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di MusicAddicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: Bartemius Crouch Junior ***
Capitolo 2: *** II: Jonathan Smith ***
Capitolo 3: *** III: Mirror ***



Capitolo 1
*** I: Bartemius Crouch Junior ***


Piccola premessa: è la prima volta che mi accingo a scrivere una soulmate AU, non so nemmeno io perché, ma quest’idea mi ha folgorato e non c’ho più visto, volevo troppo vederla realizzata.
Non so nemmeno se definirla classica Soulmate perché non c’entrano i tatuaggi, o vedere il mondo a colori, o nomi che compaiono sul polso ecc, ecc… quindi boh, ci ho provato.

 


Disclaimer: i personaggi appartengono solo alla J.K. Rowling, alla BBC e i due protagonisti decisamente a David Tennant, io mi diverto solo a prenderli in prestito e giocarci un po’ stile pupazzetti uno contro l’altro ‘Now, kiss!’


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Capitolo I: Bartemius Crouch Junior
 

 

Il negozio artigianale di Olivander  era ancora in fiamme, mentre Bartemius Crouch Junior, più comunemente detto Barty, percorreva il viale, nel buio della notte, con un’espressione soddisfatta.


Del resto, quel negoziante se l’era cercata: non aveva pagato il pizzo, non aveva accettato la protezione offerta da chi quella città la comandava ormai dall’inizio del secolo, si era rifiutato di sottostare alle sue regole.
 

Lui aveva fatto solo in modo di ricordargli quel che si rischia a fare i sovversivi.

E con tutti gli oggetti in legno lì presenti l’incendio si era propagato ancora più velocemente.

La benzina e gli accendini sì, lo divertivano abbastanza, gli esplosivi  gli davano sempre una certa adrenalina, ma Barty aveva una vera e propria predilezione per le pistole e i fucili, li chiamava le sue bacchette magiche, perchè con quelli sapeva davvero fare delle magie.

 

Lui era il pistolero più veloce e temibile di tutta Londra.
 

Il fiore all’occhiello dei Death Eaters, la potente banda di gangster che dominava la capitale da quasi trent’anni.
 


Tuttavia le cose non erano sempre state così per Barty.
Da un figlio di uno sceriffo ci si sarebbe aspettato tutto un altro percorso di vita.



Non che lui non ci avesse provato: era il miglior studente non solo della sua classe, ma dell’intera scuola. Questo fino al suo ultimo anno ad Hogwarts, prima dell’arrivo di Hermione Granger, studentessa del primo anno che nel giro di pochi mesi aveva strabiliato tutti coi suoi voti eccellenti, che avevano finito per eguagliare quelli del giovane Crouch.

“Posso conoscere l’autrice di questo ex aequo?” l’aveva approcciata Barty, mentre tutti gli studenti prendevano visione dei risultati del primo trimestre.


“Si dice èx aequo, non ex aequoo!” erano state le prime parole che gli aveva rivolto lei. “E comunque non durerà, la prossima volta ti batterò.” aveva dichiarato caparbia.

“Lo vedremo, piccola strega saccente!” aveva ringhiato lui, prima di andarsene.

Era davvero molto bella, con i lunghi riccioli indomiti fra il castano e il biondo, l’espressione vispa e il portamento fiero, con quella divisa che esaltava le sue forme, seppur ancora acerbe, se solo non fosse stata così insopportabile.

 

La cosa peggiore è che con il successivo trimestre le previsioni di lei si erano  concretizzate e a Barty non era rimasto che incassare il colpo.

La rivalità era sfociata ben presto in una simpatia reciproca che un bacio appassionato aveva poi trasformato in quella che era diventata una storia d’amore, anche se travagliata.

Travagliata dalle interferenze di Bartemius Crouch Senior, che se quando suo figlio otteneva i migliori voti non gli aveva mai detto niente, appena aveva saputo che Barty aveva perso il primato lo aveva attribuito agli interessi amorosi del ragazzo.
Aveva cercato di dividere i due amanti, lo sceriffo, ma non ci era riuscito.

Barty aveva lottato per dimostrargli che poteva fare entrambe le cose, amare e impegnarsi nello studio e il fatto che poi si fosse diplomato con il massimo dei voti, senza per questo lasciare Hermione, era stata la prova definitiva.

Ma era stata anche la crepa definitiva nei loro rapporti che non erano mai stati idilliaci: da un padre sempre assente ma in prima fila quando si trattava di punire o denigrare il figlio che cosa ci si poteva aspettare?
Elly Crouch, la moglie dello sceriffo, sapeva che prima o poi le loro strade si sarebbero divise.
Lei era una sensitiva.

“Barty, tesoro mio, non farti mai mettere i piedi in testa da nessuno,” lo aveva coccolato lei, al termine dell’ultima lite fra lui e il padre, la più tremenda, quella che era finita con un giuramento di reciproco disconoscimento.

“Da lui mai, di sicuro!” aveva ringhiato il giovane, anche se in realtà soffriva per quell’abbandono. “E comunque, sto bene, madre, ho voi, ho Hermione…”


“Barty, tu mi avrai sempre con te, anche quando non sarò più in questo mondo, cosa che avverrà presto,” mormorò lei, smettendo di accarezzare i capelli del figlio, paglierini come i suoi, per rannicchiare la sua esile figura di lato e tossire in quel fazzolettino di seta che aveva finito per macchiare irrimediabilmente di sangue.

“Madre, non dite così…” aveva protestato, con i suoi grandi occhi color cioccolato fondente, resi più lucidi dalle lacrime che li velavano, posandole una mano su quella che non teneva il fazzoletto.


“La malattia deve fare il suo corso, è giusto così. So quel che dico, figlio mio, come so che Hermione ti rende felice, per ora. Non durerà… non è la persona giusta per te. Figlio mio adorato, promettimi che troverai il tuo specchio.”


“Cosa significa?” aveva aggrottato le sopracciglia lui.

“Lo capirai da solo, quando sarà il momento.”


Quella era stata una delle ultime conversazioni dove Elly era ancora abbastanza lucida per ribadire quel concetto a Barty, che intanto aveva abbandonato la Tenuta Crouch e le faceva visita solo quando Bartemius Crouch Senior era via per lavoro, il che fortunatamente per i due significava molto spesso.


Negli ultimi mesi c’era stato un vero e proprio tracollo e Barty l’aveva  assistita con tutto l’amore di un figlio devoto, fino all’ultimo respiro esalato dalla donna.
Il giorno del funerale, dopo la cerimonia, lui aveva bisogno di staccare, perfino da Hermione, che gli era stata vicino in quegli ultimi mesi difficili.

Per questo si era messo a passeggiare , fino a raggiungere la Londra maledetta, quei sobborghi che andavano evitati, soprattutto dopo il tramonto.
Un giovane ben vestito come lui poi di certo non passava inosservato.

Per questo era stato adescato per un gioco delle tre carte da un teppistello della zona, un ragazzo alto, dalla pelle quasi eterea e i capelli lisci, un po’ a caschetto, tanto biondi da sembrare bianchi.
Sentendosi sfidato e non volendosi tirare indietro, Barty aveva accettato, seguendo la carta che gli interessava, nonostante i movimenti davvero rapidi del truffaldino.

