Tre all'improvviso

di Marie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo Capitolo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


PRIMO CAPITOLO 
 

Clarke stava disponendo le ultime decorazioni sulla torta, era il primo compleanno di Jordan e aveva dato il meglio di sé. 

Guardò soddisfatta la sua creazione quando un'Harper raggiante entrò in cucina: "è addirittura meglio di quella del mio matrimonio" "ehi, l'ho preparata io quella!" "lo so, ma era leggermente secca" le disse ridendo l'amica. 

Clarke la spinse colpendola con la spalla e scosse la testa "dove la trovi un'amica che ti prepara i piatti migliori del mondo?" "Sì" rispose Harper leggermente commossa "non potrei desiderare di meglio" concluse girandosi verso la veranda e guardando con un sorriso Monty e Bellamy che giocavano con Jordan. 

Clarke le si avvicinò e le passò un braccio sulle spalle stringendola un po' "hai una bellissima famiglia, un marito che ti adora e un bimbo stupendo. Devi essere molto orgogliosa e grata" "lo sono, lo sono. Raggiungerei la felicità perfetta se solo riuscissi a sistemare la mia migliore amica" disse rivolgendole un sorriso "oh no mia cara Harper, non guardarmi così. Hai già cercato più volte di organizzarmi degli appuntamenti e sono stati un disastro" "non è vero!" si schernì la ragazza "sei tu che sei impossibile" "devo ricordarti di Finn? Aveva la ragazza!" "incidente di percorso" sospirò Harper. "Il premio come peggior appuntamento al buio l'hai vinto quando mi avete fatto uscire con quello" rincarò la dose Clarke indicando Bellamy in giardino. "Non è totalmente colpa mia, è il miglior amico di Monty ed ero convinta che foste fatti uno per l'altra e lo sono ancora ma non voglio insistere" concluse velocemente vedendo la bionda rivolgerle uno sguardo assassino "devo per caso ricordarti come è andata?"

 

Harper l'aveva chiamata entusiasta qualche giorno prima "ho trovato l'uomo giusto per te, è un amico di Monty, hanno studiato insieme al college. Devi assolutamente conoscerlo, verrà da te sabato". Clarke non ebbe neanche la possibilità di ribattere o di inventarsi delle scuse, Harper sapeva benissimo che non aveva niente da fare e che passava le serate in solitudine a leggere o guardare dei film, non che le dispiacesse ovviamente ma in effetti le mancava condividere le sue giornate con qualcuno.

Si era preparata con cura, come sempre sceglieva tutto con precisione quasi maniacale: orecchini abbinati alla collana che richiamava il colore del vestito, risaltato dalle scarpe. Aveva fissato il guardaroba a lungo, provando abbinamenti diversi, voleva essere perfetta. Si sentiva che era quello giusto, era un amico di Monty del resto, quindi doveva essere un tipo interessante e a sentire il suo nome un brivido l'aveva percorsa. Bellamy Blake, si ripeté nella mente, con questo nome sarà sicuramente un uomo affascinante, in carriera e brillante.

Harper non aveva voluto rivelarle niente, per non rovinare la sorpresa e questo aveva portato Clarke solamente a ingigantire le sue fantasie. Per la serata aveva scelto un vestito rosso che le fasciava il corpo esaltando le morbide curve. Alle 19.58 era pronta, perfettamente in orario come sempre, si guardò un'ultima volta allo specchio prima di scendere verso l'ingresso. Bellamy sarebbe arrivato alle 20.00 e non vedeva l'ora di conoscerlo.

Dopo un quarto d'ora non si era ancora presentato e, sbuffando leggermente, prese il suo libro e si sedette sulla poltrona in sala in attesa. Alle 20.40 non era ancora arrivato, sfogliava le pagine nervosamente, senza riuscire a concentrarsi sulla lettura; chiuse il libro di scatto e iniziò a camminare per la sala mentre i suoi pensieri passavano da magari gli è successo qualcosa, sarà bloccato nel traffico a ma come si permette questo maleducato, adesso chiamo Harper e annullo tutto, non ci si comporta così.

Finalmente, alle 21 passate da poco, suonarono il campanello e Clarke si lasciò andare in espressioni colorite, si sistemò il vestito, sfonderò il sorriso più convincente e aprì la porta.

 

"Per quanto andrai avanti a rinfacciarmelo ancora eh Clarke?" "Un'ora, Harper, un'ora mi ha fatta aspettare. Per non parlare di quello che è successo dopo" "Oh no, ti prego, risparmiamelo" le disse l'amica cercando di calmarla "so a memoria questa storia"


 

Tutto il suo malumore si dissipò improvvisamente quando incrociò gli occhi scuri del ragazzo davanti a lei. 

Una maglietta beige e una giacca di pelle gli fasciavano il petto, lasciando intravedere i muscoli addominali. Cavolo, pensò guardandolo, non male. 

Clarke gli porse la mano e lui la strinse deciso "Bellamy Blake, è un piacere" "Clarke Griffin, anche per me", si guardarono imbarazzati, il ragazzo si passò una mano tra i ricci scompigliandoli ancora di più "che ne dici di andare a cena? Sto morendo di fame" "Certo, assolutamente" aggiunse poi girandosi a chiudere la porta "è un'ora che ti aspetto". 

Scosse la testa cercando di allontanare i pregiudizi, pronta a farsi sorprendere da Bellamy. Mentre si scambiavano i soliti convenevoli si avviarono verso il parcheggio sotto casa di Clarke, si fermarono e la bionda aspettò che Bellamy le indicasse la macchina ma a sorpresa lui si avvicinò a una moto e le porse un casco. Clarke rimase immobile, facendo passare lo sguardo dalla moto al suo proprietario più volte. 

"Qualcosa non va?" "Io... Io non ho il vestito adatto per salire su quella cosa" disse, indicandosi lo stretto vestito "pensavo saresti venuto in macchina" "No, mi muovo sempre con la mia piccola. Dovevo portarti la carrozza, principessa?" Clarke sbuffò "andiamo con la mia, forza". 

Si sedettero e si guardarono in silenzio "Bene, dove andiamo?" chiese Bellamy, Clarke sgranò gli occhi "Cosa? Non hai prenotato?" "Avrei dovuto?" la bionda strinse con forza il volante, contando mentalmente fino a dieci per non perdere la calma. 

Il silenzio imbarazzato venne interrotto dalla suoneria del telefono "rispondi pure" disse Clarke mentre Bellamy scuoteva la testa "no, no davvero non sarà importante" "Va bene, allora andiamo. Ti porto in un posto che ho in mente" prima di partire sospirò, il telefono continuava a squillare "senti, rispondi per favore" e scocciata girò la testa verso il finestrino mentre il moro rispondeva "pronto? Ciao. Oh ora non posso, sono impegnato. Più tardi? Verso le 23? Anzi facciamo 22.30" 

Clarke si girò furiosa verso di lui che si affrettò a chiudere la chiamata "Che c'è?" "E me lo chiedi anche?" "È una mia amica, sta male e ha bisogno di me" cercò di accampare delle scuse poco plausibili "Sì, certo, e come pensi di aiutarla? Con le tue mani magiche? Senti" continuò Clarke "non dobbiamo farlo per forza solo perché i nostri amici hanno organizzato tutto" "Davvero?" disse Bellamy con sollievo già pronto a slacciarsi la cintura e a scendere dalla macchina "Fai sul serio?" lo guardò sconvolta Clarke "potremmo fare almeno un tentativo, ormai siamo qui" "Sappiamo benissimo come andrà, parleremo di cose banali tutto il tempo e al massimo andremo a letto insieme", questa fece scattare in Clarke tutta la frustrazione accumulata durante la serata "sei proprio uno stronzo, non so per chi tu mi abbia presa" "è sabato e mi voglio divertire" "va bene, allora vai dalla tua amica malata, sono sicura che farete scintille" disse scendendo furiosa dalla macchina e sbattendo la portiera. Rientrata in casa chiamò subito Harper "l'unico modo per farti perdonare è promettermi che non lo rivedrò mai più"

 

"Una sola cosa ti avevo chiesto, di non rivederlo mai più e invece me lo trovo ovunque. Al tuo matrimonio, a ogni Natale e a tutte le feste a casa vostra a ogni singola ricorrenza lui c'era, sempre pronto a mettermi in imbarazzo e prendermi in giro con quel suo sorriso strafottente". "ti avrebbe fatta bene uno come lui e poi con lui intorno sei molto più viva" "certo perché mi devo difendere dai suoi continui attacchi. Tu sei troppo buona Harper, vedi solo il lato positivo delle persone".

Clarke si allontanò un attimo dall'amica per disporre i pasticcini sui vassoi da portare in giardino. "Comunque" riprese imperterrita la giovane mamma "ho portati Jordan dal nuovo pediatra di quartiere ed è veramente affascinante e, cosa più importante, nessun anello alla mano" "Harper, sei la mia migliore amica e ti voglio bene ma non lanciarti in imprese impossibili, per favore" "Va bene, va bene" finse di demordere Harper "giusto per dirtelo, si chiama Cillian". 

Si interruppe quando il marito, con in braccio Jordan, e Messer rientrarono in casa. Monty servì da bere per tutti e quattro e disse "prima che arrivino gli altri ospiti ci tenevamo a ringraziarvi, tutti e due, senza di voi non ce l'avremmo fatta" "sì, ragazzi, vi vogliamo bene, grazie per esserci sempre" 

 

 

 

 


 

 

Angolo autrice: ciao, sono tornata! Non ho dimenticato l'altra storia, ovviamente, ma il capitolo che sto scrivendo è molto complesso e non riesco a dargli giustizia. Questa storia è tratta da un film, tre all'improvviso, che mi piace molto e volevo vederlo con i personaggi di Bellamy e Clarke. Non sarò sempre fedele al film altrimenti non ci sarebbe più gusto nel leggerlo, fatemi sapere cosa ne pensate! Rispetto all'altra storia qui cercherò di essere più "leggera" e scrivere più dialoghi, io sono una pesantona nata per cui preferisco scrivere di introspezione e sentimenti ma volevo fare un tentativo e l'essere supportata da un film aiuta. Fatemi sapere!! Un bacione, Marie 

 

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


 

SECONDO CAPITOLO



La festa per il primo compleanno di Jordan era stato un successo, Clarke aveva cucinato per tutti e gli ospiti le avevano fatto mille complimenti, questo l'aveva riempita di orgoglio e soddisfazione, e la consapevolezza di non star sbagliando strada nel voler ampliare la sua attività le aveva infuso una certezza ancora maggiore. 

Quella giornata era stata anche un'occasione per rivedere i vecchi amici del college e per conoscere i vicini di Harper e Monty. C'erano tutti: Raven, Miller, Murphy ed Emori, mancava soltanto il loro più caro amico Jasper Jordan che era venuto a mancare l'anno precedente per una malattia terminale e in suo ricordo il nuovo arrivato era stato chiamato proprio Jordan.

Clarke era stata felice di quella giornata, si era sentita amata e accolta proprio come una famiglia ma guardando tutti i suoi amici e guardando la felicità negli occhi di Harper e Monty, una punta di invidia l'aveva presa: voleva anche lei essere così felice. A volte pensava che fosse solo colpa sua e del suo essere troppo razionale e che il suo ragionare troppo fosse il motivo per cui non aveva una relazione, pensava troppo con la testa e non si lasciava mai andare alle emozioni forse per paura di perdersi nell'aprirsi con l'altro.

 

Quando Bellamy si svegliò quella mattina non era da solo, si girò nel letto e riconobbe una lunga chioma castana sparsa sul cuscino. Cercò inutilmente di ricordarsi il nome ragazza ma non gli venne in mente e, imbarazzato, si preparò ad alzarsi. I suoi movimenti fecero svegliare la ragazza accanto a lui che lo guardò sorridendo, estasiata passò maliziosamente una mano sul petto di Bellamy, percorrendo con le dita il profilo degli addominali. Il ragazzo fremette al tocco e cercò di controllarsi, incoraggiata dalla reazione la ragazza disse: "Bell, questa notte è stata perfetta, potremmo fare colazione e concederci un bis" sorrise. "Mi dispiace tesoro" svicolò Bellamy "devo andare al lavoro. Faccio la doccia ed esco. Se vuoi puoi preparati del caffè, ci sono le tazze e i biscotti nell'armadietto", e si girò andando verso il bagno per evitare di vedere la faccia delusa della ragazza.

Bellamy era stato una promessa del basket e sarebbe potuto arrivare anche in squadra importanti dopo il college ma un infortunio al ginocchio gli aveva stroncato la carriera sul nascere. Aveva trovato un lavoro nello stesso campo, incapace di lasciar andare una passione che lo aveva segnato per tutta la vita: si occupava della telecronaca delle partite e del controllo delle riprese in cabina di regia. Non gli dispiaceva questo lavoro, lo lasciava abbastanza libero e gli permetteva di viaggiare; ogni tanto però, in cabina di regia, si estraniava dai colleghi e dalla partita e si chiedeva se fosse questo l'orizzonte ultimo della sua vita e se non potesse aspirare a qualcosa di più. Guardare gli altri giocare e non giocare lui stesso era abbastanza?

 

 

In quei giorni al negozio di Clarke stavano lavorando alacremente; la bionda voleva ingrandire la proprietà e costruire un piccolo ristorantino, in cui servire piatti che ricordassero la cucina di una volta, non doveva essere niente di enorme, un posto intimo e speciale. Per questo stavano sperimentando nuove ricette e realizzando prodotti in numero maggiore e in cucina c'era sempre fermento, un via vai continuo di ingredienti e di vassoi ricolmi. "No, Clarke, ferma! Non è ancora pronto" disse Roan "Ma smettila, i tuoi dolci sono sempre i migliori. Questo è buonissimo, cos'hai aggiunto? Cannella?" "Sì esatto ma non dovresti assaggiarlo" "Troppo... tardi"

Clarke si fermò al bancone, dal vetro del negozio lo aveva visto attraversare la strada. Velocemente si tolse il grembiule e la rete che proteggeva i capelli, si diede una sistemata veloce e si mise a servire, allontanando bruscamente la commessa. Sospirò per darsi un contegno e si aprì in un sorriso nel vederlo entrare.

"Buongiorno" lo accolse con gioia "Ciao" le sorrise a sua volta. Clarke rimase un istante incantata, si riscosse solamente quando Roan diede un colpo di tosse vicino a lei. "Sì, scusami, ti preparo un arabo con fontina, pomodori e mortadella" "Sono così ripetitivo?" "Un buongustaio forse, l'hai ordinato almeno 24 volte, con questa 25" "Ah, tieni il conto?" Clarke spostò la ciocca di capelli dietro l'orecchio imbarazzata "no... no... ho memoria per queste cose" "Forse ho anche timore nel scegliere qualcosa che magari non mi piacerà" "Interessante, allora aggiungo io un pezzo speciale, offerta dalla casa" "Ti ringrazio" disse avvicinandosi alla cassa "perché non hai anche tu il cartellino con il nome? Così almeno lo saprei". Clarke arrossì di colpo, non era abituata a delle avances così evidenti "Clarke, mi chiamo Clarke" "Cillian, è un piacere. Ora devo andare, grazie". "Aspetta" lo fermò la bionda "Se metti il tuo biglietto da visita nel barattolo potresti vincere un cesto omaggio, facciamo l'estrazione a fine settimana". Cillian si fermò e sorridendo tolse dal portafoglio il suo biglietto da visita mettendolo nel mucchio con gli altri, aspettò un attimo e disse "che ne dici invece di una cena?" "Perfetto. Sarebbe perfetto" rispose incantata Clarke. Quando Cillian le diede le spalle si buttò a capofitto a cercare il biglietto "Aspetta almeno che abbia girato l'angolo" le disse Roan ridendo, "lo troverai subito poi, quanti Cillian ci saranno in città?" 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: il capitolo non è molto lungo ed è incentrato soprattutto su Clarke, piano piano scopriremo cosa fanno nella vita i nostri due protagonisti. Roan come cuoco non ce lo vedo tanto ma doveva esserci anche lui, il mio Ice King, in verità ce lo vedo a fare battutine e a punzecchiare Clarke. Fatemi sapere come vi sembra, un bacio e spero a domani! Marie 

 

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


TERZO CAPITOLO




Bellamy stava svogliatamente facendo il suo lavoro "vai sulla tre" diceva ogni tanto "rimanete sull'azione, non perdete la palla". Era bravo perché riusciva a capire in anticipo le mosse dei giocatori e non si perdeva mai un momento, un passaggio importante, una giocata vincente. Quella partita però si era rivelata estremamente noiosa, le squadre erano fiacche e continuavano a fare errori da principianti. O forse era semplicemente distratto dal pensiero della riccia cheerleader che lo aspettava a fine partita, per una serata tutt'altro che noiosa. L'aveva incontrata quella mattina al parco mentre lei si allenava con la squadra e lui faceva esercizi individuali e corsa intorno al campo, non era stato difficile attirare la sua attenzione e conquistarla, qualche sguardo e la più classica mossa di togliersi la maglietta; anche lei però con mosse e sorrisi ammiccanti aveva facilmente catturato Bellamy.

