Writecember 2021

di Yurippe
(/viewuser.php?uid=108848)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Divano ***
Capitolo 2: *** Uccellini ***
Capitolo 3: *** Fondale ***
Capitolo 4: *** Mare ***
Capitolo 5: *** Aereo ***
Capitolo 6: *** Ariete ***
Capitolo 7: *** Amuchina ***
Capitolo 8: *** Candela profumata ***



Capitolo 1
*** Divano ***


Fandom/Universo: Bloody Sunset;

Personaggi: Katherine Williams e Michael;

Prompt: Divano.

“Aah, finalmente un po’ di tranquillità!”

Katherine Williams si buttò sul divano del salotto a peso morto, per poi portarsi una mano sopra la fronte e osservare il soffitto.

Quel pomeriggio era da sola a casa e ne era davvero felice. Aveva bisogno di stare un po’ da sola, senza niente e nessuno, dato la sua vita lì era un vero inferno.

Tutto era iniziato quando i suoi genitori si erano separati, e, lei, era stata costretta ad andare a vivere in quella casa, che mai e poi mai avrebbe considerata sua, con la mamma, il compagno e la figlia di quest’ultimo.

Nicholas, il compagno, si credeva di essere chissà chi e di poter comandare e criticare tutto e tutti, solo perché portava i soldi a casa, sua madre che non aveva il coraggio di mandarlo a fanculo e, poi, Jade, la figlia del compagno. Lei forse era quella che più la faceva incazzare, quella diciottenne a cui tutto era dovuto e che faceva la bambina viziata, con il padre che la giustificava sempre, quando in realtà ne aveva fatta, e continuava a farne, una più del diavolo!

Ma ora non voleva pensare a tutto ciò, voleva solo godersi quelle ore da sola per rilassarsi, e, perché no, fare qualcosa che normalmente con loro intorno non le riusciva, come ad esempio scrivere o disegnare.

Ma, proprio mentre lo pensava, un sonno tremendo la avvolse, come se non dormisse da una settimana. Probabilmente era tutto lo stress che, finalmente, piano piano si scioglieva.

Decise quindi di fare un bel sonnellino. Così prese il plaid blu appoggiato nel tavolo vicino, se lo sistemò bene addosso, e, chiudendo gli occhi, si addormentò subito.

 

*

 

Katherine Williams camminava, facendosi largo tra arbusti, rami e cespugli, in un bosco che pareva non avere mai fine.

Ella sapeva di trovarsi in un sogno ma, quello non era un sogno normale, se lo sentiva nell’anima, quello era un richiamo.

Lei che era strega da parte di mamma aveva imparato a distinguere i sogni normali dai richiami, tutto grazie alla buon’anima della sua cara nonna materna, che le aveva insegnato, fin da piccola, tante cose, tra cui questo.

Così, tenendo ben a mente quegli insegnamenti, ella avanzava, ma con cautela, con i sensi, quali la vista, l’udito e l’olfatto ben vigili.

Infatti non era mai detto che chi le mandava un richiamo o un segnale fosse buono, poteva trattarsi di chiunque: un fantasma, un demone, o, ancora peggio, un principe infernale. Come ad esempio Asmodeus, che le dava il tormento da anni.

Dopo una camminata che parve interminabile, Katherine finalmente uscì da quella fitta boscaglia, ritrovandosi in una grande distesa verde. Doveva, probabilmente, avere raggiunto la prateria.

 Ma quella grande distesa aveva qualcosa che non andava, infatti era circondata dalle fiamme. Un incendio?

No! Quello non era un semplice incendio! Nessuno aveva appiccato fuoco, lì c’era qualcosa di più grande!

Con quei pensieri la giovane Williams si guardò intorno e, finalmente, lo vide!

Lì, a qualche metro da lei, posto praticamente al centro di quel luogo, a braccia incrociate e gli occhi chiusi, con la spada legata alla cintura dei pantaloni di pelle nera, come il resto del vestiario, con i suoi inconfondibili sbarazzini capelli rossi e con le sei grandi ali bianche stava Michael, l’arcangelo del fuoco e spada di Dio, non che il suo arcangelo custode.

A quel punto Katherine si avvicinò di qualche passo, stando comunque attenta alle fiamme circostanti. Se il suo arcangelo custode era apparso nei suoi sogni sicuramente c’è un motivo e, considerando com’era messo, doveva sicuramente dirle qualcosa.

Non era la prima volta che lo sognava, come non era la prima volta che sognava un arcangelo, ma ogni volta era sempre una sorpresa, anche se iniziava ad abituarsi.

“Michael…”

Lo chiamò a quel punto.

“Che succede? Come mai sei qui? Devi dirmi qualcosa?”

A quelle domande l’arcangelo del fuoco aprì gli occhi, rivelando uno sguardo di una freddezza assoluta, a differenza del suo elemento, che gli dava un aria ancora più imponente di quanto già non fosse.

Talmente tanto da intimidire la protetta che, di reazione, indietreggiò di qualche passo. Per quanto lei adorasse il suo arcangelo custode quando faceva così riusciva sempre a spaventarla.

Lui, dal canto suo, non parve preoccuparsene e prese parola.

“Ascoltami bene Katherine: tra due giorni ti arriverà una lettera. Non sarà una lettera normale, lo capirai solo vedendo la busta, so che la leggerai e ti do il diritto di farlo ma…tu non fare e non accettare quello che leggerai”.

A quelle parole l’umana dai lunghi ricci mori spalancò gli occhi. Cosa vuol dire quel discorso? Davvero le arriverà una lettera? Cosa contiene di tanto grave da dirle di non accettare? E soprattutto, chi gli ella manda?

“Di quale lettera parli Michael? Chi è che me la spedisce? Cosa contiene?”

