Natale in famiglia

di striscia_04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


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Giorno: 18 dicembre
N. pallina: 3
CITAZIONE: Non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi trovi intorno. (Stephen Littleword).
SITUAZIONE: A adora le canzoni di Natale ma è stonato come una campana. B (C,D...) non ha il coraggio di dirglielo.
PROMPT: Foto

Con delicatezza, stando attenta ad infilare la forcina nel corto e minuto rametto del vasto albero, portò indietro le mani allentando la presa sull’estremità rotonda della rossa e luccicante pallina di plastica.
Quando fu sicura che l’oggetto era ben agganciato all’abete sorrise rimirando il suo capolavoro completo: lo splendido e gigantesco albero di Natale troneggiava maestoso al centro della sala.
L’albero risplendeva di luce propria prodotta sia dalla marea di lucine rosse e verdi, che lo decoravano da cima a fondo, sia grazie alle lunghe ghirlande rosso acceso che lo attorniavano, sia per sua naturale struttura e colore, - il verde scuro dei rami di quell’abete addobbato o meno le mettevano sempre addosso buon umore. Come se solo la vista della pianta rappresentasse in sé l’essenza stessa della festa e tutte le gioie che ne derivavano-.
“Ehi mamma!” la voce acuta e allegra di un ragazzo riecheggiò in tutta la casa, mettendo fine a quella magica atmosfera di contemplazione. Ma Levy non ne percepì affatto la mancanza, solo sentire il suono della voce di uno dei suoi bambini era immensamente più bello e soddisfacente di ammirare il completamento del suo lavoro.
“Dimmi Gale, tesoro, hai bisogno di qualcosa? Boruto e Nora si sono svegliati?” chiese Levy, mentre un sorriso di ammirazione le illuminava il viso alla vista del suo secondo figlio, che con indosso i suoi spessi occhiali, un maglione verde, - che lei stessa gli aveva fabbricato proprio pochi giorni prima-, un paio di pantaloni spessi, e con i capelli color pece, che presentavano la sua stessa acconciatura e che non tenuti da alcuna fascia solevano svolazzare a destra e sinistra ad ogni suo movimento.
Il ragazzino poggiò con delicatezza sul pavimento tre scatole di cartone e ricambiando il sorriso a sua madre digrignò i denti mostrando i prominenti canini.
“Tranquilla mamma, quei due dormono come ghiri. Sono solo venuto a dirti che ho finito di decorare la cucina con gli addobbi e che ho messo la ghirlanda alla porta.”
“Grazie mille amore sei stato gentilissimo ad aiutarmi.”, “Figurati è stato un piacere, sai che mi piace passare del tempo con te.”
Poi portando lo sguardo oltre la figura di sua madre scrutò con interesse il magnifico abete tutto illuminato da migliaia di luci, angioletti di creta, palline di plastica colorate e la grande stella luccicante, che poggiata sulla punta della pianta, le dava un che di regale.
“Quest’anno ti sei superata con l’albero.” sorrise, mentre si specchiava in una delle palline dorate.
“Volevo che fosse il più bell’albero di Natale di tutti! Questo è il primo Natale dei tuoi fratellini e quello che passeremo tutti e sei come una grande famiglia.”
“Volevi dire sette.”, “Ops, che sciocca che sono, non posso scordarmi di Lily.” disse portandosi una mano alla bocca, in un chiaro segno di imbarazzo, “A proposito, dov’è andato?”
“Dietro a papà e ad Emma. Ha detto che conoscendo quei due era rischioso lasciarli uscire insieme a fare acquisti. L’ultima volta che sono andati a fare la spesa al mercato per poco non distruggevano lo stand del pescivendolo, senza contare che hanno raso al suolo quello della frutta e verdura, del genere alimentare, la parte addetta agli assaggini grat…” si interruppe scorgendo sul volto della madre un’espressione imbufalita.
A quanto pare il ricordo di quel giorno era ancora vivido nella sua memoria, e a giudicare dall’espressione accigliata, dai pugni contratti e dall’ombra demoniaca che le aleggiava intorno Gale comprese che se non voleva far di nuovo dormire sua sorella e suo padre in giardino doveva cambiare subito argomento.
“Ehm, c-comunque t-tranquilla sono solo andati a comprare dei pigiami per Nora e Boruto, non credo che causeranno chissà quali problemi.”
“Lo spero per loro.” rispose secca la turchina, ed il silenzio calò sulla stanza.
Cercando di scacciare la tensione che si era venuta a creare il ragazzo chiese: “Vuoi venire a vedere le decorazioni che ho messo in sala?”
“Volentieri.”
Stava per alzarsi e seguire il figlio nell’altra stanza quando la porta si spalancò con un gran tonfo, producendo un’eco che si riversò in tutta la casa.
“SIAMO TORNATI!” urlò una voce femminile mentre il suono di due paia di scarponi risuonava sul pavimento.
“Sssh! Zitta!” gli bisbigliò Gale mettendosi una mano sul naso.
“Eh? Si può sapere che vuoi? Togliti di mezzo devo mettere i regali sotto l’albero.” disse una ragazza squadrando il moro dall’alto dei suoi due metri, che la rendevano più alta di lui di almeno dieci centimetri. Oltre a ciò, la ragazza presentava una fisionomia più matura, i fianchi sottili, le spalle larghe, le braccia e le gambe presentavano, anche se coperte dal giaccone invernale, un’ampia muscolatura.
I capelli sciolti all’aria risultavano molto simili a quelli del fratello, almeno per quanto riguardava la capigliatura mossa e arruffata, con le due ciocche ai lati del volto. L’unica cosa insolita era il colore: Emma presentava una colorazione dei capelli tendente al viola scuro.
Sia Levy sia Gajeel si erano sempre interrogati su questo particolare aspetto, che riguardava la loro prima genita, all’inizio l’avevano attribuita ad un’ereditarietà genetica derivante dai loro genitori, poi avevano scartato l’idea proponendo la possibilità che quella particolare colorazione fosse un incrocio delle loro. Alla fine, si erano accordati a sostenere quest’idea.
“Emma, tesoro, abbassa la voce. I tuoi fratelli dormono.” la rimproverò bonariamente la madre. “Scusa mamma, ero solo un po' eccitata perché abbiamo trovato un regalo di Natale fantastico.”
“Davvero e di che si tratta?”
“Questa!” varcò la soglia dell’ingresso con passo magistrale Gajeel, con un sorriso a trentadue denti e con in mano una grande chitarra marrone addobbata con tre fiocchetti rossi.
“U-Una c-chitarra?!” balbettò Gale, mentre il suo volto diventava improvvisamente blu.
“E quella da dove spunta?” chiese la donna, cercando di nascondere una certa preoccupazione nella voce.
“Semplice, l’abbiamo comprata.” disse Gajeel, “E per quale motivo?” si fece sfuggire Gale.
“Cos’è non ci arrivi?” lo canzonò la sorella, “Io e papa abbiamo in programma di fare un concerto di Natale durante la festa, che ci sarà la vigilia alla gilda.”
“COSA!” urlarono madre e figlio perdendo sempre più colore, “Faremo un concerto stratosferico cantando tutte le più belle canzoni di natale!” gioì Gajeel ignorando le facce disperate dei due familiari.
Proprio in quel momento varcò la soglia della sala pure Lily. L’Exceed guardò abbattuto il resto della famiglia poi si poggiò vicino a Levy.
“Cos’è questa storia?!” bisbigliò la maga, “Come hai potuto permettergli di comprare quell’affare! Cosa ci sei andato a fare?!” si fece sfuggire con tono troppo alto Gale.
“Ehi fratellino qual è il problema?” chiese Emma sempre allegra, ma allo stesso tempo curiosa di sapere cosa provocasse il malessere del fratello.
“N-niente, è solo che non credo che quest’idea del concerto sia buona.”
“Perché no?” si intromise Gajeel.
“P-Perché… ehm… perché… perché alla gilda ci saranno un mucchio di spettacoli e non so se ci sarà spazio per la vostra esibizione.”
“Ghi hi hi! Tranquillo figliolo lascia fare al tuo vecchio. Risolverò tutto io!” ghignò diabolico Gajeel, facendo deglutire il ragazzo.
“O-Ok.”
“Bene, allora adesso ci aiutate a finire di preparare la casa?” propose Levy, cercando di allontanare l’argomento scomodo.
“Perché? Non avete ancora finito? Da quel che ho visto mi sembra tutto pronto.” disse Gajeel, “Si, la casa è decorata, ma bisogna finire di preparare la cena, il cibo per la festa e va scaldato il latte per i bambini.”
“Oh, ma per quello c’è tempo.” si lamentò Emma, “La festa è tra sei giorni, è presto per la cena ed i due molluschi dormono.” rise al soprannome che aveva trovato per i due gemellini.
“E poi abbiamo una cosa molto importante da fare. E dobbiamo farla tutti.” disse Gajeel.
“E di cosa si tratta?” chiese Levy, che già intuiva dal sorriso beffardo del marito, che la risposta non le sarebbe piaciuta.
“Semplice, io e Emma ci dobbiamo esercitare nei canti di Natale e voi tre dovete farci da pubblico!”
“CHE COSA!” urlarono Lily e Gale al limite della disperazione.
E mentre Levy guardava sua figlia e suo marito sorridere gioiosi non poté trattenere un sospiro di rassegnazione.
“Ok, forza voi tre sedetevi sul divano.” ordinò il capo famiglia, “Ma io in realtà avrei da finire di fare una cosa…” cercò di defilarsi il ragazzo, ma la sorella lo afferrò prontamente per le spalle e lo spinse con forza contro il mobilio.
“No, tu adesso devi ascoltarci ed applaudire.”
Ascoltarvi ed applaudire, certo come no. Sempre se mi rimarranno delle orecchie con cui ascoltare, anche se preferirei essere sordo piuttosto che sorbirmi quello strazio canoro.”
“Bene siamo pronti.” esclamò la maggiore ridestandolo dai suoi pensieri, mentre Levy e Lily si sedevano accanto a lui, anche loro con un’espressione non tanto convinta.
Gajeel cominciò a strimpellare sulla chitarra e quello fu il segnale per Gale di tapparsi le orecchie.
A NATALE PUOIIIII…” prese a cantare Emma e già i timpani di suo fratello presero a bruciare e il suono della voce sgraziata e stonata gli rimbombò in testa.
La canzone durò un paio di minuti, ma al giovane Redfox parvero interminabili ore, quando quello storpio fatto ad una delle sue canzoni preferite cessò, credette di poter tirare un sospiro di sollievo, ma la chitarra riprese a suonare, questa volta la melodia di Jingle bell, e poi Buon natale, a cui seguì Merry Christmas e altre.
“WHAAAAAAAA!”
“BHUUAAAAAAA!”
Il concerto, per somma gioia del suo pubblico, fu interrotto dallo strillo di due vocine provenienti dal piano di sopra. E tutti si chetarono a quel suono: Emma e Gajeel compresero di averla fatta grossa e stavano per darsela a gambe quando Levy li afferrò per il colletto del giaccone.
“Bene, visto che voi due non avete altro da fare che provare per lo spettacolo perché non andate di sopra e cantate qualche canzoncina a quei due?! Sapete, ci ho messo solo due ore per farli addormentare.”
“S-scusa mamma.”, “D-Dai Levy tranquilla ci pensiamo noi.”
Ed entrambi corsero verso le scale, come se avessero avuto le ali ai piedi.
Il volto di Levy appena scomparvero dalla stanza si rilassò e una risatina si fece largo dalla sua bocca. “Così avranno altro da fare che sturarci i timpani.” disse facendo l’occhiolino al figlio e al gatto, che ricambiarono con un sorriso furbo, ma anche colmo di gratitudine.
“Che dite: mi aiutate a confezionare i regali di Natale per i nostri amici?”
“Volentieri!” dissero i due e prendendo le confezioni che Gajeel aveva poggiato sul mobiletto al limite della sala si diressero in soggiorno. Qui poggiando i pacchi cominciarono a cercare la carta da regalo, la colla, le forbici ed i nastri.
“Allora Gale cosa hai chiesto quest’anno a Babbo Natale?” chiese Lily.
“Tutti i libri della mia serie preferita, sono più di trenta volumi!”
“T-Trenta?!” chiese Levy preoccupata dall’eccessivo costo del regalo, “Si, ma in questo periodo sono in saldo non dovrebbero costare più di trecento Juel.” sorrise il figlio cercando di calmare la madre.
“Guarda che te li avrei comprati anche se fossero costati mille. Non è un problema il costo, non sentirti in colpa per questo.”
“Tranquilla mamma, io sto alla grande e poi quello non è neanche il mio primo regalo di Natale.”
“Oh, quindi c’è qualcos’altro che desideri più dei libri?” chiese Lily sorpreso.
“Di che cosa si tratta?”, “E’ un segreto tra me e Babbo Natale.”
“Uffa, Babbo Natale qui, Babbo Natale qua. Lo sai vero Gale, che Babbo Natale non esiste?” disse Emma che aveva raggiunto il trio solo in quel momento.
“Certo che lo so!” rispose stizzito l’altro, “Ma questo non significa che io non possa ancora riferirmi a lui, come colui da cui ricevo i regali. D’altronde è papà che li mette sotto l’albero.”
“D’accordo, però adesso voglio proprio sapere cosa vuoi oltre a quella montagna di libri.”, “Te l’ho detto: è un segreto!”
“E io voglio saperlo!”, “E io non te lo dico!” gli fece una pernacchia il moro, ma se ne pentì subito dopo, perché la sorella con il pugno tramutato in una lastra d’acciaio lo colpì sul cranio e gli procurò un bernoccolo grande quanto la sua testa.
“Ahiaaaa!” urlò di dolore il ragazzo portandosi entrambe le mani ai lati della contusione.
“EMMA!” la richiamò la madre e la ragazza ebbe un sussulto, “Quante volte ti ho detto che non devi picchiare tuo fratello!”
“Ma mamma ha cominciato lui…”
“Non voglio sentire storie signorina. Chiedi subito scusa a tuo fratello e per punizione questa sera mi aiuterai a cucinare per la festa!”
“Nooo! Ti prego mamma questo no! Cucinare è così noioso e poi io e papà dobbiamo allenarci e provare per lo show. Ti prego, prometto che non lo faccio più.” la implorò la violetta con le mani giunte e gli occhi lacrimosi a cucciolone.
“Poche storie, così imparerai a comportarti bene.”
“E per fortuna questa sera non dovremmo nemmeno ascoltarvi cantare, qualche finestra rotta in meno ed i nostri timpani sani e salvi.” disse l’occhialuto.
Un altro pugno, però, lo stese nuovamente a terra e questa volta gli fracassò gli occhiali e gli fece uscire un ampio rivolo di sangue dalla fronte.
“COME TI PERMETTI DI DIRE CHE SONO STONATA! IO CANTO BENISSIMO! ADESSO TI FACCIO VEDERE!” e afferrandolo per il collo del maglione lo sollevò di peso, con il pugno alzato pronta a fracassargli nuovamente la faccia.
“Oh cavoli, stavolta finisce male.” disse Lily, mentre Levy si preparava ad intervenire e fermare sua figlia prima che rifacesse i connotati a suo fratello.
“Emma non ti azzardare…”
“Si può sapere cosa sta succedendo qui?” chiese Gajeel, entrando nella stanza con in mano due fagotti dove erano avvolti due adorabili pargoletti addormentati, entrambi presentavano una spiccata capigliatura celeste, e sonnecchiavano felici tra le braccia del loro caro papà.
“Come mai li hai portati di sotto?” chiese Levy con un filo di voce, “Stavo cercando di farli addormentare poi ho sentito le urla e sono sceso, nel tratto di strada si sono appisolati.”
“Va bene mettili nella culla.” e subito il marito obbedì.
“Si può sapere cosa ti è successo Gale?” chiese l’uomo vedendo il sangue sulla fronte del figlio e il grande bernoccolo sulla sua testa.
“Chiedilo a lei.” disse il ragazzo con le lacrime agli occhi, mentre indicava con un dito sua sorella che offesa gli dava le spalle.
“Emma, che succede?” chiese nuovamente il padre e questa volta nel suo tono si avvertì una certa dose di rimprovero.
“Mi ha insultato!”, “Capisco, ma non credo sia il caso di ridurlo a quel modo solo perché ti ha offeso.”
“Ha detto che cantiamo di merda! E che siamo talmente stonati che rompiamo i vetri delle finestre!”
“COME OSI MOCCIOSO! È QUESTO IL RISPETTO CHE MOSTRI PER TUO PADRE!” tuonò adirato il mago, e già era saltato addosso al figlio e lo tratteneva a forza sul posto, con il braccio alzato, un’espressione demoniaca dipinta in volto e l’intento di fargliela pagare dopo quel pungente insulto, con Lily attaccato alla schiena che cercava di fermarlo urlandogli: “Gajeel sta fermo! È questo l’esempio che vuoi dare ai tuoi figli?!”
“HIII! MAMMA SALVAMI!” urlò disperato Gale, mentre con tutte le forze tentava di liberarsi dalla presa e cercava di non prenderne ancora.
Tutto quel baccano però, ebbe come conseguenza il ridestare Boruto e Nora, che, come fontane, scoppiarono in lacrime, ancora una volta disturbati durante il loro sonnellino.
FATELA FINITAAAAA!
Il silenzio tornò a riempire la stanza, fatta eccezione per i due gemellini che ancora piangevano come ossessi nella culla.
Tutti si voltarono verso Levy, la turchina li squadrava uno ad uno con una vena pulsante sulla fronte, i pugni chiusi, gli occhi sbarrati e la bocca digrignata, e intorno a lei si levò una preoccupante aura oscura.
“SEDUTI!” tuonò e in un batter d’occhio tutti e tre si fiondarono a sedere al tavolo, continuando a guardarla madidi di sudore e con gli occhietti fissi su di lei.
Quando fu certa che stessero al loro posto la donna prese in braccio i due bambini e poggiandone uno sul braccio sinistro e l’altro su quello destro prese ad allattarli con il biberon, che aveva prontamente scaldato.
I piccoli ciucciarono avidi poi quand’ebbero finito di mangiare, a turno fecero il ruttino e dopo un quarto d’ora di culla chiusero nuovamente gli occhietti.
Per evitare che venissero svegliati di nuovo, la madre con un’occhiata glaciale ordinò al resto della famiglia di andare a sedersi sul divano.
Nessuno aveva ancora osato proferire parola, e tutti aspettavano la sfuriata di Levy, che non tardò ad arrivare.
“Bene, mettiamo subito in chiaro una cosa.” disse avvicinandosi al marito, che la fissava impietrito, “Non osare più alzare le mani su Gale, a meno che non sia un allenamento.”
“Andiamo Levy ho solo perso un attimo la calma e il marmocchio è abituato ci alleniamo sempre e poi è un mago di Fairy Tail è abituato alle risse…”
SBANG
Un pezzo di ferro composto dalla scritta IRON comparve dal nulla e Levy lo piantò immediatamente sulla testa di Gajeel, che non poté far altro se non piegarsi in due dal dolore e portarsi le mani alla testa.
“Non mi interessa se è abituato o meno, tu non ti devi azzardare a picchiarlo!”
“O-Ok.”
“Bene adesso passiamo a voi due.” disse spostando lo sguardo sui figli, che dopo aver visto la scena, per la paura si erano pure stretti in un abbraccio.
“Adesso voi due fate pace, subito!”
I fratelli Redfox si guardarono poi Gale porse la mano alla sorella: “Scusami per quello che ho detto.”, “Non preoccuparti, non fa niente. Scusami tu per la faccia.”
“Bene, ora che è tutto sistemato, Gale tu vieni con me a farti disinfettare, Emma tu porti di sopra i tuoi fratelli e sta attenta a non svegliarli. Per una giornata sola sono stati disturbati fin troppo. Gajeel tu, invece, va a cucinare la cena e Lily, per favore finisci di impacchettare i regali.”
Tutti si dispersero per la casa e si misero a svolgere il compito a loro assegnato.
“Non è vero che siamo stonati.” sbottò Emma una volta tornata al piano di sotto, pronta ad apparecchiare la tavola.
“Certo che non siamo stonati, noi siamo geni musicali e per questo incompresi. Comunque, ti do il mio permesso, chiunque oserà insultarti puoi pestarlo di botte.”
“L’ho fatto poco fa, ma non è finita molto bene.”
“Va bene, facciamo così allora: puoi pestare tutti quelli che ti insultano ad eccezione dei membri della famiglia.”
“Ma allora non posso picchiare nessuno!”
“Che vuoi dire scusa?”
“Voglio dire, che se per esempio il giorno della festa a criticarci sono i maghi della gilda non posso pestarli, anche loro fanno parte della famiglia!”
“Ghi hi hi!” rise dando qualche pacca sulla testa alla figlia, “Loro li puoi picchiare perché tanto sono resistenti e poi perché sono dei rompi scatole.”
“Hai ragione e poi Gale è un pappamolle frignone; quindi, non c’è nemmeno gusto a fare a pugni con lui.”
“Sono d’accordo con te.”
“Io vi consiglio di rigare dritto e di lasciar stare il ragazzo, sempre che non vogliate finire a dormire nuovamente fuori.” li rimproverò Lily.
“Uffa, ma tu zitto non ci sai stare?”
“Lily.” gioì Emma abbracciando il gatto nero, arrivando quasi a soffocarlo, “Tu pensi che siamo fantastici come duo canoro, vero?” chiese con gli occhi illuminati di speranza.
“C-Certo siete bravissimi.”
 
Poche ore dopo tutta la famiglia era allegramente seduta al tavolo a consumare la cena e a discorrere del più e del meno, quando ad Emma tornò in mente l’argomento che aveva iniziato la discussione.
“Adesso vuoi dirmi cosa hai chiesto come regalo di Natale?”
“Beh, visto che siamo tutti qui, posso anche rivelartelo… Non ho chiesto niente.”
“Come scusa?”
“Esatto, non voglio niente. Non mi servono regali sotto l’albero per essere felice a Natale mi basta condividere questa festa con chi mi vuole bene, cioè la mia famiglia.”
“E’ proprio un bel pensiero.” sorrise Levy, “Già, davvero maturo.” disse Lily.
“Bravo il mio ometto.”
Tutti ridevano e si congratulavano con lui ad eccezione della sorella che, invece, lo guardava scura in viso.
“Cosa c’è? Ho detto qualcosa di male?”
“No, ma figurati.” rispose acida l’altra, “E io che mi ero pure impegnata per trovarti un bel regalo, ma visto che non ti interessano le cose materiali allora non te lo do.”
“Eh! Aspetta, è vero quello che ho detto, ma…”, “Eh no, bello mio, adesso la parola non te la rimangi.”
“Va bene, ma per lo meno dimmi che cos’era.”
“Sicuro di volerlo sapere?”
“Certo!”
“E va bene, allora te lo dico: volevo cantarti tutto d’un seguito il mio intero repertorio natalizio!”
“NO! TUTTO MA QUESTO NOOO!” urlò Gale mettendosi a correre per tutta la casa, con Emma che lo inseguiva gridando: “Appena ti prendo ti massacro, ti lego e ti costringo a sentirmi cantare fin quando non ti sanguineranno le orecchie!”
“TI PREGO, ABBI PIETA’!”
“VIENI QUI!”
“Uff, ma perché devono sempre fare così?” si lamentò Levy.
“Perché sono figli di Gajeel e quindi lo hanno nel sangue questo tipo di carattere.” disse Lily sorridendo.
“Come ti permetti!” protestò il diretto interessato.
“Beh, lasciamo perdere. Ormai ho rinunciato ad avere una vita domestica tranquilla e normale.”
“Non dovevi sposarmi se volevi una vita tranquilla.” rise il moro, e gli altri due sospirarono rassegnati.
“Speriamo che quei due crescano più tranquilli.” disse Lily riferendosi ai gemelli seduti al seggiolone. Ma le sue speranze furono ben presto contraddette, perché degli schizzi di latte gli finirono in faccia e due risatine si levarono nella stanza.
“Ghi hi hi! Penso che questo risponda alla tua domanda.”
“Sapete, penso di averlo trovato!” esclamò Levy all’improvviso.
“Che cosa?” chiesero gli altri due,
“Il modo perfetto per celebrare queste prime feste di Natale come una grande famiglia. Chiamate quei due, per favore.” disse e si alzò diretta in soggiorno.
Arrivata davanti ad un canterano aprì un cassetto e prese una macchina fotografica, nello stesso istante Gajeel e Lily erano impegnati a salvare Gale dalle grinfie di sua sorella.
Quando tutti furono riuniti nel soggiorno Levy poggiò la macchina fotografica sull’apposita portantina e disse raggiante: “Facciamo una bella foto di famiglia! Non ne abbiamo ancora fatta una tutti insieme.”
L’idea piacque a tutti e presi i gemelli: Nora in braccio a Gajeel e Boruto a Levy; si sistemarono davanti all’obbiettivo e sorrisero.
La foto venne poggiata sul canterano, in un bel portaritratti comprato proprio qualche giorno prima. L’immagine ritraeva in primo piano i due fratelli, con Lily strapazzato nel solito abbraccio di Emma, dietro c’erano i loro genitori con i rispettivi gemellini in collo. Sul volto di tutti era dipinto un sorriso armonioso.
Quello sarebbe stato uno splendido Natale in famiglia.
 

Nota d’autore: salve a tutti! Questo è il primo capitolo di questa mia storia. Devo essere onesta: sono leggermente nervosa! Non ho mai partecipato ad un evento, e quindi essendo la prima volta spero di essere riuscita a creare qualcosa di decente. XD
Per il resto ho approfittato di questa possibilità per scrivere un’altra fiction sulla Next generation. Avevo già tentato in precedenza di scrivere qualcosa sui figli di Natsu e company, ma il risultato non mi aveva soddisfatto e quindi avevo accantonato l’idea.
Poi mi è tornata l’ispirazione e ho deciso di prendere due piccioni con una fava, cioè ho deciso di adattare i personaggi all’evento, e questo è il risultato.
Spero possa piacere.
Parlando del capitolo, io mi immagino la famiglia Redfox come composta dai due fratelli più grandi: Emma e Gale e poi i gemellini.
Per i nomi ho deciso di utilizzare per quelli più grandi i classici nomi attribuiti dai fan, mentre per i gemelli mi sono discostata e ho deciso per conto mio (non mi piacciono quelli che gli vengono affibbiati, sono impronunciabili!)
Comunque, questo è il primo capitolo spero vi piaccia e vi strappi almeno una risatina.

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


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Giorno: 19 dicembre
N. pallina: 2
CITAZIONE: A Natale dovremmo essere più bravi, non più stupidi! (Carl William Brown)
SITUAZIONE: A crede ancora a Babbo Natale, toccherà a B svelargli/le la verità.
PROMPT: Biscotti

Afferrandola per il manico si portò la tazza alla bocca, e subito la leggera vampata di calore gli inebriò il volto. Soffiò per raffreddarne il contenuto prima di poggiare le labbra sul bordo e risucchiare una discreta quantità di liquido. Esso gli riempì le guance e gli procurò un’irresistibile sensazione di piacere e calore: la bevanda dolce e tiepida fu sospinta, dalla lingua, in tutta la bocca così che ogni piccola parte di essa potesse gustarsela, dopodiché la ingoiò, beandosi del calore che iniziava a trasmettergli in tutto il corpo.
Sì, era proprio un perfetto pomeriggio per rimanere seduto in casa, al calduccio sotto una morbida coperta di Pail a sorseggiare una gustosa cioccolata calda.
Non che lui avesse bisogno necessariamente di riscaldarsi, non soffriva il freddo grazie alla sua condizione di essere inumano, ma non per questo non gradiva i confort del mondo terreno o non provava sensazioni come la gioia o la pace.
Si sorprese come un semplice liquido composto da cioccolato fuso e marshmallow potesse infondergli tutta quella serenità e quella calma. Ma forse non dipendeva solo da quello, tutto in quel periodo riusciva a mettere allegria, dalle decorazioni appese in tutta casa, al meraviglioso albero di Natale che troneggiava in salotto, alla prima neve d’inverno, che aveva deciso di scendere proprio quella mattina, al fatto che in quel periodo di festa ci fosse veramente un qualcosa di magico che rendeva tutto il mondo più bello e felice.
E pensare che un tempo non avrebbe creduto di ritrovarsi a festeggiarlo ancora, non pensava gli fosse possibile vista la brevità della sua vita e la fatica di riuscire a rimanere ancorato a quel mondo, che ogni giorno tentava di rendere vani i suoi sforzi e contro cui ogni giorno lottava per rimanere ancora in vita.
Era stata una dura lotta, perpetrata negli anni, in un luogo che non gli apparteneva, impossibilitato a tornare a casa, con solo i suoi sensi di colpa a fargli compagnia e a ricordargli ogni giorno che lui il diritto a continuare a vivere non lo meritava, che era lui la causa delle sue stesse sofferenze, che non importava quanto le sue azioni fossero state a fin di bene: aveva ignorato e volutamente infranto le regole e doveva pagare!
A pensarci adesso si chiedeva dove avesse trovato la forza per resistere e combattere contro la propria non esistenza, che si faceva sempre più vicina. Quando si era unito a Fairy Tail le cose erano migliorate, stare in un luogo dove si sorrideva, in mezzo ad un branco di casinisti combina guai aveva alleviato di molto la sua pena; ma certo non l’aveva cancellata.
Poi però tutto era cambiato, l’aveva incontrata, ne era stato semplicemente terrorizzato, -aveva temuto che scoprisse la sua vera identità, che cominciasse a fare domande, ma soprattutto temeva la sua vicinanza perché le ricordava troppo il suo passato, e lui era finalmente riuscito a voltare pagina-.
Si era chiesto perché, proprio in quel momento quando la sua vita stava per finire era dovuta comparire quella ragazza dai lunghi capelli biondi, con gli occhi color nocciola e un sorriso raggiante; l’ennesima beffa del destino.
Eppure, era stata proprio quella maga degli Spiriti Stellari, che con il suo amore verso di loro era riuscita a riscrivere le leggi che governavano il loro Mondo e a dargli una seconda possibilità.
Se adesso lui, Leo o Loki, come lo chiamavano gli amici, poteva dire di aver ripreso a vivere sia come persona sia come Spirito il merito era solo di Lucy.
L’aveva aiutato, non si era arresa di fronte al divieto imposto, non lo aveva giudicato colpevole della morte di Caren, ma lo aveva supportato e perdonato. Lo aveva incitato a vivere e lo aveva riportato a casa.
Loki gli sarebbe stato sempre fedele, grazie a lei non solo la sua vita era ricominciata, ma lui non avrebbe potuto desiderare una padrona migliore.
Era quindi stato felicissimo quando si era sposata e aveva messo su famiglia, - certo prima del matrimonio aveva pianto fiumi di lacrime e raccontato una marea di stupidaggini sul perché lui fosse un marito migliore di Natsu, ma alla fine aveva smesso, non poteva continuare a fingere di non essere felice per la sua amica-.
Perché lo era veramente e lo sarebbe sempre stato. Era felice di poter essere uno Spirito Stellare con una padrona tanto buona e compassionevole, -forse un po' marrana, qualche scappatella gliela poteva perdonare ogni tanto-.
Era felice di poter vivere in quella bella casetta vicino Magnolia con la sua padrona, ed era felice di essere considerato parte integrante della famiglia.
Teneva a tutti quanti da Natsu e Lucy, ad Happy e Charle, ai suoi fantastici nipotini.
Si, perché era diventato zio!
Quell’idiota di Natsu che per certe cose era proprio un babbeo era riuscito non solo a sedurre Lucy, -Loki ancora si interrogava su come ci fosse riuscito-, ma ancor più titanica doveva essere stata l’impresa di spiegargli come far nascere i bambini e trascinarlo a letto.
Chissà, forse una volta compresa la procedura era stato pure felice di attuarla, e Loki di questo era ancora un po' geloso. Quello stolto che non sapeva neanche cosa volesse dire flirtare era riuscito nella magna impresa di non avere un unico figlio, ma ben due!
Per prima era nata Nashi: era una ragazzina adorabile, la copia sputata di sua madre, almeno in volto, perché per il resto aveva ereditato dal padre sia i capelli rosa sia quel carattere battagliero, focoso e attaccabrighe.
Ultimamente da quando era entrata nella fase adolescenziale era intrattabile, bastava una parola e ti ritrovavi un artiglio infuocato stampato in faccia e un viaggetto al pronto soccorso non te lo toglieva nessuno.
Loki lo aveva imparato a sue spese quando una volta aveva provato a convincerla ad indossare un vestito un po' più femminile. Certo, si aspettava rifiutasse, ma non che bruciasse il suo regalo e con un pugno scagliasse lui fuori di casa, a finire con la testa conficcata nel tronco di un albero.
Poi era nato Nash, per lui lo Spirito del leone aveva sempre dimostrato un’attenzione maggiore. Il motivo era principalmente uno: il piccolo non aveva ereditato la magia paterna e non sembrava portato per apprenderla, così Lucy aveva deciso di insegnargli la sua e lui era stato ben felice di fargli da mentore.
Piano piano si erano avvicinati e Leo doveva ammettere che stare con quella copia di Natsu in miniatura dai capelli biondi gli piaceva tanto.
Nash era un ottimo allievo: attento, coscienzioso e sempre disposto ad imparare cose nuove. Era anche molto intelligente per la sua età e dotato di un’ottima attitudine con la magia degli Spiriti, al punto che all’età di soli sei anni era in grado di evocare ben due portali dello Zodiaco.
Si chiedeva cosa sarebbe stato in grado di fare quando fosse cresciuto.
Ma non era solo la magia ad averli avvicinati, con Nash poteva parlare di qualunque cosa; quindi, anche argomenti un po' più ‘spinti’ erano oggetto di molte conversazioni.
Il bambino aveva subito mostrato attenzione a tali discorsi al punto che lo aveva supplicato di insegnargli ‘l’arte della conquista del gentil sesso’.
Lui era stato riluttante a spiegarglielo, ma l’altro aveva così insistito che alla fine non era stato in grado di dirgli di no. Ne aveva chiaramente pagate care le conseguenze e aveva capito che il tempo passato come madre aveva reso Lucy, si una donna ancor più attraente, ma anche molto più spaventosa.
Aveva ancora gli incubi di quando lo aveva richiamato e aveva preso a rincorrerlo per tutta la casa con in mano un ventaglio gigante, che poi gli aveva fracassato sulla testa.
Sorrise, nonostante il ricordo non fosse molto piacevole e tornò a degustarsi la cioccolata.
“ZIO LOKIII! BUAAAH!”
Il silenzio e la calma scomparvero quando la minuta figura dai capelli d’oro appuntiti varcò la soglia della cucina e si fiondò in lacrime sul petto dello spirito, rischiando di farlo strozzare e di fargli rovesciare la bevanda.
Fece forza su tutto il proprio autocontrollo e riuscì ad ingoiare, mentre poggiava la tazza sul tavolo.
“Coff… Coff… N-Nash, si può sapere che ti prende?”
“BUAAAAH! Nashi… whaaa!... Ha beddo de non desisde… BUAAAAAAAAHHHHH!”
Richiamata dagli strepiti e dal pianto anche Lucy si fiondò in cucina, e preoccupata si avvicinò al ragazzo che teneva in braccio il suo bambino ancora in lacrime, nonostante il suo zietto cercasse in tutti i modi di calmarlo.
“Che succede? Perché piange?”
“Non ne ho idea. Non vuole dirmelo.”
Preoccupata Lucy si chinò in modo tale che la sua testa fosse alla stessa altezza di quella del figlio: “Nash, tesorino, che succede? Perché piangi?”
“MAMMA!” urlò il piccolo avvinghiandosi con le manine al collo della madre, che prontamente lo sollevò mettendoselo in collo.
“Allora, vuoi dirmi cosa ti è successo che ti ha fatto piangere a questo modo?” chiese una volta che il piccolo si fu sfogato.
“Sing… sing… è golpa de Nashi!”
“Colpa di Nashi? Perché, cosa ti ha detto tua sorella?”
“Ha detto che… ha detto che… ha detto che Babbo Natale non esiste! Buaaah!”
“Su, su non piangere Nash.” cercò di consolarlo la madre, mentre con gli occhi inviava un messaggio di aiuto a Loki.
“Sicuro di non aver capito male?” chiese quest’ultimo.
“NO! Lei ha detto questo! È una bugiarda! Babbo Natale esiste! È lui che mi porta tutti i regali ogni Natale ed è vero che fa il giro del mondo in una sola notte!”
“Su Nash, adesso cerca di calmarti. Sono sicura che Nashi non voleva farti arrabbiare.” disse Loki. “Zio, ma tu ci credi, vero? Babbo Natale esiste?! E si trova con le sue renne e i suoi elfi alla fabbrica nel Polo nord di Earthland, vero?”
Loki deglutì, sapeva che un giorno quella questione sarebbe venuta fuori, ma sperava che Nash fosse un po' più grande e soprattutto sperava che fossero i suoi genitori a dargli una risposta.
Il silenzio si era impadronito della stanza, e questo non faceva altro che peggiorare la situazione. Sul volto del nipotino poteva scorgere aumentare ogni secondo la delusione e la tristezza, oltre alle lacrime, doveva intervenire in fretta!
“Tesoro ascolta.” si intromise Lucy, “Adesso chiamiamo Nashi e ci facciamo spiegare come mai avete litigato.”
“Ma non avete ancora risposto.” protestò il piccolo, “Una volta chiarito il malinteso lo zio Loki ti spiegherà ogni cosa.”
“NASHI DRAGONEEL! VIENI SUBITO QUI SIGNORINA!” riecheggiò l’urlo adirato di Lucy e subito dopo si avvertì il suono di passi avanzare verso la cucina.
Nashi varcò la porta con un’espressione furente, ma essa si trasformò in preoccupazione quando vide la stessa emozione dipinta sul volto della madre, e istintivamente abbassò la testa.
“Esigo una spiegazione! Perché tuo fratello piange?”
“Perché è un frignone?” rispose la rosata, ghignando e sollevando le mani ai lati del busto in una chiara rappresentazione di scherno.
“Non sono un frignone!” urlò offeso il diretto interessato, “Si che lo sei!” rispose acida la sorella.
“Adesso basta voi due.” disse Loki mettendosi in mezzo ai ragazzi prima che gli venisse in mente di iniziare ad azzuffarsi.
“Tu che vuoi? Non sono affari tuoi zio Loki!”
“Vedi di darti una calmata Nashi.” gli rispose severo l’uomo, ma in tutta risposta ottenne un’occhiataccia.
“NASHI!” tuonò Lucy facendola sussultare, “Esigo una spiegazione! E guai a te se oserai rispondere nuovamente a Loki in quel modo.”
“Tsk, e va bene.”, “Cosa devi dire a tuo zio?” continuò la bionda incrociando le braccia.
L’altra abbassò la testa imbufalita, i pugni contratti e i capelli spettinati che tendevano a sollevarsi leggermente; poi il suo corpo si rilassò, abbassò le braccia e fissando suo zio negli occhi disse: “Mi dispiace zio Loki, scusa.”
“Ecco brava. Ora spiegami cosa hai detto a tuo fratello che lo ha fatto piangere.”
“Quella che dovrebbe piangere sono io!” sbottò la ragazzina fissando furiosa suo fratello, che corse a rintanarsi sulle ginocchia della madre.
“Che vuoi dire?” chiese Leo sorpreso,
“Dico che è colpa di quel mangione se mi sono arrabbiata.”
“Perché, che cosa ha fatto?” domandò Lucy abbassando lo sguardo verso il figlio, che in tutta risposta nascose il volto nel suo seno.
“Avevo impiegato ore a cucinare quei biscotti. Finalmente ero riuscita a farli per bene, mi sono allontanata un attimo e quando sono tornata erano spariti.”
“Nash hai mangiato tu i biscotti di Nashi?” chiese Loki, “Certo che no!” urlò il bambino offeso.
“No, non li ha mangiati! Quello scemo ha pensato bene di fregarmi i biscotti e di metterli su un piatto vicino al camino…”
“Volevo solo offrirli a Babbo Natale!” si difese il biondo, pronto a scoppiare a piangere per colpa dell’insulto della sorella.
“Ecco, appunto sentite qua che scusa ridicola e stupida ha tirato fuori per…”
“Nashi adesso falla finita.” la zittì Lucy, “Ma è vero ha usato questa stupida scusa e sta facendo questa assurda scenata perché non vuole finire nei guai!”
“Nei guai? Che cosa hai fatto Nash?” domandò Loki ormai non troppo sicuro dell’innocenza di suo nipote.
“Vi ho detto che non ho fatto niente, io non lo sapevo!”
“Sapevi cosa?” chiese Lucy.
“Lo vedi mamma che sta raccontando una marea di balle, solo perché non vuole prendersi la responsabilità delle sue azioni!”
“Io non ho evocato Plue, te l’ho già detto, deve essere uscito da solo! Ed è stato lui a mangiare i tuoi biscotti!”
“Ma fammi il piacere! So benissimo che mi hai fregato i biscotti e con il tuo stupido Spirito Stellare te li sei mangiati!”
“Nashi non insultare gli Spiriti in presenza di tuo zio!” gli urlò Lucy e solo in quel momento la ragazzina si rese conto della gravità delle sue parole.
Lentamente, cercando di non farsi scorgere, sollevò lo sguardo verso Leo, che dal canto suo la guardava addolorato e forse un po' offeso.
La rosata si sentì stringere il cuore alla vista di quell’espressione e senza perdere tempo si fiondò su suo zio e lo strinse in un abbraccio.
“Mi dispiace zio Loki non volevo insultarti, non penso che siate stupidi.”
“Tranquilla, lo so. Sei solo nervosa.”
“Si, ed è colpa sua!” disse indicando con il dito il fratello, che dal canto suo si infiammò per l’ennesima accusa.
“Sei tu che dici le bugie! E poi non insultare i miei zietti, sono fantastici e la stupida sei tu!” urlò facendogli la linguaccia.
“Come ti permetti!” gridò l’altra e veloce lo afferrò per la maglietta pronta a picchiarlo, ma sua madre le bloccò il braccio a mezz’aria.
“Ti ho già spiegato che non voglio che picchi tuo fratello.”, “Tanto voi siete sempre dalla sua parte anche quando la vittima sono io! Se ci fosse papà darebbe ragione a me!” disse e scollandosi la mano di sua madre dal polso corse imbufalita verso le scale, le salì a corsa una ad una e giunta al piano di sopra, i tre poterono solo udire la porta della sua stanza chiudersi con un tonfo.
“Uff, perché quella ragazzina è così complicata?” si chiese Lucy,
“E’ solo arrabbiata, gli passerà.” cercò di confortarla Loki.
“Si, ma non può sempre reagire così quando è adirata.”, “Stiamo pur sempre parlando della figlia di Natsu…”, “Guarda che Nashi è anche mia figlia!”
“Lo so, non volevo dire questo… volevo dire che ha ereditato quei tratti del suo carattere, ma sono certo che crescendo si calmerà.”
“Si, ma deve comunque imparare la lezione.”
“Prova a parlarle, forse ti spiegherà perché ci teneva tanto a quei biscotti.”
“Si, adesso vado.”
Lucy uscì dalla stanza e Loki stava quasi per seguirla quando due manine gli si avvinghiarono alla manica dello smoking. Voltandosi vide Nash con le lacrime agli occhi: “Non ho evocato io Plue, è lei che si è arrabbiata. Non è colpa di Babbo Natale se gli piacciono i biscotti.”
Sorrise di fronte a quell’ingenuità tipica dell’infanzia, ma presto esso si afflosciò.
E’ ora di trattare questo argomento. Ormai non si può più nascondere la verità.
“Nash, ti va se ci sediamo e facciamo una chiacchierata?”
Il piccolo però scosse la testa e si fece indietro, “Tranquillo non voglio rimproverarti.” cercò di calmarlo, ma il bimbo continuò ad allontanarsi.
“Lo so.”, “E allora di cosa hai paura?”
“Tu mi dirai quello che mi ha detto Nashi, vero?”
“E cosa ti ha detto tua sorella?”
A natale bisogna essere più buoni, non più stupidi! Ha detto che solo un ingenuo come me poteva credere ancora all’esistenza di Babbo Natale. Che se lo avessi detto in giro Rin e gli altri mi avrebbero preso in giro. E che avrei dovuto portare più rispetto per le sue cose e comportarmi da bravo bambino, e non inventare stupide scuse.
Zio Loki, dimmi la verità: Babbo Natale esiste?”
A quella domanda l’uomo si pietrificò deglutendo, fissò suo nipote cercando di non tradirsi con lo sguardo, ma il bambino ormai aveva capito e dai suoi occhi ripresero a sgorgare fontane.
“BUUUAAHHH! PERCHE’ NON ESISTE?! E CHI MI PORTA I REGALI? E I BISCOTTI CHE GLI PREPARO TUTTI GLI ANNI CHI LI MANGIA? E CHI LEGGE LE MIE LETTERINE?”
“Nash, su cerca di calmarti…”
“NOO! BUGIARDI! SIETE SOLO DEI BUGIARDI! LUI ESISTE E SI TROVA AL POLO NORD E VIVE NELLA SUA BELLA FABBRICA CON LE RENNE E GLI ELFI!”
“Nash, per favore fammi parlare.”
Il piccolo però si portò le mani alle orecchie e prese a gridare: “TANTO NON TI ASCOLTO, NON SENTO! LA LA LA!”
“NASH! Falla finita!” gli urlò Loki, pentendosi subito del gesto: non era il caso che gli si rivolgesse con tono tanto duro, d'altronde era solo un bambino di sei anni.
Nash lo fissò arrabbiato, ma non riprese a piangere, stette zitto e attese l’ennesimo rimprovero. Esso però non arrivò e prima che potesse fare o dire altro fu avvolto in un grande e caldo abbraccio.
“Adesso provo a spiegarmi, prometti che non scoppierai a piangere e che mi ascolterai?”
Il piccolo si separò dall’adulto e scuotendo la testa in segno d’assenzo si mise a sedere sulla sedia.
“Devi sapere che quello che ti ha detto Nashi è vero, ma solo per metà.”
“Che vuol dire?”
“Tu ogni anno ricevi un mucchio di regali, ma essi non vengono prodotti al Polo Nord. I tuoi rigali vengono comprati nei negozi o fatti a mano.”
“Quindi gli elfi di Babbo Natale non esistono?”
“No, non esistono. Così come non esiste un vecchio baffuto di nome Babbo Natale…” vide il volto del bambino scurirsi di nuovo, e fu grato che questa volta riuscisse a non scoppiare in lacrime: “Babbo Natale come lo conosci tu non esiste, ma i tuoi regali li porta effettivamente una persona, questa persona è il tuo papà.”
“Quindi il mio papà è Babbo Natale!” esclamò il biondo con la bocca spalancata, “Diciamo di sì. Tutti i bambini hanno un loro Babbo Natale e avvolte anche una Mamma Natale, che lavorano faticosamente tutto l’anno e durante il periodo di Natale comprano o confezionano i loro regali ai bambini.”
“Zio Loki, ma allora tutti gli anni sono il mio papà e la mia mamma che mi fanno i regali! E le mie letterine che fine fanno?”
“V-vengono lette da mamma e papà, che poi le conservano nei loro studi e da cui possono sapere quali sono i regali che vuoi.”
“Sing… quindi non vengono mai spedite? E al Polo Nord non abita nessuno, e le renne volanti esistono?”
“Più o meno, nei luoghi del nord esiste un particolare tipo di renna, conosciuta come renna artica e una parte di esse possiede sopra il busto un paio di grandi ali con cui possono spiccare il volo, ma nessuna di esse è troppo forte per trainare in volo una slitta.”
“Ok, ma allora perché mi avete preso in giro tutto questo tempo?”
“Non ti abbiamo preso in giro, semplicemente sembrava più magico raccontartelo così.”
“E mi avete preso in giro!” protestò offeso Nash, “Diciamo che abbiamo solo colorato la realtà.”
“E quando avevate intenzione di dirmelo?”, “Quando fossi stato abbastanza grande e pronto ad ascoltarci.”
“Io sono grande! E non sono stupido!”
“Nessuno ha mai detto il contrario.”, “Nashi lo ha detto!”
“Sono sicuro che lo ha detto solo perché era arrabbiata e non lo pensava veramente.”
“Va bene, ma io il Natale non lo festeggio più!”
“Perché?” chiese Leo tra il sorpreso e l’esasperato.
“Perché non ha senso fare tutta questa festa per ricevere dei regali, posso chiedere direttamente ai miei genitori cosa voglio come regalo.”
Loki lo afferrò per le spalle e lo tenne sollevato in aria, guardandolo con serietà, poi sorrise: “Nash, il Natale non sono solo regali. Il Natale è un periodo dell’anno bellissimo e magico. Durante questa festa possono succedere tantissime cose che non ci aspetteremmo e questo perché è un momento che passiamo in famiglia ad aiutarci e a sostenerci, a ridere e scherzare insieme. I regali sono solo una piccolissima parte di questa festa e nemmeno quella più importante. Capisci quello che voglio dire?”
“Credo di sì. Devo farmi perdonare da Nashi per avergli rubato i biscotti, ci teneva tanto, li aveva preparati per papà.”
“Per Natsu?”
 