Non si era fatto fregare e con piglio sicuro aveva indicato la carta giusta.


La voce aveva fatto il giro e il giorno dopo quello stesso truffatore, che rispondeva al nome di Draco Malfoy, aveva fatto carte false (metaforicamente stavolta) per rintracciarlo.
 

“Lord Thomas Riddle ti vuole incontrare, fatti trovare stanotte, al molo di St. George. E ti conviene presentarti, a Lord Riddle non piacciono i rifiuti.” gli aveva intimato il ragazzo più giovane, “Lo so perché mio padre è uno dei suoi uomini e un giorno seguirò le sue orme anche io.” aveva dichiarato fiero andandosene e lasciandolo basito.


Aveva preferito non dire niente a Hermione e con una scusa quella sera si era recato a quell’appuntamento.

“Ho sentito che sei un tipo sveglio, Crouch,” aveva esclamato una voce calda e vellutata, in contrasto coi suoi occhi di ghiaccio, non appena Thomas Riddle era emerso dal cono d’ombra che lo nascondeva, avvicinandosi al giovane, che era già vittima del suo fascino così magnetico: l’eleganza dei suoi gesti, il passo così sicuro, i capelli rasati con quella perfezione millimetrica, i vestiti neri di alta sartoria, probabilmente Italiana.

Thomas Riddle era un bellissimo trentacinquenne e Barty che si era appena affacciato ai suoi diciannove, lo osservava affascinato.


“Ho proprio bisogno di qualcuno come te nelle mie schiere.” aveva continuato il boss malavitoso. “Te la senti di fare qualcosa per me, ragazzo?”

“Sì, mio Signore,” aveva risposto Barty, senza pensarci.

Gli era venuto così naturale.

“Apprezzo che tu sia così ben disposto,” aveva ridacchiato il più grande. “Si tratta solo di un piccolo favore: devo fare arrivare un messaggio a qualcuno, ti incaricheresti di farlo tu?”

“Datemi quel messaggio, ditemi a chi lo devo riferire e consideratelo già fatto.” rispose il giovane, senza alcuna esitazione.


Le labbra di Lord Thomas Riddle si estesero in un sorriso estasiato.

Il giovane Crouch non aveva fallito e questo lo aveva portato a ricevere altri incarichi da parte di Lord Riddle, fino ad arrivare a pacchi da consegnare dal contenuto scomodo, ma Barty con quel visino da angelo, così incensurato, non dava mai nell’occhio.

Più Barty era al servizio di Lord Riddle, più voleva alzare il livello delle sue missioni.
Del resto il suo capo lo faceva sentire apprezzato, lo encomiava per le sue gesta, gli faceva sentire quell’affetto che da parte di suo padre era sempre mancato.


Di questo Thomas se ne era accorto e questo, unito al fatto che lui fosse il figlio dell’odiato sceriffo che in passato aveva catturato parecchi dei suoi uomini, gli faceva venir voglia di dedicarsi a quel ragazzo così bramoso di compiacerlo, traviandolo sempre di più.

Venne il momento di introdurlo alle armi da fuoco, se ne volle occupare direttamente Riddle, forse perchè nel giovane Crouch vedeva qualcosa di se stesso quando era stato adolescente, forse li univa il reciproco disprezzo per i padri.
La differenza era che quello di Riddle non era più fra i vivi e non era difficile immaginare chi fosse l’artefice della sua morte.

Thomas era stupefatto dall’estrema manualità che Barty aveva con le pistole, pur non avendole mai maneggiate prima, per non parlare della sua ottima mira.
Presto le sole bottiglie di vetro lo stancarono e Barty volle puntare a obiettivi più grossi, voleva scoprire cosa si provava a sparare qualcuno e di persone sulla sua lista nera Thomas ne aveva fin troppe.


Barty aveva lanciato il monito alla vittima designata, Igor Karkaroff, un Russo che non stava rispettando i patti concordati per il contrabbando di vodka.
Karkaroff non era morto, ovviamente,  perché non doveva morire.

Era stato ‘solo’ gambizzato, ma a Barty causargli quel dolore era piaciuto da morire.

 

“Barty, esci anche stasera?” gli aveva chiesto Hermione, soprendendolo alla porta d’ingresso della casa in cui ormai convivevano da qualche mese.


“Sì, mia cara, vado a bere qualcosa coi vecchi amici di scuola,” aveva risposto lui, evasivo.


“Bartemius Crouch Junior, non insultare la mia intelligenza!” aveva alzato la voce lei. “Credi che non mi accorga dei soldi che continuano a entrare in questa casa? Io sto ancora finendo gli studi e tu.. aspetta, qual è la gran puttanata che mi hai detto negli ultimi mesi?” lo aveva stupito lei con quel linguaggio colorito, così inusuale da parte sua. “Lavori come aiutante nella biblioteca di Westminster, beh, indovina? Ho controllato, non ci sei stato un solo giorno in quella fottuta biblioteca!”

Ormai stava sbraitando.
Barty la bloccò fra le sue braccia e la zittì con un bacio.


“Shhh, shhh, amore, devi capire che lo sto facendo per noi,” aveva cercato di rassicurarla, ma era come se avesse gettato altro fuoco sulla benzina.

“No, Barty, almeno abbi la decenza di non prendermi in giro.” lo aveva spinto via da lei, in lacrime. “Lo stai facendo solo per te.”

“Tu non capisci…” aveva protestato lui, stringendo i pugni.

Hermione  gli si era avvicinata, accarezzandogli il volto.


“Hai ragione, non capisco. Ho amato il Barty che eri solito essere, Dio solo sa quanto, e una parte di me lo amerà sempre. Ma quello che sei ora… non lo riconosco più, ma non è tardi, amore, sei ancora in tempo per lasciar perdere qualsiasi cosa tu stia facendo e tornare da me, tornare sul serio,” lo aveva scongiurato, prendendogli il volto fra le mani a coppa, la sua fronte contro la sua.

Barty le aveva rivolto un sorriso amaro, prima di allontanarla da sé.

 

“Se non ti piace quello che sono ora, ti piacerà ancor meno quello che diventerò. Hermione, ti ho amata tanto anche io, ma è evidente che fra noi non può continuare,” aveva preso una decisione che condividevano entrambi, mentre si scambiavano un ultimo bacio, quello dell’addio.

“Mia madre aveva ragione, quando diceva che non sarebbe durata fra noi. Non sei tu il mio specchio.”

 

“Il tuo cosa?!” si era accigliata lei.


“Lascia perdere, l’ho detto che non puoi capire.”

La rottura con Hermione aveva sancito l'inizio dell’ascesa malavitosa di Barty, fra piccoli furti, risse violente, rapine, estorsioni e vari duelli con la pistola, da dove usciva sempre vincitore, nel corso di quello stesso anno Barty si era guadagnato da Lord Riddle il più alto fra i riconoscimenti.

