Chiama il mio nome

di Cesca_Haibara20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Un’altra, interminabile, giornata di scuola è finita. Se dovevo sentire quel professore odioso blaterale ancora, avrei ucciso qualcuno. Appena la campanella ha suonato ho tirato un sospiro di sollievo, metto tutto il materiale nello zaino e mi trascino verso l’uscita affamata da morire perché, come mio solito, ho dimenticato il bento e non funziona più la tattica degli occhi dolci per scroccarne un po’ ai mie compagni.
Alzo lo sguardo verso il cancellone e vedo dall'altra parte mio padre ed Hitoka che mi saluta saltellando.
Che ci fanno tutti e due qui?
Aumento un po’ il passo e li raggiungo con un’aria interrogativa in viso.

«Ciao papi.»

Sorrido lievemente e saluto papà con un bacio sulla guancia per portare la mia attenzione su la mia bionda amica.

«Ciao gioia.»

La saluto con un abbraccio veloce che ricambia con molto più entusiasmo di quanto mi aspettassi.
Di solito sono molto più vispa, ma la fame mi sta uccidendo.

«Tieni tesoro, mangia qualcosa che stai morendo.»
Esordisce mio padre porgendomi un sacchetto di plastica del negozio con all'interno due tramezzini con prosciutto e salsa rosa e una bottiglietta di succo alla pesca.
«Grazie.»

Sorrido prendendo il tutto con l’acquolina in bocca.
Mentre libero un tramezzino dall'involucro di plastica, la voce della mia amica attira l’attenzione.

«Hai da fare oggi pomeriggio?»

Mi domanda con un’aria strana ed io mi limito a mimare un “no” con la testa avendo la bocca occupata da un boccone.

«Benissimo! Perché vogliamo portarti in un posto.»

Ingoio il tutto ed alzo un sopracciglio confusa.

«E che posto è…?»
Porto lo sguardo verso mio padre che alza le mani giustificandosi.
«Io ho accettato perché, in fondo, non è così orribile come idea.»
Dovevo capirlo prima che c’era puzza di fregatura...
«Vieni, saliamo in macchina.»

Anche se riluttante vengo letteralmente trascinata e spinta all'interno della macchina. Mi sistemo nei sedili posteriori col sacchetto tra le mani, sbuffo ed attendo che anche mio padre si metta alla guida.
Sono inquieta, tutto questo mistero mi rende così, è raro che Hitoka venga a prendermi a scuola; accompagnata da mio padre per giunta!
Vogliono portarmi in un posto speciale… non è che papà si è portato dietro Hitoka in modo da imbambolarmi e portarmi a tagliare i capelli? Nah! Non è così subdolo!
Sospiro e riprendo a mangiare il tramezzino mentre guardo la strada cambiare fuori dal finestrino. Faccio questa strada tutti i giorni per andare e venire dalla scuola, alla fine dell’incrocio c’è casa mia. Drizzo la schiena e mi rendo conto che stiamo facendo un tratto di strada che conosco.

«Dove stiamo andando?»

Interrogo mio padre alzando un sopracciglio.

«Te l’ho detto tesoro, in un posto particolare.»

Stappo la bottiglia di succo e bevo un sorso di esso. Appena finisco, mi asciugo le labbra e sospiro.

«Stiamo andando al Karasuno, vero?»
Poso lo sguardo su mio padre ed Hitoka e posso notare dalle loro espressioni che ho fatto centro.
«Uffi!» piagnucola la mia amica sconsolata. «Come hai fatto a capirlo? Così non è più una sorpresa!»
Almeno il mio dubbio iniziale non era realtà.
«L’ho dedotto guardando la strada.» mi stringo nelle spalle. «E poi ho detto già varie volte che non ho voglia di fare amicizia con quel branco di matti!»
Aggiungo incrociando le braccia in segno di protesta.
«”Quel branco di matti” come li chiami tu, sono dei ragazzi davvero speciali. Ti farà bene conoscerli, te lo dico da papà e non perché sono il loro allenatore.»
«Quindi tu ti fideresti a lasciarmi uscire con loro?»
«Se, e sottolineo se, uscite in amicizia sì.»
Assurdo. Per anni non mi ha lasciato uscire con nessuno continuando a dirmi i lati negativi dei ragazzi, a mettermi in guardia su di loro e sulle loro intenzioni, dubitando anche sugli unici due amici maschi che ho, ed ora dal nulla, i suoi corvi sono diventati affidabili? Certo che è proprio strano.
Sbuffo contrariata.
«Se tu mi avessi lasciata andare al Nekoma, come ti ho chiesto più volte, in questo momento starei ridendo e scherzando con Testuro e Kema.» commento acida.
«Te l’ho già spiegato più volte principessa, è troppo lontana ed hai un cognome da rispettare.»
«Se la mettiamo così sarei dovuta andare al Karasuno ma, spoiler, non ci vado.»
«Ho preferito non mandarti lì per il rapporto che ho con tuo nonno, lo sai bene.»
«Secondo me vuoi presentarmi ai tuoi “alunni” perché sono tutti cessi e sei sicuro che non possa nascere nulla.»
«È un’ipotesi allettante, ma non è questo il motivo. Semplicemente potrebbero essere il tuo gruppo di amici più vicino che hai, mi fido abbastanza di loro per poterteli presentare ed anche loro hanno chiesto più volte la tua presenza.»

Il tempo di finire entrambe i tramezzini e raggiungiamo il Karasuno. Scendo dall'auto spinta dall'entusiasmo di Hitoka e vengo accompagnata, attraversando tutto il giardino, verso la palestra di pallavolo.
Già da fuori si può sentire lo squittio delle scarpe da ginnastica che strusciano contro il pavimento, il tuono delle schiacciate ed il rimbombo della palla che cade forte a terra.
Hitoka si avvicina a me e rimaniamo di pochi passi dietro a mio padre che entra per primo.

«Non essere così cinica, magari trovi qualcuno che ti piace.»

Scherza facendomi l’occhiolino e causandomi una risatina sarcastica.

«Certo, come no.»
«Ci sono Asahi e Yamaguci che sono molto carini. Però anche Kei lo è se non facesse sempre il broncio o anche Shoyo ha un viso simpatico e dolce!»

Le porte del club si spalancano rivelando tutti i componenti della squadra che si trovano all'interno. Anche se poco nascosta dalla spalla di papà posso osservare parte di palestra dove si trovano tre ragazzi che sono decisamente più alti e possenti di quanto credevo.
Dopo che mio padre ed Hitoka sono entrati io rimango all'uscio aspettando che mi presenti.

«Buongiorno ragazzi.»

Esclama attirando l’attenzione su di sé.

«Buongiorno coach!»

La palestra riecheggia in risposta al saluto di mio padre lasciandomi la curiosità di vedere chi sono tutti i componenti di questa fatidica squadra di pallavolo.

«Oggi qui con noi, ed a grande richiesta, c’è una personale la quale sono sicuro eravate curiosi di conoscere; mia figlia.»

Mi tolgo frettolosamente le scarpe, entro in palestra scalza e sento tutti i loro sguardi curiosi e sorpresi su di me.
Che imbarazzo…” mordicchio il mio labbro inferiore ma cerco di non farmi intimidire dalla loro presenza.

«Ciao a tutti, io mio nome è Yumi Ukai. È un piacere conoscervi, papà mi parla spesso di voi.»

Sorrido recuperando il mio solito tono tranquillo e velatamente disinteressato. Torno con l’attenzione su mio padre che mi sorride fiero.

«Yumi, lascia che te li presenti uno ad uno: Daichi Sawamura, capitano della squadra col numero 1 sulla maglietta, Asahi Azumane, asso e numero 3, Ryunosuke Tanaka, schiacciatore e numero 5, Tobio Kageyama, alzatore col numero 9, Shoyo Hinata, infallibile esca col numero 10, Kei Tsukishima, centrale e numero 11, Yu Nishinoya, il nostro libero e col numero 4, Tadashi Yamaguci, pinch server della squadra che porta il numero 12, ed infine, ma non per importanza, Koshi Sugawara alzatore titolare che porta il numero 2.»

Mano a mano che vengono chiamati, i ragazzi fanno un passo avanti ed piccolo un inchino ed, improvvisamente, i miei occhi vengono come folgorati da due piccoli oceani color blu notte. Per alcuni attimi sento il mio respiro farsi pesante.
Mi sento come se il mondo abbia smesso di girare, come se il tempo si sia fermato e ci fossimo solo io e questo misterioso ragazzo con di sottofondo il mio cuore che batte come un tamburo.
Ma, improvvisamente, qualcuno interrompe quel momento idilliaco come se fossi stata in una bolla di sapone e mi ritrovo sulla Terra frastornata.

«È un piacere fare la tua conoscenza! Io sono Shoyo anche se credo tu lo abbia capito!»
Esclama saltellante un ragazzo dai capelli simili ad una arancia.
«Sono felice anche io di conoscervi.» sibilo sorpresa dalla sua energia.
«Tu giochi a pallavolo? Se sì, in che ruolo sei? In che scuola vai? Di che anno sei? Io sono del primo.»
Come fa ad essere così energico? Non gli si scaricano mai le batterie?
«Hinata, vacci piano con le domande o la spaventi.»
Lo ammonisce teneramente un ragazzo dai capelli grigi, lui è Sugawara se non sbaglio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


«Oh, non preoccuparti, è tutto okay!»
Mi affretto a dire con un sorriso cortese.
«È solo che sono un sacco di domande tutte insieme...»
«Non abituatevi troppo alla sua presenza perché non sarà la vostra “mascotte” o “cheerleader”, giusto per essere sicuri.»
Ed ora perché dice queste cose? È stato lui ad approvare l’idea che io venissi qui, che senso ha mettere i paletti?
«E perché no papà? Mi avevi detto che potevo fare amicizia con loro.»
«Sì, ma io non ho accennato che tu venissi tutti i santi giorni. Hai anche la scuola a cui pensare.»
Quella frase mi innervosisce ed alzo gli occhi al cielo incrociando le braccia.
Ma sentilo! Quando gli va comodo a lui la mia istruzione diventa importante.
A parte me, c’è anche qualcun altro a cui questa cosa non va a genio.
«E perché non può stare qui tutti i giorni? Sono sicuro che non sarà d’intralcio anzi, ci aiuterà maggiormente a dare il massimo!»
Piagnucola Shoyo facendo gli occhi dolci a mio padre ed a lui si unisci anche Yu che inizia a saltare poggiato alle spalle dell’amico.
«Approvo tutto quello che ha detto lui!»
«Effettivamente uno stimolo esterno potrebbe essere utile...»
«Allora ragazzi!»
Mio padre zittisce tutti con un cenno della mano e riporta silenzio in tutta la palestra.
«È comunque di mia figlia di cui stiamo parlando, ci penserò sopra e vi farò sapere a breve.»

Sorrido sotto i baffi nel sentire quella frase, la conosco più che bene. Quella frase ha un significato ben preciso: “È già un sì ma non te lo dico subito giusto per tenerti sulle spine.”.
Tra un paio di giorni so già che tornerò come presenza fissa e, in fondo, questa cosa non mi dispiace. Sembrano meglio di come li aveva descritti papà all'inizio.
Dopo quel piccolo chiarimento i ragazzi si sono rimessi ad allenare ed io mi sono offerta di aiutare Hitoka e Kiyoko con le varie faccende.
Ora capisco perché Hitoka la elogiava con tanti aggettivi, è davvero una ragazza di rara bellezza e il suo silenzio la fa risultare misteriosa al punto giusto.

«Ho notato che hai messo gli occhi su un certo alzatore dai capelli neri, eh?»

La voce di Hitoka mi riporta alla realtà e corrugo le ciglia nel sentire quella sua domanda ironica.

«Chi? Io? Pff! Ma ti pare?» nego col capo ma la mia risatina nervosa smorza il tono deciso che avevo. «Non è affatto il mio tipo!»
Ed, effettivamente, guardandolo allenarsi e facendo caso al carattere fumantino che ha non credo che possa rientrare nei miei canoni. Ma mai dire mai.
«Io lo trovo carino.» commenta Kiyoko scrollando le spalle. «Insieme non stareste male.»
«Ma che dite ragazze?!» avvampo. «Non gli ho messo gli occhi addosso e, come ho detto prima, anche se potremmo essere carini, non è il mio tipo di ragazzo.»
Al che, la mia amica dal caschetto biondo, fa una domanda più che lecita che mi fa anche riflettere un po’.
«Allora qual è il tuo ragazzo ideale Yumi?»
«Il mio ragazzo ideale…?»
Mi mordicchio il labbro pensandoci sopra. In realtà è la prima volta che ci penso in maniera seria, solitamente mi diverto a fantasticare attaccando pezzi di personalità e di caratteristiche fisiche che mi piacciono a destra e a manca, ma come verrebbe fuori il quadro completo?
«Be’… l’altezza per me è totalmente indifferente. Mi piace chi sa adeguare il suo carattere a seconda della situazione, chi non sembra l’anima della festa ma ha una cerchia di amici fidati, come me. Chi attira la mia attenzione, solitamente, è chi inizialmente misterioso ma piano piano inizia ad aprirsi, senza tirare troppo la corda. Chi fa il lecchino mi irrita. Trovo interessante anche chi ti cerca senza esporsi troppo oppure che ama gli abbracci da dietro… sono una a cui piace anche stare a casa abbracciati in una coperta a sussurrarsi cose dolci, quindi non vado matta per chi esce ogni sera, semplicemente non è il mio ambiente. E cosa abbastanza importante, deve amare i gatti. A me piacciono sia i gatti che i cani, ma essendo sempre cresciuta coi gatti mi sento a più agio con loro. Se non gli piacciono potrebbe risultare difficile che nasca qualcosa.»
«E qualche caratteristica fisica che ti attira di più? Che ne so… biondo o corvino? Oppure preferisci gli occhi marroni piuttosto che azzurri.»
«Se devo essere sincera non mi baso troppo sull'aspetto fisico. È vero che anche l’occhio vuole la sua parte, ma la bellezza è soggettiva e non ha senso avere un fidanzato bellissimo ma con cui si litiga ogni giorno.»
«Sono completamente d’accordo con te, a volte una bella personalità è meglio di un bel faccino.» annuisce Kiyoko.
«A proposito Kiyoko, posso farti una domanda?»
«Certo Yumi.»
«Perché il ragazzo dai capelli rasati sembra avere un particolare interesse verso di te nonostante tu non gli dia corda?»
Alla mia domanda la vedo abbassare di poco lo sguardo con le rose colorate di un leggero rosa. L’ho messa in imbarazzo? Non volevo assolutamente!
«Diciamo che è una lunga storia ed anche un pochino complicata.»
«Se ti ho messo in imbarazzo ti prego di scusarmi, non volevo sembrare impicciona!»
«No, no, stai tranquilla.» sorride candidamente. «Semplicemente è meglio raccontare questa storia davanti ad un caffè caldo. A proposito di domande, il coach Ukai ti ha adottata quando eri piccolina?»

Questo sì che è un tasto dolente. Raccontare questa storia sta cominciando a diventare un supplizio. Faccio un profondo respiro ed ricomincio ad affrontare questo orribile demone.

«In verità i miei genitori biologici erano amici intimi con Ukai sin da quando erano piccoli. In un giorno di pioggia, quando avevo otto anni, i miei sono usciti in macchina per fare la spesa ma non sono più tornati a causa di un tir che li ha presi in pieno...» chiudo gli occhi per alcuni secondi trattenendo le lacrime. «Non avevo nessun parente stretto che potesse prendersi cura di me, così papà mi prese con sé. L’ha fatto anche come atto di amicizia verso i miei genitori e da quando sto con lui non sono mai stata così felice. Anche se è un po’ rigido coi ragazzi ma credo sia una cosa tipica dei papà.»
Quest’ultima frase fa ritornare un sorriso sincero sulle labbra facendomi ridacchiare con sincerità.
«Wow… sentire questa storia mi fa vedere il coach con occhi diversi.»
«Vero? Io e lei ci conosciamo da alcuni mesi, ma ogni volta che lo racconta mi commuovo...»
Hitoka si affretta ad asciugarsi gli occhi con una mano così mi avvicino a lei con un fazzoletto pronto.
«No tata, non piangere!»
Le alzo il viso con una mano e le asciugo le lacrime col fazzoletto mentre lei cerca di calmarsi.
«Cosa è successo? Le hai spezzato un’unghia?»
Una voce fastidiosa e dal tono saccente attira la mia attenzione, così mi giro e noto di fianco a me un ragazzo molto alto, col numero 11 sulla maglietta, dai capelli biondi molto corti ed occhiali.
Se non sbaglio lui è Tsukishima… credo.
Serro la mascella per pochi secondi cercando di elaborare una risposta calma e pacata ma non funziona.
«Per tua informazione si è commossa per una cosa seria, ed ora evapora!» ringhio.
Il ragazzo ridacchia divertito ed alza le mani in segno di difesa.
«Woah, abbassa l’ascia da guerra nanetta, era una battuta.»
«Se non sai le cose, è meglio che eviti.»
«Tranquilla Yumi, non me la sono presa e poi Kei cerca sempre di sdrammatizzare le situazioni con una battuta.»
Lo difende Hitoka ma io non mi fido. Questo qui ha l’aria infida e sembra un ragazzo viziato, quelli che odi anche solo per il fatto che respirano. Il suo sguardo mi trasmette un sacco di sensazioni strane, sembrano negative ma in fondo si trasformano in buone. Lo devo tenere d’occhio.
Un ragazzo lo chiama e, prima di allontanarsi da noi, ha anche il coraggio di farmi l’occhiolino.
Ma che sta flirtando con me questo?! Con tutte le ragazze che ci sono nel globo, va a rompere le scatole proprio a me?"
Alzo gli occhi al cielo. Prendo una scatola piena di borracce arancioni e con essa mi avvicino alla porta per uscire dalla palestre e riempirle d’acqua, facendo in modo che origli involontariamente, la conversazione di mio padre col professore.

«Domani abbiamo un allenamento congiunto, giusto?»

Domanda il professore cercando di ricordare.

«Sì, verrà il Nekoma nel pomeriggio.»

Nell'istante in cui sento quel nome mi si rizzano le antennine e porto tutta la mia attenzione su papà già pronta a chiedergli di venire anche domani.

«Hai detto “Nekoma” papà?»

Gli domando avvicinandomi a lui con un sorriso da angelo e lui sospira sapendo già cosa sto per fare.

«Sì, è quella scuola dove ci stanno i tuoi amichetti.»
«Quindi… sai già dirmi la risposta alla mia domanda.»
Posa prima lo sguardo su di me che gli sto porgendo uno dei miei sorrisi più candidi e dolci per intortarlo un po', e successivamente porta l’attenzione sulla squadra facendogli una domanda che lascia sorpresa anche me.
«Vi da fastidio se Yumi viene a trovarvi anche domani pomeriggio?»
I ragazzi si guardano confusi per alcuni secondi ma poi negano tutti con la testa.
«A noi non da affatto fastidio coach, anzi, se può venire spesso ci fa felici.»
Risponde Shoyo a nome di tutta la squadra per poi rivolgermi un sorriso entusiasta che ricambio con tanto piacere. Anche se sembra un po’ in difficoltà, ormai non può tirarsi indietro.
«Va bene, puoi venire anche domani-...»
«SÌ! GRAZIE PAPÀ!» esclamo senza lasciarlo finire.
Lo attiro a me dandogli tanti piccoli baci sulla guancia e col sorriso stampato in volto esco dalla palestra per riempire le borracce.

Sono rimasta coi ragazzi fino alla fine dell’allenamento, li ho aiutati a pulire la palestra in modo da finire prima. Stranamente quasi tutti mi hanno chiesto il numero di cellulare e si sono beccato un’occhiataccia da papà.
Successivamente abbiamo fatto una fermata al negozio per chiuderlo e salutare la nonna.

Dopo aver varcato la soglia di casa ed essermi buttata sul divano come un sacco di patate, sento papà avvicinarsi e sedersi accanto a me.

«Allora, come ti sono sembrati i ragazzi? Meglio o peggio di quanto ti aspettavi?»

Mi interroga con una risatina.

«In verità mi aspettavo decisamente di peggio.» ridacchio divertita. «Da come li avevi descritti sembravano una mandria di bestie di Satana mandate sulla Terra per portare morte e disperazione.»

