Addio

di Axot23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Dean: Dire addio ***
Capitolo 2: *** 2) Sam: Ci si abitua a tutto ***
Capitolo 3: *** 3) Castiel: Nel Nulla ***
Capitolo 4: *** 4) Nulla nella luce ***
Capitolo 5: *** 5) Luce nel nulla ***
Capitolo 6: *** 6) Dolore ***
Capitolo 7: *** 7) Gummy Bear ***
Capitolo 8: *** 8) Niente ***



Capitolo 1
*** 1) Dean: Dire addio ***


Dean Winchester stava morendo.

Questa volta davvero. Questa volta sarebbe stato per sempre, lo sapeva.

Dopo tutta una vita di pericoli incalcolabili, mostri, demoni, angeli, troppo alcool e cibo spazzatura.

Stava morendo.

Trafitto da un travetto di ferro.

Era così ironico in fondo... Aveva scongiurato parecchie apocalissi e stava morendo per un "incidente sul lavoro" molto poco eroico.

Stava morendo tra le braccia di suo fratello. Il suo fratellino che aveva cresciuto e protetto a costo di tutto.

Ma andava bene. Lo stava dicendo a Sammy, andava bene così.

Chuck era stato sconfitto, il mondo aveva un nuovo Dio che avrebbe sistemato le cose. Altri cacciatori più giovani avrebbero preso il loro posto. Sam avrebbe potuto realizzare il suo sogno di una vita normale ora che anche Eileen era tornata.

Tutti erano tornati.

Quasi tutti.

Le ultime settimane erano state un tormento continuo per Dean.

Da quel giorno in cui la Morte aveva bussato letteralmente alla sua porta e viscidi viticci scuri avevano avvolto Castiel troppo velocemente.

Castiel.

Il suo angelo custode che si era sacrificato per lui. Di nuovo.

Castiel.

Il suo migliore amico per cui aveva pianto la morte troppe volte.

Castiel.

L'uomo che con le lacrime agli occhi e un sorriso straziante gli aveva confessato il suo amore.

Cas.

Come poteva essere un momento di felicità confessare quei sentimenti?

Stupido, stupido Cas.

Dean non credeva nemmeno che gli angeli potessero provare amore. Ma quegli occhi blu come il cielo erano inequivocabili.

Erano anni che si rincorrevano. Anni di sguardi rubati e abbracci stretti fatti passare per amicizia e fratellanza.

Anni in cui Dean aveva negato l'evidenza. Anni in cui aveva negato il legame assoluto e violento che aveva sentito da quel tocco bruciante che lo aveva strappato dall'inferno.

"Sono colui che ti ha strappato dall'inferno salvandoti dalla perdizione."

Ed era stato così. Era stato fottutamente così.

Cas lo aveva salvato in ogni modo possibile. Aveva curato le sue ferite dopo le battaglie, aveva attraversato con lui il Purgatorio, aveva scoperto con lui il libero arbitrio.

Oh, il libero fottuto arbitrio. Quella merda. La Bibbia diceva essere il più grande peccato e il più grande dono per gli umani.

Per tutti gli umani tranne i Winchester. Ora lo sapevano.

Ma la verità era che Dean non era mai stato libero. Non da quella notte in cui suo padre gli aveva messo tra le braccia Sammy gridandogli di scappare.

Da allora aveva eseguito ordini senza pensare. Era una seconda natura per lui. Obbedire ciecamente al vecchio John. Non era come Sam, non lo aveva mai messo in dubbio, non aveva mai desiderato una vita diversa. Non aveva mai pensato di poterla avere.

Nemmeno durante l'anno con Lisa e Ben. Non l'aveva fatto  per sé. L'aveva fatto perché Sam aveva detto di farlo.

Amava quella sua piccola famiglia, quella parvenza di normalità a cui non era abituato.

Ma non era amore. Era un copione da recitare. Un mero grigiore che lo aveva accompagnato giorno dopo giorno.

L'adrenalina durante la caccia, la sua pistola come un prolungamento del braccio, l'odore sangue e sudore, il motore scalpitante di Baby...

Quella era la sua vita.

Non c'era mai stato spazio per il vero amore. L'amore era pericoloso. Voleva dire perdere ogni cosa. Voleva dire soffrire.

Dean si era detto che aveva già sofferto abbastanza nella sua vita.

Aveva così ignorato testardamente gli sguardi dell'angelo. I suoi tocchi gentili. Il calore della sua grazia ogni volta che la usava per guarirlo.

Lo bramava. Bramava quei tocchi caldi e attenti.

E poi quella confessione come addio definivo.

"Ti amo, Dean."

Ancora non aveva metabolizzato la cosa. Ancora non riusciva a capire quelle semplici parole.

Ancora non riusciva a chiudere gli occhi senza vedere quel sorriso.

Anche se non l'avesse saputo avrebbe pensato che Castiel fosse un angelo dopo quel sorriso.

Che cosa aveva mai fatto Dean Winchester per meritare il sorriso di Castiel, angelo del Signore?

Era stato stupido. Così stupido.

Avrebbero potuto stare insieme se non l'avesse ignorato. Avrebbero potuto essere felici.

Ma era tardi. Troppo tardi.

Dean stava morendo ed era tardi.

Anche nella morte non avrebbe ritrovato Castiel. Era perduto, preso dal Vuoto che reclama angeli e demoni.

Nemmeno Jack, il nuovo dolce e piccolo Dio poteva riportarlo indietro.

Dean Winchester stava morendo e aveva solo un rimpianto. Parole che non era riuscito a pronunciare per mancanza di coraggio, per paura di un giudizio o di un rifiuto...

Parole che non aveva avuto il tempo di dire al suo angelo.

"Ti amo anch'io, Cas."

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Capitolo 2
*** 2) Sam: Ci si abitua a tutto ***


Ci si abitua a tutto.

