Beat around the crack

di Maqry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Snargus ***
Capitolo 2: *** Ulick Gamp/Gilderoy Allock - Volkov/Fleamont Potter - Scorpius Malfoy/Alphard Black ***
Capitolo 3: *** Di Balli, pettegolezzi e geometria ***
Capitolo 4: *** Irma Crabbe x Violetta Bulstrode ***



Capitolo 1
*** Snargus ***


Prima serata
(S
everus x Argus)
 








#1 AU

(Cenerentola!AU)


 

 
“Su in cucina, giù in cantina, Gazza!”
Questo era il suono, stridulo e imperioso, che scandiva le giornate del, ormai non più troppo giovane, Argus. Si trascinava con le storte gambe stanche per scalini e scaloni e scalette a pioli dell’immenso maniero di famiglia, puliva pavimenti e lustrava argenterie, senza una parola gentile, un moto d’affetto da parte della matrigna e i fratellastri, o anche solo una compagnia diversa dagli scarafaggi che infestavano l’ultimo piano. Avrebbe voluto poter dire che le sue disgrazie erano iniziate con la morte dell’amata madre e il secondo matrimonio del padre, la verità è che erano nate il giorno in cui era stato chiaro che per lui non ci fosse alcuna lettera per Hogwarts ad attenderlo e i suoi stessi genitori lo avevano relegato nelle sue stanze per paura di uno scandalo – un Magonò, che orrore!
La matrigna e i fratellastri, che nemmeno sapevano fosse uno di famiglia, erano stati solo l’ennesimo colpo di una lunga serie di sfortunati eventi, capitato quando ormai le speranze di una vita migliore le aveva perse da un pezzo. Ma poi…
Ma poi, a cinquant’anni ormai suonati, era arrivato Albus Silente con la sua barba lunga e gli occhiali a mezzaluna e quel sorriso machiavellico nascosto sotto i baffi. Un lavoro, prometteva, con vitto e alloggio, un salario e dignità. “Niente più vita da sguattero, Argus caro,” aveva detto, e in un colpo di bacchetta lo aveva catapultato a Hogwarts, il sogno più nascosto del cuore incartapecorito e polveroso del buon Gazza.
La nuova realtà si era mostrata non molto diversa da quella precedente, a essere onesti – chiedere a un Magonò di tenere sotto controllo un castello magico immenso, pullulato da viscidi esserini magici era una gran bella presa per i fondelli, a suo parere –, ma, di nuovo, c’era un grande però.
Perché, dopo anni di solitudine tra dannate scale che amavano cambiare e stupidi ragazzini che si rincorrevano sporcando i pavimenti che aveva pulito con tanta pazienza e olio di gomito, era apparso lui, Severus Piton, tunica e capelli neri, e gli aveva rivolto una parola cortese, mostrandogli solidarietà dopo l’ennesimo tiro mancino di quei disgraziati dei gemelli Weasley.
Forse un lieto fine c’era anche per un vecchio Magonò scorbutico e grinzoso come Argus Gazza.
 

 

*



#2 Hurt/Comfort
 
 

“La mia bambina…”
Silenzio.
“La mia amatissima bambina!”
Ancora silenzio.
Argus alzò il tono di voce di qualche altra ottava, gemendo e tirando su con il naso, la scopa che picchiava ripetutamente contro i muri dell’aula mentre spazzava con più veemenza del necessario.
“Pietrificata, quasi morta!”
Il grattare annoiato di una piuma sulla pergamena giunse in risposta ai suoi piagnistei. Ma Argus non si arrese.
“Morta, la volevano morta!”
 Ancora niente. Argus si azzardò a lanciare un’occhiata di traverso alla cattedra dall’altra parte dell’aula, il professor Piton che non solo non lo degnava della ben che minima attenzione, ma teneva il lungo naso sepolto tra i compiti da correggere.
Il custode afferrò il panno per le polveri e, singhiozzando e borbottando tra sé e sé, si avviò verso la grande vetrata alle spalle del professore.
“Tutta colpa di quel Potter,” sputò con amarezza, “e Silente non vuole nemmeno punirlo. Ah, so io cosa gli farei! Lo incatenerei al soffitto e…”
Le labbra di Gazza si piegarono in un ghigno sinistro, mentre passando accanto al professor Piton scorse il compito che aveva appena finito di valutare.
Harry Potter. Nemmeno classificabile: interrogazione su tutto il programma dei due anni per provare a recuperare.
 
