Get your crack together

di VigilanzaCostante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


Angolo dell’autrice:

Perondatemi, vi prego, per questa follia. Io, Maqry e Lady.Palma abbiamo fatto una serata crack ieri sera:3 prompt, 20 minuti a prompt, e per ogni storia si estraeva da una lista infinita di personaggi (via Lexicon) i membri della coppia.
1. Il giochino era misogino, non è uscito nessun personaggio femminile (se non la fenice Fanny, da me scartata) e quindi ci sono tante coppie slash.
2. Ulik Gamp è colui che scoprì le 5 leggi di Gamp, fu ministro nel ‘700 e capo del Wizengamot.
3. Volvkov è il battitore bulgaro che gioca insieme a Krum alla Coppa del Mondo di Quidditch
4. Mangiamorte con la testa da bambino è il mangiamorte che in HP5, durante la battaglia dell’Ufficio Misteri, per colpa di un incantesimo/maleficio/sostanza vede il suo volto trasformarsi in quello di un bambino. 

 

Bene, dopo queste dovute spiegazioni, buona lettura!






 

 

Serata #1
 



 

“Essere pelati a vent’anni è una scelta morale.”

Ulik Gamp/Gilderoy Allock

 

Gilderoy osservava il vecchio quadro di Ulik Gamp che sua madre gli aveva regalato una ventina d’anni fa.
“Sei speciale, bimbo mio, sei l’unico dei miei figli ad essere come me.”
E per questo l’aveva coperto di doni, sorrisi e ambizioni infiocchettate sotto l’albero a ogni Natale.
“Vedi quest’uomo? Fu Ministro della Magia, capo Wizengamot, e scoprì delle cose illuminanti sulla magia.”
“Mamma, ma era bruttissimo! Io sono molto più bello di così!”
La madre aveva scosso la testa, e gli aveva accarezzato i bei capelli biondi. Era un privilegio essere il preferito della mamma.
“Va bene mamma, se questo Ulik ti piace, piacerà anche a me. Può diventare mio amico.”

Anche a distanza di anni, con mille menzogne sulle spalle, Gilderoy continuava a confidarsi con quella figura dipinta.
“Cosa pensi, mio adorato Ulik, dovrei andare ad Hogwarts a insegnare?”.
“E abbassarti così alla professione… dell’insegnamento? Puoi puntare in alto, ragazzo.”
Picchiettò le dita sul bordo della cornice. Aveva già ottenuto un discreto successo, perchè il signor Gamp non gli dava mai una soddisfazione? Aveva bisogno di una figura genitoriale che lo capisse, da quando sua madre non c’era più. Non importava quanto adulto fosse.
“Va bene caro Ulik, ma non agitarti, che la parrucca ti cade in avanti e si vede la pelata. Dimmi un po’, è vero, come si dice, che hai iniziato a perdere i capelli a vent’anni?”.
“Essere pelati a vent’anni è una scelta morale, ragazzo mio.”
Gilderoy continuò ad accarezzare il quadro, pensieroso. Dubitava avesse ragione, su tutta questa storia dell’essere pelati, ma per nessun motivo al mondo avrebbe rinunciato alla sua chioma - nemmeno per cibo, informazioni, vita, amore o denaro. 


☠☠☠
 

Talent Show!AU; "Sei falsa, Simona, cazzo!"
Volvkov/Justin Finch Fletchey



 

 

