Audentes fortuna iuvat

di workingclassheroine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Prime Minister ***
Capitolo 2: *** The Breakfast Club ***
Capitolo 3: *** The Lord Of The Rings ***



Capitolo 1
*** The Prime Minister ***


Capitolo 1

THE PRIME MINISTER



Per tutta l'estate non ho fatto altro che immaginare la mia entrata trionfale al St. John's.

Ho sognato gli sguardi incuriositi dei professori e degli studenti, gli occhi delle ragazze che sfioravano la mia camicia bianca e la piega perfetta dei pantaloni.
Ho persino provato allo specchio il sorriso giusto da rivolgere ai miei interlocutori prima di dire "Ehi. Sono Paul McCartney".

E spero davvero che domani chiunque, guardandomi, avrà voglia di diventare mio amico.
Per ora, invece, sono bagnato come un pulcino, e il tassista che mi ha accompagnato sin qui ha appena gettato nel fango le mie valigie.

I capelli fradici mi coprono gli occhi e nel buio perfetto della sera mi risulta difficile distinguere alcunché.
Solo quando il tassista riparte, sgommandomi addosso una buona dose d'acqua, mi decido a seguire le luci accese che vedo lampeggiare in lontananza.

Quando finalmente metto piede nel dormitorio la prima cosa che mi accoglie è un urlo oltraggiato, e io sono davvero a un passo dal voltarmi e tornare a casa di corsa.
La proprietaria di quella voce è una donna tendente all'anziano acidulo, vestita di borgogna.

"Le scarpe!" grida, ancora, mentre io resto lì immobile, terrorizzato come un cervo dagli abbaglianti, "Togli subito quelle scarpe!"

Chino gli occhi a terra, studiando le impronte fangose che ho lasciato sino a quel punto, e mi affretto ad eseguire.
La donna ne sembra grandemente rincuorata.

"Perfetto, mio caro" dice, e stavolta ha il tono che usava mia madre quando combinavo un guaio davanti alle sue amiche e non poteva sculacciarmi come avrebbe voluto, "Paul McCartney, immagino".

Mi limito ad annuire, e firmo senza battere ciglio il registro che mi sbatte in faccia.

"Sono la signora Hyde. Per te signora e basta. Mi occupo del dormitorio"

Vorrei chiederle se di giorno si trasformi nella signora Jekyll, ma ho il vago sospetto che abbia già sentito questa battuta innumerevoli volte e che mi costringerebbe a ingoiare i lacci delle mie scarpe se solo la ripetessi.
Il mio silenzio è ripagato con una sorta di sollievo da parte sua.

Sono bravo a capire le persone: la maggior parte delle volte vogliono solo che tu stia zitto.

"Camera numero 607. Ultimo piano" sentenzia infine la signora Hyde, allungandomi le chiavi con un vago sorriso.
Poi, nuovamente, si rabbuia "Il tuo compagno di stanza è arrivato circa un'ora fa. Buona fortuna"

Mentre ringrazio e attraverso il corridoio, ansimando per il peso delle valigie, non riesco a levarmi dalla testa l'idea che quell'augurio non sia riferito tanto alla mia carriera accademica, quanto al mio compagno di stanza in sé.

*

Quando apro la porta della 607, il demonio in questione è sdraiato sul letto, con le lunghe gambe contro il muro e un libro sollevato di fronte al viso.
Sembra una posizione maledettamente scomoda, ma decido in fretta che non sono affari miei.

"Ehi" sorrido, "Sono Paul McCartney".

Sono certo di essere assolutamente carismatico mentre lo dico (accidenti, mi sono esercitato per mesi) eppure lui non sposta lo sguardo dal suo libro.

"Vai a cambiarti" commenta, laconico, girando pagina, "Stai lasciando una pozza d'acqua a terra".

Ha ragione, ovviamente, ma non era così che immaginavo le prime parole tra noi.

"Piacere mio" ribatto quindi, ma recupero un telo e dei vestiti asciutti.

Devo sforzarmi per non sbattermi dietro la porta del bagno.

Mi lavo in fretta, e mentre strofino i capelli umidi con l'asciugamani, ancora immerso nel vapore caldo che appanna lo specchio, mi sento rilassato abbastanza da poter fare un secondo tentativo.
Infilo i pantaloni della tuta grigi e la t-shirt nera che mi faranno da pigiama e poi, con un ultimo respiro profondo, esco.
Il mio coinquilino è nella stessa identica posizione in cui lo ho lasciato.

"Ascolta" inizio a dire, nel mio tono più pacifico, "Io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato".

Lui sospira, ma chiude finalmente il libro e si mette in piedi con una velocità che definirei spaventosa.
Non posso fare a meno di notare, con un po' di invidia, che la sua camicia non ha tante pieghe quante ci si aspetterebbe.

"Frena, Clarabella" commenta, del tutto disinteressato, "Non è ancora arrivato il momento di farci le seghe a vicenda".

La mano che ho teso tra noi mi si irrigidisce.
Tuttavia, sono così allibito da scordarmi di ritirarla.

"Ti da fastidio se fumo?"

Scuoto la testa, e lui mi sorpassa per recuperare dal mio comodino quelle che, senza ombra di dubbio, sono le mie sigarette.
Ha la cortesia di passarmene una, e le ha accese entrambe prima ancora che possa rendermi conto di averla infilata tra le labbra.

"Dimmi, Margaret. Perché hai lasciato Oxford?"

Tossisco brevemente.

"Paul" lo correggo.

Lui sbuffa via il fumo e alza le spalle, "Fa' lo stesso, Olivia. Perché hai lasciato Oxford?"

La finestra non è particolarmente ampia, e anche così, con ognuno al lato opposto degli infissi, riesco a notare lo scintillio di divertimento che per un attimo gli illumina gli occhi.
Non è un argomento che mi piaccia trattare, eppure qualcosa nel tono scanzonato del mio compagno di stanza mi spinge a dirgli la cruda verità.

"Mio padre è professore lì. Mi sembrava di non meritare nulla di quanto ottenessi. Né voti, né amici. Ho resistito un anno, poi ho richiesto il trasferimento" commento, nel tono più neutro possibile, "Come sai che vengo da Oxford?"

"Chiunque arrivi a Cambridge per la prima volta è fottutamente spaventato. Nessuno entrerebbe qui con il mento alto, Bethany. Nessuno, se non uno di quegli stronzetti di Oxford"

Sono grato che abbia liquidato così velocemente il capitolo padri, e questo mi basta per sentirmi più ben disposto nei suoi confronti.

"Lo hai dedotto solo dalla mia postura?" chiedo quindi, sinceramente impressionato.

