Natale in casa Stark

di Mnemosine__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Ciao a tutti. Questa sarà una raccolta natalizia collegata all'altra mia storia "Di ritorni e attacchi di panico". Non è necessario leggere anche la storia principale, ma mi farebbe piacere se andaste a dare un'occhiata anche lì. Se, però, non l'avete letta, sappiate che in questo what if Tony è riuscito a sopravvivere allo schiocco, anche se con qualche difficoltà. 
Sarà una raccolta di drabble e one shot pre e post schiocco che si dipanano nel periodo natalizio.
Lo giuro, è l'ultima cosa che pubblicherò per quest'anno :)
Spero vi piaccia, buona lettura.

 

25 Novembre 2022


“Papà, chi è Peter?”
Tony si voltò di scatto verso Morgan, che lo stava guardando in attesa di una risposta dondolandosi sui piedi avanti e indietro, mentre arricciava le labbra, impaziente.
“Peter?” Tony sussultò, mentre riponeva l’ultimo piatto sulla credenza. Lo sguardo gli cadde sulla foto che aveva messo lì, sullo scaffale della cucina, proprio per poterlo vedere tutti i giorni.
“Il ragazzo della foto.” Indicò la bambina. “Quello lì.”
Tony chiuse gli occhi, scuotendo leggermente la testa.
“La mamma ha detto che si chiama così.” Aggiunse lei portandosi le mani dietro la schiena e guardando in basso.
“Ah si?” chiese Tony lanciando uno sguardo verso la porta della cucina. Lui e Pepper ne avevano parlato, riguardo a quando e se dire a Morgan di Spider-man, ma lei era ancora piccola e Tony aveva continuato a procrastinare il discorso.
Peter Parker era un argomento off-limits. Era il suo ragazzino, un raggio di luce che lui non era riuscito a salvare.
“È lo stesso ragazzo nell’album delle foto di là.” Disse Morgan. “Con te, zio Happy, la mamma e l’altra signora.”
“Oh, Maguna.”
Tony strinse lo strofinaccio tra le mani, sorridendo stanco a sua figlia. Lentamente si abbassò fino a poterla guardare negli occhi e, passandole le mani sotto le ascelle e poi sulle spalle, la alzò fino a farla sedere sul tavolo della cucina.
“Peter è… era-“ Tony si bloccò. Sua figlia che lo guardava impaziente. Con la coda dell’occhio, vide Pepper entrare in cucina con l’album delle foto di famiglia tra le mani. Un album cartaceo, diverso dagli ologrammi che Tony adorava tanto; Pepper era riuscita a convincerlo a riempirlo con le fotografie che avevano scattato prima. Quelle foto che sembravano appartenere ad un universo parallelo, ad un momento lontano e che, per questo, faceva ancora fatica a guardare.
Tony si ritrovò senza parole, bloccato con l’immagine di Peter che gli sorrideva davanti ai propri occhi, sovrapponendosi con il viso della figlia.
“Peter è tuo fratello, tesoro.” Disse la rossa.
 
Tony alzò gli occhi verso sua moglie, colpito dalla semplicità con cui aveva detto quelle parole.
Peter era… sì. Peter era il fratello di Morgan. Era stato parte della famiglia, così come Happy e Roody e anche May. Ed il fatto che Pepper lo avesse detto in quel modo, come se fosse stata una cosa scontata, senza bisogno di rimuginarci sopra, fece sorridere Tony.
“Ho un fratello?” chiese la bambina sporgendosi verso l’album che Pepper aveva appena appoggiato sulla tavola, mentre la guardava sfogliare le pagine. “E dov’è?”
Pepper si fermò su una pagina, girando i fogli con le dita tremanti in modo che sua figlia potesse vedere bene.
“Hai, sì- avevi un… fratello, Maguna, ora-“ Tony si ritrovò incapace di creare un discorso. Peter era il fratello maggiore che Morgan non aveva mai conosciuto perché lui non era stato in grado di salvarlo. Gli era sparito tra le braccia. Si era trasformato in cenere tra le sue braccia e lui non aveva fatto nulla per impedirlo.
“È scomparso anche lui?” Scomparso. Questo era successo? Peter era morto. Era diventato nulla. Peter non c’era più e Tony non aveva nemmeno un corpo da piangere. Solo il doloroso ricordo del suo ragazzo, di suo figlio, che aleggiava nella sua mente come un fantasma.
 
“Si, piccola.” Disse Pepper, mettendo una mano su quella di Tony. “Vedi?” indicò con un dito la foto in cui Peter sorrideva, felice, insieme a Tony, Happy e May. Pepper aveva scattato personalmente la fotografia con il proprio cellulare.
“Qui ci sono papà, zio Happy, Peter e May. La foto l’ho fatta io.” Disse, con un pizzico di orgoglio nella voce.
Tony guardò la fotografia davanti a lui. Se la ricordava bene, l’occasione di quello scatto. Era il giorno in cui lui, Pepper e Happy erano andati ad assistere al concorso di scienze organizzato dalla scuola di Peter. Si erano fermati a prendere un cheeseburger dopo la premiazione e lo avevano mangiato al parco. Ed eccoli lì, seduti su una panchina con Peter che mostrava fiero il primo premio in una mano e il proprio panino nell’altra, mentre spargeva insalata e maionese ovunque.
 
Pepper indicò la seconda foto della pagina.
Il giorno del ringraziamento, May e Peter stavano cercando di spezzare l’osso del tacchino ed ottenere la parte più lunga. Vicino, si intravedeva la manica di Roody.
“Questi sono Peter e May… Zia May.” Si corresse.
Morgan sfiorò la fotografia, guardando Peter con interesse.
“Peter era come me da piccolo?” chiese Morgan toccando l’immagine del ragazzo con il dito. “Voglio crescere anche io.”
“Tutti crescono, piccola.”
 
Morgan annuì, concentrata. Sfiorò la pagina e poi guardò la madre, con espressione triste.
Tony e Pepper si guardarono negli occhi, cercando di nascondere un respiro tremolante tra le labbra.
“Peter non era come te… era… non era figlio nostro, ma è come se lo fosse.” Aggiunse Pepper, guardando Tony e annuendo come per sottolineare il concetto.
“Ma se non è vostro figlio… come fa a essere mio fratello?”
Pepper sorrise, facendo una carezza alla bambina. “Zio Roody non è veramente il fratello di Tony, ma è tuo zio, giusto?”
Morgan annuì, sicura.
“Lui e papà sono come fratelli, una famiglia. Lo stesso vale per Peter. Fa parte della famiglia.”
Spiegò la donna.
 
