Just a little push

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Prompt della challenge “Calendario dell’Avvento” indetta da Coraline sul forum “Ferisce più la penna”: 7 dicembre – Personaggio A ha sempre avuto un atteggiamento sbagliato nei confronti di una determinata situazione/persona, e a Natale decide di fare ammenda.
 








​Just a little push

– Capitolo 1 –




 
“Severus, se ti stai chiedendo perché ti ho inviato qui, la risposta è che voglio parlare con te… a cuore aperto, davvero. Insomma, so che ti sono antipatico, me ne rendo conto, e credo di avere capito anche il perché”.
Severus Piton, con il suo tipico sopracciglio alzato, dovette trattenere la prima sarcastica risposta: Alla buon’ora, solo adesso dopo tre mesi interi te ne sei accorto? Invece, curvò leggermente le labbra verso l’alto e optò per una risposta più schietta, anche se non meno velenosa. “Ah, sì? Dev’essere perché sei uno sciocco pallone gonfiato, incapace di stare zitto e fermo per più di trenta secondi, James”. E no, non aveva chiamato il suo nuovo collega per nome per eccezionale confidenza, ma piuttosto sputare quel nome sgradito era un modo per rimarcare la sua ostilità.
Ma James Andrews, tutto muscoli, lunghi capelli biondi spettinati e fossette a ogni sorriso, era incapace di cogliere il sarcasmo tanto quanto era capace di ignorare le offese. “No, non per quello. Per Charity, l’ho capito che lei ti piace. O meglio, non è che l’ho capito proprio da solo, però Minerva mi ha fatto notare che ti comproti in modo diverso quando ti rivolgi a lei, e poi Horace ha aggiunto che…”
“Aspetta un attimo. Temo di non seguirti” intervenne il potion master, a onor del vero con svariati secondi di ritardo, con un tono che più che invitare a un chiarimento sembrava, tuttavia, fortemente sconsigliare di dire una sola parola in più.
“Sì, scusa, è vero. Filius ha detto in effetti che tu potresti non ancora essertene accorto. Ma, davvero, lei ti piace e ce ne siamo accorti tutti – tranne, beh, lei, ed è questo il problema. Ecco, comunque, io sono qui per dirti che non sono una minaccia, sul serio, io e Charity siamo soltanto amici, vecchi compagni di scuola e di Casa…” – e qui mise le mani a pugno e le sollevò in aria canticchiando un rapido Go, Ravenclaw! – “... Il nostro rapporto non sarebbe mai da intendere in quel senso e, francamente, mi dispiace se tu l'abbia pensata così, non sono un ostacolo, no davvero".
Stavolta Severus non lo interruppe, come ben poche altre in vita sua era rimasto senza parole. Se c'era un punto debole nella sua corazza collaudata da spia impassibile e professore impossibile, allora quello era sempre stato il parlare apertamente dei suoi sentimenti amorosi. Ciò che lo turbava non era l'insinuazione che lui potesse essere interessato a Charity (di quello era ormai, suo malgrado, diventato consapevole almeno dall'estate), quanto l'idea di essere diventato all'improvviso così trasparente davanti all'intero corpo docente di Hogwarts, a quanto pareva.
"Non so di cosa tu stia parlando" disse alla fine, ma perfino il suo tentativo di negazione aveva perso il solito acido smalto.
James riemerse dal suo bicchierino di Whisky Incendiario con una risata allegra. "Ah, e invece io credo proprio di sì. Guardami nelle palle degli occhi, vecchio mio, e dimmi che Charity non ti piace, scommetto non potrai mentire".
Il sopracciglio si sollevò di nuovo in automatico. James Andrews era un buffone, quel fatto rimaneva incontrovertibile, perché come poteva anche solo pensare che non sarebbe riuscito a mentirgli? Mentire era una delle sue migliori abilità, se perfino Lord Voldemort ci era cascato, se era considerato uno dei migliori Occlumanti in circolazione. Ma il punto era proprio quello: negare sarebbe stata una bugia bella e buona.
Lo fissò nelle palle degli occhi – questo sì – senza dire una singola parola.
Il silenzio non durò a lungo, però, perché il professore di Difesa gli afferrò un braccio con una confidenza inaudita e riprese il suo discorso apparentemente sconclusionato.
"Ascoltami, Severus. Siamo partiti con il piede sbagliato, io e te, ma – forse è l'aria di Natale, non lo so – voglio sistemare le cose. Non solo voglio diventare tuo amico, perché saremmo degli ottimi amici me lo sento, ma voglio anche aiutarti con Charity, perché mi piacete tantissimo insieme. Ecco, l'ho detto. Che ne dici?"
Che sei un pazzo visionario, invadente e anche un po' mitomane, avrebbe detto immediatamente il Severus di solo un anno prima – prima della fine della guerra, prima di aver visto la morte in faccia e aver scoperto che, guardandola fino in fondo, aveva gli occhi azzurri e non verdi. Non era più quel Severus, adesso, anzi stranamente era tornato indietro di vent'anni in quel momento, quando era un ragazzino a cui nessuno rivolgeva la parola, se non per coprirlo di insulti e prese in giro. E quel ragazzino avrebbe dato qualsiasi cosa per essere considerato, qualsiasi cosa per farsi prendere a ben volere da un belloccio popolare e simpatico come James Andrews, qualsiasi cosa per avere un amico.
Ché un James Andrews che voleva essere suo amico lui non lo aveva mai avuto. Fu lo spettro del ragazzino, allora, a parlare finalmente, con un misto di sarcasmo e curiosità (e drammaticamente più curiosità che sarcasmo).
"Sentiamo, James, quale idiozia avresti in mente?"
 