 

*



#3 Established relationship
 
 

“Argus, mio caro, apprezzo il gesto che vuoi compiere, ma… mi stai chiedendo molto,” rispose garbato Silente, poggiando con fare pensoso il mento sulle mani congiunte.
“Lo so, signor Preside, ma si tratta di un’occasione importante e una volta sola, non le chiedo altro,” replicò deciso il custode, racimolando tutto il coraggio di cui disponeva per contrattare con Albus Silente.
“Io posso anche acconsentire, Argus, ma cosa ne diranno gli altri?”
“Non è necessario che sappian… Non devono sapere!” esclamò in preda al panico il vecchio custode, stringendo i pugni fino a sbiancarsi le nocche.
“Ma mio caro, non posso sottrarre punti a una Casa e mandare alcuni loro studenti in punizione senza alcun motivo!”
Gazza, in un ultimo, supremo, atto di coraggio – a Grifondoro lo avrebbe Smistato il Cappello Parlante, se solo avesse posseduto la magia, ne era certo – sollevò scettico un sopracciglio, arricciando la bocca grinzosa in un ghigno che trasudava sarcasmo: “Non faccia il modesto, Silente, mi pare sia la sua specialità. Però, magari, questa volta non ai Serpeverde.”
“D’accordo, d’accordo, vedrò che si può fare: mi dicono che Finnigan ha fatto saltare in aria mezzo dormitorio di Grifondoro con la complicità di Thomas. Avevo detto a Minerva di occuparsene lei, ma vedrò di fare un’eccezione per questa volta… Vediamo… punizione a discrezione tua e del professor Piton, eh? E che giorno hai detto vorresti?”
“Il quindici maggio, signore.”
“Consideralo fatto, Argus.”
 
Meno 300 punti, far pulire senza magia i gabinetti dei sotterranei a due Grifondoro, e poi spedirli per la Foresta Proibita con Hagrid. Era il tipo di anniversario di matrimonio perfetto che Argus aveva in mente per il suo anatroccolino.
 



*



#4 Songfic
(“Come mai”, Max Pezzali)
 


Severus non sapeva come fosse stato possibile, a volte nella notte lo (e si) malediceva.
Dimmi come mai, ma chi sarai, per fare questo a me?
Era una quotidiana guerra contro la razionalità capire perché, invece di andare diretto in Sala Grande, dalla sua aula facesse quel giro immenso che lo portava davanti allo sgabuzzino del custode. Puro caso, si diceva, eppure…
Si sentiva un bambino, uno stupido mocciosetto, ecco cosa. Era come trovarsi dentro un film – no, non uno di quei melensi e sciocchi filmetti d’amore da quattro soldi, ma un film dell’orrore, sicuro.
Non importava, non gli avrebbe detto nulla: inutile parlarne, non avrebbe capito mai.
E gli altri, poi, se solo avessero saputo, nemmeno lo avrebbero riconosciuto.
Era destinato a tenere per sé quel… qualsiasi cosa fosse che lo portava a vagare per i corridoi durante le ronde, a cercarlo con la coda dell’occhio, a trovare scuse stupide per parlargli.
E nel mentre si ripeteva sempre la stessa, identica domanda al gusto di imprecazione.
Dimmi come mai, ma chi sarai, per fare questo a me? (Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te!)
 




 
Note alla storia: ehm ehm, salve! Se siete giunti fin qui, tanti complimenti e tante condoglianze, immagino, ma sappiate che vi voglio bene – tantissimo. In tempi non sospetti, mesi fa, io e LadyPalma abbiamo organizzato una serata drabble tra di noi: quattro turni da quindici minuti in cui scrivere una storia breve (ché si è ben capito come le drabble non ci siano uscite) seguendo un prompt proposto a turno da una delle due (per salvarci quel poco di faccia che ci rimane, non diremo chi ha proposto cosa). In nome del coraggio di Grifondoro, alla fine si è optato pure per postare e condividere il trash. Si ringrazia VigilanzaCostante per aver suggerito il titolo (che si rifà all'espressione idiomatica inglese "beat around the bush", cioè discutere attorno a un argomento senza venire al punto).
E niente, spero vi abbia almeno divertito un pochino, quasi quanto mi son divertita io nello scriverle.
Un abbraccio!

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Capitolo 2
*** Ulick Gamp/Gilderoy Allock - Volkov/Fleamont Potter - Scorpius Malfoy/Alphard Black ***


TW: age-gap e tanta, troppa, demenza. Ma con certi personaggi sorteggiati era l’unico modo per salvarsi. Maghi avvisati mezzi salvati.

