Vorrei soltanto amarti

di Monkey D Anjelika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tra ricordi e lacrime ***
Capitolo 2: *** La via per arrivare al cuore di un uomo passa per lo stomaco ***
Capitolo 3: *** Senza te ***
Capitolo 4: *** Due volte traditrice ***
Capitolo 5: *** Ma adesso dimmi la verità ***
Capitolo 6: *** Quel filo che ci unisce ***
Capitolo 7: *** Lame nel petto ***
Capitolo 8: *** Rapporto professionale ***
Capitolo 9: *** Legame di sangue ***
Capitolo 10: *** Tra le tue braccia ***
Capitolo 11: *** La mia regina ***
Capitolo 12: *** Il calore del fuoco ***
Capitolo 13: *** Quello che diventerai ***
Capitolo 14: *** L'amore è cieco ***
Capitolo 15: *** Amore o gratitudine?! ***
Capitolo 16: *** Tra spade e coltelli ***
Capitolo 17: *** Ora vedo chiaramente ***
Capitolo 18: *** Un giorno ti accorgerai di me ***
Capitolo 19: *** Il colore dei tuoi occhi ***
Capitolo 20: *** Superstiti ***
Capitolo 21: *** Per nostro figlio ***
Capitolo 22: *** Finché morte non ci separi ***
Capitolo 23: *** Schiava di un sentimento ***
Capitolo 24: *** Insegui il tuo sogno ***
Capitolo 25: *** Ultimo arrivato ***



Capitolo 1
*** Tra ricordi e lacrime ***


Negli occhi grigi si rifletteva quell'immagine ormai ingiallita.
Dovevano essere passati più o meno nove anni da quello scatto.
Ricordava ancora quel giorno, il suo primo giorno come marine e il primo giorno in cui conobbe lui.
Nella sua testa echeggiavano le risate di quei due ragazzi ormai adulti, e all'insaputa uno dell'altro, genitori o quasi.
Con le dita affusolate accarezzò quel volto timido, si soffermò sui capelli biondi e per un momento ricordò quanto fossero soffici al tatto.
Bellemere chiuse gli occhi e sospirò.
Ormai erano sette anni che non lo vedeva più, e lui non poteva minimamente immaginare quanto sentisse la sua mancanza.
Sorrise al pensiero di quel ragazzo imbranato che era riuscito ad arrivare nel suo cuore.
L'unico che con un bacio impacciato era riuscito a zittire la sua impertinenza.
"Rocinante..." sussurrò la donna mentre una lacrime rigò il suo viso.
Una ventata di nostalgia riportò alla sua mente ricordi lontani, ma più vividi che mai.
Quando conobbe Rocinante, il figlio adottivo di SenGoku, aveva appena diciotto anni.
Si era arruolata da poco e con grande sorpresa di tutti.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quella bambina prepotente potesse seguire la giustizia.
Quel ragazzo aveva un anno in meno di lei, ed era completamente il suo opposto.
Lei esuberante e meschina, lui goffo e gentile. Subito si erano trovati bene insieme.
Nonostante la sua timidezza, Rocinante era riuscito ad aprirsi con Bellemere.
Come si dice, gli opposti si attraggono.
E anche tra loro fu attrazione.
Quell'amicizia nata per scherzo, divenne qualcosa di più profondo e impossibile.
Le loro risate si tramutarono in baci poco casti. Un ballo passionale tra le loro bocche.
Gli abbracci divennero molto più profondi e duraturi.
L'amicizia divenne amore.
E, quando nessuno poteva vederli, nel silenzio di una giornata lavorativa, loro si chiudevano in un vecchio ripostiglio e si lasciavano andare alla passione.
Gli ordini dei superiori cadevano a terra insieme ai loro vestiti, la pelle nuda fu coperta da carezze, graffi e succhiotti.
Fecero l'amore lì e, per un istante, i pensieri di Rocinante furono zittiti dai baci di quella donna furente.
Anche se si amavano, loro non potevano stare insieme.
Una relazione necessitava di sincerità, ma Rocinante non era stato sincero.
C'era qualcosa che nascondeva, che celava in quegli occhi dolci.
"Ho troppi guai e non posso incasinare anche te" diceva ogni volta, dopo aver lasciato il ripostiglio.
Non aveva mai raccontato nulla del suo passato, ma Bellemere qualcosa lo aveva capito.
Quel ragazzo dai ciuffi biondi e ribelli, aveva sofferto tantissimo e il suo passato aveva la priorità.
Passarono insieme quasi due anni, e ogni giorno la donna sperava di tramutare in altro il loro rapporto.
Ma un giorno lui sparì, era partito per una missione segreta senza dir nulla.
Sparì per sempre senza lasciare un messaggio, senza farsi più sentire.
E fu in quel momento che la speranza si ruppe, cocci che le frantumarono il cuore.
Pianse notti intere, fumò guardando le stelle. Un tiro per lei, uno per lui.
Il tempo passò, sei mesi e lei decise di chiudere con quella storia.
A vent'anni incontrò due bambine orfane: Nami e Nojiko.
E spinta dal suo desiderio di voler diventare madre, di avere una famiglia, decise di lasciare la Marina e adottare le bambine.
Con il loro arrivo, vennero mille preoccupazioni e problemi e i ricordi passarono in secondo piano.
Almeno fino a quel giorno quando, mentre stava pulendo, non trovò quella vecchia foto dimenticata dal tempo.
Posò nuovamente l'immagine nel cassetto insieme alle altre, si diresse verso la finestra e si soffermò a fissare il cielo.
"Chissà dove sei ora, chissà come stai. Hai risolto i tuoi guai Rocinante?" pensò.
Quanto ti sarebbe piaciuto crescere le bambine con lui, sicuramente sarebbe stato un buon padre.
Anche l'uomo ebbe lo stesso pensiero quando prese Trafalgar Law con sé.
Sareste stati una bella famiglia, ma ormai era tardi.
Era inutile vivere in un periodo ipotetico, scosse il capo e si diresse verso la stanza delle figlie.
Magari un giorno lo avrebbe rivisto.
"Sto bene ora Bellemere. I miei guai non ci sono più, ora c'e solo tanta pace e una voglia immane di stringerti.
Ti aspetto, ci vedremo presto. Molto presto purtroppo."



 

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Capitolo 2
*** La via per arrivare al cuore di un uomo passa per lo stomaco ***


I lunghi capelli ondulati erano cullati dal vento e, sembravano imitare il movimento delle onde del mare.
Il color rosso si mimetizzava con le sfumature aranciate del tramonto.
Ormai era quasi un'ora che Nami fissava l'orizzonte.
I suoi occhi castani cercavano qualcosa di indefinito laggiù, dove il mare abbracciava il cielo.
Con la mano sinistra spostò i ciuffi ribelli dietro l'orecchio, poi chiuse gli occhi e lasciò che il vento le accarezzasse il viso.
Le sue orecchie percepivano ogni minimo rumore, e subito riconobbero quei passi leggeri ma decisi.
"Va tutto bene?" Domandò una voce profonda alle sue spalle.
La gatta ladra non si voltò, annuì leggermente.
Poi vide i lineamenti delicati di Nico Robin impedire ai suoi occhi di scrutare l'orizzonte.
"Stai pensando a lui?" Domandò ancora.
"Non mentirmi" aggiunse poi con un tono che non ammetteva repliche.
"Già" si limitò la ragazza dai capelli ramati.
Spostò entrambe le mani sul suo viso, lo sguardo sognante divenne cupo.
Dai suoi occhi si poteva percepire una lieve preoccupazione.
"Tra tanti proprio lui..." sospirò.
Nico Robin sorrise dolcemente. Poi si voltò e iniziò ad osservare il resto dell'equipaggio.
Zoro era intento a litigare con Sanji che, ogni tanto si distraeva ad ammirare lei e Nami.
Brook stava suonando il violino, una melodia malinconica che non si addiceva a quella situazione.
Franky non c'era, probabilmente stava sistemando i cannoni.
Jinbei anche era assente, Robin non aveva idea di dove potesse essere.
E poi Chopper, Usopp e Rufy stavano giocando e ridendo come bambini.
Robin sorrise, il suo sguardo ceruleo si soffermò sul loro capitano.
Nessuno avrebbe mai scommesso che fosse lui a comandare.
"Che male c'è?! È una bravissima persona, forse la migliore a questo mondo" rispose Robin spostando nuovamente lo sguardo sull'amica.
Nami la imitò e si voltò ad osservare la ciurma.
"Questo è vero, ma è ingenuo e non capisce nulla. Sembra non essere nemmeno interessato all'amore" rispose Nami con tristezza.
Nei suoi occhi si rifletteva il fisico tonico di Rufy e il suo sorriso conteggioso.
"Forse perché non si è mai innamorato.
Ma se mai dovesse accadere, probabilmente cambierà" cercò di essere ottimista.
Nami scosse il capo.
"Lui non cambierà mai.Forse se diventassi una bistecca, allora mi degnerebbe di uno sguardo" ironizzò.
"Ma no dai, fors....." ma Nico Robin non fece in tempo a finire la frase che fu interrotta.
"Nami cara sei bellissima" urlò Sanji ignorando gli insulti di Zoro.
"Ehi Sanji" lo chiamò Rufy.
"Ho fame". E Sanji si arrabbiò.
"Possibile che pensi sempre a mangiare?! Ora non ho tempo per cucinare, devo ammirare Robin e Nami" rispose arrabbiato, ma verso la fine addolcì il tono di voce.
"Tanto non ti si filano cuocastro" lo punzecchiò Zoro.
"Zitto Marimo, non ho chiesto la tua opinione". E i due ripresero a discutere.
Robin se la rideva mentre Rufy si fermò a fissare Nami.
I due si guardarono intensamente, gli occhi nocciola di lei si riflettevano in quelli pece di lui.
Piano Rufy si avvicinò alla ragazza senza dir nulla.
Robin capì di essere di troppo e decise di allontanarsi.
Nel frattempo Nami divenne dello stesso colore dei suoi capelli.
Era imbarazzata.
Rufy non l'aveva mai guardata così.
Piano abbassò lo sguardo. Lei sempre così irruente, ora era diventata timida.
Ma il capitano era troppo sciocco per capirlo.
"Nami" la chiamò.
"Sì" disse lei alzando lo sguardo.
"Tu sei una ragazza" continuò.
Ma buongiorno Rufy, avrebbe voluto dire lei.
Ma non lo fece. Se se ne era accorto solo ora, forse un motivo c'era.
Forse si stava interessando all'altro sesso.
"Sì" rispose Nami sottolineando l'ovvio.
"Allora sai cucinare, almeno dovresti cavartela meglio degli altri.
Mi prepari qualcosa?" la supplicò.
E a quella richiesta, Nami si paralizzò.
Si diede della cretina solo per averci sperato.
"La via per arrivare al cuore di un uomo, passa per lo stomaco" le ricordò Robin.
E allora con Rufy ci sarebbe stato da camminare un bel po'.