 

In molti potevano prestare i loro servizi a quel Boss così carismatico, ma solo a pochi era concesso di entrare nella sua cerchia ristretta di criminali più fidati: i Death Eaters, il terrore di Londra e dintorni.


Barty era pronto a quella cerimonia di iniziazione che consisteva nel ricevere sul braccio un doloroso tatuaggio a forma di teschio, con un serpente che gli usciva dalla bocca.

Era il segno di riconoscimento di ogni Death Eater e non importa il dolore che aveva dovuto sopportare per più di un’ora, lui era fiero di essere diventato uno di loro.


A fine iniziazione, mentre Barty si teneva il braccio indolenzito con quello immacolato, preso da un qualche strano entusiasmo Lord Riddle era andato verso di lui, prendendogli il volto fra le mani e dandogli un lungo bacio, che non si era limitato ad essere solo a stampo.

“Mio Signore… fa parte anche questo della cerimonia?” gli aveva chiesto il giovane Crouch, felice ma un po’ stordito.


“No, ma mi andava di farlo,” aveva fatto spallucce il Boss, allontanandosi come se nulla fosse successo.

Ma per Barty non era così, quell’evento lo aveva scosso dentro come un terremoto.

- E se fosse lui il mio specchio? I suoi occhi sono azzurri come uno specchio e in lui mi sono riflesso in ciò che voglio davvero diventare. Forse era questo che intendeva la mia adorata madre.- 

 

Qualche giorno dopo, il novello Death Eater aveva amaramente scoperto come Lord Thomas Riddle non avesse occhi che per Bella, affascinante e sensuale figlia dei Black, una ricca famiglia di albergatori Londinesi.


Bella si era invaghita di Thomas al punto da mandare all’aria il matrimonio d’interesse che la sua famiglia voleva consolidare coi Lestrange, prestigiosi albergatori Parigini.

Non era l’unica cosa che aveva mandato all’aria. Bella aveva rinunciato al suo nome, disconosciuto la propria famiglia, seguendo Thomas nella sua vita criminale e diventando a tutti gli effetti la donna del Boss.
In molti la temevano quasi più di Lord Riddle, si diceva che fosse una sadica squilibrata.

Barty aveva deciso che era meglio farsela amica, sforzandosi di smettere di pensare a Lord Riddle in determinati modi e vedendolo solo e soltanto come il suo Boss.

 

E questa freddezza mentale, questo distacco che si era imposto, nel corso di tredici lunghi anni lo aveva portato forse un po’ anche alla pazzia, ma soprattutto  all’apice più alto che potesse raggiungere: era diventato il braccio destro di Lord Riddle, il suo gangster più leale e fidato.

 

Non c’era stato più spazio per i sentimenti e non si era nemmeno più interrogato sulla questione dello specchio e cosa potesse significare.

TBC

 

Quando l’ho pianificata nella mia mente ieri (dopo la testuale dichiarazione: ‘io non scriverò mai una soulmate au! (okay, c’è da dire che mi avevano proposto di scriverne una J/K ) ) doveva essere una cosa molto veloce, stile ‘a malapena rasento le 1000 parole’ con una breve panoramica su uno, poi sull’altro e l’effettivo incontro.
 

Beh, questa è la ‘breve’ panoramica su Barty.

Nel prossimo vedrete quella su Ten e poi, se questa fanfic fa la brava si concluderà col terzo capitolo, sul loro incontro.

Nel caso ve lo chiedeste, sì, sto guardando ‘Peaky Blinders’ di recente e sì, potrebbe aver influenzato questo background giusto un pochino e sì, potrei essermi immaginata un Thomas Riddle con le sembianze di Tommy Shelby *O*


Siccome questo è un Voldy più umano, Barty se la meritava tutta la piccola fugace gioia del bacio, vero che sì? ^^’

Io intanto gongolo per aver scritto anche un po’ una Barmione <3 non pensavo mi ci sarei mai addentrata, ma con questo AU mi permetto di andare un po’ a briglia sciolta, spero non vi dispiaccia.

Liberi di gambizzarm.. ehmm dirmi quello che vi pare, non siate timidi! ;)

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Capitolo 2
*** II: Jonathan Smith ***


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Capitolo II: Jonathan Smith 

 


Il suo sguardo per lo più era fisso sulla strada, come quello di un qualunque guidatore responsabile.

Tuttavia, nei momenti di tratti rettilinei e deserti, si concedeva il lusso di dedicarsi a ultimare la sua ultima invenzione, come avrebbe fatto un qualunque appassionato.

La frenata improvvisa che fu costretto a fare, rischiando quasi di ingoiare le viti che teneva in bocca, per impedire che il suo camper si scontrasse con un'auto apparentemente sbucata dal nulla, lo convinse che forse era il caso di rimandare quel prototipo a un altro momento.

Ironia della sorte, stava lavorando proprio a un congegno che aiutasse a non distrarsi durante la guida.


Se fosse dipeso da Jonathan Smith, lui avrebbe speso la sua intera vita ad inventare qualcosa o aggiustarne una già esistente, in ogni momento.



Nato a Glasgow, fin dalla tenera età di tre anni aveva cominciato a smantellare i propri giocattoli, non perché fosse un bambino violento.
No, Jonathan semplicemente era un bambino curioso: ingranaggi, bulloni, pezzi da assemblare e ogni sorta di meccanismo lo affascinavano.

I suoi genitori fin da subito avevano assecondato questa sua passione e finché erano stati in vita gli avevano dato tutti gli stimoli possibili.
Erano fieri del loro piccolo genietto.


Purtroppo, già all’età di vent’anni Jonathan si era ritrovato orfano.
Era stato un figlio fortemente desiderato ma era arrivato molto tardi e l’aspettativa di vita nel 1926 era quella che era, non c’era invenzione che la potesse contrastare.

Jonathan si era reso ben presto conto di quanto Glasgow e i suoi abitanti dalla mentalità troppo chiusa, al contrario dei suoi amatissimi genitori, gli andassero stretti.

La voglia di andarsene era tanta, ma non aveva i soldi per farlo.
Un giorno per caso, mentre passeggiava, si era imbattuto in un camper blu, incustodito.
Non ci aveva pensato due volte: lo aveva rubato, aveva rimpiazzato la targa originale con un’altra, lo aveva messo in moto senza alcuna difficoltà e aveva varcato il confine indisturbato.

 

Da lì era cominciata la vita da nomade di Jonathan, John per gli amici, perché durante i suoi viaggi di amici ne aveva conosciuti tanti.

 

Non si fermava mai nello stesso posto più di qualche settimana.


C’era stata un’eccezione, circa cinque anni più tardi, un’eccezione importante di nome Martha Jones.

Jonathan era appena arrivato ad Exeter e, come sua abitudine si era recato nel primo bar disponibile per fare colazione.
Martha era la cameriera di turno e con un sorriso solare gli si era avvicinata per prendere la sua ordinazione.
Ricambiando il sorriso, lui aveva risposto, flirtando anche un po’.

Lei era una bellissima ragazza dalla pelle color caffelatte, capelli neri, così come i suoi occhi vispi e curiosi, e Jonathan non era certo insensibile al fascino femminile.

