Dreams of Gods & Monsters

di Angel TR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Singing under the Rain ***
Capitolo 3: *** Shoganai ***
Capitolo 4: *** Everything Goes ***
Capitolo 5: *** Inno alla Luna ***
Capitolo 6: *** Rocket science ***
Capitolo 7: *** Snow White Queen ***
Capitolo 8: *** Craving Sex on the Beach. I mean, the cocktail, you know ***
Capitolo 9: *** Waiting ***
Capitolo 10: *** Winter Flower ***
Capitolo 11: *** Retro ***
Capitolo 12: *** Pegno ***
Capitolo 13: *** You should see me in a crown ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Indice ***


Dreams of Gods & Monsters



Raccolta che vorrebbe essere neopoetica (ammirate il titolo scopiazzato da un libro meraviglioso della serie Daughter of Smoke and Bones Perché si cita sempre la fonte della propria ispirazione, me educata) di storie scritte per varie Challenge.
Non somministrare in caso di nausea.

Indice

1.Singing under the rain
LilixAsuka, fluff, verde

2.Shoganai
Hwoarang/Jin/Kazuya, dramma, giallo

3.Everything Goes
Jun Kazama, malinconico, giallo

4.Inno alla Luna
Devil Jin/Jin, delirio mio, introspettivo, giallo

5.Rocket Science
LarsxAlisa, introspectivo, giallo

6.Snow White Queen
Kazumi Hachijo, dark, arancione

7.Craving Sex on the Beach
HwoaxJin, commedia/comico, Shonen-ai, giallo

8.Waiting
Xiaoyu, introspettivo, giallo

9.Winter Flower - 10.Retro
LilixAsuka, triple drabble, giallo, romantico, comico, malinconico

11. Pegno
JinxHwoa, one-shot, romantico, fluff, commedia, giallo

12. You should see me in a crown
Devil Jin, flashfic, arancione, dark(?)

13. Epilogo
Nina, flashfic, arancione, malinconico/introspettivo

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Capitolo 2
*** Singing under the Rain ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Titolo: Singing under the rain
Situazione: Immaginate la vostra OTP nel bel mezzo di un temporale
22. "Me lo presti? Il mio si è rotto l'altro giorno."
Parola: Aiaigasa: ombrello condiviso. A volte la pioggia può essere una buona scusa per “farsi dare un passaggio” sotto l’ombrello dalla persona del cuore.


Catch a wave and take in the sweetness
Take in the sweetness
You want this, you need this
Are you ready for it?
Lana Del Rey - Mariners Apartment Complex


Le formule di matematica sulla lavagna furono inghiottite dal buio e Lili non poté trattenere un sospiro di sollievo. Che liberazione! Davvero non stava capendo niente: la matematica non era propriamente il suo forte.
«Il mio cuore è troppo sensibile per ragionamenti così freddi! La mia mente è troppo elevata per teoremi così statici!» si era giustificata davanti al sopracciglio sollevato di Asuka quando aveva sbagliato il problema. La realtà era che il programma a Osaka era decisamente più avanzato rispetto a quello monegasco ma questo Lili non l'avrebbe mai ammesso. In più, il professore spiegava in un giapponese variegato da un fortissimo accento e, per quanto lei fosse brava, a una certa iniziava a cogliere solo stralci di tutto il fiume di parole che si riversava su di lei.
Sapeva di non essere l'unica contenta di quell’interruzione: a due banchi di distanza, Asuka Kazama ne approfittava per stiracchiarsi, la maglietta di cotone che si tendeva sulla pancia piatta. Un fulmine si schiantò, illuminando il viso della ragazza.
I loro occhi si incrociarono e Lili agitò la mano, come se non fossero state nella stessa aula per cinque ore di seguito. «Ciao, Asuka!» trillò, contenta.
Sentiva gli sguardi dei suoi compagni di classe bucarle la schiena ma non ci fece molto caso: era abituata a essere al centro dell'attenzione. Non poteva farci molto se era favolosa.
Gettò lo sguardo verso le ampie finestre della classe, ora attraversate dalle gocce di pioggia. I rumori del temporale catalizzavano qualsiasi pensiero, come luce per le falene. Che tempaccio… e proprio ora che dobbiamo uscire. Almeno non devo più subirmi le chiacchiere di questo, rifletté Lili.
Poi un'idea fulminante la colpì.
Avrebbe potuto sfruttare quella situazione a suo vantaggio… sono troppo furba!
La campanella suonò proprio in quell'istante. Branchi di studenti stanchi e affamati si riversarono dalle aule, frugando nelle loro borse per trovare gli ombrelli. Lili non si mosse: restò seduta il tempo di incipriarsi il naso e poi aspettò, con le mani graziosamente posate sul banco, che Asuka passasse per mettere in atto il suo astutissimo piano.
Non appena la brunetta fu nelle vicinanze, Lili assunse la sua espressione “Non-Puoi-Mai-Dirmi-Di-No”: broncio alla Brigitte Bardot, occhioni azzurri velati di lacrime, mani che torturavano le lunghe ciocche bionde. Se non fosse stata così sprecata, avrebbe fatto l'attrice a Hollywood. «Asuka, non è che mi presti l'ombrello? Il mio si è rotto l'altro giorno... cosa faccio adesso?» piagnucolò.
Asuka non la degnò di uno sguardo. «Ti fai il bagno.» sentenziò.
Lili le rivolse uno splendido sorriso, da maestra nell'Arte di ‘Orecchie di Campana’ qual era. «Va bene se non vuoi prestarmelo, lo condivideremo! Grazie per il passaggio, camionista!» esclamò, prima di appendersi al suo braccio e stringersi a lei come per ripararsi dalla pioggia.
La brunetta scrollò il braccio. «E mollami, Finta Bionda! Non c'è il tuo autista personale ad aspettarti?» ribatté, infastidita dalla sua morbosità.
Lili sembrò rifletterci un attimo. «Sebastian sarà molto contento di vedermi insieme a un'amica come te, Asuka.» concluse, sprizzando gioia da tutti i pori. «Lo mantengo io l’ombrello perché tu sei troppo bassa.»
Continuò a sorridere anche quando il temporale le investì con tutta la sua violenza e una forte folata di vento piegò le fragili asticelle dell’ombrello. Un tuono vibrò in lontananza.
«Dannazione, oca. Non te ne sapevi andare nella tua limousine?» sputò Asuka fra i denti, suo malgrado costretta a stringersi alla bionda per non inzupparsi.
«Camminare sotto la pioggia fa bene alla circolazione.» spiegò Lili, tutta contenta, nonostante le sue ballerine preferite (marca “Pretty Ballerinas”, colore azzurro cielo) sguazzassero di pozzanghera in pozzanghera fino alla completa distruzione.
Asuka roteò gli occhi. «Veramente ti fa prendere un bel raffreddore. Magari la smetti di scocciarmi.» sibilò. Le scoccò un'occhiataccia quando scoppiò in una risata argentina. «Che ridi, Oca Bionda?»
Lei fissò il suo sguardo azzurro, che ora appariva venato di grigio grazie al cielo plumbeo, in quello scuro di Asuka. «Ti ricordo, ma chérie, che anche tu sei con me quindi, se io mi ammalo, ti ammali anche tu e, a quel punto, potremmo chiuderci in casa e deliziarci con il mio tè portato da Montecarlo.» affermò decisa, già pregustando il momento, ma Asuka le piazzò una poderosa gomitata nel fianco.
«Vuoi mettere la tua schifezzella francese con il vero tè giapponese?» si indignò la brunetta. «Per questo, meriti di farti il bagno.» aggiunse, strappandole l’ombrello di mano che, per altro, non le apparteneva neppure. Aumentò il passo per distanziarla, ignorando il suo urletto offeso -«Sono monegasca, non francese!»- consapevole di essere seguita.
Purtroppo, siccome Asuka possedeva un innato senso di giustizia, lasciò che il seme del senso di colpa fosse annaffiato dai litri di pioggia che il cielo stava versando sulla terra. Stupida Oca Bionda, pensò prima di fare dietrofront per controllare se la rompiscatole fosse annegata. «Lili, scherzavo, torna qui che ti ammali sul serio.» chiamò, reggendo forte il fragile ombrello ormai rovinato.
Si fermò sorpresa quando scorse Lili, i lunghi capelli biondi completamente bagnati, volteggiare sotto la pioggia torrenziale, sorridendo con gli occhi chiusi, come se vedesse qualcosa di meraviglioso dietro le palpebre macchiate di ombretto rosa. L'acqua le aveva sciolto il mascara che ora rigava le sue guance.
«È davvero pazza.» commentò Asuka, continuando a osservarla, incredula. Si affrettò a ripararla con l’ombrello anche se il danno era stato fatto. «Che ti salta in mente?!» la rimproverò.
Lili aprì gli occhi. Nonostante sembrasse un panda, appariva radiosa. «Non è estremamente romantico? La camionista offre riparo alla favolosa dea, che sarei io, ovviamente.» trillò, battendo le mani. «È il momento perfetto per cantare, non trovi?» chiese e, con grande orrore di Asuka, intonò teatralmente “La Vie en Rose”, felice, come se tutti i pezzi del puzzle si fossero incastrati a formare un quadro da ammirare incantati.