Con il tempo, con la calma. Anche solo con la rassegnazione.

Sam lo sapeva bene.

Si era abituato a non avere mai una casa fissa.

Si era abituato ad essere sempre l'ultimo arrivato a scuola.

Si era abituato a non avere amici.

Si era abituato al fatto che suo padre sparisse. Al fatto che gli aveva insegnato a maneggiare un coltello e non ad andare in bicicletta.

Si era abituato a guardare sempre Dean. A guardare che cosa stava facendo per imitarlo, per seguire le sue mosse.

Si era abituato al fatto che suo fratello si occupava di lui. Sempre. Da sempre

Aveva poi litigato con papà per tutto quello. Perché si era abituato anche ad odiarlo. Ad odiare la vita che aveva imposto ai figli.

Lasciare John era stato stupendo. Lasciare Dean molto, molto più difficile. Ricordava ancora agli occhi increduli e delusi del fratello maggiore.

Si era abituato finalmente alla vita normale. Agli studi, agli esami, alla vita al campus. Si era abituato a non cacciare, a non vedere e cercare vampiri e licantropi ovunque.

Semprava così stupido ora che sapeva.

Ma si era abituato persino a quello. All'idea che tutta la sua vita fosse una lunga e complessa partita a scacchi con Dio. Letteralmente.

Nulla era stato vero. Tutto era stato programmato.

Jessica, Occhi Gialli, la maledizione, le visioni, il sangue di demone...

Tutto. E Dean era stato con lui, vittima dello stesso gioco malato del Creatore.

Erano caduti e si erano rialzati. Più e più volte. Erano morti e tornato in vita. Erano stati posseduti da demoni, angeli, arcangeli,...

Avevano amato e avevano perso tutto. Avevano perso tutti.

Quello a cui Samuel non riusciva ad abituarsi era l'assenza di Dean.

Nemmeno ora. Ad anni dalla sua morte. Non poteva abituarsi.

Aveva una bella casa, come aveva sempre desiderato. Aveva Eileen. Aveva il loro piccolo Dean...

Nella sua vita aveva perso tanto. Troppo. Più di quanto chiunque potesse sopportare.

Jessica, a cui ancora pensava ogni tanto. Ancora la vedeva in fiamme sul soffitto. Bobby, quello che considerava il suo vero padre.

Charlie, Kevin, Joe ed Ellen... Tutti gli amici persi negli anni di lotta e caccia.

Anche quel vecchio bastardo di John e poi Mary, la madre che aveva sempre mitizzato e aveva poi trovato al suo fianco. L'aveva trovata solo per poi perderla ancora.

Persino Rowena gli mancava. Sentiva ancora il sangue caldo sulle sue mani.

Anche Crowley e Gabriel... Uno peggio dell'altro ma entrambi persi nel mondo apocalittico. Entrambi sacrificati per salvare loro e il loro mondo. La loro realtà di pace.

Aveva perso Castiel. Il suo migliore amico, quello faceva sempre male.

E ovviamente Jack. Andato a ricoprire il suo nuovo ruolo di Dio benevolo.

Ma Dean... Con suo fratello aveva perso una parte di sé. Lo aveva già perso prima ma non così. Non in modo così... Definivo.

Era morto tra le sue braccia, stranamente in pace.

Lo aveva pianto con Jodie e le ragazze, con Elieen, con i cacciatori che erano venuti a dare l'ultimo saluto al grande Dean Winchester.

Gli mancava ancora. Ogni giorno. Lo vedeva nel sorriso di suo figlio... Sarebbe stato uno zio fantastico. Gli avrebbe insegnato a guidare e sparare troppo presto. Sam si sarebbe infuriato e Dean si sarebbe infilato un pezzo di pizza ai bocca facendogli l'occhiolino.

Sospira, seduto al posto di guida di Baby. Non era più riuscito a guidarla. Non dopo il funerale. Era come se l'anima della vecchia auto fosse stata legata a quella del suo padrone. Ora era solo lamiera e vecchia pelle profumata. Ora era solo un'auto. Non era più la loro casa. Il loro unico rifugio e riferimento durante l'infanzia di vagabondaggi.

Baby era morta insieme a Dean.

Un giorno, forse, Samuel avrebbe preso le chiavi che teneva accanto all'urna del fratello. Un giorno, forse le avrebbe consegnate a Dean Robert Winchester. Forse suo figlio avrebbe rimesso in strada la vecchia Impala, rombando lungo le strade d'America...

O forse no. L'avrebbe tirata fuori solo per il matrimonio del ragazzo. Avrebbe accompagnato la sposa con un sorriso e il cuore gonfio d'orgoglio.

Forse non era più tempo di caccia per i Winchester.

Sammy si era abituato persino a questo.

"Sammy". Nessuno lo avrebbe più chiamato così. Mai più.

A questo no, non avrebbe mai potuto abituarsi.

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Capitolo 3
*** 3) Castiel: Nel Nulla ***


Tutto era buio, silenzioso, calmo. Come un sepolcro ma senza il puzzo di putrefazione e i vermi.

Finalmente il Nulla era tornato a dormire. Finalmente aveva ritrovato il suo stato naturale.

Si era preso Morte che lo aveva ingannato e l’angelo che aveva disturbato il suo sonno, sfuggitogli più di una volta.

L’angelo in questione non dormiva. Non ci riusciva malgrado tutto.

Castiel, l’angelo del giovedì che odia sé stesso.

Così lo aveva chiamato Dio.

E non a torto.

Castiel si era odiato per molto tempo. Per tutti gli errori commessi quando ancora non capiva chi fosse. Quando ancora il libero arbitrio era un lusso che non gli era concesso. Ma anche altre volte. Quando era stato ingannato in modo così palese da Metatron. Quando aveva causato la caduta di tutti i suoi fratelli e sorelle…

Castiel era raggomitolato nel buio, ancora nella sua forma umana. Ormai non riusciva a pensare a sé stesso se non nel tramite del fedele Jimmy Novak.