 
 🞺🞺🞺



 
A onor del vero, Severus aveva fatto un errore di valutazione: si era aspettato un'unica grande e semplice idiozia, mentre James gli aveva proposto invece una serie di piccoli suggerimenti che, visti nel complesso, neanche sembravano tanto delle idiozie. Così, quella sera alla Testa di Porco, il potion master aveva finito per accettare, seppur con riluttanza, quell’aiuto – salvo poi pentirsene già il giorno seguente. Idee come “invitare Charity fuori per un drink nel weekend” oppure “portarle un caffè in Sala insegnanti tutte le mattine” erano state all’apparenza facili e perfettamente attuabili; del resto, non erano troppo diverse da ciò che loro due già facevano abitualmente. Si erano stati reciprocamente simpatici fin dal primo anno in cui lei si era integrata nel corpo docenti per insegnare Babbanologia, e pian piano il loro rapporto era evoluto in una sincera amicizia, fatta di partite a carte (Babbane e non magiche) ogni venerdì sera e scambi di libri. Dopo l’omicidio di Silente, però, dopo che lei era stata rinchiusa nelle celle di Malfoy Manor quasi per un anno, e dopo che lui aveva rischiato di morire nella Stamberga Strillante e trascorso due mesi su un letto del San Mungo, era stato quasi naturale accorgersi di avere lasciato la presa sul proprio passato e che, da qualche parte in quei mesi complicatissimi, l’amicizia per Charity aveva subito un’ultima, irrevocabile evoluzione. La consapevolezza, tuttavia, non era stata sufficiente di per sé a fargli raggiungere un lieto fine, perché non aveva proprio intenzione di infilarsi in un’altra amicizia rovinata da un sentimento unilaterale; gli era già successo da adolescente con Lily, quindi no, grazie. E così aveva ripreso a insegnare Pozioni e a trattare Charity come se nulla fosse, e forse avrebbe continuato a fare finta di nulla ancora per… sempre, se non fosse intervenuto a un certo punto quel buffone.
“Devi farle intuire che hai un interesse per lei un po’ più profondo dell’amicizia. E dico intuire, Severus, così se poi lei dovesse non essere interessata a te – ma è ovvio che non sarà così, insomma, è palese, lo dice sempre anche Aurora – tu non avrai rovinato proprio nulla, potrai sempre fare mille passi indietro, e conservare la tua dignità. Io ti ho capito, Severus: non vuoi esporti troppo, quindi lascia fare a me”.
Quelle parole lo avevano confortato, non poteva negarlo, e l’idea di poter tentare senza rischiare nulla lo aveva affascinato, solo che James Andrews non era stato proprio sincero e chiaro, oppure era stato Severus ad aver sottovalutato il senso di quel lascia fare a me.
Perché James non si limitava a dare consigli, ma lo punzecchiava di continuo, tirandogli gomitate ogni volta che Charity entrava nella stanza, ciondolandogli sempre intorno per assicurarsi che avrebbe portato il caffé a Charity o che l’avrebbe invitata da qualche parte.
Certe volte era imbarazzante.
Come quando erano seduti tutti in Sala Insegnanti per parlare dell’organizzazione delle feste natalizie e alla proposta di Charity di offrirsi volontaria per decorare le aule principali, James gli aveva tirato un calcio fortissimo da sotto il tavolo, che però aveva malauguratamente mancato il bersaglio. “Oh Salazar, James, credo tu mi abbia distrutto una tibia”. “Scusami, Horace, davvero, ho messo male i piedi”.
O quando Severus aveva effettivamente chiesto a Charity di andare insieme nella nuova libreria di Hogsmeade e, visto che James li fissava platealmente, lei si era sentita in dovere di estendere l’invito anche a lui. “Oh, no no, davvero. Non vorrei mai essere di troppo. Divertitevi voi due, da soli ma insieme” – e aveva concluso il tutto con un occhiolino terrificante.
E poi c’era stata la volta in cui James aveva spinto Charity sotto al vischio, facendola finire, però, per sbaglio tra le braccia di un Tassorosso dell’ultimo anno che era stato fin troppo felice di dare un bacio sulla guancia alla giovane professoressa. "Volevi aiutare me con Charity o il signor Stewart, hm?” “Scusami Severus, tu e quel ragazzino eravate sulla stessa traiettoria, ho preso male le misure!”
Insomma, la nuova situazione non era imbarazzante solo qualche volta: era imbarazzante sempre.
“Va bene, finora abbiamo commesso qualche piccolo errore, ma domani tu e Charity decorerete insieme le aule e questo significa che starai con lei per praticamente un’intera giornata. È l’occasione perfetta e io non ti starò tra i piedi. Ti fidi di me?”
“Neanche un po’”.
James strinse le labbra e scosse la testa con aria dispiaciuta. C’era qualcosa che semplicemente gli impediva di vedere Severus come un potenziale pericolo e che, anzi, lo spingeva a essere con lui più aperto ed espansivo di come già normalmente non fosse.
“Sono i tuoi soliti problemi di fiducia a parlare, ma risolveremo anche questa, amico mio”.
Severus fece un piccolo ghigno e scandì lentamente le parole: “Io e te non siamo amici”.
“Ah, beh, ma lo saremo, lo saremo di certo”.
Era una promessa, o forse una minaccia.
 