Angolo Autrice: fluff ovunque.
Questa è un'altra raccolta (non uccidetemi) partecipante a ben due Challenge! Una è incentrata solo su LilixAsuka, l'altra comprendere più personaggi. Man mano modificherò le note. Spero vi piaccia! **
Baci, Angel

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Capitolo 3
*** Shoganai ***


Parola usata: Shoganai: ciò che non può essere evitato. Significa accettare che qualcosa può avvenire al di fuori del nostro controllo. Questa parola serve per incoraggiare le persone ad andare avanti nella vita senza rimanere troppo legate al passato e senza rimorsi.

Stop runnin’ for nothin’ my friend
Now 어리석은 경주를 끝내
Stop runnin’ for nothin’ my friend
Now stop this foolish race

BTS - Paradise


Fuoco e fiamme.
Negli occhi di Jin era scoppiato un incendio che Hwoarang, per quanto ci provasse, non riusciva a spegnere.

«Kazama, ascolta il saggio Hwoarang una volta nella vita, questa battaglia contro te stesso è davvero inutile oltre che logorante. Stai perdendo tempo che potresti spendere molto più intelligentemente: combattendo contro di me, per esempio! Così ti farò io il culo a strisce invece del tuo alter-ego con ali e corna» tentò di farlo ragionare per l'ennesima volta, scandendo bene ogni parola e modulando il tono della sua voce come si parla a qualcuno in procinto di lanciarsi dal quinto piano.

Purtroppo, l’altro interlocutore non è che migliorasse proprio la situazione con quel sopracciglio folto e scuro – così simile a quello del figlio – inarcato e quel ghigno sprezzante sulle labbra. Da prendere a calci, pensò Hwoarang con un moto di stizza.

«Dà retta al tuo stupido amico, Jin: non puoi fermarlo. Accetta il Gene Devil e combatti da uomo. O credi davvero che tu, un insulso ragazzino, possa controllare l'immenso potere che ti scorre nelle vene? Smettila di scappare via come un moccioso e affronta la realtà» sentenziò Kazuya Mishima; l'occhio di un rosso brillante ammiccava, quasi a prendersi gioco di loro.
I pugni di Jin si strinsero e Hwoarang poté notare la vena del collo tendersi per la furia che si stava scatenando in lui. Volute di oscurità e puro potere si srotolavano estasiate dal suo corpo perfetto, felici di essere finalmente libere. Hwoarang si sentì soffocare: era troppo vicino alla fonte di malvagità eppure…

Chi mi ha affidato il ruolo di intermediario in questa storia?, si disperò Hwoarang.

«Kazama, guardami, guardami!» chiamò, afferrando tra due dita il mento del ragazzo. «Se lo uccidi, allora avrai perso davvero. Dà un calcio in culo al passato e a tutte le vostre faide da coglioni perché, se non lo fai ora, ti tormenteranno a vita» urlò per sovrastare il ronzio del Gene che si risvegliava. «Trasformati pure se vuoi ma non… »

Jin digrignò i denti, che già si stavano allungando in canini affilati, per rovescegliarli addosso tutta la sua rabbia. «Non trucidarlo? Ma è proprio questo il suo destino! Spostati, Hwoarang.»

E allora Kazuya Mishima rovesciò il capo per scoppiare in una risata soddisfatta, di chi si aspettava già che gli eventi prendessero quella piega e, dunque, si siede sulla riva del fiume, in attesa del cadavere. «I Mishima sono destinati a combattere l'uno contro l’altro, illuso. È per questo che nasciamo: per ucciderci» e, detto questo, sollevò il pugno guantato per avventarsi sul figlio.

Hwoarang indietreggiò, impotente.


Angolo Autrice: avevo pensato ad altro all'inizio ma poi la storia ha preso una piega tutta sua... O.o

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Capitolo 4
*** Everything Goes ***


Parola scelta= Mono no aware: la consapevolezza della precarietà delle cose, una sorta di nostalgia e sensibilità verso la natura transitoria della bellezza e della vita.

지나가
Everything, everything, everything goes
It will pass
Everything Everything Everything goes...



Un fiore bianco appassito, una lettera ingiallita dal tempo e stropicciata a furia di tenerla piegata e nascosta nei libri, il cerchietto che le sfilava dai capelli con gesti gentili ma a scatti, come se trattenesse a stento la violenza con cui era abituato a vivere e che, con lei, si tramutava in un impeto meno distruttivo di volerla il più stretta possibile a lui.
Jun accarezza con la punta delle dita quegli oggetti intrisi di memorie; respira, assapora per un attimo il vento che inizia a spingere via l'estate, osserva come increspa l’altrimenti immobile specchio d'acqua del laghetto dove galleggiano docili delle ninfee.
E lei sa bene che anche quelle ninfee appassiranno, proprio come il suo fiore bianco, e magari anche il laghetto si prosciugherà, perché tutto passa. Tutto vive e muore, proprio come la sua bolla di felicità e amore durata qualche mese, proprio come Kazuya Mishima.

Così come passerà il suo dolore sordo o, almeno, a questa consapevolezza si aggrappa disperatamente Jun.


밤이 가고 아침이 오듯이
봄이 가고 여름이 오면
꽃이 지고 여름해가 있듯이
모든 것은 아파야만 해
세상을 안고 숨을 훅 들이 마셔봐
내 폐 안에 가득 들어찬 따가
As night goes and morning comes
When spring goes and summer comes
As a flower goes and a fruit comes
Everything must be hurt...
RM - 지나가


Angolo Autrice: c malincunì, we!

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Capitolo 5
*** Inno alla Luna ***


Nyctophilia: l’amore per la notte e per le caratteristiche che a questa si accompagnano, oscurità e silenzio. Il soggetto nictofilo trova conforto all’idea della notte e generalmente preferisce svolgere le proprie attività durante le ore buie piuttosto che con la luce del giorno.

We're born in the moonlight
Ain't no fantasy
Can't breathe in the sunlight
Gotta hide your heart

Moonchild you shine
When moon rise, it's your time
RM - Moonchild

La luce della luna bagnava d'argento le chiome degli alberi, donando alla foresta un bagliore liquido.
Una fresca brezza estiva spazzò via l'ansia che attanagliava il suo animo durante il giorno, quando l’assordante paura che il demone si risvegliasse era l'unico rumore che Jin sentiva, come una stridente melodia in sottofondo che copriva i suoni della vita frenetica nell'isola di Yakushima.
Ma, durante la notte, la vita si fermava per riprendere fiato e sorgere, riposata e piena di energie, il giorno dopo, con i primi raggi del sole.
Era solo, l'unico rumore il battito tranquillo del proprio cuore, l'unico pianeta attivo la fredda sfera bianca.
Jin si permise di respirare, beandosi della semplicità di quel gesto.
Poteva chiamarsi vita quell’eterno nascondersi dal resto del mondo? Forse no, forse sì. Era andata così.
Avrebbe dovuto essere grato per il tempo che gli era concesso in piena coscienza di se stesso, di ciò che lo circondava? Forse sì, forse no. Era solo così che poteva fortificarsi per guadagnare ore importanti nel tiro alla fune con il demone per la sua salute mentale.
Jin si sollevò in piedi, rivolse un inchino divertito alla luna come se fosse una vecchia amica e cominciò il suo duro allenamento.


Dancin' and grindin' in the pale moonlight
Grand Ole Opry, feelin' alright
Mary prays the rosary for my broken mind
I sing the body electric
Lana Del Rey - Body Electric

La vita indietreggiava, terrorizzata, davanti alle gloriose ali nere spalancate a fendere il cielo notturno appena rischiarato dalla pallida luce lunare.
Le tenebre chiamavano a gran voce il predatore perfetto, il battito poderoso delle sue ali l'unico suono che scandiva il ritmo della vita, ora silenziosa per non farsi notare.
Ma, se essa taceva inorridita, il corpo del meraviglioso mostro scoppiava di energia, la sua aura percepibile anche dal più infimo degli esseri. Si librò in aria per poi lasciarsi ricadere, libero dalle catene mentali che lo tenevano imprigionato nella banalità mortale. Quando il sole moriva tra la terra, le barriere dietro le quali l'ospite umano l'aveva spinto si indebolivano e quello era il momento propizio per scardinarle.
Conscio del suo potere, il demone rovesciò il capo all'indietro per scoppiare in una risata soddisfatta. La notte era sua.
Chi poteva resistergli?
Nei suoi occhi iridescenti, brillanti come fari nell'oscurità, si specchiava vanesia la luna.


