Re:Union

di BeaterNightFury
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bentornati, Benvenuti ***
Capitolo 2: *** Dove Eravamo Rimasti? ***
Capitolo 3: *** Il Fangoso Mississippi ***



Capitolo 1
*** Bentornati, Benvenuti ***


L’ho già detto che il blocco dello scrittore è una brutta bestia?
 
 



«Fhiro, non riefhco a dormire.»
Da quando suo fratello River aveva perso i denti davanti, per Shiro era difficile trattenersi dal ridere quando il settenne parlava. Avrebbe dovuto chiedere a Lea e Isa se lei aveva avuto una lisca così tremenda a quell’età, ma a quanto pareva il ranocchietto doveva aver preso da Papà, perché Mamma le aveva giurato e spergiurato che lui a sette anni aveva parlato anche peggio.
«Cosa c’è, il Maestro Sora non ti avrà mica spaventato oggi? O quello che ha detto Finn riguardo al fantasma magari?» La ragazza si alzò dal letto e prese il fratellino per mano. «Hai bisogno che chiamiamo Chirithy?»
«Uh-uh.» River scosse la testa, per poi allontanarsi via un ciuffo con la mano quando i suoi capelli blu scuro andarono a coprirgli un occhio. «Però il Maefhtro non ha finito di raccontare.»
«Ah.» Accidenti a Sora. Evidentemente doveva aver fermato la storia sul più bello perché si era fatto tardi. Chissà dove si era perso nei dettagli stavolta. Non era affatto facile spiegare a due bambini le regole del Potere del Risveglio, avrebbe potuto saltare quella parte e basta…
«Ti devo raccontare un altro po’?» Shiro propose, sperando che River trovasse il sonno sentendola parlare. Più volte era stato Riku a farlo crollare come un birillo semplicemente parlando, se magari avesse cercato di imitare la cadenza delle sue frasi… poteva funzionare?
River fece sì con la testa.
«Beh… Xehanort era stato sconfitto… avevo rivisto, anzi, incontrato il nonno… e alla fine, Ephemer ci aveva detto addio…»
 
Quando richiudemmo Kingdom Hearts, però, nessuno di noi osò esultare per quella vittoria. Zio Ven sembrava particolarmente cupo, Sora strinse forte Riku e Kairi e si mise a piangere, e Lea ebbe appena il tempo di sorridere a Roxas e Xion quando si aprì un cerchio di scintille e Luna ne saltò fuori, pronta ad assicurarci che stessimo tutti bene.
Non aveva potuto interferire direttamente per gli ordini di quello che allora era il suo maestro, ma oltre che uno stregone era un medico, e ora che la battaglia era finita, era il momento di guarire.
Ed era anche il momento di tornare a casa – e di renderla casa per tutti quelli che volessero restare.

 

 
Re:Union – Capitolo 1
Bentornati, Benvenuti
 
«Con questo dovremmo averne abbastanza,» Riku appoggiò sul pavimento del salone il materasso che aveva trascinato giù da una delle stanze. Altri sei erano stati accostati su una sezione del pavimento, con Sora e Kairi che li sistemavano, Ventus e Roxas ne avevano un altro, e Xion e Shiro avevano le braccia cariche di coperte.
Aqua e Terra, che chiudevano la fila, lei con un rotolo di coperte sotto un braccio e lui con una bracciata di cuscini, si guardarono alle spalle per assicurarsi che nessuno fosse rimasto indietro.
«Ecco, mettilo là.» Ventus guidò Roxas verso gli altri materassi e lo istruì su come posizionarlo.
La Terra di Partenza sembrava essere rimasto lo stesso posto di sempre, anche se era passata una vita. La battaglia era finita quella mattina, e avevano deciso di comune accordo che finché non fossero stati sicuri che era realmente tutto finito, la cosa migliore era restare tutti insieme nella stanza più grande.
Soltanto Topolino, Paperino e Pippo erano tornati rapidamente al loro mondo, per informare le loro famiglie che la guerra era finita. Sora e Riku avevano dibattuto se tornare alle Isole e avvertire i loro parenti, ma avevano ritrattato quasi immediatamente riconoscendo che non avevano detto nulla sull’eventualità di una battaglia. Kairi aveva tirato loro le orecchie, ma i due ragazzi le avevano ribattuto che lei aveva avuto la fortuna di avere un fratello a cui aveva potuto dire le cose come stavano.
Ventus aveva l’impressione che non glielo avrebbero mai “perdonato”.
Quanto a Lea, aveva deciso di tornare a Radiant Garden, per raccontare a Cloud e al giudice (Ilyas? Qualcosa del genere?) di quello che era successo nel labirinto. Roxas e Xion erano stati tentati di seguirlo, ma dopo una breve discussione erano rimasti lì, e prima di andarsene Lea aveva ordinato loro di farsi una doccia e farsi prestare dei pigiami.
«Spero che voialtri abbiate il sonno pesante,» Roxas lasciò andare il materasso, si raddrizzò in piedi e si mise le mani sui fianchi. «Perché Riku russa come una Gummiship!»
«Ah, hai parlato tu!» Xion in un momento fu accanto a Roxas e lo colpì alla pancia con una ditata.
«Non so come tu abbia fatto a saperlo, Roxas, ma questa la paghi cara!» Riku si avventò sul ragazzo e se lo caricò in schiena come un sacco di patate.
«Non sono stato io! Lo giuro!» Roxas cercò di divincolarsi e menare pugni sulla schiena del ragazzo più grande. «È colpa di Sora, è lui la spia!»
«Cosa?» Il diretto interessato fissò il suo “doppio” con occhi sbarrati. «Quando mai ti avrei detto una cosa del genere? E poi al massimo Riku parla nel sonno e tira le coperte, altro che russare…»
Riku lasciò andare Roxas con una mano e prese Sora per il colletto della maglia.
«Cos’è che farei io?» chiese con un sorrisetto. «Guarda che ricordo ancora con precisione dove soffri il solletico…»
«Riku, mollali!» Shiro si avventò sui ragazzi, ma Riku era troppo ben piantato per battere ciglio.
«Okay, ragazzi… TUTTI ADDOSSO A RIKU!» Ventus alzò il pugno al cielo e cercò di placcare Riku con l’intenzione di mandarlo steso sui materassi.
Xion lo seguì immediatamente, così come Kairi, e Shiro, vista la distrazione, diede loro una mano a spingere, e Riku si trovò lungo disteso con Roxas che rotolava via al sicuro e Sora intrappolato da Ventus, Shiro e Xion.
Una volta libero, Roxas scese dall’altro lato dei materassi, ci corse attorno, fece qualche passo indietro e si buttò in cima alla pila urlando: «GERONIMO!»
«Noooooo!» Riku urlò ridacchiando. «Non è così che cade un Maestro del Keyblade!» Fece per tirarsi su sulle braccia e sulle gambe, e tutti gli aggressori si lasciarono scrollare di dosso, in preda alle risa generali.
Ventus si mise rapidamente in piedi, senza smettere un momento di ridacchiare, raggiunse Aqua e Terra che erano rimasti in disparte, e incrociò le braccia dietro la testa rivolgendo loro un sorriso.
«Lo so, lo so, dovrei avere ventisette anni e dovevo fermarli.» Ventus riempì la sua voce di falsa convinzione.
Per un momento, era come se niente stesse andando storto, come se non avessero deciso di dormire su materassi per terra perché avevano ancora stampati nella mente i ricordi della battaglia. Per quanto idiota potesse essere, per quanto stupido, ne sentiva il bisogno in un momento come quello.
Avevano bisogno di ridere, per cacciare via le ombre e la paura.
Passò distrattamente una mano sulla fronte, indugiando sul sopracciglio. Quella forse era la prova che era tutto quanto successo… era sempre stato pieno di cicatrici, fin da quando ricordava, e soltanto di alcune aveva trovato una spiegazione. Aqua e Sora gli avevano immediatamente guarito il taglio al sopracciglio destro, non appena si erano resi conto che non c’erano state lesioni all’occhio, ma quella sarebbe stata un’altra cicatrice che si sarebbe tenuto per sempre.
Nessuna causa è persa finché c’è un solo folle a combattere per essa.
Gli era andata decisamente meglio di Will, ma se non fosse stato veloce abbastanza… no, non voleva nemmeno pensarci.
Erano a casa. Terra era con loro. Avevano vinto.
Gli altri ragazzi stavano ancora bisticciando sul tappeto di materassi, ma Shiro si era rimessa in piedi, e procedeva a passi lenti verso di loro.
Alzò lo sguardo verso Terra e aprì la bocca per sussurrare qualcosa che si perse nel rumore di fondo. Tirò un respiro, strinse i pugni, poi scattò con un salto per stringere il padre nelle braccia. «Terra… Papà!»
Terra prese quasi istintivamente Shiro al volo.
«Hey, gattina. Che mi dici?»
La bambina gonfiò le guance e continuò a fissarlo con occhi lucidi. «Voglio… vorrei…» Scosse la testa. «Sono ancora la tua bambina?»
Terra passò una mano tra i capelli di Shiro. «Non dubitarne mai, va bene?»
Ventus fece un passo indietro, quasi tentato di tornare a ridere con i fratelli e la sorella che aveva scoperto di avere. Scoprire dell'esistenza di Vanitas era stato un brutto colpo per lui, ma avere altre tre persone legate a lui... Qualcun altro con cui aveva di che spartire…
Qualcosa gli premette sui capelli, e il ragazzo girò il capo per incrociare lo sguardo con Aqua.
«Tutto bene, Ven?»
Ventus fu tentato di non rispondere affatto, di dare una piccola spinta ad Aqua verso Terra e Shiro, di lasciare loro il tempo che meritavano… ma aveva imparato la lezione di non trascurare sé stesso davanti ai suoi amici, non tenere segreti, e decise di parlare.
«Ho come… la sensazione che manchi qualcosa.» Si strinse la parte sinistra della giacca con una mano.
«Vanitas ha fatto la sua scelta, lo sai. E per quanto riguarda il maestro… Ven, saremo forti, lo sai, vero?»
Ven sogghignò.
«Vogliamo parlare di Ephemer? Del Maestro Ephemer?» Tirò un sospiro. «Ho ancora tante domande…»
«Per adesso direi sia l'ora di riposare.» Terra suggerì, indicando il punto dei materassi dove Riku stava ciondolando seduto con gli occhi semichiusi.
Gli altri erano ancora quasi tutti sdraiati sul materasso, a parlare tra loro di cosa sarebbe successo nei giorni successivi.
Roxas si tirò su a sedere sul materasso, afferrò una coperta, e guardò tutti quanti con aria triste.
«Siamo sicuri che non sia tutto un sogno?»
«Ma che dici?» Xion scattò a sedere e lo guardò come se avesse appena sputato rospi.
Riku, che si stava cercando di slacciare le scarpe con gli occhi gonfi dal sonno, gli lanciò un’occhiata e borbottò: «Non stavolta, Roxas, o ti avrei già svuotato le tasche.»
Shiro si sedette accanto a Roxas e gli mise un braccio attorno alle spalle.
«Guardami... se fosse un sogno non sarei così felice. Ho una famiglia, sono libera, lo siete anche tu e Xion…» lo guardò negli occhi. «So che Ephemer non c’è più, ma nessuno sarebbe capace di creare un sogno così, neanche DiZ, nemmeno noi.»
Aggrottò la fronte, poi sembrò venirle un’idea. Si tirò di tasca il Legacuori che le aveva dato Sora e lo alzò sopra la testa.
«Cicciomiao, vieni fuori per favore?»
Il Fiormiao apparve in una nuvola di fumo e balzellò fino a Shiro, che non perse occasione per carezzargli la testa e grattargli le orecchie.
«Senti, bello, puoi andare vicino a Roxas e vedere se ha sogni addosso?»
Il Dream Eater trotterellò fino a raggiungere il ragazzo, gli fece un paio di giri attorno annusandogli i piedi, poi prese a rotolarsi sul pavimento mostrandogli la pancia. Quando Roxas allungò timidamente una mano per toccarlo, Cicciomiao si rimise in piedi e prese a leccargli la faccia.
«Niente sogni,» Sora commentò. «Sarebbe già scattato sull’attenti.»
Ventus rimase fermo. Dove aveva già visto quella scena? Gatto. Roxas. O forse non era Roxas? Si ricordava di aver interagito con un gatto in passato, ma non con un Miao Wow o un Fiormiao. La sua mente gli mostrava volti indistinti, bambini della sua età. Ephemer era uno di loro. Ragazzi più grandi, una mano sulla sua spalla. Una palla di pelo calda, che ronfava sulle sue gambe. Il peso familiare del Keyblade nella sua mano.
Nomi. Quali erano i loro nomi?
«Ven, che hai?» Sora gli mise una mano sulla spalla.
«Io…» Non rispose, ma si mise a sedere e si sfilò gli stivali.
«Ti sei irrigidito come un pezzo di ghiaccio. E hai gli occhi lucidi.» Sora si sedette accanto a lui e gli strofinò la spalla con una mano. «Qualcosa non va?»
Ventus si sentì in un momento gli sguardi di tutti addosso.
«Credo…» confessò. «Credo di ricordare qualcosa. O forse… qualcuno
 
