la pelle d’oca, quello che era
successo era al di là
di ogni sua comprensione.
A meno che non
voglia prendere sul serio l’opzione del
supercattivo.
In quel
caso Mille Falchi lo avrebbe preso a calci in culo, dattebayo!
Mentre
era
perso in quei pensieri non si aspettava di trovare proprio Mille Falchi
dentro
la sua stanza. Quando lo vide rimase così sorpreso che
lasciò cadere la borsa
dalla spalla.
“Tu…”
boccheggiò con la bocca aperta.
“Chiudi
la
porta a chiave, non vorrei essere visto”.
Scombussolato
fece come gli diceva. “Sono solo a casa, comunque”.
Mille
Falchi era seduto scomposto sulla sua sedia girevole, appoggiato allo
schienale
con fare stanco e una gamba alzata verso il petto, il mento appoggiato
al
ginocchio e una mano aggrappata alla caviglia. Aveva tolto il becco
metallico,
quindi riusciva a vedere la parte inferiore del suo viso e le labbra
piegate in
una smorfia triste.
“Stai
bene?” chiese preoccupato. Abbandonò la borsa
all’entrata e gli si avvicinò.
Per qualche motivo, oltre alla felicità di vederlo
lì, si sentiva anche in
ansia.
Mille
Falchi non disse nulla, solo quando gli fu abbastanza vicino si
aggrappò con
una mano alla sua maglietta e se lo tirò contro in un
abbraccio un po’ scomodo.
“Scusa
se
non sono venuto ultimamente” disse. La sua voce era un
po’ distante, fredda,
come se continuasse a rimuginare su qualcosa.
Non
seppe
bene cosa dire e lasciò che lo abbracciasse, stringendosi
contro di lui e
aggrappandosi alla maglietta. Nebulosamente Naruto pensò che
questa era un’altra
differenza con Sasuke: Mille Falchi era molto più affettivo
e tattile; Sasuke
invece ogni volta che lo sfiorava si irrigidiva e lo allontanava, non
lo
cercava mai. Era una cosa che segretamente lo aveva sempre ferito ed
era bello
per una volta sentirsi cercato, poter dare conforto fisico a qualcuno.
“Scusami
tu” disse spezzando il silenzio. “Vengo da karate e
devo puzzare tantissimo”.
“Sì,
un
pochino” confermò arricciando il naso.
Rise.
“Mi
aspetti mentre faccio la doccia? Un minuto?”
“Un
minuto”
concesse.
Naruto
non
se lo fece ripetere due volte: volò nella doccia, dove si
lavò a tempo record e
non si fermò nemmeno ad asciugare i capelli.
Tornò nella stanza che gocciolava
ancora con solo i boxer addosso e scoprì che Mille Falchi
era sul suo letto. Lo
raggiunse stendendosi al suo fianco, facendo combaciare il loro corpi.
Il
supereroe alzò subito una mano e gli sfiorò con
le dita la pelle morbida della
pancia, girando attorno all’ombelico.
“Hai
una
pelle così bella… mi piace il colore”
mormorò.
Si
ritrovò ad
arrossire. “Oh, ehm… parenti caraibici?”
offrì.
Arrossì
ancor di più quando, con un sorriso, Mille Falchi si
abbassò a baciargli lo
stomaco. Quel solo piccolo gesto riaccese Naruto come una fiaccola. Ne
fu anche
scombussolato perché improvvisamente aveva immaginato che
fosse Sasuke a
compierlo ed era stato… be’, strano. Non era il
caso di pensare al suo migliore
amico, doveva bloccare quei pensieri che gli stavano mangiando il
cervello come
tarme.
Prese
quindi il viso del supereroe fra le mani e lo spinse verso
l’alto, in modo da
poterlo baciare. Appena le loro labbra entrarono in contatto
sentì una scossa
partire dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli. Non sapeva se
fosse
per via dei suoi superpoteri, ma ogni volta che approfondiva quel
contatto gli
sembrava di essere colpito da un fulmine.