 

 

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Capitolo 3
*** Senza te ***


Uno, due, cinque, venti...
Ad ogni numero alzavi un dito, ma poi sospirasti perché non bastavano più.
Quanto tempo era passato?! Tanto, troppo.
Ventiquattro lunghi anni senza di lei, senza quell'amore che ti faceva sentire al sicuro.
Quando la conoscesti, durante i tuoi vent'anni, giurasti che l'avresti difesa da tutto e tutti.
Eppure era stata lei a difendere te con quel sorriso caldo e con quel suo amore incondizionato.
Inconsapevolmente ti aveva salvato dai tuoi demoni, dalla paura di divenire come Sakazuki.
Ti aveva donato un altro scopo nella vita oltre al lavoro, la famiglia.
Quella donna dagli splendidi occhi color mare, i capelli corvini e il sorriso dolce ti aveva regalato la cosa più bella che la vita potesse dare ad una persona: l'amore.
Grazie a lei avevi avuto Dragon, tuo figlio.
Quello stesso figlio che amavi nonostante le diverse visioni del mondo.
Tua moglie ti aveva insegnato a lasciare andare, a seguire il cuore.
Ognuno aveva la sua strada e quella di Dragon non era la tua.
Mai lo avresti ammesso, ma eri così orgoglio di quel figlio ribelle e determinato.
Era proprio come sua madre.
Sorridesti a quel pensiero. Dragon assomigliava completamente a sua madre.
Era Rufy quello simile a te sia fisicamente che caratterialmente.
Spensierato, ingenuo e sempre con il sorriso.
Quello, però, lo aveva ripreso dalla nonna.
Era davvero un peccato per lui non averla conosciuta.
Sicuramente lo avrebbe amato moltissimo, avrebbe fatto lo stesso con Ace.
Forse se ci fosse stata lei ad occuparsi dei due bambini, Ace si sarebbe sentito più amato e meno sbagliato.
Tua moglie non era Dadan, lei dimostrava il suo amore.
Forse tutto sarebbe andato diversamente, forse Rufy....
Ma i se e i ma non portano da nessuna parte Garp.
Alla fine anche Rufy era andato per la sua strada, e andava bene così.
I tuoi sentimenti non sarebbero cambiati mai.
Loro due erano tutto ciò che restava di lei.
Quella donna ti aveva dato così tanto, un sentimento che avrebbe potuto cambiare il mondo.
E Dragon e Rufy lo avrebbero fatto.
Forse era per lei che avevi accettato di proteggere Ace.
Un bambino nato da un sentimento così bello non poteva essere un errore.
Come avresti desiderato che anche Sakazuki provasse tutto ciò.
I sentimenti non sono una debolezza, danno la forza per lottare per chi e cosa si ama.
Il Grand Ammiraglio era mosso dal semplice odio e quello non avrebbe portato altro che distruzione.
Sakazuki sarebbe crollato con il suo odio e niente avrebbe potuto salvarlo.
Povero uomo, se solo avesse avuto la tua stessa fortuna Garp...
Un angelo era sceso dal cielo tempo fa per salvarti e poi se ne era andata in silenzio.
Le lacrime rigarono il tuo volto.
Quella donna ti aveva dato tanto ma non abbastanza per colmare il vuoto che aveva lasciato.
Avevi una voragine sul petto che non avresti colmato neanche con le lacrime.
"Abbi cura di lei Ace" dicesti guardando verso il cielo, lì dove non si vedeva l'orizzonte.

 

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Capitolo 4
*** Due volte traditrice ***


Il sangue scorreva lungo il tuo corpo, tingeva di vermiglio la carnagione olivastra.
Contornava il tuo viso stravolto dalla paura e dal dolore.
Eri ferma, immobile. Non avevi più il controllo sul tuo corpo, dei fili invisibili gestivano i tuoi movimenti.
Eri una marionetta come lo era stato il tuo regno per tanti anni.
Sul collo sudato sentivo il fiato caldo nel tuo aguzzino, nelle tue orecchie sentivi i passi di tua nipote e le sue grida.
Guidata dai poteri di Doflamingo stava per toglierti la vita.
Non avevi paura della morte ma del trauma che avrebbe causa a Rebecca.
In fondo tu meritavi di morire, eri una traditrice.
Avevi tradito due volte te stessa, e due volte gli altri.
Prima avevi tradito la tua famiglia diventando l'amante dell'usurpatore.
Non era il sesso il problema, ma l'amore che provavi per lui. 
Ti eri intrufolata nella Donquijote Family per spiarlo, ma poi eri finita nel suo letto e lui nel tuo cuore.
Avevi disonorato la tua famiglia, avevi ripagato con l'amore chi aveva seminato odio.
Ma poi avevi tradito anche Doflamingo, eri tornata sui tuoi passi per annientare lui e il suo dominio di terrore.
Ma ciò non redimeva le tue colpe perché non sapevi quali fossero i tuoi peccati.
Non sapevi nemmeno tu da che parte voler stare.
Amore o famiglia?
Lussuria o dovere?
Avevi tradito te stessa e i tuoi sentimenti così tante volte da essere caduta nel baratro della disperazione.
Avresti dovuto scegliere tra Doflamingo e la tua famiglia, ma non sapevi in che direzione andare.
La morte era l'unica soluzione

 

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Capitolo 5
*** Ma adesso dimmi la verità ***


"Chi di parole, chi di parola."
Nella tua mente riecheggiava quella frase che avevi letto mesi fa, chissà in quale dei tanti libri che custodivi in casa tua.
Quella frase, composta da solo sei parole, rispecchiava la verità.
Usopp sicuramente non era una persona di parola, ma di tante parole.
Gli abitanti del villaggio le definivano bugie, e in effetti, non potevi dargli torto.
Da quando lo avevi conosciuto, non avava fatto altro che dire bugie e lo faceva da quand'era un bambino.
Sorridesti a quel pensiero, e con la mano portasti una ciocca bionda dietro l'orecchio.
Generalmente non ti piacevano le bugie, che senso aveva mentire?!
Delle parole non potevano cambiare i fatti.
Ma con Usopp era diverso, lui ti divertiva.
E, in fondo, le sue non erano bugie ma semplice storie di pirati, amore e famiglia.
Da quando avevi saputo dell'abbandono del padre, della morte di sua madre, avevi capito che quelle frottole aiutavano Usopp a stare meglio.
Era come se vivesse in un mondo tutto suo, un mondo fatto di sogni e finte aspettative come barriera dalla verità.
Probabilmente era un modo per non soffrire.
"Non serve a nulla vivere in un periodo ipotetico, ma non immagini quanti forse mi hanno salvato la vita." Ti aveva confessato una volta.
E non te lo saresti mai aspettato da una persona così goffa e allegra.
Dopo aver perso i suoi genitori, si era aggrappato ai 'se' e ai 'ma' mentre aspettava qualcosa di nuovo, qualcosa di reale.
E dopo anni era arrivato quello strano individuo dal cappello di paglia.
Lui lo aveva accolto nella sua ciurma, aveva reso reale il sogno di Usopp ma aveva dato vita anche al tuo incubo.
Lui, ora, non c'era più.
Eri rimasta sola.
Le lacrime rigarono il tuo viso pallido.
"Usopp tornerai o farai come tuo padre?" Gli domandasti prima che partisse.
"Kaya" disse sorridendo.
"Certo che tornerò" mentì.
"No Usopp, basta. Adesso dimmi la verità" gli urlasti contro per poi tossire.
La sua partenza fu la  risposta.

