Il tesoro dei suicidi

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sfida di Aokigahara ***
Capitolo 2: *** La bussola non funziona ***
Capitolo 3: *** Il bosco dei suicidi - parte 1 ***
Capitolo 4: *** Il bosco dei suicidi - parte 2 ***
Capitolo 5: *** Il bosco dei suicidi - turisti scomparsi ***
Capitolo 6: *** Addio ***



Capitolo 1
*** La sfida di Aokigahara ***


Questa storia partecipa a “Luoghi dell’Orrore” indetto sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”

 

Prompt scelto:

 

numero 5- Bosco di Aokigahara → Giappone

Bosco dei suicidi;

Turisti scomparsi;

• “La bussola non funziona…”


 

CAPITOLO 1

“Sveglia, sveglia, bella addormentata!” fu l’esclamazione di Lupin, alle cinque del mattino, facendo irruzione nella camera da letto.

Un lamento risuonò e qualcuno si rigirò nelle coperte.

“Su, avanti svegliati, ci sono il té e i dorayaki che ti piacciono tanto!” fu l’incentivo ultimo che diede prima di ricevere un cuscino in piena faccia.

Questo gli fece capire che era meglio non aggiungere altro, però ridacchiò e tornò nell’altra stanza.

“Avrebbe dovuto usare direttamente il comodino” borbottò Jigen “Magari ti sistemava la faccia”

Lupin sbuffò “Come sei noioso” disse mettendosi sul divano e armeggiando con il computer già di prima mattina “E questo tuo essere noioso l’hai trasmesso anche a lei!”

“Ma si può sapere perché hai così fretta oggi?” si lamentò di nuovo il pistolero, venendo subito appoggiato da Goemon.

Anche il povero samurai, nonostante non fosse tipo da dormire a lungo, era stato disturbato da Lupin e dalla sua voglia di svegliare tutti di prima mattina e senza dare alcun tipo di spiegazione.

Il ladro non parlò, voleva attendere che ci fossero tutti prima di cominciare.

Per sua fortuna non dovette attendere parecchio.

Quando la porta della camera si aprì e Anika fece capolino nel salotto, Lupin sorrise.

“Ben arrivata, cherie!” salutò lui, beccandosi uno sguardo fulminante da parte della ragazza.

“Spero per te che sia importante” biascicò, andando accanto a Jigen e appoggiandosi alla sua spalla con lo sguardo ancora assonnato.

“Ho deciso che partiamo per Aokigahara” annunciò, facendo improvvisamente ridestare la povera Anika e facendo strabuzzare gli occhi a tutti.

“Aokigahara?” domandò Jigen, non capendo il perché volesse andare fino a lì.

“Se dici che cosa hai in mente forse ti ascoltiamo, altrimenti non farci perdere tempo” precisò Goemon, ben sapendo che Lupin non faceva mai nulla senza un motivo ben preciso.

“Ho letto su internet che esiste un tesoro nascosto per chi supera la foresta di Aokigahara” spiegò Lupin, quasi cinguettando “Chiunque ci riesce potrà bearsi di un’immensa ricchezza”

E fino a qui era tutto nella norma, il problema sorse dopo che spiegò la storia della foresta.

Si dice che a Aokigahara si sia consumato il maggior numero di suicidi e pare sia per colpa di una maledizione che aleggia su quell’enorme foresta.

Sono davvero pochi coloro che sono riusciti a superarla ma nessuno di loro ha mai visto il tesoro che essa possiede.

Chiunque sia uscito di lì ne è uscito pazzo e poco dopo pare si sia suicidato.

Pare che la sfida sia stata lanciata molti secoli prima e che sia stata gestita dai più potenti uomini della terra.

Dopo l’eruzione del monte Fuji del 1707, ci fu uno stop di circa un ventennio, prima che qualcuno ricominciasse a seguire la sfida.

Anika rabbrividì, era l’ultima cosa che volesse sentirsi dire.

Una sfida in una foresta dove avvengono suicidi non era di certo una cosa che allettava il suo interesse.

In più era consapevole che Lupin ci teneva alla vita, così come tutti gli altri, non avrebbe mai fatto una cosa simile...a meno che…

“Zietto...sai che ti voglio bene, ma dimmi la verità” disse Anika, aggiudicandosi lo sguardo approvante di Goemon e Jigen “Perchè vuoi fare questa sfida?”

“Perchè io amo le sfide” rispose semplicemente il ladro “Non so proprio dire di no”

Anika, non avendo ottenuto con le buone la risposta, ottenne il permesso dagli altri per agire con le maniere forti.

Si posizionò dietro Lupin e, con agilità, gli saltò praticamente al collo.

Lupin iniziò a barcollare e lamentarsi

“Sei impazzita!?” si lamentò “Ahi, ahi, ahi! Mi fai male!”

“Avanti sputa il rospo!” esclamò Anika, non mollando la presa “Metti a rischio la tua vita per una ricchezza che neanche sai cosa sia” specificò “C’è di mezzo Fujiko, vero?”

Dopo avergli fatto emettere un lamento, Lupin si arrese “E va bene, va bene! Lo ammetto c’entra Fujiko!”

Anika, a quel punto, mollò la presa.

“Che maniere” si massaggiò il collo Lupin “Tale e quale a Jigen!”

“Mi ha cresciuta lui, che pretendi?”

“E te lo puoi scordare che io e lei ti seguiamo in un luogo che istiga al suicidio solo perché Fujiko ti ha chiesto quel tesoro di cui nessuno è a conoscenza!” aggiunse Jigen

“In che vesti stai parlando, amico mio?” Domandò Lupin, ridacchiando “Da padre o da fidanzato?”

La risposta che ottenne fu una scarpa di Anika in pieno volto.


 

*****


 

Non c’era modo di capire quanto Lupin ci mise per convincerli a seguirlo in quell’avventura.

Tutto ciò che si riuscì a capire fu che utilizzò la scusa del non facciamo nulla da mesi per farli muovere da casa.

Il viaggio non durò molto, per loro fortuna erano abbastanza vicini da cavarsela nel giro di tre ore.

Fu tutto veloce e nessuno di loro porse domande in merito alla sfida, al tesoro e nemmeno in merito a chi la gestiva.

Si sapeva che era nelle mani di un uomo molto potente, ma chi fosse esattamente non era chiaro.

Raggiunto il luogo di interesse, il gruppo si ritrovò davanti ad un immensa foresta.

Ne avevano sentito tanto parlare, ma non credevano che fosse davvero così grande e immensa.

Per non parlare di quanto era fitta.

Non si vedeva più in la di due alberi.

“Questo luogo è inquietante” commentò Jigen “E ribadisco che non ci entro se non mi dai maggiori chiarimenti”

“Arriveranno” ammiccò Lupin “Anzi, eccoli la” indicò un gruppo di persone che si stava avvicinando.

Un uomo anziano, ma di bell’aspetto e con un portamento nobile, avanzò seguito da quattro guardie del corpo.

“Ma quello è…?” Anika osservò meglio “Non è il signor Tagikawa? L’industriale più famoso della città?”

“Vedo che hai studiato, nipotina” sorrise Lupin.

Il signor Tagikawa era un industriale che aveva fatto soldi grazie alla sua enorme catena di industrie tessili.

Ad un certo punto era sparito nel nulla e pareva sul punto della banca rotta, infine è rispuntato fuori e non aveva più nessun debito.

“Lupin” salutò il signor Tagikawa “Puntuale come sempre e vedo che non sei solo”

“Vi conoscete?” domandò Jigen, ignaro di questo fatto.

“Conoscenza di vecchia data” rispose Lupin, rivolgendosi poi a Tagikawa “Caro mio, non potrei mai mancare ad un appuntamento simile”

“Non ne dubito” commentò l’anziano “Solo che non mi aspettavo che mi contattassi per questa sfida”

Il resto del gruppo sgranò gli occhi.

Lupin sapeva chi era il gestore della sfida e non aveva detto nulla?

Forse perché sapeva che avrebbe ottenuto un diniego da parte degli altri.

Ma ormai la frittata era fatta e nessuno poteva tirarsi indietro.

“Non so dire di no ad una sfida, allo stesso modo che non so dire di no alle ricchezze ed i tesori”

Tagikawa sorrise “Ne sono al corrente”

“Ora, però, devi mantenere la tua parola” gli ricordò Lupin “Voglio le istruzioni precise, il tuo sito web non era così chiaro”

Tagikawa alzò le spalle “Devo pur fare attenzione a chi vuole sfidarmi, seleziono solo i migliori e tu so che lo sei”

“Ne sono lusingato” ringraziò Lupin, lasciandolo poi parlare.

Tagikawa fu molto chiaro.

La sfida consisteva nel percorrere la foresta in linea d’aria, cioè senza seguire il percorso stabilito, partendo dal punto in cui erano fino a raggiungere le pendici del monte Fuji.

Erano un totale di undici chilometri, percorribili tranquillamente in circa tre ore.

Se raggiungevano le pendici del monte Fuji avrebbero ottenuto il tesoro.

“E’ troppo semplice” commentò Anika, per nulla convinta

“Anche secondo me” confermò Goemon

“Lasciatelo finire” li placò Lupin, dando al signor Tagikawa la possibilità di finire

“Dovrete raggiungere le pendici del monte Fuji entro otto di questa sera, quando sarà buio e la luna sarà ben visibile” precisò il signor Tagikawa “Vi sembrerà un tempo lungo e crederete di farcela per tempo, ma vi consiglio di non sottovalutare questa sfida”

Anika scosse la testa “Zio, voglio tornare a casa” disse “Sento che c’è qualcosa che non va”

“Non temere, cherie” la tranquillizzò Lupin “Fidati di me”

“Appunto per questo vuole andare a casa” commentò Jigen, che era dello stesso parere di Anika.

“Prima di cominciare” si intromise Tagikawa “Ho dimenticato di aggiungere un altro paio di cose”

Le quattro guardie del corpo si avvicinarono e allungarono le braccia mostrando delle scatole.

“Per prima cosa, è consentito entrare con una sola arma a testa, tutto il resto dovrete lasciarlo qui”

Jigen e Goemon si scambiarono una strana occhiata.

“I-io non possiedo armi” azzardò Anika ed il signor Tagikawa annuì

“Ne sono al corrente, signorina, infatti mi rivolgevo in particolar modo a lui” indicò Lupin “Avanti Lupin, fuori tutti i gadget”

Lupin sorrise ed iniziò a fornire, ad eccezione della pistola, tutti i gadeget extra che possedeva, compresa la capsula dentaria che usava come ricetrasmittente in caso di emergenza.

Aveva già riempito una scatola.

“Nel frattempo” proseguì il signor Tagikawa “Ho richiesto la presenza di una nostra conoscenza, giusto per avere la prova che non bariate durante la sfida” si voltò e fece cenno a qualcuno di avvicinarsi.

“COSA!?” Lupin sgranò gli occhi “Z-Zazà!?”

“Esattamente” rispose Zenigata “Credevi che ti avrei lasciato trovare questo tesoro in tutta tranquillità?”

“Ma...ma…”

“Non appena ho saputo che volevi sfidarlo sono subito corso e adesso sono sicuro che non potrai sfuggirmi” tirò fuori da sotto all’impermeabile una lunga catena con abbinate una serie di manette “Ho portato le formato famiglia, così non rischio”

“Sei incorreggibile Zazà” brontolò Lupin.

