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Kattegat non era mai stata così pacifica e
fiorente. Nessuna minaccia all’orizzonte, i suoi abitanti potevano dedicarsi al
commercio con altre città e Nazioni anche lontane, perfino in Oriente, o
partire per esplorare terre sconosciute. Il villaggio di Lagertha e delle altre
donne prosperava sotto l’attenta guida della saggia e coraggiosa shieldmaiden e la protezione attenta
delle guardie comandate da Hvitserk e Helgi. Insomma, era un periodo felice e
fecondo per tutti.
In tanta serenità si palesò un problema che
però, almeno all’inizio, parve irrilevante: Ingrid era riuscita a sfuggire alla
sorveglianza di Lagertha e a fuggire dal villaggio e nessuno sapeva dove fosse
finita. Bjorn e gli altri, tuttavia, non ne restarono sconvolti più di tanto,
in fondo Ingrid era sola e non conosceva nessuno, non aveva amici e, se anche
fosse arrivata in un Regno vicino, non avrebbe potuto fare niente di male se
non cercare di sedurre qualcuno per ottenere un tetto sopra la testa e qualche
vantaggio, un po’ come aveva fatto con lo stesso Bjorn.
Invece, alcuni giorni dopo, una difficoltà
maggiore parve palesarsi all’orizzonte provocando grande apprensione nella
gente di Kattegat. Una sentinella giunse di corsa e, ansimando per la fatica e
la preoccupazione, annunciò che un contingente di soldati con gli stendardi dei
Rus’ muovevano verso la cittadina.
“E’ possibile che i Rus’ ci stiano attaccando
di nuovo?” domandò Bjorn, con una specie di ringhio, rivolgendosi ad Ivar.
“Che vuoi che ne sappia io?” ribatté il
giovane vichingo, spalancando gli occhi azzurri come se fosse l’immagine stessa
dell’innocenza. “Non ho più avuto contatti con loro da quando ci siamo
separati. E comunque Oleg, che voleva invadere la Scandinavia, è morto e il
Principe Igor e il reggente Dir non hanno mai manifestato l’intenzione di
attaccare la Norvegia.”
“Chi ci assicura che Oleg sia davvero morto?
Abbiamo solo la tua parola al riguardo” fece Hvitserk, diffidente.
“Proprio la mia parola dovrebbe essere una
garanzia sufficiente per ognuno di voi” replicò Ivar, evidentemente convinto
che ciò che affermava Ivar Lothbrok interessava tutti e doveva essere una
verità conclamata.
Bjorn, Hvitserk e gli altri chiaramente la
pensavano in modo ben diverso.
“Insomma, non serve a niente discutere tra di
noi” intervenne Aethelred, cercando di calmare gli animi. “La sentinella ha
parlato di un piccolo contingente di soldati, no? Non è assolutamente
sufficiente per attaccare Kattegat né, tanto meno, la Norvegia.”
“Potrebbe essere un gruppo in avanscoperta e
precedere un esercito molto più grande” replicò Bjorn.
Aethelred si irrigidì. Voleva con tutto il
cuore credere a Ivar, ma i sospetti di Bjorn non erano poi così campati in
aria. E comunque non è che i Rus’ dovessero per forza informare Ivar di tutto
ciò che facevano. Erano stati alleati e sembrava che si fossero lasciati in
buoni rapporti, ma nel frattempo poteva essere accaduto di tutto, magari Dir o
Katja avevano preso il potere e deciso di continuare ciò che Oleg aveva
iniziato…
“E’ vero, ma potrebbe anche essere solo un
gruppo che porta un’ambasciata” disse. “Ci sono altre sentinelle a controllarli
e, se dietro questo contingente marcia un esercito, verranno ad avvertirti. In
quel caso speriamo solo di avere il tempo di riunire nuovamente i Re Norreni…”
“Vi ho già detto che non stanno cercando di
invaderci, perché non volete credermi?” protestò Ivar.
“Perché già fin troppe volte abbiamo avuto
fiducia in te e tu ci hai mentito” tagliò corto Bjorn, senza troppi
complimenti. “Mi fiderò della buona volontà dei Rus’ solo se e quando avrò modo
di parlarci senza dovermi difendere con una spada.”
Un lampo attraversò gli occhi di Ivar, che si
alzò tanto velocemente quanto le sue gambe glielo consentivano e poi,
appoggiato alla sua stampella, uscì dalla Sala Grande con l’aria di un Principe
oltraggiato. Aethelred non sapeva bene cosa fare, lanciò uno sguardo di
rimprovero a Bjorn che, in effetti, aveva un tantino esagerato e seguì il suo
compagno fuori dal salone.
Ivar se n’era proprio andato dalla dimora
regale e Aethelred lo vide zoppicare verso la spiaggia.
Mentre lo raggiungeva pensava a quello che
gli avrebbe detto: da una parte poteva anche capire la diffidenza di Bjorn, lui
stesso non era certo che quel drappello di Rus’ venisse in pace, per quello che
loro ne sapevano poteva anche darsi che, nel frattempo, quel Principe Dir
avesse deciso di prendere il potere, avesse imprigionato il giovane Igor e
avesse ripescato l’idea di Oleg di invadere la Scandinavia… Insomma, ai tempi
non c’erano Google e i social media e non era così semplice sapere cosa stesse
accadendo a Kiev in tempo reale!
Però Bjorn aveva esagerato e, così facendo,
aveva di nuovo fatto sentire Ivar un estraneo nella sua stessa famiglia… e
Aethelred sapeva bene che cosa volesse dire provare quella sensazione con la
quale aveva convissuto per anni. Avrebbe potuto esprimere i suoi dubbi nei
riguardi dei Rus’ senza necessariamente far ricadere la colpa su Ivar. Bjorn
aveva la sensibilità di un cinghiale impazzito e lo dimostrava fin troppo
spesso!
Aethelred si affiancò a Ivar sul sentiero che
li avrebbe portati alla spiaggia.
“Ivar… mi dispiace davvero per quello che è
successo nella Sala Grande” disse a bassa voce. “Io lo so che…”
Il giovane vichingo era chiaramente
innervosito, ma le parole e la dolcezza del Principe lo addolcirono. Lasciò che
un lieve sorriso gli affiorasse sulle labbra e circondò con il braccio le
spalle di lui, come al solito, in un gesto che era insieme un appoggiarsi e un
abbraccio.
“Tu hai cercato di difendermi, Aethelred, non
sono arrabbiato con te. In realtà non sono veramente arrabbiato con nessuno”
ammise Ivar, continuando a stringere a sé il giovane. “Sono semplicemente molto
deluso e amareggiato. Bjorn non ha perso tempo ad accusarmi, e forse da lui me
lo aspettavo anche, ma tu sei stato l’unico che ha parlato in mio favore,
nemmeno Hvitserk mi ha difeso. E’ inutile, per quanti sforzi faccia non sarò
mai considerato parte di quella maledetta famiglia e allora tanto vale che me
ne vada!”
“Tu non parli sul serio, Ivar” replicò
Aethelred, preoccupato. “Dove vorresti andare? Questa è la tua terra e i tuoi
fratelli dovranno imparare ad accettarti come sei.”
Nel frattempo i due erano giunti alla
spiaggia e Ivar si lasciò cadere sulla sabbia, mentre il Principe si sedeva
accanto a lui.
“Non lo faranno mai” dichiarò. “Non mi hanno
mai accettato fin da quando ero bambino, loro speravano che morissi, mi
odiavano perché nostra madre si occupava solo di me. Ho lottato per trovare un
posto in mezzo a loro, per farmi accettare da mio padre, per essere considerato
uguale a loro, ma non mi hanno mai ritenuto tale. Solo Freydis… ma anche lei
mentiva, mi stava usando per arrivare al potere. Mi diceva che ero un dio e io
le credevo, volevo crederle perché ne avevo bisogno, volevo che qualcuno
potesse amarmi per ciò che ero, invece anche quella è stata solo un’illusione.”
Aethelred si sentiva infilare delle lame di
ghiaccio nel cuore ogni volta che Ivar nominava Freydis, era come se il sangue
gli si congelasse nelle vene e i ghiaccioli lo trafiggessero, ma era anche
immensamente addolorato nel vedere così malinconico il giovane che amava tanto.
Non era abituato a vederlo demoralizzato e avvilito, lui era sempre tanto
determinato, pieno di idee e di iniziative… Timidamente, gli pose una mano sul
braccio.
“Io… io ti amo così come sei, Ivar” mormorò,
arrossendo. Non gli aveva mai detto quelle parole, non ne aveva mai avuto il
coraggio prima! “Ti amo proprio per ciò che sei e sarò sempre dalla tua parte,
anche se ti impedirò di commettere altri errori. Per me non sei un dio ma sei
qualcosa di più importante: sei un giovane uomo che ha saputo superare i suoi
limiti e diventare un grande condottiero e stratega.”
Ivar fissò Aethelred. Le sue parole, appena
sussurrate per pudore e imbarazzo, risuonavano però cristalline per la loro
sincerità, non erano le adulazioni false e interessate di Freydis, non erano le
menzogne di Oleg, quello che il Principe Sassone diceva proveniva direttamente
dal suo cuore. Ivar aveva imparato a conoscere e analizzare le persone e non
c’era la minima traccia di falsità in Aethelred. Per la prima volta qualcuno
gli parlava con il cuore e quello che diceva era meraviglioso, era ciò che lui
aveva sempre desiderato ascoltare.
Lo prese per le braccia e lo strinse a sé,
sdraiandosi sulla sabbia morbida e tirandoselo addosso, lo strinse in un
abbraccio appassionato e iniziò a baciarlo lungamente e languidamente, facendo
aderire completamente il corpo a quello morbido del giovane, godendosi
l’incanto di quel momento e di quel contatto così intenso, intimo e dolce. Il
bacio divenne sempre più profondo, come se Ivar stesse respirando aria pura per
la prima volta nella sua vita e non volesse smettere mai e poi mai, il sapore e
il calore di Aethelred erano il suo ossigeno.
Dopo molto tempo Ivar si decise finalmente a
staccarsi da Aethelred, che ormai era completamente frastornato e scarmigliato
per quel bacio infinito. Lo guardò ancora con un sorriso e gli parlò con una
tenerezza che aveva usato poche volte in vita sua.
“Sì, sei tu l’unico che mi ama davvero e mi
capisce, Aethelred” disse, “ormai non mi illudo più che i miei fratelli possano
avere fiducia in me o mi accettino, ma non m’importa più ora che ho te. Credevo
che tornare a Kattegat mi avrebbe fatto sentire di nuovo a casa, invece non è
così, ma ho fatto bene lo stesso a tornarci perché ho incontrato te e in caso
contrario non ti avrei mai conosciuto. Sei tu che mi stai cambiando la vita,
Aethelred.”
Il giovane Principe era stravolto, un po’ per
il bacio e un po’ per ciò che Ivar gli stava dicendo. Veramente era tanto importante
per lui? Era possibile che lo amasse così tanto, che fosse davvero diventato la
cosa più preziosa della sua vita? Aethelred non era mai stato importante e
prezioso per nessuno…
“Quindi, in realtà non so cosa farò” riprese
Ivar, seguendo un suo filo logico che non era poi così semplice per chi non
fosse nella sua testa! “Magari non resterò neppure a Kattegat, ormai questo è
il Regno di Bjorn ed è chiaro che lui non mi vuole qui. Forse partirò per
esplorare terre nuove, come ha fatto Ubbe, o forse tornerò di nuovo a razziare
nelle coste inglesi o iberiche o chissà… Quello che davvero conta è che ti
porterò con me, perché averti vicino è la cosa che voglio veramente e che mi fa
stare bene.”
Aethelred era ancora piuttosto stordito, ma
non tanto da non aver udito tutto quello
che Ivar aveva detto. Era felice che il giovane che amava gli avesse aperto il
suo cuore e gli avesse parlato in quel modo, però… eh, beh, però c’era una cosa
che non gli tornava affatto!
“Te lo scordi di andare a razziare nelle
coste dell’Inghilterra, io non te lo permetterò di certo!” lo avvertì.
Ivar scoppiò in una risata.
“Ah, tu pensi di potermi impedire qualcosa?”
lo prese in giro.
“Sicuro. Hai detto che vuoi portarmi con te,
no? Prova anche solo per scherzo a dirigerti verso le coste inglesi con cattive
intenzioni e te la farò pagare” replicò Aethelred, determinato. E, in fondo,
quello era anche un modo per stemperare l’imbarazzo che provava dopo ciò che
Ivar gli aveva appena rivelato…
“Ma che paura, il Principe guerriero…” motteggiò
Ivar, poi prese di nuovo il giovane tra le braccia e riprese a baciarlo a
lungo, non con la stessa intensità appassionata di prima ma con una languida
dolcezza che diceva molte cose su quanto Aethelred contasse per lui, su quanto
lo facesse sentire sereno e completo e gli facesse dimenticare anche tutte le
rivalità e le ripicche con i fratelli.
Sembrava tutto perfetto, dunque. Però, come
ben sappiamo ormai, le cose troppo perfette non sono destinate a durare. Ivar,
ormai placato e soddisfatto dopo aver trascorso il pomeriggio sulla spiaggia a
baciarsi e scherzare con Aethelred, si decise infine a rientrare con il suo
compagno alla dimora regale da cui era uscito offeso e impermalito qualche ora
prima.
E proprio nella Sala Grande Ivar e Aethelred
scoprirono la ragione del piccolo contingente di Rus’ che la sentinella aveva
visto quel mattino: al cospetto dei sovrani Bjorn e Gunnhild stavano, a
sorpresa, il Principe Igor e la Principessa Katja che, a quanto pareva, non
avevano alcuna intenzione bellicosa ma erano venuti a porgere omaggio al Re e
alla Regina di Kattegat e, soprattutto, a far visita al loro vecchio amico e
alleato Ivar.
Tutto il pomeriggio vissuto nella luce e nel
calore dell’amore sembrò sgretolarsi nella mente di Aethelred non appena vide la
Principessa dei Rus’ e comprese di chi si trattasse. Insomma, nonostante i
capelli neri e l’aria più regale e dignitosa, la somiglianza con Freydis non
era sfuggita nemmeno a lui. Fu come se un fulmine lo avesse colpito
disintegrandogli il cuore.
Ecco perché c’era un piccolo gruppo di soldati Rus’, era
la scorta del Principe e della Principessa. Quella è Katja, è chiaramente lei…
è venuta a riprendersi Ivar e lui… lui ha già detto che, tanto, non ha
interesse a rimanere a Kattegat. Katja si riporterà via Ivar, lo porterà via
con sé e io… io questa volta non resisterò, non sopporterò un altro abbandono!
Una cappa di oscuro dolore era piombato di
colpo su Aethelred che si sentiva lacerato e spezzato in mille frammenti e non
udiva più nulla, né Bjorn e Gunnhild che facevano le presentazioni, né il
saluto di Ivar, né il grido gioioso del giovanissimo Igor nel rivedere il suo
amico. Tutto ciò scorreva accanto a lui come se facesse parte di un altro
mondo, l’unica cosa che Aethelred riusciva a pensare era che Katja era tornata,
che avrebbe voluto Ivar e che Ivar sarebbe stato felice di ripartire con lei.
Il giovane Sassone era piombato dalla gioia
di pochi minuti prima in un incubo che sembrava senza fine.
Once
again, all I know is I'll be fighting alone Count another day to waste without your call Begging for you to return Begging for you to return Just to see how it feels to collide I was close enough to miss a heartbeat With no wings, it's not easy to fly But to see you I'd leave in a heartbeat Can't tell what's fake from what is real Can't see that light ahead (But) I feel you in the dark Can't tell what's fake from what is real I feel you in the dark!
(“In
a heartbeat” – Volturian ft. Giada “Jade” Etro)
Bjorn e Gunnhild avevano organizzato un
banchetto per accogliere nel modo migliore gli ospiti Rus’ e, quella sera, c’era
festa nella Sala Grande. A dirla tutta, Bjorn non era poi così entusiasta
all’idea di mostrarsi tanto ospitale con gente che, pochi mesi prima, aveva
tentato di conquistare la Norvegia e poi continuava a diffidare di Ivar, che
pareva tutto culo e camicia con la
Principessa Katja e il giovane Principe Igor. Questa volta non aveva potuto
contare sui saggi e preziosi consigli di Aethelred che, praticamente, era
caduto in una sorta di stato catatonico dopo aver visto Katja, sconvolto
all’idea che fosse giunta fin lì dalla lontanissima Kiev per riprendersi Ivar
e, così, ne aveva parlato con Gunnhild e con Erik, uno degli Jarl che aveva
combattuto al suo fianco proprio contro i Rus’ e che poi aveva deciso di
rimanere a Kattegat come consigliere del Re. *
“So che non ti fidi di Ivar e delle sue
parole, marito mio, ma credo veramente che il Principe e la Principessa dei
Rus’ siano venuti in pace” disse la Regina. “Sono stati loro, in fondo, a
tramare per uccidere Oleg che era il nostro vero nemico e, comunque, se
avessero cattive intenzioni, non sarebbe stato astuto da parte loro giungere
qui personalmente. Chi gli assicura che non potremmo prenderli come ostaggi?
No, se davvero avessero voluto attaccarci sarebbero arrivati con un esercito e
di sicuro loro non si sarebbero mostrati così disinvoltamente.”
“Gunnhild ha ragione” confermò Erik. “Anzi,
ritengo che un’eventuale alleanza con i Rus’ potrebbe essere preziosa per
Kattegat, visto che ancora non sappiamo un bel niente delle intenzioni di Re
Harald.”
Così il banchetto era stato preparato e vi
erano intervenuti tutti quelli che lo desideravano. Bjorn si rese presto conto
che, o Katja e Igor erano i candidati perfetti per l’Oscar come miglior attrice
e attore protagonista (posto che sapesse cosa fossero gli Oscar!), o Gunnhild e
Erik avevano perfettamente ragione ed erano davvero venuti in pace, o meglio,
per proporre un’alleanza tra i loro Paesi.
“Oleg aveva mire espansionistiche, ma il
Principe Dir e il Principe Igor vogliono soprattutto consolidare il potere dei
Rus’ e difendersi dalle scorrerie delle tribù orientali che spesso attaccano i
viaggiatori che si spostano da Kiev a Novgorod e viceversa” spiegava Katja.
“Inoltre sappiamo che Kattegat vorrebbe farsi conoscere come città commerciale
sulla Via della Seta, per cui potrebbe esservi utile la protezione dei nostri
soldati per i vostri mercanti in viaggio.”
“Noi vogliamo la pace, altrimenti non saremmo
diversi da Oleg” chiarì il giovane Principe che, seppure ancora ragazzino,
sembrava avere una gran determinazione. “Se i nostri Paesi diventeranno amici e
alleati, potremo soccorrerci a vicenda in caso di attacchi, da qualsiasi parte
provengano.”
Ad Ivar brillavano gli occhi nell’ascoltare
quelle parole. Era felice di vedere il suo giovanissimo amico Igor così fiero e
già calato nel suo ruolo di sovrano, inoltre sperava proprio che i loro popoli
potessero stringere un’alleanza, così entrambi sarebbero stati più forti e
magari lui avrebbe potuto far visita a Igor, ogni tanto, e Igor viaggiare fino
a Kattegat. Era compiaciuto anche perché pensava che, alla resa dei conti, il
suo legame con i Rus’ non era stato un male per Kattegat e anzi, proprio grazie
a lui Norvegia e Rus’ sarebbero diventate nazioni amiche.
Tanto entusiasmo, però, non era condiviso da
Aethelred. Non che avesse qualcosa in contrario riguardo ad un’eventuale
alleanza con i Rus’, ma non leggeva nella mente, non sapeva dunque cosa stesse
pensando Ivar e, vedendolo così felice e soddisfatto accanto a Igor e Katja, si
sentiva il cuore lacerato da mille spine. Era chiaro che Ivar era molto legato
al Principe e alla Principessa dei Rus’ e loro a lui, si vedeva anche quanto i
due Rus’ lo stimassero e lo amassero: Ivar per loro era un eroe, li aveva
liberati dalla tirannia del crudele Oleg e, grazie a lui, i Rus’ avevano
davanti un futuro ricco di promesse. A Kattegat Ivar non aveva veri amici, la
gente continuava a considerarlo con sospetto e i suoi stessi fratelli parevano
non nutrire fiducia in lui; quello stesso pomeriggio Ivar aveva rivelato a
Aethelred di non trovarsi bene nella cittadina e di desiderare di partire… e se
avesse deciso di seguire Igor e Katja a Kiev? Sicuramente Ivar avrebbe chiesto
al giovane Sassone di partire con lui, ma poi come sarebbe stata la loro vita
tra i Rus’? Ivar avrebbe continuato ad amarlo oppure si sarebbe avvicinato
sempre di più a Katja, che era evidentemente molto attratta da lui?
Con profondo dolore e una gelosia che gli
avvelenava il sangue, Aethelred dovette ammettere che Katja era davvero una
donna speciale e che Ivar avrebbe avuto tutte le ragioni per innamorarsi di
lei. Somigliava a Freydis, era vero, ma questo era solo un dettaglio che poteva
spingere Ivar verso di lei superficialmente, mentre i veri pregi della
Principessa dei Rus’ erano ben altri: Aethelred stesso la trovava bellissima,
molto più di Freydis, il suo volto era più fiero, i suoi occhi più luminosi, in
lei non c’era niente del modo di fare ambiguo e sottilmente subdolo della
defunta moglie di Ivar. Parlava con disinvoltura e affrontava tranquillamente
argomenti politici e sociali, dimostrando di essere una donna fuori dal comune,
libera e forte proprio come Gunnhild o Lagertha.
Tormentato da uno strazio che non riusciva a
soffocare, Aethelred giunse alla conclusione che Katja sarebbe stata la moglie
perfetta per Ivar e che, per lui, la vita tra i Rus’ sarebbe stata molto più
piena e felice di quella che avrebbe potuto avere a Kattegat. Il pensiero lo
sopraffece e il giovane Sassone si alzò da tavola, scusandosi con i vicini e
accennando a un malessere passeggero. Non poteva resistere ancora a lungo in
quel salone, gli mancava il respiro, doveva uscire…
Ivar, in quel momento, era impegnato in una
discussione animata con Igor e non si accorse del disagio del suo compagno,
cosa che ferì ancora di più Aethelred. Sentiva lacrime bollenti pungergli gli
occhi e spade affilate trafiggergli il cuore mentre usciva dalla Sala Grande e
si dirigeva fuori, all’aria aperta, sperando di riuscire a riprendere un minimo
di controllo.
Devo pensare al bene di Ivar, solo al bene di Ivar. Se è
questo che lui vuole… io lo amo tanto e voglio solo che lui sia felice, anche
senza di me, anche se io… anche se io morirò senza di lui!
“Aethelred, stai bene?” una voce accanto a
lui lo fece trasalire. Si trattava di Tiago, un ragazzo di diciotto anni che
era stato liberato dalla schiavitù quando il Principe Sassone aveva proposto a
Bjorn di concedere la libertà a tutti gli schiavi di Kattegat. Tiago era stato
catturato cinque anni prima dai Vichinghi durante la spedizione che Bjorn aveva
organizzato insieme a Hvitserk e Floki nella città di Algeciras, nella Spagna
islamica **; allora era soltanto un
ragazzino orfano che viveva di espedienti per strada e finire a servire nella
casa di Bjorn non era stata poi la peggiore delle sorti che poteva toccargli. Era
sempre stato trattato bene tanto che, anche dopo la liberazione, aveva scelto
di restare nella dimora regale e rendersi utile in qualsiasi modo, Bjorn e i
suoi fratelli gli erano molto affezionati e Aethelred lo aveva preso
particolarmente a cuore, visto che erano entrambi giovani stranieri in un mondo
molto diverso dal loro.
“Sì, sto bene, è solo che… la Sala Grande è
troppo affollata e avevo bisogno di un po’ d’aria. Non preoccuparti, adesso
rientro” rispose Aethelred, cercando di nascondere la sofferenza. Era
pallidissimo e aveva gli occhi cerchiati, però, e Tiago non si lasciò
ingannare. Fissandolo serio con i grandi occhi neri non si mosse da dove si
trovava.
“Sei sicuro? Vuoi che vada a prenderti un po’
d’acqua? O magari dovrei avvertire Ivar che non ti senti bene…”
“No!” la foga con cui replicò lo tradì.
“Davvero, Tiago, sto bene, resterò qui ancora un minuto e poi tornerò dentro.
Tu raggiungi gli altri, io arriverò tra poco.”
“Come desideri” disse Tiago, ma si vedeva che
era poco convinto.
Aethelred si rese conto di aver sbagliato a
uscire così precipitosamente dal salone, avrebbe dovuto controllare meglio le
proprie emozioni e il dolore lancinante che provava, forse anche altri si erano
accorti della sua fuga, doveva rientrare…
ma proprio non ce la faceva! Gli faceva troppo male vedere Ivar così felice e a
suo agio accanto a Katja e a Igor, gli sembrava di non averlo mai visto tanto
sereno e luminoso e continuava a pensare che, se davvero lo amava, avrebbe
dovuto lasciarlo andare, erano loro la sua vera famiglia, erano loro le persone
che amava e che lo amavano davvero… E di certo non sopportava di partecipare a
un banchetto, aveva la nausea al solo pensiero di mangiare o bere qualcosa!
Chissà, forse avrebbe fatto meglio a dire a Tiago che, in effetti, si sentiva
poco bene e che si sarebbe ritirato nella sua stanza… già, ma in quel caso Ivar
si sarebbe sentito costretto a
raggiungerlo per vedere come stava e gli avrebbe rovinato la serata.
Non sapeva proprio cosa fare e intanto il
tempo passava…
Quando, finalmente, il giovane Sassone si
decise a rientrare nel salone, la maggior parte degli invitati se ne stava
andando, a parte qualche gruppetto che era rimasto per fare gli ultimi brindisi
(ogni scusa era buona!). Vide che Bjorn e Gunnhild stavano parlando con Igor e
con loro c’erano anche Hvitserk, Helgi e Erik. Probabilmente si stavano
accordando sui termini dell’alleanza ma… ma Ivar e Katja non erano con loro e
il sangue di Aethelred si gelò nelle sue vene. Quello che tanto temeva era
vero, dunque, Katja non era a Kattegat per l’alleanza, o perlomeno non soltanto
per quella: lei era venuta per riprendersi Ivar.
Aethelred non voleva spiare, non era mai
stato una persona del genere, ma il terrore di perdere Ivar e la sofferenza gli
avevano fatto smarrire momentaneamente la sua lucidità. Andò verso la stanza
che divideva con il giovane vichingo, ma si bloccò sentendo delle voci che
provenivano dalla porta socchiusa: erano proprio le voci di Ivar e Katja, Ivar
aveva portato Katja nella loro camera da letto! Un altro si sarebbe infuriato,
si sarebbe sentito oltraggiato pensando che il suo compagno avesse portato
l’amante proprio nella loro stanza, ma non così Aethelred. Il Principe Sassone
vide quell’episodio come un segno del fatto che Ivar aveva già compiuto la sua
scelta e le poche parole che udì bastarono a spezzargli definitivamente il
cuore.
“Ivar, so che questa è la tua patria e che
qui c’è la tua famiglia, ma vorrei chiederti ancora una volta di tornare con me
a Kiev” diceva Katja, in tono dolce e sommesso. La sua non era una richiesta
perentoria, bensì una semplice proposta fatta con cuore sincero.
“Me l’avevi già chiesto prima che partissi
per fare ritorno a Kattegat e allora mi dicesti anche che tu non saresti mai
venuta con me, proprio perché la tua famiglia è in Rus’, quindi come puoi
chiedermi ora di fare qualcosa che tu non faresti per me?” obiettò Ivar.
“Le cose sono un po’ cambiate adesso” ammise
Katja. “Innanzitutto mi sono accorta del fatto che tu qui a Kattegat non sei
molto amato e che neanche la tua famiglia sembra affezionata a te, mentre tra i
Rus’ tu sei un eroe, il guerriero che ci ha liberati dal tiranno Oleg. Tutti ti
amano e ti ammirano in Rus’. E poi… ecco, ho scoperto di aspettare tuo figlio…”
A quelle parole Aethelred si sentì dissolvere
in mille pezzettini e svanire in una nube oscura dove c’erano solo dolore e
sofferenza. Indietreggiò, colpì qualcosa ma non se ne accorse, voleva soltanto
allontanarsi il più possibile da lì, non sapeva dove, forse voleva solo morire.
Katja avrebbe dato un figlio a Ivar, Ivar avrebbe potuto avere una famiglia con
lei in Rus’, tra gente che lo amava e lui… lui ora non aveva più niente da
offrire. Con le lacrime che gli offuscavano la vista, il Principe cercò di
andarsene, di uscire dalla dimora regale, di sparire, svanire nel nulla,
sperando che così, almeno, anche la pena atroce che lo straziava sarebbe
svanita…
Ivar, però, aveva udito il rumore fuori dalla
stanza e aveva immaginato che potesse essere Aethelred, che aveva sentito
proprio ciò che non avrebbe dovuto. Voleva raggiungerlo, ma prima aveva il
dovere di spiegare le cose come stavano a Katja.
La giovane donna, però, aveva già capito e lo
stava guardando con un sorriso dolce e triste insieme.
“Tu non tornerai mai a Kiev con me, non è
così?” gli chiese.
“Io… Katja, mi dispiace e... sono felice che
tu aspetti il mio bambino, ma io… io non potrei mai vivere là, quello non è il
mio posto, non voglio ferirti ma…”
“La verità è che non mi hai mai amata, io lo
sapevo, ma prima di arrendermi del tutto ne volevo la conferma” replicò tranquilla
Katja, dando l’idea di essere già preparata da tempo alla risposta di Ivar.
“Sapevo che non mi amavi anche quando sei venuto a letto con me, lo hai fatto
solo perché pensavi che fossi Freydis, ma io non sono lei, non lo sono mai
stata. Le somiglio, non so per quale motivo, ma non sono lei e ho sempre saputo
che, anche se fossi rimasto con me, prima o poi lo avresti capito e mi avresti
comunque lasciata.”
Ivar era commosso dalla generosità e dalla
serenità con cui la giovane gli parlava. Aveva ragione, lui si era lasciato
sedurre da Katja soltanto perché nel suo cuore era convinto che fosse la
reincarnazione di Freydis, non era mai stata Katja quella che voleva e lei ora
dimostrava di averlo sempre saputo.
“Non sono in collera con te, anzi, ti sarò
per sempre grata sia perché mi hai liberato da quel folle di Oleg sia perché mi
hai donato un figlio. Lo crescerò raccontandogli che suo padre è un valoroso e
potente guerriero vichingo, che suo padre è un vero Re, e lui ti amerà e ti
ammirerà sempre. Chissà, magari un giorno vorrà venire a conoscerti…” Katja si
interruppe, vedendo che Ivar si guardava intorno con aria preoccupata. “Ivar,
cosa c’è? Te l’ho detto, non sono né arrabbiata né delusa per il tuo rifiuto,
anzi credo che sia meglio così. Ma chi stai cercando?”
“Io devo… ecco, credo che ci sia una persona
con cui devo parlare” fece Ivar. “Perdonami, Katja, tu sei molto migliore di me
e io so che crescerai nostro figlio nel modo migliore, adesso però io…”
Ancora una volta la giovane donna sorrise con
un misto di mestizia e tenerezza: anche quello era un chiaro segno che Ivar non
l’amava né l’aveva mai amata. Era comunque curiosa e volle seguire il vichingo
quando uscì dalla stanza.
Aethelred era già lontano, ma Ivar trovò
Tiago e chiese se avesse visto passare il Principe.
“Sì, certo, è uscito poco fa, mi sembrava che
fosse diretto verso la spiaggia e che… beh, che stesse piangendo. È tutta la
sera che non sta bene” rivelò.
Ivar si avviò verso la spiaggia con tutta la
velocità che le sue gambe ingabbiate e la stampella gli permettevano, poi sentì
che Katja lo prendeva sottobraccio per aiutarlo a camminare meglio.
“Credo che la persona che devi incontrare sia
molto importante per te” disse con dolcezza. “È meglio che ti aiuti ad arrivare
alla spiaggia prima di quanto faresti da solo.”
Ivar e Katja si diressero insieme verso la
spiaggia, mentre il giovane vichingo temeva che Aethelred avesse potuto
commettere una sciocchezza. Il suo cuore era gonfio di oscuri presagi.
Fine capitolo secondo
* Giusto due precisazioni sul personaggio di Erik. Nella
serie TV non è uno Jarl di Norvegia bensì un fuorilegge che salva la vita a
Bjorn e che dopo diventa un suo amico fidato, combattendo sempre al suo fianco.
Inizialmente io lo avevo considerato un personaggio minore che sarebbe sparito
in poche puntate e quindi non ne avevo quasi parlato nella mia storia, era
semplicemente uno degli alleati di Bjorn nella guerra contro i Rus’. Siccome,
però, questo personaggio avrà un’importanza sempre maggiore nel corso della serie
TV e non posso ignorarlo, anche perché si presta benissimo per arricchire la
storia, lo rimetto in scena qui mantenendogli il suo ruolo di amico e
consigliere di Bjorn.
** Il personaggio di Tiago è di mia invenzione e più
avanti avrà una grande importanza nella storia, il prestavolto che ho usato per
lui è l’attore Lorenzo James Henrie. La razzia nella città di Algeciras e la
cattura di molti schiavi è invece accaduta veramente nella serie TV, nella
puntata 04x16.
Take
my hand, take it now Before it is too late I will lead you back, guide you home This is not our fate So close but far away I can travel night and day I can search for a lifetime Without finding you Worlds apart No matter how close we are No matter how hard we try We are worlds apart!
(“Worlds apart” –
Allen/Olzon)
Era buio e tirava un vento
gelido sulla spiaggia di Kattegat, ma Aethelred non se ne accorgeva, il gelo
che aveva nel cuore era molto più intenso e gli impediva quasi di respirare.
Non sapeva neanche perché fosse arrivato fin lì, forse perché quella spiaggia
solo il giorno prima era stata il luogo in cui lui e Ivar erano stati così
felici o forse perché proprio lì si erano scambiati il primo bacio… Ma tutto
era finito, adesso. La spiaggia non era più un posto accogliente e pieno di
bellezza, era oscura e fredda, proprio come il suo legame con Ivar che adesso
si sarebbe spezzato per sempre. Aethelred fece qualche passo in avanti e le
onde arrivarono a bagnargli gli stivali. Che cosa avrebbe fatto adesso? Senza
Ivar la sua vita non aveva più senso, non riusciva neanche a pensare ad un
qualsiasi possibile futuro senza di lui.
Era strano. Gli era già
capitato, in passato, di riflettere sul suo rapporto con Hvitserk. Quando aveva
scoperto di Thora, per esempio, o quando Hvitserk aveva cominciato a soffrire
di allucinazioni legate all’alcool e ai funghi… Aveva sofferto, certo, ma non
aveva mai avuto quella sensazione di vuoto totale. Riteneva che, comunque,
sarebbe riuscito ad andare avanti con la sua vita, in qualche modo, anche senza
Hvitserk. C’erano tante cose da fare a Kattegat, lui aveva conquistato la
fiducia di Bjorn, si occupava del villaggio di Lagertha… ma in quel momento era
così disperato, così profondamente lacerato e frammentato in mille pezzettini
da non riuscire nemmeno a sopportare il pensiero di fare qualsiasi cosa, a
Kattegat o altrove, senza più Ivar.
Il Principe Sassone era
talmente immerso nei suoi pensieri e nel suo infinito dolore da non accorgersi
che Ivar, nel frattempo, era giunto anche lui sulla spiaggia e adesso era
proprio alle sue spalle, mentre Katja si era fermata poco distante. Quando il
braccio di Ivar lo afferrò e lo attirò a sé, Aethelred quasi ebbe un mezzo
infarto perché non se lo aspettava, ma quando comprese chi era che lo stava
stringendo restò ancora più sconvolto e attonito, incapace di dire una sola
sillaba.
“Cosa ci fai qui, Aethelred?
Ma guardati, sei gelato” gli disse Ivar con dolcezza, avvolgendolo nel suo
mantello e nel suo caldo abbraccio. “Perché sei scappato? So che hai sentito
quello che mi ha detto Katja, ma allora saresti dovuto rimanere a origliare un
altro po’, perché così avresti ascoltato anche quello che io ho detto a lei.
Non hai sentito il finale della storia, sciocco principino!”
Aethelred era ancora
talmente sbalordito da non riuscire a reagire, così fu Ivar a baciarlo
lungamente, a stringerlo a sé, a coprirgli di baci le guance piene, la fronte,
i capelli e poi ancora le labbra morbide, con un bacio intenso, profondo e
lunghissimo.
“Io e Katja avremo un
figlio, è vero, ma lei lo crescerà a Kiev, nella sua terra e con la sua
famiglia e chissà, forse quando lui sarà un giovane uomo verrà a trovarmi”
spiegò il giovane vichingo, tenendo sempre stretto Aethelred, accarezzandogli i
capelli, parlandogli con dolcezza infinita per rassicurarlo e calmarlo. “Io non
sono innamorato di lei e Katja lo sapeva anche prima di venire qui, ma ora…
beh, penso che ora sappia anche perché non posso essere innamorato di lei!”
Ancora incredulo e
sbigottito, Aethelred non sapeva se credere alle parole di Ivar, non sapeva
nemmeno se ciò che stava accadendo fosse vero o se fosse solo un sogno. Poteva
veramente Ivar scegliere lui, volere lui quando poteva avere Katja, un figlio
e gloria e acclamazione tra i Rus’?
“Sei tu quello che voglio,
sei tu solo, lo vuoi capire sì o no?” gli ripeté ancora una volta Ivar,
abbracciandolo e baciandolo ancora e ancora, togliendogli il respiro,
stringendolo come se avesse paura di perderlo… e chissà, forse Aethelred era
andato fino alla spiaggia con in testa qualche idea malsana? No, non voleva
nemmeno pensarci, Aethelred era lì con lui, tra le sue braccia, poteva baciarlo
fino allo sfinimento e non lo avrebbe lasciato mai.
“Scusami… se ti ho fatto preoccupare”
riuscì a mormorare il Principe Sassone, ancora stordito per tutto ciò che era
accaduto e per il modo appassionato e intenso in cui Ivar era venuto a
riprenderselo e se lo era baciato e stretto ripetutamente… “Non so cosa volessi
fare, io pensavo solo che…”
Ivar adesso si era
tranquillizzato. Tenendo sempre Aethelred stretto a sé, prese ad avviarsi
lentamente lontano dal mare oscuro e minaccioso, verso il limitare della
spiaggia dove Katja li attendeva con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
“Aethelred, tu sei un
ragazzo intelligente, direi pure geniale, visto che spesso sei riuscito a
scombinare perfino i miei piani, ma…
certe volte dovresti proprio cercare di non
pensare” gli disse, prendendosi il lusso di scherzare affettuosamente con
lui. “Se proprio dovevi origliare, almeno avresti potuto ascoltare fino in
fondo e ci saremmo risparmiati questa passeggiata notturna!”
Il Principe non rispose, ma
si strinse di più a Ivar e lasciò che il calore lo invadesse e sciogliesse
tutte le paure e le sofferenze provate in quelle ultime ore. Era proprio da
Ivar cercare di sdrammatizzare, prenderlo in giro, scherzare per esorcizzare il
terrore di averlo perduto… Ivar era unico, speciale, meraviglioso e ancora una
volta Aethelred pensò che lo amava infinitamente e che la sua vita non avrebbe
avuto più senso senza di lui.
“Beh, Ivar, adesso capisco
che mi sbagliavo” disse Katja quando i due giovani si furono avvicinati a lei.
“Ti ho detto che a Kattegat non hai nessuno, ma questo ragazzo ti vuole davvero
bene, ti ama con l’affetto disperato e incondizionato di Igor e con una
dolcezza e un’intensità che nessuno, nemmeno io, ti potrebbe donare. Tu qui hai
una persona speciale tutta per te e non hai davvero alcun motivo per voler
venire a Kiev. Sono comunque felice di vedere che ti lascio in buone mani…”
Lentamente, i tre fecero
ritorno alla dimora regale. Gli accordi erano stati presi, le alleanze
stipulate. Igor e Katja sarebbero rimasti ancora un altro giorno e poi
avrebbero fatto ritorno in Rus’. Aethelred, tuttavia, non aveva più nulla da
temere dalla bella Principessa dei Rus’ e, quella notte, Ivar glielo fece capire
in tutti i modi possibili: si inebriò di lui, divorò
la sua bocca calda e morbida, le sue labbra piene, lo baciò fino a restare
senza fiato mentre lo accarezzava ovunque e poi si seppellì dentro di lui,
perdendosi nel suo corpo. La lotta d’amore proseguì ancora e ancora e ancora e,
dimentichi del tempo, dello spazio, dei Rus’, di Katja e di qualsiasi brutto
pensiero, Ivar e Aethelred lasciarono che i loro corpi si unissero, si
cercassero, si dessero piacere per lunghissime ore.
Sembrava, dunque, che tutto
fosse ancora una volta sistemato. I Rus’ non erano più nemici di Kattegat e dei
Norreni ma, anzi, erano diventati loro validi alleati; Aethelred sembrava aver
finalmente capito che non doveva più temere nessuna donna del passato di Ivar,
che il giovane vichingo era suo e amava lui e lui soltanto.
Ma, come ben sappiamo, le
cose troppo belle non possono durare e soprattutto nel mondo dei Vichinghi ci
sono sempre brutte sorprese. Igor e Katja erano partiti da qualche giorno
quando, ancora una volta, una sentinella si presentò al cospetto di Re Bjorn
annunciando che un drappello di uomini si avvicinava alla città.
“Non sono molti, mio
signore, possiamo allestire le difese e…” disse la sentinella.
“Chi sono, questa volta? Non
possono essere Rus’, quanti altri nemici abbiamo?” sbottò Bjorn, piuttosto
seccato.
“Sai, forse dovresti farti
degli amici, Bjorn. E’ vero che non sei il massimo della simpatia, ma insomma,
potresti pure sforzarti” ironizzò Ivar, ma non era il momento di fare dello
spirito. Bjorn lo fulminò con un’occhiata e anche Gunnhild, Hvitserk e Erik
apparvero piuttosto innervositi dalla sua battuta.
“Sei riuscito a vedere chi
sono? Quali insegne portano?” domandò Hvitserk.
“Non ne sono sicurissimo,
però mi è sembrato… mi parevano proprio le insegne di re Harald” rispose la
sentinella, turbata.
Harald. Quel nome fece scendere un cupo
silenzio nel salone e anche Ivar non ebbe più tanta voglia di scherzare.
Harald era il Re dei
Norreni, non importava che la sua elezione fosse avvenuta con l’inganno, e di
sicuro voleva che anche Bjorn facesse atto di sottomissione a lui. Ma poteva
volere anche di più, forse voleva Kattegat.
Mentre la sentinella andava
ad allertare le guardie della città, Bjorn e gli altri restarono a parlare
nella Sala Grande per decidere il da farsi.
“La sentinella ha parlato di
un drappello di uomini, quindi non si tratta di un esercito, Harald non è
venuto per farci guerra e, del resto, non ne avrebbe neanche la possibilità,
no?” disse Hvitserk. “Ricordate che i suoi vassalli, saputo come li aveva
ingannati, sono tornati nei loro Regni?”
“Senza i suoi vassalli,
Harald non è più forte di noi” soggiunse Erik.
“Ma allora perché sta
venendo qui? Vuole forse raggiungere un accordo con Bjorn, magari gli chiederà
di fare atto di sottomissione e in cambio lui non cercherà di conquistare
Kattegat?” suggerì Aethelred, perplesso.
“Io non ho nessuna
intenzione di fare atto di sottomissione davanti a Harald” dichiarò Bjorn, sputando quel nome come se fosse stato
qualcosa di viscido e disgustoso appiccicato al suo stivale.
“E non devi farlo” confermò
Gunnhild, dignitosa. “Lo accoglieremo a viso aperto, davanti a tutto il nostro
popolo, mostrando che Bjorn La Corazza non teme nessuno e che Kattegat è pronta
a difendersi.”
Come al solito, Gunnhild
dimostrava chi era veramente a portare i pantaloni in quella famiglia e in quel
Regno…
Così si recarono tutti nella
piazza di Kattegat per accogliere Harald e i suoi uomini in assetto simil plotone di esecuzione. Bjorn e
Gunnhild, regali e dignitosi, stavano al centro; di fianco a Bjorn, appena un
passo indietro, erano schierati Erik, Ivar e Aethelred mentre di fianco a
Gunnhild, sempre appena un passo indietro, stavano Hvitserk, Helgi e… e basta
perché Ubbe era partito ormai da tempo per terre inesplorate! I loro volti non
promettevano niente di buono, era chiarissimo che non ci sarebbero state
concessioni da parte di chicchessia e l’espressione di Bjorn, in particolare,
pareva dire spacco bottilia amazzo
familia in norreno.