 
Seconda serata
(Multiship)
 
 
 
 
#1 Ulick Gamp/Gilderoy Allock
Essere pelati a vent’anni è una scelta morale
(“Essere pelati”, Garage Gang)

 
 

Gilderoy era sempre stato uno da Eccezionale in Incantesimi. Era uno studente pigro, ma questo non significava che non sapesse benissimo quali fossero le proprie doti e scegliesse di applicarvisi con dedizione.
E, se Incantesimi poteva godere di tutte le sue attenzioni, non era mai stato dell’opinione che lo stesso meritasse Trasfigurazione. Tanto per iniziare, a lui non serviva certo saper trasformare un topolino in calice. Aveva il suo bel dire, quel cretino di Stephen, che potesse essere un’ottima soluzione in caso di necessità: per esserlo, Gilderoy avrebbe dovuto trovarsi un topo a portata di mano, e questo era ben lontano dalle sue ambizioni. Per non parlare poi della totale assenza di igiene in una simile procedura. No, molto meglio Incantesimi: erano puliti, asettici, a distanza di sicurezza, che non gliene volesse la McGranitt.
Per non parlare delle limitazioni: gli Incantesimi era difficile ne avessero, Trasfigurazione ne tirava fuori da ogni pagina. Quelle che aveva sempre odiato di più erano Le Cinque Principali Eccezioni alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione Elementare, maiuscole incluse, che gli avevano fatto guadagnare una T al settimo anno, proprio a un passo dai M.A.G.O. Lo odiava, Gamp, aveva deciso, vetusto Ministro imbellettato del diciottesimo secolo, tutto muffa, parrucche incipriate e nemmeno un capello sotto, come minimo. Da quel compito andato male, aveva sempre covato sotto sotto il desiderio di poterlo avere tra le mani e strangolare; o forse meglio di no, solo Impastoiare con un incantesimo ben piazzato, non aveva sicuramente intenzione di rovinarsi le unghie per colpa di un tale esserino. I pettegolezzi maldicenti dell’epoca, che riportava un vecchio manuale di dubbia validità scientifica – e certamente di parte, politicamente parlando –  trovato in Biblioteca, affermavano pure che gli puzzasse sempre l’alito per un qualche incantesimo sul cibo non andato a buon fine. Prima di scoprire le sue Eccezioni, probabilmente. Si era guardato bene da informarsi oltre su di lui, in ogni caso.

 
Per questo, quando ottenne l’Ordine di Merlino, Terza Classe, in una sontuosa cerimonia nella stanza del Ministro della Magia, rimase imbambolato davanti a un vecchio ritratto dei precedenti Funzionari. Lo avevano colpito il profilo perfetto del naso, le labbra ben arcuate e piene… il tipico caso di folgorazione istantanea. Un brivido lo aveva colto leggendo, appena sotto la cornice dorata e intarsiata, il nome del Ministro raffigurato: Ulick Gamp.
Beh, convenne Gilderoy, poteva essere pelato, imparruccato e autore di Leggi noiose, ma non si poteva ammettere che non avesse fascino. Forse stava tutto in quel rigore morale che il naso affilato e la parrucca gli conferivano.
 
 
*
 
 
#2 Fleamont Potter/Volkov
Talent Show!AU
 
 

Rita Skeeter, fasciata in elegante completo violetto – color veleno, sibilava qualcun malevolmente –, era dietro le quinte da mezz’ora buona, pronta per condurre la settima serata di UK Magic Next Talent. Era alla sua prima esperienza, come direttrice artistica del seguitissimo programma, e quel ritardo sulla tabella di marcia la stava innervosendo: che fine potevano aver mai fatto le due guest star della serata? I due invitati erano dati per dispersi nel cunicolo di camerini, specchi auto-truccanti e cameramen impazziti da ormai tre quarti d’ora, e lei non ne poteva più di rincorrerli come se fossero dei bambini, invece che star internazionali di fama mondiale.
Rita maledisse quella stupida idea di invitare esterni a ogni nuova puntata: non bastava dover già coordinare concorrenti e giudici? E vogliamo parlare di coordinare Albus Silente? Soprattutto quando al suo fianco sedeva Cornelius Caramel, che aveva già finito per urlare al Preside che: «Sei solo un vecchio pazzo e falso che da anni attenta alla mia poltrona!»? Un incubo, da farle ammosciare tutti i boccoli perfetti.
«Ne pasterà solo goccio?»
La voce del giovane Volkov, ospite straniero della serata, nonché promettentissimo Battitore della nazionale Bulgara appena entrato in squadra a soli sedici anni, arrivò incerta e gutturale alle orecchie di Rita, che si mise a correre sui tacchi a spillo nella sua direzione.
«Ma certo, ragazzo mio, la Tricopozione Liscariccio non ne sbaglia una e agisce in un lampo! Vedi, sta tutto nell’aggiunta di peli di drago asiatico: mi ci sono voluti decenni per trovare l’ingrediente giusto, ma eccolo qui»
Rita accelerò il passo, ritrovandosi molte tende più in là della quinta da dove era previsto entrassero in scena i due. la scenetta che le si parò davanti era quasi ai limiti del surreale, col vecchio Fleamont che sorrideva compiaciuto al ragazzino bulgaro.
«Ringratzio di cuore, chovek1 Potter, miei capelli sempre problema!»
L’abbraccio in cui il ragazzo stritolò con entusiasmo il vecchio Potter, mandandogli di traverso gli occhialetti tondi, fu subito interrotto dalla voce acuta della conduttrice: «In scena subito. Ora. Alle smancerie penseremo dopo!»
I due, un filo ridacchianti e un filo terrorizzati dalla donna, eseguirono a capo chino gli ordini, mentre una boccetta scivolava nella tasca della veste di Volkov.
 