 









 
NDA:
Questa minilong è arrivata all’improvviso in quanto non avevo formalmente previsto di scriverla, tuttavia le dinamiche e il personaggio originale presenti sono vivono nella mia mente da più di un anno. In particolare James Andrews, che sono un po’ emozionata di mettere finalmente su carta, ha assunto diverse sfumature prima di ricoprire finalmente il ruolo di professore di Difesa contro le Arti Oscure in questo what-if post-guerra. È una Severus/Charity, ma soprattutto è una storia di amicizia – tra Severus e James – perché penso proprio che abbia bisogno di un amico, magari così diverso e sfrontato come lui, magari che si chiami James proprio come il suo antico rivale.
Indicativamente saranno tre o quattro capitoli in tutto, e l’ultimo sarà pubblicato sicuramente il 24 dicembre. Spero di strapparvi un sorriso con questa piccola commedia romantica.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Prompt della challenge «Calendario dell'Avvento» indetta da Coraline sul forum «Ferisce più la penna»: bacio a mezzanotte.
 





– Capitolo 2 –





«Allora, come è andata ieri?»

Severus fulminò con lo sguardo l'uomo comodamente seduto nell'aula di Pozioni, la sua aula, ma quando si accorse che quel deterrente per qualche motivo non funzionava, si limitò a sospirare stancamente e a pensare davvero alla domanda. 

A dire il vero, la giornata con Charity era stata bellissima o un completo disastro – dipendeva dai punti di vista. 

Di certo, avevano avuto l'occasione di passare molte ore insieme e, come sempre accadeva, quelle ore erano trascorse piuttosto velocemente, a dispetto del compito non proprio agevole di decorare tutte le aule di insegnamento della scuola – soprattutto perché Charity aveva insistito per mettere via le bacchette. 

«Non ci provare neanche, Severus» l'aveva apostrofato lei, con il tono riservato agli studenti indisciplinati e un sorriso malcelato. «Non insegno Babbanologia per nulla…» E, in contemporanea a quella dichiarazione, aveva tirato fuori una radiolina Babbana con delle cassette registrate. 