Avrebbe voluto tirarsi indietro, ma ormai era troppo tardi.

“Ah, Lupin, quasi dimenticavo” Tagikawa fece segno ad un’altra guardia e questa si avvicinò a Lupin con dei vestiti.

“E questi a che servono?” domandò il ladro

“Quando ho detto di andare con una sola arma, parlavo sul serio” precisò Tagikawa


 

*****


 

“Allora?” fu la domanda che ottenne Tagikawa quando rientrò nella sua auto “Ha davvero accettato la sfida?”

“Certamente” rispose l’uomo, mentre l’autista mise in moto e partì alla volta delle pendici del monte “Sei proprio sicura che ci riesca?” domandò a sua volta.

“Più che sicura” fu la risposta

“E degli altri?” Tagikawa era sempre meno convinto “L’ispettore non mi sembra uno dei migliori e la ragazzina non era prevista”

“Lupin non viaggia mai solo, questo mi pare di avertelo detto, caro” si difese la donna

“Sì, me lo hai detto e mi fido di te, Fujiko”

“Non pensare a loro, concentrati solo su Lupin” un sorriso solcò le labbra della donna e poi si scostò una ciocca di capelli “Lui vincerà la sfida, troverà il tesoro e poi saremo ricchi”

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Capitolo 2
*** La bussola non funziona ***


Eccomi qua, in questo secondo capitolo sto usando, finalmente, il primo prompt della challenge (il capitolo precedente era di “preparazione”)

Buona lettura gente

 

 

CAPITOLO 2

La bussola non funziona”

 

“Non è giusto!” si lamentò Lupin, osservando l’orribile maglietta verde ed i pantaloni marroni che Tagikawa gli aveva fornito.

Persino le scarpe erano terribili e non le trovava per nulla comode.

E tutto per cosa? Per via di tutti i gadget che possedeva.

Aveva riempito tutte e quattro le scatole solo lui e ringraziò che non aveva nulla nelle mutande o avrebbe dovuto lasciare anche quelle.

“Sei un perfetto casalingo, zietto” ridacchiò Anika “Assomigli ad un personaggio dei cartoni animati, non è che per caso hai anche un cane danese parlante”

“Un cane e una scimmia non possono andare d’accordo” disse Zenigata, ottenendo una piccola risata da parte di tutti, compreso Goemon.

“Che spiritoso” si lamentò Lupin “E poi spiegami perché tu hai potuto portare le manette!” disse “Anche quelle possono essere usate come arma”

“Sono un ispettore di polizia e nessuno può vietarmi di portare le manette” spiegò “Anzi! Visto che non hai altre armi con te o gingilli che possano aprirle…” un sono CLAC risuonò per tutta la zona.

Lupin lo guardò accigliato “Mi hai ammanettato?”

“Così sono sicuro che non scapperai una volta giunti in fondo”

“Se ci arriviamo in fondo” commentò Jigen “Lupin, questo luogo ha qualcosa di strano”

“E’ vero” aggiunse Goemon, tenendo sempre lo sguardo basso “E’ come se una forza misteriosa stia cercando di farsi strada nel mio corpo”

Jigen e Anika provarono a concentrarsi e, di fatti, avvertirono qualcosa.

Anika, oltre alla paura, sentiva qualcosa di gelido invaderla.

Nonostante il suo corpo fosse caldo e avvolto da indumenti adatti, si sentiva fredda come...come un cadavere.

Si sentiva come un morto che camminava ed era una sensazione a dir poco spiacevole che, purtroppo, stavano provando tutti.

Persino Lupin, noto per la sua capacità di non cedere mai, venne colto da un brivido lungo tutta la schiena.

“Ho sentito parlare di questa foresta” commentò Zenigata “Dicono che sia maledetta e temo anche che sia vero”

“Non essere superstizioso, paparino” cercò di incentivarlo Lupin, mentre scavalcava un enorme tronco caduto “Vedi piuttosto di starmi dietro, queste manette non aiutano”

“Intanto le hai e non intendo lasciarti andare”

Mentre i due discutevano, gli altri seguivano in silenzio.

Anika prese la mano di Jigen, che ricambiò la stretta e la fece avvicinare di più a se.

Goemon, invece, ascoltava.

Cercava di avvertire ogni suono, ogni odore e tentava anche di vedere ogni cosa.

Ad un certo punto si bloccò, assumendo una posizione di difesa.

“Ehi, Goemon, che succede?” domandò Jigen, facendo fermare anche gli altri.

“C’è qualcosa…” rispose il samurai.

“Sempre enigmatico tu” brontolò Lupin

“Che cosa senti?” domandò Zenigata.

Goemon si guardò attorno.

A parte rumori di foglie in movimento e dell’aria che si faceva strada attraverso di esse, non vi era nessun altro rumore.

“Non sentite?” domandò il samurai, facendo sì che tutti ascoltassero.

“Non sento niente” Anika non udì alcun suono, ad eccezione delle foglie sugli alberi.

“Infatti” confermò Goemon “Neanche gli uccelli emettono il loro verso, nessun altro oltre a noi si sta muovendo”

Il che era davvero strano.

D’accordo che come foresta era inquietante e fitta, tanto che la luce del sole faticava ad attraversare le chiome degli alberi, ma in ogni foresta che si rispetti c’erano animali, uccelli e soprattutto insetti.

Per quanto questi ultimi non fossero, ovviamente, tanto graditi dal gruppo, nessuno di loro poté non notare la loro assenza.

Oltre alla mancanza di forme di vita, persino le foglie e ramoscelli a terra erano strani.

“Avete notato?” disse il samurai, osservando meglio per terra.

Piccoli mucchi di foglie secche davano l’impressione che qualcuno fosse passato di lì e li avesse messi apposta.

In effetti convennero che era proprio così.

Tutti, alla fine, notarono che erano disposti in linea retta, come se stessero delimitando un sentiero inesistente, a distanze ben precise e con dimensioni ben precise.

“Sembra che ci stiano segnalando il percorso da seguire” commentò Jigen, notando che andavano dritti fin dove l’occhio giungeva.

“Almeno non ci perderemo” sorrise Lupin, sfregandosi le mani e lieto di aver trovato un lato positivo in quella sfida.

“Non sono segnali di percorso” gli fece notare il samurai, tanto che persino Zazà se ne stupì.

Era convinto anche lui che si trattasse di un metodo per segnare il percorso.

La curiosità dell’ispettore lo costrinse a chinarsi e scostare appena il mucchio di foglie vicino a lui.

Tempo pochi istanti e tutti lo videro fare un salto all’indietro, trascinando con sé anche Lupin il quale batté in pieno il sedere a terra.

“Sei impazzito!” si lamentò, massaggiandosi la parte lesa.

“N-non s-sono s-segnali” gli occhi dell’ispettore erano sgranati per la scoperta e gli ci volle un po’ prima di riprendere del tutto il controllo.

Anika non capì e si chinò lei.

“Anika, ferma!” tentò di bloccarla Jigen, ma inutilmente.

La ragazza scostò le foglie del mucchio più vicino a lei e ciò che vide le fece emettere un grido di terrore.

Sotto ai mucchi di foglie vi erano sepolti cadaveri di uccelli.

Qualcuno recente, come quello trovato da Zenigata, altri in piena decomposizione, come quello trovato da Anika.

Quei mucchi erano tombe.

Anika restò stretta a Jigen, il volto affondato nel suo petto e gli occhi ben chiusi per cercare di rimuovere quell’immagine orripilante dalla sua mente.

Se quello era l’inizio, nessuno di loro osò immaginare cosa potessero trovare in seguito.

Lupin, che nel frattempo si era rialzato, chinò rispettosamente il capo, in segno di ultimo saluto a quei poveri uccellini.

“Dobbiamo andare” disse poi, con tono sommesso.

Tutti annuirono, persino Zenigata.

“Anika…” Jigen cercò di calmarla come poté.

“Lo sapevo che era una pessima idea e tutto per lei!” disse la ragazza “Pur di rendere felice quella donna, guarda dove siamo!?”

Una mano si posò sulla sua spalla e la obbligò a voltarsi.

Zenigata la stava guardando e chiese persino l’approvazione di Jigen per parlare con lei.

“Lupin non sa dire di noi a quella donna” confermò l’ispettore “Ma mi creda, signorina, che Lupin non accetta cose del genere senza un motivo più fondato”

Anika cercò di calmarsi e, grazie all’ispettore, riprese a camminare con questi al suo fianco.

Jigen esattamente dietro di lei.

“Lo arresterà davvero, appena arriviamo in fondo?” domandò Anika, cercando di cambiare discorso.

La domanda era decisamente stupida, Lupin non si sarebbe mai fatto arrestare.

“E’ il mio dovere” rispose Zenigata “Posso solo dire che questa foresta mi costringe ad una tregua temporanea”

“Perchè hai accettato la sfida?” domandò Jigen, che ancora non capiva il perché della presenza di Zenigata.

“Già, Zazà, perché ci sei anche tu?” si intromise Lupin.

A quel punto, Zenigata si rese conto di non averci pensato davvero.

Il signor Tagikawa lo aveva contattato e gli aveva detto che Lupin aveva accettato una sfida da lui lanciata e che poteva essere l’occasione per arrestarlo.

Dopo aver sentito ciò, Zenigata si era subito fiondato e non ci aveva pensato due volte.

Ma era davvero quello il motivo?

Il suo sguardo pensoso lasciò intendere che c’era qualcosa di più sotto, ma nessuno osò indagare.

“Invece che fare domande del genere, avete notato che siamo al punto di partenza?” si intromise Goemon, facendo ridestare tutti dai loro pensieri.

Il samurai li seguiva in silenzio, ma se non fosse stato per lui nessuno si accorgerebbe dei cambiamenti e delle cose.

Infatti, in quel momento tutti notarono di essere tornati nel punto dove avevano scoperto i corpi senza vita degli uccellini.

C’erano ancora i due mucchi scoperti.

Un altro brivido percorse la schiena di Zenigata e di Anika.

Non era uno spettacolo che volevano rivedere.

“Stiamo girando intorno” sbuffò Jigen “E siamo andati sempre dritti! Quindi se comincio a curvare dovrei trovarmi in fondo!” era sarcastico, si capiva.

Furono tutti d’accordo...tutti tranne Lupin.

Quest’ultimo si infilò una mano nei pantaloni, tanto che Jigen mise la sua sugli occhi di Anika.

“Ma ti pare il caso!?” si lamentò il pistolero.

“Senti da che pulpito” brontolò Lupin

“Potrei arrestarti per atti osceni, lo sai?” gli ricordò Zenigata.

“Ma la volete piantare!?” esclamò il ladro, tirando poi fuori la mano e mostrando loro un oggetto circolare.

Mostrò a tutti quello che aveva in mano.

“Che cosa è?” domandò Jigen, togliendo la mano dal volto di Anika

“Ma non ti eri levato tutto?” chiese lei, ridacchiando.

Il suo amato zietto riusciva a farla franca sempre, anche in occasioni dove viene perquisito.

“Un ladro ha sempre un asso nella manica” cliccando un tasto, mostrò a tutti che l’oggetto in questione era una bussola.