Michael di tutta risposta scosse piano la testa, per poi chiudere gli occhi.

“Non posso dirti altro, purtroppo, per mia grande rottura, ho i miei limiti anch’io pur essendo la spada di dio. Ma quello che posso dirti è questo: tu non accettare, per nessun motivo. Hai capito? Non accettareeeeeeeeeeeee!”

 

*

Dopo quell’urlo tremendo, lanciato da Michael, Katherine aprì di scatto gli occhi, per poi portarsi altrettanto velocemente seduta.

Era un sogno, no, era un richiamo del suo arcangelo che voleva metterla in guardia riguardo alla lettera che pare le arriverà a giorni.

La ragazza sospirò, per poi portarsi una mano sul viso e assumere poco dopo un aria pensierosa.

Se Michael le ha detto di stare attenta lei lo farà, sa bene che non le direbbe mai una bugia.

Ma…come si può stare tranquille dopo aver saputo che una strana lettera, dal dubbio contenuto, sta arrivando a te?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Uccellini ***


Serie/Fandom: Bloody Sunset;

Personaggi: Christie Bloom, Uriel e Layla.

 

 

“Questi, invece, sono i nostri canarini. Ti piacciono?”

“Sii, sono bellissimi!”

Layla sorrise teneramente, mentre osservava quella bambina di cinque anni dalle trecce more di nome Christie Bloom, intenta a guardare i due canarini, uno giallo e uno arancione, dentro la gabbia. Due animali che lei e suo marito mai avrebbero pensato di prendere, dato avevano già due coniglietti nani.

Tutto era successo qualche giorno fa, quando avevano visto questa piccola coppia al negozio di animali. Entrambi ne erano rimasti totalmente incantati, tanto che avevano deciso di prenderli.

“Ma, quello è un nido, faranno i piccolini?” chiese a un certo punto Christie, notando un piccolo nido di legno, posto al lato destro della gabbia bianca.

A quella domanda Layla rise leggermente, doveva ammettere che quella bambina era davvero simpatica.

“Si, quello è un nido. Ma i piccoli non ci sono, devono ancora nascere…”

“Ohh, capisco, e quando nasceranno?”

“Quando Trilly sarà pronta”.

“Sii, che bello”.

Le due continuarono a parlare dei due volatili felicemente, mentre, un sorridente e sollevato Uriel, l’arcangelo della terra e guardiano dell’inferno, le osservava seduto al tavolo di legno, posto al centro della stanza, poco distante da loro.

Egli conosceva bene le due donne: Layla era sua moglie da anni, mentre Christie era una semplice bambina umana che lui stava proteggendo quella notte.

Ella, in realtà, era la protetta di Raphael. Ma siccome quest’ultimo era impegnato in paradiso, era toccato a lui farle da guardia. Cosa che non gli era pesata affatto, essendo, Uriel, molto legato a quella bambina.

Ma, sfortunatamente, quella sera la piccola era stata vittima di due demoni. Essi si erano divertiti a procurarle dei terribili incubi, spaventandola a morte.

Per fortuna si era trattato di demoni di basso rango, quindi l’arcangelo della terra li aveva cacciati via in pochi minuti.

Christie, però. ne era rimasta spaventata. Tanto da mettersi a piangere al risveglio. Fu lì che Uriel decise, per quella volta, di fare una cosa che, in effetti, andava un po’ contro i principi di un essere alato: non solo si mostrò nella sua vera forma, cosa che non era facilmente concessa agli umani, a meno che non intendessero rimanere cechi, ma, la prese in braccio portandola a casa sua, con l’idea di farle passare lo spavento mostrandole i suoi animali, dato sapeva ne era amante.

L’idea aveva infatti funzionato, e ora la bambina stava insieme a Layla a osservare i canarini che, allegramente, svolazzavano nella gabbietta.

 Ma, come ogni cosa, arrivava il momento di tornare a casa. Quindi Uriel si mise in piedi, mostrando le sei grandi ali bianche sulla schiena, e, sorridendo, si rivolse alla piccola umana.

“Christie…è ora di tornare a casa”.

A quelle parole gli occhi dell’interpellata si fecero tristi.

“Ma…io voglio rimanere ancora un po’…”

“Christie! Ricordi cosa ti ho detto? Solo pochi minuti, il tempo giusto per farti passare la paura. Io devo tornare ai miei doveri di arcangelo e tu a letto, in camera tua. Non vorrai mica che a tua madre prenda un colpo non trovandoti”.

All’idea di sua mamma in preda alle urla disperate Christie scosse violentemente la testa.

“No!”

Uriel annuì.

“Brava, dai ora saluta Layla e vieni qui”.

“Vaaa bene. Ciao Layla e grazie di tutto!”

“Figurati piccola, ciao e sogni d’oro”.

Detto questo, Christie corse dal suo salvatore che la accolse tra le braccia, prendendola così in braccio, per poi sparire poco dopo, riportandola, già addormentata, a casa.

Christie, purtroppo, dimenticò quell’episodio.

Ma una cosa era certa: Uriel le fu sempre accanto, insieme a Raphael. E anche se lei non li vedeva, loro continuavano a proteggerla e lo avrebbero fatto per sempre.


 

 

 


 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fondale ***


Serie/Fandom: Bloody Sunset;

Personaggi: Christie Bloom, Michael e Lucifero.

 

L’acquario di Genova, il più grande d’Europa e l’attrazione principale del capoluogo ligure. Un luogo che Michael, l’arcangelo del fuoco e spada di Dio, conosceva molto bene.

Egli c’era stato diverse volte, nel corso degli anni, insieme a Castiel, il suo fidanzato. Ormai, si poteva dire, conosceva molto bene quella struttura e sapeva che nel corso degli anni era stata modificata diverse volte. O che venivano cambiate le vasche, o specie marine erano state aggiunte e altre tolte.