Così, mentre avevano preso a passare di stanza in stanza con ghirlande, rametti di vischio e alberelli da addobbare, avevano avuto la compagnia di una compilation di canzoni natalizie e di un audiolibro del Canto di Natale di Charles Dickens. Il tutto intervallato da commenti, domande, battute, risate, sebbene perlopiù stessero in silenzio, ed era lo stare insieme in silenzio, in fondo, la parte più bella, perché gli faceva proprio capire quanto fossero (e fossero sempre stati) in sintonia. 

Il punto più alto era stato quando era partita una canzone in particolare, e Charity aveva iniziato a cantare a tempo.

«È la prima volta che ti sento cantare. Hai una bella voce». 

Lei arrossì solo leggermente al complimento, con gli occhi puntati sulla ghirlanda che aveva tra le mani. Ma soltanto cinque secondi dopo l'aveva posata all'improvviso sui banchi in prima fila dell'aula di Incantesimi e aveva afferrato l'uomo per un braccio. 

«Balliamo, che dici? In onore dei vecchi tempi» propose, alludendo al Ballo del Ceppo quando avevano deciso di andare insieme, e al Ballo del LumaClub di due anni prima, quando Lumacorno l'aveva obbligato a fare un giro in pista e Charity si era offerta come partner per cavarlo d'impaccio. 

Forse era proprio per via dei precedenti che Severus aveva accettato senza troppe remore. Mano sinistra nella mano sinistra, la destra di lui sul fianco di lei e la destra di lei tesa in alto sulla spalla di lui: stavano già improvvisando i primi passi, mentre la voce di George Michael riempiva l'aula altrimenti vuota.

«L'anno scorso ti ho dato il mio cuore, ma il giorno dopo tu lo hai dato via… Mmm non proprio una canzone allegra». 

Se l'uomo aveva parlato le parole iniziali del ritornello, la donna cantò in un soffio le successive. 

«... Quest'anno per risparmiarmi dalle lacrime, lo darò a qualcuno di speciale».

E nell'espressione dei suoi occhi azzurri c'era una eloquenza che non poteva essere ignorata, non mentre erano così vicini, non dopo i mille incoraggiamenti di Andrews che gli avevano fatto tornare a credere davvero nelle nuove possibilità. Così, Severus inclinò il capo, per fare incontrare i loro occhi. «Tu ci credi davvero? Che si possa regalare un cuore più di una volta nella vita?» 

«Questo dovresti dirmelo tu, Severus». 

La canzone era finita e la musica era scivolata in un ben più allegro Jingle Bells, ma loro due erano completamente immobili, anche se ancora vicini, forse un po' di più. 

L'uomo però non aveva risposto; al contrario l'aveva lasciata andare senza preavviso allontanandosi bruscamente, ed erano dovuti passare diversi minuti prima che lui pronunciasse una nuova parola. 

Ecco, perché, dopotutto la giornata era stata un completo disastro: quello che non era successo continuava a pesare su Severus nella forma di dialoghi da riscrivere nella propria mente. E se avesse osato dire cosa gli si agitava dentro? E se non si fosse allontanato? 

Ad ogni modo, nulla di tutto questo fu raccontato a James, il quale dovette accontentarsi alla fine di un laconico «Tutto bene, grazie per l’interessamento».

«Mmm» fece il professore di Trasfigurazione, chiudendo un libro di filosofia Babbana e alzandosi pigramente in piedi, con espressione delusa. «Niente da segnalare, quindi? Proprio niente?»

«Non che io sia tenuto a segnalarti alunché».

Ma James parve non aver sentito minimamente quella precisazione. Anzi, gli diede una pacca sulla spalla prima di avviarsi verso la porta. 

"Beh, stasera non avete la vostra consueta partita di carte? Prova a parlare in quell’occasione, magari lontani dalla confusione! Mi raccomando, eh, vecchio mio, ci aggiorniamo domattina!" 

Segnalare. Aggiornarsi. Parole che suonavano strane a Severus, ma che, in fondo, doveva ammettere non gli dispiacevano troppo. Si stava decisamente ammorbidendo. 