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Alla mia risposta papà si sfoga in una risata di cuore.

«Li ho volutamente descritti così per vedere come avresti reagito nel vederli dal vivo.» sorride. «Ti piacciono?»
«Non sono male.» scrollo le spalle. «C’è stato il biondino spilungone che mi ha dato un po’ fastidio ma nulla di preoccupante.»
«Biondino spilungone…»? mormora confuso. «Intendi Tsukishima.»
«Sì, quello alto con gli occhiali.»
«Eh, che ha fatto?»
«Ma no, nulla, semplicemente il suo atteggiamento mi ha dato un po’ fastidio.»
«All'inizio sembra uno un po’ sbruffoncello o irritante, ma vedrai che cambierà piano piano diventerà addirittura simpatico.»
«Addirittura? Wow, allora sono proprio curiosa.»
Mi arruffa teneramente i capelli per poi alzarsi dal divano ed avvicinarsi alla cucina.
«Allora, piccola peste, cosa vuoi per cena?»
«La ordini una pizza? Ho voglia di pizza...»
Posa uno sguardo di dissenso su di me ma alla fine non può resistere ai miei occhioni dolci e sospira.
«Prima o poi quei tuoi occhioni smetteranno di funzionare e sarà la tua rovina.»
Batto le mani entusiasta, estraggo il cellulare dalla tasca ed ordino una pizza col salame piccante per me ed una col prosciutto per lui.
«Nel mentre che aspettiamo dimmi come ti è sembrata la tua prima impressione. Sono curioso.»
«Mah, nulla di che… sono a posto ed anche Kiyoko è molto gentile e disponibile.» sorrido tra me e me. «Il piccolo Hinata è proprio una forza della natura, non si scarica proprio mai.»
Mio padre sorride quasi fiero della mia affermazione ed annuisce concordando.
«Hinata ha una forza quasi sovrumana, ma ha anche una grande agilità che ti stupirà altrettanto.»
«Sai, sono davvero sorpresa che tu abbia accettato di farmi venire anche domani ad assistere all'allenamento congiunto.»
«Finché sono allenamenti simili e amichevoli posso anche chiudere un occhio ma non prendere questa brutta abitudine.»
Posso sentire il suo tono di rimprovero anche se cerca di nasconderlo.
«Non puoi pretendere di assistere a tutte le partite che si terranno più avanti come se fossi una sorta di cheerleader.»
«Ma perché no?»
«Perché sei comunque al primo anno e sei una studentessa, non voglio che tu trascuri la scuola per stare appresso a me ed alla squadra.»
«Però...»
«So che sarebbe figo vederli dal vivo piuttosto che andare a scuola ma come ben sai non posso neanche farti la giustifica solo perché tu vuoi vedere la mia squadra giocare, non è corretto.»
«Ma Hitoka ha detto che posso venire quando voglio.»
«Ed è assolutamente vero, ma non significa che sei esonerata dalla scuola.»
Sbuffo incrociando le braccia. Mi conosce troppo bene ed ha già capito che cercherò di saltare dei giorni di scuola per vederli giocare in partite ufficiali e dal vivo piuttosto che in TV.
Questa sua capacità di leggermi come un libro aperto dev'essere fermata prima o poi…
Una mano calda interrompe i miei pensieri, volto lo sguardo e sorrido nel vedere papà accarezzarmi una guancia.
«Sei proprio come tua madre...»
Mormora lui con occhi colmi d’amore. Anche se credo che non stia parlando solamente dell’aspetto fisico.
«Anche lei era patita per la pallavolo e, nonostante fossimo in scuole diverse, cercava in tutti i modi di vedermi giocare dal vivo. Posso vedere la sua tenacia nel tuo sguardo. Quello che mi domando è: perché tutto questo interesse di colpo? Posso capire per domani che ci sono i tuoi amici, ma perché ora vuoi vederli giocare visto che fino a stamattina non li volevi vedere nemmeno in fotografia?»
Acuta osservazione. Mi stringo timidamente nelle spalle, diciamo che ho commesso un errore di valutazione e sembrano molto più interessanti di quanto pensassi, senza aggiungere che li aveva volutamente descritti come pazzi. Sono semplicemente curiosa, non c’è un motivo ben preciso.
«Posso dire in mia difesa che ho fatto un errore di valutazione ed ora sono curiosa.» scrollo le spalle. «Non c’è un motivo più sincero di questo.»
«Curiosa, eh?» sorride furbescamente. «E va bene curiosona, magari un po’ di tifo sugli spalti potrebbe dargli più carica.»
Sorrido entusiasta e sono già pronta per un abbraccio ma mi blocca.
«Non ho finito.» alza una mano fermandomi. «Sarò io a decidere in quali potrai venire ed in quali no, soprattutto se si tratta di gare importanti.»
Sospiro ma è meglio di niente, tanto so già che tra un mese cambierà totalmente idea.
«Va bene!» esclamo sorridente. «Mi accontento.»

Finita quella chiacchierata, salgo in camera mia per togliere la divisa della mia scuola e mettere qualcosa di comodo.
Salgo le scale raggiungendo il piano superiore.
Entro in camera, mi sfilo la divisa per poi riporla nel comodino, apro l’armadio ed estraggo da esco una semplice maglietta nera oversize e pantaloni da tuta bianchi con una striscia nera a lato. Lego i miei lunghi e mossi capelli in una treccia per poi tornare in salotto sentendo il campanello suonare.
Quanta velocità nel preparare e consegnare due pizze.
Raggiungo il salotto e vedo mio padre raggiungermi a tavola con le pizze tra le mani.

«La cena è arrivata.»

Annuncia mentre sistemo velocemente la tovaglia sul tavolo. Posa i cartoni ed io provvedo a mettere le posate ed i coltelli.
Non ci aspettavamo facessero così in fretta.
Metto un film alla TV ed entrambe ci accomodiamo.

«Buon appetito allora.»

Esordisce papà aprendo il cartone.

«Buon appetito.»

Ripeto con l’acquolina in bocca pronta a sbranare questa pizza in poco tempo.

«Ti ricordo che l’allenamento con i tuoi amici è nel pomeriggio, ci metteranno trenta minuti ad arrivare quindi hai tutto il tempo di venire a piedi tranquilla, non c’è bisogno che corri come Flash, okay?»
«Stai tranquillo papà, cercherò in tutti i modi di non farmi prendere dalla fretta.»
«E, cosa più importante, non lasciarti prendere dall'euforia.»
«E perché dovrebbe essere più importante di non avere fretta…?»
«Perché io ti conosco e so bene che appena li vedrai gli correrai incontro pronta ad abbracciarli e sbaciucchiarli.»
Evito il suo sguardo ed inizio ad addentare una fetta di pizza. Mi duole ammetterlo ma ha ragione, so già che sarò felicissima di rivederli e loro di rivedere me ma non è carino saltargli addosso davanti a tante persone.
«Potrai salutarli, questo non lo nego, ma lo farai appena l’allenamento sarà finito. Anche perché tu non sei della Karasuno, sei lì solo perché sei mia figlia, quindi vedi di tenere un profilo basso.»
«Ricevuto Tenente Papà
Esclamo imitando un saluto militare.
«Non chiamarmi così, lo sai che lo dico per te. E ti ho fatto fin troppi favori.»

Conclusa la cena papà è filato a letto per potersi svegliare ed iniziare il suo turno di lavoro nel campo agricolo, mentre io sono rannicchiata nelle coperte a leggere, per la millesima volta, “Chie-chan E Io” famoso romanzo di Mahoko Yoshimoto.
C’è un silenzio così rilassante che potrei addormentarmi da un momento all’altro. Inserisco tra le pagine del libro il mio segnalibro e lo poso sul bracciolo del divano, faccio un profondo sospiro e stiracchio un po’ i miei muscoli indolenziti.
Una notifica attira la mia attenzione.

Ciao Yumi!

È un messaggio da WeChat, dalla foto profilo posso dedurre che è Shoyo.
Ciao Shoyo.
Emozionata per l’allenamento di domani?
Abbastanza, ma io ho un altro motivo per esserlo.
Davvero? Qual è?
Nella squadra di pallavolo del Nekoma ci sono i miei due più cari amici. Li conosco da tutta quando ero piccolina.
Sul serio?
Che figata!
Quindi loro ti conoscono prima che venissi adottata?
Esattamente. Prima vivevo a Tokyo, ma dopo l’incidente dei miei genitori sono venuta a vivere a Miyagi. È da allora che non li vedo.
Quindi quanti anni sono passati?
Sono passati sette anni.
SETTE ANNI?!
E sei sicura che ti riconosceranno?
Certo che sono sicura ahah! Sono riuscita a dargli il mio numero di cellulare e ci sentiamo ogni giorno per messaggio.
Aaah!
E gli hai detto che sarai nella nostra palestra?
No. Voglio che sia una sorpresa.
Capisco.
Posso chiederti una cosa?
Che cosa?
Durante l’allenamento ho notato che tu e l’alzatore dai capelli neri, Tobio se non sbaglio, siete molto coordinati e c’è molta fiducia.
Sì!
Quindi la mia domanda è: vi conoscete da molto? Magari siete amici d’infanzia o simili.
Chi? Io e Kageyama? Ma figurati AHAHAH! Abbiamo iniziato a giocare insieme solo quest’anno, pensa che ci stavamo antipatici i primi giorni.
Solo? Un’intesa del genere si può ottenere dopo essere stati insieme per tanto tempo… come fate?
Non lo so spiegare. Io solamente sono sicuro che Kageyama mi alzerà sempre la palla ed io sono pronto a buttarla dall’altra parte.
Wow… quanta sicurezza… sono sorpresa.
È un bene o un male?
È un bene tranquillo.
Menomale ahah!
Ma tu giochi a pallavolo?
No. In realtà non faccio parte di nessun club della mia scuola semplicemente perché non mi interessano. Non sono tipa da club e soprattutto non vedo l’ora di finirla la scuola.
Perché?
Appena conclusi gli studi voglio andare in università in America e laurearmi in giurisprudenza.
Vuoi fare l’avvocato? Fico!
Lo so. Ma papà è molto restio a riguardo…
Cioè?
Ha paura che possa ricapitare lo stesso incidente che è successo ai miei e non si fida a mandarmi in America da sola… spero che tra qualche anno cambi idea…
Il coach Ukai è molto bravo! Sono sicuro che cambierà idea in men che non si dica!
Ne sei sicuro?
Tanto quanto sono sicuro delle alzate di Kageyama.
Allora mi fido ahah!
AHAHAH!
Ora perdonami Shoyo ma vado a riposare.
Oh, okay.
A domani.
A domani Yumi!<3

Ripongo il cellulare e mi stropiccio gli occhi.
È proprio ora di una bella dormita, domani sarà una giornata a dir poco entusiasmante.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Non avrei mai immaginato che il tempo scorresse così lentamente!
Le opzioni sono due: il professore legge con una lentezza impressionante o sono io che non vedo l’ora di uscire. Sono entrambe opzioni valide ma credo di dover dare più credito alla seconda. Già.
Andiamo campanella, suona! Mancano quattro minuti!

Finalmente la campanella maledetta suona ed io mi catapulto fuori dalla scuola per raggiungere il bar più vicino e cambiarmi i vestiti. Non è carino raggiungerli con la divisa di un’altra scuola, per questo ho messo nella borsa un maglioncino color nocciola, pantaloni a palazzo bianchi e Converse bianche basse ai piedi.
Entro nel bar e chiedo per il bagno. Mi rifugio in fretta all'interno e tolgo i vestiti dalla borsa per poi posare tutto a terra, svestirmi ed indossare i vestiti puliti. Metto in un sacchetto di plastica le scarpe che ho usato in classe, chiudo la borsa e sguscio fuori ringraziando la ragazza dietro al bancone. Controllo l’ora, ho dieci minuti per arrivare  lì in tempo, se continuo con questa velocità arrivo senza problemi.

Dopo aver attraversato la strada, la suoneria del mio cellulare attira la mia attenzione.

«Pronto?»

Rispondo senza controllare chi mi chiama.

«Ehi Yumi, sono Hitoka.»

La sua voce squillante è come una ventata d’aria fresca che mi incita ad aumentare il passo.

«Ehi! Come mai mi hai chiamata? C’è qualche emergenza?»
«In verità sì...»
«Che è successo?»
«Kiyoko oggi non è potuta venire perché non si è sentita bene ed io sono rimasta da sola...»
«Okay… e quindi?»
«Potresti farmi da assistente manager?»
«DA CHE?!»
«Tranquilla, non devi fare nulla di che! Devi solo fare le stesse cose che hai fatto ieri e Tobio ti presterà la sua felpa.»
«C’è un problema però… non credo che sembrerò convincente.»
«E perché?»
«Perché non ho indosso la divisa della scuola, mi sono appena cambiata con dei vestiti più comodi, e sarebbe strano vedermi con solo la felpa della scuola e poi, non saremmo corretti se dicono che io sono della vostra scuola.»
La sento sospirare abbattuta dall'altra parte del telefono.
«Dai, non abbatterti, cercherò comunque di darti una mano.»
«Davvero? Grazie! Grazie!»

Esclama e riattacca senza darmi né il tempo né la possibilità di rispondere. Sorrido scuotendo il capo ed aumento il passo.

In tempo record raggiungo la scuola, attraverso nuovamente il cortile e vado dritta dritta in palestra trovando, fortunatamente, la porta aperta. Prima di entrare mi sfilo le scarpe.

«Buon pomeriggio a tutti!»

Esordisco. Appena ho l’attenzione di tutti su di me inizio a sentirmi un tantino a disagio. Riesco a percepire lo sguardo di papà che mi sta fulminando.
La sua voce colma di dissenso mi provoca un brivido lungo tutta la spina dorsale.

«Ti sembra l’abbigliamento da usare in palestra?»

Deglutisco velocemente, faccio un profondo respiro e mi volto verso la bestia dai capelli biondi.

«Che c’è papà? Non sapevo che dovevo fare la sostituta manager.»
«Non è per quello che sono poco contento e poi non è necessario che tu resti in campo insieme ad Hitoka.»
«Ah no?» mormoro sorpresa. «Allora per cosa lo sei?»
Lo sguardo fulminante di papà attraversa la palestra facendo drizzare tutti sull'attenti.
«Sono arrabbiato del fatto che tutti i presenti non riescano a toglierti gli occhi di dosso.»

Volto confusa lo sguardo verso i ragazzi e noto che spostano lo sguardo dall'altra parte. Tutto questo entusiasmo solo per un maglione ed un pantalone? Sarà anche papà che fraintende il loro atteggiamento, in fondo, entra sempre in “modalità protezione” quando si tratta di me.
Cerco di fare contatto visivo con tutti ma evitano di incrociare i miei occhi, tranne due di loro che sembrano mangiarmi con lo sguardo facendomi arrossire.

«Va be’, ho messo solo un maglione e dei pantaloni. Non c’è bisogno di scaldarsi così tanto!»

Minimizzo alzando gli occhi al cielo e rimettendomi le scarpe.

«Quando arriva il Nekoma?»

Domando entusiasta ed una voce attira la mia attenzione per quanto mi ammalia.

«Sembri particolarmente emozionata di vederli. C’è un motivo preciso?»
Wow… Tobio ha una voce davvero sensuale…
«E-emh… in verità sì.»
Mi affretto a dire meravigliata, sorrido furbescamente e scrollo le spalle.
«Ma sarà una sorpresa il motivo!»

Mi avvicino a Hitoka, poso la borsa accanto la panchina dove staranno papà ed il professore e la aiuto nel riempire tutte le borracce e nel recuperare il maggior numero di asciugamani da distribuire successivamente.

«Come mai sei così contenta? Se è un segreto a me puoi dirlo, non lo rivelerò a nessuno.»

Sorrido quasi compiaciuta della curiosità che ho suscitato e mi avvicino a lei in modo che gli altri non ci sentano.

«Sono così contenta solamente perché nella loro squadra di pallavolo ci sono due ragazzi che sono miei amici. Da quando papà mi ha adottata io mi sono trasferita da Tokyo a Miyagi e con questi miei amici ci vediamo solamente in videochiamata e sono davvero felice di poterli vedere dal vivo dopo quasi sette anni.»
«Davvero? Aaawww, è una cosa dolcissima!» esclama addolcita. «Ma loro lo sanno che sarai qui?»
Mimo un “no” col capo senza abbandonare il sorriso.
«Sarà una sorpresa un po’ per tutti diciamo.»

Finiamo le nostre mansioni e non appena sento dei passi entrare in palestra corro a nascondermi sul balconcino che percorre tutta la palestra in modo che non possano vedermi e rovinare la sorpresa.
Mi affaccio di poco e posso vedere chiaramente questa schiera di ragazzi vestiti di rosso vivo farsi strada nella palestra.
Lui si riconosce subito, alto com'è, è impossibile non vederlo.” mi sporgo di poco per vedere anche il mio altro amico e sorrido. “Eccolo lì! È proprio una bella sensazione rivederli. Non vedo l’ora che la partita finisca così che posso salutarli.

Sono rimasta ad assistere all'amichevole rannicchiata contro il balconcino in modo da non perdere nemmeno un passaggio e rischiando anche di essere sgamata un paio di volte visto che la palestra è piccolina.
Vedere una partita di pallavolo dal vivo è completamente diverso da vederle in TV, si possono vedere meglio i passaggi, seguire più giocatori di seguito piuttosto che vedere uno zoom su un giocatore in particolare anche se, per me, si muovono con una velocità assurda. Papà aveva detto che il Nekoma era veloce e strategico ma non pensavo così tanto. Certo, stare dietro a quella scheggia di Shoyo è difficile, ma avevano capito in poco tempo i movimenti di Tobio e Kei. Tanto di cappello.
Il Karasuno, purtroppo, perde 3-1 ma entrambe le squadre hanno giocato al massimo delle loro energie e sembrano ugualmente felici del risultato. Mi chiedo come facciano a rimanere comunque pieni di energia nonostante tre round.

«Ancora una partita!»

Esclama Shoyo saltellando sempre più in alto.

«No Hinata. Tre round possono bastare.»
Lo ammonisce papà per poi alzare lo sguardo verso di me.
«Ora potete riposarvi.»

Aggiunge ed io balzo in piedi pronta a fare la mia entrata in scena«. Prima di avvicinarmi alle scale do un ultimo sguardo alla palestra per vedere dove si trova il mio amichetto dai capelli corvini e lo vedo parlare con Daichi.
È il momento perfetto!
Mi strofino le mani stile Mr. Burms o come il Grinch e scendo dalle scale cercando di attirare il minimo l’attenzione su di me sfruttando anche il mio metro e cinquantotto di altezza. Sì, sono alta quasi quanto Yu.
Mi faccio strada tra i ragazzi cercando di non urtare contro nessuno e, finalmente, raggiungo da dietro la mia “vittima” che parla vivamente con Daichi e per attirare la sua attenzione verso di me gli picchietto la schiena con un dito.
Il ragazzo smette immediatamente di parlare, faccio un passo indietro, si gira lentamente e quando mi vede rimane in completo silenzio, ciò che parla è il suo viso.
Dall'espressione sbigottita che ha, potrei dire che è felice di vedermi.

«Sorpresa!»

Esclamo allargando le braccia con un sorriso a trentadue denti in volto.

«Yumi… sei proprio tu…?»

Sbatte ripetutamente come per essere certo di non star sognando ed improvvisamente mi attira a sé abbracciandomi.

«Yumi! Mi sei mancata tanto!»

Sorrido e ricambio l’abbraccio stringendolo altrettanto forte.

«Anche tu mi sei mancato tanto Tetsuro!» confesso con un lieve nodo alla gola. «Vederti dal vivo è decisamente meglio che vederti attraverso uno schermo.»
«Potrei dire lo stesso di te Chibi-chan. Sbaglio o ti sei abbassata dall'ultima volta che ti ho vista»?
Sciolgo l’abbraccio e gli do un colpetto al braccio scherzando.
«Non sono io che mi sono abbassata, sei tu che sei decisamente troppo alto!»
Alla mia risposta si mette a ridere e volta la sua attenzione verso un’altra persona che conosciamo bene entrambe che sta parlando con Shoyo.
Chissà che i due possano diventare ottimi amici.
«Kenma, vieni a vedere chi c’è qui!»
Il biondino si gira con la sua espressione annoiata verso di noi ed appena mi riconosce cambia radicalmente espressione, saluta velocemente Shoyo e si avvicina a noi incredulo della mia presenza.
«Ciao Kenma!»
Sorrido e saluto anche lui con un abbraccio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


«Ciao Yumi.»

