Hey Moon, Please Forget To Go Down

di Manto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presente - La Dama d'Argento ***
Capitolo 2: *** Passato - La Materia dei Sogni ***
Capitolo 3: *** Futuro - Ombre a Due ***



Capitolo 1
*** Presente - La Dama d'Argento ***


DISCLAIMER

I personaggi qui presenti appartengono alla fantasia di Asagiri-sensei.
La storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.




 

Hey Moon,

Please Forget To Go Down



 

{ Presente La Dama d’Argento }


All tied up, no more love and I’d hate to see you waiting
They say it’s all been done but they haven’t seen the best of me

“High Hopes”, Panic! At The Disco



 

A volte arriva, senza preavviso e senza permesso.
Arriva, violento ed egoista, per portarsi via ogni cosa.
Arriva, e quando se ne va non si può che respirare di sollievo e iniziare a rimettere insieme i pezzi infranti.

Arriva per tutti, non c’è anima che non lo conosca: è il giorno in cui ogni piano concepito mesi, ore o semplici minuti prima cade sotto la falce dell’Imprevisto. Inutile opporsi, tempo perduto reagire con rabbia e insofferenza: ci si può solo adeguare e farsi trascinare nella danza dei problemi, sconvolti e senza parole, in attesa della fine.
E se il puro caos giunge fin dal mattino, si può essere sicuri che l’intera giornata sarà all’insegna della tempesta… 
Di qualunque tipo essa sia.




 