“Lupin, non credevo di poterlo dire, ma sei un genio!” disse Zenigata, dando una pacca sulla schiena del ladro.

“Lo ammetto” convenne Jigen “Hai avuto un lampo di genio, si sono dimenticati di perquisire anche lì”

Lupin ammiccò e puntò la bussola in avanti.

Tutti aspettavano le sue istruzioni...ma non arrivarono.

“Qualche problema?” chiese Jigen avvicinandosi.

Lupin, arrossì e sorrise innocentemente nascondendo la bussola.

Era risaputo che in quella foresta maledetta le bussole non funzionino.

La cosa che, però, lo sorprese di più fu la sua dimenticanza di questo dettaglio

“Ehm...non funziona!”

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Capitolo 3
*** Il bosco dei suicidi - parte 1 ***


Terzo capitolo! In utilizzo il secondo prompt della challenge (ormai scaduta, ma l’importante era pubblicare il primo capitolo per tempo ahahah)

Spero vi piaccia e vi auguro la solita buona lettura

 

 

CAPITOLO 3

Il bosco dei suicidi - parte 1

 

Le reali parole che vennero in mente a Jigen, nel sentire che la bussola non funzionava e il perché, furono esternate dall’ispettore Zenigata il quale, approfittando dell’occasione, tentò di strangolare il povero Lupin.

“Mi soffochi!” si lamentò il ladro “E lasciami!”

“Razza di disgraziato!” inveì l’ispettore “Come hai fatto a dimenticarti questo particolare!?”

“Perchè? Tu non ti dimentichi mai nulla!?” ribatté Lupin, massaggiandosi il collo.

“Io sono un ispettore di polizia e in quanto tale la mia memoria è di ferro e inattaccabile!”

“Chi si loda si imbroda” borbottò Jigen, facendo sorridere appena Anika e Goemon.

Il battibecco fu molto veloce, considerando il fatto che non potevano restare lì a discutere.

Ripresero il cammino, facendo molta attenzione alla direzione in cui andavano e provando a segnare il percorso per evitare di perdersi.

Sembrava filare tutto liscio e questo non era un buon segno.

Persino Zenigata si insospettì e, per questo, prese parola “Non abbiamo sbagliato strada, non abbiamo girato intorno, dovrebbe essere perfetto eppure qualcosa non mi quadra”

“Detesto ammetterlo, ma anche secondo me” disse Jigen, cercando di capire quale fosse il problema.

Avrebbe voluto una bella sigaretta con sé, giusto per scaricare quella tensione che si era creata.

Questo lo rese parecchio nervoso.

“Mmh” Anika fece qualche passo avanti e si mise ad osservare verso l’alto.

Gli alberi erano così fitti da impedire alla luce di entrare completamente e, di fatti, quel luogo era parecchio scuro.

Questo era il problema, essendo parecchio scuro già di natura, nessuno si era accorto che l’oscurità stava aumentando.

“Anika…” Goemon si avvicinò “Che cosa vedi?”

Anika indicò in alto, più precisamente verso l’unico punto da cui si poteva scorgere un pezzo di cielo.

Tutti osservarono, cercando di capire.

“Ma...ma…” Lupin se ne rese conto “Com’è possibile!? Abbiamo cominciato da neanche un’ora!”

Il cielo sopra di loro si era scurito parecchio.

Erano partiti di mattina presto e, secondo i loro calcoli, avrebbe dovuto essere mattina piena, ma che fosse mezzogiorno.

Invece il cielo aveva delle sfumature violacee, tipiche del tramonto.

Quella che per loro era un’ora, in realtà si era rivelata essere qualcosa di più.

Come era possibile?

Faceva parte anche questo della maledizione di quella foresta?

“Ma che…?” Zenigata sgranò gli occhi “ma che razza di scherzo è questo!?” sbottò, piegandosi sulle ginocchia e sbattendo i pugni a terra.

Ovviamente si era dimenticato di avere Lupin agganciato alle manette e, per l’appunto, lo trascinò per terra con un gran tonfo.

 

*****

 

“E’ ormai tutto il giorno che stiamo aspettando” si lamentò Fujiko

“Pazienza, mia cara Fujiko, pazienza” disse Tagikawa.

Entrambi sapevano che Lupin sarebbe riuscito a vincere la sfida e trovare il tesoro, ma non avevano fatto i conti con le tempistiche.

Pensavano che ci mettesse molto meno.

Solo Tagikawa era tranquillo e, nonostante la sua stessa impazienza, preferì attendere nel più totale silenzio.

Aveva persino concesso a Fujiko tutto ciò che voleva pur di non sentirla parlare o lamentarsi.

“Beh, io sono arci stufa di pazientare” sbuffò la donna.

Tagikawa, avendo esaurito le idee per tenerla a bada, ricorse ai metodi drastici.

Quella donna era avida, lo sapeva sin dall’inizio, ma aveva anche dei lati deboli e, purtroppo per lei, Tagikawa sapeva dove attaccare.

“Quindi devo presupporre che non ti interessa il tesoro” disse l’uomo, facendo sgranare gli occhi a Fujiko.

“Certo che mi interessa!” disse subito lei “Altrimenti perché sarei qui?”

“Pensavo che tu fossi qui perché ti interessavo” disse Tagikawa con finto tono offeso.

Sapeva anche lui che non era vero.

Fujiko si sentì colta sul fatto e non seppe cosa ribattere.

“Tranquilla” disse Tagikawa “Qualunque sia il motivo, io mantengo sempre le promesse e avrai quanto stabilito”

Fujiko rimase senza parole, sbatté un piede a terra come una bambina e poi andò verso la macchina e vi si chiuse dentro.

Il suo sguardo mutò da furioso a preoccupato.

Era avida, lo sapeva anche lei, ma aveva anche un cuore e sapeva che una sfida del genere avrebbe messo a dura prova anche un uomo come Lupin.

E Anika? E gli altri?

-Cercate di muovervi- pensò -Uscite vivi-

 

*****

 

Ignorando le lamentele del povero Lupin, Zazà si sedette e si portò le mani al volto.

Era una reazione mai vista in lui, tanto che Lupin si stupì.

Un uomo tutto d’un pezzo come l’ispettore era difficile da trovare e, fino a quel momento, nessuno aveva mai visto il suo punto di rottura.

Jigen e Goemon credevano fosse Lupin e che mancato quest’ultimo lui sarebbe crollato.

Invece sembrava sul punto di una crisi e tutto per cosa? Per le ore passate e di cui nessuno si è accorto.

“Ispettore?” Anika si preoccupò e guardò Lupin con sguardo implorante.

Il ladro annuì e si avvicinò all’ispettore.

“Ehi, Zazà, che ti prende?” domandò pur immaginando già la risposta.

“Sono solo un fallito” rispose Zazà “Non sono in grado di catturarti, non sono in grado di seguire un percorso o di notare il tempo che passa” tirò su col naso “Non sono nemmeno in grado di seguire i miei progetti...ho dedicato tutta la vita al lavoro e alla tua cattura che non sono nemmeno riuscito a formare una famiglia oppure avere una donna” iniziò a piangere, cosa assai rara da parte sua “Solo una volta, da giovane avevo una donna e mi aveva implorato di non partire ma io non l’ho ascoltata e sono andato via ed ho perso l’occasione”

Oltre a Lupin, anche gli altri si erano accorti che qualcosa non quadrava.

Erano in una foresta, il cui tempo era trascorso pure velocemente, avevano girato intorno ed avevano scoperto corpi senza vita di centinaia di uccellini che, vista la nomea di quella foresta, era persino probabile che quei poveri animali non siano deceduti per cause naturali.

E nonostante questo, Zenigata si piangeva addosso per una vita che non avrebbe potuto avere ma non è riuscito ad ottenere.

Era ovvio, non era lui che parlava.

Quella strana forza che sentivano opprimerli, era la maledizione che incombeva su quella dannata foresta.

Stava portando Zazà a sragionare e tutto avrebbe sfociato in un solo modo...al suicidio.

Lupin doveva sbrigarsi se voleva aiutarlo a non commettere l’insano gesto.

Cercò di pensare velocemente, ma nel farlo il suo sguardo si posò sul terreno e lo stesso fecero tutti gli altri ad eccezione di Zenigata.

Anika lanciò un grido tale che tutti giurarono che lo avrebbero udito fino in capo al mondo.

Si resero conto che la poca regolarità del terreno non era dovuta alle radici degli alberi.

Quelle che loro avevano scambiato per tali, non erano niente meno che...ossa umane.

Solo in quel momento notarono le differenze del luogo.

Differenze che, probabilmente, si stavano trascinando dietro dall’inizio sfida.

Ossa umane ricoprivano il terreno, confondendosi con le radici.

Nei tronchi degli alberi erano incastonate delle forme...umane, probabilmente di persone che si erano tolte la vita impiccandosi e che la natura aveva cercato di coprire negli anni e nei secoli.

“Adesso capisco il perché di ‘Bosco dei suicidi” commentò Jigen “Lupin, dobbiamo andarcene e subito!” il pistolero strinse a sé Anika, cercando in ogni modo di non farle vedere quello spettacolo a dir poco raccapricciante.

Ma andarsene non era semplice e, mentre parlavano, nessuno si accorse che Zenigata aveva mosso la mano libera dalle manette e che l’aveva messa in tasca, estraendo la sua pistola di ordinanza e puntandola alla tempia.

“Lupin!” Goemon lo allarmò e Lupin, accorgendosi, con un balzo felino finì direttamente sul collo dell’ispettore, cercando di sfruttare la catena delle manette per bloccarlo.

“Zazà, fermati, che accidenti fai!?” Lupin si dimenava e stessa cosa faceva l’ispettore.

“Lasciami, voglio morire, la mia vita non ha senso!” si lamentò l’ispettore.

“Piantala, vecchio scemo, se ti ammazzi chi mi darà la caccia dopo!?” cercò di dissuaderlo Lupin, iniziando una vera e propria battaglia tra lui e la mano con la pistola “Hai pensato a me!?”

“Ho detto lasciami, Lupin!”

Il mini combattimento era tosto e sembrava che nessuno dei due riuscisse ad avere la meglio.

Solo dopo qualche secondo, Lupin riuscì a spostare la mano di Zazà quel tanto che bastava da non colpire punti vitali.

“LASCIAMI!” gridò Zenigata.

Poco dopo si udì un boato.

“NO!” fu il coro che si levò dagli altri, compreso Goemon.

Ma non successe nulla.

Zenigata non cadde a terra e Lupin scese dalle spalle dell’ispettore e si mise in ginocchio accanto a lui.

Lo sparo non aveva colpito l’ispettore, ma ben sì il tronco di un albero lì vicino.

“Zazà?” lo chiamò Lupin, evidentemente preoccupato.

L’ispettore alzò lo sguardo e sembrò smarrito, come se non avesse idea del perché fosse lì o di quanto appena accaduto.

“Lupin?” lo guardò “Che è successo? Perché sto piangendo? E perché mi fa male la schiena e la mano?”

Lupin ridacchiò “Non temere, paparino, è tutto sotto controllo e non pensarci” gli diede una pacca amichevole sulla spalla e lo aiutò ad alzarsi.

“Che ci faccio con la pistola in mano!?” si scandalizzò l’ispettore, rimettendola subito via e arrossendo dall’imbarazzo.