Era in posizione fetale e pensava. Il trench beige fluttuava attorno a lui come lo spettro delle ali che aveva perduto. Gli mancavano le sue ali. Ma non quanto altre cose.

Non si pentiva della sua scelta. Sacrificarsi per salvare Jack, il suo dolce Jack. Aveva un destino migliore. Aveva uno scopo importante. Nato come l’anticristo e destinato ad essere il Salvatore. Il suo Jack. Il suo bambino...

Aveva sentito quanto fosse speciale quando ancora non era nato, quando le loro grazie si erano toccate per la prima volta.

E poi, ovviamente, si era sacrificato per Dean.

Per il testardo, egocentrico, stupido, Dean Winchester. Il SUO Dean Winchester. Il suo umano. L’umano che era stato chiamato a raccogliere dall’Inferno e ricostituire pezzo per pezzo. Il folle cacciatore sempre pronto a sacrificarsi per le persone che amava.

Il vecchio Castiel non capiva. Lo trovava testardo e irritante. Un essere umano come tutti gli altri. Un fastidio. Un lavoro inutile che occupava il suo tempo.

Ma poi…. Poi i fratelli Winchester erano riusciti a sorprenderlo.

Avevano sconfitto il loro destino. Non avevano ceduto. Non erano diventati i tramiti di Michele e Lucifero.

No. Non Sam e Dean.

Samuel. Adorava Sam. Ci si era affezionato moltissimo. Era sempre così gentile e pacato. Era il suo migliore amico e si fidava ciecamente di lui. Gli aveva insegnato moltissimo, con pazienza e disponibilità.

Ma Dean… Dean era tutta un’altra cosa. Dalla volta del film con il pizzaiolo Cas aveva scoperto alcune cose sull’essere umano. L’eccitazione per esempio. Era una sensazione che aveva imparato ad associare a Dean.

Poi aveva perso la sua grazia ed era diventato davvero umano. Allora aveva scoperto altre cose. La fame, la sete, la minzione! Tutto così… Stranamente noioso. Una routine a cui alla fine si era abituato. Dopo quella volta aveva avuto un rispetto ancora maggiore per gli esseri umani. Essere umano lo aveva reso migliore. Un Castiel più umile e comprensivo. Sarebbe stato un male rimanere per sempre senza poteri? Diventare uno di loro? Essere come Dean, magari invecchiare con lui, come fanno gli umani….

Ci aveva provato. Aveva lasciato tutto ed era diventato Steve il commesso. Aveva bisogno di provarci da solo prima. Di sperimentare e imparare ad essere un bravo umano.

Ma Dean l’aveva trovato ovviamente. Con il suo stupido, meraviglioso sorriso. Il sorriso che aveva ogni volta che lo ritrovava.

Dean riusciva sempre a scovarlo, anche quando lo stesso Castiel non voleva. Come in Purgatorio con quel suo amico vampiro…

Si era reso conto per la prima volta di portare fastidio. Fastidio per il semplice fatto che quel vampiro sembrava aver stabilito un legame con Dean.

Solo più tardi si sarebbe reso conto che quella era gelosia. Si, Castiel era geloso di Benny Lafitte. Con il suo stupido accento della Louisiana e il suo fascino selvaggio.

Ma ora non importava più. Nulla importava più.

Benny era morto. Lui era morto.

Sorride nel buio confortante. Era felice. Aveva detto la verità a Dean. Finalmente, dopo tutto quel tempo. E facendo ciò lo aveva salvato. Solo questo contava davvero. Era felice. Finalmente sapeva che cosa volesse dire la felicità. Anche nel buio la poteva ancora percepire nel petto, quella scintilla di emozione che gli aveva finalmente aperto il cuore. Aveva detto tutto a Dean. Sperava davvero che un giorno avrebbe potuto vedersi come lo vedeva lui. Un uomo fantastico e amorevole degno di tutto.

Lo amava. E ora Dean lo sapeva.

Gli dispiaceva non poter fare altro per Dean, Jack e Sam… Ma era sicuro che se la sarebbero cavata.

I Winchester se la cavavano sempre, no?

Prova a chiudere gli occhi. Sentiva il potere di Jack attorno a sé, il potere rimasto quando Billy lo aveva spedito nel Nulla ad esplodere. Era come se potesse abbracciare ancora il suo ragazzo. Caldo e famigliare, gli pareva persino di poter sentire il profumo di cioccolato e nocciole di cui il Nephilim era ghiotto.

«Ciao Castiel.»

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Capitolo 4
*** 4) Nulla nella luce ***


Dean Winchester apre gli occhi.

Sospira passandosi le mani sul viso stanco. Un'altro fantastico giorno in paradiso.

Evviva.

Si rigira nel suo letto stupendamente comodo. Il materasso memory foam che lo accoglie così bene. Le lenzuola della flanella più morbida e calda che si potessero desiderare.

Era proprio questo il concetto. No?

Bobby gli aveva spiegato tutto il suo primo giorno.

Il nuovo Paradiso esaudiva in automatico ogni tuo desiderio. Proprio tutto!

Dean aveva ritrovato quindi Baby, e la sua piccola non aveva nemmo bisogno di manutenzione o del pieno!

Aveva trovato la sua casa dei sogni semplicemente seguendo la strada. Un perfetto mix tra la sua casa d'infanzia e il bunker degli Uomini di Lettere. Era bella, calda e accogliente. Aveva un garage con tutti gli attrezzi che un meccanico potesse desiderare. Un giardino con un'amaca appesa tra due alti abeti, le montagne alle spalle e il lago davanti. C'era anche un bel pontile su cui poter pescare.

Era davvero un paradiso. Beh. Io ogni senso.