Alla fine si era deciso: non importava quanto commerciale fosse quel programma canoro, lui doveva darsi una possibilità. D’altro canto, aveva esercitato le corde vocali per lunghissimi anni, con precettori e pianisti al suo seguito, e i soldi che i suoi genitori avevano investito nella sua arte dovevano portare a qualche frutto. Certo, forse meglio non dire al signor Fletchey che stava per sostenere un audizione a Magic singers and Co.; di buono ci guadagnava che i genitori non ne sapessero nemmeno l’esistenza. Si limitavano alla conoscenza di X Factor.
“Buonciorno, lei è?”
“Sono Justin Finch Fletchey, ho ventun anni e sono un tenore.”
Il viso da ebete del muscoloso, e per niente esperto di musica, ex giocatore di Quidditch che avevano chiamato a fare da giudice, sembrava non aver nemmeno recepito l’informazione.
Per fortuna, il cantante delle Sorelle Stravagarie lo fece iniziare a cantare. Si lasciò andare al bello del canto lirico con un’eccellente (bisognava lodarsi quando era il caso) interpretazione del Fidelio. Beethoven, sua madre e suo padre sarebbero stati immensamente fieri della sua performance, se solo avessero potessero vederlo.
Il cantante delle Sorelle Stravagarie applaudì eccitato, Gilderoy Allock guardava confuso nel vuoto ma con uno sguardo di assenso e Lee Jordan pareva annoiato.
“La performance mi sembra eccellente!”.
“Anche a me è piaciuta.”
“Non so, non credo troverà sbocchi nel mercato discografico della comunità magica ora come ora” sentenziò pensieroso Lee.
“Ma cosa stai dicendo? Non siamo qui a pensare a cosa vende, ma al talento!” scattò subito il leader della band.
“Io, tutto questo talento, non lo vedo!”
Il rockettaro si alzò in piedi furioso.
“Sei falso, Jordan, sei falso cazzo!”
Volvkov battè senza preavviso la mano sul tavolo della giuria.
“Smettetela. Ziamo qui per giudicare ragazzo. La sua bravura. Dargli consigli. Voi non lo state aiutando, pensando ai vostri interezzi di giudice. Justin” strascicò il suo nome e lo fissò dritto negli occhi “per me è un sì.”
Justin avvampò, emozionato da quella difesa. Quell'uomo aveva lottato per la sua dignità. Ne era stranamente soddisfatto.
Alla fine passò con tre sì su quattro, e salutò tutti con un rigido inchino.

Fuori dal teatro che aveva ospitato le audizioni, incontrò di nuovo il bulgaro.
“Grazie per avermi difeso” disse, con aria pomposa. “L’ho trovato molto nobile… da parte di uno della tua specie.”
“Tu essere razzista con me?”
“No, no, intendo la specie di rozzi giocatori di Quidditch. L’ho apprezzato comunque.”
“Tieni mio indirizzo, se vuoi scrivermi un gufo. Ci vediamo alla prossima fase di audizioni.”
Forse, quei muscoli e quel poco cervello, non erano così male. Forse quell’audizione gli aveva fatto sbattere la testa contro un bolide più grande di lui.

 

☠☠☠
 


“Mi servirà sangue di pollo, sale, cinque candele e una bottiglia di vodka.”
“Vodka? Per l’incantesimo?”
“No, questo è per farmi sentire meglio sul fatto di strappare un buco nell’universo.”
Mangiamorte con la testa da bambino/Scorpius Malfoy



 

Scorpius Malfoy non poteva innamorarsi dei pazienti. È quello che si ripeteva ogni mattina recandosi al San Mungo, vestito di tutto punto, con il pass per entrare come dipendente.

Dopo Hogwarts, aveva deciso di diventare uno psicomago, e ogni giorno era grato per la carriera che aveva scelto. Era stato grazie a suo padre, alle ferite che ancora aveva a causa della guerra, al duro percorso di riabilitazione che aveva affrontato, a convincerlo. 

Eppure, lui lo stava mettendo in dura crisi. Le infermiere, maligne, lo chiamavano il mangiamorte con la testa da bambino. Nessuno lo chiamava con il suo vero nome,  Albert

Albert era un uomo adulto che, quando aveva la sua età, era stato per qualche anno un seguace convinto di Lord Voldemort. Ma l’incidente all’ufficio Misteri l’aveva danneggiato permanentemente, facendolo diventare un eterno bambino. Il volto aveva assunto quelle fattezze, e dopo un periodo di regressione mentale, aveva iniziato a crescere come qualsiasi infante. Ma non si era mai ripreso del tutto, dando chiari segni di squilibrio.

