Florilegium

di Afaneia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #3 - Cera ***
Capitolo 2: *** #5 - Neve ***
Capitolo 3: *** #8 - Incisione ***
Capitolo 4: *** #10 - Gridare ***
Capitolo 5: *** #11 - Crack ship ***
Capitolo 6: *** #13 - Spiaggia ***
Capitolo 7: *** #17 - Mental health ***
Capitolo 8: *** #19 - Gola ***
Capitolo 9: *** #22 - Louche ***
Capitolo 10: *** #24 - Proverbio ***
Capitolo 11: *** #26 - Size difference ***



Capitolo 1
*** #3 - Cera ***


Avrei voluto poter pubblicare un'unica coerente raccolta per il mio primo Writober, ma, ahimé, non tutto va come desideriamo. Mi divido perciò tra i miei fandom preferiti, senza creare troppi problemi, spero, dato che saranno tutte flash/drabble leggibili in modo indipendenti.

Prompt: cera.

Numero di parole: 147.

Buona lettura!


#3

~ Cera ~


Ha la pelle sudata e contratta, arrossata un po', e l'aria è satura di fumo e vaniglia. Anche Ivan è sudato, è accaldato, è impotente – Ivan vorrebbe dar sfogo a tutto se stesso, è impaziente, vorrebbe buttarsi su di lui, dentro di lui, così com'è ora, ma allora dove sarebbe il gioco, la fuga, Max dove leggerebbe l'affanno del suo desiderio frustrato?

Meraviglia del brivido che scuote la sua carne sin nel profondo quando la cera gocciola e si rapprende in alto nell'incanalatura tra i suoi glutei, scarlatta sulla sua pelle livida, Max sente se stesso gemere mentre la lingua di Ivan raggiunge la cera e risale percorrendo la traccia distinta delle sue vertebre in risalto, intrecciando colle labbra la peluria sottile della sua schiena.

«Maxie, ti prego...»

Oh no davvero, Ivan, per quello che vuoi dovrai aspettare ancora un pochino – a Max piace torturarlo.

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Capitolo 2
*** #5 - Neve ***


Prompt: neve.

Numero di parole: 536.

Io vivo il mio inverno con lo stesso spirito di Max.


#5

~ Neve ~


Ha i piedi gelati.

È sempre stato un po' così, in inverno. Max è freddoloso, probabilmente perché dev'esser nato senza quello strato di grasso sottocutaneo che hanno gli altri esseri umani (quelli normali), e ha sempre visto con invidia gli altri affrontare serenamente l'inverno con eleganti cappotti sottili che a lui basterebbero giusto come vestaglia da indossare a ottobre sopra un pigiama di pile. Come ciò sia possibile resterà sempre per lui un mistero.

Naturalmente nella squadra di cui fa parte vige un rigido regime di abbigliamento. Alla divisa il capo tiene molto, e di solito Max è perfettamente d'accordo con lui: non ha problemi con la tuta aderente nera, anche se magro com'è lo fa sembrare una silhouette di cartoncino, né con gli anfibi, che, che sono piuttosto pratici. I guanti di pelle nera danno alla divisa un tocco elegante che non gli dispiace.

Ma il cappotto, quello è un colpo basso.

Se fosse una recluta, forse Max avrebbe corso il rischio di una nota disciplinare e avrebbe indossato un piumino. Il problema è che è un caposquadra e dunque ha una certa responsabilità verso le reclute – e a quanto pare nelle ultime riunioni è venuto fuori che i capisquadra devono dare il buon esempio anche nell'abbigliamento.

Normalmente l'inverno di Kanto è tollerabile persino con quel ridicolo cappotto, a patto di indossare sotto la tuta una calzamaglia termica, e Max è sempre sopravvissuto fino a oggi. Giorno in cui probabilmente morirà, perché il capo ha deciso di mandare la sua squadra in ricognizione sul Monte Argento in previsione di un'espansione verso Johto.