Ogni tanto gli venivano in mente le frasi dei suoi amici che lo prendevano in giro e lo esortavano a cercare una stabilità affettiva; Monty gli ripeteva spesso, con il suo tono un po' filosofico "devi pretendere di più per te stesso, Bell. Trova una ragazza che ti ami per quello che sei e che ti aiuti a renderti conto della persona che sei e a volerti bene. Non devi aver paura di aprirti". Solitamente il moro gli rispondeva con qualche battuta sarcastica "Che c'è Green? Sei innamorato di me? Potevi dirmelo subito al posto che sposarti con Harper!". Non lo dava a vedere però quelle parole si erano sedimentate nel suo cuore e lo facevano pensare tutti i giorni così come vedere i suoi amici felicemente sposati gli faceva provare un sentimento strano, invidia forse, ma cercava di allontanare questi pensieri con mille distrazioni.

Quando l'arbitro fischiò la fine della partita, Bellamy sospirò, salutò i colleghi con pacche sulle spalle e si diresse verso gli spogliatoi ad aspettare la ragazza.

 

"Ciao Bellamy" gli disse abbracciandolo "ciao tesoro, sei stata magnifica oggi" iniziò Bellamy, non era del tutto sincero, non aveva prestato troppa attenzione alle coreografie in campo, le passò una mano sul fianco stringendola a sé "che ne dici se andiamo in un posto più appartato così lo spettacolo lo fai solo per me?" la ragazza accanto a lui rise maliziosa, annuendo e accarezzandogli il braccio "molto volentieri" disse lasciandogli un bacio prima di avviarsi verso l'uscita. Bellamy le sorrise e la seguì, contento in cuor suo di avere compagnia anche quella sera e scacciando il bruciante desiderio di volere una persona accanto, non una semplice sconosciuta.

Guardò di nuovo la riccia che si allontanava ancheggiando sinuosamente, non si ricordava nemmeno il suo nome, e la seguì verso la moto. La suoneria del telefono lo fece fermare nuovamente, numero sconosciuto. "Pronto?" "È il signor Blake?" "Sì, chi è?" "Chiamo dall'ospedale, c'è stato un incidente". Bellamy a stento capì le parole che quella voce sconosciuta e che gli parve improvvisamente fredda e distante gli stava dicendo. Sentì il suo cuore perdere un battito e le ginocchia cedergli sotto il peso del dolore "no... non è possibile" riuscì solamente a dire mentre una lacrima percorreva il suo viso. Allontanò malamente la cheerleader e, come mosso da una forza che non gli apparteneva, si mise il casco e andò verso l'ospedale, sperando che si fossero sbagliati.

 

 

Da quando Cillian aveva lasciato il biglietto da visita erano passati un paio di giorni ma Clarke non aveva ancora trovato il tempo di chiamare tutti i numeri intestati a un Cillian che aveva trovato nel barattolo. I lavori al locale le avevano preso molto tempo e voleva supervisionarli lei stessa per cui aveva passato le ultime serate in negozio per sistemare i progetti. Quella sera però era esausta e l'idea di organizzare una cena romantica con l'affascinante cliente la stuzzicava non poco.

Tornata a casa salì in bagno, aprì l'acqua della vasca, mise i sali e il sapone in modo che si formasse molta schiuma. Prese il telefono e i sette biglietti da visita "è mai possibile che ci siano ben sette Cillian che vengono a comprare da me?". Armata di grande pazienza Clarke entrò nella vasca e compose il primo numero "Pronto, sono Clarke Griffin, della panetteria Arkadia. Sei tu il Cillian che ha lasciato il biglietto nel barattolo due giorni fa? Se sei tu spero che l'invito a cena sia ancora valido perché accetterei volentieri" una voce femminile la interruppe dall'altra parte "cosa vuole da mio marito?". Clarke si impietrì, no, non aveva l'anello, aveva controllato più volte, non era lo stesso Cillian "scusi, deve esserci stato un malinteso. Cercavo un'altra persona. Arrivederci" chiuse velocemente la chiamata Clarke che iniziò a ridere nervosamente per l'imbarazzo "Mi faccio pena da sola a tentare di organizzare appuntamenti con persone che non conosco. Harper sarebbe contenta, se riesco a fissare la cena la chiamo e le dico la notizia così potrà già pensare di organizzare un'uscita a quattro". Sorridendo all'idea Clarke riprese a chiamare i numeri, alcuni non squillavano liberi e ad altri rispondevano voci che non corrispondevano a quella che cercava.

Esasperata compose l'ultimo numero e con voce quasi stanca disse di nuovo "Ciao, sono Clarke di Arkadia. Sei l'ultimo Cillian che è rimasto, dottor Cillian Nelson, quindi mi auguro che sia tu la persona che sto cercando. Se sei venuto in negozio due giorni fa e mi hai invitata a cena mi piacerebbe confermare e fissare una data" "Ciao Clarke, sono io, che bello sentirti" Clarke trattenne a stento un urlo di gioia, ce l'aveva fatta "sono cont..." il suono di una chiamata in arrivo la interruppe ma, visto che il numero era sconosciuto pensò a qualche pubblicità e chiuse la chiamata "eccomi, scusa, mi stavano chiamando ma niente di importante" "Che ne dici se fissiamo la cena per" "Aspetta, mi chiamano di nuovo, devo rispondere. Mi dispiace, ti richiamo più tardi" "Va bene, ciao". 

Spense la chiamata con Cillian e rispose al numero sconosciuto "Pronto?" "Clarke Griffin? Chiamo dall'ospedale" "Sono io, cosa è successo?" chiese mentre si precipitava fuori dalla vasca e iniziava a vestirsi e una morsa di angoscia e paura le stringeva il cuore "Era sui suoi numeri di emergenza, deve venire subito in ospedale, c'è stato un incidente". Sapeva benissimo chi l'aveva segnata come primo numero per le emergenze. Il telefono le cadde dalle mani rimbalzando sul pavimento, si portò le mani alla bocca cercando invano di trattenere i singhiozzi e le lacrime. Si appoggiò al muro e scivolò a terra mentre il dolore, la rabbia e la paura la investivano "No... No... Non è possibile. Non loro, ti prego non loro" disse mentre le lacrime rigavano il suo volto e i singhiozzi le impedivano di respirare regolarmente. 

Si alzò da terra, cercando di ritrovare l'equilibrio e la forza necessari per arrivare in ospedale, uscendo dalla camera i suoi occhi appannati si posarono sulla loro foto il giorno delle nozze, lei era la testimone, tutti si guardavano sorridendo, felici della strada che stavano percorrendo e di potersi definire famiglia. Esitò un secondo di più sui volti degli sposi che sembravano brillare luminosi. Un dolore al petto costrinse Clarke ad appoggiarsi al mobile, loro erano la sua luce, si stavano sicuramente sbagliando perché entrambi stavano bene e sarebbero tornati a casa presto, doveva essere così. 

 

 

 

 

Angolo Autrice: ciao, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io ammetto di essermi leggermente commossa perché ho rivissuto delle perdite di persone care. Spero di essere riuscita almeno in parte a descrivere le emozioni. Fatemi sapere come vi sembra, un bacio. Marie 

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


QUARTO CAPITOLO



La macchina nell'altra corsia

Sono usciti fuori strada sbattendo contro il guard rail

Li hanno soccorsi subito ma non c'è stato niente da fare

Non c'è stato niente da fare

Niente da fare

Niente

Niente

Niente

Le parole del medico le arrivarono ovattate, strinse gli occhi per cercare di focalizzarlo e per farsi aiutare dal labiale. Il suo cuore si rifiutava di credere a quello che stava succedendo ma quando il medico le mise una mano sulla spalla abbassando gli occhi il fiato le mancò, annaspò cercando aria, il mi dispiace sussurrato con pudore e rispetto dal medico la colpì come un proiettile in cuore.

Jordan pensò il bambino "Jordan" riuscì a balbettare Clarke "loro hanno un bambino, la prego non mi dica che c'era anche lui" "C'era, ma l'hanno protetto. Il piccolo non si è fatto quasi nulla" Clarke rilasciò il fiato, trattenuto inconsapevolmente fino a quel momento "Ora è con gli assistenti sociali, lo terranno fino a domani mattina" "la ringrazio" "Io..." esitò il medico "non so se vuole vederli, sono da quella parte". Clarke annuì mentre l'altro si allontanava per lasciarle il tempo di elaborare il suo dolore.

Si voltò e mise una mano sulla maniglia. Di nuovo le lacrime presero il sopravvento, con una mano si strinse la maglia all'altezza del petto come a voler rimettere insieme i pezzi del cuore in frantumi. Non ce l'avrebbe fatta.

Harper, la sua Harper. La sua migliore amica, roccia e sostegno nelle giornate più difficili. Presenza discreta e allo stesso tempo fondamentale, come un raggio di sole invernale che attraversa la stanza, non fa rumore, mette in risalto i profili delle cose e ti scalda, ma che se non c'è fa cadere tutto nel grigiore e nell'uniformità.

Harper vedeva il bello in tutti, non per buonismo ma per affetto sincero, ed era capace di voler talmente bene agli amici da fargliene volere anche a loro stessi. Lei e Monty poi erano così innamorati della vita, quello che volevano era crescere i loro figli appassionati come loro, e continuare la strada con i loro amici. Clarke se ne rese conto in quel momento, Harper e Monty erano un po' come due fari per tutto il loro gruppo, li spronavano sempre a dare il meglio, a resistere alle tempeste, segnavano la strada giusta senza costrizioni.

Ritirò la mano dalla maniglia, non poteva vederli.

"Clarke" un bisbiglio la fece voltare.

 


 

Bellamy guidava veloce, facendo scivolare la moto tra le macchine nel traffico serale. Guidava con un profondo senso di angoscia e paura che gli stringevano il cuore.

Non poteva essere vero.

Non poteva essere successo veramente, non a Monty.

Si sentì improvvisamente solo, una barca in mezzo alla tempesta. Con Jasper era stato diverso, avevano visto le forze abbandonarlo giorno dopo giorno e cedere davanti al progredire della malattia. La sua morte era stata dolorosa, la sua assenza si sentiva, le sue battute sarcastiche e il sorriso sghembo mancavano a tutti, ma erano stati preparati. Quando Jasper smise di lottare capirono che non avrebbe avuto molto tempo.

Avevano cercato conforto gli uni negli altri e Bellamy si era ritrovato a fare affidamento specialmente su Monty e Harper che, rispettando i suoi tempi, lo avevano accolto e gli avevano mostrato, con l'amore che provavano uno per l'altra, che non era finita lì, che la morte non ha l'ultima parola.

Monty era stato capace di abbattere la maschera di Bellamy pezzo dopo pezzo, con costanza e pazienza e il moro non inevitabilmente l'aveva accolto nella sua vita ed era diventato una presenza fondamentale. Monty credeva in lui più di tutti gli altri, più di Bellamy stesso, e lo spronava a dare sempre il meglio e a pretendere per se stesso una vita degna.

Quando si era infortunato e il sogno di diventare giocatore di basket si era infranto, aveva perso ogni forza, non trovava una ragione per cui continuare. Si era allontanato da tutti perché odiava vedere lo sguardo di pietà che provavano per lui. Solo Monty era riuscito ad avvicinarlo e a guidarlo fuori dal baratro, mostrandogli che nonostante gli ostacoli e le fatiche vale la pena vivere e appassionarsi.

Non riusciva a immaginare una vita senza di lui, per questo il suo cuore rifiutava di credere alle parole del medico. Sicuramente doveva aver capito male, una volta arrivato avrebbe visto Harper e Monty feriti e doloranti sì ma con il loro tipico sorriso dolce e caloroso.

Scese velocemente dalla moto con il cuore che batteva furioso nel petto. Dove sono? Dove sono? Si fermò non appena vide la chioma bionda di Clarke, gli dava le spalle, il capo chino e le spalle, vide una mano ferma sulla maniglia di una porta e l'altra stretta al petto. Stava piangendo.

No ma Clarke piange sempre. È così emotiva. 

Deve essere talmente contenta che stiano bene nonostante tutto che piange. 

Sì, è così.

Quando però vide che allontanava la mano dalla porta e che faceva un passo indietro, sentì il cuore rallentare.
 

"Clarke" bisbigliò. La ragazza si voltò piano verso di lui.

Non appena incontrò i suoi occhi azzurri cerchiati e rossi per il pianto, il volto oscurato da un dolore indicibile, quando la vide aprire la bocca più volte in cerca di aria, capì.

La verità lo colpì come un macigno.

No, questa volta non erano le lacrime di gioia che aveva versato al matrimonio di Harper e Monty o alla nascita del piccolo Jordan. Erano lacrime di dolore, ognuna delle quali sembrava aver scavato un solco sul suo viso.

Il cuore di Bellamy si fermò un istante, Clarke scosse la testa con un movimento impercettibile ma che risultò chiaro e amplificato agli occhi di Bellamy.

Sentì le gambe cedergli e si appoggiò al muro. Vide Clarke avvicinarsi a lui cauta ma decisa e si abbracciarono cercando sostegno uno nell'altra.

"Jordan?" si sentì chiedere timoroso Bellamy, la sua voce gli sembrava provenire da un altro mondo. "Sta bene, Harper e Monty l'hanno protetto. Ora è con i servizi sociali". 

Un senso di sollievo lo pervase e strinse più forte Clarke. 

La ragazza pianse tra le sue braccia "come farò adesso Bellamy?" 

"Faremo, siamo insieme Clarke, insieme". 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: ho capito che sono una persona noiosa e pesante ma arriveranno i capitoli allegri. Con il quarto volevo arrivare a parlare del piccolo Jordan ma diventava troppo lungo, spero di aggironare presto! Ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, messo tra preferiti, seguiti o ricordati. Grazie mille!! Fatemi sapere come vi sembra, un bacione. Marie 

 

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


QUINTO CAPITOLO




Avevano deciso di andare a dormire da Monty e Harper perché volevano portare a casa Jordan il prima possibile. Ma non c'era stato verso, Clarke le aveva provate tutte ma gli assistenti sociali si erano rifiutati di farli venire perché ormai era notte inoltrata e perché sarebbe dovuto venire un avvocato a discutere dell'affidamento del piccolo e del testamento degli amici.

Chiamare gli amici e raccontargli quanto successo era stata la parte più difficile. Dover rivivere quel momento e sentire le loro voci spezzarsi, percepire attraverso il telefono l'irrompersi irrefrenabile delle lacrime li aveva colpiti ancora più duramente. C'erano stati lunghi istanti di silenzio perché le parole non bastavano a esprimere il devastante dolore che li aveva colpiti tutti, perché a volte solo il silenzio permette di condividere ogni cosa.

Erano andati a letto, Clarke nella camera degli ospiti e Bellamy sul divano, nella speranza di riuscire a dormire e recuperare le energie per affrontare la giornata seguente.

Alle 8 l'avvocato suonò alla porta "buongiorno" disse Clarke accompagnandolo in salotto "buongiorno a voi. Mi dispiace molto per la vostra perdita" "grazie" disse Bellamy "Possiamo offrirle un caffè?" "volentieri". "Quello che ci interessa maggiormente sapere è cosa succederà a Jordan" iniziò Clarke "è con gli assistenti sociali ma non possiamo andare a prenderlo". L'avvocato li guardò stupito "non vi hanno detto niente Harper e Monty?" domandò "Di che genere?" chiese Bellamy agitandosi sulla sedia e sporgendosi verso di lui, Clarke gli lanciò un'occhiata preoccupata "i signori Green avevano redatto delle volontà prima che succedesse questo tragico incidente, per tutelare il figlio nella drammatica ipotesi in cui fosse successo qualcosa a entrambi" "Eh?" lo incalzò Clarke ormai turbata "Ecco, vedete, io ho sconsigliato loro di agire così ma non mi hanno dato retta" prese fiato e disse "hanno nominato voi come tutori di Jordan", aveva sganciato la bomba.

Clarke e Bellamy rimasero spiazzati per qualche istante, le bocche leggermente spalancate. Si aspettavano che l'avvocato dicesse improvvisamente che stava scherzando, che non avrebbero dovuto crescere Jordan insieme.

"Cosa?!" urlarono contemporaneamente "non si aspetta che io e questo zotico cresciamo insieme un bambino?!" "non penserà che io possa vivere con questa maniaca calcolatrice?!" iniziarono a dire coprendosi le voci "vi prego" cercò di sovrastarli l'avvocato "vi prego. Capisco che siate sconvolti. È una grande responsabilità, potete anche dire di no e valuteremo altre opzioni" "può lasciarmi cinque minuti?" chiese Clarke con voce tremante "certamente". Si alzarono entrambi, uno andò verso il cortile e l'altra uscì sul vialetto d'ingresso, i pensieri che li turbavano erano esattamente gli stessi. Parlavano da soli, camminando avanti e indietro cercando di mettere ordine dentro di loro.

"Ma come è venuto ad Harper di fare una cosa del genere? Noi due, in coppia, prenderci cura di Jordan? Ma neanche se fosse l'ultimo uomo sulla Terra!"

"Monty, ti voglio bene e non è bello parlare male dei morti, ma a cosa diavolo stavi pensando? Sapevi benissimo che non sopporto quella perfettina. Neanche fosse l'ultima donna sulla Terra"

"è così rozzo, disordinato, non mantiene la parola data. Come potrebbe crescere un bambino?"

"è così rigida e fredda. Se le cose non si fanno come dice lei non banno bene. È un incubo quella donna"

"però è il figlio di Harper, non posso lasciarlo"

"però è il figlio di Monty, non posso lasciarlo"

Rianimati dalla forza dell'affetto per i loro amici rientrarono in salotto e si sedettero di nuovo davanti all'avvocato che li guardava curioso "allora? Cosa avete deciso?"