Di una cosa però era sicuro: per quanto l’acquario si potesse modernizzare, di certo non era in grado di ricreare alla perfezione un fondale marino, come quello che c’era in quell’enorme vasca dove ora nuotavano due delfini, madre e figlio, felicemente.

Si trattava del sogno di un qualche umano.

Michael allora si guardò intorno, e, poco dopo, la vide: lì, poco distante da lui, seduta a gambe incrociate davanti alla vasca, a piedi nudi e in pigiama: Christie Bloom, la protetta di Raphael.

A quella vista Michael sbuffò leggermente, segno che non era la prima volta che vedeva quell’ambientazione.

“Ti piace proprio l’acquario, eh?”

Udita la sua voce Christie si girò alla sua destra, sorridendo nel riconoscerlo.

“Si, in effetti mi rilassa molto, soprattutto la vasca dei delfini”.

“Vedo…”

A quel punto l’arcangelo del fuoco si sedette al suo fianco, davanti alla vasca, dove potè ammirare il piccolo di delfino nuotare felicemente insieme alla mamma. Uno spettacolo dolce, non lo poteva negare, come non poteva negare che gli sarebbe piaciuto vederlo insieme a Castiel.

Accidenti! Non potevano essere in ronda insieme quella sera? Tutte le volte che c’erano le cose belle non lo erano mai, sembrava farlo apposta.

I due passarono diversi secondi in silenzio, a spezzarlo fu Christie.

“Raphael non c’è stasera?”

All’udire quella domanda Michael alzò gli occhi azzurri al cielo, con fare scocciato. Ogni volta era la stessa storia: quando compariva nei sogni di qualcuno che non era il suo custode gli veniva chiesto dov’era quello effetivo.

Certo, non poteva biasimarli, lui stesso fosse stato un umano avrebbe fatto uguale, però…che seccatura!

In ogni caso rispose, mica era un angelo maleducato!

“No, Raphael non c’è. Aveva da fare con la tua amica, quindi stasera ci sono io!”

Disse il tutto con fare svogliato, piegando la gamba destra, dove ci appoggiò poi il braccio,

L’umana annuì.

“Capisco…”

A Christie quasi faceva strano parlare lì, tranquillamente, all’arcangelo Michael, quando fino ad alcuni mesi prima ne era quasi impaurita a causa di un sogno dove lo aveva visto, di spalle, circondato dalle fiamme. Tutto però era cambiato dopo alcune settimane, dove lui si era fatto percepire abbracciandola nel sonno e poi facendole avvertire il suo calore diverse volte, sempre quando lei si metteva a dormire. Da quella volta aveva imparato a non temerlo, infondo con lei era stato dolce e poi…era un arcangelo cosa mai poteva farle?

Fu di nuovo lei a interrompere il silenzio diversi secondi dopo.

“Michael…”

“Dimmi…”

“Volevo chiederti, ecco… tu sai a cosa Katherine abbia detto di si a Lucifero?”

Quella domanda colse la spada di Dio totalmente impreparato. Non si aspettava di certo che la protetta di Raphael gli avrebbe chiesto una cosa simile, però, riflettendoci, era anche lecito che volesse sapere essendo lei sua amica.

Tuttavia dovette, purtroppo, deluderla.

“No…nemmeno io so niente. Ma una cosa è certa: non è nulla di buono…”

“O niente che vi riguardi, curiosoni che non siete altro!”

Una voce maschile interruppe bruscamente i discorsi di Michael e Christie che, di scatto, si voltarono alle loro spalle.

A pochi passi da loro videro una figura maschile alta e imponente, dai lunghi capelli neri, come anche il suo vestiario, ma, ciò che spiccava erano le sue grandi e sei ali, nere anch’esse.

Furono quelle a fare capire alla ragazza di chi si trattasse: Lucifero.

Appurato chi fosse, i due si misero velocemente in piedi.

Christie, assai impaurita, si affrettò a mettersi dietro Michael, appoggiando anche una mano sulla sua spalla, in segno di una ricerca di protezione. L’arcangelo, invece, ne mise una sopra la sua spada, che stava legata alla cintura dei pantaloni, pronto a tirarla fuori qualora ce ne fosse stato bisogno.

L’angelo caduto, come niente fosse, si fece avanti, osservando i due presenti, con sguardo serio, per alcuni istanti.

Dopo di che, prese parola, rivolgendosi proprio a Christie, che ancora lo osservava spaventata.

“Christie Bloom…lieto di vederti”.

L’interpellata deglutì, rimanendo dietro all’arcangelo dagli sbarazzini capelli rossi “i-il piacere è tutto mio”.

A quelle parole Lucifero alzò gli occhi al cielo. Conosceva bene quella ragazza, che altri non era che l’amica di Katherine, la protetta sua e di Michael. Sapeva bene anche di quanto ancora fosse spaventato da lui, nonostante la sua amica l’avesse più volte rassicurata che non doveva temerlo, ma, la descrizione che aveva fornito di lui la chiesa l’aveva influenzata troppo.

Egli decise, quindi, di parlare.

“Puoi stare tranquilla, non voglio nulla da te. Anche se fosse non dovresti temermi in questo modo, sono più affidabile di altri, soprattutto di chi si predica santo ma in realtà non lo è. Devi sapere che io a differenza degli umani non mentirei mai. Comunque…io e mio fratello dobbiamo parlare di cose da angeli, quindi…buon risveglio!”

Con uno schiocco di dita Christie si dissolse, per poi risvegliarsi.

A quel punto, i due fratelli si fronteggiarono.

Entrambi sanno già, senza che ci sia bisogno di spiegarlo, che parlerano della “questione Katherine Williams”.