C'è la neve sul Monte Argento.

Probabilmente sarebbe più dignitoso da parte sua scavare una buca nella neve come un cane, rannicchiarsi là in mezzo e lasciarsi morire. Potrebbero ritrovarlo tra qualche anno, se il riscaldamento globale procede di questo passo.

«Non avete ancora finito?» urla sperando di non suonare troppo patetico. È quasi certo di aver avvertito una nota di supplica alla fine della proprie parole, ma c'è sempre la possibilità che il vento l'abbia coperta. Sta cercando d'ingannare il freddo camminando in su e giù con gli anfibi immersi a mezza caviglia nella neve, cercando di darsi un tono marziale mentre invece si sente profondamente ridicolo.

«Non ce la facciamo così in fretta, capo. Non in meno di due ore.»

Max incrocia lo sguardo della sua recluta aggrottando un sopracciglio. Vuoi dire due ore in totale o ancora due ore?, sta per chiedergli; ma la domanda gli muore in gola quando qualcosa lo colpisce alla nuca.

«Cosa...» Ma quando si volta per difendersi o quantomeno vedere che cosa sia accaduto, una cosa fredda e bagnata si spiaccica dolorosamente sulla sua faccia e gli inzuppa il cappotto.

«Mi si sta gelando il culo, Max!» urla Ivan fragorosamente saltellando sulla neve. «Vieni a giocare quassù, dai!»

Max lo ha sempre odiato quell'Ivan. Lo odia molto di più da quando è diventato caposquadra (in molto meno tempo di lui, a essere proprio sinceri) e lo sta odiando in particolar modo ora che la neve fradicia gli gocciola sul petto e dentro la tuta.

Ma soprattutto lo odia al massimo quando si accorge che quel maledetto sta saltando in mezzo alla neve senza cappotto.

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Capitolo 3
*** #8 - Incisione ***


Prompt: Incisione.

Numero di parole: 317.

Questi due sono fatti per questo genere di storia.


#8

~ Incisione ~


«Te l'ho mai detto che hai l'hobby più noioso del mondo, sì?»

«Hm» risponde Rocco che non lo sta ascoltando.

Adriano lo fissa con insistenza per un po' perché essere ignorato gli dà un fastidio pazzesco e Rocco, evidentemente, non sembra avere la minima intenzione di accorgersene da qui ai prossimi minuti.

«Rocco?»

Con la massima calma, Rocco alza il capo dalla recente partita di pietre di Kalos che gli è stata recapitata questa mattina e che al momento sta spolverando delicatamente con un pennello morbido a punta fine. «Sì... scusami. Stavi dicendo qualcosa?»

«Se ti ho mai detto che hai l'hobby più noioso del mondo.»

«Oh.» In questo momento, quel pensiero lo fa sorridere in modo particolarmente ironico. «Molte volte.»

«E, per caso» prosegue Adriano, che quando è imbronciato e stizzito è assai più adorabile che di consueto «Mi hai fatto venire fino a casa tua da Ceneride per farmi star qui a guardarti spolverare dei sassi?»

Rocco apre la bocca per iniziare un elenco di precisazioni. «Anzitutto, questi non sono esattamente...»

Adriano gli appoggia la mano sulla bocca con grande autorità. «Rocco» mormora, e la sua voce è calma e roca e seducente. «Credo che non ti sia chiaro quanto poco ho voglia di sentir parlare di sassi in questo momento.»

Pensandoci bene, dopotutto, Adriano ha dalla sua parte delle valide argomentazioni che meritano di essere prese in considerazione. Riconoscendosi vinto, Rocco richiude il coperchio sulla scatola e la ripone ordinatamente in mezzo alla sua collezione prima di andarsene a letto.