Ma Albert era dolce, comprensivo, reale. Lo ascoltava attentamente, era creativo. E Scorpius doveva allontanarsi. Perché era uno Psicomago di tutto rispetto e non poteva mostrarsi così poco professionale.

 

“Ciao Albert, cosa fai oggi?”

“Dottore, non mi interrompa. Anzi, ho bisogno di una mano.”

“Una mano? In cosa?”

“Sì, mi serve sangue di pollo, sale, cinque candele e una bottiglia di vodka. Per un incantesimo.”

“La vodka per un incantesimo?”

“No quella serve a me, dottore, non lo capisce? Lei è il mago migliore in circolazione, mi deve aiutare.”

 

Albert stava avendo un’altra delle sue crisi da infante. S’era fissato di dover inventare un incantesimo per capovolgere il mondo a testa in giù, giacché si sentiva anche lui sottosopra. Serviva una dose massiccia di incantesimi di guarigione e pozioni per dormire.

“Ti darò tutto ciò che vuoi, Al, ma devi calmarti. Hai bisogno di riposo.”

“Ma l’incantesimo, l’incantesimo! Devo essere io il cambiamento che voglio vedere nel mondo, dottore! Non voglio più essere un bambino.”

“Ma tu non sei un bambino, Albert. Sei un uomo adulto, più adulto di me.”

E mentre con tenerezza gli somministrava le medicine prescritte, Scorpius si accorse di essere fregato. 

Era uno Psicomago di tutto rispetto, ma un adulto travestito da bambino era stato in grado di sconvolgerlo. 

 

Altrochè, pensò tornato al Maniero. La Vodka servirebbe a me. 


 

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Capitolo 2
*** #2 ***


Nota dell’autrice:
 
Serata crack mese di marzo. 
Spiegazione breve su cui siano i personaggi, che sono stati generati casualmente dall’elenco dei personaggi sul Lexicon.
1.Cornelius Agrippa/Nick-quasi-senza-testa. Cornelius Agrippa fu un autore, mago tedesco. Scrisse molti libri, incluso De occulta philosophia. Fu imprigionato dai Babbani che pensavano che i suoi libri fossero malvagi
2. Lenelle Paraison/Katie Bell. Lenelle Paraison era una strega haitiana che ha giocato come cercatrice per la squadra nazionale di Quidditch haitiana 2014. Era una delle sole tre donne cercatrici che hanno preso parte alla Coppa del Mondo di Quidditch 2014.
3. Valentina Vázquez/Madame Maxime. La presidente Valentina Vázquez è una strega argentina e presidente del Consiglio argentino della magia nel 2014.
 
Abbiamo scritto durante la serata in base ai tre prompt che vedete prima di ogni paragrafo.


 

 
Serata #2
 


"Mi hanno detto che l’apertura alare di un maschio dice molto sulle dimensioni… di altre parti."
Sarah J. Maas, Una corte di nebbia e furia
 
 
Quella cella angusta puzzava di marcio. Di marcio, morte e vecchia pergamena. Non riusciva a smettere di scrivere, di pensare. Era riuscito con un trucco a tenersi nella tunica il necessario per scrivere, e un vecchio quadro da taschino.
«Accellera la sua esecuzione così, devoto Agrippa. Non si è accorto che questi Babbani non sopportano ciò che scrive?».
«Sir Nicholas, lei non capisce. Qua, la conoscenza, se non la imprimo bene… rischia di sfuggirmi».
Nicholas de Mimsy-Porpington era l’uomo che più l’aveva ispirato. Se solo fosse nato qualche anno prima… avrebbe potuto conoscerlo, viverlo pienamente. Quel Grifondoro dall’animo coraggioso che si era fatto uccidere non nascondendo chi era: un mago, a tutti gli effetti. Avrebbe voluto essere a Hogwarts, per tenere almeno colloquio con il suo spirito.
E lui, seduto in quel luogo dimenticato da Corinna, cercava di rimanere integro. Non smettere di scrivere. Leggere sempre. Studiare sempre. Un giorno magari… quelle scoperte sarebbero state illuminanti. Come illuminante era stato il percorso del suo mito.
Rilesse l’ultimo passaggio trascritto con l’inchiostro magico.