«Sora?» Qualcuno lo stava scuotendo.
Il ragazzo aprì gli occhi e mise a fuoco Kairi.
«Qualcosa non va?» Sora si tirò su a sedere cautamente, cercando di non urtare nessuno mentre si muoveva. Riku era alla sua sinistra come sempre, e ci volle un po’ per sfilare i piedi dalla presa delle sue caviglie. Normalmente era un “accorgimento” che prendeva per rendersi conto di quando Sora aveva incubi (la sua festa del dodicesimo compleanno non era stata affatto dimenticata), ma al momento sembrava davvero troppo stanco per svegliarsi. Sora stava quasi temendo che non fosse sonno, ma poi sentì Riku borbottare qualcosa riguardo al nome della zattera di un anno prima e si calmò.
«Non riesco a dormire.» Kairi confessò.
«Ti serve la lucina?» Sora chiese, ma Kairi scosse la testa.
Erano gli unici due svegli – Roxas era al bordo opposto del materasso, in posizione scomposta, pancia all’aria, e con un rivolo di bava che gli colava dalla bocca. Xion era riuscita in chissà quale maniera a finirgli con la testa sulla pancia, con le gambe che spuntavano fuori dai piedi del materasso, e i suoi capelli ricordavano molto un nido di cornacchie. Sembravano due fratellini addormentatisi dopo una giornata a fare la lotta. Dall’altro lato, Terra, Aqua, Ventus e Shiro erano sotto un unico mucchio di coperte. Ventus in particolare stringeva a sé una grigia a stelle bianche che doveva aver recuperato da camera sua. Sembrava quasi volersi tenere in disparte, e aveva ancora la stessa espressione assorta che aveva avuto da sveglio.
«Ha davvero rischiato di perdere l’occhio?» Kairi bisbigliò a Sora, notando che stava fissando Ventus.
«Credo che Xehanort avesse cercato di tagliargli la gola.» Sora rispose con un filo di voce. «Ma Ven è stato un lampo. Si è abbassato, ha fatto una verticale e gli ha dato una pedata alla mano. Tutto questo con la faccia coperta di sangue. Aqua ha dovuto pulirlo per bene prima di capire che era solo il sopracciglio.»
Fece un cenno a Terra, la cui mano fuori dalle coperte era tinta di verde e giallastro per le vestigia di un livido.
«Chissà cosa ha dimenticato. Cosa sta cercando di ricordare.» Kairi commentò.
«Forse so chi.» Sora si mise in piedi e scese cautamente dai materassi, poi tese la mano e richiamò Catena Regale. «Vieni con me?»
Kairi fece sì con la testa, si alzò e gli prese la mano.
Con la mano libera, Sora alzò il Keyblade e aprì la serratura per i Mondi Dormienti.
Sperava solo che non sarebbero spariti abbastanza perché gli altri si svegliassero… o si preoccupassero…
… e poi erano di nuovo lì, a metà tra il cielo e il mare, e Kairi ancora gli teneva la mano.
«HEY, CHIRITHY!» Sora fece un passo avanti e chiamò a gran voce.
«Chirithy?» Kairi lo fissò, perplessa. «Il complice di Ephemer?»
«Mi ha spiegato come…» Sora si strofinò il naso, imbarazzato. «Beh… mi ha detto di avere un amico che lo ha dimenticato.»
La creatura dalle sembianze feline apparve davanti a loro in uno sbuffo di vapore.
«Sei tornato così presto?» Gli rivolse un’occhiata inquisitoria che, su un muso come il suo, era quasi comica.
Sora si chinò per guardarlo negli occhi.
«Sono tornato per te.» Gli spiegò. «Hai detto che il tuo amico non ricorda il suo passato… e se invece ti sbagliassi?»
«Aspetta, Sora, è quello che penso?» Kairi si chinò a guardare Chirithy. «Dici che quel che è successo nel salone…?»
«Anche se non fosse. Kairi, Chirithy ci ha salvato la vita. Non merita di rimanere qui da solo.» Sora girò la testa verso di lei. «E se la mia ipotesi è giusta, sarebbe per decenni
Kairi aggrottò le sopracciglia. «Stai parlando di Ventus?»
«Sì. Hai visto che faccia ha fatto, no?»
Chirithy li stava fissando, il suo nasino rosa che tremava un chiaro segnale di allarme.
«Non sta bene?» chiese, visibilmente preoccupato.
«Era sul punto di piangere.» Kairi disse istintivamente. «Stavamo giocando con lo Spirito di Shiro, e…»
«Chirithy… sta ricordando.» Sora si fece serio. «Credo sia ora di tornare a casa.»
Il cucciolo rimase in silenzio, impietrito come Ventus qualche ora prima, solo il suo naso che tremava leggermente.
«Non va bene. Non va bene per niente. Gli verranno gli incubi se ricorda troppo!» Scosse la testa, poi fece un giro sul posto, e mentre il mantellino gli svolazzava Sora poté giurare di aver visto il simbolo degli Spiriti sulla sua schiena. Un Dream Eater! La cosa aveva senso!
«Quindi è lui che…?» Kairi commentò.
«Avevo un’ipotesi. Ora è una certezza.» Sora tese una mano verso il loro nuovo amico. «Vieni con noi, Chirithy?»
 
Il salone era come l’avevano lasciato.
O meglio, più o meno: se avevano lasciato Terra quasi avvinghiato attorno ad Aqua, adesso il Custode più anziano era a pancia all’aria, con una mano su Aqua e una su Shiro.
Ventus non si era mosso, ma guardando meglio Sora poté notare che il suo volto era rigato da lacrime.
«Che situazione…» Chirithy commentò trotterellando sul pavimento, ma la sua voce rotta tradiva un nodo alla gola. «Credo di sapere perché siate tutti qui nonostante il castello abbia un sacco di stanze.»
Mentre Sora e Kairi tornavano ai loro posti cercando di non calpestare nessuno, Chirithy si inerpicò sul materasso con passo felpato, arrivò alla coperta grigia a stelle bianche e ci si infilò sotto da dove finiva appena prima delle dita dei piedi del suo umano, e finalmente emerse sotto il braccio di Ventus.
«Buonanotte a tutti,» bisbigliò all’indirizzo di Sora e Kairi. «Adesso ci penso io.»
 

 
 
Radiant Garden era addormentata, quasi ignara di tutto quello che era successo quando Lea scese dalla Gummiship alle banchine rosse che davano sul lago e tirò un respiro.
Il Castello. Se Isa fosse tornato, doveva essere lì. Eppure, Lea aveva troppo paura di sbagliarsi e che, se fosse sbarcato direttamente là, avrebbe soltanto trovato Ienzo a fare le ore piccole come suo solito, chiedendosi che cosa aveva intenzione di fare Lea lì a quell’ora della notte.
C’era silenzio, ma tirava quasi un’aria strana. Forse c’era quasi… più luce nel cielo?
No, non poteva essere quello.
Poi, si sentì una voce.
«Cosa è successo?»
Una bambina con i capelli ricci, un paio di jeans e una maglietta a righe, apparve letteralmente dal nulla. Sembrava smarrita e spaventata.
«Papà!» Urlò di nuovo.
Istintivamente – era un Guardiano della Luce! – Lea corse verso di lei.
Bambini che apparivano dal nulla? Stava succedendo qualcosa… prima che Lea facesse in tempo a chiederselo, un uomo alto e imponente, con un braccio solo e la testa coperta da un berretto, comparve a pochi passi dalla bambina.
«Giulietta!» L’uomo corse dalla bambina, stringendola forte. «Siamo… siamo a casa… guarda, Giulietta, è tutto finito…»
Lea non conosceva bene il quartiere delle banchine rosse – Cloud e Tifa ci erano cresciuti, Isa c’era stato un paio di volte con suo padre per una causa riguardante il diritto alla scuola di alcuni bambini – quindi non poteva dire se fossero abitanti del Giardino… ma a giudicare dalle loro reazioni… lo erano.
E gli venne un pensiero in mente – la massa di Heartless e Nessuno che avevano affrontato prima della trappola del tornado. Un milione di nemici. Quanti di quegli Heartless e Nessuno erano stati gli abitanti del Giardino, un tempo…? E quanti di loro erano stati liberati nella battaglia del Cimitero?
Si mise a correre. Il Castello. Isa. Attorno a lui, balenavano altre luci – genitori, figli, amici, amanti… stavano tornando a casa.
Passò davanti al Settimo Cielo. Si era accesa una luce e Cloud, spada in mano, vestiti spiegazzati e occhi gonfi di sonno, uscì dalla porta.
«Che sta… ha iniziato a suonarmi il telefono, sembrava impazzito!» Guardò Lea. «Dimmi che hai una spiegazione per questo!»
«Radiant Garden.» Lea fu solo in grado di dire. «Radiant Garden sta tornando.»
Le persone aumentavano verso i distretti centrali, Lea si rese conto, riapparivano nella posizione in cui gli Heartless li avevano presi. Era quasi arrivato alla casa del giudice quando una donna con i capelli viola e un abito verde comparve davanti a lui, con ancora le mani per terra per pararsi da una caduta.
La porta della villetta dei vicini di Isa si aprì, e un ragazzino – il capoclasse del liceo? – uscì di corsa, una manica del pigiama rimboccata sul braccio destro coperto da un’ingessatura blu.
«Mamma
Lea corse alla porta del giudice, suonando il campanello all’impazzata. Quando Ilyas gli aprì, a stento aveva indosso una vestaglia.
«Lea? Cosa…?» Sembrava principalmente infastidito per essere stato svegliato di soprassalto, ma poi qualcosa saettò fuori dalla porta e quasi gli fece perdere l’equilibrio, e Bolt il cane balzò addosso a Lea e prese a leccargli la faccia.
Ilyas era più sorpreso che mai di vedere l’animale.
«Bolt, giù, sta’ giù.» Dopo un momento, Lea riuscì a tenerlo a bada. «Vostro Onore… io… loro… la città…» Fece gesto attorno a loro. Diverse persone erano riapparse in strada, e altre erano uscite di casa di corsa. Le luci erano accese. Dal piano di sopra, Finn aveva iniziato a piangere.
«Prendete Finn e andiamo. Era… al Castello.»
 

 
Ventus sentiva sulla faccia il calore del sole, ma non voleva aprire gli occhi.
Sarebbe senza dubbio stato un altro giorno di ricerche, e missioni, e…
Un momento. Chi gli aveva tirato la coperta? Terra le avrebbe prese… Un momento. Terra.
E perché non aveva freddo?
«Ven, mi dispiace, Xion mi ha sbavato addosso, ha insozzato tutto il tuo pigiama…» Sentì la voce di Roxas che si avvicinava.
Roxas. Xion.
Allora era tutto successo!
«Grazie tante, Roxas.» Xion aveva preso a commentare.
«Nessun problema, ti ha dato quello a scacchi, no?» Terra si unì alla conversazione, e Ventus poteva benissimo immaginare come sarebbe finita. «Shiro non faceva che sbavarci su quando era piccola!»
Decise di aprire gli occhi, tirarsi su a sedere, e lanciare una cuscinata a qualcuno. Stavano rompendo un po’ troppo le scatole e…
gatto?
C’era qualcosa davanti a lui. Aveva il pelo grigio e il musino bianco. E lo stava fissando.
«Ven?»
«Hey…» Ventus allungò una mano verso il nuovo arrivato. Sembrava quasi impaurito di vederlo, quasi stesse attendendo qualcosa.
Come si chiamava? Ventus sapeva di conoscerlo… ma il nome gli sfuggiva dalla mente. Si sforzò di sorridere, di dare al piccolino una carezza sulla testa. Riusciva praticamente a sentire la paura e l’affetto quasi come se potesse vedere il suo cuoricino.
«Dai, vieni più vicino.» Gli fece gesto con entrambe le braccia, e il micio non se lo fece ripetere, accoccolandosi contro di lui con la testa sul suo petto.
«Quindi… sei stato tu a mandare Ephemer da noi?» Ventus lo guardò negli occhi. Sorrise. «… Chirithy?»
Il piccolino fece di sì con la testa.
A Ventus veniva da piangere. I suoi ricordi di infanzia erano un buco nero, eppure sentiva che Chirithy era stato importante. Che lo era ancora.
Chirithy gli si strinse ancora più forte, quasi come se sapesse cosa fare… perché lo sapeva. Era già successo e anche se Ventus non aveva memoria del come e del perché, non gli importava. Sapeva soltanto che Chirithy era suo amico, ed era finalmente tornato da lui.
 
Sora guardava dal suo angolo del materasso, fianco a fianco con Kairi. Erano i soli due in disparte e zitti mentre tutti gli altri facevano capannello attorno al Dream Eater, riempiendolo di carezze e facendogli domande, e Sora non poteva evitare di sentirsi davvero soddisfatto. Se davvero, come Ephemer aveva detto, era tutto fuorché finita…
BANG!
Sia Sora che Kairi sobbalzarono - Riku aveva menato loro due scappellotti simultanei.
Il ragazzo più grande si infilò tra loro due e stritolò le spalle ad entrambi.
«Qualcosa mi dice che è opera vostra.»
«Cento punti al mio ragazzo.» Sora finse di crollargli addosso mentre parlava. «Comunque, cos’era che dicevi riguardo la zattera stanotte?»
Riku avrebbe ribattuto qualcosa, ma il suono di uno dei cellulari attirò l’attenzione di tutti quanti, e Roxas balzò da un materasso all’altro per recuperare il suo.
«Cos’è quello?» Xion quasi glielo prese di mano.
«Me lo ha dato Ienzo due giorni fa, ne stava tenendo uno da parte anche per te.» Roxas le spiegò. «Axel sta cercando di contattarci, dice che a Radiant Garden è successo qualcosa durante la notte.» Prese a rispondere al messaggio. «Anche… qui… è… riapparso… qualcuno…»
Anche il telefono di Shiro prese a squillare.
«Non c’è scuola oggi!» Annunciò.
Roxas emise un gemito di disappunto.
«Ma volevo sapere come finisce Le Due Torri!» protestò.
«Yuna giura e spergiura che c’è un altro libro dopo, quindi comunque non avremmo saputo la fine presto.» Shiro commentò.
«Direi sia comunque il caso di andare a Radiant Garden. Se Lea ha pensato di avvertirci, ed è qualcosa di serio abbastanza da far chiudere la scuola, potrebbero avere bisogno di aiuto.» Aqua interruppe la conversazione. «Shiro, puoi mostrare a Xion dove sono i bagni? Tra un’ora tutti alla Gummiship. Ci muoviamo assieme!»
 