Dopotutto è una bella fortuna che Adriano nemmeno degni di uno sguardo la sua collezione, altrimenti avrebbe potuto rovinargli la sorpresa. Se avesse guardato con troppa attenzione all'interno della scatola, avrebbe persino potuto accorgersi che in mezzo alle rocce provenienti da Kalos ce n'era una con incisa la scritta sposami – ma ci sono dei vantaggi ad aver l'hobby più noioso del mondo.

No?

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Capitolo 4
*** #10 - Gridare ***


Prompt: gridare.

Numero di parole: 245.

Max qui è identico al mio ragazzo quando lascio tutto in disordine e lui deve riordinare casa mia.



#10

~ Gridare ~


Max non alza mai la voce.

Prima di tutto, è fondamentalmente troppo pigro per farlo. Le risorse, del mondo così come dell'uomo, sono limitate, e sprecarle per qualcosa di futile come gridare significa sottrarle a qualcosa di più proficuo.

Secondo, e forse più importante almeno da un punto di vista ideologico, è poco dignitoso. Gridare significa non riuscire a dar valore diversamente a quanto si vuole dire, e se non c'è modo di dar valore alle parole a prescindere dal volume con cui vengono pronunciate, probabilmente la loro importanza va riconsiderata.

Nemmeno quando insegnava ha mai alzato la voce coi ragazzi (sì ha insegnato chimica e scienze della terra a scuola per un periodo, subito dopo la laurea. Non che l'idea lo facesse impazzire, ma il suo commercialista gli aveva detto chiaro e tondo che bisognava trovare almeno una fonte di guadagno legale da far risultare nella dichiarazione dei redditi per evitare controlli su quelle meno legali, e con la sua laurea le scelte erano alquanto limitate). Non sempre funzionava: i ragazzi di oggi sanno essere dannatamente irrispettosi, specie nei confronti di un supplente giovane, magrolino e con gli occhiali. Ma nei fatti, che funzionasse o meno, Max la voce non l'ha mai alzata, e a distanza di anni ancora ne va fiero.

C'è da dire che ci sono occasioni in cui vale la pena fare un'eccezione, comunque.

«Ivan!» grida Max, sollevando al cielo il pugno che stringe una camicia. «La cesta dei panni sporchi!»

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Capitolo 5
*** #11 - Crack ship ***


Prompt: crack ship.

Numero di parole:215.

Spero sia abbastanza crack per voi!


#11

~ Crack ship ~


«Raccontamelo ancora una volta.»

È la terza volta che racconta lo stesso episodio, e a dire il vero Elio non pensava che il professor Kukui potesse essere così lento di comprendonio. O forse sta analizzando qualche impercettibile dettaglio che a lui è sfuggito, chissà. Nel dubbio che sia questa la soluzione, Elio prende fiato e ricomincia dall'inizio.

«Il Team Skull aveva rapito uno Yungoos...»

«No, non quella parte. Vai avanti.»

Ma vai avanti dove?

«Beh, allora sono entrato a Poh...»

Kukui fa con le mani un gesto che è come dire: passa oltre. Elio dà in uno sbuffo di esasperazione perché per la prima volta il professore è incomprensibile e lo sta mandando ai matti, e quasi per provocarlo decide di partire dalla fine. «Beh, alla fine sono entrato nell'ultima stanza della villa e c'era Guzman seduto su un trono, e...»

«Ah, ecco... parti da qui.»

Elio aggrotta la fronte. «Da... Guzman in trono?»

Kukui cinge le mani sotto il mento e il suo sguardo si perde nel niente con aria persa. «Sì, Elio. Da Guzman in trono.»

Elio è così stupefatto che non è in grado di reagire e, nel dubbio, comincia obbedientemente a raccontare da lì. Gli sembra quasi che Kukui stia sorridendo, ma col professore certe volte non si può mai sapere.

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Capitolo 6
*** #13 - Spiaggia ***


Prompt: spiaggia.

Numero di parole: 521.