“L’ippogrifo è un animale con un apparato riproduttivo simile a quello umano, nonostante le sue sembianze più simili a quelle dei rapaci. Si dice, ma sembra ancora non essere verificato, che l’apertura alare di un maschio dice molto sulle dimensioni… di altre parti. Purtroppo, difficilmente uomo riuscirà a ingraziarsi talmente tanto un esemplare della specie per scoprirlo.

Sospirò, stanco della giornata produttiva. Un giorno sarà ricordato in tutti i libri di storia della magia, per quelle scoperte. E Sir Nicholas, il suo faro in quel buio, potrà essere orgoglioso di lui attraverso lo studio attento della futura generazione di maghi.
 

 
"Mi hai chiesto indicazioni per un posto difficile da trovare, quindi ti sto guidando personalmente, ma sono stato distratto dalla tua risata e ora mi sono perso anch'io"
 

Aveva giocato bene. Aveva parato il numero più alto di pluffe possibili. E quell’idiota di Bloncourt aveva rovinato tutto, mandando all’aria il primo round. Avrebbero potuto vincere, dannazione. Sputò per terra, presa dalla rabbia e incurante del fatto che dei passanti la stavano giudicando con lo sguardo.
«Ehm, scusa, hai idea di dove sia la tenda della nazionale inglese? Lo so, è la mia tenda, ma questo accampamento è un vero casino e…».
Davanti a lei c’era una donna, doveva essere un po’ più grande di lei, ma con quell’aria sperduta e quel sorriso di circostanza sul volto sembrava molto più piccola e ingenua. Un’avversaria. La nazionale inglese.
«Come posso saperlo?» Lenelle era irritata e stanca. Anche se quella non le aveva fatto nulla, assolutamente nulla per meritarsi quel trattamento. Oltre a essere una papabile vincitrice.
«Comunque forse, ehm, forse dove ci sono tutte quelle bandiere inglesi?» tentò, per riparare.
La donna rise, in risposta. Aveva un fare da bambina in un corpo da adulta, quella risata cristallina, serena. Eppure, controllata. Sembrava qualcuno che di sconfitte ne aveva subite tante, ma che aveva imparato a renderle qualcosa di più produttivo della rabbia cieca. Parlò ancora, ma Lenelle non stava più ascoltando.
Era così persa, in quella risata, che sembrò ritornare in sé solo quando la donna le toccò un braccio per riattirare la sua attenzione.
«Hai giocato bene. L’ha detto anche Ginny Weasley, la conosci? Non so se i salvatori di questa parte di mondo magico sono noti anche a voi. Non punirti. Potete sempre recuperare, Lenelle».
Vide una cicatrice profonda sulla sua mano sinistra. Era ruvida al tatto. La fece sentire capita. Sicura.
«Grazie… come ti chiami?».
«Katie, Katie Bell, cacciatrice».
«Beh Katie, magari ci rivediamo in finale».
«Se non mi perdo troppe volte nel mezzo».
O se non mi perdo io, per colpa tua e della tua stupida risata.
 