Lucy bussò alla porta della figlia: “Nashi sono io. Posso entrare?”
Non udì alcuna risposta, ma poggiando la mano sul pomello si rese conto che non era chiusa a chiave.
Aprendola leggermente, abbastanza da permettergli di entrare, prese a scrutarsi in torno alla ricerca della figlia. La vide girata di spalle, verso il muro, seduta sul suo letto mentre fissava il cielo nuvoloso dalla finestra.
“Possiamo parlare?” chiese Lucy, ma ancora niente.
“Nashi, andiamo non puoi fare tutte queste storie per dei biscotti. Se vuoi possiamo scendere e rifarli insieme.”
“Volevo regalarli a papà.” bisbigliò la rosata e Lucy si sentì gelare.
“Oh Nashi, perché non me lo hai detto?”
“Doveva essere una sorpresa, papà finalmente stasera torna a casa dopo un anno e io volevo preparargli qualcosa di speciale. Ci ho messo giorni per cercare tutti gli ingredienti utili per preparare i Biscotti Ignei, sai quelli che appena li mangi ti va a fuoco la bocca?! A papà piacciono tantissimo e io volevo prepararglieli con le mie mani, ma quello stupido ha rovinato tutto!”
“Su, non fare così.” cercò di consolarla la madre sedendosi accanto a lei, mentre con una mano gli carezzava la testa. “Sono sicura che tuo fratello non voleva mancarti di rispetto.”
“Ma lo ha fatto, e oltre tutto mi ha preso pure in giro! Non posso credere che alla sua età creda ancora a Babbo Natale!”
“Tesoro Nash è diverso da te, ha le sue idee, i suoi sogni e non è giusto che tu lo critichi se crede in qualcosa di diverso da te.”
“Ma quello in cui crede non esiste!”, “Lo so, ma non ha senso accanirsi contro di lui per questo motivo. Tuo fratello non fa nulla di male se mette i biscotti vicino al caminetto, se scrive la letterina o se aspetta fino a sera che Babbo Natale scenda dal camino. Anche tu lo facevi alla sua età.”
“Ed ero un’illusa!”, “Perché dici così?”
“Aspettavo tutta la notte l’arrivo di un vecchio inesistente, che tanto non esaudiva mai il mio desiderio! È ovvio che abbia smesso di credere in lui!”
“Di che parli Nashi, cos’è che non hai mai ricevuto?”
“Ogni anno, anche se non lo scrivevo io volevo solo una cosa: volevo stare tutti i giorni con papà, volevo che non se ne andasse chissà dove e sparisse per mesi. E poi quando tornava uno-due mesi e poi via di nuovo. Io volevo solo che lui rimanesse con me, ma non succedeva mai!”
“Perché non me lo hai mai detto?” chiese Lucy, “Voi avete sempre avuto tante cose da fare e poi mi vergognavo!”
“Ti vergognavi?”, “Si, mi vergognavo! In confronto a Reiki o a Drake o Star, il mio papà è sicuramente più presente, non mi sembrava giusto lamentarmi!”
“Oh, tesoro.” disse Lucy con gli occhi rigati dal pianto, “Mi dispiace così tanto se ti abbiamo messo in secondo piano. Scusami se non me ne sono mai accorta.”
“Tu non c’entri mamma, io voglio che sia papà a dirmi questo!” disse lei, senza però rifiutare l’abbraccio di sua madre.
“Sono certa che una volta spiegata la situazione, anche lui capirà e rimarrà a casa molto più spesso. E se anche questo non bastasse, lascia fare a me saprò convincerlo!” disse la donna con un’espressione assatanata dipinta in volto e il pugno alzato.
“O-ok, m-mamma.” farfugliò Nashi, allontanandosi leggermente.
“Adesso andiamo, sono sicura che troveremo il modo di rifare i tuoi biscotti.”
“Va bene.” disse la giovane e finalmente un sorriso sincero le comparve in volto.
 
“Cosa stai facendo?” chiese Nashi a suo fratello, una volta giunta in cucina.
Il biondo, infatti indossava un lungo cappello da cuoco alto quasi quanto lui, aveva in mano un mestolo e una ciotola ripiena d’impasto per dolci, che stava proprio in quel momento girando. Vicino a lui c’era Plue, che però aveva stranamente cambiato colore e da bianco era diventato rosso aragosta.
“Si può sapere cosa gli è successo?” chiese la rosata, “Te lo avevo detto che li aveva mangiati lui. I Biscotti Ignei gli fanno questo effetto.” rispose tranquillamente il fratello.
Nashi abbassò la testa incapace di sostenere lo sguardo di suo fratello: “Mi dispiace per quello che ti ho detto.”
“Non fa niente, avevi ragione tu. Mi stavo coprendo di ridicolo.”
“No, Nash non è vero. Sono io che mi sono comportata da sciocca e me la sono presa con te. Mi spiace che tu l’abbia scoperto così.”
“Non è mica la fine del mondo.” disse il biondo lasciando sua sorella a bocca aperta.
“Ma ci credevi così tanto e ci tenevi! Come hai fatto a cambiare idea?”
“A che mi serve credere in Babbo Natale, quando ho un papà fantastico e una sorellona altrettanto fantastica! Io voglio trascorrere il Natale insieme a tutti voi, non con un mucchio di regali.”
“Oh, Nash.” sorrise e gli corse in contro abbracciandolo forte, “Sei proprio uno sciocchino.”
“Guarda che la tonta sei tu! Il divano non l’ho mica bruciato io l’estate scorsa.”
“Ehi, avevamo detto che non ne avremmo più parlato! E comunque tu hai allagato la casa un mese fa!”
“Non sono stato io, è stata Aquarius!”
“Allora, come procede la preparazione dei biscotti?” disse Loki spuntando dalla dispensa.
“Oh, giusto! Presto finiamo di prepararli, così per quando papà tornerà saranno pronti.” disse Nash.
“Lo sapevi?” chiese sorpresa la sorella, “Certo che lo sapevo. Per questo adesso devo sbrigarmi a rimediare ai disastri di Plue. Ma tranquilla, non li mangerà di nuovo, credo abbia imparato la lezione.” disse scoppiando a ridere, mentre con l’indice indicava il piccolo esserino tremolante che ancora emanava fumo nero dalla bocca.
Contenti i due si misero a cucinare sotto lo sguardo attento di Lucy, terminarono dopo mezz’ora e misero a cuocere i dolcetti, poi a tarda sera qualcuno rincasò.
“SIAMO TORNATI!” urlarono due voci, una più rauca e cupa, e l’altra più acuta e stridula.
“PAPA’!” gridarono Nash e Nashi correndo ad accogliere il genitore sulla porta.
Il rosato fu travolto da due furie scatenate e ricadde indietro sotto il peso dei suoi due figli.
“Nash, Nashi, cavoli quanto siete cresciuti.” sorrise il Dragon Slayer.
“Alla buon’ora.” gli rispose una voce sulla porta.
“Lucy!” esclamò Happy, volando ad abbracciarla, “Ciao Happy.” le sorrise quest’ultima.
“Ehi Lu. È passato un po'.” disse Natsu, “Puoi dirlo forte.” gli rispose la donna, e Natsu comprese dal suo tono che lo attendeva un’altra ramanzina.
Ma prima che la donna potesse iniziare a rimproverarlo una mano lo afferrò per un braccio e prese a trascinarlo via.
“Papà, papà, vieni devo farti vedere una cosa.” disse Nashi.
“Ok, arrivo, arrivo.”
I due entrarono in salotto e Nashi gli porse il piatto con dentro i biscotti.
“Wow, ma questi sono Biscotti Ignei! Dove li hai trovati, credevo non venissero più prodotti!”
“Infatti, li ho preparati io!”
“Tu, d’avvero! Devo subito assaggiarli!” gioì l’uomo, ma prima che potesse afferrarli la ragazza ritrasse il piatto.
“Che succede? Non sono per me i biscotti?” chiese sorpreso il padre.
“No, questi sono i biscotti per Babbo Natale. Ma glieli darò solo ad una condizione.”
“Una condizione? E sentiamo quale sarebbe?” chiese il padre sorridendo.
“Voglio che Babbo Natale, il mio Babbo Natale mi prometta una cosa.”
“Di che cosa si tratta?” domandò il genitore sempre più curioso.
“Deve promettermi che non se ne andrà mai più per così tanto tempo, che tornerà più spesso a casa e che passerà più tempo con me e con mio fratello.” rispose seria la ragazzina, e il sorriso scomparve dal volto di Natsu.
“Nashi, ecco io, mi dispiace… non volevo… c’è un modo perché possa rimediare?”
“Te l’ho appena spiegato.”
“E facciamo caso Babbo Natale non riuscisse ad esaudire questa tua richiesta: cosa succederebbe?”
“Semplice non riceverebbe i biscotti e finirebbe in pasto a Mamma Natale.”
Natsu deglutì a quell’ultima parte, voltandosi vide Lucy che lo stava fulminando con lo sguardo e comprese da quell’occhiataccia che doveva rispondere adeguatamente alla richiesta di sua figlia, o ne avrebbe pagate care le conseguenze.
“Bene.” disse, infine, con il solito sorriso in volto, “Allora Babbo Natale ti promette che realizzerà tale richiesta.”
“Finalmente.” disse Nashi asciugandosi una lacrimuccia, “Adesso puoi mangiare i biscotti.”
“D’accordo, ma prima devo fare una cosa.”
“Che cosa?”
“Lucy, Nash, Happy potreste venire un attimo qui?”
Al richiamo i tre si avvicinarono e Natsu raccolse tutti in un grande abbraccio: “Siete la migliore famiglia che qualcuno possa desiderare. Prometto di essere più presente d’ora in poi.”
“Va bene, sei perdonato.” sorrise Lucy, “Evviva, così adesso trascorrerò il tempo sia con zio Loki, sia con il mio papà.” gioì il bambino.
“Ecco i tuoi biscotti.”, “Grazie tesoro, non vedevo l’ora di mangiarli.”
Loki sorrise alla vista dei quattro che ridevano spensierati, poi una zampetta gli tirò la manica del giacchetto. Voltandosi si ritrovò vicino Plue, che sollevata una zampetta disse: “Puu Puun.” e poi scomparve.
“Hai proprio ragione, questa festa è davvero magica.” disse Loki, prima di unirsi al resto della famiglia.


Nota d’autore: ecco il secondo capitolo della challenge! Questa volta si parla della famiglia Dragoneel!
Non ho mai scritto una fiction sulla Nalu, anche se in realtà tratta più dei loro figli, che della coppia in se. Inoltre, Loki è un personaggio, che per quanto apprezzo non ho mai citato o trattato nelle mie storie. Quindi, essendo la prima volta spero di essere riuscita a descrivere adeguatamente il personaggio.
Io melo immagino come lo zietto amorevole, legato al piccolo Nash, a cui insegna anche atteggiamenti piuttosto discutibili e per cui viene spesso ripreso da Lucy.
Nashi, invece, per quanto in questo capitolo mi sia soffermata su un lato del suo carattere non proprio positivo, la vedo più come una ragazzina allegra e rissosa, ma con il sorriso sempre dipinto in volto. Natsu è il classico papà alla Goku, per le sue avventure lascia sempre moglie e figli, ma lo vedo comunque leggermente più maturo di Gildars, perché comunque comprende di dover essere più presente nella vita dei suoi figli.
Spero che questo secondo capitolo vi piaccia e che lo leggerete con piacere, magari lasciando anche una recensione.
P.S. Ho citato qui alcuni personaggi che compariranno nei prossimi capitoli, come protagonisti o come comparse.
 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


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Giorno: 20 dicembre
N. pallina: 6
CITAZIONE: Natale non è tanto aprire i regali quanto aprire i nostri cuori. (Janice Maeditere)
SITUAZIONE: A riceve un regalo totalmente inaspettato da B.
PROMPT: Mercatino di Natale

Il freddo vento invernale gli scompigliava i capelli, mentre il suo ululato gli martellava i timpani.
Il suo corpo fu scosso da un brivido e quello fu il segnale, che lo fece voltare di lato e afferrare il suo cappello di lana. Veloce se lo mise in testa coprendosi gli spettinati capelli viola.
Scosse la testa portandosi le mani davanti alla bocca, iniziando a sfregarle con forza, mentre cercava di infilarsi il secondo maglione che sua madre gli aveva dato.
Non voleva ammetterlo, ma doveva ringraziarla per quell’eccessiva premura, senza di lei sarebbe sicuramente dovuto tornare a casa prima del solito o, conoscendo la sua testardaggine, avrebbe finito per prendersi il raffreddore.
Sbuffò infastidito: non riusciva proprio a sopportarlo l’inverno!
Freddo, nevoso, piovoso, e sempre con il sole coperto dietro ampi strati di nuvoloni neri.
Lui aveva bisogno del sole! Gli era indispensabile per mantenersi al caldo, ma soprattutto era una delle fonti da cui scaturiva il suo potere! Le piante avevano bisogno del sole per crescere forti e sane!
Sollevò la testa verso il cielo, e ovviamente lo ritrovò completamente grigio, nessun raggio di calore riusciva a contrastare e superare la compatta massa nuvolosa.
“Che rottura.”
Il vento tornò a soffiare e lo costrinse a tapparsi le orecchie. Non sopportava i rumori forti, i suoi timpani ultra-sviluppati erano anche molto sensibili, e nonostante adorasse circondarsi di suoni provenienti dalla natura, quel dannato vento non solo lo stava congelando, ma gli stava martellando anche il cervello.
Scivolò indietro poggiando le mani sul legno duro e si rintanò più vicino al tronco dell’albero, su cui era seduto.
Anche il suo vecchio amico abete stava soffrendo l’arrivo della brutta stagione, ormai da mesi le sue belle e grandi foglie erano ingiallite ed erano cadute a terra.
Adesso sembrava solo una gigantesca impalcatura di legno, bloccata in mezzo ad una foresta quasi completamente spoglia.
Intorno non si avvertiva alcun suono tranne l’insistente frusciare, molti degli animali che popolavano quel luogo erano andati in letargo e ci sarebbero rimasti fino a primavera, gli uccellini invece erano migrati verso Sud. Così neanche il loro splendido canto poteva rilassarlo o alleviargli di un poco il fastidio della giornata.
Tutto nella foresta sembrava morto e sepolto, a colmare quel vuoto era rimasto solo il silenzio.
A lui piaceva il silenzio, non aveva mai sopportato la confusione o i rumori eccessivamente forti. Questo era dovuto principalmente alla sensibilità del suo udito, ma anche dopo averlo allenato e aver imparato a sopportare onde sonore di vasta intensità privilegiava sicuramente il silenzio.
Era quindi difficilissimo rimanere calmo facendo parte di una delle gilde più rumorose e sconquassate di tutto il Continente. E più volte i suoi amici e i suoi zii gli avevano fatto perdere la pazienza. Ma almeno d’estate o in primavera, quando non aveva nulla da fare per riprendere le forze e rilassarsi si rifugiava in quel bosco vicino alla città di Magnolia, saliva sul più grande albero e si sedeva ad ammirare il panorama o a riposare beandosi dei suoni della natura circostante.
Invece, ora che era sopraggiunto l’inverno anche quest’attività era venuta meno, e la cosa lo faceva innervosire non poco. Non poteva più rimanere seduto su quel tronco per ore perché le giornate si erano accorciate, non poteva salire troppo in alto perché faceva freddo e non poteva passare il tempo ad allenarsi perché rischiava di sentirsi male.
Insomma, tutte le sue attività preferite erano sfumate e lui si era ritrovato ad annoiarsi per ore senza fare un bel niente.
Aveva sperato che con l’avvicinarsi del Natale il suo mal umore sarebbe scomparso, ma non era stato così. Neanche la presunta magia che quel periodo dell’anno doveva emanare, riempiendo di calore i cuori della gente, era riuscita a scacciare le nuvole che albergavano nel suo animo.
Il motivo era principalmente uno: odiava passare il tempo con la sua famiglia!
Non lo aveva mai detto ad alta voce, ma sapeva che tutti se n’erano accorti sia a casa, sia alla gilda. Non riusciva a stare nella stessa casa, per un lungo periodo di tempo con sua madre e suo padre.
Non era un mistero che la loro situazione familiare fosse un completo disastro: suo padre se n’era andato quando lui aveva solo due mesi, perché dovuto partire con la sua gilda per una missione di estrema importanza ed era tornato solo un anno prima. Ben undici anni senza mai vederlo, senza potergli parlare, senza poter sentire la sua voce.
Lo aveva messo al mondo e se n’era andato, non gli era fregato nulla di crescerlo, di rimanergli accanto, di insegnargli tutto quello che sapeva. No, era scappato dalle sue responsabilità, e come unico ricordo gli aveva lasciato in eredità il suo potere magico.
Per chiunque, certo poter sentire tutto compresi i pensieri delle persone doveva essere qualcosa di eccitante e straordinario, qualcosa che ti faceva sentire sempre un passo avanti agli altri, che ti metteva in una situazione di superiorità, e che poteva pure essere molto divertente.
Suo padre non aveva mai tentato di nascondere, quanto gli piacesse avere quell’abilità. Ed era stato felicissimo, quando un giorno sua madre lo aveva contattato per rivelargli, che anche lui l’aveva ereditata.
Ma se suo padre gioiva nell’ascoltare i pensieri delle persone, lui ne era semplicemente disgustato!
Odiava avere nella testa migliaia di voci che gli parlavano ininterrottamente, odiava gli sguardi diffidenti di tutti coloro che conoscevano questa sua capacità e soprattutto odiava quanto le persone potessero essere bugiarde e false.
Lo aveva scoperto a cinque anni, quanto il mondo e i suoi abitanti potessero essere marci e falsi, e dall’ora si era isolato disgustato dal solo dover rivolgere la parola ad uno degli abitanti della città.
Tutti quanti conoscevano il passato di suo padre, tutti lo giudicavano e tutti giudicavano ed insultavano anche lui e sua madre.
Lei gli aveva detto di ignorarli, che non importava, che le persone erano libere di pensare quello che volevano; ma lui non riusciva a farsene una ragione, non riusciva a sopportare la vicinanza con le altre persone e non sopportava che insultassero la sua famiglia.
Quando si era unito a Fairy Tail si era sentito molto meglio, lì erano tutti gentili, simpatici, molto diretti e quindi onesti, erano forse troppo rumorosi e allegri per i suoi gusti, ma aveva imparato a conviverci.
Ma anche quel periodo di tranquillità era durato poco, per tre anni aveva dovuto vivere lontano dalla gilda e dalla sua famiglia, senza neanche la possibilità di contattarli. Era tornato da un anno ed era intenzionato a non andarsene più da casa.
Adesso aveva anche delle responsabilità, doveva badare ai suoi fratellini minori e non poteva abbandonare di nuovo sua madre.
Anche se in realtà non era certo rimasta da sola in quegli ultimi tre anni, perché guarda un po', dopo otto anni, proprio quando era stato lui a lasciare la sua città e la sua casa, suo padre aveva avuto la faccia tosta di ripresentarsi!
Lui e sua madre avevano avuto altri due figli, due gemelli ed avevano continuato a vivere la loro vita tranquillamente, ignorando completamente il fatto che lui era disperso chissà dove.
Tre anni erano bastati perché tutti si dimenticassero di lui! O quasi tutti…
Avvertì qualcosa pungergli la schiena e spostandosi in avanti si voltò verso il tronco, qui vide, ancora attaccata ad un rametto una piccola fogliolina verde.
“Ma guarda un po', così piccola eppure sei ancora qui a combattere per sopravvivere.”
Sorrise, mentre portava le mani a coprire la foglia, per impedire che venisse sradicata e portata via dal vento. Ma era troppo tardi e il piccolo stelo si spezzò, portandola a sollevarsi in volo. Prima che potesse volare via, l’afferrò con una mano e se la mise vicino al volto, esaminandola con attenzione.
“Mi spiace piccoletta, forse è anche colpa mia. Lascia che ti renda onore e che ti saluti, te lo meriti dopo aver resistito così tanto.”
Detto ciò, se la portò alla bocca e tenendola premuta sulle labbra con due dita, prese a fischiarci sopra. I ritmici fischiettii detterò presto vita ad una lieve melodia, che si accentuò quando schioccando le dita della mano libera, fece aumentare e disperdere la portata del suono.
Il frastuono del vento si chetò e l’unico suono udibile in quella landa desolata divenne la melodia. Una melodia dolce, serena, ma a tratti malinconica che rendeva quel paesaggio invernale ancor più inospitale.
“DRAKEEEE! EHI DRAKEEE! LO SO CHE CI SEI! SCENDI DA QUELL’ALBERO, DEVO PARLARTI!” gli strilli risuonarono per tutto il bosco, mettendo fine all’atmosfera di calma e serenità che si era andata a creare.
Sentendosi chiamare, il ragazzo dai corti capelli viola spostò lo sguardo verso la base del tronco e vide in piedi, davanti alla pianta, una giovane ragazza dai capelli violacei che lo fissava con impazienza.
“Cosa ci fai qui?” chiese cercando di nascondere il fastidio che quella sua visita inaspettata gli aveva procurato, e soprattutto l’imbarazzo di non essere riuscito a sentire il rumore dei suoi passi.
“Ti stavo cercando, scendi.” rispose l’altra sorridendogli allegra.
“Non mi interessa, vai pure senza di me.” rispose secco il ragazzo.
“Eh?”
“Mi stavi per chiedere di accompagnarti al mercatino di Natale giù in città, ma non ne ho voglia puoi andare senza di me.”
“Ma ci divertiremo e poi ci sono una marea di cose carine da fare e da mangiare, e devi aiutarmi a trovare delle luci per decorare la gilda.”
“Te lo ripeto: puoi fare da sola, Onee-chan.” disse Drake sdraiandosi contro il tronco e chiudendo gli occhi, nella remota speranza che l’altra se ne andasse.
Avvenne tutto in un istante e non fu minimamente in grado di intercettarlo, se non poco prima che succedesse: si ritrovò davanti la figura più grande ed alta della ragazza, e prima che facesse in tempo a spostarsi, quest’ultima lo colpì sulla testa con un pugno trasformato in una lastra d’acciaio e lo fece precipitare verso il terreno.
L’improvviso contato con il suolo lo lasciò disorientato, ma peggio fu il dolore alla testa, che il colpo di poco prima gli stava provocando. Rimettendosi a sedere sull’erba fredda e umida, si portò entrambe le mani alla nuca e si rese conto della comparsa di un gigantesco bernoccolo.
“Aho, ma sei impazzita Emma?” chiese adirato contro la diretta interessata, che con un salto scese dell’albero.
La sua rabbia, però, scomparve subito quando si ritrovò davanti il volto imbufalito della ragazza: “Non ti stavo chiedendo di accompagnarmi, te lo stavo ordinando!” tuonò la mini-versione di Levy.
“Non voglio venire. Ho altre cose da fare.”
“Come bighellonare tutto il giorno o stare seduto su un vecchio tronco aspettando di prenderti il raffreddore? Ah, già! Ora che mi ricordo, metti questa.” disse porgendogli una sciarpa.
“Me l’ha data la zia Kinana è mi ha chiesto di fartela indossare. Quindi mettila o sai cosa ti succederà…” lo minacciò con il pugno alzato, mentre gli piantava davanti alla faccia l’indumento.
“Ok, ok, non c’è bisogno di fare quella faccia.” rispose rassegnato il ragazzo avvolgendosi intorno al collo il lungo tessuto.
“Ora andiamo, devi aiutarmi a cercare le lucine di Natale.”
“Uffa, perché devo farlo proprio io? Non puoi chiedere a Nashi o a Gale?”
“Nashi-chan è impegnata ad allenarsi con suo padre e mio fratello ha da fare alla gilda. E poi volevo passare un po' di tempo con te.” disse sorridendogli raggiante, e Drake avvertì uno strano calore alla faccia.
“Cos’hai? Ti è venuta la febbre?” chiese Emma preoccupata per l’improvviso colorito delle sue guance.
“Non è niente!” rispose agitato il ragazzo, prima di sollevarsi e superare la compagna.
Proseguirono in silenzio lungo il sentiero dissestato, che li avrebbe portati ai piedi della città.
Drake camminava lentamente stando ben attento a non voltarsi verso Emma, non era sicuro che il rossore sul suo viso fosse scomparso ed era terrorizzato di trovarsela di nuovo ad un centimetro dal volto. Non voleva pensare a quanto gli piacessero i suoi bellissimi occhioni cremisi, a quanto adorasse la sua spettinata capigliatura viola, così simile eppure così diversa dalla sua. Non voleva assolutamente pensare a quanto in quei tre anni fosse diventata bella e attraente, e non voleva pensare a quanto avrebbe desiderato baciarla.
Scosse la testa, nonostante ci stesse provando con tutto sé stesso non riusciva a cancellarsi quelle stupide fantasie dalla mente.
Non poteva comportarsi in quel modo, non poteva neanche sperare che i suoi sentimenti venissero ricambiati: Emma era sempre stata la sua adorata sorellona, sin da piccoli erano sempre inseparabili, era stata l’unica persona a stargli vicina durante il periodo della sua infanzia, che lo aveva aspettato in quei tre anni, che non aveva mai perso la speranza e che non lo aveva mai dimenticato.
Non poteva dichiararsi, ne sarebbe rimasta disgustata e forse la loro amicizia si sarebbe spezzata, e questa era l’ultima cosa che lui voleva.
Doveva solo accontentarsi, si sarebbe limitato a chiamarla sorellona, a passare il tempo con lei, a guardarla crescere e forse un giorno l’avrebbe vista andarsene con un altro ragazzo e abbandonarlo di nuovo. Ma non avrebbe mostrato alcuna tristezza, anche se questa sua grande paura si fosse realizzata, sarebbe rimasto impassibile, nascosto dietro una maschera di felicitazioni e auguri.
Si portò una mano al petto, quell’ultima considerazione gli faceva un male cane. Il solo pensare che l’amore della sua vita, un giorno lo avrebbe lasciato indietro gli rievocava ricordi tremendi: l’abbandono di suo padre, l’assenza di sua madre, che troppo presa dal mantenere lui e la casa, non gli era mai stata veramente vicina; e soprattutto quel periodo di solitudine durato tre anni, a cercare di sopravvivere sperando sempre che qualcuno venisse a salvarlo, per poi ricadere nella disperata costatazione, che non sarebbe venuto nessuno.
“Cos’hai?”, sentì sua sorella chiamarlo e sollevò lo sguardo.
Emma lo fissava preoccupata, mentre tornava indietro e gli si faceva vicina. Solo in quel momento Drake si rese conto di avere il volto bagnato, e portandosi una mano agli occhi si accorse che erano ricolmi di lacrime.
In fretta e furia se li asciugò e superata la ragazza prese a discendere velocemente il sentiero, gridando senza neanche voltarsi: “Non è niente! Questo dannato freddo mi fa gocciolare il naso!”
Non sfuggi ad Emma il tono strozzato con cui disse quell’esclamazione e preoccupata riprese a discendere il sentiero a corsa, ma Drake era troppo più avanti e non riuscì a raggiungerlo, lo vide solo arrivare davanti alle porte della città ed entrarvi.
Razza di scemo! Perché non mi dice mai quando si sente giù di tono?!”
La maga si maledisse per non essersene accorta prima, e veloce ignorando le persone che stava urtando corse a perdifiato per i vicoli della città, alla ricerca del suo fratellino.
Fratello. Era davvero complicata la vita!
Per anni aveva avuto solo Gale a cui badare, e nel complesso a parte qualche scatto d’ira, che l’aveva portata a picchiarlo, si reputava una sorella maggiore competente.
Era strano pensare come la sua vita era cambiata, quando aveva incontrato quel ragazzino di sei anni, seduto sul tronco di un albero, che cercava in tutti i modi di smettere di piangere.
Era rimasta imbambolata a chiedersi perché rimanesse lì da solo, senza correre dai propri genitori. Poi quando i loro sguardi si erano incrociati, nei suoi piccoli occhietti viola aveva solo scorto dolore.
Si era sentita attratta da quel bambino, desiderava aiutarlo e farlo stare meglio, anche se non sapeva nemmeno chi fosse.
Il primo incontro non era finito molto bene: il piccoletto si era dimostrato restio perfino al parlarle, e l’aveva liquidata cercando di cacciarla via. Ma lei non era una che demordeva facilmente e alla fine, grazie alla sua tenacia, e anche un bel pugno ben assestato, era riuscita a parlargli.
Immensa era stata la sua sorpresa nello scoprire che quel piccoletto era Drake, il figlio di sua zia Kinana. La cameriera aveva sempre parlato alla gilda di suo figlio, descrivendolo come un bambino riservato e poco incline a fare amicizia.
Emma si era interrogata più volte se era il caso di chiedere alla donna di presentarglielo, ma lei era sempre troppo impegnata e sempre molto stanca, che convincerla ad invitarla un pomeriggio a casa sua, gli era sembrato maleducato e irrispettoso.
Invece, ora aveva finalmente la possibilità di conoscerlo e di farci amicizia, ed era stata contenta di constatare come la sua immaginazione non fosse poi così distante dalla realtà. Si era sempre chiesta che faccia avesse il figlio della zia Kinana, e vedere quei corti e spettinati capelli viola, quegli occhietti piccoli, simili a quelli di un rettile, che lo fissavano. Era rimasta contenta di scoprire che Drake era la copia di sua madre, tranne la faccia! Quell’espressione e quei lineamenti non assomigliavano per nulla a quelli di sua zia, erano troppo spigolosi e troppo simili a quelli di una serpe.
Forse aveva preso dallo zio Erik? Ma non poteva esserne certa non aveva mai visto il marito della zia Kinana, ne aveva solo sentito parlare da lei o da suo padre, che lo dipingeva come un suo vecchio amico.
Difficile era stato socializzare con Drake, il ragazzino non voleva proprio saperne di parlarle o di trascorrere del tempo con lei. Molte volte aveva dovuto picchiarlo per impedirgli di andarsene e di starla ad ascoltare.
Alla fine, un giorno era arrivata tardi al loro solito appuntamento, si aspettava che se ne fosse andato e, invece, lo ritrovò ancora seduto a quell’albero!
Come mai sei ancora qui?” gli aveva chiesto,
Sei in ritardo!” gli aveva semplicemente risposto lui, e finalmente Emma seppe che la sua impresa era terminata: finalmente aveva fatto breccia nel cuore arido e solitario di quel ragazzino fastidioso e lamentoso.
Drake, cambiò da quel giorno, almeno nei suoi confronti. Era più aperto, più gioviale, più tranquillo e rilassato.
Arrivò pure a rivelargli che possedeva un tipo di magia innata, che gli permetteva di ascoltare tutti i pensieri delle persone. Grande fu la sua sorpresa nello scoprire che odiava quel potere, che non sopportava di dover sentire tutti i pensieri delle persone.
Gli spiegò che non sopportava la gente falsa, che a lui piaceva dire agli altri tutto quello che gli passava per la testa. Gli disse anche, che non gli aveva rivelato prima tale segreto, perché temeva che lo avrebbe allontanato, intimorita e seccata da questa sua capacità. La sua risposta fu un pugno assestato su quella testolina dura, e la promessa che non lo avrebbe mai lasciato.
Ora che ci pensava, si diede della stupida per non avergli fatto promettere la stessa identica cosa, ma in fondo, nessuno dei due poteva sapere che tre anni dopo sarebbe stato lui a scomparire.
Quello era stato il periodo peggiore della sua vita!
Il suo fratellino, uno dei suoi migliori amici, un compagno di gilda, un ragazzino così giovane, di appena otto anni disperso su un monte a Nord di Fiore.
Le ricerche erano state tante, per un anno avevano fatto il possibile per ritrovarlo, o almeno per trovarne il corpo.
Tutti si erano arresi dopo il primo anno, e questo sarebbe sempre stato per Emma l’unica cosa che non avrebbe mai perdonato agli altri membri della gilda.
Si erano semplicemente arresi, avevano perso la speranza, parlavano tanto di amicizia e famiglia e poi quando uno di loro spariva semplicemente smettevano di cercarlo?!
Lei non lo aveva fatto! Per due lunghi anni aveva fatto avanti e indietro da Magnolia al Nord di Fiore, e per due anni a farle compagnia era stata la cocente delusione di non trovare mai nemmeno un piccolo indizio.
Tutti gli dicevano di lasciar perdere, perfino la zia Kinana, che nel primo periodo era partita in prima fila, che aveva supervisionato le ricerche sul campo e dalla gilda, aveva finito per cedere alla rassegnazione.
Poi suo marito era tornato ed erano nati fratellini di Drake: Diana e Blake.
Allora la zia, anche se avesse voluto non sarebbe più potuta andare in perlustrazione. Ci aveva provato lo zio Erik.
Emma non lo aveva mai conosciuto, ma si sorprese di scoprire quanto fisicamente fosse simile a suo figlio, e quanto caratterialmente fossero agli antipodi.
Se Drake era onesto, gentile, riservato, umile e sempre pronto a dare una mano, anche se non gli piaceva farlo platealmente. Lo zio Erik di contro era burbero, presuntuoso, ironico, maleducato e poco incline ad andare d’accordo con i bambini.
Eppure, ad Emma aveva sempre fatto pena, come in un solo giorno quel ghigno allegro e sfacciato, che aveva dipinto in volto quando entrò nella gilda scomparve il mattino dopo a seguito della tremenda notizia di aver perso il proprio figlio, senza neanche averlo conosciuto.
Sapeva che era arrabbiato, furioso, distrutto dal dolore; ma sapeva anche che non se la sarebbe presa con nessuno della gilda, né con il Master Luxus, né con nessun altro. Sapeva che si sentiva in colpa per non esserci mai stato, che non aveva alcun diritto di incazzarsi con gli altri, perché mentre loro erano rimasti a prendersi cura di suo figlio lui se n’era andato.
Doveva ammettere che quando lo aveva visto per la prima volta non gli era piaciuto, forse si era fatta condizionare dai racconti di Drake, che giustamente erano pieni di rancore e odio per quell’uomo. Ma poi lo aveva visto all’opera con i suoi due figli più piccoli e si era chiesta perché quello stupido uomo, se era un padre tanto bravo e presente con i suoi secondi geniti, non lo era stato anche per il suo primo figlio.
Tre anni erano passati e ormai tutti credevano che Drake fosse morto, gli avevano pure fatto costruire una lapide nel cimitero di Magnolia.
Lei era a pezzi e stava per perdere ogni speranza, quando un giorno, di punto in bianco il ragazzo si era presentato davanti alla porta della gilda.
Emma si sentì come rinascere, il suo migliore amico nonché fratellino era tornato!
Certo era più grande, lo aveva lasciato bambino e lo ritrovava quasi adolescente. Era cresciuto, sia in altezza sia a livello di muscolatura; ma per il resto era sempre uguale: stessi capelli viola a caschetto, con la solita ciocca spettinata sul davanti, stessi piccoli occhi viola scuro, stessa pelle chiara, stessi lineamenti. Insomma, solo un po' più grande, eppure se agli altri era sembrato identico a quando era bambino, lei aveva chiaramente scorso sul suo viso i segni del tempo, di un tempo difficile.
Quel poco di spensieratezza infantile, che aveva caratterizzato il suo volto, ormai era del tutto scomparsa e ad Emma fece quasi impressione vederlo varcare le porte della gilda, come se avesse davanti un’altra persona.
Tutti avevano preso il suo ritorno con grande gioia, si era tenuta una festa durata un’intera settimana. La zia Kinana e lo zio Erik erano stati felicissimi, al punto che non erano riusciti a trattenere le lacrime. Gli altri suoi amici, anche se non avevano mai interagito tanto con Drake si scatenarono come matti e lo attorniarono per giorni assillandolo con ogni sorta di domanda e richiesta.
I piccoli Blake e Dia, per quanto ancora troppo giovani per comprendere la situazione, furono ben lieti di ritrovarsi un’altra persona in famiglia pronta a coccolarli e a riempirli d’amore.
Lei, invece, preferì distaccarsi un po', non ancora sicura di come avrebbe reagito il suo amico ad incontrarla dopo tanti anni.
Eppure, quel timore iniziale scomparve subito il giorno dopo, quando si ritrovò a passeggiare per il bosco e ad imbattersi nel ragazzo. Passarono il resto della giornata a chiacchierare e per la prima volta sentì di essere di nuovo felice.
Drake non raccontò quasi a nessuno cosa gli fosse successo in quegli ultimi anni, anche con lei rimase sempre vago alludendo però ad un’esperienza terribile, che non avrebbe mai più voluto provare.
Lei non insistette, non voleva rievocare brutti ricordi e non gli importava neanche, adesso che era tornato finalmente si sentiva nuovamente in pace.
Qualcosa però, era cambiato nel loro rapporto. Non se n’era accorta subito o forse sì, ma aveva semplicemente finto di non notarlo.
Solo dopo quasi un anno si era resa conto di provare una strana sensazione di calore ogni volta che pensava al suo fratellino. In certi momenti si ritrovava a pensare a lui per ore, solo per ridestarsi e scuotere nervosamente la testa.
I suoi pensieri erano sempre tormentati dall’immagine di Drake, se lo vedeva in piedi sorridente, che la guardava allegro. Se lo immaginava sempre al suo fianco pronto ad aiutarla nelle missioni o nelle faccende di vita quotidiana. Arrivò addirittura a chiedersi come sarebbe stato rifare il bagno insieme, e al pensiero di ritrovarselo nudo davanti le guance gli si riscaldavano e la faccia gli diventava tutta rossa.
Per giorni aveva tentato di non pensarci o di ignorare quegli stupidi pensieri, poi tutto gli era stato chiaro e si era data dell’idiota.
Non riusciva più a vedere quel ragazzo come il suo fratello minore, né come il suo migliore amico, adesso lo vedeva come qualcosa di più, voleva che fosse qualcosa di più!
Ma non poteva dirglielo.
Drake l’aveva sempre vista come una sorella maggiore, qualcuno a cui confidare tutti i suoi più profondi segreti. Un sostegno, qualcuno da ammirare, insomma solo come una grande amica.
Si aspettava, un giorno di vederselo venire incontro, tutto contento, a comunicargli che aveva trovato una ragazza che gli piaceva. Al solo pensiero sentiva un nodo allo stomaco.
Certo Drake era sempre stato restio ad iniziare qualunque tipo di relazione, al punto che i suoi amici si divertivano a definirlo un asociale. Però, poteva sempre succedere che prima o poi si innamorasse.
Ne sarebbe stata distrutta, se davvero la sua previsione si fosse realizzata.
Non era in grado di rivelargli i suoi veri sentimenti: si vergognava troppo!
E soprattutto temeva di non essere ricambiata, e ancor più temeva che scoprendo quanto lo amava, il suo amico si sarebbe allontanato. La loro amicizia sarebbe andata in pezzi. E dopo tre anni passati a sperare di rivederlo, non aveva alcuna intenzione di perderlo di nuovo!
 
“Cosa hai detto, stupida testa di legno?”
“Te lo ripeto, pozzanghera parlante!”
Le due voci la ridestarono da quella valanga di pensieri, e solo allora si rese conto di aver percorso a corsa quasi tutta Magnolia e di aver raggiunto il grande mercato di Natale, che copriva quasi mezza periferia.
Guardando più avanti, dove aveva sentito provenire le grida, scorse tre ragazzini.
Uno era Drake, mentre quello con cui stava per venire alle mani era un giovane alto quanto lui, dai corti capelli blu scuro, le ciglia pronunciate, gli occhi scuri e con indosso un ampio giaccone invernale.
“Su cercate di calmarvi.” prese la parola il terzo ragazzo, che cercava in tutti i modi di separare i due litiganti.
Emma notò solo una lunga capigliatura appuntita di colore fuxia. Raggiungendo il gruppo comprese che il ragazzino non era altri che Ideki, il figlio della zia Meredy e dello zio Lyon, nonché il cugino acquisito di Storm, il ragazzo che proprio in quel momento stava facendo a pugni con Drake.
“Ragazzi fatela finita.” disse il rosato cercando in tutti i modi di separarli, ma ottenne solo due pugni in faccia e ricadde semi-svenuto sulla strada.
“TU STA ZITTO!” gridarono gli altri due prima di riprendere a fare a pugni, creando un ampio polverone in mezzo alla strada.
“CHE STA SUCCEDENDO QUI?!” tuonò Emma, raggiungendo il gruppetto.
Vide chiaramente i due ragazzi bloccarsi di colpo, mentre entrambi i loro corpi vennero attraversati da un brivido.
“E-Emma!”, “O-Onee-chan!”
“C-cosa ci fai tu qui?!” urlò spaventato Ideki, appena ripresosi dai colpi.
“Quindi è qui che ti eri cacciato.” disse semplicemente la violetta, scrocchiando le nocche, mentre fissava Drake con sguardo satanico.
“A-aspetta, p-posso spiegarti.”
“Non ce n’è bisogno.” disse lei e prima che i due potessero darsi alla fuga li afferrò, uno per il giacchetto, l’altro per la sciarpa e prese a pestarli di botte, sotto lo sguardo terrorizzato di Ideki.
Quando si fu stancata di picchiarli li lasciò andare ed entrambi ricaddero sul terreno con la faccia tumefatta, piena di lividi e bernoccoli.
“Bene, adesso che vi siete dati una calmata. Io e questo qui proseguiamo i nostri acquisti.” disse afferrando Drake e prendendo a trascinarlo di peso, “Voi invece, fate quello che dovete e non combinate troppi guai.” ammonì gli altri due, che risposero scuotendo energicamente la testa su e giù.
Quando furono abbastanza lontani lasciò la presa e permise al ragazzo di alzarsi e proseguire per conto suo.
“Si può sapere perché tu e Storm dovete sempre arrivare alle mani?”
“Perché quella stupida pozzanghera mi dà sui nervi.” rispose l’altro.
“Comunque, perché sei scappato?”
“Non sono scappato, sono semplicemente venuto qui. Non dovevamo cercare le decorazioni? Prima lo facciamo, meglio è.”
“Perché non mi dici qual è il problema?”
“Perché non c’è nessun problema.”
“Sei insopportabile! Pretendi che gli altri siano sempre onesti e che dicano apertamente ciò che pensano, ma poi tu non lo fai!”
“Non devo per forza farti sapere tutto quello che mi passa per la testa!”
“Nemmeno io vorrei, ma non posso evitarlo!”
“Non è colpa mia se ho ereditato quest’abilità!”
“No certo?! È sempre colpa degli altri, vero?!”
“Cosa vorresti dire?”
“Voglio dire, che non fai altro che accusare i tuoi familiari per tutto quello che ti è successo! Prima tuo padre che ti ha abbandonato, poi tua madre che non era mai presente, tra un po' ti lamenterai pure dei tuoi fratelli!”
“Se per questo posso farlo anche ora! Perché loro hanno avuto una famiglia completa e io no? Secondo te questo è solo lamentarsi?! Secondo te mi è piaciuto essere messo da parte ed ignorato continuamente, per anni?!”
“Forse sei tu che non lasci altra scelta!”
“Come scusa!”
“Ti lamenti tanto di tuo padre, ma poi anche tu hai abbandonato tua madre, la gilda, …hai abbandonato me! Per tre anni non ho avuto tue notizie! Niente! Tutti ti credevano morto, e io stupida che continuavo a sperare nel tuo ritorno!”
“Sai che non potevo comunicare…”
“No! Non lo so! Perché non mi hai praticamente detto nulla su quello che ti è successo! Io sono ancora all’oscuro su come tu abbia fatto a sopravvivere, su chi ti abbia aiutato, su chi ti abbia insegnato la magia del Dragon Slayer del legno!”
“Ma se non ti sei neanche sognata di chiedermelo!”, “Speravo che venissi tu a dirmelo! Credevo che ormai ti fidassi di me, ma a quanto pare mi sbagliavo!”
Entrambi tacquero, concentrati a squadrarsi con severità, mentre riprendevano fiato. Intorno a loro si era riunito un gruppo di curiosi…
“CHE AVETE DA GUARDARE!” urlarono all’unisono rivolti al loro pubblico, che spaventato dalle loro facce si disperse, cercando di non fissarli più.
“Ecco, adesso abbiamo fatto pure la figura degli idioti maleducati.” si lamentò Emma.
“Cerchiamo di sbrigarci a comprare quel che serve, così posso tornarmene sul mio albero.”
“Ok.”
Girarono per le bancarelle, incapaci perfino di guardarsi dalla vergogna, poi giunsero ad uno stand sulla cui insegna c’era scritto: “GIOCHI DI NATARE.”
“Proviamo quello stand?” chiese Emma, “D’accordo.”
Arrivati davanti alla bancarella furono accolti da un volto amico:
“Reiki!” esclamò la violetta, “Cosa ci fai qui?”
“Ah, Emma, Drake ci siete anche voi.” li salutò il rosso, con un sorriso allegro dipinto in volto e con indosso un completo verde da Babbo Natale.
“Sono qui ad aiutare mia madre allo stand dei giochi. Voi come mai da queste parti?”
“Stiamo facendo degli acquisti per la gilda.” spiegò Emma, “Dov’è la zia Elsa?” chiese Drake.
“È andata a mangiare… ehm, volevo dire ad aiutare la zia Mira e tua madre alla bancarella dei dolciumi.”
“Anche mia madre è qui?”, “Credo che se ne sia andata da poco. Doveva tornare a casa a badare ai tuoi fratelli.”
Però, quando si trattava di me era meglio lasciarmi a casa da solo per ore. Il lavoro era troppo importante?!”
Vedendo l’amico accigliarsi Emma cercò di cambiare argomento: “Allora Reiki di che giochi ti occupi?”
“Le solite cose, costruire case di marzapane, lanciare cerchietti ai birilli a forma di Babbo Natale, pittura della faccia e costumi. Oh, però, forse c’è un gioco che potrebbe interessarvi!”
Scomparendo sotto la bancarella, ricomparve subito dopo con in mano una mazza da baseball.
“E quella a che serve?”, “Vi faccio vedere.”
Detto questo li condusse nella parte anteriore del ‘negozio’, dove erano posti una pila di oggetti: frutta, verdura, vecchi mobili e soprammobili.
“Abbiamo raccolto questa roba a casa nostra e ne abbiamo fatto un gioco.” disse.
“E in che cosa consiste?” chiese Drake.
Reiki prese in mano una vecchia zucca, mezza ammuffita e marcia, la lanciò in aria e prima che toccasse nuovamente terra la colpì con la mazza spiaccicandola sul marciapiede.
“Wow, sembra divertente.” disse Emma.
“E’ anche utile. Noi ci sbarazziamo di vecchie cianfrusaglie, che poi raccogliamo e ricicliamo e voi vi divertite a sfasciare tutto quello che volete.”
“Fammi provare!” esclamò Drake, togliendo la mazza dalle mani dell’amico.
Afferrò un pomodoro dal mucchio, lo lanciò in aria e poi lo colpì una volta che ricadde. Il pomodoro, però, non fu scagliato, per sorpresa del battitore, che non aveva preso bene la mira, contro il pavimento, ma volò per qualche metro e si spiaccicò sulla faccia di una donna.
I tre deglutirono quando si resero conto che il frutto aveva colpito in pieno Elsa. La signora Fernandez si mise una mano sugli occhi cercando di pulirseli, e proprio in quel momento Drake mise la mazza in mano a Reiki, ancora imbambolato, e presa Emma per un braccio si diede alla fuga.
“REIKI FERNANDEZ!” tuonò Titania e solo allora il giovane si rese conto di essere spacciato, spostò lo sguardo sulla propria mano e ci ritrovò la mazza, ma non fece in tempo a maledire Drake, che sua madre gli si parò davanti.
Soltanto i suoi urli furono avvertiti per tutto il mercato, oltre al suono di qualcosa di metallico che sbatte più volte contro un altro corpo.
“Arff… arff… ce la siamo vista veramente brutta.” ansimò Drake cercando di riprendersi dallo spavento.
“Ah ah ah! Sei stato grande! Un’idea geniale! Cavoli, avrei voluto vedere la faccia di Reiki quando si è accorto di avere in mano la mazza!”
“Credo che domani cercherà di uccidermi.”, “Sempre se sopravvivrà alla furia della zia. E comunque non credo riesca a batterti.”
“Lasciamo stare. Compriamo le lucine colorate e lasciamo questo posto il più in fretta possibile.”
“Sono d’accordo.”
Continuarono a girare per le bancarelle, ormai ne rimanevano poche da setacciare, ma delle lucine ancora nessuna traccia.
“Cosa vuoi per natale quest’anno?” chiese ad un tratto Emma,
“Nulla. Non c’è qualcosa che desideri particolarmente.”
“Non ci credo! Mi stai dicendo che non vuoi alcun regalo?!”
“Proprio così.”, “Ma ci deve essere qualcosa che vuoi! Non so, un libro, un nuovo giacchetto, un animale domestico, un paio di cuffie?”
“No grazie, sono a posto. E poi il Natale non è solo regali.”
“Guarda che lo so. Ma è comunque bello farne e riceverne.”
“Se lo dici tu.”, “Piuttosto, me ne hai preparato uno?”
“No.”, “Bastardo!”
“Tranquilla, ho tempo. Natale è tra cinque giorni.”
“Appunto, è SOLO tra cinque giorni!”
“Uffa, rilassati troverò qualcosa che ti piaccia.”
“Lo spero per te!” disse poggiando il pugno chiuso sul suo mento.
Finalmente giunsero ad uno stand che vendeva le lucine di Natale e ne acquistarono in abbondanza.
“Beh, abbiamo finito.” constatò Drake rileggendo la lista.
“Già.” rispose Emma, “Cos’hai?”
“Niente.”, “Sei sicura? Mi sembri un po' giù di corda.”
“Ho detto che sto bene!”
“Come vuoi. Allora ci vediamo alla festa di Natale tra quattro giorni.”
“Si.” rispose semplicemente la ragazza.
Drake stava per andarsene, quando la sentì afferrarlo per una manica, istintivamente si voltò, e…
Si ritrovò le labbra di Emma poggiate con forza sulle sue. Lì per lì pensò che fosse caduta, che quello fosse solo un sogno, che non stesse succedendo veramente.
Poi le sue orecchie captarono un pensiero: “Quanto ho aspettato per farlo! Buon Natale Drake!”
Allora fu certo di non starsi sbagliando, lasciò cadere la lista che teneva in mano e poggiò entrambe le mani sulla faccia di Emma, spingendo il suo volto più vicino a quella della ragazza, in modo da prolungare il bacio.
Rimasero fermi in quel modo, per non seppero nemmeno loro quanto, poi dovettero staccarsi. E quando entrambi ebbero il coraggio di sollevare la testa per guardarsi, videro nel volto l’uno dell’altra il medesimo sorriso, e la stessa colorazione aragosta ad imporporargli le guance.
“M-Ma, a-allora t-tu…”, Emma gli poggiò un dito sulla bocca, impedendogli di continuare la frase. L’altro però scansò l’indice e sollevandosi sulle punte la baciò a sua volta.
Quando si staccarono nuovamente erano completamente rossi in viso e il sudore gli riempiva le facce.
“Ti ringrazio.” disse semplicemente Drake, esternando un sorriso a trentadue denti, “Non credo di aver mai ricevuto un regalo più bello di questo.”
Poi la salutò con una mano e corse via. Emma sorrise e poi voltandosi imboccò un’altra stradina, diretta a casa.
 