Aveva appena realizzato il perché.

“Tranquillo, Zazà, adesso è finita” lo rassicurò Lupin, notando il cambiamento di umore molto veloce.

Quella foresta ti faceva compiere l’insano gesto, era davvero maledetta.

Nel momento stesso che lo compivi essa cessava di maledirti, anche perché ti considerava deceduto.

La maledizione non teneva conto di quelli che potevano sopravvivere, basta che il gesto per renderla valida.

Zazà, infatti, non sentiva più quella strana forza che lo opprimeva.

“Senti Zazà, almeno per ora, toglimi le manette” disse Lupin, facendo intendere a Zazà che era meglio per tutti.

L’ispettore obbedì, convenendo con Lupin.

Nemici o meno, lì c’era in gioco la vita di tutti loro e dovevano collaborare.

“Meglio proseguire” disse Lupin, cercando di far muovere tutti.

Il problema era...che per tutti intendeva solo lui, l’ispettore, Anika e Jigen.

Goemon era rimasto immobile, lo sguardo basso e le mani strette a pugno tanto che le nocche erano diventate bianche.

“Ci risiamo” commentò Jigen “Ehi, Goemon, sbrigati”

“Ehi, Goemonuccio!” lo chiamò Lupin, sapendo che al samurai non piaceva essere chiamato con nomignoli come quello.

Ma non sembrava funzionare.

“Goemon” Anika si avvicinò al samurai e lo scrollò per le spalle “Goemon, riprenditi”

“Ho fallito” mormorò Goemon “Uno dei compiti di un samurai è quello di difendere gli innocenti ed io non ci sto riuscendo”

“Goemon, che stai dicendo?” cercò di farlo calmare Anika “Tu aiuti tutti”

“Ha ragione, amico” aggiunse Jigen, tenendosi pronto ad intervenire in caso di bisogno.

“Vedi?” sorrise appena Anika, per fargli capire che non aveva nulla da temere.

Ma non sapevano, nessuno di loro, che oltre all’onore c’era anche qualcos’altro...qualcosa che solo Anika avrebbe potuto capire.

“Non sono stato nemmeno in grado di tenerti” confessò, facendo assumere a Zazà uno sguardo interrogativo e agli altri uno stupito.

Stava davvero mettendo a nudo questo suo lato umano.

Jigen sembrò ingelosirsi, ma non osò mettersi a discutere o andar contro al suo amico.

Aveva piena fiducia in lui e in Anika e sapeva che nessuno dei due lo avrebbe “pugnalato” alle spalle.

Anika arrossì.

Non si era scordata la mega infatuazione che si era presa per lui, ma aveva capito da sola che era una semplice cotta adolescenziale.

Il suo cuore aveva sempre battuto per Jigen, forse proprio perché sapeva che fra di loro non esisteva nessun grado di parentela e quindi stare insieme era fattibile.

Non aveva mai pensato, però, di lasciare un segno così nel cuore di Goemon.

“Goemon…”

Il samurai impugnò l’elsa della sua amata spada.

“Goemon che vuoi fare?” si preoccupò Anika, cercando di fermarlo, ma Goemon estrasse la spada e si inginocchiò a terra “Goemon, fermati!”

Ma la forza che aveva il samurai, oltre ad essere raddoppiata causa della maledizione, era sempre stata più alta rispetto a quella di Anika.

“Vi prego, aiutatemi!” implorò la ragazza e gli altri tre giunsero in suo aiuto, ma evitare che Goemon compisse il gesto di harakiri era praticamente impossibile a mani nude.

“Jigen prendi la pistola” ordinò Lupin e Jigen obbedì

“Che vuoi fare?” Domandò Zenigata “Non vorrai ucciderlo!”

“Non essere ridicolo e prendi anche la tua”

Zenigata obbedì e prese la pistola.

“Anika, trattienilo più che puoi e quando ti dico lascia, molla la presa”

Anika annuì e cercò di fermare Goemon con la sola forza delle braccia.

“LASCIAMI!” gridò il samurai.

“Goemon, ti supplico, riprenditi” implorò Anika, voltandosi poi verso Lupin.

I tre si erano messi in posizione e con le braccia tese, pronti a sparare.

“Anika, ora!” la ragazza si scostò prontamente e, nonostante che a sparare fossero in tre, si udì un unico boato.

I tre proiettili sfrecciarono velocemente, tanto che uno di essi passò ad un pelo da Anika, colpendo all’unisono la spada di Goemon esattamente poco prima che essa colpisse il petto di lui.

La forza e la velocità con cui i proiettili la colpirono fu tale da spostarla e far sì che la lama passasse di fianco a Goemon e non attraverso.

Solo in quel momento il samurai sembrò risvegliarsi.

“Ma cosa…?” sgranò gli occhi e osservò la spada “Che è successo?”

“Oh, Goemon!” Anika, in lacrime, si fiondò su di lui, facendolo quasi cadere o obbligandolo a lasciare la spada “Razza di un insensato che non sei altro, non ti azzardare mai più!”

Goemon sembrò realizzare “E’ successo anche a me?”

Gli altri tre annuirono.

“E se non vogliamo che accada ancora dobbiamo sbrigarci ad uscire da qui” aggiunse L’ispettore, con l’approvazione di tutti.

Anika lo aiutò ad alzarsi e Goemon, evidentemente imbarazzato, prese la spada e la rimise immediatamente nel fodero.

“Ho usato la spada per un motivo ignobile” mormorò “Non basteranno mesi per redimermi da questo orribile crimine verso la spada”

“Non essere esagerato” lo tranquillizzò Jigen dandogli una pacca sulla spalla.

Goemon tenne lo sguardo basso e non osò guardare Jigen negli occhi.

“Che ti prende?” chiese il pistolero.

“Ti chiedo perdono per quello che ho detto” mormorò il samurai, riferito a quanto detto nei confronti di Anika.

“Rilassati, amico” lo rassicurò Jigen “Parliamo onestamente, solo un idiota non farebbe follie per lei”

Goemon non era per nulla rassicurato, ma era comunque grato per non essere stato ucciso dal pistolero.

“La foresta è davvero maledetta” disse il samurai “Siete rimasti in tre non colpiti da essa, dobbiamo tenere gli occhi aperti”

Jigen annuì.

Era vero, erano rimasti in tre e Jigen aveva il terrore che potesse capitare qualcosa ad Anika.

Quel pensiero non sembrava aiutarlo a trovare una soluzione per tenerla al sicuro e, di fatti, una morsa allo stomaco iniziò ad attanagliarlo e pian piano si sparse per il resto del corpo.

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Capitolo 4
*** Il bosco dei suicidi - parte 2 ***


Eccomi con la seconda parte del capitolo precedente.

Spero sia sempre di vostro gradimento.

A presto meraviglie

 

CAPITOLO 4

Il bosco dei suicidi – parte 2

 

 

 

Camminarono qualche metro, lo fecero lentamente.

Ogni passo corrispondeva all’aumento della paura.

“Jigen” Anika gli strinse la mano “Tutto bene?”

Il pistolero annuì, mentre un brivido gli percorse la schiena facendolo tremare appena.

Era un segno evidente che a breve avrebbe ceduto e Anika iniziò a farsi prendere dal panico.

Si mise davanti a Jigen e gli scostò appena il cappello, quel tanto che bastava per vederlo negli occhi.

Ogni volta che gli occhi di Jigen si posavano su quelli di Anika, sembravano illuminarsi e dare al volto serio dell’uomo un aspetto meno burbero.

Stavolta no.

Stavolta i suoi occhi avevano tutta l’aria di essere terrorizzati e Anika lo aveva visto così ben poche volte.

L’ultima volta era stato anni prima, quando si era reso conto di averle sparato.

Vano fu il suo tentativo di ridestarlo, non bastava una carezza o una parola dolce per aiutarlo.

Era davvero così forte la maledizione?

“Ehi, amico, svegliati” intervenne Lupin, mettendogli le mani sulle spalle e dandogli una piccola scrollata.

Ma nulla, Jigen sembrava non sentire le loro parole.

“No, no, no, Jigen” Anika si intromise di nuovo “Jigen, guardami, ti prego”

Jigen chiuse le mani a pugno e tremò.

“E’ solo colpa mia” mormorò il pistolero “Non sono riuscito a tenerti al sicuro, non sono nemmeno stato in grado di crescerti e non ti sto dando quello di cui hai bisogno ora”

“No…” Anika gli prese il volto fra le mani “Non dire così, non dirlo neanche per scherzo”

“E non riesco nemmeno ad essere uomo con te” proseguì Jigen che, per l’appunto, non sentiva nemmeno quello che Anika gli stava dicendo “Avrei dovuto lasciarti nel luogo dove ti ho trovata...vorrei non averti mai incontrata” sentenziò Jigen, facendo venire un mancamento ad Anika.

La ragazza indietreggiò.

Non solo la maledizione faceva suicidare le persone...faceva dire loro anche i segreti e gli stati d’animo più profondi.

Quelli che nessuno avrebbe mai messo a nudo neanche sotto tortura.

Gli faceva dire la verità.

Jigen non la voleva veramente.

“Lupin!” Zenigata richiamò l’attenzione di Lupin, ma non c’era bisogno di spiegare nulla.

Il ladro intervenne e cercò di bloccare Jigen, che aveva già estratto la pistola.

Anika era rimasta talmente sconvolta da non essere più in grado di parlare.

“Signorina, stia indietro” disse Zazà, facendo indietreggiare Anika, che non oppose resistenza e si lasciò trascinare lontano da Jigen.

“Ehi, amico, piantala!” si lamentava Lupin, che nel frattempo stava cercando di fermare Jigen con l’aiuto di Goemon.

“Usa la spada invece che stare lì impalato!” si lamentò il ladro

“Non uso la mia spada per queste cose”

“Neanche per aiutare un amico!?” Lupin stava iniziando a fare fatica e Goemon, si ritrovò costretto ad estrarre la spada.

Si mosse velocemente, ma si udì lo stesso un boato...uno sparo.

Anika non gridò, ma si limitò a portare le mani sulle orecchie e chiudere gli occhi.

Non voleva vedere.

Calò il silenzio per qualche istante.

“Ma...cosa…?” Jigen sgranò gli occhi e, all’improvviso, gemette, portandosi una mano alla fronte.

Lo avevano si bloccato, ma non abbastanza.

Il proiettile lo aveva colpito di striscio, provocando una scalfittura.

Un rivolo di sangue scese lungo il volto del pistolero.

“Jigen…” si preoccupò Lupin

“Sto bene” confermò il pistolero, rimettendo via la pistola come se niente fosse mai accaduto.

Non sapeva cosa avesse fatto realmente, anche se lo immaginava molto bene.

Sapeva di aver sicuramente detto qualcosa di molto personale, come avevano fatto Zenigata e Goemon prima di lui.

Era sicuro di aver detto qualcosa che era meglio che tenesse per se e che, a giudicare dalla situazione, aveva lasciato senza parole l’unica persona che davvero contava nella sua vita.

Anika aveva finalmente alzato lo sguardo, incrociò lo sguardo di Jigen per qualche secondo, poi lo riabbassò.

Jigen si sentì in colpa, ma non poteva fare nulla in quel momento.