Mentre aspettava che gli venisse portato quel che aveva chiesto, Jonathan ne aveva approfittato per tirare fuori il suo ultimo progetto e continuare a lavorarci.

“Che figo, che cos’è?” gli aveva domandato Martha, comparendogli alle spalle con la sua colazione.

Raramente la gente manifestava entusiasmo per le sue invenzioni.
Martha stava rapidamente guadagnando punti agli occhi di Jonathan.

“È un sensore da applicare a qualsiasi pentola o padella: rileva se il cibo si sta scaldando oltre la temperatura necessaria, evitando così che si bruci… o almeno spero lo faccia!” aveva riso nervosamente.


“Ma è geniale! Sarebbe utilissimo nelle nostre cucine,” lo aveva encomiato lei.

“Aspetta a dirlo, non so nemmeno se funzionerà,” aveva replicato umilmente lui, cominciando a mangiare.

 

“Io sono sicura di sì,” aveva insistito lei. “Facciamo così, se ho ragione io avrai diritto a un pasto gratis.”

“Ma per finire questa invenzione mi ci vorranno almeno delle settimane…” aveva borbottato lui fra un boccone e l’altro.

“Meglio, vorrà dire che ti presenterai qui ogni giorno finché non avrai diritto alla tua ricompensa,” gli aveva fatto l'occhiolino lei, prima di andarsene.


E lui quell’invito palese lo aveva accettato ben volentieri.

“Dimmi un po’, Jonathan, le cose le inventi soltanto o le aggiusti pure?” gli aveva chiesto Martha, al quinto giorno che si era presentato lì.

Lui aveva sfoderato un sorriso a trentadue denti e i suoi grandi occhi color cioccolato fondente si erano illuminati di entusiasmo.

“Ooooh, io adoro aggiustare le cose!”

 

“Proprio questo speravo che dicessi: domani so che cosa portarti.”

Martha era stata di parola e il giorno seguente gli aveva mostrato un orologio argentato, da taschino, con una strana incisione sopra.

“Non è prezioso, ma ha un gran valore affettivo, è un cimelio di famiglia, solo che da un paio di anni si è rotto, ma non me ne voglio separare lo stesso.”

“Ohhh, ma che oggetto affascinante, da’ qui, ci penso io!” si era offerto lui e nel giro di un quarto d’ora, con cacciavite e pinze lo aveva aggiustato con gran facilità.

“Ecco fatto, ora è guarito!” aveva sorriso tronfio, restituendolo a una Martha traboccante di gioia.


“Non so come ringraziarti!” si era emozionata lei, prima di riflettere sulle sue parole. “Come ‘guarito’? Secondo te prima era ‘malato’?”

“Certo.”

“Quindi tu saresti… una specie di Dottore?”

“Se a te va di chiamarmi così.”

E da quel giorno, Jonathan si era guadagnato un nuovo nomignolo.

Martha poi gli si era avvicinanta con fare ammiccante, passandosi la lingua lentamente sul labbro superiore.

“E dimmi, Dottore, c’è qualcos’altro che ti riesce così bene?”


Inutile dire che quella notte stessa i due erano finiti a letto insieme.

Jonathan amava l’intraprendenza di Martha e la sua curiosità, lei adorava seguirlo per qualche avventura a bordo del suo camper, in ogni parte del Devon.
Piccole scampagnate, erano sempre di ritorno nel giro di un giorno, lui se lo faceva bastare e lei si beava di ogni cosa che lui la portava a conoscere.

Tuttavia, per quanto fossero innamorati, le loro differenze erano troppo evidenti e poco dopo più di un anno emersero tutte.

“Jonathan, lo so che per te è una sofferenza rimanere sempre fermo qui, ancora di più ora che posso seguirti con sempre meno frequenza, ora che coi soldi guadagnati al lavoro posso cominciare gli studi per diventare Dottore, uno vero, intendo,” lo aveva preso in giro lei, senza alcuna cattiveria.

Gli aveva confidato da tempo che fosse il suo sogno e quanti sacrifici stesse facendo per raggiungerlo.


Lui si era limitato a sorriderle, ma era più una smorfia incerta, perché sapeva ciò che stava per dirgli: se non lo avesse fatto lei lo avrebbe fatto lui.

“Ho bisogno di più normalità, John, stare con te è bellissimo, ma mi fa perdere troppo il contatto con la realtà: sei come un fuoco e a starti troppo vicino finisce che ti bruci.”

“Non vorrei mai bruciarti, ti lascerò splendere in tutta la tua luce, brillante Martha Jones.” l’aveva salutata lui con un ultimo bacio d’addio, prima di salire a bordo del suo camper, stavolta per un viaggio più lungo, come non accadeva da tempo.

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Un’altra delle cose che Jonathan amava era salvare le persone.

Ne ebbe l’occasione circa un anno dopo,  percorrendo i verdi spazi incontaminati di Malahide, in Irlanda, quando vide una folla di uomini insorgere contro una donna.

Parcheggiò il camper, raggiunse la folla e si fece largo, avvicinandosi alla donna, una giovane dai capelli rossi.


“Fidati di me e fa’ come ti dico: al mio tre corri.” le aveva bisbigliato, estraendo dalla tasca della giacca una sorta di strana candela.

“Uno, due.. tre!” aveva contato ad alta voce, prima di schiantare a terra la strana candela, che altro non era che un fumogeno, che impedì temporaneamente la vista al resto della folla.

Jonathan afferrò la mano della donna e corse con lei nella direzione opposta, dove li aspettava il camper.

“Salta su!” le aveva detto.

 

“Hey, non prendo ordini da te, Marziano, ma ci arrivo da sola che mi conviene venir via con te, prima che il fumo svanisca e quelli mi trovino!” gli aveva parlato lei per la prima volta.

“Non sono un Marziano!” si era offeso lui, mettendo in moto.

 

“Beh, sei comunque strano forte e non sembri certo di queste parti, e nemmeno di questo pianeta, a dirla tutta,” aveva ribattuto lei. “Grazie, per il tuo intervento, ma non ti aspettare che ti ripaghi in natura, sei troppo sottile e spigoloso per essere il mio tipo.”

Jonathan per poco non aveva sbandato con il camper.

“Cosaaaaa?! Accidenti, comincio a capire perchè la folla ti volesse aggredire, è a causa della tua linguaccia biforcuta!” le aveva lanciato un’occhiataccia lui.

“Naah, è più per i soldi che ho spillato loro per fare una seduta spiritica … che non era granché reale, devono essersi accorti del filo che muoveva la sfera di cristallo … oh beh, non proprio cristallo, più fondo di bottiglia!” aveva spiegato lei, mettendosi comoda sul divanetto.

“Per Einstein! Avrei dovuto salvare quei poveri uomini da te!” aveva borbottato lui.


“Esagerato. Sono una vera medium, solo che non mi va sempre di aprire per davvero tutti i chakra, connettermi col mio terzo occhio, farmi assistere dal Karma, sai quante energie devi sprecare per quella roba se lo fai sul serio?”

“Oh, poverina!” aveva alzato gli occhi lui.