Le porte di Kattegat furono
aperte e Harald giunse a cavallo con la sua scorta, ma le cose non andarono per
niente come previsto da Bjorn e gli altri, ossia non fu lui a rimanere sorpreso
o perlomeno spiazzato da quello schieramento, furono proprio i regnanti di Kattegat
e i loro compagni a restare del tutto sbalorditi. Harald li guardò uno per uno
e scoppiò a ridere di gusto, poi scese da cavallo e aiutò a scendere la donna
che cavalcava al suo fianco (colpo di scena numero uno!), sfoderando modi che
potevano sembrare quasi da gentiluomo.
“Re Bjorn, vedo che hai
portato famiglia e amici per accogliermi degnamente, ne sono molto lieto” disse
poi Harald. “Permettimi di presentare a te e a tutti voi la mia sposa e Regina,
Ingrid.”
Hvitserk e Helgi si
scambiarono un’occhiata stravolta, Gunnhild si irrigidì, Bjorn soffocò un’imprecazione…
ma fu Ivar a esprimere il pensiero di tutti con la sua solita sfacciataggine.
“Ma guarda, non è quella
schiava che Bjorn si era portato a letto e che poi è stata allontanata? Certo
che ne ha fatta di strada, direi!” esclamò.
Aethelred gli sferrò una
gomitata.
“Ivar! Non ci sono più
schiavi a Kattegat e, comunque, adesso lei è la moglie del Re dei Norreni, che
ci piaccia o meno, per cui è una Regina!”
lo rimproverò. “Vediamo di non metterci nei guai più di quanto già siamo.”
“Ah, beh, se le cose stanno
così…” ribatté Ivar, ma non sembrava affatto pentito di aver detto apertamente
quello che pensava!
Harald, comunque, non sembrò
offeso dall’uscita inopportuna di Ivar e anzi si mise a ridere un’altra volta,
conducendo per mano Ingrid verso la coppia reale di Kattegat. La donna era
vestita elegantemente e il suo portamento era da vera Regina… solo gli occhi
tradivano la soddisfazione per essersi presa la sua vendetta. Bjorn non l’aveva
voluta come moglie? Bene, adesso lei era la Regina di tutti i Norreni ed era
quindi molto più potente di lui.
Intanto la gente di
Kattegat, sempre più incuriosita dall’insolito spettacolo, si accalcava intorno
per vedere come sarebbe andata a finire. In effetti poteva concludersi in
qualsiasi modo, sia con uno scontro all’ultimo sangue che con abbracci, risate
e un bel banchetto nella Sala Grande. Così funzionava tra i Vichinghi! E quello
che sgomitava più di tutti cercando di trovare un buon punto di osservazione
era proprio il giovane Tiago: fisicamente più basso e minuto della maggior
parte dei Norreni, uomini o donne che fossero, doveva farsi largo nell’assembramento
per riuscire a vedere qualcosa…
“Il Sassone ha detto bene,
Ingrid adesso è la mia Regina e nessuno può permettersi di oltraggiarla” disse
Harald, ma il suo tono era tranquillo, come se non fosse affatto interessato
all’opinione di Bjorn o di chiunque dei suoi. Lui era il Re dei Norreni e
questo bastava. “Del resto, Bjorn, è vero che forse la mia Regina avrà umili
origini, ma vedo che anche tu non sei migliore di me nello scegliere i tuoi
compagni: accanto a te vedo un paio di fratelli traditori, un cristiano e un
assassino e fuorilegge!”
La folla rumoreggiò, mentre
Bjorn e gli altri si guardavano per cercare di dare un’identità a tutti quelli
che Harald aveva nominato. Beh, dunque, il cristiano era chiaramente Aethelred,
uno dei fratelli traditori era Ivar e l’altro, a rigor di logica, Hvitserk. Ma
chi era l’ultimo della lista?
“Perdonami, Harald, sarei
curioso di sapere una cosa: io sono il fratello traditore oppure l’assassino e
il fuorilegge? O magari sono tutte e tre le cose? No, sai, solo per curiosità”
intervenne Ivar. Questa volta Aethelred non gli rifilò un’altra gomitata perché
era rimasto troppo stupito dalle chiare allusioni di Harald e anche lui voleva
sapere a chi si stesse riferendo con assassino
e fuorilegge.
“Mio caro Ivar, so che sei
ambizioso e presuntuoso, ma in questo caso devo darti una delusione: nel
gruppo, infatti, c’è qualcuno che ha un passato perfino peggiore del tuo”
replicò Harald con un sogghigno. “Bjorn, non hai preso informazioni prima di scegliere
Erik Thorvaldsson come tuo consigliere dopo la partenza di Ubbe? Come ho detto,
scegli proprio male i tuoi amici. Non sai che Erik ha conquistato il suo titolo
di Jarl assassinando a tradimento i suoi rivali e che, negli anni successivi,
si è arricchito facendo il trafficante di schiavi? Perché credi che non sia
ritornato dalle sue parti dopo la guerra contro i Rus’? Perché là non vogliono
più saperne di lui, lo hanno bandito dalla sua città!”*
Nuovo colpo di scena! Quella
giornata si preannunciava davvero interessante per la gente di Kattegat, molto
meno per Bjorn e la sua famiglia, ancora meno per Tiago che era rimasto
allibito da quella rivelazione e, ovviamente, meno di tutti per Erik…
Oddio, non che per i
Vichinghi fosse un gran problema assassinare qualcuno per portargli via il
potere, in fondo Bjorn e i suoi fratelli non avevano fatto altro che cercare di
eliminarsi l’un l’altro per sedere sul trono di Kattegat. E, purtroppo, nel
mondo vichingo i prigionieri di guerra e le persone rapite durante le razzie
diventavano schiavi e potevano andare incontro ai destini più tragici. A
Kattegat, però, la schiavitù non aveva assunto quella forma bestiale che si associa
sempre a tale condizione. Bjorn e la sua famiglia avevano sempre avuto schiavi
e schiave, ma non erano soliti comportarsi male con loro, non li maltrattavano,
erano per loro più dei servitori che degli schiavi. Tanto per fare degli
esempi, Margrethe era stata una schiava, poi era stata liberata e aveva sposato
Ubbe; lo stesso era accaduto per Freydis con Ivar. Tra i Vichinghi c’erano
certo schiavisti, mercanti di schiavi, gente che distruggeva la dignità umana
di queste persone nei modi più abietti e poi si arricchiva vendendoli, ma non
era una pratica che Bjorn, e prima di lui Ragnar, avessero mai accettato nella
loro città. Adesso, poi, grazie al saggio consiglio di Aethelred, Bjorn aveva
decretato che tutti gli schiavi di Kattegat fossero liberati e potessero
decidere della loro vita… va da sé che il fatto che Erik per anni fosse stato
proprio un trafficante di schiavi non era il miglior biglietto da visita che l’uomo
potesse esibire davanti ai suoi nuovi amici.**
E Harald, questo, lo sapeva
benissimo. Adesso sia lui sia Ingrid sorridevano compiaciuti, aspettando la
reazione di Bjorn e Gunnhild di fronte a questa amara scoperta: pareva proprio
che, questa volta, Harald fosse riuscito a cogliere Bjorn alla sprovvista e a
metterlo in una situazione assai scomoda.
Cosa sarebbe accaduto?
Fine capitolo terzo
* Siccome all’inizio io avevo usato Erik come una comparsa accanto agli
alleati di Bjorn e avevo detto che era uno Jarl venuto in suo soccorso, ho
cercato di mettere d’accordo la mia versione con quella che di lui ha dato la
serie TV, ovvero più o meno ciò che dice Harald.
** Non voglio sminuire l’orrore della schiavitù né far passare Bjorn e i
suoi per persone “illuminate” o più caritatevoli degli altri, però anche nella
serie TV si vede che i Lothbrok non trattano mai male i loro schiavi e che li
hanno anche liberati e lo stesso Harald, che non è certo l’uomo migliore del
mondo, dimostra di disprezzare Erik in quanto trafficante di schiavi anche nel
telefilm.
You peril of desire
Now, you sweetest misery
Oh you, you are on my mind
Now time again, time again
You peril of desire
Now, you sweetest misery
Oh you, you are on my mind
Now time again, time again
Once upon a heavy night
Under the hunter's moon
And down the waters deep
My heart still skips a beat for you…
(“Hunter’s Moon” – Delain)
Harald e Ingrid erano molto soddisfatti, ma
la loro soddisfazione ebbe breve durata. La sagra dei colpi di scena, infatti,
non era ancora terminata e anche Bjorn e Gunnhild ne avevano in serbo uno molto
importante.
“Sapevo tutto del passato di Erik” dichiarò
Bjorn a voce alta. “Lui non mi ha nascosto niente, non ha mai cercato di
passare per ciò che non è, mi ha raccontato la sua storia poco dopo essere
arrivato a Kattegat. Ha detto di essere stato bandito dalla sua città per i
motivi che tu ci hai ricordato, Harald, ma mi ha detto anche che quello era il
suo passato, che quelle vicende rappresentavano la sua gioventù. Quando è
venuto a offrirsi insieme ai suoi uomini per combattere con me contro i Rus’,
ha detto che stava cercando una seconda occasione, un modo per dimostrare anche
a se stesso di essere un uomo nuovo. Io l’ho preso con me proprio perché ho
apprezzato la sua schiettezza e so di aver fatto la scelta giusta, perché Erik
mi è stato sempre accanto durante la battaglia contro i Rus’, si è preso cura
di me quando ero ferito, ha combattuto senza risparmiarsi a sprezzo della sua
stessa vita e si è guadagnato il diritto di essere cittadino di Kattegat e mio
consigliere.”
“E anch’io sapevo tutto” intervenne Gunnhild.
“Bjorn non mi nasconde mai niente e, prima di decidere se accettare o meno Erik
tra i suoi uomini, mi ha raccontato tutto del suo passato e mi ha chiesto se
ero d’accordo con lui nell’offrirgli la possibilità di cambiare vita.”
“A Kattegat diamo sempre una seconda
possibilità e non chiudiamo la porta in faccia a nessuno. Tu dovresti saperlo
bene, Harald, visto quante volte mi hai tradito e quante volte io ti ho
comunque perdonato e accettato di nuovo come mio alleato” soggiunse Bjorn, con
un’allusione per niente velata agli innumerevoli tradimenti e voltafaccia di
Harald.
“Kattegat è proprio un luogo benedetto dagli
dei e dove pratichiamo il perdono e la generosità” commentò sarcastico Ivar, ma
stavolta Aethelred lo zittì subito.
“Non mi sembra il caso di fare tanto lo
spiritoso. Guarda che, se Bjorn non fosse così pronto a concedere una seconda
occasione, nemmeno tu saresti qui adesso” gli ricordò.
“Lo sai, vero, che ti detesto quando ti
mostri così saggio e riesci ad avere l’ultima parola?” ribatté Ivar, ma le sue
parole furono smentite dal modo in cui passò un braccio attorno alla vita del
suo compagno e lo strinse a sé. Certo che sapeva di essere stato fortunato:
Bjorn l’aveva accolto di nuovo a Kattegat e, sebbene fosse il più delle volte
sospettoso nei suoi confronti, gli permetteva comunque di vivere nella dimora
regale e ascoltava quello che aveva da dire, anche solo per sostenere il
contrario. Se le cose non fossero andate così, forse lui non avrebbe potuto
conoscere Aethelred e adesso non sarebbe stato tanto felice con lui.
Era la volta di Harald di non trovare nulla
da ribattere, tuttavia Ingrid aveva ancora qualcosa da dire.
“È molto onorevole da parte tua, Bjorn,
mostrare una simile generosità anche a chi non se la merita affatto” disse.
“Vorrei però farti sapere che per me è difficile mostrare altrettanta grandezza
d’animo, visto che è stato proprio il tuo amico
Erik a rapirmi e a vendermi come schiava, dopo avermi picchiata, aver abusato
di me e avermi marchiata come se fossi un animale!”
Così dicendo, la donna scostò i lunghi
capelli biondi mostrando un marchio vecchio di molti anni, inciso sulla sua
nuca.
La folla rumoreggiò di nuovo, anche se era
troppo lontana per vedere il marchio. Aveva comunque sentito ciò che Ingrid
aveva detto e, siccome diversi tra coloro che ascoltavano erano schiavi
liberati, la loro simpatia non era esattamente rivolta verso Erik.
Tiago, dal canto suo, era completamente
sconvolto. Vivendo nella dimora regale, aveva avuto diverse occasioni per
incontrare Erik, per ascoltarlo mentre si confrontava con Bjorn, per vedere
come si era preso cura del suo Re quando era stato ferito da Ivar… A dirla
tutta, Erik non gli aveva mai neanche rivolto la parola per sbaglio ed era
molto probabile che ignorasse perfino la sua esistenza, Tiago invece l’aveva
notato fin troppo e si era ritrovato a pensare a lui nei momenti più
inopportuni! In particolare era rimasto colpito dalla premura di Erik nei
confronti di Bjorn ferito e di Gunnhild quando aveva perso il bambino che
aspettava. In entrambe le occasioni Tiago, che allora era ancora uno schiavo
dei sovrani, si era preso cura di loro e l’affetto che Erik aveva mostrato
verso il Re e la Regina lo aveva commosso, era sicuro che Erik fosse una brava
persona e ora… ora veniva a sapere che aveva fatto per anni il trafficante di
schiavi, che era stato brutale e violento con loro, che li marchiava
addirittura e abusava di loro! Era vero, Bjorn in persona aveva catturato Tiago
e altri giovani spagnoli ad Algeciras, ma non li aveva mai picchiati, non li
aveva torturati, per lui erano semplicemente prigionieri di guerra che poi
erano finiti a servire nelle case delle famiglie più ricche di Kattegat. Tiago
non poteva dire di ricordare una sola percossa, un solo atto violento da parte
di Bjorn o della sua famiglia. Ma Erik…
“Sono veramente addolorato per ciò che ti è
accaduto e per il modo in cui Erik ti ha trattata, Regina Ingrid” diceva
intanto Bjorn alla donna. “Non posso chiederti di perdonarlo, ovviamente, ma
posso assicurarti che adesso è una persona molto diversa, che è stato accanto a
me e alla mia famiglia nei momenti più difficili e che non è più l’uomo che tu
hai avuto la sfortuna di conoscere. Ora anche tu hai cambiato la tua vita, sei
la Regina di tutti i Norreni e, come tale, puoi mostrare magnanimità verso chi
ha commesso errori anche gravi in gioventù. Pensa che io stesso ho finito per
perdonare il mio stesso fratello, Ivar, che ha tentato di uccidermi combattendo
dalla parte dei Rus’.”
“Ecco, e ti pareva che non ci andavo di mezzo
io anche stavolta” commentò Ivar, caustico. “Ma è mai possibile che debba
rivangare sempre quella vecchia storia?”
“Quella vecchia
storia, come la chiami tu, è accaduta poco più di sei mesi fa e sarebbe
potuta finire molto peggio, per fortuna ci ha pensato Helgi a salvare Bjorn,
altrimenti tu adesso non saresti qui” disse Aethelred.
“Beh, non ci sarebbe nemmeno Bjorn… Va bene,
va bene, ho capito, basta così, stavo solo scherzando!”
“Molto bene, direi che allora tutto è
chiarito” disse Harald, sebbene in realtà non fosse chiaro un bel niente e
tanto meno il motivo per cui lui e Ingrid erano giunti a Kattegat! “Io e la mia
sposa saremo lieti di approfittare della tua ospitalità, Bjorn, in fondo siamo
il Re e la Regina dei Norreni e, come tali, siamo anche sovrani di Kattegat.
Abbiamo tutto il diritto di restare in città finché lo desidereremo. Non è
forse così?”
“Se ti aspetti che faccia atto di
sottomissione…” iniziò a ringhiare Bjorn, ma Harald lo interruppe.
“No, no, noi non abbiamo bisogno di queste
formalità, ci conosciamo da tanto tempo! Piuttosto sarà il tuo stesso popolo a
decidere chi vuole veramente come suo sovrano, se Re Harald Finehair o Bjorn La
Corazza! Ti ho già battuto alle elezioni e potrei farlo di nuovo, per cui non
ho bisogno di combattere contro di te.”
“Certo, perché sai che perderesti, mentre le
elezioni te le sei comprate” mormorò Ivar, questa volta mostrandosi abbastanza
prudente da farsi sentire soltanto da Aethelred, che era al suo fianco. “Questa
storia non mi piace per niente e faremo bene a tenere d’occhio Harald.”
“Su questo hai pienamente ragione” concordò
Aethelred.
E così il gruppo, con Bjorn e Gunnhild in
testa, scortò Harald e Ingrid alla dimora regale, dove si sarebbero trattenuti
solo Odino sa quanto. I cittadini di Kattegat cominciarono a disperdersi, lo
spettacolo era finito e ognuno doveva tornare ai propri impegni.
Anche Tiago doveva far ritorno alla dimora
regale, dove tuttora viveva e fungeva da tuttofare
per chiunque avesse bisogno di lui. Sembrava che tutto fosse risolto, ma lui
non riusciva a dimenticare quello che era stato detto su Erik e non riusciva a
capire perché aver scoperto una cosa del genere gli facesse tanto male al
cuore…
Era talmente immerso nei suoi pensieri che
non si accorse che Ivar e Aethelred lo avevano atteso sulla soglia della dimora
e quasi ci finì a sbattere contro.
“Ehi, Tiago, sei sulle nuvole oggi? La scena
offerta dai nostri sovrani e da re Harald è stata così appassionante?” lo prese
in giro Ivar, andando subito a toccare il punto dolente, tanto che Tiago
trasalì, arrossì e, per dispetto, arrossì ancora di più, con grande
divertimento del vichingo e una certa perplessità da parte di Aethelred.
“Beh, dunque, è meglio che tu abbia assistito
a tutta la scena, perché volevo affidarti un incarico” disse il Principe
Sassone. “Io e Ivar, ma sono sicuro che la stessa cosa valga anche per Bjorn,
Hvitserk e tutti gli altri, non ci fidiamo affatto di Harald e, anzi, temiamo
che cercherà di fare qui la stessa cosa che ha fatto per farsi eleggere Re dei
Norreni.”
“Sì, praticamente che vada in giro a
promettere falsità alla gente per farsi eleggere Re al posto di Bjorn, oppure
che ci mandi qualcuno di sua fiducia, anche se, per fortuna, non ha più al suo
servizio quello psicopatico di Kjetill” aggiunse Ivar.
“E io cosa posso fare? Non penso proprio che
la gente di Kattegat si metterà ad ascoltare me, uno… straniero” obiettò Tiago.
Uno schiavo, era la parola che gli
era venuta alla mente, ma sapeva di non esserlo più, lo sapeva, Bjorn lo aveva
liberato, non sarebbe stato mai più lo schiavo di nessuno. Già, però con ogni
probabilità Erik avrebbe visto in lui sempre e solo uno schiavo. E va bene, e a
lui che cosa importava di quello che poteva pensare Erik?
“Tieni d’occhio Harald, non perderlo mai di
vista, cerca di capire se si incontra con qualcuno, sì, insomma, praticamente,
fai la spia” tagliò corto Ivar.
“Non era così che l’avrei messa io”
intervenne Aethelred, con un’occhiata di rimprovero al compagno, “però sì, ci
serve che tu osservi e ascolti quello che farà Harald. Per te sarà più facile
che per uno qualsiasi di noi, tu sei sempre in giro per la dimora regale,
aggiusti una panca che si è rovinata, rinforzi una porta, insomma, Harald si
abituerà a vederti spesso mentre svolgi qualche lavoretto e qualche riparazione
e non farà caso a te.”
“Sì, va bene, non preoccupatevi” rispose
subito Tiago. “Sono in debito con te e con Bjorn perché mi avete liberato e mi
date un posto in cui vivere tranquillo, mi sembra il minimo potervi aiutare.
Quel Re Harald non mi piace per niente, credo che l’avrei tenuto d’occhio
comunque.”
“Allora è deciso, grazie, Tiago” sorrise
Aethelred.
Mentre il Principe Sassone si allontanava con
Ivar, Tiago ebbe ancora modo di sentire il vichingo che scherzava, o forse no…
“Spero che Bjorn, alla fine, si renderà conto
di quante cose faccio per lui e che
la smetterà di mostrarsi così ostile con me!” lo sentì dire.
Tiago, tutto sommato, era soddisfatto del suo
nuovo incarico: era comunque un’avventura emozionante, lo faceva sentire utile
e importante per Bjorn e per Kattegat e, cosa affatto trascurabile, gli
impediva di interrogarsi troppo sul perché le rivelazioni su Erik lo avessero
turbato tanto.
Nei giorni seguenti, tuttavia, Harald non
fece niente di strano, o meglio, niente di più strano del solito. Sì, provò a
passeggiare per le strade di Kattegat e a parlare con i cittadini, chiedendo
loro se erano soddisfatti del governo di Bjorn, se avrebbero voluto qualcosa di
diverso, se pensavano mai che, alla resa dei conti, Bjorn La Corazza fosse una
fregatura, in fondo aveva perso le elezioni… Ma la gente di Kattegat amava il
suo Re, era fedele e leale ai figli di Ragnar e, soprattutto, non si fidava
affatto di Harald, che era considerato comunemente un voltagabbana.
Poco tempo dopo, però accadde un fatto
strano. Harald venne attirato da una serva in una casa abbandonata dove,
secondo lei, Bjorn e Gunnhild lo aspettavano per parlargli di qualcosa di molto
importante e segreto. Harald, che non era esattamente un’aquila, si fidò di lei
e la seguì… e ovviamente Tiago gli andò dietro, pensando che fosse l’occasione
che Aethelred e Ivar attendevano.
E questo fu lo spettacolo sorprendente a cui
il giovane spagnolo poté assistere, guardando da una finestrella: il capo delle
guardie di Harald, un tale Skane che fino a quel giorno Tiago non aveva mai
sentito parlare (tanto che pensava che non ne fosse capace, visto il bestione
che era…), aveva teso un’imboscata al suo Re con l’aiuto di Erik, non si sa
bene sperando in quale vantaggio. Harald si era visto perduto ma, a sorpresa (i
colpi di scena a Kattegat erano all’ordine del giorno!), Erik aveva finto di
colpire Harald e poi aveva decapitato Skane.*
“Mi hai salvato la vita, Erik” aveva detto
Harald, stupefatto. “Mi hai salvato nonostante io abbia cercato di rovinarti e
adesso sono in debito con te. Ascolta, se mi aiuterai a convincere la gente di
Kattegat che Bjorn non è adatto per fare il Re, che è un valoroso guerriero ma
che non sa governare e che io sarei molto più degno di lui, io ti nominerò mio
braccio destro e nuovo capo delle guardie. I cittadini di Kattegat non mi
ascoltano, non si fidano di me, ma sono sicuro che ascolteranno te.”
“Posso tentare, anche se non so se la gente
di Kattegat vorrà davvero starmi a sentire” rispose Erik, dopo un istante di
riflessione.
“Apprezzerò comunque il tentativo e saprò
ricompensarti, Erik” disse Harald con un sogghigno. “Dunque abbiamo un
accordo?”
“Abbiamo un accordo” replicò Erik.
Tiago fece appena in tempo a nascondersi
prima che i due uomini uscissero dalla casetta. Il cuore gli batteva fortissimo
e sembrava volergli uscire dal petto. Ecco che, finalmente, aveva avuto le
prove che Aethelred e Ivar gli avevano chiesto ma… ma non era questo che si
aspettava! Che doveva fare? Se fosse andato dal Principe Sassone raccontandogli
che Harald aveva comprato Erik,
sarebbe stato Erik il primo a rimetterci e lui… e lui questo non lo voleva.
Doveva parlare prima con Erik, ecco cosa
avrebbe fatto! Avrebbe parlato con lui, gli avrebbe detto che stava sbagliando
a tradire Bjorn per mettersi dalla parte di Harald e che non voleva
denunciarlo, ma che lo avrebbe fatto se fosse stato costretto. Sì, quella era
la cosa giusta da fare: prima di mettere nei guai Erik gli avrebbe dato la
possibilità di cambiare idea e di rifiutare le false promesse di Harald.
Presa la sua decisione, Tiago si avviò con
determinazione verso la dimora regale. Avrebbe parlato con Erik quella sera
stessa, quando tutti si fossero ritirati nelle loro stanze.
Sperava soltanto che l’uomo lo avrebbe
ascoltato… in fondo al cuore non voleva proprio essere costretto a denunciarlo
a Aethelred e Ivar!
Fine capitolo quarto
* Tutto questo è veramente accaduto nella serie TV, anche
se, ovviamente, non c’era Tiago e Bjorn era già morto (episodio 6x14 di
Vikings).
Capitolo 5 *** Cap. 5: In love with the darkness ***
Cap. 5: In love with the darkness
Finally
It covers me
It makes me taste
It's sure embrace
It will gently take away
The sorrows of the day
I'm in love with the darkness of the night
I'm in love with all that's out of sight
I'm in love with the magic of the new
And the darkness loves me, too!
(“In love with the darkness” – Xandria)
Quella stessa sera,
così come aveva deciso, Tiago attese che tutti fossero andati a dormire e poi
si diresse impavido verso la stanza di Erik. La porta era socchiusa, bussò
lievemente e si affacciò sulla soglia.
“Erik? Sono Tiago,
posso entrare? Devo parlarti di una cosa molto importante” disse timidamente,
entrando senza essere stato realmente invitato e chiudendo la porta dietro di
sé.
Erik era seduto sul
letto con indosso solo una camicia leggera e i pantaloni, aveva i capelli
completamente sciolti e l’espressione a metà tra perplessa e scocciata. Quello
non era lo schiavetto spagnolo che girava sempre per la dimora regale, quello
che Bjorn aveva catturato ad Algeciras qualche anno prima? Che accidenti voleva
da lui?
Tiago si sentiva
piuttosto a disagio, soprattutto vista l’evidente ostilità di Erik; cominciava
a pensare che la sua non fosse stata poi una così grande idea, ma a quel punto
era lì e doveva arrivare fino in fondo.
“Mi dispiace
disturbarti, ma questa è davvero una cosa di cui dovevo parlarti al più presto”
riprese. “Ecco, questa mattina ti ho visto e sentito mentre salvavi la vita di
Re Harald e poi facevi un accordo con lui e volevo dirti che…”
Un lampo attraversò
gli occhi di Erik.
“Mi stavi spiando,
dunque? Per questo mi sei sempre intorno?” domandò con fare piuttosto
minaccioso. Ah, dunque Erik si era accorto della sua presenza, pensò Tiago, lui
era convinto che non sapesse neanche che esisteva e che lo considerasse un po’
come parte del mobilio della dimora!
In quel momento,
però, gli venne anche in mente che la faccenda potesse essere molto più
pericolosa di quello che aveva creduto. I testimoni oculari generalmente
facevano una brutta fine, soprattutto se non c’era nessun altro che potesse
convalidare la loro versione dei fatti…
“No, non ti stavo
spiando. Ivar e Aethelred mi hanno incaricato fin dal primo giorno di tenere d’occhio
Re Harald perché non si fidano di lui e io lo stavo appunto seguendo, perciò mi
è capitato di assistere alla scena. Comunque non è questo il problema” il
ragazzo parlava in fretta per non perdere il coraggio di dire tutto quello che
doveva e per impedire a Erik di interromperlo. “Il fatto è che non dovresti
fidarti di Re Harald, lui ha tradito molte volte Re Bjorn e sono sicuro che
vuole farlo anche adesso. Io lo so che tu sei veramente affezionato a Re Bjorn
e alla Regina Gunnhild, ho visto come ti sei occupato di loro quando avevano
bisogno di te e posso capire perché tu abbia cercato di assicurarti anche la
protezione di Re Harald, ma stare dalla sua parte può essere pericoloso e io
non voglio dover raccontare quello che ho visto a Ivar e a Aethelred…”
Erik aveva
attraversato diverse fasi mentre Tiago parlava: dapprima si era innervosito
alquanto, poi era apparso incredulo per la sfacciataggine di quel ragazzino che
si permetteva di andare nella sua stanza a dirgli cosa doveva fare, ma alla
fine sembrava quasi divertito da quella situazione assurda. Si alzò dal letto e
andò verso Tiago con un sorrisetto beffardo sulle labbra.
“Cosa ti fa pensare
che io sia disposto ad ascoltarti? Non ho certo bisogno dei consigli di uno
schiavo e tu sei anche molto arrogante nel permetterti di venire qui a dirmi
cosa devo o non devo fare” disse.
Tiago rimase di
sasso.
“Ma io… io sono
venuto prima da te perché in realtà voglio aiutarti. Volevo prima parlare con
te perché non voglio denunciarti a Ivar e Aethelred, anche se dovrei farlo… e
comunque voglio ricordarti anche che non sono più uno schiavo, Re Bjorn mi ha liberato, non ci sono più schiavi a
Kattegat!”
Erik ridacchiò, ora
sinceramente divertito, e si avvicinò ancora di più al ragazzo.
“Sei stato uno
schiavo per anni e per quanto mi riguarda lo sei ancora” tagliò corto, “per cui
non hai alcun diritto di darmi dei consigli o addirittura minacciare di
denunciarmi.”
A quel punto Tiago
cominciò davvero a pensare di aver commesso un’enorme sciocchezza.
“Guarda che, se pensi
di uccidermi, farmi a pezzi e buttarmi nella baia di Kattegat… beh, non la
passerai liscia, Ivar e Aethelred mi hanno dato questo incarico e se scompaio
capiranno subito che mi hanno fatto fuori e…”
“Ma senti un po’ che
fantasia che ha lo schiavetto spagnolo!” rise Erik. “No, non ho nessuna
intenzione di ucciderti o di farti del male, perché dovrei? Voglio solo
insegnarti a stare al tuo posto, e uno schiavo così giovane, minuto e con un
bel faccino come il tuo può essere molto, molto utile.”
Prima che Tiago
potesse rendersi conto di cosa stava accadendo, Erik lo aveva preso e
rovesciato sul letto, lo aveva bloccato e aveva iniziato a spogliarlo e a
liberarsi dei propri abiti.
“Visto che mi sei
sempre intorno, ormai avrai saputo che ho una lunga esperienza con gli schiavi
e so bene come utilizzarli al meglio secondo le loro possibilità” continuò,
mettendosi sopra il ragazzo e prendendo ad accarezzarlo e toccarlo ovunque, in
modo lento e sensuale. “Un bel ragazzino come te è perfetto come schiavo da letto ed è questo ciò che
puoi essere per me, altro che starti ad ascoltare!”
Tiago avrebbe voluto
spiegarsi, protestare ancora che non era
uno schiavo, cercare di riportare la conversazione sull’argomento che gli
premeva, ma… ma quello che Erik gli stava facendo era talmente inaspettato e
allo stesso tempo così impetuoso e irresistibile da travolgerlo completamente,
togliendogli il fiato e ogni barlume di lucidità, gettandolo in un vortice di
sensazioni ed emozioni mai provate, così potenti e devastanti da lasciarlo
sfinito, arreso, capace solo di aggrapparsi alle spalle possenti dell’uomo e di
ansimare incredulo e sconvolto.
Erik non aveva
mentito, non aveva intenzione di fare del male al ragazzo. In passato, certo,
aveva abusato dei suoi schiavi e delle sue schiave, era stato brutale e
violento con loro, ma la violenza non lo attraeva più, non vi trovava alcuna
soddisfazione. Tiago era venuto da lui spontaneamente, si era messo lui nelle sue
mani e adesso avrebbe avuto quello che, a quanto pareva, era venuto a cercarsi.
Continuò ad accarezzarlo in modo sempre più intimo, pazientemente, senza dargli
l’impressione di volersi imporre su di lui; lo toccò e lo stuzzicò a lungo fino
ad averlo completamente in sua balia, arreso e abbandonato, e solo allora si
fece strada nel suo corpo, sempre con lentezza, sempre badando a non fargli
male perché non voleva prenderlo con la forza, non voleva che si ribellasse ma
che lo desiderasse quanto lo desiderava lui. Tiago, del tutto inesperto e ormai
soggiogato da quell’uomo, gli lasciò fare tutto quello che voleva, ignorando il
dolore che sentì all’inizio e anzi stringendosi di più a lui fin quando quel
dolore non divenne un piacere sconosciuto, immenso e sconvolgente che lo
travolse e lo sopraffece, lasciandolo sfinito.
Erik, tuttavia, era rimasto colpito da quanto Tiago
gli fosse piaciuto. Era la prima volta che si sentiva così coinvolto e appagato
ed era strano, visto le innumerevoli esperienze avute in tal senso… eppure, a
parte le parentesi violente avute in gioventù e ormai cancellate, aveva
conosciuto schiave e schiavi da letto che sapevano fingere, che si concedevano
per ottenere privilegi e trattamenti migliori. Ma Tiago non era neanche questo.
Tiago era completamente inesperto e innocente e di certo non sarebbe stato
capace di simulare, gli si era completamente offerto e lo aveva accolto e
assecondato con una dolcezza e una spontaneità che non aveva mai trovato in nessuno.
Era stata un’esperienza particolarmente eccitante e soddisfacente che Erik
intendeva ripetere ancora e ancora. Aveva posseduto il ragazzo sopra il letto,
lì dove si trovava, ma decise che voleva di più e così lo prese in braccio e lo
portò con sé sotto le lenzuola, stringendoselo ancora una volta addosso,
incollandosi a lui, volendo sentire e provare tutto di quel piccolo spagnolo.
Lo accarezzò ancora, imparando a memoria il suo corpo minuto e liscio,
facendolo gemere e sospirare disperato e stravolto, finché non lo prese di
nuovo e ancora una volta si stupì piacevolmente di come Tiago lo assecondasse,
di come istintivamente lo cercasse e si concedesse a lui; inebriato da quel
piacere mai provato prima, Erik lo possedette ripetutamente, a volte in modo
più intenso, a volte più languido, fino ad
annullarsi totalmente insieme a lui in un’estasi assoluta. Non volle comunque
staccarsi dal giovane spagnolo nemmeno alla fine e continuò a tenerlo stretto,
incollato al suo corpo.
“Ora io… ecco… dovrei andare…” provò a dire
Tiago ad un certo punto, quando riprese quelle briciole di dignità che gli
erano rimaste e la forza per mettere in fila più di due parole.
“Ah, no, tu non vai da nessuna parte” fece
Erik, molto compiaciuto di sé e allacciandolo più stretto. “Non puoi andartene,
ora sei il mio schiavo da letto e io voglio tenerti con me tutta la notte e
averti intorno ogni volta che avrò voglia di te.”
“Cosa? Ma… ma io…” Tiago era totalmente
allibito. “Non sono il tuo schiavo, non sono di tua proprietà, Re Bjorn mi ha
liberato.”
“Va bene, Bjorn ti ha liberato, infatti tu
non sei più il suo schiavo, ora sei il mio”
ripeté Erik, che non aveva la minima intenzione di perdere ciò che aveva appena
trovato.
“Non sono lo schiavo di nessuno, io… io sono
venuto da te per mia volontà e… beh, anche tutto il resto è stato per mia
libera scelta, non perché tu mi hai costretto. Tu non hai diritti su di me, ero
anch’io che… che lo volevo” cercò di spiegare il ragazzo, per la verità
risultando ben poco convincente.
“Di tua volontà, per tua libera scelta…” Erik
parve riflettere sulle parole di Tiago. “Meglio così, allora. Visto che lo fai
così volentieri, sarai ancora più bravo nel tuo compito di schiavo da letto e
sarà molto più piacevole e soddisfacente per entrambi.”
E, tanto per dimostrare ciò che aveva appena
detto, l’uomo riprese a stringere, toccare intimamente e assaggiare il corpo
morbido e delicato del giovane spagnolo, baciandolo e mordicchiandolo sulla
pelle tenera del collo e sul petto, eccitandosi sentendo i sospiri e gli ansiti
di un Tiago sempre più confuso e stravolto. Poi lo prese di nuovo, dimenticando
ogni altra cosa mentre si spingeva dentro di lui, pieno di passione e
desiderio; Tiago, seppure stremato e stordito, lo assecondò e lo accolse per un
tempo lunghissimo, infinito, come se Erik non volesse smettere mai. Alla fine,
ormai appagato e sazio delle dolcezze che il ragazzo gli offriva con tanta spontaneità,
l’uomo si lasciò scivolare in un tranquillo riposo, stringendo il giovane in un
abbraccio possessivo, come a voler ribadire che di lì Tiago non si sarebbe
mosso, né quella notte né mai.
Il ragazzo, però, nonostante fosse esausto e
disfatto, non riuscì a prendere sonno subito. Doveva ancora metabolizzare tutto
quello che era successo e capirne il senso e la ragione, anche se probabilmente
un senso in tutto quello non c’era proprio. Di sicuro sapeva soltanto che non
avrebbe denunciato Erik per gli accordi presi con Re Harald, mai e poi mai.
Sapeva anche di non essere uno schiavo, checché ne pensasse Erik, ma di averlo
lasciato fare perché… beh, perché era rimasto colpito da lui già molto tempo
prima e in fondo, senza neanche saperlo, desiderava la stessa cosa. Il fatto
che Erik lo considerasse suo schiavo da
letto lo mortificava, ma era disposto a pagare quel prezzo pur di stare con
lui e, per darsi una sorta di giustificazione, pensò anche che, standogli
vicino, avrebbe potuto controllarlo meglio e magari riuscire a tenerlo lontano
da Harald.
Le cose continuarono
in quel modo anche nei giorni seguenti, senza che accadesse niente di
importante da segnalare salvo ciò che succedeva la notte nel letto di Erik.
Ivar e Aethelred si domandavano cosa avesse davvero in mente Harald, visto che
da Tiago non arrivavano novità e che la vita a Kattegat scorreva più o meno
come sempre.
“Tu credi davvero che
Harald sia disposto ad aspettare pazientemente che sia la gente di Kattegat a
incoronarlo Re al posto di Bjorn?” domandò qualche giorno dopo Aethelred al suo
compagno. “Non lo faranno mai! I cittadini di Kattegat hanno una fiducia
illimitata in Bjorn e, comunque, non darebbero mai la corona ad uno che non è
un figlio di Ragnar.”
“A dirla tutta, io
sono un figlio di Ragnar, eppure sono convinto che quella corona non me la
ridarebbero, ne ho combinate troppe quando ero Re e mi sono fatto un sacco di
nemici” rifletté Ivar. “Comunque penso che tu abbia ragione, a Kattegat Bjorn
La Corazza è una leggenda, chissà poiperché,e nessuno con il cervello a posto vorrebbe Harald al suo posto.
Harald, ma scherziamo?”
“Non dimentichiamo,
poi, che Harald è riuscito a sconfiggere Bjorn alle elezioni come Re dei Norreni
soltanto perché ha comprato buona parte dei voti” aggiunse Aethelred. “Qui,
però, non ha neanche questa possibilità perché la gente lo conosce bene e non
crederebbe mai alle sue promesse. Allora cosa pensi che voglia fare, credi che
stia radunando un esercito da qualche parte e che muoverà guerra alla città?”
“Nemmeno lui è tanto
pazzo da fare una cosa simile” ribatté categorico Ivar. “Sa fin troppo bene
che, se osasse attaccare Bjorn e Kattegat, mezza Norvegia si ribellerebbe e
accorrerebbe in nostro aiuto. Nessuno, a parte lui stesso, lo considera
veramente il Re di tutti i Norreni!”
C’era una strana atmosfera a Kattegat in quel periodo,
dunque. Non accadeva niente, ma come spesso succede in questi casi, e ancora di
più nel mondo vichingo, si trattava soltanto della quiete che precedeva una
tempesta senza precedenti.
Un pomeriggio, inaspettatamente, Harald fece chiamare
Ivar nelle sue stanze, raccomandandogli di non dire niente a Aethelred di quell’incontro.
Il giovane vichingo non era tanto contento di dover nascondere qualcosa al suo
compagno, ma alla fine decise di accontentare Harald pensando che, con ogni
probabilità, il Re dei Norreni lo riteneva ancora un traditore, un farabutto
capace di pugnalare alle spalle i suoi fratelli e che gli avrebbe proposto un
piano per eliminare Bjorn o qualcosa di simile. Ivar pregustava già la faccia
delusa di Harald quando gli avesse detto che non era più l’Ivar di un tempo e
che sarebbe stato ben felice, piuttosto, di denunciare lui a Bjorn per la sua cospirazione (sebbene nemmeno Bjorn godesse
precisamente delle sue simpatie). Invece, ancora una volta, Re Harald colse
Ivar alla sprovvista e la proposta che gli fece lo mandò veramente in crisi.
“Ivar, voglio parlare con te perché so bene che, tra
tutti, sei il miglior stratega e il più abile nel pianificare battaglie e razzie”
gli disse. “Vivendo qui per tutto questo tempo mi sono reso conto che non me ne
importa niente della corona di Kattegat, che in realtà neanche essere Re dei
Norreni mi fa sentire soddisfatto. Quello che desidero veramente è il brivido
della battaglia, il fascino del rischio, le emozioni che provavo quando ero più
giovane e lottavo per ottenere il potere e la ricchezza. Siamo Vichinghi, non è
nella nostra natura vivere tranquilli in un Regno prospero e pacifico.”
“Bene, allora cosa intendi fare? Vuoi partire anche tu
per esplorare terre lontane come ha fatto Ubbe, di cui non abbiamo più avuto
notizie?” domandò Ivar. “Parti pure, magari finisce anche che vi incontrate…
piuttosto, perché hai bisogno di me per questo?”
“Non è mia intenzione fare l’esploratore” replicò
Harald con un sogghigno. “Io sono un guerriero, voglio razziare, uccidere,
conquistare terre e proprio per questo ho bisogno di te.”
Quello che Harald disse poi lasciò Ivar totalmente
senza fiato.
“Voglio tornare in Wessex e riconquistare tutte le colonie
della Northumbria prima che quel monaco mancato di Re Alfred possa riunirle
sotto la sua malferma corona” dichiarò. “Voglio riaffermare il dominio vichingo
su quelle colonie una volta per tutte. Tu sei disposto a venire con me e a
combattere al mio fianco per la gloria dei nostri dei e per l’affermazione del
vero spirito vichingo?”
Hail to the beast, to the pain that it brings
To the ashes it leaves after coming unseen
Over the hills we were carried by the wind
For the glory we will rise up once again
I am the tyrant, crowned and fallen
Before the age of men
I am the hunter, bound and rotten
Beyond the gates of hell!
(“I am the tyrant” –
Frozen Crown)
Ivar emerse dal colloquio con Harald molto
turbato, con mille emozioni contrastanti che lo confondevano e lo
destabilizzavano. Adesso capiva perché il Re dei Norreni aveva voluto parlare
con lui da solo e gli aveva detto di non riferire niente a Aethelred: il
Principe Sassone non avrebbe mai potuto approvare quello che Harald intendeva
fare, anche se adesso viveva a Kattegat ed era felice non aveva certo
dimenticato che suo fratello regnava in Wessex e non avrebbe mai accettato una
spedizione ostile contro di lui. Il piano di Harald su questo punto era fin
troppo chiaro: razziare le coste, colpire i villaggi e dare battaglia fin
quando le colonie della Northumbria non fossero tornare sotto il dominio
norreno.
Ma il problema era un altro: cosa ne pensava
Ivar di questo piano?
Il giovane vichingo non se la sentiva di
tornare alla dimora regale e rivedere Aethelred finché non avesse fatto
chiarezza dentro di sé, ed era ben lontano da questo. Camminò lentamente,
aiutandosi con la stampella, prima verso il molo della città, il luogo da cui
partivano sempre le spedizioni dei Vichinghi, che fossero commerciali,
esplorative o decisamente ostili. Ascoltava le voci degli uomini che caricavano
le navi e che si preparavano alla partenza e il loro entusiasmo gli faceva
male. Anche lui era partito più di una volta da quel molo e con lo stesso
entusiasmo, già per il semplice fatto di imbarcarsi per una nuova avventura
emozionante. Ed era proprio lì che stava il suo dilemma. Ivar non si sentiva
del tutto a suo agio a Kattegat, non si sentiva accettato e questo lo aveva già
spiegato a Aethelred, sentiva che il suo destino non era quello di starsene lì
a far niente, guardando Bjorn che governava; il suo sangue vichingo ruggiva
dentro di lui e lo spingeva a partire ancora una volta, a sentirsi libero e
forte, a veleggiare verso altre terre per razziare, combattere, conquistare.
Harald aveva ragione, lui non era un esploratore come Ubbe, a lui non
interessava semplicemente scoprire nuovi territori, Ivar voleva la conquista!