Appena fuori da lì avrebbe dovuto sistemare tutto...in ogni senso.

“Riprendiamo” disse il pistolero, superando Lupin e andando avanti.

Lupin non aveva parole, anche se sapeva lo stato d’animo del suo amico e il perché di quelle parole.

Goemon uguale.

Il samurai superò Anika, lanciandole uno sguardo di sostegno e raggiungendo gli altri.

“Signorina, venga” Zenigata, che era rimasto tutto il tempo accanto ad Anika, la prese sottobraccio e l’aiutò a muoversi.

Ogni passo corrispondeva ad un frammento del suo cuore che si spezzava.

“Non se la prenda” disse Zenigata, mantenendo lo sguardo ben fisso davanti a se “Conosco fin troppo bene Jigen e le posso assicurare che quelle parole non sono quello che lei crede”

“A me sembrano fin troppo chiare” mormorò Anika, fermandosi di colpo.

Zenigata non ci mise molto a capire che Anika stava per cadere vittima della maledizione.

Infatti, la poveretta stava sentendo un peso enorme sulle stomaco.

Non era più in grado di andare avanti, di proseguire.

La sua vita, che era sempre stata perfetta, era in realtà un’illusione e tutti i suoi pensieri che aveva fatto negli anni in merito a Jigen e la sua famiglia si stavano rivelando fondati.

Anche lei era giunta alla conclusione che sarebbe stato meglio non conoscerli e se prima lo pensava solo dopo essere stata sgridata, adesso la situazione si era ribaltata.

Faceva bene a pensarlo e, di conseguenza, non era giusto restare lì.

“Lupin!” Zenigata richiamò l’attenzione del ladro, ma nel momento che tornò a dedicarsi ad Anika questa era sparita “Ehi, ma…?”

“Anika?” chiamò Lupin

“Anika!” esclamò Jigen, indicando verso l’alto.

Anika si era arrampicata sopra uno degli alberi, come avesse fatto rimarrà sicuramente un mistero.

Si teneva appoggiata al tronco con una mano e osservava, senza guardare veramente, gli uomini sottostanti.

Jigen era terrorizzato all’idea che si buttasse e non sapeva come arrampicarsi.

Persino Goemon esitava in quanto, se anche fosse riuscito a salire fin la sopra, il ramo su cui Anika poggiava non era abbastanza solido da mantenere entrambi.

Non poteva neanche usare la sua spada o Anika si sarebbe fatta molto più male.

“Era troppo bello per essere vero” disse la ragazza, lo sguardo perso nel vuoto “Ma lo sapevo da tempo, ormai, nessuno di voi mi voleva davvero”

“Ma, ma…” Lupin sgranò gli occhi “Non è vero!” si voltò verso Jigen “Diglielo, Jigen, sei tu la causa!”

“Che cosa centro io!?” sbottò il pistolero, anche se immaginava che quella reazione fosse collegata alle frasi dette poco prima.

“Basta, voi due, piantatela!” si intromise Zenigata, facendoli tornare con i piedi per terra.

Jigen avrebbe voluto ribattere e stessa cosa Lupin, ma decisero che era meglio rimandare la conversazione ad un momento più opportuno.

“Anika, stai farneticando” disse Jiegn “Ti scongiuro, scendi di lì!”

“Il mio vero padre mi voleva usare per i suoi scopi” mormorò Anika, sfilandosi la sua cintura e mettendosi seduta sul ramo, che iniziò a traballare.

Segno evidente che a breve avrebbe ceduto.

“Voi siete uomini solitari, Goemon non c’era mai e quando c’era mi respingeva” proseguì Anika “Lupin ha sempre preferito correre dietro a Fujiko e non farmi partecipare ai colpi, lasciandomi sola con Jigen...che non avrebbe mai voluto avermi” nel frattempo sistemò la cintura ben salda sul ramo...e intorno al suo collo.

Il terrore si fece strada nel corpo di Jigen e per due motivi:

Primo, Anika stava per compiere un gesto la cui agonia sarebbe stata peggio di un colpo in testa.

Secondo, ora sapeva cosa si era lasciato scappare durante il suo tentativo.

Non può averle dette davvero, lui non lo pensava o meglio, non lo pensava con quel significato.

Jigen non avrebbe mai voluto averla solo perché era sicuro che con lui non avrebbe avuto vita facile.

Lui non era tipo da mettere su famiglia, anche se più volte ci aveva pensato, non credeva nemmeno che qualcuno lo potesse amare.

Ma non aveva fatto i conti con Anika.

Anche se riluttante, non avrebbe mai potuto lasciarla davvero lì, al freddo, in mezzo alla strada.

Era stato Lupin a convincerlo a tenerla dicendo che così avevano di che occupare il tempo e poi una presenza allegra e femminile li avrebbe resi uomini migliori.

E così era stato.

Jigen era davvero migliorato.

Le aveva dato un nome, le aveva insegnato a parlare, camminare e sin da subito le ha voluto bene.

Il suo carattere era un mix tra quello di tutti loro, compresa Fujiko.

Il problema era stato che l’amore paterno che aveva, con il passare del tempo era cambiato.

Doveva ringraziare parecchio la mancanza di parentela fra di loro o i reati fino ad ora accumulati sarebbero stati nulla rispetto a quello.

Aveva davvero resistito tanto e tutt’ora stava resistendo.

“Visto che nessuno mi ha mai davvero voluto, non vedo il motivo per cui io debba restare qui” disse, facendo ridestare Jigen e facendo venire una stretta allo stomaco a tutti quanti.

Anika, dopo essersi assicurata che la cintura fosse ben salda, chiuse gli occhi e si gettò in avanti.

Il suo corpo non era più appoggiato al ramo, si stava lasciando cadere nel vuoto.

“ANIKA!” l’urlo di Jigen squarciò il silenzio glaciale che si era creato e il terrore lo fece bloccare.

Lupin cercò di farsi spazio e sfruttare Jigen come appiglio per arrampicarsi e prendere la nipote.

Ma si erano scordati del ramo poco stabile.

Un peso come quello di Anika, se peso morto, non era sopportabile se non stabilizzato.

Dopo aver dato uno strattone al collo della ragazza, che emise un gemito di dolore, il ramo si spezzò e Anika iniziò a cadere invece che penzolare.

“La prendo, la prendo!” Lupin allargò le braccia, pronto a prenderla, ma non aveva fatto i conti con Goemon, che aveva avuto le stesse intenzioni.

Entrambi si scontrarono e caddero a terra.

Fu Zenigata, che con la sua prontezza di riflessi, arrivò esattamente sotto la ragazza e la prese al volo.

Pur sentendo la schiena lievemente dolorante, la vecchiaia si faceva sentire, riuscì comunque a reggerla e levarle dal collo la cintura, permettendole di respirare.

“Così, continui a respirare” disse Zenigata, mettendola a terra e osservandole il collo.

Aveva parecchi graffi e un segno circolare violaceo, che comunque sarebbe sparito entro poco tempo.

Prontamente, Zenigata prese dalla tasca del suo impermeabile il suo foulard e glielo mise.

Anika non diceva nulla.

Aveva gli occhi sgranati, per la paura di quanto appena compiuto, le lacrime erano pronte ad uscire.

Zenigata gli teneva un braccio intorno alle spalle.

Lupin e gli altri si erano avvicinati, per controllare come stava.

“Anika” Goemon si preoccupò immediatamente.

“Mon amì, guardami” Lupin le prese il volto fra le mani e, dopo essersi assicurata che stesse bene, la strinse forte a se, venendo ricambiato.

Le lacrime avevano cominciato ad uscire.

Jigen non parlava, era troppo terrorizzato dall’idea di averla quasi persa che non riusciva a muoversi.

“Tutto ok?” domandò Zenigata, rivolto al pistolero.

Quest’ultimo continuava a guardare Anika che, dopo aver incrociato gli occhi di lui, distolse subito lo sguardo e tornò a dedicarsi a Lupin.

“Devo chiederti una cosa” disse Jigen e Zenigata ascoltò “Finché non usciamo da questo posto, Anika è affidata a te” e lo superò, proseguendo il cammino.

Ed era molto probabile che, visto l’andamento, quell’affidamento sarebbe diventato fisso e Anika non sarebbe più stata con loro.

Dopotutto, lui aveva ancora questo potere.

 

*****

 

Fujiko avvertì un brivido lungo la schiena.

Aveva udito il grido di Jigen fino a lì e aveva subito pensato al peggio.

Aveva sentito i boati delle pistole, ma era sicura al cento per cento che nessuno si fosse fatto male e che fossero tutti salvi.

Ma Anika?

Scese dalla macchina e raggiunse Tagikawa “Caro, non conviene fermarli?” domandò Fujiko, con un tono fin troppo preoccupato.

“Non mi dirai che adesso ti importa qualcosa di loro” commentò Tagikawa “Ricordati che l’idea è stata tua e sono qui sotto tua esplicita richiesta”

“Si, ma…”

“Non credo che sia successo qualcosa a chi davvero doveva partecipare” proseguì Tagikawa “E nel caso della ragazzina...beh, diciamo che potrebbe essere la giusta vendetta verso un vecchio nemico”

“E chi?” domandò Fujiko.

“Masucci”


Ta ta ta taaaaaaaaaaa, a chi mancava sentir nominare Masucci?...deduco a nessuno, visto che saranno veramente pochi quelli che ricordano dove l'ho utilizzato.
Nei prossimi capitoli farò, comunque, una spiegazione.

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Capitolo 5
*** Il bosco dei suicidi - turisti scomparsi ***


Penultimo capitolo della storia...e vi comunico già (così non lascio strani interrogativi) che è già in lavorazione un seguito…qui sto utilizzando il terzo ed ultimo prompt della challenge e cioè "turisti scomparsi" anche se, lo ammetto, è usato marginalmente però c'è

Buona lettura e spero che vi piaccia.

 

CAPITOLO 5

Il bosco dei suicidi – turisti scomparsi

 

Lupin camminava sempre in testa al gruppo e osservava ovunque per essere sicuro di non far cadere i suoi amici in qualche trappola.

Goemon, invece, era in coda e guardava le spalle.

Jigen appena dietro Lupin e Anika accanto all’ispettore, il quale stava già osservando le indicazioni di Jigen.

C’era un silenzio glaciale.

Lupin sapeva di essere il prossimo, alla fine mancava solo lui a cedere alla maledizione.

Sapeva che essa agiva solo ed esclusivamente quando un pensiero negativo ti pervadeva la mente e lui stava cercando di evitare certe riflessioni.

Ad ogni cosa che pensava corrispondeva un ricordo positivo.

E’ vero, aveva quasi perso i suoi amici e persino Zenigata, con il quale aveva comunque un rapporto di amore e odio a cui non voleva rinunciare.

Non era in grado di trovare qualcosa di negativo.

Aveva tutto quello che si poteva desiderare.

Una famiglia, degli amici, una donna che amava e che ricambiava spesso e volentieri, un ispettore di polizia che passava dal volerlo arrestare al volerlo aiutare e che ci rimane pure male se gli succede qualcosa.

Non aveva nulla che potesse farlo cadere davvero vittima di quella maledizione.

Si sentiva sicuro di sé, era certo che tutto sarebbe filato liscio.