Ambientato in un universo un po' più canonico e meno erotico del mio solito, in cui Ivan e Max non sono amanti da sempre e non iniziano ad avvicinarsi fino a dopo la sconfitta di Archeo Groudon/Kyogre/qualcosa.


#13

~ Spiaggia ~


Max odia il mare.

Odia il sole.

Prova solo una leggerissima forma di tolleranza verso la sabbia.

E ancora non capisce che cosa ci faccia qui.

Ivan è nel suo elemento, e grazie tante. Sembra un bambino che abbia appena trovato sotto l'albero il regalo che voleva, tanto che Max non si stupirebbe se a un tratto gli chiedesse di fare un castello di sabbia assieme.

Che poi, è questo il problema. Per quale motivo sono lì insieme? Per quanto Max si sforzi non riesce a capirlo. Non ci sono forme primordiali archeorisvegliate di Pokémon che stanno devastando i mari, gli pare. Sul giornale non c'era scritto nulla riguardo a giganteschi meteoriti in rotta di collisione col loro pianeta, almeno non nelle prime pagine.

Si schiarisce la voce. «Ehm... Ivan.»

Niente da fare. Questa bestia ignorante sta fissando il rifrangersi delle onde contro gli scogli con l'aria più idiota che Max ricordi di avergli mai visto in faccia. Tossisce deliberatamente.

«Ivan, che ci facciamo qui?»

Finalmente, Ivan acconsente a distogliere lo sguardo dalla risacca dell'oceano e a deporlo con magnanimità su di lui. «Beh. Siamo al mare, no?»

Max inspira. «Ti ringrazio, anche se il mare me l'aveva già suggerito. Quello che volevo sapere è per quale motivo mi hai fatto venire qui con tutta quell'urgenza.

Perché quando stamattina l'ha chiamato, Ivan sembrava alquanto ansioso. Gli ha chiesto solo di raggiungerlo il più in fretta possibile sulla spiaggia a nord di Verdeazzupoli e Max, figurandosi un enorme leviatano in procinto di devastare i mari, si è letteralmente precipitato. Solo che quando è arrivato le onde si frangevano contro la linea della costa e si arrampicavano sulla scogliera con candidi spruzzi come pallide dita, e Ivan, in costume da bagno – costume da bagno! Non certo l'outfit più adatto per salvare l'umanità – era seduto sulla spiaggia con l'aria più pacifica dell'umanità.

Max è interdetto. Non sa che fare, e a dire il vero, per una volta in vita sua, nemmeno cosa pensare. Non è una cosa che gli capiti di frequente.

«Perciò... che devo fare?»

Ivan solleva da terra i pugni pieni di sabbia e se la lascia scorrere tra le dita, come a dire che quella sarebbe di per sé una risposta. «Non lo so. Non ce l'hai il costume?»

«Certo che non ce l'ho il costume! Credevo che stessi per distruggere Hoenn!»

«Ah» risponde Ivan piuttosto deluso, e Max, di fronte alla sua delusione, prova d'un tratto il barbaglio improvviso di un'illuminazione. Forse ha capito qual è il punto.

«Ivan...»

«Hm?»

«Questo doveva essere un appuntamento, giusto?»

Ivan solleva lo sguardo dalle dune di sabbia come se gli fosse grato d'aver improvvisamente compreso l'unica cosa che si era scordato di dirgli per telefono. «Una specie.»

«Oh» risponde Max in tono di profonda comprensione, dopodiché si volta e si avvia a grandi passi difficoltosi lungo la spiaggia che lo affonda.

«Dove vai?» gli urla dietro Ivan.

Max ringhia di fronte alla sua palese stupidità. Sta quasi per pentirsi della sua decisione, ma dopotutto ormai ha fatto tutta la strada fin lì, perciò tanto vale restare.

«A comprare un costume, no?»

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Capitolo 7
*** #17 - Mental health ***


Prompt: Mental health.

Numero di parole: 629.