 
*

 
 
#3 Scorpius Malfoy/Alphard Black
« “I’m going to need chicken blood, salt, five candles, and a bottle of vodka.”
“Vodka? For the spell?”
“No, that’s just to make me feel better about ripping a hole in the universe” »


 
 
Scorpius, anni dopo – raccontando la vicenda ai suoi nipotini seduti sul tappeto ai piedi della vecchia poltrona su cui tanto amava passare i pomeriggi –, avrebbe ricordato come fosse iniziato tutto un mercoledì mattina d’agosto, mentre se ne stava tranquillo nell’immensa villa dei Black che sua nonna aveva ereditato alla fine della guerra, e dove nonna Narcissa amava invitarlo per trascorrere qualche settimana insieme durante le vacanze estive.
«Ecco, bambini,» esordiva ogni volta, «nonno era là, tutto tranquillo, che studiava in una delle stanze del quinto piano, quando aveva sentito qualcuno frugare nella stanza vicina».
La verità era che quell’esordio nemmeno si avvicinava lontanamente a introdurre il momento in cui si era imbattuto in Alphard Black, zio paterno di sua nonna, diseredato dalla famiglia, schifosamente ricco – a quanto si sussurrava in famiglia – e pure nemmeno troppo vagamente pazzo. Sull’ultima parte, Scorpius aveva potuto verificare di persona quanto questo fosse vero. Perché quel pazzo scriteriato del suo, beh, parente molto alla lontana, era riuscito a viaggiare nel futuro, Salazar solo sapeva come! E per di più senza prima inventare un modo per ritornare indietro. Uno che non comprendesse rischiare di far collassare mezzo mondo e violare almeno un centinaio di Leggi Magiche.

«Come sarebbe a dire: “non ne ho idea”? Voi non sapete come tornare indietro, signore?»
«Non fare tanto lo sconvolto, bimbetto, non succede tutti i giorni di sbagliare incantesimo e finire nel futuro! E non chiamarmi signore, solo Alphard».
«Sbagliare?! Come si fa a sbagliare e finire nel secolo successivo?»
«Beh, ragazzino, se ne sapessi qualcosa in più di magia, capiresti l’eccezionalità del mio gesto, invece che fare tanto lo sconvolto…»
«Io ne capisco, di Magia, ho superato i G.U.F.O. con ottimi voti, e tra poco anche i M.A.G.O. Sono ormai grande e maggiorenne, sign… Alphard!»
«E allora vai di sotto e procurami sangue di gallo, sale, cinque candele, e una bottiglia di Whiskey Incendiario, Scorpius».
«Whiskey Incendiario? Per un incantesimo?»
«No, quella è per farmi sentire meglio all’idea di stare per aprire un buco nell’universo. Potenzialmente, ragazzino, potenzialmente, non sbiancarmi tanto. Non sono una buona crocerossina».
«E non può andarci lei? Non voglio avere a che fare con tutte queste cose, io».
«Vuoi far prendere un infarto a tua nonna, ragazzino? Oh, non lamentarti per il ragazzino, a comportarti così te lo meriti solo. Allora, vuoi aiutarmi o no?»
«D’accordo, ma se moriamo mi ricordi di inseguirla per il resto dei suoi giorni e strangolarla!»
«Sarà fatto, Scorpius. Nel caso, se prevediamo di stare insieme così a lungo, sarà bene che inizi a darmi del tu. E ora veloce: quel sangue di gallo mi serve ancora caldo!»
«Ai suo… tuoi ordini, Alphard!»
 
 

Note alle storie (?): dunque, questa volta si è deciso di alzare l’asticella e includere anche i secondari secondarissimi, perché, dai, insomma, chissà che divertente se peschiamo personaggi a caso dall’indice del Lexicon che contiene pure i personaggi a cui la Rowling aveva pensato ma di cui non ha mai scritto. In fondo, cosa mai potrà andare storto? Il risultato, lo avete letto, giudicate voi.
A quanto pare al generatore casuale di lettere e numeri piace leggere slash, e pure con notevole age-gap, e c’ho provato al meglio delle mie capacità a tirarne fuori qualcosa di un filo sensato, nonostante l’age-gap non sia proprio nelle mie corde (o preferenze di lettura). Come sempre i prompt sono stati gentilmente offerti da una di noi, nello specifico si ringrazia VigilanzaCostante che si è unita per questa sessione (no, non diremo i peccatori, solo i peccati, ma voglio prendermi la paternità del prompt dell’incantesimo perché sono secoli che vorrei fillarlo, e, ehm, ecco, una Scorpius/Alphard non era esattamente quello che avevo in mente, ma l’ho fillato!).
Niente, mi dileguo chiedendo scusa a chiunque abbia letto, e grazie di cuore se lo avete fatto, meritate una fetta di pandoro o panettone con crema al mascarpone d’accompagnamento.
 