“Ho capito.” La bambina riportò lo sguardo sulle foto e girò pagina, sussultando felice quando vide uno scatto di Iron Man e Spider-man che volavano insieme sui tetti di New York. “Spieder-man!”
Tony sorrise, si ricordava come avevano scattato quella foto. Peter aveva utilizzato una vecchia macchinetta fotografica – una di quelle che avevano addirittura il rullino – ed era riuscito ad attaccarla al vetro di una finestra con una ragnatela, avevano fatto una specie di selfie, aveva detto lui.
“Papà, tu conoscevi Spider-man?” chiese con occhi luccicanti. “È il migliore!”
“Ehi!” Tony si voltò di scatto, fingendo di essersi offeso.
“Tu sei fuori gara, tesoro.” Disse Pepper cercando di non ridacchiare.
“E, per tua informazione, signorinella…” continuò Tony guardando fiero l’immagine del suo ragazzo librarsi in aria come un’acrobata provetto. “Certo che papà conosceva Spider-man, il costume gliel’ho fatto io!” disse sporgendosi verso la foto.
Ne aveva fatti tanti, di costumi per Peter. Costumi, armature, spara-ragnatele. Tanti oggetti mai utilizzati e relegati in garage da cinque anni, che ormai sembravano più reliquie che accessori per supereroi aracnoidi. Gli unici che mancavano all’appello erano il costume e l’armatura con cui Peter si era dissolto, scomparsi insieme a lui.
“Anche Peter lo conosceva?” chiese Morgan voltando pagina.
 
Prima che i genitori potessero rispondere la bambina si bloccò. “Oh!”
“Peter è Spider-man!” gridò prendendo in mano l’intero album e portandoselo sulle ginocchia per vedere meglio.
Tony spalancò gli occhi, così come Pepper, trovandosi a fissare la foto che assolutamente aveva decretato di non sviluppare perché troppo pericolosa, che ritraeva Peter Parker - nel laboratorio del complesso con addosso il costume da Spider-man, la maschera appoggiata sulla sedia di fronte – e Tony lavorare chini sul drone-ragno, completi di occhiali protettivi sugli occhi e cacciaviti in mano.
“Happy.” Si lasciò sfuggire Tony dalle labbra, sconsolato.
“Papà! Mio fratello e Spider-man sono la stessa persona!”
Tony boccheggiò. Annuendo piano.
Guardò la fotografia, reprimendo una smorfia di dolore e stringendo gli occhi.
 
“Si, Maguna, Peter era Spiderman. Ma, ma era molto più di questo. Era un ragazzo d’oro. Ti sarebbe piaciuto da matti, sai? Come te adorava stare in garage, solo che all’epoca era il laboratorio al complesso. Ha creato da solo le ragnatele – in camera sua, ci crederesti? – Ed era molto intelligente, come te…” senza volerlo, Tony iniziò a parlare di Peter, mentre Morgan lo ascoltava, rapita.
Dopo cinque anni in cui non aveva voluto pensare o parlare del suo ragazzo le immagini del tempo passato con il giovane Parker strariparono come un fiume in piena, abbattendo il muro che Tony aveva creato cercando di relegare il suo ricordo in un cassetto nascosto nei meandri della sua memoria.
Si ritrovò, insieme a Pepper, a passare la serata sul divano sfogliando le pagine dell’album fotografico e cercando di convincere Morgan che l’identità di Spider-man sarebbe dovuta rimanere un segreto.
 
Dopo quelle che sembrarono ore, tante domande ed un paio di ghiaccioli, Tony riuscì a portare Morgan a letto, con la promessa che ogni sera fino a Natale le avrebbe raccontato, prima di andare a dormire, una storia su Spider-man.
 
Si sorprese, quando, un paio di settimane dopo, dopo essere tornata dalla scuola Morgan si era presentata con un foglio di carta, una busta e un francobollo, dichiarando che quel giorno la maestra le aveva fatto scrivere la lettera per Babbo Natale e che avrebbero dovuto farla arrivare al Polo Nord. Perché lui, come aveva spiegato la maestra, poteva esaudire i desideri.
“Pep!” si sentì in dovere di chiamare, quando lesse la richiesta della figlia.
 
Babo Caro Babbo Natale,
per natale Natale voglio conosciere il mio fratelLone. Tti prego.
maguna Morgan Stark

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Capitolo 2
*** 2 ***


25 Dicembre 2023


Peter si bloccò sulla porta d’ingresso, con il pugno alzato mentre era in procinto di bussare. Si guardò intorno, inalando l’aria fredda di dicembre e stringendo i pacchetti impilati l’uno sull’altro con il braccio sinistro. Si era già fatto buio, lì sul lago e una brezza fredda soffiava verso di loro.
“Tesoro, non bussi?” chiese May. Sua zia era alle sue spalle, le braccia occupate da quello che a prima vista poteva essere un dolce, ma che probabilmente era uno dei tanti malriusciti esperimenti in cucina della donna. May lo guardò, in attesa, mentre lui fissava l’aria calda che usciva dalle sue labbra in forma di vapore con estrema attenzione. “Ho qualcosa in faccia?” chiese lei, quando lui non rispose.
Peter sussultò. “No, io – non… ecco.” Si voltò di scatto e bussò sulla porta di legno. Pochi secondi dopo, Pepper Stark fece capolino dall’interno della casa, rivolgendogli un sorriso smagliante.

“Peter, May! Venite, starete morendo di freddo.” Li accolse aprendo del tutto il portone e facendogli segno di entrare.
“In effetti fa freddo, sì.” Rispose sua zia superandolo ed entrando in casa Stark. Peter guardò le due donne salutarsi e, mentre Pepper si faceva passare la torta e May si liberava dal cappotto, Spider-man si ritrovò bloccato all’entrata. Cosa ci faceva lui, lì?
“Peter, tesoro, ti prenderai un malanno se non entri.” Sentì la voce di Pepper rivolgersi a lui.
“Mhm. Si… scusate.” Peter strinse con entrambe le braccia i pacchetti che aveva portato con sé, per poi pulirsi i piedi impacciatamente sullo zerbino ed entrare in casa.

Subito, si accorse del calore presente all’interno della villetta. Porse i pacchetti a Pepper, cercando di sorridere “Signora Potts… Stark, questi sono per voi.”
La donna gli sorrise, scuotendo la testa, come se si fosse ormai stancata di quella situazione ogni volta che si incontravano. “Peter, quante volte ti ho detto di chiamarmi solamente Pepper?”
“Uhg. Abbastanza. Giusto. Scusi. Scusami.” Peter aprì e chiuse un paio di volte la bocca, in cerca di qualcos’altro da dire. Di solito gli veniva facile parlare, come mai in quel momento riusciva solamente a balbettare?
Pepper annuì, soddisfatta e, insieme a May prese i pacchetti che il ragazzo aveva tra le braccia e si incamminò verso il soggiorno, per poterli posare sotto l’albero insieme a tutti gli altri, ricordandogli di togliersi la giacca e raggiungerle per la cena.

Peter si tolse il cappello e la sciarpa, cercando poi di armeggiare con la zip del giaccone. Alzò la testa di scatto, quando il suo senso di ragno scattò come un campanello di allarme, pronto a qualsiasi pericolo, pochi secondi prima di essere investito da una piccola Stark in miniatura.
“Petey!” Peter fece appena in tempo a piegare le ginocchia e aprire le braccia, per fermare il salto della bambina. Distese le gambe e si alzò in piedi, cercando di abbracciare Morgan Stark in modo da non farla cadere.
“Ciao, Morgan.” Salutò il ragazzo, quando la piccola gli sorrise. “Buon Natale.”
“Finalmente sei arrivato. Qui ci sono tutti i vecchi. Mi annoio.” Disse la mora mettendo le mani attorno al collo di Peter per tenersi in equilibrio.