Non si parla abbastanza di farmaci e antidepressivi vari e sono molto più demonizzati di quanto si dovrebbe. Probabilmente una buona parte delle persone che conosciamo ne fa uso senza che lo sappiamo (io, per esempio), più abitualmente dei FANS o degli analgesici, e forse sarebbe bello parlarne un po' di più. Anche degli effetti collaterali più umilianti.


# 17

~ Mental health ~


Ivan lo sente che qualcosa non va, e Max sente che lui lo sente.

Si sforza, qualche volta. Cerca di ricordarsi com'era prima, prima, quando gli bastava vederlo o a volte sentire soltanto la sua voce, e a dire il vero se ne ricorda benissimo – non è mica stupido – semplicemente non è più così.

Ne ha parlato col suo medico. Lui lo ha ascoltato a lungo, educatamente, dopodiché ha scosso il capo e ha detto: «Max, tu sei un biologo. Lo sai come funzionano gli effetti collaterali.»

Certo che lo sa, ma questo non rende le cose più facili o meno umilianti. La sera, quando Ivan s'infila accanto a lui a letto e il suo calore lo invade, Max si ritrova a sperare dentro di sé che non provi a toccarlo e contemporaneamente che non se ne accorga – del suo cambiamento e della sua poca voglia di qualsiasi contatto e di tutto il resto.

Ivan sa tutto, ovviamente, perché neppure lui è stupido. Se n'è accorto. Quando s'infila a letto, portandosi un giornale o un tablet o qualcos'altro da guardare, Ivan distende un braccio dal suo lato, Max ci appoggia pigramente sopra la testa e continua a leggere il suo libro. Passano le serate così, prima di dormire. Questo tipo di contatto gli piace ancora. Sto diventando vecchio, pensa tra sé per consolarsi di se stesso: fino a qualche anno fa avremmo scopato tutte le sere; ma non è vero. Non è l'età il problema.

A volte si sforza. Non prova il minimo bisogno fisico, ma ci sono sere in cui fa quasi violenza a se stesso e si avvicina a Ivan più per decisione che per desiderio. Ivan lo accoglie ogni volta come una rivelazione, e dopo aver cominciato, tutto sommato, non è poi così male. Non è che non gli piaccia più – è che non ne prova più il bisogno.

Ma sono rare quelle volte, e Ivan non fa niente per forzarlo. Della sua comprensione Max gli è grato con tutto l'amore del mondo, ma a volte ha un sapore di compassione, e una sera, col volto affondato nel cuscino, Max mormora: «Forse dovrei smettere di prendere i farmaci.»

Non c'è bisogno di spiegargli a cosa si riferisca. «Te l'ha detto il medico?» domanda Ivan senza distogliere lo sguardo da un video di cuccioli di Skitty che giocano.

«No. Ci sto pensando da solo.»

Ivan abbassa il tablet. «Ma stai meglio da quando li prendi.»

Max affonda ancora di più la faccia nel cuscino. Non ha voglia di guardarlo. «Sì, ma... lo sai. Lo vedi anche tu che non sono più lo stesso.»

«Io vedo che stai meglio» ribatte cocciutamente Ivan.

La sua testardaggine è tale che Max solleva persino un pochino la testa dal guanciale. «E che non ho più voglia di fare sesso te ne sei accorto?»

«Non sono mica stupido.»

«E non te ne importa?»

«Certo che me ne importa» ribatte Ivan tornando a sollevare il tablet e avviando il video degli Skitty che giocano. «Ma negli ultimi vent'anni abbiamo fatto abbastanza sesso per i prossimi venti, perciò posso farmene una ragione. Io sono contento di vederti stare meglio.»

Max rimane interdetto per un po'. «E per te questo risolve il problema?»

«Lo risolve fin dove posso arrivare io» conclude Ivan con l'aria di ritenere chiusa la questione. «Non sono un medico, Max. Io so soltanto che stai meglio. Per tutto il resto troveremo una soluzione.»