Mormora ricambiando l’abbraccio ancora incredulo della mia presenza.

«Ma che ci fai qui? Studi alla Karasuno?»

Domanda Tetsuro appena mi allontano dall'abbraccio con Kenma.

«No.»
Nego stringendo le spalle.
«In realtà io sono di un’altra scuola della prefettura ma vengo qui nel pomeriggio insieme a mio padre.»
Lo indico con un cenno del capo mentre sta parlando allegramente con il coach del Nekoma.
«Sei cambiata tantissimo dall'ultima volta che ti abbiamo vista dal vivo.»
«Ci credo che ero diversa, avevo otto anni Kenma!» ridacchio.

Improvvisamente sento come se avessi un mostro enorme dietro di me. Gli sguardi di Kenma e Tetsuro si posano oltre la mia schiena mentre io percepisco una strana aura che mi mette i brividi. Volto di poco la schiena e faccio un sospiro di sollievo nel vedere un viso amico.

«Mamma mia! Mi hai fatto venire un infarto, Tobio!»

Lo ammonisco anche se in tono scherzoso mentre lui si limita a fissare il mio amico dai capelli neri con aria di sfida. Passo lo sguardo da Tobio a Tetsuro e vederli ringhiarsi a vicenda come se fossero cani mi agita.
Che vogliono fare questi due ora?
Provo a distrarre Tobio magari abbasserà la sguardo.

«Tobio, ti ricordi perché non ti avevo detto il motivo della mia felicità nell'arrivo del Nekoma? Che era una sorpresa? Be’… sorpresa, Kenma e Tetsuro sono miei amici di infanzia!»
Tentativo fallito. Sospiro.
Fortunatamente in mio soccorso arriva Koshi che, con la scusa di fare due chiacchiere, posa una mano sulla spalla di Tobio in modo da farlo ritornare sulla Terra.
«Complimenti per la splendida partita!» sorride calorosamente.
«Complimenti anche a voi, avete una grande energia  ed anche se dovete uniformarvi ancora un po’ sono curioso di vedervi in partite ufficiali!»
Lancio a Koshi uno sguardo ricolmo di ringraziamento che accetta con un sorriso.

Dopo aver continuato a fare due chiacchiere con Tetsuro e Kenma entrambe i coach chiamano le squadre per darsi un ultimo saluto e tornare ognuno alla propria casa.
Devo ammettere che è stata una giornata strana che mi ha portato sensazioni altrettanto strane. Il comportamento di Tobio è stato completamente diverso da quello che credevo, mai avrei immaginato che avrebbe sfidato Tetsuro con lo sguardo. Per quale motivo poi? Perché si guardavano in cagnesco quei due? Anche Kenma sembrava sorpreso dalla reazione dell’amico, se non fosse arrivato Koshi probabilmente non so come avrei potuto fermare quella lite mentale.
Sospiro passandomi una mano sul viso allontanando la mente da quei pensieri e mi rendo conto di essere seduta comodamente sul mio divano.

«Qualcosa ti preoccupa principessa

La voce di papà mi fa tornare sulla Terra e grazie a quella domanda riesco a ricordare la “grande” notizia che volevo dargli appena tornata da scuola.

«In verità, c’è una cosa che devo dirti.»

Mi sposto di poco nel divano in modo da fargli spazio.

«Davvero? Dimmi pure.»
Papà si siede accanto a me e mi metto a gambe incrociate.
«Io da domani non posso andare a scuola...»
La notizia lo lascia a dir poco sorpreso che sbatte ripetutamente gli occhi cercando di elaborare le informazioni.
«Come prego…?»
Giocherello con le mie stesse dita e faccio un profondo respiro.
«Ecco… stamattina due miei compagni hanno litigato e si sono azzuffati in aula davanti al professore. Alcuni dei ragazzi hanno cercato di dividerli ma è stato tutti inutile ed il professore, per calmare gli animi, ha sospeso tutta la classe per due settimane.»
«Due settimane?!» esclama sgomento. «Ma non era meglio sospendere i colpevoli invece che tutta la classe?»
Scrollo le spalle rassegnata.
«Ormai non mi stupisco nemmeno più.»
«Siete ancora a metà anno e vi comportate come dei bambini dell’asilo?»
«Si comportano come bambini dell’asilo.» lo correggo. «Io ed altri compagni siamo vittime collaterali.»
«Io sono a dir poco allibito da questa notizia...»
«Papà tanto non ci possiamo fare nulla, vorrà dire che starò due settimane a casa e recupereremo tutto ciò che abbiamo saltato.»
«Mi pare il minimo. Io ti avviso: se succede nuovamente una cosa del genere ti trasferisco in un’altra classe o direttamente ti cambio scuola, non è possibile che a te capitino queste classe così disastrate.»

Non è la prima volta che mi trovo in una classe con ragazzi “vivaci”.
Anche alle medie i miei compagni maschi erano fuori controllo ed i professori non riuscivano a tenerli tranquilli finendo per far venire addirittura il Preside ad ammonirci. Svariate volte io ed alcune ragazze siamo state vittime collaterali finendo in punizione, con note sul diario oppure, una volta, io e la mia migliore amica di allora siamo tornate a casa completamente sporche di tempera blu perché, durante l’ora di arte, i nostri compagni hanno iniziato a sporcarsi a vicenda con i barattoli di tempera sporcando l’aula e tutti noi.
Già allora mio padre, ed altri genitori, si erano innervositi e non poco perché erano stufi che i loro figli non potessero far lezione per colpa di qualche elemento troppo indisciplinato. I professori promettevano di tener a bada la classe ma la solfa è andata avanti per tutte le medie ed ora che si sta ripetendo anche quest’anno, papà è pronto ad ogni possibile evenienza.
E ad essere onesta anche io mi sto stufando di questa storia. Ricordo che gli anni delle elementari sono stati una vera e propria pacchia, nessuno faceva baccano e, se succedeva, veniva punito solamente il colpevole e non accadeva più. Capisco che stare seduti su delle sedie tutto il giorno non è il massimo e che ad una certa ora hai bisogno di sgranchire le gambe, ma questo non ti autorizza a disegnare svastiche sul muro, scrivere “I love weed”, lanciare sedie, spaccarle coi piedi o ancora far scappare il professore dalla disperazione.

«Dai papà, vedrai che passeranno in fretta queste due settimane ed i miei compagni smetteranno di fare gli scalmanati.»

Cerco di rassicurarlo anche se la mia voce è poco convinta. Lui mi sorride ed annuisce concordando con me.

«Va bene, ti credo perché me lo dici tu. Ora però io vado a dormire, sono a dir poco cotto.»

Si alza dal divano e prima che possa raggiungere le scale che danno al secondo piano lo fermo afferrando un angolo della felpa.

«Non vuoi mangiare niente? Lo sai meglio di me che non è salutare saltare i pasti.»

Cerco di trattenerlo ma non sembra fare effetto visto che libera la felpa.

«Vorrei ma sono sicuro che se mi mettessi a cenare crollerei con la faccia sul tavolo come un sacco di patate.» scherza con una risata. «Tu preparati quello che vuoi e vieni a letto quando te la senti. Mi raccomando però, non fare le ore piccole.»
«Okay papà, stai tranquillo.»
Lo rassicuro e prima di andare in camera mi da la buonanotte seguita da un bacio sulla fronte.

Faccio un profondo sospiro e mi lascio cadere sul divano con in sottofondo il vociare della televisione.
Per cena, visto che non avevo molta fame, ho preparato del Oyakodon che ho mangiato in poco tempo.
Sono ancora confusa dal gesto di Tobio. Forse dovrei indagare, non c’è nulla di male nel chiedere, no? È solo per pura curiosità, il piacere della scoperta.
Recupero il cellulare dallo zaino, entro su WeChat, cerco il suo numero e gli scrivo.
Ehi Tobio. Sono Yumi.
A mia sorpresa, la risposta arriva subito.

Ciao Yumi. Che succede?
Niente di che, volevo fare due chiacchiere con te e chiederti una cosa.
Okay. Cosa devi chiedermi?
Ecco… oggi ho visto che avevi un po’ i nervi tesi… Come mai?
Davvero?
Non te ne sei nemmeno accorto? Ahah!
In verità no, non ci ho fatto caso. Tu da cosa l’hai capito?
Ottima domanda! In verità non sono sicura quando l’ho capito ma sono rimasta sorpresa di come stavi guardando Testuro.
Chi? Il leader del Nekoma?
Esattamente.
Perché come lo guardavo?
Me lo chiedi pure? Ahahah! Gli stavi letteralmente ringhiando contro.
Nemmeno lui sembrava così felice di vedermi.
Ascoltami, Tetsuro è una delle persone più bonarie che conosca, è ovvio però che se tu ti presenti a lui ringhiando, non ti dice: “Ehi amico, come stai?”. Capisci ciò che voglio dirti?
Con Koshi era sorridente e simpatico.
Certo, perché gli ha sorriso ed ha ricambiato la gentilezza con altrettanta gentilezza.
Sarà… a me comunque quel tipo non piace.
Davvero? E perché?
Mi ha dato fastidio il modo in cui ti prendeva in braccio oppure ti stava troppo appiccicato…
Ma è normale che voleva stringermi il più possibile.
E perché è normale?!
Perché non ci vediamo da quando io ho otto anni, è ovvio che la nostalgia la senti. E poi a me piacciono le sue attenzioni.
Ho notato…

Perché questa frase, detta da lui mi da così fastidio…?
Cosa vuoi insinuare?
Niente, niente.
Mh… comunque abituatevi a vedermi tutti i giorni nelle prossime due settimane.
Oh…
Perché?
La mia classe è stata sospesa per colpa di due ragazzi che hanno fatto rissa.
Ma se sono due i colpevoli perché hanno sospeso tutta la classe?
Guarda, lascia stare, ormai io e papà ci siamo abituati. Probabilmente se la situazione non cambia dovrò cambiare scuola.
Addirittura?
Sì. È dalla prima media che capito in classi “vivaci” dove è impossibile fare lezione e papà è stufo.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capisco. Anche io lo sarei.
Comunque voglio farti i complimenti.
Per cosa?
Per l’amichevole. Avete giocato davvero ed ho creduto fino all'ultimo che potevate ribaltare il risultato!
Ma non basta. Se vogliamo andare avanti dobbiamo migliorare.
Questo è ovvio, ma non si può negare che la stoffa ce l’avete. Io faccio il tifo per voi!
Fai il tifo?
Sì! Potete considerarmi come la vostra fan numero 1!;)
Sì. Possibile.
Ora purtroppo devo andare che ho delle cose da sbrigare. Ci vediamo domani Tobio.
Okay. Ci vediamo.

Poso il cellulare sul tavolo e sospiro poggiando il viso su entrambe i palmi delle mani. Non è la risposta che aspettavo ma non posso nemmeno dire che non è stato sincero, anche se non mi è piaciuto il modo in cui voleva intendere le cose. Faccio un profondo sospiro, mi stropiccio gli occhi e finisco le ultime faccende prima di cambiarmi indossando il pigiama e sprofondare nel divano.

I giorni successivi sono passati come una folata di vento, tutti i pomeriggi li passavo letteralmente in palestra a fare l’assistente manager e l’addetta alle pulizie, mentre la mattina stavo in negozio con la nonna a dare una mano. Io e Tobio non abbiamo parlato molto da allora ma, in compenso, ho iniziato a fare maggiormente amicizia con gli altri membri della squadra, anche con Kei Tsukishima. All'inizio sembra tanto altezzoso e fastidioso ma, in fondo se ci parli, può rivelarsi anche piacevole e simpatico.
Con lui, infatti, la chiave è la comunicazione, basta parlarci e dopo un po’ inizia ad aprirsi e la cosa che mi stupisce è che l’amico più stretto che ha è Tadashi che è praticamente il suo opposto. Kei è silenzioso mentre Tadashi è loquace, anche se mi sembra più esitante e ansioso rispetto al suo amico biondo.
Stando a “stretto contatto” con loro ho notato tante altre dinamiche in quel gruppo di sgangherati, ad esempio: Yu e Ryunosuke vanno letteralmente pazzi per Kiyoko che, puntualmente, li tiene a bada evitandoli o mollandogli qualche schiaffo, come è successo a Yu una volta. Oppure Shoyo, nonostante la sua altezza, riesce a saltare più di chiunque altro e schiacciare qualsiasi palla gli venga lanciata, spesso mi ha lasciata letteralmente con la bocca aperta. Adoro anche guardare Koshi ed Asahi allenarsi insieme perché vedo una forte affinità, si vede che giocano insieme da due anni. Tutti i giocatori della Karasuno sono forti e diventeranno sempre più forti.

Oggi è sabato e lunedì ricomincerò ad andare a scuola, così ho proposto ai ragazzi di andare ad un fast food a mangiare qualcosa e fare un salto alla sala giochi, giusto per svagarci un po’. Verranno anche Hitoka e Kiyoko.
Tanto papà si fida a lasciarmi da sola con loro ed è da mesi che non esco a mangiare qualcosa con un gruppo di amici, le mie compagne di classe non le ho mai incontrate fuori da scuola ed è meglio così.
Per l’occasione ho indossato la collana col ciondolo a forma di cuore che mi regalò mia madre al mio sesto compleanno, un maglione dolcevita bianco panna, una semplice gonna rossa, parigine nere ai piedi e Converse nere alte. Come giacca per tenermi al caldo con l’arrivo dei primi freddi ho selezionato un Montgomery color beige.
I capelli li ho sistemati con una semplice mezza coda alta ed il resto li ho tenuti sciolti e con i boccoli liberi. Per trucco ho optato per un po’ di mascara e un lucidalabbra, rimanendo semplice.
Sistemo il portafoglio ed il powerbank nella borsa e mi avvicino all'uscita.

«Io vado papà!»

Annuncio prima di aprire la porta.

«Mi raccomando, resta sempre vicino a Koshi o Asahi, non dare retta alle persone che ti fermano per strada inclusi i cani, guarda bene prima di attraversare che non si sa mai, mandami un messaggio ogni tanto così so che va tutto bene e non fate troppo tardi.»

Eccolo, è partito di nuovo in “modalità protezione”. Alzo gli occhi al cielo ma non posso nascondere un sorriso sincero.

«Stai tranquillo papà, cosa vuoi che accada?»
Minimizzo e lui mi fulmina dalla cucina, anche se è poco credibile col grembiule ed i guanti di plastica gialli.
«Sai bene cosa può succedere e non voglio che accada, soprattutto a te.»
Già, l’incidente dei miei genitori è una cosa che ha segnato entrambe in maniera irreversibile e per motivi diversi. So che lui dice quelle cose per proteggermi ma spesso ricordarlo fa sempre male come una coltellata al cuore.
«Non succede perché non succede, ma se succede...»
Aggiunge papà cercando di smorzare l’aria pesante che si era formata e sul mio viso torna un piccolo sorriso.
«Non si sa mai...»
«Esatto, ma so che con loro sei in buone mani e mi fido di te.»
«Grazie papà, questo vuol dire molto per me.»

Il campanello della porta suona ed io mi affretto ad uscire trovandomi tutta la squadra di fronte alla porta di casa mia.

«Ciao ragazzi!»

Esordisco chiudendo la porta dietro di me.

«Ciao Yumi!»

Mi salutano in coro, sorrido e mi sfrego le mani pronta ad iniziare questo pomeriggio.

«Allora, dove preferite andare prima? Sala giochi o al fast food?»

Yu, Shoyo e Ryunosuke esclamano in coro la sala giochi dirigendosi verso di essa senza sentire le altre risposte, così io e gli altri li seguiamo silenziosi. Anche se sarebbe stato divertente non dire nulla ed indirizzarci verso il fast food per aspettare quanto ci avrebbero messo a capire che non eravamo con loro.

«Come ti senti Yumi a tornare sui banchi dopo tutto questo tempo a cazzeggiare?»
Mi interroga Kei col suo sorrisetto, ricambio il sorriso consapevole che sta scherzando.
«Se lavorare al negozio per te è cazzeggiare non voglio sapere come te la caverai nel mondo del lavoro.» ridacchio. «E comunque non è chissà che avvenimento, mi svegliavo presto prima e continuerò a svegliarmi presto, con l’unica differenza che il negozio era decisamente più tranquillo mentre la mia classe sembra un centro di recupero.»
«Ah, avevi detto che i tuoi compagni si divertono a fare casino. Ciò che non capisco è: perché non hai cambiato classe o direttamente scuola prima?»
La domanda di Tobio non è nuova per me, me lo sono chiesto varie volte anche io.
Sospiro e mi stringo nelle spalle.
«Me lo sono domandata spesso ma non ho mai trovato una risposta che fosse decisiva. Insomma, avere una classe indisciplinata non è il massimo direte voi e vi do completamente ragione, ma dopo aver passato tutte le medie nello stesso modo ti ci abitui.»
«Non dovresti abituarti! I professori non dicevano nulla?!»
«Promettevano ma alla fine non è cambiato nulla e papà si è anche stufato di questa storia.»
«Immagino, chiunque sano di mente si stuferebbe. Quindi che ha intenzione di fare?»
«Ha detto che se la musica non cambia mi fa cambiare scuola, tanto sono ancora in tempo.»
«Capisco…»
«E tu saresti contenta di questo cambiamento?»
Domanda Kei da dietro di me.
«In verità, Kei, a me non sembra una cattiva idea, tanto in quella classe non è che ho amicizie… sono semplicemente compagni di classe, non li incontro anche fuori da scuola a differenza vostra.»
«C’è anche la differenza che noi non siamo compagni di classe.» mi corregge.
«Va be’, hai comunque capito cosa intendevo dire!»

Arriviamo in sala giochi e Yu, Shoyo e Ryunosuke si catapultano all'interno lasciandoci indietro.

«Non correte ragazzi, almeno aspettateci!»

Li richiama Koshi seguito da un lungo sospiro.

«Non dev'essere facile tenerli a bada, vero?»

Gli domando cercando di soffocare una risata.

«No, non è affatto facile Yumi. Prima era più semplice quando erano solo due gli indisciplinati ma con Shoyo che gli va appresso è diventata dura.» confessa con un sorriso. «Ma se non ci fossero loro non saremmo insieme.»
«Tu e gli altri avreste mollato il club?»
«Io ed Asahi molto probabilmente, mentre Ryunosuke, Yu e Daichi no, non avrebbero mai mollato nemmeno sotto tortura. Anche se sarebbero rimasti solo loro tre avrebbero continuato ad allenarsi insieme senza darsi mai per vinto.»
Certo che i primini hanno dato nuova vita a questo club!
Sono così l’uno devoto all'altro ed è una cosa bellissima, legami così sono indistruttibili. In fondo l’idea di papà di farmi uscire con loro non è stata così male.

Entriamo nel locale e un’aria anni ‘80 mi pervade facendomi sentire come se avessi viaggiato indietro nel tempo.
Wow…!” penso con gli occhi che brillano e la bocca spalancata.
Sapevo che l’avevano ristrutturata ma non avevo ancora avuto l’occasione di vederlo dal vivo e sono felicissima di essere qui con i miei “corvetti”.
Le pareti hanno i mattoni rossi in vista dandogli un’aria casalinga nonostante siano tappezzate di neon di tutte le forme e colori. Alcuni raffigurano personaggi iconici dei videogiochi come Pacman o Mario Bros, altri sono a forma di cibo od oggetti casuali oppure altri ancora hanno scritte come “Play” o “Game”.
Il pavimento è grigio ed è stampato come se fosse una pista di go-kart che lo rende buffo ed allo stesso tempo a tema. Ai muri ci sono varie arcade di tutti i colori illuminate dai neon facendomi sentire una tipica ragazza degli anni ottanta, poco più in là ci sono varie piattaforme per sfidarsi a ballare oppure con uno schermo enorme per sparare a chiunque ti capiti sotto tiro.
Udire le varie musiche, gli effetti speciali e le vocine dei personaggi circondarmi le orecchie mi fa sentire come se fossi su un altro pianeta e non vorrei mai andarmene.