Angolo Autrice: vi consiglio di leggerla con le suddette canzoni in sottofondo perché sono davvero meravigliose (<3 'mono' è davvero una perla mentre la voce di Lana non ha bisogno di presentazioni). Ho immaginato come uno specchio deforme che mostrasse la determinazione venata di malinconia di Jin durante un allenamento di notte e, dall'altro lato, la sferzata di vita e potere di Devil Jin, finalmente libero. Perché la notte nel suo caso? Eh beh, a parte che le illustrazioni lo mostrano sempre in un cielo notturno e poi perché il nero gli dona, diciamocelo ;)
Come al solito, perdonate i miei vaneggi lol

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Capitolo 6
*** Rocket science ***


Koi no yokan: incontrare qualcuno e sapere di essere destinati ad innamorarsi a vicenda.

Cuore pulsante di microchip, vene di fibra nelle quali scorrono litri di bit e sangue elettrico, occhi verde smeraldo – troppo verdi per essere umani, troppo caldi per essere androide.
Non ti ha mai chiesto cosa sei, ti ha solo chiesto chi sei, come se tutto il suo mondo dipendesse da quello.
Vi siete salvati a vicenda.
Non hai bisogno di cercare nel tuo database personale, sai già che di lui ti puoi fidare; e sei certa che anche lui si fida di te.
Ti osserva.
Ha le guance rosate, gli occhi chiari che si fissano nei tuoi, una zazzera di capelli biondo scuro – avverti un formicolio bizzarro alle tue dita che ti spingere a infilarle tra quelle folte ciocche. Riesci a sentire il rassicurante battito accelerato del suo cuore.
Sorridi gentile, fiduciosa. Non importa che siete nel bel mezzo di una guerra e che probabilmente la Mishima Zaibatsu ti smembrerà pezzo per pezzo.
Lars. Non ti sei mai interrogata su misteri che ti apparivano troppo distanti sia nel tempo che nella tua natura androide, eppure capisci che non ce n'è mai stato il bisogno perché certe risposte arrivano senza essere traghettate dalle domande.
Lui ricambia il tuo sorriso e tu hai la conferma che non sei più sola.


Angolo Autrice: che bello quando la Namco ti Piazza una coppia che tu aveva già accoppiato dagli albori. XD Giuro che avrei voluto scrivere sulla parola 'yugen' ma è davvero complicato ahaha

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Capitolo 7
*** Snow White Queen ***


Ikigai: la ragione di essere, la cosa che ci dà forza di svegliarci ogni mattina.

Titolo: Snow White Queen
Personaggi: Kazumi Hachijo

You belong to me, my snow white queen
There's nowhere to run
So let's just get it over
Soon my love, you'll see
You're just like me…



I pallidi raggi solari di un mattino d'inverno qualunque in un anno qualunque accarezzano pietosi il dolce viso di Kazumi Hachijo.

E così, questa è la morte? , si chiede, uno scintillio di curiosità a illuminare le tenebre nelle quali è sprofondata.

Eppure, qualcosa non le torna: avverte chiaramente la consistenza della plastica di cui è costituito il barattolino di pillole con le quali ha cercato di suicidarsi la notte prima, approfittando dell'assenza di Heihachi Mishima.
Avverte anche il tepore delle coperte che avvolgono il suo corpo. Stringe le dita attorno al barattolino, uno dei testimoni del suo fallimento; gocce di rugiada, distillata dai suoi occhi ancora chiusi, lasciano tracce di bruciante umiliazione lungo le guance.

Sono ancora viva, constata con orrore, malgrado cerchi di mascherare quei sentimenti così infimi, così umani. Perché? Qual è il motivo per cui mi fai questo? Perché rovinarmi la vita?

Quella domanda così innocente e ingenua scatena un moto di tenerezza e pena venata di divertimento. Per quanto possa sforzarsi, armandosi con una corazza per riparare la sua fragilità, Kazumi Hachijo resta una sciocca e adorabile bambina.

“Ma come, non lo sai? Perché io sono te e l'unica ragione per la quale continui a respirare è il Gene Devil. La mia missione è la tua missione e, prima o poi, accetterai il grande onore di donarmi completamente il tuo corpo per una causa maggiore. Per i prossimi anni che ti resteranno, ogni mattina ti sveglierai e cercherai un modo per uccidere Heihachi Mishima. E, poi, sparirai.”, mi decido a risponderle.

Non riesco a reprimere una risata quando lei inizia a urlare.


Can't save your life
Though nothing I bleed for
Is more tormenting
Evanescence - Snow White Queen


Angolo Autrice: ho immaginato come l'unica ragione del Gene in Kazumi sia uccidere Heihachi e, dal momento che lei invece lo ama, per Kazumi l'unica ragione di essere è evitare che appunto il suo alter ego realizzi la sua missione. La canzone degli Evanescence mi sembrava perfetta per interpretare entrambe le voci delle due donne, umana e non.
Beijinhos, Angel

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Capitolo 8
*** Craving Sex on the Beach. I mean, the cocktail, you know ***


Schnapsidee: quel piano astruso e ridicolo che ti viene in mente quando sei ubriaco e che ti porta a combinare disastri irreparabili.
28. "Quale ti piace di più tra questi due?"
27. "Ero troppo ubriaco per potermelo ricordare."
Titolo: Craving Sex on the Beach. I mean, the cocktail, you know
Personaggio: Hwoarang, Jin Kazama
Coppie: accenni di Shonen-ai


어쩌면 그때
조금만
이만큼만
용길 내서 너의 앞에 섰더라면
지금 모든 건 달라졌을까
If I had just a little more
Courage
And stood before you
Would everything be different now?
BTS - The truth untold