“Facciamo così… com’è che ti chiami?”

“Jonathan Smith. John per gli amici.”

 

“Ecco, John…”


“Ho detto ‘per gli amici’!” aveva puntualizzato lui, scontroso.

“Quante storie, Johnny Boy!”

“Nessuno mi chiama così!” si era voltato verso di lei, contrariato, per poi tornare a concentrarsi sulla strada.

 

“Dicevo, Johnny, facciamo così: tu mi dai uno strappo fino a Dublino così poi lì posso riunirmi alla mia carovana.” gli aveva proposto.

 

“Carovana?” si era incuriosito lui.

“Donna Noble, mio caro, fiera gitana da ben quindici generazioni, in me scorre il sangue di vere medium, ecco perché lo sono anche io. E per dimostrartelo ti leggerò la mano, quando saremo a destinazione.”

“Dublino è a un tiro di schioppo da qui, non voglio niente in cambio, mi basta sbarazzarmi di te!” aveva fatto spallucce lui, che da bravo uomo di scienza era un po’ scettico riguardo a vari argomenti.

“Poi hai il coraggio di dire che io ho la lingua biforcuta!” aveva sbuffato lei, sollevandosi la frangetta. “E comunque insisto.”

Dublino l’avevano raggiunta in fretta, la sua carovana era lì che l’aspettava, ma prima di unirsi alla sua gente, Donna fu di parola.


Si fece dare la mano destra di Jonathan e cominciò a scrutarla, concentrandosi per davvero.

 

“Hai perso delle persone a te molto care: prima i tuoi genitori, quando eri un po’ più giovane...sei, sette anni fa?” domandò e l’espressione stupita di Jonathan fu più eloquente di ogni risposta.

“E poi c’era una giovane donna che è stata importante…” continuò lei, guardandolo coi suoi piccoli occhi blu, un po’ ravvicinati, ma molto indagatori.

“Sì, è vero, lo sarà sempre…” mormorò lui, con un sorriso a metà fra il malinconico e il triste.


“Ma non era destino. Se vuoi essere felice, devi trovare il tuo specchio.” lo aveva informato lei.

“Il mio cosa?!” l’aveva guardata confuso lui.


“Il tuo specchio. Devi capire tu cosa significa.” lo aveva lasciato lei, con quelle parole così enigmatiche.

Dopo qualche mese, Jonathan nemmeno si ricordava più di quel consiglio, finchè a Berlino nel corso di un ricevimento qualcuno non aveva catturato la sua attenzione: bello, giovane come lui, biondo, con occhi scuri, come il suo animo, ma questo lui ancora non lo poteva sapere.

Lo sconociuto fra i suoi aspetti positivi aveva un forte carisma, una personalità magnetica, un’ottima dialettica e un forte sex appeal.


Jonathan non si era mai fatto problemi con la sessualità: per lui il corpo umano era sempre affascinante, in ogni sua forma e non voleva chiudersi in costrizioni mentali dettate dall’opinione pubblica.

Doveva pensarla così anche il biondo perchè era affascinato da quello spilungone un po’ spettinato che sembrava incapace di staccargli gli occhi di dosso, occhi resi ancora più grandi dagli occhiali che indossava.

“Forse questa festa noiosissima sta per ravvivarsi un po’?” aveva rotto il ghiaccio lo sconosciuto, rivelandosi Inglese, a discapito del paese che li stava ospitando.

 

“Forse.” aveva sorriso il castano, stringendogli la mano “Smith. Jonathan Smith.”

 

“Saxon. Harold Saxon. E vedi di ricordarlo bene, quando stanotte ti farò gridare il mio nome.” aveva risposto il biondo, con una spiccata arroganza.

“Ma… cosa?!” aveva indietreggiato Jonathan, sconvolto.

In poche falcate Harold lo aveva di nuovo a distanza di pochi centimetri.

 

“Ho appena brevettato un rilevatore della tensone sessuale e io e te, mio caro, lo stiamo per far esplodere.” aveva sorriso beffardo, estranedo dalla tasca dello smoking nero uno strano congegno, simile a una bussola.


Giusto la miccia che mancava per innescare la bomba.


“Sei un inventore anche tu?” aveva sgranato gli occhi Jonathan, intrigato ancor di più.

 

Le previsioni di Harold per quella notte trovarono piena conferma.

La prima di una lunga serie di notti. E di giorni.

Il discorso di Donna ora gli sembrava avere un senso: Jonathan era convinto di aver trovato il suo specchio: un inventore come lui, che amava viaggiare per il mondo, anche se Harold non aveva un mezzo suo, scroccava passaggi a chiunque con le arti persuasorie, ma Jonathan era stato più che felice di ospitarlo nel suo camper e ancora di più nella camera da letto che c’era all’interno.


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“Certo che mangi in continuazione.” aveva commentato Jonathan vedendo il quantitativo di cibo che Harold si era versato nel piatto a un buffet a Madrid.


“E allora? Bisogna sempre aver fame. Di conoscenza. Di supremazia, Di potere.” aveva replicato il suo partner, divorando l’ennesimo panino con voracità.

“Per lo più tu ce l’hai di cibo.. e non metti su nemmeno un grammo!” lo aveva punzecchiato Jonathan.


“Questo è perchè ci pensi tu a farmi bruciare le energie, carino!” lo aveva fatto arrossire Harold, prima di baciarlo, incurante della folla che li guardava. “Tu ed io un giorno conquisteremo il mondo.” gli aveva sussurrato.

 

Non che fosse il genere di discorsi preferiti di Jonathan.

 

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“Amore, guarda cos’ho appena inventato!” lo aveva chiamato Harold, durante una tappa a Parigi, giusto prima di tornare a Berlino in vista del loro anniversario.

“Ooh, adoro indovinare!” lo aveva raggiunto Jonathan trepidante, nella stanza di hotel che si erano trovati per qualche giorno. Harold non amava granché passare troppo tempo sul camper.

Tuttavia, alla vista di quello che c’era sul tavolo l’entusiasmo di Jonathan era scemato.

“Ma questo è… esplosivo.” aveva commentato con un chiaro tono di rimprovero

“Non sminuirlo così, ti prego. Non è semplice esplosivo, è l’esplosivo: un piccolo quantitativo di questo e puoi radere al suolo un’intera città.” lo aveva corretto Harold, con un ghigno maniacale.

 

“Sei pazzo? Ucciderai un sacco di gente!” aveva cercato di farlo ragionare l’altro.

“Esagerato, al massimo si bruciacchiano un po’” aveva fatto spallucce Harold, come se niente fosse. “E pensa a come potremmo diventare ricchi se producessimo esplosivi e altri tipi di armi su larga scala per venderla alle nazioni più interessate…”

“E fomentare una guerra?” lo aveva guardato sconvolto Jonathan.

Come si guarda qualcuno che non si riconosce più.

“La pace è così noiosa!” aveva sbuffato Harold. “E cominci ad esserlo anche tu, John.” lo aveva guardato con disprezzo.

Ed è lì che Jonathan aveva capito che non ci sarebbe più stato alcun anniversario da festeggiare. E che Harold di certo non poteva essere il suo specchio.