 

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Capitolo 6
*** Quel filo che ci unisce ***


Crocodile non aveva mai creduto nel destino.
Aveva sempre pensato che ognuno era responsabile di ciò che accadeva nella propria vita.
Non esistevano le coincidenze ma solo le scelte.
Ogni scelta presa, ogni azione eseguita aveva delle conseguenze.
Nonostante ciò doveva ammettere che c'era qualcosa di particolare nel suo legame con Doflamingo.
Crocodile era sempre stato un uomo egoista e solitario, pensava solo ed esclusivamente a sé.
Ogni sua azione aveva uno scopo ben preciso: trarre dei vantaggi per sé stesso e non per gli altri.
Non importava se le sue decisioni nuocevano ad altri.
Finché i suoi piani riuscivano e lui ne usciva illeso da ogni situazione, andava tutto bene.
Ogni passo che faceva doveva avvicinarlo alla realizzazione del suo sogno.
Eppure, per qualche strana ragione, invece di trovarsi vicino al traguardo si trovava sempre in un letto scomodo di una vecchia locanda.
Le lenzuola ruvide avvolgevano il suo corpo nudo mentre due braccia lo stringevano da dietro.
A volte un abbraccio era una gabbia.
E lui si sentiva così.
Prigioniero di un sentimento scomodo, inutile. Eppure non ne riusciva a fare a meno.
Aveva sviluppato una dipendenza dai baci bisognosi e le ruvide carezze di Doflamingo.
Il biondo dormiva beatamente alle sue spalle. Lo teneva stretto per impedire che scappasse come l'ultima volta.
Ma Crocodile non aveva nessuna intenzione di fuggire.
Voleva restare lì a godere di quel calore che mai aveva cercato.
Non aveva mai preso in considerazione l'idea di avere una relazione stabile.
Non era nei suoi piani.
E proprio non capiva come aveva fatto a trovarsi intrappolato in quella relazione indefinita.
Lui e il fenicottero non ne avevano mai parlato ma era chiaro che quella relazione non fosse esclusiva.
Erano solo loro due come una vera coppia.
Nessuno dei due aveva preso quella decisione, era come se qualcuno l'avesse fatto per loro.
Crocodile ci pensava spesso.
Rifiutava l'idea di un fato, di un Dio e della predestinazione.
"Esistono solo le nostre scelte" si ripeteva spesso.
"Forse non dovevo entrare nella flotta dei sette" si malediceva ogni sera dopo aver consumato la passione con Doflamingo.
Era in quel momento che tutto era cambiato.
Da quando aveva iniziato a prendere parte a quelle ridicole riunioni con la Marina Militare che la sua vita era cambiata, che lui era cambiato.
Da quando il suo sguardo aveva incontrato quelle lenti a specchio, Crocodile era precipitato nel vuoto che aveva nel petto da anni ormai.
Quel vuoto che gli occhi cerulei di Doflamingo erano riusciti a colmare.
"Non ho scelto io di trovarmi in questa situazione" gli aveva detto una volta.
Ricordava ancora il ghigno sul quel maledetto viso.
Era sempre stato un uomo solitario.
Detestava l'amore, l'idea di dover dipendere da qualcun'altro.
Odiava essere così vulnerabile.
Eppure era finito nella trappola di Cupido.
Ma com'era possibile!?
"Hai ragione Croco-chan! Non esiste il destino, esistono solo le nostre scelte ma non solo quelle. Esistono anche i sentimenti, non puoi scegliere chi amare" gli aveva risposto Doflamingo.
A quel pensiero scosse il capo per poi girarsi verso il fenicottero e stringerlo a sua volta.

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Capitolo 7
*** Lame nel petto ***


"Non saremo più rivali, non combatteremo più."
Quelle parole riecheggiavano nella mente di Shanks.
Si estendevano in ogni parte del suo corpo, arrivando al cuore.
Rimbombavano nel petto, seguivano i battiti dettati dall'ansia.
Le gocce di sudore impregnavano la fronte e parte delle ciocche rosse.
Con l'unica mano a disposizione, il pirata si toccò ciò che restava del suo braccio.
Era a causa dell'assenza di quell'arto se adesso non riusciva a dormire.
Aveva perso il braccio per salvare la vita di un bambino, un gesto nobile.
Eppure quel gesto gli era costato caro.
Aveva perso la persona più importante per lui, l'unica persona che avesse mai amato.
Quando gli occhi di Mihawk si erano posati sulla sua fasciatura, le sue orecchie avevano ascoltato quella storia, in Shanks era nata una strana sensazione.
Aveva avuto un brutto presentimento, confermato poi da Occhi di Falco.
Loro due erano rivali da moltissimi anni, erano alla pari.
Combattevano spesso tra di loro, ormai era diventata quotidianità.
Nessun altro avversario si era dimostrato all'altezza e, quindi, Mihawk andava da lui quando voleva scaricare l'adrenalina.
Ma da quando Shanks aveva perso il braccio, Mihawk era stato categorico: loro due non avrebbero combattuto mai più.
E ciò significava che Shanks non avrebbe mai più visto il corvino.
Nonostante si conoscessero da anni, e poteva dire con fermezza di essere suo amico, Mihawk non lo aveva mai cercato per parlare, bere o altro.
Ma solamente per sfoderare le spade.
E ora che non potevano più farlo, lui non lo avrebbe più visto.
Non aveva motivo per andare da lui quasi ogni settimana.
Shanks non avrebbe più visto quel volto che colorava i suoi sogni, né avrebbe più sentito quella voce che lo cullava nel cuore della notte.
"Tornerò lo stesso da te."
Lo aveva rassicurato quella voce ma Shanks non gli credeva.
Sapeva che si sarebbero rivisti ma non più con la stessa frequenza di prima.
E ora quell'assenza lacerava il suo petto come una lama.


 

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Capitolo 8
*** Rapporto professionale ***


Crocodile era sempre stato un tipo solitario, non aveva mai preso in considerazione l'idea di sposarsi o convivere con un'altra persona.
Non si era mai sentito adatto ad una relazione, dipendere da un'altra persona non era nella sua natura.
Aveva sempre visto l'amore e i sentimenti in generale come una debolezza, qualcosa di scomodo che era meglio evitare.
Aveva paura di legarsi troppo a qualcuno e poi perderlo all'improvviso.
Soffrire tanto, farsi del male per qualcuno aveva preferito andar via.
Era sempre stato da solo e, ormai, ci era abituato.
Crocodile era una persona metodica e mai avrebbe cambiato le sue abitudini, se non per trarne qualche vantaggio.
E, infatti, da un paio di anni la sua vita era cambiata.
Da quando aveva fondato la Baroque Works, i suoi impegni si erano raddoppiati, le esigenze erano altre e i suoi orari si erano modificati.
Inoltre si era ritrovato costretto a convivere con una ragazza, Nico Robin o meglio Miss AllSunday.
Quella misteriosa donna le era utile per raggiungere i suoi scopi, e nonostante, la sua residenza fosse abbastanza grande, sentiva la sua presenza anche quando lei non c'era.
Ormai era così abituato a quell'odore di fuori che non riusciva più a farne a meno.
Lo sentiva in ogni stanza.
Crocodile digrignò i denti attorno al sigaro.
Non sopportava più quella situazione.
Quella ragazza era indispensabile ma stava cambiando Crocodile, aveva svegliato in lui strane sensazioni.
Era sicuro di non provare alcun sentimento per lei ma non le era nemmeno indifferente.
Il suo sguardo cupo catturava ogni suo gesto elegante, ogni raro sorriso che concedeva alle sue battute sarcastiche.
Quando le dava ordini si perdeva in quegli occhi azzurri pieni di dolore.
Più che ordini, più che una riunione tra capo e subordinata si tramutavano in semplici chiacchiere tra amanti.
Bisbigli, segreti che solo loro due conoscevano.
Nico Robin non era così diversa da lui.
Cresciuta da sola, senza amici.
Una persona impassibile che non lasciava trapassare alcuna emozione.
Eppure Crocodile aveva visto dell'imbarazzo sul suo viso, a volte, quando loro due erano da soli.
Si riflettevano l'uno nell'altro.
Due facce della stessa medaglia, stessi pezzi di un puzzle che non combaciavano se non con altri.
Non erano fatti per stare insieme, Crocodile lo sapeva bene.
Eppure si piacevano, si desideravano ma non si amavano.
La notte le loro bocche combacivano, le loro mani si cercavano.
Troppo diversi per stare insieme, troppo simile per stare bene.
Nico Robin amava il calore che il corpo di Crocodile le concedeva, la protezione delle sue braccia.
Sensazioni mai provate.
La loro era semplice passione, una passione che presto sarebbe esplosa e Crocodile sapeva che le avrebbe fatto del male.
Più a lei che a lui.