Clarke incerta iniziò "come coppia noi due non funzioniamo, siamo troppo diversi. Ci sarebbe la possibilità per uno solo di noi di prendere in affidamento Jordan? Se volessi"

"se volessi farlo io?" la anticipò Bellamy ricevendo un'occhiata fulminante da Clarke "ma se non sei in grado di badare a te stesso come credi di crescere un bambino" "tu invece sei troppo razionale, non esprimi affetto, lo cresceresti freddo e apatico come te". L'avvocato scosse la testa, incredulo, "la cosa migliore da fare, intanto che decidete, è di andare a prendere Jordan e portarlo qui a casa. Le mura domestiche saranno di grande aiuto per lui. Poi ci rivedremo e mi direte cosa avete deciso, nel frattempo vi suggerisco di trasferirvi qui"

I due si guardarono sconvolti e terrorizzati dall'idea di dover condividere non solo le giornate ma anche la casa con l'altro. Sicuramente non sarebbe finita bene ma, vedendo lo sguardo imperioso dell'avvocato, decisero di seppellire almeno per il momento l'ascia di guerra. Dovevano pensare a Jordan.

"Dovete firmare qui in basso, entrambi" disse l'assistente sociale a Clarke e Bellamy. La bionda firmò per prima per poi passare il foglio al ragazzo accanto a lei. 

Sì alzò per guardare la sala in cui i bambini stavano giocando, le si strinse il cuore a vederli, così piccoli e inconsapevoli di quanto successo. Si avvicinò alla porta quando vide che prendevano in braccio Jordan per portarlo da lei. Gli occhi le si velarono di lacrime quando le passarono il bimbo che, come se avesse percepito qualcosa, iniziò a piangere. 

Jordan allungò le piccole braccia verso Bellamy, alla ricerca forse di una figura paterna. Una lacrima silenziosa rigò anche il volto del ragazzo e strinse più forte il figlio dei suoi migliori amici mentre la certezza che non l'avrebbe mai abbandonato si faceva strada dentro di lui. Era il lascito dei suoi amici, la loro eredità e l'avrebbe protetto e cresciuto come avrebbero fatto loro, fallendo mille volte probabilmente, ma provandoci continuamente. 

C'era un unico problema, Clarke Griffin. 

Alzò lo sguardo verso di lei, stava piangendo, come sempre, ma una strana luce di determinazione illuminava i suoi occhi azzurri. Bellamy capì che aveva pensato le stesse cose, non voleva che Jordan venisse abbandonato e voleva mostrargli tutto l'amore che Harper e Monty avevano portato nella loro vita.

Anche Clarke incontrò gli occhi di Bellamy, gli fece un piccolo cenno del capo e accarezzando dolcemente la schiena di Jordan disse "andiamo a casa, tesoro, andiamo a casa" 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: eccomi qui, la famigliola è riunita. Come se la caveranno Clarke e Bellamy alle prese con un bambino nella stessa casa? Lo scopriremo presto! Fatemi sapere come vi è sembrato il capitolo. Un bacione, Marie 

 

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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


SESTO CAPITOLO

 



Bellamy aprì la porta di casa, facendo passare Clarke che teneva in braccio Jordan. Si tolse il cappello viola con la scritta Blake che indossava praticamente tutto il giorno per passarsi una mano tra i capelli. Sospirando lo indossò di nuovo e andò a prendersi una birra dal frigo.

Raggiunse Clarke seduta sul divano circondata da numerosi libri sulla crescita dei bambini, guardò un attimo Jordan che dormiva nel lettino e la consapevolezza di quello che era successo lo fece vacillare mandando in frantumi la determinazione che aveva avuto solo qualche ora prima "non ci hanno pensato abbastanza" disse "dovremo organizzare bene le ore di sonno e le ore in cui è sveglio" rispose Clarke senza sentire le parole di Bellamy "cosa stai dicendo?" "è molto importante che ci sia equilibrio tra sonno e veglia, l'ho appena letto" ribadì la bionda agitando un voluminoso tomo sotto il naso di Bellamy "Ascoltami. Non ci hanno pensato bene" vide Clarke fermare un istante la lettura "Harper te ne ha mai parlato? Oppure Monty? A me non hanno detto niente" "nemmeno a me" rispose Clarke "ma non è una cosa di cui ti puoi dimenticare di parlare" alzò la voce Bellamy "puoi non dire delle ultime conquiste, di essere andato al cinema, di aver fatto qualsiasi altra cosa ma non puoi dimenticarti che hai deciso di affidare a noi, a noi" sottolineò "vostro figlio in caso di morte. Hanno sbagliato completamente!"

"Stavano solo progettando la vita più sicura per Jordan, per non lasciare nulla al caso" cercò di tranquillizzarlo Clarke anche se lei stessa non credeva alle parole che diceva "una vita più sicura? Jordan con noi due che viviamo insieme in questa casa, nervosi per le poche ore di sonno, irascibili uno nei confronti dell'altra più di quanto non lo siamo già? A me non sembra un piano geniale". 

Clarke rise ironicamente e scosse la testa cercando di concentrarsi sulla lettura del libro, era un passo importante, come capire il motivo del pianto del bambino: fame, dolore o fastidio? "sempre che riusciamo a pagare questa casa enorme" borbottò Bellamy. Clarke sospirò, aveva avuto la stessa preoccupazione, del resto la casa in cui vivevano Harper e Monty era davvero grande: su due piani, con tre camere da letto, due bagni e al piano terra un'ampia cucina con due sale, una dove si trovava il tavolo che accoglieva tutti gli amici durante le feste e una dedicata ai giochi per Jordan; c'era anche lo studio di Monty e altre stanzette; per non parlare poi del giardino che circondava la villetta. Una reggia. "Ho chiesto all'avvocato, avevano finito di pagare il mutuo. Vai tranquillo" "Lo so, però ci sono tutte le altre spese, le bollette, le tasse, gli alimenti per il bambino, i giochi, l'assicurazione. Io non guadagno bene come loro e neanche tu direi. Vendi pane e focacce credo" disse Bellamy con tono sarcastico "Bellamy Blake e le sue battute, signore e signori. Gestisco un'attività di ristorazione, sempre più in crescita, quindi guadagno abbastanza" "sì ma gestire un bambino non è come gestire un forno, piangono, fanno i bisogni, bisogna controllarli ogni secondo" riprese Bellamy mentre l'agitazione ormai prendeva il sopravvento. Clarke ridacchiò nel vederlo così in difficoltà, aveva sempre l'aria da duro e imperturbabile mentre ora si mostrava così agitato come davanti a una montagna troppo alta da scalare. Stava per rispondergli con una battutina che mettesse in luce le sue difficoltà ma venne interrotta dal pianto di Jordan.

Si precipitarono in sala e trovarono il bambino che allungava le braccia in lacrime. Bellamy appoggiò la birra a terra e si chinò per prenderlo in braccio ma venne fermato da Clarke "no, non farlo" "perché?" "Deve imparare ad auto consolarsi. L'ho letto poco fa" "Va bene" rispose dubbioso Bellamy "va tutto bene Jordan, dai fammi un bel sorriso" provò a convincerlo Clarke ma in risposta ottenne solo un pianto più sfrenato "no, no, Jordan, tranquillo. Proviamo con una canzoncina" disse guardando Bellamy che sconvolto annuì "batti, batti le manine che arriverà papà" si interruppe Clarke "no, cambiamo canzone". Bellamy scosse la testa "bolli, bolli pentolino, fai la pappa al mio bambino, la rimescola la mamma, mentre il bimbo fa la nanna" Clarke si interruppe ancora "non c'è niente che non parli della mamma e del papà? Non mi sembra proprio il caso" disse disperata mentre Jordan non accennava a smettere di piangere. "Magari ha fame" disse Bellamy "giusto, l'ho appena letto. Non ricordo, però, se piange in modo continuo cosa significa. Forse per dire che ha fame piange a singhiozzo" "puoi smetterla di voler capire tutto? È un bambino, non segue le tue logiche razionali, è istintivo" Clarke esasperata dal pianto di Jordan e dagli attacchi di Bellamy prese in braccio Jordan "ecco vieni tesoro, ora ti preparo la pappa". Bellamy la guardò senza parole "perché io non potevo prenderlo invece tu l'hai fatto?" "Stai zitto Blake".

Jordan era nel seggiolone ormai da dieci minuti e continuava a piangere. Clarke cercava di tranquillizzarlo passandogli dei pupazzi che finivano puntualmente a terra "stai tranquillo, è quasi pronto" disse mentre mescolava la pappetta di verdure che stava preparando, ci mise un pizzico di sale e l'assaggiò. 

Bellamy non si lasciò sfuggire l'occasione per criticarla "è un bambino, non un critico. Non si accorgerà nemmeno di quello che hai messo dentro" "Non voglio che si abitui male, deve mangiare sano" "tranquillo Jordan, sono sicuro che mangerai prima o poi. Mi auguro entro i due anni" "Ah ah ah simpatico Blake" disse Clarke mentre aggiungeva altri ingredienti. 

Bellamy tornò sull'argomento dell'impossibilità di tenere loro il bambino "Dimmi Griffin, sappiamo benissimo che sogni di incontrare l'uomo giusto ma, guardati, è evidente che tutti i tentativi sono stati un fallimento" Clarke lo fulminò "come pensi di trovarlo ora che non sei più una ragazzina e hai un figlio a carico? Sai noi uomini non ti guarderemmo neanche. Sei troppo complicata e piena di regole".

Clarke lo guardò furiosa "tu non sai un bel niente di me, Blake. Non ti permettere di giudicare la mia vita e il mio comportamento", disse mentre cercava di aprire il cassetto delle posate "beh da quanto vedo non sei neanche in grado di aprire un cassetto a prova di bambino". La ragazza si rese conto in quel momento della piccola linguetta di plastica che teneva bloccato il cassetto e, nervosa, la rimosse, prese il cucchiaino e iniziò a mettere nel piatto la pappa di Jordan 

"Perché vuoi convincermi a non crescere Jordan?" "lo dico per il suo bene" "No, tu lo dici per il tuo, hai paura che un bambino ti possa cambiare radicalmente la vita e impedirti di fare quello che fai sempre" "Clarke, non siamo adatti, diciamolo onestamente". Clarke lo guardò "Harper e Monty amavano Jordan più di ogni altra cosa al mondo. E tra tutti i nostri amici e i loro parenti hanno scelto noi, Bellamy, noi due. Me e te, insieme". 

Si allontanò dal ragazzo lasciandolo riflettere sulle parole appena dette e si sedette davanti a Jordan "eccomi tesoro, la pappa è pronta. Ti piacerà" Jordan smise di piangere e la guardava perplesso "segui l'aereoplanino" disse Clarke con la vocina da bambino facendo volare il cucchiaio davanti al volto di Jordan. Si avvicinò alla bocca ma il bambino si discostò subito, ricominciando a piangere. "Dai Jordan, un boccone, l'hai già mangiata una cosa simile. Gnam, ecco così, bravo" disse vedendo che il piccolo aveva mangiato il boccone, non fece in tempo a preparare un'altra cucchiaiata che Jordan le sputò addosso quanto aveva in bocca. Bellamy, senza dire niente, rovesciò sul seggiolone dei salatini che il bimbo prese a mangiare subito con gusto, smettendo subito di piangere.

Clarke lo guardò sconsolata. "Pensi ancora che siamo un bene per lui?" disse Bellamy "Riflettici" e uscì dalla stanza mentre la ragazza si passava le mani tra i capelli.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE: ecco qui la prima esperienza genitoriale di Bellamy e Clarke e le cose non sono facili come pensavano. Cosa decideranno di fare? Grazie a chi legge, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!! 

 

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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***


 

SETTIMO CAPITOLO



Bellamy aprì la porta di casa, facendo passare Clarke che teneva in braccio Jordan. Si tolse il cappello viola con la scritta Blake che indossava praticamente tutto il giorno per passarsi una mano tra i capelli. Sospirando lo indossò di nuovo e andò a prendersi una birra dal frigo.

Raggiunse Clarke seduta sul divano circondata da numerosi libri sulla crescita dei bambini, guardò un attimo Jordan che dormiva nel lettino e la consapevolezza di quello che era successo lo fece vacillare mandando in frantumi la determinazione che aveva avuto solo qualche ora prima "non ci hanno pensato abbastanza" disse "dovremo organizzare bene le ore di sonno e le ore in cui è sveglio" rispose Clarke senza sentire le parole di Bellamy "cosa stai dicendo?" "è molto importante che ci sia equilibrio tra sonno e veglia, l'ho appena letto" ribadì la bionda agitando un voluminoso tomo sotto il naso di Bellamy "Ascoltami. Non ci hanno pensato bene" vide Clarke fermare un istante la lettura "Harper te ne ha mai parlato? Oppure Monty? A me non hanno detto niente" "nemmeno a me" rispose Clarke "ma non è una cosa di cui ti puoi dimenticare di parlare" alzò la voce Bellamy "puoi non dire delle ultime conquiste, di essere andato al cinema, di aver fatto qualsiasi altra cosa ma non puoi dimenticarti che hai deciso di affidare a noi, a noi" sottolineò "vostro figlio in caso di morte. Hanno sbagliato completamente!"

"stavano solo progettando la vita più sicura per Jordan, per non lasciare nulla al caso" cercò di tranquillizzarlo Clarke anche se lei stessa non credeva alle parole che diceva "una vita più sicura? Jordan con noi due che viviamo insieme in questa casa, nervosi per le poche ore di sonno, irascibili uno nei confronti dell'altra più di quanto non lo siamo già? A me non sembra un piano geniale". 

Clarke rise ironicamente e scosse la testa cercando di concentrarsi sulla lettura del libro, era un passo importante, come capire il motivo del pianto del bambino: fame, dolore o fastidio? "sempre che riusciamo a pagare questa casa enorme" borbottò Bellamy. Clarke sospirò, aveva avuto la stessa preoccupazione, del resto la casa in cui vivevano Harper e Monty era davvero grande: su due piani, con tre camere da letto, due bagni e al piano terra un'ampia cucina con due sale, una dove si trovava il tavolo che accoglieva tutti gli amici durante le feste e una dedicata ai giochi per Jordan; c'era anche lo studio di Monty e altre stanzette; per non parlare poi del giardino che circondava la villetta. Una reggia. "Ho chiesto all'avvocato, avevano finito di pagare il mutuo. Vai tranquillo" "Lo so, però ci sono tutte le altre spese, le bollette, le tasse, gli alimenti per il bambino, i giochi, l'assicurazione. Io non guadagno bene come loro e neanche tu direi. Vendi pane e focacce credo" disse Bellamy con tono sarcastico "Bellamy Blake e le sue battute, signore e signori. Gestisco un'attività di ristorazione, sempre più in crescita, quindi guadagno abbastanza" "sì ma gestire un bambino non è come gestire un forno, piangono, fanno i bisogni, bisogna controllarli ogni secondo" riprese Bellamy mentre l'agitazione ormai prendeva il sopravvento. Clarke ridacchiò nel vederlo così in difficoltà, aveva sempre l'aria da duro e imperturbabile mentre ora si mostrava così agitato come davanti a una montagna troppo alta da scalare. Stava per rispondergli con una battutina che mettesse in luce le sue difficoltà ma venne interrotta dal pianto di Jordan.

Si precipitarono in sala e trovarono il bambino che allungava le braccia in lacrime. Bellamy appoggiò la birra a terra e si chinò per prenderlo in braccio ma venne fermato da Clarke "no, non farlo" "perché?" "Deve imparare ad auto consolarsi. L'ho letto poco fa" "Va bene" rispose dubbioso Bellamy "va tutto bene Jordan, dai fammi un bel sorriso" provò a convincerlo Clarke ma in risposta ottenne solo un pianto più sfrenato "no, no, Jordan, tranquillo. Proviamo con una canzoncina" disse guardando Bellamy che sconvolto annuì "batti, batti le manine che arriverà papà" si interruppe Clarke "no, cambiamo canzone". Bellamy scosse la testa "bolli, bolli pentolino, fai la pappa al mio bambino, la rimescola la mamma, mentre il bimbo fa la nanna" Clarke si interruppe ancora "non c'è niente che non parli della mamma e del papà? Non mi sembra proprio il caso" disse disperata mentre Jordan non accennava a smettere di piangere. "Magari ha fame" disse Bellamy "giusto, l'ho appena letto. Non ricordo, però, se piange in modo continuo cosa significa. Forse per dire che ha fame piange a singhiozzo" "puoi smetterla di voler capire tutto? È un bambino, non segue le tue logiche razionali, è istintivo" Clarke esasperata dal pianto di Jordan e dagli attacchi di Bellamy prese in braccio Jordan "ecco vieni tesoro, ora ti preparo la pappa". Bellamy la guardò senza parole "perché io non potevo prenderlo invece tu l'hai fatto?" "Stai zitto Blake".

Jordan era nel seggiolone ormai da dieci minuti e continuava a piangere. Clarke cercava di tranquillizzarlo passandogli dei pupazzi che finivano puntualmente a terra "stai tranquillo, è quasi pronto" disse mentre mescolava la pappetta di verdure che stava preparando, ci mise un pizzico di sale e l'assaggiò. 

Bellamy non si lasciò sfuggire l'occasione per criticarla "è un bambino, non un critico. Non si accorgerà nemmeno di quello che hai messo dentro" "Non voglio che si abitui male, deve mangiare sano" "tranquillo Jordan, sono sicuro che mangerai prima o poi. Mi auguro entro i due anni" "Ah ah ah simpatico Blake" disse Clarke mentre aggiungeva altri ingredienti. 