 

Per i successivi anni aveva preferito proseguire nei suoi viaggi senza più legarsi sentimentalmente a qualcuno.

Chissà se a Londra, la sua prossima meta, le cose sarebbero cambiate.
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TBC



Ovvio che le cose cambieranno, e io non vedo l’ora di scrivere, per dare una gioia a ‘sti due patatini che per il momento ne hanno avute solo di fugaci. ;)

p.s. ho fatto un sacco di ricerche per combaciare tutto, ho letto che le roulotte esistevano già nel 1850 e se si diceva che Galileo Galilei nel 1592 avesse inventato una sorta di sensore, non lo può fare Ten nel 1931? ;P 


Lo so che nel canon la Martha/Ten non funzionerebbe, ma questo è un AU che mi concede certe libertà e poi è canon che lei gli facesse una corte spudorata XD
Ed è canon anche il fatto che sia lei a trovar la forza di allontanarsi da lui...
Vero che erano tanto bellini? *O* Come Ten e il suo Master, del resto ;P


E l’orologio/cimelio di famiglia voleva essere un piccolo richiamo a ‘Human Nature’ e ‘The family of blood’ , due degli episodi più belli e struggenti della serie

Spero vi siano piaciuti i vari personaggi, io in quelle vesti non ho faticato a immaginarmeli ;) 


Alla prossima, liberi di dirmi quel che vi va :) 


Sinceramente non lo so più se terminerà col prossimo capitolo, lo decideranno i personaggi, come sempre ^^’

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Capitolo 3
*** III: Mirror ***


Ehmm sono passati mesi, quindi non so se qualcuno ricorderà ancora questa storia, ma … è tornata.


Grazie a tutti per i vostri commenti bellissimi <3 giuro che poi rispondo, sono un bradipo.

 

cover-fym

 

 

Capitolo III: Mirror
 

 

“Oh, avresti dovuto vederlo, Bella, Olivander era così disperato, e come frignava mentre le sue cianfrusaglie di legno andavano a fuoco!” faceva il resoconto Barty delle sue malefatte di quella notte, ridacchiando soddisfatto.


Erano nella Stamberga Strillante, un pub di un clan nemico, gli Auror, che gli uomini di Lord Riddle avevano ridotto in macerie.
 

Anche Barty e Bella avevano preso parte a quella vendetta, ovviamente, e nonostante quel locale non fosse più stato aperto al pubblico, loro due lo avevano rimesso in sesto, con quel che bastava a loro per renderlo accogliente: alcol, per Barty e un pianoforte per Bella.
Non che lo sapesse suonare, ma Thomas Riddle sì e qualche volta, sapendo che sarebbe rimasto solo un loro segreto, le suonava qualche romanticheria sdolcinata e lei lo deliziava col suo canto.


Ed è proprio su quel pianoforte che Bella se ne stava semisdraiata, in posizione da sirena, ad ascoltare l’amico, stupenda e letale, col suo vestito nero, aderente, con un lungo spacco che le scopriva una coscia e un bustino complicato fatto di stecche di balena e ricami in pizzo.
 

“Mi sarebbe piaciuto assistere alla disperazione di quel vecchiaccio,” rise sguaiata lei, scuotendo la testa di ricci scuri, folti e indomiti. “Se non fosse che anche io avevo il mio bel da fare.” cantilenò, con fare da bambina viziata.

“Che hai combinato?” le chiese Barty, dietro al bancone, mentre riempiva un boccale di acqua calda e l’altro di whisky prima di dargli fuoco con un fiammifero.
Si divertiva molto a preparare quel cocktail scenico che aveva soprannominato Firewhisky.

 

“Hai presente quella smorfiosetta di Pansy Parkinson che faceva sempre gli occhi dolci al mio Thomas?” chiese retorica lei, prima di proseguire. “Beh, diciamo che ora ne potrà fare solo uno di occhio… e nemmeno così dolce!” sogghignò soddisfatta.
 

“Cazzo, sei la solita psicopatica!” ridacchiò Barty, mentre travasava con attenzione il liquido da un boccale all’altro, creando una spettacolare lunga fiamma azzurra in proporzione diretta alla loro distanza. “E comunque, son passati più di tredici anni ormai, ma Lord Riddle ancora non ti ha infilato l’anello al dito!” la rimbeccò, dispettoso come un gatto, con la lingua che batteva contro i denti.


“Sta’ pur certo che mi infila ben altro quando ci scateniamo sotto le lenzuola, anzi, no, il più delle volte non ci serve nemmeno un letto!” si vantò lei, con la fierezza di una leonessa.
 

Particolari così piccanti avrebbero potuto sconcentrare l’abile Death Eater dalla sua pericolosa attività, ma non accadde, perché lui una risposta del genere se l’aspettava e le sue pulsioni verso Lord Riddle le aveva spente da un pezzo.

Non che le occasioni gli fossero mancate.
Thomas Riddle, soprattutto sulla scia di un successo ottenuto, quando Bella non era con lui, era solito festeggiare coi suoi uomini fino a sbronzarsi e da lì alle advance verso il suo braccio destro il passo era molto breve, ma Barty non gli aveva più dato modo di compierlo, lasciando che sfogasse la sua libido con la prima prostituta disponibile.
Non se lo meritava Bella, che non lo avrebbe mai dovuto sapere.
Ma soprattutto non se lo meritava lui.

- L’amore non fa per me, non più, almeno, sono solo frivolezze. Voglio servire il nostro Signore al meglio delle mie possibilità.- rimuginava, prima di spegnere i cocktail così ottenuti e posarli sul bancone.


Bella scese dal pianoforte e sinuosa come sa esserlo una donna certa del suo fascino, si avvicinò al bancone a prendere il suo bicchierino.

 

“Sai perchè tu ed io andiamo così d’accordo, ragazzino?” mormorò lei, prendendo i primi sorsi.
 

Barty avrebbe spaccato una bottiglia di vetro, usandola per sgozzare chiunque si fosse azzardato a chiamarlo ‘ragazzino’, ma non Bella, e non solo perché lei  aveva qualche anno più di lui.

E poi c’era una sorta di affetto quasi fraterno nel modo in cui lei usava quell’epiteto.

 

“Perché tu sai stare al tuo posto.” continuò lei, pungolandolo sul petto con un dito.

 

“Lui sta dove lo metto io, Bella.” esordì Lord Thomas Riddle, entrando proprio in quel momento. “Sapevo che vi avrei trovato qui. A voi non piace andare alla Testa di Porco, dove si recano sempre tutti. Perché voi non siete tutti. Voi siete i migliori e siete miei.” continuò, appoggiando le spalle allo stipite della porta, lo sguardo sicuro di sé, come quello che aveva appena affermato. 

 

Il passare del tempo non aveva fatto altro che conferire a Thomas Riddle ancora più fascino, con la sua aria da uomo vissuto e il modo in cui increspava la fronte quando era pensieroso o preoccupato, beh, lo rendeva semplicemente irresistibile.

 

“Mio Signore,” fece un inchino rispettoso Barty.

Bella avanzò verso il Boss, baldanzosa.