Il progetto di Jack aveva funzionato. Le anime viaggiavano e si ritrovano come facevano in vita.

I primi giorni Dean aveva pianto. Troppo per i suoi gusti da vero uomo duro!

Ma non aveva portato trattenere le lacrime quando aveva riabbracciato tutti gli amici e le persone care perse nella vita.

Mamma e papà avevano una casa poco lontana dalla sua, identica a quella di Lawrence.

Charlie, la SUA Charlie, abitava in una casa Hobbit stupenda con la madre lungo la collina. Aveva pianto tantissimo quando l'aveva incontrata. La amava come una sorella e non si perdonava ancora per la sua morte.

Bobby aveva organizzato una festa per il suo arrivo. Ovviamente al Roadhouse.

Ash e Charlie avevano pensato alle decorazioni e all'impianto stereo ultra moderno. Jo e Ellen alla gigantesca grigliata e alla birra.

C'erano tutti. Tutti gli amici e i cacciatori che erano morti prima o dopo Dean.

Kavin e sua madre, Adam, Missouri, i Winchester e i Campbell fieri del loro discendente, Rufus, Pamela,...

C'erano anche persone che Dean non conosceva. Alcune le ricordava appena. Erano le anime salvate da lui e Sammy. I fantasmi a cui avevano dato pace. Ricordava il bambino della volta di Scooby-Doo oppure la donna che proteggeva il figlio nella casa-famiglia di Sonny. C'erano il figlio e il marito di Jody e persino la signora Novak... Gli era detto che Jack aveva una cosa da fare e che gli mandava i suoi saluti. In compenso c'era Kelly Kline, sorridente e commossa. Il cacciatore poteva rivedere Jack in lei, nello sguardo dolce e nel sorriso.

Dean si rigira nel letto. Questo era uno dei problemi. Aveva sempre dormito da solo nel bunker, gli Uomini di Lettere non lo avevano certo progettato con letti matrimoniali.

Eppure ora il suo lo era. Un grande letto a due piazze. Il lato destro desolatamente vuoto e freddo.

Il Paradiso poteva esaudire ogni desiderio. Tranne uno.

L'unico vero desiderio di Dean era poter rivedere l'angelo con gli occhi azzurro cielo. L'unico suo rimpianto e la sua pena eterna.

Si raggomitola sotto le coperte cercando di non piangere. Non di nuovo.

In Paradiso il suo corpo non aveva dolori dovuto ad anni di lotte e combattimenti, non aveva i postumi di ossa rotte e decenni di privazione di buon sonno. Non aveva più le cicatrici in rilievo che ogni tanto facevano male o prudevano.

Era tornato il Dean di dieci anni prima, con meno rughe e in pieno del suo splendore.

Aveva però il segno sulla spalla sinistra. La cicatrice rossa e pulsante di un tocco angelico. L'impronta della mano che lo aveva raccolto all'inferno.

Tocca piano il segno, lo sentiva pulsare, come il marchio di Caino.

Ma il tocco di Castiel non chiedeva sangue e violenza.

Al contrario.

Esigeva un tocco gentile per essere lenito. Il tocco di dita ruvide e attente. Il marchio lo urlava in continuazione. Affetto, cura, amore...

Un'altra cosa che Dean aveva imparato sul paradiso era che la memoria umana si espandeva. Improvvisamente tutti i ricordi erano chiari e nitidi, li poteva sfogliare con un album di foto, rivivendo ogni fotogrammo della sua vita. Ricordava tutto. Ogni conversazione, ogni episodio di Dottor Sexy MD, ogni birra bevuta, ogni avventura di una notte...

In quel momento gli viene in mente una poesia di Hemingway studiata in una scuola del Minnesota nel maggio del 1996. Allora non ci aveva fatto quasi caso.

Ora era tutto.

Se la ripete di continuo, ogni mattina. Ogni volta che alla sera vede il posto vuoto accanto al suo nel letto.

Si concede una lacrima ripetendola per l'ennesima volta. Presto sarebbe arrivata Gummy Bear e la giornata avrebbe avuto inizio.

Ma aveva ancora un momento. Un momento con il suo fantasma. Il fantasma di un amore non vissuto.

"PIAVE, 8 luglio 1918

Il desiderio e tutti i dolci pulsanti dolori e le pene delicate ch’eri tu,

sono spariti nella tenebra tetra.

Adesso nella notte tu vieni senza sorridere a giacere con me fredda,

rigida ottusa baionetta

sulla gonfia, palpitante anima mia."

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Grazie a tutti per l'ennesima lettura, in particolare alle personcine preziose che mi spronano lasciandomi recensioni deliziose! :')

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se avete voglia di lasciare un commento apprezzo sempre!<3

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Capitolo 5
*** 5) Luce nel nulla ***


Castiel stava seguendo la luce da tempo.

La grazia che conosceva bene quanto la propria brillava a pochi passi davanti a lui.

Risplendeva luminosa contro le tenebre che li circondavano, illuminava tutto, così tanto più potente di lui.

Anche quando la sua grazia era al pieno del suo splendore non avrebbe potuto eguagliare quella. La grazia di un arcangelo.

«Da quanto sei qui?» chiede l'angelo, ancora stordito da quell'incontro. «Perché il Nulla non si sveglia?»

Gabriel si gira finalmente a guardarlo. Gli occhi colore miele vispi e furbi, l'immancabile lecca-lecca in bocca.

«Te l'ho detto Fratellino. Sono stato svegliato e mi è stato dato ordine di cercarti.» Spiega l'arcangelo con il suo solito fare provocatorio. «Non posso dirti altro finché non arriviamo!»

Castiel sospira. Per quanto irritante si fidava di Gabriel. Inoltre gli era mancato. Uno dei pochi angeli che era felice di chiamare fratello. Aveva combattuto per loro. Era morto per loro.