Quando giunse nei pressi della sua abitazione, che altro non era che una casetta in legno posta ai confini della città, esitò un istante sulla porta, rimanendo in ascolto. Non sentendo provenire dall’interno la voce di suo padre si fece coraggio ed entrò.
Giunto in salotto vide sua madre sdraiata sul divano, dormiva profondamente e vicino a lei erano seduti Blake e Dia.
La ragazzina presentava dei lunghi capelli color rosso mattone, e il suo volto era una copia sputata di quello di sua madre, tranne che presentava una colorazione della pelle molto più scura.
Peccato, che quando è sveglia sia una peste.” pensò Drake, ragionando sul fatto che sua sorella aveva ereditato tutti i tratti peggiori del carattere di suo padre.
Dall’altro lato, dormiva Blake. Quest’ultimo era un bambino dalla pelle scura, con i capelli corti che però ricordavano più quelli di suo padre, con alcune punte rivolte verso l’alto e una chioma spettinata. Il colore era un misto tra quello dei genitori, un marrone scuro, che per certi versi tendeva al viola e per altri al nero.
Il bimbo, come sua sorella era una piccola peste, che si divertiva sempre con il suo migliore amico Nash, a fare scherzi a destra e a manca.
Scosse la testa, sorridendo di fronte a quella scena di calma, così surreale per quei due piccoli demonietti.
Si devono essere stancati molto, per essersi ridotti in questo stato.”
Avvicinandosi al divano afferrò la coperta che era caduta per terra e la mise sui i tre, in modo che non prendessero freddo.
Stava per entrare in cucina, quando la sua attenzione ricadde su un gruppo di foto poste su un canterano.
In una di esse c’erano i suoi fratelli seduti sulle ginocchia di sua madre e di suo padre, l’uomo presentava una vasta chioma di capelli marroni appuntiti, molto più ampia di quella che aveva quando era più giovane e sul mento era visibile un’incolta barbetta.
Drake storse il naso alla vista di quella foto: lui non era presente quando era stata scattata e non gli piaceva come quei quattro sembrassero così felici.
Poi il suo sguardo passò oltre e riconobbe la sua faccia in un’altra immagine. Questa la conosceva bene, l’aveva scattata insieme ad Emma, un pomeriggio in mezzo alla foresta. Al centro della foto, c’erano infatti lui, più piccolo di tre anni ed Emma che sorridevano spensierati.
Alla vista della ragazza il pensiero gli ricadde sull’evento di mezz’ora prima e non riuscì a trattenersi dall’arrossire.
“Vedo che sei tornato.” lo richiamò una voce maschile, e voltandosi vide suo padre poggiato con la schiena contro la parete della sala.
Cazzo, non l’ho sentito arrivare.”
“Devi allenarti di più. E cerca di essere un po' più educato.” ghignò divertito l’uomo, all’espressione imbufalita che era comparsa sulla faccia del figlio.
“Fuori dalla mia testa!” ringhiò Drake, “Su non fare così. Anche oggi che hai fatto grandi conquiste dobbiamo litigare?”
Il volto di Drake divenne paonazzo e dalle orecchie a punta prese ad uscire vapore, manco fosse una locomotiva.
“Fatti i cazzi tuoi!”
“Si può sapere di cosa state parlando voi due?” chiese Kinana svegliata dal trambusto.
“Niente. Il marmocchio qui si è trovato la fidanzata.” disse Erik prendendo a scompigliare i capelli del figlio, che in tutta risposta cercava di colpirlo con pugni e calci, venendo però sempre respinto.
“Sul serio! E chi è?”
“La figlia di Gajeel!”
“Sta zitto vecchiaccio!”
“Vecchio a chi, ragazzino maleducato!” disse adirato l’uomo, prima di piantare un pugno sulla testa del proprio figlio.
“D’avvero fratellone ti sei fidanzato?” chiese Blake curioso,
“Ah ah ah! Solo una stupida come Emma poteva mettersi con un fallito come te.” lo prese in giro Diana.
“Voi due, fatela finita di dare fastidio a vostro fratello.” li rimproverò Kinana.
“Già, per quello basto io.” rise il bruno, tornando a canzonare il figlio: “Non vedo l’ora di dire a Gajeel che diventeremo parenti! Ah ah ah!”
“Falla finita di dire stronzate e fatti i cavoli tuoi!” gridò imbufalito il violetto prima di imboccare la porta e dirigersi in cucina.
“Vado ad aiutarlo a preparare la cena.” disse Kinana, poi fissando severa il marito disse: “Piantala di prenderlo in giro o stanotte dormi fuori!”
“S-Si, signora.” rispose l’uomo, allontanandosi leggermente dalla moglie.
“Io vado a giocare di sopra.” disse Blake, “Io invece vado fuori ad allenarmi con la spada.” disse Dia, afferrando la minuta catana in legno, che le aveva regalato Elsa, e legandosi il fodero alla cintura del lungo kimono, che le ricadeva sotto i piedi, scomparve in giardino.
Erik rimase da solo nella stanza, poi anche lui si mise a guardare le foto sul canterano e soffermandosi su quella dove era raffigurata la sua famiglia la prese, la tolse dal portaritratti e afferrandola dai due lati con le mani, la strappò.
“Perché l’hai strappata?” chiese Drake tornato solo un attimo in salotto.
“Mi faceva schifo quella foto. Dopo ne facciamo un’altra tutti insieme... consideralo il mio regalo di Natale” rispose l’uomo e uscì dalla stanza.
Non riuscì a vederlo, ma era certo che suo figlio stesse sorridendo.

Nota d’autore: ecco il capitolo 3! Che posso dire, se non che è il capitolo che mi sono divertita a scrivere di più! Non posso farci niente, sarà perché tratta del figlio della mia OTP, o perché ritengo che Drake sia il personaggio della Next Generation di cui riesco a parlare di più e che apprezzo descrivere.
Comunque questo è il risultato, spero possa piacere…
Avevo anticipato già nel primo capitolo, che avevo colto l’occasione della challenge di Natale, per presentare i personaggi della mia Next Gen, che poi avrei riutilizzato un giorno per scrivere un’altra fiction interamente dedicata a loro.
Capisco che forse ci saranno dei pinti che non comprenderete, tipo: perché Drake utilizza la magia del Dragon Slayer del legno, e perché non è stato spiegato dove è rimasto per quei tre anni?
Adesso non posso rispondere a queste domande, ma un giorno, spero non molto lontano di riuscire a pubblicare una storia in cui questi punti e altri legati a capitoli successivi saranno spiegati.
Spero che riuscirete, però a godervi la lettura.
Detto questo passiamo al capitolo: qui ho voluto presentare un tratto diverso della personalità di Emma, più romantica e più matura. Diciamo che se nel primo capitolo l’avevo dipinta come la figlia di Gajeel, in questo ho voluto mostrare un atteggiamento più calmo e tranquillo, che ha ereditato da Levy.
Per quanto riguarda i figli di Erik e Kinana, non ci sono molte fiction che li descrivano; quindi, mi sono più o meno inventata tutto. L’unica cosa che ho ripreso sono i nomi dei due figli: Drake e Blake. Perché avevo letto, tempo fa delle storie in cui entrambi i nomi venivano usati per il figlio di Kinana ed Erik, io però ho voluto ampliare e quindi creare ben tre personaggi.
Diana è una mia invenzione (spero vi piaccia, nonostante si sia vista poco.)
Non ho altro da dire, se non che ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno il capitolo. Grazie mille.



 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


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Giorno: 21 dicembre
N. pallina: 1
SITUAZIONE: A rovina per sbaglio gli addobbi natalizi (es. l’albero, le lucine ecc.) che B ha preparato con tanta cura.
PROMPT: Neve

Lo aveva fatto! Non sapeva bene come, quando e soprattutto perché, ma l’aveva fatto!
E vedere un piccolo sorriso solcargli il volto le fece saltare ancor più i nervi. Avvertì un formicolio all’altezza del braccio sinistro, poi esso si diramò in tutto il suo corpo, infine gli coprì un lato della faccia. Percepì distintamente il calore abbandonare quella parte del suo fisico, ma non ci fece caso: provava ogni giorno quella sensazione e soprattutto la furia che gli era montata in corpo era tale, che anche se esso fosse stato congelato avrebbe comunque avvertito quel fastidioso calore.
Vide gli occhi della minuta figura spalancarsi e fu felice di aver sortito l’effetto sperato, poi il suo sguardo tornò sul pavimento dove era riverso, completamente zuppo un vecchio e grande abete. L’albero teneva attaccati ai suoi rami delle appendici di forma sferica di vario colore, e dei fili metallici ornati da piccole lampadine erano rilegate intorno al busto della pianta.
Sarebbe stato uno splendido albero di Natale, se solo non si fosse trovato riverso sul pavimento, completamente fradicio, con le palline mezze incrinate ed altre proprio distrutte e le lucine di plastica ormai irrimediabilmente spente.
Sulla grande pianta troneggiava una piccola rimembranza scura, che senza alcuna logica fluttuava nell’aria e da cui ricadeva un piccolo alluvione.
La nuvoletta continuava a far scrosciare acqua sulla pianta non accennando minimamente a fermarsi e imperturbabile sembrava divertirsi a martoriare quell’ormai distrutto abete.
“CHE CAZZO STAI FACENDO!” urlò furiosa, mentre il lato sinistro del suo corpo veniva completamente circondato da una macchia nera, e il suo grande occhio azzurro cielo diventava una piccola pupilla color notte, con uno strano simbolo dipinto al suo interno.
L’altro non rispose, non si scompose neanche all’insulto appena ricevuto, rimase indifferente, - come suo solito-, e attese la sfuriata.
Non scorgendo più sul volto del fratello minore il benché minimo segno di preoccupazione la ragazza percepì la furia crescere implacabile nel suo animo. In concomitanza la temperatura nella stanza si fece glaciale, al punto che mobili come il tavolo in legno e il divano vennero ricoperti da un ampio strato di brina.
“Quegli addobbi facevano schifo. Anche se non avessi creato quella cosa involontariamente avrei voluto spaccarli lo stesso.” rispose freddo il bambino dai corti capelli azzurri.
“Io giuro che questa è la volta buona che ti ammazzo!” gridò furiosa la ragazza, mentre portava le mani al lato del busto, e poggiando il pugno chiuso sul palmo aperto creava una gigantesca spada di ghiaccio.
Impugnata l’arma si preparò a saltare addosso al ragazzino, che vedendo la mal parata comprese che era meglio darsela a gambe. Ma l’altra fu più rapida di lui e con un balzo gli arrivò davanti, pronta a sfracellargli l’arma di ghiaccio sulla testa.
Stava per colpirlo quando la spada prese a sciogliersi e si tramutò in una cascata d’acqua che ricadde un po’ sul pavimento e un po' sulla testa del ragazzino.
La pozzanghera che venne a formarsi si sollevò in aria e in un attimo andò a posizionarsi dal lato opposto della stanza. Qui si rimpicciolì, tramutandosi in una piccola sfera acquatica e rimase sospesa sopra il palmo aperto di un terzo individuo.
“Sayla, Rin la mamma vi ha già detto che non vuole vedervi combattere tra di voi, almeno dentro casa.” disse serio il ragazzo, anche se nella sua voce non si avvertiva il minimo segno di ostilità.
“Storm, da quanto sei qui?” chiese la ragazza, mentre la macchia oscura sì rimpiccioliva, permettendo alla sua pelle di riottenere il suo normale colorito.
“Da circa cinque secondi. E non mi piace che tu attacchi Rin.”
“Ho i miei motivi, questo qui ha…”, “Non so cosa abbia fatto, ma questo non giustifica il fatto che stavi per fargli molto male. E poi Sayla, scusa se te lo dico, ma non potresti metterti almeno i pantaloni? Siamo anche d’inverno, rischi di prenderti un malanno.”
Solo in quel momento, abbassando lo sguardo sul proprio petto la ragazzina si rese conto di essere in canottiera e che la parte sotto del suo corpo era coperta solo dalle mutande.
“KYAAAA! MA QUANDO E’ SUCCESSO?! DOVE SONO I MIEI VESTITI?!” si mise ad urlare correndo a destra e a manca nel salone, alla disperata ricerca di un paio di pantaloni, mentre Rin era caduto a terra e si teneva la pancia ridendo a crepa pelle.
“Ah ah ah! Che scema! Sei proprio una scostumata!”
La ragazza stava per abbandonare la ricerca per picchiare suo fratello, ma fu anticipata da una mano, che afferrato il lobo destro dell’orecchio del turchino lo cominciò a tirare.
“Ahi, ahi, ma cosa…”
Voltandosi il piccolo si ritrovò davanti il volto accigliato della madre, che lo guardava con rimprovero.
“Rin-sama, quante volte Juvia ti ha detto di non prendere in giro tua sorella per il suo problema?! E guarda come hai ridotto il salotto!” disse la donna, prima di portare una mano sulla nuvoletta temporalesca, che scomparve all’istante.
Poi dirigendosi verso sua figlia gli porse una maglietta, un paio di pantaloni, un giacchetto invernale, un paio di guanti, un cappello, una sciarpa e delle cuffie da inverno.
“Grazie mamma, ma credo che indosserò solo la maglietta e i pantaloni.” disse la ragazzina.
“Si può sapere cosa è successo qui dentro?” chiese una voce, appartenente ad un quinto individuo appena arrivato in sala.
“Oh, Ideki-sama, scusa ti abbiamo disturbato?” chiese Juvia.
“Tranquilla zia, stavo solo guardando la lacrima TV. Piuttosto, cosa è successo qui dentro? Sembra sia scoppiata una tempesta al chiuso.” disse il giovane ragazzo, dai lunghi capelli fuxia appuntiti, mentre le sue grandi iridi scarlatte, formate da tre cerchietti concentrici, si poggiavano sull’albero di Natale.
“Prova a chiederlo a questo idiota!” urlò Sayla, che ancora semi nuda indicò il fratellino, il quale in tutta risposta gli lanciò un’occhiataccia.
“Tsk, ma stai zitta pervertita. Te l’ho già detto che è stato un incidente. E tu occhi a spirale fatti i cazzi tuoi, che non centri nulla!” rispose adirato il ragazzino, ma questa volta Sayla era pronta e non si fece sfuggire l’occasione di colpirlo in faccia con un pugno, talmente forte che lo fece cadere a terra.
“Sayla-sama!” urlò la madre raggiungendo Rin sul pavimento per aiutarlo ad alzarsi, ma il piccolo la spinse via con una mano, mentre con l’altra si teneva la guancia ferita su cui era ben visibile un ematoma.
“Così impari a rispondere con educazione a chi ti sta intorno!” tuonò la turchina, “E ti serva da lezione, così la prossima volta ci penserai due volte prima di rovinare i miei addobbi!” rincarò la dose, quasi pronta a partire nuovamente all’attacco.
Dal canto suo Rin prese a squadrarla con rabbia, neanche il dolore del colpo era servito a intimorirlo, anzi adesso sì che sembrava pronto a battersi, peggio di un leone tenuto troppo tempo in gabbia.
“Fatela finita voi due!” disse Storm andando a posizionarsi tra i due litiganti.
Poi voltandosi verso il suo fratellino gli disse: “Chiedi scusa a Sayla per quello che le hai fatto. Poi ti aiuterò a rimettere a posto.”
Ma ottenne solo come risposta un calcio negli stinchi, che in realtà non gli procurò alcun dolore. Fu però, l’espressione carica d’odio che gli lanciò il fratello a farlo indietreggiare inconsciamente.
“Fottiti, schifoso idiota! Non ho bisogno del tuo aiuto!” gridò il turchino e prima che qualcun altro potesse dire o fare qualcosa imboccò la porta della stanza e a corsa uscì dall’abitazione scomparendo all’esterno.
“Rin! Rin, torna qui!” urlò Storm, ma a nulla valsero i suoi richiami, il bambino ormai era scomparso nella fitta coltre di neve che ricopriva il giardino e tutte le vie della città.
“Provo a seguirlo.” disse Ideki uscendo dalla casa e scomparendo a sua volta in un vicolo della strada, lasciando il resto della famiglia Fullbuster in soggiorno.
“Quell’idiota, ma appena torna lo riempio di botte!” cominciò ad inveire Sayla.
“Chi è che vuoi picchiare?” chiese un uomo spuntando dal corridoio che dava sulla porta di casa.
“Quell’imbecille di mio fratello!”, “Cos’ha fatto questa volta?”
“Puoi constatare tu stesso papà.” rispose la ragazzina indicando l’albero.
“Quella piccola peste non imparerà mai a comportarsi bene!” disse Gray, più sconsolato che arrabbiato, mentre afferrava la pianta e la sollevava.
“Su cerchiamo di stare calmi.” intervenne Storm, “Rin ha chiaramente detto di non averlo fatto apposta.”
“Si, Storm-sama ha ragione, Rin-sama ha semplicemente perso il controllo della sua magia.” disse Juvia.
“Questa scusa sta diventando ripetitiva.” si lamentò Gray, “E soprattutto, per questo motivo siete sempre disposti a dargliela vinta.” rincarò la dose Sayla.
“Juvia sa come ci si sente a non poter controllare la pioggia, Rin-sama sta solo affrontando un brutto momento, ma se lo attacchiamo e lo puniamo non riusciremo ad aiutarlo.”
“La mamma ha ragione. Dobbiamo solo cercare di essere pazienti. Appena Ideki lo avrà portato a casa gli faremo rimettere a posto l’albero.”
“Questo non si può aggiustare.” disse Gray sollevando di peso la pianta, che per lo sforzo si spezzò in due.
“Ecco lo sapevo!” tuonò Sayla, “Adesso come facciamo?”
“Stai calma sorellina. Aspettiamo che quei due tornino poi io e Ideki andremo a comprare un nuovo albero e delle decorazioni al mercatino. Vedrai che per questa sera l’albero sarà come nuovo.”
“Va bene. Ma deve essere quello scemo a rimetterle a posto. Io e la mamma non possiamo, dobbiamo preparare il cibo per la festa della gilda.”
“Tranquilla, mi assicurerò che Rin rimedi al suo errore.” disse suo padre, prima di imboccare nuovamente il corridoio e sparire in un’altra stanza.
 
Doveva riconoscere che non era stata un’idea geniale mettersi ad inseguire suo cugino sotto la neve, con indosso solo una maglietta ed un paio di calzoni.
Non aveva mai sofferto molto il freddo, tutti dicevano perché la sua temperatura corporea era più alta di quella delle normali persone. Altri, invece, sostenevano che grazie agli allenamenti di suo padre era ormai abituato alle temperature polari.
Ciò nonostante, quel pomeriggio faceva particolarmente freddo e scalare una collina innevata, dove la temperatura era anche più bassa che in altre zone, non era proprio semplice.
Si portò le mani alla bocca iniziando a sfregarsele con furia, mentre le richiudeva a cono e ci soffiava dentro.
Spero che non sia andato troppo lontano.”
Si guardò intorno alla disperata ricerca di un qualche segno, che potesse indicargli la strada da seguire, ma non trovò niente. Intanto il freddo aumentava e la leggera nevicata si tramutò ben presto in una tormenta.
“Dannazione! Fra tutti i momenti in cui poteva mettersi a nevicare!”
Eppure, quel paesaggio, per quanto ostile ed inospitale gli riportava alla mente molti ricordi della sua infanzia.
Su un monte completamente bianco come quello suo padre lo aveva condotto, quando aveva deciso di iniziarlo all’apprendimento della magia dell’Ice Mike.
Dire che ne era stato felice sminuiva molto l’emozione provata in quel momento. La possibilità di imparare la stessa magia del genitore gli era parsa fantastica. Non vedeva l’ora di poter creare ogni sorta di oggetto o animale con il ghiaccio. Di poter apprendere una magia d’attacco, di vantarsi con i suoi cugini di aver imparato la loro stessa abilità.
Ma quelle erano state solo le assurde fantasie di un bambino di sei anni.
La realtà si era dimostrata ben più crudele!
Per giorni, mesi, anni si era impegnato sotto la supervisione di suo padre nell’apprendere quella magia e nel riuscire a resistere alle temperature più fredde.
E se bene o male la seconda parte gli fosse riuscita molto bene, anzi ci aveva impiegato solo la metà del tempo, rispetto a Sayla o Storm; la prima era risultata semplicemente impossibile!
Non riusciva a creare niente con il ghiaccio!
Non perché non avesse fantasia, anzi era una delle sue doti migliori. Il problema stava nel fatto, che ogni qual volta tentava di creare un oggetto di ghiaccio esso compariva, ma dopo pochi secondi si scioglieva diventando acqua.
Preoccupati i suoi genitori lo avevano pure portato a visitare da molti medici e tutti avevano riscontrato una particolare anomalia nella sua struttura corporea.
Il suo corpo produceva in automatico una quantità di calore superiore a quella di un normale essere umano. Nell’istante in cui tentava di applicarsi in una magia, il cui elemento era completamente opposto alla natura del suo corpo, esso rispondeva a quel modo.
In sostanza: il suo corpo era troppo caldo e questo influiva sull’uso della magia del ghiaccio, portando le sue creazioni a sciogliersi.
Tremenda per lui era stata tale rivelazione!
Non poteva imparare la magia di suo padre, perché non era in grado di gestirla. Il suo stesso corpo gli era nemico.
Le cose dopo tale rivelazione erano pure peggiorate, aveva tentato di allenarsi con suo zio Gray e con i suoi cugini, aveva pure tentato di imparare la magia dell’acqua, ma essa appena fuoriusciva dal suo corpo evaporava.
Il rapporto con suo padre, per quanto quest’ultimo non volesse farlo notare, stava pian piano andando in crisi.
Loro due non avevano mai avuto molto in comune, non per questo non tenevano l’uno all’altro, ma suo padre era anche diventato il Master di Lamia Scale e questo nuovo titolo lo aveva sobbarcato di molto più lavoro.
Passavano insieme pochissimo tempo e anche il periodo di allenamento, che prima aveva costituito il loro unico momento di relazione si era interrotto.
Ma il peggio era arrivato dopo, sua madre era deceduta a causa di un incidente domestico!
La casa aveva preso fuoco un pomeriggio mentre lui era a scuola, di lei era stato ritrovato solo il cadavere carbonizzato.
Se quella notizia non era bastata a distruggerlo completamente, ci pensò la decisione successiva di suo padre a dargli il colpo di grazia.
Senza un’apparente ragione, un giorno di primavera gli comunicò che doveva andarsene a vivere con i suoi zii per un certo periodo di tempo. Gli disse solo che doveva proseguire una ricerca molto importante e che lui doveva andarsene, perché sarebbe potuto finire nei guai.
Ne seguì una tremenda lite, ma alla fine la decisione era già stata presa e lui si ritrovò cacciato dalla sua gilda, senza più una madre, con un padre a cui il suo destino sembrava non importare.
Ci vollero anni per superare il trauma, periodo che passò ad autocommiserarsi e a deprimersi. Poi i suoi zii lo convinsero ad entrare a Fairy Tail e la sua vita tornò ad avere un che di normale.
Alla gilda si fece molti amici come: Drake, Emma, Nashi, Star, Reiki. Si trovò pure un rivale, ovvero Gale. E soprattutto grazie all’aiuto di suo zio Natsu e ad un vecchio libro apprese una nuova forma di magia del fuoco: la magia del God Slayer del fuoco!
All’inizio non fu molto entusiasta della cosa, sua madre c’era morta divorata dalle fiamme, ma comprese che se voleva migliorare e non voleva rimanere in dietro, doveva assolutamente imparare un tipo di magia elementale.
Anche il rapporto con suo padre migliorò con il passare degli anni, riuscirono a passare del tempo insieme e finalmente a parlare.
Gli confessò di non riuscire ad andare avanti senza sua madre, che la scelta di mandarlo via era stata la più dolorosa e difficile della sua vita, ma era stato costretto a farlo, perché doveva dare la caccia ad una persona, che avrebbe potuto fare del male anche a lui.
Insomma, alla fine riuscirono a riconciliarsi e promisero di passare più tempo insieme. Proprio quello stesso Natale, infatti, tutta la gilda di Lamia Scale sarebbe venuta a festeggiarlo a Fairy Tail, e lui non vedeva l’ora.
Un brivido gli percorse la schiena e subito dopo seguì uno starnuto.
Era rimasto troppo tempo a contemplare fermo il paesaggio, rischiava di non riuscire a trovare Rin e di ammalarsi.
Riprese a percorrere il sentiero innevato, fin quando non scorse in lontananza, proprio in cima alla collina una gigantesca nube nera, da essa cadevano centinaia di fiocchi di neve.
Quando fu a pochi metri dalla massa nuvolosa, scorse tra la tempesta una piccola figura.
“Rin!” chiamò, ma non si udì alcuna risposta, “Rin, sono Ideki fammi entrare. Possiamo parlarne.”
Una folata di vento lo investì in pieno facendogli colare il naso, ma subito dopo la tempesta che aveva di fronte scomparve.
Al centro della coltre di neve sedeva un ragazzino, che rimaneva immobile fissandolo con fastidio.
Come cazzo fa a stare qui fuori a torso nudo?” si chiese il rosato, fissando allibito il corpo del bimbo coperto solo da un paio di pantaloni corti.
“Rin, dai non fare quella faccia. Adesso torniamo a casa e poi fai pace con Sayla e Storm.”
“Hanno mandato te a farmi la predica?”
“Nessuno mi ha mandato a rimproverarti sono venuto da solo.”
“Perché?”
“Volevo semplicemente aiutarti.”
“Non mi sembra di avertelo chiesto. Ora sparisci.”
“Non fin quando non deciderai di scendere e tornare a casa. Devi riparare ai danni che hai procurato.”
“Non ho proprio nulla da aggiustare. Se quegli stupidi addobbi non reggono un po' di pioggia non è colpa mia.”
“Non credo sia normale, che la pioggia cada dentro casa e allaghi il salotto.”
Si pentì subito di quanto detto, perché vide lo sguardo del bambino rattristarsi, ma fu una frazione di secondo e subito dopo il suo volto tornò a mostrare la classica espressione infastidita.
“Se non ti piace la pioggia nessuno ti obbliga a rimanere a casa mia.”
“Sai sarebbe scortese rifiutare l’invito degli zii.”
“Questo non giustifica il fatto che sei uno scroccone abusivo, che vive in casa nostra da anni.”
“Non mi sembra che questa cosa ti abbia mai dato fastidio.”
“Solo perché non dico le cose non significa che non le pensi.”
“Pensa quello che ti pare, ma adesso scendiamo e torniamo a casa.”
“È deprimente vero?” chiese Rin, e un sorrisetto gli solcò il viso.
“Cosa?” chiese Ideki, non apprezzando per niente il tono usato.
“Nulla. Stavo solo pensando che dev’essere deprimente ritrovarsi a vivere in una casa estranea, perché non chiedi allo zio Lyon di riportarti a casa tua. D’altronde vi rivedrete tra tre giorni.”
“Mio padre è molto impegnato in questo periodo.” rispose il ragazzo, ma dall’espressione infastidita, Rin comprese di aver fatto centro.
Si sollevò in piedi e sempre ghignando si avvicinò al cugino: “Tuo padre ha sempre troppo da fare, dovresti chiedergli di prendersi una pausa.”
“Sai, non è che sono tutti come lo zio Gray, che non ha quasi mai nulla da fare, se non le normali missioni. Il lavoro di Master è molto faticoso.” rispose Ideki sfoggiando un sorriso finto quanto quello di Rin.
“Certo, ma almeno mio padre ci tiene a me. Sai mi sono sempre chiesto perché lo zio dopo la morte di sua moglie ti abbia mandato qui. Sembra proprio volesse sbarazzarsi di te.” il suo sorriso si allargò ulteriormente, ma Ideki non si scompose.
“Te lo ripeto aveva molto da fare…”
“Cosa, con esattezza? Il lavoro era così importante da allontanare suo figlio?! Quando ti sveglierai cugino, davvero credi ancora alle sue balle? È ovvio che non ti volesse più tra i piedi.”
“E perché non mi avrebbe voluto?” chiese il ragazzo, a cui i capelli si stavano leggermente alzando sopra la testa e una vena pulsante aveva iniziato a formarsi sulla sua fronte.
“Doveva essere imbarazzante avere un figlio, che non sapesse usare la sua magia.”
“Questo dovrei dirlo io, Rin!” disse Ideki, ghignando sadico al mutamento di espressione apparso sulla faccia del ragazzino.
“Almeno io la mia magia per quanto diversa la so controllare.” rincarò la dose.
“Si. Dev’essere bellissimo usare lo stesso tipo di elemento che ha portato alla morte di tua madre.”
“Cosa c’entra questo?”
“C’entra eccome. Non è mai stato appurato come sia morta la zia Meredy, tutti lo hanno sempre definito un incidente e forse lo è stato…”
“Rin, dove vuoi andare a parare?”
“Niente trovo solo deprimente, che tua madre abbia deciso di lasciare questo mondo così presto. E mi dispiace che i tuoi genitori abbiano preferito morire o abbandonarti. D’altra parte, la zia Meredy lo ha sempre detto, che solo starti vicino le metteva addosso una tale ansia…”
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, Ideki lo afferrò per le spalle e lo sollevò leggermente da terra. I loro volti erano a pochi centimetri di distanza, e il turchino poté specchiarsi nei suoi giganteschi occhi color sangue, ancor più dilatati a causa della rabbia.
Non azzardarti mai più a parlare di mia madre.” sibilò il rosato e nell’istante in cui sollevò il braccio sinistro Rin chiuse gli occhi aspettandosi un colpo.
Ideki, invece, gli poggiò la mano sulla testa e lo rimise a terra. Quando il bimbo riaprì gli occhi il volto del ragazzo era tornato calmo.
“Non ho voglia di litigare. Torniamo a casa.” disse mogio il rosato, e tenendolo saldamente per un braccio prese a trascinarlo di peso.
“Io non voglio andarci a casa! Mollami! Lasciami!” urlò furioso il ragazzino divincolandosi nella remota possibilità di riuscire a liberarsi.
La presa del cugino, però, era troppo forte e lui non riusciva a far scivolare il suo braccio oltre la sua mano.
“Vuoi lasciarmi andare razza di idiota con le pigne al posto del cervello!” riprese ad inveire piantando i piedi per terra, che però scivolarono sulla neve.
“Se non hai voglia di camminare, ti porto io.” rispose ironico il maggiore, prima di voltarsi e afferrare il piccolo da sotto le ascelle per poi riprendere il suo cammino.
“Prendi questo e quest’altro!” urlava il marmocchio tentando inutilmente di colpirlo con pugni e calci, che anche andando a buon fine non danneggiavano minimamente il rosato.
“La pianti per favore? Non rendere la cosa ancora più difficil… AHO!” urlò di dolore sentendo qualcosa perforargli la carne, e abbassando lo sguardo vide il ragazzino attaccato al suo braccio, con i denti piantati nella sua carne.
La presa si allentò e Rin riuscì a liberarsi e toccata terra si mise a correre il più in fretta possibile.
“Torna subito qui!”
“Va a quel paese!”
“Dannato ragazzino, appena ti metto le mani addosso ti faccio vedere io.” si lamentò il ragazzo prendendo a succhiare quel poco sangue che gli era uscito dal morso.
In un balzo raggiunse il turchino, e subito lo atterrò bloccandolo al suolo.
“Piantala di fare i capricci!”
“Sta zitto! Io faccio quello che mi pare!” gli urlò contro l’altro tentando di liberarsi dalla presa.
Sgusciando riuscì a liberare il braccio sinistro e piantò un pugno nell’inguine del ragazzo, che per il dolore cadde a terra.
“AAAHHIIIOOO! Scemo c-cosa t-ti p-passa per la t-testa?” farfugliò Ideki, piegandosi in due, mentre si portava le mani sui gioielli di famiglia.
Approfittandone Rin si rimise a correre, cercando di allontanarsi il più possibile giunse ad una sporgenza e prese ad arrampicarsi, ma prima che potesse raggiungerne la cima, un paio di mani lo afferrarono e lo trascinarono nuovamente a terra.
“P-preso, f-finalmente. E a-adesso fa il bravo, che ti riporto a casa.”
Rin però non sembrava intenzionato a stare fermo, e Ideki ne aveva abbastanza delle sue assurde trovate. In un momento di rabbia lo fece ricadere a terra e gli piantò un calcio nello stomaco, che lo sollevò da terra.
Ricadde con un piccolo tonfo, e il rosato comprese la gravità della sua azione solo dopo averlo visto dimenarsi a terra, tenendosi la pancia con le mani, mentre sputava fiotti di saliva.
“R-Rin. M-Mi dispiace, s-scusa. Ho perso la testa.” si avvicinò poggiando un braccio sull’esile corpicino, ma l’altro gli si avvinghiò alla maglietta e saltandogli addosso lo fece ruzzolare per terra, prendendo a colpirlo sulla faccia.
Ancora sotto shock Ideki rimase immobile facendosi tartassare la faccia dai piccoli pugni, che non gli procuravano altro che un leggero fastidio. All’ennesimo colpo, stanco di subire si drizzò a sedere e spinse il ragazzino a terra.
“Visto che non vuoi darmi retta, scendi quando ti pare.”
“Finalmente lo hai capito che devi lasciarmi in pace.” rispose acido il bambino.
“Non prendertela con me quando ti verrà il raffreddore.”
“Figurati se mi sento male per così poco. Non sono un’incompetente come te.”
“Già, sei solo un moccioso presuntuoso, dalla lingua lunga, capace solo di far piovere tutti i giorni.” rispose l’altro, prima di voltarsi ed imboccare il sentiero.
Rin rimase a fissarlo, il sorriso sul suo volto era scomparso, e la sua faccia era contratta in una smorfia rabbiosa. Partì a corsa verso il più grande, avvinghiandosi alla sua schiena. Quest’ultimo non aspettandosi tale reazione non riuscì a difendersi e cadde a terra.
Rotolarono un paio di volte l’uno sull’altro, quando Ideki si ritrovò nuovamente su di lui e Rin comprese di non avere più le forze per riuscire a liberarsi, prese a muoversi divincolando le braccia e spostando la testa da un lato all’altro.
Fu in quel momento che scorse, poggiato a pochi centimetri dal suo braccio sinistro un qualcosa di grigio, che stonava con il classico colore della neve.
Veloce senza farsi notare afferrò l’oggetto, esso si dimostrò alquanto duro e spigoloso, ma non ci fu il tempo per comprendere cosa effettivamente fosse.
Facendo appello alle poche energie rimaste, riuscì a liberarsi e sollevata la mano piantò l’oggetto contundente contro la tempia del cugino.
La pietra dalla punta particolarmente acuminata perforò la pelle della testa del ragazzo, che sentendo il colpo improvviso allentò la presa e, spalancando la bocca per il dolore, gridò. Sollevò una mano e se la portò alla testa, dopo aver lanciato via la roccia con una manata.
Non servì lo sguardo sorpreso e spaventato di Rin a fargli intendere la gravità della ferita, avvertì solo qualcosa di caldo colargli giù lungo il lato della fronte, poi riportandosi la mano davanti agli occhi si ritrovò il palmo impregnato di sangue.
Chiuse la mano, disgustato dalla vista del liquido rosso, poi i suoi occhi ricaddero sulla piccola figura e la sua faccia si contrasse in una smorfia.
“Tu, piccolo…” sentì la temperatura del proprio corpo aumentare, al punto che la neve intorno a lui prese ad evaporare facendolo ricadere sul terreno sassoso sottostante.
Il suo corpo venne completamente circondato da un muro di fiamme nere, mentre Rin lo fissava con la bocca spalancata e gli occhi dilatati.
Ideki sollevò una mano e un fascio di fiamme partì contro il bambino, che paralizzato rimase ad attendere l’attacco.
Il colpo lo superò, mancandolo di striscio e si disperse alle sue spalle producendo un forte boato. Lentamente, ancora tremante il turchino si voltò, e i suoi occhi si spalancarono ulteriormente alla vista di tutta quella distruzione: l’intera area circostante era ricoperta da un ampio strato di fiamme nere, che continuavano a bruciare gli alberi, a sciogliere la neve e non si fermavano nemmeno di fronte alle rocce, arrivando a ridurle in frammenti.
“Spero che come avvertimento ti sia bastato.” tuonò Ideki facendolo voltare di scatto.
Il suo corpo era tornato normale e le fiamme si erano spente, ma i suoi grandi occhi rossi squadravano ancora con cattiveria il bambino.
“M-Mi dispiace.” farfugliò quest’ultimo.
Il rosato, però, ancora furioso non gli prestò attenzione, lo superò e prese a correre giù per il sentiero.
Dannazione! Guarda a che punto mi ha portato! Cazzo, mi fa male la testa! Meglio lasciarlo da solo, se rimango lì rischio di perdere la testa e fargli veramente male.
Sconsolato e frustrato si incamminò verso casa.
“Mi sa che la chiacchierata non è finita molto bene.”
Sollevò la testa e si ritrovò davanti la figura di Storm, che gli sorrideva mesto.
“Non vuole parlare con nessuno.”, “Quello te lo ha fatto lui?” chiese il figlio di Gray indicando la ferita alla testa che ancora non voleva saperne di smettere di sanguinare.
“È stato un incidente, non voleva farmi male.”
“Tu, invece?”
“Io cosa?”, “Gli hai fatto qualcosa?”
A quella domanda abbassò la testa, si vergognava di dover rispondere delle sue azioni. Ma non lo aveva fatto a posta, Rin lo aveva portato allo sfinimento e in fondo lo aveva solo un po' spaventato e gli aveva dato un calcio, non era nulla di grave.
“Forse ho un po' esagerato, mi dispiace.”
“Tranquillo.” gli rispose l’altro mettendogli una mano sulla spalla, “Mio fratello è fatto così. Farebbe finire la pazienza a chiunque.”
“Cosa facciamo? Lo lasciamo la sopra?”
“Di quello non devi preoccuparti, la mamma ha detto che ci andrà a parlare lei. Noi intanto andiamo al mercato a comprare un nuovo albero e delle nuove decorazioni. Ma prima fatti medicare quella ferita.”
“D’accordo.” disse sorridente seguendo il cugino in una delle strade della città.
“Sayla ha smaltito la rabbia?”, “Ci sta pensando papà a fargliela passare. Una o due ore di allenamento insieme e le tornerà subito il sorriso.”
“Speriamo.”
 