 
Sembrava quasi che l’intera Radiant Garden fosse in piazza.
Molti erano spaventati, alcuni in pigiama, c’erano bambini che chiedevano dei loro genitori, adulti che cercavano di capire cosa fosse successo.
Merlino, in piedi su un barile, agitava la bacchetta a più tratti nel vano tentativo di mantenere la calma.
Sarebbe stata una giornata lunga, Lea ne era certo. E qualcuno lo aveva persino chiamato Eadmund – non era stata una bella sensazione, proprio no. (A parte che suo padre era stato biondo, da quando in qua…?)
La guardia cittadina – Cloud, Stitch e Genesis perlopiù – stava percorrendo la piazza, prendendo nomi e, nel caso di Stitch, facendo ridere i piccoli, ma anche alcuni civili sembravano essersi rimboccati le maniche.
Tre ragazzini della scuola, una alta con i capelli castani e una treccina lunga che le pendeva dalla nuca, uno basso e rosso con un braccio ingessato, e uno ancora più basso con i capelli ricci e una camicia a scacchi, erano riusciti a ridurre un gruppo di ragazzini all’ordine, a quanto pareva semplicemente spiegando.
«Sì, sono passati dieci anni.»
Un momento! La ragazza alta era Yuna, la vecchia amichetta di Kairi! Il bambino piccolo… Lea l’aveva visto in classe di Shiro, se non ricordava male si chiamava Luca e non era esattamente umano. Ricordava che Isa, anni prima, gli aveva menzionato una causa che suo padre aveva portato a Lord Ansem, sul diritto di una sorta di tribù sotto il lago a mandare i loro bambini a scuola… non ricordava come fossero andate esattamente le cose, ma ricordava Luca perché a scuola, dieci anni prima, ne avevano parlato tutti. Alla caduta di Radiant Garden aveva già avuto tredici anni, ma adesso – come Ventus, come Terra e Aqua probabilmente – non era cambiato di una virgola.
E il ragazzo col gesso – era G’Raha, il vicino di Ilyas, Isa e Finn. Adesso era lui a portare la stola di capoclasse, e adesso, se pur di statura diminutiva e con il braccio appeso al collo, emanava quasi autorità.
Lea si disse che lui, Yuna e G’Raha dovevano contarsi tra i fortunati. Nonostante i dieci anni di esilio – e poteva solo immaginare cosa avessero passato loro, che dieci anni prima avevano avuto cinque e sette anni – adesso sapevano cosa era successo e cosa stava accadendo, e avevano avuto il privilegio di crescere e saper gestire la situazione.
«Presentatevi al cancello, uno per volta!» Cloud aveva finalmente alzato la voce, cercando di mettere gli adulti in fila. «Dite il vostro nome, il vostro mestiere e dove abitavate. Se la vostra casa o la vostra famiglia è ancora dov’era dieci anni fa, tornate a casa. Chi ha perso la casa, o se ci dovesse essere qualcun altro a occuparla, sarete ospitati nel castello fino a quando il Comitato di Restauro non sistemerà la vostra situazione!»
«Wow, non oso immaginare che sarebbe successo senza Merlino e la sua magia.» Aerith commentò, arrivando da un vicolo mentre spingeva un carretto da cui proveniva un forte odore di crostata. «Flora, Fauna e Serenella mandano queste. Avranno pensato che la gente volesse fare colazione.»
Notò l’improvvisata pattuglia degli scolari e rivolse la sua attenzione a loro.
«Ragazzi! Se avete anche voi dei carretti o conoscete qualcuno che li ha, le fate stanno sfornando ancora!»
«Ricevuto, ricevuto!» G’Raha le alzò il pollice con la mano sana, poi si girò verso Yuna. «Tu conosci qualcuno?»
«Giulia ha una bici con il rimorchio. Se se la sente.» Luca intervenne. «Lei, suo padre e suo fratello sono già tornati a casa.»
«E immagino che non hanno il telefono.» Yuna scosse la testa. «Beh, qualcuno deve correre alle banchine. Chi ci va?»
Dopo una breve discussione, fu il più piccolo dei tre a spiccare una corsa verso la periferia, Yuna iniziò invece a prendere un po’ di crostata dal carro di Aerith e a distribuirla in giro.
Lea si chiese cosa stesse facendo Lord Ansem in tutto questo.
La notte prima, aveva chiesto al giudice di restare al castello, tutto questo dopo che avevano ritrovato Isa ancora privo di sensi nella stanza del computer. Davvero, Lea non invidiava Finn, che a stento camminava e parlava e probabilmente doveva sorbirsi da solo una grossa imboccata di gergo politico. E probabilmente in quel momento avrebbe pure voluto fare colazione.
Se Shiro fosse stata lì, almeno qualcuno avrebbe potuto portare via di là il moccioso, anche se conoscendo Shiro, non avrebbe voluto allontanarsi dal clamore proprio adesso che c’era bisogno di aiuto.
«Axel! Axel!»
Roxas e Xion stavano attraversando la piazza di corsa. Roxas aveva addosso i vestiti che aveva avuto a Crepuscopoli e che aveva lasciato al Castello di Partenza il giorno della battaglia, mentre Xion, a parte i familiari stivali neri, portava la camicia e la giacca dell’uniforme scolastica di Roxas e una gonna che le doveva essere stata prestata, probabilmente da Aqua.
«Buongiorno!» Lea non sapeva come avesse fatto a rimanere in piedi dopo che i due lo ebbero placcato simultaneamente, ma ce la fece. Vicino a lui, Aerith soffocò una risata.
Il resto dei Guardiani della Luce – Shiro con Mister Kupò in braccio, Sora, Riku e Kairi, Aqua e Terra che cercavano di non far perdere nessuno in mezzo alla folla, e Ventus, che aveva una specie di gattino aggrappato a una spalla – raggiunsero il centro della piazza, e Lea, con l’aiuto di Aerith, si prese il tempo di spiegare che durante la notte, molti cittadini del Giardino erano riapparsi, a quanto pareva negli stessi punti dove gli Heartless dieci anni prima li avevano presi.
«Era già successo una volta, circa un mese fa, dopo che Sora aveva sconfitto l’Organizzazione, ma non a questi livelli.» Aerith stava spiegando. «Stavolta siamo stati quasi presi alla sprovvista, anche perché è successo in piena notte, mentre tutti dormivano. Molti di noi hanno passato mezza nottata in bianco, ma per fortuna già adesso alcune delle vittime degli Heartless sono tornate alle loro case. È stato più facile per chi aveva già dei familiari superstiti, anche se in alcuni casi non credo sia stato facile per loro vedere i loro cari invecchiati di dieci anni.»
«È una fortuna che ci siano persone che abbiano già passato una cosa simile un mese fa.» Tifa, che stava anche lei pattugliando la piazza, si era fermata riconoscendo Sora. «Ma adesso… non dico che abbiamo di nuovo tutta Radiant Garden… molti non torneranno affatto, ma… credo che questo sarà la cosa più vicina che avremo a quello che eravamo, e prima restituiamo a tutti quanti la loro vita, meglio sarà per tutti quanti. Noi compresi.»
«Va bene. Adesso siamo qui. Come possiamo aiutare?» Aqua concluse.
«Beh, Cloud e Lea hanno bisogno del cambio di guardia, hanno fatto la nottata in bianco.» Aerith sogghignò e guardò Lea di traverso. «Probabilmente il giudice potrebbe giovare dell’aiuto di Shiro al castello. Se non altro per portare Finn a casa, visto che ha dovuto tenerlo con sé, il piccolino la conosce. Flora, Fauna e Serenella stanno cercando di assicurarsi che chi non sia ancora riuscito a tornare a casa abbia almeno la colazione. E Ienzo sta consultando Tron, Otto e Nove per riaggiornare l’anagrafe cittadina e vedere chi risulta. Potreste aiutarci prendendo i nomi e portando gli elenchi ai computer. Dovremmo fare più in fretta in questo modo.»
 
 
Se c’era un modo in cui Ventus avrebbe definito la giornata precedente, avrebbe usato come unico aggettivo “impegnata”. Usare i telefoni era stato enormemente d’aiuto nel raccogliere i nomi della gente, e praticamente tutti, in un modo o nell’altro, avevano riavuto la loro casa, il loro lavoro, e nel caso dei ragazzi il loro banco di scuola.
Shiro e Roxas a un certo punto erano stati chiamati a riunirsi assieme ai tre ragazzi che distribuivano le cibarie. Non era chiaro quel che stesse accadendo, ma a quanto pare riguardava la scuola, anche perché qualche minuto dopo Riku aveva chiesto se poteva essere incluso nel discorso e Sora e Kairi lo avevano seguito. Dopo un po’, anche Xion era stata chiamata, ma aveva esitato un po’ nel raggiungerli.
Se la notte prima avevano dormito nel salone del Castello di Partenza, quella notte invece erano stati assegnati loro dei letti nel castello di Radiant Garden, assieme alle persone che ancora non avevano riavuto la loro dimora.
La situazione era comunque più gestibile, il preside a quanto pareva aveva deciso che la scuola avrebbe riaperto, e la mattina dopo erano tutti davanti alla scuola, più affollata che mai, con Merlino e le fate che facevano avanti e indietro per dare ai ragazzi a cui mancava un’uniforme scolastica.
«Prima media, ci siete? Entrate tutti in ordine, la classe è la stessa degli altri giorni, il professore vi aspetta.» G’Raha correva da una parte all’altra cercando di svolgere il suo ruolo. «Ugh, mi servirà una squadra di questo passo.»
Non gli servì finire di parlare – Luca del gruppo della terza media e Yuna della terza superiore corsero subito da lui e presero a chiedergli di che aveva bisogno. G’Raha indicò a Luca i bambini delle elementari e a Yuna il portone, poi si diresse verso la fila per le uniformi, dove Xion, Sora, Riku e Kairi stavano aspettando le loro, e prese a dirigere verso le aree segnate del pavimento i ragazzi che avevano la loro.
«Quelli che ancora non sanno in che classe dovrebbero andare aspettassero all’uscita della fila, prima di entrare, ci sarà un colloquio con il preside per valutare dove starete meglio.»
Sora, Riku e Kairi, che avevano deciso di iscriversi là dopo aver perso mesi, o nel caso dei primi due più di un anno, si scambiarono un’occhiata tra loro tre e Kairi asserì: «La più bassa in cui mettono uno, ci andiamo tutti e tre.»
Se fosse andata come previsto, Ventus pensò, Xion invece sarebbe dovuta andare in terza media… se non altro perché i suoi amici erano… hey!
Prima che qualcuno potesse reagire, Xion era scappata via dalla fila ed era corsa lontano – verso dove Ventus stava aspettando assieme a Terra, Aqua, Lea e Isa.
«Xion, cosa c’è che non va?» Lea le mise subito le mani sulle spalle. Lei nascose la faccia contro i suoi vestiti e non disse niente. Ventus si accorse che tremava e pensò se non fosse il caso di chiamare Chirithy.
«Valutare.» Isa tirò un sospiro. «Il ragazzino ha usato la parola sbagliata.»
«Il ragazzino non poteva sapere.» Lea lo guardò. «Xion, è tutto a posto. Non è niente che non facciano anche agli altri. Anche Roxas ha parlato col preside, ed è andato tutto bene.»
«E se pensano… che io non…?» Xion lasciò andare Lea e singhiozzò.
Poco lontano, Roxas e Shiro si erano staccati dal gruppo della terza media e stavano dicendo qualcosa a G’Raha, le cui orecchie si erano letteralmente afflosciate per la sorpresa e l’imbarazzo. Li raggiunsero tutti e tre.
«Va tutto bene?» Il ragazzo più grande chiese a Xion. «Non devi aver paura del preside, fa un po’ da nonno a tutti quanti nonostante abbia i suoi, di nipoti.»
Il suo linguaggio del corpo era eloquente quanto le sue parole: non cercava lo sguardo della ragazza, si teneva a una certa distanza, e teneva le braccia vicine al corpo (non che avesse molta scelta con il destro) per evitare di spaventarla ulteriormente.
«Non è quello…» Xion si fissò le scarpe. «Solo che… io non… io non dovrei… essere qui…»
«Huh?» G’Raha scosse la testa, le sue orecchie che sussultavano. «Perché?»
«E se… e se si accorge che…?» Xion esitò, alzò lo sguardo un momento, poi si fissò di nuovo i piedi, facendosi piccola sul posto quasi nel tentativo di sparire. «… non esisto. Non sono una vera persona.»
G’Raha rimase in silenzio, cercando un momento lo sguardo di Roxas.
«Xion, sei vera abbastanza per noi.» Roxas le sorrise. «Io e Shiro ti vogliamo in classe, lo sai, vero?»
«Aspetta, Roxas.» G’Raha fece un sorrisetto. «Adesso le diamo un paio di prove. Va bene, un nome me lo sai dire?» Guardò di nuovo Xion.
Xion fece sì con la testa, e disse il suo nome in un filo di voce.
«Bene. Piacere di conoscerti, Xion. Non ti stringo la mano che mi fa ancora male. Mi sai dire… qual è il tuo cibo preferito?»
Xion fece una smorfia, quasi confusa, poi rispose: «Gelato.»
«Lo sai che un sacco di gente risponde così?» Il capoclasse ridacchiò. «Nel senso, a chi non piace il gelato? Quando il signor De’ Paperoni lo vendeva nel borgo, aveva una fila di chilometri. Va bene, altra domanda. Hai degli amici? Qualcuno a cui vuoi bene?»
Lo sguardo di Xion andò immediatamente verso Roxas e Shiro.
«Roxas, Shiro e Axel.» Disse, quasi senza pensarci.
«E credo che vogliano anche bene a te, a giudicare dalla loro reazione.» G’Raha sorrise, poi si cercò qualcosa in tasca con la mano buona. «Hai un nome, qualcosa che ti piace, qualcuno che ti vuole bene. Questa è un’identità. Questo fa già una persona.»
«Ma io…»
«Xion, ci sono tanti modi di essere persone. Diresti che io non lo sono? Eppure non somiglio molto ai ragazzi nella mia classe. E quando ero piccolo, il padre di Isa qui presente disse a tutta Radiant Garden che non importa il tuo aspetto, non importa da dove vieni, né gli abiti che hai. Se hai un nome, una volontà e una famiglia, sei una persona e questo è il tuo posto.»
Ventus vide con la coda dell’occhio che Isa stava cercando senza successo di celare il suo imbarazzo. Sapeva che Saïx per un certo periodo era stato più che fermo nel negare a Xion un’identità.
«Ora, facciamo una cosa a prova di bomba.» G’Raha trovò quello che stava cercando – un pennarello nero. «Vedi questo? Vorrei che tu lo prenda e scriva il tuo nome qui sopra.» Si toccò il gesso con il pennarello, in uno dei pochi punti rimasti vuoti. Guardando meglio, Ventus notò che c’erano i nomi di Yuna, Luca, Roxas e Shiro tra i tanti.
«Che senso ha?» Xion si girò quasi verso Lea.
«Beh…» Lea le mise una mano sulla spalla. «Di solito è una cosa che le persone chiedono ai loro amici
 

 

 
Molti dei comportamenti descritti nel Castello di Partenza sono ispirati a fatti realmente accaduti. Persino il comportamento di Chirithy… beh, è ispirato al vero Chirithy, che è un “gattino” di un anno e mezzo che di tanto in tanto mi sveglia a fusa e testate.
 
Avrete già capito che molti personaggi sono presi da film Disney e da altri videogiochi Square, in particolare in questo capitolo Final Fantasy X e XIV, e se avete Disney+ consiglio di vedervi “Luca” e “Ciao Alberto” per avere un’idea di chi sono alcuni dei personaggi.
 
Detto questo: comincia un’altra avventura – benvenuti a bordo!

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Capitolo 2
*** Dove Eravamo Rimasti? ***


Re:Union – Capitolo 2
Dove Eravamo Rimasti?
 