Bellamy tornò sull'argomento dell'impossibilità di tenere loro il bambino "Dimmi Griffin, sappiamo benissimo che sogni di incontrare l'uomo giusto ma, guardati, è evidente che tutti i tentativi sono stati un fallimento" Clarke lo fulminò "come pensi di trovarlo ora che non sei più una ragazzina e hai un figlio a carico? Sai noi uomini non ti guarderemmo neanche. Sei troppo complicata e piena di regole".

Clarke lo guardò furiosa "tu non sai un bel niente di me, Blake. Non ti permettere di giudicare la mia vita e il mio comportamento", disse mentre cercava di aprire il cassetto delle posate "beh da quanto vedo non sei neanche in grado di aprire un cassetto a prova di bambino". La ragazza si rese conto in quel momento della piccola linguetta di plastica che teneva bloccato il cassetto e, nervosa, la rimosse, prese il cucchiaino e iniziò a mettere nel piatto la pappa di Jordan 

"perché vuoi convincermi a non crescere Jordan?" "lo dico per il suo bene" "No, tu lo dici per il tuo, hai paura che un bambino ti possa cambiare radicalmente la vita e impedirti di fare quello che fai sempre" "Clarke, non siamo adatti, diciamolo onestamente". Clarke lo guardò "Harper e Monty amavano Jordan più di ogni altra cosa al mondo. E tra tutti i nostri amici e i loro parenti hanno scelto noi, Bellamy, noi due. Me e te, insieme". 

Si allontanò dal ragazzo lasciandolo riflettere sulle parole appena dette e si sedette davanti a Jordan "eccomi tesoro, la pappa è pronta. Ti piacerà" Jordan smise di piangere e la guardava perplesso "segui l'aereoplanino" disse Clarke con la vocina da bambino facendo volare il cucchiaio davanti al volto di Jordan. Si avvicinò alla bocca ma il bambino si discostò subito, ricominciando a piangere. "Dai Jordan, un boccone, l'hai già mangiata una cosa simile. Gnam, ecco così, bravo" disse vedendo che il piccolo aveva mangiato il boccone, non fece in tempo a preparare un'altra cucchiaiata che Jordan le sputò addosso quanto aveva in bocca. Bellamy, senza dire niente, rovesciò sul seggiolone dei salatini che il bimbo prese a mangiare subito con gusto, smettendo subito di piangere.

Clarke lo guardò sconsolata. "Pensi ancora che siamo un bene per lui?" disse Bellamy "Riflettici" e uscì dalla stanza mentre la ragazza si passava le mani tra i capelli.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE: ecco qui la prima esperienza genitoriale di Bellamy e Clarke e le cose non sono facili come pensavano. Cosa decideranno di fare? Grazie a chi legge, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!! 

 

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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***


OTTAVO CAPITOLO




"L'ha fatta! Finalmente l'ha fatta!" urlò esultando Bellamy e prendendo in braccio Jordan. Non faceva i bisogni dal giorno prima, probabilmente per le schifose pappette che preparava Clarke, come ci teneva a sottolineare Bellamy. "Sei sicuro?" accorse la bionda dalla cucina, si fermò a pochi metri da loro e sorrise a quella scena: Bellamy, con una faccia disgustata dalla puzza, teneva in braccio ma lontano da sé il bambino che si guardava intorno soddisfatto. "Certo che sono sicuro, senti che roba". 

A Clarke bastò avvicinarsi di qualche passo per sentire anche lei l'odore emanato dal pannolino, seppur nauseata guardò Bellamy con sguardo di vittoria "lo cambi tu questa volta" disse salendo verso il bagno "no, mia cara perfettina. Lo farai tu" "Solo perché sono una donna?" lo sfidò Clarke "Io non posso rischiare di puzzare così" "Poverino, dai ammetti di non essere capace". Bellamy appoggiò Jordan sul fasciatoio e lo guardò con aria di sfida "è facile, devi solo aprire quelle linguette". 

Il ragazzo, tenendo il volto girato dall'altra parte, fece quello che Clarke gli aveva detto ma una volta aperto il pannolino dovettero trattenere un conato "ma quanta ne ha fatta! È sporco ovunque!". Clarke tappandosi il naso esortò Bellamy ad andare avanti "Forza ora togli il pannolino così lo laviamo" ma il ragazzo non si mosse "Forza Bellamy!" lui stava per prendere il pannolino quando suonò il campanello "vado io" disse Bellamy correndo via "Dannato!" gli urlò dietro Clarke

Bellamy si precipitò giù dalle scale, contento di essersi salvato. Accolse gli amici con un sorriso e li fece accomodare in casa, avevano portato loro da mangiare dato che sapevano che i due non avevano un momento di riposo "dov'è Clarke?" chiese Raven guardandosi intorno "ammetti che se ne è andata perché non ti sopportava più" scherzò Murphy "Magari magari, è di sopra che sta cambiando Jordan. Abbiamo avuto qualche problema tecnico, vado su ad aiutarla". Salendo le scale sentì i suoi amici borbottare "si comportano già come una coppia di sposati, vuoi vedere che Harper e Monty ci avevano visto giusto?". Bellamy scosse la testa ci si mettono anche loro? Io e quella principessa? Ma è così rigida, perché dovrebbe piacermi? Aprì la porta del bagno "sono arrivati i ragazzi" "bene, qui ho finito. Grazie per il tuo aiuto fondamentale" disse ironica Clarke, lui la guardò mentre finiva di mettere la tutina a Jordan, sembrava quasi una mamma. Quando si voltò verso di lui, però, dovette trattenere a stento una risata "che c'è?" chiese Clarke sbuffando "hai..." cercò di dire Bellamy indicando la guancia "senti andiamo giù che ci aspettano, forza" lo interruppe Clarke passandogli Jordan e uscendo prima di lui "Pazienza, vediamo quando se ne accorgerà" disse con un ghigno a Jordan. "Eccomi, scusatemi, stavo cambiando il piccolo dato che qualcuno" disse indicando Bellamy "non aveva il coraggio di farlo". I suoi amici ridacchiarono vedendola "cosa c'è?" chiese preoccupata "Clarke, tesoro, ecco" iniziò Emori "diciamo che Jordan ha lasciato il segno" concluse indicandosi la guancia. La bionda, confusa, si toccò e schifata si rese conto di avere della cacca sul viso. Furiosa si girò verso Bellamy che, dal canto suo rideva come un matto, "sei proprio uno stronzo Blake" e corse in bagno a lavarsi.

 

 

Nei giorni successivi le cose sembravano aver preso il verso giusto, la cena con gli amici li aveva spronati a cercare di collaborare, per il bene di Jordan. Tra di loro avrebbero interagito il minimo indispensabile, per non litigare dopo poco, e avevano stabilito, segnandoli su un calendario in cucina, i turni e le serate libere. Stavano ancora imparando tutto, Clarke tentava ogni giorno ricette diverse ma Jordan non ne voleva sapere e mangiava solo gli omogeneizzati, Bellamy litigava con il piccolo sul programma da guardare in televisione dato che Jordan piangeva quando si fermava a guardare le partite e si tranquillizzava solo quando vedeva Masha e Orso, per la gioia del giovane Blake.

 

 

Quella sera stavano lavando entrambi Jordan nella vasca, ancora dovevano capire come fare per non allagare il bagno. "oh no" "no, non adesso Jordan, ti prego" "la faccia da bisogni, forza apri il water" disse Bellamy prendendo il bambino dalla vasca. Avevano imparato che quando doveva fare i suoi bisogni, arricciava il naso, quindi dovevano agire in fretta se non volevano poi passare la serata a pulire il bagno. "Forza Clarke, quanto ci vuole?" chiese il moro mentre la ragazza litigava contro la sicura che teneva chiuso il water "perché le abbiamo messe tutte queste sicure per bambini?" "Dannazione sbrigati", Clarke, in preda al panico, si guardò intorno cercando una soluzione, un cestino, un qualcosa, puntò lo sguardo sul cappellino viola di Bellamy "no, non ci pensare nemmeno" ridendo Clarke lo prese e lo mise sotto il sederino di Jordan, appena in tempo.

 "Clarke, ti odio, questo cappello l'avevo da anni" in preda alle risate la ragazza disse "te lo lavo Bell, te lo lavo" poi lo guardò e scosse la testa "meglio di no". Anche il ragazzo si fece contagiare dalla risata di Clarke e la guardò con occhi nuovi. Era una situazione assurda, loro due, seduti a terra accanto al water, che ridevano a crepapelle, eppure non gli era mai sembrata tanto bella, finalmente rilassata e con una luce negli occhi che non aveva mai visto. 

Era così che doveva sembrare quindi quando era veramente se stessa? Forse era questo che Harper vedeva in lei e che sperava che vedesse anche lui. Smise di ridere e si concentrò sui suoi lineamenti, Clarke se ne rese conto e lo guardò con la stessa intensità, come se lo stesse scoprendo anche lei per la prima volta. Clarke poteva quasi contare le lentiggini, da quando le aveva?, e perdersi negli occhi profondi di Bellamy. Improvvisamente il suo sguardo cambiò quando vide l'ombelico di Jordan "da quando ha quel bozzetto?" chiese preoccupata, Bellamy si riscosse "non c'è da sempre?" "ma no! O almeno credo, ieri secondo me non c'era" "Cosa potrebbe essere?" Clarke lo guardò spaventata, lei non sapeva niente di prima infanzia "chiamo il pediatra, andrò da lui domani mattina" disse allontanandosi da Bellamy, preoccupata per Jordan e scossa per quanto successo con il moro.

 

 

"Clarke Griffin e Jordan Green" li chiamò la segretaria del pediatra "il dottor Nelson vi aspetta" "Grazie" disse Clarke alzandosi ed entrando nello studio del medico. "Clarke?" la accolse la voce del medico, lei si girò dopo aver chiuso la porta e sgranò gli occhi "Cillian?", arrossì nel guardarlo, era affascinante come tutte le volte in cui entrava in negozio. 

In quel momento collegò tutti i tasselli, Harper le aveva parlato del nuovo pediatra che si chiamava proprio Cillian e sul biglietto da visita che le aveva lasciato c'era scritto Dottor, non aveva fatto due più due. "Scusami, non ti ho più richiamato" disse imbarazzata sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio "sai con tutto quello che è successo" "ma certo" disse Cillian accarezzandole il braccio "anzi, mi dispiace molto". 

Clarke annuì veloce "ti ho portato Jordan perché ha un bozzetto sull'ombelico che non mi piace per niente, ma io non ci capisco niente. Senza Harper mi sento persa, in questi casi avrei chiamato lei perché era capace di confortarmi, di darmi la spinta giusta. Io non sono capace di sostenere tutto questo" disse con la voce incrinata dal pianto "e se Jordan sta così magari è colpa mia, non sono tagliata per fare la madre, avrei voluto più tempo per ragionarci meglio e prepararmi" "Clarke non si arriva mai preparati a un bambino, ti mostrano qualcosa di nuovo tutte le volte. E comunque non ha niente, è la classica ernia ombelicale che esce ai bambini in questa fascia di età" "Davvero? Non ho sbagliato niente?" chiese speranzosa "No, stai andando alla grande, Jordan sta crescendo bene" "Grazie Cillian, grazie" gli sorrise. Lui rimase incantato a quella vista, poteva esserci sorriso più luminoso di quello? "Mentre a te suggerisco di bere un bicchiere di vino ogni sera, per rilassarti, magari una volta in compagnia se vuoi". Aveva pensato a lei praticamente tutti i giorni dalla chiamata ma non aveva avuto il coraggio di farsi sentire perché immaginava quanto dovesse essere complicata la sua vita in questo momento, desiderava uscire con lei più di ogni altra cosa e aveva aspettato tutti i giorni che si presentasse per una visita. "Mi farebbe piacere" sorrise arrossendo delicatamente Clarke "magari settimana prossima, quando ho la serata libera e posso lasciare il piccolo con Bellamy" "Mi sembra perfetto" si illuminò Cillian "allora ci sentiamo, ciao Clarke" la salutò baciandole la guancia, gesto che lasciò un attimo interdetta la bionda che, uscita fuori dallo studio, si ritrovò a sorridere come un'adolescente alla prima cotta "Jordan, grazie tesoro!" e gli scoccò un sonoro bacio che fece ridere il bambino "finalmente esco con Cillian"

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: sorpresa, ho aggiornato prima! Momenti di intimità tra Bellamy e Clarke, riusciranno a combinare qualcosa? Purtroppo Cillian si è messo in mezzo e non si toglierà tanto presto. Fatemi sapere come vi sembra e scrivetemi tutti i consigli per migliorare! Grazie ai fedeli lettori. Un bacione, Marie 

 

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Capitolo 9
*** Nono Capitolo ***


NONO CAPITOLO




Quella sera Clarke voleva fare come le aveva suggerito Cillian, bere e bere, anche se da sola, per smettere di pensare almeno qualche minuto alle preoccupazioni che aveva: gli operai che tardavano nel lavoro, Jordan sempre irrequieto, Bellamy sempre in giro e mai d'aiuto, le tasse da pagare e i soldi che non c'erano. Non aveva neanche avuto il tempo di elaborare il lutto che si era trovata scaricato addosso la responsabilità di un bambino che amava, certo, ma che non era capace di crescere.

A ogni bicchiere che beveva, i pensieri le scivolavano via, uno alla volta e la testa piano piano si svuotava e si sentiva più leggera. Bellamy rientrò in casa con Jordan, l'aveva portato a fare un giro prima di metterlo a dormire e la vide che muoveva la testa libera a ritmo della dolce musica di sottofondo "Sei felice?" le chiese con un mezzo sorriso. Clarke si girò "Penso di essere un po' brilla in verità". Bellamy la guardò stupito, non l'aveva mai vista così, doveva sempre avere il controllo su se stessa, sempre composta e compita "hai bevuto?" "solo un po'. Ne vuoi? È buono sai?" "No grazie" "Io condivido volentieri". Bellamy scosse la testa appoggiando Jordan nel lettino da campeggio in sala giochi. "Ah giusto" continuò imperterrita Clarke "tu non hai pensieri o preoccupazioni, ti scivola tutto addosso". Bellamy si immobilizzò in mezzo alla stanza, ferito da quelle parole, sapeva che Clarke non era del tutto in sé ma, come si dice, in vino veritas. Per qualche strano motivo incominciava a tenere all'opinione che Clarke aveva di lui e non voleva essere visto, ancora, per l'uomo che faceva il ragazzino, incapace di prendersi un impegno serio.

"Io sono Bellamy Blake" lo scimmiottò Clarke "sono superiore a tutti, ho un ego gigantesco e non mi faccio coinvolgere dalle cose". Bellamy, stufo di sentirla parlare per paura anche di dire delle cose di cui si sarebbe pentito, la prese per il braccio facendola alzare e guidandola verso le scale "dai lasciami stare Bellamy dove mi vuoi portare?" "devi farti una doccia, così ti riprendi, devi mettere a dormire Jordan e non sei nelle condizioni". Clarke stava per rispondere quando suonarono alla porta "chi sarà mai?" chiese ridacchiando la ragazza. Bellamy socchiuse la porta "chi è?" "sono Lexa Triku" "Chi?" "l'assistente sociale". Bellamy si impietrì "non vi avevano avvisato che avrei fatto visite a sorpresa?". Il ragazzo sentì Clarke inciampare nel tappeto all'ingresso e avvicinarsi alla porta, Bellamy la fermò con un braccio per non farla vedere "sì, questa ci coglie particolarmente a sorpresa. Mi dia un minuto" e chiuse la porta. Si girò verso Clarke prendendola per le spalle mentre lei continuava a ridacchiare "uh l'assistente sociale, ora sì che siamo nei guai. Sono un po' ubriaca" "Esatto Clarke, adesso hai cinque minuti per riprenderti e fare una doccia. Forza!" la esortò vedendola ancora immobile "vado, vado" disse Clarke "non mi spingere".

 

"Va bene, abbiamo girato per la casa cinque volte" disse sbuffando Lexa "mi ha fatto vedere tutte le sicure per Jordan, tutti i suoi giochi. Ma vorrei parlare anche con Clarke, si è fatto..." "Eccomi" saltò in sala la ragazza. Lexa la guardò stranita e Bellamy scosse la testa e fece cenno alle due di sedersi sul divano "Bene" iniziò l'assistente sociale "vorrei conoscervi un po'. La prima cosa che vi vorrei chiedere sono i progetti che avete per i prossimi anni". Clarke alzò la mano, agitandola in aria "oh a questa voglio rispondere io" "Clarke, tranquilla, posso rispondere io" "no no, la so. Io gestisco un negozio di panetteria e pasticceria e lo sto ampliando per aprire anche un piccolo ristorante. Questo progetto in cui sto investendo tutto, mi prende tutto il mio tempo ed è la cosa che ho sempre sognato di realizzare". Bellamy si mise una mano sul volto e Clarke lo guardò illuminandosi "Oh, non ho compreso Jordan in questo progetto. Ovviamente lui è sopra ogni priorità" "Voi due" li interruppe Lexa "siete entrambi single, giusto?" Clarke e Bellamy annuirono "quello che mi preme sapere è che non ci sia il rischio di un qualche legame sentimentale tra di voi" "tra di noi?" chiese con voce acuta Clarke "è impossibile, ci hanno provato ma non ha funzionato. È un caso perso" "Bene" disse Lexa "è importante che Jordan non perda altre figure di riferimento. Se vi doveste mettere insieme e poi lasciarvi per lui sarebbe un altro trauma. Vi voglio dire un'altra cosa, non vi conosco ma da quello che ho visto mi sembra evidente che crescere un figlio, insieme, fosse l'ultima cosa che volevate. I vostri amici forse vi credevano in grado, beh io no". Clarke e Bellamy si guardarono, potevano vedere uno nell'altro quanto male avessero fatto quelle parole. Erano consapevoli di non essere i genitori ideali ma si stavano impegnando, giorno dopo giorno. Salutarono con poche parole l'assistente sociale, che si volle assicurare, chiedendolo altre volte, che non si sarebbero mai messi insieme.