La pioggia cadeva fitta sopra la sua testa, ma lui non se ne curò. Oramai era abituato a fare i conti con quel fenomeno atmosferico e tutti i problemi che gli causava.
Non che odiasse la pioggia, anzi, gli piaceva molto ritrovarsi completamente zuppo sotto una cascata d’acqua, lo faceva sentire in sincronia con il suo elemento e lo rendeva più sicuro di sé. Tante volte durante giornate di pioggia era riuscito a battere Nash durante le loro solite risse. Senza di essa non riusciva proprio ad attivare il suo elemento, sembrava volesse manifestarsi solo quando cadeva l’acqua dal cielo.
Questo era uno dei motivi per cui amava quel fenomeno, rappresentava per lui un momento in cui si sentiva veramente forte! Lui era forte quando pioveva, il suo corpo si unificava all’acqua ed essa cambiava forma a suo piacimento.
Quando il cielo era sereno non riusciva neanche a muovere il liquido contenuto in un bicchiere.
Strinse i pugni, portandosi la testa vicino alle ginocchia, mentre cercava di far smettere il dolore al petto. Quello stupido di Ideki c’era andato giù pesante, ma alla fine ad averla spuntata era stato lui.
Fanculo suo cugino, fanculo sua sorella, fanculo tutti!
Scosse la testa cercando di far smettere il prurito agli occhi. Sapeva bene cosa volesse significare e non aveva alcuna voglia di provare quella sensazione. La rabbia per lo scontro appena avuto era ancora troppa, l’adrenalina non aveva ancora abbandonato il suo corpo.
Aveva vinto lui! Ideki era scappato con la coda tra le gambe e la testa sanguinante. Lui si era dimostrato più forte e tenace!
E allora perché? Perché nonostante avesse messo in fuga il suo avversario, nonostante si fosse dimostrato superiore, nonostante la pioggia che continuava a cadere dovesse procurargli un buon umore… perché non riusciva a fermare le lacrime?!
Doveva essere felice! Sayla non sarebbe venuta a tormentarlo e se anche fosse venuta l’avrebbe accolta come merita. Non gli importava di quello che avrebbero detto i suoi genitori, loro erano bravi solo a parole. Quel rompiscatole di suo cugino se n’era appena andato, e lui non era certo preoccupato per quello che gli aveva fatto! Figuriamoci se si metteva a frignare come un bambino alla vista di qualche macchia di sangue!
Come a farlo a posta una goccia più grande delle altre gli appannò il bulbo oculare sinistro, costringendolo a strofinarselo.
Doveva essere preoccupato per quello che avrebbe pensato di lui la sua famiglia?
Da quando gli importava?! Loro non riuscivano mai a capirlo!
Non era colpa sua se pioveva sempre! Non era colpa sua se la pioggia gli piaceva!
Perché cavolo sua madre continuava a raccontargli di come l’incontro con suo padre avesse dissipato le nubi che attorniavano il suo animo?
A lui quelle nuvole temporalesche piacevano! Non voleva che sparissero!
Quelle erano l’unico modo che aveva per poter essere come tutti i suoi compagni di gilda!
Come avrebbe potuto affrontare Nash o Blake se la pioggia avesse smesso di cadere? Era l’unico meccanismo che conosceva per poter usare la sua magia. Se quelle nuvole fossero sparite si sarebbe ritrovato, come anni prima, impossibilitato ad usare il suo potere.
Come avrebbe fatto un giorno a battere Storm e a rinfacciargli tutta la sua stupida perfezione?
Lui sarebbe stato migliore di suo fratello! Non sarebbe rimasto per sempre la sua ombra! Avrebbe superato sia lui sia Sayla, e sarebbe diventato il più forte!
Se considerava questa possibilità, cosa gli importava se tutti quelli che lo conoscevano gli stavano lontani o non lo invitavano alle feste di compleanno.
Chi se ne fregava se i suoi compagni di classe lo definivano un Ameotoko. Lui era più forte di loro, non aveva bisogno della loro compagnia! L’unica cosa che contava era mantenere intatte le nuvole nel suo cuore!
“La mamma è un’idiota. Pensa che liberandomi dalla pioggia sarò veramente felice, ma che me ne faccio del sole se non posso più usare la magia?!”
Un altro lacrimone gli rigò il viso, ma non ci fece caso perché esso si fuse subito dopo con l’acqua piovana che gli inzuppava la faccia.
Non voleva rinunciare alla possibilità di essere un mago! Mai e poi mai avrebbe voluto tornare a non poter lanciare incantesimi.
In quel periodo tutti i suoi familiari gli sorridevano cercando di incoraggiarlo con parole vuote come:
Vedrai che presto ci riuscirai anche tu.”, “Un po' di allenamento e imparerai a controllare l’acqua e il ghiaccio.”, “Vedrai, crescendo diventerai più bravo perfino dei tuoi fratelli.”
Una marea di stronzate, dette solo per incoraggiarlo e illuderlo. Non era mai riuscito ad imparare la magia del ghiaccio, ci aveva provato innumerevoli volte e non era servito a nulla. Quella dell’acqua era stata anche peggio, più volte aveva tentato di trasformare il suo corpo in una pozza, ma niente.
E ancora tutti ad incoraggiarlo, mentre sotto sotto sé la ridevano di tutti i suoi fallimenti.
I suoi fratelli andavano avanti, Storm aveva undici anni e già sapeva controllare alla perfezione la magia della mamma, era pure diventato un mago di classe S a soli sette anni! Il risultato migliore raggiunto da chiunque, negli ultimi decenni.
Tutti erano stati contenti, avevano gioito, si erano complimentati. Per lui quella promozione di suo fratello era parsa come una pugnalata al cuore.
Non solo non era in grado di usare la magia, ma addirittura il suo obbiettivo si allontanava sempre di più e lui non era assolutamente in grado di stargli dietro.
Poi fu il turno di Sayla, che in un batter d’occhio apprese la magia del Devil Slayer del ghiaccio e anche lei si allontanò di nuovo.
Quando Ideki venne a vivere da loro, si sentì sollevato nel constatare che non era l’unico fallimento come mago. Sorrise nel vedere suo cugino fallire miseramente nell’apprendere la magia del ghiaccio e poi quella dell’acqua.
Ma la sua gioia si tramutò in invidia e rabbia, quando seppe che il ragazzo aveva appreso un’antica magia. Una magia completamente diversa da quella tipica della loro famiglia, ma comunque un tipo di magia potentissimo.
Ormai ci stava rinunciando, era quasi deciso a lasciare la gilda; quando, un giorno d’autunno, di ritorno da scuola non si mise a piovere.
Aveva scordato l’ombrello a casa, ma decise di non attendere lo smettere della pioggia e partì a corsa verso casa.
Fu in quel momento che maledicendosi per non essersi portato un ombrello, qualcosa comparve a coprirgli la testa.
La sua sorpresa fu immensa quando sollevando il capo si rese conto di aver creato con l’acqua piovana una specie di riparo.
Da lì partì il suo duro allenamento, ogni volta che pioveva usciva fuori e si allenava ad imparare ad usare la magia dell’acqua e ogni qual volta la pioggia si interrompeva anche la sua magia smetteva di funzionare.
Desiderò che piovesse sempre, che non smettesse mai, che la possibilità di allenarsi si presentasse sempre. Alla fine, riuscì a far piovere.
Non riusciva a controllarla, ma non gli importava. Aveva capito che ogni qual volta provava una strana sensazione di fastidio agli occhi e un tremendo vuoto al petto essa compariva e inondava, anche per ore il territorio circostante.
Nessuno fu felice di questa sua nuova abilità, in molti gli chiesero di smetterla, i suoi genitori cercarono di ‘aiutarlo a stare meglio’, ma lui non si fece condizionare.
Se a loro, questa sua capacità, non piaceva non era un suo problema. Che si mettessero il cuore in pace, lui non si sarebbe fermato!
E la pioggia, anzi quella che poco prima era pioggia, e che ora si era trasformata in una tempesta di neve, continuava a cadere e a cadere, sempre più fitta, al punto che fu quasi tentato di tornarsene a casa. Ma sapeva bene che anche al chiuso non sarebbe scomparsa. Doveva solo smettere di piangere, non ne aveva alcun motivo. Doveva solo tornare ad essere felice di poter far piovere o nevicare ininterrottamente.
Non doveva pensare a cosa gli aveva detto sua sorella quella mattina, non doveva importargli quello che suo cugino era venuto a fare lì.
Lui non aveva alcun bisogno della loro compassione o dei loro rimproveri.
La pioggia gli piaceva e questo lo aveva sempre saputo, e allora perché non riusciva a smettere di piangere?
Perché desiderava nel profondo del suo cuore che qualcuno salisse su quel monte e lo trascinasse giù, che gli dicesse che anche lui era importante, che gli voleva bene e che non aveva bisogno di distinguersi dagli altri?
Perché aveva bisogno di far piovere per farsi notare dagli altri? Perché se si fosse fermato nessuno lo avrebbe più guardato? Perché lo avrebbe semplicemente classificato come il terzo genito della famiglia Fullbuster? Anzi lo avrebbero etichettato come il fallimento della famiglia Fullbuster!
Dopo due risultati tanto soddisfacenti come Storm e Sayla, lui si era dimostrato la nota fuori dal coro, l’ultima ruota del carro, il prodotto fallato.
Eppure, cosa aveva di diverso dai suoi fratelli? Cosa aveva di diverso dagli altri maghi della gilda? Perché doveva piovere sempre per far sì che fosse in grado di usare la magia come gli altri?
Perché continuava ad illudersi che tutto andava bene? Che la pioggia gli piaceva? Che apprezzava ritrovarsi zuppo dalla testa ai piedi?
Quel suo stupido orgoglio, perché non voleva fargli ammettere quello che sapeva da anni: lui odiava da sempre la pioggia!
Voleva solo essere come gli altri, ma per quale motivo per raggiungere tale scopo doveva soffrire tanto?
Per quale motivo più provava ad assomigliare ai suoi compagni più si sentiva emarginato?
Perché non poteva semplicemente ammettere che le parole di sua madre erano vere: ogni volta che pioveva sentiva un vuoto al posto del petto, gli occhi gli bruciavano, le lacrime scendevano e un nodo gli si formava all’altezza dello stomaco.
“Stupida Sayla, stupida festa di Natale e stupido albero! È solo colpa vostra!”
Chiuse gli occhi e si portò la testa tra le gambe, mentre i ricordi di qualche ora prima riaffioravano alla mente:
Era seduto sul divano a guardare l’albero di Natale, che il giorno prima sua sorella e sua madre avevano addobbato. Più lo guardava più si chiedeva che cosa ci fosse da essere felici nel ricoprirlo di palline colorate.
A lui sembrava solo una vecchia pianta, resa ancora più brutta da tutte quelle decorazioni.
In realtà non gli piaceva la festa in sé, la trovava stupida e poco realistica. Non aveva mai creduto a Babbo Natale a differenza di quello stupido di Nash, ma non gli aveva mai svelato la verità. In realtà voleva farlo, anche solo per ripicca, per tutte le volte in cui avevano fatto a botte, solo per vedere la sua reazione; ma sua madre lo aveva avvertito, se avesse osato fare una cosa simile sarebbe rimasto in punizione per un anno intero.
Così si era semplicemente accontentato di prenderlo in giro, quando non c’era. Anche se questo gli toglieva gran parte della soddisfazione.
Ma che poteva farci se lui non sopportava quella stupida festa?!
Come biasimarlo? Tutto quel sentimentalismo, tutti quei suoi coetanei che si eccitavano per qualche stupido regalo trovato sotto l’albero la sera prima. Tutti quei giocattoli inutili e fatti solo per tenere occupati i bambini più stupidi e ingenui.
Lui non aveva mai avuto bisogno di queste cose. Voleva solo poter controllare la sua magia, ma quando lo aveva chiesto a Babbo Natale, -anzi aveva finto di chiederlo a quel vecchio immaginario, rivolgendosi nella sua letterina a suo padre e sua madre-, il risultato era stato uno stupido pupazzetto in legno, che non rispecchiava per nulla la sua richiesta, e una stupida scusa:
“Mi dispiace tesoro Babbo Natale non ha potuto realizzare il tuo desiderio, ma guarda che bel giocattolo ti ha portato.” gli aveva detto sua madre tutta sorridente porgendogli il bambolotto.
Lui se lo era rigirato un paio di volte tra le mani, poi quando nessuno lo guardava lo aveva gettato nel caminetto e lo aveva guardato fin quando la sua figura non era scomparsa mischiandosi con il resto della cenere.
Non aveva provato alcun rimorso nel farlo, e dopo quella volta non aveva più voluto alcun regalo di Natale e aveva pure smesso di festeggiarlo.
Se solo quelle stupide decorazioni non fossero state appese alla casa ogni anno, si sarebbe facilmente dimenticato di quell’ennesima delusione.
“Ti piace il mio albero?” gli aveva chiesto sua sorella, ridestandolo dai suoi pensieri.
Era rimasto muto tornando a guardare la pianta, poi aveva sorriso: “Mi piace così tanto che mi fa venir voglia di vomitare.”
“Ma come osi!” aveva urlato Sayla e lui aveva sorriso con ancor più convinzione.
“Perché ti lamenti? Ti ho appena detto che mi piace.”
“Va a quel paese.”, “Sei sempre la solita maleducata. Se volevi che ti dicessi che non mi piace bastava chiedere: guardarlo mi fa bruciare gli occhi, e solo al pensiero che ci avete messo un pomeriggio intero per montare quell’obbrobrio mi fa sbellicare dalle risate. Povero Babbo Natale speriamo che non lo scambi per una pattumiera e lasci lì sotto i regali.”
“A te che importa?! Uno che è sulla lista dei cattivi non ha diritto ai regali.”
“Sulla lista dei cattivi? Guarda che ti sbagli, io non ricevo regali perché non ne ho bisogno. Non sono un rimbecillito come te e Storm, che alla vostra età credete ancora a Babbo Natale. Io dei suoi stupidi regali, come di questa festa non me ne faccio niente!”
“E’ un tuo problema.”
“Già, ma spero che presto qualcuno si renda conto dell’inutilità di questa festività e l’abolisca.”
“A tutti piacerebbe non avere più niente a che fare con quello che non apprezziamo. Guarda noi, che tutti i giorni dobbiamo sopportare te e la tua stupida pioggia.”
“Oh, che tristezza. Mi dispiace tanto arrecarvi tutto questo disturbo, ma come hai detto te: è un vostro problema!” gli aveva risposto acido.
“Speriamo allora che Babbo Natale esaudisca il mio desiderio.”
“Di che parli?”
“Oh, nulla d’importante. Ho solo chiesto come regalo di Natale, che smettesse di piovere, e che finalmente smettessi di darti tante arie. Spero proprio si realizzi, non vedo l’ora di vederti impossibilitato ad usare la magia.”
Dolore!
Aveva provato un dolore tremendo a sentire quelle parole. Istintivamente si era portato una mano al petto, cercando di farlo smettere.
Non poteva credere a quello che sua sorella aveva appena detto.
Quella schifosa sperava di liberarsi finalmente di lui! Temeva la sua forza nascente. Era ricorsa ad un espediente tanto ridicolo, quanto assurdo per dirgli che lo avrebbe lasciato indietro, che lo avrebbe superato, che lo avrebbe riportato a quella situazione iniziale di impotenza.
Una nuvoletta scura era comparsa in salotto e un fulmine era partito da essa colpendo in pieno l’albero di Natale, che subito aveva preso fuoco. Esso si era spento in un attimo a causa della pioggia, che non aveva più smesso, nemmeno dopo che la pianta era caduta sul pavimento…
Un’altra lacrima gli solcò il viso e un tuono lo fece sobbalzare. Sollevò la testa verso il cielo e vide la nube ancor più grande e nera di poco prima, continuare ad espandersi per tutto il cielo fino quasi a raggiungere la città.
Se io non posso avere un Natale felice, perché gli altri se lo meritano?” sorrise a tale pensiero e in corrispondenza la nuvola crebbe ancora e la pioggia aumentò. La temperatura calò ancora ed essa si congelò all’istante.
Ciò che cadde sulla testa di Rin, però, non fu neve ma grandine. Lui però non se ne curò ed ignorando il dolore di quei piccoli e fitti frammenti di ghiaccio, tornò a nascondere la testa tra le gambe.
“RIN-SAMA! TESORO, DOVE SEI?”
L’urlo gli fece alzare la testa e a pochi metri di distanza, con la grandine a coprirle la visuale distinse la figura di sua madre. Che nonostante la tempesta continuava a venire avanti.
Quando fu a pochi centimetri di distanza da lui, si inginocchiò e con fatica gli si trascinò vicino: “Rin-sama, su fai il bravo, torna a casa con Juvia.”
“Mamma? Cosa ci fai qui?”
“Juvia è venuta a prenderti. Su ferma la grandinata, prima che arrivi in città e faccia danni.”
Il volto del bambino si incupì e il vento prese a soffiare con forza, procurando un brivido alla donna.
“Lasciatemi in pace! Non sono io che devo smetterla di far piovere, siete VOI che dovete smetterla di chiedermelo.”
“Rin-sama, Juvia capisce come ti senti e vuole solo aiutarti, permettile di farlo.”
“Aiutarmi! Aiutarmi! Tu vorresti aiutarmi mamma?! Tu sai qual è il mio problema, lo hai sempre saputo, ma fino ad ora lo hai completamente ignorato!”
“J-Juvia ha sempre cercato di rendersi utile, ma se prima tu non le aprì il tuo cuore lei non può aiutarti.”
“Forse, speravo foste voi a fare la prima mossa?! Forse speravo che in questo periodo continuaste ad incoraggiarmi, invece di tapparmi le ali?! Io non sono come i miei fratelli! Ma anche io avevo bisogno del vostro aiuto e voi mi avete ignorato!”
“Non è vero! Juvia non voleva che tu continuassi a soffrire, per questo ha cercato di mandare via la pioggia.”
“Che ne sai, se io soffrivo perché c’era la pioggia?! Io non sono te, a te non piaceva, ti vergognavi, ti faceva allontanare dagli altri! Ma per me questo è l’unico modo per essere come gli altri! È l’unico modo per essere veramente felice!
Se spunta il sole, ma esso si porta via anche la mia magia, che senso ha vederlo? Se d’avvero è solo con la pioggia che io posso essere un mago, allora non vedrò più il sole!”
“Ragiona, Rin. Non ci sei solo tu sotto questo cielo! Non puoi privare le persone di quello che amano.”
“Invece posso, e lo farò se necessario! A quelle persone non è mai importato nulla di me, perché a me dovrebbe importare di loro?”
“Perché non è vero, che non gli importa di te! Per Juvia, per Gray-sama, per Sayla, per Storm e per tutta Fairy Tail tu sei importantissimo! Hanno sempre cercato di renderti felice e sono molto tristi per non esserci ancora riusciti!”
“Non è vero! Tutti voi mi avete solo impedito di raggiungere il mio potenziale! Sono nato senza alcuna attitudine ad apprendere la magia, ma quando finalmente ci sono riuscito tutti voi, invece, di incoraggiarmi mi avete bloccato. Mi avete allontanato! Non è colpa mia se piove sempre! Ma se è l’unico modo per essere felice allora che sia!”
“E la pioggia rende d’avvero Rin-sama felice? Figliolo ti senti davvero felice ad essere allontanato da tutti, a non essere invitato dai tuoi amici alle feste o alle gite scolastiche? Pensi d’avvero che quel vuoto che hai nel cuore non sia dovuto a questo? Oppure, hai una spiegazione al perché ogni volta che piove scoppi a piangere?”
Rin sentì un nodo stringergli la gola e non riuscì più a sostenere lo sguardo di sua madre. Aveva ragione lei? Si era d’avvero sempre illuso che il suo mal essere dipendesse dagli altri? E se esso non fosse solo il risultato di quel senso di inferiorità che provava ogni singolo istante in cui si trovava vicino ai suoi fratelli o a tutti i suoi amici?
“E’ COLPA VOSTRA!” scoppiò in lacrime, e la tempesta aumentò portando Juvia a creare un gigantesco scudo per coprire entrambi.
“E’ solo colpa vostra se mi sento sempre così! Io non volevo nascere diverso! Voglio solo essere come tutti gli altri! Perché sono tutti più abili di me? Perché non riesco ad usare la magia? Perché solo quando piove ci riesco? Perché non potete accettarmi così come sono?”
Chiuse gli occhi sperando di non vedere più sua madre, che sparisse e lo lasciasse solo con il suo dolore, che tornasse a concentrarsi sui preparativi per la festa.
Invece, avvertì qualcosa di caldo stringerglisi in torno e una volta aperti gli occhi vide sua madre avvinghiata al suo corpo, con la testa sulla sua spalla e le braccia chiuse intorno alla sua schiena.
“Sing… sing… perdona Juvia. Lei non voleva ignorare la tua sofferenza, è che non riusciva a comprendere come qualcosa di cui lei avrebbe sempre voluto far a meno si rivelasse così importante per te. Juvia non sa perché hai questo problema con la magia, ma lo ha ignorato per troppo tempo. D’ora in avanti ci impegneremo insieme per capirlo. Ma ti prego figliolo, non pensare che essere diverso dalle altre persone voglia dire essere inferiori. Tu non vali meno di nessun altro, hai capito? Per Juvia tu sei importante come Storm-sama e Sayla-sama.
Juvia ti aiuterà a cacciare le nuvole che albergano nel tuo cuore, e stai sicuro che un giorno anche tu potrai rivedere il sole, e lo farai come mago.”
Si staccò dall’abbraccio, asciugandosi un occhio con le dita delle mani, mentre guardava suo figlio, che per la prima volta dopo tanto tempo iniziò a tremare come una foglia.
“M-Mamma. I-io v-vog… sob… sob… voglio… che m-mi aiudi…. Wheeeeeaa!” scoppiò in lacrime e le si fiondò addosso. Premendo la faccia contro il suo petto, mentre avvertiva le sue mani carezzargli la schiena.
C’era voluta un’attesa infinita, ma finalmente qualcuno era venuto ad ascoltarlo, finalmente era riuscito a dire ad un’altra persona tutte le paure che gli balenavano in corpo. Non capiva bene perché avesse avuto così tanta paura di farlo, adesso che c’era riuscito si sentiva come liberato da un grande peso.
E adesso quello strano vuoto si stava lentamente riempiendo e il suo corpo riusciva di nuovo a godersi il calore.
Il cielo sopra le loro teste si aprì, la nube gigante prese a scomparire, la grandine aveva già smesso di cadere e da Magnolia si poté scorgere solo da lontano.
“Sembra che la mamma ce l’abbia fatta.” sorrise Storm, guardando il cielo pomeridiano brillare di un bellissimo azzurro, illuminato da un sole ancor più splendente del solito.
“Meno male, temevo non gli sarebbe più passata l’arrabbiatura.” disse Ideki, “Speriamo che per una volta riesca a godersi questo periodo dell’anno.” bisbigliò.
“Questo è un primo passo, ora dovremmo capire in quale strada lo porterà. Una cosa è certa, questo Natale sarà completamente diverso dagli altri.” disse Storm, prima di incamminarsi verso la successiva bancarella.
 
Quella stessa sera seduto sul pavimento Rin si mise di buona volontà e prese a riaddobbare il nuovo albero, sotto la supervisione della madre.
“Bene, ti sei deciso a rimettere le cose a posto.” disse Sayla entrando nella stanza.
“Sayla-sama.” la richiamò la madre e dal tono la ragazzina comprese di essere nei guai.
“S-Si, m-mamma?”
“Cosa hai da dire a tuo fratello?”
“Ehm, che non deve più rovinare le cose degli altri…?”
L’occhiataccia di Juvia la fece tacere: “Perché non riprovi?!”
“Ehm, v-volevo d-dire, che hai sbagliato a rovinare l’albero, ma non lo hai fatto a posta. E poi ti chiedo scusa per averti offeso.”
“Scusa, non credo di averti sentito.” disse Rin volgendone un orecchio, come ad indicare che ripetesse.
“HO DETTO, CHE MI DISPIACE AVERTI OFFESO E ATTACATO!”
“Ouh, guarda che non c’è bisogno di urlare a quel modo, ci sento bene.”
“Tsk.”
“E tu Rin-sama, non hai nulla da dire a tuo cugino?” chiese Juvia, indicando il ragazzo seduto sul divano, che aveva legata sulla fronte una fascia bianca.
“Ecco, mi dispiace averti colpito con un sasso. Però, anche tu potevi non abbassare la guar… Aho!” si interruppe sentendo la madre tirargli l’orecchio.
“Quando ci vuole, ci vuole.” disse Juvia.
“Non fa niente Rin.” intervenne Ideki sorridendo, “Gli incidenti capitano, specialmente quando fai a botte. E poi anch’io devo scusarmi, per averti dato un calcio.”
“Già quello mi ha fatto…” si interruppe di nuovo, vedendo la faccia di sua madre accigliarsi.
“Comunque, per farmi perdonare io e Storm ti abbiamo fatto un regalo.” continuò il rosato e subito dopo nella stanza entrarono Storm e Gray.
Il ragazzo porse un pacchetto colorato in mano al fratello e disse: “Buon Natale, Rin.”
Il bimbo se lo rigirò per un po' tra le mani, non essendo sicuro che il contenuto gli sarebbe piaciuto.
“Avanti, aprilo.” lo incoraggiò il padre, “Ti assicuro che ti piacerà molto.”
Tolto il fiocco, strappò malamente la carta da regalo rossa e poi si rigirò l’oggetto tra le mani.
Un libro, non particolarmente grande, ma molto spesso. Sulla copertina era scritto il titolo: “MANUALE PER L’APPRENDIMENTO E IL CONTROLLO DELLA MAGIA DELL’ACQUA.”
“Che roba è?”
“Un libro che abbiamo comprato al mercatino.” disse Ideki,
“Sai, c’è la sezione libri antichi gestita dallo zio Freed e dalla zia Levy. Quando ho letto il titolo ho pensato subito a te, credo che potrebbe esserti utile.” concluse Storm.
“Mi stai dicendo che in questo libro c’è la risposta al mio problema?” chiese speranzoso il ragazzino, guardando suo fratello che gli sorrise facendo un cenno affermativo con la testa.
“Molto probabilmente sì.” intervenne Gray, “E se anche lì non ci sarà nulla, continueremo a cercare fin quando non troveremo una soluzione.” disse Sayla carezzando la testa del suo fratellino.
“G-grazie.” rispose quest’ultimo cercando di non scoppiare a piangere.
“Che fai? Ti metti a piangere, frignone?” chiese la turchina.
“Non sono un frignone! Scostumata!” gli urlò contro l’altro.
E sotto lo sguardo divertito e le risa del resto della famiglia, iniziò l’ennesimo litigio trai due.

Nota d’autore: ecco qui il capitolo quattro! Questo capitolo è dedicato alla famiglia Fullbuster e se devo essere onesta, oltre al precedente è quello che mi è piaciuto di più scrivere. Anche se spero di aver rispettato il prompt (mi sono un po' districata tra neve e pioggia, spero non sia un problema XD).
Mi sono anche accorta, che in quasi tutti questi capitoli a svolgere un ruolo predominante nell’aiuto dei propri figli sono le madri, mentre i padri sono un po' messi in secondo piano. Mi sento un po' in colpa per averli dipinti tutti così, ma non l’ho fatto intenzionalmente, erano esigenze di trama.
Parliamo però dei protagonisti del capitolo: Rin è sempre stato, almeno a mio avviso il membro della famiglia Fullbuster messo sempre in secondo piano, anche più della presunta figlia di Gruvia (l’ho chiamata Sayla, perché Sylvia come nome non mi piace tanto e perché mi suonava bene in quest’altro modo).
Il motivo per cui Rin è così messo in secondo piano, è forse perché Storm/ Greige è il figlio canonico, disegnato da Mashima e perché di contro ai figli maschi si ipotizza anche l’esistenza di una possibile figlia femmina. Quindi in sostanza è raro che il terzo figlio compaia o abbia un ruolo predominante rispetto agli altri due.
Proprio per questo motivo ho deciso di dedicare il capitolo proprio a lui, rivisitando il personaggio e dandogli un’interpretazione più “oscura”. Spero vi piaccia.
Invece, per quanto riguarda Ideki è il figlio, come avrete capito di Lyon e Meredy, e a proposito di quest’ultima, già mi vedo i fan del personaggio che arrivano intenzionati a farmela pagare per averla fatta morire.
Prima di farmela pagare, però chiedo la clemenza di farmi spiegare: il personaggio di Meredy è uno dei miei preferiti, e la Leredy è una coppia che apprezzo abbastanza; ma ho dovuto far morire il personaggio perché mi è necessario a livello di trama. Anche se non posso dire il motivo, perché voglio aggiungerlo in quella fantomatica storia che voglio dedicare alla Next Gen.
Vi prego, quindi di avere pazienza perché un giorno tutto sarà chiarito.
Per adesso saluto e ringrazio tutti coloro che recensiranno e soprattutto leggeranno il capitolo.
Grazie mille e domani.
 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


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Giorno: 22 dicembre
N. pallina: 4
CITAZIONE: Natale è una cospirazione per far sentire i single soli. (Armistead Maupin)
SITUAZIONE: A fa di tutto per baciare B sotto il vischio (BONUS: ma qualcosa va storto).
PROMPT: Sciarpa/guanti

Mira sorrise, era finalmente riuscita a ritrovare quell’oggetto così a lungo smarrito, che in quegli anni era sempre mancato alle vecchie feste di Natale organizzate alla gilda.
Afferrò la grande scatola di cartone poggiandola sul bancone del bar, mentre spostava alcune vecchie decorazioni e altre cianfrusaglie.
Le punte delle sue dita sfiorarono qualcosa di appuntito e il sorriso si allargò, mentre riesumava dal vecchio contenitore una piccola pianta con foglie costellate da punte e piccoli frutti, simili a palline, che la rendevano ancora più bella e appariscente.
“Trovato!” gioì l’albina, sollevando la piccola piantina di vischio sopra la sua testa, in modo tale che tutti i membri potessero ammirarla.
La donna non notò, nella sua eccitazione momentanea, le facce spaventate e sudate di tutti i membri che subito si discostarono o corsero a rintanarsi sotto i tavoli.
“Che succede Mira-sama?” chiese Kinana, avvicinandosi all’albina.
“Guarda.” rispose l’altra, con il viso illuminato, mentre mostrava all’amica il suo nuovo cimelio.
“O-Oh, l-la p-pianta di v-vischio. S-Sono anni che non la vedo.” disse l’altra barista, il cui volto si fece pallido.
“Già, non riuscivo più a trovarlo da quel fantomatico Natale, in cui ne sparsi un centinaio per tutta la gilda e diedi finalmente vita alla mia serie di coppie preferite! Fu un Natale bellissimo!” sorrise radiosa, mentre gli occhi le si illuminavano come a riflettere la luce di milioni di stelle.
“Il Natale più imbarazzante della mia vita.” farfugliò la violetta, ricordando come fosse finita sotto una di quelle piante infernali e fosse stata costretta a dare un bacio a Warren, per fortuna era intervenuto Erik, anche se per il mago delle comunicazioni mentali, quella non era stata proprio una fortuna, visto che il Dragon Slayer del veleno lo aveva colpito talmente forte da farlo schiantare sul soffitto, lasciandolo con la testa incastrata per tutta la durata della festa.
Certo, poi finalmente Erik l’aveva baciata, lanciando minacce a destra e a manca su chiunque avesse osato avvicinarsi a lei, mentre in giro sulle loro teste pendevano quelle piante. E tutto era finito con lei, che per il resto della serata non aveva potuto chiacchierare con nessuno, perché da un lato tutti temevano il suo fidanzato e dall’altro il ragazzo stesso non era molto accondiscendente a farla girare per la gilda.
Non erano stati gli unici, però, a ritrovarsi in situazioni imbarazzanti: Lily e Charle erano finiti sotto il vischio malefico ed erano stati costretti a baciarsi, con grande dolore di Happy, che per la tristezza non aveva toccato pesce per tutta la serata. Juvia aveva inseguito Gray con in mano un centinaio di piante e alla fine era riuscita ad avere il suo bacio, -certo aveva dovuto legare il ragazzo ad una sedia e attaccargli sopra la testa tutte le piante, ma alla fine ce l’aveva fatta! -
Loki aveva tentato di convincere Lucy con l’inganno a baciarlo, ma Natsu gli aveva incendiato il sedere, e lo Spirito era dovuto fuggire inseguito dal mago del fuoco, che lo minacciava ogni secondo di morte.
Gajeel si era assicurato di rendere Jet e Droy incapaci di avvicinarsi a Levy e per farlo non aveva avuto mezze misure: entrambi stesi al suolo. I due si erano consolati più tardi con una sana bevuta e un’abbuffata.
Wendy si era avvicinata a parlare con Romeo e Mira ne aveva approfittato per poggiare sui due la pianta. Imbarazzati i ragazzini si erano scambiati il loro primo bacio sulla bocca, con in sottofondo Gerard e Mest trattenuti a forza da Elsa. Dall’altra parte il giovane mago veniva incitato da suo padre e da Wakaba, ma entrambi usavano termini poco consoni al momento, così il ragazzo non si decideva a baciare la Dragon Slayer. Fu necessario l’intervento di Charle, che spinta per la schiena la padrona e dopo il ragazzo, riuscì a far finire quella situazione a suo avviso ‘imbarazzante e troppo lunga’.
Nemmeno Gerard ed Elsa furono esentati dalle cospirazioni di Mira e mentre la ragazza era intenta a mangiare la sua torta alle fragole, la diavolessa spinse il mago dei Corpi Celesti verso di lei, e grazie ad un lancio da campionessa riuscì ad attaccare al paralume sopra i due ignari ragazzi, il vischio.
Appena gli fu fatto notare entrambi divennero rossi come peperoni, al punto che quasi superarono il colore dei capelli di Elsa. Poi visto che gli altri invitati non si decidevano a lasciarli in pace e nessuno di loro voleva tornare a casa senza aver assistito a quella scena tanto desiderata, i due, costretti anche dagli incitamenti dei rispettivi compagni di squadra si baciarono.
Urla di gioia e contentezza si erano sparse ovunque, ma presto il piano architettano da Mira riprese e quella gioia si trasformò in terrore ed imbarazzo. Caddero sotto i suoi colpi anche Natsu e Lucy, Elfman ed Evergreen, Cana e Baccus, - che Gildars tentò di uccidere in tutti i modi possibili-, Lisanna e Bixlow, - che rivelarono proprio in quell’occasione di stare uscendo insieme, spiazzando tutti i presenti, compresa la Legione del Dio del Tuono-, Meredy e Lyon, Yukino e Sting, - il quale fu minacciato di linciaggio da Sorano, se avesse osato toccare di nuovo sua sorella-, Rogue e Minerva, e perfino Makarov e Polyushika, che ovviamente imbarazzati e offesi da tale scherzo rifiutarono assolutamente di baciarsi, e quando qualcuno si fece avanti facendogli presente le regole della tradizione, la vecchia dottoressa minacciò di fare un’iniezione di massa con una potente bava di rospo, che avrebbe paralizzato tutti per mesi, se non anni. E lì morì la questione.
La festa proseguì con il solito fare caotico, ma il timore del vischio era sempre presente e quell’anno nessuno riuscì a godersi i festeggiamenti, nemmeno Luxus si salvò e fu costretto, con somma gioia dell’albina e del vecchio Makarov, a baciarla davanti a tutti.
“Che cosa hai detto?” chiese Mira, ridestando l’amica dai suoi ricordi,
“No, niente. Mi chiedevo dove lo avessi ritrovato.”
“In questa scatola, dove c’è scritto NON APRIRE. Chissà come c’era finito qui dentro?”
Lo avevo detto io a Macao e Wakaba di bruciarlo! Ma no, no le tradizioni sono troppo importanti, sarebbe stato sacrilegio distruggere un simbolo della festa?! Come no, e adesso a noi tocca risorbirci di nuovo quella situazione imbarazzante!”
Un brivido le corse su lungo la schiena facendola sussultare all’improvviso, stava per dire qualcosa a Mira per convincerla a lasciare la pianta, in modo che potesse distruggerla in un momento di distrazione dell’altra donna, ma una voce giunse alle sue spalle e le impedì di attuare il suo piano.
“Che cosa sarebbe quella robaccia, mamma?” chiese una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta, che superando la violetta tolse dalle mani della madre l’oggetto per osservarlo meglio.
“Questo è un vischio tesoro, te ne ho parlato, ricordi?”
“Ah sì!” esclamò la bionda rigirandosi tra le mani le foglioline appuntite: “E’ quella pianta che si usa per quel gioco assurdo! Bleah, che schifo essere costretti a baciare chiunque ci si trovi sotto in tua compagnia.”
“Non è schifoso, Star. Anzi è molto romantico. Non è forse così Kinana?” chiese la donna volgendo lo sguardo verso la compagna, mentre riprendeva il vischio dalle mani della figlia.
“Eh? Ah, s-si, certo! È molto romantico.”
“E super disgustoso, oltre che imbarazzante!” continuò la ragazzina, mettendosi un dito davanti alla bocca aperta in un chiaro segno di disgusto.
“Ma no, Star. Non credi che sarebbe fantastico se proprio grazie al vischio incontrassi il ragazzo dei tuoi sogni?”
“Ma quale ragazzo dei miei sogni?! Mamma, ti prego cerca di essere realista! Io non ho bisogno di un fidanzato, sono molto più forte di tutti i ragazzi della mia generazione! Al punto che sono il capo del Team più forte di tutti!” rispose orgogliosa la ragazza.
“Guarda che avere un fidanzato non ti rende mica debole.” cercò di convincerla Mira, “Si, ma a me non interessa averne uno. Non c’è nessun ragazzo che possa essere alla mia altezza, né uno che mi piaccia in particolare. E poi papà ha detto che potrò fidanzarmi solo con un uomo, che sia forte almeno quanto lui, se non di più. E sappiamo entrambe che è impossibile.” rise la biondina.
“Dovrò fare un bel discorsetto a tuo padre.” ragionò la donna, mentre faceva scrocchiare le nocche.
“Fa come vuoi, ma sta sicura che non mi vedrai mai dare un bacio ad un ragazzo. Dovesse crollare il mondo io non lo farò!”
“Vedremo tesoro, vedremo.” le sorrise Mira, e il ghigno presuntuoso dell’adolescente vacillò leggermente.
 
Sospirò scoraggiato, mentre si voltava e tornava a concentrarsi su sua madre, che non avendo notato la sua distrazione aveva continuato a parlare ininterrottamente: “E assicurati di salutarlo come si deve, non insultarlo quando lo vedi e dagli il tuo regalo di Natale… hai capito Reiki?”
“Eh? Ah, sì, si cento, mamma ho capito.” rispose poco convinto il ragazzo.
“Cerca di prestare più attenzione, è importante! L’ultimo Natale non hai fatto altro che evitare tuo padre come la Peste, e lui c’è rimasto molto male. Quest’anno voglio che interagiate di più. Quindi dovrai comportarti bene alla festa di Natale, mi sono spiegata?” chiese Elsa seria.
“Certo, mamma, sei stata chiarissima.”
Ma potevi risparmiarti tutto questo discorso: io e papà nell’ultimo anno abbiamo fatto molti progressi e andiamo molto più d’accordo.”
Effettivamente, era proprio così. Da quando Gerard aveva saputo che Elsa era di nuovo in cinta non si era più mosso da Magnolia e anche dopo un anno dalla nascita del bambino, anzi della bambina, non era ripartito con Crime Soierce. Aveva pure considerato la possibilità di trasferirsi stabilmente a Magnolia, per stare più vicino alla sua famiglia, ma a malincuore aveva dovuto scartare quell’opzione. Da quando, infatti, Zeref era stato sconfitto il numero di gilde oscure era diminuito notevolmente, ma negli ultimi anni molte corporazioni oscure erano state fondate, - nulla di preoccupante come lo erano state quelle dell’alleanza Balam, ma comunque da tenere d’occhio e da distruggere per sicurezza. –
Gerard aveva, però, compreso che non poteva lasciare sempre la sua famiglia per dedicarsi al lavoro. Erik stesso glielo aveva fatto notare, accusandolo pure di averlo tenuto lontano da sua moglie e da suo figlio per otto anni. Da quando il Dragon Slayer aveva dato le sue ‘dimissioni’, per rimanere a vivere a Magnolia, l’attenzione di Gerard sulla propria famiglia era cresciuta notevolmente.
Si era reso conto di aver trascurato sua moglie e suo figlio per troppo tempo, e continuava a rammaricarsene tentando in tutti i modi di porvi rimedio.
All’inizio non era stato per nulla facile: Reiki non voleva avere nulla a che fare con lui, dopo che se n’era andato quando aveva solo otto anni. Ma con il passare del tempo i due avevano finito per riavvicinarsi, per riscoprirsi e conoscersi meglio.
E tutto questo era stato possibile solo grazie alla nascita della seconda genita di casa Fernandez, la piccola Rosemary ancora una neonata, -che proprio in quel momento stava riposando nella sua culla al fianco della madre-.
Era stata, senza ancora saperlo, portatrice di calma e serenità nella sua famiglia.
Grazie a lei Gerard era sempre più presente nella vita dei suoi figli e di sua moglie, Reiki aveva dovuto fare uno sforzo e non insultare suo padre in ogni circostanza, per darle il buon esempio, e alla fine era arrivato a comprendere che la presenza del genitore non era affatto male.
Adorava quando lo portava a comprare i dolci nella sua pasticceria preferita, quando si allenavano insieme nel controllo della magia dei Corpi Celesti, quando passeggiavano allegramente per la città, come un qualunque padre e figlio. Era grato anche di avere qualcuno che lo difendesse dalle sfuriate di sua madre: in presenza dell’uomo per qualche oscuro motivo Elsa diventava un angelo ed era pronta a perdonare chiunque, e quando non ci riusciva il ragazzo era certo che a pagarne le conseguenze non sarebbe stato lui, ma suo padre.
Infine, apprezzava avere qualcun altro che lo ascoltava durante le sue sezioni di studio di magia curativa, gli piaceva lavorare con sua zia Wendy, ma apprezzava anche altri pareri o ascoltatori.
In sostanza, ormai da un anno il loro rapporto era pressoché ricostruito, certo c’erano momenti imbarazzanti tra i due, o comunque situazioni in cui Reiki sentiva dolergli l’antica cicatrice, che aveva afflitto per anni il suo animo. Ma, a parte questo, il resto andava a gonfie vele.
Le preoccupazioni di sua madre, quindi erano totalmente inutili, soprattutto in quel momento in cui il giovane aveva altro a cui pensare.
Cercando di non farsi notare riportò la sua attenzione su sua zia Mira, che proprio in quel momento stava appendendo un po' ovunque piccole piantine di vischio. Era incredibile come quella pianta gli procurasse un tale piacere, ma anche una tale ansia. Spostando la testa verso il bancone, vide con la coda dell’occhio la protagonista di tutti i suoi pensieri, seduta su uno sgabello, mentre fissava il soffitto stando ben attenta a non finire sotto una delle piantine, e scrutava con ostilità chiunque le si avvicinasse.
Se solo potessi andare lì, senza rischiare di finire folgorato.” pensò il rosso, mentre nella sua testa si immaginava di finire con la ragazza sotto la magica pianta, ed essere ‘costretto’ a darle un bacio.
Sarebbe stata la gioia più grande di tutta la sua vita!
Poter finalmente baciare la sua cotta, la ragazza che fin da bambina le aveva stregato il cuore, con il suo fare aggressivo ed energico… si, sarebbe stata la migliore esperienza della sua vita!
“Uff… ma perché illudersi?”
“Illuderti di cosa?” chiese sua madre.
“D-Di niente! L-Lascia stare, stavo solo pensando ad alta voce.”
“Ah, ok. Dov’ero rimasta? A sì! Ti stavo dicendo, che…”
Ma ormai l’attenzione del ragazzo era ricaduta preda delle sue fantasie mentali, e le parole di Elsa gli entrarono ed uscirono dalle orecchie come se nulla fosse.
Che bello sarebbe stato poterla baciare! E chissà magari un giorno avrebbe rivelato di provare anche lei un’attrazione verso di lui, magari si sarebbero messi insieme, un giorno si sarebbero sposati, avrebbero comprato una casetta e ci si sarebbero trasferiti, avrebbero avuto una famiglia felice, con tanti bambini e sarebbero invecchiati insieme.
Non si accorse, perso tra i suoi deliri mentali, dell’espressione inebetita che gli era comparsa in volto, né dei suoi occhi che avevano assunto la strana forma di due cuoricini rosa.
“Si può sapere cosa ti prende?” chiese Elsa, mettendo inconsapevolmente fine ai sogni di suo figlio, che tornato alla realtà, per la vergogna di essere stato scoperto divenne rosso come un peperone.
“M-Ma niente, mamma. S-stavo solo pensando a qualcosa di buffo.”
“Sei sicuro che fosse qualcosa di divertente? Non è che magari ti sei preso una cotta per qualche tua amica?”
“Ma che dici mamma! Certo che no! Stavo solo pensando ad una battuta che mi ha raccontato ieri Storm! Non sono ancora interessato a trovarmi una fidanzata!”
“Ah, va bene. Solo che mi sembrava…”
Il ragazzo, però, non la fece finire di parlare: scese dalla panca e si incamminò verso il tavolo dove era seduto il suo migliore amico, dal modo impacciato con cui si diede alla fuga, la rossa comprese di aver fatto centro.
“Certo che in questioni di cuore quei due si assomigliano molto.” sorrise la donna, alla sua bellissima bambina dai capelli azzurri, che riposava felice nella culla.
“Ehi, Rei.” disse Storm, quando se lo vide venire incontro, “Qual buon vento ti porta? Oggi non dobbiamo andare in missione con Nashi.”
“Sssh! Seguimi dietro quella trave, ti devo parlare!” gli bisbigliò Reiki, e l’altro cercando di non farsi notare smontò dalla sua postazione e lo seguì, sotto lo sguardo divertito di Elsa.
“Allora, qual è il problema?” chiese il bluette,
“Il problema è quello!” rispose il rosso indicando il vischio a pochi metri da loro.
“E’ un vischio. E allora?”
“Non lo sai cosa succede se ci si ritrova sotto di esso in questo periodo?”
“Certo che lo so. Ma tranquillo farò attenzione, non voglio far ingelosire Nashi. E mi assicurerò anche di finirci sotto in sua compagnia; quindi, per un po' stalle alla larga o sarò costretto a farti molto male!” lo minacciò Storm, mentre il suo corpo diventava già liquido.
“Scherzi, spero! A me non interessa frappormi tra voi due. Però ho bisogno del tuo aiuto!”
“Del mio aiuto?”
“Si, ecco io, vorrei… ehm… ecco, i-io… ehm…” il suo volto era ritornato rosso come i suoi capelli, e Storm non riuscì a trattenere un sorriso.
Dandogli una pacca sulla spalla, gli sorrise e disse: “Tranquillo, ho capito. Ti sei innamorato di una ragazza e vorresti poterla baciare, ma non ne hai il coraggio. Così vuoi una mano per trascinarla sotto al vischio…”
“Eh! No! Cioè, sì! Cioè, no! Aspetta! NO! SI! Insomma, c-come fai a saperlo?”
“Chiamalo radar dell’amore. Ce l’ho innato.” si vantò il figlio di Juvia, “Ma adesso dimmi, chi è la fortunata?”
Reiki si morse un labbro, trattenendo il fiato, senza riuscire ad aprire bocca o a spiccicare parola. Vedendo che la situazione lo imbarazzava molto il sorriso di Storm si allargò ulteriormente.
“Rilassati, non sono qui per giudicarti. Anzi sono felice che il mio migliore amico si sia innamorato, ma se non mi dici chi è non potrò aiutarti a conquistarla.”
“O-Ok.” rispose il rosso, deglutendo nervosamente, prima di indicare con il dito tremante la ragazza seduta ancora difronte al bancone.
A Storm si spalancò la bocca e gli occhi rischiarono di uscirgli dalle orbite:
“STAR!” gridò non riuscendo a trattenere la sorpresa, ma Reiki gli fu subito addosso e spaventato oltre l’inverosimile gli tappò la bocca con entrambe le mani e lo trascinò nuovamente verso il loro nascondiglio.
“Sssh! Sei pazzo?! Se lo scopre mi ucciderà!”
“No. Se lo zio Luxus, anzi il Master, viene a sapere di questa cosa ti massacrerà e butterà il tuo cadavere giù da un fosso! Ti rendi conto di chi ti sei innamorato! Stiamo parlando di Star! Star, alias la figlia del Master, la maga più potente, spaventosa e pericolosa di tutta la nostra cerchia di amici! Quella più orgogliosa e testarda! La più presuntuosa e sboccata ragazzina di tutta la gilda!”
“Sì, è bellissima non trovi?” chiese Reiki, con gli occhi a cuore, mentre si portava le mani cinte sotto il volto e sospirava innamorato.
“Tu non stai bene!”, “Avevi detto che non mi avresti giudicato!”
“S-si, ma non mi aspettavo certo questo!”
“Quindi non vuoi più aiutarmi?” domandò l’altro scoraggiato.
“Ti sembra che abbia detto questo?” ghignò Storm, “Lascia fare a me, Rei! Vedrai che prima che tramonti il sole avrai il tuo bacio!”
“Grazie Storm, sei il migliore amico che qualcuno possa avere!” lo abbracciò forte il rosso, rischiando di rompergli la spina dorsale per la troppa pressione.
“S-Si, v-va bene, m-ma adesso mollami! M-mi stai uccidendo!”
Lasciatolo andare, i due uscirono da dietro la trave e si misero ad un tavolo a discutere del piano da attuare: era indispensabile far finire Star sotto il vischio e assicurarsi che Reiki fosse pronto a raggiungerla.
Più facile a dirsi che a farsi!
Star aveva preso molto seriamente le parole di sua madre, prendendo i commenti di Mira come un affronto, e quindi una sfida, al suo orgoglio. Non si sarebbe lasciata avvicinare da nessuno quel giorno, figuriamoci da Reiki. I due per quanto non fossero propriamente sconosciuti, non avevano interagito molto, se non quando erano ancora bambini. E da quando il figlio di Elsa era entrato a far parte del Team Nashi, che la bionda riteneva il suo unico ostacolo al raggiungimento del titolo di maga più forte della gilda; non voleva più avere nulla a che fare con lui, e lo evitava in ogni modo possibile, cacciandolo anche a suon di saette e fulmini.
Era anche vero che Star tollerava la presenza di poche persone, solo sua cugina Cristal, e gli altri membri del suo Team, vale a dire Ideki, Gale e Zack, erano ben voluti dalla ragazzina, gli altri non la interessavano minimamente, o addirittura la infastidivano soltanto.
Reiki poteva considerarsi esente da queste due categorie, forse perché agli occhi di Star valeva meno di niente. Non si era mai dimostrato un grande guerriero, nonostante la forza dei suoi genitori, e preferiva di gran lunga starsene nelle retrovie e sostenere i suoi compagni con Enchant di potenziamento o con le sue doti mediche.
Le sue scarse capacità combattive, o almeno quelle che aveva mostrato fino ad allora, non avevano impressionato la Dragon Slayer di sesta generazione, ma il suo atteggiamento mite, pacato e servizievole, lo avevano reso sopportabile agli occhi della ragazza.
Ma quel giorno sarebbe stato meglio per lui non rivolgerle neanche la parola, o se ne sarebbe pentito amaramente.
Stupida mamma! Accidenti a te e a tutto il tuo romanticismo! Ti farò vedere, chi la spunterà alla fine!” pensò Star, tirando su un sorso del suo succo alla pera, mentre ogni secondo lanciava sguardi alla pianta poggiata a pochi centimetri sopra la sua testa, e poi lo spostava in lungo e in largo per tutta la gilda.
 