Mille
Falchi reagì subito alla sua proposta implicita, lo
afferrò per le spalle e si
mise meglio fra le sue gambe divaricate, iniziando a strofinare i loro
bacini
in modo sempre più concitato. Non smise di baciarlo,
né mollo la presa sulla
sua pelle e dopo qualche minuto di quella presa febbricitante Naruto
cominciò a
sentirsi a disagio. Era frastornato dagli input piacevoli dati dalla
bocca del
supereroe e dallo scontrarsi dei loro inguini, ma cominciava a fare
male. La
stretta sulle sue spalle era troppo forte, sentiva la pelle pulsare di
dolore e
le ossa comprimersi per la pressione delle dita e quel che era peggio
diventava
più forte ogni secondo che passava.
Provò
a
staccarsi dal bacio. “Mille Fa…”
L’altro
sembrava avere la mente totalmente obnubilata, prese a baciargli la
gola e
mordicchiarlo, senza accorgersi che la sua presa stava diventando
troppo forte
e dolorosa. Un fiotto di panico si mescolò nel suo stomaco
insieme
all’eccitazione e cominciò ad avere davvero paura
di rompersi. Si agitò ancor
di più, dimenandosi alla sua presa che lo inchiodava al
letto.
“Mille
Falchi!” ansimò con più urgenza.
Ma il
supereroe o fraintese o non lo sentì, perché
continuò a stuzzicare e stringere,
spingendosi sempre di più contro di lui.
Cominciò
a
sentirsi gli occhi umidi perché stava facendo troppo male,
si sentiva davvero
spezzare. Faticò a racimolare tutta la sua forza e tentare
di spingerlo via,
chiamandolo ancora una volta. Ovviamente non riuscì a fare
leva neanche di un
millimetro, ma Mille Falchi si accorse della forza che tentava di
spingerlo e
con un sussultò si rese conto di quello che stava
succedendo. Più veloce di un
battito di ciglia, si catapultò sul fondo del letto, lontano
da lui.
Anche se
non c’erano più le dita a premere, Naruto
continuò a sentire la pelle bruciare.
Si portò una mano alle spalle, ma anche il semplice
sfiorarsi la pelle gli fece
male. Non se ne preoccupò troppo e alzò lo
sguardo su Mille Falchi, ora
lontano. Aveva la bocca socchiusa in una o perfetta
di raggelo, la pelle
visibile del volto arrossata furiosamente e sembrava tremare.
“Io…
mi
dispiace” disse e sembrava sul punto di vomitare.
“Scusami, mi dispiace”.
Naruto
si
sentì in colpa e male per lui, allungò una mano
per farlo riavvicinare.
“Non
è
colpa tua” disse. “Sei solo… troppo
forte” e offrì un sorriso divertito.
Ma Mille
Falchi non l’accettò, né prese la mano
e si avvicinò. Continuò a fissarlo con
vergogna e rimpianto.
“Non
voglio
farti male” mormorò e per un momento Naruto
sospettò che non si riferisse solo
ai lividi che gli aveva lasciato.
Ma non
ebbe
il tempo di dire niente che era scomparso dal suo letto,
teletrasportandosi da
un’altra parte e lasciando al suo posto una tegola scheggiata.
La
fissò
sentendosi solo e ferito.
**
Sasuke
non
riusciva a smettere di insultarsi mentre saltava tra un tetto e
l’altro. Ormai
si era fatto molto tardi ed era scesa la notte, sarebbe dovuto tornare
già da
un pezzo, ma si sentiva troppo agitato. Aveva bisogno di calmarsi,
altrimenti
una volta a casa Sakura avrebbe capito subito perché fosse
così sconvolto.
Sono un idiota.
Lo era
dal
momento esatto in cui aveva deciso di cedere e iniziare quella patetica
cosa
con Naruto. Non solo gli stava mentendo spudoratamente, la sua presenza
gli
faceva male! Non poteva permettersi di perdere il controllo su se
stesso e
fargli male, non se lo sarebbe mai perdonato, non era colpa sua se non
era
fatto come le persone normali.
Atterrò
malamente sul tetto di una casa e perse la presa sul tegolato,
rischiando di
cadere. Riuscì prontamente a sostituirsi con qualcosa e
tornare sul tetto senza
un graffio. Ma una volta lì si sedette e si prese il viso
fra le mani.