Il sole era a picco sull’orizzonte polveroso, e solo un uomo in una cappa nera era in piedi in mezzo al deserto.
Una spada nera, che avrebbe rassomigliato a una chiave se non fosse stato per la sua apparenza irta e minacciosa, era conficcata nel suolo davanti a lui, e lui la prese.
«Finalmente di nuovo a casa
Pareva stesse per fare qualcosa con quella sorta di spada – forse quasi formulare una qualche magia – ma qualcosa fu più veloce di lui, e una figura esile e alta gli si avventò contro, brandendo quella che sembrava una falce.
«Dov’è LUI?»
Un giovane uomo con i capelli rosa, una camicia con una veste, e un paio di pantaloni attillati, era l’aggressore dello straniero in nero – che non fece una piega, ma si limitò ad alzare l’arma che aveva ritrovato per parare.
«Non so di chi stai parlando, Merluzzia.» L’uomo in nero schernì il giovane, bloccando la lama della falce in una parata.
Il giovane slegò la falce dalla spada e balzò all’indietro, rimanendo in una posizione di attesa.
Nelle sue mani, la falce emise un lampo di luce e divenne improvvisamente più corta, mutandosi anch’essa in una sorta di chiave, che a differenza di quella dell’uomo in nero sembrava interamente composta di rose e rovi.
«Il mio nome è Lauriam.» Il giovane puntò all’uomo in nero un dito accusatore. «E tu lo hai sempre saputo, non è vero Xigbar?»
Il volto di Lauriam si contorse in una smorfia.
«O forse dovrei dire Maestro Luxu
 
 
Casa.
Non erano passate che poche settimane da quando Luna Fleuret, dottoressa Luna Fleuret, studentessa di medicina, praticante delle Arti Mistiche, e Principessa del Cuore, aveva lasciato New York per cercare la minaccia oscura e aiutare i Custodi del Keyblade ad estinguerla alla fonte.
Non sembrava niente fosse mai successo, a casa.
La gente camminava per le strade ignara, e i rumori familiari della grande città le sembravano quasi estranei.
Bleecker Street, con i suoi night club, risuonava come sempre di musica. Luna si chiese se a quell’ora Ravus stesse portando i cani al parco… un momento, le luci nel Sanctum erano accese…
… Strange doveva sapere del suo ritorno!
Come se fosse soltanto stato un giorno come tanti, aprì il portone e si schiarì la gola, annunciando la sua presenza.
Stephen e Ravus erano lì, in cima alle scale, come lei aveva immaginato, pronti a riaccoglierla a casa.
«Allora?» Suo fratello fu il primo a parlare.
«È fatta.» Luna ammise con un sorriso. «Il Cercatore Oscuro è stato sconfitto. I suoi prigionieri sono stati liberati… i mondi sono salvi.»
Era tutto quello che poteva dire con una frase, ma quello che aveva conosciuto e imparato viaggiando gli altri mondi era troppo da poter riassumere… la presenza sempre più marcata dei Fulcra, la sincera contrizione del vecchio Ardyn per qualcosa che non aveva nemmeno mai realmente fatto, tutte le persone che aveva incontrato che come lei ricordavano una vita che non era la loro… e, come era successo per Noctis e i suoi amici, per Cloud, per G’raha che era poco più che un ragazzino, la loro tenacia nel cercare di aiutare.
«Ma c’è ancora molto che non torna. È come se questa fosse soltanto la fine di film, e qualcuno avesse già girato un sequel.»
Luna non poté evitare di notare che Strange avesse appena abbozzato un sorriso. Ma era qualcosa di strano, come se lo stesse forzando.
«Sapevo che lo avresti detto.» Lo stregone ammise.
Ovviamente poteva saperlo – non era un caso, probabilmente aveva visto il futuro da parecchio. Dopotutto, era stato lui ad avere l’idea di cercare Noctis, e poi di farla partire assieme a lui per trovare Sora.
Evidentemente, portare Shiro, Roxas ed Ephemer al Cimitero era stato quello che aveva fatto la differenza.
«Quindi c’è davvero un sequel.» Ravus incrociò le braccia. «Possiamo avere qualche spoiler?»
Strange alzò un dito e prese a camminare avanti e indietro.
«Xehanort era solo l’inizio. La conseguenza. La causa era quello che lo ha creato – l’uomo che ha fatto in modo che il bambino che era si reincarnasse in un Maestro che portasse la sua spada.»
Stava dicendo quelle cose in maniera quasi impersonale – come se stesse tenendo una lezione.
«L’Ordine dei Custodi del Keyblade adesso ha la Maestra Aqua a comandare… ma non sarà abbastanza. E qui, Luna, entri di nuovo in gioco tu.»
Ma l’ultima frase serbava quasi una nota di tristezza.
«Ti devo chiedere di andartene di nuovo. E stavolta per sempre.»
 
 
«Ciao, Naminé. Benvenuta alla Radiant High.»
Era la prima volta che Sora vedeva G’raha stringere la mano a qualcuno anziché tirare fuori la scusa che la mano destra gli facesse male, o che non chiedesse ad una nuova conoscenza di firmargli il gesso.
Ma nel bene e nel male, il tempo stava passando, le strade di Radiant Garden avevano preso a riempirsi di neve, e il sorvegliante dei corridoi era diventato il capo del servizio d’ordine e aveva finalmente entrambe le braccia che funzionavano.
E Naminé, dopo un paio di settimane, aveva deciso di venire a scuola.
Non era stato facile convincerla. Non era stato neanche facile convincerla che meritava di vivere.
I due cittadini di Radiant Garden che avevano più esperienza con orfani e ragazzi con brutti passati, un pescatore di nome Massimo, e Unei, la madre adottiva di G’raha, si stavano ancora riprendendo dall’essere scomparsi per una decina d’anni, e Ienzo non aveva voluto coinvolgerli, ma inaspettatamente erano stati Otto e Nove a trovare Naminé tramite la rete del castello e a parlare con lei.
Riku aveva menzionato a Sora di aver messo in contatto i due programmi con un’intelligenza artificiale di nome Baymax, anche se sembrava che uno dei due, Nove, avesse già più o meno saputo cosa fare da prima.
In circostanze normali, Sora non avrebbe nemmeno pensato che fosse stata una buona idea lasciar andare Naminé a scuola – soprattutto dopo il primo giorno di Xion, ma con un Miqo’te, una mezza fata, e un Sahagin a pattugliare i corridoi, beh…
… Sora sapeva che c’era un bullo in terza superiore, Kairi glielo aveva menzionato, ma a quanto pareva verso fine Ottobre gli erano caduti i pantaloni in mezzo al giardino affollato, e da allora non aveva combinato quasi più nulla.
Qualche giorno prima persino Noctis e Prompto avevano chiesto di seguire lì le lezioni – evidentemente per via della natura eterogenea della scuola, quei due ragazzi avevano avuto la loro stessa idea.
«… e immagino che con te sia quasi fiato sprecato, ma ricordati di non usare nomignoli con gli altri studenti riguardo al loro aspetto. Insomma, non chiamare mostro marino un Sahagin, per dirne una.» G’raha stava finendo di dire a Naminé sulla soglia della classe. «Ho salvato il mio numero sul tuo telefono, nel caso ci fosse qualcosa di cui tu abbia bisogno, ma qui in classe con te c’è Yuna, puoi anche parlare con lei se c’è qualsiasi cosa che ti turba, qualcuno che ti da fastidio, o anche solo se vuoi andare a prendere un caffè prima che le lezioni comincino.»
La campanella suonò, e G’raha si congedò rapidamente e corse fuori dalla classe.
Naminé si guardò rapidamente attorno, poi attraversò la classe e prese posto nel banco vuoto. Sora si disse che non poteva scegliere un giorno migliore per cominciare – quel giorno avevano arte alla prima ora!
Era incredibile come, in poco tempo, tutto stesse diventando così normale.
Lui, Riku e Kairi si erano momentaneamente trasferiti nella casa d’infanzia di Kairi e Lea, che Merlino aveva allargato per consentire a sei persone di abitare.
Shiro tornava al Castello di Partenza ogni sera, ma loro avevano deciso di provare a fare “i grandi” per un po’, se non altro per non dover viaggiare ogni volta. Le giornate avevano ripreso ad essere prevedibili, tra lezioni, partite a pallacanestro in cortile, e Roxas e Xion che insistevano per andare a mangiare il gelato al tramonto sulle mura del borgo.
Avevano quasi trovato il loro equilibrio, e Sora si rese conto, non senza un certo stupore, che aveva perso il conto dei giorni che non aveva più evocato il Keyblade.
Non che gli dispiacesse, poi. Un po’ gli mancavano Paperino e Pippo, anche loro alle prese con vite e famiglie da rimettere in sesto, ma sfidare i ragazzi dell’ultimo anno per chi fosse più bravo a mandare la palla in canestro era sinceramente molto meglio che rischiare la pelle ogni giorno per salvare i mondi, soprattutto da quando Noctis e Prompto contavano nel numero degli avversari e le partite si erano fatte interessanti.
Era rimasto quindi davvero allibito – per non dire spaventato – quando sia a lui che a Riku e Kairi era arrivato un messaggio di Ventus, di tutte le persone, in cui il giovane chiedeva aiuto per qualcosa di estremamente importante. E di riferirlo anche a Roxas, e Xion – solo a loro.
 
«Allora, prima che voi vi spaventiate, scusate per non essermi spiegato per bene.» Ventus annunciò quando furono tutti seduti a un tavolo del Settimo Cielo. «E scusate, Roxas e Xion, se vi ho fatto informare per passaparola anziché contattarvi direttamente. Non potevo correre rischi.»
«Va bene, vecchio, vieni al sodo.» Roxas si strinse nelle spalle.
Ventus si guardò rapidamente in giro. Sapeva che Shiro era già sulla strada di casa – Terra aveva fatto in modo che lo fosse – ma qualcuno dei suoi amici avrebbe potuto essere lì in giro, come Lann o Reynn. O entrambi.
Non riconobbe nessuno del gruppo della terza media – c’era solo uno studente molto alto dell’ultimo anno, con i capelli chiari raccolti in una coda, che in dispetto al freddo di Dicembre aveva appena chiesto una coppa di gelato.
«Il venticinque è il compleanno di Shiro. Compirà tredici anni.»
Come c’era da aspettarselo, Sora, Riku e Kairi parvero capire immediatamente, ma Roxas e Xion fecero una faccia perplessa.
«Com’è che non lo sapevamo?» Roxas si grattò la testa.
«Non lo sapeva nemmeno lei fino a quando Aqua non è tornata.» Riku si strinse nelle spalle. «Ma non credo sia il punto adesso. Immagino che stai cercando di farle una festa a sorpresa, dico bene, Ven?»
«L’idea sarebbe di Aqua.» Ventus ammise immediatamente. «Ha incaricato me e Terra di organizzare, però. Vuole fare tutto il possibile per recuperare quello che abbiamo perso. Insomma, sapete, come famiglia.»
Si prese un momento prima di finire la frase.
«E anche voi ne siete parte adesso, quindi… perché la festa abbia senso, dovete esserci anche voi.»
Sperava davvero che dicessero di sì. Aqua era più che intenzionata a fare le cose in grande, e Ventus poteva capirla. Si erano persi undici compleanni, undici Natali. Erano stati portati loro via. Il minimo che potevano fare era iniziare a recuperare.
Il Castello era lo stesso di sempre, ma i corridoi sembravano vuoti senza il Maestro. Adesso, in teoria, era Aqua a comandare, ma Ventus aveva come l’impressione che quell’incarico fosse troppo sulle sue spalle.
Lui ancora ricordava quale libro aveva lasciato a metà, e si era buttato sullo studio per non pensare troppo, Chirithy seduto sul tavolo a fissarlo il dettaglio più evidente che tutto era cambiato, ma Aqua e Terra non avevano il privilegio di poter riprendere dove si erano fermati.
Persino riorganizzare l’Ordine sembrava una chimera, con Terra ancora nel limbo di un esame non passato, e tutti gli altri Custodi precettati nei banchi della scuola superiore o in una vita da rifarsi.
«Beh, ha senso. Shiro ci vuole bene.» Roxas fece sì con la testa. «Se è un giorno importante per lei, allora ci vorrà vicini.»
«E il 25 Dicembre è Natale, non c’è scuola.» Sora si strinse nelle spalle.
«Quindi posso contarvi tutti? Oh, e potete dirlo anche a Naminé? Non ho il suo numero…» Se fino a quel momento, Ventus si era sentito lo stomaco pieno di nodi, in quel momento sentiva come se i grovigli si stessero districando, uno dopo l’altro. «Ci sono delle stanze libere, se volete restare a dormire.»
«Sì, ci siamo tutti.» Riku prese la parola.
«Faremo in modo che ci sia anche Axel.» Xion concluse. «Non si vorrà perdere la giornata per tutto il gelato del mondo!»
La ragazza era quasi irriconoscibile, qualche settimana dopo il primo giorno di scuola: Ventus aveva visto alcune foto in cui aveva un vestito nero, ma quel giorno in particolare, Xion aveva una felpa senza maniche sopra la camicia dell’uniforme scolastica, e si era portata un ciuffo di capelli all’indietro, come il capoclasse. Shiro aveva detto più volte che continuava a cambiare stile, cercando a più riprese di imitare i compagni, e stava lentamente prendendo coscienza di sé.
O così Shiro diceva.
Roxas, invece, era lo stesso di sempre, a parte un paio di lividi sulle braccia che potevano essere spiegati da una caduta sul campo di gioco. Ventus aveva iniziato a chiedersi se non era il caso di farsi crescere i capelli per fugare i dubbi tra loro due una volta per tutte, anche se il sopracciglio spaccato era già un altro dettaglio visibile…
Un peso familiare gli calò sulla testa, accompagnato dal pop di una comparsa improvvisa, e Ventus alzò le braccia per raccogliere Chirithy e spostarselo in grembo.
«Lo so che stai comodo lì, ma sei pesante.» Scherzò. «Quattro chili e mezzo li reggo, ma non sulla testa. Quante altre volte te lo devo dire?»
«Sì, ma mi sei mancato.» Chirithy ribatté, afferrando il suo braccio con le zampe anteriori.
E non aveva torto – chissà quante persone, quanti mondi, ora che il pericolo era passato stavano facendo del loro meglio per rimettere assieme i pezzi… per tenere le loro famiglie assieme, recuperare anche solo un briciolo della felicità che avrebbero dovuto vivere.
Rimettere insieme vite.
Stavano tutti facendo del loro meglio per guarire… e pur senza essere un Maestro, Ventus era felice di essere riuscito in quella piccola missione.
 