“Ok, questo è il piano: io mi avvicino al bancone e ordino un succo di frutta, poi lo rovescio sul pavimento, simulando un incidente. Tu, intanto ti avvicini per aiutarmi e appena Star si allontana le dai una piccola spintarella e vi ritrovate sotto il vischio, tutto chiaro?!”
“Si, ma non sono molto convinto.”, “Non dire così, è un piano geniale con scarse possibilità di fallimento!”
“Si, ma se per esempio non si allontana?”, “Ok, allora facciamo così. Io le rovescio il succo addosso. In quel caso sarà costretta ad alzarsi e mentre va a cambiarsi tu ti avvicini ed è fatta!”
“Ma, non è un po' rischioso?”
“Basta, con tutti questi se e questi ma! Se vuoi il tuo bacio devi fidarti di me!”
Senza attendere una risposta affermativa, Storm si sollevò e si diresse verso il bancone, giunto qui fu bloccato da una mano: “Fermo dove sei!” disse Star.
“Ma che vuoi? Voglio solo qualcosa da bere.”
“Non me ne frega niente, vedi solo di starmi il più lontano possibile!”
“Come vuoi.”
Ma come ha fatto Reiki ad innamorarsi di questa qui?” si chiese il ragazzo, mentre ordinava a Kinana un succo alla pesca.
Presa la sua bevanda si girò, intento ad allontanarsi…
E’ il momento!”
Simulò di inciampare e spostando il braccio con in mano la bevanda verso la ragazza, fece un capitombolo sul pavimento, mentre il contenuto del bicchiere finiva sulla magliettina scollata della punk.
Forza Rei, adesso tocca a te!
Ma il piano geniale di Storm presentava una falla non indifferente, e il ragazzo se ne accorse nell’istante in cui una luce abbagliante comparve sopra la sua testa e una scarica elettrica lo investì in pieno.
Sentì il suo corpo bruciare dall’interno, poi mezzo abbrustolito ricadde sul terreno e li rimase sotto gli sguardi spaventati degli altri maghi e di Reiki, che per la paura non osò fare un passo.
“Come hai osato?! Sottospecie di scarto!” tuonò la figlia di Luxus, sollevando il mago dell’acqua di peso, prima di colpirlo con un pugno ricoperto di scariche elettriche, che si assicurò di stampare sul volto del ragazzo una pesante impronta, oltre ad incenerirgli quel poco di testa ancora integra, e a farlo ricadere semi-morto sul legno duro del pavimento.
“Così impari a sporcarmi i vestiti!” disse imbufalita la ragazza, prima di dirigersi alle scale, stava per finire sotto il vischio, e Reiki si preparò ad entrare in azione, quando sollevando la testa si accorse dell’errore e spostandosi leggermente verso destra superò il tratto minato. Si bloccò però a squadrare il rosso.
“Cos’hai da guardare?”
“N-Niente.” rispose l’altro, indeciso tra l’essere triste perché il piano era fallito o terrorizzato di ritrovarsi una saetta sulla testa.
“Allora togliti dai piedi.” lo scansò via la ragazza, facendolo quasi cadere in terra.
Ignorando la delusione che avvolgeva il suo cuore, il rosso si diresse verso l’amico, che ancora a terra cercava di non svenire.
“Storm, tutto bene?”
“P-piano f-fallito. Ma non disperare ne ho un altro!” disse il ragazzo, prima di rigettare la testa sul terreno.
 
Una volta medicato, Storm era già pronto a ripartire all’attacco, con il suo piano B.
“Ecco cosa faremo: creerò un diversivo, in modo tale da distrarla, tu intanto fatti dare un vischio da zia Mira, poi con la tua magia lo teletrasporterai sopra la testa di Star, e prima che lei se ne accorga vi ritroverete lì sotto. Hai capito?”
“Si, ma non sono molto convinto. Sei sicuro di riuscire a distrarla abbastanza a lungo?”
“Tranquillo, non sarò proprio io ad occuparmi di questo…”
“Che significa?”, “Diciamo solo che ho chiesto un aiuto esterno.” sorrise il ragazzo, in uno strano modo che fece accapponare la pelle al rosso.
“REIKIIIII-SAMAAAAA!” urlò una voce, e il cuore del ragazzo perse un battito.
Lentamente si voltò, ma prima che potesse inquadrarla, la figura che lo aveva appena chiamato gli si fiondò addosso e buttandolo sul pavimento prese a stringerlo per il collo rischiando di soffocarlo.
“Aff… Uff… urgh… S-Storm! S-Salvami!” gridò Reiki cercando in tutti i modi di liberarsi dalla presa della piccola invasata dai capelli azzurri, che avvinghiata in un poderoso abbraccio sembrava volesse ucciderlo con tutto il suo amore.
“Ah ah ah! Amico, hai proprio fatto colpo su mia sorella. Perché non ti metti con lei?”
“P-piantala, ti ho già detto come la penso!” ansimò in risposta l’altro.
“Non puoi negare, però, che gli piaci da impazzire.” disse il mago dell’acqua, ma notando il colorito bluastro che il volto del compagno aveva assunto, comprese che se non voleva cercarsi un nuovo migliore amico era meglio intervenire subito.
“Sayla, su lascialo andare. Non vedi che gli stai facendo male?” gli disse il fratello afferrandola e trascinandola di peso giù dal ragazzo.
“Non intrometterti nella mia relazione, Storm!” ringhiò la turchina, mentre una parte del suo corpo diventava nera come la pece.
“Su, su, non ti arrabbiare. Sai benissimo che sono il primo a sostenere la vostra ‘relazione’.”
“Hai sentito Reiki-sama?! Anche Storm ci ha dato la sua benedizione! È destino, dobbiamo sposarci!”
“CHE COSA! No, non posso!”
“Sing… sing… perché non ti piaccio?” scoppiò in lacrime la ragazzina, e subito il sorriso sul volto di Storm scomparve.
Come osi far piangere mia sorella?!” tuonò furioso afferrando il rosso per il colletto della camicia, mentre lo sollevava di peso e si preparava ad affogarlo in una bolla d’acqua grande quanto la sua testa.
“Sei impazzito?! Calmati, Storm! Non ricordi che dovevi aiutarmi ad avere il mio bacio da Star?” pianse spaventato il mago.
“Ah, già! Hai ragione.” disse il ragazzo tornando calmo, e sorridendo all’amico disse, con fare innocente, “Mi spiace, mi sono lasciato andare.”
“N-non fa niente.”
“Storm… Weeeh! Reiki-sama, h-ha detto che non le piaccio!”
“Ma no, Sayla, Rei ha solo detto che è troppo giovane per il matrimonio.”
“D-Dici sul serio?”
“Ma certo! Non è vero?” disse piantando una gomitata nella pancia al ragazzo, che mosse la testa su e giù.
“Che bello! Allora quando saremo grandi potremmo sposarci, e avremmo tanti bambini e una bella casetta! Si!”
“Va bene, ma adesso non ricominciare.” la zitti il fratello, “Ti ho chiamato qui perché devo dirti una cosa importante.”
“Di che si tratta?”, “E-ecco, vediamo, come faccio a dirtelo?”
“Su, sputa il rospo.”
“Va bene. Praticamente, prima ho sentito Star dire, che con quella tua brutta abitudine a spogliarti staresti bene in una discoteca e non in una gilda di ma…”
“MA COME SI PERMETTE! URGHHHH! STUPIDO PARAFULMINE PARLANTE! OSA FARE LA PREDICA A ME E POI SI VESTE COME UNA BARBONA?! ADESSO GLI FACCIO VEDERE IO!” e prima che Storm potesse fermarla si fiondò sulla ragazza, che incurante dell’attacco era seduta a leggere una rivista.
Se ne rese conto troppo tardi e fece in tempo solo, a trasformarsi in un fulmine e ad evitare di rimanere congelata dall’attacco di Sayla.
“Si può sapere cosa ti prende, spogliarellista?”
“Ti faccio vedere io, befana con l’ombelico in fuori!”
Il corpo di Star fu circondato da una massa di fulmini e sul suo volto si dipinse un sorriso collerico, mentre una vena gli compariva in fronte.
“Cosa hai osato dire sotto specie di ghiacciolo poco vestito?”
“Preparati, ammasso di fulmini, ti ridurrò ad un cubetto di ghiaccio!”
E così lo scontro iniziò tra fulmini bianchi, gialli e rossi, che si scontrarono contro pareti di ghiaccio, tempeste di neve e lame ghiacciate. Tutto questo, mentre il resto dei maghi grandi o piccoli fuggivano in preda al panico, cercando di evitare saette e cubi di ghiaccio e neve.
“Si salvi chi può!” urlò Wakaba, “Presto tutti nella cantina! Quelle due hanno ripreso a litigare, faranno crollare l’intero edificio!” urlava Macao, correndo con il suo bastone ovunque, mentre era imitato da molte schiere di maghi.
“E’ questa la tua idea geniale?! Distruggere l’intera gilda?”
“Ma no, adesso buttati e vai a prenderti il tuo bacio! Guarda dov’è messa Star.”
Ignorando il sorriso soddisfatto dell’amico, Reiki si voltò e guardando sopra la testa della bionda vide il fantomatico vischio, ma vide anche nubi di fulmini e ghiaccio volare e centrare uomini e donne, che caddero svenute al suolo.
“Tu sei completamente pazzo! Io lì in mezzo non mi ci butto!”
“Ma devi farlo, altrimenti il tuo bacio…”
“Se vado lì, non solo non avrò alcun bacio, ma mi ritroverò in una tomba!”
“E va bene. Ci penso io.” rispose infastidito il bluette.
“SAYLA! FALLA FINITA O DICO ALLA MAMMA CHE HAI DISTRUTTO DI NUOVO LA GILDA!”
“Ma fratellone!” disse gonfiando le guance la ragazzina, mentre schivava un fulmine e cercava di colpire l’avversaria con una lancia di ghiaccio.
“Niente ma, falla finita!”
“E va bene. Facciamo che per questa volta faccio finta di nulla.”
“Scappa pure, codarda.” gli rise in faccia Star, “Io non sono una codarda!”
“Weeeh, il fratellone ti dice di smetterla e tu da brava cagnolina lo fai?!”
“Chiudi la bocca, bastarda!”, “Come scusa? Non credo di riuscire a sentire le patetiche minacce dei codardi.”
“Adesso ti faccio vedere io!” urlò Sayla, ma fu afferrata da Storm e trascinata via di peso, mentre lanciava ogni sorta di improperio alla bionda, che in risposta scoppiò a ridere.
La sua gioia si interruppe, quando un pugno dalla consistenza di una lastra di ferro la centrò sul cranio e la fece piegare in due dal dolore.
“Ma chi cazzo…” non terminò la frase, perché si ritrovò la faccia imbufalita di Emma a pochi centimetri dal volto.
“E-Emma-sama, cosa s-succede?” chiese visibilmente intimorita dallo sguardo minaccioso della ragazza più grande.
“Guarda cosa i tuoi stupidi fulmini hanno fatto al mio vestito!” tuonò la violetta indicando il suo bell’abitino azzurro completamente bruciacchiato, “Non lo sai che il metallo è un ottimo conduttore di elettricità?!” rincarò la dose, afferrandola per la maglietta e trascinandola via dal bancone.
“HIII! Scusami, Onee-chan, non lo faccio più.” gemette la ragazza, sapendo che l’avrebbe pagata cara.
“Ah ah ah! Ben gli sta a quella prepotente!” rise Sayla dietro la solita trave, mentre Storm e Reiki guardavano terrorizzati Emma rimproverare Star.
“C-Credo che il tuo piano sia fallito.” disse il rosso, “Forse hai ragione. È meglio che chiami i rinforzi.”
“Reiki-sama, vieni sotto il vischio con me!” sorrise Sayla afferrando una piantina, mentre il ragazzo attivava Meteor e si metteva a volare per tutta la gilda cercando di scampare dalle mire amorose della ragazzina.
“Ehi, Nashi.” disse Storm alla Lacrima Phone che aveva appena tirato fuori dal giacchetto, “Ti dispiace venire a darmi una mano? Ti assicuro che è una cosa importantissima!”
Fu così, che mezz’ora dopo, la rosata si presentò alla gilda e convinta Sayla a tornare a casa ad aiutare Juvia, i tre si misero a discorrere del nuovo piano da attuare.
“Ah ah ah! Non posso crederci! Ah ah ah! Voi ragazzi siete veramente assurdi! Come cavolo vi sono venute in mente certe idee?”
“Smettila di prenderci in giro!” disse offeso Storm, “Scusami, Stormy, ma certe volte sembri proprio un tontolone.”
“Uffa.” grugnì il ragazzo gonfiando le guance ed incrociando le braccia, “Su non fare così. Ci penso io ad aiutarvi.” disse Nashi carezzandogli la testa.
“Grazie, sei la migliore.” risposero i due ragazzi.
“Bene, ecco il piano: primo, disseminare vischi per tutta la gilda, dobbiamo assicurarci che quella cretina di Star ci caschi; secondo creiamo un putiferio generale, se riusciamo a far finire gli adulti sotto quelle piante maledette si creerà il caos e potremmo approfittarne.”
“Beh, non sembra male come idea.”
“Che differenza c’è tra questo e i miei piani?”
“Semplice.” sorrise Nashi, “Star sarà così distratta dal prendere in giro gli altri, che non si accorgerà della nostra trappola, e poi l’ho inventato io! I miei piani sono migliori a prescindere!” rispose la ragazzina sollevando la testa e gonfiando il petto.
“Se lo dici tu.”
“Ok, è il momento! La zia Mira ha finito proprio ora di spargere ovunque le piantine, forza spingete gli adulti verso il vischio.”
“D’accordo!” dissero i due e partirono alla carica.
“Da chi cominciamo?” chiese Reiki, “Che ne pensi di iniziare da zia Laki e zio Max? Sono giorni che non vanno d’accordo.”
“Buona idea.”
Così dicendo si avvicinarono a Max e sottrattagli la scopa si fecero inseguire per tutto il locale, attirando nella baraonda generale l’attenzione dell’occhialuta.
“Ci siamo!” urlò Storm e lanciando la scopa verso la donna, che l’afferrò prontamente, spiccò un salto all’indietro e portandosi alle spalle del bruno, con un calcio lo spinse davanti alla donna a pochi centimetri dal suo volto.
“Adesso ti metti a giocare con i bambini?” chiese stizzita la donna, spostandolo via con la mano, “Veramente sono loro che hanno iniziato.”
“Beh, chi se ne frega! Prendi la tua stupida scopa e togliti dai piedi!”
“Ma Laki…”
“Ehi, zio Max, zia Laki!” li richiamò la voce beffarda di Storm, e i due voltandosi lo videro indicare un punto sopra la loro testa, “Guardate un po' dove siete finiti?” ghignò il ragazzo, e i due sollevando la testa rimasero spiazzati dal ritrovarsi sotto il vischio.
“Conoscete le regole.” disse Reiki,
“Non esiste che io faccia una cosa simile!” protestò la donna, incrociando le braccia e dando le spalle all’uomo accanto a lei, che in tutta risposta sospirò scoraggiato.
“Zia Mira loro non vogliono baciarsi!” urlò Nashi spuntando da dietro i due ragazzi,
“Sssh, zitta! Non chiamarla!” la pregarono i due, ma era troppo tardi, l’udito ultra-sviluppato dell’albina, che per altro si attivava solo in questi frangenti, era stato richiamato dalle urla della ragazzina, e prima che i due poveretti potessero fuggire comparve davanti a loro, con la solita maschera angelica.
“Non fate i bambini. Le regole sono regole… baciatevi!” ordinò e i due non poterono sottrarsi all’ingrato compito, anche se a sorpresa di entrambi si rivelò un momento davvero piacevole, e per una volta Max mise da parte la sua scopa e si concentrò su qualcosa di molto più importante.
“E uno è fatto!” gioì Nashi alzando il pollice, “Adesso andiamo a diffondere il caos!”
“Si!” urlarono gli altri due.
Ecco che, in meno di un quarto d’ora, tutti i membri furono impegnati con dimostrazioni d’affetto, in alcuni casi indesiderate e in altri semplicemente consuete.
Levy e Gajeel non ebbero nessun problema a baciarsi di fronte a tutti, lo facevano ormai da anni, anche se né Emma, né tanto meno Gale apprezzarono quel gesto, e una scappò via disgustata, mentre l’altro si coprì la testa con un libro.
Natsu e Gray intenti a litigare finirono sotto il vischio, ma prima che uno solo dei membri della gilda potesse farglielo notare, il primo diede fuoco alla pianta e il secondo la congelò. Alla fine, furono Lucy e Juvia a rimediare all’imbarazzo dei due mariti, baciandoli entrambi contemporaneamente.
Elsa, non vedendo Gerard nei paraggi pensò bene di allontanarsi: suo marito non era geloso, ma non si poteva mai sapere. E così portandosi dietro Rosemary, ancora addormentata, imboccò la porta. Non prima però di aver augurato a suo figlio buona fortuna.
Kinana non poté fare altrettanto, e per la seconda volta Warren si ritrovò con la testa sul soffitto della gilda, solo che questa volta a spedircelo non fu un artiglio avvelenato, ma un gigantesco ramo di frassino spuntato dal pavimento.
“Non dovresti picchiare tuo zio a quel modo.” disse Kinana a suo figlio, che era dietro al bancone ad aiutarla a preparare da mangiare e da bere.
“E lui non dovrebbe pensare certe cose. Sei una donna sposata, cosa direbbe papà?”
“Com’è che adesso ti importa cosa pensa tuo padre?”
“Allora diciamo, che nessuno deve osare avvicinarsi alla mia mamma!”
“Sono d’accordo!” gridò Blake uscendo da dentro il ripostiglio, “Farò a fette chiunque ci provi con te. Tranquilla mamma ti proteggerò io!”
“G-grazie Dia, sei molto gentile.” sorrise nervosa Kinana, vedendo sua figlia impugnare la sua spada di legno, che si era ricoperta completamente di veleno.
“Ehi, Charle, me lo daresti un bacio?” chiese Happy, “No.” rispose la gatta dandogli le spalle, “Ma perché no? Siamo sposati da anni!”
“Non importa, adesso non ne ho voglia.”, “Ok, ma se finiamo sotto il vischio?”
“In quel caso potrei ripensarci.” disse la micia bianca e subito Happy volò per tutto il locale alla ricerca della pianta perfetta e più grande da mettere sulla testa della moglie.
Nel mentre anche Gale si era alzato avendo notato che Sayla era tornata alla sede: “Se riesco a portarla sotto il vischio, finalmente potrò baciarla!” pensò, ma prima che potesse avvicinarsi la ragazzina gli piantò un pugno sulla faccia e lo fece stramazzare al suolo.
“E-E quello, per c-cosa era?”, “Niente, ho solo avuto una brutta sensazione. Stammi lontano quattrocchi! Il primo a cui darò un bacio sarà Reiki-sama!” e detto questo si mise alla ricerca del rosso, lasciando il povero Gale semi-svenuto sul pavimento.
“Non è andata molto bene, vero?” chiese sua sorella avvicinandoglisi e mettendosi con la testa sopra la sua.
“Odio quel dannato vischio! Per colpa sua il Natale è diventata una cospirazione per far sentire i single depressi!” urlò in lacrime il ragazzo.
“Ah ah ah! Hai proprio ragione, ora scusami ma devo andare a cercare Drake.”
“L-la testa di legno? E perché?”
“Guarda un po'.” disse indicandogli il rametto che teneva in mano.
“Papà non la prenderà bene.”
“Che mi importa! Non lo verrà nemmeno a sapere, in quanto a te tieni la bocca chiusa o sai già cosa ti succederà!” lo minacciò la sorella, fissandolo con rabbia.
“Non fiaterò!”, “Bravo fratellino.” gli sorrise la violetta tornando allegra, prima di dirigersi a cercare il figlio di Cobra.
“Mira, si può sapere cosa sta succedendo qui?” chiese Luxus appena uscito dal suo studio, notando che l’intera gilda era nel pieno di una mezza rissa, mezza fuga, mezza sbaciucchiata.
“Nulla di che.” rispose la moglie, “E’ solo la magia del Natale.”
“Perché penso che questa fantomatica magia del Natale non sia altro che una tua trovata?”
“Ma che dici?! Figurati se mi importa ancora di queste cose. Sono una madre di famiglia adesso.”
“Però, mi sembra che le vecchie abitudini siano dure a morire.”
“Chissà. Piuttosto, guarda cosa hai sulla testa.”
Sollevando il capo l’uomo vide sulla sua folta chioma di capelli biondi una puntina verde.
“Ma vale lo stesso?”, “Più o meno. Facciamo così.” rispose la barista, e tolta dai capelli dell’uomo la pianta la mise in mezzo alle loro fronti, prima di avvicinare le sue labbra a quelle del marito e baciarlo.
Nel caos generale successero anche un paio di spiacevoli ‘incidenti’: Rin e Nash, intenti ad impedire ai rispettivi fratelli maggiori di baciarsi finirono sotto il vischio al posto loro e la situazione degenerò in rissa, quando Natsu venne a sapere che Storm aveva baciato Nashi. Sia padri sia figli presero ad azzuffarsi in contemporanea, e subito dopo vennero stesi dalle mogli e da Sayla. La quale sperava un giorno che suo fratello e Nashi, che aveva sempre visto come una sorellona, si sposassero e quindi non sopportava i litigi dei due piccoli bambini e molto spesso interveniva picchiandoli.
Gale, non ottenne il suo bacio dalla turchina, ma in risposta fini sotto la pianta con l’ultima persona che avrebbe sperato, ovvero Ideki. I due disgustati da un lato rischiarono di dare di stomaco e dall’altro cominciarono a prendersi a pugni, finché non intervenne Reiki, spaccando la testa ad entrambi contro una trave della struttura.
Cristal, la figlia di Elfman ed Evergreen, furiosa perché il fidanzato Zack, non faceva altro che bere con sua madre Cana e correre in giro dietro a tutte le ragazze della gilda, pensò bene di pietrificarlo e dopo tramutandosi in un gigantesco mostro fracassò la statua di marmo contro una parete. Quando il ragazzo, miracolosamente sopravvissuto, tornò normale rincarò la dose rincorrendolo per tutta la sede e colpendolo con il suo ventaglio.
Tutto questo sotto lo sguardo fiero di sua madre e quello preoccupato di suo padre, che provò un’immensa compassione per il ragazzo di sua figlia. Cana, invece, vestita con un costume succinto da Babbo Natale, rimase indifferente alle pene di suo figlio e continuò a bere.
“Così impara a prendere brutte abitudini da suo nonno.” disse semplicemente la bruna, tornando a scolarsi l’ennesimo barile.
In tutto questo Star Drayer era rimasta vicino al bancone del bar, allontanando tutti i possibili ‘nemici’, colpendo chiunque le stesse vicino, con pugni, calci e saette.
Non si accorse però di un certo ragazzo dai capelli rossi, che proprio in quel momento stava rincorrendo Ideki e Gale, i quali durante la loro rissa erano finiti per cadere sulla torta che il giovane si era portato per merenda.
Fu così, che senza alcuna macchinazione, nessun piano geniale o altro intervento, insomma per semplice destino i due si ritrovarono sotto il vischio.
“Star, tesoro, guarda chi hai vicino.” disse sua madre, sorridendo sorniona.
Appena la bionda si voltò e si ritrovò davanti Reiki sbiancò e fece un passo indietro, il ragazzo invece rimase immobile, fece scomparire la spada che impugnava e guardò la ragazza attendendo una risposta, mentre le sue guance si coloravano di rosso.
“S-Star, e-ecco io…” non poté finire la frase, che la ragazza lo spinse via facendolo cadere all’indietro.
Stammi lontano!” parlò e i suoi occhi si spalancarono, “Ma…”
“Brutto idiota! Hai rovinato tutto! Volevo solo starmene per conto mio! Adesso per colpa tua dovrò rendere conto a mia madre che aveva ragione. E peggio ancora dovrò…” non riuscì a terminare la frase, volgendo lo sguardo di lato, cercando di non vomitare.
“Adesso smettila, Star.” la richiamò Nashi, offesa da come la ragazza stesse trattando il suo compagno di squadra, “Lo abbiamo fatto tutti! Non vedo cosa ci sia di male.”
“Tu sta zitta! Nessuno ha chiesto il tuo intervento, fiammifero fastidioso!” gridò la ragazza, prima di tornare a concentrarsi su Reiki, “In quanto a te, levati dalla testa che io ti baci! Anzi sparisci dalla mia vista!” disse e stava per colpirlo con un fulmine, quando una mano possente e tre volte la sua gli circondò il braccio, impedendole di proseguire con l’attacco.
“Adesso smettila.” disse Luxus, “Ma papà…”
“Ti stai comportando come una bambina! Se non vuoi partecipare al gioco, perché ti vergogni a me sta bene, ma non puoi reagire così! Chiedi subito scusa a Reiki!”
La ragazzina abbassò la testa, mentre contraeva i pugni e digrignava i denti, poi in un flebile sussurro disse: “Mi dispiace Reiki.”
Subito dopo il suo corpo brillò e tramutandosi in un fulmine scomparve.
“Scusa mia figlia, Reiki. In questo periodo è leggermente nervosa.”
“Non fa niente, Master.” rispose il ragazzo, che però non riusciva nemmeno ad alzare la testa da terra, troppa era la sua delusione.
“Ehi, Rei! Stai bene?” chiese Storm, ma il ragazzo non rispose.
“Reiki, come ti senti?” si fece avanti Nashi, “B-bene. C-Credo.” biascicò il ragazzo, mentre tirava su con il naso.
“Oh Reiki, non fare così. Star è solo una stupida, se non capisce che grandiosa persona tu sia, allora non è la ragazza giusta per te.” cercò di confortarlo la rosata.
“Nashi ha ragione. Non abbatterti! Ci sono migliaia di donne là fuori, che pagherebbero per averti come fidanzato, e mia sorella è la prima.” gli sorrise l’amico, ma l’altro non ricambiò.
“S-Scusate, devo fare una cosa.” disse tirandosi in piedi, per poi voltarsi e dirigersi verso l’uscita sotto gli sguardi abbattuti dei suoi amici.
“Si riprenderà?”, “Sono certo che gli passerà. Forse ci vorrà un po' per superare la delusione, ma alla fine ne uscirà.”
 
Star percorreva con passo magistrale la strada, completamente ricoperta da neve, non gli importava se indossava a mala pena una magliettina e un paio di calzoncini corti, preferiva rimanere al freddo e prendersi la polmonite, piuttosto che rimettere piede in quel luogo.
“Stupida mamma, stupido Natale, stupido vischio e stupido Reiki!”
“Mi dispiace.”
Riconobbe una voce familiare provenire da dietro di lei, e si portò istintivamente le mani alla bocca, congelandosi sul posto dall’imbarazzo.
“Mi dispiace averti messo in imbarazzo.” continuò l’individuo, mentre Star si voltava e distingueva la figura familiare di Reiki, in piedi davanti a lei che la guardava con tristezza e delusione.
“Cosa sei venuto a fare? Non lo hai capito che devi starmi lontano?!”
“Si, scusa. Ma ci tenevo a chiederti perdono.”
“Bene, ora che lo hai fatto, vattene!”
“Aspetta, io devo…”
“Vuoi lasciarmi in pace! Lo vuoi capire che non sono ancora pronta per questo genere di cose?!” si maledisse per aver detto ad alta voce quella cosa, e fu tentata di saltare addosso al ragazzo e prenderlo a pugni; ma lui non si mosse e lei non riuscì a fare nulla se non tenere la testa bassa e aspettare la sua risposta.
“Scusami, quest’idea del vischio è stata una stupidaggine e mi è sfuggita di mano. Non avrei dovuto provare a baciarti con l’inganno, ma non riuscivo a venire a dirti in faccia quello che provavo.”
“Lo stai facendo adesso.” disse dura la ragazza, ma dal colore che assunsero le sue guance, il giovane comprese che poteva continuare.
“Eh eh! Già, adesso che è tutto rovinato è più facile dirti la verità. Non volevo mancarti di rispetto, né mi aspetto di piacerti in alcun modo, sei libera di trovarmi fastidioso e odioso, però nonostante io ci provi non riesco a fermarlo, e ogni volta che ti vedo il mio cuore comincia a battere a trecento all’ora, e mi sembra di poter fare qualunque cosa.”
“Hai finito?”
“Penso di sì. Ti ho detto quello che pensavo.”
“Adesso tocca a me! Reiki Fernandez sei il ragazzo più fastidioso, impiccione, sei deboluccio, un amante della meccanica, un presuntuoso, un mollaccione e un’inaffidabile sentimentale. Sei tantissime cose, e noi due siamo troppo diversi…”
“Capisco…”
“FAMMI FINIRE! Siamo troppo diversi, è vero! Ma non è per questo che non ti voglio! Potrei anche trovarti lontanamente passabile, ma in questo preciso momento io voglio solo una cosa: diventare la maga più forte di tutta la gilda! Non ho tempo da perdere dietro agli uomini o a fare stupidi giochini, mi capisci?”
“Credo di sì. E ti ringrazio.”
“Per cosa?” chiese sorpresa la ragazza, alzando finalmente la testa da terra.
“Adesso so, che ho ancora una possibilità! Forse non sei ancora pronta e molto probabilmente non lo sono nemmeno io. Ma verrà un giorno in cui ti innamorerai di me! E fino a quel giorno io sarò qui ad aspettarti!”
“Sei sicuro di voler scommettere su di me?” chiese la ragazza ghignando,
“Certo! E sappi che vincerò!”
“Lo vedremo! Se davvero sarà così, sarai il primo a battermi in una gara.”
Detto questo stava per voltarsi e proseguire lungo la sua strada, quando avvertì un piacevole tepore invaderle il corpo, e un qualcosa di morbido e pesante la rivestì. Abbassò lo sguardo e si ritrovò addosso un paio di guanti, un lungo giaccone invernale, una sciarpa rosa al collo, e un lungo paio di pantaloni pesanti.
“Tsk, appena lo rivedo lo massacro!” disse la ragazza, accorgendosi solo in quel momento che il suo interlocutore era scomparso, dopo averle lasciato quel prezioso regalo.
Si strinse la sciarpa al collo, inebriandosi del calore prodotto dagli indumenti pesanti e poi continuando a camminare scomparve in uno dei vicoli di Magnolia.

Nota d’autore: e con questo siamo al capitolo cinque! Devo dire che è stato divertente scrivere di tutte le assurde trovate escogitate da Storm e Reiki per farlo baciare da Star. Spero di avervi strappato un sorriso.
Questo capitolo è diverso dagli altri, qui non ho analizzato una famiglia precisa ma una possibile coppia della Next Gen. Anche se, si potrebbe definire una grande famiglia tutta la gilda, che si ritrova invischiata in una marea di casini per colpa di quei tre scalmanati di Nashi, Storm e Reiki.
Il motivo per cui non ho trattato molto la situazione familiare di casa Fernandez è che lo avevo già fatto in una mia vecchia storia, scritta qualche anno fa; e mi era piaciuta la loro riconciliazione come l’avevo presentata lì. Inoltre, non era necessario per la trama.
Spero il capitolo vi sia piaciuto e che leggerete e recensirete con piacere.
Vi anticipo che il prossimo capitolo tratterà la famiglia Drayer.


 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


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Giorno: 23 dicembre
N. pallina: 5
CITAZIONE: A Natale tutte le strade conducono a casa. (Marjorie Holmes)
SITUAZIONE: A e B non stanno più insieme o hanno litigato pesantemente, ma la magia del Natale li farà riappacificare.
PROMPT: Pista di pattinaggio

“Lo vuoi capire che non c’è nulla di male, se per una volta lo facciamo venire?”
“E tu lo vuoi capire, che quello che vuoi fare è rischioso e potrebbe procurargli qualche danno?”
“Non possiamo continuare a tenerlo chiuso lì dentro, come se fosse un animale raro!”
“Ma non possiamo neanche rischiare di lasciarlo uscire, potrebbe avere una qualche ricaduta e sentirsi male!”
“Voglio solo portarlo a pattinare sul ghiaccio! Cosa c’è di male?”
“Cosa c’è di male?! Non lo so, forse ti sfugge il concetto di debolezza fisica, rischio di malattie che possano danneggiarlo a livello polmonare, o rischio di fratture con danni permanenti ed irreversibili!”
“Lo so che rischia ogni volta che esce, ma non possiamo continuare a lasciarlo in ospedale! Ormai è abbastanza grande, e io non voglio che sprechi la sua infanzia in un centro di cura!”
“Se non stesse in ospedale, non l’avrebbe nemmeno un’infanzia! Lo vuoi capire che non è…” si interruppe mordendosi il labbro inferiore.
“Non è che cosa?! Forza continua!”
“Mira, io non volevo…”
“No, tu volevi eccome! Stavi per dire che non è un bambino come tutti gli altri!”
“E’ forse errato?”, “No, ma non è giusto che a causa delle sue complicazioni di salute trascorra tutta la vita in un ospedale!”
“E cosa dovremmo fare? Lasciarlo uscire senza sostegno? Non dovremmo più attaccarlo ai supporti vitali e aspettare di ritrovarcelo morto?!”
“No! Ma non puoi rovinargli la vita!”
“Io gli starei rovinando la vita?! Ma se è da quando è nato, che cerco di assicurarmi che ne abbia una!”
“Ma lo stai soffocando con tutta la tua apprensione!”
“Ancora con questa storia? Anche quando eri in gravidanza e ti dissi di andare a fare un controllo supplementare, non fosti tu a dirmi che era tutto a posto?! Anche allora ero troppo apprensivo?”
“Vuoi davvero continuare a rinfacciarmelo?! Per te è colpa mia se nostro figlio è nato così? Ti ricordo che metà del potere magico, che gli sta danneggiando l’organismo è tuo!”
“Ma se fossi andata prima a farti controllare, forse avremmo potuto evitare tutti i problemi successivi, compresi quelli legati al parto.”
“Se fosse stato possibile prevenirlo non avremmo rischiato entrambi di morire nel processo! È stato qualcosa di completamente inaspettato!”
“Potevi comunque farti visitare, prima che la fuoriuscita di potere magico ti portasse a dover effettuare il taglio Cesario!”
“Non significa che le sue condizioni sarebbero migliorate! Ti vuoi mettere in testa che non c’è una soluzione se non il sopprimere il suo potere!”
“Lo so benissimo! Ma proprio perché rischia ogni giorno, non possiamo semplicemente esporlo apertamente a pericoli esterni.”
“Ma tu devi capire, che nelle sue condizioni è molto improbabile che…” si trattenne, sia perché sul volto del marito comparve un’espressione affranta, peggiore di quella di un cane bastonato; e soprattutto perché lei stessa si rifiutava di affermare quella convinzione ad alta voce: troppo era il dolore che le provocava pensare a quella possibilità.
“Continua!” gli disse il biondo, nascondendo il dolore dietro un tono duro e autoritario, “Non servirebbe, lo sai cosa voglio dire.”
“No, non lo so!”, “Si, invece!”
Non ti darò la soddisfazione di sentirlo uscire dalla mia bocca! Non ti darò un’altra scusa per prendertela con me!” sembravano dire questo i suoi grandi occhi azzurri, piantati con decisione sulla figura del biondo, che dal canto suo la fissava ancora arrabbiato.
“Lui vivrà!” disse Luxus all’albina, ma più che un giuramento, che un ordine, che una promessa, sembrava quasi una preghiera che l’uomo stava facendo ad una qualche divinità.
“Si.” rispose semplicemente la donna, abbassando la testa per evitare che l’altro scorgesse le lacrime ai lati dei suoi occhi.
“Ma potrebbe succedere chissà cosa, in futuro.”
“Non succederà un bel niente!”
“Non puoi saperlo!”
“Si, che lo so! Mio figlio guarirà! Crescerà sano e forte, e raggiungerà l’età adulta!”
“E se le tue previsioni si rivelassero infondate?” chiese Mira,
“Io so di avere ragione! Dobbiamo solo assicurarci che non si faccia male e che continui ad assumere le medicine. E prima o poi…”
“Prima o poi ce lo ritroveremo morto sul letto d’ospedale.”
Quella costatazione lo spiazzò.
Non si aspettava che sua moglie, conosciuta da tutti per il suo ottimismo e la sua allegria arrivasse a dire certe cose. Soprattutto se l’argomento riguardava loro figlio.
Avrebbe dovuto provare compassione, pena, pietà per quella povera madre, per quella donna, con cui aveva deciso di trascorrere il resto della sua vita, - sperava sarebbe stata una vita felice e spensierata. E forse per molto tempo si era dimostrata tale, ma da sei anni a quella parte tutto era andato in malora! -, in quel momento però, provò solamente una grande collera: rabbia per le parole dette da sua moglie, rabbia per la scarsa fiducia che riponeva in lui e nel loro figlio, rabbia per se stesso e il suo stupido potere magico, -per la prima volta, da quando era nato il loro secondo genito, Luxus aveva odiato con tutto se stesso la sua potenza, quella forza smisurata che lo aveva fatto sentire, in gioventù, così invincibile, che lo aveva reso arrogante e sicuro di se, che gli aveva dato protezione e che gli aveva permesso di raggiungere vette mai scalate prima; si rivelava adesso la cosa peggiore che avesse mai avuto!-
Se gli fosse stato permesso di tornare in dietro e di scegliere, allo stato attuale ci avrebbe rinunciato subito!
Sapere come suo figlio era ridotto per colpa del suo potere magico, lo faceva sentire un verme!
Era conscio di non essere direttamente responsabile del malessere del suo bambino, ma solo vederlo tutti i giorni stanco, spossato, affaticato, magrolino, quasi rinsecchito, bianco come un cadavere e soprattutto seduto permanentemente su un letto, gli procurava un tremendo dolore al petto.
Gli sembrava di aver miseramente fallito come genitore, non era riuscito a proteggere il suo bambino neanche prima che egli venisse al mondo. E questo, era certo, sarebbe stato il suo più grande rimpianto!
C’era però, l’altra faccia della medaglia da considerare.
Se da un lato, infatti, le condizioni del piccolo erano aggravate dall’eccessiva quantità di potere magico che aveva ereditato da lui, dall’altro anche quello ereditato da sua madre gli procurava non pochi problemi!
Entrambi erano sempre stati maghi potentissimi e questo aveva confluito in modo negativo nel fattore ereditario del loro secondo figlio.
Ma proprio perché la colpa era di entrambi, Luxus non poteva non sentirsi adirato per come Mira lo stava trattando in quel momento. Non poteva accettare che si permettesse di parlargli a quel modo, di distruggere tutte le sue speranze!
Sapeva da solo, che le condizioni del figlio non erano stabili, che potevano esserci ricadute e che la possibilità di una vita lunga e serena era da scartare. Ma non accettava che gli si facesse notare così apertamente!
Sentì le mani prudergli e un pensiero folle gli balenò nel cervello per pochi secondi: desiderò far provare a sua moglie la sofferenza che da anni sentiva invadergli l’animo.
Ma la sua mano si paralizzò nell’istante in cui i loro sguardi si incrociarono.
Vide la sofferenza nel volto della donna, la stanchezza desunta dalle pesanti occhiaie che gli circondavano la parte inferiore del volto, la disperazione di quei due grandi occhi color cielo lo fece paralizzare sul posto.
Il suo intento morì sul nascere e gli lasciò soltanto un sapore amaro in bocca, dato dalla consapevolezza di aver pensato di fare qualcosa di terribile, di aver rischiato di perdere la testa. Provò vergogna verso di sé, e istintivamente abbassò il capo.
“Io porterò Light a pattinare!” fu la secca risposta della barista, e il fuoco si riaccese nell’animo del Master.
“Fa come ti pare! Ma se gli succede qualcosa la responsabilità è tua!”
“Bene!”
“Bene!”
Scansando il marito si diresse verso la porta, la spalancò, usci e la richiuse con un tonfo.
L’uomo rimase immobile nel soggiorno per qualche minuto, poi un rumore di passi si levò nella stanza accanto e dall’ingresso comparve una ragazza dai capelli biondi.
“Avete litigato di nuovo?” chiese semplicemente, e Luxus non se la sentì di rispondere.
L’altra però non sembrava intenzionata a lasciar cadere l’argomento nel dimenticatoio e rincarò la dose: “Quando la pianterete di fare così? Possibile, che per colpa di quello stupido di mio fratello dobbiate logorarvi tanto?”
“Star, falla finita! Ti ho già detto che non voglio che lo insulti!”
“Dico solo la verità! Da quando è nato, in questa famiglia non c’è più un attimo di calma!”
“Non mi interessano le tue considerazioni.” rispose l’uomo, prima di imboccare la porta d’uscita.
“Dove vai?”
“Alla pista di pattinaggio.”
“Non ti fidi proprio della mamma, vero?”
“Se non vuoi finire nuovamente in punizione vedi di tacere.” la rimproverò l’uomo, ma l’altra fece semplicemente spallucce. Ma vedendo che il padre non accennava a fermarsi e che era quasi uscito di casa, il suo sorriso beffardo scomparve.
“Avevi detto, che ci saremmo allenati insieme.”
“Adesso non posso, te l’ho spiegato che devo uscire. Magari dopo.” e detto questo scomparve all’esterno, senza notare l’espressione furibonda dipinta sugli occhi della figlia.
“Dopo, dopo, sempre dopo! Per colpa di quello scarto oramai io non conto più niente in questa casa! Vorrei che non fosse mai nato!” gridò, più a sé stessa, che a suo padre visto che era già uscito.
Poi, sbuffando varcò la porta e si mise a seguire l’uomo, fino a raggiungerlo.
Si fermò davanti ad un edificio dalle pareti tutte bianche e dalla costruzione possente. Rimase immobile davanti alla porta d’entrata, mentre suo padre proseguiva, e attese.
 