L’alba è appena sorta, eppure è già tardi: è una sensazione che si ancora alla pelle con uncini invisibili e priva del sonno più profondo, così che il risveglio sia agitato e confuso e l’incoscienza duri ancora un attimo, un istante lungo come una vita intera.
Così, sugli occhi di Sigma il sogno continua a restare anche quando il manager balza a sedere nel letto e tende una mano verso la parete a lui opposta, quasi stia cercando di fermare un’ombra in fuga.
Quella riesce a scappare, abbandonando del tutto i reami onirici per saltare nella realtà e lontano da lui, e al giovane non resta altro che rimanere fermo al suo posto, nella pigra luce rosa che inizia a riempire la stanza e gli sfiora il capo come un’onda, immobile e infinitamente più stanco di quando si è addormentato. Non ama affatto la nebbia che segue i sogni, la mente ovattata dalle immagini che ha visto e le domande che inevitabilmente sorgono insieme al nuovo giorno; ma non può scappare da loro, quindi si accontenta di scrollarsi di dosso l’intontimento così come si libera delle coperte, di respirare e massaggiarsi le tempie che già dolgono.
Tardi, è tardi, non si stanca di ripetere una voce dentro di lui, e questa risuona e ritorna in qualunque rumore che il giovane provochi o venga creato da altri, ma che rispondono tutti a Sigma: lo Sky Casino è una creatura gigantesca e libera, ma lui ne è la testa e il cuore, e ogni altra componente non può che cercarlo e chiamarlo.
Apparentemente, però, non c’è nulla di diverso nella stanza o nello studio personale, né negli ambienti che visiona appena ha ultimato di prepararsi e può attendere alle sue mansioni: le sale da gioco sono già sveglie, il loro ventre pronto ad accogliere gli ospiti e chiunque giunga con il mattino, così come rombano e si scaldano le camere dove ci si riposa, le cucine e ogni altro luogo che appartenga a quell’immenso corpo. I dipendenti, già indaffarati a correre, preparare, rispondere, guidare, spiegare e rassicurare, non mancano di salutarlo con cortesia e di rivolgergli gentili parole, immediatamente ricambiate; qualcuno nota la sua lieve agitazione e prova a risolverla come può, e a questi Sigma rivolge un sorriso più profondo ― è decisamente fortunato, ora… almeno sotto questo aspetto.
È tardi? Non sa rispondere, ma la sensazione svanisce un poco mentre viene avvicinato da alcuni dei suoi ospiti e si ritrova immediatamente ingaggiato in un piacevole discorso che si porta via interi minuti… almeno fino a quando l’ombra di uno dei dipendenti non lo raggiunge, bloccandogli le parole in gola. C’è tensione nei suoi occhi, come ogniqualvolta avvenga qualcosa d’imprevisto; e Sigma corruga la fronte, in attesa del disastro. Se c’è qualcosa che odia, è proprio la mancanza di controllo; la sensazione, tuttavia, esita a ritornare.
«Signore, perdoni il disturbo, ma qualcuno è giunto a incontrarla. Chiede di poterle parlare in privato.»
Ancora prima che l’uomo finisca il suo discorso, il giovane si volta e s’irrigidisce appena nel notare la magra figura a poca distanza da loro, in quieta attesa e con i grandi occhi viola che osservano tutto e tutti con distacco non umano; quindi distende il volto e si calma, rassicurato. «Nessun disturbo, me ne occupo immediatamente. Gentili signori, godetevi la vostra permanenza allo Sky Casino, ogni cosa è a vostra disposizione», risponde Sigma, congedando dipendente e giocatori con un gesto elegante e avvicinandosi al nuovo arrivato, il quale si anima non appena il manager gli si pone innanzi.