I tre dell’Ave Maria vengono attratti dal tavolo di Air Hockey così li seguiamo con Daichi che cerca di tenerli a bada e non farci notare sin da subito.
Posso notare che si trova anche una grande pista da bowling, ed il pensiero va subito a papà.
Ora ho capito dove va ogni sabato sera con i suoi vecchi compagni di squadra finite le partite che fanno tra di loro.

«Yumi! Yumi! Giochi con me? Vero che giochi con me?»

Mi interroga Shoyo posizionandosi ad un lato del tavolo facendomi arrossire senza un vero motivo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


«Certo che Yumi giocherà con te Shoyo, farà una partita con tutti, ma prima dobbiamo comprare tutti dei gettoni o i giochi non funzionano.»

L’intervento calmo e delicato di Kiyoko riesce a rallentare, anche se di poco, la sue frenesia e ci avviciniamo al bancone della giochi.

«Buon pomeriggio ragazzi e benvenuti!»

Ci saluta l’uomo dall'altra parte del bancone. Come si può notare dal tono di voce, dai folti baffi, dalle piccole rughe intorno agli occhi e sulla fronte avrà all'incirca sessant'anni o giù di lì.
Indossa un berretto da baseball blu, una maglietta grigia con stampato il nome della sala giochi e dei pantaloni marroni scuro tenuti su da una cinta di cuoio.

«Cosa posso fare per voi baldi giovani?»

Domanda con un sorriso cordiale in viso ed il primo a prendere la parola è Daichi, probabilmente è l’abitudine.

«Vorremmo tutti cinque gettoni a testa.»
«Solo cinque?!»
Piagnucola Shoyo in disapprovazione. Ovviamente, la risposta “calma” e “pacata” di Tobio non tarda ad arrivare.
«Stai zitto, idiota! Ne prenderemo altri più avanti!»
«”Stai zitto” lo dici a qualcun altro. Perché mi devi sempre trattare male?!»
«E tu perché ti comporti da idiota?»
«Vogliamoci bene, dai!»
Si avvicina a lui con le braccia aperte ma lo tiene a distanza posando la mano sulla sua faccia.
«Assolutamente no! Non ti accollare!»
«Ma come? Un Re che si rispetti ama incondizionatamente tutti i suoi sudditi.» esordisce Kei col suo tono saccente.
«Prima di tutto: non chiamarmi “Re”, e secondo: non lo incitare!»
«Che Re maleducato.»
«Fate i bravi o vi mando tutti e tre a casa in punizione, chiaro?!» li richiama il leader con tono deciso.
«Chiaro…»
Vedere Tobio, Kei e Shoyo bisticciare come se fossero tre fratellini mi riempie il cuore di contentezza e non posso fare a meno di sorridere.
Sembra di vedere Qui, Quo e Qua e Daichi fa loro da zio Paperino che deve sempre riprenderli e metterli in riga.

Presi i cinque gettoni vengo trascinata verso il tavolo che aveva adocchiato prima Shoyo e ci mettiamo entrambe in posizione.

«Sai come si gioca, sì?»

Gli domando inserendo un gettone dalla mia parte.

«Certamente che lo so!» ridacchia. «Andiamo, chi non sa come si gioca? È ridicolo!»
«Non ne hai la più pallida idea, vero?»
«No...»
«Devi semplicemente colpire il disco e fare punto, è come hockey normale.»
«Oh, okay!»

Mentre Ryunosuke, Yu e Hitoka rimangono accanto a noi a farci il tifo, il resto del gruppo si sparpaglia per la sala giochi avvicinandosi a cosa li attira maggiormente.
Avere il tifo mente gioco mi fa sentire viva e piena di energia, mi fa venire voglia di dare il massimo e di vincere a tutti i costi.
Forse è così che si sentono anche loro quando giocano a pallavolo?

Nonostante ci abbia messo il massimo del mio impegno, ho perso contro di lui per un misero punto e finita la partita si mette a saltellare entusiasta seguito da Ryunosuke e Yu.

«SÌ! SONO IL MIGLIORE GIOCATORE DI AIR HOCKEY CHE CI SIA!»

Esclama elogiato dai suoi senpai che lo fanno sentire ancora più fico.
Suona buffo detto dalla stessa persona che cinque minuti fa non aveva la minima idea di come si giocasse.
Scrollo le spalle e mi allontano dal tavolo lasciando lo spazio ai ragazzi che vogliono continuare a sfidarsi, soprattutto ora che sono gasati.

«Vado a vedere dove si trovano gli altri, vuoi venire con me Hitoka?»

Propongo alla mia amica che si unisce a me senza pensarci due volte.
I primi che mi saltano all'occhio sono Asahi e Koshi che si sono posizionati su dei simulatori di Moto GP.

«Come ve la cavate sui motori ragazzi?»

Domando poggiandomi con la spalla contro l’arcade dove si trova lo schermo.

«Sembra molto più semplice quando sono gli altri a farlo.»

Replica Asahi particolarmente concentrato sullo schermo.

«Be’, puoi prenderlo come allenamento per fare il patentino, no?»
«Il patentino?»
Si distrae per alcuni secondi ma perde la partita.
«Porca puttana!»
«Scusami...»
«Tranquilla, non è colpa tua. Comunque perché dovrei fare il patentino?»
«Perché non ti piacerebbe usare il motorino piuttosto che la macchina? Ti farebbe guadagnare un sacco di punti popolarità a scuola e non ti vedrebbero più come un teppista, ma come il senpai figo che va in motorino. Saresti più famoso di Tobio.»
«Più di lui?!»
A quella esclamazione Koshi gli da un forte pugno sul braccio, che se avesse dato a me, sarebbe venuto un livido enorme.
«Ahi! Perché l’hai fatto?»
«Ti stai paragonando a Tobio per caso?»
«Lui è abbastanza popolare e non viene scambiato per un ripetente.»
«Questo è perché non cammini a testa alta, più orgoglio quando passi per i corridoi. Sei Asahi Azumane, l’asso del Karasuno, non hai bisogno di un motorino per sembrare più interessante.»
«Se lo dici tu...»
«Dovresti avere più fiducia in te stesso, per i corridoi voglio vederti brillare come fai in palestra.»

I discorsi motivazionali di Koshi fanno sempre centro e fanno sentire meglio chiunque li ascolti, anche se non sono rivolti specificatamente a te, ma la sua voce è così soave, confortante e decisa che ti infiamma.
Le sua parole hanno fatto così tanto effetto che lo ha sfidato ad un altra partita e non sembra affatto intenzionato a perdere.

«Io vado a guardare gli altri, se tu vuoi giocare a qualcosa non sei costretta a seguirmi Hitoka.»

La rassicuro dopo aver notato che aveva adocchiato qualche gioco.

«Oh, okay allora!»

Mi sorride dolcemente e si avvicina ad una pedana dove si può ballare dove si trova Kyoko.
Giro la mia visuale intorno a me per vedere dove si sono cacciati gli altri e trovo Kei e Tobio sfidarsi a mini basket. Dovevo immaginare di trovarli insieme.

«A che giocate spilungoni?»

Chiedo mentre li raggiungo saltellando.

«A mini basket, vuoi provare a fare un tiro, dopo che ho battuto il Re?»

Propone Kei con un’aria di sfida senza distogliere l’attenzione dal basket.

«Ho detto che non devi chiamarmi così!» si affretta a dire Tobio.
«Tranquillo Kei, non ci tengo.» ridacchio. «Preferisco rimanere qui a guardarvi giocare. Sembrate abbastanza impegnati, c’è in palio qualcosa?»
«Niente di importante.» replica il nero crinito.
«È quasi strano vederti così concentrato per un giochino quando, all'inizio dell’anno, sembrava non te ne fregasse nulla di vincere o perdere.»
«Te l’ha detta tuo padre questa cosa?»
«Affermativo.» sorrido. «All'inizio pensavo avesse ragione visto che quando sono arrivata la prima volta vi stavate allenando.»
«E cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«L’amichevole col Nekoma.»
«Ah, perché ci hai visti giocare? Io credevo che avessi occhi solo per i tuoi amichetti e che per te non esistessimo.»

Okay, questa fa male. Dopo quell'ultima sentenza fa il canestro decisivo e vince il match contro Tobio. Solo che fa canestro anche sul mio cuore, procurandogli un’ennesima crepa. Abbasso lo sguardo realizzando ciò che ha appena detto.
Da quando essere felice di rivedere degli amici dopo tanto tempo è diventato un reato? Non ho fatto nulla di male!
Stringo i pugni ed alzo lo sguardo in modo da poterlo guardare negli occhi.

«Se cerchi farmi passare per quella che se ne è fregata della vostra presenza, ti sbagli di grosso. Non è affatto vero che non vi ho visti giocare, ero sul balconcino apposta ma non potevo fare il tifo perché papà me lo aveva proibito. Appena sono arrivata in palestra vi ho saltati tutti, te compreso, e sono rimasta anche dopo la partita ad aiutarvi a sistemare tutto come prima. Credo che tu soffra di perdita di memoria, caro mio.»
Faccio dei respiri profondi dopo essermi sfogata, come se mi fossi tolta di un peso che mi stava addosso e posso vedere la sua espressione, da divertita, cambiare lentamente nella sua solita espressione annoiata e disinteressata. Quell'espressione spegne i suoi stupendi occhi ambrati e ciò mi provoca tristezza e frustrazione.
«Se aveva una pistola ti faceva fuori.»
Commenta Tobio sfottendolo un po’ e la cosa mi strappa un lieve sorriso.
«Vieni Yumi, ti va di provare a fare canestro?»
«Sei sordo Re? Ha detto che non le interessava.»
«Be’, sai cosa? Ho cambiato idea, mi farebbe piacere provare!»
Gli faccio una piccola linguaccia e mi avvicino a Tobio che mi fa spazio.

Io e Kei abbiamo iniziato a stare distanti dopo quella piccola discussione, da lì in poi c’è stato il gelo più totale non solo per tutta la giornata, ma anche nei giorni seguenti in cui li andavo a trovare.
Col senno di poi ho capito che lui stava scherzando e non voleva intenderla come una cosa cattiva, così ho provato ad avere un dialogo con lui, con l’unico risultato di ricevere un muro. Tadashi mi ha detto di aspettare ancora un paio di giorni per potergli parlare perché ha intenzione di fargli un discorsetto e capire i veri motivi del suo silenzio perché non crede affatto che sia rimasto offeso per la mia risposta.
Così ho deciso di non andare al club per un po’, anche perché devo concentrarmi su alcune verifiche e magari non vedendomi sempre lì sarebbe riuscito a calmarsi e avremmo potuto riprendere a parlare come se tutto ciò sia stato un fraintendimento. Cosa che effettivamente è, un fraintendimento.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


I mesi passano, i ragazzi non smettono nemmeno per un giorno di allenarsi e fare amichevoli, i miei compagni di classe non hanno intenzione di calmarsi e la pazienza di tutti i genitori si sta esaurendo, compresa la mia e quella dei miei compagni tranquilli.
Il fraintendimento con Kei si è appianato, fortunatamente, siamo riusciti a fare pace davanti ad un bubble tea e tutto è tornato come prima. Sono riuscita ad integrarmi con loro alla perfezione ed i miei dubbi, stanno lentamente diventando realtà.
Hitoka mi ha fatto notare che, ultimamente, io e Tobio siamo diventati quasi come culo e camicia ed a me non è che dispiaccia, anzi. Io e lui spesso e volentieri ci troviamo bene in compagnia, è molto scherzoso anche se non si direbbe alla prima impressione, cerca di rendermi partecipe delle attività che fa al club e mi deve un enorme favore dopo che ho aiutato lui e Shoyo per degli esami importanti. Oltre a quello, Hitoka mi ha fatto notare che mi guarda con uno sguardo particolare anche se, per me è lo stesso sguardo che ha sempre.
È il comportamento che ho io quando sto con lui che mi preoccupa. Se stiamo particolarmente vicini il mio cuore batte all'impazzata, divento maldestra senza nemmeno volerlo, mi incanto a guardarlo negli occhi e va a finire che spiccico quattro parole sconclusionate con il risultato di farlo sorridere. Quel disarmante sorriso che mi riserva in rare occasioni.
Quando è in mezzo alla mischia si comporta come il Tobio che conoscono tutti, ma quando rimaniamo soli sembra addirittura gentile con me, riesce a sorridere senza assomigliare al gemello disperso di “IT”, se ho freddo cerca di scaldarmi col contatto fisico magari tenendomi le mani o strofinando le mani sulle braccia.
È tutto strano ed io mi sento strana.
Papà fortunatamente è cieco e non si è accorto di questa vicinanza tra noi due, c’è un’altra persona però che ci vede benissimo e non sembra contento di tutto ciò.
Kei Tsukishima.
Non so se mi crede stupida ma certe volte è inevitabile notare lo sguardo di fuoco che lancia a Tobio quando mi sta particolarmente vicino. Tadashi mi ha confessato che anche secondo lui Kei si sta comportando in modo strano ma come cerca di toccare quel tasto cambia discorso in tutti i modi o si chiude a riccio e fa scena muta. Non me la sento di farlo sembrare un’investigatore, così l’ho rassicurato e gli ho detto di lasciarlo stare tranquillo.

Nei giorni successivi le mie sensazioni sono aumentate ed il mio cuore è incontrollabile, così ho provato a confrontarmi in privato con Kiyoko ed Hitoka.
L’idea è stata utile ed imbarazzante al tempo stesso; non sono abituata a parlare dei miei sentimenti verso un ragazzo anche perché è capitato sporadiche volte e con papà l’argomento è un tabù da evitare a tutti i costi. Alla fine abbiamo raggiunto la conclusione che sembro avere una cotta per Tobio e che la cosa sembra addirittura ricambiata. Non so se prendere per veritiera l’ultima affermazione, ma per mancanza di ulteriori prove, mi devo accontentare.
Anche perché lui non ha mai detto: “Mi piaci” o frasi simili che possano far intendere ciò che prova quando stiamo a stretto contatto, quindi è difficile da capire. Non è un ragazzo che si esprime molto a parole ed a differenza di quando sta in campo, non sembra aver bisogno di un mio feedback per capire come procedere; forse perché i miei segnali sono palesi e lui magari ha già capito.
A quanto pare i miei sentimenti sembrano ovvi mentre i suoi sono imperscrutabili ma è inutile lambiccarsi il cervello per nulla.

Perché il mondo maschile è così complesso?” penso incrociando le braccia ed, improvvisamente, una voce femminile attira la mia attenzione.

«Yumi?»

Sbatto ripetutamente le ciglia come se fossi stata catapultata sulla Terra senza preavviso.

«S-sì…?»

Farfuglio cercando la persona che mi ha appena chiamata.
Il mio sguardo corre veloce e trovo la mia interlocutrice, ovvero Kiyoko.
Mi alzo in fretta dalla panchina su cui mi trovo e la raggiungo.

«Dimmi, hai bisogno di una mano?»
«Potresti chiudere tu la palestra e lasciare le chiavi nel mio armadietto dello spogliatoio?»
Wait, what?
«Io ho delle faccende da sbrigare a casa che non mi permettono di stare qui a lungo, ho già chiesto ai ragazzi ma la maggior parte di loro è già andata a casa oppure sono impegnati e non ce la fanno. Ti dispiacerebbe farlo tu?»
«O-oh… ecco…»
Non faccio nemmeno parte del club e si fidano così tanto di me da affidarmi le chiavi?
«Be’… ecco… i-io non faccio ne-nemmeno parte del club…»
«Lo so ma è una questione di emergenza, potresti farlo?»
«Non saprei che fare…»
«Devi solo controllare che la palestra sia immacolata, chiudi a chiave, ti avvicini alla stanza femminile del club, dove ci cambiamo io ed Hitoka hai presente?»
«Sì, che è vicina a quella maschile.»
«Esatto. Entri, c’è un armadietto con sopra il mio nome, puoi tranquillamente lasciare lì la chiave ed andrò a recuperarla domani mattina.»
In fondo siamo amiche, sarei una amica terribile se mi rifiutassi di aiutarla proprio ora che ha bisogno di me!
Sorrido ed annuisco decisa mettendo le mani sui fianchi.
«Puoi contare su di me, ci penso io a chiudere la palestra.»
«Davvero?»
«Certo!»
Le propongo un sorriso sincero. Per poco non si commuove e ricambia la mia gentilezza con uno degli abbracci più caldi e pieni di gratitudine che abbia mai ricevuto.
«Ti ringrazio tanto Yumi, ti devo un favore!»
«Ma figurati Kyoko.» minimizzo. «Per così poco...»
«Per te può sembrare poco ma per me è un grande favore.»
Mi sorride e noto che le sue guance sono colorate di un rosa molto vivace.
Prende con dolcezza la mia mano destra, la volta portando il palmo verso l’alto, posa sopra di esso le chiavi della palestra per poi chiudermi il palmo.
«Potrai chiedermi tutto ciò che vuoi, ti devo un enorme favore.»
«Davvero, non c’è bisogno.»
Ridacchio leggermente imbarazzata ed abbassando lo sguardo.
«Sei un’amica speciale, non dimenticarlo mai.»

Mi da un veloce bacio sulla fronte prima di uscire di fretta dalla palestra, la saluto con un cenno della mano e sento il viso andarmi letteralmente a fuoco. Saluto distrattamente anche Yu, Shoyo e Ryunosuke che stanno uscendo dalla palestra.
Sospiro ed osservo la palestra completamente vuota.
Che tristezza, sono rimasta sola… certo che quando si è da soli questa palestra sembra quasi inquietante.

«Cosa manca da mettere a posto? Il cesto dei palloni e le borracce d’acqua andranno svuotate e messe nella scatola. Mmmh… nulla di che allora.»

Sollevo le maniche della felpa che indosso e percorro tutto il perimetro della palestra recuperando le ultime palle rimaste, le raggruppo tutte nel cesto per poi spingerlo nello sgabuzzino.
Mi avvicino alle panchine per raccogliere tutte le borracce vuote e le inserisco ordinatamente all'interno della scatola.

«Posso darti una mano?»

Caccio un urletto acuto e sobbalzo sopraffatta dalla paura e dalla sorpresa.
Ma perché le persone mi devono raggiungere da dietro le spalle?
Giro il corpo verso la voce e faccio profondo sospiro di sollievo nel vedere il proprietario di essa.

«Porca miseria Shoyo, mi hai spaventata...»

Poso la mano sul petto dove si trova il cuore che sta battendo in preda allo spavento appena preso.

«Oh, mi dispiace! Mi dispiace davvero tanto! Non volevo spaventarti!»
Si affretta a dire facendo svariati inchini in segno di scuse.
«Va bene, per questa volta ti perdono, ma cerca di non venirmi troppo alle spalle o prenderò un altro infarto.»
Sdrammatizzo con un sorriso per non farlo sentire in colpa.
«Comunque come mai sei tornato dentro? Non eri uscito dalla palestra con i senpai?»
«Ti ho vista ancora qui e mi sono chiesto se avevi bisogno di una mano.»
Replica con un tono quasi da bambino che mi fa sorridere.
«Non è nulla di che, Kiyoko mi ha chiesto se potevo chiudere la palestra visto che lei e gli altri non potevano farlo.»
«Oh, capisco! È un compito molto importante!»
«Già. Comunque non c’è bisogno che ti preoccupi Shoyo, ho quasi finito.»
«Sei sicura?»
«Certamente.» sorrido a trentadue denti. «Devo solo portare all'interno questa scatola e poi dovrò chiudere, puoi tranquillamente andare a cambiarti.»
«Sei sicura?»
«Sicurissima.»
«Va bene, mi fido allora.»
Sorride e si incammina verso l’uscita.
«Ci vediamo domani pomeriggio qui?»
«Come sempre, ciao Shoyo!»
«A domani Yumi!»

Lo saluto con la mano mentre lo vedo sparire verso l’orizzonte.
Su, riprendiamo il lavoro e torniamo dritte dritte al negozio da nonna.
Mi abbasso recuperando la scatola da terra, la tengo stretta alzandomi e mi dirigo nello sgabuzzino per poi poggiarla su un ripiano dello scaffale.

«Ecco fatto.»