«E per rispondere alla tua domanda... Non sono qui da molto!» canticchia saltandellando nel vuoto, ignorando le leggi della gravità che sembravano non appartenere a quel luogo. «Quando paparino ha spazzato via tuuuutti gli universi ha eliminato anche i relativi aldilà. Ed essendo che beh... Sono morto in uno di quei mondi alternativi MA non gli appartenevo... Mi sono ritrovato qui!»

«Oh. Credo abbia senso...» riflette Castiel inclinando la testa di lato. Si guarda attorno. Nessuna traccia del padrone di casa... Questo era strano.

«Ma qui il tempo è una cosa puramente teorica.» continua Gabriel «Il tempo che è passato dalla tua dipartita potrebbe essere misurato in secondi oppure in eoni. Qui il tempo non esiste, Cassie.»

«Gabriel. Perché sei qui? Perché solo noi siamo svegli?» Si ferma di colpo. Camminavano nel buio da... Da troppo tempo per la sua pazienza. «Ho fatto un patto. Ho scelto di essere qui!»

«Si. Ne sono a conoscenza Fratellino.» per una volta tanto non ha l'aria divertita o compiaciuta. «Ti sei sacrificato. Hai aperto il tuo cuore al dolce e amorevole Dean. Non è così? Sei morto per Dean Winchester...»

Non aveva mai stimato molto il cacciatore e non capiva perch Castiel vi fosse così affezzionato.

«Non parlare di lui così!» ringhia Cas come avvertimento. Non poteva accettare lo sguardo di disapprovazione di Gabriel. «Lascia... Lascialo fuori da questa storia.»

Il Trickster solleva le mani in segno di resa, gli occhi fissi in quelli azzurri di Castiel.

«Calmati Cassie. Calma. Non ho nulla contro il tuo sacrificio, okey? Sono solo sorpreso che tu ci abbia messo così tanto quando era palese a tutti la tensione sessuale tra voi due!»

Cas sussulta arrossendo appena. Gabriel era pur sempre Gabriel...

«Non... Non è così! E poi non importa!»

«Non importa? Non ti importa che lui ti abbia sempre ricambiato?»

Se fosse stato ancora sulla terra a Castiel sarebbe mancato il fiato e il cuore gli sarebbe esploso. Gabriel era sempre stato un fanfarone bugiardo e ancora non lo aveva perdonato per QUEL martedì eterno che aveva fatto partire al suo Dean...

Ma sapeva anche che non avrebbe mentito. Non per una cosa simile. Non quando conosceva i sentimenti di Castiel e il suo estremo sacrificio.

«Non importa...» ripete in modo poco convinto. La scintilla nel suo petto che pareva espandersi come una stella che esplode. «Io... Io lo amo. Ora lui lo sa... B-basta così. Lo accetto... L'ho accettato e questo basta. Basta...»

Per una volta Gabriel non dice nulla. Si avvicina piano al fratello, abbracciandolo lentamente.

«Non tutto è perduto Fratellino. Chi mi ha mandato qui può portarti da lui.» mormora in modo stranamente gentile.

Aveva sempre avuto un debole per Castiel. Da quando Dio l'aveva creato con l'energia di una supernova morente. L'angelo del giovedì. Il piccolo fratello che aveva cresciuto lui stesso. Papino aveva voluto "renderlo responsabile" dopo la creazione degli ornitorinco.

Così gli aveva affidato Castiel.

Ricordava quando l'aveva portato sulla Terra la prima volta. I primi pesci stavano strisciando sulla terra e l'aveva mostrato a un entusiasta angioletto di prima piuma.

Era cresciuto, diligente e austero come ogni angelo doveva essere. Aveva guidato le armate del paradiso e guadagnato rispetto.

Gabriel era stato fiero di lui.

Poi era stato concepito Dean Winchester e la saga aveva avuto inizio. Mary Campbell aveva comprato ad un mercatino una vecchia statuetta e l'aveva messa nella stanza del figlio non ancora nato.

Non sapeva che il venditore fosse Gabriel, il messaggero di Dio. Non sapeva che stava mettendo un Serafino a guardia del figlio.

Dio aveva tutta la sua trama. Castiel era un personaggio secondario ma indispensabile. Per lui aveva programmato un'entrata in scena spettacolare, un destino che lo avrebbe riunito al suo protetto.

Ciò che Dio, che Chuck, non aveva previsto era che Castiel diventasse un protagonista. Non aveva previsto che si sarebbe ribellato. Non aveva previsto che avrebbe spezzato le catene cedendo al libero arbitrio.

Castiel aveva sconfitto il destino scritto per lui e aveva vissuto e amato come un essere umano.

Gabriel non era mai stato più fiero di lui come in quei momenti.

«Gabriel... Davvero posso tornare sulla Terra? Con.... Con Dean?» gli occhi azzurri tradivano la speranza di un cuore innamorato. Stringe le spalle del fratello, aggrappato a quella scintilla di speranza.

Gabriel sospira e fa un sorriso triste.

«No Castiel. Non sulla Terra. Dean è morto.»

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Capitolo 6
*** 6) Dolore ***


Il Nulla spalanca gli occhi. O quantomeno il corrispettivo incorporeo di un paio di occhi.

Ancora il Serafino ribelle...

Ma questa volta non si scatena. Non ne aveva motivo. Non quando ciò che sentiva un sentimento di tale portata.

Vi siete mai chiesti il dolore

dall'urlo di Achille alla morte del suo Patroclo?

Gabriel lo ricordava benissimo. Lui c'era.

L'urlo di Castiel era peggio. Molto peggio.

L'angelo era in ginocchio, prostrato dal dolore. Non riusciva a fare altro che gridare con tutto il fiato che aveva in corpo.

Dean era morto.

Il SUO Dean era morto! Morto!