La bottiglia di Heineken, completamente vuota e per questo incredibilmente leggera nelle sue mani, disegnava archi semi-perfetti nell'aria. Accanto a lui, giacevano in comitiva altre bottiglie di alcol non identificate. Hwoarang le guardò con un sorriso sghembo. «Mi fate gran compagnia, bellezze.» biascicò, trovando assurdamente divertente quell'immagine, così emblematica.
Sono fottutamente solo.
Appoggiò la schiena contro il muretto… peccato che non ci fosse alcun muretto e sbatté contro la morbida distesa di sabbia. Sfocate e lontanissime, brillavano le stelle.
Perché cazzo Kazama non è venuto alla festa di inaugurazione del Torneo? (gli risultò difficile persino articolare ‘inaugurazione’ nella sua mente) Ah, giusto, lui è troppo avanti per queste stupide festicciole.
Al pensiero di Jin Kazama intento a sorseggiare un cocktail appoggiato al bancone del bar sulla spiaggia, gli scappò da ridere. No, Kazama non era tipo da bar sulla spiaggia.
E da cosa sei tipo, allora, eh?
Hwoarang voleva assolutamente scoprirlo. È perché non ho niente da fare e, in più, devo smaltire la sbornia. Il modo più veloce per questo nobile scopo è rompere le palle a Kazama. Barcollando e aggrappandosi ai lettini, riuscì a rimettersi in piedi. I colori del bar vorticavano in lontananza, una miscela esplosiva di mobili bianchi, giallo, neon blu, legno chiaro, palme verdi brillanti, rosso… Mosse un passo nella direzione di quelle luci, sicuro di sé e continuando a ridacchiare.
Poi, si ricordò di qualcosa di estremamente importante.
Sì girò, cercò la Compagnia dell’Alcol (o era dell’Anello?) e gridò «Grazie per la splendida idea, ragazze!» prima di scoppiare a ridere.
Arrivò all'hotel dove alloggiavano i partecipanti del Torneo, malfermo sui suoi passi. In una mano reggeva due cocktail, uno per sé e l’altro per Kazama. La barista gli aveva lanciato un'occhiata e aveva scosso la testa divertita. «So io di cos'hai bisogno. Questa tipa» e aveva calcato l'accento sulla ‘a’ perché era sveglia la maledetta barista e aveva capito che non si trattava di una ‘tipa’ ma di un ‘tipo’ «ha bisogno di rassicurazioni, di uno con le palle, capisci? Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna. E, se ci va con un ‘Sex on the Beach’ fatto con i fiocchi, la montagna si trasforma in un vulcano.» aveva concluso con un occhiolino, prima di armeggiare con bottigliette e shaker vari sotto le luci diffuse.
Un vulcano, eh?, rifletteva ora Hwoarang e le sue labbra si incurvarono senza che potesse evitarlo. Sapeva bene quale fosse la stanza di Kazama: avrebbe sfondato la porta, se necessario, e gli avrebbe buttato il cocktail in faccia, se non l'avesse accettato.
E, una volta che Muso-Lungo fosse stato brillo, gli avrebbe fatto il culo a strisce. Avrebbe avuto la sua rivincita.
Accontentami per una volta, Kazama.
Primo ostacolo al suo piano perfetto: i tasti dell'ascensore. I numeri si confondevano tra di loro in un balletto che a Hwoarang stava dando il mal di testa. Lo stronzetto si trova al terzo piano. Ora, se questo dannato tre si stesse fermo, io lo premerei…
«Signore? Sta andando da qualche parte?» una voce gentile ma ferma lo fece balzare. Si girò e si trovò davanti un addetto alla sicurezza. Chissà perché gli addetti alla sicurezza lo prendevano sempre di mira…
«Sì.» rispose, la voce, solitamente affascinante, impastata. «Sto andando a trovare il mio miglior nemico, il mio ragazzaccio, hic! Guardi, gli ho persino comprato un drink! Vuole sapere come si chiama?»
Okay, magari questo singhiozzo da ubriaco potevo risparmiarmelo. Questo mi sbatte fuori mentre io sono lucidissimo!
«Signore, lei alloggia in questo hotel?» chiese l'addetto, sospettoso, ignorandolo del tutto.
«Ma certo… Controlli pure! Mi trova segnato come “Blood Talon, colui che farà una faccia così a Kazama”.» singhiozzò di nuovo.
Il tizio non sembrò per nulla convinto e solo in quel momento Hwoarang si accorse che il suo naso arrivava a quel petto enorme avvolto dalla camicia bianca inamidata (cercò di non pensare al fatto che lui, invece, avesse il culo sporco di sabbia).
Oh, cazzo.
Ebbe la pessima idea di chiedere: «Sei per caso parente a Craig Marduk?» prima che l’addetto avvolgesse le sue grosse manone attorno alle braccia di Hwoarang per trascinarlo fuori.
«Ehi, i miei cocktail!» protestò Hwoarang, cercando di controllare il tremolio del liquido nelle coppe chiccose che gli aveva porto la barista («Fanno effetto!» gli aveva assicurato).
Le porte eleganti all’ingresso che davano sul bar si avvicinavano sempre di più, proporzionalmente alla riuscita del suo splendido piano anti-Kazama che invece sembrava sempre più distante.
Ma io devo schiaffare questo drink in faccia allo stronzetto dai capelli di merda! Voglio vederlo versione vulcano, dannazione! Pensieri confusi nella sua mente confusa.
E poi… «Hwoarang?» chiamò una voce, calma, profonda e morbida come il burro, una voce che avrebbe riconosciuto tra mille, che gli faceva venire l'orticaria all'istante e avrebbe guarito la più pesante delle sbornie e tante altre cose.
L’addetto alla sicurezza si fermò. «Lei conosce quest’individuo, signore?» chiese.
Come in un sogno (un sogno molto ma molto confuso), Hwoarang si voltò e iniziò a ridacchiare.
Bingo. La montagna è venuta da Maometto.
Jin Kazama, in maglietta leggera e pantaloni della tuta grigia (meglio conosciuti come ‘Crimine contro la Sanità Mentale’’), i capelli neri come l’ebano ancora un po’ bagnati (Kazama si lavava, almeno! Perché il pensiero gli faceva scivolare un brivido lungo la schiena?), si stagliava come una visione contro le porte del silenzioso ascensore grigio ferro. «Sì, certo. Si chiama Hwoarang, partecipa al Torneo del Pugno di Ferro.» spiegò. Poi si rivolse a Hwoarang. «Stai bene?» chiese, tranquillo.
Il sangue nelle vene del ragazzo ribollì: perché era sempre così fottutamente flemmatico? Hwoarang voleva fargli perdere il controllo, era la sua missione divina: sentiva di essere venuto al mondo per quella ragione. Sempre con quel sorrisetto sulle labbra, avvicinò i due cocktail in un brindisi. «Benissimo!» trillò; la voce gli uscì un vero schifo.
Kazama non se la bevve. Liquidò l'addetto alla sicurezza con un cenno della testa — come diavolo faceva a imporre la sua autorità in quel modo? — e passò un braccio muscoloso attorno alle spalle di Hwoarang. Gli si attorcigliarono le budella.
«Ehi, Kazama… andiamo a farci un giretto sulla spiaggia?» biascicò, cercando di apparire sarcastico (e invece sembrò un addetto alle hotline decisamente ubriaco). Musone non rispose, continuò a spingerlo verso l'ascensore che si chiuse finalmente alle loro spalle. «Guarda, ti ho portato un drink. Sai come si chiama?» insistette il rosso, alitandogli in faccia.
Capelli-di-merda non mosse un muscolo della faccia. «Sei ubriaco, Hwoarang.» constatò. Improvvisamente gli fu dannatamente vicino e lui si trovò spalle alle pareti dell'ascensore. Poteva avvertire il battito del suo cuore e il suo respiro dolce; le spalle larghe e muscolose fasciate dal cotone della maglietta, la mascella squadrata, gli zigomi alti, le labbra piene… Era l’effetto di tutto l'alcol che aveva nello stomaco… Sbarrò gli occhi quando sentì la mano del ragazzo nelle tasche dei pantaloni… «Ti porto in stanza tua.» disse Kazama, stringendo la chiave di Hwoarang.
Per lui non era successo nulla. Non si era accorto di tutto il caos che albergava nella testa di Hwoarang. Lui era tranquillo.
Io non gli faccio nessun effetto.
Kazama lo trascinò fuori dall’ascensore, il suo tocco fermo eppure estremamente gentile. Il corridoio andava a destra e a sinistra… destra e sinistra… alzò lo sguardo verso il viso cesellato del suo avversario: restava fermo, non andava da nessuna parte. Lo condusse verso la sua stanza, infilò la tessera, aprì la porta e lo accompagnò verso il letto. «Riposa.» gli consigliò.
Una voce nella testa di Hwoarang gli urlò di fermarlo: doveva mettere in atto il suo piano! Doveva farlo ubriacare con il ‘Sex on the Beach’ fatto con i fiocchi dalla barista furba. Doveva inchiodarlo al muro e batterlo. Batterlo… Hwoarang fece scorrere lo sguardo lungo il corpo scolpito del suo rivale giurato e gli si seccò la gola. Che sbornia terribile.
«Ti ho ordinato un cocktail visto che tu non portavi il culo giù al bar.» urlò.
Un secondo.
Due secondi.
Con sua somma sorpresa, Kazama si fermò. «Non bevo.» spiegò.
Un lungo sbuffo uscì dalle labbra secche a causa dell'alcol del rosso. «E dài, Kazama, sei una palla incredibile! È stato preparato apposta per te! Quale ti piace di più tra questi due?» si lasciò sfuggire, mostrando orgoglioso i due cocktail ugualmente eleganti.
Era uno scintillio sorpreso quello che era brillato per un istante fugace negli incredibili occhi a mandorla di Kazama?
«La barista ha detto che avevamo proprio bisogno di… » la voce gli scaturì malferma dalla gola. «Sex on the Beach.» concluse, fissandolo negli occhi, quasi sfidandolo a contraddirlo.
Oddio, un angolo delle labbra di Kazama si stava sollevando! Stava succedendo davvero! Allora ti faccio qualche effetto, Muso Lungo! Il ragazzo si avvicinò e prese uno dei drink dalle mani tremanti di Hwoarang. Sto bevendo insieme a Kazama. Ripeto, sto bevendo insieme a Kazama nella mia stanza.
Per diversi minuti fu difficile concentrarsi sul suo piano perfetto invece di ammirare come Jin si bagnasse appena le labbra con il liquido alcolico. A Hwoarang venne in testa un'idea ancora più astrusa della precedente. La combinazione fatale di birra, vodka, rum e chissà cos'altro gli annebbiava la mente. Intanto, i ciuffi scuri di Jin si erano completamente asciugati e gli sfioravano gli occhi determinati e brillanti, rendendolo così… così…
«Kazama» sussurrò Hwoarang, avvicinandosi al viso in penombra di Jin. «Ti batterò.» giurò.
Jin non distolse lo sguardo. «Non oggi, Hwoarang. Sei ubriaco.» ribatté, sereno. Non si scostò nemmeno quando i loro respiri furono sul punto di fondersi...