 

[1] Signore in bulgaro (così dice sior gugol)

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Capitolo 3
*** Di Balli, pettegolezzi e geometria ***


Di Balli, pettegolezzi e geometria
 


A Marti,
thanks for all the fun and the crack.
 
 
 
Harry stava aspettando tutto solo che Hermione finisse di riporre sugli scaffali i libri consultati quel pomeriggio, quando si accorse del custode della scuola che stava entrando circospetto in biblioteca. Gazza era stranamente pettinato, decretò Harry, pulendosi per bene gli occhiali nella manica della felpa per essere certo di averlo visto davvero. Beh, decise dopo la seconda, scrupolosa, radiografia, pettinato per quanto potessero consentirlo gli standard di Gazza, ovvio, il che significava comunque più arruffato di un pulcino bagnato. E poi – che gli prendesse un colpo e ci rimanesse secco! – dietro la schiena teneva un mazzo di cardi, la metà dei quali un po’ troppo sciupati.
Dopo aver lanciato un’occhiata a Hermione, ancora impegnata nelle sue faccende sollecitata da Madama Pince per l’ora tarda, Harry decise di seguire di soppiatto il custode, mosso dalla curiosità: che avesse una tresca con la bibliotecaria?
“Magari vuole portarla al Ballo del Ceppo,” pensò il ragazzo, nascondendosi dietro una libreria per sfuggire al fiuto da segugio di Mrs Purr. Fece però solo in tempo a sbirciare, tramite lo spazio lasciato libero da un libro mancante, il custode che scivolava silenzioso dentro le stanze private di Madama Pince, prima che la donna lo sorprendesse alle spalle e, con un colpo di bacchetta, lo facesse uscire dal suo nascondiglio.
«Cosa stai facendo, Potter? La signorina Granger ha finito e ti sta aspettando per andare a cena. Scattare!»
Con il cuore che gli batteva a mille per lo spavento, Harry si riscosse dalla sua attività di spionaggio amatoriale e se la diede a gambe levate, seguendo Hermione che lo attendeva sulla soglia della biblioteca con le braccia cariche di una nuova dozzina di volumi.
 
*
 
«Dovresti essere più discreto, Argus,» rimproverò la donna entrando nelle proprie camere e sistemando il mantello su una poltroncina accanto al fuoco. «Potter stava per scoprirti. Siamo fortunati che il ragazzo non è particolarmente sveglio e non avrà capito molto, ma meglio non rischiare».
«Quel ficcanaso di un moccioso!» imprecò a denti stretti il custode, facendo un grattino dietro le orecchie di Mrs Purr, accovacciata sulle sue ginocchia, che rispose con uno stridulo borbottio soddisfatto.
«Ora penserà che abbiamo una relazione clandestina noi due,» sbuffò la donna, presto imitata dalla teiera appoggiata su una mensola che fece levitare delicatamente fin sul tavolino a cui era seduto Gazza.
«Questa sì che sarebbe bella,» ridacchiò rauco l’uomo, mentre Madama Pince gli si accomodava di fronte. «Sei decisamente l’opposto del mio tipo ideale, Irma».
«Oh, dici che non indosso abbastanza nero?» chiese lei, indicandosi il cappello a punta e parte della veste da maga che indossava quel giorno. Il custode avvampò, torcendo le mani e il mazzolino di fiori che ancora vi teneva. Come ricordatosene all’improvviso, lo allungò alla donna per cambiare discorso: «Toh,» borbottò burbero, i cardi mezzi flosci tesi verso l’altra.
«Minnie li adorerà, sicuro!»
«Prima devi avere il coraggio di darglieli…» ghignò malevolo l’uomo, accarezzando ancora la gatta sulle sue gambe.
«Io e Minnie almeno ci parliamo, a differenza di qualcuno».
Gazza arrossì ancora, blaterando scuse una dopo l’altra nel vano tentativo di smentire l’affermazione della donna: lo aveva persino curato quando era rimasto ferito anni prima durante la notte di Halloween, aveva cercato lui e non Madama Chips, erano sicuri punti a suo favore nella scala delle relazioni impossibili!
«Glieli lascerò comunque davanti alla porta, spero apprezzerà…»
«Gusti orrendi–»
«Disse il massimo esperto di mode floreali dopo Pomona Sprite».
«Un’altra con gusti orrendi per le radici urlanti. Bah».
«E che ha un cavaliere per il Ballo, diversamente da noi!»
«Io ho la mia principessa…» sorrise l’uomo dolcemente, mentre le fusa di Mrs Purr si fecero sempre più compiaciute.
«Umano, intendevo: glielo ha chiesto Vitious. E tu sai, invece, a chi dovresti chiedere». L’espressione di Madama Pince si era fatta più severa, ora, squadrandolo contrariata con i penetranti occhi marroni da avvoltoio. L’uomo imprecò, schiarendosi la voce, per poi scuotere la testa e sogghignare ammirato: «Sarà troppo impegnato a girare per i corridoi per beccare qualche coppietta che infrange le regole».
«Speri quindi che ti coinvolga nelle punizioni post-festa, allora?» chiese scettica la donna, ricordandosi in quel momento del tè caldo sul tavolo e versandone una tazza a sé e all’amico con un movimento pigro della mano.
«Sempre meglio che sperare che capisce che sono stato io a lasciargli fiori…» alluse lui in risposta, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia e rifugiandosi nella tazzina, da cui bevve un lungo sorso.
«Venendo a noi, oggi ci sono state altre due proposte per il Ballo. Justin Finch-Fletchley non si è fatto avanti con Colin Canon come avevi scommesso tu, e nemmeno con Marietta Edgecombe come speravo io: ha chiesto alla Bones, che ha pure detto sì».
«Per le mutande di Merlino, spero che almeno Michael Corner abbia chiesto alla Parkinson! Ci ho scommesso ben tre Burrobirre…»
 