Perché
ormai avrebbe fatto del male a Naruto. Non si trattava solo della sua
superforza, ma anche di Obito. Se c’era davvero lui dietro
quel disastro,
allora c’era una persona che sapeva della sua
identità segreta. Obito non
poteva essere così stupido, sicuramente aveva già
collegato che dietro all’eroe
di Konoha si celava uno dei bambini modificati dell’Uchiha
Corps e l’unico
possibile era lui, Sasuke. Obito sapeva chi fosse e questo era un grave
pericolo per tutti quelli che lo conoscevano.
Cominciò
a
non riuscire più a respirare, nel panico. Obito era
impazzito da bambino e ora
voleva cancellare l’Uchiha Corps, questo era sicuro. Anzi,
voleva cancellare
qualsiasi cosa avessero fatto, perfino un innocuo parco cittadino.
C’era la
possibilità nemmeno troppo remota che questo desiderio di
cancellazione
coinvolgesse anche lui e Itachi. Anche loro, proprio come quel parco,
erano un
prodotto dell’Uchiha Corps, che ne testimoniava
l’esistenza. Anche se Sasuke
l’avesse ignorato, prima o poi sarebbe venuto a cercarlo per
completare la sua
follia e questo metteva in pericolo tutte le persone che conosceva.
Metteva in
pericolo Naruto. Non poteva permettere che qualcuno scoprisse il suo
legame con
il ragazzo, né da Sasuke né da Mille Falchi, per
il suo stesso bene. Doveva
allontanarlo. Era l’unica azione sicura da fare.
Ignorò
quanto quel pensiero gli facesse male, in quel momento Naruto era la
persona
più importante della sua vita, non era facile. Ma proprio
per quello doveva
stargli il più lontano possibile.
Con
quell’ultima risolutezza, tornò a casa. Si
materializzò in giardino, ben
attento a non farsi vedere, e si cambiò lì. Una
volta rimessi i vestiti
borghesi, rientrò in casa pronto a sopportare le accuse di
Shisui.
Ma
quest’ultimo non c’era. Confuso, arrivò
fino alla cucina dove trovò solo
Sakura. Era così concentrata dal notiziario da non
accorgersi di lui finché
questo non si schiarì la gola.
“Sasuke,
hai fatto tardi!” considerò distratta.
“Ero
con
Naruto” mentì. “Ci siamo fermati a
prendere un gelato dopo karate”.
“Quindi
non
hai tanta fame? Ti ho messo comunque da scaldare qualcosa nel
microonde”.
“Va
bene,
magari più tardi. Grazie” mormorò,
sorpreso che fosse così remissiva dal suo
ritardo e gli prestasse così poca attenzione. I suoi occhi
continuavano a
saettare sul telegiornale, come se fosse in attesa di una notizia.
“Uhm,
Shisui?” chiese.
“A
lavoro”.
Annuì,
sentendosi a disagio. Tutto sommato era sollevato di non essere stato
ripreso,
ma quel nervosismo di Sakura gli fece paura. Forse anche loro avevano
collegato
i puntini su Obito… non sapeva se fosse un bene o meno.
“Vado
in
camera”.
Sakura
non
rispose, troppo concentrata sulla televisione.
**
L’autobus
ripartì, lasciando la figura scura in mezzo al nulla. I
passeggeri erano stati
molto felici di vedere quello strambo tipo, che indossava un cappotto
pesante e
lungo in quella stagione primaverile, lasciare l’autobus.
Però erano rimasti
altrettanto perplessi di vederlo scendere in quella fermata in mezzo al
nulla,
con solo un parcheggio di macchine che in quel momento era
completamente vuoto.
L’uomo
si
guardò attorno, la strada vuota e nessuna anima viva in
giro. Si rese conto di
aver sbagliato fermata, che quello non era il suo quartiere. Eppure era
sicuro
di dover scendere lì, perché…?
Con un
sospiro, cominciò a camminare al fianco della strada.
C’era un forte vento che
lo tirava dalla parte opposta, ma non se ne curò.
Affondò una mano nelle tasche
del cappotto e prese il telefono. Era vecchissimo, quelli senza il
touchscreen,
lo schermo era rotto, attraversato da profonde crepe, e alcuni tasti
mancavano.
Ovviamente era spento, ma l’uomo non ci fece nemmeno caso e
cominciò a digitare
un numero per poi portarselo all’orecchio.