Hwoarang aprì gli occhi.
La prima cosa che fece fu mugolare: aveva un fortissimo mal di testa e sentiva un sapore strano in bocca. Osservò l'ambiente che lo circondava e si rilassò: aveva riconosciuto la sua stanza. Voltò la testa dolorante e gli occhi gli caddero su due bicchieri di cocktail.
Sex on the Beach.
Hwoarang spalancò gli occhi di scatto; flash della notte precedente gli tornarono in mente come in un film dell'orrore. Cos’aveva combinato?
Cosa diavolo aveva combinato?
Cazzo, cazzo, cazzo! Sono troppo ubriaco per potermelo ricordare!
Aveva paura di girarsi.
Dov'era Kazama?
La mia vita è rovinata…
Voltò la testa dall'altro lato e…


Trovò L’Angolo Autrice: CIAO! Cù cù! Si può? o.o
Cosa sarà mai successo a Hwoarang? Cosa sarà mai successo a Jin? Ma domanda ancora più importante: cosa sarà mai successo tra Hwoarang e Jin? Boh, chi lo sa, lascio tutto alla vostra interpretazione, fantasia e gusto ;)
Devo dire che una certa new entry in questo fandom mi ha fatto tornare la voglia di scribacchiare su questi due.
Lanciatemi pure i pomodori ma che siano freschi perché così ci faccio un bel sugo XD scherzo.
Spero vi piaccia, Angel

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Capitolo 9
*** Waiting ***


Parola scelta:
Dor: attendere con trepidazione lo squillo del telefono, guardare continuamente l’orologio in attesa di un appuntamento, avere l’impressione che il tempo che ci separa dalla persona che amiamo non passi mai. È il desiderio misto a gioia e malinconia di rivedere al più presto le persone di cui sentiamo la mancanza.

Questa storia partecipa al contest "Feste, quel che voglio è..." indetto da 6Misaki sul forum di EFP.

Nome autrice: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Prompt: Speranza
Titolo: Waiting
Parole: 146
Personaggi: Ling Xiaoyu


Il bell’abete verde addobbato era un tripudio di decorazioni, palline, lucine, fiocchi, stelle. I mille colori -blu, giallo, rosso, oro- si mescolavano tra di loro in una triste danza sfocata.
Che stupida. Non devo farmi vedere così da Heihachi-sama, ci resterà malissimo.
Xiaoyu strinse forte il telefono in una mano. Alla finestra, il suo riflesso in attesa ricambiò il suo sguardo inquieto. Fuori, Tokyo era in festa: se chiudeva gli occhi, Xiaoyu poteva immaginare le altre famiglie festeggiare insieme, le coppie abbracciarsi in caldi maglioni con le renne e i Babbo Natale, i bambini sorridere davanti ai regali.
E io?
Lei attendeva uno squillo. Guardò l'orologio e si riscosse rinvigorita. Era presto! Jin l'avrebbe chiamata… ne era certa…
Xiaoyu sorrise al suo riflesso nello specchio e avvolse le braccia attorno al suo torace, in un abbraccio immaginario. Torna presto, Jin.

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Capitolo 10
*** Winter Flower ***


Questa storia partecipa alla Challenge “Drabbles, Drabbles e ancora Drabbles” indetta da HarrietStrimell sul forum di EFP

Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: LilixAsuka
Titolo: Winter Flower

4. Bianco

Partecipa anche alla challenge Parole Quasi intraducibil di Soly Dea indetta su Efp: Apricity: il sole tiepido tipico di un freddo giorno d’inverno.

Sole riflesso su una pelle morbida, inondandola di luce. Pelle bianca, bianca come la neve che aveva baciato le stradine di Osaka. Lili ondeggiò mollemente il braccio, stesa sulla neve, i capelli biondi sparsi, incantata dalla bellezza dell'inverno che si offriva davanti ai suoi occhi.
Un'ombra osteggiò il sole. Lili ridusse gli occhi a due fessure. «Togliti! Non vedi che spettacolo?» sbottò.
Asuka Kazama, braccia piazzate sui fianchi, inarcò un sopracciglio. «Oh, finalmente un briciolo di intellettualità! Visto che bianco l'inverno? Meraviglioso.» commentò, abbozzando un sorriso.
Lili schioccò la lingua. «Ma quale inverno! Hai visto le mie mani!? Morbide e bianche proprio come quelle di una vera lady. Se vuoi, ti presto le mie creme così anche tu potrai sperare di ottenere lo stesso effetto.»

7.Carbone

Un urlo fintamente lamentoso squarciò l'aria.
Asuka roteò gli occhi al cielo. Solo una persona era capace di inscenare quella pantomima: Lili Rochefort.
Distesa sul suo letto, iniziò a contare. «Uno… Due...»
«Asuka!» chiamò Lili, appoggiandosi allo stipite della porta per riprendere fiato, come se avesse corso – e probabilmente era proprio così: si era messa a correre come le principesse delle fiabe corrono drammaticamente verso il letto per darsi alle lacrime amare. «Ho ricevuto il carbone! Sono stata cattiva!?» chiese, la voce rotta dal pianto (lacrime di coccodrillo, chiaramente).
Asuka la guardò, senza cedere. «Assolutamente sì.»

5.Fiocco di neve

Lili allargò le braccia, volteggiando tra i fiocchi di neve, l'aria fresca dell'inverno le pungeva le narici.
Libera, lontana da Montecarlo e dalle sue regole che le andavano strette, Lili non aveva paura di gettarsi tra i cumuli di neve, di sperimentare, di sporcarsi la faccia.
Soprattutto, non aveva paura di essere sé stessa. Si fermò; per quanto il mondo continuasse a girare, il viso di Asuka Kazama restava immobile, un punto fermo tra il turbinio di fiocchi. Le tese la mano e sorrise quando lei l'afferrò, con quella sua presa forte, stabile.
Inspirò a fondo l'aria fresca: la vita era proprio bella.

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Capitolo 11
*** Retro ***


Questa storia partecipa alla Challenge “Drabbles, Drabbles e ancora Drabbles” indetta da HarrietStrimell sul forum di EFP

Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: LilixAsuka
Titolo: Retro

13. Candela

Un lampo illuminò la stanza, donandole un'aria spettrale e acuendo il forte contrasto tra la pelle chiara di Asuka Kazama e i suoi capelli scuri. Lili non poté evitare di notare come assomigliasse a una di quelle attrici degli anni Venti.
«Ottimo!» si lamentò l'oggetto dei suoi pensieri. «È andata via la luce per colpa di questo tempaccio. Per domani il saggio di giapponese deve essere pronto!»
Lili batté le mani, entusiasta. «Ho un'idea! Studiamo al lume di candela!» esclamò e partì alla ricerca della Candela Perduta senza nemmeno aspettare il consenso della ragazza.
«È così romantico, non trovi, Asuka?» la si sentì trillare dopo qualche minuto, apparendo sulla soglia della porta, il viso dolcemente illuminato dalla fiamma della candela. Asuka inarcò un sopracciglio. «Più che romantico, sembra l'inizio di un film horror, Oca Bionda.»

03. «Non pensavo di trovarti qui».

La porta si chiude alle sue spalle con un cigolio mentre il campanellino trilla, annunciando il suo ingresso.
Sui bassi tavoli di metallo si ergono come opere d'arte cocktail colorati adornati da ombrellini; dal jukebox provengono le note nostalgiche di una canzone sul tempo che passa. I suoi stivali producono un piacevole ticchettio sul pavimento lucido del bar mentre si dirige al bancone sormontato da un'insegna al neon che reca scritto in corsivo "80s Club".
Mentre si guarda attorno, i suoi occhi si posano sulla figura intenta ad armeggiare con un cabinato e il cuore le si ferma per un attimo.
Si avvicina, guardinga. «Asuka? Non pensavo di trovarti qui.»
La ragazza solleva la testa, nemmeno un'ombra di sorpresa nei suoi occhi. «È la nostalgia. Tu?»
Lili scrolla le spalle e resta a guardarla mentre lei riprende la partita.

02. Calendario

Sulla console lucida, affianco alla radiolina sintonizzata su una stazione monegasca, campeggiava un calendario sul quale erano cerchiate in un discutibile inchiostro fucsia delle date. La luce del quadretto a neon – "Casa", c'era scritto in francese, proprio sopra al divano, di fronte all'ingresso perché Lili aveva detto che era accogliente – le illuminava discretamente.
Asuka sfiorò la carta con la punta delle dita e venne improvvisamente assalita dalla nostalgia. Con un tonfo, si lasciò andare sul divano nero – comprato per lei e Lili – e si lasciò andare a un momento, ma solo uno, di sconforto.
Sono solo venti i giorni che la separavano da Lili e lei non poteva fare altro che aspettare.