*
 
«Harry, la tua teoria su Gazza e la Pince insieme al Ballo del Ceppo era come al solito sbagliata,» ridacchiò Ron, dando una gomitata nelle costole dell’amico e indicando il guardiano che danzava felice con Mrs Purr in un angolino, senza smettere di lanciare occhiate verso… la Vector che ballava con Piton?
«Però è la McGranitt ad avere un mazzo di cardi sul cappello».
Le parole di Ron attirarono l’attenzione di Harry, che in tutta quella confusione non poté non notare come sembrassero proprio gli stessi cardi mezzi flosci.
«Che fossero per la McGranitt e la Pince lo abbia solo aiutato?»
«Gazza che ci prova con la McGranitt e lei che indossa pure i suoi regali sarebbero davvero il colmo, Harry, tutto quel volteggiare deve averti dato alla testa…»
Il ragazzo annuì frastornato: buttò giù un sorso di punch molto forte per togliersi quelle immagini dalla mente prima di rimanerne traumatizzato a vita.
Altro che triangoli amorosi tra professori, quelli erano poligoni irregolari!
 
 
 

Note alla storia: questo delirio è prima di tutto un regalino (postato in ritardo grazie al tempismo perfetto della mia rete internet che mi ha abbandonata in settimana) per il compleanno di LadyPalma. Niente, come sempre io con lei perdo ogni decenza e dignità, si era capito già da un pezzo ma volevo riconfermarlo. Doveva essere una Snargus bella e seria, poi ho voluto strafare e infilarci una coppia sorteggiata (le prime uscite sono state Doll e la Signora Grassa, ma poi non riuscivo a incastrare la trama, così la sorte ha deciso per Irma e Minerva – lo so, lo so, sono praticamente canon, perdonami!). A quel punto ho deciso che andava smentita l’idea di una relazione tra Irma e Arugssino nostro, e niente, sono diventati amici pettegoli e consiglieri d’amore. E a quel puto il nostro poligono si è inserito a tradimento. E niente, so che è demenziale, e si meritava di meglio, ma spero possa comunque apprezzare questa cosina.
Ancora tanti auguri di buon compleanno e buon Natale!

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Capitolo 4
*** Irma Crabbe x Violetta Bulstrode ***


Terza Serata
(Irma Crabbe x Violetta Bulstrode)

 

 
 
 
 

#1 Defenestrazione
 


Pollux era sempre stato un idiota. Un genitore non dovrebbe avere preferenze con i figli, le era stato insegnato, ma Violetta non poteva proprio fare a meno di essere insofferente al figlio primogenito. Ci aveva provato, a volergli bene, ma tra la folle passione per i cappelli rossi che gli stavano orrendamente e la noiosissima tendenza a parlare lentamente, per ore, perdendosi nei dettagli inutili, con voce strascicata… nemmeno Tosca Tassorosso in persona ci sarebbe riuscita. Così quando suo marito aveva detto di aver trovato la moglie perfetta per Pollux, era sbiancata. Voleva stringere un’alleanza di sangue con i Crabbe, quel mentecatto mefistofelico, e nemmeno l’aveva consultata. No, ci mancherebbe, aveva consultato Pollux, che aveva trovato deliziosa la fanciulla. Tradotto: doveva sicuramente essere una noiosissima fattucchiera da quattro scellini, per piacere a suo figlio.
Invece, Irma Crabbe si era rivelata una giovane arguta e anche piena di sarcasmo. Certo, troppo paziente, secondo Violetta, ma gradevole. Sì, a lei di bene poteva volerne.