 

 
***

 

Era una sensazione strana, fare una cosa abituale ma con una consapevolezza diversa. Aveva giocato con Charity a carte quasi ogni venerdì da almeno cinque anni, eppure quella serata in particolare sembrava a Severus come un avvenimento unico e speciale. Non aveva potuto fare a meno di indossare per una volta una camicia colorata (se il blu notte si può considerare davvero un'alterazione del nero), di tirare fuori la bottiglia migliore di Whisky Incendiario, e di mettere in ordine il suo ufficio molto più di quanto non lo fosse mai stato: tutti piccoli dettagli che Charity, da brava osservatrice qual era, aveva notato subito ad alta voce, con l'effetto (forse voluto) di imbarazzarlo un po'. Perché era imbarazzato, e pensieroso, e distratto, talmente tanto da perdere più volte il filo del discorso – e soprattutto le partite. 

«Oh, è quasi mezzanotte. Dovrei proprio andare!» esclamò la strega a un certo punto, facendo per recuperare il suo scialle azzurro. E che erano passate due ore lui non se n'era eccezionalmente neanche accorto, troppo preso a considerare se e come riuscire a sbottonarsi anche solo un po' sui suoi sentimenti. Eppure quella parola – mezzanotte – ebbe quasi l'effetto di una rivelazione; del resto era certo che qualche scrittore Babbano (non ricordava proprio chi, men che meno in quel momento) l'avesse definita l'ora della verità, quella in cui gettare la maschera.*

Così, prima che lei potesse voltarsi completamente sulla sedia, lui le afferrò di slancio una mano, trattenendola nella propria, un contatto sospeso sopra il tavolo da gioco e le carte sparpagliate. Assurdo pensare come in tutti quei venerdì le loro mani non si fossero mai sfiorate. 

Lei sollevò lo sguardo con aria interrogativa, ma non fece cenno di voler ritrarre la mano, anzi la sua espressione sembrava una supplica, quasi, di osare di più – per chi fosse stato abbastanza sveglio da coglierla. Ma Severus, che era sveglissimo per tantissime cose, non avrebbe compreso i sentimenti palesi di lei per lui (talmente palesi da essere noti dall'intero corpo insegnanti) neanche se lei glieli avesse sillabati ad alta voce. 

«Io non sono bravo in queste cose» ammise lentamente, iniziando ad accarezzarle l'interno del polso con il pollice. 

Charity comprese l'allusione, ma nel tentativo di alleggerire la tensione che entrambi avvertivano, accennò un sorriso e disse invece: «A giocare a carte? Si vede, a giudicare dalle partite di stasera…»

Anche lui curvò le labbra suo malgrado, ma l’espressione rimase seria, mentre i loro occhi si incontravano nuovamente in poco più di ventiquattro ore, e quegli occhi sembravano solo chiedere: e adesso? Fu un attimo: sullo scoccare di un’altra ventiquattresima ora, si avvicinarono entrambi fino a far sfiorare le loro labbra. All’inizio, fu un bacio leggero e timido, ma non si separarono troppo a lungo prima di tornare a cercarsi di nuovo – in modo passionale, urgente, quasi disperato. Eppure, la parte più difficile di tutte, confessare i propri sentimenti, non era ancora avvenuta e il bussare frenetico alla porta rimandò ancora quel fondamentale momento.

Dall’altra parte, c’era il disturbatore più improbabile dell’universo, con un’aria afflitta che non era forse mai stata su quel volto.

«Scsuate il disturbo, ma sono proprio un uomo finito».



 
***


 

«Ho interrotto qualcosa? Mi dispiace, davvero, ma dovevo parlare con qualcuno… e tu mi sei sembrata la persona migliore».

Severus sbuffò con irritazione: non sopportava quelle scuse, tanto più che erano in realtà doverose. «James, vuoi dirmi cosa diavolo sta succedendo da piombare nelle mie stanze a mezzanotte? Spero tu stia morendo dissanguato, solo questo forse potrebbe valere come scusa».

«A dire il vero sì, se vale la metafora del cuore che sanguina».

Severus arcuò un sopracciglio, considerando il pieno senso di quelle parole. Un problema sentimentale? La realizzazione, anziché infastidirlo come sarebbe successo solo qualche tempo prima, adesso in qualche modo lo rendeva più empatico.

«Fa’ un respiro profondo e bevi un po’ di Whisky, non ci tengo a vederti svenuto sul mio tappeto».