 

 

Bellamy cullava nervosamente Jordan canticchiando, era stata una giornata da dimenticare. Era furioso con Clarke. Quella mattina era uscita presto perché aveva un evento a cui non poteva rinunciare "è segnato sul calendario in cucina" aveva detto acidamente "non è colpa mia se non mi stai mai ad ascoltare" "ma c'è una partita importante, mi hanno chiesto di accompagnare la squadra in trasferta" "non mi interessa, hai conquistato tutte le mamme del quartiere, chiedi a loro di tenere Jordan". Le aveva chiamate tutte, ma erano impegnate e si era dovuto portare Jordan con lui. Non c'è bisogno di dire che era stato un disastro. Tutti quei rumori lo infastidivano e continuava a piangere, poi aveva dovuto cambiarlo e dargli da mangiare. Per star dietro a lui non era riuscito a seguire la partita e fare regia come suo solito e il suo capo l'aveva rimproverato e minacciato di farlo retrocedere ad aiuto regia.

Era tornato a casa furioso, mai era stato trattato così. E tutto per un bambino che neanche voleva e quella dannata Clarke Griffin che non faceva niente per lui. Per una volta che ne aveva bisogno poteva anche venirgli incontro. E invece no, mai.

Clarke aprì la porta della stanza e lo guardò. Bellamy alzò lo sguardo, di fuoco, continuando a canticchiare la canzone dei Radiohead mentre metteva a letto Jordan, finalmente addormentato, "What the hell am I doin' here? I don't belong here". Clarke lo guardò delusa e scosse la testa "ma puoi smetterla di essere così negativo? Mi hai stufato" sussurrò "non fingerò di essere felice" rispose Bellamy uscendo dalla camera e chiudendo la porta "ma smettila Bellamy" "mi sto rovinando la vita per stare con Jordan" "mi dispiace che fare il genitore non sia divertente come pensavi, Blake" rispose ironica Clarke "tu invece non ti lamenti perché ti piace questa vita, quella di prima faceva schifo. Nessuno aveva bisogno di te" Clarke si fermò con le lacrime agli occhi ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere "non è vero, amavo la mia vita di prima" "tu non sai cosa significa fare la bella vita. Io la facevo, avevo tutto ed ero felice" disse convinto anche se sapeva di star mentendo a se stesso. "Certo che eri felice, andavi a letto con chi volevi. Ed è l'unica cosa che ti interessa" "Sai Clarke, forse dovresti andare a letto con qualcuno anche tu. Il problema è che devi trovare qualcuno che ti sopporti" "Vaffanculo Bellamy".

Erano feriti e amareggiati da questo scambio, litigavano spesso ma non arrivavano quasi mai a toccare dei tasti così intimi e personali.

Bellamy aprì la porta di casa con ira e prese il casco "non dovresti andare in moto in questo stato. I genitori di tuo figlio sono morti in un incidente" disse con voce decisa Clarke. Bellamy si girò di scatto e la guardò in un modo che non aveva mai visto, rabbia, paura, delusione, lacrime in procinto di uscire "lui non è mio figlio. Non è mio figlio" "e allora di chi è figlio?"

 

 

Bellamy tornò a casa dopo aver vagato per un po', mentre la domanda di Clarke gli rimbombava in testa di chi è figlio? Non lo voleva quel bambino, era contro tutti i suoi piani e aspettative per la vita. Eppure forse anche la tutela di Jordan era stato un modo per Monty di dirgli che credeva in lui e ricordargli che dalla vita poteva pretendere di più e dare agli altri molto più di quanto credesse.

Vide Clarke sul divano e si avvicinò cautamente "scusami, io non intendevo dire veramente quelle cose" "non ti preoccupare, siamo stanchi e nervosi" disse Clarke con un sorriso che gli sembrò bellissimo. Sembrava serena e in pace. "Ho cercato tra i filmini di Harper e Monty" iniziò la ragazza "avevo bisogno di sentire le loro voci e di vederli. Ogni tanto mi sembra di non ricordarli più" disse con voce incerta. Bellamy le passò un braccio sulle spalle e la strinse un po' a sé "ne ho trovato uno che devi assolutamente vedere". Sullo schermo passarono i volti di Harper e Monty e un'improvvisa commozione li prese ma allo stesso tempo una profonda gioia nel rivederli, sembrava loro di essere tornati indietro, a prima che tutto cambiasse. Il video li riprendeva mentre discutevano sul modo in cui Monty aveva tinteggiato la camera di Jordan, l'aveva fatto troppo tardi e ancora si sentiva l'odore di vernice fresca e Harper sosteneva, decisa, che non avrebbe fatto bene al piccolo. Clarke spense il video, Bellamy la guardò perplesso "stai cercando di dirmi che è normale che i genitori litighino in ogni momento?" "Non litigavano sempre, ma ogni tanto lo facevano. Anche loro stavano imparando a essere genitori e ci mettevano tutto loro stessi, sbagliando e sbagliando ma sempre guidati dall'amore che provavano l'uno per l'altra e per Jordan" Bellamy annuì a quelle parole "dobbiamo smettere di cercare di essere perfetti come ci apparivano loro, di cercare di rivestire i loro panni" "hai ragione" la guardò convinto Bellamy "questa casa, per esempio, è il loro mausoleo, ci sono fotografie loro ovunque. Forse dovremmo smetterla di considerarci ospiti in questa casa e pensare che un giorno torneranno. Perché non lo faranno". Clarke assentì con il capo e si lasciò andare tra le sue braccia. Per la prima volta, dopo l'incidente, si sentiva legata a Bellamy. Come se avessero fatto un passo di crescita irreversibile nel loro rapporto.

Iniziarono a togliere alcune foto di Harper e Monty e metterne di loro, cambiarono alcuni arredamenti nelle stanze, Bellamy coprì con un lenzuolo la moto salutandola definitivamente. Erano cambiati. Ora volevano impegnarsi davvero, nel loro rapporto di amicizia e con Jordan.

Finalmente stava diventando la loro casa, stavano diventando una famiglia. 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice. Eccoci con il nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto. Come sempre fatemi anche critiche per migliorare che ne ho bisogno. Ringrazio sempre i lettori che, anche se pochi, mi stanno accompagnando capitolo dopo capitolo. Un bacione, Marie

 

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Capitolo 10
*** Decimo Capitolo ***


DECIMO CAPITOLO



Quando Bellamy si svegliò, ci mise qualche secondo a mettere tutto a fuoco. Il suo braccio stringeva dolcemente il fianco della ragazza addormentata accanto a lui, i suoi capelli biondi, colpiti dal sole del mattino, sembravano ancora più luminosi. Incredulo Bellamy le accarezzò dolcemente la schiena, percorrendo con le dita il tracciato della spina dorsale, in un gesto intimo e personale che non aveva mai fatto con nessuna. Sorrise quando la sentì fremere al suo tocco e iniziare a svegliarsi. Iniziò a giocare con una ciocca di capelli biondi e a lasciarle dei baci sulle spalle per farla girare. Quando finalmente lo guardò, Bellamy sorrise dolcemente ma improvvisamente si rese conto che quegli occhi non erano così azzurri come quelli che si aspettava, che non c'era il neo sopra le labbra a renderle uniche e particolari, che il sorriso non illuminava l'intera stanza. Scosse la testa per cercare di togliersi quell'immagine, da quando pensava così di Clarke? Perché avrebbe voluto che ci fosse lei al posto della bionda sdraiata accanto a lui? Turbato da quei pensieri diede un veloce bacio alla ragazza e iniziò a rivestirsi.
 

Quando Clarke li vide scendere dalle scale, strinse più forte a sé Jordan in un moto di invida improvviso. Cosa aveva quella ragazza in più di lei? Insomma non poteva considerarsi brutta, aveva un bel fisico, era intelligente, era anche simpatica, o almeno credeva, e allora perché Bellamy non faceva la prima mossa? Non poteva più negare che da qualche tempo lo vedeva in modo diverso e che la sua presenza in casa la faceva sentire più viva. Mascherò il suo disappunto dicendo acidamente "hai davvero avuto il coraggio di dirle, la prossima volta offro io? Poveretta, crede davvero che ci sarà una prossima volta?". Bellamy sorrise furbo "sempre meglio che spezzarle il cuore" e prese in braccio Jordan che rideva felice. "Mi chiedo dove tu riesca a trovare tutte queste ragazze, se non sei al lavoro sei a casa con Jordan" "ho i miei metodi" rispose con fare misterioso Bellamy ripensando alle corse mattutine e allo stretching al parco. "sarà", al ragazzo sembrò che Clarke si fosse un pochino adombrata ma pensò che fosse impossibile, aveva detto più volte che lui era l'ultimo uomo con cui sarebbe stata. "Comunque" interruppe i suoi pensieri Clarke "sono preoccupata perché Jordan ancora non cammina" "lo farà quando ne avrà bisogno" "sì ma tutti i libri dicono che dovrebbe già camminare e parlare" "e che alla tua età dovresti essere sposata e con dei figli tuoi e invece, eccoci qua"


 

Quella settimana era stata un incubo al lavoro, il capo mastro continuava a dirle che c'erano state spese extra che non avevano calcolato e lei vedeva il conto salire vertiginosamente ogni giorno. Tra le spese per Jordan e quelle del negozio, stava dando fondo a tutti i suoi risparmi. Non ce l'avrebbe mai fatta. Entrò in casa e nel togliersi il cappotto di fermò a guardare la foto che avevano appeso, ritraeva lei e Bellamy che abbracciavano Jordan il giorno del suo primo compleanno, uno dei giorni prima dell'incidente. Le piaceva quella foto perché, oltre a ricordare un momento di felicità completa, faceva sembrare loro tre una vera famiglia, due genitori che sorridevano abbracciando il proprio bambino. Quanto era lontana dalla verità invece. Sentendosi improvvisamente sola e con un groppo in gola, senza andare in sala giochi da dove proveniva la voce di Bellamy, disse "Sono tornata. Vado a fare un bagno" "Stai bene?" "sì, sì. Ho solo bisogno di rilassarmi". A sentire la sua voce così tremante Bellamy si alzò, sarebbe voluto andare da lei per vederla in volto. Non credeva affatto che stesse bene, aveva imparato a riconoscere le diverse sfumature della voce ma sapeva che con Clarke bisognava fare piccoli passi. Se si fosse avvicinato troppo, avrebbe solo rischiato di vederla allontanarsi e lui non lo voleva, non lo voleva più. Passandosi una mano sul volto si sedette nuovamente accanto a Jordan "cosa dobbiamo fare eh, piccolo? La lasciamo tranquilla ma le prepariamo un'ottima cena. Sei d'accordo?"
 

Clarke chiuse gli occhi rilassandosi nella vasca, facendosi avvolgere dalla schiuma e dall'acqua calda quando un urlo la fece sobbalzare "Clarke, corri!" gridò Bellamy entusiasta "Jordan si è alzato in piedi da solo" "Cosa? Proprio adesso?" "Sì, muoviti. Dai che forse cammina" "Dannazione" imprecò Clarke uscendo dalla vasca di corsa e prendendo al volo un asciugamano in cui avvolgersi "non farlo muovere, arrivo". Bellamy era agitatissimo, non sapeva quanto Jordan sarebbe ancora stato in piedi e voleva che ci fosse Clarke nel caso in cui avesse camminato "Muoviti Clarke" "Arrivo, arrivo. Fermalo, non farlo muovere!" urlò precipitandosi giù dalle scale e inciampando nei giocattoli sparsi in giro. "Come faccio? Non muoverti Jordan, stai fermo" Bellamy si fece prendere dal panico e fece la cosa più stupida che potesse fare, lo colpì leggermente facendogli perdere l'equilibrio e cadere a terra. Clarke entrò in sala quando il bambino scoppiò a piangere e guardò con disapprovazione Bellamy. Dal canto suo il ragazzo era rimasto incantato nel vederla avvolta solamente dall'asciugamano e deglutì piano percorrendo con gli occhi tutte le linee del suo corpo, da quando la trovava così bella? Clarke arrossì per l'intensità dello sguardo e, per vincere l'imbarazzo, lo sgridò "ti avevo detto di fermarlo, non di traumatizzarlo. Adesso non camminerà più"
Il giorno dopo, invece, per seguire la pallina che rotolava nel corridoio, si alzò sulle sue gambette e iniziò a camminare velocemente. Clarke e Bellamy gli correvano dietro per evitare che cadesse e si facesse male ma lui era instancabile. Camminava sempre, come se volesse recuperare tutto il ritardo che aveva accumulato.


 

"Bellamy, siamo in cucina" urlò Clarke sentendo il ragazzo entrare in casa. Erano passati pochi giorni da quando lui l'aveva vista in asciugamano e ogni tanto lo sorprendeva a guardarla con uno sguardo diverso dal solito, come se la vedesse per la prima volta. Anche lei stava cercando di mettere a fuoco il tumulto emotivo che le provocava il solo vederlo ma, cercando di essere razionale e distaccata come suo solito, si diceva che era solo una cosa fisica, legata al fatto che viveva con Bellamy e che non c'era coinvolgimento emotivo.

Il ragazzo entrò e si fermò un istante a guardare quel quadretto familiare con una Clarke insolitamente allegra che si sedeva davanti al seggiolone di Jordan per dargli da mangiare "che cos'hai preparato questa volta?" chiese lasciandole un bacio sulla testa "della pasta fresca. Lui è l'unico a cui non piace la mia cucina. Ormai è una questione di principio" "A me piace" disse sorridendo "lo so, mangi per tre" "dai ci penso io", Bellamy le prese il piatto e preparò una cucchiaiata, guardò Jordan con aria di sfida e avvicinò il cucchiaio facendo l'areoplanino. Accanto a lui Clarke lo guardava ansiosa "dai ce la puoi fare". Quando Jordan mangiò con gusto il primo boccone, senza sputarlo fuori come suo solito, Clarke urlò felice "l'ha mangiato! Ce l'abbiamo fatta!" e di slanciò abbracciò Bellamy che, ridendo di cuore, la sollevò facendola girare.


 

"Adesso ho capito" disse con una punta di invida Clarke "capito cosa?" chiese Bellamy spingendo il carello della spesa tra i corridoi "ho capito dove trovi tutte quelle ragazze. Le adeschi qua usando Jordan come attrattiva" disse guardandosi intorno e notando tutti gli sguardi che si posavano su Bellamy con risatine isteriche e sorrisi nervosi. "Dai, voglio vedere" "come scusa?" "voglio vedere le mosse alla Bellamy Blake, come fai a conquistarle così?" "vuoi che ci provi con te?" "sì, fai finta che io sia una di quelle ragazze facili" "no, non ci proverò con te. Voglio andare a casa" "Dovresti scioglierti un po', non si può neanche scherzare" "scusami" disse Bellamy prendendo degli omogeneizzati dagli scaffali "secondo te qual è meglio per il bambino? Dicono che sia meglio prendere quello alle carote" "non solo. Prendi anche quello al manzo e alla frutta. I bambini devono avere una dieta diversificata. Ti consiglio anche provare a preparare tu delle pappe, facendo frullare" Clarke si interruppe e lo guardò sorridendo, Bellamy trattenne a stento una risata "hai capito il metodo Blake?" "ho capito che funziona, ci stavo cascando. Ancora qualche minuto e sarei stata tua" scherzò Clarke "avrei dovuto osare di più allora", la bionda scosse la testa imbarazzata e si allontanò fingendo di cercare qualcosa tra gli scaffali mentre Bellamy continuava a guardala pensando che avrebbe davvero voluto osare di più e baciarla lì davanti a tutti. 

"Clarke!" la chiamò una voce, si girarono entrambi e Bellamy scrutò il nuovo arrivato "Cillian, che sorpresa!" e aggiunse, a beneficio di Bellamy "è Cillian, il dottore di Jordan" "Cillian? Lo chiami Cillian?" "Dottor Nelson, lui è Bellamy Blake" "Bellamy, piacere" tese la mano stringendo quella del medico un po' più forte del dovuto. "è il tuo?..." chiese incerto Cillian "no, no, assolutamente no!" disse veloce Clarke mentre Bellamy abbassava il volto "stiamo solo crescendo Jordan insieme" la salvò dall'imbarazzo Bellamy che però, aggiunse, "Clarke mi aveva detto che le piaceva il pediatra di Jordan. Io pensavo che si riferisse alla bravura professionale ma, vedendola, capisco il senso della frase". Clarke, bordeaux lo spinse via allontanandolo ma Bellamy non la perdeva di vista un attimo. Era strano vederla con un altro uomo, di solito era lui che portava a casa le ragazze e non aveva mai avuto un contendente per Clarke. E invece adesso vederla sorridere e giocare con la ciocca di capelli per un altro uomo lo rendeva terribilmente invidioso. "Mi spiace se non ci siamo più sentiti dopo la visita, ma sono stati giorni impegnativi tra i lavori in negozio e Jordan" "non ti preoccupare Clarke, lo capisco. Ti andrebbe di venire a cena venerdì?" "Volentieri" "Perfetto, venerdì alle 20 passo a prenderti" "a venerdì". Ridendo Clarke tornò verso il carrello "avevi ragione Bellamy, è il posto ideale per incontri interessanti" 








 

Angolo autrice. Ciao! Pensavate che fosse Clarke la ragazza all'inizio? Spero che questo capitolo vi piaccia,  se avete suggerimenti e critiche scrivetemi! Un bacione! 