“Ehi,
tesoro, sono io. Lo so, mi dispiace. Ma farò tardi anche
questa sera, ho
sbagliato la fermata dell’autobus. No, non preoccuparti, non
occorre che tu
venga a prendermi. Lo so, vivo proprio con la testa sulle nuvole, mi
dispiace.
Iniziate pure a mangiare, vi raggiungerò presto. Sto
arrivando…”
Si
fermò,
era arrivato vicino a una recinzione dove un grosso cartello segnalava
la
proprietà privata e il divieto di andare sul terreno, quel
posto apparteneva
all’Uchiha Corps. Socchiudendo gli occhi, riuscì a
vedere un casermone e delle
ciminiere. Ricordò perché era sceso a quella
fermata.
“Ti
amo
anch’io, tesoro. Ci vediamo dopo”
salutò.
Obito
Uchiha lasciò cadere il telefono a terra e
attraversò la recinzione.
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Capitolo 6 *** VI ***
Buon SasuNaru day!
Per l’occasione rispolvero questa fic, sperando che un nuovo capitolo vi faccia piacere. Oltre a questo dovrebbero mancarne due, quindi vediamo se riesco a finirla in tempi brevi.
Un piccolo riassunto: Sasuke si trova ad avere strani poteri a seguito di sperimentazioni sul suo corpo per creare dei superumani. Ancora bambino riesce a scappare insieme al fratello, in coma, e viene ospitato da una coppia (Sakura e Shisui) che lo nasconde, in modo di dargli una vita normale. L’amicizia con Naruto lo spinge a usare i suoi poteri per fare qualcosa di buono e diventa il supereroe Mille Falchi, nei panni del quale inizia una relazione con Naruto. Le cose però peggiorano quando un uomo con dei poteri compare in città distruggendo ogni cosa. Sasuke lo riconosce subito, è uno dei bambini vittimi della sua stessa sperimentazione che vuole vendicarsi…
VI
“Ehi”.
Sasuke sussultò, quasi perdendo la presa sulla mela che stava sgranocchiando, e si voltò con gli occhi sgranati. Non sapeva perché fosse così sorpreso che Naruto lo avesse trovato, dopo tutti quei giorni passati a ignorarlo era ovvio che l’amico venisse a cercarlo.
Sasuke aveva smesso di parlargli senza una spiegazione, non si sedeva più vicino al suo banco e cercava di evitare ogni interazione. Era evidente dal modo in cui Naruto lo stava guardando in quel momento che fosse ferito dal suo atteggiamento.
“Ehi” ricambiò mordendosi le labbra, mentre parti contrastanti in lui lottavano tra loro. Doveva cacciarlo, ma gli era mancato così tanto che non riusciva a farlo.
Erano a scuola, durante la pausa pranzo, anche se lui al momento non si trovava in mensa. Da quando aveva iniziato a ignorare Naruto passava la pausa in un’aula vuota di arte, a guardare fuori dalla finestra e meditare cupo sui recenti sviluppi.
Il suo piano di continuare a vegliare nella città senza farsi beccare da Sakura e Shisui stava funzionando, soprattutto perché i due adulti non sembravano dargli attenzione. Era evidente che qualcosa li impensieriva e sapeva che quella cosa era Obito. Qualche giorno prima una delle fabbriche dell’Uchiha Corp era esplosa. Questo dimostrava che l’incidente del parco Susanoo non era un caso isolato, Obito stava portando avanti una vendetta sistematica.
Sasuke doveva proteggere Naruto e non sapeva come altro fare se non tenerlo a distanza
Ignoralo. Fai credere al mondo che non siamo più amici. Così nessuno lo userà contro di te.Questo era stato il suo manta negli ultimi giorni.
In quel momento capì però che Naruto non stava apprezzando la sua scelta, tutt’altro. I suoi occhi azzurri erano feriti, trasparenti come al solito nei propri sentimenti, erano una pugnalata al cuore.
“Quindi è qui che ti nascondi” rinfacciò.
Sasuke accusò il colpo. “Non mi sto nascondendo”.
Naruto sbuffò e senza chiedere il permesso si sedette al suo fianco. “Mi stai ignorando, non osare negarlo” lo precedette. Fece una pausa, in cui si guardò le mani esitante. “Ho… fatto qualcosa di sbagliato?”