Ho sognato di volare con te, su una bici di diamanti
 

Valentina Vázquez aveva il diritto inalienabile a sognare in grande. O perlomeno da quando aveva sconfitto l’avversario politico alle elezioni ed era diventata presidente del Consiglio Argentino di Magia. Da donna, mezzosangue e nata in Argentina con origini spagnole, ce n’erano voluti di anni prima di raggiungere il successo e permettersi di immaginare qualsiasi cosa.
Come presidente avrebbe fatto di tutto per perfezionare il consiglio argentino, per assicurarsi che i poveri senzatetto magici avrebbero trovato presto una dimora e che nessuno venga discriminato! E per diamine, non aveva mai amato il Quidditch e quindi se avesse voluto avrebbe potuto perfino prendersi la briga di inventare uno sport in cui si vola con le bici di diamanti, invece che con quelle scomode scope.
Purtroppo, però, quelle ambizioni sfrenate erano da rimandare: il resto del Consiglio non si fidava ancora del tutto di lei e quindi le delegava questioni internazionali di poco tempo, come quella che stava bussando incessantemente al caminetto.
«Madame Maxime, che piacere, la stavo aspettando!». “Purtroppo.”
«Bonjour, presidente Vázquez, vengo a congratularmi con lei e a presentarmi in quanto portavoce della rete Giganti delle Nazioni Unite» sorrise affabilmente. Che donna imponente. «C’è una grossa comunità di giganti in America del Sud, che io ho avuto modo di conoscere e apprezzare quando sono venuta in villesgiatur con mon petit Hàgrid».
“E chi era questo Hagrid, adesso? Noia, noia. Noia.”
«Purtroppo, ho notato che noi Giganti e Mezzigiganti siamo ancora molto ehm discriminati in queste zone più povere del mondo».
«Scusi? Povere? L’Argentina magica è molto all’avanguardia a livello magieconomico e io non accetto…».
«No, no, presidente non mi fraintenda, intendevo povere di cuore. C’è troppa discriminazione, mi capisca. Noi come donne appartenenti a una minoranza dobbiamo appogiarsci, e son felis che qui in Argentina ci sia una figura come lei».
Valentina si raddrizzò, non più all’attacco ma sinceramente colpita da tanta sincerità, da tanto buon cuore. Che intervento illuminante. Non si sentiva così compresa da tempo immemore.
«Farò tutto il possibile, Madame Maxime. Anche volare una bici di diamanti, se necessario».
«Come, scusi?».
«Ehm niente, mi scusi, pensieri ad alta voce. Intendo solo, che dobbiamo permetterci di sognare in grande, noi grandi donne. Senza offesa, sia ben inteso!».
Risero di gusto. Forse, era stato un bene avere quelle mansioni minori da sbrigare. Poteva aver trovato un’alleata. Un’amica. E forse, chissà, tolto di mezzo quell’Hàgrid, anche qualcosa di più.
 
 
 

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Capitolo 3
*** #3 ***


Nota dell’autrice:
Necessaria PRE lettura.
Questo delirio è frutto di un’altra delle serate crack. Abbiamo partecipato io, Lady.Palma, Maqry, Sia_ e Mari Lace. Abbiamo estratto 10 personaggi dall’elenco Lexicon di Harry Potter e poi ognuna di noi creava una coppia crack su cui scrivere. 5 prompt, 5 momenti di scrittura e questo è il risultato!

Crosta
Eleanor Branstone
Zonko
Violetta Bulstrode
Irma Crabbe
Harold Dingle
Hector Flawey
Georgi Zdrako
Nobby Leach
Leonard Jewkes
 
Prompt 1: defenestrazione. Prompt2: “It’s not funny” “I thought it was” “You don’t count, you started laughing in the middle of a funeral because you started thinking of a meme you saw on facebook. Prompt3: “Non nominare mia madre, mai più!”. Prompt4: “We were on a break!”. Prompt5: “Sono uscita a buttare la spazzatura in pigiama perché credevo di non incontrare nessuno e ho incontrato proprio te.”
Io ho scelto formato la coppia: Eleanor Branstone/ Harold Dingle. Ma voi mi direte: chi sono costoro? Eleanor è una ragazzina Tassorosso che era al primo anno quando Harry era al quarto, e che quando Voldemort ritorna sta dalla parte della Gazzetta del Profeta e dubita di Harry. Harold Dingle è quello che durante i G.U.F.O vendeva cacche secche di Doxy spacciandole per artigli di drago. Buona delirante lettura!
 