"Certo, Patricia" conferma, e mi sorride per la prima volta "Da quello, e dalla lettura attenta del tuo fascicolo universitario"

Decido di sorvolare sulla palese violazione della mia privacy, e sul modo in cui potrebbe aver messo mano sul mio fascicolo.

"Ora che hai dimostrato di avere il cazzo più lungo, suppongo tu possa anche dirmi il tuo nome" mi limito a suggerirgli, lanciando nel buio della notte il mozzicone della mia sigaretta.

Lui mi imita e stavolta, quando gli tendo la mano, la stringe.

"Sono Churchill" si presenta, "E tu, Emily, non sei poi così male. Potresti persino durare oltre la prima settimana"

"Mi sopravvaluti" mi schernisco, sarcastico.

Churchill ride sommessamente.

"Il difetto mortale degli ottimisti" dice.

Parla come uno convinto che ogni sua frase sia destinata a diventare una citazione.

"Ora, se vuoi perdonarmi, ho di meglio da fare che corteggiarti" continua, "Mi aspettano nella sala comune".

Esce dalla stanza prima che io possa rispondergli.
Nel guardare la porta, lasciata aperta, mi viene voglia di seguirlo.

Lo farei, se solo conoscessi qualcuno, ma l'idea di restare in un angolo della sala a girarmi i pollici mentre la gente intorno a me ride e parla è abbastanza deprimente.

La voce di Churchill mi raggiunge dalla fine del corridoio.

"Per l'amor di Dio, Janet" urla, "Non ho tutto il giorno".

Mi affretto a seguirlo prima che possa cambiare idea.
 

*
 

La sala comune è gremita, affollata fino all'orlo di studenti.
Tutti urlano e ridono, e la signora Hyde, seduta accanto al fuoco con un lavoro di ricamo tra le mani, alza di tanto in tanto la voce per riportare l'ordine.

Churchill non entra, ma rimane elegantemente appoggiato sulla soglia, con le braccia incrociate.
I suoi occhi sono pieni di aspettativa.
Non sapendo che altro fare, rimango dietro di lui, attento a non intralciare il passaggio.
Sto per chiedergli se per caso non abbia cambiato idea quando mi accorgo di quel che sta succedendo.
Man mano che gli altri si accorgono di noi, il volume dei loro schiamazzi si riduce.
Quando infine ogni singola testa è voltata verso la porta, nella sala è sceso il più completo silenzio.

Un ragazzo gracile, dall'aria furba e divertita, si alza in piedi sul divano che occupava fino a un attimo fa.

"Miei signori" grida, "Squillino le trombe"

Un secondo ragazzo, prontamente, finge di suonare il proprio naso.

"Abbiamo ora l'onore di riaccogliere tra noi Sua Maestà Serenissima" continua il primo, "Il Mai Spodestato, e se è per questo il Mai Eletto. Signore della Sala Comune e dei corridoi, Terrore delle classi e Rifugio degli Ultimi. Re dell'Intolleranza e di tutta Cambridge".

Qualcuno ride, ma un gesto del ragazzo li zittisce nuovamente.

"Signori e signori, ecco a voi il Primo Ministro".

L'ovazione che ne segue mi coglie di sorpresa.
Churchill ride, e attraversa la sala comune accolto dai saluti della maggioranza dei presenti.

E chi non lo conosce, come me, d'improvviso è affascinato.

Lo seguo fino a uno dei divani, quello su cui poco prima il ragazzo mingherlino ha pronunciato il suo discorso, ma devo frenare di frequente per non finirgli addosso.
Le persone non fanno che bloccarlo, che parlargli.

"D'accordo, John. Hai avuto il tuo spettacolino. Ora siediti e finiamola qua" la voce della signora Hyde ci raggiunge, infastidita, ma per un attimo potrei giurare di averla vista sorridere dietro al ricamo.

"Ho finito" la rassicura Churchill, lasciandosi cadere sulla poltrona che i suoi amici gli hanno religiosamente tenuto libera.

Io mi siedo, un po' esitante, in un angolo del divano.
Il ragazzo del discorso, che da vicino è ancora più secco e irrequieto di quanto sembrasse a distanza, si scosta per lasciarmi più spazio.

"E tu chi sei?" chiede, sorridente.

Churchill risponde prima che io riesca ad aprire bocca, "La mia first lady, immagino".

Boccheggio, e dico la prima cosa che mi passa per la mente.

"Il tuo nome è John, quindi?"

So che è una domanda stupida, me ne rendo conto appena lo dico.
Ma ho una certa fretta di distogliere l'attenzione dalla mia virilità ferita.

Lui sbuffa, accavallando le gambe, "Per quanto ti riguarda, Michelle, il mio nome è Churchill".

"Ah, Michelle come la first lady. Sagace" commento, sarcastico.

"Qualche problema?"

"Oh no" lo rassicuro, "Se non altro non hai detto Melania".

Stavolta, e sono sicuro di non sbagliare, ha certamente sorriso.

"Non badare a lui" si interpone il ragazzo accanto a me, "Abbaia ma morde raramente. Io sono Shiva".

Lo guardo confuso, e lui si sente in dovere di spiegarsi.

"Mi chiamo George, in realtà. Ma quando ho conosciuto Churchill, durante il mio primo anno, ho avuto la cattiva idea di dirgli che studiavo Teologia e che l'estate prima ero stato in vacanza in India con i miei. Ora sono Shiva"

Sto iniziando a chiedermi cosa abbiano tutti loro contro i nomi di battesimo, e soprattutto se questo significhi che passerò quattro anni a sentirmi chiamare con nomi di donna.

"Questo invece" continua Shiva, indicandomi il ragazzo al capo opposto del divano, "È Phineas".

"Tu sei la tromba" rido, mentre gli stringo la mano.

Lui ride con me, "Tra i miei mille talenti".

Mi sembra di star andando bene, almeno sino a questo punto.

"E invece, da dove viene Phineas?" chiedo.

"È il suo vero nome" sbuffa Churchill, gelido.

Sbianco.
Sto per scusarmi, mortalmente in imbarazzo, quando riprende a parlare.

"Ti sto prendendo in giro, Candace. Si chiama Richard. Phineas perché ha il naso come il protagonista di Phineas e Ferb"

"Oh" mormoro, ancora indeciso su come reagire.

"È un completo stronzo" mi dice l'interessato, leggendomi nel pensiero "Dovrebbe essere più compassionevole, con il naso che anche lui si ritrova".

Mi sforzo di non ridere.
Se c'è una cosa che ho imparato, è che non si ride mai di qualcuno che ha la possibilità di pisciarti sullo spazzolino da denti.