Come finirà il loro confronto? Ci sarà una discussione pacifica? O se le daranno di santa ragione?

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Mare ***


Universo/Fandom: Bloody Sunset;

Personaggi presenti: Raphael e Valentina.

 

“Va bene qui?”

“Va benissimo, grazie.”

Valentina, l’incarnazione umana di giustizia, si sedette su uno scoglio in riva al mare e sospirò, per poi rilassarsi. Amava il mare, soprattutto durante il mese di settembre, quando il clima era caldo ma non troppo e le spiagge erano poco affollate.

Per non parlare di quando la giornata volgeva al termine e l’acqua diventava tiepida, proprio come il momento che stava vivendo insieme al suo compagno.

Fu proprio su di lui che gli occhi verdi della giovane si posarono.

Egli era a pochi metri da lei, con le mani dentro alle tasche dei pantaloni dello smoking blu scuro, i pantaloni tirati su fino al ginocchio e i piedi a bagno, che guardava l’orizzonte, con la luce rossa del tramonto che gli illuminava gli occhi azzurri e i capelli biondi, facendoli apparire ancora più chiari di quanto già non fossero.

Valentina osservava, mentre si perdeva nei ricordi, colui che era suo marito da qualche anno, che altri non era che Raphael, l’arcangelo dell’aria e della guarigione.

Ricordava come non era stato sempre rosa e fiori tra loro.

L’arcangelo infatti, inizialmente, aveva preso lei e le altre virtù per peccatori, e a lei, in particolare, gli enne aveva fatte passare di cotte e di crude.

Ma, alla fine, seppure con difficoltà e dopo tanto tempo, lui aveva capito e si era redento.

Fu poco dopo che i due si innamorarono, per poi fidanzarsi e infine sposarsi.

Dopo aver ripercorso la loro storia gli occhi di Valentina si posarono sul pancione ben evidente che spuntava sotto il vestito azzurro.

Infatti la giovane è incinta e tra poche settimane darà alla luce il loro bambino. Si, peccato che questa gioia non potrà condividerla insieme al compagno.

Infatti, Raphael il giorno dopo dovrà recarsi in paradiso, per rispondere all’accusa di aver violato una delle più importanti regole.

Quale? Il fatto che lui e sua moglie hanno generato un nehplim, un ibrido tra un umano e un angelo, che altri non è che il bambino che nascerà, una cosa assolutamente proibita.

Egli subirà un processo. Il suo castigo? Probabilmente il taglio delle ali.

A quel pensiero Valentina non riesce a non sentirsi in colpa, tanto che, abbassando lo sguardo, una lacrima solca il suo viso.

Raphael, che proprio in quel momento si è girato verso di lei, lo nota e si avvicina preoccupato.

“Ehi...tesoro, che succede? Stai bene? Il bambino?”

“Il bambino sta benissimo, non preoccuparti, è per te che sono in pena…”

A quelle parole l’arcangelo della guarigione non può che spalancare gli occhi, sorpreso.

“Per me?”

Justice annui, con le lacrime che sempre più copiosamente scendono dalle sue guance, per poi portarsi le mani davanti agli occhi.

“Si… domani subirai un processo e probabilmente ti taglieranno le ali, tutto per…per aver figliato con me, è…è solo colpa mia, io…ti ho recato solo guai…”

Le parole pronunciate da Valentina erano piene di tristezza e di disperazione, l’idea di aver causato dei problemi all’uomo amato la distruggeva nel profondo. Lei, che era l’incarnazione della giustizia e si era sempre battuta per essa stavolta non poteva fare niente, in quanto non aveva alcun potere sulle leggi dell’altro mondo.

Ma Raphael non pareva dello stesso avviso. Infatti egli si avvicinò a lei e, con decisione, le afferrò il viso tra le mani, costringendola a guardarlo, per poi prendere parola.

“Valentina…ascoltami bene, perché non lo ripeterò una seconda volta: te, come Razyel, le gemelle e anche il bambino che presto verrà al mondo siete la cosa più bella che mi sia capitata. Prima che ti incontrassi ero convinto che avrei passato l’eternità da solo, senza una compagna, pensando solo a lavorare per Dio…invece quando ti ho incontrata, anzi è meglio dire quando ho aperto davvero gli occhi, ho capito tante cose: ho capito che per me conta la felicità, tutto quello che ho fatto con te lo rifarei altre mille volte, non mi pento di niente, questo significherà per me il taglio delle ali? Beh, che venga. Preferisco questo ad un eternità senza di te e i nostri figli, hai capito?”

Le parole pronunciate dalla creatura alata apparivano profonde e piene di sentimento. Si, lui aveva commesso peccato e ne avrebbe pagato presto le conseguenze, ma non gli importava, non si pentiva di quello che aveva fatto, questo perché lo aveva reso felice, gli aveva donato e gli avrebbe regalato, un'altra volta, le sue gioie più grandi, quindi...a quel paese tutto il resto!

Valentina, dal canto suo, lo osservò qualche secondo, stupita, per poi chiedere “dici davvero?”

Raphael annuì “certo che si! Lo penso, l’ho sempre pensato e sempre lo penserò! ma ora basta lacrime, abbiamo ancora una cena da fare e una nottata da passare insieme, quindi...ora usciamo dall’acqua, ricomponiamoci e andiamo!”

E così i due coniugi fecero.

Una volta asciugati alla bene in meglio i piedi e aver indossato le scarpe si avviarono, mano nella mano, verso il ristorante a pochi metri dalla spiaggia.

Entrambi sanno cosa avverrà l’indomani, non sanno quale sarà il vero epilogo e per quanto staranno separati ma, almeno per il momento, non ci vogliono pensare, c’è ancora una notte intera da passare insieme e se la godranno tutta, fino all’ultimo minuto!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Aereo ***


Fandom/Universo: Bloody Sunset;

Personaggi: Jeanne e Sebastian Hikari;

Prompt: Aereo.