Ma James rifiutò quell’offerta con una mano come fosse una mosca molesta, ed emise un sospiro talmente drammatico da far temere seriamente a Severus che sarebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro.

«È che… non vuole parlarmi più, non so più cosa fare, sono andato al locale per l’ennesima volta, ma…» provò a dire, sventolando una specie di volantino. «Considerata la tua situazione, ho pensato che magari tu potessi aiutare me stavolta, vedere dal di fuori la cosa e darmi un aiuto, un–»

«A meno che tu non voglia dell’Amortentia, non vedo cosa posso fare per te».

James schivò, come sempre, la battuta velenosa e gli piantò i suoi occhi chiari addosso, occhi orrendamente umidi. «Sono serio, amico mio. Lily è la donna della mia vita, io lo sento, io non posso perderla».

Tutti i sensi di lui si misero subito all’erta nell’udire quel nome e nel fare una piccola, semplice, odiosa matematica. James e Lily, ma davvero?

«Mi stai prendendo in giro?»

Ma l’altro si era intanto voltato bruscamente, forse per piangere per davvero, e nell’autentico shock che seguì, gli occhi di Severus erano tutti sul foglietto che era caduto dalle mani del collega e che ora giaceva a terra.

C’era una foto, un nome e un indirizzo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


– Capitolo 3 –

 



Per i giorni successivi, quelli subito precedenti al Natale, Severus Piton prese tutti i passi avanti che aveva fatto rispetto ai suoi sentimenti e li gettò dritti dritti nel camino – insieme agli strampalati consigli di James e, forse, a qualsiasi speranza gli fosse mai rimasta per la felicità. Dopo essersi esposto fino a un punto così lontano dal suo punto di partenza, non aveva potuto far altro che battere in ritirata e tornare su terreni più sicuri: la fuga, l’isolamento, l’autocommiserazione.

Nel castello, era diventato un fantasma più fantasma del Barone Sanguinario: disertava i pasti e ogni altra occasione sociale, si chiudeva nelle sue stanze uscendo solo per le ultime lezioni e per togliere qualche punto random ai malcapitati Grifondoro che incrociavano il suo cammino. Nessuno dei professori lo vide per quattro giorni interi e l’unico che si era arrischiato ad andare a fargli visita – chi altri se non James? – si beccò in risposta solo una sequela di intimazioni e di insulti.

E quando alla fine Charity, con il bagaglio alla mano, gli domandò senza guardarlo in faccia se volesse bere qualcosa con lei prima della sua partenza per King’s Lynn, lui non lasciò trapelare nessuna emozione mentre affermava che, purtroppo, aveva un impegno improrogabile.

 
***
 

Una musica discutibilmente assordante, un whisky scadente e una folla di "uomini" in calore: non era certamente quello l'evento improrogabile che aveva in programma. Eppure, visto che di impegni in quella malinconica sera del 23 dicembre non ne aveva affatto, aveva scelto all'ultimo di seguire la strana voce interna che gli aveva suggerito di prestare più attenzione al volantino che era rimasto sul pavimento del suo studio. Un night club Babbano di Londra, quanto poteva essere terribile? Per quanto squallida fosse la situazione, Severus doveva ammettere che rientrava comunque nel limite delle sue aspettative.

Aveva lanciato una singola occhiata di sufficienza alla sfilata delle ragazze che si erano spogliate dimenandosi su un palo, ma per parte sua si era limitato a controllare l'orologio al polso e ad attendere. Soltanto quando il locale si era gradualmente svuotato e il ritmo incessante delle casse aveva lasciato il posto a una melodia natalizia, si era deciso ad avvicinare il barman. 

«Mi scusi, sto cercando la signorina Lily Occipinti». 

Il barman, un mingherlino con gli occhiali e gesti goffi un po' fuoriluogo in un posto del genere, accennò un sorriso divertito. «Ah, Lily. Tutti la cercano, ma le dico già che non è disponibile per nessuno e-». 

Si zittì di colpo, abbassando lo sguardo, proprio nello stesso momento in cui Severus si accorse di un brusco colpo sulla sua spalla sinistra. 

«È Lily Occhipinti, non occi. Che poi sarebbe Liliana». Fu la prima cosa che la ragazza disse, in tono quasi di sfida. 