«Dostoevskij-san», esordisce quest’ultimo mentre s’inchina leggermente e sposta la mano di lato, per invitarlo a precederlo, «benvenuto nel mio umile regno.»
Sul viso di Fyodor scivola una smorfia simile a un sorriso, quindi il giovane annuisce e si avvia verso lo studio di Sigma, che immediatamente lo segue. Pur senza conoscerlo, a volte senza nemmeno guardarlo, coloro che incontrano Dostoevskij gli fanno istintivamente spazio nei corridoi e rivolgono la propria attenzione al padrone di casa, il quale fa del suo meglio per mostrarsi rassicurante e, una volta giunto al suo studio, si chiude la porta alle spalle senza far rumore. Una lieve ombra è calata sull’ambiente e pulsa sulle pareti come una fiera dormiente, ma lui non si scompone né si preoccupa: è ciò che accade quando un’anima come quella di Fyodor detta la sua legge sullo spazio e questi non può che adattarsi.
Non che la sua sia molto diversa, forse.
«Rimango sempre piacevolmente colpito di come tu ti sia ambientato alla perfezione», esordisce il giovane dalla chioma notturna mentre s’appresta a sedersi su una delle morbide poltrone dello studio, per poi osservare Sigma fare la medesima cosa con il trono dietro alla scrivania e rivelare uno dei suoi sorrisi più ombrosi, «e questo è un fondamentale punto a tuo favore, per quello che tra poco dirò.»
L’altro spalanca gli occhi, sorpreso, e istintivamente si allunga verso Fyodor per sapere di più; questi reclina leggermente il capo all’indietro, quindi volge gli occhi alla porta e la osserva con espressione neutra. «Ti prego di avere pazienza ancora un poco: lui dovrebbe arrivare a momenti.»
Per la seconda volta Sigma atteggia il viso in un quesito silenzioso, e tale assenza di parole permane per ancora qualche attimo; poi, preceduto da una piccola smorfia di Dostoevskij, si ode bussare con quella che entrambi comprendono essere esitazione.
Alla voce imperiosa del manager il legno si spalanca e ricompare il dipendente che l’ha chiamato non tanto tempo prima, questa volta pallido come la divisa immacolata che indossa. Il povero uomo, tuttavia, non fa in tempo a parlare che una nuova figura si sporge sulla soglia e guarda dentro la stanza, per poi sorridere a pieno volto quando posa l’occhio dorato su chi la occupa. 
Oh no… tra tutti, proprio lui, pensa Sigma appena si rende conto di chi sia il nuovo arrivato, rabbuiando il volto in risposta.
«Signore, sono mortificato… è sfuggito ai controlli, non c’è stato modo di fermarlo… è un mistero…»
«Maaaa non c’era bisogno di arrivare a tanto, posso presentarmi da solo!  E loro mi conoscono già!»
«Non temere, va tutto bene», replica Sigma mentre si alza in piedi, rivolgendo un’occhiata di profonda comprensione all’uomo e una meno benevola al suo secondo ospite, «lascialo pure entrare e rassicura gli altri. Spero che per oggi le sorprese siano finite.»
Ha appena il tempo di passare una mano sul volto e concedersi un secondo di puro fastidio, quindi nota che sull’uscio è rimasto il nuovo arrivato e con un cenno meccanico gli fa segno di entrare.
Quello non se lo fa ripetere e si abbandona alle ombre della stanza, gettando la sua luce folle intorno: nessuno meglio di Nikolai Gogol’ lo sa fare, è un maestro in questo.