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Capitolo 9
*** Legame di sangue ***


Negli occhi marroni di Rocinante si rifletteva il volto addormentato di Doflamingo.
Anche quando si trovava nel mondo dei sogni non era tranquillo.
Sempre irrequieto, sempre con quel sorriso sul volto per mascherare la sua pazzia.
Il corpo nudo e tonico era avvolto da un lenzuolo bianco, il sudore impregnava il petto e la fronte.
Quel sudore era dovuto a quello che era accaduto quella notte tra loro, e dall'incubo che lo aveva fatto agitare.
Doflamingo glielo aveva detto tante volte che la notte faticava a dormire, i suoi sogni non erano mai tranquilli.
Non faceva altro che sognare gocce di sangue sparse ovunque, un corpo privo di vita e una pistole tra le sue mani.
Rocinante tremò a quel pensiero.
Nella testa le immagini del corpo senza vita di suo padre erano vivide.
Dopo anni ancora non riusciva a rimuovere quel ricordo.
Doflamingo nemmeno.
Quell'episodio aveva segnato la sua discesa nella follia.
Il più piccolo dei Donquijote sapeva che suo fratello era lo stereotipo vivente di un Drago Celeste ma non pensava che un bambino di dieci anni si sarebbe spinto così oltre.
Più che un Drago era un Demone.
E tutti lo avevano capito anche chi gli stava affianco e lo appoggiava.
Tante volte Rocinante si era chiesto com'era possibile che Doflamingo fosse nato dai suoi stessi genitori?!
Loro due che erano persone umili e buone nonostante il contesto sociale in cui erano nati e cresciuti.
Doflamingo era nato malvagio, lo era sempre stato.
E con il tempo era peggiorato.
Aveva secchiato il veleno dal seno materno e, una volta cresciuto, non aveva fatto altro che spargerlo intorno a sé.
Rocinante si era arruolato nella Marina Militare per cercare di fermare suo fratello, di salvarlo prima che fosse troppo tardi.
Ma quel veleno aveva contaminato anche lui.
Doflamingo lo aveva macchiato di peccato, lo aveva trascinato con sé in una strada senza ritorno.
Rocinante distolse lo sguardo sul volto addormentato del fratello, poggiò la testa sul cuscino e fissò il soffitto bianco.
La sua mente dipense in quel candore le immagini di quello che era accaduto quella notte.
Quello che accadeva ormai ogni notte da più di un anno.
Un malsano desiderio aveva travolto i due fratelli, li aveva spinti a peccare insieme nella passione sfrenata.
Rocinante si concedeva ogni notte a suo fratello, cedeva nell'oblio e nella tentazione.
Amava quel piacere che solo il corpo di Doflamingo sapeva regalargli.
Ma, la mattina dopo, quando tornava lucido si odiava terribilmente.
Quello che facevano era sbagliato, contro natura eppure non riusciva più a farne a meno.
Il veleno di Doflamingo era come una droga, Rocinante era dipendente da esso.
Invece di salvare Doflamingo, stava sprofondando con lui.
Il marine chiuse gli occhi mentre le lacrime rigavano il suo volto.
A volte pensava di non essere tanto diverso dal fratello, la mela non cade mai lontano dall'albero.


 

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Capitolo 10
*** Tra le tue braccia ***


Le dita tatuate di Law accarezzavano con una dolcezza sconosciuta il petto pallido di Kidd.
Il rosso dormiva profondamente, il suo petto si alzava e abbassava seguendo il ritmo del suo respiro.
Trafalgar lo osservava intensamente, sembrava voler incidere la figura del suo amante nei suoi occhi grigi, nella sua mente.
Non si erano visti per due anni, avevano parecchio tempo da dover recuperare, tante cose da dirsi.
Ma avevano preferito impiegare quel momento per incidersi graffi e morsi sulla pelle, consumarsi le labbra di baci, lasciar vagare le mani sulla pelle nuda.
Fare l'amore gli riusciva più facile delle parole.
Erano soltanto capaci ad insultarsi, mentire su quanto si odiassero.
Con i gesti veniva tutta più facilmente, era l'unico modo per esprimere i loro sentimenti.
Ogni volta che Law aveva provato a dirgli qualcosa di più, le parole gli si erano bloccate in gola.
Imprigionate come lui era prigioniero tra le braccia di Kidd.
Ora che Eustass dormiva, Law poteva ammirarlo in tranquillità senza che l'altro lo insultasse.
Non era cambiato tanto in quei due anni: aveva i soliti capelli rossi le cui ciocche seguivano direzioni diverse, aveva sempre lo stesso modo di vestitire stravagante, forse quello era peggiorato.
L'unica cosa che era cambiata era quel pezzo di metallo che aveva al posto del braccio.
Kidd aveva raccontato a Law che aveva provato ad affrontare uno dei quattro imperatori, Shanks il Rosso e non solo aveva perso la sfida, aveva perso anche il braccio sinistro.
Quando aveva stretto Law a sé, il chirurgo della morte aveva sentito un brivido percorrergli la schiena.
Prima Kidd era sempre caldo, le sue braccia erano accoglienti mentre ora...
Era strano farsi stringere con quel braccio meccanico, ma presto ci avrebbe fatto l'abitudine.
Law sorrise mentre distoglieva lo sguardo dal Kidd per posarlo sul suo braccio destro.
Poco sotto la spalla aveva uno strano segno simile ad una cicatrice che percorrevano tutta la circonferenza dell'arto.
Quello era stato un regalo di Doflamingo, con il suo frutto del diavolo lo aveva privato del braccio destro.
Fortunatamente Law era stato capace di ricucirlo in tempo.
Ma quanto aveva sentito un dolore provenire dal suo braccio assente, aveva visto tutto quel sangue e l'arto lontano dal corpo, si era fatto prendere dalla disperazione.
Non era tanto l'abitiarsi a vivere con un braccio solo che lo aveva spaventato, ma l'idea di non poter più abbracciare Kidd.
Quel pensiero aveva fatto più male della perdita del braccio.
Quando aveva visto il suo amante con quell'arnese, aveva riso talmente tanto che non sembrava nemmeno più lui.
Non era da lui ridere.
Nella sua mente la frase 'ironia della sorte' aveva assunto un altro significato.
E mentre il sole sorgeva, lui finalmente chiuse gli occhi appoggiando la testa sul petto di Kidd e allungando un braccio per tenerlo stretto a sé.
Questa volta per sempre.

 

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Capitolo 11
*** La mia regina ***


Davanti ai suoi occhi color pece si estendeva una gran folla.
Diverse persone formavano un cerchio intorno al patibolo.
Urlavano in coro creando una grande confusione.
Alcuni chiedevano alle guardie di ucciderlo, altri volevano prima sapere dove si trovasse il leggendario tesoro.
Ma Roger aveva smesso di prestare attenzione a quelle voci già da un pezzo.
I suoi pensieri erano altrove, su una piccola isola nel mare meridionale: Baterilla.
Laggiù, in quell'oasi di pace decorata da fiori d'ibisco dai vari colori, aveva lasciato una donna incinta.
Quella donna si chiamava Rouge ed era l'unica che avesse mai amato.
L'aveva conosciuta dopo qualche mese dal ritrovamento del One Piece.
Lui e il suo equipaggio avevano fatto sosta in quella piccola isola solo per pochi giorni.
Ma quando Roger vide quella giovane ragazza dai capelli ramati capì che quella sosta sarebbe durata fino alla morte.
O almeno così sperava.
Per un momento si era dimenticato di essere un pirata, un ricercato e di avere una malattia incurabile.
Per mesi aveva vissuto come un uomo normale, per quanto gli sguardi stupiti e pieni di ammirazione della gente comune permettessero.
Tra le braccia di Rouge era semplicemente Roger.
Poi, una sera, il dolore era tornato a farsi sentire e con sé aveva riportato la consapevolezza del suo essere.
Per quanto bella, quella stabilità non poteva continuare.
Lui presto sarebbe morto e lo avrebbe fatto per mano della Marina Militare e, Rouge sarebbe tornata alla vita monotona e tranquilla di prima.
Questo era quello che pensava il re dei pirati.
Ma proprio quella sera la donna gli confessò di aspettare un figlio.
E quel bambino non sarebbe stato come tutti gli altri.
Il Governo Mondiale sarebbe venuto a conoscenza del suo concepimento, sarebbe stato etichettato come un mostro, come il degno erede di suo padre.
Rouge non avrebbe più avuto tranquillità, sicuramente le avrebbero dato la caccia e poi uccisa insieme al nascituro.
Da semplicemente ragazza era diventata la compagna del re dei pirati.
Una regina? No, per il mondo una criminale con la sola colpa di essersi innamorata.
Ma per Roger sì, sarebbe stata una regina.
Sapeva che molto presto anche lei sarebbe morta perché aveva giurato che avrebbe fatto di tutto per difendere quella creatura innocente.
Roger sapeva che Rouge avrebbe protetto il figlio finché ne avrebbe avuto le forze.
Fino alla morte.
Avrebbe fatto quello che, quasi, ogni madre farebbe per i propri figli.
Ed era proprio per quello che Roger la paragonava ad una regina.
Non perché era la sua compagna ma per il suo animo nobile.