Mormoro tra me e me e chiudo la porta dello sgabuzzino. Spolvero con le mani i vestiti mentre mi avvicino alle porte della palestra pronta a chiuderla ma un braccio mi blocca la strada confinandomi contro un muro. Mi blocco sentendomi il fiato mancarmi per alcuni secondi e sbuffo seccata.

«Shoyo, non è divertente.»

Finisco di sistemarmi i vestiti ma la voce che risponde alla mia affermazione mi fa saltare un battito del cuore.

«Io non sono quel nanetto

Per la miseriaccia!
Alzo lentamente lo sguardo seguendo il braccio e realizzo che non si tratta di Shoyo ma di Kei Tsukishima.
Il mio respiro si fa piano piano più pesante e corto, come se mi mancasse l’ossigeno, il cuore batte come i tamburi che suona Saeko, dentro lo stomaco mi sembra di sentire le farfalle volare e le mie gambe sono diventate della stessa consistenza della gelatina.

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Capitolo 9
*** Capitolo 10 ***


Mangia tutto e se ti senti ancora debole non sforzarti. Prendi l’aspirina e mandami un messaggio se hai bisogno di qualsiasi cosa.
Ti voglio bene, papà<3


Sorrido e mi affretto a mangiare tutta la colazione senza strozzarmi, ad essere sincera mi sento decisamente meglio rispetto a ieri ma voglio comunque prendere l’aspirina per far contento papà e farlo sentire apprezzato per tutto ciò che ha fatto e sta facendo per me.
Rimango comodamente rannicchiata sul divano a poltrire guardando la TV ma sento l’urgenza di cambiarmi, ieri sera non ho fatta la doccia ed i miei capelli stanno già cominciando a fare schifo. Con un sospiro mi alzo dalla mia posizione comoda e salgo le scale diretta in camera mia per scegliere un cambio.
Entro nella stanza, apro l’armadio e dopo averlo ispezionato per alcuni minuti estraggo da esso un completo intimo bianco, una semplice felpa grigia con cappuccio, leggings neri della Adidas e fantasmini grigi. Finché devo stare in casa non è il caso di vestirsi chissà come.
Prendo tutti i vestiti ed esco da camera mia per occupare il bagno; chiudo la porta a chiave, poso i vestiti puliti sulla lavatrice (che sta accanto alla vasca), apro Spotify sul cellulare e facendo avviare la mia playlist. Osservo il riflesso allo specchio.
Una normalissima ragazza giapponese dai capelli bruni, boccolosi e dai grandi occhi a mandola color nocciola mi sta fissando.
Le punto l’indice con aria severa.

«Vedi di non far soffrire troppo Kei con questa falsa, okay? Gli voglio tanto bene, lui ha avuto il coraggio di aprire il suo cuore con te ed è addirittura disposto a fare la parte del finto fidanzato per farti felice e per poter avere l’illusione di essere ricambiato. Devi dare il massimo e non lasciare che sia tutto vano, ci siamo capite?»

La minaccio come se parlare col mio riflesso possa servire ad auto-convincermi a dare il meglio senza cadere ai piedi di Tobio alla prima parola che mi dice.
Sospiro e scuoto il capo.
”Un bel bagno caldo scaccia tutti i brutti pensieri ed aiuta a pensare a mente lucida!”, nonna lo ripete sempre.

Avvio il getto caldo dell’acqua e, mentre la vasca si riempie, tolgo tutti i vestiti che ho indosso rimanendo nuda e con i miei lunghi capelli liberi.

Entro in quella oasi calda, chiudo gli occhi e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.
È una vera goduria poter stare a mollo in questo modo.
Chissà come reagiranno Tobio e Kei nel non vedermi con papà oggi pomeriggio, sono davvero curiosa di vedere le loro facce. Sorrido. Me le farò raccontare da papà al massimo.
Sono sicura che accettare quello che mi ha proposto è una buona idea…? Insomma per me è un teatrino fatto solamente per attirare Tobio a me e far in modo che si dichiari ma se non funziona? E se va a finire che litigano perché entrambe vogliono stare con me?” sospiro. “Non voglio essere la causa di un loro litigio, voglio che vadano d’accodo… C’è anche l’ipotesi che al diretto interessato non freghi una beata ceppa. Però è stato Kei ad insistere, quindi lui sa già in primis che non provo nulla nei suoi confronti. Si farà male da solo…
Scuoto il capo, affondo il viso nell'acqua per alcuni secondi e decido di lasciare la mente libera e lasciarmi coinvolgere dalla musica che mi fa sorridere.

Finito il bagno, asciugo il mio corpo, indosso i vestiti puliti e, aiutandomi con l’asciugacapelli do una veloce asciugata alla mia chioma cercando di far risaltare i miei boccoli. Spruzzo un po’ di profumo e, dopo aver messo i vestiti sporchi nella lavatrice, scendo in salotto per guardare la TV. Estraggo il telefono dalla tasca della felpa e controllo le notifiche di ieri. Ho ricevuto alcuni messaggi da Tobio e Kei, tutti ieri sera, mentre ho un paio di chiamate perse da Hitoka di stamattina.
Apro la chat e leggo prima i messaggi di Tobio.

Ehi Yumi.
Non so veramente perché te lo sto dicendo ma, in fondo, mi sembra giusto perché sei comunque mia amica.
Domani non ci sono al club e nemmeno a scuola perché ho degli esami di routine da fare e quindi mi sono dato una “giornata libera”.


Corrugo le sopracciglia e non so se essere incazzata con lui o rassicurarlo.
Ci voleva tutta questa tensione per dirmi che oggi non ci sarebbe stato a scuola?!

Stai tranquillo, nemmeno io ci sono al club oggi. Ho avuto un po’ di febbre e papà mi ha fatta stare a casa per non infettare nessuno.
 
Sbuffo e passo ai messaggi di Kei.

Oi. So bene che non ha alcun senso che io ti dica questo ma sono contento che tu abbia detto di sì. Davvero. E non lo sto dicendo in maniera egoistica, so bene che non hai accettato i miei sentimenti perché il tuo cuore appartiene ad un altro, ma sono comunque felice di poter passare più tempo con te.
Buonanotte.


Sorrido colta alla sorpresa ed intenerita dal suo messaggio. Non me l’aspettavo ed è stato carino. Scrivo ad Hitoka avvisandola che oggi non ci sono così da non farla preoccuparla inutilmente.
Poso il telefono sul tavolo, accendo la TV e mi metto a guardare un film aspettando l’ora di pranzo e prepararmi qualcosina. Potrei essere la moglie ideale se non fossi terribilmente pigra.

Le ore passano, il pomeriggio arriva ed il cielo si fa sempre più scuro.
A quest’ora dovrebbero essere già finite le attività del club e papà dovrebbe raggiungere il negozio a momenti.
Sospiro annoiata ed il campanello di casa mi provoca un sussulto.

«Arrivo!»

Scendo velocemente dal divano, indosso le ciabatte e mi avvicino a passo spedito alla porta.
Chi può essere? Assolutamente non è papà, lui non bussa mai, nemmeno per cercare di farmi uno scherzo.
Senza guardare dallo spioncino spalanco la porta alla persona davanti a me trovandomi Kei con dei sacchetti di plastica in mano.
CHE DIAVOLO CI FA LUI QUI?!
Come lo vedo di fronte a me le sensazioni che provavo in palestra si prendono nuovamente possesso del mio corpo.
Non ho la minima idea di come reagire.

«Ciao Yumi.»

Mi saluta con un sorrisetto cordiale ed, a mia sorpresa, mi porge un sacchetto con stampato il simbolo della farmacia. Sono a dir poco confusa.

«Ci sono dentro delle medicine per la febbre e della pastiglie per il raffreddore, Ukai ci ha detto che sei stata male stanotte. Ero preoccupato per te così ho voluto fare un salto per vedere se era tutto a posto.»

Apro il sacchetto senza proferire parola e rimango quasi lusingata nel vedere quanta cura ci abbia messo per scegliere quelli più adatti e non era nemmeno costretto a farlo.

«G-grazie mille...»

Balbetto con un tono di voce più acuto di quanto volessi.
Alzo timidamente lo sguardo sul suo viso e rimango incantata nel vederlo illuminato dalla luce della mia porta. È come se fosse la prima volta che lo vedo, sento dentro di me un turbinio di emozioni che non mi so spiegare.
Lui non sembra particolarmente turbato dal mio sguardo e si abbassa di poco alla mia altezza.

«Ti senti meglio ora, vero piccola

Domanda posando la mano contro la mia fronte ed io mi sento immediatamente avvampare. Sono sicura di essere tutta un fuoco.
Perché deve stare così dannatamente vicino per controllare se ho ancora la febbre? Non va più bene un termometro? E poi, è colpa tua se ieri ero così accaldata!
«Emh… s-sì… non era nulla di grave.»
Alzo mentalmente gli occhi al cielo per la risposta terribile che ho dato.
Andiamo, riprenditi!
«Ne sono felice. Hai bisogno che ti aiuti in qualche cosa?»
«No… puoi stare tranquillo, sto semplicemente aspettando che papà torni. Tutto qui.»
«Okay. Allora ci vediamo domani al club?»
Annuisco riuscendo a recuperare un po’ di forza psicologica per sorridergli.
«Sì, se mi sento meglio.»
«A domani allora.»

Si abbassa dandomi un bacio a stampo per poi allontanarsi dalla mia porta e salutarmi con un cenno della mano un’ultima volta, prima di sparire dalla mia vista.
Mi giro lentamente verso l’interno di casa mia con le guance che vanno letteralmente a fuoco.

«L’ha fatto di nuovo… mi ha baciata di nuovo...»

Mormoro passandomi delicatamente l’indice sulle mie labbra umide.
È stato diverso rispetto a ieri, è sembrato più sincero, più vero.
Riesco a percepire tutto il mio corpo tornare esattamente come era cinque secondi prima di aprire la porta e mi sento decisamente presa in giro dal mio stesso corpo.
Sospiro chiudendo gli occhi.

«Ma perché devo reagire così…?»

Mi interrogo sbuffando. Chiudo pigramente la porta dietro di me, mi avvicino alla televisione, mi inginocchio sul mobiletto sotto di essa e sistemo in un cassetto le medicine che mi ha dato Kei in modo da averle sempre se ce né bisogno e “cancellare” le tracce del suo cammino da papà.
Butto il sacchetto insieme alla plastica, torno sul mio amatissimo divano e mi raggomitolo nuovamente in una coperta stile burrito per rileggere, l’ennesima volta, il mio libro preferito. So le battute a memoria ma non posso proprio fare a meno di leggerlo, è più forte di me.

Subito dopo quel piccolo incontro del terzo tipo con Kei è sbucato papà che per viziarmi un po’ e ringraziarmi di aver dato una mano nella gestione della casa, prepara il mio piatto preferito.

«Allora dimmi, come è andata la giornata?»

Domanda posando i piatti sul tavolo.

«È andata bene.» rispondo blandamente stringendomi nelle spalle. «In alcuni momenti mi sono annoiata ma ho cercato comunque qualcosa da fare.»

Papà annuisce e completa la tavola.

«Bene, bene, brava.» si compiace sorridendomi. «Ora ti senti meglio? Non hai freddo o brividi?»
Domanda premuroso poggiandosi con i gomiti al tavolo.
«Non ti preoccupare papà, davvero. Sarà stata una cosa passeggera, ora mi sento decisamente meglio.»

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Cerco un contatto visivo con lui ma evita volontariamente lo sguardo tenendolo verso il basso.

«Kei… tutto bene?»

Il ragazzo poggia entrambe gli avambracci contro il muro costringendomi a mettermi con la schiena contro di esso e stringermi di poco nelle spalle.

«Perché lui…?»
Quella domanda esce quasi come un mormorio afflitto, ma non riesco a capire a chi o cosa si riferisca.
«Come…?»
«Perché lui ha il privilegio di avere il tuo cuore ed io no?»
Oh merda… no…
Ora è palese che si riferisce a Tobio ed io non ho il coraggio di guardarlo in faccia a causa dei sensi di colpa nei suoi confronti.
«Odio me stesso per essere attratto da te…»
Mantengo lo sguardo a terra ascoltando attentamente le sue parole.
«Per qualche ragione vorrei soltanto lasciarti in pace ma non riesco. Desidero prenderti qui, adesso...»

Alzo di colpo lo sguardo incrociando, finalmente, i suoi incantevoli occhi ambrati facendomi sentire una fitta allo stomaco mentre lui sospira e si mette alla mia altezza in modo da poterci guardare negli occhi.
Rimaniamo così, in silenzio, a scrutare l’uno gli occhi dell’altra per svariati minuti, non ho il coraggio di proferire parola.

«Usami…»

Sussurra Kei avvicinando ulteriormente il suo viso al mio. È una proposta a dir poco assurda che mi lascia spiazzata.

«C-come…?»

È tutto ciò che riesco a dire.

«L’arma migliore per ottenere la sua attenzione e fare in modo che si dichiari a te, è la gelosia, e credo che lo abbia capito anche tu.»
«Sì… credo di sì...»
«Allora usami. Usa il mio amore contro di lui in modo da farlo ingelosire ed avvicinarlo a te.»
Chiudo gli occhi, sospiro e lo stringo a me intrecciando le braccia intorno al suo bacino essendo molto alto.
«Non posso farlo Kei, non è giusto. Non è giusto nei tuoi confronti...»
Mi allontano in modo da sciogliere l’abbraccio e guardarlo negli occhi.
«A me non importa. Se è una scusa per averti al mio fianco, anche se per poco, sono ugualmente disposto a farlo.»
Ma che sta succedendo… perché?
«Io...»
«Ti prego, dì di sì.»
Si avvicina maggiormente e le sue labbra rimangono a pochi centimetri di distanza dalle mie.
«Prometto che appena riuscirai a conquistarlo interromperemo questa cosa, ma almeno provaci...»

Ritraggo le labbra e rimango in silenzio, alzo le mani del suo bacino verso il petto riuscendo a sentire il suo cuore battere come una trivella.
Questo è l’affetto che gli faccio? È disposto ad essere usato da me in modo da poter dimostrare quanto mi ama pur essendo consapevole che io amo un altro ragazzo?
Non ho il tempo di pensare ad altro che sento le sue calde e morbide labbra sulle mie.
Rimango immobile per alcuni secondi colta di sorpresa ma successivamente rilasso ogni mio muscolo nel stare a contatto col calore del suo corpo e ricambio il bacio.

«Lo prendo come un “sì” allora.»

Sussurra tra i baci con un sorrisetto soddisfatto.

«Dio… ogni tipo di contatto con te mi manda in completa estasi. Non so se odiare questa sensazione o godermela...»
Prendo il suo viso tra le mani in modo che non smetta di guardarmi negli occhi.
«Goditela finché che puoi...»
Sussurro con un tono di voce sensuale per poi riprendere a baciarlo.

Quello che è successo in palestra è stato a dir poco sconvolgente.
Ora sono a casa, sul divano, arrotolata dentro una coperta come un burrito, col cuore che ancora non si è calmato e la testa completamente confusa.
Adesso che faccio? Non posso più tirarmi indietro, eh no. Ormai ho accettato e mi prendo la responsabilità delle mie scelte. Avrei potuto dirgli di no dopo quel bacio, ma ho deciso di ricambiarlo e non fermarmi. È inevitabile che anche lui abbia un fascino disarmante ma i miei sentimenti per Tobio sono forti… e se funzionasse? Magari non è una pazzia e può funzionare, in tal caso io e lui smetteremmo subito. Stiamo solo fingendo… o almeno… io sto fingendo…
Sospiro avvilita e noto con la coda dell’occhio mio padre avvicinarsi a me con aria preoccupata.

«Tutto bene? Non hai una bella cera...»

Alla sua domanda scuoto la testa e cerco di nascondermi maggiormente sotto la coperta.

«Non mi sento bene papà… credo di avere la febbre.»
«Davvero?» domanda alzando un sopracciglio. «Qualche ora fa stavi benissimo. Dai, esci da lì così posso sentire la fronte.»
Faccio come chiede e posa la sua fredda mano sul mio viso bollente causandomi una scossa di brividi.
«Be’, per essere calda sei calda.» sospira. «Okay, per domani stai a casa da scuola ma non potrai nemmeno venire al club, intesi?»
Annuisco. Meglio, non ho il coraggio di guardare Kei in faccia e iniziare domani quel teatrino mi mette ansia.
«Ora sdraiati sul divano in modo da stare più comoda, appollaiarti sul divano imitando L non ti aiuterà per niente.»

So benissimo di non avere la febbre, il mio corpo è tutto un fuoco a causa di quello che è successo in palestra, ma per me saltare un giorno di scuola per schiarirmi le idee non dispiace affatto.
Quella mandria di animali mi avrebbe fatto venire solamente il mal di testa e non mi andava di rassicurare, dall'ennesimo crollo emotivo, la professoressa di inglese.

Per cena è venuta la nonna a prepararmi un brodino caldo ed a viziarmi un po’, cosa che ama fare soprattutto quando sto male. Adora stare seduta accanto a me in modo da potermi assistere al meglio o anche per darmi un dei suoi famosi baci sulla fronte che, secondo lei e papà, sono magici ed in grado di far passare ogni tipo di malanno.

«Mamma non c’è bisogno che rimani qui tutta la notte per assisterla, ha sedici anni e ci sono io a controllarla.»

La rassicura papà per non farla tornare a casa tardi.

«Ma se avesse bisogno di me? E se le venisse da vomitare?»

Ipotizza con tono preoccupato facendomi venire l’ansia di vomitare davvero nonostante sia solamente une febbre passeggera ed insignificante.

«Puoi stare tranquilla, bado a lei da quando aveva otto anni. So cosa fare nel caso peggiorasse durante la notte.»
«Però mi prometti che se succede qualcosa di grave mi chiami?»
«Tranquilla nonna, è solo un po’ di febbre, non è nulla di che.»
Cerco di rassicurarla regalandole un dolce sorriso, mi dispiace farla stare in pensiero tutta la notte per una cosa da nulla e la cosa sembra fare effetto.
«Va bene, allora sto tranquilla.» sorride. «Sai cosa ti ci vorrebbe per farti stare subito meglio?»
«Cosa nonna?»
«La compagnia di un bel ragazzo. Magari quello biondo della squadra di pallavolo di tuo padre, com'è che si chiama…? Kai…? Kiey…? Klei…?»
«MAMMA!»
«Parli di Kei? Quello con gli occhiali?»
«Esatto, Kei! Ti sarebbero bastato stare due minuti tra le sue braccia e la febbre sarebbe passata in un batter d'occhio!»
Esclama facendomi l’occhiolino, inconsapevole che, la febbre me l’ha causata proprio lui.
Eh eh… se solo sapessi nonna…
«Mamma ma che le dici?! È ammalata ed ha bisogno di medicine, non di un ragazzo!»
«Su non fare il papà geloso ora, l’hai accudita e coccolata per tutti questi anni, è ora che sia qualcuno a coccolarla al posto tuo.»
«Accadrà quando sarò nella tomba. Dopo tre giorni, per essere sicuri che sia morto.»
«Oh, ma vedrai come te la farò sotto il naso!»

Nonna mi da un altro bacio per poi salutare mio padre con un cenno della mano e tornare a casa. Adoro vederli bisticciare su quest’argomento, papà è molto protettivo mentre lei mi farebbe fare qualsiasi cosa, basta che nessuno si faccia male. Per lui è addirittura impensabile che un ragazzo possa prendersi cure di me esattamente come fa lui ed è un suo tratto che ho sempre amato; anche se passano gli anni, ai suoi occhi sono la stessa principessa che spargeva brillantini per tutta la casa cantando a squarciagola: “Il Mondo È Mio”.

«Ora riposati un po’, okay?»

Si abbassa alla mia altezza e mi da un dolce carezza facendomi sorridere.

«Va bene papà.»

Annuisco e mi rannicchio maggiormente nella coperta calda che mi fa sentire al sicuro come se fossi in un fagottino.

«Io rimarrò qui un po’ per farti compagnia, quindi non preoccuparti di nulla.»