Benissimo: Dostoevskij e Gogol’, più lui, riuniti in un’unica camera può voler dire solamente piani all’orizzonte; enormi, terribili eventi che non attenderanno molto prima di mettersi in moto, e che lo Sky Casino cullerà dentro di sé come una sua creatura.
Se il suo mondo d’azzardo ha un corpo, è quello di un essere delle tenebre, la Fine stessa: tale è l’essenza del Decadimento degli Angeli.
«Qualcun altro da attendere?», domanda il manager, lo sguardo che non perde di vista Gogol’ mentre questi si aggira per l’ambiente, stranamente, inquietantemente calmo e silenzioso rispetto al solito, e alla fine sceglie di sprofondare nella poltrona più vicina a quella di Dostoevskij. Ha un piano nel piano, pensa volgendo il viso proprio verso Fyodor, e forse è troppo tardi per fermarlo?
«Quelli che si occuperanno della missione sono tutti qui», replica quest’ultimo, «possiamo cominciare. Sigma», e qui il tono si fa più grave e profondo, «non sono l’unico a credere che tu stia facendo un lavoro eccellente: gli ospiti sono entusiasti, la gente lavora volentieri sotto di te, sul tuo conto si odono solamente lodi e splendide parole.
La fama è veloce: vola insieme alla luce e trascina nel mondo tutte le voci che trova, arrivando più lontano di quanto si possa immaginare.
E quel lontano ha deciso di giungere fino a qui.»
Fyodor fa una breve pausa, il tempo che Gogol’ estragga un fascio di documenti da sotto il manto e glieli porga. 
Ancora una volta, l’attenzione di Sigma viene sviata dallo strano comportamento di Nikolai, troppo pacato per non essere sospetto; e una parte di essa non segue più le parole di Dostoevskij, ma si fissa sulle prossime mosse di quel clown.
«Questo», riprende Fyodor, facendo scivolare alcuni fogli sulla scrivania e indicando la foto che campeggia sopra l’intero plico, «dev’essere il nostro unico interesse per qualche giorno, almeno fino al grande evento che si terrà qui.»
Sigma prende in mano la foto e fissa l’elegante uomo dall’aria fiera che guarda in camera con invidiabile sicurezza: l’incarnazione della politica stessa e del suo trionfo. «Un ministro allo Sky Casino?», chiede il manager mentre posa l’immagine per recuperare il resto dei documenti.
«Perspicace», commenta Gogol’ con un piccolo ghigno, a cui risponde quello di Fyodor. «Un ambasciatore, per la precisione.»
Sigma appoggia la schiena contro la poltrona e guarda attentamente i suoi interlocutori. «Che presto avremo ospite in queste sale.»
«Una pedina che ama muovere gli altri a proprio piacimento», commenta Fyodor, «e che per quanto sia intelligente e potente, non ha idea di come sia importante per noi.
L’ambasciatore in questione, ultimamente, ha fatto parecchie telefonate interessanti agli organi fondamentali di questo paese: sembra che sia in possesso d’informazioni che potrebbero tornare utili alla nostra causa… ma un telefono è un’arma benevola quanto infida e lui non è uno sprovveduto, quindi ciò che è stato detto è solamente una piccola parte di quello che sa; e noi dobbiamo conoscere ogni cosa.»
A questo punto, Gogol’ si sporge verso la scrivania e rovista tra i fogli fino a estrarre un documento costellato di segni rossi: parole, orari, frecce e nomi, che poi passa a Fyodor. «Gogol’-san è riuscito a recuperare tutto ciò che devi sapere sul nostro amico: informazioni sensibili, abitudini, gesti ricorrenti e punti deboli, e anche la decisione di scegliere lo Sky Casino come sede di uno dei suoi incontri con i diplomatici giapponesi. Giungerà qui con la scusa di giocare alla roulette, domandando una sala dove poter restare da solo insieme ai ministri; e qualche giorno prima, arriveranno persone della sua cerchia, chiedendo un lavoro.