Sasuke era certo che il cuore non potesse fargli più male di così, era come se qualcuno si divertisse a usarlo come puntaspilli.
“Voglio solo restare solo”.
Era ovvio che Naruto non gli credesse. Del resto voleva sempre restare solo, ma la presenza di Naruto non gli aveva mai dato fastidio. Se ora era così significava che qualcosa era cambiato.
Ma non posso spiegarti.
Fortunatamente, come un deus ex machina, la campanella che avvertiva la fine della pausa lo salvò dal doversi spiegare. Ignorando lo sguardo deluso dell’amico si alzò.
“Sasuke, devo parlarti” disse con impeto, alzandosi a propria volta.
Non si voltò a guardarlo, aveva paura di incontrare il suo sguardo e vedere quegli occhi blu che lo facevano sempre tremare. Doveva ricordarsi che quella decisione, per quanto dolorosa, era fatta per proteggerlo da Obito. Se anche lui era nella sua agenda di vendetta contro l’Uchiha Corps, allora il modo migliore per approcciarlo era prendere in ostaggio Naruto – o peggio, non voleva nemmeno pensarci.
Al suo silenzio l’amico riprese a parlare.
“È una cosa importante, ci ho pensato in questi giorni… E tu, be’, sembri aver già deciso di non voler più essere mio amico, quindi tanto vale che te lo dica”.
Quel preambolo non gli piaceva per nulla, cominciò a sentire l’ansia strisciare lungo la sua schiena.
“La campanella è suonata” fece presente.
“Te lo dico mentre andiamo in classe”.
“Io… Io vado a casa adesso” mentì. “Ho una visita medica, ho già la giustificazione”.
Era una mezza verità: non aveva nessuna visita, ma aveva sempre con sé delle giustificazioni con la firma falsificata di Sakura per uscire prima per fare i suoi giri da Mille Falchi. Non avrebbe mai pensato che gli sarebbero state utili per scappare da Naruto.
A quella rivelazione seguì un silenzio abbastanza lungo da farlo azzardare a lanciare un’occhiata alle proprie spalle. Naruto lo stava guardando con l’espressione più triste che gli avesse mai visto, gli occhi quasi liquidi dalla delusione, e quando si accorse si essere fissato distolse lo sguardo. Naruto non aveva mai esitato nel guardarlo dritto negli occhi, quel gesto ferì Sasuke.
L’ho già deluso così tanto?
È necessario.
“È importante” disse. “Ho bisogno di parlatene, io… non posso nasconderlo e starmene zitto. Devo dirtelo, capisci?”
Sasuke cominciò a temere che avesse scoperto la sua identità segreta.
“Io devo andare” disse, non pronto ad affrontare le conseguenze.
“Ma possiamo parlarne? Dopo scuola e quando tu hai finito la tua visita? Ci troviamo al bar all’angolo con la sedicesima…”
Quel bar faceva i tramezzini al tonno e pomodoro più buoni della città, Sasuke non aveva mai rifiutato prima e Naruto lo sapeva. Strinse la cinghia sul proprio zaino.
“Naruto…”
“Per favore, devo davvero parlarti. Dopo potrai ignorarmi, anzi…” Fece una risata triste. “È probabile che vorrai farlo”.
Ora era decisamente curioso e masochista si ritrovò a volerlo sapere. Forse, qualsiasi cosa fosse, avrebbe potuto usarla come scusa per troncare i rapporto tra loro, così che nessuno pensasse più che Naruto fosse importante che lui, che Obito non lo pensasse lasciandolo fuori da tutta quella faccenda.
Deglutì. “Va bene, ci vediamo alle cinque?”
Voleva comunque avere del tempo per fare un giro di perlustrazione nelle vesti di Mille Falchi e poi farsi una doccia prima di vederlo.
Probabilmente quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
Con quel pensiero amaro si voltò ancora una volta e questa volta riuscì a uscire dalla stanza senza che Naruto lo fermasse, anche se sentiva il suo sguardo bucargli la nuca. Chissà cosa voleva dirgli di così urgente e che rischiava di mettere a rischio la loro amicizia.