Phineas riprende a parlare, ignorando totalmente le occhiatacce di Churchill.

"Sono al penultimo anno di medicina, e tutto quello che vorrei è ritrovarmelo sotto i ferri per potergli cucire la bocca con un bel filo spesso. Tu di cosa ti occupi?"

"Studi Classici" dico, e non posso trattenere un sorriso d'orgoglio nel pronunciare queste parole.

Mio padre mi avrebbe voluto avvocato.

"Seguirai il corso di Latino con me, allora" interviene Shiva, interessato "Puoi darmi una mano. Sono un disastro"

"Certo, non sono così male" lo rassicuro, e io stesso sono sollevato all'idea di avere qualcuno con cui sedere, domani a lezione.

"Sei più che 'non così male', Lesbia" mi schernisce Churchill, dalla sua poltrona, "I voti del tuo primo anno sono stupefacenti"

Mi chiedo come faccia a sembrare così supponente anche quando mi sta facendo una sorta di complimento.

"E tu, invece" gli chiedo, senza rispondere "Cosa fai quando non sei impegnato a giocare alla spia russa?"

Churchill alza le spalle, divertito "Storia e politica".

"È per questo che ti fai chiamare Churchill?"

"In parte" ammette "Ma anche perché voglio essere potente, come lui. E perché sono uno stratega, come lui"

"E perché beve e fuma troppo, come lui" continua Shiva, canzonatorio.

Churchill lo fulmina con lo sguardo.

"E perché il suo secondo nome è Winston. Non come lui. Per lui era il primo nome" conclude Phineas, mortalmente serio.

Ridono, e mi concedo di sorridere con loro.
Il braccio di Shiva mi circonda amichevolmente le spalle.

"Tu sarai Cassius" sentenzia, e mi sento estremamente sollevato dal fatto che non abbia detto Michelle, o Clarabella.

"Perché Cassius?" chiede Phineas, anticipandomi.

"Perché non mi sorprenderei se una notte dovessi pugnalare a morte il nostro Cesare" spiega candidamente Shiva.

Churchill alza gli occhi al cielo, sorridendo.

Mi piacciono queste persone.
L'idea si fa strada dentro di me mentre li ascolto parlare.

Man mano il discorso si sposta sulle vacanze estive, e poi su vecchi ricordi che io non ho condiviso con loro, ma che sono ansiosi di raccontarmi.
Così ascolto, che è la cosa che so fare meglio, e lascio che Phineas e Shiva mi sommergano di parole.
Churchill sorride, di tanto in tanto, e tamburella le dita sul bracciolo della poltrona.

"Non lasciarti spaventare" mi sussurra Shiva, in un momento di distrazione generale, "Sei qui perché non gli dispiaci. I suoi compagni di stanza sono sempre durati poco, e in nessun caso li ha presentati a noi"

Non rispondo, ma quando il mio sguardo incontra quello di Churchill, gli sorrido.
La risposta è immediata.

"Vuoi per caso un bacio, Annabeth?"

Sbuffo, ma lascio correre.
Temo che il mio fastidio non faccia che divertirlo ulteriormente.

Torno a confrontare con Shiva gli orari dei miei corsi, e passa qualche minuto prima che Phineas richiami la mia attenzione.

"Tu conosci il latino" mi fa notare, sporgendosi verso di me.

"Me la cavo" ribadisco, senza capire.

"Devi trovarci un motto" completa Churchill, fissando i suoi occhi nei miei "Una frase che ci rappresenti"

Ci penso su, se non altro perché è la prima volta che mi chiede qualcosa senza appiopparmi un nome femminile.

"Ho trovato" dico infine.

Mi prendo qualche secondo per continuare, solo per il gusto di rendere tutto più teatrale.
E Churchill lo nota, perché mi sorride.

I suoi occhi, ravvivati dalle fiamme, sono incredibilmente magnetici.

"Audentes fortuna iuvat" decido, e il sorriso sul suo volto si allarga "La fortuna aiuta chi sa osare".

Per tutto il resto della serata, Churchill si trattiene dall'affibbiarmi nuovi nomignoli, e mi illudo che sia il suo modo di dimostrarmi apprezzamento.
Sono le undici in punto quando la signora Hyde si alza in piedi e ordina di liberare la sala.

Continuiamo a parlare sulle scale, poi nei corridoi.

"Buonanotte, Churchill. Cassius" ci augurano infine Phineas e Shiva, salutandoci sulla soglia della nostra camera.

Ricambio, chiudendomi la porta alle spalle.
Churchill si sta infilando il pigiama.

"Siete davvero adorabili, voi tre" mi prende in giro "Spero mi inviterete alla prossima riunione del club del cucito".

Sbuffo, e mi butto sul letto.
Lo guardo appendere accuratamente la camicia, e mi chiedo se la indossi per sembrare più distinto.

"Se mi avessi detto della tua alta carica, tesoro, avrei indossato un abito adatto prima di incontrare i tuoi amici" ribatto, senza pensare.

Churchill ride, e spegne la luce.
Sento il fruscio delle coperte, e anche al buio mi sembra di riuscire a distinguere il suo profilo.

"Non preoccuparti Estelle, amore mio. La prossima volta mi premurerò di avvisarti"

Ridiamo insieme.

"Posso chiederti una cosa?" sussurro poi, prima di poter cambiare idea.

"Spara, Susan"

"Perché Churchill?"

Sono quasi certo che stia roteando gli occhi, adesso.

"Mi sembra di avertelo già detto, Megan"

Non mi arrendo.

"Intendo, perché non semplicemente John?"

C'è qualche attimo di silenzio, e proprio quando sto per convincermi che la risposta non arriverà mai Churchill riprende a parlare.

"Hai idea di quanti John esistano al mondo?" il suo tono è sempre insopportabilmente canzonatorio, ma ha qualcosa di fragile "Dovrei competere con tutti loro. Di Churchill invece ce n'è stato solo un altro, oltre a me. Posso competere con lui, posso farcela. Far sì che chiunque conosca il mio nome".

Non dico altro, perché mi ha rivelato troppo e qualsiasi passo falso da parte mia potrebbe chiudere per sempre lo spiraglio che si è creato tra me e lui.

"È un bel nome, comunque. Buonanotte, Churchill" sussurro.

L'oscurità tra di noi non sembra più così profonda.

"Va' al diavolo, Barbie".

 

Note

Eccomi con una nuova storia!
Sarà molto più leggera rispetto alle precedenti, e molto più tranquilla.

Il St. John's, per chi non lo sapesse, è uno dei college che compongono l'Università di Cambridge.