 

 
L’amore, la defenestrazione e altre arti magiche



 
«Harold Dingle. Se vedo di nuovo le tue cacche secche di Doxy in giro per la biblioteca, io ti giuro che...».
«Che cosa? Cosa mi fai, nanerottola?».
«Punto primo, ho solo tre anni in meno di te. Punto secondo, sono molto più matura di te. Punto terzo… io io ti defenestro!».
Harold rise, facendo ciondolare la sua massa di ricci.
«Va bene che non mi alleno, ma non pensi davvero che mi farò lanciare fuori dalla finestra da una bimba di dodici anni?».
Non finì nemmeno di dire quella frase, che si ritrovò a scappare con un tornado biondo alle calcagne. Smisero di correre in giro per i tavoli solo quando Madama Prince infuriata li spedì entrambi fuori di lì.
Una volta soli, Harold si grattò la testa, imbarazzato.
«Che dire, Branstone, sei una degna avversaria per essere piccola e Tassorosso. Non invidio il ragazzo che si innamorerà di te».
Eleanor, che era forte sì, ma ancora una bambina, arrossì fino alla punta delle orecchie. Cosa ne voleva sapere quel Dingle di chi si sarebbe innamorato di lei? Forse non dovrebbe limitarsi a defenestrarlo, buttarlo giù dalla Torre di Astronomia le parve improvvisamente un’idea migliore.


 
♠♠♠
 

«Sul serio, quante probabilità c’erano che avremmo lavorato entrambi al Ministero? Cosa sei, Dingle, una persecuzione?». Eleanor era disperata. Il suo primo giorno di lavoro le procurava molta agitazione, e di certo vedere il viso della persona più fastidiosa della Londra magica non aiutava a mantenere la calma.
«Non vorrei farti una bella doccia d’acqua gelida, ma si dà il caso ragazzina che ho tre anni più di te, quindi sei tu che perseguiti me. E per quanto tu ne sappia potrei anche essere il tuo supervisore».
La pelle pallida di Eleanor divenne di un colorito verdognolo non molto salutare, e Harold scoppiò a ridere.
«Harold, non fa ridere. È il mio primo giorno di lavoro, ci tengo».
«Va bene Eleanor, ma si da anche il caso che invece facesse ridere, eccome! Guardami, quanto sto ridendo! Dovevi vedere la tua faccia!».
La ragazza sbuffò, cercando di distendere ulteriormente le pieghe del suo vestito rosa.
«Tu non conti. Tu hai riso anche al funerale di Silente».
«Io non-».
«Sì! Hai riso al funerale di Silente perché ti sei ricordato di una battuta che aveva fatto lui qualche anno prima!».
«Ecco, vedi, lo stavo ricordando…».
«Hai riso al suo funerale!».
Dingle ridacchiò, come se fosse fiero della sua stessa simpatia – cosa che, a dire di Eleanor, non possedeva affatto.
«Quindi davvero lavori qui? Non sei andato a lavorare da Zonko o qualcosa del genere? Hai sempre avuto fiuto per gli affari».
«E tu? Non sei diventata una giornalista? Dato che hai sempre dato molto credito alla Gazzetta del Profeta?».
Harold rideva, ma quella battuta bruciava dentro Eleanor, e lui lo sapeva bene.
«Sai una cosa, Dingle? Una volta mi hai detto che non invidi il ragazzo che si innamorerà di me, e sai cosa? Non invidio la ragazza di cui TU ti innamorerai? Sei orribile. E non mi interessa se dovremo condividere lo spazio lavorativo, io io io…».
«Tu cosa? Mi defenestrerai? Non credo proprio. Mi dovrai solo genuinamente sopportare» e le sorrise, facendo comparire una fossetta ai lati della sua bocca.
 