 

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Capitolo 12
*** Il calore del fuoco ***


Una mano lenta accarezzava gli addominali scolpiti che non cedevano nemmeno con l'età.
Quel corpo tonico bruciava in ogni punto, ogni lembo di pelle ardeva.
Borsalino lo toccava sempre con calma.
Sakazuki aveva sempre soppresso le sue emozioni, non aveva mai imparato a controllarle.
E quand'era così preso dal piacere, tanto da non controllarsi, il suo corpo diventava di magma.
Borsalino aveva qualche bruciatura sulla schiena e sulla pancia.
Sorrise a quel pensiero.
Il Grand Ammiraglio della Marina non era quell'uomo dal cuore di ghiaccio che tutti pensavano.
Era forte e autoritario, ma non per questo incapace di provare emozioni.
Nel corso degli anni Kizaru aveva imparato a conoscerlo meglio di quanto Sakazuki conoscesse se stesso.
Un uomo complesso che per qualche ragione, che Borsalino conosceva, aveva imparato a nascondere i sentimenti.
Per lui erano una debolezza e un uomo del suo calibro non si poteva permettere di essere debole, di avere un qualche tallone di Achille.
Ma Borsalino sapeva essere davvero pesante e testardo.
Piano piano era riuscito ad avvicinarsi al suo cuore, aveva aiutato Sakazuki a capire quello che provava per lui.
E si era concesso di mostrarsi per quello che era realmente ma solo quand'erano insieme.
Sakazuki era rude anche nell'intimità, si addolciva ogni tanto.
Più che addolcirsi, si arrendeva ai movimenti lenti di Borsalino.
Aveva capito che il suo amante era il suo peggior nemico.
L'unico che era riuscito a sconfiggerlo.
"Sei fastidioso" gli ripeteva ogni volta.
Borsalino accennava sempre un lieve sorriso e lo zittiva con un bacio.
"E tu sempre caldo, e non è un complimento" gli fece notare Kizaru.
Sakazuki sbuffò.
"Sapevi com'ero quando hai deciso di iniziare una relazione con me, quindi non lamentarti" rispose acido.
"Allora lo stesso vale sempre anche per te".
Sakazuki non disse più nulla.
Il Grand Ammiraglio era ben consapevole della sua forza, della sua capacità di manipolare gli altri con semplici parole.
Non era bravo solo a combattere ma anche a parlare.
Eppure con Borsalino rimaneva sempre zitto, sempre senza parole.
Non sapeva che cosa rispondere, non riusciva a controbattere.
Per quello aveva sempre odiato provare e mostrare i propri sentimenti.
Erano scomodi, erano inutili debolezze.
E lui detestava mostrarsi vulnerabile, ma Borsalino era un'eccezione.
Lo era sempre stato.



 

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Capitolo 13
*** Quello che diventerai ***


Lo sguardo pigro di Aokiji osservava attentamente il volantino ingiallito.
Con la mano tracciava delicatamente il volto raffigurato sul foglio, pezzi di ghiaccio caddero dalle sue dita.
Era passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto quel viso dal vivo.
E doveva ammettere che diventava sempre più bello.
Ormai conosceva a memoria quei lineamenti delicati eppure non riusciva a smettere di ammirarli.
Aveva visto quel viso paffuto di bambina timida diventare adulto e sempre più aggraziato.
Gli occhi azzurri da spaventati e curiosi erano diventati seri e misteriosi.
D'altronde quella donna nascondeva un sacco di misteri sotto quei vestiti succinti.
A Kuzan sarebbe piaciuto scoprirli insieme a quella pelle candida.
Tante volte aveva desiderato toccare quel corpo sinuoso, possederlo per tutta la notte.
Aveva sempre seguito Nico Robin da quando Ohara era stata distrutta.
Si era preoccupato per lei e il suo futuro come un padre con una figlia.
Ma da quando era cresciuta e si era unita alla ciurma di Monkey D. Rufy, la preoccupazione era venuta meno.
Al suo posto era nato un altro sentimento, un desiderio incolmabile.
Era sempre stato curioso di sapere che cosa sarebbe diventata quella bambina superstite, se fosse stata capace di sopravvivere da sola.
Sin da bambina aveva avuto tutti gli organi del Governo Mondiale ai suoi piedi.
L'aveva seguita in lungo e in largo, ma lei era sempre riuscita a farla franca.
Robin aveva sempre attirato la curiosità di Kuzan.
Se da bambina incuriosivano le sue capacità, il suo futuro, ora ad incuriosire erano le sue curve e il sapore delle sue labbra.
Kuzan accartocciò il volantino e lo gettò in mare.
Quando una voce roca lo chiamò, l'ex ammiraglio della Marina si alzò e si recò sulla nave di Barbanera.
Nessun marine aveva mai seguito e rispettato le regole, specialmente un marine di alto rango.
Era vietato avere qualsiasi tipo di rapporto con i pirati.
A lui non era mai importato di seguire le regole.
Ma se prima non aveva mai provato un approccio con Nico Robin perché sapeva la sua ostilità nei confronti della Marina, magari adesso avrebbe potuto provare.
In fondo adesso erano entrambi dei pirati.


 

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Capitolo 14
*** L'amore è cieco ***


C'era un detto che recitava 'l'amore è cieco', ed era la verità.
Per Issho non era una semplice frase ma rispecchiava la sua situazione sentimentale attuale.
Lui si era tolto la vista tanti decenni prima perché disgustato dell'ingiustizia di questo mondo.
Non gli era mai piaciuta la cattiveria, l'arroganza e l'indifferenza delle persone.
Per quel motivo si era unito alla Marina Militare, sperava di poter migliorare qualcosa.
Almeno nel suo piccolo di riuscirci.
Era un ammiraglio e quindi aveva una grande autorità e tante reclute al suo comando.
Poteva istruirli, guidarli verso il suo senso di giustizia.
Per lui la cosa più importante era salvare i civili, le persone innocenti ed essere sempre sinceri e onesti.
Aveva sempre lavorato con dedizione e mai avrebbe pensato di poter trovare l'amore specialmente in quel momento della sua vita, specialmente nel Quartiere Generale della Marina Militare.
Il nome dell'uomo che lo aveva fatto innamorare era Aramaki detto Ryokugyu.
Anche lui era un ammiraglio e Fujitora non lo aveva mai conosciuto prima.
Non sapeva che aspetto avesse e per quel motivo per lui l'amore era cieco, ma non solo.
L'altro motivo era che Aramaki era il suo opposto.
Avevano idee differenti, sensi di giustizia che si contrastavano.
Eppure combaciavano come due pezzi di puzzle.
C'era qualcosa nascosto tra la pigrizia e l'arroganza di Aramaki che lo attirava.
Piano piano si era avvicinato a lui sempre di più, fino ad arrivare al suo cuore.
Aramaki disprezzava Rufy Cappello di Paglia e idolatrava i Draghi Celesti, Issho invece stimava quel pirata e non vedeva di buon occhio i Draghi Celesti.
Avevano un rapporto completamente opposto con Sakazuki, il Grand Ammiraglio eppure quand'erano solo loro due, tutte queste differenze si annullavano.
Stavano bene insieme, riuscivano ad andare d'accordo, a trovare il giusto equilibrio tra le loro differenze.
Forse era proprio questo che li legava, erano opposti, si completavano a vicenda come lo yin e lo yang.
Issho non poteva vedere il modo in cui Aramaki lo guardava, la luce che aveva nello sguardo quand'erano insieme eppure lo percepiva.
Sapeva che Ryokugyu era un bell'uomo e apprezzava la compagnia delle belle donne eppure aveva scelto di stare con lui.
Fujitora non vedeva il suo volto riflesso nello specchio da anni ormai, ma ricordava bene com'era da giovane.
Non si era mai considerato un bel ragazzo, e invecchiando non doveva essere migliorato.
Probabilmente era anche peggiorato e le cicatrici che aveva sul volto, insieme alle rughe, non lo rendevano piacevole allo sguardo.
Anche se mentre facevano l'amore tra i sospiri di piacere e il fiato spezzato, Aramaki gli sussurrava quanto fosse bello e perfetto per lui.
Issho rideva divertito a quei complimenti.
Forse Aramaki si divertiva a prenderlo in giro o forse no.
Magari l'amore era davvero cieco e Aramaki vedeva Issho per quello che non era.
"Smettila di ridere" gli diceva ogni volta Ryokugyu.
"Dovresti avere più autostima e considerazione di te stesso" continuava mentre Fujitora cercava di nascondere le risate.
"A me piaci davvero" disse una volta prima di posare le sue labbra su quelle di Issho.
Finalmente aveva smesso.