 

“Fila B, lato destro, eccoci qua”

“Perfetto, ma…Sebastian, perché non ti siedi?”

“Siediti prima te, mamma. Il posto vicino al finestrino è il tuo preferito, no?”

“Oh, Sebastian…grazie”.

Jeanne sorrise dolcemente, mentre, su invito del figlio, si sedeva al posto designato. Sebastian, poco dopo, fece lo stesso, accomodandosi accanto a lei.

Passarono alcuni secondi in silenzio, dopo di che, fu proprio la madre a prendere parola.

“Figlio mio, non hai idea di quanto io sia felice in questo momento, finalmente faremo il viaggio che tanto abbiamo sognato. Quanto tempo è passato da quando ti ho promesso che ti avrei portato in Lapponia a vedere l’aurora boreale?”

“Da quando avevo cinque anni…”

All’udire ciò, la donna rise piano.

“Vent’anni fa, quindi. Se contiamo quelli in cui sono stata morta…direi meglio tardi che mai!”

Sebastian annuì, senza togliersi il sorriso dalle labbra che aveva da quando quella giornata era iniziata.

Ancora non gli sembrava vero di stare vivendo tutto ciò, sembrava un bellissimo sogno ma, per fortuna, era una bellissima realtà.

Con quei pensieri il corvino ripercorse, mentalmente, la storia della sua vita.

Tutto ebbe inizio venticinque anni fa.

Sua madre, Jeanne appunto, venne violentata da Azazeal, principe infernale e primogenito di Lucifero. Da quella violenza la giovane rimase incinta di lui.

Furono nove mesi difficili, Jeanne portò comunque avanti la gravidanza con l’aiuto di Dean, suo marito, e Amarra. Ella però, era certa che non avrebbe mai amato il frutto di quella violenza, tanto che, non appena egli venne al mondo, chiese ad Amarra di portarlo via. Ma fu proprio quando la donna stava esaudendo la sua richiesta che Jeanne ci ripensò.

Forse l’istinto materno aveva avuto la meglio su di lei? non lo seppe mai dire con certezza, l’unica cosa che sapeva è che quel bambino era suo, non avrebbe permesso che gli ello portassero via e, cosa più importante, lo avrebbe protetto da suo padre.

Gli anni passarono tra alti e bassi, Sebastian amava i suoi genitori e loro amavano lui.

Ma la felicità non era destinata a durare a lungo.

Infatti Azazeal tornò e sterminò la sua famiglia.

Sebastian, che per miracolo era sopravvissuto, crebbe con il sentimento di vendetta contro colui che, in teoria, era suo padre biologico.

Nel frattempo, scoprì, insieme a Valentina, Teresa, Martino e Krad, di essere la reincarnazione di una delle sette virtù: la forza.

Insieme ai suoi compagni lottò duramente per la pace e per liberare le persone che erano state possedute dai sette peccati capitali.

Fu molto dura e non tutti ce la fecero. Sebastian però, riuscì a salvare il più giovane: Leo, l’incarnazione dell’accidia e figlio di Lussuria e di Gola. Quel ragazzino si ritrovò senza genitori e da solo, ma, grazie anche all’aiuto del suo opposto, riuscì piano piano a riprendersi e a farsi una vita.

Sebastian lo considerava il suo orgoglio. Era riuscito a crescere e ad aiutare un altro ragazzo orfano come lui, per di più dopo averlo liberato dalla sua maledizione, che, nonostante fosse solo un ragazzino, non lo aveva risparmiato.

Ma… i guai arrivarono non molto tempo dopo.

Infatti, una volta sconfitti i sette peccati capitali lui e i suoi amici se la dovettero vedere con altre creature, molto più potenti: angeli e demoni.

Un esempio era l’arcangelo Raphael, che, convinto che lui e i suoi compagni fossero dei peccatori era andato loro contro e voleva distruggere il mondo. Ma, per fortuna, dopo tanta lotta egli aveva capito e si era redento.

Ma…tra angeli, demoni e principi infernali, Sebastian rivide l’uomo che più odiava al mondo: Azazeal.

Infatti egli era ancora vivo e per niente pentito di quello che aveva fatto e, come se non bastasse, si era persino infatuato di lui, il suo stesso figlio! Un malato!

Insieme ai suoi compagni e ai vari arcangeli combattè nuovamente, soprattutto contro suo padre, con tutta la rabbia che egli gli aveva provocato. Con quello che aveva fatto a sua madre, suo padre e a lui per Sebastian non meritava proprio niente, se non la sofferenza.

Per fortuna anche quella battaglia, seppure fu molto più dura di quella precedente, vide la vittoria del bene sul male.

Non solo vide la vittoria del bene ma, Dio, che era assai magnanimo, decise di premiare tutti loro, tra cui riportare in vita alcuni dei loro cari.

Fu così che Sebastian riebbe i genitori indietro

Inutile era spiegare la felicità che provava, per lui non c’era regalo più bello di riavere i suoi genitori di nuovo con lui, soprattutto sua mamma. Avevano tanto da recuperare e tanto da dirsi.

Insieme avevano così deciso di fare il tanto agognato viaggio che Jeanne le aveva promesso: in Lapponia, a vedere l’aurora boreale.

A interrompere i pensieri della reincarnazione di Force fu la voce dell’hostess dall’autoparlante;

“Signore e signori vi diamo il benvenuto a bordo. L’aereo atterrerà a Rovaniemi alle ore 15 del giorno dopo, vi raccomandiamo di allacciare le cinture di sicurezza durante la fase di decollo. Rayanair vi augura buon viaggio!”