Severus si prese un momento per osservarla. Questa era la famosa Lily, dunque, e la prima cosa che inconsciamente notò era che della sua Lily non aveva proprio niente. Era alta, magra eppure con le curve al posto giusto che si notavano anche dalla vestaglia rosso Natale che indossava al momento, e aveva un viso leggermente allungato con occhi grandi e scuri, labbra piene e lunghi ricci castani. C'era qualcosa nel complesso – tra i lineamenti e l'aria furba e vivace – che la facevano assomigliare a una volpe. 

«Ha origini italiane, deduco». 

«Sì, e lei deve essere Severus, l'amico di James, il professore di chimica, deduco. Mi ha parlato a sufficienza di lei per identificarla e poi… beh, nessuno è mai venuto a un mio spettacolo senza guardare. Che le ha mandato a dire, mh?»

Il mago sollevò un sopracciglio già alla sua presunta identificazione – amico di James e professore Babbano di chimica – ma lo stupore più grande gli proveniva da quella schiettezza che aveva svelato le sue carte e gli imponeva ora di ricalibrare il suo approccio, inizialmente ipotizzato come molto più sottile. 

Alla fine, fece un piccolo ghigno. «Volevo solo dare un'occhiata alla donna che ha ridotto il mio amico a uno strofinaccio per asciugare i piatti. James non è il migliore degli uomini, ne sono consapevole, ma da parte di una donna immagino ci voglia crudeltà per rifiutare una simile attenzione». 

Lily apparve per un attimo ferita, ma quella prima fugace impressione sfumò in una risata priva di allegria. «E certo, perché io sono una spogliarellista, no? Beh, caro il mio professorone, non tutti hanno la fortuna di trovare un lavoro migliore di questo, non tutti hanno la fortuna di andare avanti negli studi o di avere i soldi per pagarseli! Solo perché mi spoglio, dovrei accettare le avances indesiderate di ogni uomo? Ho una dignità, signor Severus, e a dispetto di quanto la sua piccola mente borghese può pensare non sono una puttana!»

Severus interiormente si morse la lingua, offenderla non era stata mai nelle sue intenzioni – in qualche modo voleva sottolineare le qualità del suo amico più che sminuire la ragazza. Tuttavia, di fronte a quello sfogo, non chiese scusa, né si scompose. 

«Ed è questo che ha fatto James, mh? Avances indesiderate

Adesso, solo adesso, Lily sembrava davvero irritata. «Non si azzardi neanche a dire una cosa simile, James non è così. Sa quanti uomini mi aspettano dopo gli spettacoli per chiedermi se sono interessata a una notte, un'ora, con loro? E James… James si è avvicinato, invece, una sera per chiedermi se volevo mangiare un hamburger. E io mi sono chiesta è una metafora per… ma era un hamburger, davvero, e una birra, e una passeggiata. Non mi hai mai fatto nessuna proposta indecente, non mi ha mai giudicata, ma è tornato sempre due volte a settimana… non ha più guardato nessuno spettacolo, mi aspettava però fuori ogni martedì e ogni venerdì, e trascorrevamo poi tutta la notte a chiacchierare, solo a parlare e parlare, accidenti quanto sa parlare bene… Nessuno mi ha fatta mai sentire così, nessuno è come James».

Nel tempo di quella risposta, il viso le si era pian piano addolcito. Non a lui, però, il quale aveva a stento trattenuto l'impulso di alzare gli occhi al cielo. 

«Come dicevo prima, lei è davvero crudele, signorina Occhipinti» commentò, scandendo con eccessiva enfasi il cognome straniero. «Stando alle sue parole, James si è comportato da perfetto gentiluomo e a lei non sono dispiaciute affatto le sue attenzioni, quindi come mai ora si rifiuta di vederlo, se non per capriccio? Mi lasci dire che sputare sulle belle occasioni che ci vengono offerte nella vita mi pare un comportamento proprio da idioti». 

Lily fece un profondo sospiro, poi lentamente si sedette su uno sgabello a pochi passi da lui e fece un cenno muto al barman. In pochi attimi un bicchierino colmo di liquido trasparente era davanti a lei. Gin probabilmente, il suo solito sicuramente. Ne prese un lungo sorso prima di voltarsi verso di lui. 

«Lei ha mai fatto qualche errore nella vita, Severus? Ha mai pensato di non poter meritare di essere felice?»