“Vecchio a chi?” Con la coda dell’occhio Peter vide Tony Stark farsi strada verso di loro. Socchiuse gli occhi per un paio di secondi, cercando di distogliere lo sguardo dal braccio di metallo. Erano trascorsi mesi dallo schiocco, mesi che Peter e zia May avevano passato in uno degli ospedali di proprietà Stark: Tony era stato ricoverato d’urgenza dal dottor Banner ed Hellen Cho e Pepper aveva stabilito che la famiglia sarebbe dovuta rimanere nei paraggi, nel caso Tony avesse ripreso conoscenza. Così Peter si era ritrovato a vivere quei primi mesi insieme ad Happy, Roody, zia May e le signore Stark, in un appartamento nella stessa struttura dell’ospedale in cui Tony era stato ricoverato.
Fu durante quei primi mesi che a Peter era venuta un’idea, un aiuto per quando Tony si fosse svegliato. In poco tempo aveva iniziato a lavorare a quel progetto, arrivando a chiedere una mano anche al signor Barnes e alla principessa Shuri per portarlo a termine nel migliore dei modi.

Quando Tony si era risvegliato dal coma, ormai era Ottobre passato ed il regalo di Peter era pronto. Si era fatto aiutare da Morgan per decidere che colori applicare e la bambina aveva optato, com’era giusto che fosse, per il classico rosso-oro di Ironman.
“Tu, papà. Sei vecchio.” Disse la più piccola rivolta a Tony. Peter sorrise al proprio mentore. “Buon Natale, Tony.”
“Buon Natale, ragazzo.” Tony Stark gli sorrise a sua volta, alternando lo sguardo tra i due giovani che aveva davanti.
“Maguna.” La riprese Tony, aprendo le braccia e facendo cenno a Peter di passargliela. “Potevi almeno aspettare che Peter si togliesse la giacca, prima di placcarlo.” Cercò di sorridere per reprimere una smorfia di dolore, mentre si sistemava Morgan sul fianco buono.

“Ma papà, è Petey!” protestò la bambina, mentre Peter si sfilava il giaccone e lo riponeva insieme a tutti gli altri nell’armadio dell’ingresso. Morgan si dimenò, cercando di sgusciare via dalla presa del padre, che la rimise con i piedi per terra cercando di non piegare il busto. Tony si fece scivolare Morgan lungo il fianco e poi verso la gamba, mentre lei si teneva ben stretta ai vestiti del padre per non scivolare.
“Sta… stai bene?” chiese Peter, vedendo Tony in difficoltà.
“Sono solo un po’ ammaccato.” Minimizzò il signor Stark quando Morgan tirò Peter per il bordo del maglione, cercando di attirare la sua attenzione. “Forza, Pete, ho fame!” si lamentò la bambina. “E non ha cucinato papà.” Garantì, correndo verso la sala da pranzo.
“Sono stato bandito dalla cucina per tre giorni interi.” Si lamentò Iron Man, facendo un passo verso Peter e passandogli un braccio sopra le spalle. Peter si premurò di sostenerlo, quando lo sentì tremare.

“Tony…” provò a dire il più giovane, stringendolo con un braccio e sostenendone il peso. Sapeva che, da quando si era svegliato, Tony aveva avuto difficoltà di movimento e, sebbene la fisioterapia, il tutore della gamba destra e gli esercizi stessero funzionando più che bene, ci sarebbe voluto un po’ di tempo per riuscire a tornare in forma. E il dottor Banner, conoscendo l’animo iperattivo di Tony, aveva stabilito un periodo di completo riposo per le vacanze di Natale.
“Giuro che andrò subito a sedermi e non mi alzerò per l’intera serata.” Lo bloccò il signor Stark. “Non potevo certo accoglierti sulla sedia a rotelle, mi avresti scambiato per Capitan Vecchiaia.”
Peter sorrise, mentre accompagnava Tony verso il soggiorno addobbato per l’occasione. Aiutò il mentore a camminare fino al tavolo splendidamente apparecchiato, dove tutti li stavano aspettando, fino alla sedia.
“Grazie, ragazzo.” Si premurò di dire Tony, scombinando i capelli di Peter con il braccio sano, quando si fu seduto. Peter scosse la testa, in evidente imbarazzo e velocemente raggiunse Morgan e zia May dall’altro lato del tavolo, superando Pepper, Happy e Rhody. 

Passò la cena osservando Tony e la propria famiglia ridere e scherzare, portando a galla ricordi di natali passati e idee per quelli futuri. Con la coda dell’occhio osservò zia May parlare perfettamente a suo agio con Pepper, mentre Morgan gli raccontava del suo ultimo giorno di scuola.
Socchiuse gli occhi, reprimendo un respiro tremolante, quando fu il turno del dolce che May aveva preparato per quella sera. Masticava in silenzio, guardando il resto dei commensali fare versi di approvazione per quella strana torta mal riuscita, mentre May rispondeva che sapeva benissimo che le stavano facendo complimenti solo per non ferirla.

Guardava, stupito, quelle persone che si comportavano come se avessero sempre partecipato a cene di quel tipo. Era come se fossero abituati alla sua presenza e a quella di May. Sorridevano, cercando di farlo partecipare alle conversazioni e alle risate. E Peter sorrideva a sua volta, cercando di reprimere il panico cercando di non pensare al prima.
Prima, i natali li passava con zia May e zio Ben. Loro tre, che cenavano con i piatti cucinati da May e passavano la serata a chiacchierare davanti all’albero. Per lui quello era il Natale in famiglia. Loro tre, l’albero, e la cucina di May.
E ora, ora Ben non c’era più. Peter e May erano a casa dei coniugi Stark per passare quello che Tony aveva chiamato “Natale in famiglia”. Peter strinse i pugni sotto al tavolo. Guardò Tony ed Happy, notando quanto si fossero accentuate le rughe sul loro viso, quanto fossero spuntati capelli bianchi qui e là. Cinque anni. A volte si dimenticava come tra loro ci fossero cinque lunghi anni che, però, per lui, erano stati solo una manciata di secondi.
Tony aveva passato cinque natali coltivando il suo ricordo, raccontando a Morgan di lui, tenendolo vivo. Per Morgan, Peter e May facevano parte della famiglia. Per Morgan, anche se solo nelle storie raccontate da Tony, Peter c’era sempre stato.

“Petey.” Peter alzò lo sguardo per incontrare quello di Morgan. La bambina lo guardava, preoccupata, mentre stringeva tra le mani un pacchetto rosso e blu. Si voltò, quando la mano di May gli toccò la spalla. “Tesoro, stai bene?” chiese sua zia.
“Ti eri incantato.” Spiegò Happy, seguendo lo sguardo confuso di Peter.
“Io…- sto bene. Scusate.” Balbettò, deglutendo. Cercò di respirare profondamente, ignorando lo sguardo preoccupato di Tony.
“Morgan, perché non dai a Pete il tuo regalo?” chiese Pepper, sorridendo alla figlia, quando Morgan saltellò sul posto, stringendo tra le braccia il pacchetto.
“Mi hai fatto un regalo?” chiese Peter con un filo di voce mentre, con mani tremanti, prese il dono che la bambina gli stava porgendo.
“Aprilo.” Lo incitò lei, con gli occhi luccicanti.