Ovviamente, quando la riunione avrà luogo, farà espressamente richiesta di avere uno o più di loro come croupier, così da poter giocare la sua reale partita con la protezione di gente a lui fidata. 
Tu non dovrai fare altro che accordargli tutto ciò che domanderà e assumere coloro che lo desidereranno: mostrarti accondiscendente e disponibile a tutto, e completamente ignaro di quello che accadrà.
Al resto, poi, ci penserà Gogol’-san.»
Sigma spalanca gli occhi e fa per rispondere, ma Nikolai lo precede ed esclama con tono colmo d’entusiasmo, un parziale ritorno alla sua particolare normalità: «Esatto, Sigma-kuuun! Sono sicuro che io e te saremo una splendida squadra e faremo un meraviglioso lavoro!»
Con le ginocchia raccolte al petto e le braccia a stringerle, il mento appoggiato su di quelle e gli occhi tanto stretti da risultare due fessure, Gogol’ sembra un gatto pronto a scattare al minimo movimento ― non vi inganni l’aria sorniona, nulla gli sfugge; e il suo sguardo è tutto rivolto a Sigma, così come il sorriso appena accennato sulle labbra, chi lo sa se per spregio o per altro motivo.
Davanti a quel ghigno e alla proposta, il manager volge lo sguardo a Fyodor con la luce della disperazione a invadergli il volto: no, assolutamente no, non con Gogol’, sarebbe decisamente troppo…
Dal canto suo, Dostoevskij lancia a Nikolai una lunga occhiata, quasi lo vedesse per la prima volta, quindi si appoggia alla scrivania con i gomiti e unisce le mani, il volto assorto. «Gogol’-san, ricorda che non dovrai avere, in apparenza, nessun tipo di relazione con chi dirige questo ambiente: la tua missione è ricavarti un posto nella cerchia dell’ambasciatore e agire in quell’ambito.
Il resto è un compito che Sigma può svolgere da solo: conosce il luogo come la sua mano, e anche se dovessero sorgere problemi, riuscirebbe a gestirli meravigliosamente. L’ambiente dispone di gente competente nelle proprie mansioni, non è necessaria la nostra presenza fisica», sentenzia infine Dostoevskij con tono neutro, e Sigma sente qualcosa sciogliersi nel petto: dopo aver smesso di respirare per due minuti buoni, ora il sollievo è grande, specie pensando al pericolo appena corso. Essere a stretto contatto con Gogol’, o semplicemente averci a che fare per più di qualche attimo e da solo… no, non può nemmeno immaginare simili scenari senza sentirsi percorrere da un brivido.
Forse, quella paura Nikolai la sente, perché i suoi occhi s’illuminano e il sorriso si allarga, poi il giovane scioglie la posizione e si stiracchia. «Così è già tutto deciso! Mi sta bene!»
Per un istante, un solo secondo, il manager ha la sensazione che qualcosa stia stonando tremendamente, che la situazione sia fin troppo liscia per essere reale; e vorrebbe riprendere Nikolai, chiedergli che cosa gli sia appena passato per la mente instabile e a cosa si deva quella stranissima assenza di eccentricità, una simile mansuetudine… ma tace, non osa chiedere.
Fyodor batte le mani in approvazione, quindi passa a esporre la seconda parte del piano; ma c’è un pungolo che impedisce a Sigma di ascoltare fino in fondo, un battito che lo assorda e forma un nodo al centro del petto. E qualunque realtà si sia messa in moto nell’attimo esatto in cui l’ha pensata, percepita, ormai è troppo tardi per fermarla.