 
Chiunque non viveva a Crepuscopoli tutto l’anno avrebbe erroneamente asserito che il cielo, congelato in un perenne tramonto, non cambiasse mai realmente, ma i cittadini avrebbero potuto provare che chiunque avesse detto una cosa del genere si sbagliava in un qualsiasi momento di Dicembre, quando il cielo arancione si riempiva di nubi e i tetti e le strade del bianco della neve.
Alla fine, anche in quel mondo prima o poi arrivava il Natale.
«Sul serio Luna ha detto che passerà il Natale con noi?» Prompto fu il primo a scendere dal treno, quasi saltellando sul posto dall’eccitazione.
«Ha anche detto che sta iniziando a cercare una casa a Radiant Garden.» Un sorriso si allargò sul volto di Noctis. «Sta vedendo se può trovare un lavoro alla scuola, dice che hanno bisogno di qualcuno che se ne intenda di bende e cerotti. Insomma, che ti devo dire, non riesce a starmi lontana.»
«Credevo che Strange avesse bisogno di lei, sai, amico?» Prompto inclinò la testa di lato, ancora visibilmente poco convinto.
Normalmente, anche Noctis avrebbe sospettato qualcosa riguardo ad un cambio di comportamento così repentino, ma una cosa del genere gli sembrava quasi credibile, dopo tutte le fila che il bislacco Dottor Strange aveva tirato per farli uscire insieme più volte possibile.
«Beh, gli Heartless sono andati. I mondi non sono più in pericolo. Dobbiamo tutti riprendere dove eravamo rimasti, no?»
Ed era stata una benedizione che Radiant Garden avesse riaperto la loro scuola – per Noctis sarebbe stato troppo l’imbarazzo di frequentare l’ultimo anno delle superiori con quella sottospecie di teppista di Seifer e la sua banda a ricordargli che alla sua età avrebbe già dovuto avere un diploma.
Certo, lui e Prompto avevano dovuto di nuovo prendere un appartamento in affitto in un altro mondo, e stavolta non c’era neanche stato Ignis a coprire loro le spalle, ma la mensa scolastica esisteva, e con soli tre studenti a pattugliare tutta la scuola, era anche facile infilarsi discretamente nello zaino un po’ di pizza o pesce fritto quando nessuno guardava.
«Passi un momento da me prima di andare a casa? Ci facciamo un caffè magari.» Noctis propose. Pur sapendo che la ragione del suo astio per il vecchio Ardyn era completamente infondata – almeno in quella vita – meno tempo avesse passato da solo con lui, meglio sarebbe stato.
«Con questo tempo, forse sarebbe meglio una cioccolata.» Prompto commentò mentre passavano al secondo binario, che portava al quartiere della terrazza, dove la famiglia di Noctis aveva una villa. In quel momento, Noctis avrebbe preferito abitare in centro, dove probabilmente quell’anno l’arena della sabbia sarebbe stata coperta di ghiaccio su cui pattinare, il cinema sarebbe stato coperto da una tettoia e il bistrot avrebbe avuto un menu natalizio e una casetta di pan di zenzero a decorare ogni tavolo.
«Lascio i bagagli e vengo con te dopo. Voglio vedere che succede in città.» Noctis disse a Prompto.
Anche perché probabilmente papà – conoscendolo – sarebbe stato al municipio, e Noctis non era più abituato alla casa vuota…
Il treno si fermò alla piccola stazione, e Noctis e Prompto si affrettarono a scendere. Ricordava ancora quando avevano a stento cambiato voce, e proprio in una giornata di neve come quella avevano provato che la meraviglia degli scalini era una fandonia con la semplice prova delle impronte delle loro scarpe sulla neve fresca.
«Sembra quasi che non sia cambiato niente.» Prompto confessò, mentre Noctis frugava nello zaino per cercare le chiavi di casa. «E invece siamo cambiati noi, e tutto questo sembra diverso.»
«Stai iniziando a fare il filosofo? Parola mia, a volte non riconosco più… noi stessi.» Noctis ritrovò le chiavi e tirò un sospiro.
«Beh, lo hai ammesso almeno.» Prompto lo punzecchiò.
Prese le chiavi, Noctis stava per infilarle nella toppa e girare quando il crepitio di passi affrettati sulla neve fece girare entrambi i ragazzi – e nel giardino della villa si ritrovarono davanti l’ultima persona che Noctis avrebbe sperato di rivedere in quel momento, cappello, cappotto e bastone in resta.
«Ehi, nipote!»
Ma la nota di preoccupazione nella voce del vecchio Ardyn era nuova.
«Noctis… il ragazzino è scappato.» Ardyn li raggiunse, alla massima velocità che la sua età e la neve gli concedevano.
«Ragazzino?» Prompto aggrottò le sopracciglia.
«Quello che avevi trovato nella Città di Mezzo? A cui avevi dato i miei vecchi vestiti?» Noctis ricordò. Gli era anche stato detto, pochi giorni prima, che sembrava stare meglio, e Ardyn voleva portarlo a Crepuscopoli per fargli festeggiare il Natale assieme a loro – nonostante l’adolescente fosse chiuso in sé e alquanto reticente a parlare.
«Ha sfondato una finestra dall’interno. Ho trovato le sue impronte in alcuni vicoli, ma poi… come se fosse sparito nel nulla.» Ardyn abbassò la testa. «Con la forza di stare in piedi… probabilmente deve aver riacquistato un qualche tipo di abilità magica.»
«Allora potrebbe essere dovunque.» Noctis scosse la testa. Non gli andava di affrontare un’altra improbabile missione – Luna sarebbe arrivata il giorno dopo, e ci teneva troppo a passare il Natale con lei.
Aveva già perso un anno della sua vita perché Ardyn aveva avuto un gran brutto presentimento, e se pur non lo rimpiangeva… adesso non voleva rovinarsi il Natale.
Inaspettatamente, Ardyn rispose…
«… va bene,» e si sistemò il cappello per guardare il ragazzo negli occhi, poi diede un colpo con il bastone tra i piedi di Noctis. «Probabilmente lo sgorbietto avrà avuto una buona ragione per andarsene, e ti ho già messo questo bastone in mezzo ai piedi abbastanza. Facciamo passare il Natale, e poi ne riparliamo. Magari anche con l’aiuto della tua ragazza
 
 
La neve fuori dalle finestre aveva imbiancato i prati del castello, ma dopo tutto il lavoro di quel giorno, Ventus si sentiva quasi troppo stanco per pensare a giocarci.
Aqua aveva portato Shiro a Radiant Garden con una scusa, e Ventus e Terra, con lo straordinario aiuto di Sora, che aveva passato un po’ di tempo a dare una mano in un ristorante a Novembre, avevano ripulito il castello, addobbato il salone a festa, e infine Sora si era barricato in cucina con la scusa di dover pensare lui alla torta.
Il sole stava tramontando, Sora era riuscito a cacciarli via, e Ventus invece era riuscito a filarsela con due tazze di tè per lui e Terra, e adesso erano seduti sugli scalini davanti al castello, a guardare lo spiazzo innevato.
«Mi ci gioco i pantaloni che domattina Aqua ghiaccia tutto e insegna a Shiro a pattinare.» Terra commentò, poi rimase in silenzio, fissando il pavimento.
«Forse è il caso che lo facciamo sulla cima quest’anno. C’è più spazio per tutti.» Ventus cambiò rapidamente argomento, memore di cosa fosse successo in quel posto. Ci sarebbe stato del tempo per affrontare quel ricordo, per guarire. Ma non c’era bisogno di farlo subito.
Come suo solito, Chirithy apparve dal nulla, stavolta direttamente sulle sue ginocchia, e rimase in silenzio. Ventus abbassò la tazza e prese a grattarlo dietro un orecchio.
«Ci credi che siamo alla fine di un altro anno?» Terra ammise. «Io non… è tutto così strano.»
«Lo so.» Ventus rimase fermo, guardando il Dream Eater che si godeva il caldo.
«Eppure proprio tu sei quello che è tornato subito al libro che aveva lasciato.» Terra alzò una mano e gli arruffò i capelli. «Niente da dichiarare, Ven? Non è che ti senti messo in ombra da Sora?»
«Ma quando mai?» Ventus usò la mano libera per difendersi. Attese che Terra smettesse di giocare, poi si fece serio. Niente più segreti, Aqua aveva detto, e quello non poteva restare.
«Ho paura, Terra. Ho paura di non essere più la stessa persona. E ho pensato che forse… se avessi ripreso da dove ero rimasto, forse sarei stato meglio. Ma non… non è così.»
Terra gli mise un braccio attorno alle spalle.
«Sh, vieni qua. Lo sai che hai ancora noi, vero?»
«È tutto… confuso, Terra. Sora e gli altri adesso vanno a scuola, Shiro adesso è alle medie… e io ho tante domande, e Aqua dovrebbe rimettere in piedi l’ordine ma è da sola e non ha l’esperienza che dovrebbe avere.» E io e te avremmo già dovuto essere Maestri, avrebbe voluto dire, ma non osò mettere il dito nella ferita. «Non è così che mi aspettavo di essere, a ventisette anni. Non so nemmeno se ho ancora quel sogno… se ne ho ancora uno.»
Sentì che Chirithy gli era sobbalzato in braccio e si raddrizzò, aspettandosi una reazione come era abituato a fare il piccolo Dream Eater.
«Beh, “non un Maestro”, intanto chi ha aiutato Ephemer a intervenire?» Chirithy balzò sullo scalino sotto di loro, indicandolo con una zampetta. «Chi ha affrontato Xehanort tre volte ed è ancora qui a raccontare la storia? Non è un titolo a fare una persona. E lo dico anche per te.» Guardò Terra. «So di che pasta è fatto un Maestro del Keyblade, e voi due corrispondete alla descrizione.»
«Non che per Terra ci fossero dei dubbi.» Ventus alzò le spalle e scosse la testa. «Ormai lo sanno anche i sassi che Xehanort stava tramando nell’ombra da quando abito qui. Mi ci gioco il Keyblade che la prova era truccata… Vanitas sapeva ciò che penso.» Guardò Terra. «Ha messo te nei guai per farmi preoccupare, per mettere me nei guai.»
«Non prenderti colpe che non sono tue, Ven. Avrei dovuto essere meno…»
«Andiamo, vuoi dirmi che non è così? Pensa ai giorni prima della prova. A com’era soddisfatto il maestro. A quanto fossimo entusiasti di quello che poteva accadere. Pensa all’ultima notte. Il maestro magari si sarà sbagliato sull’uso dell’oscurità, se Riku è una prova sufficiente… ma sarebbe stato in grado di individuarla se ci fosse stata prima. Probabilmente ti avrebbe anche ammonito.»
Terra fissò Ventus, e il ragazzo più giovane sostenne il suo sguardo.
«Ma anche se fosse, è anche irrilevante farsi tutte queste domande su qualcosa che è passato.» Chirithy incrociò le zampette e li fissò con aria di rimprovero. «Dovreste guardare a quello che potete fare adesso, e lo avete detto o no, che Aqua ha bisogno di aiuto? Avete la vostra risposta. Voi due siete le persone più importanti nella sua vita… credete davvero che potrebbe rifiutarlo?»
Ventus sorrise e scosse la testa. Chirithy era con loro soltanto da qualche settimana, ma sembrava aver imparato a conoscerli più di loro stessi – e sicuramente era così per lui.
«Beh, non dico che mi hai convinto, palla di pelo, ma terrò conto del tuo ragionamento.» Terra concluse, poi vuotò la sua tazza di tè di un fiato e si rimise in piedi. «Allora, Ven, che ne dici se sfrattiamo Sora dalla cucina e vediamo di farci qualcosa per cena?»
«Maccheroni e formaggio! Per favore, maccheroni e formaggio!» Il musino di Chirithy si illuminò, e prese a saltellare come un bambino piccolo.
«Il formaggio è il tuo chiodo fisso, eh?» Terra non riuscì a trattenere una risata. «Magari vediamo se Sora è d’accordo, che ne dici?»
«Beh, io dico che può ancora aspettare.» Ventus diede un’altra occhiata alla neve che continuava ad accumularsi davanti allo spiazzo del castello. «Sta continuando a nevicare, forse è il caso che liberiamo la piazza davanti alla scalinata e poi… con il mucchio che spazziamo via…»
Forse era vero che non si poteva davvero riprendere da dove si erano fermati. Ma non c’era ragione di lasciare certe cose nel passato.
«Ti va di fare un pupazzo di neve?»
 
 
«Ma Papà e Zio Ventus fhono Maefhtri,» River obiettò tirandosi su a sedere.
Fino a quel momento era sembrato sul punto di (finalmente!) addormentarsi, ma quella discussione sembrava aver risvegliato il suo interesse abbastanza da svegliare anche lui. Shiro si sarebbe presa a calci da sola per essersi fatta scappare quel piccolo dettaglio.
D’altra parte, non avrebbe avuto molto senso raccontare la storia senza menzionarlo, ma River era stato sul punto di crollare, e adesso era difficile stimare quando il ranocchietto si sarebbe addormentato.
«Complimenti per la cura ai dettagli.» Shiro gli passò una mano tra i capelli. «Se il Maestro Sora fosse qui, ti avrebbe già fatto un bel discorsetto su quanto sia fiero di te, lo sai?»
Forse però c’era una maniera di concludere quella parte della storia in modo che River andasse a dormire soddisfatto.
«… e ti racconterei come è successo, ma prima andammo tutti a dormire, e la storia riprese proprio la mattina dopo…»
 
Loro non sapevano niente, ma la festa era anche per loro.
Era solo colpa di Xehanort se non avevano potuto realizzare il loro sogno, ma come aveva detto loro Chirithy, non per questo non meritavano di essere riconosciuti… e Mamma lo sapeva.
Per questo, io, lei e il Maestro Sora avevamo un piano.
 