Peter annuì e strappò lentamente la carta, scoprendo piano piano quello che doveva essere una cornice per fotografie.
Peter boccheggiò, sfiorandone il bordo con le dita. “Morgan…”
“Non lo giri?” chiese la piccola, dondolandosi sui propri piedi.
Peter annuì, prendendo la cornice tra le dita e voltandola, per vedere cosa ci fosse all’interno. Ci mise qualche secondo di troppo, per ricordare come respirare. Fissò il disegno con le sette figurine tutte insieme, una vicina all’altra, e sentì gli occhi pizzicare. Prese una pesante boccata d’aria con la bocca, cercando di espirare con il naso.

“Questo sei tu. Sei vestito da Spider-man.” Indicò Morgan, toccando con un dito la figura sulla sinistra. “Poi ci sono io.” Disse spostando la sua attenzione sulla sagoma di fianco a Spider-man, mostrandogli le mani che si toccavano. “Ti tengo per mano perché sei il mio fratellone.” Spiegò.
“Questi sono mamma e papà, che si tengono per mano anche loro.” Disse Morgan indicando Iron Man e la sua compagna, vicino alle sagome di Morgan e Peter. “E poi zio Rhody.” Fu il turno di War Machine, vicino a Pepper. “E zio Happy e zia May.” Finì, indicando le altre due figurine che si tenevano per mano, vicino a Spider-man. “Siamo tutti insieme.”

Peter chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro e reprimere l’ondata di panico. Era un ritratto di famiglia. La famiglia di Morgan. La sua. Scosse la testa, notando la piccola scritta sul bordo del foglio: “La mia famiglia.”

“Petey?” lo chiamò la piccola, quando lui non rispose né alzò lo sguardo. Peter sentì una lacrima traditrice minacciare di scivolare sulla propria guancia.
“Ragazzino?” Happy si era alzato dalla sedia, probabilmente, visto lo stridere del legno sul parquet.
“Non posso.” Si lasciò sfuggire dalle labbra, quando una seconda lacrima riuscì a scivolare fuori dal proprio occhio e cadere sul vetro della cornice. “Non ce la faccio.” Disse alzando lo sguardo.
Morgan lo guardava preoccupata, così come tutti gli altri. Happy fece un passo esitante verso di lui.
Peter scosse la testa e appoggiò il regalo di Morgan sul tavolo. “Mi dispiace.” Sussurrò, le lacrime ormai gli rigavano le guance. Guardò Tony, terrorizzato, prima di correre velocemente verso la porta e scappare nella neve.   
§
 
Per fortuna aveva messo il costume. Probabilmente, se non l’avesse fatto, ora starebbe rischiando di morire assiderato.
“Forse staresti meglio all’interno della casa, Peter.” Gli consigliò la voce di Karen, dall’interno della maschera.
Peter scosse la testa. “Non credo sia una buona idea.” Si sistemò meglio sul tetto sul camino su cui si era arrampicato. “Probabilmente mi odiano.”
Peter incrociò le braccia, cercando di darsi conforto da solo. Sì, forse aveva dato leggermente di matto, quella sera. Ma, a conti fatti, si complimentava con se stesso per aver resistito così a lungo prima di crollare. Tornare dopo cinque anni era stato un incubo: la sua casa, la casa di zio Ben, non c’era più, o meglio, era diventata la casa di qualcun altro. A scuola metà dei propri compagni avevano finito il liceo e stavano frequentando il college. Lui stesso avrebbe dovuto frequentare il college, in quel momento. Invece era ancora all’ultimo anno di liceo.
Era tornato nel bel mezzo di una battaglia e si era trovato davanti il proprio mentore, più vecchio di quanto ricordasse, che aveva rischiato la vita per salvarlo. Per salvarli tutti. Tony aveva sposato Pepper, aveva una figlia. Si era trasferito fuori città, lontano dai riflettori.
Quando, dopo la battaglia contro Thanos, Pepper li aveva invitati a rimanere con loro per sorvegliare Tony, Peter aveva conosciuto Morgan. Era stato accolto da una bambina che non conosceva, ma che lo guardava con così tanto affetto e sapeva tutto di lui, che lo chiamava fratello. Pepper, che prima del blip aveva incontrato solo un paio di volte, lo guardava con amore, gli dava carezze affettuose.
Erano stati mesi difficili, quelli dopo lo schiocco di Tony. Mesi in cui Peter aveva vissuto con la famiglia di Tony, che lo trattava come se fosse sempre stato lì, come se ne avesse sempre fatto parte. Aveva addirittura una camera tutta sua lì, nella casa sul lago.

Sapeva che erano passati anni. Lo sapeva. Ma, nella sua testa, nel suo corpo, erano trascorsi pochi mesi dal viaggio su Titano. Solo pochi mesi.
Ora, lì sul camino, Peter cercava di regolarizzare il respiro e riordinare i propri pensieri.
“Pete.” Peter sobbalzò, quando sentì la voce di Tony provenire dall’auricolare nella maschera. “Peter Parker a rapporto.”
“Io – non…” disse con voce rauca al signor Stark “Sto bene qui.”
“Scendi, Pete. C’è una finestra sotto di te.” Come un invito ad entrare, sotto di lui sentì la finestra venire aperta. “Non posso salire io, lassù.” Gridò Tony dalla sua stanza. “Cioè, potrei, ma sarebbe l’ultima cosa che farò in vita perché credo che potrei facilmente cadere di sotto.”
Peter sospirò, scivolando giù dal camino e, con l’aiuto di una ragnatela, dondolando sul tetto fino ad entrare dalla finestra aperta. Mise i piedi a terra e si rese conto di essere nella sua camera. La stanza che Tony e Pepper avevano preparato per lui. “Credo sia arrivato il momento di parlare.” Disse Tony girando la maniglia per chiudere i battenti.
Peter si sfilò la maschera, rigirandosela tra le dita.
“Mi dispiace.” sospirò, senza girarsi, guardandosi i piedi. Si voltò verso il proprio mentore, quando lui gli posò una mano sulla spalla, la mano sana, senza però guardarlo negli occhi.
“Non hai niente di cui scusarti, ragazzo.” Disse Tony, allungando il braccio di ferro verso il bordo del letto per aiutarsi a rimanere in equilibrio. Con una smorfia, Tony fece un paio di passi e si sedette sul materasso.
“No, io ho fatto un casino – di sotto… Morgan…” Peter si morse un labbro, sentendo di nuovo gli occhi pizzicare.
“Alt.” Tony alzò la mano metallica facendo segno di fermarsi. “Morgan sta bene, Pete. Le dispiace solo che tu sia triste.”

Tony sospirò, passandosi la mano buona sul viso. “A tutti dispiace. E tutti vorremmo aiutarti. È a questo che serve la famiglia.”
Peter si rese conto con orrore di avere la vista appannata, e si trovò a parlare senza quasi rendersene conto. “Io non faccio parte della vostra famiglia.” gracchiò infine, stringendo la maschera e specchiandosi negli occhi di Spider-man.