Mira imboccò il secondo corridoio del terzo piano dell’ospedale, accanto a lei la seguiva come un’ombra il dottore, che da anni ormai si occupava di visitare Light.
“Mi raccomando lo deve tenere al caldo, non gli faccia prendere freddo, non lo faccia sforzare più del dovuto, - è vero che ultimamente sta bene e non presenta eccessiva stanchezza fisica, ma proprio per questo non deve esagerare-. Inoltre, non lo faccia agitare troppo, potrebbe venirgli la tosse. Ma cosa più importante, si assicuri di controllare sempre i supporti vitali portatili, non devono danneggiarsi e devono rimanere sempre attivi…”
Mira era grata di tutto quello che il dottore stava facendo per il suo bambino, per tutti gli anni in cui aveva supervisionato di persona i miglioramenti e i peggioramenti delle sue condizioni fisiche, di tutta la premura che ci stava mettendo per assicurarsi che il suo paziente stesse bene. Ma tutta quella sfilza di accorgimenti la stavano irritando: non era così stupida da non sapere come gestire i problemi di suo figlio! Ormai da anni si occupava di lui, nelle rare volte in cui poteva portarlo a casa o alla gilda!
Quindi, tutte quelle cose erano diventate il suo pane quotidiano, non c’era bisogno di rimarcarle migliaia di volte.
Possibile che anche lui, come Luxus non si fidi delle mie capacità?! Cavoli, sono sua madre! So come crescere mio figlio!”
“Suo marito non viene con voi?” si azzardò il medico, e Mira dovette fare appello a tutte le sue riserve di pazienza per non rispondergli male.
“Arriverà presto.” rispose semplicemente, accelerando il passo per evitare altre domande scomode.
Sapeva che Luxus sarebbe venuto, non era da lui lasciare che il suo prezioso bambino uscisse dall’ospedale senza il suo consenso o la sua supervisione.
Era certa che nonostante l’arrabbiatura, che ovviamente era ancora fresca, sarebbe venuto anche alla pista di pattinaggio.
Sì, perché io non sono in grado di prendermi cura di mio figlio! Tsk, se fosse per lui non verrebbe neanche alla festa di domani!” sbuffò esasperata proseguendo fino alla porta della stanza 120.
Afferrò la maniglia e lentamente aprì la porta, subito il suo naso fu inondato dal fastidioso odore tipico di tutti gli ospedali, disinfettante e ogni sorta di igienizzante.
Storse il naso, leggermente disgustata: non si sarebbe mai abituata a quell’odore, nonostante entrasse in quella stanza da anni.
Ma il malumore scomparve nell’istante in cui il suo sguardo si poggiò su un piccolo bambino, seduto sul suo letto, che le sorrideva e la guardava con i suoi giganteschi occhioni color argento.
Il bimbo presentava sulla testa un caschetto di capelli bianchi come la neve, leggermente mossi e spettinati, la sua pelle era chiara quasi quanto essi e le piccole vene azzurrine erano visibili al disotto della pelle. Il corpicino, per quanto mezzo nascosto da spesse coperte sembrava esile e le manine erano minuscole. La faccina rotonda, tipica dei bambini, presentava delle piccole scavature all’altezza delle guance, -nulla di troppo esteso, solo un occhio esperto le avrebbe notate, per quanto erano infinitesimali, ma agli occhi della donna quelle rientranze di carne erano visibili ormai da tempo e non riusciva a nascondere la preoccupazione, che la colpiva ogni volta che le vedeva. Gli altri bambini non avevano niente di simile! –
A rendere ancora più sciatta e spossata la faccia del piccolo erano le pesanti occhiaie nere, che gli circondavano la parte inferiore degli occhi. Ma proprio da questi ultimi si scorgeva nel fondo di essi una strana luce.
Non erano ancora spenti e semi chiusi, anzi in quel momento erano spalancati e fissavano Mira con intensità e ritrovato vigore. Sul volto di Light era dipinto uno dei sorrisi più belli e genuini che si fossero mai visti, nonostante il piccolo solco, che formava la sua bocca, fosse leggermente monco, era innegabile che esso ci fosse e soprattutto che non volesse sparire presto.
“Mamma!” la chiamò con voce roca e leggermente catarrosa, ma non per questo meno allegra.
“Tesoro.” disse Mira arrivando al suo capezzale, e stringendoselo forte al petto lo abbracciò e lo baciò come se fosse la prima volta che lo vedeva.
“Hai preso tutte le medicine?”, “Certo!”
“Light.” lo chiamò la voce del dottore e il piccolo nascose la testa nel petto della madre: “Sai che non si dicono le bugie. C’è ancora una medicina che devi prendere.” disse il medico.
“Perché non l’hai presa?” chiese Mira, leggermente preoccupata.
“Non mi piace. È cattiva e ha un saporaccio! Bleah!”
L’albina sorrise alla smorfia dipinta sul volto del bambino, poi gli carezzò la testa e gli stampò un bacio sulla fronte.
“Se fai il bravo e prendi la medicina, la mamma ti porta in un bel posto.”
“In un posto?! Intendi che uscirò dall’ospedale?! Ma non è il mio compleanno!”
“Adesso prendi la medicina, poi la mamma ti spiega tutto.”
“Va bene.” disse il bimbo esternando un sorriso a trentadue denti, prima di farsi dare dal dottore un piccolo bicchierino trasparente, al cui interno c’era uno strano liquido dal colore rossastro.
Prese un bel respiro, chiuse gli occhi e portandosi il recipiente alla bocca buttò giù, tutto d’un fiato, il contenuto.
Schifato tirò fuori la lingua, una volta che la medicina fu scomparsa giù nel suo stomaco: “Bleah! Questa medicina nuova è cattivissima!”
“Lo so, ma ti fa bene.” disse il dottore, “E adesso, visto che sei stato bravissimo la mamma ti aiuta a prepararti e usciamo a divertirci insieme.”
“Che bello! E dove andiamo?”
“E’ una sorpresa!” gli sorrise la donna, mettendosi un dito davanti alla bocca.
Gli occhi del bimbo si illuminarono per l’eccitazione e la sua pelle sembrò riacquistare un po' di colore, subito dopo però il suo sguardo si congelò e il suo corpo fu scossò da colpetti di tosse: “Coff… coff… coff…”
“Non sforzarti troppo, piccolo. Adesso intanto io e il signor Kajima ti aiutiamo a prepararti.”
“Coff… v-va bene.” rispose continuando comunque a sorridere.
Sollevandolo dal letto i due lo misero in piedi e sostenendolo, poiché le sue esili gambine erano avvezze sì a camminare, ma impiegavano un po' di tempo per abituarsi a causa del perenne confinamento a letto. Poi il dottore passò a staccargli l’impianto, che aveva attaccato alla schiena, e che ora che era in piedi, Mira poté ammirare per l’ennesima volta in tutta la sua grandezza.
La marea di cavi attaccati ad una gigantesca costruzione di forma sferica, incastonata al muro, proseguiva lungo la stanza fino alla schiena di suo figlio, qui si attaccavano ad un’imbrigliatura metallica, che rivestiva il corpicino del bimbo come fosse un grande gilè grigio fatto di metallo.
Al centro di tale ‘indumento’ c’era un grande buco, e qui il dottore, prima di scollegare i cavi pose una piccola sfera rossa, che subito prese ad illuminarsi. In contemporanea i supporti che circondavano il corpo del bambino presero a restringersi fino a scomparire quasi del tutto. Rimase solo al centro del petto la piccola sfera rossa, che aveva assunto la forma di una biglia e che rimaneva attaccata al corpo del bimbo, grazie a due piccoli filini metallici di colore giallo, legati a mo di collana dietro la sua schiena.
“Con questo non dovresti avere problemi a muoverti.” disse il dottore, scollegando l’ultimo cavo e spegnendo la macchina attaccata al muro.
“Dicci se ti senti più stanco del solito o se non riesci a respirare bene.” continuò, ma Light scosse energicamente la testa e disse: “Sto benissimo, grazie.”
“Bene, allora adesso ci penso io.” si intromise Mira e il dottore dopo averla salutata lasciò la stanza.
“Mi raccomando, non lo perda di vista.” fu il suo ultimo avvertimento, prima di sparire.
“Uff… bene adesso ti aiuto a vestirti.” disse la donna sorridendo al suo piccolo, che già aveva tirato fuori da una borsa un grosso e pesante cappotto azzurro.
“Da dove comincio?” chiese curioso, “Penso che dovremmo prima metterci una maglietta e un paio di pantaloni più pesanti.”
Detto questo si mise a rovistare nella borsa che aveva poggiato, qualche tempo prima, su una sedia.
“Senti, mamma.”, “Si, Light?”
“Sai se dove andiamo ci sono anche papà e Star?”
Lo sguardo di Mira si indurì per una minuscola frazione di secondo, la rabbia per la lite con il marito non era ancora passata, ma non poteva rovinare la giornata a suo figlio; quindi, cercò di mostrare il suo sorriso più allegro e disse: “Tranquillo, papà ti aspetta giù in sala d’attesa. Di Star non so, se è voluta venire anche lei, forse aveva da fare con qualche suo amico.”
“Capisco.” disse un po' sconfortato,
“Ehi, non fare così. Vedrai ci divertiremo e se Star non ci fosse, avremmo altre possibilità per divertirci tutti insieme.”
“Speriamo.” disse semplicemente Light, e Mira cercò di ignorare quel commento tornando a concentrarsi sui vestiti.
Dopo un quarto d’ora, l’albino era pronto: indossava una maglietta rossa di lana, un cappotto azzurro, un paio di guanti dello stesso colore, un cappellino verde, una lunga sciarpa rosa, che lo copriva fin sopra la bocca, un paio di pantaloni lunghi, che gli arrivavano sotto i piedi, e un paio di scarponi pesanti neri.
“Siamo pronti. Possiamo scendere.” disse la madre.
“Ho caldo.”
“Lo so, ma ti assicuro che fuori fa freddo e quindi è meglio essere coperti.”
“Su, scendiamo, abbiamo fatto attendere troppo tuo padre.” disse prendendo il bambino per mano, che un po' traballante cominciò a muovere i suoi primi passi.
“Sei sicura che papà ci stia aspettando?”
“Certo.” disse Mira, e neanche per un secondo questa sua convinzione fu sfiorata da qualche dubbio, conosceva troppo bene suo marito.
 
Luxus attendeva seduto su una sedia l’arrivo di suo figlio e sua moglie, Star aveva deciso, nonostante le sue insistenze, di aspettarli fuori.
Quella ragazzina è di una testardaggine, proprio identica a sua madre!
Sbuffò, chiedendosi come mai quei due ci mettessero tanto a prepararsi: forse il dottore aveva capito che non era una buona idea e lui e Mira stavano discutendo.
Sperava proprio che il medico gli desse ragione, perché non trovava un motivo per l’insistente desiderio di sua moglie di trascinare il loro bambino a pattinare.
Pattinare!
Il giorno prima della festa di Natale alla gilda! Aveva considerato che Light si sarebbe stancato durante quella giornata e che forse non avrebbe retto i festeggiamenti per la vigilia? Ovviamente, no!
Perché Mira come sempre si faceva trascinare da idee prese sul momento e non pensava molto alle conseguenze successive. Eppure, era un’adulta, possibile che non avesse sviluppato un qualche senso di responsabilità?
Capiva che voleva far svagare Light, anche a lui dava sui nervi che suo figlio fosse costretto a passare la maggior parte, se non quasi tutta la sua vita, in quel cazzo di ospedale. Ma non si poteva fare altrimenti!
Le sue condizioni erano critiche e se non volevano che peggiorassero quella era l’unica soluzione!
Si mise a riflettere su tutti i possibili disastri, che sarebbero potuti succedere quel giorno, concentrandosi sul modo migliore per evitarli.
In tutto questo non si accorse dell’arrivo dei suoi familiari.
“Papà!” lo chiamò a gran voce Light, scorgendolo seduto dall’altra parte della sala.
Al richiamo il biondo alzò la testa e tutti i timori, le paure e la preoccupazione vennero meno. Adesso nella sua testa c’era solo suo figlio. Il suo splendido bambino, che sorridente e vestito come una cipolla, si avvicinava lentamente a lui, supportato da sua madre, la quale invece non volle nemmeno guardarlo in faccia.
Ancora offesa, eh?!”
Ma la stizza scomparve quando avvertì due manine afferrargli i pantaloni.
“Ciao, Light.” disse Luxus, esibendo il sorriso più dolce che gli fosse possibile.
Poi lo prese in braccio, lo sollevò e se lo portò vicino abbracciandolo.
“Come stai, figliolo?”
“Tutto bene.” gli sorrise angelico il bimbo, “La mamma ha detto che andiamo in un posto bellissimo! Dove andiamo? Dove andiamo?”
“Se te lo dico, mi sa che rovino la sorpresa.” rispose Luxus,
“Uffa, ma non puoi darmi un indizio?”
“No, no, niente indizi. Lo vedrai quando ci arriveremo.” si intromise Mira, e senza farsi notare lanciò a suo marito un messaggio con lo sguardo: “Vedi di non fiatare.
L’altro semplicemente la ignorò e preso suo figlio per mano lo accompagnò fuori dall’ospedale.
Per quanto la temperatura fosse molto più bassa di quella della sua stanza, Light fu distratto da talmente tante cose che non ci fece minimamente caso.
In primo luogo, vide sua sorella poggiata con la schiena alla parete, vicino al cancello d’uscita e lasciando la mano del padre gli andò in contro.
“Ciao, sorellona!” la salutò, ma l’altra lo ignorò semplicemente e distaccandosi dal muro, superandolo uscì dal cancello, lasciando il bimbo lì in mezzo al giardino.
“Star, saluta tuo fratello!” le ordinò la madre, ma lei la ignorò e proseguì dritta.
“E’ ancora arrabbiata con me?” chiese l’albino al padre, che prontamente scosse la testa: “Ma no. Sai che tua sorella è sempre un po' scontrosa.”
“Specialmente con me.”, “Non è vero Light, sono certa che Star si divertirà molto con te.” disse Mira.
“Se lo dici tu.”
Il bambino, però, si lasciò subito alle spalle l’atteggiamento freddo della sorella, poiché vide che tutte le vie della città erano completamente ricoperte dalla neve.
“Guarda mamma, le mie scarpe lasciano le impronte sulla neve!”
“Già, guarda che carine. Quante ne hai lasciate?”
“Una, due, tre, quattro, cinque… e continuano ad aumentare! Voglio contarle tutte!”
Più avanti Luxus aveva raggiunto la figlia, che imbufalita proseguiva verso la pista di pattinaggio: “Cerca di essere un po' più gentile con tuo fratello.”
“Non sono obbligata a fingere di essere contenta di vederlo.”
“Cosa ci sei venuta a fare, allora?”
“Sono cazzi miei.” rispose e allungando il passo distanziò l’uomo.
“Papà! Papà!” lo chiamò Light e l’uomo si voltò,
“Guarda ho lasciato ventitré impronte.”
“Wow, bravissimo.” disse Luxus, carezzandogli la testa.
“Sono cinque in più rispetto a quelle dell’anno scorso! Se continuo così batterò il mio record!” gioì il bambino.
“Si. Piuttosto, sicuro di non sentire freddo?”
“Tutto bene.” gli rispose e prosegui nel suo conteggio.
“Visto quanto è felice?” chiese Mira,
“Guarda che io ero d’accordo a portarlo a fare una passeggiata. Gli fa bene e gli scioglie i muscoli delle gambe. Ma da qui a farlo pattinare…!”
“Non ricominciare con questa storia!”
“E se cade e si fa male?”
“Non succederà! Gli starò incollata e non lo lascerò mai andare da solo!”
“E’ comunque rischioso.”
“Pensala come ti pare.” gli rispose la donna, superandolo e raggiungendo il figlio più piccolo.
“Mamma, posso fare l’angelo di neve?”
“Beh…”
“Sarebbe meglio di no.” intervenne il padre guadagnandosi un’occhiataccia dalla moglie, “Rischi di raffreddarti.”
“Ok.” rispose mogio il piccolo,
“Non ti preoccupare, dove stiamo andando ti divertirai molto di più.” gli sorrise Mira.
 
Light dovette per forza concordare con sua madre, quando vide davanti a sé la gigantesca pista, costruita su un laghetto completamente ghiacciato.
Quella era una pista di pattinaggio!
Non ne aveva mai vista una dal vivo, solo qualche immagine disegnata su un libro illustrato che suo padre gli leggeva la sera di Natale.
Doveva riconoscere, che quel disegno non rispecchiava per nulla la realtà! Tutto, visto dal vivo, dal ghiaccio spesso, ai pattini colorati, alle persone sorridenti che piroettavano o scivolavano sulla spessa lastra solida, sembrava mille volte più bello di come s’è l’era mai immaginato.
Un dubbio, però, gli sorse, forse dettato dalla paura o dal fatto che gli sembrava impossibile trovarsi veramente lì:
“Posso farlo anch’io?” chiese indicando Star, che con in dosso i pattini era già partita lungo la pista.
“Ma certo!” esclamò Mira euforica, “Ti abbiamo portato qui apposta! Oggi, io e papà ti insegneremo a pattinare.”
“Dici davvero?!”
“Si.”
“Ma se poi cado? E se mi faccio male? E se il dispositivo si rompe o si danneggia?”
“Non preoccuparti, tesoro, io e papà ti terremo la mano e saremo sempre al tuo fianco. Non ti succederà nulla, al massimo ti divertirai un mondo!”
“Va bene, allora voglio provare.” disse il bimbo e sedendosi su una panca attese che la mamma gli mettesse i pattini ai piedi.
Quando, però, se li ritrovò indosso, fu attanagliato nuovamente dal terrore e non riuscì nemmeno a scendere.
“Tranquillo, Light. C’è la mamma che ti tiene.” disse Mira,
“Ho paura.” biascicò il piccolo con le lacrime agli occhi.
“Ma come hai paura?” si intromise Luxus, mettendosi in ginocchio in modo da poter guardare suo figlio in faccia, “Eri tanto eccitato di imparare.” gli sorrise il biondo.
“Ma se cado?”
“Non cadrai. La mamma ti ha detto, che ti terrà sempre la mano. Cos’è non ti fidi di lei?”
“Certo, però…” guardò la donna, che attendeva speranzosa una sua risposta positiva.
Non voleva deluderla, lei ci teneva tanto a passare la giornata tutti insieme, e anche lui voleva pattinare. Non sapeva se gli sarebbe stato possibile provarlo di nuovo.
Prese un respiro profondo, poi sollevando la manina avvolta dal guanto disse: “Ok, ci provo. Mamma mi tieni la mano?”
Il primo contatto che ebbe con il terreno riaccese per un attimo la paura, non si sentiva affatto stabile su quelle punte di metallo. E se già aveva paura sulla neve, non osava immaginare come sarebbe stato sul ghiaccio.
Sentì qualcosa di caldo e grande afferrargli la mano libera, e voltandosi si ritrovò accanto suo padre, che gliela stringeva forte.
“Su, che ce la fai.” gli disse, e lui non poté fare altro che sorridergli.
Trepidante, poggiò un pattino sulla lastra ghiacciata e si sentì cadere all’indietro, per una frazione di secondo, poi da entrambi i lati i suoi genitori strinsero la presa e lui si trovò appeso da entrambi i lati.
“Facciamo così.” disse Luxus, e passando la mano del figlio alla moglie, lo lasciò andare.
“Prova prima con tua madre, poi proviamo noi due, ok?”
“V-Va bene.”
L’albina si voltò di spalle e stando ben attenta a non allentare la presa, iniziò a scivolare all’indietro: “Sei pronto Light?”
“Credo di sì.”
“Bene, adesso pattiniamo insieme.” disse e continuò a scivolare in equilibrio sul ghiaccio, mentre trascinava per le braccia il figlio, che impacciato faceva di tutto per restargli dietro e non cadere.
“Devi rilassarti. Non ti farai niente, ma devi calmarti e cercare di trovare il giusto equilibrio.”
“N-non ci riesco.”
“Invece puoi, devi solo tranquillizzarti. Guarda me, un pattino alla volta, spingi le gambe, non troppo forte e mantieniti dritto.”
“Così?”
“Più o meno. Cerca di non sembrare una statua. Devi stare tranquillo, io ti tengo e non ti lascio.”
“Va bene.”
Raddrizzandosi e tenendo strette le mani a quelle di sua madre, sollevò leggermente un piede e poi lo fece scivolare sul terreno. La punta di metallo, ben levigata, non trovando attrito sfrecciò veloce, al punto che il bimbo non riuscì a far seguire l’altro piede. Ma grazie a sua madre non cadde al suolo, invece, tentando un'altra volta, mosse il secondo piede e facendo attenzione a rimanere in equilibrio, cercò di spostarsi.
“Non sollevare i piedi, così è più difficile. Devi farli scivolare sul terreno e il tuo corpo deve stare dietro al movimento.”
“Ci provo.” e questa volta, riuscì a compiere un movimento quasi perfetto, mantenendo costante la velocità e non imprimendo troppa forza sul piede riuscì a spostarsi, senza avvertire il suo corpo rimanere indietro o farsi troppo avanti.
“Bravissimo, così! Guarda Light, stai pattinando!” esclamò Mira al colmo della gioia, mentre il piccolo si fissava i piedi e cercava di compiere di nuovo lo stesso movimento.
“Ce l’ho fatta? Ce l’ho fatta! Sto pattinando! Evviva! Papà, papà, guardami! Sto pattinando!” gridava il bambino sorridendo, mentre cercava con lo sguardo il padre, che un po' più in là gli sorrise e sollevò il pollice.
Forse non è stata una cattiva idea quella di Mira.” si azzardò a pensare, ma il suo orgoglio rigettò quell’idea e per distrarsi decise di raggiungere sua figlia, che dal canto suo, senza prestare troppa attenzione agli altri sfrecciava da un lato all’altro della pista.
“Ehi, Star!” la chiamò il padre, e l’altra si voltò squadrandolo con il suo solito broncio.
“Ti va di fare una gara?” chiese l’uomo e a quella parola un sorriso di sfida comparve sul volto della ragazza, “Vince chi arriva per prima al lato opposto della pista, e torna indietro.” disse la ragazzina prima di piegarsi in avanti e partire a tutta velocità, distanziando il padre.
“Ehi, non vale! Sei partita prima!” finse di essere offeso quest’ultimo prima di iniziare ad inseguirla.
“Ma guarda un po' che bambini?!” li prese in giro Mira, mentre ancora teneva Light per un braccio e insieme proseguivano il loro tragitto.
“Star è proprio brava.” disse Light, “Ha avuto più tempo per imparare e poi è più grande di te.”
“Uhm…”, “Che ne dici, se quando torna indietro, gli chiedi di aiutarti?”
“Non credo che vorrà. Anzi penso che se glielo chiedo si arrabbierà tantissimo.”
“Ci penso io. Sono sicura che riuscirò a convincerla.”
La bionda, intanto, proseguiva a passo veloce la sua corsa, e toccata la sponda finale della pista si fece largo tra la folla e prese a percorrere il sentiero al contrario. Luxus, invece, a causa della sua stanza dovette rimanere indietro e farsi largo lentamente tra la folla.
“Eh eh eh! Lumaca.” rise la ragazzina, prima di giungere al punto di arrivo e fermarsi, sollevando le braccia al cielo e gridando: “Ho vinto!”, a suo padre che ancora era bloccato dalla folla.
“Star!” la chiamò sua madre e la ragazza si voltò, vedendola venirgli in contro con suo fratello.
“Che c’è?”
“Vorrei chiederti un favore, visto che sei così brava potresti insegnare qualche trucco a tuo fratello?”
“No!”
“Perché no?”
“Mi sto divertendo, non ho voglia di trascinarmi dietro una palla al piede!”
“Non parlare di tuo fratello a quel modo!” la rimproverò Mira,
“Dico solo la verità.” e prima che l’altra potesse rispondere si allontanò e tornò a pattinare.
“Te lo avevo detto, che l’avrebbe fatta arrabbiare.”
“Tranquillo, so come convincerla.” disse la donna e avvicinato suo figlio all’uscita della pista lo mise un attimo a sedere su una panca.
“Aspettami qui, torno subito.”
“Sei sicura, che sia una buona idea?”
“Sono certa che passare un po' di tempo insieme vi farà bene.”
“Ma Star non mi sopporta.”
“Se imparerà a conoscerti sono certa che comprenderà quanto gli vuoi bene, e prima che te ne accorga diventerete inseparabili.”
“Non credo che succederà.”
“Uffa, non essere così pessimista.”
Imboccata nuovamente la pista ghiacciata, rintracciò la figlia a pattinare più in là, mentre suo marito era stato assediato da alcuni cittadini, con i quali si era dovuto trattenere a chiacchierare.
“Ti ho detto che non lo faccio!” si lamentò la bionda, quando sua madre le fu davanti.
“Perché non sopporti tuo fratello? Non ti ha fatto nulla di male!”
“Mi fa imbestialire averlo vicino! È imbarazzante, piange sempre, è deboluccio, non può usare la magia e non sa combattere. Non serve praticamente a niente!”
“Mi sembra che tuo padre ti abbia già spiegato, che la forza non è tutto a questo mondo.”
“Non significa, che non mi vergogni ad avere un fratello fastidioso come lui.”
“Va bene, ma potresti almeno fare uno sforzo e cercare di conoscerlo meglio.”
“Non mi va.”
“Bene!” tuonò Mira e sua figlia comprese che la prossima frase non le sarebbe affatto piaciuta: “Vorrà dire, che riferirò a Nashi che sei una pessima insegnante di pattinaggio!”
“Come scusa?”
“Mi hai sentito bene, sono proprio curiosa di sapere cosa ti risponderà, visto che a suo fratello Nash gli ha insegnato lei.”
“Che mi prenda pure in giro, non mi importa!”
“Se sei contenta di rendere plateale il tuo fallimento sono fatti tuoi.” disse Mira, prima di voltarsi.
“Aspetta! Che vuoi dire?”
“Voglio dire che hai fegato a far sapere a tutti i tuoi amici, che non sei in grado di fare qualcosa di così semplice come insegnare ad un bambino a pattinare.”
“Certo che so farlo!”
“Ma ti rifiuti, quindi devo prendere per scontato che tu non ne sia capace.”
“IO SONO CAPACE DI FARE TUTTO! E ADESSO TI FACCIO VEDERE!”
“Bene, ma mi raccomando: a tuo fratello non deve succedere nulla!”
“Lo so, lo so.” disse la bionda incamminandosi verso l’uscita, dove Light l’aspettava trepidante.
“A-Allora?”
“Muoviti e dammi la mano. Mi farai sfigurare davanti a tutti se non impari a pattinare per conto tuo.”
“Ok, ma tu non lasciarmi andare.” disse il bimbo non ancora convinto,
“E tu dammi questa cazzo di mano!” gli urlò in faccia la sorella, stringendogli l’arto e trascinandolo di peso sulla pista.
“Star, te l’ho già detto: vacci piano!” la rimproverò la madre,
“Si, si lo so!” brontolò la ragazzina.
“Bene, fammi vedere come te la cavi.” disse, mentre il bimbo le si attaccava al giacchetto per non cadere.
Poi facendosi coraggio, prese a scivolare lentamente, aggrappato ancora all’indumento della ragazza.
“Ok, sta fermo!” le ordinò Star, “Non ci siamo proprio! Sei troppo rigido, non tieni bene il baricentro e non hai un minimo di equilibrio!”
“Scusa.”
“Sollevati e sta dritto con quella schiena. Esatto così! Adesso comincia a scivolare lentamente… No, non così! Sembri un vecchio che ha bisogno del bastone! Usa la mano libera per darti equilibrio, bravo così!”
“Sto andando bene?” chiese speranzoso l’albino, “Beh, fai sempre schifo, però un minimo di miglioramento c’è. Con un po' di esercizio forse raggiungerai la decenza.”
“Quando potrò provare da solo?”
“Per me anche subito… se ci tieni a schiantarti con la faccia su una parete di ghiaccio!”
“Ok, è troppo presto.” convenne il bimbo, ampliando la stretta sulla mano della sorella.
“È bello pattinare.” disse il bimbo, “Si, è divertente.”
“Tu, come hai imparato?”, “Quando avevo la tua stessa età mamma e papà mi hanno portato qui. Un paio di tentativi ed ero subito bravissima.”
“Wow, sei fantastica! Mi piacerebbe poterlo fare.”
“Mica ci riescono tutti! Quella scema di Nashi ci ha messo un anno ad imparare.”
“Capisco. Senti, quando credi che potremmo tornare?”
“E che ne so? Da quando ci sei tu, non riusciamo più ad andare da nessuna parte!”
“Scusa.” disse il bimbo, abbassando la testa per non far notare alla sorella le lacrimucce ai lati degli occhi.
“Non ricominciare a frignare! Lo sai che mi irrita!”
“Scusa.”
“Piantala di scusarti in continuazione!”
“S-Scusa.”
“Urgh! Perché non riesci mai a stare zitto!”
“Non lo faccio apposta, te lo giuro!”
“Ecco perché non ti sopporto!”
“Perché parlo troppo?”
“No, perché non sai quando è ora di tacere e smetterla di piangere!”
“Mi dispiace se non ti piaccio.” disse semplicemente Light e Star si fermò a fissarlo incuriosita.
“Però, non credo che sia questo il motivo per cui non ti vado a genio.”
“Che vuol dire?”
“E-Ecco, i-io penso, che s-se non mi v-vuoi bene è perché mamma e papà s-sono sempre costretti a stare con m-me, e n-non hanno mai tempo da passare con te.”
“Chi ti ha detto questo?” chiese la ragazzina e il suo volto si scurì, “N-Nessuno, lo p-penso io.”
Senza perderlo di vista e stringendolo per le spalle, la bionda ruotò completamente il bambino,
“C-Che fai?”
“Niente, cambio solo direzione.”
“P-Perché?”
“Così, mi va. Ma tu continua pure, che io ti ascolto…”
“In realtà non ho nient’altro da dire.”
“Bene, allora devo risponderti?”
“N-Non so.”
“Vuoi imparare a pattinare da solo?”
“S-Si?”
“Sai quando ero piccola, papà mi disse che il modo migliore per imparare da soli era questo.”
Light avvertì chiaramente le mani della sorella discendere dalle sue spalle lungo la schiena, ma non comprese cosa volesse fare, se non quando fu troppo tardi, avvertì solo un’improvvisa spinta e le ultime parole, che Star gli sussurrò ad un orecchio: “Visto che hai già capito qual è il problema, perché non sparisci e basta?!”
Il suo corpo fu spinto dalle mani di sua sorella sul percorso ghiacciato e proseguì a tutta velocità, mentre cercava di non cadere muovendo le mani in tutti i modi possibili per mantenersi in equilibrio.
“E vedi di non sfracellarti!” gli urlò dietro Star, mentre scoppiava a ridere.
Ciò che successe dopo non riuscì a capirlo con precisione, a tutta velocità percorse il tratto di ghiaccio, fino a giungere alla seconda uscita, quando la pista finì fu sbalzato in avanti e fece un volo di un paio di metri, ma si rese conto con orrore che quella parte della pista era affacciata su una discesa ripida e ricoperta di neve e si ritrovò a precipitare…
“WHAAAAAA!”
“LIGHT!” sentì i suoi genitori chiamarlo, ma non riuscì a vederli, né si accorse che durante la caduta il ciondolo che portava al collo si fosse sfilato e fosse caduto a terra.
Luxus ebbe modo solo di vedere sua figlia spingere suo fratello sulla pista, ma da lontano non fu in grado di raggiungerlo, poté solo guardarlo mentre cadeva giù verso il piano della collina.
Poi sentì il bambino urlare e affacciandosi al bordo rimase paralizzato, dalla scena che gli si presentò davanti…
Il corpo di suo figlio era completamente attorniato da gigantesche scariche elettriche, esse sembravano produrre una gigantesca sfera di energia al cui interno si distingueva più o meno il corpo del bambino. Poi qualcosa di nero si fece largo dalla grande massa di energia, la grande protuberanza color pece si ingrandì e due giganteschi artigli comparvero su di essa, mentre sulla testa si formavano delle lunghe corna.
L’essere attaccato alla schiena di suo figlio si voltò e l’uomo poté scorgere sul suo viso un ghignò maniacale, ed i suoi grandi occhi rossi fissarlo.
Poi l’essere sollevò entrambe le braccia e la luce che circondava Light si fece ancora più intensa e brillante, in contemporanea sulla mano destra del mostro si formò una gigantesca folgore.
E’ ora di divertirsi!” gridò l’essere scoppiando a ridere, mentre scagliava il fulmine che aveva in mano verso il basso.
Il contatto con il suolo fece esplodere il colpo in un forte boato e la luce accecò tutti i presenti, quando il biondo riuscì a vedere nuovamente sgranò gli occhi alla vista del gigantesco cratere prodotto dove un tempo c’era una foresta.
Ancora? Bene! Allora forza, moccioso scateniamoci!
Light si illuminò di nuovo e altri due fulmini comparvero sulle mani della sua ombra, che senza farsi attendere li lanciò più lontano.
“Dobbiamo fermarlo o distruggerà tutto!” gridò Mira,
“Light deve aver perso il soppressore! Cercalo!” le urlò il marito prima di fiondarsi all’inseguimento di suo figlio.
Ne hai ancora? Ma sei un pozzo senza fondo di magia! Fantastico!” ancora una volta il corpicino del bimbo si illuminò e altri due fulmini neri si formarono sulle mani del mostro.
Bene, queste dove le lanciamo?
“Fermo dove sei!” urlò Luxus piombando davanti al mostro,
Oh, guarda! Il tuo paparino è venuto a divertirsi con noi! Su giochiamo al lancio al bersaglio!” e sollevandosi in tutta la sua imponente statura il demone scagliò entrambi i fulmini sul Master di Fairy Tail.
Quest’ultimo però, fu più rapido e diventando una saetta schivò entrambi gli attacchi,
Sembra che sarà più difficile del previsto. Beh, per fortuna ho molti colpi a portata di mano!” una pioggia di fulmini circondò la creatura, mentre sotto di lui Light si contorceva tenendosi la testa con le mani e cercando di allontanarsi dall’essere.
Su, su, resisti! Abbiamo appena iniziato a giocare!” lo sbeffeggiò il mostro prima di scagliare una pioggia di fulmini su Luxus, che in tutta risposta spalancò la bocca e prese ad inghiottirli tutti.
Bell’idea Dragon Slayer!” ghignò il demone, “Ma cosa ne pensi di questo?
Il corpo di Light si sollevò, spalancando gli occhi, il padre vide i suoi bulbi oculari diventare tutti gialli e delle piccole saette comparvero ai lati di esse. Poi tutto il suo corpo fu circondato da scariche elettriche di colore nero, che si canalizzarono nella bocca del bimbo.
Soffio del demone del fulmine!” gridò il demonio e il bimbo spalancò la bocca, mentre davanti a lui si formava un’immensa sfera di energia gialla-nerastra, che arrivata al punto critico esplose producendo un gigantesco flusso di energia.
L’attacco partì contro il Dragon Slayer.
Luxus si bloccò attendendolo, poi quando gli fu a pochi centimetri di distanza spalancò nuovamente la bocca e lo assorbì, per poi sollevare la testa verso il cielo e sputarlo fuori.
“Aff… aff… tutto qui viscido demonio?” gli chiese con il fiatone, mentre piccole scariche elettriche nere gli circondavano la bocca.
Dovresti chiederlo a tuo figlio non a me. Che dici, facciamo divertire papino ancora un po'?
Il corpo di Light si illuminò nuovamente, ma questa volta non riuscì a trattenere un urlo, mentre il potere magico gli attraversava il corpo e veniva assorbito dal mostro.
Il demone cinse entrambe le mani sopra la sua testa, e da esse scaturì un gigantesco vortice di fulmini, ghignando si preparò a scagliarlo contro il mago, ma prima che potesse abbassare le mani e dare inizio all’attacco, qualcosa lo colpì alle spalle, e sia lui sia Light volarono via.
Urgh! Ma cosa?!
“Ti insegno io cosa succede ad attaccare la mia famiglia!” tuonò Mira, trasformata nella sua forma Satan Soul.
La diavolessa afferrò il suo bambino e gli mise al collo l’inibitore, subito il demone iniziò a tremare, mentre Light riprendeva a contorcersi su sé stesso.
NOOO! NON DI NUOVOOO!” si disperò l’essere prima di essere risucchiato nel corpo del bambino, che subito smise di brillare e svenne.
Mira atterrò tornando normale, mentre si stringeva al petto suo figlio,
“Come sta?” chiese Luxus avvicinandosi preoccupato,
“Bene, ma è molto stanco. È meglio riportarlo in ospedale.”
“Si.”
Stavano per dirigersi al pronto soccorso, quando si ricordarono di una persona in particolare, che sgomenta e spaventata li osservava dall’alto della ringhiera.
“Star!” urlò Luxus, ma lei non si mosse.
“Scendi Star!” gli urlò la madre, “Dobbiamo portare tuo fratello all’ospedale!”
“Scendi subito! È un ordine!” gridò l’uomo vedendo che la figlia non si muoveva.
Star però si fece indietro, ma suo padre non era in vena di attendere e tramutandosi in un fulmine gli fu subito davanti e prima che potesse muoversi gli piantò uno schiaffo, che la fece cadere a terra e le lasciò una vistosa impronta rossa sulla guancia.
“Cosa ti è saltato in mente?! Sei forse impazzita? Hai visto cosa è successo?! Se non fossimo intervenuti, quel mostro avrebbe distrutto tutta Magnolia!”
“I-Io, ecco…”
“Tu hai fatto una delle più grandi cazzate di tutta la tua vita!” urlò l’uomo, di solito cercava di non essere duro con i suoi figli, qualche rimprovero ogni tanto, ma mai nulla di serio.
Forse era anche per questo che la maggior parte della nuova generazione della sua gilda era così scapestrata e combina guai, si sarebbe dovuto imporre di più!
Ma certo non si aspettava questo comportamento da sua figlia! Era sicuramente una combina guai, era maleducata e quel fottutissimo orgoglio che aveva ereditato da lui era la ciliegina sulla torta. Però, non si aspettava certo che arrivasse a fare del male a suo fratello!
Insomma, se Light non avesse perso l’inibitore cadendo da quell’altezza si sarebbe rotto tutte le ossa, o peggio…
Come aveva potuto sua figlia fare una cosa tanto stupida?! Anzi tanto crudele?!
“Ti rendi conto che tuo fratello ha rischiato di morire?”
“I-Io… si, credo! P-però, sta bene! È tutto a posto, è tutto risolto e nessuno si è fatto male!”
Luxus tremò al sorriso folle di sua figlia, doveva essere sotto shock: ora che ci rifletteva per Star quella era la prima volta che vedeva Light perdere il controllo, forse la vista di quel demonio l’aveva terrorizzata.
“S-Sono un’idiota!”
“Star, cerca di calmarti.”
“P-per anni ho pensato fosse un f-fallito, e invece, per tutto questo tempo lui era… lui era… lui era PIU’ FORTE DI ME!” scoppiò in una risata isterica, sotto lo sguardo sorpreso, ma anche furente del padre.
Ti ho educato talmente male, che la prima cosa che pensi è questa?!” pensò il biondo, mentre rivedeva in quella ragazzina tutto quello che era stato lui in passato.
L’afferrò per un braccio e la sollevò da terra, “Falla finita di ridere!” urlò, ma il tono strozzato con cui lo disse rese il suo ordine tutt’altro che autorevole.
“Perché? Perché dovrei smettere papà? Ah ah ah ah! Non lo trovi divertente anche tu?! Per anni mi sono sentita la più forte, e adesso scopro che vicino a me c’è un mostro che cammina! E quel che è peggio è mio fratello! AH AH AH! Mio fratello! Quel piccolo frignone! Adesso capisco, capisco tutto…”
“Cosa? Cosa hai capito, sentiamo?!”
“Perché mi avete messo da parte… sono io quella che non serve a nessuno, IO dovrei sparire!”
E prima che Luxus potesse dire o fare qualcosa si tramutò in un fulmine e scomparve chissà dove.
Il Master avrebbe voluto seguirla, sua figlia non stava sicuramente bene; ma ora quello che stava peggio era Light: Mira lo teneva in braccio e lo scuoteva, ma il piccolo non voleva saperne di svegliarsi, le sue guance erano rosse e il respiro era flebile.
Più veloce che poterono i due volarono verso l’ospedale, qui li accolse il dottore che prese subito in custodia il bambino e lo riportò nella sua stanza, prima di lasciare la sua equipe a supervisionare i progressi o peggioramenti delle sue condizioni.
“Siete contenti?” chiese Luxus al dottore e a sua moglie, quando finalmente la paura diminuì.
“Non prendertela con il dottore!” gli disse sua moglie, ma questo non fece altro che alimentare la rabbia dell’uomo.
“Non mi serve prendermela con lui, so benissimo che la colpa è tua!”
“E’ sempre colpa mia vero?”
“Cosa cazzo ti è saltato in mente di lasciarlo con Star?”
“Non so, sai è sua sorella maggiore?! Non mi aspettavo certo che volesse buttarlo giù da una collina!”
“Sai benissimo, che non lo sopporta!”
“E questa sarebbe una scusa per il suo comportamento?”
“Sono il primo a dire, che ha compiuto un’azione ignobile, ma tu dovevi evitare di fomentare le acque!”
“Io avrei fomentato le acque?! Ma se è da quando è nata che non fai altro che alimentare le aspettative di tua figlia! Non prendertela con me se presenta questo genere di problemi! Sei tu che gli hai inculcato in testa certe idee!”
“Io non ho mai fatto nulla di simile! Anzi è da sempre che gli ripeto che la forza non è qualcosa di essenziale nella vita! Che ci sono altre cose molto più importanti!”
“Poi però la lodi in modo eccessivo quando porta a compimento missioni rischiose, e quando è andata a fare quella missione di classe S, senza il tuo permesso, visto che è riuscita a portarla a termine con successo, allora non va messa in punizione, vero?”
“Cosa c’entra questo, adesso? Non cambiare argomento! Se Star si comporta così è perché tu non gli dai abbastanza attenzioni!”
“Io non gli darei attenzioni? Ma se praticamente l’ho cresciuta da sola!”
“Che cavolo dici?”, “Chi è che è rimasta con lei per anni, mentre tu eri sempre impegnato per lavoro!”
“Vuoi dire, che solo perché non c’ero qualche volta la colpa è mia?”
“Anch’io lavoro tutti i giorni, Luxus, ma quando mia figlia aveva bisogno di me ero presente, e i primi mesi con Light ci sono rimasta io in ospedale!”
“Ma io sono il Master della gilda, hai idea di quante responsabilità io abbia, tu al massimo devi solo pulire qualche tavolo…”
“Stai dicendo che il tuo lavoro essendo più impegnativo del mio è una valida scusa per ignorare tua figlia?!”
“No, sto dicendo che io a differenza tua avevo un’intera aggregazione di maghi a cui badare e comunque sono qui, a preoccuparmi per i miei figli, mentre tu ti diverti a metterli in pericolo!”
“Se tua figlia è cresciuta così, è colpa delle tue assurde aspettative! E Light ha bisogno di vivere quel poco di vita che gli rimane, in maniera felice! Ha bisogno di nuove esperienze!”
“Avrà tutto il tempo per farne, quando sarà guarito!”
“Lo vuoi capire che potrebbe non guarire mai! Che la sua vita sarà più corta di quella di tutte le altre persone! Che quel dannato demonio lo sta prosciugando e il tuo potere magico lo sta sfinendo! Lo vuoi capire che non sappiamo per quanto tempo potrà resistere?!”
“SCUSATEEEEEE!” i due si zittirono di colpo al richiamo del dottore, e si voltarono verso di lui.
Tutto il reparto li stava fissando, e la cosa li metteva piuttosto in imbarazzo, il medico invece li guardava tra l’esasperato e il disperato.
“Che succede?” chiese Mira, preoccupata che suo figlio non stesse molto bene.
“Vi chiederei per favore di sedervi e di darvi una calmata! Questo è un luogo di lavoro e voi state disturbando i medici e gli infermieri. Appena avrò nuove notizie ve le comunicherò fino ad allora, per l’amor del cielo, potreste non dare di matto?”
Il modo in cui il medico li supplicò, con le mani giunte e il capo spettinato, li mise ancora di più in imbarazzo e per evitare di creare altri problemi scelsero una sedia a testa e si misero a sedere.
Gli sguardi di entrambi caddero sul grande albero addobbato al centro della stanza, e non poterono trattenere un sospiro: perché anche a Natale dovevano litigare? Ormai da anni non facevano che rinfacciarsi le solite cose. Che fosse un chiaro segno che non potevano più vivere felicemente come una coppia sposata? Che il divorzio fosse l’unica soluzione?!
 
Entrambi, però, ignoravano che un certo bambino disteso nel suo lettino avesse sentito le urla dei genitori, e anche nel dormi-veglia in cui si trovava fosse riuscito a cogliere gli argomenti della lite.
Quando Light riprese completamente conoscenza, i medici si erano assentati un secondo per andare a comunicare al loro superiore il miglioramento e la raggiunta stabilità delle sue condizioni.
Voltandosi di lato, vide poggiato sul tavolinetto accanto al suo giaciglio un foglio di carta, allungando la manina riuscì ad afferrarlo e sforzandosi si mise a sedere, portandosi il foglio davanti agli occhi.
Su di esso c’era un disegno, colorato a pastelli, che lui stesso aveva realizzato qualche giorno fa. Rappresentava lui e tutta la sua famiglia, suo padre, sua madre e sua sorella, raccolti sotto l’albero di Natale con in mano un regalo ciascuno.
Avvertì gli occhi pizzicare e due goccioline caddero sul foglio imbrattando una parte colorata, si asciugò gli occhi con il dorso della mano e tirò su con il naso.
“Ho rovinato tutto.” disse, iniziando a singhiozzare in silenzio, “Se solo ci fosse un modo per rendere tutti felici…”
Poi un’illuminazione!
Spalancò gli occhi, per poi sorridere: “Ma sì, mi ero scordato che posso chiedere a lui!”
Si guardò intorno alla ricerca di una penna, poi sul tavolino vide un pastello azzurro e afferrato anche quello ruotò il foglio e scrisse:
Caro Babo Natale,
scusa se ti distorbo ora che siamo così vicini a Natale. ma ho bisogno che realizzi il desiderio Voglio che la mia familia sia felice come nel disegno e voglio che mamma e papà non si arrabbino con Star, non è colpa sua.
So che ho scritto una letterina giorno fa, ma vorrei questo come regalo.”
Finita di scrivere la lettera, la rilesse e soddisfatto del risultato la piegò, poi rovistando nella borsa che sua madre aveva lasciato sulla sedia trovò una busta e ce la mise dentro.
Scendendo dal letto, guardò la grande macchina a cui era attaccato, al buio faceva tanta paura, ma aveva visto mille volte il dottore togliergli i cavi dalla schiena e aveva imparato come fare.
Prese il suo inibitore e se lo rimise al collo, l’oggetto iniziò subito a brillare di una luce rossastra, Light afferrò il cavo che aveva attaccato alla schiena e premendo un pulsante riuscì a disattivarlo.
Fatto questo si rimise i vestiti pesanti e aprendo la porta cacciò fuori la testa per vedere se arrivava qualcuno. Quando fu certo che l’intero corridoio era libero si diresse verso una porta dal lato opposto dell’uscita principale.
La mamma mi ha fatto uscire da questa parte qualche mese fa, devo ricordarmi la strada. Spero che non si arrabbino troppo, ma devo inviare la lettera al Polo Nord.
Proseguì fino ad un cartello dove lesse: “Uscita secondaria”, premette sulla maniglia della porta ed essa si aprì rivelando una lunga scalinata, che portava ai piani inferiori.
Lentamente, stando ben attento a dove mettere i piedi, riuscì a percorrere tutte le rampe e a giungere al piano terra sano e salvo.
Poi aprì la porta rossiccia che aveva davanti e si ritrovò fuori dall’edificio.
 