 

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Capitolo 11
*** Undicesimo Capitolo ***


UNDICESIMO CAPITOLO



Perché con Cillian? Tra tutti gli uomini perché proprio lui? Insomma, la prendeva sempre in giro per il fatto che nessuno volesse uscire con lei ma ora che stava per succedere non ne era così contento. Cosa aveva di così speciale da meritarsi l'interessamento di Clarke? Da quel poco che aveva visto non gli era sembrato abbastanza per lei, però non gli era sfuggita la reazione di Clarke, non l'aveva mai vista flirtare apertamente così, giocava civettuola con la ciocca di capelli e sorrideva un po' troppo. Certo, non era un brutto ragazzo, aveva un lavoro di tutto rispetto e una stabilità che lui non poteva offrirle. Però non era abbastanza. 

Il problema, si rese conto in quel momento Bellamy, è che nessun uomo sarebbe mai andato bene. Avrebbe dovuto portarla a cena fuori lui, pensò maledicendosi per l'occasione sprecata anni prima. Questa presa di consapevolezza gli fece cedere le gambe e dovette appoggiarsi al muro per non cadere. Voleva essere lui a farla sorridere così e a portarla fuori per un appuntamento. Quel sentimento che si faceva strada e che diventava giorno dopo giorno più forte era amore? Si era davvero innamorato di quella biondina rompi scatole? Lui, il grande Bellamy Blake, famoso per non farsi coinvolgere in nessuna relazione, si era innamorato?
 

"Bellamy" la voce di Clarke lo riscosse dal turbinio di pensieri "puoi venire ad aiutarmi un attimo?" "Arrivo" rispose il ragazzo salendo le scale. Clarke si era provata di tutto e aveva chiesto consiglio a lui, il più esperto in fatto di uscite, ma le aveva bocciato gran parte degli outfit che si era provata. Stava benissimo con tutti, era stupito di non essersene reso conto prima, ogni abito la faceva risaltare e gli orecchini che metteva illuminavano ancora di più il suo sorriso. Gliene aveva fatti provare diversi, fino a trovare quello più sobrio, non voleva che Cillian la vedesse già in veste corti o abiti scollati.

"Mi puoi dire se il fermaglio è messo bene?" gli chiese Clarke una volta entrato in stanza. Si era fatta una complessa acconciatura, con trecce che si chiudevano in uno chignon e che le tirava i capelli indietro. "Come ti sei messa in tiro principessa" "Oh stai zitto. È l'unico vestito che mi hai approvato. Sono talmente fuori allenamento che ho dovuto chiedere aiuto a te" scosse la testa ridacchiando "il fermaglio è a posto" disse Bellamy "ma secondo me stai meglio con i capelli più sbarazzini" ultimamente aveva pensato spesso di sistemarle dietro l'orecchio la ciocca che le ricadeva puntualmente sul viso ma si era sempre fermato in tempo. Bellamy rimase dietro di lei e le mise le mani sulle braccia, la sentì fremere a quel contatto e la girò velocemente. Clarke si sentì nuda davanti allo sguardo così profondo di Bellamy, i suoi occhi scuri non si staccavano dai suoi e sembrava che le volesse leggere dentro. Da settimane ormai temeva di incrociare il suo sguardo perché aveva paura che lui si accorgesse di quanto succedeva nel suo cuore e dei sentimenti che stava maturando per lui. Non si era mai sentita così desiderata come quando aveva provato i vestiti davanti a Bellamy, le sembrava di essere la donna più bella e amata della Terra sotto quel suo sguardo. Come sempre, però, lui aveva rotto l'atmosfera facendo battute sarcastiche e prendendola in giro. Ma in quel momento, a pochi centimetri uno dall'altra, non c'erano battutine o paure a tenerli lontani. Bellamy deglutì piano e alzò una mano ad accarezzarle delicatamente la guancia mentre Clarke, inconsapevolmente, piegava la testa di lato come ad approfondire quel contatto. Si avvicinarono lentamente, non sarebbero stati capaci di fermarsi.
 

L'improvviso suono del campanello li fece sobbalzare. Rimasero per un istante ancora vicini, incapaci di allontanarsi. Clarke tossì imbarazzata "Bell, io" esitò "dovrei andare" "va bene" rispose Bellamy mentre le sue dita ancora esitavano sul volto della ragazza. Clarke ci mise ancora un attimo a spezzare quel contatto e a trovare le forze per allontanarsi. Il campanello suonò ancora "Scusami" balbettò Clarke uscendo veloce dalla camera e scendendo le scale.
 

Bellamy si passò una mano sul volto per riprendersi da quanto successo "dannazione! Come ho potuto essere così debole?". Doveva lasciarla andare e permetterle di iniziare una relazione con Cillian, l'avrebbe resa felice e le avrebbe permesso di avere una vita più sicura. Scese anche lui per buona educazione, anche se l'ultima cosa che voleva fare era salutare quel dottore.
 

"Grazie Bellamy che ci hai concesso questa serata" disse Cillian in tono affabile stringendogli la mano "nessun problema Doc. Ho vinto la compagnia migliore" rispose facendo un cenno a Jordan che dormiva beato "ti devo avvertire, però" aggiunse con il solito sorriso sghembo "Clarke è fuori allenamento, devi essere paziente". Cillian rise imbarazzato mentre Clarke lo fulminava con lo sguardo "andiamo Cillian, non starlo ad ascoltare" e chiuse la porta alle sue spalle.

Bellamy fece un passo verso la porta tendendo la mano verso la maniglia ma la riabbassò subito, sospirando. Doveva lasciarla andare, sarebbe stato meglio per tutti.


 

Cillian, cautamente, le mise una mano dietro la schiena, guidandola verso l'auto. Aveva prenotato in un ristorante di alto livello, riservando un tavolo vicino alla terrazza. Era tutto perfetto, Clarke si guardava intorno con gli occhi spalancati per lo stupore e la bellezza. La compagnia di Cillian era estremamente piacevole, era gentile e attento a tutti i suoi gesti. Si era trovata fin da subito a suo agio, era bello poter parlare e confrontarsi con uno come lui, serio e affidabile. Con Bellamy, invece, era impossibile perché finiva sempre per discutere. Si sorprese nel rendersi conto che i suoi pensieri erano arrivati a lui anche in quel momento. Lo allontanò e si concentrò, sorridendo, sul ragazzo davanti a lui, doveva lasciar stare Bellamy, non avrebbe mai costruito niente di serio con lui, lo conosceva fin troppo bene.
 

Stavano aspettando il dolce quando Cillian le prese la mano e le accarezzò le dita affusolate "Clarke io" iniziò "non so dirti quanto io sia contento di essere qui con te e" si interruppe quando il telefono di Clarke iniziò a suonare "scusami ero convinta che fosse spento" "tranquilla, rispondi pure" "è Bellamy, che diamine vuole? Bellamy, è la mia serata, che cosa vuoi?" "voglio parlare con Cillian" disse con tono preoccupato "è per te" disse Clarke passandogli il telefono "Bellamy, dimmi. Sì, capisco. Portalo all'ospedale, al pronto soccorso dì che ti mando io. Figurati, ciao". Clarke lo guardò preoccupata "cosa succede?" "niente di grave, Jordan ha un po' di febbre. Bellamy ora lo porta a farlo visitare e gli daranno l'antibiotico. Possiamo raggiungerli tra un paio d'ore, finiamo qui con calma" "no" disse Clarke angosciata, raccogliendo le sue cose e mettendo il cappotto "dobbiamo andare subito"


 

Dopo la visita Clarke si avvicinò preoccupata a Cillian "allora?" "non è niente di grave, una tipica febbre che viene ai bambini. Dovrà prendere l'antibiotico per un po' e si sistemerà tutto, vai tranquilla Clarke". La ragazza annuì con le lacrime agli occhi "non so come ringraziarti, per l'aiuto con Jordan e per la cena. Non mi sentivo così bene da tanto tempo" "anche io e vorrei chiederti" esitò un attimo per paura che lo rifiutasse "se volessi uscire ancora con me" "ne sarei onorata" rispose Clarke sorridendo. "Sai avevo fantasticato molto" riprese Cillian con coraggio "sul momento in cui ti avrei riaccompagnata a casa. Ma ora, ti porterà a casa Bellamy e" Clarke lo interruppe baciandolo. Quando si allontanò sorrise imbarazzata, non era da lei prendere l'iniziativa così "molto meglio di come lo avevo immaginato" disse ridacchiando Cillian. "Clarke, andiamo" la richiamò la voce di Bellamy dietro di lei. Si girò a guardarlo e le sembrò di notare una certa delusione sul suo volto ma decise di non farci caso, non le importava. Guardò di nuovo Cillian "buona notte e grazie ancora" "è stato un piacere Clarke, davvero" "ti chiamo domani". "Clarke, aspetta" la richiamò Cillian, "buona notte" disse baciandola ancora.

Bellamy, a vedere quella scena, rimase nuovamente impietrito ma decise che avrebbe relegato i suoi sentimenti in un angolo e non avrebbe mai permesso loro di condizionarlo. Si richiuse dietro la sua muraglia di indifferenza e, con ostentata freddezza, riportò a casa Jordan e Clarke che, dal canto suo, sembrava felicissima e raggiante. Non voleva rovinare quella sua felicità, la voleva vedere sempre così, avrebbe ceduto per lei, doveva ammettere di aver perso. 











 

Angolo autrice. Ciao a tutti!! Fatemi sapere come vi sembra questo capitolo. Un bacio, Marie

 

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Capitolo 12
*** Dodicesimo Capitolo ***


DODICESIMO CAPITOLO



"Cosa succede a Bellamy?" chiese Raven accompagnandola in cucina. "Cosa intendi? A me sembra sempre il solito" rispose velocemente Clarke. Non era vero. Se ne era accorta anche lei, c'erano stati dei cambiamenti prima impercettibili poi sempre più evidenti. Da quando aveva cominciato a uscire con Cillian, Bellamy sembrava distante e freddo; come sempre faceva le sue battute ma ora con il preciso intento di ferirla, erano delle piccole stilettate che lui le lanciava contro durante la giornata. Quando non doveva tenere Jordan, poi, tornava a casa spesso tardissimo e lo sentiva salire le scale incespicando nei suoi piedi e ridacchiando insieme a una donna sempre diversa. Non poteva negare che per Jordan c'era sempre ma con lei non parlava più.

"Clarke, cosa mi nascondi?" la scrutò Raven guardandola dritto negli occhi "Ti conosco e conosco Bellamy da una vita ormai. Ce ne siamo accorti tutti" Clarke abbassò il volto, fingendo di concentrarsi sui piatti che stava sciacquando. "Quando siamo venuti qui l'ultima volta sembrava che andasse benissimo. Quando siamo usciti abbiamo pensato che finalmente foste riusciti a trovare il vostro equilibrio e che avevate iniziato ad aprirvi uno con l'altra". Clarke lasciò cadere le posate nel lavandino e si appoggiò al piano da lavoro "non è successo niente, Rav. Alla fine Bellamy mi ha confermato essere quello che ho sempre visto in lui. Non sa prendersi le sue responsabilità, è freddo, distaccato e va a letto con una ragazza diversa praticamente ogni sera" "ma per Jordan c'è giusto?" "Sì, è cresciuto molto sotto quell'aspetto. È vero. Ma se non fosse per Jordan non rimarrebbe in questa casa" "Beh, Clarke, se non fosse per Jordan tu rimarresti in questa casa con lui?". Clarke non rispose, colpita da quella domanda. E lei cosa avrebbe fatto? Sicuramente all'inizio l'idea di crescere un bambino con Bellamy le faceva quasi ribrezzo, odiava quel ragazzo, e non avrebbe voluto condividere niente con lui neanche se fosse stato l'ultimo sulla Terra. Si ricordava persino di averglielo urlato contro, con disprezzo e con superiorità. Ma, doveva ammetterlo, con il passare dei giorni la sua compagnia era diventata piacevole e, senza che nessuno dei due lo volesse, fondamentale. Nella sua vita c'era un prima e dopo Jordan e Bellamy, non poteva più prescindere da loro due che, come il regalo più inaspettato, erano entrati nella sua vita e l'avevano radicalmente migliorata. Ma dopo quegli ultimi avvenimenti "no, se non fosse per Jordan neanche io vivrei con lui" disse, con una morsa di tristezza che le stringeva il cuore.

 

Bellamy diede un bacio a Jordan, fece un leggero cenno del capo a Clarke e uscì di casa per andare allo stadio. Con foga si mise il casco e partì con la moto. Da qualche tempo aveva ripreso a usarla, incurante delle lamentele a mezza voce di Clarke. Aveva bisogno di sentire qualcosa e l'aria che gli sferzava in volto lo faceva sentire per qualche minuto vivo. Da quando aveva deciso di relegare i suoi sentimenti per Clarke in un angolo, si sentiva svuotato e perso. Gli sembrava di essere tornato ai tempi del college quando, con aria strafottente, passava le sue giornate tra feste e uscite, con la testa libera e il cuore leggero. Da quando aveva cominciato a condividere la sua vita con Clarke e Jordan, invece, aveva riscoperto un gusto e una passione che non aveva mai avuto. Le sue giornate erano piene, non sempre facili, e aveva scoperto la bellezza di condividere veramente le fatiche e le gioie con qualcuno. Poi se quel qualcuno era Clarke, era ancora più bello. Piano piano aveva imparato a lasciarsi voler bene e a voler bene, a desiderare di costruire qualcosa insieme. Quando, però, Clarke aveva iniziato a uscire con Cillian, tutto questo gli era stato strappato nuovamente. Come quando aveva perso Jasper prima e Jordan poi, si sentiva abbandonato e il dolore era insopportabile. Con rabbia si tolse il casco, arrivato al lavoro, tutti quelli che amava lo lasciavano senza lasciare il tempo alle ferite di cicatrizzarsi e non ce la faceva più.

Badare a Jordan e dedicarsi al lavoro lo teneva impegnato e gli dava qualche stimolo anche se di breve durata. Aveva ricominciato a cercare la compagnia di ragazze che si portava a letto, senza condividere niente veramente. A volte tornava a casa con qualcuna che somigliasse a Clarke, per cercare di lenire il dolore, quando invece la rabbia prendeva il sopravvento, cercava invece il suo opposto. Sapeva che stava lentamente naufragando ma questa volta non voleva che nessuno lo salvasse.


 

Clarke lo vedeva consumarsi ogni giorno di più, inesorabilmente. E non sapeva cosa fare. Aveva provato ad avvicinarsi con discrezione e cautela ma lui l'aveva sempre respinta. Solo quando venivano a trovarli i loro amici, Bellamy sembrava riacquistare un po' di vitalità e gli occhi tornavano a illuminarsi bellissimi e un sorriso gli splendeva in volto. Forse la colpa era solo sua, avrebbe dovuto lasciarlo andare perché fosse felice anche lui. Con lei Bellamy non poteva essere felice, la sua presenza lo incupiva, l'aveva capito guardandolo come sembrava spegnersi ogni volta che lei entrava in una stanza o che parlava.

"Carini quei fiori" sobbalzò a sentire la sua voce, non l'aveva visto entrare e sorrise. Era una delle rare volte in cui le diceva qualcosa, probabilmente sarebbe corso in sala in pochi secondi. "sì, me li ha dati Cillian" "è un'occasione speciale? Mi sono perso un qualche vostro anniversario?" chiese pungente ma avvicinandosi alla ragazza. Clarke rimase immobile, tremante. "No, niente di particolare, mi ha solo chiesto una cosa ma non gli ho ancora risposto" esitò.

 

Stavano passeggiando al parco, mano nella mano. Avevano cenato insieme a casa di Clarke con Jordan e un Bellamy particolarmente silenzioso. Dopo aver messo a dormire Jordan erano usciti a fare due passi.

Cillian la guidò verso una panchina e l'avvolse con un braccio stringendola a sé. "Clarke" iniziò per poi lasciarle un bacio sulla testa "ormai usciamo da tempo e stiamo bene insieme. Vero?" Clarke annuì, irrigidendosi, dove voleva arrivare? "Ecco, siccome passiamo gran parte della giornate insieme e io ho delle cose a casa tua e tu a casa mia" si fermò per cercare gli occhi della ragazza accanto a lui che, però, erano puntati in basso, come a studiare il terreno. Sospirò e riprese "anche per la stabilità di Jordan, volevo chiederti di venire ad abitare da me. Voi due, pacchetto completo". Clarke si alzò di scatto a guardarlo. Lo fissò per qualche secondo, incapace di interpretare i mille pensieri che la stavano travolgendo. Cillian la guardò e sorrise dolcemente, accarezzandole una guancia "so che ti sto chiedendo tanto Clarke. Ormai tu Jordan e Bellamy siete una squadra ben rodata. Non ci conosciamo da tanto, lo so, ma sono certo di quello che provo per te" "Cillian" balbettò Clarke "io... io non so cosa dire. Mi hai colto alla sprovvista" "non devi darmi una risposta adesso. Puoi pensarci". Clarke annuì sollevata e lo abbracciò.