❀❀


Nei giorni successivi, tutto si svolge come Fyodor ha detto: il mattino seguente giunge l’annuncio della visita dell’ambasciatore, e non molto tempo dopo l’ambiente si anima di voci e volti nuovi.
Sigma svolge il filo della finzione con abilità, mostrandosi tanto disponibile quanto lontano da ogni ombra di dubbio, il perfetto manager che tutti osannano; al medesimo tempo, l’uomo che appartiene agli Angeli e alla loro decadenza studia il piano minuziosamente, passando in rassegna il materiale che possiede: a cominciare dal fatto che l’ambasciatore tenda a evitare il contatto fisico e fino ad arrivare al chip che il diplomatico tiene sempre addosso, nascosto nei suoi vestiti ma in un punto ogni volta diverso, contenente segreti capaci di mettere in scacco intere nazioni.
Per ore, il manager ragiona e pensa a come potersi avvicinare a quello senza destare allarme, ma la sua mente continua a realizzare che non è un compito che spetta a lui: deve lasciare tutto ciò che non riguardi l’ospitalità a Gogol’, lo stesso che ha recuperato l’immensa mole d’informazioni nascoste nei cassetti della sua scrivania e colui che sarà accanto alla preda per tutta la permanenza nel casinò.
Si deve fidare e far sì che ciò che non può affrontare venga gestito da altri, anche se questo vuol dire cederlo alle mani di un completo folle; è necessario, si ripete, cercando di mettere a tacere l’inquietudine che sale a mano a mano che le ore passano e il momento si avvicina…
… E nonostante il fatto che improvvisamente Nikolai scompaia, interrompendo ogni contatto con il resto del Decadimento.
«Il piano procederà comunque alla perfezione», commenta Fyodor una volta avvertito di quanto accaduto, nessuna preoccupazione nella voce, «dobbiamo lasciarlo agire.»
Sono queste le prime parole che accolgono Sigma il mattino del grande giorno e che lo accompagnano fino al pomeriggio, quando alle porte del casinò giungono nuovi ospiti e ben presto bisbigli e stupore iniziano a percorrere le sale da gioco.
Sigma intrattiene e calma, la sua presenza si erge sui pavimenti come un faro e rassicura gli animi, per poi dirigersi verso l’ingresso e caricarsi della forza che andrà a mostrare al Potere stesso; è l’energia che proviene dal controllo, la sensazione di veder tutto svolgersi sotto una direzione ben definita, e…
«Da questa parte, gentiluomini. No, ambasciatore, non di là! Vuole forse perdersi? Non si preoccupi, le starò accanto tuuuutto il giorno, sa che con me è in buone mani!»
La voce acuta e squillante, per qualche verso stranamente familiare, di una giovane donna riempie la hall dove gli ospiti vanno riunendosi dopo aver superato tutti i necessari controlli, e Sigma si ferma un istante, colpito e accigliato insieme: non apprezza la confusione che inizia a crearsi, così riprende a camminare con maggiore velocità e va incontro al gruppo per fare gli onori di casa e riportare l’ordine.
Alla sua comparsa, i diplomatici interrompono qualsiasi discorso in atto e quasi sono loro stessi ad accoglierlo, permettendogli di presentare le proprie squisite maniere e creare un ambiente di completa distensione. Senza darlo a vedere, il manager nota immediatamente come l’obiettivo del Decadimento rimanga leggermente scostato dagli altri politici ma non perda di vista un solo movimento dell’anfitrione, quindi lo lascia nel suo spazio e finge di concentrarsi sul resto dei presenti, iniziando il raffinato gioco che porterà l’ambasciatore nella rete.
Accanto a questi, un’alta fanciulla dalle forme slanciate ― probabilmente, la proprietaria della voce di usignolo prima udita ― tiene il viso parzialmente nascosto dietro le lunghe onde dei capelli d’argento e sporge labbra rosso carminio verso l’orecchio del diplomatico, sussurrandogli qualcosa che fa sorridere entrambi; quindi getta un’occhiata veloce a Sigma, che si trova folgorato da due gemme dorate e da una leggera, inquieta confusione quando la ragazza si stacca dall’uomo e inizia ad avvicinarsi a lui.
«Prego», esordisce il manager, girandosi appena e invitando i politici a seguirlo, «non vi faccio perdere altro tempo: la sala è già pronta per voi, come…» Un istante: tanto basta per spezzargli il respiro e fargli spalancare gli occhi nell’incredulità; il tempo si ferma, e molte delle sue convinzioni, già esigue, cadono. «… Come avete richiesto.»
La giovane che gli si è fermata al fianco, tutta un sorriso e sfarfallio di ciglia, si aggiusta appena una ciocca sfuggita davanti al volto e attende con pazienza; e lì sono solamente in due, loro due… Sigma lo sente, gli altri sono distanti chilometri.
«Va tutto bene?»
La voce gli è morta in gola e diversamente non potrebbe essere: per questo non risponde, anche se dentro di sé ribolle e ogni dettaglio dell’altra non fa che peggiorare la situazione.
I capelli sciolti, acconciati in pigri boccoli…
Gli occhi dorati, ripassati con un trucco leggero ma capace di renderli ancora più affilati e felini…
La veste lunga, di un bianco splendente, che copre ciò che darebbe adito a scomode domande… i guanti che ingentiliscono le mani, spesso alzate verso il viso per aggiustare un fermaglio o un orecchino.
Nessuna traccia di cicatrici.
«Alla perfezione», mormora infine Sigma, staccando lo sguardo livido dall’altra persona e volgendolo innanzi a sé, iniziando a guidare l’allegra e ignara brigata verso la sala designata.
Alle sue spalle, Gogol’ distende le labbra ricolme di rossetto e ride discretamente, facendo risuonare alti tacchi sui pavimenti lucenti: ancora una volta, è lui a dirigere lo spettacolo.