Sì, però… proprio il Wessex, il Paese natale
del suo compagno? Ivar aveva pensato già da qualche tempo di riprendere il
mare, ma la sua intenzione era di dirigersi verso le coste iberiche, come
avevano fatto anni prima Bjorn, Hvitserk e Floki, e razziare là. Era da molto
tempo che accarezzava questo sogno, ma poi c’era stato l’arrivo di Igor e
Katja, in seguito Harald e Ingrid si erano autoinvitati
a Kattegat e costituivano una minaccia continua… insomma, non era mai stato
il momento giusto per decidersi a mettere insieme una flotta e partire. Adesso,
però, sembrava che il momento opportuno fosse finalmente giunto: Harald si
sarebbe occupato di organizzare le navi e gli uomini per la spedizione e Ivar
non avrebbe dovuto far altro che unirsi a lui. Tra l’altro, visto che Harald
stesso avrebbe lasciato Kattegat, non ci sarebbe stato più nemmeno da
preoccuparsi di lui, la corona di Bjorn sarebbe stata al sicuro. Tutto sembrava
filare liscio, era come se gli dei in persona avessero ascoltato i desideri di
Ivar e si fossero adoperati per sistemare tutto e permettergli di realizzarli.
Ma… proprio il Wessex?
L’odore del mare e la carezza del vento
sembravano sirene che chiamavano Ivar, che lo tentavano e lo spingevano a
prendere la decisione giusta, quella
che lo avrebbe davvero reso felice: partire con Harald, sentire di nuovo la
forza dello spirito vichingo dentro di sé, ritornare ad essere un guerriero
spietato, un razziatore, il terrore dei cristiani…
Ma Aethelred cosa avrebbe pensato di tutto
ciò?
Ivar si strappò a forza dal molo, si
allontanò dalle navi tentatrici e dai pensieri che gli suggerivano. Non doveva
indulgere in quelle fantasie, non poteva farlo, avrebbe ferito Aethelred,
distrutto il loro legame, doveva pensare a lui e a tutti i momenti felice che
avevano trascorso insieme. Il giovane decise di dirigersi verso la spiaggia di
Kattegat, il luogo in cui lui e Aethelred si erano baciati per la prima volta,
dove si erano ritrovati più e più volte dopo aver temuto di perdersi. Sì,
doveva andare là, quello era il mare a cui doveva pensare, il mare che gli
ricordava il colore degli occhi di Aethelred e tutto il loro amore.
Mentre si muoveva più in fretta che poteva
verso la spiaggia, si ritrovò davanti Tiago. Era da qualche giorno che non ci
parlava, ovviamente non sapeva che il ragazzo adesso era molto impegnato con Erik, e pensò di approfittare dell’occasione.
“Ah, Tiago, visto che sei qui ti posso
avvertire subito di una cosa: non c’è più bisogno che tu tenga d’occhio Re
Harald, non ha nessuna mira su Kattegat e anzi nei prossimi giorni vuole
partire per… beh, per nuove spedizioni di conquista” gli disse.
La notizia sollevò non poco il giovane
spagnolo, che si sentiva in colpa per non aver svolto al meglio il compito che
gli era stato affidato: non aveva mai riferito a Ivar e Aethelred dell’accordo
tra Harald e Erik e non era nemmeno stato così assiduo nel seguire il Re dei
Norreni poiché Erik, prendendolo come suo schiavo
da letto, voleva averlo a disposizione. Se Re Harald aveva altre intenzioni
e presto sarebbe partito era meglio per tutti, non c’erano pericoli per
Kattegat e anche Erik sarebbe stato sciolto dall’impegno preso con lui.
“È una buona notizia, no? Re Harald non sarà
più una minaccia per Kattegat e per il trono di Re Bjorn” replicò Tiago,
soddisfatto.
Ivar, però, non pareva condividere il suo
entusiasmo.
“Certo, certo, è una buona notizia” mormorò. Si
allontanò senza dire altro, lasciando Tiago a guardarlo sorpreso.
Il giovane vichingo aveva pensato di andare
alla spiaggia, ma in quel momento si rese conto che, in realtà, non ne aveva
davvero voglia. Erano tutte scuse per non tornare alla dimora regale e non
dover affrontare Aethelred, tuttavia ora capiva che tergiversare sarebbe stato
perfettamente inutile. Re Harald in persona avrebbe detto a tutti, magari già
quella stessa sera, che intendeva partire per il Wessex e riconquistare le
colonie della Northumbria, avrebbe sicuramente invitato i veri Vichinghi ad unirsi a lui in questa spedizione e quindi
Aethelred sarebbe venuto comunque a saperlo.
Ciò che continuava a tormentare Ivar era
un’altra cosa… era il desiderio che lui stesso aveva di unirsi alla spedizione,
di ritrovare il suo spirito vichingo che in quei mesi trascorsi in ozio a
Kattegat pareva aver perduto. Il dramma era che lui voleva disperatamente
partire con Harald, non ne poteva più di sentirsi inutile e pure sgradito alla
corte di Bjorn… ma allo stesso tempo era lacerato dalla consapevolezza che, se
fosse partito per razziare il Wessex, avrebbe tradito e ferito Aethelred nel
modo più ignobile.
Ad ogni modo non poteva evitare di
confrontarsi con il suo compagno finché non avesse preso una decisione, doveva
tornare alla dimora regale e parlargli. Chissà, magari rivedere Aethelred e
parlare con lui gli avrebbe fatto capire che ciò che davvero contava era
stargli accanto e gli avrebbe tolto il desiderio di imbarcarsi per la
spedizione. In fondo erano Vichinghi, no? Sicuramente ci sarebbero state altre
navi, altre partenze, altri viaggi per conquistare e razziare e magari non
diretti proprio verso la patria del suo compagno! Sì, avrebbe fatto proprio
così, avrebbe aspettato un’altra spedizione, così non avrebbe dovuto reprimere
la sua voglia di avventure e conquiste ma non avrebbe dovuto neanche spezzare
il cuore del giovane che amava. Convinto che quella fosse la decisione più
saggia, Ivar si diresse verso la dimora regale.
Le cose andarono proprio come Ivar aveva
previsto: durante il banchetto di quella sera, infatti, Harald annunciò a tutti
che avrebbe organizzato una spedizione per la riconquista delle colonie della
Northumbria e incitava più Vichinghi possibili a unirsi a lui per mostrare
ancora una volta che lo spirito vichingo era sempre vivo e forte.
“Ho già iniziato ad allestire le navi e
intendo partire al più presto, perciò chi vuole venire con me deve decidere
subito!” esclamò, guardandosi intorno con aria trionfante. “Dovete decidere se
continuare a seguire il vostro Re, Bjorn La Corazza, che vi guiderà in una vita
pacifica ma priva di emozioni, una vita da contadini, artigiani e commercianti…
o se volete seguire me, il Re dei Norreni. Io vi guiderò a razziare, a
combattere, a conquistare, perché rappresento i veri Norreni che non coltivano
la terra, non commerciano, i veri Norreni sono guerrieri indomiti, viaggiano e
conquistano nuove terre, io sono il portavoce dei valori dei Vichinghi, dei
nostri padri, dei nostri dei. Quindi, chi è con me?”
Un coro di urla entusiastiche rispose
all’appello di Harald e pareva proprio che, in capo a pochi giorni, Kattegat si
sarebbe svuotata quasi completamente lasciando soltanto donne, bambini e
anziani… In realtà, come ben sappiamo, molti degli uomini che avevano aderito
in un primo momento alla spedizione sull’onda dell’entusiasmo poi ci avrebbero
ripensato, si sarebbero detti che, alla fine, Harald non era mai stato fedele
alle sue promesse e che, al contrario, Re Bjorn assicurava loro e alle loro
famiglie un futuro prospero e tranquillo. Certo, era nell’indole dei Vichinghi
viaggiare, esplorare e razziare, ma di avventure ne avevano vissute fin troppe
a Kattegat negli ultimi tempi, prima con le battaglie per il dominio della
città, poi con l’invasione dei Rus’… insomma, molti di loro volevano solo
vivere in pace almeno per un po’, poi chissà, più avanti sarebbero partiti per
qualche destinazione sconosciuta. Molti di quelli che desideravano l’avventura
erano già partiti con Ubbe e la sua missione esplorativa, perciò, alla resa dei
conti, non sarebbero stati moltissimi quelli che avrebbero seguito Harald. E
poi c’erano sempre gli indecisi…
Harald, tuttavia, era molto compiaciuto.
Avrebbe organizzato la sua spedizione di conquista e si sarebbe ricoperto di
gloria immortale, o così almeno sembrava. E, almeno in apparenza, si era fatto
valere su Bjorn che ormai pareva aver scelto un futuro da pantofolaio per sé e per la sua città.
Chi, invece, era rimasto sconvolto dal
discorso di Harald era proprio Aethelred. Non era quella la sede opportuna per
opporsi al Re dei Norreni in persona, ma l’idea che delle navi vichinghe si
dirigessero nuovamente nel Wessex per razziare dopo tutto quello che suo
fratello Alfred aveva fatto per creare un luogo pacifico dove Sassoni e
Vichinghi potessero vivere fianco a fianco… beh, era oltraggiosa! Il Principe
Sassone si alzò di scatto da tavola, fissò con uno sguardo fiammeggiante Harald
e poi si diresse precipitosamente verso le sue stanze, ritenendo di aver già
udito fin troppo.
Ivar aveva la vaga sensazione che tutti gli
sguardi fossero puntati su di lui, come se avesse scritto in fronte che era
tentato dalla proposta del Re dei Norreni. Si alzò anche lui da tavola, lanciò
uno sguardo sfuggente a Harald che invece sembrava aspettare proprio la sua
risposta e, aiutandosi con la stampella, si incamminò per raggiungere
Aethelred.
Il giovane era seduto sul letto, evidentemente
fuori di sé per la rabbia.
“Come si permette, quello? Visto che non è
riuscito a convincere la gente di Kattegat a sceglierlo come Re al posto di
Bjorn adesso prova a sedurli con il miraggio di grandi conquiste? È vergognoso
e non capisco perché Bjorn glielo permetta!” diceva, con i pugni stretti e gli
occhi luccicanti d’ira.
Ivar si sedette accanto a lui.
“Harald è il Re dei Norreni, comunque abbia
conquistato quella corona” replicò. “Ha il diritto di incitare gli uomini a
partire con lui, se lo desidera, è così che funziona tra i Vichinghi. È
un’opportunità che concede a chi è in cerca di avventure e battaglie, ma
nessuno deve andare con lui se non vuole. Non è una vera e propria ribellione a
Bjorn, piuttosto è come se…”
“Sì, va bene, e anzi dovremmo essere felici
che se ne vada da Kattegat” lo interruppe Aethelred. “Ma perché proprio il Wessex? Perché le colonie della
Northumbria? Sono quasi due anni che mio fratello Alfred ha donato ai Vichinghi
quelle terre perché ci vivessero in pace, fianco a fianco con i Sassoni. Ha
lasciato liberi i Norreni di seguire le loro tradizioni e adorare i loro dei.
Perché Harald deve andare a distruggere un equilibrio che si è creato con tanta
fatica? Potrebbe dirigere le sue navi verso qualsiasi altra direzione!”
“In realtà non è proprio così” spiegò Ivar.
“È vero che quando tu sei partito con Hvitserk e gli altri per venire qui a
Kattegat tuo fratello aveva lasciato libere le colonie vichinghe ma… ma adesso
le cose sono cambiate, non so per quale motivo, ma sembra che i missionari
cristiani si stiano spingendo sempre di più nelle terre Sassoni e addirittura
in qualche città della Danimarca, cercando di convertire i Norreni. Temo che Re
Alfred abbia perso per strada la sua apertura mentale…”
Aethelred si voltò a guardarlo con sospetto.
“E tu che ne sai? Chi ti ha dato notizie di
mio fratello? È stato Re Harald, forse? Sei d’accordo con lui, allora, stai
pensando di unirti anche tu a quella disgraziata spedizione?” lo incalzò.
E, almeno in quel momento, Ivar pensò che no,
non lo pensava affatto e non lo desiderava. Partire per il Wessex avrebbe
distrutto il suo legame con la persona più importante della sua vita, con il
suo Aethelred, che adesso gli era davanti e continuava a fissarlo a metà tra il
deluso e l’offeso.
“No, non voglio unirmi alla spedizione di
Harald” rispose Ivar. “Tuttavia un giorno dovremo pensare a questa faccenda dei
cristiani che vogliono convertire i Norreni, sappi che non mi piace affatto e
che, se ci sarà bisogno, lotterò per difendere gli dei e le tradizioni dei
Vichinghi.”
Lo sguardo di Aethelred si addolcì subito.
“E io non ti impedirò di farlo, anzi, se ci
sarà bisogno andrò a parlare con Alfred per convincerlo a lasciare ai Vichinghi
la libertà di credere nei loro dei, come era stato deciso prima che io partissi
dal Wessex” disse.
Ivar era sopraffatto dall’emozione. Come
aveva potuto anche soltanto pensare di tradire la fiducia del suo Aethelred che
era così disponibile e pronto a mettersi al suo fianco? Com’era possibile che
le parole di Harald lo avessero indotto a desiderare qualcosa che non fosse
vivere con Aethelred per il resto della sua esistenza? Lo prese tra le braccia,
lo strinse a sé e lo baciò appassionatamente, mentre con ogni bacio e ogni
carezza gli chiedeva silenziosamente perdono per ciò che non avrebbe mai dovuto
sapere. Lo spogliò e si liberò dei propri vestiti, scivolando con Aethelred nel
letto e continuando a baciarlo e ad accarezzarlo fino a quando non si spinse in
lui, lentamente, intensamente e per un tempo infinito, lasciando che fosse
ancora una volta il linguaggio dei loro corpi fusi assieme a ricomporre un
dissidio che non era nemmeno venuto fuori, ma che gravava come un’ombra oscura
sul cuore di Ivar… ma ogni oscurità si sciolse al calore della passione e
dell’amore dei due giovani.
Tuttavia non era ancora finita!
Harald partì una settimana dopo, con un buon
numero di navi e di uomini, eppure non era completamente soddisfatto.
Comprendeva benissimo che, se qualcuno dei figli di Ragnar si fosse unito alla
sua spedizione di conquista, molti più uomini lo avrebbero seguito; tuttavia
sperava di aver piantato un seme nella mente di Ivar e di qualcun altro e che
magari, prima o poi, lo avrebbero raggiunto.
L’assenza di Harald, però, fu la scintilla
che accese un nuovo fuoco…
Tiago, che ovviamente non si limitava a fare
lo schiavo da letto di Erik ma
continuava a seguirlo per accertarsi che non si mettesse nei guai, si accorse
che l’uomo aveva iniziato ad incontrarsi con la Regina Ingrid e, se i primi
incontri erano stati perlopiù accese discussioni sul fatto che lei non
sopportasse di vederselo girare attorno dopo tutto ciò che le aveva fatto
mentre lui ribadiva di essere una persona diversa, ad un certo punto i due
sembrarono accordarsi su certi particolari. Ingrid era, di fatto, la Regina dei
Norreni e fungeva da reggente in assenza di Harald, pertanto Erik aveva
iniziato a proporle di far valere il suo titolo e, magari, di tornare a
Tamdrup, la capitale, per farsi conoscere e accogliere dai suoi sudditi anche
se suo marito era lontano. E ad Ingrid la cosa sembrava non dispiacere affatto…
Il problema, però, era che Tiago sapeva
benissimo che Ingrid non era ciò che voleva sembrare: la donna, infatti, era
una strega capace di evocare i demoni e gli spiriti dei morti per fare del male
alle persone e per ottenere ciò che desiderava. Tiago era venuto a conoscenza
del fatto perché, trovandosi a spiare Harald per conto di Ivar e Aethelred,
aveva finito per tenere d’occhio anche lei e, una notte di qualche settimana
prima, l’aveva seguita. Ingrid si era recata nel luogo dove si era svolta la
battaglia più sanguinosa tra i Norreni e i Rus’ e lì aveva acceso un fuoco, si
era dipinta il volto di strisce bianche e nere come una sorta di sacerdotessa
e, vestita solo di una tunica leggera, aveva evocato gli spiriti di coloro che
erano morti in battaglia ed eseguito altri strani riti che il ragazzo non aveva
compreso e che non ci teneva a conoscere. Però aveva capito che Ingrid era
pericolosa e che Erik non doveva in alcun modo fare accordi con lei, tanto più
che la donna non lo aveva certo perdonato per averla imprigionata e venduta
come schiava anni prima e sicuramente aveva in mente qualcosa anche contro di
lui. Tiago sapeva bene quali danni potesse causare una donna che praticava la
magia nera: da bambino, ad Algeciras, era rimasto orfano molto piccolo ed era
stato allevato da una anziana guaritrice di nome Inés. La donna era conosciuta
nel suo quartiere come una curandera,
ossia una persona che sapeva usare le erbe per curare varie malattie, ma era in
grado di fare anche altro, conosceva i principi della natura e le forze che
regolano l’Universo e proprio attraverso l’uso di tali energie era in grado non
solo di curare con tisane e decotti, ma anche di risolvere conflitti interiori,
rivalità tra famiglie, malesseri dell’anima e di eliminare il malocchio. Inés
non aveva figli né figlie e così aveva iniziato a insegnare al piccolo Tiago a
riconoscere e usare le erbe, ma soprattutto a saper sentire le persone, a comprendere cosa avessero dentro, a
rispettare e usare nel modo giusto le leggi e le energie dell’Universo per fare
del bene. Tiago era ancora troppo piccolo per diventare anche lui un curandero e, a dir la verità, queste
cose da una parte lo affascinavano e dall’altra lo spaventavano, perché Inés
aveva badato bene a metterlo in guardia dai pericoli e dalle seduzioni della
magia nera, poi era stato catturato e portato via come schiavo da Bjorn e i
suoi uomini e non ci aveva pensato più tanto. Solo a volte aveva usato le sue
conoscenze per medicare qualche schiavo ferito o curare gli schiavi ammalati,
ma nulla di più. Sapeva però che quello che faceva Ingrid era esattamente ciò
da cui Inés lo aveva sempre messo in guardia e così non poteva permettere che
Erik si avvicinasse troppo a lei, doveva avvertirlo e farlo ragionare.
I have wasted my time
Dwelling in the shadows from the past
In the front seat, did you hear my heartbeat?
Forward to the future I must move on, I will let go
To the future that's where I will soar
Higher, higher, higher, higher, higher
So I can face it and I will chase it
I will embrace it
You can't outrun your skeleton
No way, no way
You can't outrun your skeleton
No way, no way…
(“Skeleton” – Dolores O’ Riordan)
“Ragazzino, non hai ancora capito che il tuo
ruolo di schiavo da letto non
contempla affatto che tu mi dica cosa devo o non devo fare?” disse quella sera
stessa Erik a Tiago, mentre nella sua camera si accingeva a spogliarsi e a
mettersi a letto. Il giovane spagnolo voleva parlargli prima che succedesse
tutto quanto perché sapeva benissimo che, se lo avesse preso e avesse iniziato
a stringerlo e toccarlo, poi lui non
sarebbe più stato in grado di mettere in fila due parole di senso compiuto.
Perciò aveva cercato di spiegargli che non doveva fidarsi di Ingrid, che lei
era ancora più pericolosa di Harald stesso perché lo odiava da anni, aveva un
antico rancore verso di lui e poi era pure una strega!
“Lo so che non ho il diritto di dirti quello
che devi fare o meno, ma ho il dovere di
proteggerti. Visto che per te sono comunque uno schiavo, gli schiavi non sono
forse obbligati a proteggere i loro padroni?” ribatté Tiago, cercando di
trovare una sorta di compromesso. Andava bene tutto purché Erik si decidesse a
starlo a sentire una buona volta! “Se non mi vuoi credere allora vieni con me e
vedrai con i tuoi occhi che Ingrid è una strega, così come l’ho vista io. Dopo
che avrai visto quello che è capace di fare, allora potrai decidere se vuoi
davvero rischiare di fare accordi con lei.”
Erik, a dirla tutta, voleva più che altro
portarsi Tiago a letto e goderselo per buona parte della notte, finché non
fosse stato abbastanza appagato e sazio da addormentarsi… tuttavia c’era anche
la possibilità che il ragazzino spagnolo dicesse la verità, Ingrid in fondo era
una schiava e da quella gente ci si poteva aspettare di tutto. E poi almeno si
sarebbe zittito una buona volta e gli avrebbe lasciato fare tutto quello che
voleva, tanto ormai Erik aveva capito fin troppo bene che Tiago era ben felice
di compiacerlo e soddisfarlo e che la cosa piaceva un sacco anche a lui. Così
si decise a seguire il ragazzo, che lo condusse attraverso il bosco fino al
luogo in cui Ingrid faceva i suoi malefici, la piana della battaglia contro i
Rus’ che, probabilmente proprio per il grande spargimento di sangue che vi era
avvenuto, era un luogo particolarmente potente per i rituali oscuri.
Nascosti in mezzo ai cespugli, Erik e Tiago
videro quindi Ingrid, vestita succintamente come la volta precedente, che
ballava e ripeteva strane litanie attorno al fuoco, dipinta di bianco e nero
sul volto e sul corpo. Non c’era alcun dubbio, il ragazzino aveva detto il
vero, quella Ingrid era una strega. Chissà se Harald lo sapeva e l’aveva
sposata lo stesso?
Per tutto il tragitto di ritorno Erik non
disse una parola, impegnato com’era a riflettere sulla questione che adesso
cambiava decisamente aspetto. Sarebbe stato veramente rischioso accordarsi con
Ingrid oppure avrebbe giocato a suo favore? Avrebbe potuto sempre ricattarla,
dicendole che l’avrebbe denunciata a Bjorn e Gunnhild se non avesse fatto ciò
che voleva lui e, a quel punto, altro che Regina dei Norreni! Avrebbe dovuto
ringraziare se non l’avessero cacciata da Kattegat o addirittura bruciata su
una pira…
“Insomma, io lo dico per il tuo bene, lo sai”
continuava a ripetere Tiago, sebbene Erik non ascoltasse neanche una parola. “Ingrid
è una strega e, cosa ancora più grave, ti detesta. Potrebbe usare la sua magia
per farti del male o persino per ucciderti. Ora capisci perché non dovresti
nemmeno avvicinarti a lei?”
Peccato che, al contrario, l’idea che si era
fatto Erik della situazione fosse del tutto diversa da ciò che Tiago si era
aspettato! Infatti, quando giunsero alla dimora regale, l’uomo disse al giovane
spagnolo di andare a dormire nella sua stanza, perché intendeva attendere il
ritorno di Ingrid per parlare con lei.
“Ma… ma allora non mi ascolti proprio!”
trasecolò Tiago, avvilito. “Ti ho detto che è molto pericolosa e che ti odia,
ti ho anche mostrato che è davvero una strega e ti ho avvertito di starle il
più lontano possibile e tu vai proprio nelle sue stanze per incontrarla?”
Erik era seccato. Afferrò Tiago per un
braccio e lo scrollò in malo modo.
“Ti ho già detto e ripetuto di smetterla di
darmi consigli o di dirmi cosa dovrei fare secondo te!” esclamò con durezza.
“Lo vuoi capire o no che sei solo uno schiavo
da letto e che mi servi soltanto per quello scopo? Non hai alcun diritto di
parlarmi con tanta arroganza, l’unica cosa che devi fare è obbedirmi! Vattene
nella tua stanza e restaci, stanotte non avrò bisogno di te!”
Tiago era mortificato e addolorato, ma
soprattutto era preoccupato per quell’uomo che pure lo stava trattando come se
fosse un oggetto.
“Vuoi davvero andare da lei e… addirittura
passarci la notte?” mormorò. Lo spaventava l’idea di Erik solo e vulnerabile
nella stanza di quella strega che, col favore dell’oscurità, avrebbe potuto
vendicarsi su di lui come desiderava.
Tuttavia Erik non condivideva affatto i suoi
timori, anzi un sorriso beffardo gli si disegnò sulle labbra.
“Ah, ecco qual è il problema: non ti piace
l’idea che non trascorra la notte con te” sibilò. “A quanto pare il tuo ruolo
di schiavo da letto ti soddisfa così
tanto che non sopporti che io prenda il mio piacere altrove. Beh, non
preoccuparti, comunque sia saprò dove trovarti quando avrò di nuovo bisogno di
te. Nel frattempo, non mi scocciare!”
E, senza tanti complimenti, gli voltò le
spalle e lo lasciò solo nel corridoio, dirigendosi verso le stanze della Regina
dei Norreni.
Tiago, rimasto solo, deluso e umiliato, sulle
prime non poté fare altro che obbedire e recarsi tristemente nella sua stanza.
Provò a mettersi a letto, chiuse gli occhi, si sforzò di non pensare più a
quello che aveva visto fare a Ingrid, alle parole cattive che gli aveva detto
Erik. Il cuore gli doleva e gli impediva di prendere sonno, eppure non era
tanto lo strazio che sentiva per se stesso, quanto la preoccupazione per l’uomo
che, nonostante tutto, amava. Trascorse un tempo che gli parve infinito a
girarsi e rigirarsi tra le lenzuola, cercando in tutti i modi di rilassarsi e
di addormentarsi, ma era come se una spada gli lacerasse le viscere e immagini
spaventose lo tormentavano. Vedeva Ingrid che fingeva di ascoltare le proposte
di Erik, che gli si avvicinava dandogli ad intendere che era d’accordo con lui…
per poi accoltellarlo alle spalle e trafiggerlo più e più volte.
No, no, non mi importa cosa mi ha detto Erik e cosa pensa
di me, io non posso lasciare che Ingrid gli faccia del male! Se lui non vuole
difendere se stesso allora ci penserò io, non lo lascio solo, non posso…
Si alzò dal letto, si rivestì velocemente e,
silenzioso, uscì dalla sua camera per dirigersi verso le stanze di Ingrid.
Chissà se era già tornata, chissà che rituali terribili aveva compiuto… e Erik
aveva visto tutto eppure non voleva rendersi conto del pericolo che correva! Il
ragazzo, muovendosi leggero e con passo felpato, raggiunse la camera della
Regina senza incontrare nessuno, avvolto dal mantello dell’oscurità. La sua
figuretta minuta non dava nell’occhio e nessuno si accorse di lui quando,
trovando la porta della stanza socchiusa, si infilò dentro per poter guardare e
ascoltare… e intervenire se fosse stato necessario.
Ingrid era tornata probabilmente da qualche
tempo e adesso era semisdraiata sul suo letto, guardando Erik con
un’espressione ambigua sul volto. L’uomo era in piedi davanti a lei, con
indosso soltanto i pantaloni, e stava parlando.
“Harald è partito per il Wessex e
probabilmente non farà mai ritorno” diceva lui. “Ora tu sei la Regina dei
Norreni e puoi governare la capitale, ma io voglio essere il Re, al tuo
fianco.”
“Cosa ti fa pensare che io potrei accettare
un simile accordo?” domandò la donna.
“Ti ho vista stanotte, ti ho vista sul campo
di battaglia dove i Norreni hanno sconfitto i Rus’. Sei una strega e, se non mi
concedi tutto quello che desidero, ti denuncerò a Bjorn e a Gunnhild e poi
anche al popolo di Kattegat e di Tamdrup, se necessario. Pensi che accetteranno
di essere governati da una strega?”
Il volto di Ingrid si irrigidì, ma lei
mantenne il sangue freddo.
“Dunque mi hai spiata e adesso sai tutto. Che
cosa vuoi da me?” domandò.
“Te l’ho già detto” affermò Erik,
avvicinandosi di qualche passo al letto. “Voglio essere Re, e tu sarai la mia
Regina. Se accetti non dirò mai niente dei tuoi poteri e potremo governare
insieme su tutti i Norreni.”
“Sei certo di voler sposare una strega? Non
hai paura?” chiese Ingrid con un sorriso gelido sulle labbra.
“No, anzi, penso che sarebbe molto eccitante”
rispose Erik, avvicinandosi ancora.
Tiago, nascosto nell’ombra, era raggelato dal
terrore. Cosa avrebbe fatto Ingrid? Com’era possibile che Erik non si
accorgesse del pericolo che incombeva su di lui? E, in fondo al suo cuore,
c’era anche un’altra domanda che lo torturava e che il ragazzo fingeva di
ignorare: cosa ne sarebbe stato di lui se Erik avesse davvero sposato Ingrid e
fosse partito con lei per la capitale?
“Va bene, allora, come desideri, governeremo
insieme” concluse la Regina, sorridendo adesso con fare invitante e scostando
le lenzuola. “Per me sarà più facile ripresentarmi come Regina dei Norreni se
avrò un uomo al mio fianco, non è giusto ma è così che funziona, io non sono
una shieldmaiden come Lagertha o
Gunnhild e il popolo non mi accetterebbe facilmente. Vieni a letto, dunque, mio
Re.” *
Tiago restò a guardare finché riuscì a
sopportare quello che vedeva: da una parte vedere Erik a letto con Ingrid lo
lacerava fin nel profondo, ma aveva troppa paura che lei potesse
improvvisamente aggredirlo e, magari, tagliargli la gola per decidersi ad
andarsene. Tuttavia non accadde niente di quello che il giovane spagnolo temeva
e lui, quando comprese che per quella notte non sarebbe accaduto altro, si
ritirò silenziosamente e con il cuore in pezzi. Tornando verso la sua stanza
continuava a tormentarsi, convinto che Ingrid, comunque, stesse solo fingendo e
che prima o poi avrebbe manifestato le sue vere intenzioni… ma non era soltanto
quello a distruggerlo. Si raggomitolò nel letto, sentendosi gelare dentro, e
solo dopo molto tempo cadde in un sonno agitato e inquieto, pieno di incubi e
visioni agghiaccianti.
La mattina dopo il ragazzo si destò
prestissimo, sfinito dopo una notte di angoscia, si preparò in fretta e uscì
dalla stanza, sperando di incontrare qualcuno. Sebbene fosse primo mattino,
c’era già movimento nella dimora regale e lui non avrebbe certo potuto
intrufolarsi nuovamente nella stanza di Ingrid per vedere se Erik era ancora
sano e salvo. Tuttavia sapeva che, se gli fosse accaduto qualcosa nella notte,
ci sarebbe stata agitazione, si trattava pur sempre di uno degli uomini di fiducia
di Bjorn. Stava ancora vagando senza una meta precisa quando si trovò di fronte
Ivar e Aethelred.
“Buongiorno, Tiago” lo salutò gentilmente il
Sassone. “Hai un’aria stanca, ti senti bene?”
“Io… buongiorno” rispose il ragazzo,
trasalendo. “Sì, sto bene, ho dormito male stanotte, mi passerà.”
Ivar e Aethelred si scambiarono uno sguardo
perplesso, poi fu di nuovo il Principe a rivolgergli la parola.
“Io e Ivar ci siamo alzati presto perché
abbiamo deciso di raggiungere il villaggio di Lagertha e passare là la
giornata. È molto tempo che non ci andiamo e volevo assicurarmi che fosse tutto
a posto. Vuoi venire con noi? Ora che Harald è partito non devi più fare la spia e magari ti farebbe bene occuparti
di qualcosa di diverso, al villaggio ci sarà di sicuro qualcosa da fare e poi
potrai rimanere a pranzo con noi e con Lagertha. Che ne dici?” gli propose
Aethelred.
Tiago era commosso dalla gentilezza del
giovane Sassone, ma non voleva allontanarsi dalla dimora regale, era troppo in
ansia per Erik e voleva continuare a tenere d’occhio Ingrid. Scosse il capo,
sforzandosi di sorridere.
“Ti ringrazio, Aethelred, ma ho diverse
commissioni da sbrigare qui, magari verrò la prossima volta, mi farà piacere
rivedere la Regina Lagertha, è sempre stata così gentile con me” rispose,
sfuggendo lo sguardo dei due giovani.
“Come vuoi, allora ci vediamo stasera”
concluse Aethelred.
Allontanandosi insieme a Ivar, tuttavia,
Aethelred non era affatto tranquillo e, non appena si trovarono fuori dalla
dimora regale, ne parlò al compagno.
“Ivar, ma cosa sta succedendo a Tiago? Non è
il ragazzo di sempre, mi sembra sciupato e credo che qualcosa lo tormenti”
disse. “Tu, che sai sempre tutto di tutti, sei per caso venuto a sapere
qualcosa?”
“Hai ragione, anch’io ho notato che Tiago si
comporta in modo strano da giorni e che sembra sempre stanco e preoccupato, ma
non ho idea di cosa lo tormenti” rispose il giovane vichingo. Sapeva bene che
Aethelred diceva il vero e che, in condizioni normali, lui avrebbe avuto sotto
controllo tutto quello che accadeva a Kattegat… ma quello non era un periodo
facile per lui, continuava a pensare alla spedizione di Harald e sentiva che
una parte di sé non era del tutto soddisfatta. Per questo non si era
interessato più di tanto a Tiago e a ciò che poteva averlo turbato. “Forse
l’impegno di spiare Harald è stato troppo gravoso per lui, ma Harald è partito
da giorni, ormai… Vuoi che mi metta io a fare la spia per scoprire qualcosa in più?”
Aethelred rise e vederlo così spensierato e
dolce acuì i sensi di colpa di Ivar.
“No, no, lascia perdere, se c’è qualcosa che
non va lo scopriremo comunque. Ed è un bene che Harald non sia qui a tramare,
così noi possiamo goderci un giorno insieme al villaggio di Lagertha senza
doverci preoccupare di niente” replicò il Sassone. “Senti, lo so che Lagertha
non ti piace, ma non è veramente per lei che voglio andare al villaggio, in
realtà è per te che voglio farlo. Ho pensato molto a quello che mi hai detto
qualche sera fa, al fatto che qui non riesci a sentirti utile e accettato e che
per questo saresti voluto partire anche tu… Mi dispiace che Bjorn non si fidi
di te e non ti affidi compiti importanti come meriteresti, ma vedrai che prima
o poi si accorgerà di quanto puoi essere prezioso per lui con la tua arguzia e
la tua intelligenza. Intanto abbiamo una giornata tutta per noi, speravo che ti
avrebbe fatto piacere…”
Il tenero affetto di Aethelred scaldò e al
contempo straziò il cuore di Ivar. Non si meritava un compagno così dolce e
innamorato, lui gli stava nascondendo i suoi veri pensieri e Aethelred, al
contrario, pensava solo a farlo stare bene e a distrarlo. Forse era vero, lui
era soltanto un mostro e non sapeva amare, avrebbe finito per ferire e distruggere
anche il suo dolce Principe…
“Certo che mi fa piacere” disse, stringendo a
sé il giovane Sassone. “Insieme a te posso sopportare tutto, anche di dover
parlare con Lagertha!”
Dissimulando con l’ironia quello che non
poteva davvero svelare, avvolse Aethelred in un abbraccio pieno di calore e di
intensità e lo baciò a lungo, sperando di dissolversi sulle labbra morbide del
suo compagno e di dimenticare ogni altro brutto pensiero. Nel bacio languido e
profondo che unì i due giovani, Tiago venne ben presto dimenticato… almeno per
quel giorno.
Ma la storia era ancora soltanto all’inizio.
Fine capitolo settimo
* Le scene di Erik che scopre Ingrid che compie rituali stregoneschi
e che poi la ricatta imponendole di prenderlo come suo Re sono anche nella
serie TV, anche se, ovviamente, non c’è Tiago e i dialoghi sono un po’ diversi.
Il concetto tuttavia è questo: Erik è talmente ambizioso da non rendersi conto
che Ingrid lo sta ingannando per avere l’occasione di vendicarsi di lui.
Quando Ivar e Aethelred giunsero al villaggio
di Lagertha, la donna li accolse con calore, andando loro incontro e
abbracciando il giovane Sassone proprio come avrebbe fatto una madre. E, del
resto, dopo tutto quello che era accaduto in Wessex e l’orrendo tentativo della
Regina Judith di uccidere suo figlio, lei si era sempre sentita una madre per
lo sfortunato Principe.
“Stai bene, Lagertha? Il villaggio prospera?”
le domandò il giovane, ricambiando l’abbraccio.
“Sì, non abbiamo più avuto problemi da quando
le guardie di Kattegat si alternano nella difesa dei confini” rispose lei.
“Comunque non temere, c’è sempre molto lavoro da fare, un tetto è crollato dopo
una pioggia particolarmente intensa, ci sono molti steccati da sistemare…”
Aethelred rise.
“Va bene, va bene, ho capito, Ivar e io
dovremo lavorare se vogliamo guadagnarci il pranzo!” scherzò.
Ivar guardava i due e anche le persone del
villaggio che, avendo riconosciuto Aethelred, si stavano avvicinando per
salutarlo. Ancora una volta si rese conto di quanto il giovane fosse riuscito a
farsi amare dai Vichinghi, sia a Kattegat sia nel villaggio di Lagertha.
Aethelred era benvoluto perché era sempre gentile, disponibile e aveva dato il
suo contributo per rafforzare le difese del villaggio e aiutare chi ne aveva
bisogno. Lui era fin troppo fortunato ad averlo come suo compagno e… e non se
lo meritava, perché invece di ringraziare gli dei per il dono che gli avevano
concesso si tormentava con il desiderio di nuovi viaggi, razzie e battaglie.
Era un ingrato e un insensibile! Si ripromise di smetterla con quelle fantasie
e di dedicarsi soltanto a ricambiare l’amore di Aethelred, a renderlo felice
come meritava. Un giorno, magari, sarebbero partiti insieme per un viaggio
avventuroso, ma non era quello il momento.
Deciso a distrarsi e a dimostrare a Aethelred
la sua buona volontà, Ivar si impegnò per aiutare il più possibile per quanto
le gambe glielo consentivano, ripulì vialetti, riparò steccati, insomma si
diede tanto da fare che la stessa Lagertha rimase esterrefatta.
“Quello è davvero Ivar o è un suo gemello?”
domandò a Aethelred. “La tua compagnia deve avergli fatto proprio bene…”
Dopo un’intensa mattinata di lavoro, arrivò
finalmente l’ora di pranzo e Ivar e Aethelred scoprirono con sorpresa che anche
Hvitserk e Helgi erano appena giunti da Kattegat e si sarebbero uniti a loro.
“Cosa c’è di strano? Bjorn ha incaricato me e
Helgi di sovrintendere alla sicurezza del villaggio” spiegò Hvitserk. “Noi
veniamo qui ogni due o tre giorni per controllare che tutto vada come deve
andare e per organizzare il cambio delle guardie.”
Fu un pranzo allegro e spensierato, al quale
parteciparono anche Hali e Asa, i bambini di Bjorn e Torvi che adesso vivevano
con la nonna. Lagertha si sentiva molto felice e fortunata e, in certi momenti,
le sembrava quasi di essere tornata indietro nel tempo, quando la sua vita era
più semplice e serena, insieme al marito Ragnar e ai figli piccoli Bjorn e
Gyda, prima che cominciassero le ambizioni, le lotte per il potere e tutto il
resto. Proprio per quel motivo la donna aveva scelto di ritirarsi in un
semplice villaggio ed era sempre più convinta di aver preso la giusta
decisione.
Nel pomeriggio, dopo aver trascorso una
giornata piacevole seppur faticosa, Aethelred e gli altri fecero ritorno a
Kattegat, felici di essersi tenuti lontani, almeno per un po’, dalle
preoccupazioni quotidiane.
Tuttavia, mentre cavalcavano, Hvitserk se ne
uscì con una domanda alquanto inopportuna.
“Io e Helgi avevamo pensato di raggiungere
Harald e unirci alla sua battaglia in Wessex, partendo con una nostra nave non
appena ci saremo organizzati” disse. “Tu cos’hai deciso, Ivar? Verrai anche tu
con noi? So che Harald te lo ha chiesto…”
A quelle parole Ivar trasalì, mentre
Aethelred si voltò a fissare il compagno con uno sguardo duro e colmo di
dolore.
“Harald ti ha chiesto di andare con lui a
razziare in Wessex e tu non mi hai detto niente? Perché? Magari perché pensavi
di accettare, non è così? Altrimenti me ne avresti parlato” disse, mentre una
crescente amarezza gli bruciava dentro.
“No, io… veramente…” per una volta Ivar
sembrava non trovare le parole.
“Certo, sì, ho capito” tagliò corto il
Sassone, spronando il cavallo e allontanandosi a gran velocità dal gruppetto
dei Vichinghi.
Ivar si voltò inviperito verso Hvitserk.
“Si può sapere che cosa ti è preso? C’era
proprio bisogno che tu parlassi della spedizione in Wessex davanti a Aethelred?
Ma che ti dice la testa?” sibilò.
Hvitserk, però, non si lasciò smontare e
ribatté con la stessa ostilità.
“E io come potevo sapere che tu non avevi
parlato al tuo compagno di una cosa così importante? Non è certo colpa mia se
tu menti a Aethelred, io e Helgi ci
diciamo sempre tutto!”
Ivar trasecolò, scrollò il capo incredulo e,
senza neanche degnare il fratello di una risposta, spronò il cavallo per
cercare di raggiungere Aethelred.
“Che sta succedendo?” domandò Helgi che non
aveva capito niente dello psicodramma
che si era appena svolto sotto i suoi occhi.
Hvitserk si strinse nelle spalle.
“Niente che ci riguardi, in realtà. È il
solito Ivar che non può fare a meno di mentire, ingannare e dissimulare anche
con le persone che dice di amare, non puoi mai fidarti di lui” rispose.
“Aethelred ci è rimasto molto male” mormorò
Helgi, dispiaciuto.
“Non preoccuparti, Ivar sa anche come farsi
perdonare, loro due fanno sempre così” Hvitserk sorrise e avvicinò il cavallo a
quello del suo compagno, poi si allungò verso Helgi e lo baciò. “Non sono come
noi che ci diciamo sempre tutto!”
Helgi ricambiò dolcemente il bacio e quella
fu l’unica risposta necessaria.
Aethelred giunse a Kattegat poco dopo il
tramonto e si chiuse subito nella sua stanza, ancora una volta deluso,
amareggiato e frustrato. Anche quella, che sarebbe dovuta essere una giornata
perfetta, era stata distrutta dalla superficialità e dall’egoismo di Ivar. Possibile
che Ivar volesse andare veramente a razziare in Wessex, nel suo Paese, contro
la sua gente? Il fatto stesso che non gliene avesse parlato poteva significare
una sola cosa, no?
Mentre se ne stava a rimuginare imbronciato e
seduto sul suo letto, Ivar arrivò ed entrò nella stanza con veemenza, sbattendo
poi la porta dietro di sé.
“Insomma, Aethelred, è possibile che tu, ogni
volta che c’è qualcosa che non ti va bene, prendi e te ne vai?” esclamò. “Sei
arrabbiato con me, sei offeso perché non ti ho detto che Harald mi aveva
chiesto di partecipare alle razzie in Wessex? Bene, adesso sono qui, sfogati,
insultami, dimmi in faccia quanto ti ho fatto male… ma non scappare,
affrontami!”
Aethelred era allibito davanti a una simile
faccia tosta.
“Ah, dovrei anche spiegarti perché mi sono
arrabbiato? Tu mi hai mentito, mi hai ingannato per tutti questi giorni e io
dovrei essere contento?” sbottò.
“No, non devi essere contento, ma devi
prendertela con me invece di nasconderti nella tua stanza” precisò Ivar. “E
comunque ci tengo a dire che non ti ho mai mentito, caso mai ti ho nascosto
quello che ho provato, ma non ti ho detto bugie. È vero, ho desiderato partire,
lo sai che qui mi sento intrappolato, che mi sento inutile e che vorrei
riprendere a viaggiare e a combattere, ma non ho partecipato a questa
spedizione perché non voglio razziare nel tuo Paese, non voglio farti soffrire.
Ne avevamo già parlato e mi sembrava che fosse chiaro e invece basta una frase
inopportuna di Hvitserk per rovinare tutto?”
Ivar si era mostrato aggressivo in parte
perché si sentiva davvero in colpa, ma anche perché era realmente infuriato con
Hvitserk che avrebbe anche potuto farsi i fatti suoi e non intromettersi in
qualcosa che non lo riguardava.
“Avresti dovuto parlarmene subito e proprio
perché le razzie sarebbero avvenute in Wessex” insisté Aethelred, ma ormai la
rabbia era sbollita e il giovane continuava a insistere soltanto per non darla
vinta al compagno.
Ivar si sedette accanto a lui.
“Credi davvero che, per quanto possa sentire
il bisogno di razziare e conquistare, potrei partire per il Wessex senza di te
e, ancora peggio, senza dirti niente?” gli chiese, addolcendo lo sguardo e la
voce.
“Io… no… però, ecco…” con Ivar così vicino
che gli parlava con tanta tenerezza, Aethelred non riusciva più ad avercela con
lui, il sangue gli si scioglieva nelle vene e desiderava soltanto che lo
stringesse tra le braccia e fugasse tutte le sue paure. Ivar lesse quel
desiderio nei grandi occhi chiari del suo dolce Principe e lo accontentò,
abbracciandolo forte e baciandolo a lungo e profondamente. Lo depose sulle
lenzuola e si mise sopra di lui, sfilandogli gli abiti. Ogni fibra del suo
essere bramava un contatto con lui, lo accarezzò dappertutto, le carezze si
fecero sempre più audaci e i baci sempre più intimi. Entrò in lui e
quell’amplesso fu liberatorio dopo tanti pensieri dolorosi e angoscianti, i due
giovani si fusero l’uno nell’altro fino ad annullarsi totalmente in un’estasi
di assoluto piacere.