Il peso di quell’affermazione gli rimbombò nel petto, in un’eco bloccata che non riusciva a propagarsi. Vide Tony sgranare impercettibilmente gli occhi, in un moto di addolorata comprensione che gli oscurò il volto. Abbassò la mano e vi poggiò il mento, coprendosi la bocca e chinando il capo.
Rimase in ascolto, insolitamente silenzioso, con uno sguardo distante che gli richiamò quello che aveva avuto su Titano, pochi istanti prima che lui gli scomparisse davanti – era lo stesso, lo riconobbe, perché sapeva che quei cinque anni pesavano sulle spalle di entrambi con un senso di colpa complementare, di chi ha perso e di chi è venuto a mancare.

“E… e invece è come se ne facessi parte, e tutto questo… non ha senso, non riesco a capire come sia…” risucchiò un respiro, troncando quel flusso di parole. “Adesso vorrei solo…”
Peter provò di nuovo a riprendere il filo del discorso, facendo sobbalzare le mani in grembo a tirarsi fuori a forza le parole. Chiuse brevemente gli occhi, quasi potesse rimescolare le carte in tavola per riaprirli su una partita nuova, non una già iniziata e lasciata a metà in cui era stato gettato a forza.
“… tornare indietro.” esalò infine.

Espresse quel desiderio infantile guardando il cielo notturno fuori dalla vetrata, come se le stesse stelle e l’immensità dello spazio che si erano dimostrati così ostili verso di loro potessero esaudirlo in un guizzo di compassione. Il resto della frase gli pendeva dalle labbra, tentatore, e gli si incuneò sotto la lingua premendo per fuoriuscire.
Peter sigillò la bocca e spostò lo sguardo in basso, per poi cedere e schiuderla appena:
“Ma non posso. Non posso perché… perché non posso fare come se non fosse successo nulla se niente è come prima.” sbottò, odiando il tremito nella sua voce nel trasporre in suoni stentati quel concetto opprimente.

Solo allora sembrò ergersi nella sua mente in tutta la sua imponenza, e il suo cervello fece una piroetta su se stesso, colto dalle vertigini.
Cinque anni.
Cercò di figurarseli come qualcosa di materiale, da poter contare come dei pezzi di lego, ma sentì solo un trillo infastidito del senso di ragno. Presero la forma di un ammasso di lego immenso e spaventoso, piegato e deformato sotto il suo stesso, mastodontico peso; un ammasso contorto di pezzi dentati e lamine aguzze che si divertivano a ferirlo ogni volta che cercava di ordinarne i componenti. Lui era ora un sassolino sul punto di sbriciolarsi, ora un pezzettino in più, superfluo, che non trovava posto nel progetto di quella costruzione infernale.
Fu scosso da un brivido, e Tony lo percepì, stringendo impercettibilmente la mascella.

“Pete.” cominciò poi, bloccandosi subito per tirare un respiro e sfregarsi la tempia. “So come ci si sente ad essere… tagliati fuori.” proferì poi, guardandolo lateralmente, ad osservare la sua reazione.
Peter deglutì e basta, non fidandosi abbastanza della propria voce per replicare in modo spigliato. Sapeva che le lacrime nei propri occhi che minacciavano di scendere ogni secondo in modo sempre più inevitabile erano inequivocabili, ma cercò in tutti i modi di trattenerle, sentendole aggrapparsi strenuamente alle ciglia per non scivolare via. Strinse le labbra fin quasi a farsi male per celare la smorfia istintiva e tremolante che gli deformò il viso.

“Anche adesso…” Tony esitò di nuovo. “A volte non riesco a credere che tu sia… realmente qui.” Proseguì con suo profondo sconcerto, e un ulteriore strato liquido si unì a quello che già gli annacquava gli occhi. “Mi sento un folle. Guardo Morgan, Pepper, te, e mi convinco che mi risveglierò in ospedale in preda a un delirio per carenza d’ossigeno.”
Le piaghe sul suo volto sembrarono farsi più profonde, e la ciocca di capelli quasi bianchi sulla tempia era più evidente che mai nella luce soffusa della luce accesa vicino alla scrivania.

“Ci hai riportati tutti indietro.” gli ricordò Peter, ignorando la propria gola strozzata nel gettar fuori quelle parole. Tony Stark aveva salvato gli scomparsi. Li aveva riportati in vita, li aveva fatti apparire come se non fosse mai successo niente.
Peter tremò leggermente. I blippati, come venivano chiamati dai giornalisti, erano stati catapultati in un mondo che conoscevano ma era anche profondamente cambiato: molti avevano perso la casa, la famiglia, gli amici. Erano intrappolati nel ricordo di una vita interrotta, per loro, solo per pochi secondi quando, invece, per gli altri erano passati anni.
Quelli che arano rimasti durante quei cinque anni avevano creato nuovi equilibri, chi in un modo chi in un altro, per superare la perdita delle persone care; e, adesso, quegli equilibri erano stati di nuovo scardinati.
Peter sapeva che Tony aveva sentito profondamente la sua mancanza e che quegli anni lo avevano cambiato, avevano cambiato l’affetto che provava verso di lui.
Ma, per Peter, gli anni che Tony aveva passato a piangere un fantasma, non c’erano mai stati.
  
Tony sobbalzò, guardandolo con tristezza. Peter si chiese se non avesse detto qualcosa di sbagliato.
“Signor Stark – Tony… non volevo far preoccupare nessuno. Sto bene, davvero.” mentì per spezzare il silenzio, con una tagliola che gli azzannava il cuore.
Tony abbassò gli occhi, cercando di reprimere una smorfia muovendo la bocca.
“Peter – Dopo che sei scomparso.” Morto. Dopo che sei morto.
Disse Tony, spostando lo sguardo per la stanza. Il modellino di Iron Man brillava sulla libreria vicino a quello dell’Iron Spider. Peter distolse gli occhi dalla propria riproduzione: lui ci era morto, nell’Iron Spider.
“Hai lasciato un vuoto.” appoggiò la mano metallica sul letto, per riuscire ad alzarsi.
Peter scattò verso di lui senza pensarci due volte, porgendogli il proprio braccio come aiuto.
“Uno di quei vuoti tremendamente fastidiosi, tra l’altro.” Spiegò Tony appoggiandosi al più giovane. “Ho dovuto riempirlo con il tuo ricordo – e Morgan è estremamente curiosa e sa ottenere quello che vuole… vuole sempre sapere di te… quindi ero obbligato a raccontarle di Spider-man.”
 
Peter lo guardò, gli occhi coperti da un velo di lacrime, incitandolo ad andare avanti. “Tu dici di non far parte della famiglia, Peter. Ma questo non è vero.” Disse Tony, con uno sguardo sicuro che non ammetteva repliche, molto simile a quello che usava quando, prima, lo sgridava in laboratorio. Lo aveva già visto, quello sguardo, dopo l’esplosione di uno degli spara-ragnatela potenziati che aveva provato a costruire con Tony.
“Rhody e Happy sono i miei fratelli, May ormai è una sorella.” Continuò l’uomo.
Peter socchiuse gli occhi, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
 
Tony mise entrambe le mani sulle spalle di Peter, per poterlo guardare negli occhi. “Guardami, Pete.”
Peter alzò lo sguardo, trovandosi a fissare un viso su cui era stampata la classica determinazione firmata Tony Stark. Tony strinse le spalle di Peter, per mantenersi in equilibrio.
“Tu sei mio figlio, che ti piaccia o no. E sei il fratello di Maguna. Fai parte della famiglia, ragazzino.”
Peter boccheggiò, scuotendo la testa e cercando di regolarizzare il respiro.
Tony addolcì lo sguardo. “Ne facevi parte già da prima, solo che non volevo ammetterlo a me stesso e cercavo di tenerti lontano.” Disse indicando con un cenno della testa la fotografia che aveva appeso sopra la scrivania, uno dei tanti scatti che avevano fatto il giorno del diploma dello stage alle Stark Industries perché, come aveva detto Tony allora: “Potrebbe servire per l’università  anche se faresti il culo a tutti anche senza, sei straordinariamente brillante.”
 