Forse non è una logica ferrea, ma è la logica di Ivan, e Max ha imparato ormai da anni che non può vincerla. Max apre la bocca, la richiude, si crogiola per un istante nella sensazione di benessere che lo ha pervaso e si appoggia alla sua spalla per guardare il video degli Skitty.

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Capitolo 8
*** #19 - Gola ***


Prompt: gola.

Numero di parole: 260.


#19

~ Gola ~


Bussano alla porta nel cuore della notte.

Beh, forse non è proprio il cuore. In realtà manca un quarto d'ora a mezzanotte, quindi non è tanto tardi in linea assoluta, ma è anche vero che sono passati un paio d'anni dal suo giro delle isole, è più vicino ai trenta che ai venti – ma non rivelerà mai da quale lato dei trenta – e gli viene sonno un po' prima rispetto a qualche anno fa. Comunque sia è buio, quindi, tecnicamente, è notte.

Si avvicina alla porta a vetri e prova a guardar fuori, ma più per accrescere il senso di suspense che per vedere davvero chi ci sia fuori. Non si vede nessuno, e questo vuol dire che è arrivato proprio chi stava aspetando. Un estraneo sarebbe rimasto di fronte alla porta e la sua silhouette oscura sarebbe spiccata sul vetro – ma non vede nulla.

Apre la porta evitando di far tintinnare i vetri, e Guzman esce dal cono d'ombra che si spalanca ai lati dell'ingresso e si abbassa il cappuccio della felpa mentre lo scosta con una spallata per entrare in laboratorio.

«Buonasera anche a te» risponde Kukui interpretandolo come un saluto.

«Ehi. Come andiamo?»

«Piuttosto bene, grazie. Tu come...»

«Veniamo al sodo, Kukui» lo interrompe seccamente Guzman gettandosi un'occhiata intorno. «Mi hai chiamato per un motivo, o sbaglio?»

Kukui sospira profondamente. Certe cose non cambiano mai.

«Beh, non ci vedo nulla di male in qualche sano convenevole» borbotta tra sé prima di andare a prendere dalla dispensa una confezione della nuova linea esclusiva di CioccoSkitty.

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Capitolo 9
*** #22 - Louche ***


Prompt: Louche.

Numero di parole: 287.


#22

~ Louche ~

(disdicevole, moralmente in dubbio)


La voce di Ivan rimbomba echeggiando tra le pareti dello scalo di Portoselcepoli. «Vieni fuori di qui!»

Max non ha bisogno di venir fuori proprio da nessuna parte, dal momento che ancora non è a bordo del sottomarino rubato. Tuttavia aspetta. «Andiamo» sibila Ottaviano dalla cambina, facendogli cenno di salire a bordo; alle sue spalle le reclute hanno l'aria supplice di voler scappare e di non volersi attardare – ma Max, forse un po' morbosamente, con un piede già proteso verso l'interno della cabina, si volta e aspetta. La sfida della voce di Ivan è più forte di lui, troppo forte per poterle resistere. Le sue vittorie sono più complete quando c'è Ivan ad assistervi.

«Max!» tuona Ivan irrompendo nel salone attorniato dalle sue reclute. «Che cosa hai intenzione di fare?»

Max ha la sensazione che questa domanda Ivan se la sia preparata ben prima di vedere quale fosse la situazione, perché quello che sta facendo gli pare abbastanza evidente.

«Sto requisendo un sottomarino.»

«Max.» A un cenno di Ivan, le reclute sono rimaste indietro; Ivan da solo ha proseguito versi di lui, ma s'è fermato a ua certa distanza, come se temesse, avvicinandosi di più, di spaventarlo e farlo scappare come una bestia selvatica. Allarga le braccia per significare al contempo che è disarmato e che non intende far nulla di fisico, in un gesto tanto ampio che sembra abbracciare l'intero sottomarino. Non ha quasi parole. «Sei un vigliacco.»