 
Quando era stata l’ultima volta che il Castello di Partenza era stata così affollato?
Ventus non poteva dire di ricordarlo – men che meno, non ricordava nemmeno un Natale con così tanta gente.
«Non passavamo molto tempo con gli altri nemmeno a Natale.» Chirithy gli aveva ammesso. «Uscivano quasi tutti a sfidarsi a palle di neve. Non ti piaceva, nessuno ti voleva in squadra e finivi sempre bagnato fino al midollo. C’erano due fratellini che restavano sempre davanti al camino a leggere e a parlare tra loro, ma tu avevi paura di dargli fastidio.»
Il piccolo Spirito sembrava entusiasmato da come le cose fossero cambiate: a colazione era sparito e riapparso su e giù per la stanza mentre Ventus parlava con gli altri al suo posto, con Sora di cosa stavano facendo a scuola, con Kairi del libro che aveva finito in biblioteca, con Roxas di come volessero decidere di cambiare pettinature in modo da non risultare confusionari ad occhi distratti, con Xion dei suoi nuovi amici…
«E poi che facciamo?» chiese subito a Ventus quando si furono alzati. Stringeva ancora nelle zampette uno dei biscotti che era riuscito a prendere dalla tavola.
«Non ricordi?» Ventus lo prese in braccio. «Ieri io e Terra abbiamo passato ore a montare l’albero di Natale nel salone. Adesso dobbiamo andare ad accenderlo!»
«Oh, giusto!» Chirithy scosse la testa e ridacchiò. Tutto sembrava nuovo per lui, anche se per Ventus era quasi familiare.
Era sempre stato il Maestro ad accendere l’albero, da quando Ventus era lì. Il giovane si chiese a chi sarebbe toccato quella volta – era pronto a scommettere che sarebbe stata Aqua, e anche Terra il giorno prima era stato dello stesso parere.
D’altra parte, Topolino era rimasto a casa con la sua famiglia – non poteva lasciare il suo regno per un altro Natale, dopo averne già passato uno in viaggio, non con i suoi doveri di monarca. E Yen Sid non avrebbe lasciato la sua torre solitaria, non era da lui.
Forse Aqua avrebbe lasciato che fossero Sora e Riku ad accendere le luci. O forse sarebbe toccato a Shiro, perché era il suo compleanno.
In tutto questo, Ventus non poté evitare di sentire ancora una volta un nodo alla gola.
«Zio Ven?»
Le cinque dita di Shiro si agitarono davanti alla sua faccia.
«Ti sei di nuovo perso nel mondo dei sogni?»
La ragazzina, ancora con un biscotto di pan di zenzero in una mano, gli chiese di nuovo.
«Oh, no, stavo solo pensando all’…» Ventus non poteva dire albero di Natale. No, non le avrebbe rovinato la sorpresa con i suoi grattacapi.
«Bene, perché Mamma ci sta aspettando in salone. Anche Papà è distratto… c’è qualcosa che non va?»
La ragazzina sorrise e corse via. Ventus tirò un sospiro e la guardò correre.
Chirithy gli si sporse sulla spalla.
«Non so perché, ma ha in mente qualcosa.» Mormorò.
Ventus cercò Terra con lo sguardo. Era intento a parlare di qualcosa con Riku, e non sembrava preoccupato o assorto in alcun modo. Camminò verso i due, mentre Lea, Roxas e Xion percorrevano il corridoio per le scale che portavano al salone, e poi Kairi, e Naminé, e Sora che rideva come uno scemo… tutto come da piano, avrebbero sorpreso Shiro là con la torta, e cantato Tanti Auguri…
«Forse faremmo meglio ad andare anche noi.» Riku stava dicendo a Terra, rivolgendo lo sguardo verso le scale.
Sembrava fossero rimasti gli ultimi ad entrare nella stanza – Aqua aveva detto a Ventus e Terra di non affrettarsi dopo la colazione, in modo da non destare sospetti, ma forse erano stati un po’ troppo lenti. Arrivati in cima alle scale, Riku, che aveva subito allungato il passo in modo da stare loro davanti, fece per dare un’occhiata a qualcosa, fece un cenno, e poi corse in avanti nella sala.
Sembrava stesse facendo qualcosa, ma cosa? Il salone era come Ventus e Terra lo avevano lasciato – l’albero di Natale nel cerchio di luce proiettato dal rosone, festoni e ghirlande ai muri, il tavolo per la torta al centro della stanza… e Riku non era stato coinvolto nella sorpresa per Shiro, a meno che Terra non sapesse qualcosa di cui Ventus era all’oscuro…
«Ma avevi detto qualcosa a Riku, tu?» Terra chiese a Ventus.
Oh, no.
Cosa stava succedendo?
Aqua attendeva al posto che il Maestro aveva sempre preso, ad ogni Natale, e quando arrivarono Terra e Ventus si schiarì la gola come per parlare.
«Accendere l’albero è una tradizione che il nostro Maestro ha tenuto viva da quando io e Terra siamo qui – e risale a quanto il suo Maestro faceva a Scala ad Caelum, anni e anni fa.» Aqua iniziò il discorso. «Festeggiamo il Natale quando le giornate sono più brevi, e ogni anno sembra che la luce ceda strada al buio. E quello che facciamo è allora… accendere la luce. Non combattere l’oscurità, non maledirla… ma mantenere la nostra luce accesa, come promessa che le giornate torneranno a farsi lunghe, che per quanto l’oscurità non potrà mai essere eliminata, neanche la luce può realmente essere vinta.»
Non era un discorso che Ventus aveva mai sentito prima – il Maestro non aveva mai detto nulla del genere. Aqua doveva aver scritto quel discorso in seguito alla battaglia nel cimitero, dopo quanto aveva detto loro Ephemer… ma era normale. Anche Ventus aveva ancora vivo nel suo cuore le parole del suo vecchio amico… “possiamo solo proteggere chi ci sta a cuore, e io credo di averlo fatto”.
Era quel che voleva dire accendere la luce.
«Questo è il nostro primo Natale dopo undici anni di esilio.» Aqua continuò. «Mai avrei creduto che la mia prima volta di questo discorso sarebbe avvenuta quando Shiro avesse compito solo tredici anni, o che sarebbe stata dopo una battaglia come quella del mese scorso.»
O che avresti acceso l’albero di Natale mentre io e Terra non siamo ancora Maestri, Ventus si trovò a pensare, ma probabilmente Aqua era persino troppo afflitta per ammetterlo.
«Ma così come non mi sarei aspettata il dolore che ho passato… non mi sarei neanche aspettata le gioie. I miei amici di una vita, la famiglia che mi sono creata, sono ancora qui; e con loro Sora, Riku e Kairi, Lea, Roxas e Xion, Naminé, Chirithy…»
Guardava tutti mentre ne pronunciava i nomi. Ventus riusciva a vedere che i suoi occhi si facevano lucidi.
«Non siamo riusciti a impedire che il buio calasse. Eppure vedo questa stanza adesso – vedo noi, la nuova famiglia che ci siamo creati, e mi rendo conto che il sole è tornato a splendere, ancora più luminoso.»
La voce aveva iniziato a tremarle, e si fermò un momento, poi guardò Terra e Ventus.
«Senza gli sforzi di ogni persona presente in questa sala, probabilmente non avremmo una ragione per essere qua a festeggiare. Tutti noi siamo la prova di quanto i legami tra le persone a noi care possono diventare un’ancora di salvezza. Ma… alcuni in particolare hanno sostenuto delle prove, negli ultimi mesi. Hanno visto i loro errori ripetuti da altre persone, e imparato che la fiducia negli altri può cambiare il finale di una storia. Hanno affrontato le loro peggiori paure, e sono rimasti a viso aperto contro i loro stessi mostri.»
«Eh?» Terra era il primo che sembrava non capire, e anche Ventus aggrottò le sopracciglia.
Di chi stava parlando? Sora e Riku erano già Maestri dopo che Yen Sid li aveva testati, e praticamente chiunque avesse impugnato le armi nel cimitero aveva avuto a che fare con dei mostri, sia metaforici che reali…
Ma, errori? Chi aveva sbagliato…?
Aspetta un momento.
Stava parlando di Will e delle cause perse? Di Vanitas? Di come Terra aveva rotto il controllo di Xehanort?
Aqua si schiarì di nuovo la gola.
«Ho pensato più volte in queste settimane a come ripartire.» Continuò il discorso. «E tutte le volte che avevo immaginato questo momento, lo avevo fatto con le persone più importanti della mia vita qui, al mio fianco, come miei pari. Un fato ingiusto ci ha privato di questa gioia undici anni fa… ma se siamo riusciti a resistere alla tempesta, è perché due di noi hanno provato che erano forti abbastanza, coraggiosi abbastanza, che il loro cuore era nel posto giusto per guidarci.»
Nella sala calò il silenzio, mentre Ventus cercava di capire cosa volessero dire quelle parole. Si sentiva il sangue allontanarsi da tutte le estremità, mentre mani e piedi iniziavano a formicolare.
Non voleva mica davvero dire…?
«Terra, Ventus. Abbiamo visto la vostra luce. Abbiamo visto il vostro coraggio.» Aqua sorrise e li guardò. «A nome mio, del Maestro Yen Sid, e del Maestro Topolino… oggi sarete voi ad accendere la luce, come nostri nuovi Maestri del Keyblade.»

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Capitolo 3
*** Il Fangoso Mississippi ***


Re:Union – Capitolo 3
Il Fangoso Mississippi
 
«Buonanotte Cal’s… buongiorno Duke’s…»
Tiana infilò giacca e cappello e si precipitò fuori casa per non perdere il tram.
La sera prima era stata a dir poco pessima per quanto riguardava le mance, ma se ne era fatta una ragione da tempo. Non tutti gli avventori dei locali potevano essere come Iggy, il tipo distinto che si era fermato a Cal’s più o meno un anno prima assieme a tre amici, e dopo aver lasciato una mancia decisamente generosa era rimasto anche a discutere amichevolmente con lei di cucina e del fatto che entrambi volessero aprire un ristorante nella loro città natale.
Un poco invidiava l’altro ragazzo. Era un uomo, era bianco e visibilmente di buona famiglia. Si era potuto permettere di passare la serata con gli amici, di lasciare una mancia, e di viaggiare, anche se non aveva potuto evitare di notare l’aria perennemente preoccupata del suo sguardo.
Le aveva augurato buona fortuna.
Non molte persone come quell’Iggy lo avrebbero fatto.
Non a New Orleans.
Persone come la migliore amica di Tiana, Charlotte, e quell’Iggy erano mosche bianche in una città che tendeva a ignorare o peggio le ragazze dei quartieri popolari con sogni di grandezza.
I gabbiani volavano alti nel cielo, posandosi sui tetti, e i battelli emettevano sbuffi di vapore dai comignoli, quando Tiana scese dal tram, in mezzo a musicisti che suonavano, bambini che si rincorrevano, e giovani strilloni che vendevano il giornale, e camminò a passo spedito verso il caffè nel quale lavorava.
Stava iniziando il Martedì Grasso.
Se tutto fosse andato bene… forse era la volta buona.
 