Sigma si sente come parte di un incubo, ma non riesce a svegliarsi.
Seduto nel suo studio, gli occhi fissi sulla parete a lui opposta, si ritrova la gola secca e assetata per avere la bocca aperta da lunghi istanti; eppure non fa nulla per ovviare al problema, quasi non se ne renda davvero conto. Come ha potuto… come ha potuto pensare che tutto andasse secondo un filo logico, con un senso e uno svolgimento privo di sorprese, e associare a questo il nome di Gogol’?
Non ha imparato proprio nulla da quei momenti passati a contatto con il giullare? Eppure, c’è più di un motivo se prova perenne sconcerto in sua presenza… e ora questa trovata.
Il piano viaggia su un filo di ragnatela per colpa della follia di Nikolai e della sua perenne voglia di divertirsi a spese degli altri ― perché figurarsi se quello non se lo sta spassando e ridendo di tutti loro, al diavolo la discrezione e la prudenza ―, rischia il collasso e una fine tremenda, e non c’è nulla che si possa fare per sistemare la faccenda senza rischiare di comprometterla maggiormente.
Sarebbe infatti sospetto, ragiona Sigma, interrompere l’incontro e, con la scusa di un pericolo o per qualche altra motivazione, tenere d’occhio la “dama” perché non metta a repentaglio la missione; e…
E se proprio ciò che chiama follia portasse al suo buon esito?
Tutto quello che può fare è semplicemente fidarsi, perché ormai è troppo tardi? Maledizione, lui e Fyodor non avrebbero dovuto sottovalutare le capacità caotiche di Gogol’ a tal punto… o forse Dostoevskij sapeva già tutto in merito?
Il secco bussare alla porta fa sobbalzare Sigma sulla sedia, quindi la sua voce non fa in tempo a dire “avanti” che Gogol’ compare nella stanza, a poca distanza dalla scrivania e dagli occhi foschi del manager, i quali diventano ancora più bui appena si trovano innanzi la causa delle sue preoccupazioni.
«Rilassati, Sigma-kun, sta andando tutto come Dos-kun ha decretato», esordisce Nikolai con voce cinguettante, esibendo un timbro femminile da far invidia e facendo una rapida giravolta su sé stesso mentre avanza verso il centro della stanza. La gonna della veste si gonfia in una ruota, mentre i capelli sprigionano un aroma stuzzicante, «Tu, invece, fai seriamente paura con quell’espressione. Non farti vedere in giro in questo stato.»
«Hai interrotto ogni contatto per giorni», replica Sigma, le mani serrate a pugno e i muscoli contratti, «e dal nulla ti presenti qui così. Spero che il teatrino stia valendo i tuoi sforzi e la nostra pazienza.»
«Non ti ricordi la mia missione? Dovevo ricavarmi un posto in quella simpatica combriccola e stare al fianco dell’ambasciatore per tutto il tempo, e non mostrare alcun legame con il manager dello Sky Casino. E sta andando alla grande! Tra le sue debolezze ci sono anche le donne, quindi ho preso il posto di una delle sue fidanzatine ― non temere per lei, sta bene! Dovrebbe svegliarsi a… giorni? ― e lui non si è accorto di nulla… anche se agire come quella poverina non è stato così facile, ma quand’è che le cose belle sono semplici?»
Sigma sorride appena all’espressione di Gogol’, per poi scuotere la testa. Quindi ha preso il posto di una ragazza… beh, meglio non scendere troppo nei dettagli. «Eppure ora sei qui, e non con il tuo ambasciatore. Se lui venisse a scoprire che sei in mia compagnia, potrebbe farsi un’idea sbagliata sulla sua bella.»
Gogol’ fa un ghigno divertito, quindi esplode in una risata che lo fa vacillare sui tacchi vertiginosi. «Sei sempre così convinto di ciò che dici, Sigma-kun! Ed è una cosa meravigliosa!», esclama poi, sedendosi sulla poltrona opposta a quella dove troneggia il manager, «ma non devi temere neanche su questo: è stato lui a mandarmi da te. La riunione è finita, ora richiedono la tua compagnia. Andiamo?»
Sigma si alza, la fronte aggrottata. «Hanno parlato davanti a te?»
«Hanno il loro codice: non ho udito nulla di ché, ma io e te sappiamo che c’è qualcuno che ha capacità pari a un dio e può giungere ovunque. Anche gli oggetti si piegano al suo volere.» Nikolai strizza l’occhio al compagno, quindi si massaggia un orecchio. Sigma nota che i lobi sono vuoti, privi degli orecchini che prima ha notato, e intuisce il perché. «Immagino che nella tasca dell’ambasciatore ci siano i tuoi splendidi brillanti. Oramai avranno registrato ogni singolo dettaglio di quelle persone», mormora, e Gogol’ annuisce. «Lui è stato così caaaarino quando gli ho chiesto di tenermeli perché mi stavano facendo male», risponde con tono sognante, «e ora saranno sicuramente tornati a essere normali gioielli; non mi preoccuperei di loro, a dire il vero. Ma ora la seconda parte dello spettacolo deve iniziare, e sarà uno show con i fiocchi! Anche perché c’è ancora qualcosa da ottenere prima di considerare compiuta la missione… ma non ti preoccupare, a questo ci penso io!»
Il giullare balza in piedi e fa cenno a Sigma di seguirlo, cosa che il giovane fa senza mutare espressione; questi sobbalza un attimo, invece, quando istintivamente ripiega il braccio perché Gogol’ lo prenda a braccetto e sente la mano del clown scottare sotto il tessuto del guanto. 
La porta dello studio si chiude alle spalle di entrambi, ma il manager esita ancora un attimo ad andare; sosta un secondo nella luce che riempie il corridoio come una marea rossa e arancio, respira forte.
«Sei impallidito, Sigma-kun. Sicuro di stare bene?», domanda Gogol’ con una punta di curiosità nella voce, gli occhi ingigantiti dalla vicinanza; e Sigma risponde solo con un cenno del capo, per poi serrare lo sguardo lontano dal mondo.
Improvvisamente, ardentemente, desidererebbe essere da solo.

