Vide una figura in lontananza che
si stagliava in controluce.
Aspettò che lo raggiungesse. Sentiva che lo voleva, lo
completava e accresceva
il suo senso di quiete.
"Ciao, Mycroft, mi riconosci?" Una
voce di adolescente
lo chiamò. Lo fissò, la mano a proteggere gli
occhi dal riverbero della luce.
"Mi assomigli, sembri me quando avevo tredici anni." Rise, si protese
in avanti per toccarlo. "Ero bello in carne, allora."
"Già, eri un bel
ragazzone voglioso di amore. Sono la tua
essenza, Myc." Holmes abbassò la testa, la scosse piano,
aveva compreso.
"Posso chiamarti Alex? È il mio secondo nome, nessuno mi ha
mai chiamato
Alexander. Anche se mi sarebbe piaciuto."
"Va bene, Myc." Alex lo prese per
mano.
"Vorresti vedere dove siamo? Questo
è il paradiso. Il dono
che ti è stato fatto per la tua vita."
Mycroft sbuffò sorpreso,
lo guardò con tenerezza. "Non ero
così buono in vita da meritarmelo. Forse chi comanda qui
sopra si è
sbagliato." Indicò la luce abbagliante sopra le loro teste,
quel
volteggiare di anime attirate dalla serenità che emetteva.
Una leggera
inquietudine gli passò sulla fronte, i ricordi terreni
tornarono prepotenti.
Alex allungò la sua mano
e lo accarezzò al centro del petto. La
sua camicia ritornò di un bianco croccante, pulita come il
suo cuore sanato.
"Perché mi fai questo? Non lo merito, ne ho combinate di
cose
sbagliate."
"Tu pensi questo? E
perché senti di avere sbagliato?" La
mano del ragazzo si strinse alla sua.
Mycroft si rivide bambino. Per
sette lunghi anni era rimasto da solo,
coccolato da suo padre Siger e da Violet. Un ragazzino forse un po'
introverso,
ma con un'intelligenza veloce, stimolata dalla madre, una matematica
esplosiva.
"Mamma era una mente brillante,
l'adoravo. Speravo di
diventare come lei." Si girò a guardare Alex, gli sorrise.
"Poi
arrivò Sherlock e io cambiai."
Lui sussurrò inclinando
la testa riccia. "Un fratello
inaspettato che ti fece crescere di colpo e ti riempì di
responsabilità."
Holmes si fermò, si sedette in un piccolo ritaglio di erba
prossimo alla riva,
Alex lo seguì e gli si accoccolò vicino.
"Mamma lavorava sempre
più spesso, mi presi cura di lui.
Sherlock fu il mio scopo di vita, l'amore fraterno che ti cambia." Il
ragazzo si strofinò sulla sua spalla, lo ascoltò
silenzioso.
"Ma non fu lo stesso per Eurus, lei
arrivò un anno dopo e
scombinò i delicati equilibri della famiglia." Holmes
aggrottò la fronte,
si fece serio. "Eurus piangeva sempre, era inconsolabile. Nessuno
sembrava
capirla."
Si voltò a guardarlo
colpevole. "Non fui un bravo fratello
con lei."
Alex sospirò, lo
accarezzò sulla spalla. "Sì, che lo fosti,
eri un ragazzino, come potevi capire il suo disagio."
Mycroft affondò la mano
nella terra umida e strappò un ciuffo di
tenera erba.
"Avrei dovuto starle vicino, ma ero
preso dall'irruenza di
Sherlock e non la capii." Il ragazzo rise. "Ti dai sempre tutte le
colpe, non c'eri soltanto tu."
Si scosse, si alzò in
piedi lasciò cadere la terra dalle mani, le
pulì con vigore. "Tu lo sai quello che successe. Aveva sei
anni quando
uccise Victor, il piccolo amico di Sherlock e incendiò
Musgrave. E fu
rinchiusa." Holmes scosse la testa, avvertiva il dolore fisico al
centro
del petto. Alex si sollevò e gli posò la mano
sulla spalla per lenirgli la
sofferenza.
"Non tormentarti, non fu colpa tua.
Sherlock perse la memoria
e i tuoi genitori si accordarono con lo zio Rudy di tacergli tutto. Tu
fosti
obbligato a farlo."
Rimase al suo fianco e
aspettò. Mycroft ripercorreva la sua vita e
non trovava altro che delusioni.
"È quello che sono
diventato dopo che non mi fa meritare di
essere qui." Quasi gridò, mentre sentiva dentro il corpo
tutta la angoscia
di Sherlock, la rabbia nei suoi confronti per il suo abbandono, quando
aveva
seguito lo zio a Londra per diventare l'uomo di ghiaccio.
"Come ho potuto farlo, Alex? Come
ho potuto lasciarlo? Guarda
dov'era finito!" L'acqua stagnante gli restituì l'immagine
di Sherlock che
giaceva in una vecchia stanza abbandonata in overdose. Sfinito e
tormentato.