Max si compiace come se gli avesse appena rivolto un complimento e sale sul sottomarino. Ottavio avvia freneticamente la procedura di chiusura e sigillazione del portellone, ma Max fa giusto in tempo a sporgersi per salutare con la mano.

«Non hai bisogno di adularmi, sai?»

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Capitolo 10
*** #24 - Proverbio ***


Prompt: proverbio.

Numero di parole: 224.

Aldo Giovanni e Giacomo è uno stile di vita.


#24

~ Proverbio ~


Se c'è una cosa che Ivan ha sempre odiato, e Max questo lo sa benissimo, è svegliarsi in un letto vuoto. Non che la cosa dovrebbe sorprenderlo, comunque: di alzarsi in piena notte e scivolar via dal letto prima dell'alba, Max l'ha sempre fatto da quando si conoscono, e nonostante ciò Ivan nel suo letto ce lo ha portato ogni altra volta, perciò Max l'ha sempre considerata un po' una tacita esoressione di consenso. Dopotutto, se non gli andava bene sapeva come evitare che accadesse.

Quando si sveglia nel buio, come al solito, Max avverte alla propria sinistra un freddo insolito, sgradevole – Ivan emette solitamente sufficiente calore da sostituire una gigantesca borsa dell'acqua calda, e russa, anche. Stamani, o stanotte, il letto è freddo e silenzioso. C'è qualcosa di strano.

Max si tira su tra le coperte sfatte e si protende verso il comodino per accendere un'orrenda abat-jour che era probabilmente in regalo coi punti del Market. Quando si dipana sulle coperte il cono di luce, il letto è vuoto. Max non sa che pensare – potrebbe essere andata in bagno, ma in tal caso il materasso non sarebbe così freddo – ah! C'è un biglietto.

C'è scritto: T'ho fregato, Maxie! A volte dorme più lo sveglio che il dormiente.

Max accartoccia rabbiosamente il foglio nel pugno. «Ma che cazzo di proverbio è?»

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Capitolo 11
*** #26 - Size difference ***


Prompt: size difference.

Numero di parole: 832.

Dedicato a te che un giorno mi hai strappata dal letto.


#26

~ Size difference ~


Ivan è sempre stato un po' manesco.

Non violento, perché del male fisico, più o meno inavvertitamente, non ne farebbe mai ad alcuno. Non sarebbe capace.

Il problema è che, quando pesi centoventi chili di muscoli e sei tanto più grosso degli altri – del tuo ragazzo, per esempio – sapersi regolare è incredibilmente difficile. Non ha mai spaccato una bottiglia per usarne i cocci durante una rissa o roba del genere, ma durante le sere al pub, mentre rideva con una birra in mano, ha frantumato più boccali e bottiglie di quanto gli piaccia ricordare. Ma mica lo ha fatto mai apposta: il problema è che per risparmiare fanno questi vetri così sottili che si rompono solo a guardarli. Non è mica colpa sua.

Ma se dovesse fermarsi a badare a ogni singolo rischio provocato dalla sua forza, non farebbe mai niente. Perciò, quando Ivan entra in camera e trova Max a letto, immobile nella stessa posizione da ore, con lo sguardo fisso nel vuoto e rannicchiato il più lontano possibile dalla luce, agisce secondo quello che ormai è diventato il suo criterio d'azione: ai danni collaterali ci penserà poi. Nel frattempo bisogna fare qualcosa.

Ivan spalanca le tende, apre le persiane per far entrare un po' di luce, Max si tira le coperte sulla testa e mormora: «Lasciami stare. Oggi non riesco ad alzarmi. Ci ho già provato...»

«Invece bisogna alzarsi tutti i giorni» ribadisce Ivan, che non è molto portato per le massime sapienziali, ma almeno questa cosa la sa: non si sprecano i giorni.