Ammise, però, che quella sfida aveva davvero messo a dura prova i sentimenti del gruppo, facendo uscire dal profondo i segreti più grandi che essi avevano.

Zenigata aveva perso gli anni migliori della sua vita per corrergli dietro, rinunciando a crearsi una famiglia.

Goemon lo aveva seguito ovunque e più volte aveva dovuto purificare la sua anima dopo i colpi eseguiti.

Un samurai aveva il compito di proteggere gli innocenti e invece non sempre ci riusciva e tutto perché questi innocenti tendevano a seguire Lupin ovunque andasse e mettersi nei guai.

Jigen aveva sempre dubbi di ogni genere, specie su Anika.

Aveva dovuto tenerla per due motivi in particolare: primo, possedeva un cuore e lasciare sola una neonata in mezzo alla strada non era contemplato, secondo, Lupin lo aveva convinto a tenerla perché già gli piaceva quella bambina e l’aveva persino già viziata.

Anika, invece, pensava di avere una vita perfetta fino a che Jigen non si era messo a confessare i suoi segreti, che aveva tenuto nascosti fino ad ora.

Tutti quanti, dall’ispettore ad Anika, era caduti vittime della maledizione...solo per colpa sua.

Più ci pensava, più vedeva il filo che collegava quei tentativi di suicidio.

Era lui, Lupin III la causa di tutti i dubbi e i rimpianti del gruppo.

Persino Fujiko era dentro.

Lui era sempre troppo appiccicoso con lei e la riempiva di attenzioni, tanto da soffocarla.

Era ovvio che lei, il più delle volte, si cercava qualcun altro per soddisfare i suoi bisogni.

Ma con lei era diverso, aveva ricevuto anche parecchie pugnalate alle spalle per via del carattere frivolo della donna e ci era, ormai abituato.

Anzi, lei era sempre stata senza segreti per lui e non riusciva a trovare qualcosa di cui incolparsi con lei.

Erano solo gli altri che avevano qualcosa collegato a lui che li portava allo sconforto.

Zenigata aveva perso occasioni per colpa sua.

Goemon aveva infranto il codice dei samurai per colpa sua.

Jigen aveva dubbi su se stesso e Anika per colpa sua.

Anika era rimasta male a causa di Jigen sempre per colpa sua.

Era davvero questa la realtà?

Era davvero lui la causa di tutto il male che i suoi amici, la sua famiglia, possedeva?

Il suo cuore sembrò spezzarsi, gli mancò il respiro e tutto intorno a lui divenne buio, mentre una forza misteriosa sembrava trascinarlo verso il basso.

Non si accorse di essere finito a terra, in ginocchio e con lo sguardo rivolto verso il basso.

Gli occhi spaiati e che, in realtà, non vedevano nulla di quello che li circondava.

“Quindi sono io” disse fra sé e sé, ma con tono abbastanza alto da far sì che anche gli altri lo sentissero “Sono davvero io la causa di tutto?”

“Lupin…” Jigen subito accorse “Ehi, amico, non fare lo stupido”

Ma anche Jigen, purtroppo, ben sapeva che era inutile parlare.

Non sarebbe stato ascoltato.

Non poteva nemmeno intervenire e bloccarlo mani e piedi in quanto la maledizione rendeva tutti più forti e poi...finché si compiva il gesto essa non ti lasciava libero.

Lo stesso pensiero aveva pervaso anche gli altri.

“Ispettore…” Anika lo guardò implorante, ma anche lui era dello stesso parere di Jigen.

Non potevano fare nulla, tranne che spostare l’arma quel tanto che bastava da non farsi male.

Già Anika e Jigen erano rimasti feriti, non doveva capitare anche ad altri.

La ragazza spostò il suo sguardo dall’ispettore a Goemon, che abbassò lo sguardo, fino a guardare Jigen, che fece lo stesso.

Era davvero l’unica che, nonostante fosse d’accordo con gli altri, voleva comunque tentare di fare qualcosa?

Farlo rinvenire senza usare le maniere forti a quanto pareva non era contemplato.

E’ vero, non serviva a nulla, ma era sempre meglio che restare con le mani in mano.

Si avvicinò a Lupin, inginocchiandosi per guardarlo dritto negli occhi “Zietto, guardami” implorò Anika “Ti prego non lasciarti cadere nello sconforto, non sei te”

“Ho fallito” disse Lupin “A causa mia siete tutti qui e sempre a causa mia voi avete avuto una vita di inferno...persino Zazà ha rinunciato ad una vita per inseguire me”

Zenigata arrossì e scosse la testa “Ma...ma, che stai dicendo, io…!” Goemon lo fece zittire e lasciò che Anika tentasse la via meno drastica.

“Se davvero avessimo avuto una vita da inferno, pensi che non ce ne saremmo già andati?” domandò lei, cercando di sorridere mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

“Che razza di uomo sono?” disse Lupin “Non riesco neanche a tenermi una donna come Fujiko, non riesco a fare nulla”

Non vedendolo estrarre la pistola, tutti intuirono che non era finita lì.

Lupin aveva ancora qualcosa dentro di sé da sfogare...qualcosa che, molto probabilmente, non sarebbe piaciuta a qualcuno.

E in effetti era così.

Lupin aveva un segreto che mai avrebbe osato confessare.

Ovviamente non avrebbe mai nemmeno immaginato che esistesse una forza come quella che faceva confessare i segreti più profondi alle persone.

Durante il tragitto aveva sperato vivamente che, se fosse caduto vittima di essa, sarebbe riuscito a trattenersi abbastanza da non compromettersi.

Purtroppo per lui, in quel momento non si stava nemmeno rendendo conto di quello che faceva e diceva.

Neanche aveva più idea di dove si trovasse.

“E la cosa peggiore è che l’unica persona che vorrei tenere con me per sempre, perché è l’unica che mi vuole bene...sta con qualcun altro e non ha di certo tempo per uno come me”

Questo fece venire i brividi ad Anika la quale, conoscendo bene Lupin, capì che non stava parlando di Fujiko o Rebecca Rossellini.

Quando Jigen chiuse le mani a pugno ed iniziò a tremare, la sua ipotesi fu confermata.

Anika sgranò gli occhi e si rimise in piedi, indietreggiando di un passo.

“Che significa questo?” domandò lei.

Per quanto Jigen fosse sul punto di prendere Lupin a pugni, non sembrava minimamente scandalizzato e stessa cosa Goemon e l’ispettore.

“Voi lo sapevate?”

“Avevo intuito qualcosa già tempo fa” commentò Goemon “Non mi stupisce la cosa”

“Vale anche per me” disse Zenigata, avvalorando la risposta di Goemon.

Anika sentì il respiro mancarle “Jigen…”

“Si lo sapevo” rispose bruscamente.

Anika deglutì “E dirlo, magari, anche me?” domandò “Avrei potuto fare qualcosa che evitasse un evento simile...”

“Certo, come se potessimo prevedere il futuro” commentò Jigen.

Zenigata aveva assunto uno sguardo pensoso ed era giunto ad una sola conclusione.

Lupin si stava incolpando di tutto quello che era accaduto fino ad ora e si incolpava di aver rovinato la vita alle persone.

Ma, facendo mente locale ed escludendo sé stesso, tutti gli altri avevano in comune un filo conduttore.

Anika.

Per aiutare Lupin c’era un alternativa che, se solo si fosse accorto prima, l’avrebbe sfruttata anche per gli altri due.

“Signorina” Zenigata richiamò l’attenzione di Anika “Forse può salvare Lupin senza arrivare ad insani gesti”

Anika era tutta orecchie e stessa cosa gli altri.

“Deve baciarlo”

“COSA!?” fu il coro di Anika e Jigen.

“Ma che ti salta in mente!?” sbottò Jigen “Sei impazzito!?”

“Ispettore non può chiedermi questo”

“Provate a ragionare e cercate di ricordare quanto avete sentito dagli altri” cercando di essere breve, Zenigata li aiutò a capire che tutti e tre erano sentimentalmente legati ad Anika

Goemon aveva come rimpianto quello di non essere riuscito a tenerla.

Jigen era risentito per averle precluso una vita normale.

Lupin aveva il rammarico di non essere l’uomo adatto a lei.

Tutti e tre avevano lo stesso identico pensiero nei confronti di Anika e lei, se tutti se ne fossero accorti prima, era la chiave per aiutarli a non cascare vittime della maledizione.

L’unico escluso era proprio l’ispettore.

“Non...non credo che…”

“Anika” Goemon intervenne “Zenigata ha ragione”

“Detesto ammetterlo...ma non c’è altra scelta” commentò Jigen

“Jigen…”

Il pistolero distolse lo sguardo “So cosa pensi e non serve che chiedi il mio parere” disse con tono stranamente tranquillo “Se serve ad evitare una catastrofe acconsentirei anche ad altro, perciò fallo”

“Ma tu…”

“Questo non comprometterà ciò che provo per te e, spero, viceversa”

Anika non riuscì a discutere, come poteva?

C’era in gioco la vita di Lupin, del suo amato zietto.

Ciò che le stavano chiedendo era troppo, ma per salvarlo avrebbe fatto fuoco e fiamme.

“Signorina!” Zenigata la ridestò e indicò Lupin, che aveva già impugnato la pistola e la stava portando alla tempia.

“No!” Anika si fiondò immediatamente da lui e, senza pensarci troppo, posò le sue labbra su quelle di lui.

Gli diede un bacio.

Lupin era ancora vittima della maledizione, ma sembrava intenzionato a resisterle.

La sua mano iniziò lentamente ad abbassarsi, fino a lasciar cadere la pistola.

Le sue braccia si cinsero attorno alla vita di Anika e l’attirarono a sé.

Anika fremette, voleva staccarsi e andarsene, sprofondare negli abissi e non fare ritorno.

Lupin non stava nemmeno ragionando e non si stava accorgendo di nulla.

Il tutto per quasi un minuto.

Ad un certo punto, come colto da un flash, Lupin sgranò gli occhi e spinse via Anika con un grido.

“Ma che succede!?” sbottò “Che sto facendo!? Che STAI facendo!?”

Anika era in lacrime ed era diventata rossa come un peperone.

Lupin non ci mise molto a capire cosa avesse confessato e, automaticamente, realizzò perché stava baciando Anika.

Non gli importava dell’assenza di gradi di parentela, lui doveva continuare a credere che fosse sua nipote per davvero e quindi certe distrazioni non era contemplate.

“Jigen…” Anika deglutì “Ti prego...portami via”

Jigen annuì e le cinse le spalle, portandola subito lontano da lì.

“Ma...ma…” Lupin non aveva parole.

“Lupin, vieni” Zenigata lo aiutò a muoversi “Non ci conviene restare qui”

“Z-Zazà…”

“Si?”

“Che cosa ho fatto?”

 

*****

 

Tagikawa osservava l’uscita della foresta.

Il sole era quasi tramontato e di Lupin e la sua banda non vi era nemmeno l’ombra.

Fujiko, dietro di lui, manteneva l’apparenza di donna menefreghista, ma dentro di sé stava male e temeva già il peggio.

I lampioni, posti sulla strada lì accanto, iniziavano ad accendersi.

Mancavano circa due ore alla fine della sfida e nessuno dei cinque era ancora uscito.

“Prendete il necessario” ordinò Tagikawa alle sue guardie.