Non sapeva bene dove andare, non gli capitava spesso di girare per le strade della città, anzi quasi mai. Soprattutto non lo aveva mai fatto da solo e di notte, ma le lucine accecanti e le insegne sfavillanti gli diedero coraggio, e deciso a trovare una cassetta della posta imboccò un sentiero.
Senza capire come, si ritrovò in centro circondato da centinaia di persone che affrettate gli badavano poco e proseguivano incuranti verso le proprie case.
Fu qui, che vide, sul marciapiede al lato destro della strada una cassetta di metallo color rosso e proseguendo lentamente, - poiché era veramente stanco per tutto quello che gli era successo quel giorno-, giunse davanti all’oggetto.
Non aveva però considerato le sue dimensioni: l’apertura della cassetta era posta in alto e lui non riusciva ad arrivarci nemmeno in punta di piedi.
“Devo farcela… oh, issa!” compì un piccolo balzo, ma esso non bastò e quando i suoi piedi toccarono nuovamente terra non riuscirono a reggere il suo peso e cadde all’indietro.
“Ouh!” si lamentò cercando di sollevarsi, ma i suoi arti inferiori non volevano saperne di obbedirgli e stava pure iniziando ad avere freddo, lì per terra con il didietro poggiato sull’asfalto freddo e nevoso.
“Tutto bene giovanotto?” chiese una voce alle sue spalle, e voltandosi il piccolo si ritrovò davanti un vecchietto, con la testa un po' pelata e gli occhietti che lo guardavano con dolcezza.
“B-buona sera, signore.” rispose educato il bimbo, “Sto bene, ma non riesco ad alzarmi.”
“Lascia che ti aiuti.” disse il vecchio e preso il bimbo per le braccine lo sollevò di peso.
“G-Grazie mille, signore.”
“Di nulla. Ma sei sicuro di sentirti bene?” chiese il nonnetto preoccupato vedendo che il volto di Light era pallido e le sue guance rosse.
“S-Si, ho s-solo un po' di freddo.”
“Dovresti tornare a casa. Dove sono la tua mamma e il tuo papà?”
“Mi aspettano a casa. Ma prima di tornare devo mettere questa lì dentro.” disse sollevando la busta e indicando la cassetta.
“Posso aiutarti io.” rispose l’anziano e presa la lettera dalle mani del piccoletto la fece passare nel buco.
“L-la ringrazio molto.”
“Figurati è stato un piacere. Adesso però, va a casa, non sembri stare molto bene. Buon Natale, piccolino.” gli disse prima di incamminarsi e sparire tra la folla.
Alla parola casa, Light si sentì riavere, sarebbe stato bello tornarci, ma sapeva di dover andare in un altro posto e che la possibilità di rivedere la sua splendida casetta, prima del giorno dopo era infinitesimale.
Sperava che i suoi genitori non si arrabbiassero troppo e che gli permettessero di partecipare alla festa di Natale, ma sapeva che la sua fuga li avrebbe fatti preoccupare e che una volta tornato niente lo avrebbe esentato da una ramanzina.
Chissà come sta Star?” si ritrovò a pensare alla sorella e la tristezza tornò, sperava che il suo desiderio si realizzasse e che anche lei tornasse a casa e stesse bene, e soprattutto fosse felice.
Con questi pensieri in testa si incamminò verso l’ospedale, ma giunto ad un bivio si rese conto di non sapere dove andare!
Si guardò intorno preoccupato alla ricerca di un qualsiasi punto di riferimento, tentò anche di chiedere indicazioni ai passanti, ma essi troppo impegnati nemmeno si accorsero di lui.
Un individuo che proseguiva nella sua stessa direzione lo urtò e lo fece cadere, il contatto con il terreno fu duro, ma per fortuna la neve attutì la caduta e non si fece nulla.
“N-non riesco ad alzarmi!” farfugliò, rendendosi conto di aver esaurito tutte le forze, sbadigliò colto da un’improvvisa stanchezza e fu quasi tentato di addormentarsi lì in mezzo alla strada.
Si rese conto che qualcuno gli si era avvicinato solo quando lo prese in braccio ed iniziò a scuoterlo con vigore, facendosi forza riuscì a spalancare gli occhietti e fu incredibilmente grato di ritrovarsi davanti un volto conosciuto:
“Zio Freed!” bisbigliò con un filo di voce, mentre l’uomo gli sorrideva e se lo portava più vicino.
“Light, si può sapere cosa ci fai qui tutto solo? Dove sono Luxus e Mira, perché non sono con te?” chiese il verde preoccupato, mentre si assicurava di riparare con il suo giaccone il corpicino di suo nipote.
“Non lo so. Sono uscito di nascosto…”
“Di nascosto?! Cioè sei scappato dall’ospedale!” esclamò allarmato l’uomo,
“S-Si.” disse l’albino prima di scoppiare a piangere.
“Su, su, non fare così. Raccontami cosa è successo?”
E così Light gli raccontò quello che era successo quel pomeriggio, dalla visita di sua madre, alla lite con Star, al ritrovarsi in ospedale e alla lite che aveva sentito consumarsi tra i suoi genitori.
“Uffa, scusa se te lo dico, ma certe volte i tuoi genitori sono proprio sciocchi! Non possono sempre litigare per queste cose! Possibile che neanche a Natale sappiano stare tranquilli?”
“Sing… sing… è tutta colpa mia. Se non ci fossi io, non avrebbero tutti questi problemi.” riprese a piangere il figlio del Master.
“Non dire sciocchezze, Light. Certe cose non dovresti nemmeno pensarle!”
“Ma è vero! Mamma e papà non fanno altro che litigare, e per colpa mia ignorano sempre mia sorella, e poi non possiamo mai fare tutto quello che fanno le persone normali!”
“Ascolta, Light, se i tuoi genitori litigano non è colpa tua, sono loro che non sanno gestire la situazione, e ti assicuro che non hanno certo iniziato dopo la tua nascita. Anni fa facevano uguale, ma non preoccuparti ci parlerò io, sono certo che riuscirò a calmarli, in qualche modo. Per quanto riguarda tua sorella, posso capire che si senta un po' ignorata, ma non può certo dare la colpa a te, tu non c’entri nulla. Infine, non esiste la famiglia perfetta, tutti abbiamo i nostri problemi, ma come si dice in queste situazioni…? A Natale tutte le strade portano a casa!”
“E cosa significa?”
“Significa che, nonostante i problemi e i battibecchi a Natale quando la famiglia si riunisce deve fare uno sforzo ed impegnarsi per superare le difficoltà, e godersi tutti insieme questo periodo dell’anno, in allegria e compagnia.”
“Mi riporterai in ospedale? Mamma e papà saranno preoccupatissimi a quest’ora.”
“Ho un’altra idea. E per quanto riguarda Luxus e Mira, conoscendoli avranno sguinzagliato tutta la gilda per trovarti, ma se riesco a contattarli in tempo forse evitiamo di farla diventare una faccenda di Stato Mondiale.”
 
Dire che Luxus Drayer era preoccupato era un eufemismo, lui era semplicemente in totale paranoia!
Suo figlio era sparito! Scomparso chissà come dalla sua stanza! E disperso per qualche via della città!
Ora, va bene che Magnolia non era gigantesca, ma allora perché con tutti i maghi a cui aveva chiesto aiuto per trovarlo ancora non ce n’era traccia?
“Qualche novità?” chiese la moglie, “Nessuna! Non riescono a trovarlo.”
“Deve pur essere da qualche parte!” si fece largo una voce vicino ai due,
“Star tu hai qualche idea su dove possa essere?” chiese l’albina.
“Non lo so, mamma. Anche perché sono pochi i posti che conosce, e se non si trova forse gli è successo qualcosa…”
“No! No! Sono certo che sta bene!” si sbrigò a sottolineare Luxus, vedendo sul volto delle due dipinta la preoccupazione.
La sua Lacrima Phone vibrò nella tasca dei pantaloni e afferrandola ritrovò indicato sullo schermo luminoso il nome di Freed.
Non aveva avuto il tempo di contattarlo e di dargli la notizia, anzi non aveva chiamato neanche Bixlow ed Ever, ma forse Freed gli sarebbe stato utile in quel frangente.
Premette il pulsante per l’adesione alla chiamata e si portò il telefono all’orecchio: “Freed? Si, sono io… senti non ho tempo di parlarti, è urgente: Light è sparito e non si trova da nessuna parte, se potessi raggiungermi con il resto del Commando…
Che significa che sei a casa mia?”
A quelle parole Mira e Star rimasero spiazzate,
“No, non posso venire a casa, TI ENTRA IN TESTA CHE MIO FIGLIO È SPARITO E… COSA! È LI CON TE?!”
“CHE CI FA LI A CASA? MA SOPRATTUTTO PERCHE’ UNA VOLTA TROVATO NON LO HAI PORTATO QUI? COSA SIGNIFICA CHE NON VUOLE VENIRE?!
Va bene, dacci un attimo e arriviamo. Si, si, grazie mille, si arriviamo.”
“Allora?” chiese Star, “Sembra che sia a casa, ce lo ha portato Freed e adesso sono insieme ad Ever e Bixlow.”
“Bene, allora sbrighiamoci e torniamo a casa.” disse Mira.
Non passò nemmeno mezz’ora che Bixlow, Freed ed Evergreen si ritrovarono davanti alla porta l’intera famiglia Drayer, con il fiatone e lo sguardo spiritato per l’ansia e la corsa.
“Ben tornati.” li salutò la bruna, “Siete stati veloci.” disse Bixlow.
“Scusate, se vi abbiamo chiamato solo poco fa, ma è successo tutto all’improvviso e ho pensato di far venire anche loro due.” si scusò Freed.
“Tranquillo. Anzi grazie mille, per averlo portato a casa.” gli rispose Luxus,
“Ma adesso dov’è?” chiese Star, “E’ di sopra che gioca con mio figlio.” disse Bixlow.
“Mi dispiace se abbiamo disturbato te e Lisanna.” disse Mira, “Scherzi? Figurati se ci disturba e poi era una situazione delicata e Yurei è sempre contento di venire a giocare con suo cugino. Sono di sopra in camera.”
Vedendo che Luxus e Mira si stavano dirigendo al piano di sopra, e che entrambi sembravano ancora molto preoccupati, Freed comprese che era meglio trattare prima la questione e poi lasciarli proseguire.
“Light sta bene.” esordì facendo bloccare i due sulla rampa, “Il motivo per cui vi ho riunito tutti qui è, anche perché dobbiamo parlare di voi due.” disse indicandoli.
“Noi due? Cosa vuol dire?” chiese sorpresa l’albina, “Sputa il rospo, Freed!” gli ordinò Luxus, già intuendo che la conversazione non gli sarebbe piaciuta.
“Prima sediamoci.” si intromise Bixlow,
“Noi due, invece, andiamo a parlare da un’altra parte.” disse Ever afferrando il braccio di Star e trascinandola al piano di sopra, in camera sua.
Quando i coniugi Drayer e i loro amici furono riuniti al tavolo, Freed esordì: “Io capisco che entrambi siate preoccupati per Light e che vogliate proteggerlo, sarebbe innaturale per un qualsiasi genitore non agire così. Però, dovete anche considerare che ha già sei anni, che non è mai andato a scuola e che vi preoccupate troppo…”
“Se è tutto qui quello che hai da dire, puoi anche tacere!” rispose acido il biondo, incrociando le braccia.
“Luxus cerca di essere ragionevole, capisco che la situazione di Light sia delicata, ma non puoi continuare a soffocarlo!”
“E’ quello che dico anch’io!” intervenne Mira, “La tua è una situazione diversa, ma tranquilla parleremo anche di te.” gli rispose Bixlow.
“Light è un bambino particolare, affetto da una grave malattia, e poi c’è la storia del demone… insomma, non mi aspetto che possa scalare le montagne, ma se fosse per te Luxus non avrebbe mai messo piede neanche nella gilda!”
“La pianti di ripetermelo? Lo so da solo! Invece, di prendertela con me, perché non parli con lei, per colpa della sua genialata oggi ha rischiato di sfracellarsi al suolo!”
“Lo so, che Mira da questo punto di vista può risultare, ehm, disattenta…”
“Ehi!”
“Ma questo non significa che tu possa lasciar crescere tuo figlio in una stanza di ospedale, esternandolo dal resto del mondo. Anche se con le dovute precauzioni Light deve fare le sue esperienze per crescere!”
“Lo so…”
“Beh, allora il problema dovrebbe essere risolto.” sorrise Bixlow, ma l’amico lo trattenne, “Questo problema è più o meno risolto, ora però viene il difficile.”
“Cioè?” chiese l’albina,
“Io non capisco perché devi venire a fare lo psicologo in casa mia.” si lamentò il biondo.
“Perché siamo tutti una grande famiglia, e quindi dobbiamo aiutarci a vicenda.”
“Non abbiamo mica bisogno di aiuto!”
“Ah ah ah! Come no?!” scoppiò a ridere Bixlow guadagnandosi un’occhiataccia sia da Mira, sia da Luxus.
“Il problema è che non fate altro che litigare!” sbottò Freed,
“Non sono affari tuoi!”, “Luxus!” lo rimproverò Mira.
“Forse è vero.” riprese la parola il mago delle rune, “Ma se non volete che i vostri figli continuino a farsi male o che si odino a vicenda, dovreste cercare di appianare le vostre divergenze! Siamo a Natale, dovrebbe essere la festa per eccellenza dove ci si diverte in famiglia e voi la passate a litigare e a rinfacciarvi una marea di vecchie cose!”
“E’ lei che non mi dà retta!”, “Io! Sei tu, quello che non mi ascolta mai!”
“Ecco, visto che ricominciano?!” si intromise Bixlow, mentre Freed sospirava sconfortato.
“Luxus, Mira! Dovete capire che non potete continuare così! La situazione sta diventando ingestibile!”
“Lo sappiamo anche noi.” disse la donna, “E ti assicuro che stiamo tentando di avere pazienza, ma non riusciamo più ad andare d’accordo.”
“Perché?”
“E’ colpa dello stress.” si intromise il biondo, guadagnandosi l’attenzione di tutti i presenti, che non si sarebbero mai aspettati di sentirgli pronunciare quella frase.
“In questi anni posso dire, che sia io sia Mira siamo cresciuti e maturati, i nostri caratteri sono abbastanza contrastanti e quindi abbiamo sempre litigato, anche da giovani e voi ne siete testimoni.” disse e i due uomini ammiccarono con la testa.
“Però ci siamo resi conto, che fare i genitori è forse il lavoro più duro e stressante che si possa fare. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, di provvedere a modo nostro alla salute dei nostri bambini, ma sembra che più si vada avanti più le cose peggiorino…”
“Aggiungiamoci anche la malattia di Light.” prese la parola la moglie, “Siamo molto stanchi, dobbiamo badare ad una gilda intera, c’è nostro figlio che sta sempre male… è asfissiante svegliarsi ogni mattina con il dubbio di ritrovarlo veramente ancora lì quando andiamo in ospedale, ogni notte ho il terrore di essere svegliata da una telefonata dell’ospedale!” si portò una mano agli occhi asciugandosi due lacrimucce.
“Senza contare, che nostra figlia è da poco entrata nella fase adolescenziale e ovviamente doveva proprio ereditare i lati migliori dei nostri caratteri!” ironizzò Luxus, con una punta di vergogna nella voce.
“Star è una ragazzina complicata, e sappiamo che avremmo dovuto starle dietro con maggiore attenzione e assicurarci che questo suo atteggiamento non sfociasse in atti di violenza, ma non ci aspettavamo certo quello che abbiamo visto questa mattina!”
Il silenzio calò sulla stanza, i due coniugi avevano entrambi lo sguardo basso e non riuscivano a guardarsi in faccia, gli altri due invece li guardavano con un misto di sorpresa e compassione.
Era incredibile vedere come due persone tanto forti e impavide potessero crollare di fronte a qualcosa di così normale come la genitorialità. Ma, in fondo, li capivano bene, la loro situazione familiare era tutto furche semplice e allegra.
Fu Bixlow ad esordire per primo: “Beh, è già qualcosa.”
“A che ti riferisci?” gli chiese il Master,
“E’ già qualcosa ammettere che avete un problema, significa che siete sulla giusta strada per tentare di risolverlo. E forse questo periodo è proprio il migliore!”
“Noi, comunque, ci siamo!” intervenne il verde, “Se avete bisogno di noi per qualsiasi cosa, anche solo per sfogarvi, siamo qui.”
“Magari evitate di chiamarci ogni cinque secondi!” scoppiò a ridere il compagno,
“Tu piuttosto, come te la passi con mia sorella?” chiese Mira con un ghigno diabolico sul volto,
“I-Io? Bene, perché?”
“Così. Sai non si può mai sapere. Ma tanto sai già cosa succede se uno di questi giorni mela vedo venire in contro a lamentarsi di te…”
“Ehm, eh eh… s-sarà meglio che la c-chiami e gli dica, che a fare la spesa questa sera ci vado io.” disse l’uomo mentre iniziava a sudare freddo sotto il casco.
A quel commento tutti scoppiarono a ridere e finalmente l’allegria tornò a riempire la casa.
 
“Perché siamo dovute salire?” chiese la bionda a sua zia una volta messasi a sedere sul letto.
“Ti ho detto che dovevamo parlare, e che dovevamo farlo in privato.”
“Appunto, allora forza, zia Ever, sputa il rospo.”
“Se ci tieni tanto, bene. Cosa ti è preso questo pomeriggio? Tuo fratello mi ha raccontato che lo hai spinto giù da una collina! Perché?”
Star tacque, abbassando lo sguardo, e la bruna fu sorpresa da tale reazione. Si aspettava desse di matto, le urlasse di andarsene, magari la folgorasse pure!
Certo non credeva si sarebbe rintanata sul materasso, con la testa fra le gambe, né tanto meno credeva che l’avrebbe mai rivista singhiozzare! L’ultima volta che era successo aveva quattro anni, e anche allora si vergognava a farsi vedere in quello stato!
“Star, piccola. Si può sapere cosa ti succede?”
“Succede, che sono stufa! Sono stufa di essere sempre presa in giro! Perché devo essere io quella esclusa? Cosa ho fatto di male! Mio fratello è malato, e io dovrei stargli accanto, sostenerlo, incoraggiarlo; ma poi quando lo vedo non faccio altro che ripensare a quante volte avrei voluto che i miei genitori rimanessero con me! A quante volte avrei voluto che mi accompagnassero a scuola, alle feste, in missione! Dall’età di cinque anni in poi la mia vita non è stata più normale! Non c’erano mai, tornavano sempre tardi, certe volte si scordavano pure di venirmi a prendere dopo scuola, per sei anni hanno scordato di festeggiare la mia festa di compleanno!”
Si zittì annaspando dopo quella sfuriata, mentre sua zia la guardava con tristezza.
“Smettila di guardarmi così! Lo sai che non lo sopporto!” e scoppiò in lacrime.
“Star, mi dispiace, io sono certa che i tuoi genitori non volevano…”
“Lo so che non volevano! So che non è colpa loro, così come non è colpa di Light! Ma questo non significa che io non sia arrabbiata! Cazzo, siamo a Natale e non fanno altro che litigare!”
“Perché non provi a parlarne con loro?”
“E a cosa servirebbe? Non cambieranno certo atteggiamento solo perché glielo chiedo. Sono stupidi, orgogliosi e testardi! Non si rendono conto, che fanno stare male anche mio fratello.”
“Io penso che se tu ti aprissi un po' di più, magari anche con il tuo fratellino le cose si risolverebbero, o al massimo migliorerebbero.”
“Mi vergogno.”
“Di che cosa?”
“Di dirgli apertamente che mi mancano! Di dire a mio fratello che alla fine, nonostante tutto gli voglio bene e che ho paura che un giorno non ci sia più!”
“Lo vedi Star, se tu per prima non riesci ad essere onesta con gli altri, non puoi pretendere che anche i tuoi genitori lo siano! Voi tre vi assomigliate molto, ma tu devi cercare di essere migliore, sì più coraggiosa di loro, metti da parte l’orgoglio e vai a dirgli cosa pensi e come ti senti!”
“P-posso provarci…”
 
Light aprì lentamente gli occhietti e rimase sorpreso di ritrovarsi in una stanza diversa dalla sua camera ospedaliera. Poi si ricordò che lo zio Freed lo aveva portato in camera dei suoi genitori a giocare con Yurei.
Curioso si guardò intorno alla ricerca del cugino più piccolo, ma non scorse da nessuna parte il bambino.
Sollevandosi a sedere si tirò via le coperte, e facendo attenzione a scendere bene, si calò giù dal letto.
Una volta raggiunta la porta della camera si inoltrò nel corridoio buio e lugubre, e facendosi coraggio si spostò velocemente verso le scale.
Qui discese gradino dopo gradino fino ad arrivare nel corridoio, fu accolto nel salotto dal grande albero di Natale, e rimase a guardarlo incantato.
Il silenzio della stanza però, gli mise addosso una certa ansia: “Zio Freed, zia Ever, zio Bixlow… Yurei? Ci siete?”
“Light, siamo qui tesoro!” lo richiamò la voce angelica della madre dal soggiorno.
Un po' intimorito il bimbo si avviò nell’altra stanza, ma appena ci giunse la bocca gli si spalancò per la sorpresa.
Davanti a lui, al centro della stanza, riuniti tutti allo stesso tavolo c’erano i suoi genitori, sua sorella, suo cugino ed i suoi zietti. Tutti gli sorridevano allegri e stringevano in mano un grande pacchetto colorato, mentre intorno a loro brillavano centinaia di luci natalizie.
“Ma cosa…?”
“Ben svegliato, fratellino.” le disse Star venendogli incontro e scompigliandogli amorevolmente i capelli, prima di chinarsi ad abbracciarlo: “Mi dispiace per oggi. Non so davvero come farmi perdonare! Ma ti prometto che non succederà mai più, anzi dora in avanti se quegli sciocchi di Nash o Rin ti disturberanno vieni a dirlo a me, li ripagherò come meritano.”
L’albino la fissò scioccato, non si aspettava questo incredibile mutamento di personalità!
“Come ti senti figliolo?” chiese Luxus avvicinandosi e prendendolo in braccio.
“Bene, grazie papà.” rispose lui, ancora troppo sorpreso per dire altro.
“Ci hai fatto preoccupare tantissimo!” si intromise Mira,
“M-Mi dispiace, non volevo.”
“Perché sei scappato via?” chiese il biondo,
“Non sono scappato! Dovevo andare ad imbucare una letterina!”
“Una letterina? Ma ne abbiamo già inviata una a Babbo Natale due giorni fa.”
“Lo so, mamma. Però dovevo cambiare regalo, dopo quello che è successo stamani.”
“Cambiare regalo?” chiesero i presenti curiosi,
“Si! Ho pensato che sarebbe stato meglio chiedere qualcosa che rendesse felici tutti!”
“D’avvero! E che cosa hai chiesto?” domandò Mira.
“Proprio questo!” gli sorrise il figlio abbracciando più forte il suo papà, “Ho chiesto che potessimo passare un Natale tutti insieme felici e che nessuno fosse più triste!”
“Oh, Light. Sei proprio un bambino adorabile.” disse Evergreen,
“Già, sei fantastico!” disse Bixlow sollevando il pollice.
“Io non avevo considerato, che ci foste anche voi. Però, Babbo Natale è stato super gentile e ha esaudito il mio desiderio ampliandolo! Così è molto più bello!”
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Light fissava interdetto Yurei, che in tutta risposta alzò le spalle.
Poi tutti si misero a mangiare a tavola, ridendo e scherzando come una grande famiglia felice.
Fuori dalla casetta, appollaiato vicino ad una finestra stava il vecchietto che aveva aiutato il piccolo con la letterina. Sul suo viso era dipinto un sorriso radioso.
Staccandosi dal suo posto di vedetta si allontanò dall’abitazione, mentre il suo abito cambiava e diventava di un rosso acceso, e il suo intero corpo iniziava a scomparire.
“Buon Natale, nipotino.” fu l’ultima cosa che disse prima di dissiparsi nel nulla.

Nota d’autore: ecco il capitolo sei! Vi ringrazio solo per essere arrivati a leggere fino in fondo. Quindi cercherò di non fare un discorso prolisso, ma di arrivare dritta al punto.
Questo capitolo è stato un parto! Dico sul serio ci ho messo giorni a scriverlo, e mi è venuto lunghissimo. Mi credete se vi dico che l’idea iniziale era anche più lunga di così e che ho dovuto tagliare alcune parti? XD
Ma a parte questo è stato divertente scriverlo e mi è piaciuto trattare la famiglia Drayer. Fatemi sapere se è piaciuto anche a voi.
Per il momento vi saluto e spero di riuscire a postare domani l’ultimo capitolo che equivale alla stella.
Ciao ciao.

 


 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


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Giorno24 dicembre
Stella

La neve cadeva candida dipingendo le grigie strade di Magnolia di un bianco puro ed intenso. Ovunque, per la città si respirava aria di festa: i bambini sedevano allegri alle tavole aspettando impazienti Babbo Natale, benché mancassero ore al suo arrivo. Divertiti i genitori li guardavano raccontare tutto quello che avevano chiesto per quell’anno, mentre già si preparavano mentalmente al faticoso, ma gratificante compito che li attendeva quella stessa notte.
Quei doni che avrebbero posto sotto l’albero già l’indomani sarebbero stati usati, i più apprezzati avrebbero attratto i loro piccoli per qualche anno, poi anch’essi sarebbero caduti, come gli altri nel dimenticatoio e desideri sempre più grandi avrebbero intaccato la mente dei loro adorabili pargoletti.
Ma di una cosa tutti i padri e tutte le madri erano certi, il tempo trascorso tutti insieme a ridere e scherzare attendendo l’arrivo dei regali, non sarebbe mai stato dimenticato e sarebbe tornato ad affollare le loro menti, con gioia e allegria per gli anni a venire.
Perché non erano certo gli oggetti materiali, che rendevano quella festa così magica, né tanto meno le sfarzose decorazioni appese ovunque; no, a rendere quella notte così lieta e fantastica, e a scaldare i cuori della gente, era il tempo trascorso tutti insieme a ridere e scherzare, a mangiare e bere, a raccontare e ricordare i vecchi tempi.
Stare in famiglia, riuniti tutti in uno stesso luogo; ecco era ed è questo che rende il Natale la festa più bella di tutte.
E proprio rispettando tale spirito, nella gilda più casinista, scapestrata, rumorosa di Magnolia proprio quella sera si stava tenendo una delle feste più belle mai viste.
Fairy Tail aveva fatto le cose in grande, e non aveva badato a spese.
L’intero edificio della sede era ricoperto di ogni sorta di decorazione e lume, al punto che irradiava una luce simile a quella del sole in pieno giorno. Dietro alla struttura, imponente e maestoso era stato piantato e fatto crescere un gigantesco albero, che poi tutti i maghi avevano decorato e che si poteva scorgere in lontananza, anche al di fuori della città, da quanto era grande e alto, con tutte le decorazioni di cui era ricoperto.
Tutti a Magnolia si erano fermati, anche solo per pochi secondi ad ammirare quello spettacolo, che aveva un che di celestiale, e tutti avevano sorriso ed augurato un felice Natale a coloro che da anni ormai proteggevano e custodivano la loro città.
Si sentivano fortunati, nonostante tutti i danni che le fate gli procuravano ogni anno, ad averli vicini e soggiornanti lì a Magnolia; perché quando si trattava di festeggiare potevano stare sicuri, i cittadini, che nessuno sarebbe riuscito a rendere un evento divertente come quegli scapestrati ed inguaribili ottimisti.
Proprio in quel momento erano tutti riuniti alla sede attendendo l’arrivo dei maghi delle altre gilde, che avevano appositamente invitato alla festa per la vigilia.
Anni prima quando avevano avuto l’idea di trascorrere il Natale tutti insieme a festeggiare e dare di matto, anche membri di altre corporazioni avevano apprezzato la trovata e si erano volentieri uniti ai festeggiamenti. Quella che era iniziata come una rimpatriata tra vecchi amici, si era presto trasformata in una splendida tradizione natalizia, al punto che ogni anno le varie gilde sceglievano in quale sede festeggiare ed invitavano i vari amici.
Quest’anno era toccato a Fairy Tail fare gli onori di casa, e come con tutte le cose avevano dovuto esagerare ed ingigantire l’evento, invitando anche i membri della città, per rendere la festa ancor più grande e allegra.
Lo avevano fatto anche, perché da quando quell’evento era diventata una tradizione le varie gilde si erano messe a competere tra loro, a chi avesse organizzato la festa più bella di tutte.
Ecco, quindi, che era iniziata una vera contesa a chi avesse trovato il luogo migliore, preparato i cibi più prelibati, avesse fatto i regali più belli e le decorazioni più sgargianti.
E come sempre Fairy Tail aveva preso seriamente la competizione e si era impegnata per rendere quel Natale il più bello e felice per tutti i loro amici…
“Uffa, ma quando arrivano! Io ho fame!”
“Su cerca di avere pazienza, Natsu.” lo rimproverò Lucy,
“Ma Lu, quei cretini sono in ritardo! Tra un po' è ora di cena e io non ci vedo più dalla fame! Non potrei assaggiare…” tentò di avvicinare il braccio verso un cosciotto, ma la moglie gli piantò una mestolata sul dorso della mano, e lui d’istinto la ritrasse.
“Non pensarci nemmeno! Le conosci le regole: finché non siamo tutti non si inizia a mangiare.”
“Va bene.” sbuffò il rosato massaggiandosi la mano.
“Mamma, io ho fame!” udirono una voce e voltandosi videro Nash appoggiato con la testa sul tavolo.
“Anch’io!” protestò la sorella seduta un po' più in là.
“Cercate di portare pazienza, tra poco arriveranno gli altri.”
“Ma sono passate ore da quando ho messo qualcosa sotto i denti!” brontolò la ragazzina, “E non c’è ancora traccia dello zio Sting e…”
“E’ permesso!” esclamò una voce proveniente dall’entrata della sede.
Subito una marea di persone fece il suo ingresso, e a capeggiare quel piccolo esercito, composto da maghi tutti vestiti e agghindati per l’occasione, c’erano Sting e Yukino.
“Zio Sting!” urlò Nashi fiondandosi sul biondo,
“Oh, Nashi! Guarda quanto sei cresc…”
“Artiglio del drago di fuoco bianco!” urlò la ragazzina, trasformando il suo braccio in una zampa ricoperta di squame e artigli affilati, che si rivestì di un ampio strato di fuoco completamente bianco.
Il Dragon Slayer più anziano non aspettandosi il colpo si ritrovò un pugno sulla faccia che lo fece cadere all’indietro, procurandogli una vistosa bruciatura su una guancia. Poi il suo intero corpo fu ricoperto da una luce bianca, che si divise diventando piccole fiammelle.
“Whaaa! Bruciaaaaa! Vado a fuoco!” si mise ad urlare il Master di Saberthooth, mentre correva in tutto il locale alla disperata ricerca di una bacinella d’acqua dove gettarsi.
“Ah ah ah! Hai visto zio?! Sono migliorata con l’uso della Dragon Force da quando ho mangiato la tua luce!”
Ma l’altro non gli prestò minimamente attenzione, troppo impegnato ad evitare che il fuoco continuasse a disperdersi in tutto il suo corpo.
“Ti aiuto io zietto!” urlò Nash estraendo dalla tasca dei pantaloni una chiave d’oro: “Apriti portale dell’acquario: Aquarius!”
Una splendida sirena dai lunghi capelli azzurri comparve dal nulla, poco dopo che Nash ebbe recitato la formula e immerso la chiave in un bicchiere d’acqua.
“Mi hai chiamato, Nash?” chiese Aquarius, “Si, zietta. Puoi per favore spengere lo zio Sting prima che si trasformi in una torcia umana.”
“Tutto per il mio nipotino preferito.” esclamò lo Spirito Stellare abbracciando forte il biondino, prima di lanciare un’onda gigante contro il Drago Bianco, che fu trascinato via rischiando di annegare.
“Grazie mille zia, domani ti prenoto il ristorante per il tuo appuntamento con zio Scorpion.”
“Il mio piccolo Nash, quanto è premuroso.” disse la sirena tornando a stritolarlo in un abbraccio.
“Ma perché con lui sei così gentile?! Mentre quando ero io la tua padrona tentavi di affogarmi in continuazione!” protestò Lucy.
“Perché eri una ragazzina presuntuosa e maleducata, a cui andava impartita una bella punizione!” gli rispose l’altra mentre le si avvicinava con una faccia indemoniata da far tremare le budella.
Intanto Sting si era ripreso dallo spavento e stava rimproverando Nashi per la sua mancata educazione, quando una sfera di fuoco lo centrò in volto e lo fece schiantare contro un muro.
“Ehi!” urlò una volta tiratosi a sedere,
“Nessuno può rimproverare mia figlia, tranne Lucy!” gridò imbufalito Natsu e lo scontro tra i due veterani Dragon Slayer iniziò sotto lo sguardo eccitato della ragazzina, che prese subito ad incitare suo padre.
“Lucy-sama!” disse una donna avvicinandosi alla signora Dragoneel,
“Yukino! Da quanto tempo, come stai?” chiese la donna abbracciando l’amica.
“Molto bene, grazie.”
“Ho saputo, che…” continuò la bionda abbassando lo sguardo verso il ventre dell’albina, il quale era leggermente gonfio.
“Si, ha già sei mesi.” gli sorrise la donna.
“Che gioia! E dimmi, Sting come l’ha presa?”
“E’ semplicemente entusiasta di diventare padre, ma è anche super apprensivo! Pensa che non posso più uscire di casa, senza portarmi dietro almeno Lector-sama!”
“Eh eh! Immagino, anche Natsu quando aspettavo Nashi non faceva altro che seguirmi ovunque, ripetendo che doveva tenere d’occhio sia me, sia il mio uovo, perché temeva si schiudesse da un momento all’altro!”
“Ah ah ah! Quindi Natsu-sama aveva un’idea tutta sua di come nascono i bambini!”
“Si, e non immagini la sua sorpresa quando scoprì che non dovevo deporre davvero le uova… successe quando nacque Nash, credo sia ancora un po' traumatizzato! Ah ah ah!”
“Immagino! Invece, Sting-sama è spaventato da altro…”
“Che vuoi dire?”
“Beh…”
“E’ così che ti prendi cura di mia sorella e del mio futuro nipotino!” tuonò una voce sulla porta, e Sting fu scosso da un brivido.
“S-Sorano!” esclamò l’uomo ritrovandosi l’ex maga di Oracion Seis che lo squadrava furiosa.
“Ecco, io stavo solo…”
“Stavi solo facendo a botte vicino a mia sorella! Ti ho già detto che se per colpa delle tue risse le succede qualcosa prima ti faccio divorare dai miei angeli e poi prendo le tue ossa e ci faccio una sedia!”
“Ti prego, abbi pietà! Sono stato attento a non coinvolgere Yukino, sai che la sua salute è al primo posto per me! E poi hanno cominciato loro!” pianse a dirotto il Master, inginocchiandosi davanti alla donna, mentre indicava Natsu e Nashi, che a quella scena non poterono trattenersi dallo scoppiare a ridere.
La ramanzina però, fu interrotta da una vocina e subito Sorano si ritrovò due manine attaccate al vestito: “Zia Sorano, da quanto tempo! Non vieni a salutarmi?”
“Nash! Ma certo che ti saluto! Come potrei non salutare il mio nipotino preferito!” disse la donna sollevandolo per poi prendere a strofinare la sua faccia contro quella del bimbo, che scoppiò a ridere felice.
“Si può sapere che succede qui? Sting che razza di figura fai se ti riduci in questo stato contro una bambina.” lo rimproverò Rogue appena arrivato, con accanto la moglie Minerva.
“Sta zitto! Mi ha solo colto di sorpresa, vorrei vedere te al mio posto!”
“Io al tuo…”
“ZIO ROGUE! AIUTAMI!” sentì gridare e voltandosi si ritrovò Gale, che gli correva contro inseguito da un Emma imbufalita e rivestita d’acciaio.
“Gale, ma cosa…?”
Il moro non perse tempo, saltò sopra suo zio e colpendolo sui fianchi con i talloni lo fece iniziare a correre.
“Che cavolo stai facendo?” chiese l’uomo, non riuscendo però a fermarsi,
“Non si vede? Sto cercando di sopravvivere a quel mostro indemoniato di mia sorella!”
“Su scendi! Cerco di farla ragionare!”
“Buona fortuna.” disse il ragazzo, mentre scendeva e correva a nascondersi dietro una trave.
“Emma, ciao da quanto tempo. Ti dispiacerebbe ferm…”
Trasformò il suo corpo in un’ombra, un attimo prima che la violetta lo centrasse in faccia con il suo braccio tramutato in una lastra di ferro.
“Cerca di calmarti!” gli intimò il Drago d’Ombra, ma lei era sorda ai suoi avvertimenti e proseguì per la sua strada cercando di colpirlo.
Rogue schivò il suo attacco e gli comparve alle spalle, immobilizzandola da sotto le ascelle: “I tuoi genitori non ti hanno educato così male! Vedi di darti una calmata!”
“Ah, ma sei tuo zio! Sai che non ti avevo riconosciuto nella foga dello scontro?”
“Dovresti stare più attenta a chi ti circonda. Potevi ferire qualcuno!”
“Si, si, lo so. Adesso però lasciami andare!”
“Non se prima prometti di non picchiare tuo fratello!”
“Eh? Uffa, e va bene. Ma tu lasciami!”
L’uomo allentò la presa e la ragazzina subito ne approfittò: “Modalità del Drago d’acciaio incandescente!” urlò e il suo corpo fu ricoperto da ferro rosso e bollente.
Il moro non fece in tempo a schivare il successivo attacco ed un pugno duro quanto il ferro e caldo quanto una fornace lo colpì in pieno volto buttandolo a terra.
“Bene, e dopo i saluti concentriamoci su di te.” disse la ragazza a suo fratello, che era però subito sparito a nascondersi da un’altra parte.
“Sei troppo accondiscendente con i bambini.” lo rimproverò Minerva, mentre l’uomo cercava di far smettere la fuoriuscita di sangue dal naso.
“Ghi hi hi! Ehi Ryos, che ne pensi di mia figlia? E’ diventata forte, eh?”
“Fin troppo! Dovresti dirle di darsi una calmata, uno di questi giorni qualcuno potrebbe farsi molto male.”
“Tutte scuse, la verità è che non riesci a tenere testa alla mia bambina.” rise Gajeel.
Nello stesso momento Emma era riuscita a rintracciare Gale, ma prima che potesse picchiarlo intervenne in sua difesa Drake: “Onee-chan, non dovresti picchiare tuo fratello. Sono sicuro che non voleva farti arrabbiare.”
“Uffa, Drake, perché devi sempre intrometterti nei miei affari? Comunque va bene, per questa volta lo perdono.” disse e lasciò cadere la presa.
Grazie mille.” pensò il quattrocchi, inviando tale messaggio al suo salvatore, che in risposta sollevò il pollice nascosto dietro la schiena.
“Perché quel ragazzino deve sempre dare fastidio a mia figlia?” si chiese Gajeel, ma proprio in quel momento gli si avvicinò un volto conosciuto.
“Ehi, ferraccio vecchio?” lo schernì Cobra, guadagnandosi un’occhiataccia dal diretto interessato: “Che cavolo vuoi faccia da serpe?”
“Nulla, solo augurarti felicitazioni!”
“Di che stai parlando?”
“Ma come non lo sai ancora?” chiese il bruno esternando un ghigno ancor più pronunciato.
“Ehi papà! Te l’ho già detto, fatti i cazzi tuoi!” lo richiamò Drake, già conoscendo l’intento del genitore.
Quest’ultimo, però, lo ignorò e proseguì la sua chiacchierata: “Non sai che potremmo diventare parenti?” chiese al Redfox.
“Parenti? Di che cavolo parli? Hai bevuto più del solito?” chiese allibito l’uomo e il sorriso di Cobra si ampliò ulteriormente.
“Ma sì! Io e te diventeremo parenti tra qualche anno, se le cose continuano così!”
“Ma che dici? Com’è possibile?”
“Rifletti! Qual è l’unico modo per far sì che lo diventiamo?”
“Un certificato di adozione? Mi stai chiedendo di adottare uno dei tuoi figli?!”
“Ma che cazzo dici! I miei figli non si toccano!” urlò adirato l’uomo, prima di picchiarsi una mano sulla testa e scoppiare in una fragorosa risata.
“Piantala di prendermi per il culo!” gridò offeso il moro,
“Uffa, visto che sei tanto idiota, vedrò di spiegarmi meglio! Ehi, Emma!” disse richiamando l’attenzione della ragazzina.
“Si, zio?”
“A quando le nozze con Drake?”
“EH!” urlò il diretto interessato diventando rosso come un peperone, mentre il fumo gli usciva dalle orecchie.
“Beh, se tutto va bene. Potremmo sposarci quando avremmo vent’anni.”
“S-Sposarsi?” chiese il violetto diventando ancor più rosso in viso.
“Si, perché? Non vuoi sposarmi?”
“SI! Cioè, no! Cioè, si! Insomma, mi p-piacerebbe, ma…”
“Tranquillo è ancora presto, abbiamo una marea di tempo per pensarci.” gli sorrise la ragazza.
In tutto questo i due ragazzini non si accorsero di Gajeel, che all’udire le parole di sua figlia era rimasto imbambolato sul posto, con gli occhi sbarrati al punto che sembrava potessero staccarglisi dalle orbite e la bocca spalancata.
“Ah ah ah! Guarda che faccia!” rise Cobra, per poi voltarsi verso Warren, “Me lo presti?!” disse togliendogli dalle mani il Lacrima Phone, che portò davanti al volto dell’altro uomo e premendo un tasto fece partire un flash immortalando quell’espressione ebete in una foto. Poi fece altrettanto con suo figlio, la cui espressione era identica a quella di Gajeel fatta eccezione per il rossore del viso.
“Che bello, quindi avremmo un altro fratellone e una sorellona!” gioì Blake,
“E due fratellini più piccoli.” sorrise Diana, guardando i gemellini seduti su una panca del tavolo, che li fissavano curiosi.
“Non vedo l’ora che crescano, così potrò insegnargli tutti i miei scherzi preferiti.” disse il ragazzino, “Io, invece, gli insegnerò l’arte della spada! Diventeranno bravissimi!”
“Non credete di stare correndo un po' troppo?” si intromise Gale, “Perché fratellone?” chiese Blake.
“Oh, dai non chiamarmi così. Secondo me state facendo le vostre considerazioni troppo presto. Non è detto che tra qualche anno quei due stiano ancora insieme, inoltre non credo che siano ancora fidanzati…”
“Ti stai forse opponendo?!” chiese la bruna guardando di traverso il ragazzo, mentre già aveva messo mano alla sua spada.
“Assolutamente no!” cercò di difendersi il moro, “Dico solo che bisogna fare le cose con calma e…”
SBANG
Il pugno di ferro sbatte contro il legno del tavolo spaccandolo in due, tutti tacquero voltandosi verso l’artefice del frastuono.
Seduto al tavolo Gajeel teneva la testa bassa, mentre il suo corpo era rivestito di ferro nero, istintivamente Drake fece tre passi in dietro, e l’uomo sollevò il capo squadrandolo.
Il suo volto era una maschera di rabbia, quando i piccoli occhi rossi si poggiarono sul ragazzino esplose in un urlo, anche se somigliava più ad un ruggito: “TU! SOTTOSPECIE DI MICROBO! COME OSI PROVARCI CON MIA FIGLIA!
Una spada acuminata comparve al posto del suo braccio e venne scagliata contro il violetto, che fece appena in tempo a saltare in aria e schivare l’attacco, mentre l’arma si schiantava contro il pavimento in legno lasciandoci un vistoso buco.
“A-Aspetta, z-zio G-Gajeel! I-Io ti assicuro, che posso spiegare…” un’altra spadata gli sfiorò la nuca e il ragazzo comprese che era meglio filarsela.
GIURO CHE TI AMMAZZO! VIENI QUI, APPENA TI PRENDO TI RIDUCO IN SEGATURA!” continuò a gridare l’uomo, mentre Drake correva per tutto il locale diretto verso l’uscita.
“Papà! Giuro che se sopravvivo torno qui e ti massacro di botte!” urlò il ragazzo prima di sparire fuori dalla gilda.
“Drake, corri! E tu papà lascialo in pace o lo dico alla mamma!” gridò Emma mettendosi all’inseguimento dei due.
“Ah ah ah! Corri, corri, figliolo, che ti fa bene!” scoppiò a ridere Erik tenendosi la pancia, mentre ricadeva indietro sulla panca.
“Poveretto, non lo invidio per nulla.” disse Gale, mentre Diana si era messa vicino a suo padre ed era anche lei scoppiata a ridere.
“Mamma!” urlò ad un tratto Blake e subito Kinana lo raggiunse: “Che succede figliolo?”
“Papà ha messo nei guai il fratellone, e adesso lo zio Gajeel lo insegue per picchiarlo, intervieni per favore!”
“Spione!” urlò Dia avvicinandosi al gemello e piantandogli un pugno, impregnato di veleno, sulla testa.
“Aho!”
“Diana non usare la magia per picchiare tuo fratello!”
“E’ colpa sua!” rispose semplicemente la bruna allontanandosi.
“Erik, cos’è questa storia?”
“Nulla di che, semplicemente Gajeel non apprezza l’idea che potremmo unire le nostre famiglie. E vuole trucidare il marmocchio.”
“Va subito a fermarlo!” gli ordinò la moglie, ma lui scosse la testa: “Non ci penso nemmeno! Mio figlio è grande e sa combattere molto bene, sono certo che riuscirà a cavarsela alla grande. E poi mi sto divertendo troppo!”
“Bene, se è così che la pensi, allora vediamo se ridi ancora dopo questo!” disse la donna, incrociando le braccia prima di allontanarsi.
Ascoltando i pensieri della moglie, l’uomo pensò bene di dileguarsi, poiché la sua idea non gli piaceva per nulla, ma prima che potesse anche solo alzarsi, un paio di mani lo afferrarono e lo buttarono a terra.
“Che cazzo stai facendo?!” tuonò Sorano, e Cobra fu certo di non averla mai vista così imbufalita: “Kina mi ha detto, che non vuoi salvare tuo figlio da quell’ammasso di ferro arrugginito!”
“Beh, si è vero. Ma solo perché…”
“Non me ne frega niente del perché! Va subito a tirare fuori il mio nipotino dai guai in cui lo hai cacciato, o ti assicuro che ne pagherai care le conseguenze!” tuonò l’albina, mentre l’altro deglutiva, ascoltando tutte le varie torture che la mente della sua amica stava macchinando.
“Dovresti stare più vicino a Drake.” rincarò la dose Kinana, e il tono mogio e pieno di delusione che usò, fu come una pugnalata al cuore per l’uomo.
“E va bene! Siete proprio delle guastafeste!” disse prima di sparire all’inseguimento del gruppo urlando: “Gajeel, giù le mani da mio figlio! Solo io e nessun altro ha il diritto di picchiarlo!”
“Hai visto Kina, basta che gli fai gli occhioni da cucciolo bastonato e cade ai tuoi piedi!”
“Non è che mi piaccia farlo, ma deve imparare ad essere un padre migliore!”
“Sono totalmente d’accordo con te.” disse l’albina sorridendo all’amica.
“Scusate, è permesso?” chiese una voce dalla porta e proprio in quel momento comparve sull’uscio l’intera gilda di Crime Soierce, o quel che ne rimaneva.
“Gerard!” esclamò Elsa fiondandosi sul marito con ancora Rose in braccio, “Ehi, ciao Elsa. Scusa per il ritardo.”
“Ma figurati.”
“Ehi papà!” lo salutò allegro Reiki, avvicinandoglisi per poi abbracciarlo.
“Figliolo, come te la passi?”
“Molto bene, grazie. Tu invece?”
“Anch’io sto bene. Anzi ho deciso che rimarrò a Magnolia per il resto del mese e anche di più.”
“Dici sul serio!”
“Piaciuta la sorpresa?!” sorrise Elsa carezzando i capelli del figlio, “Certo!” disse quest’ultimo.
“Inoltre, vi avrei fatto un regalo di Natale.” continuò l’uomo,
“Di che cosa si tratta?” chiesero moglie e figlio, “Quella.”
Entrambi superarono con lo sguardo la figura di Gerard e videro stagliata alle sue spalle una gigantesca torta alle fragole, da un lato riempita con crema, mentre dall’altro lato rivestita di glassa al cioccolato.
“Una torta!” urlarono i due con la bava alla bocca prima di scansare l’uomo e fiondarsi, con bavaglio e posate sul grande dolce che presero subito a divorare.
“Ehi, voi due, calma!” esclamò il bluette vedendo la moglie e il figlio abbuffarsi, “Se la mangiate tutta vi verrà un’indigestione!”
“Ga ga!” abbassò la testa verso sua figlia, che Elsa gli aveva dato in braccio prima di fiondarsi sulla torta: “Speriamo che crescendo, anche tu, non diventi così golosa. Sarà meglio che intervenga o alla tua mamma e al tuo fratellone verrà un gran mal di pancia.” e detto questo si avvicinò al resto della sua famiglia.
“Certo che qui si respira sempre un’aria di festa!” disse Sawyer, mentre si dirigeva con Macbeth e Richard a salutare Sorano, che ovviamente prese a lamentarsi di quanto poco andassero a trovarla.
Nel frattempo, anche Baccus era arrivato e subito si mise a bere in compagnia di sua moglie Cana, che invitò anche Zack. Quest’ultimo, però, memore di quello che gli era successo pochi giorni prima pensò bene di rimanere al fianco della fidanzata, giusto per evitare altre possibili sfuriate. Alla fine, suo padre dovette prenderlo di peso e infilargli una bottiglia in bocca, per far sì che anche il bruno si rilassasse.
“Il nonno non viene?” chiese il ragazzo a sua madre, “Ha detto che era impegnato con una missione. Forse farà un salto domani per festeggiare il Natale tutti insieme.”
“Ti manca?”, “Ma figurati! Che me ne faccio di un vecchiaccio pervertito, quando ho due bei ragazzi come voi con cui divertirmi!” disse la bruna stringendo in un abbraccio figlio e marito.
“Così ti voglio baby!” gridò l’ubriacone continuando a bere.
 