 

"cosa ti ha chiesto?" domandò Bellamy con la voce che gli tremava più di quanto volesse. Si avvicinò pericolosamente a Clarke, per non perdere neanche il più minimo dei movimenti degli occhi. Non li guardava da tempo ma aveva imparato a leggerli. Clarke voleva dimostrarsi dura e superiore, ma i suoi occhi parlavano per lei e lui li capiva.

"mi ha chiesto di andare ad abitare con lui e Jordan" disse velocemente con la speranza che facesse meno male. Bellamy si fermò immediatamente, come se lo avessero colpito al petto, il fiatò gli mancò.

Clarke lo scrutava, voleva capire cosa pensava, come la stava prendendo, come stava. Bellamy rialzò lo sguardo e si avvicinò ancora "cosa gli hai risposto?" domandò incerto, temendo la risposta "che non lo so" "perché?" "Diamine, Bellamy, non è una decisione facile. Io ti vedo consumarti ogni giorno e penso che non vorrei lasciarti da solo ad affrontare i tuoi demoni ma...". Bellamy si avvicinò ancora di più, bloccandola spalle al muro, scosse la testa mentre una lacrima gli solcava il volto "No, no. Non dirlo" "poi penso che sia colpa mia se stai così. Non volevi di certo una famiglia. E quindi penso che lasciarti libero possa essere la cosa migliore per te". "Clarke, ti prego" sussurrò Bellamy "dimmi tu allora cosa devo fare. Perché io non capisco più niente" ormai Clarke piangeva "Dimmi solo se sei felice con Cillian. Se lo sei ti lascerò andare" si guardavano negli occhi, senza lasciarsi un istante. "io, non lo so" sussurrò alla fine Clarke. "Come non lo sai? Dannazione Clarke" urlò Bellamy sbattendo i pugni sul muro "lui è bello, simpatico, mi ama e può dare un futuro brillante a Jordan ma..." "ma? Cos'ha che non va il tuo principe? Dimmelo Clarke!" "ma non sei tu, idiota!" urlò "non sei tu" ripeté ancora a voce più bassa. 
Bellamy la guardò sorpreso, con impeto tolse le mani dal muro e le strinse la vita avvicinandola a sé. "Allora non andare. Rimani qui, con me". Non aspettò una sua risposta e la baciò come desiderava da tempo. Delicatamente, assaporando ogni istante. Questa volta non l'avrebbe fatta andare.
"Bellamy" disse Clarke allontanandosi "io non posso. Mi dispiace. Non posso" balbettò piangendo e scappando via da lui, di nuovo.
Bellamy si accasciò a terra, svuotato. La felicità che aveva raggiunto per un secondo gli era stata tolta. Piangendo si appoggiò al muro continuando a guardare il punto da cui era uscita Clarke, sperando di vederla rientrare. L'aveva persa, di nuovo.











 

Angolo autrice. Ehm come vi è sembrato questo capitolo? Cosa combineranno i nostri amati? Come sempre scrivetemi consigli su come migliorare che ne ho sempre bisogno. Grazie sempre a chi legge e commenta. Un bacione, Marie 💕💕

 

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Capitolo 13
*** Tredicesimo Capitolo ***


 

TREDICESIMO CAPITOLO 



Clarke si rigirava, insonne, nel letto ripensando a quanto successo poco prima. Aveva ancora negli occhi e nel cuore il modo in cui Bellamy l'aveva guardata e come terrorizzato le aveva chiesto se volesse andare a vivere con Cillian. L'aveva sentito con il fiato sospeso mentre aspettava una sua risposta e aveva percepito sulla sua pelle l'intensità con cui l'aveva stretta a sé prima di baciarla. Aveva visto tutte le sue emozioni negli occhi e si erano incise in lei, indelebili. Lo voleva, voleva quel bacio e voleva Bellamy. Ormai non poteva negarlo a se stessa. Stare con Cillian la faceva sentire al sicuro ed era sicura che lui la amasse però non si sentiva viva come quando stava con Bellamy, non si sentiva veramente se stessa, con Cillian non si prendeva mai la libertà di farsi vedere totalmente quella che era, doveva sempre mostrarsi perfetta ai suoi occhi. E allora perché era scappata? La parte razionale di lei, che puntualmente prendeva il sopravvento sui sentimenti, le diceva che Bellamy non era quello giusto e che, soprattutto, lui non era innamorato di lei ma era attratto solo fisicamente. Insomma, era Bellamy Blake non poteva cambiare così da un giorno con l'altro e lei non voleva una relazione basata solo sull'attrazione fisica, voleva qualcuno con cui crescere, condividere ogni momento della giornata e magari costruire una famiglia. Bellamy non sarebbe mai stato l'uomo giusto.
 

Dalla porta, lasciata come sempre aperta, sentì Jordan piangere nel lettino ma, dopo un momento di indecisione, lo ignorò lasciando a Bellamy il compito di alzarsi e andare a consolarlo. Poco dopo, infatti, lo sentì passare davanti alla camera e dal pianto più calmo di Jordan capì che lo aveva preso in braccio. Con gli occhi chiusi e il cuore che batteva a mille, ascoltò i passi di Bellamy avvicinarsi nuovamente e fermarsi qualche istante davanti alla sua camera. Lo poteva quasi immaginare, in piedi, che in modo ancora un po' rigido e innaturale teneva in braccio Jordan, ancora non si era abituato a fare il padre, mentre invece per il bambino quelle braccia erano sinonimo di amore e sicurezza.
 

Aspettò che nella casa regnasse il silenzio più totale, e per sicurezza qualche minuto in più, e si alzò per andare a guardarli. In punta dei piedi si avvicinò alla camera di Bellamy e, come lui aveva fatto prima, anche lei si fermò ad ammirarli. Dormivano entrambi, il ragazzo teneva stretto in un abbraccio Jordan per impedire che cadesse dal letto. I ricci ribelli cadevano scomposti sul viso che sembrava totalmente rilassato, ignaro dell'intensità delle emozioni che solo qualche ora prima aveva mostrato. Vederli così insieme le strinse il cuore e al contempo face nascere in lei una nuova emozione, loro tre ormai erano una famiglia. Come avrebbe potuto dividerli, portando Jordan con sé? Non era vero che in Bellamy non c'erano stati cambiamenti, quel bambino aveva tirato fuori un lato del ragazzo che prima non aveva mai visto e nel ruolo di padre in cui si stava calando sembrava veramente realizzato.

Con passo incerto si avvicinò al letto, diede un leggero bacio a Jordan e con delicatezza accarezzò la fronte di Bellamy, spostando i ricci e percorrendo tutto il suo profilo. Si avvicinò a lui e sussurrò "non vi separerò, non vi lascerò. Troveremo il modo, ma staremo insieme". Con questa sicurezza tornò in camera sua e, finalmente, si addormentò.



 

"Non vi separerò, non vi lascerò. Troveremo il modo, ma staremo insieme" gli aveva sussurrato Clarke quella notte. Aveva, ovviamente, finto di dormire quando l'aveva sentita scendere dal letto e imprecare sotto voce quando il pavimento aveva preso a scricchiolare rivelando la sua presenza. In attesa, aveva cercato di immaginare i suoi movimenti. Era rimasta ferma sulla porta un po', tanto che temeva che fosse andata via, quando poi aveva sentito il letto piegarsi leggermente sotto il peso della ragazza. L'aveva immaginata sedersi accanto a Jordan e baciargli la fronte. Quando poi gli aveva accarezzato il viso si era dovuto trattenere per non rivelarle che era sveglio, avrebbe voluto baciarla di nuovo come aveva fatto qualche ora prima. Quando poi, prima di allontanarsi, aveva detto quella frase, aveva sentito il cuore esplodere per la gioia. Se prima era certo di averla persa di nuovo e per sempre, ora aveva una rinnovata speranza. Ce l'avrebbero fatta, come sempre. Insieme.

 

Scese le scale verso la cucina con passo deciso, sapeva che quello che avrebbe detto poco dopo non sarebbe stato facile per lui ma sarebbe stata la scelta migliore per tutti. Clarke gli dava le spalle, indaffarata tra fornelli e biscotti, intenta come al solito a preparare la colazione per tutti. "Clarke!" la ragazza sobbalzò a sentirlo e si girò cauta "Buongiorno" sorrise. Bellamy fece sedere Jordan nel seggiolone, strofinò le mani nervosamente e iniziò "volevo chiederti scusa per ieri sera", Clarke scosse la testa tranquilla "non c'è niente per cui chiedere scusa" "No, invece, mi sono lasciato prendere dalla situazione" ogni parola che diceva era come un colpo al cuore "non dovevo costringerti a scegliere" "no, Bellamy, va tutto bene" disse esitando Clarke e iniziando a sentirsi intimorita dalla piega del discorso "io e te funzioniamo abbastanza bene come squadra, no?" la ragazza annuì "ma solo come squadra, non c'è nessuna implicazione sentimentale. Ci tenevo a dirtelo". Clarke accusò il colpo che fece più male di quanto pensasse e si appoggiò al tavolo "sì... certo..." "insomma, siamo sempre noi. Bellamy Blake e Clarke Griffin, potrebbe mai esserci qualcosa di serio?" Bellamy cercò di mascherare il tremolio della voce e Clarke si girò dandogli le spalle e concentrandosi sulle tazze davanti a lei "hai ragione Bellamy, già il fatto di essere sopravvissuti fino ad oggi è un passo enorme per noi". Bellamy si passò una mano sugli occhi per asciugare le lacrime prima che Clarke si girasse di nuovo verso di lui. Tese la mano incerto e disse cercando di sorridere "amici?", Clarke lo guardò negli occhi, non l'avrebbe perso e le sarebbe andato bene anche quello "amici" confermò sorridendo a sua volta. Si guardarono con la consapevolezza che avrebbero protetto quel rapporto in ogni modo, troppo prezioso per entrambi.


 

"Buona giornata, Clarke" le disse mentre lei scendeva dalla macchina e prendeva Jordan "anche a te e grazie per il passaggio". Lo salutò di nuovo con un cenno della mano ed entrò in negozio sotto gli occhi attenti di Roan "cosa c'è?" chiese sbuffando "niente, assolutamente niente. È del tutto normale vederti scendere dalla macchina di Bellamy e guardarlo con gli occhi così innamorati" "ma finiscila Roan, ti devo prendere un paio di occhiali?" "Non fare la simpatica con me, ti conosco troppo bene e non mi puoi nascondere nulla". Clarke lo ignorò e, dopo aver messo Jordan a giocare, iniziò a sistemare i dolci in vetrina. "Clarke..." "Roan, smettila, torna a fare il tuo lavoro" lo interruppe bruscamente la ragazza "ti faccio una sola domanda, è per Bellamy che non hai ancora risposto al tuo caro Cillian?". Clarke si fermò e spostò lo sguardo su Jordan e istintivamente gli sorrise, poi tornò a guardare Roan e scosse la testa e mostrò la sua preoccupazione "Non lo so, davvero non lo so Roan. E ho paura di sbagliare e di ferire qualcuno". Roan la guardò comprendendo le sue preoccupazioni "devi fare chiarezza dentro di te, non aver paura per gli altri. Sai che non potrai nasconderti per sempre dietro a un lo faccio per loro. Perché devi pensare anche a te e alla tua felicità". Clarke lo ringraziò con lo sguardo e il pasticcere si apprestò a tornare al suo lavoro ma, lanciando un'occhiata fuori, si fermò e disse nuovamente "Clarke, non dico che devi capire tutto adesso ma sta arrivando il tuo dottore. Penso che tu gli debba delle risposte". Clarke si irrigidì immediatamente e si preparò ad accogliere Cillian, non sapeva cosa gli avrebbe detto, aveva ancora bisogno di tempo.

 

"Buongiorno Clarke" disse allegramente Cillian prima di baciarla "buongiorno anche a te, come stai?" le chiese con un nodo allo stomaco "bene grazie, posso rubarti per cinque minuti?". Si guardò intorno con aria interrogativa e Roan disse "sì, è tutta tua. Ci penso io qua" "grazie Roan". La prese per mano e la portò fuori dal negozio. "Non ti aspettavo questa mattina, avevo capito che ci saremmo visti più tardi" "sì, ma non potevo aspettare e avevo voglia di vederti. Ho sbagliato?" "no, no. Assolutamente" disse Clarke a disagio. "Sarò sincero Clarke, orami sono passati un po' di giorni da quando ti ho chiesto di trasferirti da me. Hai deciso?" "Cillian... Mi dispiace ma è complicato, ancora non è il momento" "come è complicato? Cosa c'è di difficile? Stiamo insieme, siamo due adulti, cosa ti trattiene?" alzò la voce incurante dei passanti "non voglio separare Bellamy e Jordan e non voglio lasciare Jordan". Con rabbia la provocò "non vuoi lasciare Jordan o non vuoi lasciare Bellamy?" Clarke non rispose e abbassò lo sguardo a terra "Senti Clarke, forse abbiamo corso troppo. Torna quando avrai le idee più chiare" disse con amarezza Cillian e la lasciò lì da sola. Clarke, in verità, non si sentiva male era quasi sollevata. Ormai aveva capito di essere innamorata di Bellamy anche se non ricambiata e non sarebbe riuscita a stare con un altro uomo, non in quel momento almeno, quando i sentimenti erano così forti. 






 

Angolo autrice. Eccoci qua, non succede molto in questo capitolo ma ormai Clarke si è resa conto di essere innamorata di Bellamy. Come si evolveranno le cose? Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, un bacione! 

 

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Capitolo 14
*** Quattordicesimo Capitolo ***


QUATTORDICESIMO CAPITOLO



Bellamy si fermò davanti alla porta di casa. Ogni volta che doveva rivedere Clarke dopo una giornata al lavoro aveva sempre bisogno di tempo per prepararsi e indossare la maschera del buon amico, etichetta che non gli bastava più. Era passata ormai più di una settimana da quel bacio e da quella ripartenza eppure ancora non si era abituato a quell'immagine, a dover mettere dei paletti e a controllare che i suoi gesti non fossero troppo espansivi per due semplici amici. Ricordava con malinconia la sera in cui, entrato in casa, aveva lasciato un bacio sulla testa di Clarke, in un gesto intimo e familiare, e dell'abbraccio in cui si erano stretti dopo che Jordan aveva finalmente mangiato la pappa cucinata da Clarke. Quei gesti ormai gli sembravano risalenti a un mondo lontano e a due che non erano più. Aveva persino smesso di uscire con ragazze tutte le sere perché, ormai non poteva negarlo a se stesso, nessuna avrebbe colmato il vuoto che Clarke aveva lasciato. Con nessuno si sentiva come quando era con lei, era capace di tirare fuori il suo meglio e lo faceva sentire amato e accolto. Quella biondina, contro i piani di tutti, era riuscita a fare breccia nel suo cuore e a farlo innamorare.
 

Sospirò, sfoderò il suo miglior sorriso ed entrò in casa. "Ciao, sono tornato" disse cercando Clarke e Jordan. "Ben tornato, siamo in sala". Il ragazzo li raggiunse velocemente e si sedette subito accanto a lei vedendo come, con preoccupazione, si teneva le mani tra i capelli con lo sguardo fisso sui fogli davanti a sé. "Ci sono problemi Clarke?" "è un disastro, siamo indietro con i pagamenti. C'è l'assicurazione di Jordan, dobbiamo pensare all'asilo per l'anno prossimo, le tasse, le utenze. Insomma, è troppo. Con i costi aggiuntivi per il negozio penso che non riuscirò a stare dietro a tutto. Dovrò rimandare i lavori a quando avrò più finanze, tiro su un muro e interrompo l'espansione" "no Clarke" disse infervorato Bellamy "non puoi rinunciare a questo sogno, ci stai pensando da tempo e ormai hai investito molto" "lo so Bellamy, ma ci sono altre priorità" "posso darti qualcosa io, ho messo da parte un po' di soldi" "non potrei mai accettarli" "stiamo crescendo un figlio insieme, voglio contribuire" "non posso, Bellamy" "Clarke, accettare dell'aiuto non significa che hai fallito. Vuol dire che non sei da sola". Clarke sospirò e alla fine disse "va bene, ma solo come forma di investimento. Ti darò il 10% dei profitti" "15%" "10%" "va bene, ma mi offri una cena. Voglio sapere se aprirai ristorante dove si mangia effettivamente bene" "andata, grazie Bellamy" disse felice Clarke e lo abbracciò. Rimasero stretti uno nelle braccia dell'altro e poi si staccarono imbarazzati "scusami" "no, nessun problema". Bellamy si alzò e prese una birra dal frigo "ma Clarke, è da un po' che non mi parli del tuo dottore, cos'hai deciso di fare rispetto a quello che ti ha chiesto?". Prese un sorso in attesa della risposta, già pronto a mostrarsi entusiasta all'idea di allargare la famiglia accogliendo anche Cillian "in verità niente, ci siamo lasciati. O, almeno, credo". Per poco Bellamy non si strozzò "come? E perché?" chiese non mascherando affatto la sua gioia "perché voleva una risposta immediatamente e io non l'avevo". Clarke lo guardò con uno sguardo che lui non aveva mai visto, era lo stesso sguardo che aveva visto in Harper e Monty, e tremò per l'intensità dell'amore che trasmettevano. "in verità sono contenta così" lo richiamò Clarke "non era il momento adatto". Bellamy le guardò con il suo sorriso strafottente e disse, prima di uscire dalla stanza "certo, la compagnia mia e di Jordan è decisamente migliore". Clarke ridacchiò e annuì seguendolo con lo sguardo.