Al termine dell’annuncio il corvino si allacciò la cintura e, prontamente, allacciò anche quella di sua madre, facendola sorridere dolcemente.

Poco dopo la partenza ebbe inizio e madre e figlio si guardarono, per poi sorridere, il viaggio aveva inizio.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ariete ***


Universo/Fandom: La dicciotesima luna;

Personaggi: Serena Perry e regina Ivy;

Prompt: Ariete.

 

“Accidenti!”

Serena Perry si buttò, a peso morto, sull’enorme letto a baldacchino, per poi abbracciare il cuscino e iniziare a riflettere su quello che le era successo nelle ultime due settimane.

Tutto era cominciato quando aveva saputo del ballo in maschera che si sarebbe tenuto presso il castello reale.

Desiderosa di andarci aveva chiesto ai suoi due genitori, Garry e Jeanne, di portarcela. Ricordava bene come i suoi, inizialmente, avevano rifiutato, per poi acconsentire nel vedere quanto lei ci teneva. Il tutto a una condizione: non si sarebbe mai dovuta allontanare da loro e, soprattutto, sarebbe stata alla larga da Vanitas, il re bambino. Il motivo? Era pazzo e lunatico, non si poteva mai sapere cosa gli girava per la testa.

Il ballo era andato piuttosto bene, aveva persino avuto la fortuna di ballare con il re, tra lo stupore di tutti e in particolar modo dei genitori.

Era stato un momento che avrebbe osato definire magico, non si sarebbe mai aspettata che proprio lei, Serena Perry, una ragazza come tante altre, sarebbe stata invitata proprio dal re a ballare. Il ballo era durato, a occhio e croce, venti minuti, venti minuti intensi, senza dubbio, che quasi le era dispiaciuto quando erano finiti.

La giovane Perry rammentava anche della strana sensazione che l’aveva avvolta durante quel momento, non riusciva a spiegarla, ma… era strana. Senza contare che quando guardava il re bambino questa si intensificava, sembrava quasi che le fosse…famigliare.

Ma, dal giorno dopo, la sua vita cambiò radicalmente.

Infatti, dal momento in cui si era svegliata, suo padre le aveva ordinato di non avvicinarsi più, per nessuna ragione, al re e tantomeno di andare nei dintorni del castello. Inoltre non avrebbe più girato per Veritas da sola, ma accompagnata da lui, o dalla mamma o da Luca, suo fratello.

Furono giornate difficili, la ragazza si sentiva soffocare, privata della sua libertà, inoltre non riusciva a capire il perché di queste decisioni nei suoi confronti. La volevano proteggere? ok, ma da cosa? E soprattutto, da chi? Dal re?

Beh, se il motivo era quello…le precauzioni non erano servite a un bel niente, dato era stata rapita una settimana dopo.

Infatti, tre sere prima, mentre lei dormiva nel suo letto, il re Vanitas si era introdotto nella sua camera e l’aveva rapita, portandola al castello.

Un brutto colpo era stato per la fanciulla, ancora di più quando aveva saputo che il sovrano intendeva tenerla lì e ucciderla alla prossima eclisse di luna blu.

E ora eccola lì, distesa nel letto di quella camera che fungeva da cella, in attesa di una salvezza o… di una fine.

Tre giorni erano passati e l’unica cosa che sapeva era che il sovrano di Veritas la voleva morta, il motivo non le era dato saperlo.

Aveva molta paura ma cercava di non farlo vedere. Suo padre, in quanto hunter, le aveva insegnato di non mostrare mai le proprie insicurezze o paure al nemico, in quanto potevano esserle usate contro per farla finire male.

Era stato, senza dubbio, un insegnamento importante, ma…ritrovarsi nella situazione era una cosa assai diversa e metterla in pratica era ancora più difficile.

In quei giorni aveva passato momenti alternativi, momenti in cui praticava l’insegnamento mantenendo il coraggio e altri in cui lo sconforto aveva la meglio, facendole passare giorni interi in lacrime, proprio come quello che stava vivendo.

Sui suoi genitori non aveva dubbi. Conosceva bene suo padre ed era certa che si fosse già mobilitato per venire in suo soccorso, sperava solo che arrivasse il prima possibile.

Ma, mentre girava lentamente il viso verso destra, un oggetto, riposto sul comodino di legno scuro, attirò la sua attenzione.

Infatti, riposto lì sopra, proprio girato dalla sua parte, stava un piccolo ariete di peluche dal manto bianco e un fiocco color beije al collo.

Serena era sicura che fino a poco fa quell’oggetto non ci fosse, per questo attirò la sua attenzione. Così si tirò seduta e, allungando il braccio, lo prese tra le mani per poi iniziare a scrutarlo.

Non sapeva come quel pupazzo fosse finito lì, o chi ce lo avesse messo e come, ma…le aveva improvvisamente rimesso allegria, non sapeva spiegarlo, le sembrava…di averlo già visto.

E poi… è davvero carino” pensò mentre, sorridendo, lo rigirava tra le mani.

 

*

Fuori dalla stanza, dove Serena Perry era rinchiusa, una figura femminile dai lunghi capelli corvini e dal maestoso abito nero-viola sospirò, per poi allontanarsi lentamente tra i corridoi del castello.

Ivy, la regina di Veritas e moglie di Vanitas, aveva messo quel peluche dentro la stanza, sapendo che la figlia lo avrebbe sicuramente apprezzato.

Ebbene si, Serena non era figlia di Garry e Jeanne come aveva sempre pensato, ma dei due sovrani, mentre Jeanne e Garry altri non erano che gli zii.

Come mai aveva sempre vissuto all’oscuro di tutto? La storia è assai complicata ma si può spiegare.