Così, quando il giorno delle nozze Pollux si era alzato per tenere il discorso in onore della sposa e trascorsi ventisette minuti ancora non era andato oltre i convenevoli, Violetta si era sporta verso Irma, sussurrandole poche parole all’orecchio: «Basta chiederlo, cara, e te lo butto giù dalla finestra. Sembrerà un incidente, non ti preoccupare, e lui starà finalmente zitto per qualche ora».
Irma aveva scosso la testa, ma, sotto il velo di pesante pizzo filato dai folletti, le sue belle labbra piene si erano aperte in un sorriso, ridacchiando appena.

 
 
 
 
#2 “That’s not funny” / “I thought it was”
“You don’t count, you started laughing
in the middle of a funeral because you started
thinking of a meme you saw on Facebook”
 

 
Le cene di famiglia dei Black erano una noia mortale. A Irma piacevano le feste dell’alta nobiltà Purosangue che aveva frequentato da ragazza, ma le cene dei Black erano… be’, quelle riservate alla sola famiglia erano semplicemente da tirarsi un calderone sui piedi. Niente balli, banchetti e abiti sfarzosi, solo chiacchiere su chiacchiere su a quanto erano stati grandi i Black del passato, le loro immani imprese e le loro drammatiche tragedie da eroi mitologici. E poi discussioni di politica, da cui loro donne erano sempre escluse. Per questo, qualsiasi cosa che potesse fungere da diversivo era benaccetta e anzi invocata.

«Cosa era quello, Signora Madre?» sussurrò da dietro il ventaglio, lanciando a Violetta un’occhiata che solo lei avrebbe saputo comprendere.

«Una risata perfettamente camuffata, mia cara».

Irma inarcò perplessa un sopracciglio, tenendosi sempre ben nascosta dietro al ventaglio: «Non c’è nulla di divertente, nella storia di Licorus Black e come iniziò la ripugnante tradizione di decapitare e impagliare elfi domestici…».

Violetta liquidò il tutto con un’alzata di spalle, portandosi la tazzina del tè alle labbra: «Ma certo: poi morì anche lui decapitato…».

Irma sospirò, voltandosi a rimbeccare la figlioletta che si era riempita di briciole il vestitino inamidato. «Dimentico sempre che siete quasi scoppiata a ridere al funerale di vostro zio dopo aver ricordato della volta in cui si rischiò di ustionare con una pozione ma lo salvò la parrucca…».

«In questo mondo a volte devi trovarli da te, i motivi per ridere, mia cara».

 
 
 
 
#3 Non nominare mia madre, mai più
 


Che il rapporto tra Pollux e sua madre non fosse dei migliori, Irma l’aveva capito da prima ancora di sposarsi e dover vivere con entrambi a Grimmauld Place. Difficile che una donna tanto brillante e di polso, come Violetta, potesse tollerare un uomo come Pollux, spesso più simile a una Mandragora che a un capo-famiglia e senza un briciolo di spina dorsale. Erano caratteri troppo incompatibili, e Irma non poteva minimamente dare torto a Violetta, a volte: per quanto avesse imparato a tollerare e andare d’accordo con Pollux, c’erano momenti in cui non riusciva a prendere un bel respiro e ragionarci insieme. Quel giorno era una di quelle volte.

«Quella… quella… non dovrei dire simili cose di mia Madre, ma… quella megera non mi ha mai riconosciuto come nuovo Black e guida della famiglia, non mi ritiene ada-»

«Non osare! Non osare nominare tua madre così di fronte a me. Mai più».

Pollux era arretrato, spaventato dalla furia che illuminava gli occhi della consorte, anche se celato da una voce che cercava di essere il più ferma possibile. Irma non arretrò di un passo, invece.

«Senza di lei, questa casa cadrebbe a pezzi! È l’unica, qui, in grado di reggere le sorti della famiglia».

Poi prese un respiro profondo, e iniziò a far ragionare Pollux con il tono paziente e calmo usato di solito. Tuttavia non sarebbe mai passata sopra simili parole nei confronti di Violetta, mai, a costo di tagliare lei stessa la lingua al marito con la bacchetta.

Violetta, che dalla cucina – dove stava dando ordini agli elfi per la cena – aveva sentito tutto, si trovò inaspettatamente ad arrossire.
 
 
 

 
#4 “And that’s why, no matter what
mommy says, we really were on a break”


 
«Mio fratello ha regalato un altro di questi stupidi aggeggi di Zongo ad Alphard…»

«Zonko»

«Quello che è. Non so in che lingua dirglielo che non ne voglio per casa. In maride?»