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Capitolo 2
*** The Breakfast Club ***


Capitolo 2

THE BREAKFAST CLUB



"Alzati, Frances"

Sbuffo, ancora mezzo addormentato, e mi tiro le coperte fin sopra la testa.

In un attimo mi sono strappate di dosso.

"Fa freddo" piagnucolo, rannicchiandomi.

Mi rifiuto caparbiamente di aprire gli occhi.

"Hai dieci secondi, Aurora" mi intima la voce di Churchill, "Poi ti prendo di peso e ti butto nella doccia"

Inizia il suo conto alla rovescia, e valuto brevemente se sia o meno capace di essere tanto ignobile.

Mi tiro a sedere prima ancora che abbia finito di pronunciare la parola nove.

"Cosa vuoi?" chiedo, secco.

Non sono un amante della mattina, e sono un ancor più cieco odiatore di chi la mattina presto osa parlare.

"Hai mezz'ora per prepararti"

Se non altro, mi dico, usa frasi brevi.

Poi l'occhio mi cade sullo schermo del mio telefono.

"Le sette e mezza di mattina" sibilo, riportando lo sguardo su di lui "Sei morto".

Sorride, perfettamente sereno, "Oh, Dorothy. Non vedo l'ora"

"Le mie lezioni non iniziano prima delle nove" borbotto, ma mi allungo a disattivare la sveglia che avevo impostato per le otto e mezza.

Churchill è già perfettamente pronto, con il maglione nero che lo avvolge sino alla gola e i pantaloni, dello stesso colore, stirati in modo impeccabile.

Si aggiusta allo specchio i ricci umidi che gli cadono sulla fronte, e non mi guarda neppure.

"Senti un po', Britney" si limita a dire, "Hai due scelte: o vieni a fare colazione con noi e ti guadagni un primo giorno dignitoso o attraversi quelle porte tutto solo, con una mappa in mano, sperando che qualcuno ti indichi la classe giusta".

Prima di entrare in bagno, mi premuro di sbattergli in faccia la t-shirt che ho appena sfilato.

Con tutta la violenza che posso.

L'acqua esce a scatti dal doccino, e neanche qualche pugno frustrato riesce a risolvere la cosa.

Le mie camicie sono tutte stropicciate a causa del viaggio, e sono costretto a indossarvi sopra il primo maglione che riesco a recuperare.

I jeans sono ancora un po' umidi, e nel complesso mi sento un disastro.

Liscio con cura il colletto della camicia bianca, avendo cura che le ali svettino sul verde bosco della lana, e sospiro.

Il mio umore peggiora ulteriormente quando ricordo che le mie scarpe devono essere ancora all'ingresso, incrostate di fango.

"Non dire niente" avviso Churchill, uscendo dal bagno.

Il suo sguardo cade immediatamente sulle mie pantofole, e si lascia sfuggire un sorriso "Non preoccuparti, Cenerentola. Recupereremo le tue scarpe"

Borbotto qualcosa che è incomprensibile anche a me, e mi infilo nel corridoio prima che possa aggiungere altro.

Mi è accanto in un attimo.

"Se può consolarti questo verde ti risalta gli occhi, Giselle" commenta, sarcastico.

Mi consola, in effetti, ma non mi frena dal tirargli una spallata.

"Chiudi il becco, sembri la caricatura di Steve Jobs" sibilo.

*

Mi basta arrivare alla cucina del nostro piano perché il mio umore migliori notevolmente.

Non devo essere l'unico ad aver avuto uno scontro difficile con l'armadio, stamattina.

Shiva porta un maglione talmente colorato che potrei ritrovarlo di notte in mezzo a un bosco, e sono quasi certo che Phineas abbia indossato il suo al contrario.

E dico quasi perché è difficile dirlo con certezza, dato che sta dormendo con la testa riversa sul legno del tavolino.

"Ehi" mi saluta Shiva, mentre prendo posto accanto a lui.

Poi punta gli occhi su Churchill, seduto accanto a Phineas.

"Vacci piano" gli intima, a bassa voce "Oggi lo portano a tagliuzzare cadaveri per la prima volta, non ha chiuso occhio"

Churchill gli sorride candidamente.

"Torna ad accendere bastoncini d'incenso, tu" consiglia, da bravo diplomatico, e tira una gomitata al ragazzo addormentato.

Phineas mugola appena, "Cosa diavolo vuoi?"

"Svegliati, ho bisogno di una consulenza"

Il ragazzo sbuffa, ma solleva la testa e se la poggia sul palmo della mano, squadrandolo di sbieco.

"Caroline, qui davanti" mi indica Churchill, senza badare al suo tono "Si è lamentata tutta la notte per una stupida febbre. Cosa consigli di fare per farla tacere una volta per tutte?"

"Ucciderlo" borbotta Phineas, lugubre.

Sto per intervenire quando un improvviso calcio alla tibia tramuta le mie parole in una smorfia di dolore.

"Pensavo a qualcosa senza conseguenze in ambito penale, in realtà" continua Churchill, intrecciando le dita con fare innocente.

"D'accordo" si arrende Phineas, rivolgendosi a me, "Hai preso freddo, ultimamente?"

Un secondo calcio mi fa strabuzzare gli occhi.

"Sì" rispondo, con una voce acuta che non è la mia, "Ieri ho preso un po' di pioggia"

Phineas sembra più sveglio, più vigile mentre sfrutta le proprie capacità, e inizio a capire dove tutta questa messinscena va a parare.

"Allora escluderei l'origine virale. Non preoccuparti, Cassius" e mi sorride, rassicurante e sicuro di sé come ogni medico dovrebbe essere "Cerca di riposare, questo pomeriggio, e se stasera stai ancora male passa da me. Ho del paracetamolo"

Churchill gli circonda le spalle con il braccio, "Te lo avevo detto, Gladys. Inutile allertare l'infermeria, questo grande naso ha fiuto per le diagnosi"

Phineas ridacchia, rilassato.

Sembra aver improvvisamente dimenticato tutto il nervosismo.

"Insomma, qualcuno dovrà preparare questa maledetta colazione" esclama Shiva, afferrandomi il braccio, "Andiamo"

Lo seguo docilmente ai fornelli, e mentre aspettiamo che i ragazzi prima di noi terminino di cucinare le loro uova, abbiamo tempo di chiacchierare un po'.

"Non credevo fosse così bravo" accenno, passando a Shiva il bollitore che mi ha chiesto di prendere.

"Churchill, intendi?" mi risponde, distratto "Lo è. C'è un motivo se qui tutti pendono dalle sue labbra. Sa sempre cosa è giusto dire"

"Un'ottima dote per uno che vuole fare politica"

Lui ride, empiendo la caraffa d'acqua, "Dio, sì. Non ho dubbi diventerà davvero Primo Ministro. Che Dio salvi la Regina"

Ridiamo insieme.