"Ma tu c'eri Myc, ci sei sempre
stato. Qualunque cosa ti gridasse
contro." Mycroft si portò le mani sul volto pallido, come a
nascondere le
sue mancanze, e pianse come non aveva mai fatto in vita. Ma con la
consapevolezza che non avrebbe potuto fare di più. Aveva
aiutato suo fratello
con dedizione e amore, ma non era stato in grado di cambiare le sue
scelte.
Alex lo sorresse, le mani sulle spalle lo stringevano con forza. "Non
fu
mai colpa tua Myc. Mai."
"Oh, tu mi giustifichi sempre." Si
asciugò le lacrime
con la manica della sua linda camicia.
Fissò Alex, in preda
all'angoscia. "Allora perché continuai a
tenere segregata Eurus? Perché ho fatto soffrire i miei
genitori? Perché non
aiutai Sherlock a ricordare? Fu un abominio quello che feci. Li coprii
di
menzogne."
Alex sorrise, staccò una
foglia da una pianta rigogliosa che
sembrava venire dal nulla, l'unica in quel posto sterile. Gliela
appoggiò sulla
mano. "Le foglie possono sembrare inutili, ma proteggono l'albero e lo
fanno prosperare. Così hai fatto tu Myc. Hai protetto la tua
famiglia. Con
costanza e non chiedendo nulla in cambio. Perché ritenevi
che fosse
giusto." Holmes lo guardò confuso. "Ma il mio albero
è spoglio e
arido, non ho amato nessun'altro, chi potrebbe piangermi?"
"Lo credi veramente?" Lo riprese
per mano e gli indicò
l'acqua piatta." Vide Anthea con le lacrime che le bagnavano
il
volto. Si stupì. "Alex, percepisco il suo dolore. Lei mi
voleva
bene!"
"Come tutti gli altri Myc, come i
cuori che soffrono la tua
mancanza e ti piangono." E li vide, quei volti che in vita gli erano
stati
attorno, riflessi nello specchio d'acqua.
C'era Sherlock a Sherrinford, che
stringeva forte nelle mani il
suo orologio da taschino, con John e i suoi genitori davanti a Eurus,
viva e
segregata, che non dava più nessun moto di vita.
Sorrise a quel gesto gentile del
fratello, la dolcezza del loro
ricordo lo avvolse e lo sanò.
"Hai seminato amore Myc, a modo
tuo. Ma ciò che ti ha portato
qui è il tuo sacrificio finale. Quando a Sherrinford, ti sei
offerto per
salvare la vita di Watson. E dare a Sherlock la possibilità
di avere quello che
tanto desiderava. Una famiglia con John e Rosie."
Era consapevole del suo gesto,
sapeva perché gli aveva dato la
vita, afferrò il braccio di Alex. "Ma perché
sento l'oscurità dentro al
suo cuore? Dovrebbe essere felice. E invece...la sua mente vacilla." Il
ragazzo si liberò, fece alcuni passi.
Parlò di spalle,
tremando. "Lui ha fatto una scelta Myc. Un
uomo ha il libero arbitrio, tutti lo possediamo. E quello che ci
riscatta o ci
condanna. Tu ti sei sacrificato per amore." Alex abbassò le
spalle e si
girò fissandolo con gli occhi lucidi. "Lui ha deciso
diversamente. E ti ha
ucciso."
Sentì il gelo affondare
nella sua anima, Mycroft gridò tutto il
suo disappunto. "Non aveva alternativa! Che poteva fare d'altro?"
Alex rimase immobile, le lacrime
che gli scendevano copiose, sul
quel volto di adolescente imberbe che era stato.
"Amarti Mycroft e amare John. Non
rivolgere quell'arma verso
nessuno dei due."
"Ma Eurus ci avrebbe uccisi tutti!"
Gridò sconvolto, ma
realizzando la scelta malaugurata del fratello.
Alex respirò
profondamente. "Non lo sai quello che sarebbe
potuto succedere. Ora lui si è dannato."
Avvertì un forte dolore
al torace e contrasse la mascella. Sentì
nitido lo sparo di quel giorno, la lacerazione acuta al centro del
petto, la
devastante sensazione di spasimo che si irradiava fino al cervello.
Il sangue che gli riempiva la
bocca, il freddo che avanzava, il
volto di suo fratello che si annebbiava mentre lo sorreggeva e lo
appoggiava a
terra. E Sherlock piangeva e gridava il suo nome, così forte
da stordirlo,
pregando di perdonarlo.
Fu l'ultima cosa che
sentì. Era morto così, con gli occhi grigi
aperti, rivolti al soffitto di quella fredda cella, senza potergli dire
che lo
assolveva. E che perdonava anche la pazzia di Eurus.
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