“Signor Stark…” Peter si bloccò, sentendo la propria voce tremolare. Non era sicuro di riuscire a mettere in fila delle parole di senso compiuto, in quel momento.
Un turbinio di emozioni avevano preso il sopravvento: panico e amarezza, i cinque anni che li separavano si ergevano tra di loro come un muro infinito e spesso; ma, anche, calore e sicurezza. Tony Stark c’era sempre stato, con i suoi consigli e la sua guida, fin dall’inizio.
Forse, se ci pensava, quello che Tony stava dicendo era vero. Forse anche prima sentiva o credeva di considerare Tony come parte della famiglia. Questo, però, era prima di Thanos. Prima di tornare.
 
“… Ora è – è diverso. Ha – hai una famiglia vera, una figlia vera… e io…”
Peter non si sorprese quando le lacrime iniziarono a scendere sulle proprie guance, ma cercò di nasconderle passandosi velocemente la maschera sul viso. Il contatto con la stoffa ruvida contro la propria pelle gli diede fastidio, ma era stato un modo per fermare le lacrime per qualche secondo.
Vide Tony guardarlo con un’espressione spezzata, interdetta. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, scuotendo la testa. “Pete… ehi, non – è questo che pensi?”  
Peter non rispose, ma tirò su con il naso. Si sfiorò gli occhi rossi con un pugno, asciugando un’altra lacrima sleale.
“Ragazzo, tu sei la mia famiglia. Sei mio figlio. Amo immensamente te e la piccola scalmanata al piano di sotto.” Scandì, lentamente, con voce quasi supplicante. “Su questo non si discute.”
Tony chiuse gli occhi per qualche secondo, per poi riaprirli e inchiodarli in quelli di Peter. “Chiaro?”
Tony strinse le spalle del più giovane per qualche secondo, prima di circondargli il petto con le braccia e stringerlo a sé.
Peter non rispose, inizialmente, rimanendo immobile. “Ah e, Peter, non osare mai più dire mi dispiace e poi sparire. Ne va della mia sanità mentale. E fisica. Potrei avere un altro infarto e rimetterci le penne.” Aggiunse Tony, accarezzando la schiena di Peter, cercando di aiutarlo a calmarsi.
Sentì Peter sobbalzare un paio di volte, tra le sue braccia, e cercare di nascondere una leggera risata con un mugolio. “Niente infarti.”
“A posto?” chiese Tony dopo un po’, quando il respiro di Peter si fu regolarizzato, facendo presa sul ragazzo per riuscire a fare un passo indietro e guardarlo negli occhi.
Peter aveva gli occhi ancora rossi e gonfi, quando Tony gli guardò il viso; ma non c’era più traccia di lacrime o la maschera di puro panico che aveva mantenuto da quando era entrato in casa.
Peter annuì in silenzio. “Mi dispiace.” Disse, mordendosi le labbra.
“Dovremmo abolire quella parola. Niente scuse da parte tua. Mai più. Non voglio più sentirti dire ‘mi dispiace’.” Disse Tony, cercando di sorridere. “Potrei comprare qualche ditta di dizionari e farla cancellare.” Disse tra sé e sé, cercando di non sorridere vittorioso quando vide gli occhi di Peter brillare divertiti dalla sua idea.
“Ora, che ne dici di mettere quell’orrendo pigiama che tu e Maguna avete comprato e scendere insieme a me, così che nessun altro si preoccupi, in questa casa?”
 
 Buona domenica a tutti! Come avevo preannunciato questa raccolta si ricollega all'altra storia "Di ritorni e attacchi di panico" ma, non riesco a capire perchè, non riesco a creare la serie per questa due storie... ogni volta che provo a salvare le modifiche si incasina tutto. Boh. Proverò di nuovo tra qualche giorno. Comunque fate finta che le drabble in questa storia si dipanino nell'universo di quell'altra in cui Tony è sopravvissuto al blip. 
Questo è il natale immediatamente successivo alla battaglia contro Thanos, quindi Peter deve fare i conti con tutti i cambiamenti nei rapporti con il signor Stark che sono avvenuti durante i suoi cinque anni di assenza: Tony ha pianto un fantasma, Morgan è cresciuta con l'idea di un fratello maggiore e ora lo ha lì in carne ed ossa. Di conseguenza mi sembra normale che ad un certo punto Peter possa dare di matto.
Prometto che i prossimi capitoletti saranno molto più sereni e leggeri :)

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


17 dicembre 2024



"Peter, tu credi a Babbo Natale?"

Peter spalancò gli occhi, alzando lo sguardo dai compiti di matematica su cui era chino da ore e trovandosi davanti nientemeno che la piccola Morgan Stark.

La bambina si era arrampicata sullo sgabello al suo fianco ed ora era in ginocchio su quell'affare instabile – cosa che fece perdere a Peter dieci anni di vita – con le mani appoggiate sul piano di lavoro.

Chi diavolo aveva preso degli sgabelli pericolanti senza schienale? Se Morgan fosse scivolata?

"Cosa?" chiese, sperando di aver frainteso la domanda.

"Tu ci credi a Babbo Natale?" chiese la bambina per la seconda volta, guardandolo negli occhi.

Peter si guardò intorno, cercando una via d'uscita. O qualcuno che fosse in grado di gestire una domanda del genere al suo posto.

La cucina del complesso era vuota e silenziosa – ecco perché l'aveva scelta per fare i compiti – e sapeva che Pepper e May erano uscite insieme a Laura, la moglie di Clint Barton, per fare la spesa per quello che sarebbe stato il più grande cenone di Natale nella storia dei cenoni di Natale.

"Quando sei tornata?" chiese il più grande alla bambina. Che ore si erano fatte? Morgan non doveva essere con il dottor Banner a fare pupazzi di neve?

"Zio Bruce ha detto che faceva troppo freddo." Si strinse nelle spalle la bambina.

"E dov'è, adesso?" chiese Peter speranzoso tamburellando la matita sul quaderno.

"Con papà, credo. In garage."

Morgan si arrampicò fino all'isola su cui Peter aveva messo i libri e ci si sedette sopra, dondolando le gambe nel vuoto.

"Attenta." Si premurò di dire Peter, scattando verso di lei.

Diamine, Pepper l'avrebbe ucciso se Morgan si fosse fatta male. E May... May avrebbe dato di matto.

"Petey." Mugugnò Morgan. "Babbo Natale esiste?"

"Certo." Annuì il più grande. "Perché non dovrebbe?"

"Oggi Colin ha detto che Babbo Natale non esiste." Disse la bambina.

"Oh." Peter socchiuse gli occhi.