Violetta prese dalle mani del nipotino il pacchetto arancione, dalla carta fiammeggiante, e se lo rigirò con aria trasognata tra le dita. «Voleva che lo sposassi, sai?»

«Chi, mio fratello?» chiese Irma, irritata.

«Zonko…» sussurrò con un sorriso leggero Violetta, chiamando un elfa perché si occupasse del bambino.

Irma si fermò nel mezzo della stanza, divisa tra la curiosità e un fastidio bruciante alla bocca dello stomaco.

«Io e Cygnus siamo stati promessi sin da bambini, ma a un certo punto le nostre famiglie entrarono in conflitto per un’eredità e la posizione di Capo dell’Ufficio Applicazione della Legge Magica…»

Irma si sedette: amava le storie di Violetta e passare le ore ad ascoltarla, anche se quella volta qualcosa le diceva che non voleva sentire tutto quello che c’era da dire. Eppure, come ogni volta non poteva staccarsi dall’incanto che la voce di Violetta esercitava su di lei e dagli occhi che diventavano sempre più vividi e brillanti perdendosi nei ricordi.

«Io andavo a Hogwarts, il fidanzamento, checché ne dica Cygnus, era stato rotto, e Zonko era un Grifondoro scapestrato che passava le ore a fare esperimenti in un’aula vuota dei sotterranei…»

Irma strinse con forza il fazzoletto tra le dita, finché le nocche sbiancarono. Poteva sentirla parlare di Cygnus – si erano sposati senza amore e per volontà d’altri, così come era stato per lei e Pollux – ma questo Zonko…  Doveva averlo amato, a qualche modo, anche solo per un’infatuazione adolescenziale.

«Ma era povero, e non faceva parte delle Sacre Ventotto… Un bel naso e la battuta pronta non possono fare di nessuno un buon partito. Ti sarebbe piaciuto, forse: avete lo stesso sarcasmo, l’ho pensato subito».

Qualcosa, sotto gli strati di raso e taffetà, si illuminò nel cuore di Irma.
 
 
 

 
#5 Sono uscita a buttare la spazzatura in pigiama
perché credevo di non incontrare nessuno
 e ho incontrato proprio te.
 

 
Era notte fonda, e Irma era scivolata fuori dalla sua stanza per prendersi uno degli scones al Whiskey Incendiario che tanto amava per il suo consueto spuntino di mezzanotte. Odiava le eccezioni alle leggi magiche che non glieli facevano comodamente apparire ovunque fosse, e ancora di più gli elfi invadenti che, se chiamati, avrebbero poi riferito a suo marito di quella piccola trasgressione. Pollux Black non vedeva di buon’occhio che una donna bevesse, nemmeno con gli scones, ma per Irma poteva anche mettersele dove lei ben sapeva, certe insensate convinzioni.

Per far prima, non si premurò nemmeno di infilare la vestaglia sopra la camicia da notte estiva – suo marito gliel’aveva portata dalla Francia, un capo d’alta sartoria che sosteneva la rendesse bellissima, quasi una visione –, e scese le scale a piedi nudi per non attirare l’attenzione. Non avrebbe incrociato nessuno, ad ogni modo.
Stava risalendo in camera, il Whiskey che piacevolmente le intorpidiva le membra e i pensieri, quando si aprì la porta della camera di Violetta.

Quando Irma rientrò nella propria stanza, era quasi l’alba.
 
 
 



 

Note alla storia: allora, come sempre le storie sono state scritte molto a caso, una decina di minuti a storiella, seguendo i prompt che vedete all’inizio di ciascuna. Non c’è un briciolo di approfondimento su niente, lo dico, trattare di questi personaggi, del mondo Purosangue, specie a inizio Novecento, richiederebbe dello studio e della contestualizzazione che qui mancano del tutto. Non è una timeline in cui sono solita muovermi, né in dieci minuti ho avuto modo di dare una parvenza di realismo ad alcunché, ma questi i personaggi che sono stati sorteggiati. Irma e Violetta sono, rispettivamente, la nonna e la bisnonna di Sirius Black (Irma è la madre di Walburga): considerato che i Black si sposano tutti tra parenti e primi cugini, la dentro sono quelle con proprio zero legami di sangue. Mi spiace per il ritratto da macchietta comica (?) e ben poco onorevole che si è beccato Pollux, ma è pur sempre il nonno di Sirius e da qualcuno avrà pur dovuto prendere (e anche questa volta abbiamo inserito frecciatine ai miei personaggi preferiti, Maqry ora ha la coscienza a posto).  Niente, come detto sono storie molto sciocchine e senza pretese, ma non scrivevo da tanto e mi sono divertita, quindi va bene così. Si ringraziano le compagne di questa follia.

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