 

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Capitolo 15
*** Amore o gratitudine?! ***


Monet era seduta a terra, la schiena appoggiata al muro e il respiro affannoso.
Faceva fatica a respirare.
Tra le mani stringeva il den den mushi da cui usciva la voce di Doflamingo.
I suoi occhi color ambra si riempirono di lacrime sentendo la voce del suo capitano.
Quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe sentita.
Doflamingo parlava mentre lei stava in silenzio.
Le parole erano bloccate in gola, era troppo stanca per poter dire qualcosa.
Eppure avrebbe voluto dirgli tante cose che avrebbe potuto sintetizzare in due semplici parole.
Ma non l'avrebbe fatto.
E di quello Monet si pentiva perché erano tanti anni che stava al servizio di Joker e di occasioni ne aveva avuto, ma non le aveva mai colte.
Forse, se lo avesse fatto, le cose sarebbero andate diversamente.
Forse Doflamingo avrebbe amato lei e non Viola.
Nemmeno sapeva se tra loro due c'era quel sentimento ma sapeva che quella donna scaldava il letto del Demone Celeste ogni notte.
E Monet la odiava e invidiava per quello.
Sarebbe voluta essere lei al suo posto, tra quelle braccia e tra le piume rosa.
Ma non era così.
E, ormai, non aveva più senso sperare.
Presto di lei sarebbe rimasto solo un ricordo lontano o, per lo meno, lo sperava.
"Mi dispiace, se avessi saputo avrei mandato qualcuno ad aiutarti" disse Doflamingo.
Monet sorrise a quelle parole.
"Non fa niente, era da tempo che volevo farlo" gli rivelò la donna.
Ormai per lei non aveva più senso continuare a vivere.
Non ne aveva più un motivo, probabilmente non lo aveva mai avuto.
Lei e sua sorella erano cresciute nel dolore e negli abusi di genitori crudeli, era stato Doflamingo a salvare.
Da quando si erano unite alla ciurma, la situazione era migliorata ma il dolore  restava.
Monet aveva trovato in Doflamingo e nel sentimento che la legava a lui il motivo per andare avanti, per continuare o almeno per provarci.
Ma adesso nemmeno quel sentimento bastava.
Monet non voleva sentire più niente.
Non aveva più nulla a cui aggrapparsi e proprio mentre i suoi occhi si stavano chiudendo e i battiti cardiaci stavano diminuendo, si domandò se quello che sentiva per Doflamingo era vero amore o semplicemente gratitudine.

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Capitolo 16
*** Tra spade e coltelli ***


Il sudore percorreva la fronte di Zoro, il viso era arrossato e contratto dalla fatica.
Le sue gambe tremavano imitate dalle braccia.
Dopo un allenamento così intenso, persino impugnare tre spade era faticoso.
Nei suoi occhi era riflesso la figura scura e longilinea di Sanji.
Lui, al contrario di Zoro, era sempre elegante e sorridente.
Lo spadaccino lo odiava, almeno faceva finta di odiarlo.
Detestava quello sguardo snob e quella gentilezza che riservava solo alle donne.
Non lo sopportava perché era il suo opposto.
Zoro passava la maggior parte del suo tempo ad allenarsi.
Doveva diventare più forte per poter batter Drakul Mihawk meglio conosciuto come occhi di falco.
Mentre Sanji passava le sue intere giornate nell'ozio.
I suoi unici sforzi li faceva per cucinare.
E Zoro che non aveva mai preparato nemmeno un panino, non poteva immaginare quanto fosse faticoso cucinare.
Specialmente quando il capitavano mangiava più di tutta la ciurma messa insieme.
"Fatti una doccia Marimo che la puzza del tuo sudore si sente fino a qui" lo derise Sanji mentre si accendeva una sigaretta.
Zoro grugnì.
Non solo si era permesso di interrompere il suo allenamento per dirgli che il pranzo era pronto, ma aveva osato anche prendersi gioco di lui.
"Sicuro che quella che senti non sia la puzza del formaggio?! Non so se è dovuta al fatto che sei sempre in cucina o sono semplicemente i tuoi piedi" rispose Zoro mentre riponeva le spade nei rispettivi foderi.
Sanji, che stava per andarsene, si bloccò sullo stipite della porta.
Si voltò per fissare lo spadaccino che si asciugava la fronte con un asciugamano.
Era a petto nudo e, nonostante non fosse la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni, Sanji rimaneva ogni volta incantato da quell'addome scolpito.
"Vedo che hai la forza di parlare" constatò Sanji.
"Magari hai anche quella per combattere" continuò provocandolo.
Zoro accennò un sorriso.
"Ho energie sufficienti ma sarebbe uno spreco usarle con te" lo liquidò Zoro.
"Pensi di essere più forte Marimo?".
"No, non lo penso. Lo sono".
A quella risposta Sanji gli lanciò una pentola sulla testa.
"Ma sei impazzito?!" urlò Zoro sorpreso dal gesto mentre con la mano si massaggiava la nuca.
"Ops, non l'ho fatto di proposito. Deve essermi scivolata" cantilenò Sanji.
E mentre stava per andarsene, Zoro gli rilanciò la pentola a sua volta colpendolo in pieno.
"Ma sei impazzito Marimo?" gridò a sua volta Sanji.
"A quanti pare lo siamo entrambi" disse lo spadaccino estraendo le tre spade per rispondere ai calci di Sanji.
Il trambusto arrivò sino alla cucina.
"Quei due non cambieranno mai" sospirò Nami mentre sorseggiava un cocktail.
"Se ne sono accorti tutti tranne loro" disse Nico Robin mentre sfogliava le pagine di un vecchio libro.
"Tranne loro e Rufy" aggiunse Franky mentre pensava ai possibili danni che avrebbero arrecato alla nave.
Rufy era troppo intento a mangiare per rendersi conto di quello che stava accadendo.
Usopp, forse qualcosa lo aveva capito, ma era impegnato a imitare il suo capitano.
Quel pasto era una vera prelibatezza.
Nel frattempo Brook rideva divertito sotto gli occhi sgranati di Jinbe.
Era capitato in una ciurma piuttosto strana.
"Ma è sempre così?" domandò curioso mentre Chopper correva con la sua valigia nella palestra per medicare i due innamorati.

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Capitolo 17
*** Ora vedo chiaramente ***


Le lacrime rigavano il volto pallido di Pudding.
La ragazza era accovacciata a terra, con le braccia si stringeva le gambe al petto.
Era rimasta da sola, Sanji se ne era andato.
Lei non sapeva se lo avrebbe rivisto presto o se mai lo avrebbe rivisto.
Con lui se ne era andata anche la speranza di poter essere amata.
Quel buffo ragazzo era stato il primo a vederla come un essere umano e non un mostro.
Era riuscito ad andare oltre il suo aspetto, oltre al suo terzo occhio.
Nemmeno sua madre ci era riuscita, anzi l'aveva obbligata a nascondere la sua vera identità.
Aveva dovuto fingere per anni ma con Sanji quella maschera era caduta.
Era tornata la bambina dolce e sensibile che nemmeno Pudding stessa ricordava.
Aveva rimosso ogni ricordo di lei così come aveva rimosso il suo ultimo momento con Sanji.
Si era fatta coraggio, dopo settimane, per cercare un contatto più intimo con lui.
Aveva trovato il coraggio di fargli capire cosa provasse.
Lo aveva baciato senza pensarci due volte e lui aveva ricambiato.
Pudding non aveva mai provato una sensazione simile.
Uno strano calore l'aveva stretta, in quel bacio aveva sentito tutto l'amore che per anni le era stato negato.
E, poi, come una sciocca aveva rimosso quel ricordo da Sanji con l'aiuto del suo frutto del diavolo.
Non sapeva perché lo aveva fatto.
Forse per paura o per evitare che Sanji decidesse di restare con lei.
Lui doveva andarsene da lì, il suo posto era con la sua ciurma, i suoi amici.
Lei non poteva trattenerlo, voleva solo la sua felicità.
Magari un giorno sarebbe tornato o forse no.
Magari tra qualche anno sarà solo un ricordo lontano del suo primo amore.
Una sola cosa era certa, Sanji avrebbe sempre avuto un posto nel suo cuore.
Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Lui gli aveva dimostrato che c'era un mondo fuori dalla sua famiglia e che non tutti erano malvagi.
L'aveva aiutata ad aprire toi occhi, a vedere chiaramente.
E per questo gliene sarebbe stata sempre grata.
Mai avrebbe dimenticato lui e il calore delle sue labbra.