Ventus varcò il portale e si dismise l’armatura. Come era stato ai Caraibi, i suoi vestiti erano cambiati, anche se non di molto, diventando semplicemente più sobri. Aveva un cravattino sopra una camicia grigia, un gilet, i suoi pantaloni erano sospesi da bretelle e sentiva la presenza di un berretto sui capelli.
«Va bene, ricordate il piano. Troviamo l’interferenza nell’ordine dei mondi che Ienzo ha individuato sui computer, la isoliamo, e torniamo a casa.» Terra arrivò immediatamente dopo di lui. La magia non gli aveva dato alcun cappello, ma aveva una camicia scura e una cravatta. «Shiro, non fare niente che potrebbe attirare l’attenzione.»
Le ultime ad arrivare furono Shiro e Aqua, anche loro abbigliate in maniera da non dare nell’occhio.
Ienzo li aveva avvertiti il finesettimana precedente di qualsiasi cosa avesse captato tramite Otto e Nove, avvertendo che si trattava di una frequenza familiare, anche se non si spiegava il perché – qualcosa che aveva a che fare con il computer.
La cosa che aveva preoccupato di più lo scienziato, però, non era l’interferenza in sé: esattamente nello stesso mondo in cui era successa, c’era una potente fonte di luce – un’altra Principessa del Cuore.
Anche in assenza di pericolo, soprattutto in assenza di pericolo, era necessario controllare cosa stesse accadendo.
«Il Signor de’ Paperoni dice che è stato in questo mondo da giovane assieme a suo zio Manibuche.» Shiro si affacciò all’angolo di una casa. «Dice il vecchio Manibuche diceva che il fiume che scorre in questa città è talmente fangoso che non potresti bere prima di averlo sciacquato. E anche dopo avresti bisogno di una forchetta.»
«Mi sembra tanto una barzelletta, ma vedremo.» Aqua concluse. «Un buon punto di partenza sarebbe trovare la Principessa ed essere sicuri che stia bene. Comunque, ricordate. Cerchiamo di tenere un basso profilo fino a quando le cose sono tranquille.»
Shiro, che continuava a guardare per strada, si voltò con una smorfia scettica.
«Mamma, tu quello lo chiami tranquillo
Indicò in direzione di un molo. Decine di persone erano assembrate, con macchine fotografiche e striscioni, davanti ad una nave a vapore che stava attraccando.
Ventus fu veloce ad affiancarla.
«Benvenuto Principe Naveen?» Lesse sugli striscioni. «Beh, Shiro non ha tutti i torti. C’è un pezzo grosso in città.»
E non era solo quello – c’erano orchestre che suonavano per strada, per niente curanti della presenza del principe, e sul pavimento stradale erano sparse collane e coriandoli.
«Ed è anche Carnevale, suppongo.» Aqua disse ad alta voce quello che Ventus pensava. «Le mie ultime parole famose. Direi di trovare la Principessa, e subito. Un simile trambusto potrebbe essere fonte di guai.»
Ventus tirò discretamente fuori di tasca il suo telefono – cercando di non darlo troppo a vedere per non compromettere l’ordine del mondo – e cercò il segnale della luce.
Per loro fortuna, sembrava essere molto vicino – probabilmente, a qualche palazzo di distanza.
«Siamo vicini.» Annunciò. «A occhio e croce dovrebbe essere vicino a quel caffè laggiù.»
Indicò un palazzo di mattoni sulla cui facciata era dipinta l’insegna Duke’s. L’orchestrina jazz che avevano visto poco prima si era fermata vicino ai tavolini all’esterno, e un giovane alto e asciutto con la pelle olivastra e un ukulele in mano li stava seguendo e suonando con loro.
Si fermò ai tavolini all’aperto fuori dal caffè e si scappellò davanti alla cameriera, una giovane nera dall’aria molto seria e stoica che non batté minimamente ciglio davanti alla galanteria.
«Qualcosa mi dice che era un due di picche.» Terra indicò il suonatore. «Dite che sia lei la principessa?»
«Anche se non lo fosse, ci conviene entrare e guardarci in giro.» Aqua fece un passo in avanti. «Se vogliamo ottenere informazioni, uno dei posti migliori per farlo è dove la gente si riunisce per mangiare.»
Entrarono nel bar e presero posto ad un tavolo vuoto. Rispetto al vivace caos della strada fuori, la penombra del locale aveva un che di tranquillo.
«Credo che ordinerò un panino con burro di arachidi e marmellata di fragole.» Ventus diede un’occhiata rapida al menu e attese che anche gli altri scegliessero.
La cameriera arrivò quasi subito e Ventus fece il suo ordine, seguito da Terra che ordinò una frittata e un po’ di prosciutto, e Aqua che chiese una brioche.
«Prendo anche io un panino al burro di arachidi e marmellata. Grazie.» Shiro fu l’ultima a ordinare, attorcigliandosi i capelli chiari attorno alle dita.
«D’accordo, a posto così. E da bere?» La ragazza prese appunti su un notes. «Abbiamo caffè, tè, succo d’arancia, succo di pompelmo…» Abbassò la voce. «Fossi in voi non prenderei il caffè.»
«Succo d’arancia per tutti, grazie.» Aqua concluse.
Mentre la ragazza si allontanava, l’attenzione di Ventus venne attirata da un uomo dalla pelle scura e dai baffetti sottili, con un frac e un cappello a cilindro che sembravano aver visto giorni migliori, talmente alto e magro da risultare quasi filiforme, che era appena entrato silenziosamente nel locale, con una carta in mano e un giornale che gli spuntava dalla tasca.
C’era qualcosa di losco in lui, anche se a Ventus non era molto chiaro cosa.
«Avete visto quel tipo là?» Ventus bisbigliò, attirando l’attenzione di Terra e Aqua.
Senza muovere la testa, Terra squadrò con sospetto l’uomo.
«Sai chi è, Ven?» gli chiese, sempre a voce bassa.
«Mi ricorda Calypso, ai Caraibi.» Ventus si strinse nelle spalle. «Però è… diverso. Non nasconde un potere forte come lei, puzza semplicemente di oscurità.»
La cameriera tornò al tavolo con i loro ordini.
«Buon appetito, ragazzi!»
Tutti e quattro iniziarono a mangiare, ma restando guardinghi e attenti a tutto quello che succedeva nel piccolo locale. La cameriera stava servendo un piatto di bignè ad un corpulento uomo di mezza età con capelli e baffi rossicci e abiti di fattura ricercata.
Si era appena allontanata dal tavolo dell’uomo visibilmente ricco quando la porta si spalancò con un botto e una ragazza bionda in vestito e cappellino rosa fece irruzione nel locale strillando di gioia con un giornale in mano. Dietro di lei, una ragazza visibilmente più bassa con i capelli rossi e una giacca azzurra sopra un vestito color panna fece per trattenerla.
«Lottie! Così spaventerai qualcuno!» La redarguì.
«Qualcuno oggi è felice, eh?» Shiro abbassò il suo bicchiere di succo e commentò.
«A dir poco.» Anche Aqua guardò le ragazze.
La ragazza bionda – Lottie? – andò subito a cercare la cameriera, mostrandole il giornale e chiedendole se avesse già sentito la notizia.
«Che notizia?» La cameriera doveva essere un’amica di vecchia data di Lottie, perché non si era ritratta nemmeno quando era stata stritolata in un abbraccio.
«Ciao, Tiana.» La ragazza più bassa, che sembrava sui sedici anni, tolse il giornale di mano a Lottie e le mise una mano sul braccio per calmarla. A giudicare dal tono paziente della sua voce, sembrava più che abituata al comportamento di sua… sorella? Il taglio dei vestiti era simile, ed erano entrate assieme.
«Come va, Lizzie?» Tiana salutò la ragazza più giovane.
La ragazza chiamata Lizzie si strinse nelle spalle e sorrise.
«In qualunque modo vada quando Lottie si alza così, suppongo.» Ridacchiò. «Il Principe Naveen di Maldonia è qui a New Orleans…»
«Oh, non è la fine del mondo?» Lottie si riprese il giornale in mano, mostrando la foto in prima pagina a Tiana.
«Un momento, ma è il tipo con l’ukulele che faceva il cascamorto qui fuori!» Shiro fissò il giornale mentre Lottie gridava a suo padre di dire a Tiana quali fossero i loro principeschi piani. «Sapete, credo che Sua Altezza con l’Ukulele abbia trovato una ragazza alla sua altezza
«Dunque, ho invitato…» l’uomo corpulento e ricco stava dicendo.
«Gran Papà ha invitato il Principe al nostro ballo in maschera di staser-aaah!» La ragazza bionda era saltata al collo del padre. «Dille che altro hai fatto, Gran Papà!»
Dati i precedenti delle interruzioni della figlia, l’uomo sembrava abbastanza restio a parlare.
«Diglielo!»
«E lui si fermerà…»
«E lui si fermer… umpfh!»
Il padre della ragazza, spazientito dalle continue interruzioni, le aveva infilato un bignè in bocca per farla rimanere zitta.
«Si fermerà a casa nostra come mio ospite personale!» L’uomo finì di parlare e tirò un sospiro di sollievo.
«Oh, Lottie, è meraviglioso!» Tiana commentò con un sorriso. La prese da parte e iniziò a darle consigli, mentre dall’altra parte del locale, Ventus vide che l’uomo filiforme che puzzava di oscurità le fissava, guardingo, con il volto parzialmente celato dal menu del bar.
Uno sguardo del genere non presagiva nulla di buono, e per ogni Xehanort e Malefica pronti ad approfittare delle Principesse, c’era sicuramente nei mondi un qualche malintenzionato pronto ad approfittare di un Principe.
E se la Principessa del Cuore di quel mondo era davvero in quel caffè… non importava chi delle tre fosse, solo che c’era odore di guai.
«Lo sentite anche voi?» Ventus bisbigliò ad Aqua e Terra. Al bancone del bar, Lottie stava ordinando a Tiana una grossa partita di bigné, ma Ventus indicò col pollice l’uomo col cilindro.
«Tutto chiaro, Ven.» Terra gli diede un calcetto da sotto il tavolo. «Famiglia, dobbiamo trovarci dei costumi. Stasera si va a una festa!»
 
Alcune ore dopo, stavano scendendo dal tram con gli ultimi costumi che erano riusciti a trovare in una bottega ancora aperta nonostante la festa.
Aqua era stata quella relativamente più fortunata con un abito da principessa, Terra invece era visibilmente a disagio nel suo costume da principe. Della taglia di Ventus e Shiro erano rimasti soltanto costumi da moschettieri, ma per comprarne due erano stati costretti a pagare e acquistare anche il terzo, che al momento era dimenticato in una delle loro borse.
«Non una parola con Riku. O nessun altro. Siamo intesi?» Terra si fermò davanti al cancello, con Shiro che si stava trattenendo per non ridere. «Parola mia, mi sembro un muratore con gli abiti sbagliati.»
«Dai, Terra, guarda che stai benissimo!» Ventus insistette, sistemandosi la piuma del cappello prima che gli cadesse negli occhi.
«Diciamo che stasera sei il mio principe dei muratori.» Aqua lo prese sottobraccio e varcarono il cancello.
Il cortile della villa era completamente illuminato, ospiti in costume si affaccendavano attorno ai tavoli, e un’orchestrina di cavalieri in armatura suonava un valzer.
Terra, che fino ad un momento prima era stato a tirarsi con un dito della mano libera il colletto della camicia, lasciò il braccio di Aqua e accennò a un mezzo inchino.
«Potrei… potrei avere l’onore di questo ballo?» disse, con un filo di voce
«Mi… mi stai… invitando a ballare?» Aqua per poco non fece un passo indietro. «Beh, se… vuoi…»
Mentre i due camminavano verso il centro della pista, mano nella mano, Shiro allungò una gomitata a Ventus e fece un sorrisetto.
«Questa sarà bella da vedere,» commentò.
Se possibile, Terra si era fatto ancora più rosso, Ventus non poté fare a meno di notare. Non appena quella serata fosse finita, si ripromise di farsi due risate a sue spese. Seriamente, per quante cose fossero cambiate, certe cose non cambiavano mai…
«Giuro! Lizzie, sudo come un peccatore in chiesa!»
Una voce attirò l’attenzione di Ventus. Lottie, la ragazza del giornale, era in disparte, visibilmente nervosa in un enorme e vaporoso abito da principessa. La sua sorellina, in un abito candido con due ali fissate alla schiena e i capelli sciolti, stava cercando di calmarla.
«Dai, Charlotte, c’è ancora qualche ritardatario.»
Un rombo salì nelle orecchie di Ventus, e per un momento sembrò che la musica avesse taciuto. Poi Shiro gli schioccò le dita davanti agli occhi.
«Zio Ven. Che succede? Hai visto un angelo per caso?»
Tecnicamente sì, a quanto pareva.
«Uhm, Charlotte, i moschettieri ci stanno guardando.» Lizzie, in evidente imbarazzo, sembrava essersi accorta di loro.
«Ci stavamo…» Ventus cercò di inventarsi una scusa sul momento. «Chiedendo che succede. Tutto qua. Qualcosa sta andando storto?»
«Il principe Naveen di Maldonia è in ritardo.» La ragazza più giovane si strinse nelle spalle. «Comunque, non credo di conoscervi. Io sono Lizzie. Voi?»
«Shiro. E questo salame è Ventus, ma puoi chiamarlo Ven. Siamo arrivati giusto un momento fa.» Shiro intercettò Ventus prima che lui potesse dire qualcosa. «Siamo qui con i miei genitori, sono quelli che stanno ballando laggiù.»
«Avete visto il Principe venendo qui, per caso? Magari potete calmare voi Charlotte.» Lizzie lanciò un’occhiata alla ragazza più grande, che sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
«Stamattina sì, per strada.» Ventus incrociò le braccia. «Al momento non lo vedo in giro, ma considerando i suoi modi di fare propendo per l’ipotesi del ritardo.»
Prese a guardarsi in giro.
Neanche l’ombra di un principe, a parte il principe muratore che stava ancora ballando il valzer assieme ad Aqua. E non si vedeva neanche l’uomo con il cilindro nel caffè, che pure era sembrato interessato a quella festa. Che avesse già preso il principe Naveen?
Ventus prese a marciare verso Terra e Aqua, dispiaciuto dal dover interrompere il loro momento ma deciso ad intervenire in un qualche modo, quando un riflettore si puntò verso il cancello all’ingresso e gli invitati vennero invitati a sgombrare la pista da ballo da un inserviente.
La voce di un altoparlante echeggiò per il giardino.
«Signore e signori, il Principe Naveen di Maldonia!»
  