"Tu, invece?" mi chiede Shiva, indicandomi lo scaffale dietro di me.

Recupero quattro bustine di té dalla scatola che vi è poggiata, e me le picchietto distrattamente sul palmo in attesa che l'acqua inizi a bollire.

"Io cosa?"

"È il tuo primo giorno. Ansioso?" apre uno degli sportelli della dispensa, chiuso con un piccolo lucchetto, e sospira, "Dio, dobbiamo fare la spesa"

Mi sembra di essere tornato ai tempi della scuola, quando cercavo di raccontare a mia madre dei miei progressi con le addizioni mentre lei volteggiava da una parte all'altra della cucina.

La cosa non mi infastidisce.

Se Shiva mi trattasse da ragazzino spaventato, forse lo diventerei davvero.

Mi piace che le sue attenzioni non siano invadenti, e mi ritrovo a pensare che Churchill non sia l'unico con uno spiccato talento nel gestire le emozioni altrui.

"Forse" ammetto, "E a proposito di spesa, dov'è il supermercato più vicino?"

Shiva mi rivolge un sorriso, "Ti guardo le spalle, almeno per le prime due ore e mezza. Il professor Davies ti piacerà. Churchill lo chiama la Tartaruga, perchè sembra avere trecento anni, ma traduce Tacito solo leggendolo e quando è di buon umore ci insegna a imprecare in latino".

"Non male" commento, "C'è qualcuno qui che non ha un soprannome?"

"Non credo. Ma è una buona cosa" mi spiega, afferrando due delle quattro tazze fumanti e invitandomi con lo sguardo a fare lo stesso, "È un modo di possedere le cose, di esorcizzarle. Diventa più facile sopravvivere qui quando ti costruisci un mondo in cui ognuno è la caricatura di se stesso"

Mi sembra di iniziare a capire davvero, ma non ho il tempo di porre altre domande che Shiva scoppia a ridere.

"Sto diventendo deprimente, vero? Studio troppa filosofia. Per quanto riguarda la spesa, noi mangiamo sempre insieme. Se mi lasci una lista, questo pomeriggio io e Phineas prendiamo la sua auto e andiamo a farla per tutti"

Mi limito a ringraziarlo, e afferro le due tazze rimanenti.

"Alla buon'ora" ci prende in giro Churchill, quando arriviamo al tavolo.

Gli allungo la tazza con più foga del dovuto, facendo schizzare sul tavolo un po' di liquido.

"Jenny" mi rimprovera, divertito "Stai facendo l'offesa con me?"

Phineas rotea gli occhi alle sue spalle, rivolgendomi un sorriso complice.

"Dagli tregua. È il suo primo giorno"

"Ecco, infatti" concordo, "Dovresti stare con due piedi in una scarpa. Che è quello che probabilmente sarò costretto a fare io oggi, se non recupero le mie"

Churchill ride sommessamente, portandosi la tazza alle labbra per soffiarci dentro.

"Ti ho detto di stare tranquilla, Genevieve. Finiamo questa maledetta colazione e ti accompagniamo dalla vecchia Cerbero"

"La signora Hyde" chiarisce Phineas, gentilmente.

Ci alziamo dal tavolo che sono le otto e mezza, e siamo costretti a lavare le tazze a una velocità imbarazzante per non rischiare di arrivare in ritardo a lezione.

Churchill, che ha recuperato per noi zaini e cappotti, ce li lancia addosso e ci costringe a indossarli strada facendo.

Corriamo per le scale, schivando gli altri studenti.

L'eco delle nostre risate e delle imprecazioni che ci lasciamo sfuggire rimbalza contro le pareti, e non può che farmi sorridere ulteriormente.

Arrivati all'ingresso, sento il Cerbero borbottare qualcosa in merito a una mandria di bufali.

"Signora Hyde" la chiamo, con l'espressione più innocente che riesco a mettere su "Le mie scarpe..."

Lei mi fulmina con lo sguardo, ma si china dietro il bancone dell'accettazione.

Quando mi porge le mie Converse bianche, pulite come non lo sono mai state, devo trattenermi per non abbracciarla.

"Lei è un angelo del paradiso, signora Hyde"

Incrocia le braccia, e trattiene un sorriso.

"Non farci l'abitudine, non sono la vostra governante" dice, ma la sua voce si ammorbidisce "Ora vai, sei in ritardo. Buon primo giorno, Paul".

"Le dispiace se..."

"Lasciale qui! Ma se entro stasera non sono sparite le brucio!"

Le sorrido, allungandole le mie pantofole, e raggiungo di corsa il primo scalino per infilare le scarpe.

"Andiamo" dico poi agli altri, rialzandomi in piedi.

Salutiamo in coro la vecchia Cerbero, che risponde con un'occhiataccia.

Accelero il passo per affiancarmi a Churchill, "Non è poi così cattiva, non è così?"

Lui ride mentre percorriamo velocemente il breve tratto di strada che ci separa dall'università.

"La verità è che ci adora. Tutti quanti" mi rivela, infilando le mani nel cappotto, "Ma se lo rendesse palese sarebbe il caos".

Poi si fa più serio.

"È la prima regola, in amore. Mai far capire all'altro che ha potere su di te, o puoi star certo che se ne approfitterà"

Alzo le spalle, e rifugio il viso nel bavero per ripararmi dal vento.

"Devi essere un piacere, a San Valentino"

Mi dà una spinta gentile.

"Stai già facendo grandi progetti, Amy" mi schernisce, "Attenta, o potrei spezzarti il cuore".

Rido.

"O potrei spezzartelo io" ribatto, divertito "Non capisco perché sottovalutare questa opzione"

Churchill sorride, "Perché conosco ragazze con ciglia più lunghe delle tue, Daisy".

"Stai mentendo" lo accuso, sbattendole giocosamente.

Lui alza gli occhi al cielo.

"Certo che sto mentendo, Lily. Scrivilo sul tuo diario, stasera. E assicurati di disegnare un bel cuoricino sulla i di Churchill".
 









 

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Capitolo 3
*** The Lord Of The Rings ***


Capitolo 3

THE LORD OF THE RINGS



Il professor Davies sta facendo un veloce ripasso delle declinazioni latine, e la lavagna è piena della sua grafia tremolante.

Il suo soprannome, la Tartaruga, lo descrive bene: ha il viso pieno di rughe, ed è così esile che sembra debba spezzarsi in due al primo movimento brusco.

Eppure i suoi occhi celesti sono vividi, pieni di intelligenza, e la sua voce è ancora alta e cristallina.