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Capitolo 18
*** Un giorno ti accorgerai di me ***


I grandi occhi color pece si illuminarono davanti a tutto quel cibo.
La stanchezza dell'allenamento era passata non appena Rufy aveva sentito l'odore della carne alla brace.
Boa Hancock sorrise nel vedere gli occhi di Rufy colmi di gioia.
La sua felicità la metteva di buon umore.
Magari un giorno avrebbe guardato anche lei nello stesso modo in cui guardava il cibo.
Per il momento le bastava sapere che lui stava bene ed era felice.
Magari un giorno si sarebbe accorto di lei e avrebbe iniziato a vederla con occhi diversi.
Ma Hancock sapeva che quel giorno era ancora molto lontano.
Rufy era ancora troppo piccolo, troppo infantile per capire un sentimento così grande.
Il problema non era la loro differenza di età ma l'immaturità di capello di paglia.
Più che un ragazzo di quasi vent'anni, sembrava un bambino incantato da un nuovo giocattolo.
Alla fine per il pirata tutto era un gioco, la vita stessa lo era.
E come in ogni gioco, lui puntava a vincere.
Doveva arrivare fino alla fine, trovare il misterioso One Piece ed essere il vincitore di quella gara tra pirati, marine e governo mondiale.
Dopo, magari, avrebbe pensato anche ad altro.
Avrebbe pensato all'amore, ad una famiglia, al bisogno di stabilità.
Rufy aveva dimostrato all'imperatrice serpente che gli uomini non erano tutti uguali.
Le aveva fatto scoprire un sentimento nuovo e profondo.
Sarebbe stato, poi, compito suo ricambiare il favore ed insegnare a Rufy ad amare.
Doveva solo aspettare.
E Boa Hancock per Rufy avrebbe atteso anche una vita intera.
Sapeva che in un modo o nell'altro lui si sarebbe accorto di lei.
Loro due erano destinati a stare insieme, il cuore della ragazza lo sapeva bene.
Ogni volta che era in compagnia del pirata, i suoi battiti aumentavano e sperava che un giorno Rufy li avrebbe sentiti.

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Capitolo 19
*** Il colore dei tuoi occhi ***


Il señor Pink non sentiva più il dolore dei colpi di Franky.
Forse l'uomo aveva smesso di attaccarlo o, forse, continuava ancora a colpirlo.
Non lo sapeva.
Era da tempo che non percepiva il dolore fisico, specialmente quand'era immerso nei ricordi.
L'uniche sensazioni che avvertiva erano il freddo del pavimento sul quale il suo corpo giaceva, e il vuoto che aveva dentro da anni.
Lo sguardo scuro, sempre coperto dagli occhiali da sole, era rivolto verso il cielo.
Nell'azzurro cercava uno sguardo innocente che si era spento troppo presto.
In quel colore limpido rivideva la dolcezza di quello sguardo.
Il modo in cui lo aveva scrutato per anni.
Nessuno lo aveva mai guardato in quel modo.
Ogni giorno si prendeva del tempo per cercare nel cielo gli occhi della sua defunta moglie Russian.
Ma quel giorno era diverso.
Sperava di poter raggiungerla di nuovo ma Franky non l'avrebbe mai ucciso.
Rufy Cappello di Paglia e i suoi pirati erano diversi da Doflamingo e i suoi uomini.
Li ammirava per questo.
Erano persone buone così come lo era stata Russian.
Aveva conosciuto la ragazza in un lontano giorno uggioso.
Era rimasto da subito colpito da quello sguardo vispo e quel dolce viso tempestato di lentiggini.
Da quando l'aveva incontrata, non aveva più visto il brutto tempo.
Il colore degli occhi di Russian illuminava tutte le loro giornate.
Ma la giornata più bella di tutti fu la nascita di loro figlio, il piccolo Gilbert.
Un bambino vivace e dolce come sua madre.
Ma il tempo era stato bastardo, l'aveva portato via troppo presto.
Fu in quel momento che Russian perse il senno e il cielo si tinse di grigio.
Tutta quella felicità era durata poco.
Suo figlio era morto mentre sua moglie era finita in uno stato vegetativo.
E dopo poco tempo se ne andò anche lei.
Da quel giorno una sensazione di vuoto riempì il cuore del Señor Pink.
Russian odiava i pirati e quando aveva scoperto che anche lui lo era, il loro amore era finito.
E ora, per ironia della sorte, sperava fosse un pirata a mettere fine alla sua vita.
Voleva addormentarsi e risvegliarsi con Russian e Gilbert.
L'ultima cosa che voleva vedere prima di morire era l'azzurro del cielo, l'azzurro degli occhi di Russian.


 

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Capitolo 20
*** Superstiti ***


Ogni volta che Law guardava gli occhi cerulei di Nico Robin non si accorgeva che affogava.
Era una dolce apnea.
In quei grandi occhi vivaci vedeva un mondo nuovo dove avrebbe potuto vivere una nuova vita.
Insieme a lei.
C'era qualcosa di misterioso in quella ragazza, qualcosa che lo attraeva e legava a lei.
Quella donna era molto di più che una semplice alleata per lui.
Era un tipo solitario, detestava i membri della ciurma di Rufy. Erano troppo rumorosi.
Ma con lei stava bene.
Riusciva a parlare per minuti interi, e lui era sempre stato taciturno.
Robin era diversa dalle altre.
Era intelligente e voleva scoprire la verità per cambiare il mondo.
Un mondo crudele che l'aveva fatta soffrire.
In fondo loro due non erano poi così diversi.
Erano due superstiti fuggiti dal governo mondiale.
Per anni si erano nascosti sotto l'ala protettiva di membri della Flotta dei sette.
Poi, da protettori, erano diventati nemici e avevano trovato un vero alleato in Rufy.
Loro due erano uguali.
Gli piaceva guardare Nico Robin.
Gli piaceva il suo riflesso nei suoi occhi.
Ci vedeva sè stesso.
Era l'unico posto in cui non era considerato un mostro ma semplicemente Law.
Trafalgar non sapeva cosa gli avrebbe riservato il destino.
Non sapeva quanti anni ancora avrebbe vissuto.
Presto Rufy sarebbe diventato il Re dei pirati, di quello ne era certo.
Ma sapeva che la strada era in salita.
Ci sarebbe stata un'altra guerra tra marine, pirati, rivoluzionari e tutto il Governo Mondiale.
Tante vite si sarebbero spezzate, forse anche la sua.
Era già sopravvissuto una volta, non ci sarebbe stata una seconda.
Un altro Rocinante non lo avrebbe protetto.
Ora toccava a lui proteggere gli altri.
Non avrebbe mai permesso a Nico Robin di morire.
Lei doveva e voleva vivere.
Se lo meritava.
Law aveva visto il dolore nei suoi occhi.
Si meritava tutto ciò che non aveva mai avuto.
E Law voleva darglielo.