 
♠♠♠
 
 
La vita lavorativa all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia era intensa e soddisfacente quanto stancante. Ma Eleanor era felice: poteva lavorare in nome della giustizia, come aveva sognato da sempre.
L’unica pecca in quel quadro idilliaco, era il caro Harold Dingle, che lavorando all’'ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche – e solo in questo c’era dell’assurdo – prendeva sempre l’ascensore con lei. Tutte le mattine.
«Sai Branstorne, penso dovremmo uscire insieme».
«Cosa c’era nel the che hai bevuto stamattina, Dingle?».
«No sul serio, ci giriamo intorno da anni, c’è chimica tra di noi. La percepisco! E poi, ho bisogno di una donna che mi tenga testa e solo tu…».
«Mi prendi in giro?» Eleanor iniziò a ridacchiare «Letteralmente tutte le donne della tua vita ti tengono testa. Le tue amiche Serpeverde a scuola, la tua segretaria e oh, beh, anche tua madre. Ho letto per sbaglio il bigliettino di mammina cara che avevi in mano ieri mattina».
«Non nominare mia madre».
«Cosa c’è, Harolduccio, hai qualche problema con la figura materna?».
«Eleanor, non nominare mia madre».
«Tua madre sa che dormi con una persona diversa ogni sera e che non avrà mai dei nipotini legittimi?».
«BRANSTORNE, non. Nominare. Mia. Madre. Cuciti quella bocca».
Come per magia, le porte dell’ascensore si aprirono e Harold si precipitò fuori dal cubicolo. Una volta da sola, Eleanor si toccò le guance che si erano surriscaldate e si vergognò come poche volte prima d’ora.
 
Erano le cinque del pomeriggio quando il suo venerdì lavorativo giunse a una fine, e si apprestò a rientrare in ascensore per tornare a casa. Era stanca morta, ma anche desiderosa di incontrare il suo rivale per scusarsi.
Quando lo vide, appoggiato alla parete con i ricci che gli cadevano sulla fronte, pensò che sembrava ancora un ragazzino, con quel prodotto Tiri Vispi Weasley in una mano e la borsa a tracolla da lavoro nell’altra.
«Senti Harold… mi dispiace per prima. Non volevo urtare la tua sensibilità».
Il ragazzo la guardò negli occhi a lungo. Sembrava grato, serio. Consapevole che non era scontato che tra loro si arrivasse alle scuse.
«Quindi Branstorne, domani sera cena a Diagon Alley?».
«Cos’è questa nuova ossessione?».
«Lo prendo come un sì, ci vediamo domani alle sette».
«Oh nei weekend non sei a casa di tua mam...?» poi si zittì, spaventata.
Harold ridacchiò, continuando a girarsi tra le mani quel gingillo.
«Vedo che hai imparato, a domani dolcezza».
Eleanor proprio non capiva perché, mentre usciva dal Ministero, avesse quello strano sorriso stampato in volto.

 
♠♠♠
 

«Ci eravamo lasciati!».
«No Harold, eravamo in pausa, ricordi?».
Harold si torceva ogni riccio, camminando avanti e indietro per la stanza.
Dopo quella prima uscita le cose erano andate alla grande: si erano resi conto che si conoscevano benissimo su certi aspetti, e troppo poco su altri. E il loro battibeccare durato anni li aveva avvicinati solo di più, rendendo ogni litigata una battaglia a chi avesse l’ultima parola.
Poi, presi dalla foga, erano andati a convivere, cercando di superare i lati spigolosi l’uno dell’altra. Forse le cose non erano andate proprio proprio nel verso giusto.
«E anche se ci fossimo lasciati, tu un secondo dopo vai al Paiolo Magico e baci una sconosciuta? Davvero?».
Eleanor incrociò le braccia, mentre le labbra sottili formavano una linea retta sul suo volto.
«Mi avevi appena spezzato il cuore!».
«Le cose non funzionavano! Ma non volevo finisse! E tu sei andato con un’altra».
«Ci eravamo lasciati» quella che prima sembrava una normale frase, ora prendeva quasi la forma di una filastrocca per bambini.
«Ammetti almeno che era un tradimento e che se le cose ora sono così è tutta una tua responsabilità»
«Cosa? No, non esiste».
«Ma certo, cosa mi potevo aspettare da un Serpeverde che voleva far passare le cacche secche di Doxy per artigli di drago?».
«Quello era anni fa, e non ha niente a che vedere con il fatto che CI ERAVAMO LASCIATI!».
«Oh sì, è questo che dirai ai nostri futuri figli? “Io e mamma ci eravamo APPENA lasciati, quindi, sono andato con una donna a caso in un bar”».
«Oh no, dirò che la loro mamma si era presa una cotta per Georgi Zdrako e aveva trascurato il papà, che tutto solo soletto era andato in un bar…»
La mascella di Eleanor stava per toccare per terra, sconvolta.
«Cosa c’entra il fatto che tu mi hai tradita, con Georgi Zdrako? È solo un amico! E non lo vedo mai, è sempre in trasferta con la Nazionale Bulgara!».
«Io non ti ho tradita, ci eravamo lasciati» lo strascico sulla i la stava rendendo davvero una cantilena fastidiosa all’ascolto.
Eleanor prese la maniglia e sbattè la porta con foga, lasciandosela alle spalle. Non avrebbe mai più rivisto le fossette e i ricci di Harold Dimple, mai più!
 