Nel frattempo, in un’altra parte della dimora
regale, Tiago stava disperatamente cercando di convincere Erik a non tornare
anche quella notte da Ingrid. Il ragazzo sentiva, sapeva che la donna aspettava
solo il momento giusto per colpire indisturbata e non poteva tollerare il
pensiero che l’uomo che amava fosse in pericolo.
Erik, però, non aveva la minima intenzione di
perdere tempo con lui, ormai si vedeva già proiettato nella capitale come Re
dei Norreni e le sciocche paure di Tiago lo innervosivano.
“Adesso mi hai veramente scocciato con questa
storia” lo rimbeccò, brusco. “Secondo le tue fosche previsioni, Ingrid avrebbe
dovuto accoltellarmi già la notte scorsa e invece ti posso assicurare che ha
fatto ben altro, non voglio più sentire le tue bugie. Ma forse… ah, certo,
forse è proprio questo il punto. Tu non vuoi che io vada da Ingrid perché sei geloso, come se un qualsiasi schiavo da letto avesse il diritto di
essere geloso di una Regina!”
“Non è questo…” cercò di spiegare Tiago, ma
risultò ancora meno credibile del solito.
“Invece sì” tagliò corto Erik. “Ma non ho
tempo da perdere con te, ormai mi aspetta ben altro. Partirò per Tamdrup con
Ingrid e sarò il Re di tutti i Norreni, avrò una moglie bellissima e tutti gli
schiavi e le schiave che vorrò. Non ho più bisogno di te, sciocco ragazzino, la
mia vita sarà perfetta, tu non mi servi più a niente. Sparisci!”
Se l’avesse squartato con una mannaia gli
avrebbe fatto meno male. Tiago, devastato dal dolore e dalla disperazione, non
riuscì neanche a rispondere e poté solo restare immobile, impietrito, a
guardare Erik che si incamminava verso le stanze di Ingrid.
Erik sapeva benissimo di aver esagerato e di
essere stato fin troppo duro con Tiago, che in fondo aveva soltanto manifestato
il suo affetto per lui. Ma era proprio questo che lo faceva sentire strano e
che, di conseguenza, lo irritava: il ragazzino spagnolo era sempre gentile,
dolce e tenero, lo faceva sentire amato e accolto come non gli era mai
capitato. Fin dalla prima volta in cui lo aveva preso era rimasto stupito dal
modo spontaneo e affettuoso con cui gli si era concesso, dal piacere incredibile
che aveva saputo dargli assecondandolo in tutto, benché fosse ingenuo e
inesperto. Nella sua vita aveva avuto fin troppe esperienze di sesso, ma
nessuna lo aveva fatto sentire così bene… tanto meno quella che aveva avuto con
Ingrid. Sì, sapeva anche lui che la donna lo odiava e che lo tollerava solo
perché il loro era un compromesso che portava vantaggi ad entrambi, ma non
voleva certo trovarsi a rimpiangere i teneri abbracci di Tiago adesso che stava
per soddisfare la sua ambizione e diventare addirittura Re dei Norreni. Cosa
importava se Ingrid era fredda con lui e faceva sesso come se fosse un dovere
da compiere? I matrimoni di convenienza erano quasi sempre così e ciò che
contava era che governassero insieme, caso mai il piacere lo avrebbe cercato altrove…
Figuriamoci se doveva confondersi le idee per uno schiavetto spagnolo!
Tiago, intanto, era rimasto lì dove Erik lo
aveva lasciato, a tremare e a cercare di inghiottire le lacrime. Quando trovò
la forza di muoversi si trascinò lentamente verso la sua stanza, si buttò sul
letto ancora vestito e si raggomitolò in posizione fetale, sentendosi pesto e
dolorante come se Erik lo avesse picchiato. E forse sarebbe stato meglio… Le
parole crudeli dell’uomo continuavano a risuonargli nelle orecchie, a rimbombargli
in testa. Solo dopo molto tempo, sfinito, Tiago cadde in un torpore oscuro che
non lo ristorò affatto.
Si ridestò il mattino seguente sentendo voci,
urla, esclamazioni che provenivano da qualche parte della dimora regale. Si
tirò su ma, sulle prime, era talmente intontito e confuso da non capire se ciò
che sentiva fosse vero o se invece fosse uno dei suoi terribili sogni, in cui
Erik veniva colpito a morte da Ingrid. Ma tutto sembrava fin troppo reale: le
voci che sentiva erano quelle di Bjorn, Ivar e Aethelred, concitate e preoccupate,
mentre le grida erano… erano di Erik, grida strazianti di una rabbia disperata
che non trovava sfogo in altro modo. Tiago balzò in piedi con un tuffo al
cuore, i suoi peggiori incubi si erano avverati e adesso non gli importava più
se Erik lo aveva trattato con cattiveria e cacciato via, aveva dimenticato le
parole crudeli che gli aveva rivolto, tutto quello che contava per lui era
cercare di salvarlo, se era ancora in tempo. Con il cuore in gola corse verso
il luogo dal quale provenivano le voci ed entrò precipitosamente nelle stanze della
Regina Ingrid.
Ivar e Aethelred si voltarono subito verso di
lui, mentre Bjorn continuava a interrogare la donna.
“Insomma, si può sapere che cos’è successo a
Erik?” insisteva, furibondo.
“Io non lo so” ripeteva Ingrid, “ieri sera
stava bene e stamani si è svegliato urlando e poi…”
“Non vedo più!” gridava Erik, in preda a un
terrore angoscioso, mentre si contorceva per terra. “Non ci vedo, sono cieco,
sono diventato cieco!”
Tiago non vide e non sentì nessun altro, per
lui in quella stanza c’era solo Erik che stava soffrendo e lui doveva aiutarlo.
Si precipitò verso di lui, gli si inginocchiò accanto e cercò di calmarlo.
“Erik, sono io” gli disse, con una voce
tranquilla e ferma. In quel momento aveva riacquistato tutto il suo sangue
freddo, sapeva che doveva mostrarsi sicuro e determinato perché Erik era già
abbastanza sconvolto per conto suo. “Sono qui, mi occuperò io di tutto, non
preoccuparti.”
“Tiago?” fece l’uomo, brancolando e voltandosi
verso la voce dolce e affettuosa del ragazzo. Gli occhi erano coperti da una
patina biancastra. Trovò le braccia di Tiago e gli si aggrappò convulsamente. “Tiago,
sei tu? Aiutami, Tiago, sono diventato cieco, aiutami, ti prego!”
Erik sembrava aver completamente dimenticato
di aver detto al ragazzo che non gli serviva più, che non aveva più bisogno di
lui, che doveva sparire… adesso Tiago era l’unica ancora di salvezza e lui vi
si afferrava con tutte le forze. Non l’aveva mai chiamato per nome prima, lo
chiamava schiavo o ragazzino, ma adesso dimostrava che il
suo nome, in realtà, lo conosceva molto bene!
Anche Tiago, però, aveva dimenticato tutto il
male ricevuto e voleva solo fare tutto quello che poteva per aiutare l’uomo che
amava. Lo strinse e lo aiutò ad appoggiarsi a lui per alzarsi da terra.
“Certo che ti aiuto, Erik, sono qui per
questo” continuò a ripetergli in tono pacato e tenero. “Penserò io a tutto,
adesso ti accompagno nella tua stanza e poi troverò un modo per curarti. Non
temere, mi occuperò io di te.”
Tutti rimasero allibiti nel vedere che Erik,
aiutato da Tiago, riusciva a calmarsi e ad alzarsi in piedi, mentre fino a
qualche istante prima sembrava una furia, un invasato.
“Re Bjorn, non preoccuparti, conosco bene le
erbe medicinali e tenterò ogni rimedio per guarire Erik, penserò io a tutto”
disse il giovane spagnolo, prima di dirigersi lentamente verso la stanza di
Erik, sorreggendolo e incoraggiandolo.
“In effetti Tiago è molto bravo con infusi e
decotti, spesso ha curato altri servi ammalati” commentò Bjorn, rivolgendosi a
Ivar e Aethelred. “Questo, però…”
“Sono certo che Tiago riuscirà ad aiutare
Erik” affermò convinto Aethelred. “Se è diventato cieco all’improvviso può
essere entrato in contatto con una sostanza velenosa o aver contratto un’infezione,
Tiago troverà il rimedio giusto per lui.”
Ivar non disse niente, ma il suo cervello
lavorava a pieno regime. Adesso capiva perché Tiago nelle ultime settimane si
comportava in modo strano, si era evidentemente legato a Erik e il rapporto non
doveva essere stato facile. Se non fosse stato così concentrato sui propri
dissidi interiori se ne sarebbe accorto prima e, chissà, forse avrebbe anche
potuto aiutarlo. L’improvvisa cecità di Erik, tuttavia, non poteva essere un
caso. Lo sguardo di Ivar si posò su Ingrid e notò che la donna guardava Tiago e
Erik che si allontanavano con un’espressione a metà tra la rabbia e il trionfo
sul volto… e comprese molte cose. Chiaramente Ingrid era responsabile di ciò
che era accaduto a Erik, ma chissà se Tiago lo sapeva? Avrebbe dovuto parlare
con il ragazzo e accertarsene, ma questa volta era ben deciso a non dire niente
a Aethelred. Se Ingrid era tanto pericolosa, allora era meglio che il suo
compagno le restasse il più possibile lontano e non fosse coinvolto in quella
brutta storia.
Questa volta il silenzio sarebbe servito per
proteggere Aethelred piuttosto che se stesso.
Per quanto terribile e spaventoso fosse stato
ritrovarsi completamente cieco, Erik iniziava a sentirsi meno perduto, meno
disperato adesso che c’era Tiago con lui, Tiago che lo aveva accompagnato nella
sua stanza e aveva chiesto a dei servitori di portare una tinozza di acqua
calda per permettergli di lavarsi e rilassarsi. Lo aveva aiutato a svestirsi e
a entrare nella tinozza e gli aveva messo accanto dei teli puliti con cui
asciugarsi quando avesse finito.
“Mentre tu ti lavi e ti rilassi io vado a
preparati un infuso di erbe, ci metto anche della corteccia di salice che
combatte le infezioni” gli disse Tiago, sempre dolce e premuroso. Sembrava davvero
aver cancellato dalla mente tutte le cose orribili che Erik gli aveva detto
soltanto la sera prima… “Se la tua cecità è dovuta a un’infezione dovresti già
cominciare a stare meglio, altrimenti… beh, altrimenti troverò altri rimedi per
curarti, ne conosco davvero tanti. Tu non preoccuparti e riposati, io torno
presto. Vuoi che ti porti anche qualcosa da mangiare?”
Erik, ovviamente, non poteva vedere Tiago ma
dalla sua voce indovinava il sorriso tenero e affettuoso con cui il ragazzo
accompagnava le sue parole e si sentì improvvisamente avvolto da un calore
benefico, da qualcosa che non aveva mai provato prima e che gli fece credere
veramente che sarebbe andato tutto bene.
“Per adesso no, magari più tardi” rispose,
“e… Tiago, volevo ringraziarti per tutto quello che stai facendo per me, sei
così buono e io ti ho sempre trattato con freddezza e cattiveria. Non so se mi
merito le tue premure.”
“Quello che non ti meriti è la disgrazia che
ti è capitata, e io ti guarirò. Per il resto, non pensarci più, io lo faccio
volentieri perché a te ci tengo molto, te l’ho sempre detto” spiegò Tiago, con
la sua solita semplicità. “Allora torno presto con l’infuso!”
E, mentre si ripuliva e si rilassava
nell’acqua calda, Erik non poté fare a meno di pensare a quanto fosse stato
sciocco. Aveva messo da parte Tiago, l’aveva ferito e umiliato non ritenendolo
alla sua altezza, aveva rincorso uno stupido sogno di ambizione credendo alle
bugie di una strega che lo odiava da sempre… mentre la vera fortuna della sua
vita era aver incontrato quel ragazzino spagnolo che, chiaramente, lo amava senza
limiti e senza condizioni, senza neanche chiedere niente in cambio, che per lui
era pronto a tutto. Terre e titoli si potevano conquistare in battaglia, Erik
era un Vichingo e questo lo sapeva bene, ma trovare una persona come Tiago era
quasi impossibile: lui in tutta la vita non c’era mai riuscito, anzi. Aveva
avuto rapporti occasionali con schiave, schiavi e prostitute che spesso aveva
dovuto malmenare per sottometterli ai suoi voleri, poi aveva pensato di poter
ricattare Ingrid e di poterla usare a suo piacimento perché, un tempo, l’aveva
venduta come schiava e conosceva il suo segreto, sapeva che era una strega… e
aveva creduto di averla piegata, ma lei aveva solo finto di assecondarlo. Chissà,
magari era stata proprio lei ad avvelenarlo o a mettergli qualche polvere sugli
occhi per accecarlo, Tiago lo aveva messo in guardia e lui, come sempre, non lo
aveva ascoltato, al contrario lo aveva ferito e insultato. Ma adesso Tiago era
con lui e voleva solo aiutarlo. Erik si ripromise di non commettere mai più
quell’errore: Tiago era la sua fortuna, la persona più preziosa e importante
della sua vita e ora non se lo sarebbe più lasciato scappare, lo voleva per sé
e non come schiavo, lo voleva perché lo faceva sentire amato, accolto, perché
solo con lui stava bene, perfino adesso che era cieco.
Tiago preparò l’infuso e si affrettò a
tornare da Erik. Anche lui era convinto che fosse stata Ingrid a provocare
all’uomo la cecità, ma era più preoccupato perché non capiva come potesse aver
fatto e avrebbe dovuto impegnarsi e concentrarsi molto per scoprire i metodi
che aveva usato e rimediarvi. Ovviamente, se Ingrid avesse dato un veleno a
Erik o gli avesse messo qualche sostanza negli occhi, Tiago avrebbe potuto
contrastare gli effetti dannosi con i tanti rimedi che conosceva e l’uomo
sarebbe guarito in pochi giorni. Ma Ingrid era una strega oltre che una
conoscitrice delle erbe e, come Tiago aveva imparato ad Algeciras da Inés,
avrebbe anche potuto eseguire un rituale oscuro di magia nera per accecare
Erik. In quel caso il compito del ragazzo sarebbe stato molto più difficile,
faticoso e anche spaventoso. Lui era in grado di attingere alle forze benefiche
della natura e dell’universo per distruggere un incantesimo maligno, ma avrebbe
dovuto confrontarsi con gli spiriti malvagi che avevano aiutato Ingrid e… e
aveva paura. Tuttavia sapeva di dover essere coraggioso, Erik contava su di lui
e non poteva tirarsi indietro, lo aveva sentito così disperato e non avrebbe
avuto pace finché non gli avesse fatto riacquistare la vista a qualsiasi costo.
A tutte queste cose pensava il giovane spagnolo mentre ritornava nella stanza
di Erik con la tazza dell’infuso in mano.
Con sua sorpresa, Erik non era più nella
tinozza. Era riuscito in qualche modo a orientarsi nella stanza, aveva trovato
i teli con cui asciugarsi e poi aveva raggiunto il letto, mettendosi sotto le
lenzuola asciutto, pulito e… senza nulla indosso.
Tiago gli si avvicinò e gli mise la tazza tra
le mani, aiutandolo a sollevarsi a sedere e a bere l’infuso.
“Ecco qui, questo dovrebbe farti stare meglio
e combattere l’infezione” gli disse. “Purtroppo non credo che basterà l’infuso
a farti tornare la vista, ma sicuramente non proverai più dolore agli occhi e
poi, quando avrò scoperto che cosa ti ha accecato, mi impegnerò per trovare il
rimedio giusto. Dovrai avere pazienza, ci vorranno alcuni giorni, ma stai
sicuro che guarirai, te lo prometto!”
Finito di bere l’infuso, Erik si distese di
nuovo sul letto.
“I tuoi abiti sono nel baule?” gli domandò
Tiago. “Posso darti dei vestiti puliti e poi accompagnarti nella Sala Grande,
se vuoi, così potrai stare insieme a Re Bjorn e agli altri.”
Non erano quelle, però, le intenzioni di
Erik. L’uomo allungò un braccio e prese il polso di Tiago, che era ancora
vicino a lui. Lo attirò verso di sé, lo prese per la vita e lo abbracciò,
portandolo nel letto con sé. Tiago era completamente allibito, ma il cuore gli
batteva fortissimo quando era così vicino a Erik e lo lasciò fare.
“Ti ho detto delle cose orribili ieri sera,
ma ero fuori di me, ho commesso tante sciocchezze in questi giorni e invece
avrei dovuto ascoltarti” gli disse Erik, iniziando a togliere i vestiti al
ragazzo. “Tu volevi solo aiutarmi e io ti ho offeso e ferito, ma adesso
cambierà tutto. Nonostante quello che ti avevo detto sei corso subito ad
aiutarmi e ti sei preso cura di me e io… io devo ammettere che, forse, proprio
ora che ho perduto la vista riesco a vedere meglio le cose importanti.”
Nel frattempo aveva spogliato completamente
Tiago e si era messo sopra di lui, accarezzandolo.
“Ti ho disprezzato, ho detto che eri solo uno
schiavo, nonostante Bjorn avesse liberato te e tutti gli altri, e tu mi hai
dimostrato sempre che, al contrario, sei una persona speciale, un ragazzo buono
e generoso che tiene a me per qualche motivo che in realtà non so nemmeno
spiegarmi, non ho fatto niente per farmi amare da te” ammise Erik, che anche se
non vedeva suppliva con il tatto al riconoscimento del corpo minuto del
ragazzo. “Quindi voglio che resti con me, che stiamo insieme, che siamo amanti.
Non ti tratterò mai più male, non dirò mai più che sei il mio schiavo, sei il
mio amante e quindi mi appartieni, ma solo perché sei il mio compagno. D’ora in
poi sarà così.”
Sì, beh, chiaramente Erik era quello che
prendeva le decisioni e il parere di Tiago in tutto ciò non era neanche
lontanamente contemplato, tuttavia Tiago stava decisamente dando il suo assenso
silenzioso, o meglio stringendosi all’uomo e sospirando incredulo e sconvolto,
perduto in qualcosa che non riusciva neanche a definire. La sera prima aveva
creduto di aver perso Erik per sempre, poi era andato a salvarlo quando lo
aveva sentito gridare con una rabbia disperata, ma non avrebbe mai pensato di
ritrovarsi così, nel suo letto, incollato a lui, con l’uomo che gli parlava
finalmente con un tono gentile e appassionato e lo accarezzava sempre più
intimamente. Erik lo avvolse in un abbraccio impetuoso e lo baciò più
intensamente e profondamente che poté, esplorandogli la bocca con passione e
togliendogli il respiro. Tiago era completamente in balia di quell’uomo che lo
aveva baciato così intimamente per la prima volta e si sentì incendiare il
sangue nelle vene, il cuore impazzire, il corpo chiedere disperatamente di più,
ancora di più… Non poteva sapere che anche per Erik quella era un’esperienza
nuova e insolita, che non solo non aveva mai baciato Tiago ma che non aveva mai
baciato nessuno in un modo tanto
profondo e intimo, avendo avuto solo rapporti occasionali e perfino brutali in
cui i baci non erano certo previsti. Erik continuò a baciare il giovane
spagnolo, accarezzandolo a lungo su tutto il corpo e nelle parti più delicate
fino a fargli perdere quel po’ di lucidità che gli restava e a farlo gemere,
sperduto, contro la sua bocca; poi si fece strada nel suo corpo, prima con
lentezza e poi con più passione, mentre Tiago si aggrappava alle sue spalle possenti
e assecondava tutti i suoi movimenti, ogni suo desiderio. Le ondate di piacere
divennero sempre più incalzanti, i loro corpi si mossero sempre più
all’unisono, con Tiago completamente fuori di sé che non capiva più nemmeno chi
fosse, dove fosse e perché. Ma anche Erik stava vivendo quell’esperienza in un
modo del tutto nuovo, sentiva dentro di sé un languore e una tenerezza che il
sesso non aveva spento ma caso mai accresciuto, voleva che quella sensazione
meravigliosa durasse per ore e ore e, in quel modo, aveva quasi persino
dimenticato la sua cecità. Voleva ancora di più, voleva fondersi con Tiago,
essere una cosa sola con lui e così riprese a baciarlo con sempre maggior
intensità, ancora una volta si fece largo nel suo corpo liscio e morbido, cercando
di prolungare al massimo il piacere e godendo di ogni singolo istante, fino a
perdersi con lui in un oceano di passione. E questi assalti amorosi durarono
veramente ore ed ore, tanto che, ad un certo punto, Tiago, sfinito dal piacere,
mormorò una frase così dolce e tenera che finì per eccitare ancora una volta
Erik.
“Senti, Erik… va bene… allora me lo dici tu…
quando vuoi che ti aiuti ad alzarti” fece in un sospiro.
E questo, ovviamente, portò Erik a
ricominciare da capo, ancora e ancora, con passione prima, lentezza e languore
poi, fino a che non si sentì davvero completamente appagato e soddisfatto.
In quanto ad Ivar, era vero che si era
ripromesso di indagare meglio su Ingrid e su come avesse potuto accecare Erik,
anche lui la sospettava e, viste le passate esperienze, cominciava a pensare
che Erik potesse essere stato solo l’inizio e che poi quella donna sarebbe
passata ad avvelenare Bjorn e Gunnhild, poi magari Hvitserk e, cosa peggiore di
tutte, lui e Aethelred per poter regnare indisturbata su Kattegat. Però avvenne
un imprevisto che lo portò a dimenticare del tutto Ingrid e i suoi fantomatici
piani per sterminare la stirpe dei Lothbrok e i loro amici e compagni!
Quel giorno erano tutti riuniti nella Sala
Grande, Bjorn ancora molto preoccupato per le condizioni del suo amico e
braccio destro Erik (non sapeva quanto se la stesse spassando in quel momento,
chiaramente!). Ivar però aveva qualcosa da dire a tutti, qualcosa che avrebbe
cambiato le sorti di molti di loro, di Kattegat e del Wessex.
“Stamattina, dopo che è successo quel brutto
episodio a Erik, sono uscito per schiarirmi un po’ le idee” raccontò, “e sono
arrivato fino al porto. Là è sbarcato un uomo da una delle nostre navi
commerciali, ma non era un mercante, era uno degli uomini che è partito con
Harald più di una settimana fa, era gravemente ferito, disidratato,
praticamente in fin di vita.”
Non erano per niente buone notizie e tutti
gli sguardi dei presenti si appuntarono su di lui. Anche Ingrid era con loro e
non era tranquilla: di Harald non le sarebbe potuto fregare di meno, ma il
problema era che, se davvero il suo esercito era stato sconfitto e lui era
morto, sarebbe stato veramente difficile mantenere il suo titolo di Regina dei
Norreni senza un Re al suo fianco. Almeno in quello, Erik aveva avuto ragione…
“L’ho fatto portare da dei servi in una casa
dove sarà curato nel miglior modo possibile, ma non so se ce la farà. Tuttavia
è ancora più grave quello che è riuscito a dirmi” fece una pausa ad effetto, da
attore consumato qual era, per conquistare ancora di più l’attenzione del suo
uditorio, poi proseguì. “Harald e i suoi hanno razziato qualche villaggio
Sassone per dare una dimostrazione di forza, ma sono rimasti loro stessi
sconvolti per la reazione che hanno suscitato: Re Alfred ha inviato i suoi
uomini non solo per respingere i soldati di Harald ma anche… beh, anche per
colpire a sua volta le colonie vichinghe, incendiando le case, uccidendo
uomini, donne e bambini, proprio come siamo soliti fare noi. Harald ha ordinato
di ritirarsi e si è nascosto aspettando rinforzi, ci ha inviato dei messaggeri
perché andiamo ad aiutarlo, ma quell’uomo è l’unico sopravvissuto.”
Bjorn e gli altri erano rimasti agghiacciati
da quello che Ivar aveva raccontato.
“Thora e la sua famiglia?” mormorò Hvitserk,
che di certo non aveva dimenticato la ragazza che, anche se per poco, aveva
amato. Helgi gli prese dolcemente la mano, consapevole di quello che il
compagno stava vivendo in quel momento, visto che lui ci era già passato.
“Non so se il villaggio di Thora sia stato
colpito, ma quello che è certo è che né lei né nessuno dei nostri vecchi
compagni e amici è più al sicuro in Wessex, se non interveniamo immediatamente
a dare man forte a Harald” replicò Ivar, con lo sguardo fiammeggiante.
“Ma Ubbe aveva stipulato un accordo con Re
Alfred” rammentò Gunnhild. “Com’è possibile che adesso faccia uccidere senza
pietà i coloni Norreni?”
“Potrebbe essere una vendetta, in fondo
Harald, razziando i villaggi Sassoni, ha rotto per primo l’accordo” ipotizzò
Bjorn.
“Ma Alfred non lo farebbe mai!” protestò
Aethelred, che era il più turbato di tutti. “Anche se Harald ha sbagliato, e io
lo avevo detto e ripetuto, ad andare in Wessex e infrangere un equilibrio di
pace tanto delicato, tuttavia mio fratello non avrebbe mai e poi mai reagito così! Magari avrebbe respinto Harald e i
suoi, avrebbe mandato le sue truppe a combatterli, ma non se la sarebbe mai
presa con persone pacifiche e inermi, contadini con le loro famiglie che hanno
voluto iniziare una nuova vita in Inghilterra. No, no, non è possibile, Alfred
è saggio ed è un uomo di pace, io lo conosco!”
“Beh, forse non lo conosci bene come credi”
lo interruppe subito Ivar, innervosito. “Le colonie vichinghe sono state
attaccate dall’esercito Sassone e persone innocenti sono morte, questi sono i
fatti. Magari in questi due anni il tuo caro Alfred ha cambiato idea sulla
convivenza pacifica tra Sassoni e Norreni…”
“Io… non posso crederci…” mormorò Aethelred,
riflettendo. Era veramente possibile che Alfred fosse diventato un crudele
tiranno in poco tempo? Alfred era sempre stato il più gentile, il più pacifico,
il più generoso degli uomini…
“Cosa facciamo, allora? Non possiamo lasciare
che quel Re fedifrago e bugiardo stermini la nostra gente!” reagì Hvitserk,
infuriato.
“Certo che no. A questo punto dovremo davvero
organizzare una spedizione in soccorso di Harald e, soprattutto, delle colonie
vichinghe” rispose Ivar.
“Hai ragione, Ivar” disse a sorpresa
Aethelred, “e, vista la situazione, verrò anch’io con voi. Non credo assolutamente
che mio fratello Alfred possa aver compiuto azioni tanto spregevoli, forse gli
è accaduto qualcosa, forse è caduto di nuovo vittima di uno dei suoi malori ed
è un consigliere a governare al suo posto, non lo so ma ho bisogno di vedere
Alfred e di parlargli. Parteciperò, ma sia chiaro: non permetterò violenze o
razzie inutili, dovrà essere una spedizione per riportare la pace tra Sassoni e Vichinghi e
combatteremo soltanto contro i soldati che hanno attaccato le colonie.”
Come sempre, quando Aethelred assumeva quel
tono e quell’atteggiamento da vero Re, gli altri non potevano fare altro che
seguire le sue direttive.
“E sia” ordinò Bjorn. “Preparate subito
quante più navi possibili e partite domani all’alba!”
Ivar, Hvitserk e gli altri si misero subito in
moto con grida di guerra, incitazioni alla battaglia e tutte le altre cose che
fanno i Vichinghi (mancava solo la Haka…), cercando di attirare la gente di
Kattegat e convincerla a partecipare alla loro spedizione. Ivar, però, mentre
uscivano dalla Sala Grande, passò un braccio attorno alla vita di Aethelred e
lo strinse a sé.
“Te l’avevo detto che un giorno avremmo
combattuto fianco a fianco” gli mormorò all’orecchio. “Mi piace quando fai il duro e sono certo che Alfred non
potrà che cedere, di fronte a te.”
Aethelred si affidò al compagno, ma era
sollevato solo in parte. Non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo in
Wessex e continuava ad essere molto preoccupato per il fratello. Chissà cosa
avrebbe trovato tornando in patria?
Bound to go where the wind blows
Bound to serve the unreal
Bound to dwell in deep waters
Greed and fear cast their seal
Down falls the light as they rise from the sea
In comes the night, give your soul, pay your fee
Living a curse, they were born by their sins
Soon life and death will become evil twins!
(“Cursed” – Xandria)
Il primo giorno di
viaggio per mare verso il Wessex fu, come la prima volta, un vero calvario per
il povero Aethelred che continuò a soffrire di mal di mare per tutta la
giornata e soltanto verso sera cadde in un sonno agitato. Il giorno successivo
andò meglio, per sua fortuna, tuttavia il giovane Sassone rimaneva accucciato
in un angolo della nave, tenendo le braccia attorno alle ginocchia, silenzioso
e con lo sguardo spento. Ivar aveva cercato di aiutarlo il giorno in cui si era
sentito male, ma adesso non riusciva a capire cosa avesse ed era preoccupato.
Alla fine andò a sedersi accanto a lui sperando di scuoterlo e distrarlo.
“Come ti senti oggi,
Aethelred? Va un po’ meglio? Purtroppo i primi viaggi per mare sono un vero
incubo per chi non è abituato” gli disse.
“No, non è il mal di
mare, oggi mi sento meglio” rispose laconico il giovane.
“Non si direbbe
proprio, vista la tua faccia” scherzò Ivar per sdrammatizzare, ma questa volta
non funzionò granché.
“Ivar, continuo a
pensare a quello che sta succedendo in Wessex” mormorò Aethelred, i grandi
occhi chiari erano un’immensa pozza di dolore. “Forse Harald ha commesso un
grave errore con la sua idea di razziare e conquistare, ha scatenato una guerra
tra due popoli che vivevano in pace da quasi due anni… però non capisco lo
stesso, come può Alfred aver risposto allo stesso modo, facendo massacrare
persone innocenti? Non è possibile, non è da lui, e allora temo che gli sia accaduto
qualcosa e che qualcun altro abbia preso il suo posto.”
“Tu e tuo fratello
siete molto legati, non è così? In un certo senso posso capirti, perché per me
è la stessa cosa con Hvitserk, anche se il rapporto tra noi è parecchio più
ambiguo e burrascoso, ma noi siamo un po’ pazzi!” commentò il giovane vichingo.
“Comunque non credo che gli sia accaduto qualcosa, tuo fratello è il Re del
Wessex e la notizia sarebbe arrivata anche a Kattegat.”
“E allora come può
aver fatto una cosa tanto orribile?” reagì Aethelred, una rabbia dolorosa che
gli montava dentro e lo devastava. “Alfred che dà ordine di uccidere donne e
bambini, che fa incendiare villaggi di Norreni pacifici… no, no, non ci crederò
mai!”
Ivar gli circondò le
spalle con un braccio e lo attirò a sé. Lui non aveva neanche una briciola
della sua fiducia in Alfred, aveva imparato a sue spese che il potere logora e
distrugge, che può rendere anche il migliore degli uomini un mostro; tuttavia non
volle contraddirlo, una volta giunti in Wessex avrebbe scoperto da solo come
fossero andate realmente le cose. Nel frattempo lui voleva solo stargli vicino
e dargli tutto il suo sostegno e il suo incoraggiamento, non sopportava di
vederlo soffrire così ancora una volta per colpa di quella sua famiglia disfunzionale che lo aveva
tormentato fin da quando era bambino. Certo, anni prima Alfred era un ragazzo
intelligente, colto, sensibile, lui stesso lo aveva conosciuto e avevano anche
giocato a scacchi insieme, ma adesso era un adulto e un Re, chi poteva sapere
quali pressioni agissero su di lui e cosa lo avesse spinto a una reazione del
genere? Ivar non si stupiva più della malvagità nel cuore degli uomini, ma
comprendeva che Aethelred, tanto sensibile e generoso, avrebbe potuto anche
crollare di fronte a una simile rivelazione.
“Aethelred, non
tormentarti così, non serve a niente” gli disse, stringendolo con dolcezza.
“Tra pochissimi giorni saremo in Wessex e allora saprai la verità, potrai
parlare con Alfred e sono sicuro che sarai in grado di risolvere tutto. Io sarò
con te in ogni momento, non ti lascerò mai da solo, affronteremo questa cosa
insieme e insieme la supereremo. D’accordo?”
Aethelred annuì e si
abbandonò all’abbraccio di Ivar. Non si era tranquillizzato e l’ansia per ciò
che poteva essere successo in Wessex continuava a straziargli il cuore, ma il
calore e l’amore del suo compagno gli facevano bene, lo facevano sentire al
sicuro e gli davano la speranza che, qualsiasi cosa fosse accaduta, avrebbero
potuto porvi rimedio lottando finalmente fianco a fianco.
Nel frattempo, a
Kattegat, Tiago aveva trascorso quei giorni sperimentando ogni sorta di
decotto, pozione e infuso per curare gli occhi di Erik, aveva provato perfino
con degli impacchi, ma era stato tutto inutile. Erik si sentiva meglio, questo
era vero, non provava più dolore e bruciore agli occhi, ma non aveva recuperato
la vista. Il ragazzo si sentiva scoppiare il cuore e dissolvere in una nuvola
di dolore ogni volta che tornava dall’uomo che amava e lo trovava nel suo
letto, con gli occhi spenti e vitrei che fissavano il soffitto senza vederlo.
Cercava in tutti i modi di distrarlo e farlo sentire partecipe, insisteva
perché si alzasse dal letto, si vestisse e partecipasse ai consigli che Bjorn
teneva, specialmente adesso che, con la partenza di Ivar e degli altri per il
Wessex, non c’era più nessuno che veramente potesse sostenere e consigliare il
Re. Erik, tuttavia, raramente si lasciava coinvolgere, era come se si sentisse
inutile, spento, come se la perdita della vista lo avesse fatto diventare un
peso per tutti (il che era esattamente quello che Ingrid aveva voluto, detto
tra noi…). Il più delle volte prendeva Tiago per un braccio, se lo tirava
addosso, lo spogliava e iniziava a baciarlo, a stringerlo e a tenerselo nel
letto per lungo tempo, affondando il viso nei suoi capelli morbidi, sentendo il
calore del suo corpo, e soltanto in quei momenti riusciva a sentirsi ancora
vivo, a sentirsi uomo, era Tiago la sola luce nell’oscurità dei suoi occhi e
della sua anima. Lo baciava con un’intensità e un’intimità mai provate in
precedenza e poi lo prendeva sempre più intensamente, sempre più
disperatamente, sempre con l’illusione che la sua anima e il suo corpo
potessero guarire nel contatto intimo e totale con quel dolce ragazzo che lo
accoglieva con tanta dolcezza e tanto amore. E Tiago ricambiava gli abbracci e
gli amplessi ardenti e appassionati con la stessa intensità disperata, per
strapparlo via alle sue tenebre e al dolore che la cecità gli provocava. Aveva
giurato di curarlo e di fargli recuperare la vista a qualsiasi costo e, mentre
facevano l’amore con ardore e frenesia, sperava che anche quello potesse
servire a farlo stare meglio perché l’unica cosa che davvero desiderava era stare
lì con lui, tra le sue braccia, allontanandolo dai pensieri strazianti che
ottenebravano il suo cuore.
Dopo un tempo lunghissimo
e infinito, Erik fu finalmente appagato e lentamente scivolò in un sonno
tranquillo, stringendo tra le braccia Tiago. Il giovane spagnolo era sfinito
eppure felice, tuttavia non riusciva ad addormentarsi, l’ansia per non essere
ancora riuscito a trovare un rimedio per ridare la vista all’uomo che amava lo
tormentava. Aveva provato di tutto, ricordando tutte le erbe che Inés gli aveva
fatto conoscere, tutte le guarigioni apparentemente impossibili che lei aveva
ottenuto… forse non era stato abbastanza attento, forse non era esperto come
lei? Oppure, e questo gli raggelò il sangue nelle vene, oppure lui non poteva
curare gli occhi di Erik perché quello che gli era accaduto non era frutto di
una malattia, di un’infezione o di un avvelenamento? Tiago aveva paura di
scoprirlo perché ciò avrebbe significato che Ingrid non aveva usato erbe
tossiche, bensì un vero e proprio maleficio e lui avrebbe dovuto spezzarlo.
Ingrid
potrebbe aver usato la magia nera contro Erik, pensò
il ragazzo, terrorizzato all’idea di confrontarsi con quel mondo malvagio e
oscuro che Inés sapeva contrastare ma che lui aveva sempre fuggito, sentendosi
troppo piccolo e fragile per combatterlo. Eppure, se davvero era stato un
incantesimo ad accecare Erik, non aveva scelta: per guarirlo avrebbe dovuto
farsi forza, attingere a tutte le energie positive dell’universo e immergersi
in quella terribile, spaventosa e malvagia oscurità.
Se
le mie erbe e i miei rimedi hanno fallito non può che essere così e in fondo al
cuore lo sapevo, l’ho sempre saputo, ho visto cosa è capace di fare Ingrid e
che potere tenebroso può evocare… Devo sapere, devo esserne certo e poi… e poi…
E poi Tiago era
consapevole che non avrebbe risparmiato niente pur di restituire la vista a
Erik.
Stretto al suo corpo
solido, tra le sue braccia possenti che lo avvolgevano, il ragazzo si concentrò
profondamente per riuscire a sentire dove esattamente si trovasse ciò che
bloccava Erik, quello che lo torturava e che gli aveva spento la luce degli
occhi. Cercò di percepire le energie vitali dell’uomo, quello che in un
linguaggio moderno definiremmo aura,
e seppe: non c’era niente che non andava in Erik, nulla di malato nel suo corpo
o nel suo sangue, non c’erano veleni o infezioni che lo opprimessero.
L’oscurità che lo aveva condannato a quella terribile condizione gravava su di
lui, non era dentro di lui, era qualcosa che lo colpiva dall’esterno… era una
maledizione, un sortilegio tenebroso evocato dalla strega.
Un cupo orrore si
impadronì di Tiago quando uscì dal suo stato di concentrazione e si rese conto
che avrebbe dovuto lottare con le forze del male se voleva davvero aiutare
Erik.
Ma
io… io non ho mai tentato qualcosa di simile prima, io sono un guaritore, non
uno stregone, io… non so se riuscirò ad essere forte abbastanza o se saranno le
forze oscure a inghiottirmi…
Tiago alzò lo sguardo
verso Erik, lo vide tranquillamente addormentato dopo la passione e il piacere
che li avevano uniti, vide come sarebbe potuto essere se fosse guarito e avesse
ripreso la sua vita di sempre accanto a Bjorn e alla gente che credeva in lui.
Si morse il labbro inferiore e si strinse ancora di più al petto dell’uomo,
lasciandosi invadere dal suo calore per darsi forza e coraggio: sì, avrebbe
tentato in tutti i modi, avrebbe rischiato la sua stessa vita, avrebbe
combattuto fino all’ultima stilla di energia pur di ridare la vista a Erik. Non
importava cosa sarebbe accaduto, quello che contava era che Erik vedesse di
nuovo, non ce la faceva più a vederlo così depresso e arreso, chiuso in se
stesso, che riprendeva vigore solo e soltanto nei loro momenti intimi, non era
giusto, non poteva accettarlo. Erik era l’uomo che amava e lui avrebbe
affrontato l’Inferno intero pur di restituirgli la vista e la sua vita!
Presa la sua
decisione con determinazione, il giovane spagnolo riuscì finalmente a prendere
sonno, abbandonato fino quasi a scomparire nell’abbraccio di Erik.
La mattina dopo fu l’uomo a svegliarsi per primo e,
ritrovandosi Tiago incollato addosso, cominciò a baciarlo e ad accarezzarlo,
imparando di nuovo a conoscere ogni centimetro del suo giovane corpo minuto con
la bocca e le mani. Lo baciò a lungo, ripetutamente, intimamente mentre il suo corpo gridava di desiderio, poi lo prese e si
perse in lui, le loro membra si allacciarono in un’appassionata danza d’amore;
Tiago si risvegliò in quell’amplesso passionale e ardente, stordito dal piacere
e ancora illanguidito dal sonno, rispose con dolce generosità ad ogni assalto e
desiderio di Erik, i loro corpi che si fondevano più e più volte fino a
divenire una cosa sola.
Un’altra cosa che
Erik non era solito fare era rimanere abbracciato al compagno o alla compagna
con cui condivideva il letto dopo l’amore, naturalmente non aveva mai avuto una
persona con la quale sentirsi davvero in intimità e per questo non gli era mai
venuto spontaneo prima, al contrario gli piaceva molto stringere Tiago a sé,
continuare a baciarlo e coccolarlo anche dopo aver soddisfatto l’urgenza del
desiderio. Così il ragazzo ebbe l’occasione di parlargli di ciò che aveva
scoperto e che aveva deciso.
“Erik, oggi io sarò
molto impegnato per una cosa che poi ti spiegherò” gli disse. “Vuoi che ti
aiuti ad alzarti e a vestirti per andare nella Sala Grande? Ci sono molte
novità e penso proprio che Bjorn sarebbe felice di poterne discutere con te.”
L’uomo, tuttavia, non
si lasciò sviare dalla proposta di Tiago.
“Per prima cosa
spiegami tu cosa hai intenzione di fare, poi deciderò se recarmi o meno in Sala
Grande” rispose subito.
“Beh, io… insomma,
non c’è un modo facile per dirlo. Ho scoperto che è stata Ingrid ad accecarti,
è solo colpa sua se adesso sei in queste condizioni” spiegò il giovane
spagnolo.
Gli occhi di Erik non
vedevano, erano vitrei e lattiginosi, eppure a Tiago parve di scorgere comunque
un’ombra di malinconica consapevolezza nella sua espressione e in ciò che
restava del suo sguardo.
“L’avevo immaginato,
non poteva essere una coincidenza” replicò, a bassa voce. “Tu avevi ragione su
tutto, Tiago, avrei dovuto ascoltarti invece di rincorrere delle sciocche
ambizioni. E cosa mi ha fatto? Mi ha avvelenato? Mi ha sparso qualche polvere
tossica sugli occhi mentre dormivo?”
“Avrei voluto che
avesse fatto questo” sospirò Tiago, stringendosi a lui, “se fosse stato così i
miei rimedi ti avrebbero già guarito. Invece, purtroppo, si tratta di un
sortilegio, un rituale di magia nera…”
“Che sciocco, eppure
me l’aveva anche detto che avrei dovuto aver paura di stare con una strega”
commentò con amarezza Erik. “Quindi non hai modo di guarirmi, è così?”
“Invece sì, ce l’ho!”
esclamò il ragazzo, straziato nel vedere Erik così deluso e scoraggiato. “Lei
fa i suoi incantesimi nel luogo in cui ti ho portato quella sera, utilizza gli
spiriti dei morti in battaglia per le sue maledizioni, quindi sicuramente ha
compiuto là anche il sortilegio con cui ti ha tolto la vista. È proprio questo
che devo fare oggi: andrò laggiù e attingerò alle energie delle cose e della
natura per avere la visione di Ingrid mentre compiva il rituale; a quel punto
scoprirò dov’è nascosto l’oggetto maledetto e lo distruggerò. Non appena quell’oggetto
sarà scomparso, tu recupererai la vista.”
“Quindi, a quanto
pare, sei anche tu una specie di piccolo stregone” scherzò Erik,
scompigliandogli i capelli in un gesto affettuoso. Lui stesso si stupiva di
essere così legato a quel ragazzino, fino a quel momento le uniche persone per
le quali avesse davvero provato affetto erano Bjorn e Gunnhild… ma Tiago era
sempre così dolce e buono e ogni volta scopriva qualche particolare che lo
rendeva ancora più speciale. “Messa così sembra facile, ma i rituali di magia
nera sono molto pericolosi, sei sicuro che non rischi niente andando laggiù e
avvicinandoti a quegli oggetti?”
Tiago non ne era
sicuro proprio per niente e anzi aveva molta paura, ma voleva rassicurare Erik.
“Le energie positive
dell’Universo sono molto più forti di quelle oscure, la terra e la natura
portano la vita, quindi gli spiriti malvagi e quelli dei morti non possono
niente contro di esse” rispose, mostrandosi molto più determinato di quanto non
fosse. “Forse non riuscirò subito, ma solo perché devo fare pratica, so che
posso farcela e che tu vedrai di nuovo!”
Erik lo attirò a sé e
lo baciò, questa volta non con foga e ardore bensì in modo languido e intimo, un
modo per unirsi il più possibile al ragazzo.
“Va bene, ma stai
attento a non commettere il mio stesso errore” gli disse poi. “Sai che devi
tornare da me, come potrei fare se ti succedesse qualcosa? Chi si occuperebbe
di me?”
Non era quello che
Erik pensava veramente, ma per qualche motivo non voleva ammettere così presto
davanti a Tiago quanto tenesse a lui e quanto fosse preoccupato!
“Lo so che devo stare
attento” replicò Tiago, “devo tornare da te e devo ridarti la vista, perciò
sarò molto prudente. Allora, vuoi che ti aiuti ad alzarti e vestirti?”
“No, preferisco
aspettarti qui, tanto tornerai presto, no? Sai che devi tornare presto da me,
che io sono qui ad attenderti” fece Erik, baciando ancora Tiago senza decidersi
a lasciarlo andare.