Accende la TV e si siede comodamente sul divano accanto a me ed accarezzandomi le gambe da sopra la coperta.
Durante la cena con la nonna ho sentito il cellulare pigolare varie volte ma non ho voluto vedere chi mi stava messaggiando, così l’ho messo in silenzioso senza controllare alcuna notifica e l’ho messo sul tavolino che sta di fronte al divano. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore e lontano dal mio mal di testa. Lo so che non c’è nel proverbio ma era carino aggiungere questa parentesi, visto che per colpa del suo pigolio insistente, mi stava scoppiando il cervello.
Chiudo gli occhi e dopo un profondo sospiro provo comunque a farmi una dormita.

Che ore sono? È già passata la notte?
Stropiccio pigramente gli occhi e con l’aiuto delle braccia mi metto seduta sul divano. Dalla luce del sole che illumina tutto il salotto deduco che sia già mattina, poso lo sguardo sul tavolino e sorrido nel vedere un vassoio con sopra una tazza di latte ancora caldo, un piattino con dei biscotti al cioccolato, un altro con dei dorayaki ed un bicchiere di succo accompagnato da un'aspirina.
Papà è sempre così premuroso nei miei confronti. C’è anche un biglietto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


«Sono sollevato.»
Sorride e si alza dal tavolo per controllare la pentola. Scendo dal divano ed allontano di poco la sedia per mettermi a tavola con lui.
«Ah! Quasi dimenticavo!»
«Cosa?»
«Hai ricevuto le medicine da Kei?»
Cosa ha appena detto? Come è possibile che lui sappia delle medicine?
«Le… le medicine…?»
«Sì.» annuisce. «Era così in pensiero per te che ha voluto andare in farmacia e comprare qualcosa per farti stare meglio. Io gli avevo detto che non era necessario ma lui ha insistito così tanto che alla fine mi sono dovuto arrendere.»
«Oh...» abbasso lo sguardo con un lieve sorriso. «Sì, le ho ricevute. È stata una sorpresa vederlo alla porta ma mi ha comunque fatto piacere, anche se sono un po’ dispiaciuta per averlo fatto preoccupare tanto...»
«Sai, tu oggi non eri l’unica a mancare».
«Ah sì?»
«Già. Anche Tobio-So-Fare-Tutto-Io-Kageyama era assente oggi.»
«Oh! Sì, aveva degli esami di routine da fare.»
«E tu come lo sai?»
Merda!
«E-emh… come lo so dici?» farfuglio. «Mi hanno inserita nel gruppo chat della squadra ed aveva mandato un messaggio lì per avvertirci.»
«Oh, capisco. Comunque sono contento che ti sei ripresa in fretta dalla febbre e che tu abbia fatto amicizia con i ragazzi della squadra. Sapevo che ci saresti andata d’accordo.»

Sorride fiero e mi da un veloce abbraccio colmo d’amore e sollievo.
Il resto della serata l’ho passato con papà parlando degli allenamenti che devono attuare e del fatto che a breve avranno una partita importante contro l’Aoba Josai, una squadra di pallavolo capitanata dal donnaiolo per eccellenza, Tooru Oikawa.
Da quello che si dice in giro il suo hobby preferito è fare il cretino con la pletora di squinzie che lo seguono ovunque lui vada. Abbastanza inquietante come cosa ma finché lui è contento.
Nelle poche foto che ho visto in giro e su alcuni servizi TV questo non mi ispira belle sensazioni, soprattutto perché sembra voler fare il bel faccino ma appena entra in campo ti scaglia tutte le armi che possiede.

«E cosa si sa sul suo conto quando sale in campo?»

Domando incuriosita a papà lavando i piatti nel lavello.

«Lui è famoso per il servizio: la sua battuta è così precisa e potente che raramente i giocatori riescono a prenderla.»

Replica con lo sguardo incollato al cellulare ed io alzo gli occhi al cielo quasi indispettita.

Finisco di posizionare i piatti nello scolapiatti, mi asciugo le mani con uno straccio e torno a tavola accanto a papà che pare star guardando una partita di pallavolo che ha precedentemente giocato la nostra futura avversaria. Nel vederla così, da dietro uno schermo, la sua battuta sembra un servizietto da niente ma sono sicura che dal vivo questo sarà una bella gatta da pelare.

«Va be’, ma che vuoi che sia, no?» sdrammatizzo con un sorriso. «Noi abbiamo nientepopodimeno che Yu Nushinoya! Il libero che riesce a raccattare tutto il raccattabile!»
Lo elogio con orgoglio facendo ridere papà.
«Fossi per te non lo sottovaluterei, la sua squadra è potente, non sarà una passeggiata.»
Alzo gli occhi al cielo seccata di farmi distruggere le botte di positività da lui e la sua negatività.
«E quando è la partita?»
«Questo week-end.»
Sorrido e mi tendo di poco verso papà pronta a fargli una proposta ma lui mi precede conoscendomi ormai alla perfezione.
«Ormai è inutile che me lo chiedi.» sospira. «Puoi venire, ma resterai sugli spalti con Hitoka. Ti va bene?»
«GRAZIE PAPÀ!»

Esclamo con un sorriso luminoso in volto e lo abbraccio al collo così forte da rischiare di soffocarlo.

«Tesoro… tesoro…! Il collo…!»

Sussurra ed io mollo immediatamente a “presa” preoccupata e dispiaciuta per aver tentato, involontariamente, strozzato mio padre.

«Oh mio Dio! Scusami papà! Non me ne sono nemmeno accorta!»
Mi affretto a dire presa di sensi di colpa e mi allontano di poco in modo che possa fare dei respiri profondo.
«Tranquilla… l’importante è che me ne sono accorto io…»

Bisbiglia riprendendo a respirare regolarmente. Non mi ero nemmeno accorta di averlo abbracciato così forte… forse è anche perché lo stavo “abbracciando” al collo e non dev’essere stata una sensazione piacevole da vivere.

A sera tardi andiamo entrambe a dormire ma io non riesco a prendere sonno perché non riesco a scacciare Lui dalla mia testa, ed è frustrante.
Sospiro fissando il soffitto.
Perché, tra tutti i cristiani che ci sono sul globo terraqueo, proprio tu dovevi sconquassarmi l’anima? Proprio tu? Era tutto più semplice se potevamo rimanere amici e tenerti i tuoi sentimenti per te, e non lo penso con cattiveria, davvero, ma così è tutto complicato… sai benissimo che non ricambio e tu vuoi farti del male in questo modo…” mi stropiccio gli occhi e sbuffo. “Non poteva innamorarsi di Hitoka? Anche se, credo, che di lei sia innamorata Tadashi. Arrossiscono sempre quando stanno troppo vicini. E chi lo assicura che quella fregata non sarò io?
Cerco di prendere sonno continuando a rigirarmi nel letto ma nulla sembra darmi sollievo. Devo svagare la testa o non dormo più fino ai quarant'anni e, cosa più importante, questa “ansia” prenderà i sopravvento su di me.

Scendo dal letto, dalla flebile luce della luna che passa dalla finestra sembra già essere notte fonda, controllo sul cellulare ed è l’una e mezza di notte, immaginavo. Indosso silenziosamente le ciabatte e, altrettanto silenziosamente, scendo in salotto e fare un po’ di latte caldo; nonna me lo preparava sempre quando ero piccola e gli incubi a causa dell’incidente dei miei genitori mi tenevano sveglia, ricordo che mi aiutava tutte le volte, mi aiuterà di sicuro anche ora.

Prendo la mia tazzina di Harry Potter dal mobiletto accanto allo scolapiatti e lo poso sul tavolo della cucina, poso il pentolino sui fornelli ed accendo il gas, recupero la bottiglia di latte dal frigorifero e ne verso una tazza all'interno del pentolino.
Rimetto la bottiglia nel frigorifero ed aspetto qualche minuto in modo che il latte possa scaldarsi a dovere e nel mentre porto la tazza ed i cereali sul tavolo in salotto ed accendo la TV tenendola ad un volume molto basso.
Fa strano fare zapping sui canali per bambini di notte, a quest’ora trasmettono repliche di cartoni che i bambini di oggi non guardano più o di cui non sanno nemmeno l’esistenza; come ad esempio “Code Lyoko” o “Huntik”, purtroppo non se li ricorda più nessuno o nessun bambino li vuole vedere. È proprio vero che i gusti cambiano.
Appena il latte è caldo, verso una manciata di cereali nella tazza per poi farli bagnare da una cascata di latte caldo fumante. Mi siedo a tavola, impugno il cucchaino ed inizio a mangiare i cereali nel latte caldo che provoca una sensazione piacevole lungo tutto il mio corpo.
Non ha lo stesso amore che ci metteva la nonna, ma il suo compito lo svolge a dovere.

Rimango in salotto a guardare cartoni animati per un’ora e mezza ma il sonno, con l’aiuto del latte caldo, si fa sentire così mi alzo pigramente dal divano spegnendo la TV e mi rifugio in camera mia. Come varco la soglia mi dirigo spedita verso il letto, mi metto sotto la coperte come se fossi ancora una bambina e mi addormento istantaneamente.

Papà, soprannominato anche La-Sveglia-Umana mi chiama alle sei e mezza.
Recupero il cellulare maledicendolo col pensiero e rispondo alla sua chiamata con la voce roca e la bocca ancora impastata.

«Pronto…?»

Borbotto cercando, inutilmente, di avere un tono di voce cordiale.

«Buongiorno anche a te!»

La sua voce vispa e sorridente mi irrita così tanto che vorrei riattaccargli in faccia e riprendere a dormire fino a sentire la vera sveglia.

«Perché mi hai chiamata…? È presto...»
«Ti ho chiamata a quest’ora così impari a perdere tempo nel guardarti i cartoni animati all'una di notte.»
«Cosa…?»
«Ti ho sentita stanotte mentre sgattaiolavi via.»
«E tu come hai fatto? Stavi dormendo.»
«Io sono giustificato perché stavo lavorando.»
Qualsiasi cosa gli chiedo ha sempre la risposta pronta, me lo deve insegnare.
«Comunque oggi vengo a prenderti a scuola, a che ora esci?»
«La solita ora, la sai già papà.»
«Bene. Ci vediamo all'una allora, buona giornata tesoro!»
«Buona giornata.»

Buona giornata? Buona giornata un corno! Sbuffo, mi trascino giù dal letto per lavarmi il viso, i denti e pettinarmi i capelli. Compiuto tutto ciò indosso la divisa della scuola, mi spruzzo il profumo e scendo in cucina. Estraggo dalla dispensa un birck di succo alla pesca, una busta di dorayaki e dei biscotti al cioccolato.
Mangio tutto controllando le ultime notifiche sul cellulare fino alle sette e mezza, al che prendo lo zaino mettendolo su una spalla, indosso le scarpe all'entrata ed indosso una giacca a vento della Adidas. Metto le cuffie facendo partire la musica ed esco di casa, chiudo la porta lasciando la chiave nella cassetta della posta ed a passo lento raggiungo l’inferno che hanno il coraggio di chiamare scuola.

Entro svogliatamente in classe, saluto distrattamente alcuni dei miei compagni che sono già in classe e mi siedo al mio banco seccata.

«Come mai non sei venuta a scuola ieri?»

Mi domanda Saki Atsuki, è l’unica pick-me della classe che vorrebbe farsi tutti i ragazzi in una volta sola ed è anche l’unica che è contenta del baccano in classe.
Io e lei non andiamo molto d’accordo perché io risulto simpatica ai ragazzi senza fare tutte le moine che fa lei e le da parecchio fastidio.

«Non sono affari tuoi.»

Replico fredda sistemando le cuffie nello zaino senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Un affronto per lei.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


«Perché mi tratti sempre così male? Guarda che lo dico a Kaito che mi tratti male.»

Piagnucola fingendo un tono da bambina innocente che mi fa solamente salire il nervoso, ma devo a tutti i costi mantenere la calma.

«E diglielo, sai che me frega.»
«Eddai, dimmi perché sei stata assente, capita raramente e sono curiosa. Te lo giuro che rimarrà un segreto tra me e te.»
«Semplicemente non sono stata bene, smettila.»
«Non è che…!»
Sussulta e si copre la bocca con una, fintissima, espressione sorpresa sul volto.
«Non è che hai conosciuto un ragazzo?»
«E anche se fosse?»
«No, va be’, adoro!» esclama compiaciuta.
Prende una sedia e la avvicina al mio banco per poi poggiare i gomiti su di esso.
«Ora devi dirmi tutto su di lui, sono curiosa di conoscerlo!»
Alzo mentalmente gli occhi al cielo raccogliendo tutta la mia forza fisica e mentale nel trattenermi di strozzarla stile Homer Simpson.
«Guarda, non è il caso.»
«Perché?» le sue labbra si incurvano in un sorriso mellifluo. «Non dirmi che sei gelosa.»
«Ma non è che son gelosa, è che so già che non andresti d’accordo.»
Bugia, sono un po’ gelosa che lei possa avvicinarsi a Tobio... o Kei ma questo non c’entra!
«Andiamo, chi vuoi che sia mai!»
«Hai presente la squadra di pallavolo della scuola Karasuno?»
La sua espressione cambia da interessata a un’aria superiore.
«Sì...»
«Ecco, io spesso esco con tutta la squadra. Siamo amici. Contenta ora?»
«Immaginavo che una sfigata come te uscisse con degli sfigati.»
Alza gli occhi al cielo quasi schifata e rimette le sedia a posto.
«Svegliati Yumi, quella squadra non la conosce nessuno, sono degli sfigati.»
«Ma che ne vuoi sapere tu?»
«Io, a differenza tua, conosco un giocatore che vale la pena di conoscere e non degli sfigatelli di provincia!»
Sarebbe divertente dirle che io conosco anche i ragazzi del Nekoma visto che è una squadra abbastanza rinomata a Tokyo.
«Fammi indovinare, il giocatore che conosci è Tooru Oikawa, giusto?»
«Be’, è ovvio che sia lui! È il giocatore migliore di tutto il Giappone, lo conoscono anche i sassi!»
Oddio, il “Migliore del Giappone” mi sembra abbastanza pretenzioso anche perché non c’è solo la sua squadra e ci sono giocatori con caratteristiche fisiche o tattiche più forti delle sue.
«E per tua informazione, io posso andare ad assistere ad una loro partita questo week-end.»
«Guarda te la coincidenza ci sarò anche io, ma io vengo con la mia squadra.»
«La “tua” squadra? Non la alleni mica tu quella squadra di corvetti spelacchiati.»
«No, ma li allena mio padre e siamo i loro sfidanti.» sorrido. «Ti pentirai di aver sottovalutato i miei “corvetti spelacchiati”.»

Dopo quel piccolo battibecco dove avrai voluto prenderla a mazzate potenti, la giornata scolastica è passata veramente in fretta facendo arrivare subito l’ultima campanella che segnala la fine delle lezioni.
Raggiungo mio padre al cancello che mi porta direttamente alla Karasuno in macchina. Entriamo in palestra e mi prendo un paio di minuti per salutare tutti i ragazzi mentre papà chiacchiera col professore.

«Buongiorno ragazzi!»

Li saluto raggiungendo il centro della palestra con un sorrisetto in volto.

«Ciao Yumi! Che bello che sei tornata!»

Esclama Shoyo seguito dagli altri ragazzi.

«Già senza Tobio c’era troppo silenzio e senza di te ci stavamo annoiando a morte! Ora stai meglio vero?»
Domanda premuroso Tadashi facendomi arrossire.
«Scusatemi ragazzi mi sono sentita poco bene ma alla fine non era una cosina passeggera, niente di che.»
Vengo velocemente circondata dai ragazzi ma non vedo il biondino saccente e la cosa mi lascia sorpresa.
«Ma Kei dov'è?»
Domando al gruppo che comincia a guardarsi intorno anche loro confusi della sparizione del loro compagno, e dire che non è piccolo, se sparisce si vede subito dov'è.
Inizio a mettermi sulle punte dei piedi ma una voce in fondo alla palestra attira la nostra attenzione.

«Stavi cercando me piccola mia

Mi volto verso la mia destra e lo vedo appoggiato al palco con le braccia incrociate e le labbra incurvate in un sorriso furbo. Si allontana dal palco di un passo, allarga le braccia, lo guardo confusa per alcuni secondi ma poi realizzo ciò che devo fare.
Do uno sguardo veloce a Tobio, prendo una piccola rincorsa di alcuni passi per poi correre incontro a Kei alla mia velocità massima e poco prima dell’”impatto” gli salto tra le braccia, un po’ stile “Dirty Dancing”.
Il ragazzo mi tiene stretto tra le sue braccia ed io nascondo il viso nel suo collo in modo che possa sentire il suo profumo; è delicato, piacevole e sa di agrumi misto a vaniglia, se tengo gli occhi chiusi mi sembra di vedere un esteso campo di fiori gialli.
È difficile da decifrare ma fatto sta che mi piace da morire su di lui.
Rafforzo la mia stabilità intrecciando le gambe intorno al bacino mentre lui sorregge entrambe le mie cosce con un braccio e l’altra mano la tiene sulla mia schiena.

«Il Re mi sta guardando male.»

Sussurra al mio orecchio con un tono di voce basso e sensuale che mi provoca brividi di piacere lungo il corpo. Posso anche percepire un sorriso sulle sue labbra.

«Bene, significa che il piano sta funzionando, no?»
«Ed abbiamo appena iniziato.»
Sposto il viso dal suo collo in modo che possa guardarlo negli occhi.
«Cerca comunque di non divertirti troppo, eh.»
«Perché? Dobbiamo farlo sembrare il più reale possibile.»
«Se crede che io e te stiamo insieme è probabile che non se la sentirà di provarci con me.»
«Quello è un problema suo, se non ha le palle di farlo significa che non ci tiene davvero a te.»
Non so perché ma quella frase mi ha causato una vampata di calore lungo tutto il corpo, l’ho proprio sentita partire dalla cima della testa fino alla punta delle dita dei piedi.
«Potrebbe anche offendersi nello scoprire che era tutta una falsa.»
«Allora che proponi di fare? Cos'è, ti dichiarerai ma appena lui non ricambierà i tuoi sentimenti farai finta che ti ho lasciato in modo da dire: “Guarda, sono magicamente single!”?»
«Sai che non è una cattiva idea? È poco fattibile ma è un’idea.»
Scherzo fingendo di pensarci ed anche lui sorride capendo la mia ironia per poi avvicinarmi alle sue labbra e sussurra.
«Ora basta parlare di lui e dammi un bacio, dai.»

Prendo il suo viso tra le mani accarezzandogli le guance coi pollici e gli do un un veloce bacio a stampo, nonostante l’altra volta non mi sono fatta problemi nel baciarlo presa dalla foga. Un po’ mi sento in colpa.
Lui, ovviamente, non si accontenta e mi da vari baci a stampo facendomi ridacchiare.

«Daii...»

Ridacchio cercando di farlo smettere invano.

«Lasciami fare. Tanto lo so che ti piace.»

Replica con quel tono di voce da So-Tutto-Io che mi provoca un misto tra seccatura e divertimento.

«Io non ho mai detto che mi piace.»
«Lo so ma lo percepisco dai tuoi comportamenti.»
«Ma se fingiamo da un giorno.»
«E quindi? Il tuo linguaggio non verbale è palese.»
Improvvisamente divento dello stesso colore di un peperone e mio padre raduna tutti a rapporto.
«Dai spilungone mettimi giù.»

Scherzo stuzzicandolo un po’, lui obbedisce facendomi tornare coi piedi a terra e prima di raggiungere gli altri mi da un bacio a stampo seguito da un occhiolino. Anche se vorrei negarlo fino alla fine dei miei giorni, quel gesto mi ha fatto battere forte il cuore. Tutto quell'istante con lui mi ha fatto battere il cuore; il modo in cui mi ha tenuta stretta a sé, il calore del suo corpo contro il mio, la sua voce flautata, le sue soffici labbra che cercavano bramose le mie. Vorrei negarlo ma il suo fascino è inevitabile.

Mentre do una rapida occhiata alla squadra che fa un giro di corsa lungo la palestra noto Hitoka correre verso di me con uno sguardo curioso e furbo già pronta a tempestarmi di domande.

«Sbaglio o sei saltata in braccio a Kei?»

È la prima domanda che mi fa e non riesco a reprimere un sorriso.