Tutto ebbe iniziò diciassette anni fa. Quando Vanitas, durante l’eclisse di luna blu, tentò di assassinare la figlia nella culla. Il motivo? Era convinto che lei non fosse sua figlia, ma di suo fratello Vincent. Come mai? egli aveva violentato la sua amata e nello stesso periodo era avvenuto il concepimento della ragazza.

A nulla erano valsi i tentativi di farlo ragionare, era completamente fuori di testa, così Ivy prese, a malincuore, la decisione di affidarla a suo fratello e alla moglie, in modo da tenerla al sicuro.

Cosa c’entrava l’arietino di peluche con quella storia? Semplice, la piccola, a soli pochi giorni di vita, se ne era innamorata non appena lo aveva visto, tanto da dormirci sempre insieme, Però, nella fretta di portarla via dalla furia omicida del padre, era stato dimenticato lì.

A quanto pare il tentativo di tirarla su aveva funzionato e Ivy ne era felice. Ma, lo sarebbe stata molto di più a saperla libera. Inutile dire che si era già mobilitata con il fratello e la cognata per salvarla.

Fu con quei pensieri che la regina dai lunghi capelli corvini fece la sua promessa.

“Non m’importa cosa mio marito dirà o farà, non sarò mai d’accordo su questo. L’ho fatto allora e lo farò anche adesso: io ti salverò figlia mia, te lo prometto, dovesse costarmi la vita!”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Amuchina ***


Universo/Fandom: Bloody Sunset:

Personaggi: Chrstie Bloom e Abaddon;

Prompt: Amuchina.

 

Abaddon, l’angelo della distruzione, era tranquillamente seduto sulla poltrona, davanti alla tv, in quella sperduta casa di campagna, quando uno strano rumore, come di qualcosa che si frantumava, gli giunse alle orecchie.

“Maledizione! Che ha combinato stavolta quella ragazzina??”

Infastidito da tutto ciò egli si alzò dalla poltrona, per poi dirigersi verso la camera da letto di Christie Bloom, la protetta di Gadeel e sua prigioniera.

Quella ragazzina…lo stava facendo impazzire!

Tutto era cominciato il giorno prima, quando egli aveva avuto la brillante idea di rapirla. Il motivo? Semplice: voleva fare un dispetto a Gadeel, con cui non era mai andato d’accordo. Quale dispetto migliore se non rapire una delle umane di cui era il custode? Magari una di quelle a cui era legato? Proprio nessuno.

Dovette purtroppo ricredersi. Se subito quella pareva una ragazza spaurita, in poche ore era cambiata, facendolo letteralmente andare fuori di testa. Prima i pianti, poi le lamentele, e, infine, le domande, tante domande, troppe!

Se avesse saputo che fare il rapitore era una cosa così complicata non avrebbe mai messo in atto il suo stupido piano, che, a ben pensarci, era al pari a quello di un bambino a cui erano state rubate le caramelle!

In pochi secondi arrivò davanti alla porta della stanza, infilò la chiave dentro la toppa e con tre giri completi la aprì.

La scena che si trovò davanti fu la seguente: Christie stava a terra e si teneva, con entrambe le mani, la caviglia destra, come se quest’ultima le facesse male.

“Che diavolo hai combinato stavolta?” sbottò l’angelo della distruzione.

L’interpellata alzò lo sguardo su di lui, rivelando due occhi lucidi, segno che, molto probabilmente, si era fatta male, per poi rispondere.

“Sono scivolata…nello scivolare la mia caviglia ha battuto contro il vetro di questo mobile. Il vetro, che già era scheggiato, si è rotto e uno di quelli piccoli mi ha colpita!”

Solo quando la ragazza smise di parlare, Abaddon notò il vetro del mobile rotto e i vari frammenti a terra. Poco ci mancava che iniziasse a prendere a testate il muro. Pure imbranata se l’era scelta!

“Ma che diamine! Non è possibile!”

Dopo di che, assai infastidito dalla situazione, si avvicinò alla prigioniera, la sollevò mettendole un braccio dietro la schiena e l’altro sotto le gambe, per poi dirigersi, nuovamente, in cucina e poggiarla sopra il tavolo.

Dopo di che lui andò in bagno, per ricomparire, poco dopo, con una valigetta rossa del pronto soccorso.

Christie, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, prese parola. “Che cosa vuoi fare?”

All’udire ciò l’angelo alzò gli occhi al cielo, ma a quella bisognava spiegare tutto?

“Ti cucinerò, per poi cuocerti in forno con le patate! Ma secondo te? Ti curo, no? Mica posso lasciarti con una ferita aperta, potresti prenderti un infezione, o peggio… morire dissanguata!”

Il tono da lui usato fu dapprima sarcastico e, poco dopo, nuovamente infastidito, oltre che un po’ offeso.

Ok che era l’angelo della distruzione, ok essere temuto o odiato, ma…considerato senza cuore? Quello proprio non poteva accettarlo!

Aprì così la valigetta, per poi tirare fuori da essa una bottiglietta dell’acqua ossigenata marcata “Amuchina” e dell’ovatta. Poi, con una delicatezza che non ci si sarebbe aspettati da lui, tolse la scarpa da ginnastica alla ragazza e poi il calzino, lasciandola così con il piede scalzo, rivelandone la ferita: un taglio abbastanza lungo, dove fuoriusciva del sangue in maniera, per fortuna, non tanto importante.

A quel punto Abaddon, senza mezzi termini, rovesciò l’acqua ossigenata sulla ferita.

A quel gesto Christie non riuscì a trattenere un gemito di dolore, seguito da un piccolo sobbalzo. “Ah!!”

“Calma! Lo so che non è una cosa piacevole, ma questa ho, quindi ti consiglio di stringere i denti, sempre che tu non voglia dissanguarti…”

A quel punto la giovane si azzittì immediatamente, lasciandosi medicare.