L'angelo di strappa i capelli e piange disperato.

Non era possibile! Non doveva accadere! Doveva essere al sicuro! Aveva fatto di tutto perché LUI fosse al sicuro.

Non aveva funzionato! Il suo sacrificio era stato inutile!

Dean era morto. Non sarebbe dovuto morire! Non ora che era libero! Non ora che aveva solo quarant'anni!

NO! NO! NO!

Avrebbe dovuto vivere una vita lunga e felice! Sposarsi, avere un figlio... Magari tornare con Lisa!

Ma era morto. Durante una caccia. In modo stupido.

Gabriel gli aveva mostrato tutto.

Dean era morto tra le braccia di suo fratello.

Sam... Sam doveva essere a pezzi!

Il gemito di dolore di Castiel risuona nelle profondità del Nulla. Era inarrestabile, antico quanto lui. Era dolore condensato, palpabile, straziante.

Anche Gabriel piangeva. Nessuno sarebbe riuscito a rimanere indifferente davanti al dolore di Castiel. Malgrado il suo immenso potere e i suoi millenni di vita era impotente. Non poteva aiutare suo fratello in alcun modo.

Si inginocchia accanto a lui, abbracciandolo senza dire nulla. Le parole non servivano.

Ma l'arcangelo ci prova. Ricorda al fratellino che è lì proprio per portarlo dall'anima di Dean. In Paradiso. Aveva un modo per tirarlo fuori dal Nulla... Sarebbe andato tutto bene.

Castiel non aveva sentito una parola. Non voleva sentire. Gabriel non capiva.

Non gli importava che l'anima di Dean fosse in paradiso.

Anzi. Gli importava moltissimo! Era ovvio che gli importava... Dean non meritava nulla di meno che il Paradiso.

Ma non era questo il punto. Il punto era che era morto. Che sulla Terra non c'era più Dean Winchester, protettore silenzioso dell'umanità. Nessuno avrebbe più riso per una battuta di Scooby-Doo nel vecchio bunker. Nessuno avrebbe più lavorato sulla vecchia Impala con lo sguardo pieno d'amore. Nessuno avrebbe mai più abbracciato una ragazza spaventata come Claire facendola sentire al sicuro...

Non ci sarebbe mai più stato un Dean Winchester...

Sam aveva sicuramente bruciato il suo corpo. Gli aveva dato un funerale da cacciatore...

Il corpo di Dean non esisteva più. Il corpo che lo aveva stretto nei momenti di disperazione o speranza. Il corpo che lui stesso aveva ricostruito in modo minuzioso dopo averlo strappato dall'inferno. Era stato allora che aveva cominciato ad amare il cacciatore. Allora non se ne rendeva conto. Ma ora si. Conosceva ogni singola cellula, ogni cicatrice, ogni tendine, ogni osso fratturato e guarito, ogni ricordo. E amava ogni singolo dettaglio. Gli aveva ridato tutto ciò che era. Tutto come doveva essere. L'aveva fatto a memoria, in modo paziente e con devozione.

Perché la realtà era quella. Erano gli angeli ad invidiare gli umani, ad amarli.

E Castiel aveva sempre amato Dean. Anche e soprattutto quando non sapeva di farlo.

«Cassie... Hey. Dobbiamo andare Fratellino.»

Mormora Gabriel cercando di farlo alzare.

Castiel non risponde, stringendosi le braccia troppo forte, continuando a gemere e singhiozzare come un animale in agonia.

Non riusciva a reagire. Aveva fallito. Il suo protetto era morto. Il suo amore era morto.

Aveva accettato di rimanere per sempre nel Nulla. Lo aveva scelto. Aveva scelto una scintilla di felicità. Un singolo istante di gioia che lo aveva portato nel buio. L'istante di gioia che aveva salvato Dean.

«Castiel. Ti prego...»

Prova ancora l'altro. Ma non riusciva a raggiungerlo nel mare della sua disperazione.

Lì, nell'oscurità più antica e assolutamente poteva vedere il dolore di Castiel. Lo consumava, il diretto opposto della sua luminosa grazia.

«BASTA COSÌ.»

La voce tonante fa sobbalzare entrambi.

Il Nulla si era svegliato.

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Capitolo 7
*** 7) Gummy Bear ***


Era una tranquilla mattina in Paradiso.

Beh, le mattine erano tutte tranquille. Anche i pomeriggi e le sere. Era TUTTO tranquillo.

Dean stava bevendo un caffè, leggendo un libro comparso sul suo comodino una mattina.

"Gente del Wyoming" di Annie Proulx.

Ci aveva girato attorno per qualche giorno. Aveva provato ad ignorarlo ma il libricino continuava a comparire davanti a lui in modo testardo.In Paradiso nulla accadeva per caso. Alla fine si era arreso.

Lo aveva preso e letto in una notte, piangendo come un vitello.

Fanculo a Jack e al suo Paradiso che leggeva i pensieri!

Aveva visto il fottuto film di quel fottuto libro!

Anche allora aveva pianto. Ma lo aveva nascosto perché Sam lo avrebbe preso in giro per secoli. Non era colpa sua se Sammy aveva proposto un film di cowboy! Il piccolo bastardo sapeva che non avrebbe detto di no ad un film di cowboy!

E invece...

Oramai aveva perso il conto di quante volte lo avesse letto. Le pieghe nelle pagine erano fin troppe per in libricino così piccolo.

Oooh in quante scene si riconosceva. In quante situazioni rivedeva lui e Cas...

Sospira pesantemente, rileggendo uno dei suoi passaggi preferiti:

"Quel che Jack ricordava e rimpiangeva con un'intensità che non poteva soffocare né capire era la volta che, in quella lontana estate sulla Brokeback, Ennis gli era andato alle spalle attirandolo a sé, il silenzioso abbraccio che placava una sete condivisa e asessuata."