Andò in segreteria, dove con una faccia assolutamente vuota mostrò il permesso di uscita alla donna al banco. Quella non gli chiese nemmeno di aspettare che arrivasse la tutrice a prenderlo, si limitò a segnare la cosa e dargli l’arrivederci. Meglio così visto che Sakura non sarebbe mai arrivata.
Le strade di Konoha erano trafficate come sempre e i suoi abitanti come al solito erano talmente immersi nei propri affari che non badarono all’adolescente che si infilò in un vicolo stretto e nascosto. Dietro a una montagna di immondizia che lo nascondeva dalla strada principale, Sasuke poté indossare il suo costume ed entrare nei panni del supereroe.
Essendo giorno, comunque, non si ritrovò ad avere molto da fare. Riuscì a sventare qualche shippo, che gli fece guadagnare applausi e molte foto che subito circolarono nell’internet – male, così Sakura e Shisui avrebbero scoperto che aveva saltato scuola e continuava a compiere le sue imprese.
Tornò a casa nell’orario in cui sarebbe terminata le lezioni, nel caso i suoi tutori fossero lì ad aspettarlo, ma tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che non era così. La casa era vuota e questo lo fece rilassare visibilmente, ormai per lui era impossibile stare nella stessa stanza con i due adulti senza litigare. Non ci mise molto a farsi la doccia, per l’appuntamento con Naruto mancava ancora molto tempo. Perciò decise di andare a salutare suo fratello, ultimamente non era stato molto al suo capezzale. Anche se Itachi non poteva rispondergli trovava comunque confortante stargli vicino, a parlargli sconclusionato senza temere una risposta.
Forse avrebbe potuto raccontargli di quello che stava capitando.
Forse se Itachi fosse stato sveglio avrebbe potuto dargli una risposta.
Con un sospiro stanco entrò nella stanza. Lanciò appena un’occhiata ai macchinari che occupavano lo spazio e che permettevano a Itachi di vivere, rinchiuse la porta dietro di sé concentrato solo sul volto impassibile e pallido del fratello.
Perciò non si accorse dell’altra presenza nella stanza finché non parlò.
“Ciao, cuginetto”.
**
Naruto fece roteare la matita tra le dita, poi la infilò sotto il naso tenuta con il labbro superiore contratto. I suoi occhi si muovevano frenetici per tutta la stanza, completamente estraneo a quello che il professore stava spiegando, la sua voce era solo un suono indefinito nello sfondo. Si fermò quando lo sguardo cadde sul banco libero accanto a lui, il banco che sarebbe stato di Sasuke ma che da giorni restava vuoto.
Era doloroso.
Aveva atteso il ritorno in classe di Sasuke con un’impazienza tale che gli sembrava di sgusciare via dalla propria pelle per raggiungerlo, ma quando era effettivamente tornato era stato con lui solo un giorno, per poi sparire per la restante settimana. Lo ignorava come non ci fosse, come facevano tutti gli altri. Ma il fatto che fosse Sasuke a farlo lo rendeva un pugno nello stomaco troppo doloroso da sopportare.
Perché, Sasuke, perché?
In realtà il perché lo sospettava. Sasuke aveva iniziato a comportarsi in modo strano da quando era tornato a scuola ed era una successo una cosa in particolare: avevano dormito insieme.
Anche se l’intenzione iniziale era stata innocente, Naruto non poteva negare che avesse portato delle conseguenza. Ora non riusciva più a guardare Sasuke senza provare una stretta al petto, una strana euforia che si trasformava in disperazione all’idea di non poterlo toccare, di non essere nemmeno visto dall’altro. Conosceva quella sensazione… non aveva mai pensato di provarla per il suo migliore amico. Quando aveva iniziato a innamorarsi di lui? Non lo sapeva, ma la notte insieme aveva reso chiari i suoi sentimenti in un modo imbarazzante. Anche nell’interazione successiva con Mille Falchi, quell’ultimo bacio… aveva sperato che quelle fossero le labbra di Sasuke. Si era quasi illuso di sentire il suo odore, che quelli fossero i tocchi delle sue mani. Si sentiva un po’ in colpa nei confronti dell’eroe, ma non poteva farci niente; era quasi sollevato che non si fosse più presentato.