"Diceva che sono i grandi a mettere i regali sotto l'albero."

Ah. E adesso?

Peter tremò leggermente, cercando di ricordare come avessero detto a lui che Babbo Natale non esisteva, dopo che aveva sorpreso zio Ben sistemare il suo regalo sotto l'albero mentre andava a recuperare un bicchiere d'acqua in cucina. Sicuramente era più grande di Morgan, quando lo aveva scoperto. Non era giusto per la bambina smettere di credere alla magia del Natale solo perché un compagno aveva fatto la spia.

"Io gli ho detto che invece lo fa Babbo Natale, perché è il suo lavoro." Continuò Morgan. "Ma lui ha detto che fanno i genitori. E che si mangiano loro i biscotti."

Tirò su con il naso.

"E anche Tim ha detto così."

Peter guardò gli occhi di Morgan farsi lucidi, mentre stringeva i pugni e si passava una mano sotto un occhio per asciugare una lacrima.

"Oh, Mo." Peter sospirò, mettendole le mani sulle spalle. "Tu non devi ascoltare Colin e Tim." Disse chiudendo definitivamente il libro di matematica.

"Guarda." Disse indicando la cucina interamente addobbata con ghirlande e lucine colorate.

"Vedi che sotto quell'albero ci sono dei regali?" chiese indicando l'albero che avevano messo in un angolo della sala da pranzo.

Lei annuì.

"Chi ha messo lì quei regali?" chiese Peter.

"Quello lì è per te e lo ha preso papà." Indicò la bambina, iniziando a spiegare la provenienza di ogni pacchetto.

Peter rise, davanti a quell'accurata spiegazione. "Li sai tutti?"

"Certo." Rispose la bambina gonfiando il petto.

"Quindi sei d'accordo con me che quelli sono i regali che ci facciamo a vicenda per Natale, giusto?" chiese Peter allungandosi verso la ciotola di caramelle sul bordo del tavolo.

Morgan annuì, accettando la caramella gommosa che il più grande le stava porgendo.

"Però la mattina di Natale appaiono pacchetti nuovi, o sbaglio?" si ritrovò a chiedere Peter ricordando la spiegazione con cui zio Ben aveva cercato di salvare la situazione, tanti anni prima.

Morgan annuì di nuovo, scartando la caramella e mangiandola con gusto.

"Quelli li porta Babbo Natale durante la notte, e li aggiunge ai regali che ci sono già." Disse Peter cercando di sembrare il più convincente possibile.

"Ma Colin e Tim..."

Peter si premurò di fare un discorsetto a questi Colin e Tim, la prossima volta che avrebbe accompagnato Morgan al parco.

"Tu credi nella magia, Mo?" chiese Peter prendendola in braccio.

"C'è il dottor Strange, Peter." Rispose lei, ovvia.

Peter sorrise. "Giusto, giusto. E quindi se esiste lui, zio Thor, zia Carol, perché non dovrebbe esserci anche Babbo Natale? Sono tutti magici, loro."

"Mhm..." La bambina si ritrovò senza parole. "Non lo so."

"Visto?" chiese Peter canzonatorio. Ormai aveva la situazione in pugno.

"La prossima volta che qualcuno dice che non esiste tu rispondigli così."

"D'accordo, fratellone." Morgan si dimenò per scendere dalle braccia di Peter che, con premura, la rimise a terra.

"Credi che riusciremo a vederlo, quest'anno?" chiese prendendogli la mano.

"Sai che se cerchi di vederlo lui non viene, Mo."

"E se mettessimo delle trappole?"

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


25 Dicembre 2024


"Spiegami ancora una volta come ci sei riuscito." May si avvicinò a Tony con curiosità, così come tutti gli altri adulti presenti in quella stanza, mentre alternava lo sguardo tra Babbo Natale e l'elfo, non sapendo esattamente cosa pensare.

"Dio, quanto vorrei poter fare un video." Si lamentò Rhody, mentre guardava, insieme alla propria famiglia riunita in cucina, i ragazzi – Peter e Morgan – trotterellare felici attorno agli illustri ospiti in soggiorno. Avevano appena finito di mangiare, che nientemeno che Santa Clause e il suo magnifico elfo erano apparsi nel camino, salutando Morgan e dicendo di aver portato dei doni alla bambina che ancora credeva alla loro esistenza – e sottolineando che, a qualche altro bambino nella lista dei cattivi, i regali non li avevano portati –.

"Hai firmato un contratto." Sottolineò Happy, mentre versava il caffè nella propria tazza con le renne. "Così come tutti noi."

"Chi fa firmare un contratto per queste cose?" chiese Pepper con evidente irritazione. Cioè, quante altre volte le sarebbe potuto capitare di assistere ad una scena simile?

"Loro, evidentemente." Disse Tony indicando Babbo Natale ed il suo fedele aiutante, gongolando mentre dalla sua sedia – posizionata appositamente per avere la perfetta visuale in soggiorno – salutava il piccolo elfo. "Se avessi del materiale compromettente di questo tipo io non mi farei problemi ad utilizzarlo per eventuali ricatti."

"Tutti, credo." Disse Rhody, cercando di non ridere.

"I regali sono opera mia, non vi preoccupate." Disse Tony, quando l'aiutante vestito di rosso e verde porse alla bambina un peluche di Spider-man completo di Iron Spider.

"Petey! Guarda!" gridò la bambina, felice, rivolta al ragazzo. "Sei tu!"

"Wow! Grazie signor Babbo Natale!" disse Peter facendo l'occhiolino all'uomo rosso, che rispose con una smorfia, cercando di non essere visto dalla bambina.

Insieme, gli adulti videro Babbo Natale e il piccolo elfo – si era addirittura rimpicciolito per interpretare meglio il suo personaggio – tiravano fuori dal sacco magico una tavola da snowboard rossa e blu e la porgevano a Peter, mentre Morgan trillava entusiasta.

"Come hai fatto? Il sacco era vuoto!"

"È la magia del Natale, piccola Stark." Rispose Babbo Natale con voce accondiscendente.

"Uno snowboard?" chiese Pepper alzando un sopracciglio. "Ci sa andare?"

"No." Rispose May guardando Tony con lo stesso cipiglio della rossa.

"Conto di insegnarglielo entro la fine dell'anno." Spiegò Tony. "Porto lui e Morgan in montagna, domani."

Pepper trattenne il respiro, quando vide tra le mani della figlia una tavola identica a quella di Peter, solo più piccola.

"Morgan ha sette anni..." si premurò di dire May.

"E allora? Prima si inizia, prima si impara." Tony sorrise. "Se volete ne ho prese anche per voi, di tavole."

"Passo." Disse Happy, subito seguito da May e Pepper.

"Ti aiuto con i ragazzi." Rispose invece Rhody, annuendo a Tony.

Tony sorrise quando Morgan, con un sorriso luccicante sul viso, corse verso di loro, lasciando Peter a intrattenere i loro ospiti speciali.

"Mamma! Hai visto? C'è Babbo Natale! E fa le magie!"

Pepper cercò di non ridere, notando con la coda dell'occhio il vecchio vestito di rosso discutere animatamente con Peter, forse per cercare una via d'uscita da quella situazione.