Harold stava cullando la figlia Emma, giocando con lei da solo per la prima volta dopo giorni. Eleanor era andata a fare la spesa e quindi era una buona occasione per stringere il visetto della figlia e riempirlo di baci.
«Emma, c’è una cosa di cui ti devo parlare. So che sei troppo piccola per capirlo, ma te lo ripeterò finchè non avrai l’età della ragione. Non importa quello che ti dirà tua mamma: noi ci eravamo lasciati!» la bimba a quella domanda gli strinse il pollice con forza, e lui affascinato riprese a fare la vocina stupida. «Certo che sì, certo che sì che ci eravamo lasciati».
Quando sentì le chiavi girare nella toppa si ricompose, in silenzio. Eleanor non avrebbe mai saputo nulla.
 

 
♠♠♠
 

«Hai incontrato Georgi Zdrako in pigiama» la voce di Harold era seria, mono-nota. Non era una cosa da lui, sempre così autoironico e squillante.
«Sì».
«Mentre andavi a buttare la spazzatura».
«Sì».
«Dai El, chi ti crede? So che hai una cotta per lui da anni, e ora ti vede mezza nuda e tu vuoi farmi credere fosse una cosa innocua?».
Eleonor, che aveva i capelli tirati su in una crocchia sfatta ed era veramente conciata malissimo, riguardò il suo outfit: pantofole a forma di ippogrifo, canotta bianca sgualcita e pantaloncini appartenenti ad Harold che usava come pantaloni del pigiama in inverno. No, non mezza nuda.
«Ha preso un appartamentino qui a Godric’s Hallow».
«Proprio vicino a dove abita mia moglie, certo».
«Tua moglie con te, ovvero suo marito, e nostra figlia».
«Oh Eleanor, cosa vuoi? Fammi essere un po’ geloso» e le sue labbra presero la forma di un broncio che non gli si addiceva neanche un po’.
Eleanor gli si avvicinò, mettendogli le mani sui ricci e facendosi abbracciare.
«Ti ricordi quando mi dissi che non invidiavi il ragazzo che si sarebbe innamorato di me?».
«Sì ricordo, lo penso ancora. Non mi invidio per niente, sei insopportabile e sempre nelle orecchie della gente con la tua vocina fastidiosa».
«È il massimo di dichiarazione d’amore che posso aspettarmi da te, vero?».
«Mi hai sposata dolcezza, lo sai. Se vuoi complimenti su quanto tu sia bella mezza nuda, puoi sempre scendere a portare l’immondizia e incontrare casualmente Georgi Zdrako».
Eleanor rise e si appoggiò di più al marito. Erano passati anni dalla guerra, da quando aveva dubitato delle parole di Harry Potter, da quando litigava in biblioteca con quello zuccone riccio che ne combinava di tutte colori. Eppure, erano ancora due ragazzini che si punzecchiavano sempre.
«Almeno io non sono andata a letto con Georgi Zdrako».
«Ehi! Pensavo che l’avessimo concordato: ci eravamo lasciati!».

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