«Sì, quindi?»
«Cosa c’è sotto? Fino all'altro ieri eri sottona per Tobio, come ha fatto a farti cambiare idea?»
Sorrido lievemente e scrollo le spalle seguita da un sospiro.
«Non ne ho la più pallida idea, semplicemente è successo.»
«Quindi stai con Kei?»
«Più o meno...»
«E tuo papà lo sa?»
«Certo che no.»
«E perché non glielo vuoi dire? Vuoi aspettare un pochino?»
«Oltre a quello non credo che possa prendere bene il fatto che sua figlia stia con un componente della squadra che allena lui stesso.»
«Potrebbe arrabbiarsi?»
«Arrabbiarsi forse no ma sembrerebbe comunque strano. Non voglio fargli venire un infarto.»
«Però posso dire una cosa riguardo a Tobio?»
«Dimmi pure.»
«Come sei corsa verso Kei è rimasto immobile come una statuina a fulminarlo con lo sguardo.»
«Sul serio?»
«Almeno è quello che ho percepito dal suo sguardo. Era uno sguardo diverso dal suo solito scazzato.» si giustifica stringendosi nelle spalle.
«Ah, ascoltami guarda che vengo anche io alla partita di questo week-end.»
«Davvero? Sai che sono riuscita a far venire anche la sorella di Ryunosuke!»>>
«Ah sì? Ci sei riuscita?»
Annuisce decisa col sorriso.
«Ha detto che ci tiene nel vedere giocare il suo amato fratellino.»

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Ridacchiamo divertite ed, anche se lievemente, mi sento gelosa del legame che ha Ryunosuke con sua sorella Saeko. Sono stata poche volte a casa sua, principalmente per fare ripetizioni di inglese, e perciò non conosco bene sua sorella ma mi è sembrata sin da subito una ragazza simpatica, dalla personalità vulcanica e molto affezionata al fratello. Non si portano molti anni di differenza e forse questa è una fortuna perché li ha aiutati a legare meglio.
Ricordo che appena mi ha visto in mezzo a quella massa di maschi mi ha detto che può considerarmi come sua sorella e che posso sempre chiedere a lei quando ho dei dubbi in campo amoroso. Sorrido a quel ricordo ma vengo riportata sulla Terra da un pallone che mi è letteralmente passato a pochi centimetri dalla guancia.
Mi irrigidisco istantaneamente realizzando cosa è appena successo e vedo Tobio avvicinarsi a me.

«Scusami Yumi!»

Esordisce fermandosi di fronte a me.


«Non sono stato in grado di controllare la direzione della schiacciata. Ti sei fatta male?»

Passo velocemente lo sguardo da Hitoka a Tobio senza riuscire a proferire parola ancora incredula di quanta fortuna mi ci sia voluta per non venire folgorata da quella palla e mimo un “no” con la testa rispondendo alla sua domanda.

«Ti sei spaventata vero?»
Sento come se la mia bocca fosse stata sigillata dalla colla quindi mi limito a rispondere a gesti ed annuisco.
«Perdonami, non volevo davvero.»
Si avvicina sempre di più a me e mi accarezza con la mano la guancia che è stata sfiorata dalla sua schiacciata.
«Questo farà passare lo spavento, fidati.»
Allunga il viso verso il mio e lascia un leggero bacio sulla guancia per poi recuperare la palla tornare ad allenarsi con gli altri lasciandomi con Hitoka che ha un’espressione in volto a dir poco sconvolta.

Dopo quell'incidente che mi ha lasciata muta come una statuina per quasi venti minuti, ho passato il resto degli ultimi giorni della settimana insieme alla squadra ed in particolare con Kei.
Ed ogni giorno ne succedeva una nuova che mi faceva palpitare il cuore, soprattutto venerdì:
In palestra erano stati ammucchiati i materassini per allenarsi maggiormente sulle scivolate e non farsi cogliere impreparati. Così, durante una pausa e dopo averli ammucchiati contro il palco, Kei mi ha presa in braccio e mi ha fatta sedere su di essi come se fossero stati una specie di trono. Ha preso le mie gambe, mi ha attirato verso di sé rimanendo a poca distanza dalle mie labbra ed ha iniziato a sussurrarmi frasi dolci ed a stuzzicarmi un po’:

«Come mai mi eviti oggi?»
«N-non ti sto evitando K-Kei...»
«Allora perché non hai ricambiato il mio buongiorno e sei andata subito a salutare Tobio?»
Dio, quando parla con la voce così bassa sento una fitta alla stomaco che mi fa quasi svenire.
«L-lo sai perché...»
Mormoro ed abbasso lo sguardo sulle mie esili e sottili dita che sembrano molto più interessanti che  guardare il mio interlocutore in viso. Ma lui non demorde ed alza il mio volto con un dito ed incontro i suoi magnetici occhi ambrati.
«Non lo so il perché, dimmelo tu.»
Il respiro si spezza a causa della sua vicinanza e non riesco a proferire parola. Devo cercare di stare calma o tutto ciò mi farà scoppiare il cuore e non vedrò più la luce del sole.
«A-andiamo Kei...» farfuglio cercando di evitare il suo sguardo. «Lo sai perché passo del tempo con lui...»
«Abbiamo appena iniziato a recitare e già mi tradisci?»
Domanda con un sorriso furbo e quella domanda mi fa arrossire di colpo.
«Che dici?!» mi affretto a dire quasi offesa. «No-non ti sto affatto tradendo, perché non stiamo insieme.»
«Ma le nostre azioni fanno sembrare il contrario.»
Si propende verso di me per darmi un bacio ma viene nuovamente interrotto da Shoyo che lo chiama ed allenarsi. Lo ringrazio mentalmente e cerco di riprendere il mio solito colorito normale.

Oggi è sabato ed è il giorno dell’incontro tanto atteso con l’Aboa Johsai.
Sono abbastanza emozionata se devo essere sincera, è la prima volta che assisto ad una partita vera e mi sento come un pesce fuor d’acqua.
Durante il viaggio col pulmino noleggiato dal professore abbiamo stemperato la tensione cantando a squarciagola le nostre canzoni preferite filmati da Kiyoko che ci guardava sorridente anche se nascosta lievemente dalla fotocamera del cellulare. Papà mi ha fatto i complimenti perché sono riuscita a fargli dimenticare la tensione ed a farli gasare in modo che possano dare il massimo e la cosa mi ha fatto davvero piacere. Sono felice di fare questo effetto alle persone.

Scendiamo dal pulmino e poco prima di raggiungere la palestra, Kei mi prende da parte.

«Prima che tu segua Hitoka e la sorella di Ryunosuke sugli spalti voglio darti una cosa.»

Inizia con una voce bassa ma quasi esitante, cosa decisamente rara da parte sua. Fruga nelle tasche dei pantaloni e da una di esse estrae un piccolo cofanetto bianco chiuso da un fiocchetto color rosa confetto.
Nel vederlo il mio cuore batte alla velocità di un treno e stavolta rischio per davvero l’infarto.

«Kei… cosa… cosa c’è lì dentro…?»

Farfuglio spaventata da cosa potrebbe celarsi all'interno di quel cofanetto dal bianco quasi abbagliante.

«Non è nulla di eclatante, davvero. Aprila pure.»
Me la porge e, con le mani tremanti come foglie al vento, apro il cofanetto. Alla vista del suo contenuto rimango esterrefatta e porto lo sguardo su Kei che ricambia lo sguardo con un lieve sorriso in volto.
«Te l’ho detto che non è nulla di che, non c’era bisogno di spaventarsi tanto.»
Sdrammatizza con una lieve risatina mentre io estraggo il contenuto dalla scatolina e mi perdo nell'ammirarlo all'interno della mano. È una collana con un ciondolo tondo con sopra inciso il numero 11, ovvero quello che ha sulla maglietta. Sono a dir poco commossa da questo gesto, non me lo sarei mai aspettata da un ragazzo come lui.
«So che può sembrare una cosa sdolcinata, ma volevo che avessimo un portafortuna combinato.»
Sorride ed espone la sua collana identica alla mia che era rimasta tutto il tempo nascosta dal colletto della felpa tenuto tatticamente in alto.
«Ma tu avevi detto che non credevi nei portafortuna.»
«Grazie a te ho cambiato modo di pensare.»

I miei occhi diventano lucidi e mi tuffo tra le sue braccia stringendolo in un abbraccio ricolmo di commozione, gioia e gratitudine nei suoi confronti.

«Sei stato fin troppo gentile con me Kei. Non mi merito nulla di tutto ciò che mi dai ogni giorno.»
«Io dico il contrario Yumi, anche se senti di non meritarlo io so che è il contrario. A me non costa nulla dimostrarti ciò che provo, ti chiedo solo di tenerlo bene a mente perché lo riservo solo a te.»

Dopo quella frase che mi ha fatto esplodere il cuore, mi volto con la schiena rivolta verso di lui, mi sfila dalla mano la collana e mi aiuta ad indossarla concludendo con un bacio sul collo provocandomi un ansimo. Prende la mia mano, entriamo in palestra e mentre lui raggiunge la nostra squadra io raggiungo Hitoka e Saeko.
Per tutta la durata della gara ho cercato la mia compagna di classe che, ovviamente, non c’era. Ha avuto tanto fegato per sparare una cazzata del genere, almeno io sono stata sincera.
Come prima volta è stata la prima partita più intensa a cui abbia mai assistito, stare sugli spalti con l’ansia non è affatto facile ed è decisamente diverso da quando si assiste ad amichevoli. Avanzavano un punto alla volta, era un testa a testa continuo, e sembrava una partita davvero infinita. Per non parlare del servizio di Oikawa, il suo stramaledetto servizio. È bravo in quello che fa, questo non si può affatto negare, ma ci sono stati momenti in cui avrei voluto imprecare potentemente, perché okay la bravura ma quel tipo era un mostro. Non ho mai visto nessuno giocare come lui e, tanto di cappello, anche se devo ancora capire se è bravura oppure culo.
Quando Kei rimaneva in disparte ad attendere il suo turno gettava uno sguardo sugli spalti, ovviamente cercando me, ed ho cercato di mandare a tutta la squadra più energia positiva possibile ma, a quanto pare, non è servito visto che per un misero punto non sono riusciti a fermare la palla dal cadere ed hanno perso ad un soffio dalla vittoria. Devo ammettere che non ci ho creduto fino a che non siamo tornati a scuola. Sembrava così surreale che avrei accettato con più facilità il fatto che fosse stato tutto un sogno, ma purtroppo era reale. Così reale che ha lacerato tutti.
Durante il viaggio siamo rimasti tutti in silenzio, nessuno aveva il coraggio di proferire parola cercando anche di non farsi prendere dallo sconforto e piangere. Nemmeno il discorso motivazionale del professore è riuscito a strappargli un sorriso ed un pochino non li biasimo. Abbiamo fatto un lieve brainstorming in palestra e successivamente papà li ha mandati a casa annullando gli allenamenti di lunedì.
Anche io ho cercato di dare il mio per tirarli su di morale ma non avevo la forza psicologica adatta così tutti i miei tentativi sono andati in fumo. Prima di tornare a casa con papà ho abbracciato forte Kei e spero di averlo aiutato a sentirsi meglio almeno un minimo.

Nonostante avrei scommesso che lunedì avrebbero saltato le esercitazioni, ho comunque sentito il bisogno di andarci e li ho trovati tutti lì insieme a mio padre e dentro di me mi sono sentita sollevata. Il loro amore per la pallavolo è più forte di ogni sconfitta e sono già decisi a partecipare al torneo di primavera. La loro determinazione è davvero invidiabile.
Ma, secondo me, hanno bisogno di uno stimolo in più ed ho bisogno di una mano.
Mi avvicino ad Hitoka e la prendo per mano portandola lontana dalle orecchie dei ragazzi.

«Voglio fare una sorpresa ai ragazzi, hai voglia di aiutarmi?»

Le propongo sfregandomi le mani come il Signor Burms. La mia bionda amica sorride entusiasta ed inizia a saltellare.

«Una sorpresa? E di che si tratta? Dimmi tutto!»

Sorrido divertita dal suo entusiasmo e la avvicino a me per spiegarle tutto nel dettaglio.

«Voglio organizzare una piccola festicciola dentro la palestra.»
«Una festa? E cosa si festeggia?»
«Voglio festeggiare la squadra di pallavolo.»
«La squa-… la squadra? Ma abbiamo perso...»
«Non è una festa dedicata alla partita, ma alla squadra del Karasuno.»
«Non ti seguo...»
«Voglio organizzare una festa a loro, come riconoscimento del loro impegno.»

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


La ragazza finalmente realizza e sorride entusiasta dell’idea.

«È un’idea fantastica! Quando lo facciamo?»
«Io avevo pensato il più presto possibile, non voglio lasciar passare troppo tempo.»
«Che ne pensi di domani? Possiamo far finta che non si possono tenere gli allenamenti e la usiamo come scusa per addobbare tutto.»
«Mmh...» annuisco sfregandomi il mento con l’indice. «Non è una brutta idea, sai? Potrebbe funzionare.»
«Cosa potrebbe funzionare?»
Una voce estranea ci fa sobbalzare ma successivamente realizziamo che è Kiyoko.
«Oh santo Cielo...»
Mormoro con un sospiro.
«Ho quasi avuto un infarto...»
«Che state confabulando voi due?»

Hitoka avvicina la ragazza a sé e la mette a corrente del piano. A mia sorpresa, ci aveva pensato anche lei ad una cosa simile per tirare su il morale ai ragazzi, così ci siamo organizzate: con l’aiuto di mio padre, noi tre diremo ai ragazzi che gli allenamenti sono saltati ma che dovranno venire in palestra per una riunione nel tardo pomeriggio così avremmo tutto il tempo per allestire il tutto a festa e sistemare il minimo indispensabile per farla sembrare una festa credibile. Io porterò le decorazioni ed il cibo, Hitoka creerà una playlist con la musica mentre Kiyoko porterà i piatti, i bicchieri ed altre cose simili per evitare di sporcare come animali. Bisogna solamente avvisare mio padre ed il professore.

Mi avvicino a papà mentre Hitoka e Kiyoko si avvicinano al professore e lo distanzio dalla squadra che è comunque concentrata nell'allenamento.

«Che succede? Mi devi dire qualcosa?»

Mormora confuso dalle mie azioni ed io sorrido sentendomi Mr. Burms.

«Hai indovinato! Devo chiederti un favore urgente.»
«Che tipo di favore?»
«Nulla di che, voglio solo organizzare una festa qui in palestra.»
«VUOI ORGANIZZARE CO-...»
Non gli lascio il tempo di completare la frase che gli tappo la bocca con entrambe le mani in modo da “soffocare” la sorpresa per i ragazzi.
«Vuoi calmarti?!»
«Non puoi usare questo posto per i tuoi comodi! E poi il tuo compleanno è passato da un pezzo!»
«Infatti non è per i miei comodi!»
Sospiro e lo accompagno fuori della palestra in modo che possiamo parlare tranquillamente ed in maniera più privata.
«Ti rendi conto vero che è una palestra e non un salotto grande?»
Sbuffo passandomi le mani tra i capelli al limite del nervoso. Quando fa così mi viene voglia di chiudergli la bocca con lo scotch e non toglierlo più.
«Mi fai finire?» sbotto. «Voglio organizzare una festa qui domani per motivare i ragazzi.»
La sua espressione cambia radicalmente, da seccata e seria diventa confusa e divertita.
«Per i ragazzi…?»
«Sì. Come ben sai la sconfitta di sabato è stata un colpo pesante ed anche se ora sembrano tornati quelli di sempre, so che ci sono rimasti male ed io voglio fargli questa sorpresa per farli sentire apprezzati di tutto quello che hanno fatto e dove sono arrivati fin ora.»
«Mh...» annuisce ascoltando le mie ragioni. «Capisco ciò che vuoi fare ed è un gesto nobile da parte tua, ma non ti sembra un po’ egoistico sfruttare il tempo che hanno per allenarsi? Possiamo tranquillamente aspettare questo week-end.»
«Se lascio aspettare troppo tempo potrebbe succedere che la ferita si rimargina e non avrebbe più senso...»
«E se il professore non-…»
«Oh Yumi! Abbiamo appena chiesto al professore e per lui è una fantastica idea!»
Sorrido soddisfatta e porto nuovamente l’attenzione su mio padre che non sa bene come replicare.
«Visto?»

Torno dentro saltellando come una bambina seguita da mio padre che non ha il mio stesso tasso di felicità e richiama l’attenzione dei ragazzi su di lui.

«Ragazzi venite tutti qui, devo fare un annuncio!»

Incuriositi fermano tutto ciò che stavano facendo e si radunano in cerchio attorno a mio padre lasciando uno spazietto anche per me.

«Ragazzi, purtroppo devo annullare gli allenamenti di domani.»
A quella dichiarazione si guardano tra di loro sorpresi e un pochino spaesati.
«Purtroppo ho degli impegni che non posso disdire e-...»
«Mi spiace interromperla coach...» Daichi ha sempre la risposta pronta. «… ma potremmo allenarci anche noi da soli piuttosto che annullare direttamente gli allenamenti, no?»
Papà rimane sorpreso dall'intraprendenza di questi ragazzi ma per far funzionare il piano deve inventarsi una scusa più convincente.
«Sarebbe la soluzione più ovvia e giusta, ma devo dirti di no, Daichi. Avevo in mente uno nuovo schema e volevo provarlo con voi tutti insieme perché è complicato spiegarlo a parole, verrebbe meglio nella pratica.»
I ragazzi sembrano abboccare ed io faccio un sospiro mentale ma successivamente mi si rizza la schiena quando papà mi lascia la parola.
«Yumi, non dovevi chiedergli nulla?»
Paonazzo e le mie gambe iniziano a tremare come dei budini presa dalla sprovvista. Io dovevo dire qualcosa?
Che significa? Che gli devo dire io? Non faceva parte del piano!
«A-ah… i-io… o-oh... ecco… io… ecco...»
Balbetto cercando di accocchiare una scusa plausibile e, fortunatamente, Kiyoko viene in mio soccorso.
«Quello che sta cercando di dire è che vorrebbe che tutti noi ci trovassimo ugualmente qui per le quattro e mezza. Va bene questo orario per te?»
«O-oh… sì, sì, sì, è un orario perfetto!»
«Ci state ugualmente ragazzi?»

Anche se straniti dal mio atteggiamento accettano ugualmente di trovarci qui per le quattro e mezza in modo da darci tutto il tempo a disposizione per sistemare la palestra e preparare tutto alla perfezione.

Ho appena mandato un messaggio ad Hitoka dicendole che sono sulla strada e sarò lì tra cinque minuti. È stata gentilissima nonna a tenermi lo zaino in negozio mentre io vado al Karasuno con dei sacchetti di plastica ricolmi di cibo, bibite, decorazioni da festa di compleanno e una cassa bluetooth per mettere la musica. Papà dov'è? È già di fronte alla palestra per allontanare chiunque pensi che gli allenamenti siano saltati, è la nostra unica copertura.
Appena raggiungo la palestra, senza essermi fatta notare da nessuno, noto che mio padre ha portato un tavolo da giardino pieghevole così che noi possiamo poggiare tutto su di esso. Kiyoko con l’aiuto del professore appende alcune ghirlande sui balconcini mentre io ed Hitoka disponiamo tutti gli snack e le bibite in modo da dargli un aspetto invitante, e a sorpresa di tutti, il professore ha voluto portare una bombola di elio per gonfiare dei palloncini colorati.
Una ottima idea, anche se abbiamo speso metà del tempo che avevamo a disposizione a fare i cretini per modificarci la voce e sembrare dei personaggi usciti da i film di “Alvin Superstar”.
Giusto pochi minuti prima che i ragazzi raggiungano la palestra ho collegato la musica e la palestra rimbombava a ritmo di “Money” di Lisa.

Le porte si spalancano rivelando nove silhouette che conosciamo bene, ci voltiamo verso di loro con i nostri sorrisi migliori ed in coro urliamo:

«SORPRESA!»

Sui loro volti compare un’espressione sorpresa ma anche gioiosa e questo mi basta per capire che ho raggiunto a pieno l’obbiettivo.

«Forza venite, venite!» gli incito facendogli cenno di avvicinarsi. «Servitevi pure.»

I primi che non ci pensano due volte sono Yu e Shoyo che si buttano a capofitto verso il tavolo per accaparrarsi più snack possibili che vengono seguiti anche dagli altri componenti della squadra ormai abituati al fatto che non riescono più a tenerli a bada.