C’erano tante cose di Radiant Garden che per Roxas erano ancora strane.
La prima era il cielo – al Mondo che Non Esiste, era sempre stato buio, così come il mondo di Crepuscopoli era in perenne crepuscolo. Radiant Garden… non c’era un momento in cui il cielo fosse lo stesso.
Se proprio doveva dirla tutta, non era solo il cielo.
Tutto sembrava cambiare, e cambiare in fretta. Le Due Torri era diventato Il Ritorno del Re, e alla fine della storia Frodo e Sam si erano detti addio. Xion cambiava pettinatura ogni giorno, era sempre in movimento e adesso aveva anche dato il suo nome per i sorveglianti dei corridoi. Shiro era l’unica che non era rimasta a Radiant Garden per la scuola – ogni pomeriggio Terra, Aqua o Ventus la aspettavano ai cancelli per portarla a casa, e nonostante Roxas le avesse suggerito più volte di restare, almeno a studiare, lei aveva risposto che la madre l’avrebbe aiutata con i compiti.
Axel – no, Lea – passava la maggior parte del suo tempo al castello, intento ad aiutare Ienzo con dati e carte, e così pure Sa… Isa. La maggior parte delle volte Roxas li rivedeva soltanto dopo che già si era fatto buio, e spesso e volentieri la sua proposta di andare a prendere il gelato veniva dismessa, spesso e volentieri per “una cena come si deve”.
Forse l’unica cosa che Roxas aspettava ogni giorno era l’ora di scuola – il familiare suono della campana, le uniformi che non erano più una rogna ora che sapeva fare il nodo alla cravatta, le verifiche, venire chiamati alla lavagna, sapere cosa aspettarsi e cosa doveva fare, ordini da seguire, come avere ogni giorno delle missioni che però non lo avrebbero messo in pericolo.
Era facile – era quasi familiare, non poteva evitare di ammettere con un certo amaro in bocca.
E c’erano Xion e Shiro.
Solo che ora Xion passava la ricreazione e la pausa pranzo con G’raha, Yuna, e Luca; e Shiro non c’era proprio. I Maestri della Terra di Partenza avevano ricevuto una segnalazione da Ienzo, qualcosa a proposito di un Soggetto X e di una Principessa del Cuore sconosciuta, ed erano partiti senza neanche pensarci due volte.
Shiro aveva avuto la scelta di restare a Radiant Garden o andare con loro e perdersi qualche giorno di scuola – aveva scelto di andare.
Perché lo aveva fatto?, Roxas si era chiesto quel giorno, seduto sulle mura della città a guardare il lago che si stagliava fuori.
Aveva pensato di prendersi un gelato, ma dopo un ripensamento abbastanza breve, aveva deciso di no. L’amaro che aveva in bocca non sarebbe stato lavato via da sale e zucchero.
Non capiva. Non riusciva a capire.
Shiro sembrava felice – anche Xion sembrava felice con i suoi nuovi amici.
Forse avrebbe dovuto esserlo anche lui… ma non lo era.
«Hey, attento laggiù! È pericoloso sporgersi da così in alto!»
Roxas girò la testa. Era comparsa una delle guardie – Zack, se non ricordava male. Abitava nella casa vicina alla loro, ma Lea diceva che presto si sarebbe sposato (questa era una parola che Roxas sapeva, ma solo per i libri che aveva letto) e sarebbe andato a vivere con Aerith.
«Ah, sei tu.» Zack, che si stava avvicinando, abbozzò un sorriso e rallentò.
Era una delle poche persone che a prima vista erano capaci di distinguere Ventus e Roxas.
«Ciao, Zack.» Roxas rispose in tono piatto.
«Abbiamo un bel muso, oggi, eh? Chi ti ha rovesciato il budino alla mensa?» Zack piantò la sua spada in una fessura del pavimento e si appoggiò al parapetto.
«Non l’ho ordinato. Non mi andava.» Roxas ribatté, poi sbuffò. «Oggi Shiro non è venuta a scuola. E non so quando tornerà.»
«Ah, tutto qui?» Zack si stiracchiò. «Però hai detto quando. Vuol dire che tornerà.»
Roxas rimase in silenzio. Zack era simpatico, ma non se la sentiva di confidarsi con lui, non quando avevano a malapena parlato nelle ultime settimane.
D’altra parte, non credeva nemmeno avrebbe capito. Forse era di Axel che aveva bisogno, ma aveva paura di infastidirlo con un discorso del genere.
Era una persona, non un Nessuno, e il passato apparteneva al passato.
«Radiant Garden ti sta piacendo?» Zack gli chiese, incrociando le braccia.
Roxas non poté evitare di fare sì con la testa. Gli era piaciuto guardare la neve d’inverno – e lanciarla addosso ai suoi amici. Gli piaceva sentire il rumore delle fontane e il canto degli uccelli ora che si avvicinava la primavera.
Gli piaceva il budino al cioccolato della mensa scolastica, che quel giorno era stato di umore troppo cattivo per ordinare.
Gli piaceva che le sue giornate avessero un senso – che chi comandava in città non metteva nessuno in pericolo, che se non avesse consegnato i compiti in tempo gli sarebbe soltanto stato chiesto di recuperarli, e nessuno avrebbe distrutto lui o Xion se il loro lavoro a scuola fosse stato poco soddisfacente.
Ma allo stesso modo non gli piaceva come tutto questo fosse diverso. Non gli piacevano i nuovi amici di Xion, il lavoro di Axel, la famiglia di Shiro.
E sentiva di avere bisogno di dirlo a qualcuno, ma li avrebbe soltanto fatti star male. Nemmeno parlare con Sora era un’opzione – non avrebbe capito, e come i suoi amici lui era troppo felice e realizzato perché gli importasse.
«Capitano Zack! Disturbiamo?»
Qualcuno chiamò da dietro un angolo, e Roxas riconobbe Luna e – oh, no – il capoclasse G’raha, per una volta in jeans e giacca anziché con la divisa scolastica.
«Successo qualcosa?» Zack si stiracchiò voltandosi verso di loro. «Ero alle prese con un caso di umore nero qui.»
«Oh, ciao Roxas.» G’raha era sempre stato gentile, ma persino quel comportamento dava a Roxas un certo fastidio.
«Non dovevate andare in sala giochi?» Roxas lo squadrò, torvo. «Xion aveva detto che sareste stati là.»
«Gliel’ho rubato.» Luna intercettò G’raha prima che il ragazzo potesse rispondere. «Il vostro Ordine non è il solo a proteggere l’ordine dei mondi.»
«E adesso credo stia cercando di rubare anche me.» Zack accompagnò una risatina al suo commento. «Va bene, è successo qualcosa?»
Luna si fece immediatamente seria, e Roxas scese dal parapetto. Se quello che lei aveva detto era vero, era qualcosa che valeva la pena ascoltare – magari persino importante abbastanza da far tornare Shiro, o da attirare l’attenzione di Axel…?
«Non so quanto stavi ascoltando quando discussi con Cloud a proposito del… percepire altre versioni di noi stessi,» Luna iniziò. «Insomma, accadde tre mesi fa.»
«Nah. Mi dispiace, buio totale.» Zack fece un sorrisetto imbarazzato, ma a Roxas un discorso del genere ricordava qualcosa.
«Beh, Cloud mi disse che tu spesso hai percepito altre versioni di te stesso.» Luna continuò. «Che anche lui lo fa – e che lo avevano mandato dallo psicologo della scuola per questo. Sei nella guardia cittadina, sai di altre persone che…?»
Zack fece immediatamente una smorfia, come se avesse preso un boccone amaro.
«Sephiroth… ma non posso esattamente andarglielo a chiedere. Non so nemmeno se sia ancora vivo.»
«In che senso altre versioni?» Roxas aggrottò le sopracciglia. Non sapeva dove volessero arrivare, ma quella storia iniziava ad essergli familiare.
«Beh, come se…» G’raha si sfregò un polso con una mano, abbassando il capo. «Magari esiste un altro te che adesso invece di vivere qui ha deciso di vivere in un altro mondo. O che non è mai stato preso da… com’era che si chiamavano? Organizzazione Tredici?»
«Degli altri Roxas?»
«Sì, e delle altre Xion, degli altri Sora… e non è come gli altri mondi, non possiamo né arrivarci né sapere della loro esistenza normalmente.» Luna spiegò. «Ma alcuni in un qualche modo hanno percepito i loro Fulcra. Hanno percepito gli altri loro.»
«Non sarebbe più facile chiamarli varianti?» Roxas protestò alla menzione del termine inusuale.
«Forse in un'altra linea temporale si chiamano varianti.» G’raha ridacchiò. «O riflessi, o paralleli. Devo dire che varianti ha senso. Ma la cosa è questa. Luna ricordava come un’altra lei fosse stata pugnalata in una città fluttuante. Da quando ho visto Radiant Garden attaccata dagli Heartless da bambino, io ho continuato ad avere visioni di persone trasformate in mostri, e di un me adulto che urlava alle persone di resistere. Yuna mi ha raccontato di un pellegrinaggio e di un ragazzo di nome Tidus – dice che ha sprazzi di queste visioni dallo scorso Novembre.»
«Sora ha menzionato un Tidus una volta. Ma so che esiste.» Roxas commentò distrattamente. Poi, prima che Luna e G’raha potessero reagire al suo intervento gli tornò in mente un altro dettaglio. «Un momento. Sora. Credo che anche Sora abbia visioni!»
«Davvero? Te ne ha mai parlato?» Luna gli chiese.
«Non direttamente. Ma al Cimitero… si comportava in modo strano. Come se in un qualche modo lui e Kairi rischiassero di lasciarci le penne. Cosa che okay, ci poteva stare, eravamo in pericolo… ma sembrava quasi che lui fosse certo che lui e Kairi non avrebbero lasciato illesi quel luogo. Credo che c’entrasse qualcosa con una specie di punizione, ma alla fine Ephemer ha incassato il colpo per lui e non è successo. E se invece fosse successo ad una sua variante?»
«Sora…» La voce di Luna era a malapena un sussurro, e non disse altro. Si portò una mano alla tempia, guardando in basso. Roxas ancora non capiva, ma sembrava che da quanto Luna ci stesse dando peso, la faccenda doveva essere quantomeno grossa.
G’raha doveva essere più abituato a mantenere la calma, perché scrollò le orecchie e si schiarì la gola, poi si rivolse a Roxas.
«Tutte le persone che abbiamo trovato erano gente comune. Gente comune che in un’altra vita, era importante. Importante per la sopravvivenza del loro universo per come lo conoscevano. Il maestro di Luna, il dottor Strange. Noctis e Prompto della mia classe. Cloud, Zack, Aerith. L’altro me, anche, ha dato una mano. Un’altra Yuna ha mandato all’altro mondo una bestiaccia da incubo apocalittico. E qui e ora, siamo solo persone normali. Civili. Ma Sora? Un Maestro del Keyblade?»
«Sora non avrebbe mai dovuto realmente portare il Keyblade, ha avuto il potere da Ventus e Riku per caso…» Roxas cominciò.
«Quindi tecnicamente Sora doveva essere soltanto qualcuno che percepiva i Fulcra. E invece ha anche il Keyblade.» Luna si riprese.
Roxas rimpianse quasi subito di aver parlato. Aveva sperato che nel farlo avrebbe avuto di nuovo un briciolo di attenzione, ma adesso era di nuovo Sora quello importante. Tanto per cambiare. Adesso forse lo era anche di più.
E ovviamente la sua abilità acquisita di usare il Keyblade era l’unica cosa che si era degnato di passare, a quanto pareva, perché qualsiasi cosa stessero facendo o avessero fatto altri lui, Roxas non lo avrebbe mai nemmeno indovinato.
Una parte di lui avrebbe dovuto essere contenta – felice che lui in quel caso fosse la norma, fosse come Ventus, Terra, Aqua e Shiro, che non avevano mai avuto quel genere di visioni. Ma non riusciva a bearsi di quello sputo di normalità.
«Va bene, io vado a casa.» Si infilò le mani in tasca e prese a marciare via verso la scala che portava al borgo.
Sperava che almeno, quella sera, Shiro avrebbe risposto al telefono…
 
 
Mentre Charlotte ballava con il Principe, la pista da ballo improvvisata nel cortile si svuotava, e gli ospiti della festa si dirigevano ai bordi del giardino.
Ventus e Shiro ritrovarono Terra e Aqua al tavolo dei rinfreschi. Terra aveva assunto il colorito delle barbabietole mature, ma Aqua sorrideva come una ragazzina.
«Vi stavate divertendo?» Ventus esordì, prendendo una sedia. Sentì qualcuno che gli dava una botta sulla spalla, e girò la testa solo per guardare Shiro che indicava un punto alle sue spalle.
«Ven, credo che l’angelo abbia una cotta per te.» Il suo dito era nella direzione di Lizzie, che stava camminando verso di loro.
«Oh-oh, Ven sta facendo il ragazzo grande.» Terra commentò, l’imbarazzo che cedeva rapidamente il posto al riso sul suo volto.
Lizzie li raggiunse, squadrandoli da capo a piedi… e puntò su Ventus un dito accusatorio.
«Allora, si può sapere che pensate di fare?» iniziò, quasi fulminando Ventus con lo sguardo.
«Scusa, come?» Ventus si strinse nelle spalle. «Ho fatto qualcosa che non…?»
Non gli sembrava di avere fatto nulla di sbagliato… non era sua abitudine comportarsi male… aveva infranto qualche regola del galateo? Le aveva voltato le spalle, magari lei si aspettava che lui le chiedesse di ballare? Aveva forse infranto qualche regola del codice dei moschettieri?
«Vuoi… ballare anche tu…?» azzardò, tendendo una mano.
Lizzie gliela spinse via.
«Prima vi imbucate alla festa dei La Bouff e ora mi chiedi anche di ballare?»
Aqua aggrottò le sopracciglia.
«Hai detto La Bouff?» Sembrava aver compreso qualcosa. «Non è la tua famiglia questa… il padrone di casa non è tuo padre? La ragazza che balla con il principe non è tua sorella?»
Lizzie rimase in silenzio, guardando prima Ventus, poi Aqua.
Scosse la testa.
«E voi… voi non siete qui per mangiare a ufo… non è vero?»
«Ragazzina, ti posso assicurare che le nostre intenzioni sono delle più onorevoli,» Terra asserì, ponendosi la mano destra sulla sinistra dei vestiti.
«Chiamami Lizzie, grazie.» Lizzie dismise Terra con un gesto della mano. «Perché siete qui? Se non è per il Carnevale, ci sarà pure un’altra ragione.»
Ventus scambiò un’occhiata con i suoi amici, chiedendosi quanta della verità avrebbero potuto raccontare senza compromettere l’ordine dei mondi.
Dall’esperienza sua – e di Sora – spesso e volentieri mentire non aveva aiutato, ma allo stesso tempo quello che stavano cercando era troppo complicato da spiegare.
«Crediamo che qualcuno voglia fare del male al Principe Naveen,» Aqua parlò prima di lui. «Stamattina, un uomo nero, esile, con un frac e un cappello a cilindro, vi fissava mentre parlavate. Aveva il giornale sul tavolo.»
Lizzie trasalì.
«Aveva anche dei baffetti? Un teschio disegnato sul cappello? E hai detto esile? Molto esile, vero?»
Lanciò un’occhiata alla pista da ballo, dove Charlotte e il Principe ballavano il valzer, poi guardò di nuovo Aqua.
«… l’uomo ombra.» Concluse, visibilmente preoccupata.
Aqua fissò Lizzie.
«Come lo hai chiamato?»
Lizzie prese una sedia e fece gesto ai quattro di sedersi, dopo essersi data una rapida occhiata attorno.
«Tiana me ne ha parlato qualche settimana dopo che sono finita qui. Si presenta come il Dottor Facilier, ma in città lo chiamano l’uomo ombra. È un praticante del vudù a quanto si dice, ma i suoi patti nascondono sempre un qualche tranello, e chi conosce la zona se ne tiene bene alla larga. Se è vero che state cercando di proteggere il principe, proprio Sua Altezza potrebbe essere un bersaglio facile.»
Sembrò essersi resa conto di qualcosa, e il colore svanì dalla sua faccia.
«Un momento. Dov’è Tiana?»
Lizzie non aveva nemmeno finito di parlare quando qualcuno – due voci, un ragazzo e una ragazza – urlarono. Ventus, Terra, e Aqua scattarono in piedi, e Shiro lo fece subito dopo di loro, ma nessuno nel giardino sembrava essere in pericolo.
Il batterista dell’orchestra prese a martellare freneticamente sui suoi tamburi, e due ranocchie saltarono via. Ventus fece per rilassarsi – probabilmente qualcuno dei ricchi ospiti doveva essere stato spaventato dagli anfibi, ma Lizzie si guardò di nuovo attorno, ancora scossa.
Gli ospiti della festa non sembravano essersi accorti di nulla – spinti dal batterista, gli altri membri del complesso musicale avevano accelerato il ritmo. Dalla batteria, le rane erano saltate al vestito di Charlotte, e la ragazza finì a gambe all’aria nel tentativo di scrollarsele di dosso.
Il padrone di casa aizzò loro contro il cane, che, visibilmente vecchia e grassa, sembrava fare una certa fatica a inseguire le rane, ma comunque teneva loro testa.
Sembrava soltanto un incidente ridicolo, ma quando le rane corsero – saltarono? – davanti a loro, Ventus le sentì parlare.
«Buono! Buono, mostro d’un cane!»
Riconobbe la voce maschile che aveva urlato un momento prima.
«Le rane parlano in questo mondo?» Shiro si lasciò scappare.
«Non c’è tempo per le domande!» Terra alzò il braccio ed estrasse il Keyblade, cercando di inseguirle lungo il tavolo. Ma gli invitati alla festa si stavano accalcando, anche loro nel tentativo di catturare le rane, che al momento erano ancora in corsa, nonostante fossero impedite da una maschera da giraffa che bloccava la visuale di entrambi.
«Stella, cuccia!» Lizzie urlò, fermando il cane, ma il danno era fatto: nel tentativo di continuare a correre, le rane inciamparono in una ghirlanda e finirono impigliate in un grappolo di palloncini.
«Dobbiamo fermarli!» Lizzie prese Ventus per il polso e lo trascinò sul tavolo, portandolo con sé correndo lungo la superficie di legno. Mentre i palloncini, con le rane legate ai fili, prendevano il volo schizzando in alto verso il cielo, Lizzie prese una forchetta dal tavolo e cercò di prendere la mira, quasi come se fosse sul punto di lanciarla…
… poi si fermò e abbassò la mano, mormorando tra i denti qualcosa che suonava molto come un’espressione di evidente disappunto.
«Cosa è successo?» Ventus le chiese, mentre Terra, Aqua e Shiro si facevano finalmente strada nella folla per raggiungerli.
Attorno a loro, gli invitati erano tornati ad occuparsi della festa, o quantomeno di recuperare quanto potevano della serata, ma Lizzie stava ancora fissando i palloncini.
«Sono un’idiota. Vi ho distratti nel momento sbagliato, e adesso l’uomo ombra ha colpito.»
Si girò verso Ventus, poi indicò il punto in cui i palloncini stavano sparendo nel cielo.
«Non erano rane. L’uomo ombra ha trasformato Tiana in ranocchia, e adesso li abbiamo persi.» Disse, a mezza voce.



(e niente, non credo vi serva il disegnino per capire chi è Lizzie...)
 

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