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Capitolo 12
*** Pegno ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: JinxHwoa
Titolo: Pegno

Shinrin-yoku: in italiano “trarre giovamento dell’atmosfera della foresta” o “bagno nella foresta”. Indica una speciale terapia del benessere in cui si va alla ricerca di un luogo molto tranquillo tra gli alberi per ritrovare il contatto con la natura.

Partecipa alla sfida indetta da Molang: si chiama “1, 2, 3... stella!”, per ogni stella ci sono tre prompt da sviluppare nella stessa storia!
Prima stella:
- Prompt 1: ON — BTS
- Prompt 2: Lieto fine
- Prompt 3: Presenza di un bacio appassionato


미치지 않으려면 미쳐야 해
~
If you don’t wanna go crazy, you gotta go crazy


Questo non è proprio quello che mi aspettavo dal Torneo del Pugno di Ferro e da uno statunitense di mezz'età, pensò Hwoarang, lanciando un'occhiataccia a un gioioso Paul Phoenix che dava allusive gomitate al suo compagno di giochi Marshall Law.
Insomma, ma non cresceva mai?
«Ricordate, il nostro aitante giovane conterà fino a dieci e poi vi verrà a cercare! Se vi trova, pagate penitenza!» ridacchiò Paul, gli occhi blu scintillanti. Chissà quali penitenze aveva in mente…
Hwoarang pestò un piede. «Possibile mai che dobbiamo veramente giocare a nascondino?» sbottò.
Il sorriso sulle labbra di Paul sfiorì: era una testa calda come lui e ci voleva poco per fargli cambiare completamente umore. La pelle chiara della guance si chiazzò di rosso, come se avesse ingollato una bottiglia di vino. «Siamo bloccati su una fottuta isola, amico! Hai un'idea migliore?» iniziò, scoppiando a ridere, una risata lievemente isterica. Law gli posò una mano sulla spalla.
«Se non vuoi impazzire, devi impazzire.» gli schiacciò l'occhiolino, soffocando ogni polemica sul nascere.
Hwoarang roteò gli occhi.
Il suo problema, in realtà, non era nemmeno tanto il gioco in sé – anche perché, fin quando lo stronzissimo Heihachi Mishima non avesse mandato qualche aereo o nave a recuperarli, sarebbero rimasti bloccati lì stile Robinson Crusoe – ma il prescelto per fare la conta.
Jin Kazama, guance e ponte del naso deliziosamente – no, non "deliziosamente", ridicolmente! – arrossati dal sole, non sembrava esattamente entusiasta all'idea di dare la caccia a una decina di loro ma aveva colto l'antifona e avrebbe cavalcato l'onda, se necessario.
Chi sembrava scalpitare, invece, era la bionda milionaria, pensò Hwoarang, gettandole una veloce occhiata. Era seduta vicino a Kazama femmina e le dava i pizzicotti. Quelle due erano insopportabili. Sbuffò e tornò a rivolgere la sua attenzione a Kazama maschio, "l'Originale" .
Il sole che regnava incontrastato sull'isola giapponese – era giapponese? Hwoarang non avrebbe saputo dirlo – aveva scaldato la pelle di Kazama fino a donarle una sfumatura color miele. A me, invece, pensò amaramente il ragazzo, ha solo scambiato la tinta. Lontano dalla civiltà e vicino al mare dove la bionda pazza si era tuffata – «Gli squali, Oca! Ti mangeranno gli squali!» aveva urlato Kazama femmina, buttandosi tra le onde per trascinare Lili a riva, tra le sue risate soddisfatte. Hwoarang era stato colto dall'impulso di imitarla, giusto per vedere se poi Kazama avrebbe imitato la femmina della sua specie – Kazama sembrava nel suo elemento. Si muoveva con naturalezza tra i massicci tronchi d'albero e aveva allestito un falò in una decina di minuti partendo da zero. Tutti i partecipanti che erano rimasti bloccati sull'isola si erano incantati a guardarlo mentre trafficava indisturbato, isolato come in una bolla che nessuno sguardo altrui poteva bucare. Hwoarang si era sentito più che in diritto di unirsi allo sparuto gruppetto, approfittando del momento per sbrogliare la confusa matassa di sentimenti: era geloso che gli altri guardassero Jin ammirati? Aveva anche lui quegli occhi a pesce lesso? Gli altri se ne erano accorti? Avrebbero percepito l'effetto che Kazama aveva su di lui, una volta che avevano modo di tenerlo d'occhio ventiquattr'ore su ventiquattro? E Jin? Kazama l'aveva intuito?
Proprio mentre ci rifletteva su, preso dall'ansia, Jin aveva sollevato gli occhi accesi dai riflessi del fuoco che scoppiettava e glieli aveva piantati addosso. Hwoarang era sobbalzato, tradito dal suo stesso corpo. Tutti l'avevano guardato; dalle labbra di Lili era uscito un risolino complice.
Oh, sì. Hwoarang era stato scoperto.
E ora devo pure sorbirmi il nascondino. Avrebbe voluto urlare dalla frustrazione.
Concentrò tutto il suo odio sull'imponente figura di Kazama che si apprestava a iniziare la conta. Non ti darò questa soddisfazione. Ci vuole molto di più per mettermi al tappeto.
La voce profonda del ragazzo diede il via al gioco. «Uno…»
Hwoarang corse a nascondersi.