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Capitolo 21
*** Per nostro figlio ***


Capone Bege sapeva di avere poche possibilità contro Big Mom.
La donna era uno dei quattro imperatori e aveva figli davvero forti.
Era un'impresa impossibile.
E anche con l'alleanza con i pirati di Rufy Cappello di Paglia, non riusciva ad essere fiducioso.
Il loro capitano era davvero ingenuo e senza giudizio.
Non rifletteva minimamente prima di agire.
Il piano non avrebbe funzionato, lui ne era certo.
Eppure non si tirava indietro, non aveva la minima intenzione di arrendersi.
Non poteva farlo.
Aveva fatto una promessa a sua moglie Chiffon e a loro figlio Pez.
Chiffon era figlia di LinLin eppure non aveva nulla di lei.
Era il suo opposto.
Sin da subito si era rivelata una donna gentile e premurosa.
Una brava moglie e un'ottima madre.
Per lei suo figlio veniva prima di qualsiasi cosa.
Big Mom la pensava diversamente, i suoi figli erano delle marionette.
Li usava per i suoi scopi, non provava il minimo affetto per loro.
E tutto quell'amore che Chiffon non aveva mai potuto dare alla madre assente, lo aveva donato a lui.
Bege, per la prima volta, si era sentito a disagio e in difficoltà.
Il loro era stato un matrimonio combinato.
Non sapeva cosa aspettarsi.
Di certo non avrebbe mai fatto del male alla sua futura sposa e mai l'avrebbe maltrattata.
Ma non credeva che si sarebbe spinto fino a quel punto.
Stava affrontando un imperatore solo per sua moglie e la sua libertà.
Non pensava che si sarebbe innamorato di lei, eppure era successo.
Chiffon incarnava la femminilità, la dolcezza e l'amore.
Tutto ciò che mancava nella sua ciurma.
Quella giovane ragazza lo aveva colpito nel profondo.
Con la sua ingenua dolcezza era riuscita ad occupare un posto nel suo cuore.
Lo aveva cambiato e in meglio.
In quella ciurma Chiffon stava bene, lo si leggeva dai suoi occhi.
Quando l'aveva vista per la prima volta, il suo sguardo era spento.
Mentre ora brillava e, ogni volta che teneva Pez in braccio, si riempiva di orgoglio.
Bege amava quel sorriso e mai lo avrebbe visto tramutarsi in lacrime.
Avrebbe fatto di tutto per vedere Chiffon felice e di conseguenza il piccolo Pez.
Era sua moglie, la madre di suo figlio.
Era per lei che stava facendo tutto quello, era per loro figlio.
Non poteva permettersi di fallire.


 

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Capitolo 22
*** Finché morte non ci separi ***


Il locale era gremito di gente.
Era da tempo che non vedeva tutte quelle persone, era così insolito.
Forse erano lì perché era sabato sera.
Shakky era dietro al bancone intenta a preparare cocktail e servire uomini già ubriachi.
Il silenzio quotidiano era stato sostituito da una gran confusione.
Le persone urlavano, ridevano e scherzavano.
La musica peggiorava la situazione.
Ma per Shakky non era un problema.
In passato era stata un pirata e aveva partecipato a feste ancora più rumorose di quella.
Quella confusione la portava indietro di anni.
Le faceva rivivere i ricordi di una gioventù spensierata.
Aveva rinunciato presto a quella vita, era stata costretta.
Se ne rammaricava molto spesso.
Il suo incontro con Rayleigh e il loro amore aveva cambiato le carte in tavola.
Il suo destino non era quello di viaggiare per i mari ma un altro.
Tra quei pensieri e quella confusione il suo sguardo cercava il compagno.
Sentiva la sua risata e le sue solite battute.
Quando lo trovò, Shakky sorrise.
Ma era un sorriso amaro.
Rayleigh era seduto ad un tavolino in un angolo del locale circondato da molte persone.
Vicino a lui c'erano diversi bicchieri vuoti, era ubriaco.
Non era una novità.
Il suo volto era paonazzo e il sakè parlava per lui.
Raccontava aneddoti su Roger e le loro avventure, li alternava a battute di pessimo gusto.
Era circondato da tante giovani ragazze che riempiva di complimenti.
Shakky era abituato a quell'atteggiamento.
Rayleigh aveva sempre amato le donne, in particolari quelle giovani.
Anche quando si erano messi insieme, lui non aveva mai smesso di fare apprezzamenti su altre donne.
Inizialmente lei ci rimaneva male ma piano piano aveva imparato a farci l'abitudine.
Lui era fatto così, lei ci aveva provato a cambiarlo ma aveva fallito.
Con gli anni si era rassegnata.
Ormai non ci faceva nemmeno più caso.
Alla fine lui aveva scelto lei tra tante donne e dopo anni erano ancora insieme.
Non si erano mai separati.
Sperava solo che negli anni si fosse limitato a fare semplici apprezzamenti.
Sperava che non l'avesse mai tradita.

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Capitolo 23
*** Schiava di un sentimento ***


Koala fissava il mare azzurro e limpido.
Non c'erano onde, era calmo.
Fin troppo calmo.
Lei odiava la calma.
Era l'aspetto del suo carattere che l'aveva aiutata a sopravvivere quand'era una schiava.
Quel suo carattere pacato e tranquillo le aveva evitato di attirare l'attenzione.
Per anni era stata invisibile, un fantasma.
Vedere il mare in quello stato, la portava indietro nel tempo.
E vivere quei ricordi le faceva male.
Nonostante ciò non riusciva a smettere di fissarlo.
Odiava il mare e lo amava allo stesso tempo.
Amava quel suo colore cristallino, lo stesso colore degli occhi di Sabo.
A quel pensiero la ragazza arrossì.
Era appena tornata da una missione e Sabo era stato mandato con lei.
Loro due da soli.
Ormai era diverso tempo che vedeva il ragazzo in maniera diversa.
Era più di un amico.
E quella settimana sola con lui, aveva confermato le sue idee.
Ma aveva anche approfondito quel sentimento scomodo.
Koala era una buona amica, le piaceva circondarsi di persone ma detestava l'idea di legarsi a qualcuno in maniera esclusiva.
La faceva sentire in gabbia, di nuovo.
Schiava di qualcun'altro, schiava di un sentimento.
E lei non voleva riprovare quella sensazione.
Non era ancora pronta.
Il suo passato era sempre dietro l'angolo.
Ancora non riusciva a liberarsene e forse mai lo avrebbe fatto.
Certi traumi se li sarebbe portati dietro per sempre.
Ironia della sorte, aveva il marchio inciso dietro la schiena.
Quando stava con lui, si sentiva libera e felice.
Le piaceva la sua compagnia.
Ma quando Sabo l'aveva abbracciata, lei si era sentita in gabbia.
Non era pronta e Sabo lo sapeva.
Le aveva dato tempo, tutto il tempo che le serviva.
Ma chissà se proprio il tempo non li avrebbe allontanati.

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Capitolo 24
*** Insegui il tuo sogno ***


Banchina fissava suo marito.
Yasopp era seduto sulla scogliera mentre osservava l'orizzonte.
Ogni volta che aveva bisogno di riflettere e stare solo, si recava in quel luogo.
Il mare lo calmava, lo aiutava a pensare.
Banchina aveva capito da tempo che lui era fatto per girare il mondo su una nave e non per la terra ferma.
Un giovane pirata dai capelli rossi gli aveva proposto di unirsi a lui.
Il suo nome era Shanks, era stato un membro della ciurma di Gol D Roger.
Un'occasione così non capitava tutti i giorni.
Ma Yasopp non sapeva che fare.
Aveva la possibilità di realizzare il suo sogno, ma non voleva lasciare la sua famiglia.
Banchina le aveva detto di andare via con il ragazzo ma lui era titubante.
Loro due avevano un figlio piccolo, non voleva far crescere Usopp senza padre.
Ma Banchina gli aveva detto di non preoccuparsi, ci avrebbe pensato lei.
Avrebbe fatto da madre e da padre.
Usopp sarebbe stato bene.
Era Banchina quella che non sarebbe stata bene.
L'amore faceva male.
E lei stava rinunciando all'uomo che amava ma non aveva altra scelta.
Lo amava più di qualsiasi altra cosa e vederlo felice era il suo unico desiderio.
E se lui desiderava diventare un pirata, lei lo avrebbe lasciato andare.
Insieme avrebbero realizzato quel sogno.

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Capitolo 25
*** Ultimo arrivato ***


Erano giorni che Marco pensava solo al nuovo arrivato.
Quel ragazzino dall'aria strafottente riempiva la sua mente.
Ogni volta che rimaneva da solo, nei suoi pensieri si proiettava quella faccia buffa e piena di lentiggini.
I grandi occhi scuri e vispi nascondevano segreti che Marco avrebbe voluto scoprire.
Quel ragazzo lo aveva incuriosito.
Non aveva mai visto nessuno più determinato di lui.
Ormai erano settimane che tentava di sconfiggere Barba Bianca ma senza risultati.
Eppure non si arrendeva.
Non sapeva se definirlo coraggioso o stupido, forse tutte e due le cose.
A Marco veniva da ridere.
Quel ragazzo era proprio strano ma con un gran potenziale.
Gli ricordava gol D. Roger, il defunto re dei pirati.
Aveva il suo stesso carisma, la sua stessa tenacia ma soprattutto lo stesso cervello. 
Probabilmente se ne era accorto anche Barba Bianca altrimenti non gli avrebbe chiesto di unirsi alla ciurma.
Marco sperava che Ace accettasse.
Ogni volta che i loro sguardi si incontravano, Ace arrossiva e abbassava la testa.
Di certo non era per timidezza.
Marco non vedeva l'ora di poter scoprire tutti i segreti che il ragazzo celava, ma non solo quelli.

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