Lo ascolto per un po', ma conosco già bene gli argomenti di cui parla, e anche Shiva non sembra particolarmente preso dalla lezione.

Per le successive due ore, quindi, non faccio altro che porgli domande.

Chiunque altro mi avrebbe sbattuto la testa sul banco, ma Shiva è indicibilmente paziente con  me.

Neanche il fatto che una buona percentuale dei miei interrogativi riguardi Churchill, più che i corsi o i professori, lo fa sbottare.

"Lo capisco" mi dice, mentre disegna distrattamente margherite sul proprio quaderno, "Per tutti noi è stato così. Conosci questo ragazzo e per il resto della tua vita sei diviso tra la voglia di diventare il suo migliore amico e quella di piantargli un coltello nella gola"

La descrizione mi sembra più che esatta.

Da Shiva imparo che Churchill odia i supermercati, e questa è la ragione per cui sono sempre lui e Phineas a fare la spesa per tutti.

"Ha qualcosa a che vedere con tutti quegli scaffali, i prodotti in serie e l'aspettare in fila. Ognuno ha le sue stranezze"

Bevo tutte le informazioni che sa darmi, come una spugna.

Churchill ha perso sua madre (come me, penso, ma non ho il coraggio di dirlo a Shiva), e vive con sua zia.

Di suo padre non parla mai.

Ogni volta che gli si chiede di lui, inventa un mestiere diverso per prendere in giro l'interlocutore.

Il signor Lennon è dunque, tra le altre cose: esploratore, spia russa, conduttore del meteo e drag queen.

"La verità è che neanche a Churchill interessa cosa faccia davvero suo padre. Lo ha abbandonato che era molto piccolo. Ogni tanto gli manda una cartolina da qualche posto esotico, ma tant'è"

Quando gli chiedo del loro piccolo gruppo, Shiva si illumina.

Ha conosciuto Churchill per caso, perché lui gli ha chiesto una sigaretta fuori dalla stazione, e una volta scoperto di avere la stessa destinazione hanno deciso di dividere un taxi.

"Poi sono entrato in camera e ho trovato Phineas. Per me era il primo anno. Mi sono aggrappato a loro due come un naufrago"

Riesco a immaginare la sensazione.

Shiva mi sorride divertito, intuendo il filo dei miei pensieri.

"Non preoccuparti. Phineas mi ha detto che persino Churchill sembrava spaesato, quando è arrivato qui"

Non riesco a immaginare Churchill spaesato, ma sono così affascinato che lascio che continui.

Phineas aveva visto questo ragazzo, cupo e a braccia conserte, che sedeva nel bel mezzo della sala comune.

Da solo.

Studiava quello che aveva attorno con uno sguardo talmente penetrante che i suoi coetanei lo evitavano, spaventati.

Così si era seduto di fronte a lui.

"Gli ha chiesto se sapeva giocare a scacchi, e hanno iniziato una partita. Poi Phineas, con aria casuale, gli ha detto che non conosceva il suo nome. Churchill si è presentato, e gli ha detto che presto in quella sala il suo nome lo avrebbero conosciuto tutti".

Mi sembra, a ogni parola di Shiva, di possedere meglio il mistero del mio eccentrico coinquilino.

Il bisogno di riscatto, la sete di attenzione, persino i modi bruschi mi sono ora perfettamente chiari.

E, lungi dal diminuirla, ogni elemento che aggiungo a quel mosaico chiamato John Lennon accresce la mia attenzione nei suoi confronti.

Ho il tempo di ragionarci durante la lezione di Letteratura Greca, dove non conosco nessuno che possa chiacchierare con me.

La ragazza che mi è seduta accanto, dal viso dolce e timido, mi ha sorriso appena nel lasciar cadere lo zaino accanto al mio.

Ha mormorato il suo nome, Cynthia, quasi nascondendosi tra i lunghi capelli biondi.

Le ho detto il mio, le ho sorriso a mia volta.

E questa è stata finora la nostra interazione.

La professoressa Cohen, mezz'età, l'aria di una donna che potrebbe farti sospirare così come tremare di terrore, sta spiegando la poesia di Archiloco e tracciando alla lavagna lo schema del giambo.

Ricopio tutto sul mio quaderno, diligentemente.

"Archiloco è il primo poeta umano" dice la Cohen, "Abbandona del tutto la sacralità del suo ruolo, l'idea che essere poeta significhi essere vate. Leggendo i frammenti che ho scelto per voi vedrete un uomo profondamente ironico, cinico, anticonformista. E certamente fu anche questo. Tuttavia vi invito ad andare più a fondo: dietro la giocosità di Archiloco ci sono valori, responsabilità, denunce sociali"

Devo stare diventando pazzo, perché non riesco a togliere Churchill dalla mia mente.

Mi chiedo se sia il mio cervello a voler creare una sovrapposizione tra lui e quella descrizione, solo per il piacere di illudersi d'averlo capito.

In fondo, non conosco Churchill più di quanto la Cohen conosca Archiloco.

Eppure qualcosa in me è spinto alla ricerca, all'analisi.

Voglio capirlo.

È sempre stato un mio difetto, questo.

Adoro i personaggi letterari, quelli eccessivi, esuberanti e complicati, e Churchill sembra uscito dalla penna dei migliori tra gli autori che ho letto.

Mi sento ridicolo al solo pensiero, ma io voglio diventare amico di quel ragazzo.

E voglio che non abbia più segreti per me.

Il mio telefono vibra nella tasca, interrompendomi, e lo sblocco distrattamente.

Il numero è sconosciuto.

Tra mezz'ora alla fermata
del bus, Monica.
Non tardare.
- C

Sospiro, ma non riesco a trattenere un sorriso.

Parli del diavolo.

Cura la tua ossessione
nei miei confronti, amico.
Dove hai preso il mio numero?

La risposta è quasi istantanea.

Sempre dal tuo fascicolo.
Ti facevo più sveglia, Ines.

Lo rileggi a ore alterne?

Sì, lo ho lasciato accanto
al cesso proprio per questo.

Divertente.
Cosa vuoi, comunque?

Per essere uno che ha scelto
filologia come materia opzionale
non sei molto ferrato nell'analisi del
testo. Devi accompagnarmi.

Lo farò, naturalmente.

Ma ciò non toglie che debba darmi un contegno e dare almeno l'impressione di avere di meglio da fare.

Ho promesso a Shiva di
aiutarlo con il latino, dopo
le lezioni. Non puoi rimandare?

Posso, Delilah.
Ma lo farai tu.

Non puoi chiedere a
qualcun altro?

Non sfidarmi.