Can’t hold me down 'cause you know I’m a fighter

Pur non volendolo ammettere a sé stesso, Hwoarang si stava divertendo: la scarica di adrenalina che gli vibrava nel corpo al pensiero di essere cacciato dal suo rivale gli faceva pompare il sangue nelle vene più velocemente, molto più velocemente. Ancor di più gli faceva battere forte il cuore il fatto che, qualora – anzi, no "qualora" ma "quando" – quest'ultimo l'avesse trovato, l'avrebbe costretto a pagare pegno.
Sono forse diventato masochista?
Si guardò attorno, affannando – il che era ridicolo – e decise di nascondersi dietro il tronco di un albero. Non il miglior nascondiglio del secolo, d'accordo, purtroppo non c'era una gran scelta data la situazione: le regole parlavano chiaro, non potevano inoltrarsi tra le chiome degli alberi di notte o l'eventualità di perdersi sarebbe stata troppo elevata. Risultato? Kazama l'avrebbe trovato presto e, al solo pensiero, un ghigno gli piegò l'angolo destro delle labbra.
Sì, sono decisamente diventato masochista.
«Dieci. Sto arrivando.» annunciò la voce profonda di Jin. Sbaglio o lo stronzo si sta divertendo? C'era, infatti, una nota spensierata, quasi allegra, nella sua voce che mandava in tilt il cuore di Hwoarang. Quei giorni lontano da ogni contatto con il tram tram della quotidianità gli avevano fatto bene: Kazama respirava serenamente, senza che il suo petto si alzasse troppo, quasi che i polmoni volessero esplodergli o schizzargli fuori dalla pelle, senza che sul suo viso si dipingesse quell'espressione addolorata che gli "regalava" dieci anni in più.
Così giovane e già così vissuto. Dava la nausea.
Lì, invece, tra tutto quel verde, Kazama sembrava essersi riappropriato della sua età: stava addirittura giocando a nascondino e, dalle risate e sbuffi degli altri partecipanti, non si stava risparmiando.
«Chi manca?» chiese, a un certo punto.
Ma come chi manca? Cosa cosa, non sono il primo pensiero che ti viene in mente? Brutto stronzo traditore!, scosse la testa Hwoarang, pestando un piede – che brutta abitudine che aveva preso. Beh, come biasimarlo? La sua testa rosso fuoco iniziava a perdere brillantezza sotto i raggi impietosi del sole e l'acqua salata di mare. Ormai nemmeno più i capelli lo distinguevano dalla massa, rifletté, amareggiato, mettendo il broncio.
«Hwoarang.»
Hwoarang sobbalzò e si riscosse dalle sue fantasie per trovarsi catapultato direttamente in una reale, proprio lì, altro che sogno a occhi aperti. Deglutì.
Gli occhi ambrati di Jin controllavano a stento lo scintillio divertito. «Mancavi solo tu. Ti ho trovato.» sussurrò, serio. Persino un gioco si trasformava in una battaglia reale se le redini erano affidate a lui.
Hwoarang tentò in tutti i modi di resistere a quello sguardo che sembrava scavargli l'anima e si ritrasse ma la sua nuca sbatté contro il tronco dell'albero: nulla di fatto, era in trappola tra le braccia possenti del ragazzo e un albero secolare che sicuramente si stava prendendo gioco di lui. «Sei stato moscio, Kazama! Mi devi la rivincita! La prossima volta ti cerco io. Ti trovo in un nanosecondo.» fece, sbruffone, giusto per dare aria alla bocca e distrarre Jin dalle inopportune reazioni del suo corpo.
Un mezzo sorriso fiorì sulle labbra piene del suo rivale. «D'accordo. C'è una cosa, però…» alluse, misterioso. Per Hwoarang fu impossibile non roteare gli occhi.
«Cosa c'è, Kazama, cosa? Cos'hai da fare bloccato su quest'isola?» sbottò, spazientito, allargando le braccia e spalancando gli occhi.
Doveva essere davvero divertente perché il sorriso sulla bocca di Jin si allargò, rivelando una chiostra di denti bianchissimi. Qua si gioca sporco, pensò Hwoarang, improvvisamente conscio del suo alito non proprio felice e dei suoi denti che non vedevano uno specialista da una decina di anni.
«Non ho nulla da fare, no.» rispose Jin, il tono ilare.
Hwoarang si insospettì. Ridusse gli occhi a due fessure nella speranza di proteggersi dalla visione del suo rivale. «Cosa vuoi, Kazama?»
No, sul serio, che voleva quel demonio? Perché si stava comportando in quel modo, così amichevole, come se avesse sotterrato l'ascia da guerra senza avvisarlo. "Ehi, Hwoarang, non sono più il tuo peggior nemico. Guardami, sto persino giocando con te!" Che nervi.
«Devi pagare pegno, ricordi?» sussurrò Jin, occhi brillanti come stelle, chiaramente godendosi il momento. Oh, allora non era poi così buono! Hwoarang l'aveva sempre saputo, aveva sempre immaginato che dietro la facciata del bravo ragazzo, serio e maturo, pacato e gentile, si nascondesse un diavolo che provava piacere nello stuzzicare e causare misfatti, crogiolandosi nella miseria altrui. Mi merito una medaglia, detective Hwoarang. Dov'è Lei Wulong quando serve?
«Quale pegno, Kazama? Vuoi che ti incoroni "Eroe Maledetto del Mese" mentre i tuoi sudditi si inchinano ai tuoi piedi? "Il mio sangue è maledetto, oh!"» lo scimmiottò Hwoarang, sottolineando il messaggio con un'espressione esageratamente tragica del viso.
Sperava che Kazama si arrabbiasse e lo piantasse in asso tuttavia, superando ogni sua aspettativa, Jin gli stava ancora sorridendo: se aveva trovato offensiva la sua imitazione, non lo dava a vedere. Era bravo a nascondere le sue emozioni? No, Hwoarang aveva scoperto il trucco: bastava fissarlo negli occhi. Jin sapeva controllarsi ma non era abbastanza subdolo e furbo da dissimulare i propri sentimenti.
E, in quel momento, l'ambra liquida del suo sguardo ardeva. «No, non voglio nessuna incoronazione. Chiudi gli occhi. Vorrei provare una cosa… Fermami se non vuoi.» disse, serio, appena una vena di timidezza nella sua voce all'apparenza decisa.
Hwoarang roteò gli occhi. «Che cazzata, Kazama. Se vuoi colpirmi, fallo mentre mi guardi.» esclamò, anche se quella frase dava luogo a doppi sensi poco affascinanti. Eppure gli piaceva quel gioco, gli piaceva avere un'interazione che non fosse basata su calci e pugni e insulti, gli procurava una dolce vampata di caldo alla base del ventre. Così, chiuse gli occhi. Ogni tanto, nella vita, poteva dare una soddisfazione a Kazama.
«Non voglio colpirti, Hwoarang. Sei tu che vuoi colpire me.» sussurrò Jin in un filo di voce, come se, chiudendo gli occhi, si fosse creata una nuova sensazione di intimità, un'intimità che andava difesa a ogni costo.
«Stronzate…» protestò debolmente Hwoarang, agitandosi. Il cuore pareva essere sul punto di esplodergli nel petto. Che assurdità! Non era la prima volta che si trovava faccia a faccia con Jin, perché proprio ora doveva fare quella figura di merda?
Il silenzio era assordante. Hwoarang strizzò gli occhi, l'attesa lo stava logorando.
Sentì il respiro dolce di Kazama fior di labbra, pericolosamente vicino, un ramoscello spezzarsi sotto le sue sneakers. Sneakers. Erano due ragazzini che giocavano a fare i duri… Hwoarang strinse i pugni.
Una sensazione di calore gli infiammò le guance quando le dita di Kazama gli sfiorarono la pelle per poi afferrargli delicatamente la nuca. Lo sentì trattenere il fiato e scoprì, quasi divertito, che stava aspettando la sua reazione. Che cavaliere, pensò ironicamente. Hwoarang sapeva bene quello che stava per succedere. Il vento frusciava tra le fitte chiome degli alberi, non molto in lontananza sentiva le onde del mare infrangersi sulla battigia, la luna gettava la sua luce fredda e magica sulla terra, il sangue gli scorreva velocemente nelle vene, sentiva le gambe molli, il respiro accelerare.
Kazama gli sfiorò la guancia con le labbra, poi le poggiò. Hwoarang strinse così forte i pugni da sentire le unghie ficcarsi nei palmi. Jin continuò la lenta tortura di leggeri baci lungo la guancia, seguendo un percorso immaginario fino alla curva delle labbra.
E proprio quando Hwoarang si sentiva pronto ad accoglierlo, Jin si fermò.
Ancora.
Il sopracciglio ramato del ragazzo scattò. Senza aprire gli occhi, gli scoccò un ghigno divertito. «Sei sempre il solito moscettone, Kazama. Sto invecchiando a furia di aspettarti.» lo sbeffeggiò, assestandogli per scherzo un pugno sul fianco.
Finalmente, Kazama rispose non con le parole ma con i fatti, catturandogli le labbra. Un mugolio sfuggì dalla sua bocca mentre affondava le dita tra i capelli folti di Jin, aggrappandosi con forza, come se avesse paura che scappasse via, lontano da lui come era solito. Quella volta, Hwoarang non avrebbe lasciato che si ritraesse. Erano nascosti, al riparo da sguardi indiscreti, riparati in un fazzoletto di oscurità. Forse fu quella la ragione per la quale Hwoarang approfondì il bacio, pressando la bocca di Kazama per costringerlo a fargli spazio. Si avventò con una tale foga che i denti cozzarono, infliggendogli appena una scarica di dolore che però acuì la sua voglia di spingersi oltre.
Proprio quando Hwoarang credeva di aver afferrato le redini del gioco e di star dettando le regole del bacio, Jin assunse il controllo. Un rantolo basso, come il boato di un tuono lontano, cominciò a salirgli dalla gola. Le sue dita si infilarono tra i passanti dei pantaloni del coreano e li usarono per spingergli il bacino contro il suo. A Hwoarang si mozzò il fiato e aprì gli occhi di scatto. Lo voleva ed era corrisposto. La pressione delle sue labbra aumentò e il ragazzo si sentì attraversato da una sferzata di adrenalina.
Il bacio si era trasformato in qualcos'altro.
Si ritrovò schiacciato contro il tronco dell'albero, staccandosi dalle labbra di Jin solo per prendere fiato e dedicare attenzione alla vena pulsante sul suo collo, posandovi baci leggeri. Aveva completamente dimenticato che erano nel bel mezzo di un gioco, a pochi metri da una banda di esperti di arti marziali, sperduti su un'isola, in attesa del salvataggio a opera di Heihachi Mishima. Forse quella pausa dai ritmi frenetici e imposti della città gli aveva fatto bene, considerò Hwoarang. Forse avrebbe dovuto approfittarne e mettere le cose in chiaro da subito, prima che i grattacieli di Seoul ingurgitassero tutte le sue buone intenzioni per vomitargliele ridotte a un grumo di rabbia e confusione e tutto sarebbe tornato come prima.
«Kazama» riuscì a dire tra gli ansiti. «Non fare che poi sparisci perché ti prendo a calci in culo, eh?»
Gli occhi di Jin incontrarono i suoi. Ancora ansimante, la luce della luna che lo bagnava d'argento – una fottuta scultura di marmo – e con le labbra gonfie per i baci schiuse, Jin tentò di prendere parola. «Non preoccuparti, Hwoarang.» lo rassicurò ma gli uscì malissimo perché la frase si ruppe in più punti.
Questo stronzo potrebbe anche uccidermi in questo momento e io lo ringrazierei, dannazione. Per questo, Hwoarang non poté far altro che annuire e allacciare le braccia attorno al collo di Jin per una maggiore stabilità.
Nonostante una forte folata di vento improvvisa gli stesse scompigliando i capelli già pericolanti, Hwoarang continuò imperterrito la sua santa missione. Jin non sembrava contraddirlo.
Andava tutto bene.
No?
«È Mishima! Finalmente sloggiamo da questa foresta! Law, ho capito una cosa importante!» sentì urlare da Paul Phoenix, la voce così alta da sovrastare persino il rumore assordante delle pale dell'elicottero.
«Cosa, Paul?» urlò di rimando il povero amico.
«Che "L'isola dei Famosi" non fa per me!» rivelò Paul.
Law gli mollò uno scappellotto. «Tu non sei famoso, Paul!» lo rimbrottò.
Purtroppo, la baraonda li aveva interrotti, stracciando l'atmosfera magica che li aveva avvolti. Jin si era staccato dalla sua bocca ma non aveva interrotto il contatto: le sue mani erano ancora attorno alla sua vita e le braccia di Hwoarang erano ancora attorno al suo collo.
Colti sul fatto.
Ti prego, fa' che si concentrino sul cappotto tigrato di Heihachi Mishima, pregò Hwoarang ma, ovviamente, perché qualche dio avrebbe proprio dovuto considerarlo in quel momento dopo che gli era stata concessa la grazia di baciare Jin Kazama?
Paul Phoenix fu il primo a notarli. Spalancò la bocca e produsse un risucchio orribile. «Oh my God!» gracchiò.
Ecco, appunto.
«Jin Kazama è un essere umano, allora!» esclamò Paul.
«Paul!» lo richiamò Law, assestandogli una bella gomitata. «Lasciali stare…»
«Comunque la coppia più bella restiamo io e te, Asuka!» cinguettò Lili, battendo le mani. Kazama femmina fece una brutta smorfia ma Hwoarang riconobbe l'accenno di un sorriso sulle sue labbra.
Riportò quasi timidamente la sua attenzione su Jin. Come suo solito, le parole altrui non lo scuotevano minimamente: fissava attento Mishima, tenendo d'occhio ogni sua mossa. «Vuoi che lo faccia cadere dall'elicottero?» propose Hwoarang, per scuoterlo un po'.
Jin si riprese. Gli scoccò un'occhiata divertita. «Avrei un'idea ma no. Lasciamolo perdere.»
Lasciamolo. Voce del verbo lasciare, modo imperativo, prima persona plurale, noi. Noi lasciamolo. Noi, io e te. Quel "noi" gli piacque molto di più di quanto fosse lecito e sembrò sancire un tipo di unione diversa da quell'unica che Hwoarang aveva ritenuto possibile e che aveva cercato di costruire negli anni. Noi.
«Agli ordini, Kazama-san.» fece Hwoarang, mimando un saluto militare.
Jin scosse la testa ma c'era l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Andiamo davvero d'accordo, pensò Hwoarang, vagamente sorpreso. Le sue sneakers, così come quelle di Jin, erano sporche d'erba e terriccio. L'immagine lo fece sorridere. Andrà tutto bene.