Max non risponde e non reagisce, sempre che ci sia ancora Max sotto quel cumulo di coperte. Allora Ivan senza troppe cerimonie afferra le coperte e tira molto forte. A dire il vero voleva solo scoprirgli la testa, ma un istante dopo si ritrova con in mano tutta la biancheria del letto e Max rimane imbronciato e cupo sul materasso, col pigiama troppo corto che gli lascia scoperte le caviglie magre. «Ivan!»

«Scusa» risponde Ivan senza il minimo dispiacere. «Comunque a questo punto puoi anche alzarti. Tanto ormai sei scoperto, no?»

Max nasconde la faccia sotto il cuscino per non guardarlo, forse perché gli secca d'aver gli occhi rossi e gonfi. «Lasciami perdere.»

Il suo modo d'obbedire agli ordini è strappargli dalla faccia il cuscino con la delicatezza di un piccolo uragano. Lo tira su dal letto come se sollevasse una bambola, gli sfila quell'orrendo pigiama da ospedale e ignorando le sue proteste e i suoi fragili scatti inconsulti lo trascina in bagno, apre l'acqua e lo scaraventa nella doccia.

Max ha ancora sufficiente orgoglio da lavarsi da solo. Nel frattempo Ivan dà fondo a tutte le sue scarne doti di casalingo: butta in lavatrice l'orrendo pigiama, sbarbica quel che resta delle lenzuola e mette a lavare pure quelle. Ci mette pure l'ammorbidente. Razzola un po' nell'armadio e tira fuori un brutto pullover sformato ma pulito e dei pantaloni che ai tempi di suo nonno erano già fuori moda e lo costringe a indossarli dopo la doccia. Max stringe le labbra in segno di disappunto.

«Sei contento adesso?»

«Quasi. Prima facciamo merenda.»

Max borbotta invano qualcosa riguardo al fatto che la merenda non l'ha fatta mai nemmeno da bambino. Ivan fruga in dispensa e tira fuori biscotti e bustine da tè e per un po' rimangono seduti a tavola in silenzio a sorbire tè e sgranocchiare biscotti. Max non lo guarda neppure.

«Ora posso tornare a letto?»

«Stasera» concede magnanimamente Ivan. «Ora usciamo.»

«Ivan..»

Ivan gli infila il cappotto a viva forza, come si vestono i bambolotti, e lo trascina fuori.

Sta nevicando. A Hoenn non nevica spesso e quando succede c'è da approfittarne. In alto, sui pendii che circondano il vulcano, la neve si accumula in pesanti cumuli e piega i rami degli alberi.

Arrancano in silenzio nella neve. Max borbotta e si lamenta eppure nemmeno una volta propone di tornare indietro.

Alla fine succede l'irreparabile. Seguendolo su un pendio innevato, Max pone un piede su un cumulo di neve più alto di lui e sprofonda fino al petto. Ivan se ne accorge quando sente il suo mezzo grido soffocato. Quando si volta intravede a malapena i suoi capelli rossi in mezzo alla neve.

«Maxie!» grida affacciandosi sulla voragine. «Tutto bene?»

Immerso nella neve fino alla gola, Max ha l'aria attonita e bagnata eppure non troppo contrariata. Lo fissa senza parole come a chiedergli come sia potuto accadere, e la sua faccia è tanto buffa che Ivan scoppia a ridere.

Max inizia a ridere a sua volta. È un suono talmente inatteso che Ivan ne rimane incantato.

«Ti stai divertendo?» gli sfugge. Non voleva interrompere questa strana meraviglia che s'è creata, ma la risposta è troppo importante per lui per potersi permettere di non chiedere.

«Un po'» mormora Max in una grande concessione. «Tutto sommato è meglio che stare a letto.»

E poiché questo è il massimo riconoscimento che Ivan riceverà mai da lui, si ritiene soddisfatto come se gli avesse detto grazie.

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