“Tornerò presto”
promise il ragazzo, con una sicurezza che non provava affatto. Trasse forza da
quell’ultimo abbraccio e bacio di Erik, poi si alzò e si vestì velocemente per
iniziare la sua missione.
E già sapeva che
sarebbe stata dura e avrebbe richiesto anche la più piccola stilla della sua
energia e della sua forza…
I'm in a cave of man-made misery
Digging a grave for myself and my enemies
Of all the dark things that keep me wasted
You're the sweetest I've ever tasted
Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side
Just another night in my pitch black paradise
Don't wanna cry so I gotta get paralyzed
Don't waste your prayers, they can't save us
Lifestyles of the sick and dangerous
Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side…
(“Dark side” – Blind Channel)
Tiago era da solo nella piana in cui si era
svolta la grande battaglia tra Norreni e Rus’ e dove aveva visto Ingrid
compiere i suoi rituali oscuri. Aveva scelto di andarci di mattina, in un
momento in cui il sole brillava, sperando che in questo modo l’energia
dell’Universo sarebbe stata più forte e potente e l’oscurità non avrebbe potuto
sopraffarlo, tuttavia era terrorizzato e doveva fare violenza a se stesso per
muovere un passo dopo l’altro e portarsi verso il luogo in cui la strega faceva
i suoi incantesimi. Respirò a fondo, fece un ultimo passo e si fermò proprio
nel punto incriminato, chiudendo gli
occhi e cercando di concentrarsi a fondo per poter visualizzare il sortilego
compiuto da Ingrid contro Erik.
Nonostante fosse pieno giorno, Tiago si sentì
sprofondare nel buio, un vento gelido e maligno gli si insinuava sotto i
vestiti e gli artigliava il cuore come una morsa. Il ragazzo annaspò,
sconvolto, la tentazione era quella di fuggire il più lontano possibile ma
cercò di resistere, non poteva cedere, non poteva, doveva sapere per ridare la
vista a Erik. Tentò di escludere ogni altro pensiero e sensazione fisica per
accrescere la concentrazione e, finalmente, iniziò a visualizzare qualcosa…
solo che non era Ingrid mentre faceva l’incantesimo per accecare Erik, era sì
Ingrid, ma la Ingrid che aveva visto quella prima notte, discinta, con il volto
e il corpo dipinti di bianco e nero. La vide evocare gli spiriti dei morti e,
cosa ancora più agghiacciante, in quello stato di alterazione mentale Tiago
vide anche gli spiriti da lei evocati: scheletri ghignanti rivestiti solo di
qualche brandello di veste, uomini orrendamente feriti che esponevano le loro
mutilazioni, figure ammantate di nero che danzavano attorno alla strega… e
un’atmosfera permeata di un odio terribile, di una rabbia incontenibile e
incontrollata, di un folle desiderio di uccidere, massacrare, schiacciare.
Tanta violenza fu troppo per il giovane spagnolo che, con un urlo disperato,
corse alla cieca fuori dal luogo maledetto e, quando fu sicuro di essere
abbastanza lontano, si gettò sull’erba ansimando e cercando di riprendersi.
Solo dopo un tempo che gli parve infinito
Tiago riuscì a rialzare la testa, sforzandosi di respirare normalmente per
calmare il cuore che gli pulsava impazzito e gli faceva scoppiare le tempie, un
filo di sangue gli usciva dal naso e il ragazzo si sentiva pesto e dolorante
come se fosse stato preso a bastonate.
“È orribile, è spaventoso, non credevo che…
non ho la forza, io non sono come Inés” mormorò tra sé, angosciato anche solo
all’idea di doversi recare ancora una volta in quel posto e tentare ancora di
visualizzare Ingrid. “Ma… ma Erik conta su di me. Se non lo faccio io, nessuno
lo aiuterà e lui resterà cieco per sempre. Non posso permetterlo, non posso!”
Affondò le mani nel terreno, riempiendole di
terra ed erba. La terra, l’aria, l’acqua, il fuoco, la forza della natura
attorno a lui. Certo, quello era un luogo che aveva visto morire tanta gente,
il terrore e l’odio di chi aveva combattuto aleggiava ancora ed era da quello
che Ingrid traeva la sua forza, ma per Tiago era l’opposto, lui attingeva alle
energie buone, luminose, positive della natura e cercava di riempirsi di esse
il più possibile prima di tornare di nuovo nella zona dei rituali e tentare ancora
di visualizzare Ingrid e il suo sortilegio contro Erik. Tremante e indebolito,
ma determinato a farcela, Tiago si alzò in piedi, si asciugò il sangue con la
manica della camicia e si diresse ancora una volta verso il campo di battaglia.
Questa volta, quando giunse nel luogo in cui aveva visto Ingrid, si mise in
ginocchio e di nuovo affondò le mani nel terreno, in profondità, per toccare la
terra e sentire l’energia della natura invece dell’orrore che vi si era
sovrapposto. Ancora una volta l’oscurità lo sommerse, il gelo sembrò volergli
fermare il cuore, ma Tiago si oppose, le unghie conficcate nella terra… e
questa volta le visioni spaventose si allontanarono, restarono sullo sfondo. Il
ragazzo vide Ingrid che prendeva un pezzo di corteccia d’albero e che,
pronunciando strane frasi, si incideva le mani con un coltello per bagnarne la
corteccia, vi aggiungeva semi schiacciati e altri strani intrugli e poi vi
conficcava dei chiodi, dicendo qualcosa come Questo chiodo nell’occhio di… ma non riuscì in alcun modo a
visualizzare dove la donna avesse collocato il manufatto maledetto. Si sforzò
ancora, ma fu tutto inutile, alla fine ebbe un capogiro e dovette allontanarsi
di nuovo dalla zona dei rituali, lasciandosi cadere a terra con la testa che
gli scoppiava e il sangue che, ancora una volta, gli usciva dal naso.
Era chiaro che non avrebbe potuto fare tutto
in quel primo giorno, tuttavia era abbastanza soddisfatto: aveva superato la
paura e l’angoscia che provava nel confrontarsi con le forze dell’oscurità ed
era perfino riuscito a vedere che tipo di incantesimo avesse fatto Ingrid e
come fosse fatto l’oggetto. Ora doveva riposarsi per essere più lucido e forte
e, il giorno successivo, avrebbe sicuramente visualizzato anche l’ubicazione
dell’oggetto che aveva maledetto Erik, lo avrebbe distrutto e l’uomo sarebbe
tornato a vedere.
Lentamente e stancamente riprese la strada
verso la dimora regale, contento di poter dare qualche buona notizia a Erik che
lo attendeva.
Non sapeva, però, che Ingrid aveva visto
tutto. La strega era andata nel bosco a raccogliere bacche e funghi velenosi
per i suoi sortilegi e aveva notato Tiago, così lo aveva seguito e, ovviamente,
aveva capito subito cosa aveva compiuto il ragazzo.
“Non sapevo che anche quel ragazzino spagnolo
avesse dei poteri” mormorò tra sé, “chissà fino a che punto è riuscito a capire
cosa ho fatto. Comunque sia, se continuerà così troverà l’oggetto che ho
maledetto e potrà ridare la vista a quel mostro di Erik, non posso
permetterglielo!”
Ingrid, tuttavia, non era veramente malvagia
e non voleva fare del male a Tiago. Se avesse voluto stare sul sicuro avrebbe
potuto ucciderlo, ma sapeva che il ragazzo era stato uno schiavo proprio come
lei, forse non aveva vissuto le esperienze terribili che le erano toccate e i
Lothbrok lo avevano sempre trattato bene, tuttavia era stato strappato alla sua
terra ancora bambino e portato in un mondo sconosciuto, dove doveva obbedire a
qualsiasi ordine. No, lei non avrebbe mai fatto veramente del male a uno che
era stato schiavo come lei! Poteva, però, cercare di indebolirlo in qualche
modo, magari riuscire a fargli bere una pozione che lo avrebbe fatto stare male
per qualche giorno… e magari a quel punto gli sarebbe passata la voglia di
aiutare Erik. Che poi, possibile che proprio non capisse che quell’uomo era un bastardo,
che aveva maltrattato, violentato e anche ucciso degli schiavi come loro?
Eppure aveva trattato male anche lui, lo aveva fatto essere il suo schiavo da
letto e lo aveva umiliato e mortificato e adesso, solo perché faceva il gentile
e l’indifeso per farsi aiutare, Tiago si lasciava incantare da lui? Piccolo
sciocco ingenuo, ci avrebbe pensato lei ad aprirgli gli occhi. Che paradosso:
aveva accecato Erik per renderlo dipendente da tutti, fragile e inutile e ora
doveva invece aprire gli occhi a
Tiago per fargli comprendere chi fosse davvero il mostro di cui si era…
innamorato? Era forse possibile amare uno come Erik? Che schifo! Lei aveva
dovuto fare una violenza incredibile su se stessa anche solo per sopportare di
passarci una notte e ci era riuscita soltanto perché già pianificava ciò che
gli avrebbe fatto e quel ragazzino… lo voleva davvero, lo amava, provava piacere a stare con lui? Le sembrava una
follia…
E in Wessex cosa stava accadendo? Ivar,
Aethelred e i loro uomini erano sbarcati sulla costa e avevano iniziato ad
addentrarsi nelle foreste a cavallo, sperando di imbattersi in Harald e i suoi
che non potevano essere molto lontani. Cavalcando lentamente e guardandosi
intorno, avevano scorto più di una volta le rovine di villaggi incendiati,
ormai deserti, uno spettacolo desolante. Chissà se si trattava delle case dei
Sassoni attaccate dai Vichinghi di Harald o di quelle dei coloni Norreni
distrutte per rappresaglia da Re Alfred?
“Non era certo questo che Alfred e io avevamo
progettato quando lui stipulò l’accordo con i Vichinghi e concesse loro le
terre della Northumbria” sospirò Aethelred, tristemente. “Sarebbe dovuto essere
un luogo di pace e di solidarietà, un luogo dove chiunque potesse sentirsi ben
accetto e costruirsi una casa e una famiglia, a prescindere da quale religione
professasse. E invece… Vorrei poter dare la colpa a Harald, sarebbe facile
prendersela solo con lui per aver dato inizio a tutto con le sue razzie, ma una
rappresaglia contro i coloni Norreni… no, non la concepisco, non è così che
ragioniamo noi.”
Ivar era rattristato nel vedere Aethelred
così depresso e sperava di incontrarsi presto con Harald e i suoi uomini per
capirci di più. Invece, all’improvviso, dal folto della foresta sbucarono delle
truppe di soldati Sassoni che, senza tanti complimenti, assalirono i Vichinghi.
Colti alla sprovvista, i Norreni non si lasciarono comunque intimidire.
Hvitserk e Helgi guidarono i cavalli contro i Sassoni, uccidendo tutti quelli
che riuscivano a colpire, mentre i guerrieri e le shieldmaiden tirarono fuori scudi, spade e asce e si gettarono
nella mischia. Un gruppo di guerrieri faceva scudo a Ivar che era sceso da
cavallo e non poteva combattere, non sarebbe riuscito a reggere uno scontro
dovendosi aggrappare alla stampella. Tuttavia il giovane Vichingo si occupava
della strategia e dava ordini ai guerrieri.
“Muro di scudi! Adesso attenti, alla vostra sinistra
c’è un altro drappello di soldati!” urlava, dando indicazioni ai suoi compagni.
Anche Aethelred era sceso da cavallo e si era messo al fianco di Ivar: non
avrebbe mai voluto colpire per primo un Sassone, uno della sua gente, ma lo
avrebbe fatto se fosse stato indispensabile per proteggere Ivar.
“Arcieri, tirate!” ordinò Ivar, ma anche i
Sassoni avevano degli arcieri e, a quanto sembrava, erano più abili di quelli
Norreni. Molti Vichinghi finirono trapassati dalle frecce prima ancora di
riuscire a raggiungere l’esercito nemico. Una freccia uccise il cavallo di
Hvitserk e il giovane rotolò giù, subito pronto però a rimettersi in piedi e ad
affrontare faccia a faccia i suoi avversari con spada e ascia.
Lo scontro era molto violento e lo stesso
Aethelred, pur con riluttanza, si trovò a colpire alcuni dei soldati Sassoni
che erano riusciti ad avere la meglio sul gruppo messo a protezione di Ivar e
che lo avrebbero raggiunto, se non ci avesse pensato lui. Uccidere dei
compatrioti fu brutto, ma ancora più agghiacciante per lui fu sentire l’ordine
perentorio dato dal comandante delle truppe, un uomo a cavallo.
Aethelred rimase sconvolto. Perché l’ordine
era quello di eliminare proprio Ivar? Lui non poteva nemmeno difendersi! Certo,
la sua importanza come stratega era fondamentale, ma non giustificava questo
accanimento. E poi non era mica stato lui a iniziare le razzie contro le coste
del Wessex, perché quindi un tale odio viscerale contro Ivar? Era assurdo,
tutto in Wessex stava diventando sempre più assurdo. Era stato Alfred a
ordinare la morte di Ivar? E perché avrebbe dovuto farlo, visto che era stato
Harald ad attaccare il Wessex per primo e che non sapeva nemmeno se Ivar
avrebbe o meno partecipato alla spedizione?
La cosa si faceva sempre più intricata e la
preoccupazione di Aethelred aumentava, insieme alla rabbia per la vigliaccheria
di quel comandante che mandava i suoi uomini a uccidere un giovane disarmato e
intanto lui non si muoveva dal suo cavallo e non rischiava il combattimento.
Aethelred cominciò a sentirsi meno in colpa quando doveva colpire a morte un
Sassone per difendere la vita di Ivar e, nel frattempo, era sempre più convinto
che qualcosa non andasse, che non fosse Alfred a prendere le decisioni più
importanti, benché fosse lui il Re.
I Sassoni sembravano poter avere la meglio
sui Vichinghi, quando giunse un aiuto insperato: i guerrieri e le shieldmaiden guidati da Harald irruppero
da destra contro l’esercito Sassone e, pur non essendo rimasti in molti, fecero
la differenza: l’effetto sorpresa disorientò i soldati del Wessex e diede nuovo
animo ai Norreni, che raddoppiarono i loro sforzi e travolsero i nemici.
Hvitserk, poi, scagliò la sua ascia contro quel comandante che non la smetteva
di urlare che dovevano eliminare Ivar e lo uccise… dopo di che le truppe
Sassoni furono allo sbando.
“Ritirata, ritirata!” gridarono quelli che
riuscirono a sottrarsi al massacro da parte dei Vichinghi.
Aethelred, però, non era soddisfatto di
quella vittoria, aveva troppi interrogativi e dubbi ed era intenzionato a
saperne di più. Mentre i Sassoni rimasti si ritiravano precipitosamente, si
slanciò verso un soldato che era in fin di vita, lo afferrò per le spalle e lo
scosse.
“Chi vi ha dato l’ordine di uccidere Ivar
Lothbrok? Chi è stato? È un ordine del vostro Re?” gli chiese con foga.
“È stata… è stata la Regina…” mormorò il
soldato. “Ha detto lei di eliminare il demonio pagano… se il demonio morirà… i
Vichinghi ci lasceranno… in pace…”
“Quindi Re Alfred non ha ordinato di uccidere
Ivar? E nemmeno di incendiare i villaggi dei coloni Vichinghi? Rispondimi!”
gridò ancora Aethelred, ma il soldato era già morto e non poteva più dire
niente.
Mentre Hvitserk e Helgi festeggiavano con
Harald e gli altri per la vittoria insperata, Ivar si avvicinò lentamente a
Aethelred che aveva deposto a terra il soldato morto e scrutava verso il bosco
con espressione truce. Mille sentimenti contrastanti si agitavano in lui, ma
forse era la rabbia a prevalere su tutti.
“Cosa c’è, Aethelred?” gli domandò,
mettendosi a sedere accanto a lui.
Il giovane Sassone scosse il capo.
“Temo che le cose siano più gravi di quanto
pensassimo” mormorò, pieno di collera e di dolore. “Credo che mio fratello
Alfred si stia facendo condizionare dalla Regina Elsewith, sua moglie, proprio
come prima si lasciava fin troppo guidare da mia madre. Avevo conosciuto
Elsewith e non mi sembrava una persona malvagia, ma a quanto pare i mesi
trascorsi con mia madre l’hanno cambiata… È stata lei, non Alfred, a mandare
queste truppe per ucciderti, pensa che sia tu il demonio e che, se muori tu, i pagani dovranno arrendersi e
andarsene. Lei non vuole la pace, non vuole che Sassoni e Vichinghi vivano
insieme e collaborino… come mia madre, vuole solo distruggere i pagani. E mio
fratello, a quanto pare, non riesce ad opporsi a lei.”
Ivar non sapeva cosa rispondergli e
comprendeva quanto fosse dura per lui sapere che suo fratello era manipolato
dalla moglie e che il loro sogno di una nazione in cui popoli diversi potessero
vivere uniti si stava sgretolando. Inoltre indovinava anche che quella
situazione riportasse in lui ricordi terribili, i ricordi di tutte le
cattiverie che sua madre aveva fatto a lui…
In silenzio, Ivar si limitò a stringere a sé
Aethelred e giurò che avrebbe fatto di tutto per risolvere quella situazione,
il suo compagno aveva già sofferto abbastanza e, se c’era un’altra che voleva
prendere il posto di Judith… beh, stavolta ci avrebbe pensato lui!
I am imploding, my mind's corroding
This wall of silence is suddenly falling
The wind is blowing, the lightning is coming
I cannot refrain no more
Now take heed for me
You will realize this is
The calm before the storm
Of the feelings untold
Listen to me, in the end
And don't tell me I'm to blame
There's something you should know
Can you hear my unspoken words?
(“Unspoken words” – Temperance)
Nell’accampamento che i Vichinghi avevano
improvvisato in una radura nei boschi del Wessex, Ivar aveva spiegato a tutti
come stavano le cose, che a quanto pareva non era Re Alfred a prendere le
decisioni quanto piuttosto la sua Regina.
“Questa donna sembra avercela particolarmente
con me” commentò ironicamente il giovane, “visto che mi vede come il demonio pagano e probabilmente pensa
che, se morissi io, non ci sarebbero più razzie e villaggi depredati.”
Harald scoppiò in una risata.
“Allora non lo sa che sono stato io a decidere di venire in Wessex a
razziare? E continuerei anche se tu morissi, Ivar, non è che mi si spezzerebbe
il cuore!” celiò.
“Non ne dubitavo” replicò Ivar. “Il punto è
un altro: finché sarà lei ad avere il potere, i coloni Vichinghi non saranno
mai al sicuro qui. Re Alfred aveva donato alla nostra gente le colonie della
Northumbria senza pretendere alcuna conversione o altro e adesso le cose sono
cambiate. Bisogna fare in modo che sia lui a riprendere il potere che gli
spetta.”
“Forse dovrei provare ad andare da lui al
palazzo reale, credo che se gli parlassi…” iniziò a dire Aethelred, ma Ivar lo
interruppe subito.
“Non dirlo nemmeno per scherzo! Sono sicuro
che tu venga subito dopo di me nella lista
nera di questa Regina, in fondo hai lasciato il tuo Paese per venire a
vivere in mezzo ai pagani, per non parlare di quello che fai con un pagano in particolare…”
“Ma che dici, Ivar, ti sembra questo il
momento di parlare di certe cose?” esclamò il Sassone, sconvolto e diventando
rosso fino alla radice dei capelli.
“È solo la verità, noi Vichinghi non ci
vergogniamo di parlare di sesso” ribatté tranquillo il giovane, mentre tutti
gli altri nell’accampamento scoppiavano in grasse risate, alquanto divertiti
dall’imbarazzo evidente di Aethelred. Era vero, tra i Vichinghi non c’erano
pudori, ma Ivar aveva voluto fare quella battuta appositamente per strappare
una risata ai compagni e, soprattutto, per distrarre Aethelred. Non ci pensava
nemmeno a lasciarlo andare da solo al palazzo reale sapendo che c’era in giro
quella pazza, Ivar non aveva conosciuto Judith, ma ne aveva saputo abbastanza
da Hvitserk e dallo stesso Aethelred e, a quanto sembrava, la nuova Regina era
altrettanto fanatica, pazza e crudele. Non le avrebbe mai lasciato mettere le
grinfie sul suo compagno!
“Dovremo trovare un modo di attirare i
Sassoni allo scoperto” riprese poi il Vichingo, “sarebbe assurdo attaccare il
palazzo reale e la città fortificata, siamo troppo pochi e verremmo sconfitti.
Ho deciso di mandare delle spie per osservare quali siano i punti migliori in
cui attirare i soldati Sassoni, poi li massacreremo. Quando saremo noi i
vincitori, potremo dettare le nostre
condizioni.”
Gli altri esultarono e lanciarono grida di
battaglia.
Più tardi, quella notte, Aethelred giaceva
ancora sveglio nella tenda che divideva con Ivar quando si sentì abbracciare
forte dal compagno.
“Ivar… credevo ti fossi addormentato”
mormorò, abbandonandosi a quell’abbraccio che lo faceva sentire meglio, al
caldo, al sicuro, lontano dalle preoccupazioni, anche se solo per qualche
istante.
“Non potevo dormire sentendo che tu eri
agitato” gli disse dolcemente il Vichingo. “Aethelred, lo so cosa ti tormenta,
è vero che sei preoccupato per Alfred, e anche per noi e per tutti i coloni,
che non vorresti mai questo scontro tra il tuo popolo e la gente che ti ha
adottato… ma so che non è tutto qui. So il male che ti ha fatto quella tua
orribile madre e so che adesso ti sembra di rivivere la stessa situazione, solo
che c’è questa Regina al posto di quell’altra.”
Era incredibile come Ivar fosse riuscito a
leggere perfettamente nel suo cuore, indovinando tutto ciò che lo tormentava,
ma forse non era così strano: Ivar era sempre stato arguto, un attento
osservatore dei dettagli, e poi… e poi lo amava, ora Aethelred non aveva più
alcun dubbio. Soltanto il vero amore aveva permesso ad Ivar di comprendere
anche quel suo dolore più intimo e segreto!
“È proprio così, mi sembra che tutto si
ripeta e che sia un incubo dal quale non riesco a fuggire” sospirò il giovane
Sassone, stringendosi di più al compagno. “Mia madre voleva distruggere i
pagani, non capiva perché Alfred volesse fare accordi con loro, poi però è
morta e Alfred ha potuto fare ciò in cui credeva per ottenere la pace. Ora,
però, temo che Elsewith abbia trascorso fin troppo tempo con mia madre che l’ha
indottrinata e fatta diventare come lei… povero Alfred, ero così felice
credendo che avesse una moglie dolce e innamorata!”
“Non tutti possono essere fortunati come te,
non credi?” scherzò Ivar. “Comunque non preoccuparti, vedrai che insieme
risolveremo anche questo problema. Vedi che, alla fine, avevo ragione a voler
partire per il Wessex?”
Ivar cercava ancora una volta di
sdrammatizzare e di togliere quella pena dal cuore di Aethelred. Abbracciandolo
più appassionatamente, lo baciòcome se gli mancasse il respiro, come se solo
incollato alle sue labbra morbide potesse sopravvivere. Senza staccarsi dalla
sua bocca iniziò ad accarezzarlo ovunque e infine si insinuò lentamente nella
sua delicata apertura, sentendolo caldo e stretto e godendo di ogni istante di
quella fusione totale con il suo giovane amante; si mosse in lui con lentezza e
intensità cercando di cancellare ogni confine tra il suo corpo e quello di
Aethelred, per farlo sentire totalmente suo, al sicuro, amato e protetto. Il
giovane Sassone, perduto e travolto, si aggrappava convulsamente alle spalle di
Ivar, lo assecondava e lo accoglieva con amore, sospirando e ansimando nella
sua bocca. Alla fine giunsero entrambi, insieme, all’apice del piacere e
restarono incollati l’uno all’altro, ansanti, lasciando che almeno per quella
notte nient’altro esistesse, niente più Wessex, niente più guerre di religione,
niente più Alfred o Elsewith… soltanto loro, Ivar e Aethelred contro il mondo.
A Kattegat, invece, un Tiago esausto e
tremante era rientrato nella dimora regale dopo aver trascorso un’altra
giornata estenuante nel luogo dei rituali, tentando di visualizzare il punto in
cui Ingrid aveva nascosto l’oggetto maledetto che rendeva cieco Erik. Si stava
dirigendo verso la stanza dell’uomo quando fu fermato da Gunnhild.
“Tiago, sono giorni e giorni che ti sfinisci
per occuparti di Erik” gli disse la Regina in tono materno. “Io e Bjorn siamo
molto felici che ci sia tu a prenderti cura del nostro amico, ma non possiamo
fare a meno di notare che tu stai sempre peggio. Probabilmente non mangi e non
dormi abbastanza, ma così non fai del bene a te stesso e nemmeno a Erik. Se tu
ti ammalassi, chi si occuperebbe di lui?”
“Mia Regina, sei così gentile a preoccuparti
per me, ma io sto bene, te lo assicuro, è solo che…”
“Questa sera voglio che tu venga a cena con
noi, così vedrò con i miei occhi che ti prendi cura anche di te stesso e della
tua salute” disse Gunnhild, decisa. “Anche Erik è il benvenuto, se si sente di
venire. Ci saremo solo Bjorn ed io, e Ingrid, ovviamente, ma non avremo altri
ospiti.”
Ingrid! Soltanto
a sentire il suo nome Tiago represse un brivido. Quel giorno era andato così
vicino a scoprire dove la donna avesse sistemato il suo malefico manufatto...
come avrebbe reagito nel passare una serata intera allo stesso tavolo? Tuttavia
non poteva rifiutare qualcosa alla sua Regina.
“Ne sarò onorato, mia Regina, ti ringrazio
per la tua generosità e spero di riuscire a convincere anche Erik a
partecipare” rispose, cercando di sembrare più convinto e sereno di quanto non
fosse.
Congedatosi da Gunnhild, si avviò verso la
camera di Erik ed entrò silenziosamente.
“Sei tu, Tiago?” domandò l’uomo.
“Sì, sono tornato adesso, scusami se ci ho
messo tanto ma…” rispose il ragazzo, avvicinandosi al letto. In quel momento,
paradossalmente, era quasi sollevato per il fatto che Erik non potesse vedere
quanto fosse stremato e tormentato dalla fatica e dallo spavento che comunque
provava ogni volta che si trovava ad affrontare quelle forze malefiche. Ma
Erik, proprio perché non poteva più vedere, aveva affinato tutti gli altri
sensi e sentiva bene l’ansimare di Tiago, la sua voce debole e tremante, le sue
frasi spezzate. Allungò un braccio e lo attirò a sé, stringendolo tra le
braccia possenti e portandoselo nel letto, accarezzandolo e iniziando a
spogliarlo. Anche se Tiago non voleva rivelargli nulla di quello che faceva,
lui poteva immaginare quanto fosse penoso per il ragazzino spagnolo, ricordava
fin troppo bene la notte in cui proprio Tiago lo aveva portato in quel campo di
battaglia a vedere Ingrid che faceva i suoi spaventosi sortilegi, lui stesso ne
era rimasto sconvolto (anche se non abbastanza da starle lontano, a quanto
pareva…). Come poteva quel giovane fragile e inesperto misurarsi con
incantesimi oscuri pronunciati da una strega che evocava spiriti maligni e
spettri di morti da chissà quanti anni? Ora che il ragazzo era lì, Erik non
voleva perdere niente di lui e voleva fargli sentire la sua vicinanza
nell’unico modo che poteva, visto che non aveva modo di aiutarlo davvero. Così
lo abbracciò, avvolgendolo e stringendolo al torace muscoloso, accarezzandolo
ovunque con voluttà e eccitazione, incollò la bocca alla sua soffocandolo con
un lunghissimo bacio, invadente, profondo e intimo. Voleva possederlo,
riempirlo, conoscere ed esplorare ogni millimetro di lui; si spinse con
irruenza dentro le sue carni, muovendosi sempre più a fondo, cercando di
fondersi completamente con Tiago. Il giovane spagnolo, perduto e travolto, si
aggrappava convulsamente alle spalle possenti di Erik, sospirando e spingendosi
contro di lui, assecondando i suoi movimenti intensi e decisi, accogliendolo
dentro di sé, sconvolto ma felice di sentirsi dominato e attraversato da lui in
modo totale, nel sentirsi completamente in sua balia. Tutto esplose in
un’estasi totale di passione e i due rimasero con i corpi nudi intrecciati e
incollati l’uno all’altro, finché Erik non sentì di nuovo montare l’urgenza del
desiderio e non riprese a possedere Tiago, a baciarlo profondamente e
intimamente, ad affondare in lui ancora e ancora e ancora, per un tempo
infinito e senza mai stancarsi di lui, del suo sapore, del suo corpo minuto e
liscio.
“Poi… se volessi… la Regina Gunnhild ci ha
invitati entrambi alla sua tavola… me lo dici tu se vuoi andarci e quando?”
mormorò il ragazzo, esausto e disfatto dal piacere dopo tanti amplessi pieni di
ardore. Intenerito ed eccitato dalla tenerezza di Tiago, Erik lo baciò ancora,
divorandogli la bocca, ma stavolta si trattenne da tutto il resto e,
scompigliandogli i capelli, si staccò da lui sorridendo.
“Un invito da Bjorn e Gunnhild non si può
rifiutare” rispose. “Credo che stasera mi deciderò a vestirmi e a unirmi a
tutti voi per la cena.”
Tiago era felice che Erik avesse preso quella
decisione, che finalmente uscisse da quel letto dove temeva che potesse
deprimersi, che parlasse di nuovo con altre persone… Erik, però, aveva deciso
di farlo soprattutto per distrarre il ragazzo e per fare in modo che, almeno
per una sera, mangiasse a sufficienza. Tiago si occupava di lui totalmente e
sembrava non pensare affatto a se stesso, ma così facendo avrebbe finito per distruggersi.
Erik, che non aveva mai provato veri sentimenti d’amore in vita sua, pensava
che il suo fosse solo sano egoismo: Tiago gli piaceva e si prendeva cura di
lui, perciò voleva che stesse bene e non aveva intenzione di perderlo, ma forse
c’era qualcosa di più di cui l’uomo non era consapevole, un calore che si
irradiava in tutto il corpo e pareva illuminarlo dentro anche adesso che non
poteva più vedere.
Tiago stava diventando sempre più importante
per lui!
Così, quella sera, Bjorn e Gunnhild si ritrovarono
con Ingrid, Erik e Tiago al loro tavolo. Bjorn approfittò dell’occasione per
cercare di distrarre Erik e di farlo sentire partecipe, raccontandogli di
quello che stava accadendo in Wessex; Gunnhild, invece, teneva sott’occhio
Tiago e si assicurava che mangiasse abbastanza, che potesse scegliere tutto
quello che preferiva e che potesse riposarsi e rilassarsi.
In tutto ciò Ingrid era irritata per il fatto
di dover cenare con Erik e ancor di più perché Bjorn gli parlava come se fosse
ancora il suo braccio destro, il suo fido consigliere, invece di farlo sentire
inutile, invalido e emarginato come lei avrebbe voluto. Tuttavia si rese conto
che quella era anche un’occasione imperdibile per causare un piccolo malessere
a Tiago, qualcosa che non gli avrebbe nuociuto troppo ma che, perlomeno per
qualche tempo, lo avrebbe tenuto lontano dal luogo in cui lei eseguiva i suoi
rituali. La donna sperava che, sentendosi debole e malato, il ragazzo avrebbe
avuto paura, credendo magari che gli spiriti dei morti gli avessero fatto del
male, e avrebbe quindi desistito dalla sua missione
di ridare la vista a Erik. Approfittando di un momento in cui Gunnhild era
voltata verso il marito, con rapidità e abilità soffiò una polverina misteriosa
sul cibo di Tiago…
A parte questo spiacevole incidente di cui
nessuno si accorse, almeno non in quel momento, la serata si svolse
piacevolmente. Bjorn e Gunnhild erano felici di avere finalmente qualcuno con
cui parlare, dopo giorni e giorni in cui si erano confrontati soltanto tra di
loro: si erano accorti ben presto di quanto mancassero Aethelred, Hvitserk e
Helgi, che in modo diverso ma complementare contribuivano attivamente al
governo di Kattegat; per Odino, Bjorn si era ritrovato a desiderare persino le
battute sarcastiche e pungenti di Ivar pur di sentire una voce familiare! E
questo la diceva tutta… Erik aveva quasi dimenticato la sua invalidità potendo
ascoltare gli avvenimenti degli ultimi giorni, ciò che aveva spinto anche Ivar
e gli altri a partire per il Wessex, lo strano comportamento vendicativo di Re
Alfred, ed era stato contento rendendosi conto che Bjorn e Gunnhild lo volevano
comunque al loro fianco, che per loro non contava che vedesse o meno, era
comunque un amico e un consigliere prezioso. E Tiago… beh, Tiago aveva mangiato
bene e tranquillamente come non faceva da chissà quanto tempo ed era
felicissimo di vedere Erik così a suo agio, addirittura sorridente, mentre
parlava con Bjorn e Gunnhild. Silenziosamente, giurò ancora una volta che
avrebbe affrontato qualsiasi terrore, difficoltà o fatica pur di restituire la
vista all’uomo.
Conclusa la bella serata, Tiago riaccompagnò
Erik in camera sua e lo aiutò a svestirsi e rimettersi a letto, ma… come ci si
poteva immaginare, l’uomo approfittò della prima occasione per prendere il
giovane spagnolo tra le braccia e svestire anche lui, infilandolo sotto le
lenzuola con sé. Gli assalti amorosi di Erik erano sempre tanto fulminei e
impetuosi che lasciavano Tiago senza fiato e gli facevano perdere completamente
l’orientamento, non sapeva più dove, chi, cosa, come fosse, sentiva solo Erik
sopra di lui, dentro di lui, che lo baciava nel modo più invadente e intimo
possibile e lo toccava ovunque, usando tutti i sensi che gli erano rimasti per
stamparsi nella memoria il suo piccolo e tenero amante. Ancora una volta Erik
lo prese, invaso da un’eccitazione che non poteva più trattenere e che sfogò in
lunghi e sempre più appassionati amplessi, continui assalti amorosi di cui non
si stancava mai, anzi, avrebbe voluto addirittura scivolargli sotto la pelle,
diventare carne della sua carne, un tutt’uno con Tiago. Solo dopo molto tempo
Erik si ritenne sazio e si fermò, stringendo il ragazzo in un abbraccio
avvolgente che incatenava insieme i loro corpi, perché anche prima di
addormentarsi l’uomo voleva sentire che Tiago era lì, che nessuno glielo
avrebbe portato via, che non gli sarebbe accaduto niente di male. Si rendeva
conto con stupore che per la prima volta conosceva davvero il significato dell’espressione
fare l’amore, che era tutto
completamente diverso da ciò che aveva fatto con Ingrid e con qualsiasi altra
schiava o schiavo prima di Tiago, stava imparando che i momenti di tenerezza dopo
l’amore lo riempivano di calore e soddisfazione quasi come i piaceri della
passione in cui si era perduto poco prima e che l’abbraccio spontaneo e
affettuoso del giovane spagnolo era probabilmente la cosa più bella che gli
fosse mai capitata. Quel ragazzino era l’unico che lo facesse sentire davvero
vivo, accettato, accolto e completo, anche adesso che era cieco.
E Tiago, ancora frastornato da tanti e
impetuosi rapporti carnali e stanco per la giornata lunga ed estenuante, si
strinse al petto di Erik con il cuore che gli batteva fortissimo, il respiro
affannoso, ogni fibra del corpo ancora fremente per il contatto con lui.
Sentiva le tempie pulsargli e un fastidioso cerchio alla testa, ma attribuì il
malessere alla stanchezza e allo sforzo di concentrarsi per visualizzare l’oggetto
maledetto, si affidò ancora di più all’uomo che amava e, lentamente, si lasciò
cadere in un sonno non del tutto tranquillo.
La polverina di Ingrid stava iniziando ad
avere effetto, solo che lui non poteva saperlo…
Sea
give us your strength Lead the way Moon give us your light Show us the way Wind give us a hold When the time comes Home give us a reason to fight We're fighters, we're reckless Hey ho we're so fearless We're after Fame & Gloria We're drinking, we're tempting Hey ho we're singing We are enchanted warriors In the end you will hoist your banner!
(“Fame
& Gloria” – Amberian Dawn)
Quella notte Tiago si svegliò con un dolore
fortissimo alla testa, fitte lancinanti che lo strapparono al sonno e lo
portarono ad agitarsi nel letto, spaventato, svegliando così anche Erik.
L’uomo, non vedendo cosa stava accadendo, si preoccupò ancora di più del
normale, anche perché ricordava che lui stesso si era svegliato all’improvviso,
la notte in cui aveva dormito con Ingrid, con dolori lancinanti alla testa e
agli occhi e poi si era ritrovato cieco. Possibile che adesso anche Tiago
dovesse subire lo stesso terribile destino?
“Tiago, che ti succede? Tiago!” esclamò,
abbracciando forte il ragazzo.
Il giovane spagnolo si strinse a lui e,
assurdamente, cercò di rassicurarlo sebbene fosse lui quello che stava male.
Indovinava, tuttavia, quello che Erik stava rivivendo, quei momenti atroci in
cui era stato privato della vista, perciò voleva tranquillizzare lui prima
ancora di riuscire a sentirsi meglio. Nel suo cuore Erik veniva sempre per
primo…
“Ho un forte mal di testa, Erik, è stato
questo a svegliarmi” gli disse, cercando di mantenere un tono pacato, “ma non
devi preoccuparti, di sicuro si tratta solo di stanchezza. Sai, devo
concentrarmi molto per riuscire a visualizzare quell’oggetto maledetto che ti
ha reso cieco, mi sforzo tanto e questo mi sfinisce, perciò adesso ho mal di
testa. Mi preparerò una tisana, poi cercherò di riposare e domattina sarà già
passato tutto.”
“No, non lo credo affatto” reagì Erik con
veemenza. “Anche per me è iniziato così e poi mi sono ritrovato cieco: è stata
quella maledetta strega di Ingrid, ha fatto un sortilegio anche contro di te
perché non vuole che tu mi guarisca! Quella dannata, se solo potessi vorrei
strangolarla con le mie mani…”
“No, Erik, no!” mormorò Tiago, adesso davvero
terrorizzato e abbracciandolo. Sapeva fin troppo bene che Erik, quando si
metteva qualcosa in testa, di solito combinava un disastro… e dopo a lui
toccava rimediare! “Non è un sortilegio e non mi sento così male, con un
decotto e un po’ di riposo mi passerà tutto, vedrai. Tu non devi assolutamente
avvicinarti a Ingrid, hai già sperimentato quanto sia pericolosa!”
Detto questo e sperando che almeno stavolta
l’uomo lo ascoltasse, Tiago si alzò dal letto per prepararsi un veloce rimedio
con le erbe che aveva a disposizione, qualcosa che potesse alleviare almeno un
po’ il cerchio alla testa che lo tormentava. Dopo aver bevuto la tisana tornò a
letto e allora Erik lo attirò nuovamente a sé, lo baciò lungamente e
profondamente e poi entrò in lui, possedendolo con foga disperata come se
quello fosse il modo per dargli forza ed energia, come se volesse sentirsi
completamente unito e fuso con lui per non lasciare che Ingrid glielo
strappasse dalle braccia. Dopo quel tormentato amplesso l’uomo non volle
risolversi a lasciar andare il ragazzo, anzi, con un fare insolitamente dolce e
tenero per lui, lo chiuse nel cerchio protettivo delle sue braccia e,
accarezzandogli i capelli, gli coprì la fronte e il viso di piccoli baci,
comprendendo per la prima volta quanto niente al mondo avrebbe mai più avuto
senso se lo avesse perso e deciso a fare in modo che questo non avvenisse mai.
La passione e il piacere finirono per
stancare così tanto Tiago da farlo cadere addormentato tra le braccia muscolose
di Erik, protetto e riscaldato dalla sua stretta poderosa e avvolgente. L’uomo,
tuttavia, continuava ad essere convinto che la colpa di tutto fosse di Ingrid e
rimuginava su ciò che avrebbe dovuto farle per essere sicuro che non potesse
nuocere al ragazzo.
È tutta colpa di quella strega malvagia e questa volta ci
penserò io a risolvere tutto, non posso permettere che faccia del male anche a
Tiago. La farò uccidere, sì, troverò qualcuno che lo faccia per me e così,
quando sarà finalmente morta, i suoi sortilegi scompariranno con lei, io
ritroverò la vista e Tiago starà bene!
Sì, beh, diciamo che le intenzioni di Erik
erano anche buone, ma non aveva ancora capito che era stato lui l’artefice
delle sue disgrazie, che le sue mosse impulsive e dissennate lo avevano portato
dov’era in quel momento… e che, ovviamente, anche l’idea di corrompere qualcuno
perché uccidesse Ingrid si sarebbe rivelata un’enorme idiozia!
Il mattino seguente Tiago si svegliò
sentendosi molto debole ma, per fortuna, il dolore pulsante alla testa era
diminuito. Si mosse tra le braccia di Erik cercando di alzarsi, ma l’uomo lo
trattenne e lo inchiodò ancora una volta contro il suo petto.
“Erik, devo alzarmi, ormai sono molto vicino
a visualizzare il luogo in cui l’oggetto maledetto è nascosto, magari ci
riuscirò oggi stesso e tu vedrai di nuovo!” gli disse, tentando inutilmente e
con ben poca convinzione di liberarsi dalla sua stretta.
“Questa notte sei stato male e sento dalla
tua voce che sei ancora stanco” replicò Erik, “non ti lascio andar via così
presto, devi riposare. Dovresti passare tutta la giornata e la notte che verrà
a letto con me, nudo, a fare l’amore per riprenderti.”
Chiaramente Erik aveva un modo tutto
personale di intendere le cure e il riposo per una persona affaticata!
“Vorrei poter restare ancora a riposare, ma
non sarò in pace finché non ti avrò ridato la vista e sento di esserci così
vicino” insisté Tiago, mentre le carezze e i baci di Erik cominciavano a fargli
perdere molte delle sue certezze e lo lasciavano sempre più sconvolto e
tremante. Sentiva la sua bocca percorrergli il collo, il mento e poi tornare di
nuovo alle sue labbra morbide e schiudergliele per baciarlo nel modo più intimo
e languido possibile, sentiva le sue mani accarezzarlo e sfiorarlo ovunque,
anche nei punti più delicati, e non riusciva a staccarsi da lui. Alla fine Erik
affondò di nuovo in lui e lo possedette ancora e ancora, come se non ci fosse
un domani, facendolo completamente suo, lasciandolo in preda ai brividi del
piacere, al totale sconvolgimento di ogni fibra del suo essere, abbandonato e
perduto completamente in sua balia.
“Adesso… adesso posso alzarmi e provare a
cercare quell’oggetto incantato?” domandò Tiago diverso tempo dopo, ancora
stremato mentre cercava di riprendersi dall’ebbrezza della passione.
Erik lo baciò ancora una volta, avvolgendolo
in un abbraccio che, già da solo, bastava a incendiare il sangue e a far
tremare i polsi del giovane spagnolo.
“Sì, certo, ora puoi andare, ma non
affaticarti troppo, hai capito? Ingrid ti ha sicuramente fatto un incantesimo,
non voglio che ti succeda qualcosa” si accorse di aver parlato troppo e si
corresse in corsa, “devi stare bene e tornare da me, altrimenti io rimarrò
cieco e solo e nessuno se ne preoccuperà.”
Quando Erik parlava così, il cuore di Tiago
mancava un battito e il ragazzo si concedeva il lusso di illudersi che, forse,
l’uomo avrebbe potuto anche volergli bene davvero, non usarlo solamente per il
proprio piacere, che forse un giorno sarebbero potuti essere veramente compagni
e amanti…
“Sarò prudente e cercherò di non stancarmi
troppo” rispose docile Tiago. “Anzi, se riuscissi già oggi a trovare
quell’oggetto e a distruggerlo, poi avrei tutto il tempo per riposarmi e
rilassarmi davvero. Non preoccuparti, tornerò presto.”
Quando fu sicuro che Tiago se ne fosse
andato, Erik si alzò dal letto e, a tentoni, andò alla ricerca di una camicia
per coprirsi, poi chiamò uno dei servi. C’erano sempre dei servitori attorno
alle camere della dimora regale, nel caso uno dei sovrani o qualche altro
nobile avesse avuto un bisogno improvviso, e così il servo arrivò subito.
“Vieni qui, schiavo” disse Erik all’uomo, che
in realtà si chiamava Orlyg e non era affatto uno schiavo, visto che Bjorn
aveva liberato tutti e non esistevano più schiavi a Kattegat.
Orlyg, tuttavia, preferì non discutere con Erik
sulla questione (ormai lo sapevano tutti che opinioni avesse sugli schiavi
liberati, per lui restavano schiavi e
basta, non per niente aveva fatto il trafficante di esseri umani per anni…) e
obbedì, andandosi a sedere accanto a lui sul letto.
“Devi fare qualcosa per me e io farò qualcosa
di molto importante per te” disse l’uomo in tono suadente.