«Quindi è per questo motivo che ieri sembravi così strana?»

Mi domanda Koshi riempiendo due bicchieri di Coca-Cola e, gentilmente, me ne porge uno. Le mie guance bruciano presa alla sprovvista da quel gesto di gentilezza ma accetto ugualmente ed annuisco.

«Sì, volevo farvi una sorpresa e tirarvi un po’ su il morale.»
«Tirarci su il morale…?»
«Be’, ieri sembravate quelli di sempre ma si percepiva che non eravate completamente “guariti”. Così ho pensato di farvi sentire meglio facendovi questo regalo.»
«Oh Yumi...»
Il ragazzo sembra quasi commosso dal mio gesto ma non ne sono sicura.
«Non eri obbligata a fare questo per noi, davvero.»
«Ma io non sono stata assolutamente obbligata.» ridacchio.«L’ho fatto perché ci tengo alla vostra felicità e volevo rivedervi sorridere e scherzare.»
«Ma tata, prima o poi ci sarebbe passata.»
«Questo non lo metto in dubbio, io vi ho solo dato una piccola spintarella.»
Ci mettiamo a ridacchiare tra di noi ma veniamo interrotti da Kei e Tobio che bisticciano per dei salatini come se fossero bambini. Sorrido tra me e me.
Adoro vederli così. Vorrei che questo momento non finisca mai.

La festa prosegue e nonostante abbia cercato di stare vicino a Kei venivo allontana da Tobio che continuava a cercare attenzioni da me. Non riesco a capire se è una cosa voluta, ma alla lunga, diventa seccante. Anche fare due chiacchiere mentre cerco di riempire il bicchiere è diventato impossibile. Così per farlo contenta sono rimasta accanto a lui. Non è che mi dispiaccia la sua compagnia, anzi, il mio cuore palpita dalla gioia ma mi sarebbe anche piaciuto scambiare due parole con Kei per avere un suo feedback.

«Ho notato che ultimamente stai passando molto tempo con Tsukishima.»

Inizia la conversazione rimanendo a pochi metri di stanza dal tavolo e dai ragazzi che ballano.
Oh mamma…! E mo che faccio? Ha già funzionato? Non è nemmeno passato una settimana… che cacchio gli dico?
«Sì… perché?»
Cerco di nascondere la mia voce lievemente impanicata con una risatina.
«Be’, non pensavo che fossi attratta da quel tipo di ragazzi.»
Inarco un sopracciglio confusa, non riesco a capire.
«Che intendi dire?»
«Insomma, pensavo che avessi standard diversi.»
Immagino che si riferisca a Tetsuro. Ricordo come si guardavano male quel giorno.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


«Può anche essere, ma io e Kei non stiamo insieme… credo...»
«Ah no?» ridacchia divertito. «Quindi sei libera?»
«Credo che mi possa definire tale. Passiamo tanto tempo insieme ma non abbiamo alcun tipo di relazione al momento...»
Mi stringo nelle braccia e butto uno sguardo sul centro della palestra cercando il mio spilungone biondo ma lo trovo a parlare con Tadashi.
Perché sparisci sempre quando sono in difficoltà?
Sospiro ma una mano calda porta la mia attenzione sul mio interlocutore.
Ho quasi paura di quello che sta per succedere…
«Scegli me Yumi.»
Improvvisamente il mio cuore salta un battito e sul volto di Tobio compare quello di Kei che sussurra le stesse parole di quel fatidico giorno.

«Allora usami. Usa il mio amore contro di lui in modo da farlo ingelosire ed avvicinarlo a te.»

Sento la gola seccarsi istantaneamente, il respiro abbandonare i miei polmoni e faccio un passo indietro come se mi girasse la testa.
Ma che mi sta succedendo?
«G-guarda Tobio… e-ecco io…»
Si avvicina a me e racchiude le mie fredde mani tra le sue calde e morbide.
«Ti prego, dammi una possibilità. Posso darti ciò che lui non può.»
Ma perché dovete sempre pregarmi tutti? Dove ho la scritta “Pregami e farò ciò che vuoi”?
Libero delicatamente una mano dalla sua e la porto sulla collana portafortuna come per proteggermi.
«Tobio, davvero… non c’è bisogno di prega-...»

Il silenzio cala tra noi due.
Tobio non mi da il tempo di finire la frase che si sente in dovere di convincermi con un bacio.
Questo avrebbe funzionato tempo fa, ma non ora e non dopo quello che ho passato. Ho una tale confusione in testa.
Interrompo il bacio allontanando il ragazzo da me col cuore che batte come un treno, cerco di respirare regolarmente ma mi viene incredibilmente difficile. Osservo per alcuni secondi la sua espressione confusa e prendo, finalmente una decisione.

«Mi dispiaca davvero tanto Tobio, ma… io… io… ho bisogno un attimo d’aria...»

Il tutto mi è uscito con un tono più basso di quanto volessi a causa della gola secca ma posso capire da come mi guarda che ha compreso e ne approfitto per uscire di corsa dalla palestra e lasciarmi la festa alle spalle. Ho bisogno di ossigeno o mi scoppia il cervello.
Chiudo le porte dietro di me, faccio dei respiri profondi mentre mi lascio scivolare contro il muro finendo a terra. Tutto quello che sto vivendo non ha alcun senso. Ho fatto tutto questo per poter avvicinare Tobio a me ed ora che ero ad un passo dalla vittoria ho rifiutato. Perché? Perché ho visto il volto di Kei sopra quello di Tobio? Con la mano stringo il ciondolo nella vana speranza che possa portarmi risposte. Oppure più domande vista la persona che mi si para davanti.

«Tutto bene? Ho visto che dopo il bacio sei scappata dal Re come una lepre. È successo qualcosa?»

Ed eccolo qui. L’ultima persona con cui volevo parlare si è seduta per terra accanto a me.

«Guarda Kei, tu sei l’ultima persona con cui voglio parlare. Te lo dico apertamente.»
Mannaggia alla mia sincerità! Potevo dirlo in maniera più pacata.
«E perché?»
«Perché è tutta colpa tua.»
«Colpa mia? Non vedo come possa essere colpa mia.» replica con tono divertito.
«Invece è colpa tua e basta! Non riesco a guardare Tobio in faccia!» incrocio le braccia.
«E quindi? Se hai le visioni non è colpa mia.»
«Oh, sì che lo è! Per colpa del tuo piano ora sono con-...»
La mia sentenza viene, fortunatamente direi, fermata da Kei.
«Ora è colpa del mio piano? Occhio dove punti il dito signorina, perché quella che ha accettato sei stata tu.»
«Chi è stato a dirmi “Se è una scusa per averti al mio fianco, anche se per poco, sono disposto a farlo. Ti prego, dì di sì.”? Mi hai letteralmente pregata!»
«Rettifico: potevi insistere e rifiutare la mia offerta. È stata anche colpa tua.»
«Mi hai baciata Kei! Come avrei potuto dirti di “no” dopo quel bacio?»
«Ah, non lo chiedere a me. Ma voglio ricordarti che, dopo quello, mi hai dato un altro bacio dicendomi: “Goditela finché che puoi.”. Quindi non dare solamente la colpa a me.»
«Sì… Be’… Comunque sta di fatto che ho rifiutato Tobio quindi la falsa salta!»
Sbotto, mi alzo in piedi, pulisco velocemente i pantaloni e mi dirigo verso il cancellone della scuola.
«Dove vai?»
Mi afferra un polso bloccando la mia avanzata.
«Dove vuoi che vada? Al negozio o direttamente a casa! Ho bisogno del tempo per me.»
Libero il polso dalla sua presa ma vengo bloccata da una signora sulla trentina che si avvicina a me.
«Scusa il disturbo tesorina, sai se Keshin Ukai allena la squadra di pallavolo di questa scuola?»
Nonostante la sua apparenza gentile, il tono della sua voce è vanitoso, superbo. Corrugo la fronte poco convinta delle sue intenzioni.
«Lei chi è, mi scusi?»
«Ma chi sei tu?» replica divertita. «Stai attenta a come ti rivolgi alle persone.»
«Io sono la figlia di Ukai, lei chi è?»
«Oh, quindi sei tu quella povera orfanella che ha deciso di adottare per pietà! Mi dispiace tanto per quello che hai passato.»
Piagnucola con aria compatita e mi da delle piccole pacche sulla spalla lasciando me e Kei increduli di tutto ciò che sta succedendo.
«Lei non è ancora risposto alla mia domanda...»
«Ma come, non te l’ha detto? Così mi offendo.»
«Dirmi cosa…?»
Alla mia domanda le porte della palestra si spalancano rivelando la figura di mio padre che, appena vede tutti e tre, si avvicina a noi col sorriso in volto.
«Eccoti Sana!» esclama entusiasta. «Ed io che pensavo che non ce l’avresti fatta!»
«Patatino mio!»
PATATINO MIO?!
Mio padre allarga le braccia e lei corre verso di lui abbracciandolo stretto lasciandomi immobile e scioccata.
Cosa sta succedendo? Ditemi che questo è tutto un incubo.
«Papà… mi spieghi cosa succede?»
«Yumi, principessa mia, ti presento Sana Ryuguji. È una mia vecchia compagna di classe delle medie, ci siamo ritrovati in uno speed date poche sere fa e abbiamo iniziato a frequentarci.»
«Possiamo già dire che siamo fidanzati, non essere timido!»
Lo corregge lei con uno tono di voce decisamente vanesio ed irritante.

Dentro di me sento la rabbia partirmi dalla punta dai piedi e salire lungo tutto il corpo e raggiungere l’apice della testa. Il mio corpo inizia a tremare e stringo i pugni. Kei deve averlo notato visto che sento la sua mano accarezzarmi lentamente la schiena come per dirmi: “Tranquilla Yumi, ci sono io, appena puoi sfogati con me.”.
Tutto ciò dev’essere per forza uno scherzo, non è possibile vivere una giornata del genere. Voglio sparire. Me ne devo andare o le alzo le mani addosso.

«È-è un piacere conoscerti Sana ma...»

Faccio un profondo respiro cercando di arrancare delle scuse.

«Principessa ti senti ancora male?»

Sorrido e nego col capo per non farlo preoccupare inutilmente.

«N-no papà. Ho solo bisogno di fare due passi… adesso m-mi passa, davvero. Kei vieni con me? Ci facciamo una passeggiata, ti va?»

Stringo la mia mano alla sua e lo prego con lo sguardo in modo che lui non possa rifiutare.

«Emh… va bene, andiamo allora.»

Circonda le mie spalle col suo braccio e, dopo aver fatto un piccolo inchino, usciamo dal cortile della scuola per raggiungere il parco più vicino.
Il tragitto dura solamente cinque minuti ed io rimango in silenzio per tutto il tempo in attesa dell’occasione giusta per sbroccare e liberare completamente le mie emozioni. Raggiunti il parco Kei si siede su una panchina, cerca di far sedere anche me, ma rimango in piedi perché sento tutto il mio corpo in fermento, come se fossi una bomba ad orologeria che sta per esplodere.

«Se hai bisogno di urlare, puoi benissimo farlo. Non ti sentirà nessuno a parte me.»

Prende parola il biondo tentando di rassicurarmi. Porto le mani tra i capelli e faccio dei profondi respiri ad occhi chiusi ma non resisto più, sto davvero per esplodere.

«QUESTA È LA GIORNATA PEGGIORE CHE ABBIA MAI VISSUTO IN TUTTA LA MIA INUTILE VITA!» esclamo aumentando la presa nei miei capelli. «NEMMENO L’INCIDENTE DEI MIEI GENITORI È STATO COSÌ TRAUMATICO, ANZI, È STATA UNA PASSEGGIATA IN CONFRONTO!»

Apro gli occhi ed inizio a piangere senza alcun controllo, non so nemmeno se sono lacrime di gioia, di tristezza o di rabbia, sono solamente lacrime senza scopo ma ne avevo bisogno.

«TOBIO SI È DICHIARATO A ME ED IO COSA HO FATTO? SONO SCAPPATA VIA PERCHÉ DENTRO LA MIA TESTA C’È UN VIAVAI DI PENSIERI CHE NON MI FA PIÙ RAGIONARE! MI SENTO UNA COMPLETA PAZZA PERCHÉ PROVO DEI SENTIMENTI CHE MAI AVREI PENSATO DI PROVARE PER UNA PERSONA CHE NON C’ENTRAVA NULLA E, COME CILIEGINA SULLA TORTA, COSA SUCCEDE? MIO PADRE SI FIDANZA SENZA DIRMI NULLA CON UNA STRONZA!»

Kei è rimasto per tutto il tempo in silenzio ad ascoltare le mie urla ed il mio pianto isterico senza ribattere o battere ciglio. Così mi fa sembrare una pazza psicopatica però.

«Dimmi qualcosa per cortesia!»

Lo imploro con la voce rotta dalle lacrime a cui non sono ancora riuscita a dare un senso.

«Be’… c’è da dire che è stata una giornata davvero intensa, e, per la come vedo io, hai bisogno di farti una dormita in modo da schiarirti le idee e vedere le cose sotto un’altra prospettiva.»

Si alza dalla panchina e fa un paio di passi per avvicinarsi a me con l’intento di abbracciarmi ma lo respingo indietreggiando a mia volta.

«Sai cosa? È anche colpa tua se sono tutta incasinata! La mia confusione è nata anche a causa tua!»
«Ancora con questa storia? Ti ripeto che non è solamente colpa mia ma è colpa di entrambe! Sai cosa ho capito? È stata una pessima idea, uno sbaglio madornale ed io non avrei mai dovuto confessarmi a te quel giorno, avrei sofferto di meno!»

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Le parole di Kei mi colpiscono in pieno riuscendo a fermare la discesa delle lacrime ed a farmi riprendere, finalmente, fiato.

«Come…?»

Mormoro cercando di realizzare ciò che è appena successo.

«Hai sentito benissimo, non fare la finta tonta. Non avrei mai dovuto dirti ciò che provo per te nonostante sapevo che non ero ricambiato. Hai ragione, è colpa mia che ti ho proposto il piano, ma è stata anche colpa tua accettare. Col senno di poi è stato un piano stupido perché non ha fatto altro che illudermi e confondere te.»
«Kei aspe-...»
«No Yumi.» sospira e si toglie la collana col ciondolo portafortuna posandolo sul palmo della mia mano. «La farsa finisce qui. Mi dispiace di averti solamente scombussolato le idee e spero che tu possa fare chiarezza nel tuo cuore scegliendo ciò che è meglio per te.»
Mi da un bacio sulla guancia e si allontana abbandonandomi lì.
«No Kei! Aspetta! Non lasciarmi da sola, ti prego!»

Lo raggiungo e lo abbraccio da dietro puntando anche i piedi a terra nel tentativo di bloccarlo ed evitare che riesca a liberarsi.

«La vuoi sapere la verità?»
Rimane in silenzio.
«Non sono arrabbiata con te o con la possibile fidanzata stronza di papà, ma sono arrabbiata con me stessa. Tu hai solamente voluto creare dei ricordi con me, aiutarmi ad avvicinare Tobio ed io te ne sono immensamente grata, nessuno lo avrebbe mai fatto. È che...» lo stringo maggiormente a me. «È solo che le cose sono cambiate...»
«Ovvero? Non ti piace più Tobio ma quel ragazzo dai capelli neri del Nekoma?»
Il suo tono di voce sembra quasi stizzito ed infastidito, e non lo biasimo. Sospiro negando col capo.
«Quando capirete che Tetsuro è solamente un mio caro amico e non mi piacerà mai in quel senso? Gli voglio solamente un gran bene, e poi è gay.»
«… Ah… non lo sapevo…»
«Lo so.» sorrido divertita. «Comunque, la prima parte della tua frase è giusta… so che tutto questo potrebbe non avere un senso ma lui non mi piace. Non mi piace più in quel senso, davvero.»
Kei si libera sciogliendo la mia stretta, si volta lentamente verso la mia direzione e porta il suo sguardo seccato su di me con le braccia conserte.
«Continua. Ti ascolto.»
«So bene che è quasi impossibile che in una settimana possano nascere dei sentimenti sinceri e forti, ma il colpo di fulmine esiste, no?» mi stringo nelle spalle. «Una persona speciale in una settimana mi ha stravolto in meglio l’esistenza facendomi sentire l’unica ragazza al mondo e donandomi tutto ciò che aveva. Sono davvero grata a quella persona nonostante la prima volta che ci siamo conosciuti l’avrei voluta strozzare.»
Soffoco il più possibile una risatina incontrando il suo sguardo.
«Io sono comunque affezionata a Tobio, gli voglio un gran bene, ma non ho potuto ricambiare i suoi sentimenti perché sono innamorata di un altro. Sono innamorata di Kei Tsukishima!» sputo tutto d’un fiato. «E ne sono completamente convinta, questa volta so che i sentimenti che provo sono sinceri.»
Avvicino alla bocca la sua collana, do un leggero bacio al ciondolo per poi posare l’oggetto nella tasca dei suoi pantaloni, causando in lui un’espressione incredula e sconvolta. Lascia cadere le braccia lungo il busto ed i suoi occhi sembrano lucidi.
«Mi stai prendendo in giro ammettilo...»
«Non mentirei mai su un argomento tanto delicato.»
«Ma tu… tu eri… insomma...»
«So quello che provavo prima, ma ora che ho compreso davvero ciò che voglio e ciò che provo, ho capito che era una semplice infatuazione e nulla di più. Tu mi hai mostrato l’amore che ho sempre sognato e che ho letto solamente nei libri. Sei come l’antagonista che strappa la fidanzata al protagonista col suo fascino e savoir-faire.»
«Tu mi vedi così…?»
«Ehi, non è una cosa cattiva, eh. Ti ho detto che sei affascinante ed irresistibile.» mi affretto a dire preoccupata di averla fatta suonare come una cosa negativa.

Kei sorride anche se timidamente, estrae la collana dalla sua tasca, si abbassa alla mia altezza e me la porge nuovamente per poi abbassare la testa come in cenno di fargliela indossare. Sorrido a mia volta e gli faccio passare la collana sulla testa facendola finire sul suo collo adornandolo col suo luccichio.

«Devo ammettere che ti sta davvero bene.»

Mormoro torturandomi le mani un po’ imbarazzata.
Tra i due cala il più completo ed assoluto silenzio rimanendo immobili a guardarci negli occhi come se le parole siano futili. Non abbiamo più bisogno di dirci nulla, entrambe siamo consapevoli del sentimento che ci lega e ci basta questo. Tutti i problemi che verranno gli affronteremo insieme, mano nella mano.

«Io ho un nuovo piano da proporti...»
Che?!
Aggrotto le sopracciglia
«Che significa? Ti ho appena detto che-...»
«Lo so benissimo quello che mi hai detto infatti è un piano infallibile.» sorride interrompendomi. «Lo vuoi sentire?»
Sbuffo alzando gli occhi al cielo.
«Sentiamo...»
Prende con dolcezza le mie mani intrecciando le dita con le sue e lascia un bacio sui palmi.
«Vuoi essere la mia fidanzata?»
Sorrido riprendendo a piangere colta di sorpresa dalla dolcezza della sua voce.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» lo rimprovero ma non riesco a nascondere il sorriso. «Certo che voglio essere la tua ragazza, ma per davvero questa volta.»
Libero le mie mani e mi tuffo tra le sue braccia scambiandoci il nostro bacio più sincero.

Da quel giorno non abbiamo più finto, né io e né lui. La nostra relazione è diventata ufficiale, anche grazie alla benedizione di papà che si è rivelato contento del nostro rapporto.
Alla fine, con Sana non ha funzionato, lei si è rivelata una donna superficiale che si era avvicinata a papà solo per poter avere una vita privilegiata senza il minimo sforzo. Prima di ufficializzare la mia relazione con Kei alla squadra, ho voluto chiarire le cose con Tobio e rimanere semplici amici senza incomprensioni e senza rancori. I più felici sono stati Hitoka e Ryunosuke che avevano fatto una scommessa contro Yu e Shoyo, ora gli devono 2593,94 yen a testa.
Sono davvero felice che tutta la questione si sia conclusa con un lieto fine e soprattutto, sono felice di essere riuscita a trovare quell'amore che gli scrittori mi hanno fatto sempre sognare.

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