Quegli abbracci...

«Buongiorno Dean!»

La voce allegra e squillante fa gemere il cacciatore, strappandolo dai suoi pensieri. Mette attentamente il segnalibro.

Fine del momento di pace.

«Hey Gum...»

Saluta rassegnato, ancora seduto con la sua tazza sul portico. Il cielo era terso e la temperatura perfetta. In Paradiso non faceva mai né troppo caldo né troppo freddo. Anche il clima rispettava i desideri degli abitanti. Per Dean era una fresca giornata di inizio autunno.

«Oggi abbiamo un sacco di lavoro da fare!»

Trilla la ragazza con i capelli color lime e un abito sbarazzino a fiori.

Gummy Bear, nuovo angelo del paradiso.

Boccolosi capelli giallo-verde, luminosi occhi rosa, lunghe ciglia, fisico minuto e lentiggini che brillavano come minuscole stelle. Sembrava uscita direttamente da un anime anni '90. Uno di quelli in cui le ragazzine si trasformavano in cose con capelli assurdi, vestiti ridicoli, poteri quantomeno senza senso.... E a cui SEMPRE crescevano stranamente le tette.

Beh, Dean aveva un debole per quest'ultima parte vista la sua passione per il porno orientale...

Non che ora importasse.

Dean adorava i nuovi angeli. Davvero! Erano sempre gentili e disponibili. Cordiali e pronti ad aiutare le anime del Paradiso.

Avevano addirittura delle buffe alette piumose colore pastello.

Erano davvero adorabili a vedersi, non si poteva non amarli.

Ovviamente non poteva essere altrimenti visto che li aveva creati Jack. Con il senno di poi avrebbe DAVVERO dovuto togliere Netflix a quel ragazzino!

Il piccolo Dio aveva dato loro il nome dei suoi dolcetti preferiti.

Dean sorride nella sua tazza. Chissà se in una nuova bibbia si sarebbe parlato di loro. Sicuramente erano bizzarri e un tantino ridicoli.

C'erano Cupcake, Peanut Butter, Choconut, Apple Pie,...

Dean era abbastanza sicuro che ce ne fosse uno di nome "Pizza".

Sta di fatto che i pochi angeli della vecchia guardia rimasti erano abbastanza perplessi dai loro nuovi fratelli.

Gummy Bear era stata assegnata a Dean direttamente da Jack.

Evviva.

Era una ragazza sempre sorridente, di un'ottimismo assoluto e fastidioso.

Almeno per l'uomo che voleva passare l'eternità a piangere il SUO angelo.

«Allora? Cosa ti va di fare oggi?»

L'angelo era instancabile. Giorno dopo giorno andava a trovare Dean, cercando di trovare insieme un nuovo scopo per il cacciatore.

«Gummy... Ti prego! Oggi non è proprio giornata. Okey?» la prega con un sospiro.

«Oooh Dean! Non dire così! Possiamo visitare il Gran Canyon oggi! Come quando eri bambino! Ti era piaciuto tantissimo!»

Lo sprona sedendosi con lui sul dondolo in veranda. «Oppure andare a pescare! Tu ami pescare!»

«Non voglio fare niente! Che cazzo! Lasciami stare!» sbotta esasperato. Non sapeva da questo tempo fosse in Paradiso ma l'angelo era stato una costante. Non era giornata. Non dopo il risveglio passato a piangere Cas...

«Sai che non posso farlo. Jack ha detto che devi essere felice qui! Il mio scopo è renderti di nuovo felice!» sospira lei, abbracciandolo dolcemente.

Ecco un'altra pecca dei nuovi angeli. Erano assurdamente coccolosi e tendevano ad invadere lo spazio personale peggio di quelli vecchi.

«Non... Cazzo. Lo so che lo fai a fin di bene! Lo so che mi volete felice e spensierato! Ma non posso! Okey?! Non ci riesco!»

Allontana la ragazza in modo forse troppo brusco.

«Non... Voglio avere uno scopo! Il mio SCOPO era salvare le persone! E l'ho fatto! Ad ogni costo! Non merito nemmeno di stare qui! Io... Io ho fatto solo casini laggiù!»

Si passa le mani tra i capelli, camminando nervosamente davanti allo sguardo da cucciolo dell'angelo. Ogni tanto si chiedeva se non meritasse l'inferno. I trent'anni negli inferi che ancora pensavano come macigni nella sua memoria. Ma in fondo...

«Non devi dire così. Sei un Salvatore dell'umanità, Dean.» tenta di rassicurarlo Gummy Bear con un gesto dolce.

Il cacciatore scuote la testa. No... Più stava in Paradiso più gli pesava addosso come una coperta troppo pesante in piena estate.

Aveva vissuto di battaglie continue e guerre. Non credeva di poter passare un'eternità nella pace. Tutto era perfetto. Troppo perfetto.

Aveva mamma e papà. Aveva Charlie, Bobby, Pamela... Aveva tutti i suoi amici e la sua famiglia.

Perché allora si sentiva solo e inutile? Perché nella sua credenza comparivano bottiglie di whisky che lo stordivano ogni sera?

Gli mancava Sammy... Non si era mai sentito inutile con Sammy.

Gli mancava Cas. Si sentiva esposto e vulnerabile senza Castiel.

Gli era stato assicurato che il tempo in Paradiso scorreva in fretta. Che presto avrebbe potuto riabbracciare il suo amato fratellino.

Ma Cas...

«Ti senti solo.» mormora Gummy Bear, una dolce pietà negli occhioni rosa. «Jack aveva ragione.»

Dean annuisce e basta. Non aveva più senso negare nulla.

«Se per te va bene oggi vorrei solo andare al Roadhouse a sbronzarmi.» annuncia.

Non era una vera domanda.