Ma c’era comunque un problema.
Sasuke era intelligente, se n’era sicuramente accorto e doveva essere quello il motivo per cui aveva iniziato a ignorarlo. Lo aveva capito, ne era rimasto disgustato e adesso non voleva vederlo per non incoraggiare quei sentimenti, era chiaro. A questo punto tanto valeva dichiararsi e ammettere come stavano le cose. Naruto non era mai stati bravo a tenersi le cose dentro, soprattutto i suoi sentimenti, aveva bisogno di dirglielo. Era come se una grossa ciambella si fosse incastrata in gola.
“Uzumaki!”
Sussultò, facendo cadere a terra la matita. Tornò a focalizzarsi sulla classe, tutti lo stavano fissando e il professore aveva il gessetto puntato verso di lui, dietro di lui la lavagna era piena di grafici incomprensibili.
“Risolvi tu il problema, visto che questa lezione sembra superflua per te”.
Merda.
Rosso in faccia si alzò, non avendo nemmeno idea dell’argomento e fin troppo consapevole degli sguardi di scherno dei suoi compagni. Non c’era nemmeno Sasuke a suggerirgli.
Quel pensiero gli fece precipitare il cuore nello stomaco. Come avrebbe fatto ad andare avanti senza di lui?
**
Sasuke trattenne il fiato alla voce sconosciuta, consumata come se le corde vocali fossero state bruciate, ma capì subito chi fosse. Solo una persona poteva chiamarlo così.
Con il cuore bloccato in gola si voltò lentamente, trovando sulla sedia a dondolo — la stessa che usava Sakura per vegliare il ragazzo in coma — lo stesso Obito.
Il primo istinto di Sasuke fu quello di intromettersi fra l’uomo e suo fratello.
Indossava un cappotto nero sbrindellato, pieno di toppe e punti scuciti, lungo fino a metà polpaccio, totalmente fuori luogo rispetto al clima mite di quella primavera. Le scarpe sbucavano con la suola che quasi si staccava, il nero graffiati e rovinato. Sembrava un barbone, un disperato. Ma i lineamenti del viso erano eleganti come quelli degli Uchiha, zigomi alti, occhi grandi, un naso dritto e sopracciglia ben disegnate.
Poi però inclinò il viso, mostrandogli non solo il profilo ma anche l’altro lato del volto. Era sfigurati da cicatrici orribili, che misero i brividi a Sasuke. L’occhio destro era rosso, come pieno di sangue.
Una risata fredda e triste uscì dalle sue labbra quando lo vide proteggere Itachi.
“Che cosa fai?”
“Non ti permetterò di fargli del male” proclamò.
Il lato pulito del suo viso si contrasse in confusione, il lato sfigurato rimase impassibile e morto.
“Non voglio fargli del male. È il mio cuginetto…”
“Vuoi eliminare ogni cosa della Corps”.
L’unico occhio espressivo si illuminò come se fosse un bambino felice di vedere il proprio duro lavoro riconosciuto.
“Sì, sì, esatto!”
“Quindi anche noi”.
La sua espressione felice si congelò. “No, no! Perché anche voi?”
Deglutì, sentiva la tensione salire a ogni battito del cuore di Itachi trasmesso dalla macchina che lo teneva in vita. Da un momento all’altro potevano arrivare Sakura e Shisui, doveva allontanarlo da lì prima ferisse una delle sue persone preziose.
“Perché siamo un loro prodotto” disse, deciso a farlo parlare così da distrarlo e riuscire a far scambiare entrambi con qualcosa fuori dalla casa.
Obito si alzò dalla sedia, guardandolo allibito. Il gesto lo mise ancor più in allarme, ma l’uomo non fece nulla e si limitò a fissarlo.
“No, voi siete come me, siete loro vittime. Siete innocenti, non devo farvi del male…”
“È le persone al Parco Susanoo?” replicò duro, ricordando la notizia. “Loro non erano innocenti?!”
L’occhio nero divenne torbido, come se stesse pensando qualcosa di profondo è odioso.
“Si stavano divertendo su un parco costruito con soldi sporchi di sangue, sangue di bambini!”