“Cosa devo fare?” domandò il servo, piuttosto
titubante.
“Devi uccidere la Regina Ingrid” dichiarò
Erik senza tanti giri di parole. “Non mi importa come lo farai, mi interessa
solo che tu la uccida il prima possibile e che io non sia coinvolto. Se farai
questo per me, in cambio io parlerò a Re Bjorn, che è un mio caro amico, e lo
convincerò a concederti una proprietà tutta tua, della terra dove vorrai tu,
qui a Kattegat o nel villaggio di Lagertha. In quel modo sarai veramente libero
e potrai avere una tua casa e una tua famiglia. Qui, a prescindere da come
vogliano chiamarti, sei sempre e comunque uno schiavo. Allora, lo farai?
Ucciderai Ingrid?”
Orlyg rimase sconvolto: Erik era forse
impazzito a parlare in quel modo? Come poteva lui uccidere una Regina? Le
guardie lo avrebbero fatto a pezzi, altro che terre e una famiglia sua…
Tuttavia ritenne più prudente non condividere i suoi dubbi con l’uomo e fingere
di volergli obbedire, poi avrebbe trovato il modo di liberarsi da questa
incombenza tanto pericolosa.
“Sì, signor Erik, farò quello che mi chiedi”
rispose. “Ucciderò Ingrid.”
“Molto bene. Adesso vai, nessuno deve vederci
insieme, io non devo essere coinvolto in questo assassinio, trova tu il modo”
disse Erik. “Quando avrò saputo che hai fatto il tuo dovere, parlerò a Bjorn e
tu sarai premiato come meriti.”
Orlyg si congedò, promettendo che avrebbe
trovato un modo per sorprendere Ingrid da sola e ucciderla. Rimasto solo, Erik
sorrise soddisfatto, pensando che, anche se era cieco e non poteva fare niente
per aiutare Tiago, almeno questa volta sarebbe riuscito a ricompensarlo per
tutto ciò che faceva per lui.
Non poteva sapere, quella testa dura, che Orlyg
non aveva la minima intenzione di compiere quello che aveva promesso e che,
anzi, il prima possibile si sarebbe recato da Nissa, una delle serve personali
di Ingrid e che era anche sua amica, e le avrebbe svelato tutto…
Se a Kattegat Erik stava cercando di far
precipitare le cose, Ivar non era da meno in Wessex!
Le sue spie, infatti, avevano scoperto che Re
Alfred aveva lasciato la corte con tutta la sua gente e si erano spostati in
massa verso la roccaforte di Chichester, dove il sovrano Sassone intendeva
chiedere aiuto al vescovo guerriero Aldulf (sì, un altro vescovo guerriero dopo
Heahmund!) e unire le loro forze per sconfiggere definitivamente i pagani.
“Sono più che sicuro che, dietro questa
decisione di tuo fratello, c’è ancora una volta la mano della Regina” disse
Ivar a Aethelred mentre, con tutti i guerrieri e le shieldmaiden riuniti nell’accampamento, si apprestava a spiegare il
piano che aveva in mente. “Da quello che mi hai raccontato di lui non mi sembrava
il tipo da voler spazzare via tutti i Vichinghi, perciò la nostra vera nemica è
la Regina.”
“Può essere” concordò Aethelred, ricordando
quanto avesse ammirato la volontà di Alfred di portare la pace in Wessex tra
Sassoni e Vichinghi. “Quindi cosa intendi fare?”
“Per quanto non mi piaccia più di tanto l’idea
di combattere contro tuo fratello e il tuo popolo, non posso nemmeno permettere
che una fanatica cristiana decida di eliminare tutti i coloni Norreni che vivono
in pace da più di un anno” ribatté Ivar, brusco. “Perciò questo è il piano: per
raggiungere Chichester, la carrozza di Re Alfred e tutta la sua gente dovrà
attraversare un bosco nebbioso e fitto di alberi. Bene, noi ci apposteremo
proprio là e, quando i Sassoni passeranno, sbucheremo dalla nebbia e li
attaccheremo a sorpresa. Sarà una grande vittoria!”
Hvitserk, Helgi e gli altri Vichinghi
esultarono e brindarono alla futura battaglia, mentre Aethelred sembrava molto
scosso. Si alzò in piedi di scatto e rivolse uno sguardo freddo a Ivar.
“Una grande vittoria per chi?” domandò. “Hai
detto di non essere contento di combattere contro mio fratello e la mia gente,
eppure stai progettando un attacco che potrebbe finire in un massacro!”
Ivar era allibito.
“Aethelred, ma cosa altro dovrei fare? I
Sassoni vogliono uccidermi, ce l’hanno con me personalmente e non avranno pace
finché non sarò morto! È dunque questo che vuoi?” ribatté, piccato.
“Mi stai chiedendo di scegliere tra te e la
mia gente, tra te e mio fratello?” esclamò Aethelred, i grandi occhi chiari
pieni di sorpresa e delusione. “Devo accettare di perdere te o lui? Stai forse
mettendo alla prova il mio affetto per te oppure ti interessa soltanto la fama,
essere ricordato come il più grande dei Vichinghi per aver sterminato il popolo
dei Sassoni? Cos’è che vuoi davvero, Ivar?”
E, senza attendere una risposta, il giovane
si allontanò per dirigersi verso la tenda che divideva con il compagno. Ivar
guardò Hvitserk e gli altri come a chiedere loro ma voi ci avete capito qualcosa? Perché io no!, poi andò anche lui
verso la tenda per cercare di chiarirsi con Aethelred.
Qualcosa, tuttavia, gli diceva che non sarebbe
stato affatto facile e anche lui non era del tutto sicuro di cosa avrebbe
potuto dirgli. Era vero, voleva proteggere i coloni Norreni e il diritto dei
Vichinghi di andare a cercare una terra fertile in Wessex per la loro famiglia
e, a dirla tutta, voleva anche fargliela vedere a quei Sassoni che lo avevano
definito il demonio pagano: per lui
era un complimento piuttosto che un insulto, ma non gli era piaciuto il
disprezzo con cui lo avevano detto e si compiaceva al pensiero di mostrare a
quei fanatici quanto fosse spaventoso avere davvero a che fare con il demonio in persona…
Però c’era anche qualcos’altro, ed era quello
il punto sul quale temeva di confrontarsi con Aethelred. Sì, lui desiderava
essere ricordato come uno dei Vichinghi più famosi e temuti, se non come il più
forte e invincibile di tutti, aveva passato tutta la sua vita a desiderare di
essere rispettato, ammirato, conosciuto dal mondo intero e questa, forse, era
la sua più grande occasione. Sconfiggere definitivamente l’esercito dei Sassoni
che, oltre tutto, lo volevano morto e avevano ucciso coloni innocenti, era una
tentazione troppo grande… anche se si trattava del popolo di Aethelred.
Ma Aethelred sarebbe stato in grado di
capirlo? E lui cosa avrebbe fatto se il giovane Sassone gli avesse fatto
scegliere tra lui e una fama imperitura?
Ivar doveva ammettere che non aveva una
risposta sicura a questa domanda.
Capitolo 14 *** Cap. 14: Where is your halo now? ***
Cap. 14: Where is your halo now?
Your hopes are the hopes of the foolish
Your dreams are the dreams of the past
The history teaches you nothing
And that you have, it won't last
Where is your halo
Where is your dignity
Tell me how low can you go
No one can scrape off the rust from your crown
Where is your halo now?
(“Halo” – The Dark Element)
Ivar trovò Aethelred
nella tenda che condividevano, ma il giovane non si voltò nemmeno a guardarlo,
sembrava veramente deluso e addolorato e questa volta il Vichingo capì di
averla combinata davvero grossa! In quel momento, davanti al suo compagno che
evidentemente soffriva molto per quella situazione, Ivar sentì che non c’era
paragone tra le due cose e che stare con Aethelred era molto più importante che
diventare famoso come Ragnar Lothbrok… chissà, però, se esisteva un modo per
ottenere entrambe le cose?
Si sedette accanto a
Aethelred, avvicinandosi a lui il più possibile, e iniziò a parlargli.
“Ci risiamo, eh?
Quando le cose non ti vanno bene tu prendi e te ne vai invece di chiedere
spiegazioni.”
Il Sassone si voltò e
lo fissò duramente.
“Che spiegazioni
dovrei chiederti?” fece, brusco. “Sei stato già fin troppo chiaro. Quello che
ti interessa veramente è diventare il Vichingo più famoso al mondo, il terrore
dei cristiani, e cosa importa se per ottenerlo ci saranno delle persone
innocenti che moriranno? Sono donne e bambini che non ti hanno fatto niente,
certo, ma sono cristiani e quindi sono sacrificabili, non è così? Che stupido
sono, credevo davvero che tu fossi cambiato…”
Ivar trasecolò alle
parole severe del compagno.
“Ma che dici? Sei tu
che sei cambiato, Aethelred!” esclamò. “Da quando siamo in Wessex non sei più
lo stesso, ti preoccupi soltanto dei Sassoni, di tuo fratello, come se avessi
dimenticato quanto sei stato male qui e quanto, invece, sei stato accolto con
affetto dai Vichinghi e da tutta Kattegat! Io non so più nemmeno se t’importa
qualcosa di me o se, invece, preferiresti tornare a vivere a corte…”
“Ah, adesso sarebbe
colpa mia, quindi?” s’inalbero Aethelred. “Sei tu quello che vuole massacrare
persone innocenti e inermi per diventare famoso! Non mi avevi detto che non
avevi più ambizioni, che non ti interessava diventare Re, che era stata Freydis
a condizionarti? Adesso invece vuoi distruggere il Regno di mio fratello e…”
Lo sguardo di Ivar si
era fatto malinconico e fu questo, più di ogni altra cosa, a disarmare la
rabbia di Aethelred.
“Lo vedi che sei
cambiato?” disse in tono amaro. “Sei diverso dal giorno in cui siamo arrivati
in Wessex. A Kattegat eri tu quello che mi difendeva sempre, che cercava il
buono in me, invece ora mi accusi di qualcosa che non ho mai detto. Io non
voglio distruggere il Regno di Alfred e tanto meno voglio diventare Re del
Wessex o dei Norreni o di qualsiasi altra cosa! Io ho elaborato un piano per
combattere contro l’esercito dei Sassoni perché tuo fratello, o la Regina per
quanto ne so, mi vuole morto e vuole anche eliminare tutti i Vichinghi che si
sono stabiliti nelle colonie, a meno che non si convertano al Cristianesimo. È
per questo che voglio, che devo
fermarli! Se poi, grazie alle mie imprese, diventerò anche famoso e temuto
com’era mio padre, tanto meglio… ma non è quello il mio scopo ultimo. Pensavo
che tu potessi capirlo, ma sembra che non parliamo più neanche la stessa
lingua, ormai…”
Aethelred chinò il
capo, rendendosi conto che, in un certo senso, Ivar aveva ragione. Lui aveva
fatto di tutto per staccarsi dai ricordi di un Paese che non lo aveva mai amato
o fatto sentire importante e, da quando era giunto a Kattegat, aveva iniziato a
sentirsi davvero a casa, anche nei
primi tempi, quando doveva tenere testa a tutte le follie di Hvitserk… Perché
adesso si comportava così? Perché si era sentito tradito quando Ivar aveva
voluto tornare a combattere in Wessex? Certo, Aethelred non poteva sopportare
di veder massacrare donne e bambini indifesi, ma la stessa cosa l’avevano fatta
i soldati Sassoni nei villaggi dei Norreni, su ordine di Alfred o forse di
Elsewith. Ivar voleva proteggere la sua gente, poteva forse dargli torto?
Allungò un braccio e
gli prese una mano.
“Ivar, mi dispiace,
io non voglio che tu ti senta così con me” disse, a bassa voce. “Ho sempre
cercato di capirti, di andare oltre le apparenze, oltre quello che gli altri
pensavano di te, e vorrei farlo ancora, ma qui… è vero, qui mi sento troppo
coinvolto perché questo, nonostante tutto, è il mio popolo e io non posso
dimenticarlo. Non voglio che persone innocenti vengano uccise, ma non voglio
nemmeno che i Sassoni facciano del male a te o che distruggano i villaggi dei
Norreni. Quando sono partito per Kattegat la situazione era perfetta, Sassoni e
Vichinghi vivevano fianco a fianco, si rispettavano e si aiutavano e
accettavano credenze e tradizioni diverse. Era stato proprio Alfred a creare
questo miracolo e adesso non capisco… non capisco perché non possa essere più
così!”
Ivar aveva già
dimenticato la discussione di pochi istanti prima e, intenerito, strinse
Aethelred tra le braccia.
“Non lo so. Potrei
dare la colpa a Harald, dire che è stato lui a spezzare l’equilibrio con le sue
razzie… ma, evidentemente, le cose non andavano più bene già da tempo, perché
la reazione dei Sassoni è stata eccessiva e non ha punito Harald e i suoi,
bensì contadini che non facevano male a nessuno” replicò. “Nemmeno io voglio
massacrare donne e bambini, ovviamente i nostri guerrieri si concentreranno sui
soldati e, magari, le persone inermi riusciranno a mettersi al riparo… ma non
tornerò indietro, non rinuncerò al mio piano di attacco. I Sassoni devono
pagare per quello che hanno fatto ai villaggi dei Vichinghi e chissà… magari
sarò proprio io a riportare quell’equilibrio e quella pace che tu avevi ammirato.
Sarebbe la prima volta per me, portare la pace invece del caos, ma sarebbe una
novità interessante, non ti pare?”
Aethelred si sforzò
di sorridere, stringendosi al compagno.
“Io però… io non so
se riuscirò a combattere contro i Sassoni” mormorò.
“E io non te lo
chiederò, Aethelred” promise Ivar.
Un bacio lungo e
disperato unì i due giovani, un abbraccio che cercava di riscaldarli, di
riunirli ancora una volta in una situazione che voleva vederli su opposti
fronti. L’amore avrebbe dovuto essere più forte di tutto il resto, l’amore
avrebbe dovuto sciogliere le rivalità e le guerre come il sole con la neve, ma…
come sarebbe andata a finire stavolta?
La situazione a
Kattegat, intanto, sembrava altrettanto complicata. Orlyg aveva raccontato
tutto a Nissa, la serva di Ingrid sua amica, e insieme avevano deciso che non
avrebbero mai fatto del male alla Regina ma, al contrario, sarebbe stato Erik a
morire.
“Tu non dovrai fare
niente” disse Nissa all’uomo, “non sarà difficile uccidere Erik. Quel
ragazzino, Tiago, esce dalla dimora regale ogni mattina e Erik resta da solo
nella sua stanza. Spesso ordina a qualche serva di andare da lui e la costringe
a fare sesso, ne abusa e la picchia se si rifiuta. Domattina sarò io ad andare
da lui e fingerò di volerci andare a letto e poi… poi gli taglierò la gola con
un pugnale! La nostra Regina Ingrid non dovrà più preoccuparsi di lui.”
“E la Regina Ingrid
mi ricompenserà per aver rivelato i piani di Erik?” domandò Orlyg. “Lui mi
aveva promesso un pezzo di terra, la possibilità di costruirmi una casa tutta
mia…”
Nissa scoppiò a
ridere.
“Erik non ha il
potere di promettere un bel niente, la terra non è sua e non può darla a
nessuno!” ribatté. “Però, visto che ti sei mostrato leale alla Regina, sarà lei
stessa a ricompensarti.”
In realtà Nissa non
poteva assicurare alcuna ricompensa a Orlyg, visto che, comunque, a Kattegat
era Bjorn a regnare e di certo non avrebbe premiato chi avesse ucciso un suo
caro amico e consigliere… ma non era il caso di dirlo in quel momento!
E così la mattina
successiva le cose andarono proprio come aveva detto Nissa: Tiago lasciò Erik da
solo nella sua stanza per andare ancora una volta in cerca dell’oggetto
maledetto da distruggere per restituirgli la vista. Quello che Nissa non
sapeva, però, era che il giovane spagnolo era già a buon punto nella sua
ricerca e che, anzi, nonostante la stanchezza e i malesseri causatigli da
Ingrid era quasi riuscito a localizzare quel manufatto stregato. Quel giorno
non ebbe bisogno di recarsi nuovamente nella piana della battaglia contro i
Rus’ perché riuscì a visualizzare ciò che cercava subito dopo essere uscito
dalla dimora regale… e si diede mentalmente dello sciocco per non averci
pensato subito. Ingrid aveva collocato l’oggetto stregato proprio sotto il suo
letto, nascosto tra coperte e pellicce, dalla parte in cui aveva dormito Erik e
il sortilegio nefasto aveva agito su di lui durante la notte, accecandolo.
Sollevato, Tiago
rientrò prima del previsto. Voleva raccontare subito a Erik quello che aveva
scoperto e dirgli che molto presto si sarebbe impadronito del manufatto.
Chissà, forse quella sera stessa avrebbe potuto restituirgli la vista! Certo
doveva attendere che Ingrid lasciasse la sua stanza, ma poteva approfittare
dell’ora di pranzo o di cena, quando spesso la Regina si recava in Sala Grande
per mangiare con Bjorn e Gunnhild. Non sarebbe stato difficile come temeva e si
sentiva finalmente leggero, liberato dal peso e dalla tensione che lo avevano
tormentato per tanti giorni. Continuava ad avere mal di testa, nausea,
debolezza… ma anche quei malesseri erano alleviati grazie all’entusiasmo di aver
finalmente trovato quello che aveva cercato disperatamente. L’incubo stava per
finire, Erik avrebbe visto di nuovo!
E invece l’incubo se
lo trovò davanti, il povero Tiago, proprio mentre apriva la porta della stanza
di Erik. Si fermò sulla soglia, incredulo di fronte alla scena che gli si
presentava davanti agli occhi: l’uomo era disteso sul letto, nudo, e una delle
serve di Ingrid, una donna dai riccioli rossi, stava sopra di lui in un
atteggiamento che lasciava ben poco all’immaginazione! Il ragazzo entrò nella
stanza, completamente ignorato dai due, e si strofinò gli occhi per essere
sicuro che fosse tutto vero, che non si trattasse di un’allucinazione magari
mandata da Ingrid, legata al suo maleficio… No, non poteva illudersi, Erik era
davvero a letto con quella serva e sembrava spassarsela parecchio, rideva,
cercava di afferrare la donna e di attirarla verso di sé.
“Dai, vieni giù” le
diceva, ma lei continuava a ritrarsi, si muoveva sopra di lui ma evidentemente
non aveva nessuna voglia di ulteriori interazioni. Così Erik le afferrò i
capelli e la strattonò verso di sé, continuando a ridere, come se fosse tutto
uno scherzo per lui. Quando Nissa si scostò ancora una volta, Erik la colpì in
faccia con uno schiaffo e a quel punto la donna interruppe il rapporto,
seccata, e si staccò da lui.
Tiago continuava a
fissare la scena come se fosse ipnotizzato, sentendosi prigioniero di un incubo
terribile dal quale non riusciva ad uscire. Un macigno di dolore gli premeva
nel petto, contro il cuore, e non capiva se soffrisse di più nel vedere che
Erik si comportava nel modo brutale e aggressivo di cui parlava sempre Ingrid o
se invece fosse proprio vederlo con un’altra donna a farlo stare male. Era
dunque quello il vero Erik? Un uomo che nascondeva dietro una facciata di
lealtà e coraggio un carattere violento e prepotente? E per quale motivo lui,
Tiago, doveva essere deluso o, peggio, sentirsi straziare perché quell’uomo
faceva i suoi comodi anche con altre serve, oltre a divertirsi con lui? Non era
forse un servitore tale e quale a loro? Senza sapere neanche lui il perché,
sentì le lacrime pungergli dolorosamente gli occhi… ma poi avvenne qualcosa che
lo spinse a ignorare il suo dolore, a inghiottire le lacrime non versate e ad
agire: Nissa si era staccata da Erik dopo che lui l’aveva schiaffeggiata, ma
non aveva lasciato la stanza, anzi si era diretta verso un cassettone dov’era
appoggiato un pugnale e adesso si stava avvicinando nuovamente all’uomo
brandendo l’arma. Erik, ovviamente, non poteva vederla e continuava a ridere e
a chiamarla.
“Andiamo, schiava,
non te la sarai mica presa? Stavo solo scherzando” diceva Erik, ignaro della
minaccia e piuttosto divertito. “Vieni qui, svelta!”
“Eccomi, sto
arrivando” rispose con un sogghigno Nissa, pronta a tagliargli la gola.
Fu a quel punto che
Tiago intervenne. Nissa non l’aveva visto, non sapeva che lui fosse lì e restò
interdetta quando si sentì afferrare il polso con una mano e allacciare un
braccio alla vita. Allibita, non ebbe neanche il tempo di pensare a una
reazione e lasciò cadere il coltello. Subito Tiago liberò la donna, afferrò il
pugnale e lo puntò verso di lei.
“Non voglio farti del
male, ma lo farò se mi costringi” disse il ragazzo, con voce calma e per questo
tanto più minacciosa. “Perché volevi uccidere Erik? Chi ti manda? La Regina
Ingrid ti ha ordinato di farlo?”
Nissa era ancora più
sorpresa ora che aveva visto che era stato proprio Tiago a fermarla. Tiago,
quel ragazzino che stava sempre appresso a Erik, che si occupava di lui, che lo
accontentava in tutto… ma come? Sarebbe dovuto essere lui il primo a odiarlo e
a desiderarne la morte!
“Nessuno mi ha
ordinato niente. Quest’uomo fa così tutti i giorni quando non ci sei, chiama le
serve della dimora regale fingendo di aver bisogno di aiuto e poi abusa di
loro” rispose la donna, brusca. “Ha fatto così anche con me, mi ha picchiata,
vedi come mi sanguina il labbro? Volevo solo difendermi…”
Intanto Erik, che
ovviamente non vedeva cosa stava accadendo ma sentiva tutto, era molto agitato.
“Che sta succedendo?
Tiago? Cosa ci fai qui?” domandava, ma nessuno badava a lui.
“Non sei in una bella
posizione” ribatté Tiago rivolto alla donna, ancora calmissimo. “Re Bjorn è
molto affezionato a Erik e temo che non condannerebbe le abitudini sessuali del
suo amico. Invece condannerebbe te per averlo ucciso, sei una serva come me, la
tua parola non conterebbe niente contro quella di Erik.”
“E allora cosa dovrei
fare? Lasciare che questo verme schifoso continui a fare i suoi comodi con noi
serve? Ma tu da che parte stai?”
“Cerco di stare dalla
parte di tutti” rispose semplicemente il ragazzo. “Tu e le altre serve non
avete nessun motivo per obbedire ad Erik se vi chiama qui nella sua stanza, non
ci venite e basta, oppure mandate un servitore. In questo modo non vi farà più
del male, visto che non può girare liberamente per il palazzo. Io ti lascio
andare, non voglio denunciarti al Re, ma lo farò se penserò che sei ancora un
pericolo per lui. Possiamo fare un accordo? Tu lasci in pace Erik e io lascerò
in pace te.”
“Erik voleva uccidere
la mia Regina!” rivelò Nissa. “Ha mandato un servo per eliminarla, per fortuna
quel servo è un mio amico e mi ha detto tutto, ma io non posso permettere che
la Regina Ingrid subisca ancora delle minacce.”
Tiago avrebbe voluto
alzare gli occhi al cielo, esasperato. Era mai possibile? Ancora una volta era
stato Erik a commettere una sciocchezza e adesso lui doveva risolvere tutto! La
cosa iniziava a diventare faticosa…
“Nell’accordo è
compresa anche questa promessa: Erik non tenterà più di fare del male alla
Regina Ingrid, te lo posso assicurare, parlerò con Re Bjorn e gli chiederò una
speciale protezione per lei” giurò Tiago. “Ma neanche Erik deve correre più
alcun rischio, sei disposta a promettermelo?”
Nissa era sempre più
sorpresa, ma a quel punto cosa poteva fare? Nonostante tutto aveva fiducia in
Tiago e non voleva rischiare. Si strinse nelle spalle e fece un sorrisetto.
“Va bene, te lo
prometto, abbiamo un accordo” concluse. “Ma, seriamente, Tiago, vuoi davvero
continuare a servire in ogni modo quest’uomo? Non merita niente da te, per lui
tu non sei niente, mentre vai in giro per cercare nuovi rimedi per guarire la
sua cecità lui si porta a letto delle serve… e per lui tu sei come loro. È
davvero questo che vuoi? Essere la sua sgualdrina?”
Tiago restò
impassibile, anche se il cuore gli si trafisse come se Nissa lo avesse colpito
con quel pugnale.
“Io sono fedele e
leale a Erik, non importa se lui non mi considera” replicò. “So di essere solo
un servo, perché mai dovrei pensare di valere più di te o di chiunque altra?”
Nissa era sgomenta,
tuttavia quella era la vita di Tiago, facesse pure quello che voleva.
“Va bene, se è questo
che vuoi” disse. “Allora tra noi siamo a posto così.”
“Siamo a posto così”
ribadì il ragazzo.
Nissa uscì dalla
stanza senza che Tiago le restituisse il pugnale e lei non si azzardò a
chiederlo.
Il confronto più
difficile, però, arrivava adesso.
“Tiago, io… ecco, non
so cosa tu abbia visto, ma non puoi credere a quello che dice quella schiava,
le schiave sono tutte bugiarde” disse in fretta Erik, senza accorgersi che, in
quel modo, peggiorava ulteriormente la sua già precaria posizione. “Quella è
venuta da me fingendo di voler fare sesso e invece voleva uccidermi, l’hai
sentita, no?”
“Ho visto abbastanza,
sì” fu la laconica risposta di Tiago. “È vero che hai mandato un servitore per
uccidere la Regina Ingrid?”
Erik era confuso
dalla freddezza del ragazzo, allungava il braccio sperando di trovarlo e di
poterlo attirare a sé nel letto e intanto spiegava la sua versione dei fatti.
“Sì, è vero” ammise.
“Lo so, è stata un’imprudenza, non mi sarei dovuto fidare di quello schiavo… ma
io l’ho fatto per te, Tiago! Non capisci? Tu sei stato male, in questi giorni,
ed è stata sicuramente Ingrid con qualche suo sortilegio, come ha fatto a me.
Ho pensato che, se fosse morta, anche i suoi incantesimi sarebbero svaniti: io
avrei riavuto la vista e tu saresti stato bene. L’ho fatto solo per questo,
Tiago, te lo giuro!”
Questo, Tiago poteva
anche concederglielo.
“È vero, se Ingrid
morisse i suoi incantesimi svanirebbero con lei, ma io non voglio che muoia, io
non voglio fare del male a nessuno. Sarò io a ridarti la vista, anzi, ero
venuto a dirti che ho finalmente localizzato l’oggetto maledetto e ora mi
basterà distruggerlo per farti vedere di nuovo. Ma tu non dovrai mai più
tentare di fare del male a Ingrid, è chiaro? Lei è comunque la Regina dei
Norreni ed è sotto la protezione di Re Bjorn, tu non devi tentare niente contro
di lei. Mai più.”
Erik poteva solo
cedere e, in fondo, non gli dispiaceva. Se Tiago aveva trovato quell’oggetto
avrebbe spezzato comunque l’incantesimo e tutto sarebbe finito come aveva
pianificato lui.
“Va bene, ti giuro
che non proverò mai più a fare del male a Ingrid. Anzi, questa volta ho davvero
capito la lezione e non mi avvicinerò neanche più a lei, quando potrò evitarlo.
Va bene così? Ora puoi venire qui vicino a me?” tentò di nuovo l’uomo.
Tiago, però, non si
avvicinò. Uscì dalla stanza per parlare brevemente a qualcuno e poi rientrò,
sempre con lo stesso fare distaccato.
“Ho chiamato dei
servitori perché ti portino una tinozza di acqua calda e dei teli, così potrai
lavarti” disse. “Io andrò a parlare con Re Bjorn della protezione per Ingrid. E
gli dirò anche di non farti più avvicinare le serve della dimora regale… perché
è vero quello che mi ha detto Nissa, no? Tu le fai venire qui e abusi di loro?”
“Io… ma non
significano niente per me… è soltanto che sono qui, da solo, e mi sento inutile
e impotente mentre tu rischi per me e allora…”
“Non mi interessa il
motivo, non deve più accadere” lo interruppe Tiago. “Questa è una cosa che
facevi da ragazzo come trafficante di schiavi e non può avvenire nella dimora
di Re Bjorn.”
“Ma non è la stessa
cosa, Tiago, è solo che tu mi manchi e mi preoccupo per te e…”
Questa volta, però,
il giovane spagnolo non si lasciò incantare dalle parole di Erik e, mentre i
servitori entravano nella stanza con una tinozza di acqua calda e dei teli
puliti, uscì per andare a parlare con Bjorn della situazione. Sapeva che il Re
avrebbe risolto tutto, ma non era affatto tranquillo come mostrava di essere.
Si sentiva addolorato, mortificato, usato e tradito. Era deluso dal
comportamento di Erik e ripensava alle parole di Nissa: lui era solo la sua sgualdrina? Per Erik era tuttora uno schiavo
da usare per il piacere e per tutto il resto e da sostituire in sua assenza?
Tiago non voleva
piangere ma, anche se il suo viso non rivelava niente, la sua anima e il suo
cuore gemevano di dolore.
Can you see?
All her rotten features
Can you see?
How disturbing to look at
Can you see?
Her guilty face's been eaten
Signs of bloodmade witchcraft
Can you see?
All her rotten features
Can you see?
How disturbing to look at
Can you see? She's a wicked
creature
Signs of bloodmade witchcraft…
(“Symphony n° 1, Part 1, The
Witchcraft” – Amberian Dawn)
Tiago aveva ottenuto
udienza da Bjorn ed era riuscito a convincerlo a concedere una protezione
speciale alla Regina Ingrid. Ovviamente non aveva detto una parola di tutto
quello che era accaduto e del ruolo che vi aveva avuto Erik in particolare, si
era limitato a spiegare che, a Kattegat, aveva avuto modo di ascoltare diverse
persone che non si fidavano di Ingrid e che avrebbero voluto cacciarla via o
peggio. Bjorn, che aveva i suoi buoni motivi per diffidare a sua volta della
donna, non ebbe difficoltà a credere alla storia inventata da Tiago e accettò
di concederle delle guardie del corpo.
Dopo aver ringraziato
il Re ed essersi congedato da lui, il ragazzo stava per uscire dalla Sala
Grande quando si accorse che quella poteva essere l’occasione che attendeva per
entrare nelle stanze di Ingrid e portare via l’oggetto incantato che aveva reso
cieco Erik: la donna, infatti, si trovava anche lei nel salone, all’angolo
opposto, e stava parlando con Gunnhild. Tiago ritenne di avere tempo
sufficiente per raggiungere la camera di Ingrid e fare ciò che doveva e così,
con il cuore che gli batteva fortissimo, si diresse verso quelle stanze,
cercando di dominarsi e di non mettersi a correre come avrebbe voluto per non
destare sospetti. Del resto non sarebbe parso strano che un servitore entrasse nella
camera di una Regina, magari per mettere in ordine o cose del genere… però,
normalmente, i servitori non andavano di corsa e pieni di agitazione a compiere
i loro doveri, no? Così il giovane spagnolo ostentò una suprema indifferenza e
camminò più tranquillamente che poté fino alle stanze di Ingrid, entrando poi
nella camera con una disinvoltura invidiabile per chi non avesse saputo quanto
il cuore gli balzasse in gola ad ogni rumore, ad ogni movimento. Si avvicinò al
letto come per riordinare le coperte, ma le sue mani frugavano dappertutto
sotto il giaciglio e, finalmente, le dita incontrarono un oggetto duro e
ruvido, lo afferrarono e lo tirarono fuori.
Una morsa gelida
attanagliò dolorosamente lo stomaco di Tiago e gli parve che l’aria gli uscisse
tutta dai polmoni quando strinse tra le mani il pezzo di corteccia
insanguinata, con i chiodi piantati dentro: era il segno del maleficio che
gravava sull’oggetto e il ragazzo seppe che era proprio ciò che aveva tanto
cercato. Ora poteva spezzare l’incantesimo, ora finalmente avrebbe restituito
la vista a Erik!
Stava già per uscire
dalla stanza per correre da Erik quando si accorse che Ingrid era entrata
silenziosamente e lo stava fissando dalla soglia con un sorrisetto dipinto
sulle labbra.
Tiago trasalì e strinse
più forte la corteccia maledetta tra le mani, nonostante le sensazioni gelide e
spaventose che gli provocava.
“Dunque hai trovato
quello che cercavi da tanto tempo” commentò la donna, che appariva calma e
divertita piuttosto che infuriata come si sarebbe aspettato il giovane
spagnolo. “E ora che cosa vorresti fare?”
“Distruggerò questo
oggetto e spezzerò l’incantesimo, così Erik potrà vedere di nuovo” rispose il
ragazzo, senza esitare, sostenendo con determinazione lo sguardo di Ingrid.
“Non potrai fermarmi, io non voglio farti del male ma, se non mi lasci andare,
rivelerò tutto a Re Bjorn e non credo che lui accetterà di tenere una strega
sotto il suo tetto.”
Ingrid sorrise ancora
e si scostò una ciocca di capelli dal volto.
“In effetti mi sono
chiesta perché tu non abbia detto niente ai sovrani quando hai scoperto cosa ho
fatto a Erik” disse. “Sarebbe stato più facile per te. Bjorn non mi avrebbe
accettata, hai ragione, anzi, forse mi avrebbe perfino fatta morire sul rogo e
l’incantesimo sarebbe stato spezzato comunque.”
“Ma io non volevo che
accadesse una cosa del genere” ribatté Tiago, gli occhi neri fieri e luminosi.
“So che hai fatto del male a Erik per vendicarti di tutto il male che ti ha
fatto lui, sono stato uno schiavo anch’io e so cosa significa, anche se io sono
stato molto più fortunato di te. Voglio che tu continui ad essere una Regina,
te lo meriti dopo tutto ciò che hai passato, ma non lascerò che Erik resti in
queste condizioni. Lo guarirò e nessuno saprà niente, penseranno che sia riuscito
a curarlo con decotti e pozioni e nessuno sospetterà di te.”
Ingrid scosse il
capo, stupefatta.
“Sei un ragazzo
davvero buono e generoso, Tiago, e sei anche molto potente, ho avvertito in te
una forza non comune quando hai iniziato a indagare
nel campo di battaglia. Perché sprechi tutte le tue potenzialità per una bestia
come Erik?” domandò. “Con le tue capacità potresti ottenere il potere, la
ricchezza e vivere una vita felice, io potrei insegnarti molte cose.”
“Non mi avvicinerò
mai alla magia nera” replicò con decisione il giovane spagnolo. “E non sono
affatto potente come credi, tutto quello che so lo devo alla donna che mi ha
cresciuto, Inés, una curandera che mi
ha insegnato per anni ad aiutare gli altri e a tenermi ben lontano dalle forze
oscure. Lei le ha sempre combattute e io so che dal male non potrà mai nascere
il bene. E poi non mi interessano potere e ricchezza, io voglio solo aiutare le
persone che amo come ha fatto Inés. Restituirò la vista a Erik e non ti
permetterò più di fargli del male, per il resto potrai vivere la vita che
sceglierai, ne hai ogni diritto. Sei libera, come lo sono io.”
“Ah, tu ti consideri
davvero libero?” Ingrid era, suo malgrado, affascinata dal coraggio che Tiago
dimostrava. “Vuoi che Erik veda di nuovo, ma non capisci che, non appena starà
bene, riprenderà la sua vita e ti getterà via? Per lui sei solo uno schiavo,
non vali niente, credi davvero che ti sarà riconoscente e che resterà al tuo
fianco? Faresti molto meglio a lasciarlo com’è: cieco e solo, dipende
totalmente da te e, se davvero ti piace tanto, questo è l’unico modo che hai
per tenertelo accanto. Non hai capito ancora che razza di mostro è? Non sai che
per anni ha rapito ragazze e ragazzi per poi marchiarli, abusare di loro,
maltrattarli e venderli come schiavi? Non lo ha fatto solo con me o con Nissa…
e anche se adesso non fa più il trafficante, la sua considerazione per quelli
che chiama schiavi non è cambiata affatto.”
Forse la donna
sperava di ottenere un cedimento da parte del ragazzo, ma Tiago non sembrò
minimamente turbato dalle sue parole.
“So chi è Erik e
quello che pensa di me, ma non mi importa” disse. “Io voglio che lui veda di
nuovo e che possa tornare alla sua vita, come braccio destro di Re Bjorn e suo
capitano delle guardie. Se poi non avrà più bisogno di me… beh, me ne farò una
ragione, quello che conta per me è che lui stia bene.”
Ingrid non aveva mai
incontrato una persona come Tiago, qualcuno capace di un amore talmente immenso
e incondizionato da annullare se stesso… possibile che un ragazzo così speciale
avesse deciso di dedicare la sua totale devozione proprio a Erik? Non se lo
meritava affatto!
“Comunque ho parlato
con il Re anche per questo, gli ho chiesto di metterti sotto la protezione
delle guardie di Kattegat e anche di tenere lontane da Erik le serve della
dimora regale” continuò il giovane. “Non voglio che tu o altre ragazze dobbiate
soffrire ancora per colpa sua.”
“Ma non ti rendi
conto che quel mostro non ti merita? Perché vuoi fare tutto questo per lui?”
“Perché lo amo e non
posso farci niente” rispose semplicemente Tiago. “Adesso, ti prego, lasciami
andare a fare ciò che devo. Tu non avrai più niente da temere da Erik, ma non
ti permetterò di fargli altro male.”
“Oh, figurati cosa mi
importa di lui, ho già avuto la mia vendetta” disse Ingrid, stringendosi nelle
spalle. “Adesso anche Erik sa cosa significa essere inerme, solo, impotente e
spaventato come lo ero io… e non ho intenzione di perdere altro tempo con lui.
In realtà non avrei potuto nuocergli se fosse rimasto al suo posto, non ho
questo potere, è stato lui a tormentarmi, a pretendere che fossi la sua Regina
e a mettersi nelle mie mani. Per quanto mi riguarda io sono soddisfatta, mi
basta che abbia sofferto e che abbia capito che non deve avvicinarsi mai più a
me!”
“Non lo farà, hai la
mia parola. Ora però lasciami andare” insisté il ragazzo.
“Come preferisci” replicò
lei, scostandosi dalla soglia per lasciar passare Tiago. “È la tua vita, in
fondo, e se vuoi sprecarla servendo un essere ignobile come Erik, tanto peggio
per te.”
Tiago non si diede
pensiero per le parole di Ingrid e uscì dalla camera senza esitazioni. Quello
che aveva detto alla donna era vero, lui non credeva che Erik lo avrebbe
ringraziato né, tanto meno, amato per quello che avrebbe fatto per lui ed era
pronto anche a perderlo… ma in quel momento provava solo una grandissima gioia
al pensiero di potergli restituire la vista e si sentiva come se fosse stato
liberato da un peso immenso, il macigno che aveva gravato sul suo cuore per
tanto tempo svaniva. Passò prima dalla stanzetta in cui aveva dormito per anni
per prendere della salvia e poi si diresse deciso verso la stanza di Erik.
L’uomo, nel
frattempo, si era lavato e, con l’aiuto dei servitori, era tornato a letto.
Sperava che Tiago tornasse presto per prenderlo tra le braccia e cercare di
fargli dimenticare la scena che aveva visto con Nissa, travolgendolo con la sua
passione (sì, perché a quanto pare quello era l’unico linguaggio che Erik
sembrava conoscere!). Sentì entrare il ragazzo nella stanza e lo chiamò.
“Tiago, dove sei
stato? Volevo parlarti, spiegarti che quello che hai visto…”
“Non devi spiegarmi
niente, Erik, era tutto sufficientemente chiaro e quello che conta è che sono
riuscito a salvarti la vita. E non solo” disse il giovane spagnolo,
interrompendo il fiume di parole dell’uomo. “Ho con me l’oggetto con il quale
Ingrid ti ha maledetto e adesso lo brucerò e spezzerò l’incantesimo.”
Erik era sconcertato.
Credeva che Tiago se ne fosse andato perché era arrabbiato con lui e invece era
andato a prendere il manufatto stregato per ridargli la vista! Nel suo animo si
scatenarono emozioni contrastanti e confuse, sorpresa, incredulità e un
dolcissimo e inspiegabile calore che lo invadeva totalmente e che non poteva
essere dovuto solo al pensiero di poter vedere di nuovo. Fino a che punto Tiago
era dolce e generoso? Fino a che punto lo amava? Senza più parlare, si mise a
sedere sul letto, cercando di seguire con l’udito quello che il ragazzo stava
facendo.
Tiago si avvicinò al
braciere che riscaldava e illuminava la stanza e vi pose dentro la corteccia
stregata e la salvia, che bruciando iniziò a spandere un buon odore,
purificando e ripulendo l’oscurità del maleficio che gravava sul luogo e su
Erik. L’oggetto maledetto iniziò a consumarsi e a distruggersi e, tanto più
svaniva nel fuoco, tanto più la patina che aveva ricoperto gli occhi di Erik si
dissolveva.
L’uomo provava una
sensazione bellissima, di pace e calore e, lentamente, si accorse che i suoi
occhi riprendevano a funzionare. Prima vide una grande luce, quasi accecante,
poi cominciò a scorgere confusamente i contorni della stanza e degli oggetti
che vi si trovavano. La sua vista si schiariva sempre più e Erik poté vedere
Tiago, chino sul braciere, concentrato e determinato nel suo compito, una
figuretta minuta ma così incredibilmente forte e coraggiosa che gli stava
restituendo il futuro e la vita stessa. Un piccolo e potentissimo guaritore che
lo stava curando con la forza del suo amore…
Tiago era talmente
preso dal suo rituale di guarigione da non accorgersi che Erik, finalmente,
vedeva e che si era alzato dal letto, lentamente, avvicinandosi a lui. Solo
quando l’oggetto maledetto fu completamente distrutto e l’incantesimo spezzato
il ragazzo alzò lo sguardo dal braciere… e si trovò davanti Erik che lo
guardava con occhi finalmente purificati, luminosi e ardenti di un desiderio
irrefrenabile.
“Erik, ci sono
riuscito, tu ci vedi” mormorò il ragazzo, emozionatissimo e commosso, ma non
ebbe il tempo di dire altro. L’uomo lo afferrò, lo strinse convulsamente tra le
braccia e, sollevandolo da terra, se lo portò a letto.
“Sì, ci vedo. Vedo il ragazzo che mi ha salvato la
vita, che mi ha restituito la vista e tutta la mia esistenza, vedo il ragazzo
speciale che ha sfidato le forze oscure solo per me” sussurrò con la voce resa
roca dalla brama e dall’eccitazione. Lo baciò con passione e intensità,
liberandosi della camicia e spogliando il giovane
spagnolo, che non riusciva ad opporre alcuna resistenza. Lo accarezzò con
desiderio incollandosi a lui, volendone esplorare ogni centimetro, percorrendo
tutto il suo corpo con mani avide, mentre lo baciava ancora e ancora, con
sempre maggior desiderio, esplorandogli la bocca senza riuscire a saziarsi di
lui. Ora poteva finalmente vederlo, ammirare il suo viso gentile, i suoi occhi
neri spalancati per la sorpresa e il piacere, guardare oltre che toccare il suo
corpo esile e dalla pelle olivastra e questo aumentava immensamente la sua
voglia e la sua eccitazione. Senza staccare le labbra dalle sue si insinuò nel
suo corpo, sfogando finalmente la veemenza della sua passione. Tiago, sulle
prime, avrebbe voluto tentare di opporre una debole resistenza, ma quell’ultimo
sprazzo di lucidità svanì ben presto dalla sua mente: in realtà la parte più
profonda di lui non voleva veramente cacciarlo via e, al contrario, aveva
desiderato spasmodicamente ritrovarselo addosso in quel modo, farsi prendere
con veemenza, baciare profondamente e trascinare sul letto senza tanti
complimenti. Ogni fibra del suo essere accettava, anzi bramava, le mani di Erik
sul corpo, la bocca di lui dappertutto, le carezze sempre più audaci e i baci
sempre più intimi. Mentre Erik desiderava fondersi sempre di più con Tiago,
entrare sotto la sua pelle e nel suo sangue, annullarsi completamente in lui,
il ragazzo, smarrito e sperduto per il desiderio che gli incendiava il corpo e
gli faceva tremare le gambe, poteva solo accogliere e assecondare le spinte
dell’uomo fino a scomparire totalmente con lui in un’estasi di assoluto
piacere. Non riuscì più a elaborare alcun pensiero coerente nei minuti, ore,
anni e secoli che seguirono, il resto del mondo che perdeva i suoi contorni
mentre i loro due universi così lontani si fondevano e si ritrovavano.
Chissà,
forse era vero, forse Erik si sarebbe stancato presto di lui ora che aveva
ritrovato la vista… ma Tiago non se ne preoccupava. Per quel poco che riusciva
a pensare in modo lucido, i punti fondamentali erano ben pochi e semplici.