L'angelo annuisce, come sempre l'avrebbe accompagnato dove lui voleva. Con la sua capacità di ascolto e la sua silenziosa presenza nei giorni no (quasi tutti), oppure con un contagioso chiacchere ininterrotto, fatto di sorrisi perfetti e risate delicate.

Gummy prende l'uomo sottobraccio facendo un largo sorriso.

«Andiamo Dean. Sono sicura che oggi sarà una giornata migliore di ieri.»

Ricambia il sorriso per metà.

In fondo non era così male. Era bizzarra e profumava di zucchero filato... Ma non era male.

Sempre meglio di Zaccaria.

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Capitolo 8
*** 8) Niente ***


Oblio.

Solo il nulla totale nella mia mente. Non vorrei sentire nulla. Vorrei solo non provare alcuna emozione.

Vi è mai capitato di sentirvi assolutamente soli anche in mezzo ad un gruppo? Ecco. Mi sento esattamente così.

Sospiro e bevo un altro sorso di whisky. Non brucia più nemmeno in gola. Non mi fa nemmeno più lacrimare gli occhi.

Ora capisco che cosa intendeva Sammy... Già in vita mi sono assuefatto a questa merda.... Nella morte è ancora più facile. Nel perfetto Paradiso del ragazzino niente può fare del male.

Nemmeno una fottuta sbornia. So già che domani mi sveglierò fresco e riposato e tutto ricomincerà da capo.

Gummy mi guarda con i suoi cazzo di occhioni rosa. È preoccupata per me. Lo so che è così. Non è colpa sua, fa Del suo meglio per farmi sorridere.

Qualche giorno c'è la fa.

Non oggi. E non è solo per Cas.

È la mia vita in generale... O la mia morte. Ormai non riesco a distinguere le sue cose. Il tempo non ha alcun senso qui.

I giorni scivolano in una sequenza che non capisco. Si inseguono, si mescolano, tutti uguali a quello prima ma mai a quello dopo.

Non ha senso, lo so bene.

Oggi è stato anche peggio del solito. Da questa mattina quando sono arrivato al Roadhouse le cose sono solo precipitate.

Gummy Bears ha cercato ogni modo possibile per sollevare il mio morale ma non è servito un granché.

Non quando è arrivato papà.

Non riesco ancora a scrollarmi di dosso la sua disapprovazione. Non riesco a fregarmene. Non riesco a sfuggire al suo guinzaglio. Mi chiedo se mai potrò farcela.

Lui ha questo potere. Il potere di ferirmi con uno sguardo o una parola.

Ho lottato tutta la vita per essere il figlio perfetto. Per essere il cacciatore perfetto. Per lui però non sono mai stato abbastanza. Mai abbastanza.

Perché ancora adesso le sue parole mi straziano? Perché ancora adesso rincorro la sua approvazione che so non arriverà mai?

Nemmeno da morto ho pace.

Le sue parole sarcastiche e disgustate mi risuonano in testa.

«Credevo di averti addestrato come si deve. E invece ti sei fatto ammazzare da uno spuntone di ferro come un novellino!»

«Guardati ragazzo. Tu saresti l'eroe del mondo? Seduto a ubriacarti come un cazzo di fallito!»

«Ho sempre saputo che in te qualcosa non andava.»

«Stai ancora piagnucolando Dean? Sei un Winchester per Dio!»

Nemmeno ora che entrambi siamo morti mi accetta. Esattamente come allora.

Esattamente come quando da ragazzo ha trovato me è Jess che ci baciavamo.

Non me l'ha mai perdonato.

Da allora ho corso dietro ad ogni gonnella, mostrando quanto fossi bravo a rimorchiare.

Tutto inutile. Ero ormai bollato come il figlio frocio.

Non come Sammy. Il perfetto e ribelle Sam.

Scuoto la testa attaccando il nuovo bicchiere. Ignoro tutti.

Non guardo il mondo che mi osserva preoccupato. Non voglio vederlo. Non voglio vedere dietro il velo di lacrime ch mi appanna la vista.

Non è dolore. Non solo.

C'è la rabbia. Tanta rabbia.

Troppa.

Detsto tutto in questo momento.

Detesto la vita che ho vissuto ma non è mai stata mia.

Detesto mio padre che mi ha portato su quella strada.

Detesto Jack e il suo stupido mondo perfetto.

Detesto Gummy e il suo fottuto ottimismo ad ogni costo.

Detesto Castiel.

Soprattutto detesto Castiel.

Lui si è sacrificato con quel sorriso. Con le sue parole. Parole che non mi descrivono.

Lui si è dichiarato a me ed è sparito.

Sparito.

Lo odio.

Odio che per lui la felicità era questo. Era confessare e lasciarmi solo.

Non gli ho mai chiesto di farlo! Non ho mai voluto questo!

Era meglio non sapere. Era meglio non sapere ma essere ancora insieme.

Non sono idiota. So che se non l'avesse fatto Billy ci avrebbe uccisi entrambi...

Ma non riesco a non odiarlo.

Lui starà dormendo nel Nulla che lo bramava. Io sono qui. Abbandonato al rimpianto di una vita che avrei potuto avere.

Sono qui con i maledetti "se solo avessi".

Il senno di poi. Detesto anche lui.

Rimorso. Rimpianto. Frustrazione.

Sento quasi la mancanza dell'inferno. Magari con Rowena al potere sarebbe stato meglio. Avrei potuto darle una mano o stronzate simili.

Non avrei dovuto sopportare la felicità degli altri. Quella scintilla di gioia che non riesco ad afferrare.

Nessuno capisce. Tutti pensano che sia solo per Castiel.

Non è solo questo.

Lui mi manca.

So che se fosse qui tutto sarebbe diverso.

Ma non c'è niente da fare.

Posso solo aspettare.

Magari quando arriverà Sammy mi sentirò meno solo.

Meno invidioso della gioia altrui.

Meno solo.

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