Mentre pronunciava quella frase lo guardò dritto negli occhi e, sebbene mascherare i suoi sentimenti non era mai stato difficile per Severus, si ricoprì a pensare che in fondo farlo non ne valeva la pena. Di certo Lily aveva questo in comune con James: non avevano timore di dire le cose come stavano e, senza alcun Legilimens o Veritaserum, riuscivano a strapparti via le maschere elaborate per una vita, giorno dopo giorno. Era il potere dei semplici di mente, pensò Severus con il consueto sarcasmo, oppure invece dei cuori che nel profondo sono sempre rimaste pure.

«Vede, come forse saprà bene anche lei, James è una di quelle rare persone che credono di poter salvare gli altri, che se vedono un cane randagio se lo raccolgono anche prima di chiedersi se possa avere o meno la rabbia… Ma è proprio per questo che penso lui meriterebbe molto meglio che perdere tempo dietro una come me o di farsi carico dei miei problemi e della mia vita sgangherata».

Severus rimase in silenzio per un po’, considerando a fondo quelle parole. In effetti, non faceva proprio fatica a riconoscere il suo collega in quella descrizione – non era la stessa cosa che aveva fatto anche con lui? Eppure, se la domanda anche un po’ seccata “Perché vuole essere mio amico?” non aveva trovato finora risposta, adesso nel vedere la situazione da fuori gli sembrava all’improvviso palese la dinamica che lui aveva con Lily.

«Ah, questa è una cosa che non la riguarda, a dire il vero. James è ben consapevole di chi è lei, e la vuole lo stesso. Forse è uno sconsiderato, un pazzo, un testardo – tutti e tre insieme gli aggettivi, a mio modesto parere – ma è capace di intendere e di volere. Non sta a lei chiedersi perché non vuole qualcun’altra, perché ama i randagi con la rabbia e non i dalmata di razza. L’unica domanda è: lei vuole avere James nella sua vita?»

Irritazione, ironia, tristezza: mille emozioni erano passate negli occhi scuri della donna, ma adesso c’era spazio solamente per una vibrante speranza. Non aveva mai considerato la cosa da quel punto di vista: il punto di vista non di un egoista, come poteva sembrare, al contrario di una persona matura capace di non imporre agli altri le proprie scelte e di accettare liberamente l’amore di qualcuno.

«Certo, certo che lo voglio» affermò con decisione, prima di alzarsi in piedi quasi di scatto. «Grazie signor Severus, spero che un giorno qualcuno faccia per lei quello che lei ha appena fatto per me».

Il mago rimase lì, immobile e solo per svariati minuti, fino a che il barman lo risvegliò dalla sua trance con l’offerta, prontamente rifiutata, di un altro giro di Wishy.

James è ben consapevole di chi è lei, e la vuole lo stesso. 

Non sta a lei chiedersi perché non vuole qualcun’altra, perché ama i randagi con la rabbia e non i dalmata di razza.

Quelle parole, che lui stesso aveva pronunciato, aveva aperto una traiettoria del tutto inesplorata anche nel suo animo. Vedere James e Lily non era stato altro che un modo per vedere, in fondo, se stesso e Charity.

Se lei era pronta ad accettarlo così com’era, chi era lui per mettere in dubbio il suo interesse e, soprattutto, per sputare sulle belle occasioni che ci vengono offerte nella vita?

«Oh, signorina Occhipinti, lo ha appena fatto» mormorò tra sé e sé, prima di uscire dal locale a sua volta.

La valigia per la solitaria Spinner’s End lo aspettava a Hogwarts, ma prima di fare ritorno a casa avrebbe fatto una piccola deviazione.












 
NDA: Purtroppo i miei piani sono andati, come spesso accade, in frantumi. L'ultimo capitolo della minilong arriverà entro la fine dell'anno, mentre per la Vigilia vi saluto con il penultimo.
Vorrei precisare che la frase spero che un giorno qualcuno faccia per lei quello che lei ha appena fatto per me 
è presa dalla serie tv Lost, fonte per me di innumerevoli ispirazioni.
Che ne dite del personaggio di Lily? È adatta a quell'idiota di James?
Per completezza, vi lascio i tre prestavolti che mi sono immaginata durante la stesura.
Charity – Joanne Frogatt (sempre lei, in tutte le mie storie).
James – Josh Holloway 
Lily – Stefania Spampinato

Vi auguro buone feste di tutto cuore, ci vediamo dopo Natale. Baci!

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