I put my armor on, show you how strong how I am
I put my armor on, I'll show you that I am
I'm unstoppable
I'm a Porsche with no breaks
I'm invincible
Yeah, I win every single game
I'm so powerful
I don't need batteries to play
I'm so confident
Yeah, I'm unstoppable today
Unstoppable today…
(“Unstoppable” – Sia)
Travolto dalla gioia di aver restituito la
vista a Erik e poi dalla passione di quella notte, Tiago pareva aver
dimenticato di aver visto l’uomo che faceva sesso con un’altra donna quella
mattina stessa, di averlo visto schiaffeggiarla perché lei si ritraeva e di
tutto ciò che era accaduto dopo… ma non era così e i ricordi si ripresentarono
tutti alla sua mente quando brama e piacere lasciarono il posto al languore appagato
del riposo. Il ragazzo, tuttavia, credeva veramente in ciò che aveva detto a
Ingrid: immaginava che Erik, una volta ripresa la sua vita normale, lo avrebbe
messo da parte, ma non gli importava, per lui contava solo che stesse bene e
che fosse felice. Era normale che volesse cercare passione altrove, lui era
solo un ragazzino, come poteva sperare di tenerlo accanto a sé? Avrebbe
accettato di essere abbandonato quando fosse successo e avrebbe comunque
continuato ad essere presente ogni qual volta avesse avuto bisogno di lui.
Erik, però, pareva non avere la stessa
intenzione e, al contrario, una volta sfogato il desiderio, voleva chiarirsi
con Tiago. Erano ancora a letto insieme, stretti l’uno all’altro, e l’uomo
accarezzò i capelli del giovane spagnolo e iniziò a parlargli con una tenerezza
insolita.
“So che preferiresti non parlarne, ma io ho
bisogno di farlo” esordì Erik. Tiago, in realtà, non avrebbe voluto più
pensarci, ma era Erik a volersi ripulire la coscienza… “Mi hai visto con quella
schiava stamani e sei venuto a sapere che spesso, mentre tu cercavi un rimedio
per guarirmi dalla cecità e ti stancavi fino a perdere le forze, io prendevo
schiave come quella per divertirmi un po’. È vero, ammetto che è vero, non
voglio mentirti. Ma non voglio nemmeno che tu pensi che lo abbia fatto perché
non mi importa di te o, peggio, perché considero anche te a quel livello. Anzi,
è tutto l’opposto!”
Il ragazzo non capiva bene se quello fosse un
discorso di scuse o di giustificazioni, ad ogni modo Erik continuava a usare la
parola schiave e già quello
dimostrava che non aveva imparato un bel niente dall’esperienza avuta. Avrebbe
voluto dirgli che non doveva spiegare niente, che per lui andava bene così, che
sarebbe rimasto al suo fianco comunque, ma l’uomo non gli diede nemmeno il
tempo di aprire bocca e continuò il suo monologo.
“Ogni volta che te ne andavi e rischiavi la
vita per curarmi, io mi sentivo inutile, un peso, non servivo a niente e anzi
per colpa mia tu eri in pericolo, mi sentivo frustrato e impotente e non volevo
sentirmi così. Per questo chiamavo le schiave e facevo sesso con loro, che lo
volessero o meno: per me erano solo oggetti, servivano a distrarmi, a farmi
sentire che almeno una parte di me funzionava ancora, a non farmi pensare ai
rischi che correvi tu… Non erano niente” riprese Erik. “Tu invece sei…
speciale, ecco. È vero, all’inizio ti ho considerato uno schiavo come loro, ma
tu sei stato sempre dolce e gentile con me, mi hai accolto, accettato, mi hai
donato il tuo amore senza condizioni anche quando ti trattavo male. E poi,
quando ho commesso quella sciocchezza con Ingrid e lei mi ha accecato, sei
stato tu ad aiutarmi, ti sei occupato di me e alla fine hai saputo perfino
guarirmi. Io non avevo mai conosciuto qualcuno come te e, adesso che ti ho
trovato, non voglio perderti. Lo sai che, in tanti anni, io non ho mai saputo
cosa volesse dire fare l’amore? Ho
avuto schiave e schiavi, sono stato con delle donne, ma con loro ho fatto solo
sesso, senza coinvolgimento, senza altro fine che il piacere fisico. Con te… tu
mi fai sentire bene, non è solo piacere o passione, è un calore mai provato e
tu sei il primo che ho baciato veramente, non l’avevo mai fatto prima, non ero
stato abbastanza intimo con nessuno, ma con te mi viene naturale, spontaneo.”
Stretto tra le braccia di Erik, Tiago era
incantato e sedotto dalle sue parole, nonostante alcune di esse fossero,
sinceramente, delle grandi bestialità. Ma quello che il giovane spagnolo
desiderava credere era di essere speciale
per Erik e, mentre l’uomo continuava a parlargli con tono pacato e suadente, Tiago
si lasciava conquistare sempre di più da lui.
“Tu non sei più uno schiavo per me, ho
sbagliato anche solo a pensarlo. Tu sei il mio amante e io ti voglio sempre con me, anche adesso che mi hai ridato
la vista. Riprenderò il mio posto al fianco di Bjorn ma tu verrai con me, io ti
porterò sempre con me, sei mio, sei il mio amante e io ti voglio con me”
sottolineò Erik, circondando Tiago in un abbraccio piuttosto possessivo.
“Ma io…” obiettò timidamente il ragazzo, “io
non posso seguirti nei tuoi doveri per il Re, io non sono un guerriero, non so
combattere, so solo servire e usare le piante e le erbe per curare, Re Bjorn
non vorrà che partecipi ai suoi consigli…”
“Tu sei molto di più di questo e anche Bjorn
se ne accorgerà” replicò l’uomo. “Sei buono e generoso, vuoi che tutti stiano
bene e siano felici e riesci a mettere pace tra le persone: queste sono doti
importantissime che faranno molto comodo alla politica di Kattegat. Non ti
sottovalutare, Tiago, io ho finalmente capito quanto vali e non voglio mai più
separarmi da te, ti voglio sempre con me.”
Erik concluse questo appassionato discorso
con un bacio lunghissimo, intimo e profondo, perdendosi sulle labbra del suo
giovane compagno e pensando che era davvero fortunato ad averlo incontrato,
adesso Tiago era la sua luce, la sua gioia e lo inondava di calore e dolcezza.
E Tiago, incredulo e sentendosi incendiare l’anima, si abbandonò a quel bacio,
concedendosi il lusso di credere alle parole di Erik, a quello che voleva
sentire da lui… almeno fino a quando fosse durato.
A Kattegat sembrava che l’amore stesse
vincendo, ma in Wessex era guerra.
Ivar, da abile stratega qual era, aveva messo
a punto un piano che gli avrebbe consentito di eliminare quanti più soldati
Sassoni possibile, evitando tuttavia di coinvolgere le persone inermi che
seguivano l’esercito per raggiungere Chichester. Aveva quindi attirato i
Sassoni in un’imboscata nella foresta che avrebbero dovuto attraversare,
accerchiandoli con i guerrieri e le shieldmaiden
da ogni lato, che apparivano improvvisi e letali dalla nebbia; lui si era appostato
tra gli alberi, sopra un ponte di corde fatto costruire appositamente per lui e
i suoi arcieri che così avrebbero trafitto a colpo sicuro i soldati; inoltre,
aveva fatto approntare delle trappole mortali che colpivano i Sassoni a
tradimento, lasciandoli morti o mutilati. In questo modo il popolo che seguiva
Re Alfred non sarebbe rimasto toccato dalla battaglia perché sarebbe stato l’esercito
a entrare per primo nella foresta, cadendo nell’imboscata; infatti, mentre i
soldati di Re Alfred e del vescovo Aldulf si inoltravano tra gli alberi e
finivano straziati e uccisi, la carrozza che trasportava la Regina Elsewith e
il suo bambino rimase fuori. La Regina comprese il pericolo e ordinò che la
gente seguisse la sua carrozza, aggirando la foresta.
La battaglia nella foresta si faceva sempre
più cruenta, Ivar impartiva ordini dall’alto e i soldati Sassoni erano
massacrati da ogni parte, se non finivano nelle trappole venivano trafitti
dalle frecce o aggrediti a sorpresa da guerrieri e shieldmaiden sbucati dal nulla e guidati da un Hvitserk che
sembrava aver ritrovato la sua vena di combattente, agile, implacabile e
letale. Harald e i suoi non potevano far altro che seguire le direttive di Ivar
e le offensive di Hvitserk e Helgi, ma il Re dei Norreni non sembrava
dispiaciuto per aver perso il comando: ciò che lui aveva desiderato veramente
era l’azione, la battaglia, e adesso l’aveva, non importava chi guidasse gli
eserciti.
In tutto ciò, l’unico a non condividere l’entusiasmo
generale era, per ovvie ragioni, Aethelred. Il giovane Principe era rimasto a
lungo nell’accampamento per non vedere e non sentire, confuso da emozioni che
gli vorticavano dentro straziandogli il cuore e l’anima. Da un lato era
convinto che il suo posto fosse accanto a Ivar e ai Vichinghi, coloro che lo
avevano salvato dalla folle crudeltà di sua madre e che gli avevano fatto
conoscere la libertà, l’amore, la gioia di vivere veramente senza oppressioni e
ipocrisie. Dall’altro, tuttavia, non poteva tollerare che tanti uomini
perdessero la vita massacrati in una guerra assurda, nata esclusivamente per i
capricci e le ambizioni di un uomo come Harald. Per lui sarebbe stato molto più
facile dare la colpa di tutto al Re dei Norreni e a chi aveva voluto seguirlo,
ma non riusciva a dimenticare che anche i Sassoni si erano comportati in modo
inspiegabile, facendo incendiare le case dei coloni Vichinghi e uccidendo degli
innocenti. Le razzie di Harald non potevano in alcun modo giustificare un tale
abominio e lui, nonostante tutto, non riusciva a non desiderare che le cose
potessero tornare com’erano un anno e mezzo prima, con Re Alfred che governava
pacificamente sul Wessex, una terra che Sassoni e Norreni condividevano in
amicizia.
Ad un certo punto si sentì soffocare dentro
quella tenda e provò il bisogno insopprimibile di vedere che cosa stava
accadendo nella foresta, se davvero la gente del popolo era al sicuro, se
qualcuno dei suoi cari era rimasto ferito, Alfred, chissà, o… che Dio non
volesse… Ivar!
Giunse di corsa ai margini della foresta e,
sulle prime, non riuscì a distinguere bene cosa succedesse, chi stesse vincendo
e neanche quali fossero i Sassoni e quali i Vichinghi, poi la sua attenzione fu
attirata da qualcosa in particolare, le urla di una donna. Chi poteva essere?
Forse una shieldmaiden ferita o forse…
forse Ivar gli aveva mentito e le donne e i bambini non erano al sicuro? Doveva
saperlo. Seguì le grida e ai suoi occhi si presentò una scena inattesa: due
guerrieri Norreni avevano catturato la Regina Elsewith e cercavano di
trascinarla a forza nella foresta, la giovane donna però non si era lasciata
intimidire e stava disperatamente cercando di resistere, dibattendosi e
colpendo alla cieca con un pugnale.
“Lasciatela, lasciatela stare, maledetti!” un
altro grido nel quale Aethelred riconobbe la voce di suo fratello Alfred. Sì,
il Re si era accorto dell’accaduto ed era intervenuto, abbandonando la
battaglia per soccorrere la sua Regina. I due guerrieri dovettero lasciar
perdere la donna e difendersi dall’assalto disperato di Alfred e Aethelred ne
approfittò per correre da Elsewith.
“Stai bene? Non preoccuparti di loro, ti
proteggerò io. Dov’è la tua carrozza? Ti scorterò fin là” le disse.
La Regina sulle prime non lo riconobbe e
cercò di allontanarsi da lui, respingendolo e correndo disperatamente fuori
dalla foresta, in direzione della carrozza da cui era stata trascinata via poco
prima. Aethelred la seguì per accertarsi che vi arrivasse sana e salva e che
non ci fossero altri Vichinghi tanto folli da minacciare la sua vita. Elsewith
giunse alla carrozza, trafelata e ansante, e quando fu lì ne alzò il sedile,
rivelando il nascondiglio di un bimbetto di circa un anno e mezzo, il figlio
suo e di Alfred, il Principino Edward. Proprio in quel momento la giovano fu
raggiunta da Aethelred e, sentendolo arrivare, si voltò verso di lui
puntandogli contro il pugnale.
“Vattene, non toccare mio figlio!” esclamò,
furibonda.
Il Sassone non si preoccupò della reazione
della Regina, era normale che non lo avesse riconosciuto, ma la vista del
nipote lo commosse profondamente.
“Lui è… è tuo figlio e il figlio di Alfred?”
mormorò, con la voce rotta dall’emozione.
Elsewith restò allibita dalla commozione di
colui che credeva un Norreno e, per la prima volta, decise di guardarlo meglio.
Le vesti di foggia vichinga e i capelli lunghi fino al collo, annodati in alto
sulla nuca, l’avevano tratta in inganno, ma adesso riconosceva quei grandi
occhi chiari e buoni e la voce dolce, che tradiva l’accento del Wessex.
“Ma tu sei… sei Aethelred?” domandò, al colmo
della sorpresa. Poi il suo sguardo si fece cupo. “Sei con i pagani, adesso, con
quei demoni. Combatti con loro?”
“Sono tornato nel Wessex insieme ai
Vichinghi, è vero, ma non combatto con loro, sono tornato proprio perché sapevo
che una spedizione voleva razziare le coste del Wessex” rispose Aethelred. “Io
non voglio tutto questo, quando sono partito Alfred regnava in pace e Sassoni e
Norreni vivevano fianco a fianco…”
Elsewith si lasciò sfuggire un sorriso di
compatimento e scrollò il capo, prendendo in braccio il figlioletto che
continuava a fissare Aethelred.
“Anche tu sei un sognatore e un generoso,
come Alfred” commentò, “e sono belle doti per un uomo, ma non per un Re. Per un
sovrano queste sono debolezze, io lo dico sempre a mio marito. Non ci sarà mai
pace finché i pagani non saranno eliminati per sempre, loro rappresenteranno
sempre una minaccia, fingono di volersi convertire al Cristianesimo ma poi
continuano ad adorare i loro falsi dei e a vivere in modo violento e brutale.”
“Per questo Alfred ha fatto incendiare i loro
villaggi e uccidere persone innocenti?” replicò Aethelred. Quello era il
momento della verità, finalmente avrebbe saputo come stavano veramente le cose.
“L’ordine lo ha dato Alfred, ma solo perché
io l’ho convinto” rispose Elsewith, fiera. “Come ti ho detto, Alfred è troppo
buono, troppo gentile e fiducioso e molti lo ritengono debole per questo.
Volevo che desse una dimostrazione di forza e che facesse capire a quei pagani
che non possono fare quello che vogliono nella nostra terra!”
Aethelred si sentì sollevato nello scoprire
che non era stato suo fratello a volere quei massacri, se le cose stavano così
allora c’erano ancora speranze di pace, nonostante l’ossessione di Elsewith,
tanto simile a quella di Judith…
“Alfred aveva stretto un accordo con i
Norreni e per molto tempo avete vissuto in pace” ribadì nuovamente il giovane. “La
spedizione di Harald è stata un errore, ma io sono qui per proporre un
negoziato: voglio che tu e Alfred incontriate i capi dell’esercito Norreno e
che stipuliate un nuovo accordo con loro. I coloni che vorranno vivere in pace
nel Wessex e coltivare la terra per le loro famiglie dovranno essere al sicuro
e, in cambio, farò in modo che non ci siano altre razzie e scorrerie… almeno da
parte dei Vichinghi di Kattegat.”
“Davvero? Tu puoi garantire per un demonio
come Ivar Senz’ossa? Lui non smetterà mai di cercare di distruggerci, lui vuole
sottometterci tutti come lo voleva suo padre! Come puoi difendere un tale
mostro? Tu sei generoso, sei un grande guerriero, il tuo posto sarebbe al
fianco di tuo fratello, non in mezzo a quei barbari” esclamò la Regina. “Guardati,
sembri quasi uno di loro e invece sei un Principe Sassone, dovresti stare con
la tua famiglia. Forse sei scappato perché Alfred è diventato Re mentre il
trono sarebbe spettato a te in quanto primogenito? Non devi. Alfred sarebbe
disposto a regnare con te al suo fianco e tu avresti praticamente i suoi stessi
poteri… e insieme potreste eliminare la minaccia dei pagani una volta per
sempre!”
Aethelred si sentiva impotente, parlare con
Elsewith lo faceva tornare indietro nel tempo, quella durezza e ostinazione
erano state di sua madre Judith, l’unica differenza era che Elsewith non lo
disprezzava, ma anzi voleva che tornasse a vivere alla Corte di Winchester, al
fianco di Alfred.
“No, non sono partito dal Wessex perché
volevo la corona di Alfred, sono partito per cercare il mio posto nel mondo… ed
è con i Vichinghi. Non sono affatto come dici tu, con me sono stati gentili e
accoglienti come una vera famiglia e non mi hanno mai impedito di essere cristiano
e di seguire le mie idee” dichiarò deciso. “Per questo voglio che anche qui
possa avvenire lo stesso, perché Sassoni e Norreni possono vivere insieme e
rispettarsi, io ne sono l’esempio vivente. Voglio la pace e so che anche Alfred
la vuole. Potremo avere questo incontro, dunque?”
Elsewith sospirò.
“Va bene, ne parlerò con Alfred e sono certa
che anche lui farà di tutto per organizzare un incontro di pace” disse, poco
convinta. “Tuttavia non illuderti troppo, non credo affatto che un accordo
possa bastare a demoni pagani come i tuoi amici, loro non vogliono la pace,
vogliono solo conquistare, uccidere e rubare.”
Non sarebbe servito discutere ancora con la
Regina. Aethelred la ringraziò per la promessa di parlare ad Alfred dell’accordo
e poi i due si salutarono. Il giovane Sassone lanciò un ultimo sguardo a
Edward, il suo nipotino, sperando che almeno lui potesse crescere in un mondo
pacifico, poi si allontanò per ricongiungersi ai Vichinghi.
Nel frattempo, i Sassoni erano riusciti ad
evitare una terribile sconfitta solo grazie alla nebbia che era calata sempre
più fitta, impedendo ai Norreni di massacrarli tutti. Ivar aveva fatto suonare
la ritirata e i pochi soldati Sassoni sopravvissuti erano riusciti a uscire
dalla foresta al seguito di Re Alfred e del vescovo Aldulf.
“Il Signore ci ha salvati impedendo a quei
demoni di ucciderci tutti” diceva il vescovo, ma Alfred non sembrava
ascoltarlo. Ciò che contava per lui era la salvezza di sua moglie e di suo
figlio, oltre che dei suoi sudditi, e iniziò a rilassarsi soltanto quando riuscì
a scorgerli tra la nebbia come ombre in lontananza.
“Non possiamo lasciare che quei pagani la
facciano franca. Oggi ci hanno attirato in una trappola, ma dovremo
riorganizzare i nostri eserciti e attaccarli in un luogo a noi favorevole per
poterli sconfiggere e distruggere una volta per tutte, per la gloria di Dio!”
continuò Aldulf, ma questa volta Alfred lo interruppe.
“Riorganizzeremo l’esercito, sì, ma soltanto
per difenderci” tagliò corto. “Io voglio che la mia gente viva in pace e, se è
un nuovo accordo quello che vogliono, allora sono disposto a concederlo.
Manderò un messaggero per invitare i capi dei Norreni a parlamentare con me.
Quasi due anni fa stipulai un accordo di pace con Ubbe Lothbrok, ma lui non è
qui e non ci sono nemmeno Torvi o Lagertha. Devo capire se Ivar Senz’ossa è
disposto a un accordo del genere perché la pace è la mia priorità. Soltanto se
lui non ci darà scelta continueremo a combattere.”
Detto questo, Alfred si avviò deciso verso la
sua famiglia e i suoi sudditi, seguito lentamente da un vescovo Aldulf molto
deluso.
Quella sera, nell’accampamento dei Vichinghi,
c’era festa per la vittoria contro i Sassoni, anche se non era stata
schiacciante come avrebbero voluto. Ivar e Aethelred, però, non partecipavano,
erano a parlare nella loro tenda.
“Hai protetto la fuga della Regina Elsewith? Ma
ti sei bevuto il cervello? Aethelred, da che parte stai, sul serio?” Ivar era
sconcertato.
“Io voglio la pace” ribadì Aethelred, fissando il Vichingo negli occhi. “Cosa
pensavi di ottenere facendola rapire o, magari, uccidere? Alfred e Elsewith
hanno un bambino piccolo, mio nipote. Se fosse accaduto qualcosa alla Regina
non credi che Alfred non ti avrebbe mai perdonato? E in quel caso non ci
sarebbe stata alcuna possibilità di giungere a un nuovo accordo!”
“È stata proprio quella Regina a far uccidere
coloni innocenti, quale pace vuoi ottenere da lei?” obiettò Ivar.
“Non è lei a regnare in Wessex, è Alfred il
Re, e lui vuole la pace” insisté il Sassone. “Avremo un incontro con lui, ci
manderà un messaggero per stabilire il giorno e il luogo, e finalmente
stipuleremo un nuovo accordo come quello che fecero Ubbe e Lagertha. È solo
questo che voglio, Sassoni e Vichinghi che vivono fianco a fianco,
rispettandosi gli uni gli altri e collaborando. Niente più razzie, niente più
conversioni forzate, solo rispetto e tolleranza.”
Ivar sospirò rassegnato e strinse tra le
braccia il suo compagno, dicendo senza saperlo le stesse cose che gli aveva
detto Elsewith quel pomeriggio.
“Tu sei buono e generoso, Aethelred, vuoi che
tutti siano sereni e in pace e io ti ammiro e ti amo per questo, ma temo che il
tuo cuore sia troppo grande e non voglia vedere il male che c’è intorno.”
Lo baciò una,
cento, mille volte. Ogni volta che si perdeva nella morbidezza e nella dolcezza
delle sue labbra e del suo corpo tiepido tutto il resto scompariva e rimaneva
solo una tenerezza che faceva bene al cuore. Chissà, forse il sogno di
Aethelred poteva realizzarsi, o forse no, quello che importava era che in quel
momento loro due erano insieme, uniti, che lentamente i loro corpi e le loro
anime si fondevano in una sola essenza. Forse quell’incontro con Re Alfred
avrebbe potuto cambiare le cose, portare davvero la pace… ma ci avrebbe pensato
dopo, quegli istanti d’amore che potevano ancora concedersi dovevano espandersi
in un universo di passione e dolcezza che, almeno per un po’, avrebbe
cancellato tutto il male.
No one ever held my hand
Always me against the world
At war with monsters in my head
Kept digging down 'til I hit gold
I'm not ashamed of who I was
You'll never take this fight from me
You'll see I'd rather die on my feet, than live on my knees
I'm face to face with the devil I am not afraid
My life is worth the struggle
My scars are my warpaint
Face to face with the devil
Pray, it's not too late
My past will not define me
I'm face to face
I fought the devil and I'll live to tell
I fought the devil and I'll live to tell!
(“Face to face” – Citizen Soldier)
Ciò che Aethelred aveva tanto desiderato
stava per avverarsi. Erano trascorsi solo tre giorni dalla terribile battaglia
contro l’esercito Sassone e dal suo colloquio con Elsewith, ma Alfred aveva
mandato un messaggero per invitare Ivar su un campo neutro e negoziare con lui
la pace e quella mattina sarebbe avvenuto l’incontro. Il giovane Principe era
molto emozionato anche all’idea di rivedere il fratello, tuttavia c’erano un
paio di questioni che lo tormentavano: Alfred aveva deciso per un colloquio di
pace, ma chiaramente Elsewith non voleva la stessa cosa, suo fratello sarebbe
stato abbastanza forte da contrastare la volontà di quella moglie fanatica e
piena di pregiudizi che ricordava così tristemente Judith? E poi… Ivar come
avrebbe reagito ad eventuali provocazioni da parte della Regina o a condizioni
che avrebbe potuto trovare ingiuste?
Questi pensieri lo angustiavano, la
situazione non era ancora così chiara e sicura come era stata due anni prima,
l’unica cosa che lo confortava era il fatto che lui sarebbe stato presente
all’incontro, avrebbe partecipato al fianco di Ivar e non avrebbe permesso né
al suo compagno né a Alfred di distruggere quella speranza di pace che brillava
all’orizzonte.
Quella mattina gli eserciti Sassone e Norreno
erano schierati sul campo, ognuno a sostegno dei suoi comandanti. Re Alfred
attendeva in piedi davanti ai suoi uomini e Aethelred provò una fitta di
inquietudine nel vedere che, accanto a lui, fiera e con aria compiaciuta, stava
Elsewith. La sua presenza non era di buon auspicio per un possibile accordo di
pace…
“Quella donna ha l’aria soddisfatta del gatto
che si è appena mangiato l’uccellino” disse sottovoce Ivar a Aethelred mentre
si avviavano insieme verso la coppia reale. “Non credo proprio che la faccenda
finirà bene.”
Nemmeno io, avrebbe
voluto rispondergli il compagno, ma sarebbe stato avvilente per entrambi, così
si limitò a stringergli affettuosamente la mano per fargli sentire che, in ogni
caso, lui sarebbe stato al suo fianco.
Hvitserk era in prima fila tra i Norreni, a
cavallo accanto a Helgi, e provò una sensazione di straniamento quando Ivar e
Aethelred giunsero di fronte ad Alfred. Lui c’era, due anni prima, e ricordava
bene quanto la situazione e i protagonisti della stessa fossero abissalmente
diversi da quelli di adesso. Alfred non era più il ragazzo cordiale e
amichevole che si faceva addestrare da Ubbe per imparare a combattere e che
aveva festeggiato la nascita di una nuova terra in cui Sassoni e Vichinghi
potessero vivere fianco a fianco, senza questioni religiose a dividerli: quel
taglio corto e il volto severo gli davano un’aria inflessibile e giudicante che
Hvitserk non riconosceva. Era anche vero che Ivar, col suo sorrisetto beffardo
e l’aria di sfida, non era certo l’interlocutore ideale per un accordo pacifico
come invece era stato il pacato Ubbe…
I presentimenti negativi di Hvitserk
aumentarono quando notò lo sguardo critico e infastidito con il quale Alfred
squadrò il fratello: chiaramente disapprovava tutto di lui, a partire
dall’abbigliamento da Vichingo e l’acconciatura, con i capelli lunghi annodati
in alto sulla testa e che ricadevano disordinatamente sulla nuca.
“Temo che non ci sarà nessun accordo” mormorò
rivolto a Helgi. “Re Alfred ha già preso la sua decisione, vuole la pace ma
solo alle sue condizioni… che non terranno conto delle esigenze dei Norreni.
Ivar dunque non potrà mai accettare un accordo del genere e, almeno questa
volta, sarò perfettamente d’accordo con lui.”
Helgi lo guardò preoccupato. Detestava
trovarsi di nuovo in una situazione in cui ambizione e intransigenza avrebbero
distrutto la vita di tante persone… ma lui non poteva farci niente, forse
neanche Ivar e Aethelred lo potevano.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla
moglie, Alfred si rivolse direttamente a Ivar, ignorando Aethelred come se
neanche ci fosse.
“Ho accettato di venire qui a parlare con te
perché mi auguro di porre fine a questo ciclo di sofferenze e di guerre” esordì
in tono glaciale. Il suo volto e il tono della sua voce contraddicevano le sue
parole, ma Ivar sorrise lo stesso.
“Sono d’accordo” rispose. “Perciò propongo di
finire questa battaglia e di stipulare la pace, scambiamoci gli ostaggi,
negoziamo in buona fede, mettiamo da parte la guerra.”
Aethelred guardò con ammirazione il suo
compagno: nonostante la freddezza e l’aperta ostilità di Alfred, Ivar non aveva
perso il controllo e aveva parlato da vero condottiero! Alfred, tuttavia, non
la pensava affatto come lui: guardò di nuovo Elsewith che aveva un’espressione
disgustata sul viso e poi replicò in modo severo e ingiustificato.
“Devo rifiutare la tua proposta di pace,
Ivar” disse, perentorio. “Siete venuti qui per razziare e uccidere e ora tu
proponi la pace solo perché temi di perdere. Non vuoi veramente la pace, anzi,
speri di ottenere una tregua per poterti riorganizzare e attaccarci di nuovo,
magari facendo arrivare rinforzi da Kattegat. Tu vuoi solo uccidere e
trionfare, non conosci la pietà, cerchi solo la morte. Il mio Dio è pace e
amore mentre i tuoi dei sono crudeli e spietati e tu sei come loro. Mi ritieni
un debole, un codardo, per questo pensi di potermi ingannare proponendomi la
pace, ma per tua sfortuna ti sbagli di grosso. I tuoi falsi dei di morte non
prevarranno!”
Ora Elsewith aveva un sorriso trionfante e
cattivo dipinto sulle labbra, mentre Aethelred restava agghiacciato dalla
crudeltà delle parole di Alfred. Come poteva essere diventato tanto duro e
intollerante? E come avrebbe reagito Ivar? Se si fosse infuriato, in tutta
onestà, il Principe Sassone non avrebbe potuto dargli torto… invece Ivar era
rimasto stupito quanto lui. Restò per un attimo in silenzio, poi sorrise di
nuovo con condiscendenza e riprese a parlare, in tono calmo e controllato.
“Perciò questo è un no. Non me l’aspettavo,
credevo che, da buon cristiano, ti preoccupassi dei tuoi guerrieri. Siete in
minoranza, Alfred, non potrete mai sconfiggerci.”
Aethelred sentì una morsa gelida artigliargli
il cuore quando Alfred rispose.
“Io ho tanto a cuore i miei guerrieri che mi
rifiuto di sottometterli alla tua tirannia. Che vivano o che muoiano, i miei
guerrieri lo faranno per Dio e per la loro terra. Ritirati finché sei in tempo,
demonio pagano, e torna al tuo Paese di barbari: solo così potrai salvare i
tuoi uomini e te stesso! Io non mi piegherò mai a una pace con un mostro come
te, devo salvare il mio Regno e Dio è dalla mia parte.”
Ivar parve non raccogliere neanche
quell’ultima provocazione, fece un sorrisetto e si voltò verso i suoi uomini,
accingendosi a lasciare il luogo in cui era avvenuto quell’inutile colloquio.
Aethelred, invece, faceva fatica a respirare e gli sembrava di vivere un incubo
nel quale era tornato indietro di due anni, aveva davanti la Regina Judith e
sentiva le stesse parole che la gelida e crudele madre aveva rivolto a lui…
solo che questa volta era Alfred a parlare e la necessità di uccidere il nemico
per salvare il Wessex riguardava Ivar e non lui. Per il cuore straziato di
Aethelred questo era anche peggio… Disperato, non poté fare a meno di
affrontare il fratello.
“Alfred, come puoi parlare così?” esclamò,
mentre gli occhi di tutti si puntavano su di lui, visto che non era previsto
che intervenisse. “Non ricordi più che i Norvegesi hanno salvato il Wessex
dalle razzie dei Danesi, due anni fa, combattendo al nostro fianco? Non ricordi
che condividevamo con Ubbe il sogno di unire nella pace i nostri popoli? È
quello che volevi anche tu, come me, Ubbe, Bjorn, Hvitserk e Lagertha. Hai
dimenticato la bellissima festa nelle colonie dei Vichinghi, il giorno in cui
vi partecipammo tutti insieme e Sassoni e Norreni lavoravano in pace, fianco a
fianco, ognuno seguendo la propria religione e le proprie tradizioni? Noi tutti
vogliamo ancora quella pace e quella collaborazione, anche se Bjorn e Lagertha
sono rimasti a Kattegat: Ivar, Hvitserk ed io siamo qui come loro portavoce.”
Alfred squadrò di nuovo il fratello con
freddezza, mentre da Elsewith arrivò una sorta di sibilo disgustato.
“Non è possibile vivere in pace con questi
barbari, sono dei pagani e dei selvaggi che fingono di voler collaborare, ma in
realtà aspettano solo il momento propizio per ucciderci tutti, come vogliono i
loro falsi dei” replicò, duro. “Infatti sono venuti a razziare le nostre coste,
a rubare e fare stragi!”
“Quelli erano gli uomini di Re Harald, non quelli
di Ivar e Hvitserk che, al contrario, sono intervenuti per fermare le battaglie
e richiedere un accordo di pace” protestò Aethelred. “E comunque anche tu hai
reagito alla violenza con una crudeltà che non mi sarei mai aspettato,
massacrando donne, anziani e bambini innocenti delle colonie. In cosa ti sembra
di essere stato migliore dei Vichinghi, me lo sai dire?”
“Noi crediamo nel vero Dio e combattiamo per
lui ma, evidentemente, tu non puoi più capire queste cose visto che ti dedichi
a pratiche peccaminose e depravate con quel demonio pagano” ribatté Alfred, il
cui volto rispecchiava lo stesso disprezzo e disgusto che si vedeva su quello
di Elsewith. “Forse ti sei persino convertito ai loro falsi dei e sei diventato
un assassino come loro, basta vedere come ti vesti e che rapporti contro natura
intrattieni con quel mostro!”
Quelle parole crudeli affondarono come lame
ghiacciate nel cuore di Aethelred che impallidì mortalmente. Solo a quel punto
Ivar reagì. Il Vichingo era riuscito a scrollarsi dalle spalle tutte le accuse
e gli insulti che Alfred aveva rivolto a lui ma, vedendo che le sue parole
avevano ferito il suo compagno, il ragazzo dolce e premuroso che tanto amava,
non si trattenne più. Ritornò sui suoi passi, appoggiandosi alla stampella, e
avanzò verso Alfred con tanto impeto e odio negli occhi che i soldati Sassoni
incoccarono le frecce, pensando che il giovane avrebbe colpito il loro Re.
Ivar li guardò come se non fossero altro che
marionette e sorrise, sprezzante.
“Non temete, non sono un vigliacco che
colpisce a tradimento durante un colloquio di pace” disse loro, “anche se non
sono io a volere il proseguimento della guerra, ma il vostro Re cristiano.”
“Che aspettate?” strillò Elsewith con voce
isterica, vedendo Ivar che si avvicinava minaccioso ad Alfred. “Attaccatelo!
Tirate le frecce! Uccidete il demonio pagano!”
“No, fermi!” esclamò Alfred. Nonostante
disprezzasse Ivar, era piuttosto sicuro che non lo avrebbe davvero ucciso in
quel momento, non in quel modo, era un selvaggio ma non un codardo e lo avrebbe
affrontato in battaglia. Se, malauguratamente, uno dei Sassoni avesse ucciso o
anche soltanto ferito Ivar, i Vichinghi sarebbero insorti, ci sarebbe stata una
battaglia lì e subito e la sua Regina, Elsewith, era proprio in mezzo al
pericolo. Non poteva rischiare. “Non mi farà niente, nessuno si muova e mettete
via le armi.”
Ivar si avvicinò ancora, alla fine erano
praticamente faccia a faccia e un silenzio cupo e carico di tensione cadde sul
campo di battaglia.
“È vero, non ti ucciderei mai a tradimento”
sibilò Ivar, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, “ma se ne avrò occasione ti
taglierò la gola in combattimento e non per la tua terra, non per il mio
popolo, non per diventare Re del Wessex… solo e soltanto perché tu hai offeso e
insultato Aethelred. Tu hai ferito tuo fratello peggio che se lo avessi colpito
con una spada e per questo meriti di essere sconfitto e umiliato!”
Alfred rimase attonito davanti a quella
reazione. Si era aspettato le cose peggiori da Ivar e proprio per questo lo
aveva provocato e ingiuriato durante il colloquio di pace, ma il figlio di
Ragnar non aveva battuto ciglio. Adesso, però, lo vedeva terribilmente in
collera, che si tratteneva a malapena, e tutto questo solo… solo per difendere
Aethelred.
Possibile che quel barbaro, quel pagano, quel
senza Dio fosse in grado di amare davvero qualcuno? Possibile che volesse così
tanto bene a suo fratello? Possibile che lui, Alfred, avesse completamente
sbagliato a giudicarlo?
“Ci rivedremo domattina sul campo di
battaglia, e allora ti farò pentire di non aver accettato le mie offerte di
pace. Addio, Alfred” concluse Ivar, secco e tagliente più di una spada
affilata. Voltò le spalle al Re del Wessex e s’incamminò di nuovo, a fatica,
verso i suoi uomini.
Aethelred gli fu subito accanto per
sostenerlo e aiutarlo a camminare.
“Ivar, non avresti dovuto… Non siamo
abbastanza per affrontare l’esercito Sassone e, comunque, io non voglio
combattere ancora contro il mio popolo. Eravamo qui per stipulare la pace”
provò a dire, ma Ivar l’interruppe.
“Nessuno può permettersi di dire quelle cose
di te, neanche il Re del Wessex. Vuole la battaglia? L’avrà” dichiarò in tono
perentorio.
Aethelred si strinse più forte a lui mentre
lo sorreggeva, sentendosi morire dentro. Quella guerra era una follia, lo era
stata fin dall’inizio, ma adesso era ancora peggio. Aethelred era sempre stato
un abile stratega e condottiero ed era consapevole del fatto che i Norreni non
avrebbero mai potuto avere la meglio: erano in minoranza, erano logorati e
indeboliti dalle tante battaglie, mentre le truppe di Alfred erano state
rafforzate con i contingenti guidati dal Vescovo Aldulf, e poi… e poi Ivar non
era in grado di combattere, lui se n’era accorto. Lo vedeva che camminava con
più fatica del solito e che spesso era costretto a fermarsi e a distendersi per
i terribili dolori alle gambe, quella campagna militare era troppo per lui.
Eppure sapeva anche di non poter fare nulla.
La guerra non era più per il predominio sul Wessex, per Ivar era diventata un
fatto personale nel momento stesso in cui Alfred aveva oltraggiato il suo
legame con Aethelred, la cosa più preziosa e importante che aveva.
Non sarebbe tornato indietro a nessun costo,
non avrebbe ascoltato le proteste del suo compagno.
Alfred avrebbe dovuto pagare… e Aethelred era
sempre più lacerato, perché non voleva che accadesse qualcosa di brutto a suo
fratello e ancora meno poteva sopportare di perdere Ivar.
Il mattino successivo si sarebbe deciso
tutto, nel bene e nel male.
You
can turn around You have held your head up high You are here, but don't know why Just don't close your eyes We will meet again We will wait for you to rise We're the flame that never dies Pull it out what's deep inside So much to hide Take a breath, don't fail to speak Are you blind or are you weak Wake up now so you can grow Grip the twine, don't let it go Keep your faith, don't run away Golden plans still wrapped in grey Rising ghosts conceal your dreams Hearing your screams!
(“Hearing your screams” –
Moonsun)
Aethelred guardava la
battaglia al fianco di Ivar senza riuscire a rendersi conto di come si fosse
potuti giungere a quel punto. Il giorno prima aveva sperato che il colloquio
tra Alfred e Ivar potesse servire a riportare la pace tra Norreni e Sassoni ma
poi le cose erano precipitate, Alfred aveva provocato Ivar, poi aveva accusato
lui, Aethelred, di essere un traditore e un pervertito e, a quel punto, Ivar
aveva interrotto qualsiasi possibile trattativa.
Adesso si combatteva.
Aethelred aveva scelto anche questa volta di evitare la battaglia, ma non
poteva non guardare ciò che accadeva davanti ai suoi occhi: Hvitserk, Helgi,
tanti suoi amici e Re Harald con i suoi uomini si battevano con coraggio e
ardore e uccidevano molti Sassoni, tuttavia i soldati di Alfred erano di più e
più freschi e ben presto avrebbero avuto la meglio sull’esercito Norreno.
E Aethelred non sapeva cosa
fare, sapeva solo che voleva, che doveva fermarli
prima che fosse troppo tardi.
Ma era già troppo tardi. Per quanto valorosi e arditi, i Vichinghi erano
in minoranza e troppi uomini e donne cadevano sul campo di battaglia. Ad un
certo punto il Vescovo Aldulf riuscì ad attirare Harald lontano dai suoi
uomini, presso la boscaglia e, dopo un breve duello, lo trapassò con la sua
spada senza che nessuno dei Norreni potesse intervenire in suo soccorso. Harald
cadde, ferito a morte, cercando inutilmente di sostenersi contro il tronco di
un albero… ma Aldulf, tronfio per aver colpito il Re dei Norreni, non fu
altrettanto furbo e, invece di tornare al sicuro in mezzo ai soldati Sassoni,
si sentì talmente pieno di sé da rimanere a guardare Harald che moriva,
oltraggiandolo.
“Sciocco pagano, pensi
davvero che andrai nel tuo Valhalla?” gli domandò, schernendolo. “Ti sbagli,
non esiste quel luogo e tu morirai solo e dimenticato.”
Harald si sentiva bruciare le viscere e il
sangue, insieme alla sua vita, scorreva via tra le sue dita, poi all’improvviso
la voce irridente del Vescovo si affievolì e l’uomo sentì una voce più forte e
molto più amata alla sua destra.
“Ciao, fratello.”
Harald si voltò in direzione della voce e,
con grande stupore e gioia, vide appoggiato all’albero accanto a lui il
fratello perduto, Halfdan, il fratello che lui aveva ucciso anni prima durante
una battaglia che li aveva messi l’uno contro l’altro… e per cui non si era mai
perdonato. In quegli anni aveva cercato in ogni modo di dimenticare il vuoto
che aveva dentro, ma niente lo aveva appagato, né il potere, né le belle donne,
né la ricchezza. Ora, alla fine di tutto, capiva.
“Sono venuto a portarti nel Valhalla” gli
disse il fantasma di Halfdan. “Il Padre di tutti gli dei ti aspetta.”
“Fratello… fratello mio” mormorò a fatica
Harald. Si era sentito in colpa per tutti quegli anni per aver ucciso Halfdan,
ma adesso lui era lì, lo aveva perdonato e non lo avrebbe lasciato morire da
solo. Il dolore che lo stordiva sembrò farsi meno acuto e nel cuore del Re
scese una grande pace. Gli parve che Halfdan lo prendesse per un braccio e lo
aiutasse a rialzarsi, così si ritrovò ancora una volta di fronte al Vescovo
Aldulf che gli rideva in faccia… ma rise molto meno quando Harald gli trafisse
la gola con il pugnale che teneva alla cintura. Il corpo senza vita di Aldulf
cadde a terra e Harald ricadde all’indietro, riappoggiandosi all’albero e
voltandosi ancora una volta verso l’apparizione di Halfdan.
“Ben fatto, fratello!” gli disse Halfdan,
ridendo. Poi iniziò a cantare un’antica canzone norrena che lui e Harald erano
soliti cantare insieme fin da ragazzi:
Þat mælti mín móðir,
at mér skyldi kaupa
fley ok fagrar árar,
fara á brott með víkingum,
standa upp í stafni,
stýra dýrum knerri,
halda svá til hafnar
hǫggva mann ok annan,
hǫggva mann ok annan. *
Harald unì la debole
voce a quella del fratello e le sue ultime parole furono quelle della canzone
che gli ricordava tanti momenti felici…
Ma se la morte fu per
Harald forse la liberazione da tutti i suoi demoni, lo stesso non valeva per i
Norreni che stavano ancora combattendo e perdendo sempre più uomini. Ivar e
Aethelred, che si trovavano nelle retrovie, assistettero alla caduta di Harald
e Ivar in modo particolare ne rimase fortemente turbato, sebbene non fosse mai
stato amico dell’ambiguo Re. Qualcosa scattò dentro di lui, i suoi occhi
iniziarono a seguire i movimenti di Hvitserk, che stava davvero facendosi onore
in quel combattimento e falciava due o tre Sassoni alla volta… ma anche lui era
sempre più solo, isolato.
Stavano perdendo e
Ivar non poteva più far finta che così non fosse né, tanto meno, poteva
lasciare che Hvitserk, suo fratello, morisse per la sua ambizione e il suo
orgoglio. Mosse qualche passo in avanti, soffocando le grida di dolore per le
gambe che ormai stavano cedendo e che non lo sostenevano più come prima,
nonostante l’armatura che le proteggeva. Ma niente poteva fermare Ivar in quel
momento e continuò ad avanzare, appoggiandosi alla stampella con una mano e con
l’altra trafiggendo i Sassoni che provavano ad andargli contro.
Aethelred era rimasto
impietrito.
“Ivar, ma che stai
facendo, sei impazzito? Ti farai uccidere!” gridò, disperato, senza capire che
cosa stesse accadendo nella mente del suo compagno. Entrare in battaglia contro
i suoi connazionali gli faceva orrore, ma non poteva neanche lasciare che Ivar
venisse ucciso, così si slanciò dietro di lui, proteggendolo come poteva,
colpendo i soldati che li aggredivano senza neanche sapere cosa stesse facendo,
pensando solo che doveva difendere Ivar. Poi, ad un certo punto, si rese conto
di quello che Ivar voleva fare: il giovane Vichingo si dirigeva con la forza
della disperazione verso il fratello Hvitserk, che vedeva accerchiato ma mai
domo, e che alla fine riuscì a raggiungere e a stringere a sé.