“Ehi cugina!”, “Si, Cri? Che vuoi?”
“Augurarti buon Natale e darti questo.” disse l’albina porgendo a Star un pacchetto colorato.
La ragazza subito lo aprì e ci ritrovò dentro un CD, di una strana band vestita come un branco di teppisti.
“Wow, questo è l’ultimo disco della mia band preferita! E’ praticamente introvabile! Come hai fatto ad averlo?”
“Conosco un amico che ha lavorato con loro, e visto che mi doveva un favore gli ho chiesto di farmi recapitare una copia del CD, con una dedica speciale.”
Solo in quel momento, aprendolo la bionda si accorse che dentro il cofanetto c’era incisa una dedica a suo nome.
“Sei fantastica! Il miglior regalo che qualcuno potesse farmi!” gioì l’altra stritolandola in un abbraccio.
“Sono felice che ti piaccia.”
“Adesso però tocca a me darti il mio regalo!”
“Oh, sì! Che cos’è? Un vestito nuovo? Un paio di occhiali? Una rivista di moda?”
“No, qualcosa di molto meglio!” sorrise Star tirando fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un paio di biglietti.
“Per cosa sono?”
“Una cena al resort più illustre della città! Te l’ho dato perché non fai altro che lamentarti che non vai mai a mangiare in uno di quei locali da ricconi snob. Così ecco a te, puoi portarci Zack.”
“Grazie mille, Star! Non vedo l’ora di poterci andare!”
Nello stesso momento Luxus era seduto su uno sgabello in compagnia di Light, che eccitato si guardava intorno ammirando la gioia che i maghi trasudavano da tutti i pori.
“Ehi, figliolo.”, “Si, papà?”
“So che il tuo regalo di Natale è arrivato ieri con un po' di anticipo, ma volevo comunque fartene uno. Che ne pensi se dopo le vacanze iniziassi ad andare a scuola?”
“A scuola? Ma sei sempre stato contrario a mandarmici! Com’è che hai cambiato idea?”
“Io e tua madre abbiamo parlato e alla fine abbiamo concordato che devi iniziare ad uscire un po' più spesso. Forse all’inizio potrai starci solo qualche ora, ma è sempre meglio di niente.”
“Quindi potrò andare anch’io a scuola?! E imparare tante cose nuove! E farmi nuovi amici! Che bello sarà grandioso!” urlò tutto eccitato il bambino.
 
Nash si fece largo tra la folla, fin quando non scorse l’indistinguibile capigliatura spettinata del suo migliore amico, e arrivatogli vicino lo afferrò per un braccio e se lo tirò accanto.
“Nash, che succede?” chiese Blake, “Questo dovrei chiederlo io a te! Ti rendi conto dove ci troviamo?”
“Certo, siamo alla festa di Natale organizzata dalla gilda.”
“Ma no zuccone! Dove tu ci vedi una festa, io ci vedo il nostro grande palco! Qui potremmo ideare lo scherzo del secolo!” disse il biondo, sollevando in un gesto plateale la mano, per indicare tutto l’edificio.
“Non so se è una buona idea. Sono preoccupato per mio fratello, non è ancora tornato.”
“Non capisci? Questa è l’occasione perfetta!”
“Perfetta per cosa?”
“Se riusciamo a far litigare mia sorella con quel cretino di Storm, si molleranno e allora tuo fratello avrà campo libero e se si metteranno insieme NOI automaticamente diventeremo fratelli!”
“Ma Nashi ama Storm, e Drake non la sopporta! Dice che è troppo eccentrica e chiacchierona, oltre che rumorosa. Quei due non vanno mai d’accordo, non riusciremmo a farli finire insieme! E poi mio fratello è felice con Emma.”
“Lo so, ma non è felice di ritrovarsi lo zio Gajeel sempre pronto a martoriarlo. Inoltre, sono certo che grazie a quello che ho imparato con zio Loki troverò il modo di aiutarlo a far cadere mia sorella ai suoi piedi!”
“Ci riesce già. Basta che gli pianti un pugno in faccia e il gioco è fatto! Ed è una routine che si ripete da parecchio tempo.”
“Non sto parlando di questo, razza di rimbambito! Sto dicendo che l’aiuterò a conquistarla!”
“Ma a Drake non interessa e se Storm lo scopre ucciderà prima noi e poi lui!”
“Tranquillo basterà che lo dica a papà e quella pozzanghera vivente potrà far poco.”
“Non sono ancora convinto.”, “Pensa che se il piano riesce diventeremo fratelli! Già siamo migliori amici, ma fratelli… è tutta un’altra cosa.”
“Si può sapere di cosa state parlando voi due?” chiese qualcuno alle loro spalle facendoli sussultare.
Ma quando Nash si accorse che a parlare era stato Rin la paura si tramutò in rabbia: “Nulla che ti riguardi Ameotoko!”
“Taci fiammifero stellato! Mi riguarda eccome visto che stavate parlando di mio fratello!”
“Nash vuole far litigare Storm e Nashi, in questo modo si molleranno.” spiegò Blake,
“Zitto, razza di scemo!” gli urlò il biondo piantandogli un pugno sulla testa.
“Mi piace l’idea.” disse Rin sorprendendo il rivale, “D’accordo, vi aiuterò anch’io! Ma solo perché voglio rovinare la vita sentimentale di mio fratello, non illudetevi che vi trovi lontanamente simpatici, razza di cretini!”
“Neanche tu ci piaci, stupido nudista!”
“Su cerchiamo di collaborare, abbiamo tutti lo stesso obbiettivo. Nash qual è il piano?”
“Lieto che tu lo abbia chiesto.” disse il ragazzino esternando un ghigno sadico.
 
“Che cosa volevi mostrarmi?” chiese Storm seguendo la sua fidanzata, che lo trascinò di peso dietro il grande albero posto al centro della sede.
“Ho pensato di darti subito il mio regalo di Natale.” rispose la rosata, mentre Storm diventava tutto rosso.
E’ proprio un angelo sceso dal cielo! Mi ha fatto pure il regalo di Natale! Forse anch’io dovrei dargli subito il mio.”
“Ehi Stormy, tutto bene?”
“Si, si, perché?”
“Ti stai tramutando in una pozza.” disse Nashi, ridacchiando mentre indicava la parte inferiore del corpo del ragazzo che aveva iniziato a sciogliersi per poi ricoprire di acqua il pavimento.
“Ops, scusa. Quando sono eccitato mi succede.”
“Già, lo avevo intuito dalla tua faccia.”
“Eh che mi fai impazzire.” rispose sincero il bluette guadagnandosi un bacio sulla fronte dalla ragazza.
“Su andiamo, voglio proprio farti vedere il mio regalo.”
I due si incamminarono lungo la base circolare della pianta, ad un tratto Nashi scorse sotto la pianta l’inconfondibile carta da regalo rosa scuro, che aveva usato per impacchettare il suo dono.
Afferrata la grande scatola quadrata la mise davanti al figlio di Gray: “Adesso aprilo.”
“Con molto piacere.” rispose il giovane prendendo a strappare la carta, per poi rivelare una piccola macchinetta grigia con accanto una manovella, e sul cui dorso c’era disegnato un cono gelato.
“Che cos’è?” chiese eccitato il ragazzo alla vista del cono, “Una macchina per fare i gelati. So che li adori in qualunque momento dell’anno, ma d’inverno le gelaterie sono chiuse; quindi, ho pensato bene di regalarti questa così quando ne hai voglia ti basta preparartelo da solo.”
“Ma è un pensiero dolcissimo! Grazie mille, Nashi! Non credo che il mio regalo riuscirà a reggere il confronto.”
“Non dire sciocchezze, qualunque cosa tu mi regali, io l’adorerò sempre! Su fammi vedere!” iniziò a saltellare dall’impazienza, mentre il fidanzato si alzava e andava a recuperare sotto l’abete un piccolo pacchetto.
Preso il regalo la giovane strappò via il fiocco e la carta, e si ritrovò in mano un ciondolo arancione che raffigurava una piccola fiammella.
“Ma questo è…”
“Una Fire Stone che ho appositamente fatto diventare una collana, da un artigiano della città. Grazie a questo anche quando non avrai a disposizione fiamme da mangiare, potrai stringerla ed essa produrrà un’immensa quantità di calore che si riverserà nel tuo corpo e ti darà forza. Così durante le missioni non finirai più nei guai!”
“Stormy è un regalo bellissimo! Sono così contenta e non so proprio come ringraziarti.”
“Ma no, non devi. Sei la mia ragazza, è il minimo che possa fare.”
“Sai che forse l’ho trovato un modo per dirti grazie!” e stringendo il ragazzo per il giacchetto poggiò le labbra su quelle di Storm, che sorpreso chiuse gli occhi e rimase a godersi la morbidezza delle labbra di lei poggiate sulle sue.
“Ecco fatto! Che ne pensi?”
“E’ il giorno più bello della mia vita!” esclamò il mago dell’acqua, con gli occhi a cuoricino mentre il suo intero corpo si tramutava in una pozza d’acqua e finiva sul pavimento.
 
“Bleah! Che schifo!” esclamò Nash nascosto dietro una punta dell’albero, “Sono d’accordo quei due sono proprio imbecilli!” rincarò la dose Rin.
“Che poi non capisco perché agli adulti o ai più grandi piaccia fare certe cose. E’ imbarazzante e disgustoso.” disse Blake, mentre gli altri due ammiccavano con la testa, condividendo in pieno il pensiero del più giovane.
“Allora, fiammifero stellato qual è il tuo piano?”
“Semplice! Appena si distraggono inserisco questa dentro gli ingredienti per fare il gelato e il gioco è fatto!” disse mostrandogli una bottiglia contenente una sostanza marrone.
“Che cos’è?”, “Un lassativo!” disse l’altro e non servirono altre parole per far scoppiare tutti e tre in una risatina.
“Che ne pensi se condividessimo il tuo dono con il resto della famiglia?” chiese Storm, “Si! Sarebbe fantastico!” esclamò Nashi euforica, prima di saltare su un tavolo e gridare a gran voce: “CHI VUOLE UN GELATO, VENGA QUI DA NOI!” tutti ne furono entusiasti, benché fosse dicembre un gelato gratis non si rifiuta mai.
“Avete sentito!” disse Blake, “Si. Ancora meglio! Trasformeremo questo, in uno scherzo di proporzioni epiche! Presto Blake, mentre io distraggo quei due inserisci questo nel gelato che stanno preparando!”
“Subito!”
“E io che faccio?”, “Tu vieni con me a distrarre quei tonti dei nostri fratelli!” disse il biondo prima di incamminarsi verso il gruppo.
“Nashi! Anche noi vogliamo un gelato!”
“Prima a me, prima a me!” esclamò Rin,
“No, lo voglio prima io!” si mise ad urlare Nash.
E da lì partì l’ennesima lite tra i due, che si interruppe solo quando i loro fratelli   gli porsero due coni. Proprio in quel momento alle loro spalle Blake rovesciò tutta la bottiglia di lassativo nella gelatiera.
Seguì il caos, tutti coloro che avevano preso il gelato iniziarono a sentirsi male e partirono delle vere e proprie corse verso il bagno…
“Fai largo para fulmini!” urlò Sayla, mentre cercava di raggiungere il bagno prima di Star.
“Quella che deve togliersi di mezzo sei tu, nudista!”
“Mamma non mi sento molto bene.” disse Cristal, “Neanche io.” intervenne Zack portandosi le mani alla pancia.
“Mi fa male lo stomaco.” disse Reiki, “Devi aver mangiato troppa torta.” gli rispose Gerard, ma ben presto anche lui avvertì dei tremendi strizzoni al ventre.
L’intera gilda era nel più completo caos e nessuno, fatta eccezione per le tre piccole pesti, riusciva a non correre al bagno e cagare pure l’anima.
“Un grande successo!” gioì Nash battendo la mano contro quella di Blake.
“Peccato che quei due non abbiano litigato, ma anzi…” intervenne il terzo a rovinare la festa, indicando Nashi e Storm che cercavano di capire come il loro gelato avesse potuto procurare tutti quei danni.
“Beh, non fa niente, non si può avere tutto.” disse Nash, “Se questo è il risultato io me ne vado.”
“Fa come vuoi, noi intanto continuiamo. La notte è ancora lunga!”
“A chi passiamo adesso?” chiese Blake con un sorriso sinistro a coronargli la faccia,
“Che ne pensi dello zio Gajeel?”, “Si, così gliela faccio pagare per come ha trattato mio fratello!”
Gajeel, infatti era appena tornato da quella che era diventata una maratona interminabile tra le strade della città.
Doveva riconoscere che il figlio di Cobra era bravo a scappare, ma se non si fosse intromessa Emma e successivamente Levy lo avrebbe sicuramente preso.
“Zio Gajeel” lo chiamò Blake, con fare innocente, mentre si avvicinava al tavolo dove era seduto l’uomo.
“Che vuoi marmocchio? Non ho proprio voglia di parlare con quelli della tua famiglia! E di, a tuo padre che la prossima volta il colpo sulla testa glielo rendo!”
“Va bene. Io però ero solo venuto a darti questo. La mamma ha detto che lo offre la casa.” disse il bambino poggiando sul tavolo una vaschetta piena di pezzi di ferro.
“Oh, beh. Se lo offre la casa, è ingiusto rifiutare.” e detto questo prese a mangiare con voracità il pasto appena servitogli.
Blake, invece, si allontanò rapidamente da lì, proprio quando il moro si rese conto di avere i lati della bocca incollati uno sull’altro, e di non riuscire più ad aprirla.
“Colla a presa rapida. Che ha lo stesso colore dell’acciaio.” bisbigliò Nash nascosto dietro il bancone del bar, mentre l’amico se la rideva sotto i baffi. Anche perché erano riusciti a metterne un po' anche sopra la panca e quando il Dragon Slayer tentò di alzarsi rimase incollato con il sedere.
“Siamo i migliori e questo verrà ricordato come lo scherzo del secolo!” gioì il figlio di Kinana, ma il biondo lo interruppe: “Direi che possiamo fare anche di meglio. Che ne dici di passare ai nostri papà?!”
“Sei sicuro? Se ci scoprono finiremo in punizione a vita, e soprattutto il mio mi riempirà la testa di bernoccoli!”
“Lo so, che lo zio è molto pericoloso, ma se chiediamo aiuto a tuo fratello non abbiamo nulla da temere.”
Detto questo si incamminarono verso lo sgabello dove si era seduto a riposare Drake. Dopo più di una mezz’ora di corsa, quando ormai pensava di essere spacciato era riuscito a defilarsi dalle grinfie di suo zio, anche grazie all’intervento di suo padre e di Emma.
Ma era ancora arrabbiato con quest’ultimo e non vedeva l’ora di rendergli pan per focaccia.
“Fratellone, puoi darci una mano con una cosa?”
“No, Blake.”
“Perché no?” chiese Nash gonfiando le guance,
“Perché vi ho ripetuto mille volte, che dovete piantarla con tutti questi scherzi.”
“Ma quali scherzi?”, “Già, noi non facciamo più scherzi. Siamo grandi adesso.”
“E io sono Babbo Natale. Piantatela, anche se non potessi sentire i vostri pensieri, non crederei ad una sola parola. Comunque, la mia risposta resta no! Non vi aiuterò a fare uno scherzo a zio Natsu e a quel rompiscatole di papà.”
“Fratellone, prima papà ti ha fatto inseguire dallo zio Gajeel, e se non fossi intervenuto io a chiamare la mamma saresti ancora a correre in mezzo a Magnolia. Ergo mi devi un favore, è il momento di ripagarlo! Inoltre, voglio solo vendicarti e ti prometto che non ci finirai di mezzo se qualcosa andasse storto.”
Drake fissò suo fratello dritto negli occhi: non aveva alcuna voglia di rovinarsi la festa per colpa delle loro bravate. Ma dall’altro canto questa era l’occasione che stava aspettando, e suo padre avrebbe ricevuto la lezione che merita.
“E va bene.” rispose, non riuscendo a resistere alla tentazione: “Ma dopo questo smetterete con gli scherzi e vi godrete il resto dei festeggiamenti come fanno tutti!”
“D’accordo!” dissero i due all’unisono: “Inoltre, la smetterete di cercare di combinare un appuntamento tra me e Nashi, ve l’ho già detto di non intromettervi nella mia vita sentimentale! E prima che cerchiate una qualunque scusa vi ricordo che io SENTO TUTTO!”
Deglutendo al pensiero che il violetto potesse sapere tutto quello che gli frullava nelle teste, le due piccole pesti scossero con vigore la testa su e giù.
“Bene, allora da quel che ho sentito volete agire con discrezione e non potete ovviamente farlo perché papà potrebbe sentirvi. Ecco, quindi, che entro in gioco io: devo attivare la magia del suono ed eliminare qualunque onda sonora prodotta dal vostro corpo, inclusa quella del pensiero. In questo modo potrete agire indisturbati, dico bene?”
“Proprio così fratellone!” esclamò Nash eccitato, mentre il ragazzo più grande poggiava entrambe le mani sulle loro teste.
Quando le tolse da sopra i loro crani i piccoli tentarono di far indovinare al più grande cosa stessero pensando, ma Drake non riuscì a sentirli, diedero qualche calcio sul pavimento, ma anche questi ultimi non produssero alcun rumore.
“Mi raccomando, l’effetto dura solo cinque minuti. Vedete di sbrigarvi.” detto questo il violetto si rimise a mangiare la sua cena, un bel piatto farcito con ogni sorta di legname.
Eccitati i piccoli si diressero verso il centro della gilda, qui senza farsi notare poggiarono su un ferro sporgente la piccola piantina di vischio che avevano sottratto alle grinfie di Mira, poi attesero.
Allo scadere dei cinque minuti Blake si mise ad urlare piangendo come un disperato: “Weeeeeh! Papààà!”
Al richiamo Erik si sollevò di scatto dalla sua postazione e si diresse verso il figlio in lacrime: “Che succede? Perché piangi?”
“Nash mi ha dato fuoco al sedere!” urlò il bimbo mostrandogli l’ampia bruciatura sui pantaloni.
“Non è vero! Ha fatto tutto da solo!” urlò l’altro sentendosi chiamato in causa.
“Sing… sing… bugiardo! Tu hai detto che il mio papà è un Dragon Slayer di serie B, e che tuo padre lo sconfiggerebbe ad occhi chiusi. E quando io ti ho detto che non è vero, tu mi hai fatto questo!” riprese a piangere il bimbo.
“Come osi, moccioso! Adesso ti faccio vedere io chi è il Dragon Slayer di serie B!”
“Whaaa! Papà lo zio vuole picchiarmi!”
“Cobra, dannato bastardo, tocca mio figlio e ti riduco in cenere!” urlò Natsu fiondandosi davanti al bambino.
I due presero a squadrarsi con ostilità, senza però decidersi a saltarsi addosso ed iniziare il combattimento.
Quando stavano per farlo due vocine li distrassero: “Bleah! Che schifo!”
“Mio padre non farà mai una cosa simile!”, “Neanche il mio se per questo!”
I due si voltarono verso i rispettivi figli, che li guardavano con una smorfia in viso: “Si può sapere di cosa state parlando?”
“Guardate sopra le vostre teste!” disse Nash fingendo tristezza.
Solo in quel momento i due uomini, tirando su il capo, si accorsero del vischio posto sopra le loro teste e sbiancarono.
Anche tutti i presenti se ne accorsero e presero a ridere in massa, mentre i più coraggiosi gridavano: “Forza avanti datevi un bacio!”
Quest’ulteriore richiamo fece salire un brivido lungo la schiena dei due padri, che per l’imbarazzo e lo shock non riuscirono a muovere un muscolo.
“Non esiste che faccia quella cosa!” sbottò il bruno pronto a saltare addosso a Natsu per cavargli gli occhi. “Nemmeno io! L’unica che bacio è Lucy!” urlò furioso.
“Forza non fate storie.” comparve accanto a loro Mirajane e i due furono sicuri di stare per svenire.
“Luxus, richiama quel demonio di tua moglie!” lo ammonì Cobra, ma l’altro gli rispose ghignando: “Conosci le regole.”
Intanto Blake e Nash si erano dileguati ed erano corsi a rintanarsi nella cantina della gilda, unico luogo talmente lontano dove poter dare sfogo a tutte le loro risate.
Qualcun altro, invece, si dimostrò sicuramente più coraggioso: “Ah ah ah ah! Adesso voglio proprio vedere come finisce!” scoppiò a ridere Drake, tenendosi la pancia, mentre gli occhi gli lacrimavano.
“Tu sta zitto!” gli intimò il padre, ma le sue minacce caddero a vuoto e presto vicino a suo figlio si unirono a ridere anche Sorano e Sawyer, mentre Macbeth dormiva tranquillo su uno sgabello.
“Avanti papà, prendi questo gioco con filosofia e attieniti alle regole.” disse il ragazzo continuando a ridere.
“Io non so bene come, ma sono certo che in tutto questo c’entri tu!” gli urlò contro il padre arrivandogli davanti e sollevandolo di peso per il colletto della giacca.
“Zia Mira, puoi dire a papà cosa succede qui a Fairy Tail se non si rispettano le regole del vischio?!” disse il giovane, ignorando completamente la faccia da indemoniato sul volto dell’uomo.
“Subito Drake. A chiunque non rispetti le regole verrà inflitta una seconda punizione: dovrà svolgere un servizio fotografico speciale sulla rivista, Sorse, che consiste in scatti fotografici con costumi da cameriere!”
A quelle parole Cobra quasi svenne e Natsu si sentì male al ricordo di quello che gli era toccato fare una volta, quando aveva perso la maratona di Fairy Tail. In certi momenti soffriva ancora di incubi.
“NON ESISTE CHE IO FACCIA UNA COSA DEL GENERE!” urlarono i due all’unisono e prima che qualcuno potesse obbiettare si fiondarono fuori dalla gilda e presero a correre per la città, con Mira al seguito, tutto questo accompagnato in sottofondo da una marea di risate.
La gioia generale, però, fu interrotta dall’ennesimo strizzone di pancia e tutti dovettero fiondarsi al bagno, ricominciando a litigare.
Non potevano sospettare gli ignari maghi che due piccoli demoni macchinavano nell’ombra altri divertenti scherzetti.
I prossimi a finire sotto il mirino di Nash e Blake furono Luxus e Mira, entrambi aprirono i regali che i bambini gli avevano recapitato per conto di Freed e Bixlow, e si ritrovarono uno in una nube di fumo che gli tramutò i capelli in una specie di alga marina, e la seconda si ritrovò coinvolta in una piccola esplosione che le ricoprì l’intera faccia di fuliggine, oltre a spettinargli tutti i capelli.
Light, Star, Yurei e Cristal, invece ricevettero un gigantesco pacco che una volta aperto fece scomparire completamente i vestiti alle ragazze e trasformò i due bambini in criceti.
Sayla ricevette un bellissimo vestito da Reiki, ma una volta indossato esso cominciò a produrre un’immensa quantità di calore e quando la ragazza tentò di toglierselo si rese conto con orrore, che non voleva saperne di sfilarsi.
Reiki fu davvero sfortunato perché gli venne regalata una piccola scatolina dove era contenuto un Lacrima microchip, che il ragazzo incurante attivò.
Il risultato fu che un raggio laser partì da esso e distrusse in un secondo la porzione di torta rimastagli da mangiare.
Gale, invece, ricevette un paio di occhiali stregati che gli fecero vivere il suo incubo peggiore: vale a dire Ideki che si baciava con Sayla. Anch’egli quando tentò di toglierseli non ci riuscì.
Storm e Nashi soffrirono terribilmente l’effetto del lassativo e i due piccoli mostri si assicurarono di rendere inutilizzabili i bagni in cui andarono.
Ormai sembravano inarrestabili, anche perché non erano ancora stati scoperti, quando…
“Ehi Nash, pensi quello che penso io?” disse il ragazzino indicando suo zio Macbeth ancora addormentato, “Non so Blake dimmelo tu a cosa sto pensando.” scherzò il biondino con un ghigno diabolico sul volto.
Il biondo con ancora dipinto in volto il solito ghigno diabolico tirò fuori un pennarello nero e ne porse uno identico all’amico, che ricambiò il sorriso.
In punta di piedi i due si diressero verso la figura addormentata, e stando ben attenti a non svegliarla si misero a dipingergli la faccia.
Finito il loro grande capolavoro rimasero ad ammirarlo incantati, ma non riuscirono a trattenere una risata e l’uomo si ridestò all’improvviso.
Rimase a fissarli interdetto, ma l’espressione corrugata servì solo a rendere ancor più buffa la sua faccia dipinta e a sottolineare gli ampi scarabocchi neri.
“Ehi, Macbeth ti sei sveg… AH AH AH!” non riuscì a trattenersi, Sawyer, nell’istante in cui si ritrovò la faccia del compagno davanti, e cadde all’indietro tenendosi la pancia: “Ma cosa ti è successo? Che hai in faccia? AH AH AH!” al suono delle risate tutti i presenti si avvicinarono e rimasero imbambolati ad osservare quello che un tempo era il membro più forte di Oracion Seis, con la faccia completamente ricoperta da segni di pennarello, su una guancia c’era pure disegnato il giochino del tris.
L’intero edificio fu scosso da risate, mentre l’uomo guardava tutti come se fossero impazziti, poi voltandosi riuscì a specchiarsi in un vetro dietro il bancone e impallidì.
“Ma cosa? CHI E’ STATO!” si mise ad urlare, mentre Nash e Blake se la ridevano sotto i baffi.
“Quindi è colpa vostra!” lì richiamò una voce alle loro spalle, facendoli sussultare, e voltandosi lentamente si ritrovarono davanti la faccia imbufalita di Diana, che già aveva sguainato la sua spada e l’aveva ricoperta completamente di veleno.
“S-Sorellona?!”
“A-Aspetta, possiamo s-spiegarti…”
“Non serve! Ho già sentito tutto! Vi farò pentire di avermi fatto passare un ora intera al gabinetto! VENITE QUI!”
“WHAAAAAA!” urlarono i due mettendosi a correre per tutto il locale, attirando nel trambusto gli altri.
“Si può sapere che succede?”
“Sono stati loro!” urlò Diana, “Ma giuro che se vi prendo vi corrodo fin dentro le ossa!”
Tutti fissarono allibiti la scena, poi quando le parole della bruna gli giunsero alle orecchie la sorpresa si tramutò in ira e una massa di maghi inferociti si mise ad inseguirli, con a capo Macbeth, Cobra e Natsu che si misero ad urlare:
“Se vi prendo vi farò venire così tanti incubi che non riuscirete a chiudere occhio mai più!”
“Nash, come hai osato farmi questo, ma ti faccio vedere io! Appena ti prendo ti metto in punizione per un secolo!”
“Tu piccola peste, e io che ti difendevo anche! Adesso vieni qui, ti colpirò talmente forte che ti fracasserò la testa!”
Questi e altri improperi venivano lanciati da tutti i partecipanti, mentre i piccoli correvano gridando: “Ne è valsa comunque la pena!”
“Quei due non sanno proprio cosa sia la paura.” disse Sawyer, “Beh, lo scopriranno molto presto.” rispose Sorano, ridendo divertita dall’inseguimento.
I due cercarono di scappare, ma ogni volta venivano intercettati e dovevano cambiare direzione, alla fine riuscirono a correre verso l’uscita; ma qui gli si parò davanti una figura.
“Fratellone!” urlarono i due e ci si fiondarono sopra, avvinghiandosi alle sue spalle.
“Salvaci, Drake per favore!” lo implorò Nash, ma l’altro non gli prestò attenzione continuando a squadrare la folla inferocita che gli stava per venire addosso.
Sollevò entrambe le braccia: “Adesso fatela finita e mettetevi seduti!” due gigantesche radici comparvero dal terreno sollevandosi in aria, prima di separarsi e di avvinghiarsi intorno al corpo di tutti i presenti, che furono atterrati malamente e posti sulle sedie. Per evitare che qualcuno partisse nuovamente alla carica, il ragazzino lì immobilizzò alle sedie e rimase a fissarli dimenarsi.
“Ben vi sta!” urlò Nash, “Fratellone, sei fantastico!” gridò Blake abbracciandolo forte, ma l’altro se lo scollò di dosso malamente.
“Vi avevo detto, che non dovevate più fare scherzi!” entrambi sollevarono la testa, e rimasero paralizzati dalla paura, mentre si specchiavano nei grandi occhi del giovane, che erano diventati improvvisamente verdi e si erano ampliati.
Adesso vi insegno io cosa succede a disobbedirmi!” tuonò il violetto e prima che i due potessero scappare li afferrò e se li mise sottobraccio prendendo a trascinarli via.
“MAMMA! AIUTO!” urlò Nash, “NON FATECI PUNIRE DA LUI!” cominciò a piangere Blake, dimenandosi su e giù, nel vano tentativo di liberarsi.
“PIETÀ, PER FAVORE! NON FAREMO PIU’ SCHERZI LO GIURO! PAPA’ TI IMPLORO SALVAMI!”
Natsu però non si mosse, sia perché non gli era possibile sia perché non voleva: “Arrangiati, così la prossima volta impari!”
“PAPA’ TI PROMETTO CHE NON TI FARO’ MAI PIU’ UNO SCHERZO FINCHE’ CAMPO! MA TI PREGO SALVAMI!”
“Ehi, Drake, vedi di dargli una bella lezione anche da parte mia!” disse semplicemente Cobra, ignorando le suppliche del figlio.
“MAMMA, MAMMA! SALVACI!”
“Non ci penso nemmeno, guardate cosa avete combinato! Per poco non rovinavate la festa a tutti!” disse Lucy, “E preparatevi, perché dopo Drake vi toccherà anche la nostra di punizioni!”
“DIA, DIA! TU HAI DETTO CHE VOLEVI FARCI LA PELLE!” prese a gridare Blake attirando l’attenzione della sorella, “TI PREGO FALLO! MEGLIO TE DI DRAKE, PER FAVORE PICCHIACI TU!”
L’altra però scoppiò a ridere e disse: “Ben vi sta! Fratellone fagli vedere chi sei!”
Ignorando completamente i commenti generali, il ragazzo proseguì nel suo cammino diretto al ripostiglio della gilda, ma prima di proseguire si fermò a squadrare un terzo individuo.
Anche tu hai la tua bella fetta di responsabilità!” disse e la radice che avvolgeva Rin lo sollevò di peso e prese a trascinarlo dietro al suo padrone, mentre il bimbo si dimenava e lanciava ogni sorta di improperio contro il ragazzo.
“Ehi, testaccia di legno, che vuoi fare a mio fratello?!” urlò Storm diventando acqua e quindi liberandosi dalla presa del ragazzo.
“Chi credi che abbia aiutato questi due a mettere il lassativo nel gelato che tutti hanno mangiato?”
“Rin, è vero?”
“Certo che no! Non lo farei mai! Figurati se collaboro agli scherzi di questi due idioti!”
“Idioti a chi?!” urlò Nash furente: “Anche lui centra! Mi ha aiutato a distrarvi!”
“Chiudi la bocca stupido fiammifero!”
“Rin!” gridò Gray, “Quindi è anche colpa tua! Drake procedi, e vedi di dargli una bella lezione! Devono capire che certi scherzi non li devono neanche pensare!”
L’altro ammiccò con la testa e superato il rivale si diresse dentro lo sgabuzzino, si chiuse la porta alle spalle e tutto tacque.
“WHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”
L’urlo dei tre bambini squarciò il silenzio della notte, lasciando ammutoliti tutti, poi tornò il silenzio.
Quando i piccoli varcarono nuovamente la porta erano bianchissimi in volto, ma per il resto non presentavano nessun’altra irregolarità. Nemmeno un singolo bernoccolo o livido da qualche parte.
Cosa dovete dire a tutti!” tuonò Drake comparendo alle loro spalle, e i tre si immobilizzarono, puntando i piedi a terra e drizzando la schiena.
“CI DISPIACE TANTO, NON LO FAREMO MAI PIU’!” gridarono all’unisono inchinandosi davanti a tutti.
Gli adulti li fissarono tra il sorpreso, l’intimorito e il divertito, poi l’aguzzino continuò: “E adesso cosa dovete fare?
“Dobbiamo aiutare la mamma e la zia Mira…”
“… a servire i presenti e pulire i piatti…”
“… e quando la festa è finita dobbiamo ripulire tutto, senza l’aiuto di nessuno.”
Risposero sconsolati i tre bambini e ad un colpo piantato sul pavimento dal più grande, partirono alla carica come soldatini, sotto le risa di tutti i presenti.
“Bene e questa è fatta.” disse il ragazzo sbuffando, mentre i suoi occhi tornavano del suo solito colore.
“Però hai esagerato!” si intromise Storm, “Se non faccio così non impareranno mai la lezione!”
“Avranno gli incubi per giorni!” intervenne Nashi, “Se la sono cercata.”
“E sappiate che la colpa è anche vostra!”
“Come scusa?” chiese il bluette già imbestialito,
“Se vi comportaste da fratelli maggiori più responsabili ed evitaste di regalare a destra e a manca cibo infetto, forse eviteremmo certe situazioni!”
“Ehi Drake, vedi di darti una calmata! Io sono una bravissima sorella maggiore e se mio fratello è un idiota non è colpa mia! E poi se sapevi cosa stava succedendo perché non li hai fermati prima?!”
“Speravo che tu e la pozzanghera foste più intelligenti e non vi faceste prendere per il culo da due ragazzini!”
“Vedi di abbassare la cresta!” lo minacciò Storm afferrandolo per la maglietta,
“Se no che fai?”
“Ti affogo!”
“Provaci se ci riesci!”
“Vedete di farla finita voi due!” li richiamò Nashi.
“Tu non intrometterti fiammifero decerebrato!”
“Ripetilo se ne hai il coraggio! Stupida faccia di serpe con la segatura al posto del cervello!”
I tre cominciarono a guardarsi in cagnesco, sotto lo sguardo preoccupato di tutti gli altri maghi, che ben sapevano cosa sarebbe successo.
Infatti, non passò neanche un minuto che i tre scomparvero, tra pugni ed insulti, in una nube di polvere.
L’intera sede fu scossa da un terremoto mentre l’edificio veniva allagato, bruciato e le impalcature il legno che lo formavano presero a staccarsi rischiando di far crollare tutto.
“Presto qualcuno li fermi!” urlò Max terrorizzato,
“Elsa, pensaci tu per favore!” urlò Warren, vedendo che i padri dei rispettivi litiganti invece di intervenire si erano seduti da una parte a fare il tifo per il rispettivo figlio e le madri non erano proprio in grado di avvicinarsi e separarli.
“Adesso non posso.” disse Titania continuando a mangiare il regalo di Gerard, insieme a suo figlio che si era dovuto accontentare della parte alla crema, mentre l’uomo cercava in tutti i modi di separare madre e figlio dalla torta e fargli notare il disastro imminente.
“Luxus, tu sei il Master! Fa qualcosa!” gli urlò Freed e l’altro ammiccando con la testa si diresse verso il cumulo di attacchi.
I tre avversari non lo videro nemmeno arrivare, si ritrovarono solo un pugno ciascuno sulla testa e a causa del fulmine che lì investì in pieno caddero a terra mezzi svenuti.
“Vedete di piantarla!” tuonò il biondo.
“Scusaci zietto, non lo faremo più!” disse Nashi,
“Ci comporteremo bene, promesso!” rispose Storm,
“Mi spiace.”
Anche i padri dei tre ragazzini dopo aver visto come era terminato lo scontro si misero a discutere e a loro si unirono anche Gajeel, Sting e Rogue; mentre Wendy cercava di aiutare Romeo ad alzarsi e intanto cercava di far ragionare i compagni più grandi. Ma bastò un’occhiataccia di Luxus, -stufo di come tra padri e figli, quella serata si stesse dimostrando tutt’altro che rilassante-, a far morire sul nascere qualunque altra intenzione bellica.
La festa quindi riprese tra canti di Natale, con cui Emma e suo padre si sbizzarrirono per il dispiacere di tutti i loro amici e parenti. Poi si passò alla consegna dei regali e ai soliti giochi organizzati durante le feste.
In tutto questo però, c’era qualcuno, seduto davanti alla porta della sede che non riusciva ancora a divertirsi…
“Non è ancora arrivato?” chiese Gray facendo sussultare il rosato, “No. Però avrebbe chiamato se non fosse potuto venire. Forse è solo in ritardo.” rispose Ideki mogio.
“Tranquillo arriverà! Lyon è sempre stato un ritardatario, anche quando eravamo piccoli arrivava sempre tardi agli allenamenti.”
“Uhm…” rispose semplicemente il ragazzo abbassando un poco la testa,
“Dai non fare quella faccia. Ti ha detto che sarebbe venuto e arriverà!”
Proprio in quel momento comparve davanti ai due un gruppo di figure, e la speranza si riaccese nell’animo del giovane. Ma bastò guardare meglio per riconoscere in quelle figure Kagura e il resto della gilda di Mermaid Heel.
“Scusate il ritardo.” disse la donna, “Non fa niente, accomodatevi pure.”
“Ehi Ideki, guarda come sei cresciuto.” disse la donna avvicinandosi al bambino per solleticargli i capelli, mentre quest’ultimo tentava in tutti i modi di dissimilare la delusione.
“Tuo padre non è ancora arrivato?” chiese la maga, “No.”
“Quello è sempre in ritardo. Miao.” si lamentò Miliana.
“Già.” rispose mogio il ragazzo.
“Non preoccuparti arriverà. Noi intanto entriamo, quando vuoi unirti a noi sai dove trovarci.” gli sorrise la donna.
Facendo un piccolo cenno affermativo il giovane si rimise a sedere, con accanto suo zio e lì rimasero per mezz’ora.
“Non vuoi proprio aspettarlo dentro?”
“No grazie, zio Gray. Ma tu vai pure a divertirti.”
“E’ tutta la sera che stai fermo qui. Vieni dentro anche tu, puoi distrarti parlando con Emma o con Drake, oppure tu e Storm potete giocare ad una delle attività proposte, o puoi semplicemente fare a pugni con Gale. Quello distrae sempre, ne so qualcosa.”
“Grazie zio, ma adesso proprio non mi va.”
“Capisco, ma tra un po' raggiungici dentro, comincia a fare freddo e devi aprire i tuoi regali e darne ai tuoi amici.”
“Ok.”
Prese a camminare avanti e indietro tenendo sempre gli occhi puntati contro il grande orologio della cattedrale, che ormai segnava le ventitré e cinquantasei.
Uffa papà, ma dove sei? Tra un po' è Natale, per fino Babbo Natale è già partito da un pezzo per consegnare i regali.”
Chiuse gli occhi accasciandosi sul pavimento nevoso, mentre cercava di riscaldarsi le mani. Ormai l’aria era diventata freddissima e aveva pure ripreso a nevicare, stava per rientrare rassegnato ad aspettare l’arrivo del genitore dentro, quando si ritrovò due mani cinte davanti al petto e un peso lungo la schiena.
Si voltò e vide con la coda dell’occhio un’inconfondibile capigliatura bianca-argentea,
“Papà!” esclamò al colmo dell’euforia staccandosi dalla presa per poterlo abbracciare a sua volta.
“Scusa per il ritardo, ma ho avuto un imprevisto. Sei arrabbiato?”
“Certo che no! Ti aspettavo e finalmente sei qui!”
“Eh eh! Cavoli, mi meriterei una bella ramanzina, non ci vediamo di persona da mesi e adesso arrivo pure tardi alla festa. Sei fin troppo gentile, io al tuo posto sarei infuriato.”
“Tranquillo, dico sul serio: non sono arrabbiato, temevo avessi avuto un contrattempo e non potessi venire. A proposito dove sono tutti gli altri membri di Lamia? Non sono venuti?”
“Ma certo, è che sono rimasti un attimo indietro, perché sta arrivando anche Blue Pegasus e Sherry non vedeva l’ora di salutare tutti.”
“Ah, è vero! Mancavano pure loro! Però tra un po' saremmo tutti e potremmo festeggiare.”
“Si, che dici entriamo?”
“Prima devo darti il mio regalo di Natale!”
“Mi hai fatto un regalo?”
“Certamente, ma devi chiudere gli occhi!”
“D’accordo.” disse l’uomo e abbassò le palpebre, mentre attendeva trepidante il dono del figlio.
D’un tratto avvertì qualcosa irradiargli il corpo, come un calore nato dall’interno, gli sembrò quasi di prendere fuoco. Poi avvertì una marea di sensazioni estranee, ma piacevoli e non riuscendo più a resistere spalancò gli occhi.
“Ecco fatto!” disse Ideki sorridendo, e solo quando l’altro abbassò la testa verso il suo braccio sinistro, si rese conto di aver rilegato al polso uno strano simbolo rosa con un cuore dipinto all’interno del ‘bracciale’.
“Ma questo è…!”
“La magia della mamma, si. Tempo fa mi aveva insegnato ad usarla, ma rimaneva attiva per pochi minuti e non riuscivo ad indirizzarla contro un bersaglio troppo lontano. Poi ho trovato un libro dove erano scritte tutte le Lost Magic e mi sono messo a studiarla per potenziarla. Ho pensato che visto che hai molto da fare, e che non possiamo vederci spesso, grazie a questo resteremo sempre legati e anche se lontani non sentiremo la mancanza l’uno dell’altro.”
A Lyon quasi venne da piangere, strinse forte il figlio in un abbraccio, poi tenendogli la mano lo riaccompagnò dentro, mentre gli lasciava una scatolina colorata.
“Che cos’è?”
“Solo un pensierino.” disse l’uomo.
Aprendolo il rosato ci trovò al suo interno una cornice e dentro una vecchia foto un po' sgualcita che ritraeva una donna, piuttosto giovane, dai lunghi capelli fuxia che nonostante l’aria stanca desunta dalle ampie occhiaie, esternava un sorriso raggiante, mentre teneva in braccio un piccolo neonato addormentato e a fianco a lei, le cingeva una spalla un Lyon più giovane, e anche più felice.
“Questa è la mamma!”
“L’abbiamo scattata il giorno in cui sei nato. Mi sembrava giusto regalartela.”
“Mi manca tantissimo.”, “Anche a me. Avrei voluto che non finisse così.” disse l’uomo con la voce incrinata, mentre si portava una mano alla faccia e si asciugava una lacrimuccia.
“Scusami, non dovevo dirlo.”
“No, tu non centri nulla.”
“Che ne dici se guardi quanto sono migliorato con la magia, mentre pesto Gale di botte?”
“Cavoli stare qui ti fa proprio male, sei diventato incredibilmente violento!”
“Ma no, è la testa di ferro occhialuta che mi fa venire il nervoso. E poi mi diverto un mondo a stare qui.”
“Ne sono felice. Anche se avrei preferito farti rimanere a Lamia. Ti giuro che appena questa storia sarà finita basta che tu melo dica e io ti riporto subito a casa.”
“Grazie papà, ma anche qui sto bene e mi diverto.” e detto questo si fiondò nella cerchia di maghi e subito dopo Lyon lo vide iniziare a litigare con un ragazzo dai capelli neri.
“Ehi Lyon, finalmente sei arrivato!” lo richiamò una voce conosciuta,
“Lyon-kun, Juvia è molto felice di vedere che ce l’hai fatta a fare una visitina.”
“Gray, Juvia da quanto tempo. Vi trovo bene, come stanno Rin, Sayla e Storm?”
“Molto bene, anzi forse fin troppo energici.” disse l’altro uomo facendo scoppiare a ridere il vecchio amico e la moglie.
“Ideki-sama è bravissimo, è sempre attento, molto altruista, energico, solare. Juvia non potrebbe desiderare un nipote migliore.”
“Ti ringrazio. Non finirò mai di ringraziarvi per esservi presi cura di lui in tutto questo tempo, dico d’avvero.”
“Lyon, senti.” si intromise Gray, “Io so che hai avuto una valida ragione per allontanarlo e che stai solo cercando di proteggerlo, ma lui si sente solo! Anche se ora fa parte di Fairy Tail e ha molti amici, tu gli manchi molto. Non credi che sarebbe ora di dirgli la verità?”
“No, non posso! Non fin quando non sarò sicuro che non corre più alcun rischio e soprattutto avrò terminato la mia ricerca.”
“Prima o poi Ideki lo scoprirà, non è meglio se glielo dici tu?”
“Juvia ha promesso a Meredy-sama di non dirgli mai nulla, a meno che tu non fossi d’accordo. Ma ora teme, che più tempo passa, più raccontargli la verità sarà dura.”
“Lo so! Ma non posso assolutamente parlargliene adesso! Un giorno lo farò, ma non oggi ne domani. Voglio che almeno lui conservi ancora un po' quel sorriso. Non voglio essere la causa della sua tristezza, ne voglio allarmarlo più del dovuto.
Sono anni che non lo vedevo così felice, stare qui con tutti voi gli ha fatto bene, e io non posso rovinare tutto e caricarlo di ulteriori fardelli. Una volta che avrò mantenuto la promessa fatta a me stesso, la prima cosa che farò sarà venire qui e dirgli la verità!”
“Gli dirai tutta la verità o solo una parte?” chiese Gray e subito se ne pentì notando la tristezza riempire il volto dell’amico.
“Non lo so.” rispose semplicemente l’altro.
“Ehi, papà, zietti venite a vedermi battere Storm nel lancio ai birilli?” gridò Ideki facendo trasalire i tre.
“A-arriviamo subito.” disse il padre e accantonando l’argomento delicato si incamminarono verso lo stand del gioco.
La festa proseguì per un altro paio di minuti, poi le campane suonarono e Natsu mettendosi in piedi su un tavolo, con un bicchiere di birra in mano, lo sollevò e gridò a tutti i partecipanti: “Facciamo un brindisi a questa splendida festa e all’arrivo del Natale!”
I calici trillarono e il rosato riprese la parola raggiante: “A tutti auguro un buon Natale!”


Nota d’autore: FINE! Ecco l’ultimo capitolo di questa fiction! Devo dirlo mi sono divertita tantissimo a partecipare a questa Challenge. Anche se è stata la prima a cui abbia mai preso parte, sono molto contenta di averlo fatto, e mi reputo soddisfatta del risultato ottenuto.
Questo è l’ultimo capitolo della storia, che equivale alla stella, ovvero al capitolo a tema libero. E finalmente ho presentato questa fantomatica festa di Natale organizzata alla gilda! Con tutte le volte che l’ho citata nei capitoli precedenti, eccola qui.
In realtà me la immaginavo leggermente diversa, ma alla fine quando sono arrivata a scriverla è venuto fuori questo. E’ stata molto dura trattare di tutti i personaggi tra vecchi e giovani, ma credo di essere riuscita a dare a tutti, almeno un piccolo spazio. Era la prima volta che ne descrivevo così tanti contemporaneamente, e forse qualche gilda l’ho un po' ignorata. (Chiedo scusa ai fan di Blue Pegasus XD).
Per il resto ringrazio i lettori e coloro che si sono impegnati, sul forum di Fairy Piece, ad organizzare questa challenge. E ovviamente tutti quelli che hanno recensito e letto la storia, e quelli che lo faranno anche per questo capitolo.
Auguro uno splendido Natale a tutti!

 

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