Non rispondo al suo ultimo messaggio.

In parte perché ho paura che chieda davvero a qualcun altro di andare con lui, se continuo a provocarlo, in parte perché l'idea di lui che controlla ogni tanto il telefono aspettando una risposta mi rende stranamente allegro.

Immaginarlo bestemmiare è quello che mi consente di affrontare i successivi venti minuti di lezione con il sorriso stampato sulle labbra.

*

Trovo Churchill che mi aspetta con le braccia incrociate, e la ragazza davanti a lui che ride di quella che deve essere stata una battuta.

Per un attimo temo di essere stato sostituito, eppure ho corso per mantenermi nella mezz'ora concordata, ed ero quasi certo il mio silenzio sarebbe stato interpretato come assenso.

Poi Churchill posa gli occhi su di me.

"Dio, Gwyneth, finalmente. Dobbiamo andare"

Anche la sconosciuta si volta, in un adorabile turbinio di capelli rossi.

Mi sorride, e mi ci vuole tutto il mio impegno per non crollarle ai piedi e baciarle le scarpe.

"Allora ciao, Churchill. Spero potrai occuparti della questione" dice poi, baciando sulla guancia quello che ora mi sembra l'essere più fortunato della Terra.

"Contaci, Cherry"

Aspetta che l'incantevole angelo sparisca, prima di rivolgersi nuovamente a me.

"Te lo giuro, Courtney, non potresti avere un'espressione più stupida neanche se ci provassi".

Mi riscuoto.

"Di cos'è che devi occuparti?"

Churchill scrolla le spalle, disinteressato.

"Piccole liti. Jane e la sua coinquilina non vanno d'accordo. Vogliono un mediatore"

"Le puoi dire che è libera di trasferirsi in camera nostra. Se serve, anche cacciando te a calci" commento, accendendo una sigaretta.

Ne porgo una anche a lui, che sorride.

"Per il tuo bene, Sarah, fingerò di non aver sentito"

Attendiamo l'autobus, che ci raccoglie dalla strada qualche minuto dopo.

Il tratto è breve, e Churchill si infila tra i vicoli e le auto come se la città gli appartenesse.

Lo seguo a fatica, senza avere la possibilità di godermi il primo vero sguardo a Cambridge.

Arriviamo di fronte alla Chiesa di St. Mary the Great, che mi sembra di riconoscere dalla bella facciata chiara e dalla alta torre campanaria, e mi chiedo se Churchill sarebbe disposto a farmici entrare solo per qualche secondo.

Non ho il tempo di aprire bocca che mi ha afferrato per il braccio, costringendomi a camminare più velocemente.

Lo prendo per un no.

"Esther, amore, ti porterò a fare la turista quando avremo tempo da perdere"

Per l'appunto.

Ci fermiamo solo una volta arrivati a Market Square.

Lo spiazzo è invaso di bancarelle colorate, e la gente avanza pigramente dall'una all'altra come api sui fiori.

Non provo neanche a chiedere perché siamo qui, e mi limito a seguire docilmente la schiena di Churchill di fronte a me.

Si ferma di fronte a quello che sembra essere il negozio di un gioielliere.

"Buongiorno, Tom" dice, e la nostra entrata è accompagnata da un profondo scampanio.

L'uomo sorride, alzandosi in piedi per stringergli la mano.

Porta ancora sull'occhio la piccola lente tipica del mestiere, ma si affretta a rimuoverla.

"Bentornato, Churchill. Ti serve qualcosa?"

Lascio che discutano, dato che nessuno dei due fa caso a me, e mi perdo a osservare le creazioni di Tom.

Mio padre comprava sempre dei gioielli alla mamma, ed erano sempre costosi e incredibilmente freddi.

Credo lo facesse per compensare il fatto di essere così poco presente in famiglia, ma in ogni caso lei aveva sempre la stessa reazione.

Mormorava che era bellissimo e che era così felice da non saperlo esprimere a parole.

Non la ho mai vista indossare quei gioielli.

"Lexie" mi richiama Churchill, facendomi sussultare.

Mi volto verso di lui.

Ha in mano un anello, semplice, una fascia di lucido argento.

"Provalo" mi dice.

Inarco le sopracciglia.

"Potresti almeno metterti in ginocchio" gli suggerisco.

Sbuffa, ma si sta sforzando per non sorridere.

"Meno dramma, Loretta. Voglio vedere come sta su una mano che non sia la mia"

Lo accontento, infilandolo sul medio.

Churchill studia attentamente le mie dita, poi mi fa cenno di restituirglielo.

"D'accordo. Mi ci vorrà un po', Kathleen. Se preferisci puoi dare un'occhiata fuori, nel frattempo"

Non me lo faccio ripetere due volte.

Mentre aspetto Churchill, ho il tempo di curiosare tra le creazioni degli artigiani e i prodotti biologici che affollano le bancarelle, e di bere un caffè terribilmente amaro.

Fa meno freddo, rispetto a stamattina, e il sole illumina la mia pelle bianca e il rosso dei mattoni in un bagno di splendore.

Tutto sembra bello e sereno, e mi rendo conto di non essermi mai sentito così ad Oxford.

"Ti senti a tuo agio con il creato, Samantha?"

"Qualcosa del genere" ammetto, "Potrei mettermi ad abbracciare gli alberi"

"Finché non abbracci me, va bene" mi concede Churchill, magnanimo.

I suoi capelli risplendono di riflessi ramati che non ho mai notato, e neanche i suoi modi mi impediscono di stringergli un braccio intorno alle spalle.

Gli scompiglio i capelli con le nocche, per il solo gusto di dargli fastidio.

E Churchill ride.

Non mi minaccia di morte neanche una volta, e io mi sento autorizzato a lasciare il braccio attorno a lui ancora un po'.

"Perché ti conoscono tutti? Voglio dire, capisco gli studenti. Ma quell'uomo?"

Sento le spalle di Churchill alzarsi appena sotto il mio tocco, come in un moto di orgoglio.

"Niente di che. Lo ho aiutato con una rapina"

È volutamente vago, vuole che gli ponga più domande ma non vuole sembrare troppo pieno di sé.

"Non farti pregare" lo prendo in giro.

Stiamo camminando lentamente, e alla nostra destra c'è di nuovo la bella Chiesa che mi aveva incuriosito.

Non la degno neanche di un'occhiata.

"D'accordo, Mildred. Dei ragazzi hanno rubato alcuni dei suoi gioielli, rompendogli la vetrina. Se ne è parlato anche da noi, perché si sospettava fosse uno studente. Ci ho messo tre giorni a scoprire chi fossero i responsabili, e li ho costretti a restituire tutto e pagare per quello che avevano danneggiato. In cambio, Tom ha deciso di non denunciarli e ha con me un debito di gratitudine"

Sta aspettando le mie lodi, lo sento, e proprio per questo rimango in silenzio.