"Certo che fa le magie, piccola. Babbo Natale è magico!" disse Rhody mordendosi una guancia per trattenere la propria risata.

"Posso portarlo a vedere la mia camera, mamma?"

Pepper annuì, facendole segno di poter andare.

Morgan saltellò sul posto, stringendo il proprio peluche di Spider-man tra le mani, per poi correre a prendere per mano Babbo Natale e tirarlo verso le scale.

Tony non si trattenne più e scoppiò a ridere nel momento esatto in cui Morgan svoltò l'angolo insieme a Babbo Natale e il suo inseparabile elfo, seguiti da un Peter ridacchiante.

Quattro paia di occhi si contarono verso di lui, curiosi e impazienti.

"Sul serio, come hai fatto?" chiese Rhody, a nome di tutti i presenti, in cerca di una risposta al siparietto a cui avevano appena assistito.

"Semplice. Ho sguinzagliato il ragazzo. Sfido chiunque a resistere a quegli occhi da cucciolo." Spiegò Tony all'amico, ma a voce abbastanza alta da poter essere sentito da tutti in cucina.

"È bastato solo Peter per convincerli?" chiese Happy. "Credevo avessero dei cuori di ghiaccio, con tutte quelle regole e protocolli."

"Peter è magico, a modo suo." Disse May. "Nessuno riesce a dirgli di no."

"Voglio proprio vedere con che faccia si presenteranno alle prossime riunioni." Commentò Rhody, scatenando le risate di tutti mentre, al piano di sopra, lo Stregone Supremo – invecchiato abbastanza da potersi permettere la barba e i capelli bianchi originali – era seduto sul letto della bambina accompagnato dal suo fedele compagno – era stata di Wong l'idea di diventare piccolo, proprio come gli elfi veri – mentre Peter, che non aveva firmato nessun contratto, si premurava di fare qualche scatto con il proprio cellulare nascosto nel maglione.


Si, lo so, il 10 Gennaio non è proprio il momento adatto per pubblicare l'ultimo capitolo di una raccolta natalizia, ma è iniziata la sessione e non sono riuscita a finire prima di oggi. 
Se vi è piaciuta questa spero passiate anche a dare un'occhio alla storia principale (Di ritorni e attacchi di panico) che, non so perchè, ancora non riesco a inserire in una serie insieme a questa.  
Ci tengo a ringraziare i lettori silenziosi per essere arrivati fin qui e leila91 che ha recensito i tre precedenti capitoli ;)
E niente, grazie ancora... probabilmente ci vedremo alla fine della sessione invernale (sto lavorando ad un'altra cosetta, oltre all'ultimo capitolo dell'altra storia che esiste, l'ho già scritto, ma ho bisogno di rivederlo prima di poterlo pubblicare) se sarò ancora viva. 
 

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Capitolo 5
*** 5 ***


3 Dicembre 2024

Quando Pepper entrò in casa, sapeva che qualcosa non andava. Lo sentiva, anzi, lo annusava.
“Tony?” chiamò, togliendo le scarpe e mettendo la giacca sull’attaccapanni vicino alla porta.
“Siamo qui, Pep!” sentì gridare dalla cucina.

Pepper chiuse gli occhi, pregando silenziosamente qualsiasi entità governasse il cosmo – ormai la lista di nomi si era allungata parecchio, negli ultimi tempi – che la sua cucina fosse intatta o, perlomeno, ancora funzionante.
Quando varcò la soglia, cercando di ignorare la puzza di bruciato pericolosamente forte, cercò di non dare di matto. Perché, se dava di matto lei, in quella casa, le cose sarebbero finite molto male per tutti.

“Io non c’entro!” disse subito Peter notando il suo sguardo e alzando le mani – e, di conseguenza, spugna e detersivo che stringeva – dall’angolo della cucina in cui si era rintanato. Pepper cercò di non notare che l’unico punto della stanza pulito fosse proprio quello in cui Peter si era messo a lavorare, probabilmente per cercare di mascherare il guaio in vista del suo imminente arrivo.
“Io non…” Pepper guardò il tavolo straripante di ciotole piene di… qualunque cosa ci fosse dentro.

“Mamma, abbiamo fatto i biscotti!” Pepper fissò sua figlia – era un uovo quello che aveva in testa? – che le correva incontro con le mani sporche di quello che sembrava essere colorante rosso o, almeno, così sperava. Istintivamente fece un passo indietro.
“Biscotti?” chiese guardandosi intorno.
“Beh… Maguna voleva farti una sorpresa e, sai, io non sono molto bravo in cucina.” Disse Tony mordendosi un labbro e indicando l’intera stanza. Già. Pepper ricordava ancora le due ore che Tony aveva impiegato per fare una frittata nel piccolo cucinino del suo aereo privato, anni prima. “Così abbiamo chiesto a May una ricetta.”

“May non sa cucinare, e tu lo sai.” Disse Peter.
“Le cose ci sono leggermente sfuggite di mano.” Continuò Tony muovendo la mano verso Peter e facendogli segno di stare zitto.
“È esploso il frullatore.” Continuò Tony. “Senza motivo. Ci crederesti? Devo dargli un’occhiata.”

“Non lo avevi chiuso.” Puntualizzò il ragazzo mentre si sfilava le scarpe e, degno Spider-man, camminava sul muro per raggiungere un grumo di impasto sul soffitto e iniziare a strofinare.
“Non mi stai mica aiutando!” Tony prese un tondo annerito dalla teglia più vicina e lo tirò al ragazzo, che lo strinse tra le dita senza battere ciglio e lo lanciò nel cestino.
“Biscotti.” Ripetè Pepper, seguendo il lancio del presunto biscotto con gli occhi.

“Non sono molto buoni, ma abbiamo altro impasto se vuoi.” Disse Morgan indicando una ciotola piena di liquido marrone.
“Oh, tesoro…” Pepper scosse la testa. “Non… Ti va se andiamo a fare un bel bagno, adesso?” chiese prendendo uno strofinaccio esteriormente pulito e cercando di togliere il colorante dalle mani della bambina.
“Ma io e Petey volevamo decorare i biscotti. Abbiamo tanti colori!”
“Lo vedo. Ma facciamo così… ora tu e tuo fratello vi andate a lavare – qualsiasi cosa sia quella roba appiccicosa che avete addosso – e domani prepariamo insieme i biscotti da decorare, va bene?” chiese spostando lo sguardo sui più giovani.

“Direi che è un’ottima idea, cara.” Disse Tony svuotando l’ultima teglia di biscotti carbonizzati nel cestino.
“Ah, Peter caro non serve che pulisca tu la cucina, hai già fatto abbastanza.” Disse Pepper facendogli segno di scendere. “Vai a pure di sopra, qui ci pensa papà.” Disse spingendo i due ragazzi verso la porta.
“Ehi, traditori!”

Si, lo so... è deplorevole da parte mia. Mi ero dimenticata di pubblicare l'ultimo capitoletto di questa raccolta. Beh, è più una drabble, ma ci siamo capiti. Mi dispiace da morire. 
Stavo mettendo a posto le cartelle nel mio pc e per caso mi sono accorta di questa storiella lasciata a sè stessa. 
Ops. 
Scusate di nuovo, ecco. 
Ora la raccolta è finita sul serio ;)

 

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