“Adesso basta,
fratello” gli disse, fissandolo negli occhi, “hai fatto il tuo dovere, ora non
devi più intrometterti. Torna indietro, mettiti in salvo e porta con te Helgi e
Aethelred.”
“Ma cosa dici, Ivar?”
Hvitserk cominciava a capire cosa avesse in mente il fratello e non poteva
accettarlo.
“Non ti avrei mai
fatto del male, non ti avrei mai ucciso e non permetterò che lo facciano i
Sassoni” continuò Ivar, tenendo stretto Hvitserk, fronte contro fronte, uniti
come mai prima. “Ti voglio bene, ti voglio bene, fratello mio.”
“Anch’io, anch’io ti
voglio bene, Ivar” singhiozzò Hvitserk.
“Adesso vai, vai,
mettiti in salvo e porta Helgi e Aethelred con te! Vai!” gridò Ivar, spingendo
il fratello perché si allontanasse. Hvitserk, però, fece solo qualche passo, non
voleva lasciare il fratello e, ad ogni modo, in quel momento non vedeva Helgi e
non sapeva come avrebbe fatto a trascinare con sé Aethelred. Così rimase fermo,
a qualche passo di distanza da Ivar, a guardare come sarebbe andata a finire.
Ivar sapeva che c’era
un unico modo per salvare Aethelred, Hvitserk e le persone che amava da una
guerra che non aveva iniziato lui, ma che poi aveva voluto e infiammato. Lanciò
un grido di battaglia e poi continuò a urlare, rivolgendosi ai soldati Sassoni.
“Guardatemi,
guardatemi, sono qui, sono Ivar Senz’Ossa! Voi non potete uccidermi, non potete
farmi niente, anche se proverete a uccidermi io vivrò in eterno!”
Era un diversivo,
Ivar stava catalizzando l’attenzione di tutti i Sassoni su di sé per permettere
a Hvitserk di scappare e di portare in salvo anche Aethelred e Helgi, anche se
questo avrebbe significato…
“Noi temiamo la
morte? NO!” gridò ancora Ivar, stavolta rivolto ai suoi guerrieri. “Non
vogliamo morire nel nostro letto come dei vecchi, ma banchettare con i nostri
cari nel Valhalla!”
Attorno al Vichingo
la battaglia continuava, ma alcuni si erano fermati e lo fissavano, immobili:
uno di essi era, appunto, Hvitserk, un altro era Alfred che adesso cominciava
seriamente a pensare di aver sbagliato a giudicare quel giovane… e uno era
Aethelred, che non riusciva a credere a ciò che vedeva, era agghiacciato fin
nelle ossa e non era più in grado di muoversi, stordito e annichilito al solo
pensiero che Ivar potesse aver deciso di morire lì, quel giorno, in battaglia,
sacrificando la sua vita per salvare quella di coloro che amava. Ancora una
volta al Principe Sassone parve di vivere in un incubo, uno di quelli in cui
vorresti scappare, o muoverti, ma non ci riesci, il tuo corpo non ti risponde e
tu non puoi evitare il pericolo. Avrebbe voluto correre da Ivar, stringerlo a
sé e trascinarlo via, ma non riusciva quasi nemmeno a respirare, era come
trasformato in una statua di ghiaccio.
Poi accadde qualcosa:
un soldato, un ragazzo con un semplice pugnale in mano, si ritrovò davanti ad
Ivar, incredulo, quasi spaventato all’idea di affrontare quello che tutti
descrivevano come un mostro, un demone infernale, e senza neanche avere una
spada in mano, solo quel piccolo pugnale.
Ivar gli sorrise e
annuì.
“Avanti” gli disse,
“non aver paura, fallo.”
E questo, finalmente,
spezzò il sortilegio che teneva immobilizzato Aethelred. Il giovane Sassone
vide in un secondo tutto quello che doveva vedere: Hvitserk ferito e
sanguinante che non aveva le forze per scappare; Alfred, suo fratello, che
aveva voluto quella battaglia ma che adesso, anche lui pieno di ferite, aveva
smesso di combattere e fissava Ivar; Helgi che si faceva strada abbattendo i
nemici a destra e a sinistra per riuscire a raggiungere Hvitserk. E Ivar, che
aveva scelto di lasciarsi uccidere quando aveva capito che i Norreni avrebbero
perso, che era pronto a morire purché i suoi guerrieri tornassero a Kattegat
sani e salvi.
Ma Aethelred non lo
avrebbe permesso, non era quella la fine, non lì, non così. Finalmente libero
da ciò che lo aveva pietrificato fino a quel momento, lanciò un urlo selvaggio che
poteva stare alla pari con le grida di battaglia dei Vichinghi, e si slanciò
verso Ivar con tutte le sue forze, frapponendosi tra lui e il giovane soldato
col pugnale.
“No! No, adesso
basta, fermatevi tutti, fermatevi e gettate le armi!” urlò, e vederlo in quel
modo era surreale perché, pur dicendo cose del tutto opposte, sembrava l’Ivar
furioso e invasato di poco prima, anche lui scarmigliato, selvaggio, anche lui
a gridare con tutta l’aria che aveva nei polmoni. Ma il suo era un grido di
pace. “Gettate le armi a terra, basta combattere, basta! Niente più sangue,
niente più morti!”
Il suo impatto fu
anche più deflagrante di quello che aveva avuto Ivar poco prima. Al suono delle
sue urla tutti, davvero tutti, si fermarono e qualcuno lasciò davvero cadere la
spada. Sul campo di battaglia calò un silenzio assurdo e gli occhi di tutti si
fissarono su Aethelred.
“Io sono Aethelred,
il figlio maggiore di Aethelwulf, Principe del Wessex” esclamò. “Sarei dovuto
essere il vostro Re e, se lo fossi stato, non avrei mai permesso che si
arrivasse a questo, non avrei mai permesso tanta morte e distruzione!”
“Mio signore…”
balbettò il ragazzo che aveva cercato di uccidere Ivar. Fece qualche passo
indietro, lasciò cadere a terra il pugnale e si inginocchiò con le lacrime agli
occhi. Diversi altri soldati Sassoni, riconoscendo il loro condottiero, fecero
lo stesso, rendendogli omaggio come se fosse davvero lui il loro vero Re.
“Nessuno ucciderà più
nessuno, non ci saranno più guerre tra Sassoni e Norreni!” dichiarò ancora.
“Mio signore… ma… ci
avevano detto… il demonio pagano deve morire, i barbari devono morire, sono dei
selvaggi…” mormorò ancora il giovane soldato.
“Chi ve lo ha detto?
Il Vescovo Aldulf? Ma lui è morto, ha perso anche lui la vita in questa
battaglia insensata. Ve lo ha ordinato il vostro Re, Alfred il Grande? Alfred
che dice di combattere in nome di Dio? Ma qualcuno ricorda che cosa ci ha
insegnato, veramente, il nostro Dio,
il Dio d’amore?” continuò Aethelred, e stavolta davvero catturò l’attenzione di
tutti, anche se non gridava più e scandiva con fermezza le parole perché tutti
potessero udirlo. “Voi dite che gli dei Norreni sono crudeli e spietati e
ordinano di uccidere, chissà, forse è così. Ma il nostro Dio cosa ci ordina?
Nella Bibbia c’è scritto di uccidere i pagani, di massacrare gli innocenti? No!
Nostro Signore Gesù Cristo, che è morto per noi, per tutti noi, anche per i Norreni, ci ha lasciato queste parole: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato
voi. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Ed è
forse questo che state facendo qui?”
Molti dei Sassoni, a
quel punto, lasciarono cadere le armi e si sentirono invadere dalla vergogna. I
Norreni rimasero in piedi a guardare quel Principe Sassone che sembrava davvero
un Vichingo anche se diceva parole così strane per loro… In quel momento un
raggio di sole andò ad illuminare proprio Aethelred, ricadendogli sul capo in
un luccichio dorato e dando a tutti l’impressione che sulla testa del giovane
Principe posasse una corona d’oro e pietre preziose più lucente e splendida di
qualunque altra al mondo, che lo faceva non tanto Re del Wessex, ma di tutta
l’Inghilterra e forse anche di più.
“Il nostro Dio è un
Dio di pace e d’amore, non possiamo usare il Suo nome per giustificare guerre e
massacri” dichiarò Aethelred.
A quel punto il Re ufficiale, Alfred, si fece avanti, tanto
per chiarire che ancora era lui a comandare in Wessex.
“E cosa dovremmo
fare, allora? Sono stati i Vichinghi ad attaccarci per primi, sono scesi sulle
nostre coste e hanno razziato e ucciso” chiarì. “Dovremmo lasciare che ci
derubino e ci sterminino?”
“No, Alfred” rispose
Aethelred, lanciando lui, stavolta, uno sguardo freddo al fratello. “Avevate
tutto il diritto di difendervi e di proteggere la gente della costa. Sono stati
gli uomini di Re Harald a volere queste razzie e adesso lui è morto. Non è
stato Ivar ad attaccarvi, non è stato Hvitserk e tanto meno sono stati i coloni
Vichinghi che avete massacrato, le donne e i bambini innocenti che volevano
solo una terra da coltivare e una famiglia. Avevate il diritto di difendervi,
non di vendicarvi.”
Alfred cominciava a
sentirsi sempre più a disagio sotto lo sguardo azzurro e cristallino del
fratello che illuminava tutte le sue parti più oscure.
“I coloni Norreni non
sono così innocenti” provò a protestare, “sono pagani, non vogliono convertirsi
al vero Dio e un giorno ci faranno guerra. Sono falsi e bugiardi come i loro
dei!”
“E questo chi lo ha
detto? Lo hai letto nella Bibbia? O forse lo ha detto Elsewith?” Aethelred
sorrise vedendo che Alfred trasaliva, comprese di aver colto nel segno. “Ma sei
tu il Re del Wessex, non è Elsewith. E tu sei un Re giusto, un Re che vuole la
pace e che sa che i popoli, anche diversi, possono vivere insieme e
collaborare. Tu sei il figlio di Athelstan, che era amico di Ragnar Lothbrok e
che ha vissuto per molto tempo a Kattegat, in mezzo ai Norreni, senza provare a
convertirli ma cercando di comprenderli e apprezzarli. È per questo che dovevi
essere tu il Re del Wessex, perché il figlio di Athelstan avrebbe perseguito la
pace e la concordia tra Sassoni e Norreni, proprio come avrebbe voluto suo
padre. Tu hai sempre ammirato la sua figura, come puoi esserti lasciato
condizionare da tua moglie e dai suoi pregiudizi ingiustificati e spietati?
Athelstan non avrebbe mai voluto questo.”
Alfred non riuscì più
a sostenere lo sguardo del fratello e abbassò gli occhi pieni di lacrime a
terra. Era vero, lui si era sempre sentito orgoglioso di essere figlio di
Athelstan, lo ammirava, era stato così felice quando gli era apparso e gli
aveva parlato durante uno dei suoi lunghi attacchi di malessere in cui pareva
morto… Cosa avrebbe pensato suo padre di lui se lo avesse visto in quel
momento?
“Lei… Elsewith… mi
diceva che tutti mi avrebbero preso per un debole e un codardo se non avessi
fatto quello che lei suggeriva” cercò di giustificarsi. “Disse che dovevo dare
una dimostrazione di forza, altrimenti nessuno mi avrebbe più voluto come Re!”
“Ma tu non sei
affatto debole e codardo, Alfred, e la tua forza è proprio aver cercato la pace
e l’accordo con gli altri popoli” replicò Aethelred. “Ti hanno chiamato Alfred
il Grande perché hai saputo creare una colonia dove Sassoni e Norreni vivessero
in pace, non per le guerre e i massacri. Il vero coraggio è essere disposti a
morire per le persone che si amano e per ciò in cui si crede.”
Dicendo questo,
Aethelred lanciò un’occhiata a Ivar, che in tutto quel tempo era rimasto dietro
di lui, senza riuscire a dire o fare niente perché la reazione del suo compagno
lo aveva lasciato attonito. E lo sguardo di Aethelred era insieme di
ammirazione, di amore e anche di rimprovero, come a dire Non ti provare mai più a fare una cosa del genere!
Ma anche Alfred
guardò Ivar e comprese quello che Aethelred voleva dire: Ivar aveva davvero
cercato di proteggere i suoi uomini e le persone che amava e, non avendo
ottenuto un accordo di pace, aveva pensato che, se i Sassoni avessero ucciso lui,
la guerra sarebbe finita comunque.
Ivar era stato un
condottiero migliore di lui sotto tutti i punti di vista.
“Cosa devo fare,
fratello?” mormorò, in preda a rimorsi e sensi di colpa.
“Devi solo essere il
Re che tutti si aspettano che tu sia” rispose Aethelred, prendendogli una mano
tra le sue. “Torna alla tua reggia e convoca i nobili e i capi dei Norreni per
un accordo di pace duraturo, come facesti due anni fa. Sii di nuovo Re Alfred
il Grande!”
Commosso, Alfred
strinse le mani del fratello, mentre attorno a loro i soldati, sia Sassoni che
Norreni, gettavano via le armi e rimanevano a guardare sentendosi stranamente
in pace.
Fine capitolo diciottesimo
* Ho trovato il testo e la traduzione della canzone
cercando su Google ed è una vera canzone norrena facente parte del poema “La
saga di Egill”:
Furono le parole di mia madre,
che m'avrebbe comprato, mi
diceva,
rapida nave, remi ben torniti
perché razziando conoscessi il
mare.
Eccomi ben piazzato sulla prua
a condurre mirabile vascello,
di porto in porto levando la
vela,
e ammazzare un uomo dopo l'altro.
Ovviamente né la canzone né la
traduzione appartengono a me, bensì a chi ne detiene i diritti e a autori,
registi e produttori di “Vikings”.
This is not the end
There's a million things to see
But it's not for you and me
There's a million things to see
This is not the end
There's a million things to say
There's a heavy price to pay
There's a million things to say
Ghost House Heart
Home to a million memories
Ghost House Heart
I live in the shadow
Of your love…
(“Ghost House heart” – Delain)
La battaglia era
dunque finita e, a quel punto, la prossima volta che si fossero rivisti Alfred,
Aethelred e Ivar lo avrebbero fatto al palazzo reale per stipulare e firmare
gli accordi di pace. Alfred e Elsewith avrebbero fatto ritorno alla capitale e
anche tutti i cittadini li avrebbero seguiti, visto che non avevano più motivo
di non rientrare nelle loro case. Ormai non c’era più pericolo che i Norreni li
invadessero… se mai quel pericolo c’era stato davvero.
L’incontro ufficiale
per gli accordi di pace era stato fissato per l’inizio della settimana
seguente, per dare modo a Re Alfred e alla sua corte di rientrare a palazzo e
preparare i documenti: questa volta non sarebbe stato un colloquio faccia a
faccia su un campo di battaglia, bensì una vera e propria riunione per trattare
la pace in modo che tutti ci guadagnassero qualcosa, esattamente com’era
avvenuto due anni prima quando Alfred aveva stipulato i trattati con Ubbe e
Lagertha.
I Norreni, dunque, si
incamminarono verso il loro accampamento: avrebbero usato quei giorni per
onorare i caduti in battaglia, curare i feriti e spostarsi lentamente verso la
capitale del Wessex, consentendo così ai loro comandanti di partecipare ai
colloqui di pace. Nessuno aveva molta voglia di parlare, quella sera, attorno
al fuoco. I guerrieri e le shieldmaiden
morti in quella giornata pesavano sul cuore dei sopravvissuti, inoltre la
perdita di Harald poneva molti interrogativi per il futuro, lui era pur sempre
il Re dei Norreni, adesso ci sarebbero state nuove elezioni… E poi quella
poteva essere considerata una vittoria o una sconfitta? I sopravvissuti,
dunque, mangiavano qualcosa e si scaldavano accanto al fuoco in silenzio, poi
si ritiravano cupi nelle proprie tende per passare la notte. Dopo tutto ciò che
avevano passato anche i Vichinghi più spavaldi e temerari sentivano solo il
bisogno di una notte di riposo, di silenzio e tranquillità.
In modo particolare
Aethelred non aveva detto una sola parola dopo il lungo discorso davanti ad
Alfred e ai suoi soldati sul campo di battaglia: era ritornato con Ivar
all’accampamento sostenendolo e aiutandolo a camminare, ma sul volto aveva
un’espressione cupa e i suoi occhi sembravano vedere qualcosa di triste e
preoccupante. Non aveva voluto mangiare niente e si era ritirato subito nella
tenda che condivideva con Ivar, dove il compagno lo aveva raggiunto più tardi.
Ivar era stato più silenzioso possibile, credendo che Aethelred si fosse
addormentato, ma non era così. Il Principe Sassone era seduto sul suo
giaciglio, immerso nei suoi pensieri, quando il Vichingo lo raggiunse.
“Aethelred, credevo
che stessi dormendo” gli disse. “Non hai neanche cenato, ti senti male?”
Il giovane si voltò
verso di lui e nei suoi occhi passò un lampo.
“Che razza di domanda
è questa? Dovrei stare bene dopo tutto quello che è accaduto?” reagì con una
violenza che Ivar non si aspettava.
“Ehi, ma che ti
prende? Non è andata poi così male, no? È vero, ci siamo dovuti ritirare, ma a
quanto pare Alfred accetterà la pace e quindi i prossimi colloqui avranno un
esito positivo, diversamente da quello di ieri. Anzi, a dire il vero dovrei
essere io quello arrabbiato, in fondo i Norreni sono stati costretti ad
arrendersi…”
Lo sguardo di
Aethelred era ancora tagliente.
“Tu dovresti essere arrabbiato? Ma ti ascolti mai quando parli
oppure ti piace solo stare a sentire il suono della tua voce?” replicò con voce
gelida.
“Insomma, Aethelred,
mi vuoi dire cosa ti prende? Sei in collera con me, questo l’ho capito, ma
potresti spiegarmi almeno il perché?” insisté Ivar, a disagio e turbato per
l’evidente ostilità del suo compagno. Non era certo quello che si era aspettato
quando l’aveva raggiunto nella tenda!
“Hai anche la faccia
tosta di chiedermelo? Secondo te come mi sono sentito vedendoti avanzare verso
i soldati Sassoni invitandoli a colpirti? Cosa volevi, si può sapere perché hai
cercato di farti uccidere? Hai detto a Hvitserk di mettere in salvo Helgi e me
e poi hai cercato… non so neanche come dirlo… di offrirti come vittima
sacrificale. Cosa. Accidenti. Volevi. Fare?”
Ivar non aveva mai
visto Aethelred in quelle condizioni. Sospirò e si sedette sul giaciglio
accanto a lui, a fatica perché ultimamente le sue gambe non collaboravano più
come prima ed evidentemente l’armatura che le sosteneva aveva fatto il suo
tempo e andava sistemata.
“In realtà non lo so
bene nemmeno io” rispose, abbozzando un sorrisetto. “Quando ho visto Harald
morire mi sono reso conto con maggior certezza che non ce l’avremmo fatta, che
questa missione era fallita già prima di cominciare e che stavamo sacrificando
i nostri guerrieri per niente. Lo avevo già pensato ed era per questo che avevo
accettato di parlare con Alfred per ottenere una tregua, io che non l’avevo mai
fatto in vita mia. Lui, però, non voleva la pace, hai sentito come mi ha
risposto ieri, no? Non mi avrebbe creduto se mi fossi arreso e allora… beh,
credo di aver pensato che, se avesse ucciso me, almeno poi sarebbe stato
contento e avrebbe accettato che gli altri Norreni si ritirassero.”
“E a me non hai
pensato?” gridò Aethelred. “Mi avresti lasciato solo senza pensarci due volte:
non hai ancora capito che io non potrei e non vorrei vivere senza di te?”
La frase disperata
era uscita direttamente dal cuore del giovane Sassone e fu così potente che per
qualche attimo nella tenda tutto si fermò, cadde il silenzio e tempo e spazio
svanirono. I due ragazzi si guardarono negli occhi e Ivar vide un dolore infinito
in quelli di Aethelred, ormai gonfi di lacrime che non potevano più essere
trattenute.
“Tu volevi essere
ricordato come Ivar Senz’Ossa, l’eroe che aveva salvato i Norreni, che si era
sacrificato perché loro potessero tornare a casa” mormorò ancora Aethelred,
mentre le prime lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. “Preferivi
morire da eroe e come tale essere ricordato piuttosto che ritirarti e tornare a
Kattegat a vivere una vita normale… con me. Valgo dunque così poco ai tuoi
occhi e nel tuo cuore?”
Quelle parole
frantumarono il cuore di Ivar in mille pezzi. Davvero non aveva pensato a
Aethelred? Sì, aveva chiesto a Hvitserk di portarlo al sicuro, ma veramente non
aveva immaginato neanche per un secondo quale sarebbe stata la vita del giovane
Sassone senza di lui, dopo averlo visto trafiggere sotto i suoi occhi? Non si
era soffermato a riflettere sul dolore e la disperazione che avrebbe inflitto
al ragazzo che diceva di amare, al trauma che avrebbe subito perdendo anche
lui? Era più importante morire da eroe, da vero Vichingo, sul serio?
Con un movimento
improvviso e convulso Ivar afferrò le braccia di Aethelred e attirò il giovane
verso di sé, stringendoselo al petto con tutte le forze che aveva.
“No, no, Aethelred,
amore mio, no” gli disse, baciandogli i capelli, gli occhi, il volto ormai
inondato di lacrime, le labbra morbide. “Tu vali più di ogni altra cosa al
mondo per me, è solo che io… io… non ho proprio pensato né a quello che stavo
facendo né alle conseguenze. Ogni tanto mi capita, lo sai? Faccio qualcosa
senza quasi rendermene conto, senza riflettere. Ero rimasto sconvolto vedendo
morire tanti Vichinghi sul campo di battaglia e quando ho visto anche Harald
sconfitto… non lo so, non ho capito più niente. Sono un po’ folle, dovresti
averlo imparato ormai.”
Avvolgendolo completamente
nel suo abbraccio appassionato, conquistò la sua bocca in un lungo bacio che
sapeva di lacrime e di dolore, di rimorsi e senso di colpa, divorandolo per
attimi infiniti senza saziarsi e senza appagarsi mai di lui, incredulo lui per
primo di aver dimenticato quanto quel contatto, quel calore e quel sapore
fossero la sua vita stessa.
“Stavo per commettere
un errore fatale” disse ancora, staccandosi per pochissimi millimetri dalle
labbra di Aethelred, “credevo davvero che il mio mondo, il mondo dei Vichinghi,
stesse per finire… ma non è così, il mio mondo non finirà mai finché ci sarai
tu con me. Sei tu il mio mondo, la mia vita e la mia salvezza e solo tu, con la
tua calma, la tua dolce determinazione e la tua forza, potevi salvare veramente
i Norreni e riportare la pace. Tu sei tutto, sei il ponte di luce che unisce i
nostri popoli e il mio oggi, il mio domani e tutto il mio futuro.”
Aethelred era rimasto
talmente spiazzato dalla passione e dalla foga di Ivar da non poter neanche
rispondere, anzi, a fatica riusciva a respirare, ma il respiro stesso di Ivar
era il suo, era Ivar che scorreva nelle sue vene e lo riportava in vita, le sue
braccia forti che lo sostenevano, il suo petto che lo conteneva. I baci sempre
più profondi e intimi di Ivar e le sue carezze gli accendevano il fuoco sulla
pelle e nel cuore, mentre le mani del Vichingo lo percorrevano e lo
spogliavano, liberando i corpi di entrambi dal tessuto che li separava. Quando
Ivar si introdusse in lui e iniziò con le prime spinte, Aethelred sentì che
ogni dolore e disperazione veniva spazzato via e che la luce tornava a
splendere nella sua vita; dimenticò il senso di vuoto e oscurità che lo aveva
soffocato mentre credeva che avrebbe perso il suo amore e lasciò che Ivar lo
riempisse completamente di sé, che fosse ovunque e gli scorresse sul corpo,
sotto la pelle, nel sangue, fino in fondo al cuore. Niente più importava,
niente più esisteva al mondo, solo Ivar e l’appassionata dolcezza del loro
fondersi insieme, l’intensità dei suoi baci, l’estasi di piacere che faceva
fremere i loro corpi e frantumava ogni pensiero negativo, ogni paura e
preoccupazione.
La settimana
seguente, dunque, Ivar, accompagnato da Aethelred, Hvitserk e Helgi, giunse
alla corte di Re Alfred a Winchester per discutere degli accordi di pace. Gli
altri Norreni si erano accampati fuori dalla capitale e avrebbero atteso là il
ritorno dei loro comandanti: non dovevano esserci equivoci e proprio per questo
nessun guerriero avrebbe accompagnato Ivar e gli altri. Aethelred si era dato
da fare, nei giorni che lo separavano da quell’incontro così importante, e
aveva fatto forgiare una nuova armatura rigida per le gambe di Ivar in modo che
il giovane potesse sostenersi e camminare con la stampella come aveva sempre
fatto prima. Negli ultimi tempi, infatti, le armature rigide che Ivar portava
avevano iniziato a cedere dopo averlo accompagnato per tanto tempo e per tante
avventure, e lui si era ritrovato sempre più spesso a provare dolori indicibili
alle ossa, pur non dandolo a vedere, ma ovviamente Aethelred se n’era accorto e
così gli aveva fatto costruire quel regalo.
“Quando attraverserai
il palazzo reale” gli aveva detto, mentre Hvitserk e Helgi lo aiutavano a
indossare le armature nuove, “voglio che Re Alfred ti veda camminare eretto e
sicuro e che capisca quanto sei forte e coraggioso.”
Ed era andata proprio
così: Ivar era entrato nel palazzo di Winchester al braccio di Aethelred e
appoggiandosi alla stampella, come sempre, ma le nuove armature alle gambe gli
avevano permesso di sostenersi con maggior sicurezza e disinvoltura senza
provare dolore. Aveva attraversato i saloni fiero e bello come un dio
guerriero, lasciando intimiditi e affascinati i nobili Sassoni che pure
pensavano di aver vinto loro la guerra contro i Norreni, e Aethelred era stato
orgoglioso di lui. Dietro di loro camminavano, impettiti e spavaldi, Hvitserk e
Helgi.
Alfred li attendeva
nella Sala del Trono. Con lui c’erano i nobili più in vista del Wessex, alcuni
vescovi e, ovviamente, Elsewith. Quando però i Vichinghi e Aethelred
raggiunsero la sala, il Re si alzò dal trono e si avviò verso di loro,
accogliendoli cordialmente e mostrando loro un tavolo sul quale erano distese
delle carte dell’Inghilterra.
“Come già avevamo
stabilito due anni fa, i Vichinghi potranno avere delle terre nell’Inghilterra
meridionale e vi stabiliranno un loro Regno” annunciò Alfred. “Avevo concesso a
Bjorn, Ubbe e Lagertha e al Re Danese loro alleato le terre dell’Anglia
Orientale, ma oggi, in virtù del coraggio dimostrato da Ivar Senz’Ossa, da suo
fratello Hvitserk e da mio fratello, il Principe Aethelred, concedo ai
Vichinghi anche la Mercia Orientale e la parte nord-orientale dell’Essex. In
cambio, però, i Vichinghi dovranno difendere queste terre dalle incursioni di
altri popoli Norreni. Non accetterò che questi luoghi siano di nuovo attaccati
da navi di razziatori come Harald e i suoi.”
Ivar e Aethelred si
scambiarono uno sguardo stupefatto; neanche il giovane Sassone si aspettava che
il fratello sarebbe stato tanto generoso con i Norreni!
Alfred sorrise al
fratello e proseguì.
“Qualche giorno fa,
sul campo di battaglia, mio fratello Aethelred mi ha fatto ricordare il giovane
Re che ero due anni fa, incoronato da poco ma già deciso a fare di tutto perché
il mio popolo potesse vivere in pace e in sicurezza. Un giovane Re che credeva
che Sassoni e Norreni potessero vivere e collaborare insieme nonostante le
differenze. Voglio essere ancora oggi quel giovane Re e credere nella pace, nella
tolleranza e nel rispetto tra popoli diversi!”
“Ma questo non è
possibile e tu lo sai bene” intervenne, acida, Elsewith da dietro le spalle del
marito. “Non potrà mai esserci pace tra i Sassoni e questi popoli barbari, che
adorano dei di morte e pensano solo al saccheggio e alla violenza.”
L’intervento della Regina fece piombare il salone in
un cupo silenzio. Era possibile che Alfred, dopo le belle e commoventi parole
pronunciate, si facesse ancora una volta condizionare dal disprezzo che la
moglie manifestava continuamente nei confronti dei Norreni? Ivar, Hvitserk e
Helgi si scambiarono sguardi tesi e nervosi e Aethelred sentì crescere
nuovamente un fremito ansioso nel petto.
Forse era stato tutto inutile e gli accordi di pace si
sarebbero nuovamente interrotti?
Capitolo 20 *** Cap. 20 e ultimo: We'll be free ***
Cap. 20: We’ll be free
Wake us up from this bad nightmare
We want our life back
We will travel the world, visit places unknown
Sail across the seven seas
We will ride through the wild and explore many new lands
In the night
From the West to the East there are people to meet,
New adventures wait for us
No more boundaries, no fear, right back to normality
We'll be free!
(“We’ll be free” – Moonlight Haze)
Una cupa tensione si stava diffondendo in
tutta la Sala del Trono, i nobili e i vescovi parlottavano tra loro a bassa
voce, Ivar aveva rivolto uno sguardo perplesso verso Hvitserk e Helgi come per
dire Beh? Questa volta cosa ho detto di
male per mandare all’aria tutto? e Aethelred non riusciva a distogliere gli
occhi da Alfred e Elsewith. Vide il fratello voltarsi verso la sua Regina che
sorrideva compiaciuta e si sentì crollare il mondo addosso: era stato tutto
inutile, ci aveva provato, ma l’influenza che Elsewith aveva su Alfred era
troppo forte. Ora sarebbe finita esattamente come al colloquio di pace di una
settimana prima, Alfred si sarebbe fatto convincere da lei e avrebbe rivolto
parole dure e ostili a Ivar e agli altri, Ivar si sarebbe offeso e tutto
sarebbe ricominciato, solo che… solo che questa volta lui non sarebbe riuscito
a salvargli la vita, avrebbe perso il suo amore e tutto ciò per cui valeva la
pena andare avanti.
Ma i foschi presagi di Aethelred non si
avverarono: Alfred era rimasto davvero colpito da ciò che aveva visto fare a
Ivar sul campo di battaglia e dalle parole che il fratello aveva pronunciato
davanti ai soldati per interrompere quella guerra assurda. Si era reso conto
che Elsewith era riuscita a dominarlo giocando sulla sua paura di essere
considerato debole, ma che proprio cedendo alle sue richieste aveva dimostrato
di esserlo realmente. Un uomo forte, un vero Re, non teme le proprie decisioni
e non lascia che siano altri a prenderle per lui.
Gli occhi di Alfred si fecero severi mentre
guardava la moglie e le sue parole furono ancora più dure.
“Mia cara sposa e Regina, i Norreni si sono
battuti con coraggio e hanno meritato di avere delle terre in più per poter
costruire le loro case e vivere con le loro famiglie, in pace e armonia con i
Sassoni” disse. “Ovviamente questo dono non è gratuito, ma fa parte di un
accordo: questo Regno Norreno che si stabilirà in Inghilterra dovrà garantire
la difesa delle coste da attacchi di altri popoli, perciò non dovrà mai più
esserci un’invasione come quella di Harald e dei suoi guerrieri. Mi sembra un
patto molto chiaro ed equo, perché tu la vedi diversamente?”
“Perché non si può fare un patto con dei
barbari, dei pagani che venerano dèi di morte, che non sanno cosa sia l’onore e
la lealtà e ti tradiranno subito!” replicò astiosa Elsewith. “Non è possibile
ragionare con questi selvaggi, non si convertiranno mai al vero Dio, fingeranno
soltanto… sono dei mostri e dovremmo scacciarli dalle nostre terre e ucciderli
se si rifiutano!”
“Elsewith, da quanto tempo non leggi la
Bibbia? Eppure ho ordinato che fosse tradotta anche in inglese per renderla più
accessibile a tutti” fece Alfred, ancora più severo. “Nostro Signore Gesù
Cristo ci ha detto forse di scacciare i pagani o, peggio, di ucciderli? A quanto
ricordo io, le Sue parole sono state Amate
i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano e Lui stesso,
durante la vita, ha operato grandi miracoli per gente che i farisei
consideravano impura, come la Samaritana o la figlia del centurione. Forse i
Norreni non si convertiranno adesso, ma chi può dire che cosa Dio avrà in mente
per loro tra cinquanta o magari cento anni? Il mio dovere, adesso, è mantenere
la pace tra i nostri popoli, sarà Dio a cambiare i loro cuori quando sarà il
momento. O forse pensi di poter decidere tu al posto di Nostro Signore?”
Elsewith impallidì di rabbia, ma non trovò
niente da ribattere perché Alfred aveva ragione, lei si dichiarava tanto
cristiana ma, proprio come Judith e gli altri ipocriti della corte prima di
lei, sapeva solo vedere il male negli altri e ritenere se stessa l’unica
giusta. Più che una cristiana sembrava uno di quei farisei che Gesù aveva
accusato di essere sepolcri imbiancati.
Incollerita e impotente, voltò le spalle al marito e uscì a precipizio dalla
Sala del Trono, sconfitta.
Alfred si avvicinò a Aethelred e gli strinse
affettuosamente le mani.
“Devo ringraziarti, fratello, perché è solo
merito tuo se sono ritornato a essere il Re pieno di entusiasmo e di voglia di
pace e armonia che ero due anni fa” gli disse. “Tu mi hai ricordato cosa
significa non solo essere un vero sovrano, ma anche un vero cristiano, anche se
vivi con i pagani… ma da quello che vedo sei riuscito a cambiarli anche senza
convertirli, i Norreni tuoi amici non cercano più di fare del male e uccidere,
vogliono coltivare la terra e crescere le loro famiglie. E proteggeranno il
nuovo Regno che ho dato loro dalle razzie di altri.”
Aethelred era commosso e imbarazzato e
avrebbe voluto dire qualcosa, ma Alfred lo prevenne.
“Sarei felice se potessi essere tu il Re di
questo Regno, ma immagino che i Norreni vorranno scegliere un sovrano tra i
loro condottieri. Tuttavia spero che tornerai spesso in Wessex e che
continueremo a lavorare insieme perché Sassoni e Vichinghi possano vivere
fianco a fianco e in pace” disse.
“Lo farò sicuramente, fratello, e… sono
felice di rivederti così fiero e deciso, proprio com’eri due anni fa” replicò
Aethelred. “Sei tu quello che meritava veramente la corona del Wessex e sarai
un grande Re, per me sarà un onore collaborare con te.”
I due fratelli si abbracciarono sotto lo
sguardo compiaciuto di Ivar e Hvitserk, mentre Helgi sembrava anche lui molto
commosso, felice di vedere che almeno quella storia si sarebbe conclusa bene e
che quella famiglia aveva trovato un equilibrio nonostante le divergenze.
Sapeva fin troppo bene che non era così scontato…
“Questo non è un addio, Alfred, ma un
arrivederci” concluse Aethelred prima di congedarsi dal fratello. Ed era vero.
Il Regno Norreno in terra inglese avrebbe richiesto grande diplomazia per far
convivere pacificamente i due popoli e Aethelred era diventato ormai da tempo
un ponte di pace tra Sassoni e Norreni.
Le navi vichinghe ripartirono dal Wessex la
mattina successiva. Prima di prendere una qualsiasi decisione sulla gestione
del Regno che Alfred aveva donato loro dovevano parlare con Bjorn, far sapere a
tutti che Harald era morto da vero Vichingo e che adesso non c’era più un Re
dei Norreni. Forse ci sarebbero state nuove elezioni o forse sarebbe stato
scelto proprio Bjorn, visto che la prima volta era stato sconfitto da Harald
con l’inganno… ad ogni modo, sarebbe stato il nuovo Re dei Norreni a decidere
chi avrebbe governato sui Norreni in terra inglese, doveva essere un uomo
giusto e saggio per riuscire a mantenere la pace e l’ordine tra i due popoli e
collaborare con Re Alfred.
I Vichinghi, durante il viaggio, discutevano
tra loro proprio di questo, ma non tutti. Helgi e Hvitserk, infatti, si erano
ritirati in disparte per parlare di qualcosa di molto più personale.
“Hvitserk, hai poi saputo qualcosa di Thora e
della sua famiglia?” gli chiese Helgi, prendendola alla lontana. “Avevi detto
di essere preoccupato per loro quando i soldati Sassoni avevano attaccato le
colonie…”
“Sì, sono riuscito a trovarli proprio ieri
sera, mentre tutti voi stavate facendo i preparativi per la partenza” rispose
il giovane. “Per fortuna il suo villaggio non era tra quelli aggrediti per
rappresaglia, ho parlato con i suoi genitori e stavano tutti bene.”
“E…” Helgi non sapeva bene come fare quella
domanda, “e hai incontrato anche Thora?”
Hvitserk sorrise intenerito. Aveva capito
dove voleva arrivare il suo compagno, ma non voleva mettergliela troppo facile,
si divertiva a vederlo imbarazzato e geloso perché questo dimostrava quanto
tenesse a lui e quanto lo amasse.
“Sono stati i suoi genitori ad accompagnarmi
a casa sua” rispose, sorridendo. “Adesso vive in una piccola casa accanto a
quella della sua famiglia… insieme a suo marito Daven. Ho parlato con tutti e
due e sono stato molto contento di quello che ho visto. Thora e Daven si sono
sposati poco più di un anno fa e Daven lavora come fabbro e nel tempo libero
aiuta la famiglia di Thora a coltivare il loro piccolo campo.”
Helgi restò sbalordito.
“Thora si è sposata?” mormorò.
“Sì, era quello che desiderava da tanto
tempo, avere un marito e dei bambini suoi” rispose Hvitserk, ricordando che,
due anni prima, aveva proposto a lui di sposarla, ma lui aveva preferito
lasciare Kattegat e raggiungere Bjorn, Ubbe e gli altri in Wessex per poi
combattere contro Ivar. “Adesso ha finalmente ottenuto quello che voleva, mi ha
detto che è molto felice ma non ce ne sarebbe stato bisogno, era radiosa,
aspetta il suo primo figlio che nascerà tra qualche settimana. Ho parlato anche
con Daven, è un ragazzo timido, serio e molto responsabile e anche lui è
emozionatissimo all’idea di diventare padre.”
Hvitserk si bloccò, rendendosi conto che
quello era un argomento ancora spinoso da affrontare con Helgi, che in fondo
aveva perso la moglie uccisa brutalmente da Kjetill insieme al bambino che
aspettava. Ma in quel momento non era quella tragedia che turbava il giovane
vichingo.
“Hvitserk, tu… tu sei pentito? Insomma,
avresti potuto essere tu a sposare Thora e a diventare padre e invece… io non
so se…”
“Se avessi voluto sposare Thora lo avrei
fatto due anni fa, invece di andarmene da Kattegat. Sapevo che non era quello
il mio destino, non era quello che desideravo e quindi non sarei stato in grado
di renderla felice. Daven, invece, è proprio il marito perfetto per lei: la
guardava come se avesse davanti una dea, come io non ho mai fatto. E anche
Thora lo ama come non ha mai amato me, ogni volta che si voltava verso di lui
le brillavano gli occhi... ecco, esattamente come vedo brillare i tuoi quando
mi guardi.”
Helgi, preso alla sprovvista, arrossì
violentemente e Hvitserk lo prese teneramente tra le braccia.
“Sono io che, a volte, temo di non essere
abbastanza per te, di aver commesso tanti errori, di poter sbagliare di nuovo”
mormorò tra i capelli di lui. “Ma tu non devi temere, perché io non ho mai
provato prima quello che provo per te, non sapevo nemmeno che si potesse amare
così tanto qualcuno e l’unica cosa che voglio è averti sempre al mio fianco.”
E, per meglio dimostrare al compagno tutto
quello che aveva detto, lo avvolse nel caldo rifugio delle sue braccia e lo
baciò a lungo, con tenerezza e intensità, sentendosi finalmente nel posto
giusto e con la persona giusta, in un mondo perfetto che niente avrebbe più
potuto distruggere, neanche le difficoltà che avrebbero ancora dovuto
affrontare. Helgi, rassicurato, si abbandonò a quell’abbraccio e a quei baci,
mentre ogni dolore, trauma e anche gelosia svanivano lentamente, portati via
dal vento e dall’amore.
Hvitserk e Helgi non erano i soli ad aver
avuto bisogno di ritirarsi in intimità. Dopo tutto quello che era accaduto e, soprattutto,
dopo il terrore agghiacciante che Aethelred aveva provato quando Ivar stava per
essere ucciso davanti ai suoi occhi, i due avevano cercato, anche
inconsapevolmente, di non separarsi più. Così erano seduti l’uno accanto all’altro,
abbracciati, a guardare la costa inglese che sfilava davanti a loro.
“Alfred ha detto che saresti un buon Re per il
Regno Norreno che si sta formando” gli disse Ivar, stringendolo affettuosamente
a sé. “Forse sarebbe anche giusto, visto che ti spettava la corona del Wessex e
chissà, se Bjorn sarà eletto Re dei Norreni potrebbe anche scegliere te, non è
mica detto che il Re delle colonie debba essere un Vichingo.”
Aethelred scosse il capo lentamente.
“Non mi interessa essere Re, è una cosa alla
quale non penso più da molto tempo. Sarò disponibile come ambasciatore tra il
nuovo Regno e Kattegat, se ce ne sarà bisogno, ma tutto quello che desidero è…
insomma, lo sai” mormorò.
“No che non lo so” lo provocò Ivar con un
sorrisetto. “Cos’è che vuoi veramente?”
Aethelred abbracciò convulsamente il
compagno, nascondendo il volto contro il suo petto, tanto che Ivar sentì appena
la risposta (e probabilmente era proprio quello che il giovane Principe voleva,
visto che si vergognava di manifestare troppo apertamente i suoi sentimenti!).
“Voglio stare con te” sussurrò. “Ho temuto di
perderti per sempre ed è stato il momento più orribile di tutta la mia vita.
Voglio stare accanto a te, seguirti dovunque deciderai di andare e qualsiasi
cosa deciderai di fare… solo questo mi importa.”
Ivar sentì Aethelred tremare tra le sue
braccia e ancora una volta capì quanto lo avesse straziato e sconvolto ciò che
era accaduto sul campo di battaglia, quanto Aethelred lo amasse e quanto
bisogno avesse di lui. Si rese conto, turbato, che, se davvero si fosse
lasciato uccidere da quel soldato, anche Aethelred sarebbe morto, forse in
quella battaglia, forse di dolore… non voleva nemmeno saperlo, non voleva
pensarci. Per la prima volta in tutta la sua esistenza Ivar sentiva che non
viveva più solo per se stesso e per i suoi capricci, ma che la vita di un’altra
persona, quella del suo Aethelred, dipendeva dal fatto che lui ci fosse e
stesse bene.
Non era mai stato così indispensabile per
qualcuno ed era una cosa meravigliosa e spaventosa insieme, era una
responsabilità immensa che, però, Ivar era disposto a prendersi visto che per
niente al mondo avrebbe messo a rischio la vita del ragazzo che amava.
“Beh, io non so ancora cosa vorrò fare o dove
deciderò di andare” disse, cercando di portare l’argomento su un piano
scherzoso, meno intenso. “Per adesso torneremo a Kattegat, poi chissà? Sono un
Vichingo, magari avrò voglia di esplorare nuove terre… a meno che Bjorn non
decida di nominare me per governare
il Regno dei Norreni in Inghilterra.”
“Non contarci troppo” rispose Aethelred con
una risata leggera, rilanciando lo scherzo.
“Oh, certo, lo so che Bjorn non mi sopporta!
Comunque neanche a me interessa essere Re, lo sono stato una volta e non mi è
piaciuto, molto meglio essere liberi” replicò Ivar. “E ovviamente ti porterò
sempre con me, dovunque andrò. Nemmeno io posso più fare a meno di te, cosa
credi?”
Non era più tempo di parole. Ivar catturò le
labbra morbide di Aethelred in un bacio lunghissimo e profondo, stringendolo a
sé come se volesse rimanere incollato a lui per sempre. Il sole del mattino
regalava riflessi dorati alle acque che le lunghe navi vichinghe solcavano e
anche ai capelli castani di Aethelred, ma per Ivar il suo Principe era la luce,
il calore, la serenità e la pace del cuore. Non aveva mai pensato di poter
amare così tanto qualcuno e, al confronto, il ricordo di Freydis impallidiva
come una sciocca infatuazione adolescenziale. L’amore di Aethelred lo aveva
reso migliore, aveva illuminato anche le parti più oscure del suo essere e
anche per Ivar l’unico desiderio era non separarsi mai da lui.
Avrebbero affrontato ancora ostacoli e
difficoltà, ma tutto sarebbe andato bene perché erano insieme, liberi e
innamorati.