 


 

"Per qualsiasi cosa chiamaci, mi raccomando" ripeté Clarke per la centesima volta a Charlotte, la babysitter che avrebbe tenuto Jordan quella sera "sì, state tranquilli. Ho già badato a lui altre volte, andate, andate". Si avviarono ma sul vialetto Bellamy si fermò, tornò indietro e prese due caschi "no, no. Non ci salgo sulla moto con te" disse subito Clarke "dai Clarke, ti divertirai e poi fa bene anche a lei uscire un po', sta sempre in garage" "va bene, ci salgo ma poi mi insegni a guidarla". Bellamy la guardò terrorizzato ma poi accettò "vedremo se ne avrai il coraggio". Davanti alla moto ebbero entrambi un senso di déjà-vu e tornò loro alla memoria quel primo disastroso appuntamento. Quante cose erano cambiate e loro come erano cresciuti. Sorridendosi con imbarazzo salirono e Clarke si strinse a lui.
 

"Clarke, davvero, complimenti. Il tuo negozio è molto bello. Si vede che ci stai mettendo anima e corpo. Ho fatto bene a investire qui, ti meriti di espanderlo", si fermò a guardarla mentre tagliava i peperoni, tutto sapeva di casa lì e non se ne sarebbe mai andato "stai seguendo una ricetta?" chiese curioso seguendo i movimenti delle sue mani "no, la cucina è l'unico posto dove mi permetto di non avere il controllo e di non seguire alcun piano. Mi lascio ispirare dalla situazione e dall'atmosfera" disse sorridendogli.

Avevano apparecchiato con semplicità ma con cura e acceso un paio di candele che decoravano il tavolo. Era tutto così diverso dalle volte in cui era uscita con Cillian, i posti in cui andavano dovevano sempre ricercare l'eleganza e la spettacolarità mentre lei preferiva qualcosa di più semplice. Avevano chiacchierato e riso per tutto il tempo, condividendo ricordi comuni e rivelando cose di sé ancora nascoste, avevano messo sul tavolo anche le difficoltà che affrontavano cercando l'uno nell'altra sostegno e conforto. Quella cena li aveva finalmente messi a nudo e aveva rivelato quando fossero in sintonia; erano usciti dal negozio con la convinzione di essere innamorati ma con il timore che il sentimento non fosse reciproco. Si sentivano allegri come due giovani ragazzi alle prese con il primo amore, la gioia di provare un sentimento così potente e la paura di vederlo svanire tra le proprie mani.



 

"Eccoci qua" disse Clarke davanti alla porta "alla fine non hai voluto guidare eh" "non volevo toglierti il tuo ruolo e farti sentire poco importante" "sì certo". Si guardarono e si persero uno negli occhi dell'altro, di nuovo, come era successo un numero infinito di volte quella sera. Ormai era impossibile cercare di nascondere i sentimenti che provavano. Bellamy tossì e chiese "rientriamo così facciamo andare Charlotte?" "sì, certo". In silenzio entrarono in sala e videro Charlotte che leggeva mentre Jordan dormiva beato "bentornati, è stato un angioletto" "Grazie mille Charlotte, davvero" "ci hai regalato una splendida serata" disse arrossendo Clarke. Charlotte sorrise "sono davvero contenta, siete una bella coppia voi due. Buona notte". Clarke non alzò lo sguardo da Jordan, imbarazzata, lei e Bellamy una bella coppia? Gli stessi pensieri turbinavano nel ragazzo, era stato tutto perfetto, Clarke e Cillian si erano lasciati, erano usciti insieme e avevano ritrovato la sintonia che mancava.
 

"Bene, io salgo in camera" lo distolse dai suoi pensieri Clarke "mi cambio e vengo a prendere Jordan così lo metto a letto. Grazie ancora per la serata Bellamy" disse e, prima di salire, gli lasciò un bacio sulla guancia, indugiando qualche secondo di troppo "buona notte Bell". Il ragazzo rimase immobile, dentro di lui il cuore gli diceva di fermarla e dichiarare i suoi sentimenti mentre la testa gli intimava di aspettare ancora, di vedere come si sarebbero evolute le cose. "Aspetta" quasi gridò Bellamy. Clarke si fermò con il cuore che le scoppiava nel petto. Lo guardò avvicinarsi a passo deciso "basta Clarke" sussurrò a pochi centimetri da lei "basta". Non ebbe il tempo di chiedersi cosa volesse dire che sentì le labbra di Bellamy sulle sue e tutto il resto svanì. Era un bacio cauto, timoroso ma aveva fatto esplodere in entrambi i sentimenti ormai impossibili da nascondere. Bellamy si allontanò mal volentieri da lei e Clarke, istintivamente si sporse verso di lui, a cercarlo ancora e ancora. Il ragazzo la fermò pur non volendo e accarezzandole una guancia le chiese anche se sapeva la risposta "scapperai questa volta?" Clarke lo guardò sentendosi per un attimo colpevole e poi, con decisione e amore rispose "sono esattamente dove voglio essere e con chi voglio stare".

Bellamy quasi non la fece finire di parlare e subito tornò sulle sue labbra, incapace di starle lontano. Clarke gli passò le mani tra i capelli e poi sulle spalle stringendolo di più a sé e facendo aderire i loro corpi. Senza smettere di cercarsi salirono le scale ed entrarono in camera di Bellamy. Il ragazzo la fece sdraiare sul letto e dopo averla baciata ancora si sollevò per guardarla in volto "sei così bella, Clarke" e sorrise nel vederla arrossire. Tornò a baciarla e Clarke invertì le posizioni sdraiandosi su di lui. Clarke iniziò a baciargli il mento per poi scendere verso il collo e sorrise soddisfatta nel sentirlo fremere per il piacere, si abbassò e iniziò a sollevare piano la maglietta, lasciando dei baci sulle porzioni di pelle che man mano venivano scoperte. Quando gli tolse la maglietta si rimpossessò delle sue labbra e Bellamy, guidato dalla passione sempre crescente, invertì di nuovo le posizioni e bruscamente le tolse la maglietta. Iniziò anche lui una lenta tortura baciandole la pancia e risalendo verso il collo per poi scendere alle spalle e abbassare il reggiseno. Clarke gli accarezzò gli addominali e con le mani scese fino ai pantaloni che slacciò, Bellamy sorridendo la guardò negli occhi temendo un rifiuto. Quando però lei gli sorrise a sua volta non aspettò più, si tolse i pantaloni e sfilò anche quelli di Clarke. Ansimando tornarono a guardarsi, Clarke inarcando leggermente la schiena e cingendolo con le gambe gli fece capire di essere pronta mentre li separava solamente l'intimo. Bellamy la baciò ancora dolcemente prima di sfilarle l'ultimo indumento e rimanere a sua volta nudo davanti a lei.
Non c'era imbarazzo, solo il desiderio di sentirsi completi e la consapevolezza di essere amati.
Bellamy entrò piano in lei mentre Clarke lo stringeva a sé. Raggiunsero ansimanti il massimo del piacere e si sdraiarono sul fianco, guardandosi negli occhi. 

Non c'era bisogno di parole, non ora almeno, parlavano per loro gli occhi e i gesti. Clarke appoggiò una mano all'altezza del cuore di Bellamy e lo sentì battere all'impazzata. Bellamy allungò una mano a spostare la ciocca bionda dietro l'orecchio di Clarke e si fermò lì, accarezzando con il pollice la sua guancia. Godendosi quell'intimità e la felicità finalmente raggiunta e in quel momento così tangibile si addormentarono, con la consapevolezza di aver trovato finalmente la propria casa.









 

Angolo autrice. Finalmente ce l'hanno fatta!! Non sono brava a descrivere le scene d'amore perché mi veniva naturale essere un pochino più esplicita ma, siccome non ho messo l'avvertimento, non volevo esagerare per magari dar fastidio a qualcuno. Sono stata quindi molto, forse troppo, vaga. Fatemi sapere se vi è piaciuto, un bacione ❤

 

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Capitolo 15
*** Quindicesimo Capitolo ***


QUINDICESIMO CAPITOLO

 
Bellamy si risvegliò, doveva essere ancora notte fonda, non un raggio di luce entrava dalle tapparelle semi alzate; prima di girarsi verso Clarke si aprì in un sorriso. Indugiò nella memoria di quanto avevano fatto poche ore prima e felice si voltò verso la ragazza. Quando allungò il braccio per stringerla a sé, però, trovò il letto vuoto. Di scattò di mise seduto e con rabbia si passò una mano tra i capelli, temeva che si fosse pentita e che fosse tornata a dormire nella sua stanza. Velocemente indossò i pantaloni del pigiama e, a torso nudo, si avviò verso la camera di Clarke mentre mille pensieri e dubbi lo tormentavano, forse avevano affrettato troppo le cose e avrebbero dovuto prima chiarire a voce i propri sentimenti. Lui, però, non si era pentito di nulla, avrebbe rifatto tutto, di nuovo e per altre mille volte ancora. Aveva anche sognato di risvegliarsi accanto a lei e di coccolarla e di perdersi nel loro amore.

Si sporse con cautela a guardare in camera di Clarke ma non la trovò, con leggera apprensione andò nella camera di Jordan ma anche quella era vuota. Scese velocemente le scale e tirò un sospiro di sollievo quando vide Clarke che cullava dolcemente il bambino tra le sue braccia. Si fermò a contemplarla, una leggera camicia da notte la segnava evidenziandole le morbide forme. Con il cuore che esplodeva dalla gioia si avvicinò piano e la sentì canticchiare mentre con un dito accarezzava delicatamente il profilo di Jordan. La abbracciò di slancio e la sentì sussultare mentre la stringeva a sé e appoggiava il mento sulla sua spalla. Clarke si lasciò andare a quell’abbraccio, appoggiandosi completamente al suo petto; venne percorsa da un brivido quando Bellamy le baciò il collo più volte mentre ripeteva, quasi in un sussurro, sei bellissima. Rimasero persi in quell’abbraccio per un tempo indefinito, stupendosi di come si fossero ritrovati e si sentissero finalmente completi.
Bellamy fece girare Clarke verso di sé, per poterla guardare negli occhi, la baciò delicatamente sulla fronte e prese Jordan tra le braccia “vieni, torniamo su e mettiamolo a letto”. Clarke si lasciò guidare e si fermò a guardare il modo in cui Bellamy trattava il bambino, come se fosse la cosa più delicata dell’universo. Poi, guidata da un sentimento che non pensava di provare, si avvicinò a Bellamy, lo prese per mano e lo portò di nuovo in camera. Bellamy la lasciò fare, sorridendole curioso. Si sdraiarono senza perdersi di vista e rimasero a guardarsi, incatenati, mentre Clarke giocava con i ricci del ragazzo. “Ho avuto paura” disse esitante Bellamy. Clarke lo guardò senza dire niente, sapeva che aveva bisogno di tempo per aprirsi e che non era facile per lui esprimere a voce quello che provava. “Temevo” riprese quasi con vergogna “che ti fossi pentita di quello che abbiamo fatto. Di noi” disse indicando i loro corpi vicini. Clarke fermò la mano, sorpresa da quella rivelazione mentre Bellamy invece chiuse gli occhi, schermandosi per non mostrarsi debole. La ragazza si aprì in un sorriso meraviglioso, stupendosi della sensibilità del ragazzo accanto a lei e della profondità dell’affetto che provavano uno per l’altra. Si avvicinò ancora un po’ di più e, sollevandosi su un gomito, si sporse per baciarlo sullo zigomo e sulla mascella contratta per il timore. Rise piano percependo la tensione sciogliersi al suo tocco, lo baciò ancora, ne percorse con un dito il profilo e indugiò sul petto, disegnando ghirigori immaginari.  Bellamy sospirò piano, rilasciando la tensione, beandosi del tocco.

“Secondo me l’avevano previsto” ruppe il silenzio Clarke “cosa? di noi due?” Clarke annuì piano “Non credo, ci avevano già provato e non era andata bene” “Lo so, ma ora ho capito. Ora che ti conosco meglio, ho capito Harper e Monty” “Perché?” “Prima io non ti vedevo, guardavo solo quello che volevo e i tuoi difetti” “Invece ora hai scoperto che sono perfetto?” “sei proprio uno sbruffone, Blake” rise Clarke colpendolo al petto. Bellamy la prese per il polso e la tirò al petto, contro di sé, stringendola. “Harper e Monty ti vedevano veramente per quello che sei e, per certi versi, me li ricordi sai?” “Perché?” “Hai la loro stessa forza, passione per la vita, lotti per i tuoi ideali e i tuoi cari. Forse aspettavano che lo capissi anche io”. Bellamy la guardò con gli occhi che brillavano per la gioia piena e completa che provava in quel momento. Clarke si accoccolò meglio al suo petto e, cullata dai baci che Bellamy le lasciava tra i capelli, si addormentò lieta.
 
Vennero svegliati bruscamente dall’insistente suono del campanello; Bellamy, ancora intontito, dal sonno scese velocemente le scale mentre indossava la maglietta. Aprì la porta di slancio e si stupì nel trovarsi davanti Lexa “Buongiorno Blake”.  Bellamy si fermò stupito “buongiorno a te Lexa” “Avevamo appuntamento, posso entrare?”. Il ragazzo esitò “mi dia un minuto solamente”, chiuse velocemente la porta e risalì le scale, iniziando a raccogliere i vestiti che avevano sparso in giro la sera precedente. Entrò in camera e vide Clarke che, ancora in pigiama e con i capelli disordinati, giocava con Jordan che nel frattempo si era svegliato. “Clarke, è Lexa” “Cosa?” disse alzandosi “quella ragazza ha il peggior tempismo di sempre” “sono d’accordo ma ora vestiti e sistema di sopra, io penso a sotto”


 
“Mi spiace averti fatto aspettare” disse Clarke accogliendo Lexa in sala “non c’è problema. Rispetto al nostro primo incontro come vi sentite? Siete più consapevoli del ruolo che state svolgendo?”. Clarke lanciò un’occhiata a Bellamy, seduto accanto a lei che faceva trotterellare Jordan “sì, assolutamente. Abbiamo imparato tutti molto e abbiamo trovato il nostro equilibrio” “Ne sono contenta. E invece tra voi due ci sono le stesse tensioni?”. Bellamy si passò una mano tra i capelli, imbarazzato “tensioni? Perché dovrebbero essercene?” “no, anzi” aggiunse Clarke arrossendo lievemente “c’è grande intesa”, Bellamy le sorrise per poi distogliere lo sguardo, cercando di non essere troppo evidente. “Avete pensato a qualche progetto da realizzare insieme?” “Non ancora, anche perché alcune cose sono successe all’improvviso e dobbiamo ancora capirle fino in fondo” “In verità io qualche progetto ce l’avrei” aggiunse Bellamy guardando Clarke “ah sì? Non mi sembrava avessi intensione di progettare qualcosa” “non ti sei mai accorta che volevo progettare con te?” chiese allusivo il ragazzo “forse perché non sono brava quanto te” aggiunse ridendo Clarke. Lexa li fissò per qualche istante, facendo passare il suo sguardo da uno all’altro e poi sbottò “siete andati a letto insieme?”.  Clarke arrossì di colpo e balbettò imbarazzata “Sì ma questo non inciderà su Jordan”, Bellamy annuì convinto “esatto, non verrà coinvolto dalle nostre dinamiche sentimentali” “e ditemi” continuò Lexa “avete intenzione di fidanzarvi o sposarvi?” “Non lo sappiamo, è appena successo” “E quindi dove andrà Bellamy quando vi renderete conto di non funzionare come coppia?”. I due la guardarono mortificati “no” ribadì Clarke con decisione “non sappiamo ancora quello che succederà tra di noi ma continueremo a crescere Jordan insieme”.
 


 
Bellamy passeggiava con Murphy per le vie del centro “allora, amico. Ti sei fatto incastrare eh?” “Oh piantala Murphy” “Sono molto contento invece, noi l’abbiamo sempre detto che eravate una bella coppia”. Bellamy si fermò e lo guardò stupito “davvero lo credevate?” “Ma certo, solo voi due non l’avevate capito. Insomma, sempre pronti a punzecchiarvi ma non potevate fare a meno uno dell’altra”. Bellamy si trovò a pensare a tutto quello che avevano passato, da quel primo appuntamento fallimentare alla sera precedente. “Chissà come sarebbero andate le cose se quella sera fossi andato in porto” si chiese Bellamy ad alta voce “rifarei tutto però, per costruire passo passo quello che siamo ora” “sei proprio innamorato eh, Blake?” rise Murphy colpendolo con la spalla “non lo so, forse. Fatto sta che le cose sembrano andare proprio bene adesso”. Il telefono di Bellamy squillò, distogliendolo dai suoi pensieri “Scusami, è il mio capo” “Vai tranquillo” “Pronto?” “Blake, ho una proposta per te” “ti ascolto” “tu sei il migliore del team, sei sveglio e lavori bene, a parte quella volta in cui hai portato al lavoro il bambino. Mi hanno chiesto se ho un nome da suggerire per una postazione a Arcadia, per seguire le partite della squadra” “Ad Arcadia? Io?”. Murphy lo guardò perplesso “Potresti essere interessato? Dovresti trasferirti lì per l’inizio del campionato, tra due settimane” “Devo risponderti subito?” “Non, pensaci. Ma è un’offerta che non puoi lasciarti sfuggire. Fammi sapere” “Certo, grazie”. Bellamy chiuse la chiamata e si voltò verso Murphy “sono nei casini”

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