 

“Io però sono un po’ più tua di lui, non è vero, Thomas?” miagolò, cingendogli il collo con le braccia esili.


Thomas le sorrise.

 

“Oh, Bella, tu sei la mia Musa, la mia metà, il mio tutto.” la strinse per i fianchi Lord Riddle, per tirarla più a sé e darle un bacio che dire che dava spettacolo sarebbe stato un eufemismo.

 

-Oh sì, vallo a dire alla puttana che ti sei scopato giusto ieri a Brixton!- pensò Barty, alzando gli occhi,approfittando del fatto che quei due erano troppo persi l’una nell’altro per badare a lui.

 

“Vieni, mia diletta; lascia che ti suoni qualcosa,” disse Thomas, prendendo posto al pianoforte.
 

Bella si abbandonò su uno dei comodi divanetti di velluto rivestiti di raso, per godersi ogni momento.
Barty preferiva concentrarsi sul suo drink.
Del resto quello spettacolo non era di certo rivolto a lui.

Lord Riddle suonava proprio come regnava su quella città: con padronanza, maestria, dedizione e cura in ogni dettaglio.

 

Quelle stesse mani che più volte si erano macchiate di sangue, quelle stesse dita che si erano serrate attorno a più colli, strangolando le sue vittime, in quel momento scivolavano placide e serene sui tasti bianchi neri, con la delicatezza di un poeta.


“Barty,” lo chiamò il Boss, non appena ebbe concluso anche l’ultima nota.


“Sì, mio Signore?” si mise all’erta il giovane gangster.


“I Weasley continuano ad alzare le loro insopportabili creste rosse, serve qualcuno che impartisca loro un po’ di disciplina.”

“Non serve che mi diciate altro, Lord Riddle, ci penso io, vado subito alla Tana e…”

“Non ora, Barty,” lo fermò in tempo il suo capo. “Ci puoi andare domattina, forse è anche meglio, li trovi tutti al completo.” lo consigliò. “E, mi raccomando. Che sia solo un avvertimento Per ora. Non è ancora il caso di mietere vittime.”

 

“Come volete.” approvò il suo sottoposto.

“Va’ pure a riposare,” lo congedò Lord Riddle. “Bella e io credo ci intratterremo qui ancora un po’,” aggiunse, lanciando uno sguardo malizioso alla sua fidanzata che sogghignava, carica di aspettative.

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Quella mattina La Tana sembrava ancora più chiassosa del solito.
 

Molly Prewett Weasley, la co-proprietaria di quella locanda assieme al marito Arthur Weasley, nonché capocuoca, non la finiva più di sfornare manicaretti.
Il suo consorte cercava invano di ritagliarsi un angolino di tranquillità per dedicarsi ai suoi conti.
Bill e Charlie, i figli maggiori, nonché i più robusti, trasportavano le casse con le scorte.
Percy, con il suo spiccato senso per gli affari, trattava con i fornitori, ottenendo sempre sconti vantaggiosi.
I gemelli Fred e George erano camerieri, ma il loro vero ruolo era intrattenere i clienti con le loro battute sagaci e gli scherzi un po’ irriverenti.
Ginny, la più piccola dei fratelli, si aggirava fra i tavoli, con movimenti un po’ insicuri, ma non mancava di elargire uno dei suoi calorosi sorrisi a chiunque.

Barty li osservava tutti dal tavolo dov’era seduto a leggere un libro.

Tutti lo avevano visto entrare.
Tutti sapevano chi era e di cos’era capace.
Nessuno quindi osava andare a importunarlo con futilità come chiedergli un’ordinazione.
Tutti fingevano indifferenza, forse perché finché nessuno avesse fatto qualche movimento inconsulto, non lo avrebbe fatto nemmeno il Death Eater.

Per lo più Barty stava fissando un tavolo in lontananza, dove c’era il Weasley che andava a completare l’intera famiglia di rossi: Ron.
Anche lui era addetto ai tavoli, ma era il più sfaticato e preferiva passare il tempo a parlare con un nuovo cliente, forse un forestiero.

Più che parlare, sembrava che lo stesse importunando.
Barty decise di far maggior luce sulla vicenda, alzandosi dal tavolo per avvicinarsi un po’ di più.

 

“A me sembri tutto smidollato!" derise il forestiero Ron.


“Perché? Perché non me ne sto con le mani in mano mentre aspetto l’ordinazione?” rispose l’interpellato, con un forte accento Scozzese. “Non ci vedo nulla di male a fare quello che mi piace, come a te piace oziare o ai tuoi due amici là nell'angolo piace sbaciucchiarsi.”

Sentendosi chiamati in causa, i due smisero di baciarsi.
“Senti un po’, straniero, io e Harry ci baciamo quanto vogliamo, senza dover rendere conto di nulla a nessuno!” precisò Draco Malfoy, che in quegli anni aveva tenuto fede alla promessa fatta a se stesso da ragazzino ed era diventato un Death Eater, seguendo le orme del padre.


“Bravo, amore, diglielo,” si aggiustò i capelli e gli occhiali Harry, per la precisione, Harry Potter, il più abile ladro che la Londra di quei tempi avesse mai visto.
Tutti sapevano che era stato lui a svaligiare la Gringott, la banca più inespugnabile della capitale, ma nessuno aveva le prove per dimostrarlo e lui continuava a girare a piede libero. “Si può sapere chi sei?” domandò, stavolta rivolto al forestiero.


“Jonathan Smith, inventore, potete anche chiamarmi ‘Dottore’, piacere di conoscervi!” rispose l’interpellato, gioviale.
 

“E cos’è che staresti inventando?” si incuriosì Draco.
 

“Qualcosa che fa ding quando c’è roba!” ridacchiò Jonathan, ancora più divertito dalle loro espressioni incerte. “Okay, sarò più chiaro: quando l’avrò finito, con questo apparecchio, sarà in grado di misurare il quoziente intellettivo di una persona… però potrebbe anche infastidire le mucche, ma qui non ci sono mucche, giusto?” si accertò.

“Tu non mi sembri normale!” lo guardò stranito Harry.

“Che invenzione inutile!” disapprovò Draco, guardandolo con sdegno.

“Quo… che?!” chiese confuso Ron.

“Per rispondere a tutti e tre, tu, morettino, sai che noia la normalità? Tu, biondino, puoi anche giudicarla inutile, ma è qualcosa che prima non c’era e tra poco ci sarà. Quanto a te, rossino, il quoziente intellettivo è il grado di intelligenza di una persona, denota anche quanto il suo vocabolario sia ampio e forbito.”

“Forbi..che?!” lo guardò sconvolto Ron.

“Okay, non mi serve nemmeno ultimare la mia invenzione per capire che il tuo quoziente è un po’ bassino!”

“Hey! te lo faccio vedere io chi ha il quoziente basso!” ringhiò Ron, prima di sbattere a terra l’apparecchio che Jonathan stava ultimando, rompendolo in più pezzi.

 

Jonathan non ebbe nemmeno il tempo di capacitarsene, perché avvenne qualcosa di ancora più immediato e imprevisto.