“Il necessario per cosa?” chiese Fujiko

“Nessuno di loro uscirà da lì” disse Tagikawa “Se anche uno solo si è tolto la vita, gli altri staranno così male da fare lo stesso, anche senza tener conto della maledizione”

Fujiko sentì il respiro mancarle “Io penso che siano riusciti” disse, cercando di mantenere le apparenze “Lupin è troppo scaltro per cascarci”

“Sicura?” domandò lui “Ti ricordo che è altamente probabile che la ragazza sia già in luoghi migliori”

Fujiko cercò di scacciare quel pensiero “Non capisco cosa ti importa di lei” emise uno sbuffo “E poi perché vuoi vendicare Masucci?”

Tagikawa da prima sorrise, poi il tutto si trasformò in una risata divertita.

“Oh, Fujiko, veramente mi prendi per stupido?” Tagikawa cercò di ricomporsi “Sarò vecchio, certo lo ammetto, ma so ancora usare la mia testa e so perfettamente che tu stai fingendo con me e che non vedi l’ora che i tuoi amici e l’ispettore escano da lì” disse, voltandosi di nuovo verso la foresta “Masucci era un mio grande amico e per colpa di Lupin e la sua banda lui ora non c’è più” disse “Con loro fuori dai piedi e l’ispettore che smette di ficcanasare nei nostri affari, l’ultimo tassello per completare la sfida è veder scomparire anche la ragazza”

Fujiko continuava a non capire “Perchè?”

“Lupin mi serve per trovare il tesoro di Aokigahara” spiegò “So che lui riuscirà a trovarlo e poi avrà la sua dipartita, gli altri due sono solo una spiacevole inconvenienza che voglio eliminare per non avere grossi rischi, Zenigata lo ha già capito mentre lei…” strinse i pugni “Riguardo a lei mi è stato ordinato di ucciderla ancora anni fa, ma quella maledetta della madre era riuscita a fuggire e abbandonarla prima che i miei uomini la trovassero”

Fujiko rabbrividì.

Anika non era mai stata desiderata dal padre, tanto che esso era arrivato a ordinare la sua morte.

Quindi tutta quella scena, anni prima, sull’isola di Hashima era una farsa.

Voleva già ucciderla all’epoca, sfruttando l’indovinello di Shakespeare per farla cadere in trappola, ma non essendoci riuscito ed essendo passato lui a miglior vita, tutti credevano che Anika fosse al sicuro.

Ma non era così.

Se davvero uscivano da quella foresta, sarebbero stati subito eliminati.

Il sole era quasi calato.

“Possiamo dichiarare ufficialmente che nella data di oggi altri cinque turisti sono scomparsi all’interno ella foresta” sentenziò Tagikawa, facendo sì che una delle guardie iniziasse a scrivere qualcosa su un blocchetto.

“Fermi!” esclamò Fujiko, emettendo un grido di gioia “Guardate!” indicò verso l’uscita della foresta.

Un gruppo di cinque persone stava avanzando verso di loro.

Fujiko ringraziò mentalmente chiunque ci fosse lassù per quel miracolo

“Ce l’hanno fatta!”

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Capitolo 6
*** Addio ***


ULTIMO CAPITOLO! Spero che fino a qua vi sia piaciuta.

Buona lettura...io intanto scappo in Tibet (non si sa mai)

 

CAPITOLO 6

Addio

 

 

“Lupin!” Fujiko fece per avvicinarsi a lui, ma venne subito bloccata dalle guardie del corpo di Tagikawa le quali, oltre a bloccare la donna, bloccarono il gruppo.

“Fujiko!” Lupin si mise subito sulla difensiva “Lasciala andare”

Tagikawa sorrise “Lupin, mi conosci, sapevi che sarebbe accaduto”

Jigen, dietro di lui, impugnò la pistola e fece indietreggiare Anika “Lupin!”

Lupin fece a tutti segno di stare calmi e si fece avanti.

La sua mente viaggiava alla velocità della luce e stava già pensando ad ogni tipo di fuga possibile evitando feriti o spargimenti di sangue.

Lo aveva immaginato, sapeva che una volta fuori non sarebbero potuti andare in giro a raccontare l’esperienza avuta.

Nel momento stesso che avrebbero consegnato a Tagikawa il tesoro sarebbero tutti morti.

Era altamente improbabile che qualcuno di loro rimanesse ucciso, però non c’era da sottovalutarlo.

“Consegnami il tesoro, Lupin” ordinò Tagikawa.

Lupin fece finta di pensarci.

Il tesoro in realtà non esisteva...non in senso fisico per lo meno.

Il tutto era ben aldilà di un oggetto prezioso con un determinato valore.

“Mi dispiace” Lupin alzò le spalle “Ma non ho con me alcun tipo di tesoro”

Tagikawa assunse un espressione corrucciata e mentalmente maledisse Lupin.

Come era possibile che non esistesse alcun tipo di tesoro?

Tutti sapevano che esisteva e che alla fine della sfida lo avrebbe avuto.

“Questo è impossibile!” sbottò Tagikawa “Che razza di scherzo è questo!?”

Tagikawa fece cenno alle guardie di fare fuoco.

Nel momento stesso che esse iniziarono a sparare, Goemon si parò davanti a tutti e con una velocità incredibile estrasse la spada e tagliò in tanti piccoli pezzi i proiettili.

Con altrettanta celerità, si fiondò sulle guardie e mosse la spada su di loro fino a lasciarli in biancheria intima.

Dopo urla di terrore, dovute al fatto che non erano abituati a vedere gente come Goemon, le guardie tentarono la fuga cercando di coprire le loro mutande a strisce o pois.

“Codardi!” sbraitò Tagikawa “Dove state andando!? Tornate qui!”

Ma le guardie optarono per non ascoltarlo e correre via a gambe levate, permettendo a Fujiko di correre incontro a Lupin.

“Molto bene, se le mie guardie non voglio aiutarmi…” prese lui la pistola “Mi arrangerò da solo” e la puntò verso Anika, la quale sgranò gli occhi e venne subito difesa dalla sua famiglia e dall’ispettore.

“Spostatevi!” ordinò “Devo finire ciò che ho iniziato vent’anni fa!”

L’unico ad aver capito questa affermazione era Zenigata.

“Se te la prendi con lei, dovrai passare sul mio cadavere” disse, lasciando di stucco Lupin.

“Zazà?”

“Stavo alle calcagna di questo individuo per questioni di frode” spiegò Zenigata “Ma ero al corrente che la sua attività aveva un fine molto più losco”

L’ispettore spiegò che vent’anni prima aveva già cercato di arrestarlo, ma non vi erano prove.

Oltre alla frode, Tagikawa aveva reati di omicidio volontario e premeditato che pendevano su di lui e tra i vari vi era quello della moglie di Masucci.

Aveva scoperto, anche, che Masucci stesso aveva ordinato a Tagikawa l’omicidio della donna e della figlia appena nata.

Ma ogni volta che Zenigata sembrava sul punto di trovare le prove per incastrarlo, esse scomparivano nel nulla e così anche Tagikawa.

Rimanevano solo la sua parola contro quella di lui.

Anika sentì il terreno sotto i suoi piedi aprirsi ed il suo corpo cadere nel vuoto.

Allora era vero quello che pensava durante il tragitto nella foresta.

Era lei, sempre, la causa di tutto.

Per quanto fosse ovvio che anche Lupin e gli altri fossero di intralcio a quell’uomo, lei era comunque una minaccia per tutti quanti.

Talmente era immersa nei suoi pensieri che non si accorse di Tagikawa che armava il cane e premeva il grilletto.

Si udì un boato.

“Zazà!” esclamò Lupin.

Zenigata, che era parato davanti ad Anika, lo prese in pieno.

Per fortuna lo colpì sul braccio e non tanto profondamente da stenderlo.

“Ispettore!” Anika si preoccupò, ma lui cercò di tranquillizzarla.

Tagikawa non aveva una bella mira, era risaputo.

Seppur gemendo e con l’impermeabile su cui apparì una chiazza di sangue, Zenigata si avvicinò a Tagikawa

“Signor Tagikawa” Zenigata prese le manette “La dichiaro in arresto per frode e banca rotta, nonché per tentato omicidio a civili e ad un pubblico ufficiale”

“Che sta facendo!?” sbottò Tagikawa “Razza di imbecille mi lasci!”

Ma Zenigata, abituato con Lupin ed ogni suo tentativo di sfuggirgli, ci mise poco a sistemare Tagikawa e ammanettarlo.

Nel frattempo, un orda di auto della polizia fece il suo arrivo a sirene spiegate e a gran velocità.

“Ma...ma...come è possibile?” Tagikawa non riusciva a spiegarsi come avessero fatto a giungere lì così presto.

“Mio caro, mi conosci” disse Fujiko, mostrando all’uomo il suo cellulare “Sono una donna piena di risorse”

“Ma, in particolar modo, sei donna” ridacchiò Lupin, ricevendo l’elsa della spada di Goemon in pieno sulla testa.

I poliziotti circondarono immediatamente l’ispettore e Tagikawa, nonché Lupin e la sua banda.

“Fermi!” ordinò Zenigata “Loro no”

“Ma, signore, è Lupin!” azzardò uno degli uomini.

“Vuoi discutere un ordine del tuo superiore!?”

il poliziotto scosse la testa, si mise sugli attenti e poi aiutò i colleghi a portare Tagikawa fino alla macchina.

Lo misero dentro e poi sfrecciarono a gran velocità.

Zenigata ordinò ad un suo uomo di attenderlo e questi obbedì.

“Ispettore, siete ferito!” si accorse finalmente l’uomo “Chiamo immediatamente i soccorsi!”

“Sta fermo e fai come ti ho detto”

Il poveretto era spiazzato, ma obbedì e si mise in disparte.

“Ispettore” Anika si preoccupò “Perchè l’ha fatto?”

“Sono un agente di polizia” rispose Zazà “Il mio compito è difendere gli innocenti, siano essi ladri oppure no” ammiccò e, seppur dolorante, si voltò verso Lupin.

Il ladro sorrise, ammirando sempre di più Zenigata sia come uomo che come ispettore.

Alla fine aveva sempre nutrito un profondo rispetto per lui.

“Vuoi avere l’onore di arrestarmi tu, paparino?” domandò Lupin ma Zenigata scosse la testa e fece un piccolo sorriso.

“Ti lascio una tregua, per ora” rispose l’ispettore “Ma sappi che sono sempre pronto”

“Non lo metto in dubbio” ammiccò Lupin

“Alla fine qual’era il tesoro?” domandò Fujiko, la cui curiosità superava tutto “Davvero non c’era?”

Lupin scosse la testa “Il tesoro di questa foresta è più prezioso di un tesoro fisico” disse, suscitando la curiosità anche di Zenigata “Il vero amore” sentenziò “Dopo tutto quello che abbiamo passato...e detto...siamo tutti rimasti uniti” proseguì Lupin “Il vero amore non è inteso solo come due persone che si amano e stanno insieme, il vero amore si dimostra anche all’interno delle famiglie, nelle decisioni e nei rapporti con gli altri”

“Il vero amore supera ogni cosa” aggiunse Goemon “Comprese le difficoltà”

“Ben detto” concordò Jigen

“Questa volta sono d’accordo anche io” disse Fujiko, ottenendo uno sguardo stupito da parte di tutti.