Poteva percepire la rabbia e l’odio di Obito, un’energia malata scorreva nel suo corpo e lui poteva percepirla. Non poté fare a meno di chiedersi se fosse un effetto degli esperimenti, se riconoscesse il potere fuori controllo dell’altro.
“Loro non sapevano nulla, non meritavano di sparire così” disse sentendo la frustrazione di non essere riusciti a salvarli bloccargli la gola. Doveva fermare Obito prima che qualcosa del genere succedesse ancora. “La Corps è cambiata, Madara è morto…”
“La sua eredità vive ancora” borbottò lugubre.
“Adesso producono ventilatori” insistette. “Non ha più nulla a che fare con quello che ci hanno fatto. Vendicarsi è inutile”.
Ci aveva pensato, a lungo. Forse lo avrebbe anche fatto se non avesse incontrato Naruto, la rabbia per quello che gli avevano fatto e tolto era troppo. Li avrebbe uccisi tutti. Ma Naruto… Naruto credeva sempre nella cosa giusta, faceva sempre la cosa giusta anche se gli si ritorceva contro.
Sasuke voleva avere il suo stesso coraggio di fare la cosa giusta. E la cosa giusta era fermare Obito.
Fece quindi uno scatto in avanti, l’energia si agitò per tutto il suo corpo rumorosa come al solito e nella sua mente focalizzò l’immagine del cestino dei rifiuti nella via. Era l’unica cosa che gli veniva in mente con cui scambiarsi. Afferrò Obito.
O almeno ci provò, perché le cose non andarono come aveva previsto. Non afferrò Obito, gli passò attraverso e poi si ritrovò solo nella strada, al posto del bidone. Alcuni passanti sussultarono nel vedere dal nulla, allarmati dal rumore, ma Sasuke non ci aveva fatto caso. Perché non aveva toccato Obito? Come aveva fatto ad attraversarlo, come fosse solo un fantasma? C’entravano i suoi poteri? Anche sforzandosi, Sasuke non ricordava che genere di esperimenti avessero fatto su di lui, quale fosse stato il risultato, non ricordava i poteri del cugino.
Si voltò verso la casa e raggelò nel vedere che la porta era aperta, Sakura o Shisui erano entrati in casa e rischiavano di essere feriti. Doveva tornare indietro.
Si scambiò ancora una volta con il bidone, ritornando così nella camera dov’era un attimo prima. Obito non si era mosso e lo fissava meditabondo.
“Giusto, dimenticavo che ti eri dato all’eroismo”.
Non era sorpreso, aveva già tenuto in conto che conoscesse la sua identità segreta. La cosa davvero pericolosa era che i suoi poteri sembravano non avere effetto su di lui. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Obito lo precedette.
“Credi davvero che la Corps abbia chiuso con le ricerche?” Indicò Itachi, le macchine a cui era collegato. “Guarda, ci stanno ancora studiando!”
Era l’ultima cosa che si aspettava di sentire. Tutto il suo discorso sul fare la cosa giusta svanì dalla sua mente, guardò il fratello senza capire.
“Cosa stai dicendo?”
“Possibile che tu non te ne sia davvero accorto? La Corps vi sta ancora controllando”.
“Siamo scappati dalla Corps!” lo contraddisse con una strana inquietudine. Gli tornarono in mente tutti gli esami che aveva fatto con Sakura per la sua salute…
“Voi non siete mai scappati. Non siamo mai scappati”.
“Che cosa stai dicendo?!”
“Va bene, basta così”.
Sasuke sussultò nel sentire la terza voce, il cuore gli era precipitato nello stomaco. Si voltò, trovando Shisui sull’uscio della porta. Indossava abiti abbastanza eleganti, da lavoro, soprattutto reggeva con le braccia tese una pistola, puntata direttamente su Obito, i suoi occhi erano acuti e decisi, impassibili.
“Obito, non muoverti. Sasuke, dietro di me”.
E Sasuke lo avrebbe fatto, perché si fidava di Shisui, ma la risata fredda di Obito lo immobilizzò.
“Sei proprio come lui, vero? Ti piace dare ordini agli altri”.
Shisui non rispose, i suoi occhi erano illeggibili, la canna della pistola era così lucidata da brillare. Sasuke deglutì.
“Lui chi?”
Obito sorrise, folle.
“Suo padre, Uchiha Madara”.
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