Churchill, ovviamente, lo capisce al volo.

Sorride, divertito, e si spinge contro di me per farmi perdere l'equilibrio.

"Stiamo tornando a casa?" chiedo, lasciandolo andare.

Non ho mai chiamato Oxford casa.

"No, Faith. Stiamo andando a studiare con gli altri" spiega, riavviandosi i ricci con le dita, "Sono nel parco"

Arriviamo nell'erba che fronteggia il New Court, il nostro dormitorio, che Phineas e Shiva sono già immersi nei libri

Arriviamo nell'erba che fronteggia il New Court, il nostro dormitorio, che Phineas e Shiva sono già immersi nei libri.

Shiva, in particolare, accoglie il mio arrivo con un sospiro di sollievo.

"Per fortuna, Cassius. Ho preso un dizionario anche per te, in biblioteca. Aiutami"

Lo ringrazio, sedendomi accanto a lui.

La Tartaruga ci ha imposto di tradurre venti righe da Cesare, per domani, e Shiva ha già talmente tante cancellature sul suo quaderno che il foglio sta cadendo a pezzi.

Sfoglio il dizionario, spiegandogli come costruire le frasi.

Mi è sempre piaciuto tradurre.

Mi piace la sensazione tattile delle pagine che mi scorrono tra le dita, il movimento rapido degli occhi quando devono scorrere la pagina alla ricerca del senso concreto della frase, la selezione del significato più adatto, il sottile lavoro di ricostruzione di ciò che qualcuno, migliaia di anni fa, aveva voluto dire.

"Ho iniziato bene, credo" si difende Shiva, "C'era tutta una bella storia di combattimenti e onori. Poi qualcosa è andato storto"

Controllo velocemente il suo lavoro.

"Sì, non credo che Cesare onorasse la dea Giunone presso un porcile" gli faccio notare, sorridendo.

Sento Phineas e Churchill ridacchiare.

"D'accordo, molto divertente" riconosce Shiva, "Sono un idiota. Proseguiamo"

Apro il dizionario, puntando il dito su un lemma.

"Ara, altare. La frase è 'Onoravo la dea Giunione presso un altare'" lo correggo, dolcemente, "Ti sei confuso con hara. Non sei un idiota, ma devi fare attenzione"

Shiva mi sorride, e torniamo a tradurre insieme.

Come credevo, non è che sia incapace, è che perde facilmente la pazienza e tende a dimenticare e confondere i significati che ha cercato un attimo prima.

Finisco qualche minuto prima di lui, e lascio che si prenda il suo tempo per terminare le ultime righe che gli mancano.

Lancio uno sguardo distratto a John, che è sdraiato di fronte a me, con la gamba sinistra ritratta e l'altra sollevata, la caviglia destra posata sul ginocchio.

Legge un libro di storia moderna, come mi pare di capire dal titolo, tenendolo sollevato come la prima volta che lo ho visto.

È troppo concentrato per far caso a me, quindi torno a Shiva, che mi porge diligentemente la sua traduzione.

Faccio qualche correzione, ma sono poche e lui ne sembra estremamente fiero.

"Come è andata la tua giornata da macellaio, Phineas?" chiedo poi, abbandonandomi finalmente sull'erba, a pancia in su.

Lo sento ridere, "Bene. Ho tenuto in mano un cuore umano ed è stato fottutamente schifoso ed emozionante"

La voce di Churchill è calma e priva di malizia quando interviene:

"Potresti portarmelo. Lo metterò in un barattolo accanto a quello di Rachel"

Non devo guardarlo per capire che sta accennando a me.

"Glielo ho rubato ieri sera, un complemento d'arredo adorabile"

Se lo dicesse qualcun altro, probabilmente mi arrabbierei e difenderei la mia salda eterosessualità.

Ma Churchill lo dice con leggerezza, senza cattiveria, e non riesco a offendermi.

"È un bugiardo" mi limito a commentare, "Oggi mi ha chiesto di sposarmi"

Shiva ride, "È stato romantico?"

"Certo. Ha tirato fuori l'anello e tutto il resto, poi si è inginocchiato e ha detto che è un vero stronzo, che si rende conto di esserlo e lo fa solo per compensare le sue ridicole dimensioni. Si è anche dovuto asciugare qualche lacrima, mentre singhiozzava e giurava che per me sarebbe stato migliore di così" invento, sbattendo le ciglia con aria sognante.

Gli altri ridono, Churchill ha una smorfia disgustata sul viso.

"Molto carino, Odette" mi interrompe, "Se non altro, dato che si parla di anelli, ho l'occasione di darvi il mio regalo"

Fruga nella tasca del cappotto, estraendone una bella scatola rossa.

"Volevo darveli stasera, ma immagino che Janice abbia rovinato la mia sorpresa"

Gli anelli, della stessa fattura di quello che ho provato oggi, sono quattro, lucenti e bellissimi.

E tutti presentano la stessa iscrizione: Audentes fortuna iuvant.

L'idea che Churchill sia capace di un pensiero così dolce mi fa mancare il respiro per un istante, e vedo che anche Phineas e Shiva sono sconvolti.

L'interessato se ne accorge, naturalmente, e inarca appena un sopracciglio.

"Vanno sulle dita, signorine" ci prende in giro, seccato, e indossa il suo, infilandolo sul medio.

Ci affrettiamo a fare la stessa cosa, rimirandoci le dita.

Phineas abbraccia brevemente Churchill, e anche se il secondo lo nasconde bene, noto che entrambi hanno gli occhi un po' lucidi.

"Lo fate sembrare un funerale" borbotta infatti, scostandosi.

Shiva ride, tirandogli un colpetto gentile.

Torniamo a studiare, scambiandoci qualche parola nelle pause e consumando decine di sigarette.

Per tutto il tempo il mio pollice continua a carezzare la ruvida incisione, come a volerla imprimere sul polpastrello.

Churchill mi sorride attraverso il fumo della sua sigaretta.

Ricambio, e il mio sguardo si sposta sui lunghi capelli di Shiva, ora legati in un'improbabile crocchia, e poi sugli occhi chiari e trasparenti di Phineas, pieni di gentilezza.

Il mio pollice preme con più forza sulla superficie fredda dell'anello.

Qualsiasi cosa decida la fortuna, qualsiasi sarà il nostro destino.

Noi, adesso, ci apparteniamo.
 

Note

Ma quanto è lungo questo capitolo? Vi sto viziando.

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