제 발로 들어온 아름다운 감옥
Find me and I’m gonna live with ya
~
It’s a beautiful prison that I’ve walked into
Find me and I’m gonna live with ya
BTS - ON

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Capitolo 13
*** You should see me in a crown ***


Nickname: Angel Texas Ranger
Titolo: You should see me in a crown
Fandom: Tekken
Personaggi: Devil Jin

12 Marzo: Distopia

Vorfreude: la felicità che deriva dal pregustare la felicità futura


You should see me in a crown
I'm gonna run this nothing town
Watch me make 'em bow
One by one by, one…

Billie Eilish - You should see me in a crown


La scarica strisciò lungo il cavo in un tripudio di scintille prima di riversarsi nelle sue ossa con un violento schiocco. L'impatto gli fece rovesciare il capo. Sapeva che gli umani si stavano godendo lo spettacolo, crogiolandosi nella convinzione assoluta di aver dimostrato, ancora una volta, di essere la specie prediletta, il vertice della catena alimentare.
La scossa terminò. La testa gli ricadde ciondoloni; lo sguardo sfocato non percepiva la realtà fatta di cavi e laboratori, no.

Vedeva gli umani colpevoli della tortura massacrati, sbudellati, schiacciati.

Vedeva il resto di quella misera razza infima ai suoi piedi, supplicante nell'ora del giudizio.

Vedeva sé stesso libero, mentre realizzava il suo sogno di dominio.

Quella visione immaginaria, dipintasi con tale vividezza nella sua mente da imporsi sulla realtà, soddisfò la sua sete di vendetta.
Pregustando il sapore del sangue, il demone sollevò gli occhi bianchi sugli umani che avevano osato catturarlo e sorrise.


N/D: ovviamente ambientato durante T5DR, Dragunov malefico. Mi sono sempre chiesta cosa pensasse DJ... Mi sono vagamente ispirata ad Harley Quinn nel film Birds of Prey...

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di Efp con i prompt
5- Things you said when you were crying / Le cose che hai detto mentre stavi piangendo
47- Things you said under your breath / Le cose che hai detto trattenendo il fiato


Lo sguardo di tua sorella scivola sul tuo ventre piatto e, man mano, si inaridisce. Sarebbe forse più corretto dire che si riempie di invidia, di gelosia e puoi giurare che, ben presto, dalle sue labbra scarlatte irromperenno, come un fiume in piena, stoccate simili a baci di vipera.
Ti concedi un ghigno.
La sua invidia ti lascia indifferente: sai bene che Anna desidera un figlio con tutte le sue forze ma, nonostante gli svariati tentativi, il suo grembo resta vuoto.
Il tuo, invece, no.
Per una volta vorresti trattarla come un'adulta e rivelarle che no, non è come pensa, che Steve Fox è frutto di una vera e propria violenza sul tuo corpo di donna, uno tra gli infiniti esperimenti che i dannati laboratori della Mishima Zaibatsu hanno testato su di te.
Vorresti che lei capisse.
Vorresti che Steve Fox non esistesse perché così potresti cancellare le tracce del sopruso che ti hanno inflitto. Lui non ne è colpevole, in fondo, ma nessuno può puntare il dito contro di te per accusarti, disgustato, quando rendi palese la tua mancanza di sentimenti verso il ragazzo. Purtroppo, la realtà è diversa e sai che il tuo furore, il tuo dolore, il tuo senso di tradimento e le tue lacrime non saranno ben accolte, anzi, saranno disprezzate e ridicolizzate. Sì, persino da tua sorella – non che sia mai scorso buon sangue tra di voi ma tant'è. E, dunque, continui a forgiare l'armatura che indossi affinché possa assorbire completamente la tua pelle umana.
Anna, invece, a differenza tua, ha affilato ben altre armi per sopravvivere nella giungla e ha imparato a maneggiarle proprio combattendo contro di te. È per questo che dai suoi bei occhi azzurri scivola una sola, unica lacrima – quanto falsa non sapresti misurarlo – e le sue labbra – scarlatte come il sangue che vorrebbe vederti sputare – singhiozzano «Non è giusto, Nina. Tu hai sempre tutto, io non ho mai niente». Sembra stia trattenendo il fiato per risultare quanto più offesa possibile, quasi la sua stessa ira la strozzasse.
Chissà cosa rappresenta quel "tutto" nella sua testa, ti chiedi, pur essendo cosciente del fatto che non lo saprai mai o che, magari, quel "tutto" è solo un modo per inventarsi paranoie, una scala per misurare e comparare la sua vita con la tua e decretare che, alla fine, nonostante quel "tutto", lei ne esce comunque migliore di te.
Vorresti non doverla affrontare ogni volta a ogni maledetto Torneo. Vorresti non dover vedere nessuno.
Vorresti, vorresti.
In questo mondo, però, il tuo volere non conta molto e, allora, avanzi sul ring per fronteggiare tua sorella.


Don't say it isn't fair
You clearly weren't aware that you made me miserable
So if you really wanna know
When I'm away from you
I'm happier than ever
Billie Eilish - Happier than ever


N/D: chiudo finalmente questa raccolta su una nota amara che si addice alla giornata. Ero abbastanza soddisfatta di alcune storie scritte per questa raccolta mentre di altre un po' meno ma vabbeh! Ci si rivede, miei Prodi lettori fantasma xD

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