Barty, anche se di spalle, aveva assistito all’intera scena e aveva perso la sua già pochissima pazienza.

 

L’istante seguente, la faccia di Ron era stata sbattuta con forza contro il muro.


“Facile eh, fare il gradasso con i più deboli?” ringhiò Barty, aumentando la pressione che esercitava
 

In tutto questo, Draco, non certo noto per il suo cuor di leone, aveva ben pensato di dileguarsi insieme ad Harry.
Era più un Death Eater per raccomandazione e prestigio, anziché una vera e propria vocazione come quella che aveva spinto Barty.


Inutile dire che ormai gli occhi di tutti erano su quest’ultimo e la sua vittima.

“Io non…” piagnucolò il ragazzo.

 

“Beh, Ronald, te lo do io un motivo per smetterla: se non vuoi che questo posto, la locanda dei tuoi genitori e dei tuoi duecento fratelli, salti per aria, fa’ subito le scuse a questa persona, perché sai che per rendervi la vita un incubo mi basta una parola, anzi due: Lord Riddle.” continuò la sua invettiva, per poi lasciarlo libero di riprendersi, approfittando per andare a fare un discorsetto al capofamiglia.
 

“Proprio così, Arthur, a Lord Riddle sono giunte voci che in questo posto voi fomentiate idee assurde e sovversive. Ma Lord Riddle, nella sua magnanimità, una seconda possibilità la concede sempre: questo è un avvertimento, Weasley, nonché un gentile invito a smettere, se non volete che le conseguenze siano orribili.”

Difficile stabilire se fosse più glaciale il suo tono di voce o il suo sguardo.
Così in borghese poi, vestito in abiti eleganti, pettinato e composto, faceva ancora più contrasto con la sua brutalità.


Al di fuori di Ron che era ancora impegnato a stringersi un naso probabilmente rotto, l’intera famiglia Weasley si era stretta attorno ad Arthur che si era limitato a un cenno di assenso verso il Death Eater, cosa che gli costava uno sforzo notevole, contro i suoi stessi ideali di giustizia e libertà.
 

Ma la famiglia prima di tutto.

Barty aveva fatto ritorno da Ron, che sapeva bene cosa si aspettava da lui.

 

Reggendosi il naso dolorante con una sola mano e pulendosi il sangue dall’altra mano nel grembiule, Ron si era chinato a raccogliere i cinque pezzi in cui si era rotto l’apparecchio, rimettendoli uno a uno sul tavolo.

“Mi… mi dispiace di aver rotto la tua invenzione, ti chiedo scusa…” mugugnò il ragazzo, con uno sguardo mesto.


Barty poteva dirsi soddisfatto, anche se per lo più il suo sguardo era puntato sul ragazzo, per accertarsi che le sue scuse fossero sincere.


Per tutta risposta, Jonathan si frugò tra le tasche della giacca del suo completo marrone gessato
In quelle tasche teneva dentro praticamente di tutto.

 

“Vediamo se ne ho una con me, sì!” parlò fra sé e sé, allungando un tubetto verso Ron. “Questa è una pomata di mia invenzione, usala, contiene principi attivi che velocizzeranno il processo di guarigione.” gli sorrise.

Ron era basito, più o meno quanto Barty.

 

“Ma come? Io distruggo la tua invenzione e tu… ti preoccupi per me?”

“Oh beh, non mi ci vuole niente a riaggiustarla, anzi, magari la miglioro pure!” sorrise l’inventore. “Mi piace prendermi cura delle cose e quando riesco anche delle persone. C’è un motivo se mi faccio chiamare ‘Dottore’!” ammiccò verso di lui, schioccando la lingua.

Era così concentrato sul voler aiutare quello che poteva anche definirsi un bullo, che non aveva ancora guardato bene chi era venuto in suo soccorso.

Certo era stato violento, ma in fondo gli sembrava mosso da buone intenzioni.
Si sentiva protetto ed era una sensazione sconosciuta, che però gli piaceva.

Fu allora che Ron cominciò a guardarlo con più attenzione.

“Oh, miseriaccia! Dovevo capirlo subito…” si rammaricò, voltandosi verso il proprio aggressore. “Signor Crouch, perdonatemi…”

Jonathan era piuttosto sconcertato da come Ronald, così aveva sentito chiamarlo, si rivolgesse al quel tipo violento con tanta riverenza, chiamandolo addirittura ‘Signore.’


- In fondo avrà sì e no dieci anni più di lui, come me. Un momento. Un po’ troppo come me. Oooohhh.- aveva cominciato a guardarlo più attentamente.


“Non sapevo che il vostro gemello fosse in città…” si giustificò Ron.

“Che diavolo vai blaterando? Io non ho nessun gemel…”

 

L'ultima parola gli morì in gola, quando finalmente guardò meglio quell’inventore per il quale, fin da subito, aveva provato un’innata simpatia.
 

Erano uguali, eppure così diversi.
 

Lo stesso viso, la stessa statura, lo stesso fisico, la stessa età.
Gli stessi occhi, ma non lo stesso sguardo, forse anche perché celati da un paio di occhiali, nel caso di Jonathan: vispo e curioso il suo, folle e pericoloso quello di Barty.
Anche i capelli differivano un po’: biondo scuro quelli di Barty, castani e che sembravano in grado di sfidare ogni legge di gravità quelli di Jonathan.
Tuttavia, la differenza principale risiedeva nei loro caratteri.

C’era qualcosa nelle loro personalità che sembrava calamitarsi.
 

E nella mente di entrambi riaffiorò un ricordo che ormai avevano sepolto troppo a lungo.
Qualcosa che avevano smesso di cercare.


“Sei il mio specchio!” esclamarono nello stesso momento.


Un’altra cosa da aggiungere alle loro somiglianze era la voce, anche se con accenti e tonalità differenti, più squillante quella di Jonathan, più cupa quella di Barty.


“Tu sai dello specchio?” si domandarono, reciprocamente, sempre all’unisono, ancora più sorpresi.


 

TBC


 

Eh lo so, finale cattivello, vero?

Non era nemmeno quello che pensavo di scrivere, i personaggi (non solo i BarTen, anche tutti quelli che si sono intromessi XD) hanno fatto quel che volevano un’altra volta
Questa storia si sta allungando a tradimento, lo scoprirò anche io strada facendo dove questi due vorranno portarmi <3
Vi è piacuto? Avreste voluto qualcosa di diverso? ^^’
ah sì, va detto, quella battuta sulle mucche l’ho spudoratamente rubata da un fumetto bellissimo su Ten, mi piaceva troppo <3 , quanto al suo ‘it goes ding when there’s stuff!’ , dovevo citarlo per forza XD


approfitto per dirvi che, nel caso foste interessati, per il Flufftober ho scritto due missing moments legati ai primi due capitoli : ‘Leaf through my pages’ se vi piacciono Barty/Hermione , ‘No longer welcome’, se vi piacciono Ten/Master ;)
 

Ora che faccio il giro di tutti i miei aggiornamenti chissà quando ci torno qui ^^’, pertanto auguro a tutti BUONE FESTEEEE <3

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