Zenigata, per quanto stupito, aveva ben altro per la testa.

Quell’esperienza aveva segnato tutti, non che le altre fossero state diverse, ma quella era particolare.

Aveva messo a nudo i segreti più profondi che si celavano nell’animo del gruppo.

Segreti che nessuno avrebbe mai osato confessare anche al famigliare più vicino e di cui avevano fiducia.

Erano i classici segreti che si sarebbero portati fino alla tomba o che avrebbero confessato in punto di morte.

Quello di Zenigata era un segreto di poco conto, rispetto a quanto sentito dagli altri e chi ne ha pagato le conseguenze è stata Anika.

Giovane, bella e con una famiglia che è innamorata di lei nel vero senso della parola.

Era al corrente della situazione, sapeva tutto di lei e quindi non si è stupito quando ha scoperto che lei e Jigen erano diventati una coppia e che sia Lupin che Goemon avevano forti sentimenti per lei.

La situazione era alquanto complicata e confusionaria, ma chi era lui per giudicare?

“Lupin” Zenigata si ridestò dai suoi pensieri e tornò a rivolgersi al ladro “Sta attento” ed era ben chiaro a cosa facesse riferimento.

Quei segreti erano stati parecchio pesanti da assorbire e sapeva che ora la situazione del gruppo sarebbe stata molto tesa.

“Di che sta parlando?” domandò Fujiko “Lupin?”

“Diciamo che questa foresta è davvero spettrale e maledetta” spiegò Lupin “Hai rischiato di rimanere vedova, cherie”

“Ma io e te non siamo sposati!”

“Vuoi esserlo?” Lupin assunse uno sguardo ebete “Sai quante cosine potremmo fare”

“Che maiale!” Fujiko si scandalizzò e gli voltò le spalle andandosene via.

“Fujikoooo!” Lupin la seguì “Eddai, scherzavo!”

Il battibecco proseguì, sotto lo sguardo ormai rassegnato di tutti.

“Sarà meglio che torni in centrale, avrò parecchie scartoffie da compilare” con il saluto militare, Zenigata raggiunse il suo sottoposto e, dopo aver fatto un piccolo sorriso ad Anika, salì in macchina e partì.

“Dovremmo andare anche noi” commentò Anika, ottenendo l’approvazione di Jigen e Goemon.

Quest’ultimo sospirò “Io andrò in ritiro” disse “Dopo questa esperienza mi serviranno mesi per purificare il mio spirito” fece per andarsene, ma Anika lo fermò abbracciandolo da dietro.

Goemon fremette ma cercò di rimanere composto.

“Grazie, Goemon” mormorò lei, alzandosi poi sulle punte e dandogli un bacio sulla guancia “Grazie di tutto”

Il samurai si irrigidì “F-figurati” poi, tenendo la spada ben stretta a sé, corse via, superando persino Lupin e Fujiko, che smisero di battibeccare.

“Ehi, piccioncini!” esclamò Lupin, agitando un braccio verso di loro “datevi una mossa!”

Anika e Jigen si guardarono ed entrambi pensarono la stessa cosa.

Volevano stare soli.

Raggiunsero Lupin e Fujiko e li avvisarono che avrebbero trovato altri mezzi per tornare.

Lupin ridacchiò “Ok, come volete” poi guardò Fujiko “Tesoruccio, abbiamo casa libera”

“Non passerò la notte con te!” si lamentò Fujiko “Mi avevi promesso un tesoro e non me l’hai portato!”

“Ma, ma…Fujiko, ti ho portato l’amore!” tentò di giustificarsi lui, ottenendo un ceffone come risposta.

I due scomparirono lungo la strada, lasciando Jigen ed Anika soli.

Il sole era tramontato e i lampioni della strada si erano illuminati.

C’era silenzio, interrotto ogni tanto da qualche grillo sull’erba.

Anika, la prima cosa che fece, fu levare il cappello a Jigen e controllare la ferita alla fronte.

Era un taglio, per fortuna non profondo, dovuto all’aria che il proiettile emana quando viene sparato.

Era colpa sua, solamente sua.

“E’ solo un graffio” cercò di tranquillizzarla Jigen, osservando piuttosto il suo collo “Che cosa ho fatto…”

“Jigen, no” lei prese le mani dell’uomo fra le sue “Non osare incolparti”

Jigen invece si dava eccome le colpe.

Era stato lui la causa scatenante di quella reazione e si sarebbe portato questo senso di colpa per l’eternità.

La stesso senso che si dava per aver precluso ad Anika una vita normale, non averle dato una famiglia come avrebbe meritato e non averle dato l’amore che meritava adesso.

“Jigen…”

“Sai...è vero quello che ho detto” confessò Jigen “E’ vero che non avrei mai voluto incontrarti, ma non per il motivo che pensi tu” disse “Vorrei non averti mai incontrata perché...perché non sono stato e non sarò mai un buon padre e, vista la nostra situazione, neanche un amante”

“Che stai dicendo?” Anika si preoccupò “Jigen, non dire così”

“Non sono mai stato bravo in amore” proseguì lui “Lupin lo è…” strinse i pugni “E’ con lui che dovresti stare”

Anika sgranò gli occhi “Cosa!?” scosse la testa “Neanche per sogno, lo zio è troppo...farfallone!” sorvolando da questo commento, che fece sorridere Jigen, Anika strinse Jigen e lo obbligò a ricambiare “Io voglio stare con te”

Sembrava una ragazzina, ma era vero.

Lei voleva solo Jigen e nulla le avrebbe impedito di restare con lui, nemmeno una foresta maledetta.

Ma si poteva dire lo stesso di Jigen?

Amava Anika, in tutti i sensi, ma l’aveva esposta troppo e non voleva che accadesse più.

Aveva avuto altre donne prima di lei, aveva avuto dei sentimenti per loro, ma le aveva lasciate andare e aveva capito che così facendo sarebbe stato meglio per tutti.

Le avrebbe salvate da una vita che non meritavano e che era meglio non far loro conoscere.

Con Anika era lo stesso, avrebbe dovuto lasciarla andare.

“Jigen, guardami” Anika prese il volto di Jigen fra le mani “io ti amo” mormorò per poi stringerlo di nuovo a sé.

Jigen ricambiò la stretta, ma cercò di sviare subito il discorso.

“Dobbiamo andare”

Anika non osò ribattere ed insieme se ne andarono da lì.

Raggiunsero il primo centro abitato che trovarono, ed essendo ormai tardi decisero di fermarsi al primo Bad and Breakfast che trovarono.

A notte fonda, entrambi erano ancora svegli.

Quell’esperienza aveva davvero lasciato il segno ed era altamente probabile che se lo sarebbero trascinati per lungo periodo.

“Jigen...sei ancora sveglio?”

Jigen annuì “E non sono l’unico”

Anika si mise su un fianco e cinse la vita dell’uomo.

“Tu dovresti dormire” disse lui “Non devi crucciarti per quanto accaduto”

“Senti chi parla” ribatté lei “Non mi pare che tu sia rilassato”

Jigen si tirò su, mettendosi seduto “Anika, ho fatto molti errori nella mia vita...non voglio che lo sia anche tu”

Anche Anika si tirò su, mettendosi in ginocchio dietro di lui “Che cosa vuoi dire?”

Jigen sospirò “Che dovremmo smetterla di stare insieme” disse “Non voglio che tu ne paghi le conseguenze”

Anika si sentì sprofondare “Stai dicendo...che...che non mi ami più?”

“Al contrario” rispose Jigen “Ti sto salvando da un amore avvelenato”

“No...no, non stai dicendo sul serio”

“Ti sembro uno scherza?”

“Sì, in questo caso sì!” ribatté lei, con le lacrime agli occhi e la rabbia che saliva sempre di più.

Si alzò in piedi e si mise davanti a lui “Come puoi dirmi una cosa del genere?” domandò “Dopo tutto quanto...tutto quello che c’è stato, tu vuoi lasciarmi?” il respiro era irregolare “Ti ricordo che viviamo sotto lo stesso tetto, come pensi di fare?”

“Non è roba che ti riguarda” ed ecco il tono freddo e distaccato.

Perché? Perché faceva così?

“Perché fai così?”

“Perché sei una bambina”

Quella era la goccia che fece traboccare il vaso.

Anika alzò la mano e poco dopo il suono di un ceffone risuonò per tutta la stanza.

Calò il silenzio.

Jigen non sembrò minimamente toccato, mentre Anika tremava sia di rabbia che di sgomento.

Che aveva fatto?

Si portò le mani alla bocca, per soffocare un singhiozzo.

Quando le tolse per parlare, non fece in tempo a dire nulla.

Jigen si era alzato, le aveva afferrato i polsi ed aveva posato le sue labbra su quelle di lei, chiudendole in un bacio.

Quando si divisero, lei era ancora scioccata “Jigen…”

Lui la zittì con un altro bacio, poi la strinse e la attirò a sé, facendola ricadere sul letto.

Anika abbandono, per il tempo necessario, tutto quello che aveva nella mente e si lasciò andare, facendosi guidare da Jigen.

Era certa di una cosa, quella notte non l’avrebbe mai scordata.

 

*****

 

“E’ sicura di non aver sentito o visto qualcosa?” domandò il poliziotto alla responsabile del Bad and Breakfast.

La poveretta scosse la testa “No niente” rispose “Come le ho già detto, sono entrata nella stanza e l’ho trovata a terra” indicò la porta della stanza, dove altri poliziotti con i soccorritori stavano esaminando una ragazza in stato di incoscienza.

Stava bene e, a parte delle ferite al collo dovute ad un tentato strangolamento, non riportava altri segni di violenza o percosse.

Le avevano fatto perdere i sensi usando un fazzoletto imbevuto di cloroformio.

“Che succede qui?” domandò una voce alle spalle del poliziotto.

“Ispettore Zenigata” il poliziotto fece il saluto militare e si mise sull’attenti “Mi dispiace averla disturbata mentre avrebbe dovuto essere in convalescenza, ma è necessaria la sua presenza” e lo accompagnò nella stanza.

Il braccio di Zenigata era stato medicato quella stessa notte e gli era stato ordinato riposo assoluto per almeno due settimane.

-Decisamente un ottimo riposo- pensò fra sé e sé, seguendo l’uomo.

Quello che vide lo lasciò spiazzato.

“A-Anika?”

“La conosce, ispettore?” domandò ingenuamente il poliziotto

“Cosa credi? Che la chiamo per nome perché mi gira?” ruggì Zenigata, che in quel momento si dimenticò di tutto per controllare la ragazza “Che è successo?”

Il poliziotto spiegò che durante il giro camere per il cambio lenzuola e per ripulirle, la padrona aveva trovato la ragazza stesa a terra priva di sensi.

La polizia era stata immediata allertata.

“E perché avete chiamato me?” domandò Zenigata

“Perché abbiamo trovato questo” il poliziotto gli porse un biglietto piegato in quattro con scritto a chi era indirizzato.

Ispettore Zenigata

Zenigata si spostò e lasciò che i soccorritori portassero via la ragazza per gli accertamenti.

Una volta fuori e lasciato il Bad and Breakfast, l’ispettore aprì il foglio per leggerne il contenuto.

 

Mi dispiace

Abbia cura di lei

 

FINE

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