Non poteva non ammettere di essere sorpresa dal gesto del suo rapitore, non lo avrebbe creduto capace di fare ciò e, soprattutto, che sapesse essere delicato, dati i modi rozzi che aveva dimostrato fino a poco fa.

A quanto pare anche lui possedeva un lato tenero.

Il momento del tamponamento della ferita durò pochi secondi. Finita quella, Abaddon ci mise un cerotto sopra. “Fatto!”

Mentre egli stava risistemando la roba usata sentì una parola, una parola che ebbe un grosso impatto su di lui: “Grazie…”

Non appena la udì, l’angelo della distruzione spalancò gli occhi, rimanendo così per diversi secondi, se non addirittura cinque minuti buoni. Per fortuna teneva, come sempre, gli occhiali da sole, così la ragazza non potè vedere la sua espressione.

Ma come mai una semplice e banale parola, come grazie, gli aveva fatto quell’effetto? Il motivo era semplice: Abaddon non ricordava quando era l’ultima volta che l’aveva sentita, ma di sicuro era passato molto tempo e non avrebbe di certo pensato, dopo tanti anni, che a dirgliela sarebbe stata proprio la ragazza che aveva appena rapito.

Non poteva nascondere che gli faceva piacere, egli sentiva, dopo tanto tempo, di aver fatto una buona azione e che qualcuno gli enne era grato.

Tuttavia, una volta ripresasi dallo “shock” con un bel scuotimento di testa, egli rispose semplicemente: “Prego”.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Candela profumata ***


HTML Editor - Full Version

 

Prompt: Candela profumata;

Universo/Fandom: Bloody Sunset;

Personaggi usati: Christie Bloom e Gabrielle.

 

Un intenso odore di vaniglia invade le narici di Christie Bloom, facendole aprire di scatto gli occhi.

“Oh…scusami! Ti ho svegliata…”

A parlare era stata Gabrielle, l’arcangelo dell’acqua e gemella di Gabriel.  Il tono da lei usato è dolce, come quello di una mamma con il suo bambino. Tono che ha il potere di tranquillizzare Christie che, sorridendo, si porta seduta sulla brandina dove, fino a poco fa, dormiva.

“Non preoccuparti. A proposito…tutto bene? Ci sono novità su Gadeel?”

La domanda da lei posta è più che lecita dato si trova alle prigioni celesti proprio a causa di Gadeel, il suo angelo custode, che è tornato a essere il serpente tentatore dell’Eden. 

Lei non aveva commesso alcun reato ma era stata tentata più volte da lui, che voleva farle commettere un nuovo peccato originale. Dopo vari episodi il padre eterno aveva preso la decisione di tenerla lì, in modo da proteggerla.

Erano passati cinque giorni da allora. Non era una situazione facile, ma se era l’unica fattibile non poteva fare altro che stringere i denti e aspettare. Infondo non sarebbe durata in eterno, no?

Non era preoccupata per i suoi genitori, in quanto Metatron, uno degli angeli più importanti, aveva provveduto a fermare il tempo, in modo che una volta tornata a casa per loro sarebbero passati solo pochi minuti.

Tuttavia, alla sua domanda, Gabrielle scuote tristemente la testa.

“Purtroppo no…”

“Capisco…”

Christie sospira pesantemente. Le fa male il fatto che il suo angelo custode sia tornato a essere una figura negativa dopo secoli in cui si era redento, e ancora di più non avere notizie.

Si chiede quanto tempo ci vorrà prima che la situazione si risolva e, soprattutto, SE si risolverà. E se l’unico modo per fermarlo fosse proprio il peggiore? No! Non ci vuole nemmeno pensare!

A interrompere il triste silenzio che è calato è Gabrielle che, dolcemente, riprende a parlare.

“Ok! Basta deprimersi! Non sono venuta qui per questo! ma per farti un regalo!”

A quelle parole Christie rimane sorpresa: Gabrielle che le portava un regalo? Ovviamente ricevere dei doni le faceva solo che piacere ma sa anche che riceverne uno da un arcangelo è una cosa più unica che rara. Così, con gli occhi spalancati, chiede:

“Un regalo? Per me?”

La gemella di Gabriel annuisce “Si…guarda il comodino”.

La protetta di Raphael, prontamente, posa lo sguardo sul mobile indicato, scoprendo così la fonte del profumo che, da qualche minuto a quella parte, aveva invaso l’ambiente circostante.

Infatti, al centro di esso, sta una candela di media grandezza, gialla e in vetro. E’ accesa ed emana quella profumazione, intensa ma delicata, di vaniglia.

Mentre, stupita, la osserva, l’arcangelo dalla chioma azzurra riprende parola.

“So che per te stare qui non è facile e so anche che ti piacciono le candele. Quindi ho pensato che averne una durante la tua permanenza potrebbe aiutarti ad alleggerirla…”

All’udire quelle parole Christie quasi si commuove. Sa bene quanto per Gabrielle, che è anche la compagna di Gadeel, sia difficile quel periodo, eppure…ha pensato a lei e alla sua serenità! Se questa non è bontà non sa cosa può essere. Ovviamente sa che gli arcangeli hanno una bontà infinita, ma non può fare a meno di sorprendersi.

Dopo alcuni secondi, ancora commossa, ciò che riesce a dire è “Grazie…”

Una semplice parola che racchiude tutto quello che pensa. Vorrebbe anche abbracciarla, in modo da farle sentire più chiaramente la sua gratitudine, ma…Gabrielle non è la sua custode, non ha quel rapporto forte che ha con Raphael e Uriel, non sa se le farebbe piacere, così ha optato per quella scelta.

Gesto che la creatura angelica pare comprendere e apprezzare, in quanto le sorride, per poi accarezzarle piano la guancia e rispondere.

“Di nulla”.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4003135