 

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Capitolo 2
*** Passato - La Materia dei Sogni ***


{ Passato La Materia dei Sogni }


Is it still me who makes you sweat?
Am I who you think about in bed?

When the lights are dim and your hands are shaking
As you’re sliding off your dress?

“Lying Is The Most Fun A Girl Can Have Without Taking Her Clothes Off”,
Panic! At The Disco



 

Don’t try to sleep through the end of the world
And bury me alive

Cause I won’t give up without a fight
If you love me let me go
If you love me let me go
Cause these words are knives that often leave scars
The fear of falling apart
And truth be told I never was yours
The fear, the fear of falling apart

“This Is Gospel”, Panic! At The Disco



 

«Sigma-kun?»
«Dimmi, ti serve qualcosa?»

«Esprimi tre desideri.»
Sigma alza lo sguardo dalla sua scrivania, sorpreso.
Dagli ambienti intorno si sta levando una canzone dai toni delicati: qualcuno canticchia, nei corridoi, e segue il ritmo come può. Va a tempo, a dire il vero, e ha anche una bella voce.
Natale ha già bussato da tempo alle porte dello Sky Casino, e qualcuno gli ha risposto.
«Cosa vuol dire?»
Questa volta è Gogol’ a rispondere con un’occhiata sorpresa, per poi sorridere. Sposta su un lato della scrivania i preziosi documenti che ha portato al manager e si protende verso di questi. «Non dirmi che non vuoi nulla! Qualcosa che non possiedi, a cui guardi da tempo…»
«Ho capito che cosa intendi», replica Sigma mentre si ritrae un poco, «ma perché una simile richiesta?»
«Avanti, Sigma-kuuun, non desideri un regalo?»
Il giovane spalanca la bocca, quindi abbassa gli occhi. Cala il silenzio, ma non per molto. «Vorrei una farfalla. Viva.» Lo dice con tono fin troppo sicuro, come a voler lanciare una sfida o mettere a tacere. D’altra parte, è la prima cosa che gli è venuta in mente e l’ha detta senza rifletterci molto.
Nikolai ride di cuore, quindi spalanca le braccia con fare teatrale e gira su sé stesso. «Un’ottima richiesta, davvero! Ma la lasciamo un attimo in sospeso, in attesa di tempi migliori.»
«Già. In questo periodo è più facile trovare la neve… si dice.»
Anche tale termine non ha necessitato di tanti ragionamenti, ma è sorto nella mente ed è stato subito pronunciato. La neve… a sapere davvero che cosa sia. La descrivono come fredda e bianca, capace di portare il silenzio; solamente questo?
La sua bellezza, la magia che tutti vantano, si ferma qui?
«E si dice il vero.» Il giullare fa sparire una mano sotto il candido Cappotto e fruga per qualche attimo; quando la ritrae, le dita stanno stringendo qualcosa di rotondo e voluminoso.
«Cos’è?», domanda Sigma, a stento capace di trattenere la curiosità, mentre Gogol’ appoggia una palla di vetro sulla scrivania. All’interno di quella c’è una piccola casa dal grazioso tetto rosso e con le finestre dalle imposte smeraldine, mentre il piano su cui poggia è tutto bianco.
Il manager sfiora l’oggetto e lo guarda, e subito spalanca gli occhi: appena l’ha toccato, dalla base si è alzato un pigro sfarfallio di minuscole sfere bianche; una lieve, elegante onda che presto si acquieta senza un rumore.
Nikolai osserva il volto del giovane, quindi prende il regalo e allarga il sorriso. «Preparati a vedere una piccola magia», sussurra, per poi scuoterlo con vigore.
Un turbine di candore si sparge per tutta la sfera e circonda la casa, per poi arrestarsi lentamente e diventare una placida discesa che imbianca il tetto, le imposte, i pensieri di Sigma.
Questi non respira più, rapito e portato lontano dal tumulto di ciò che sente agitarsi nel cuore; è pura meraviglia quella che lo ha agguantato e non lo lascia andare, complice il fatto che il clown ha dato una nuova scossa e lo spettacolo è ricominciato. «Questa è… neve?», domanda il manager allungando la mano verso la sfera e protendendo le dita come se, una volta avuta, non volesse più separarsi da essa.
«Aspetta solo di vederla realmente», risponde Gogol’ mentre scivola alle sue spalle e gliela mostra da vicino, mentre gliela posa tra le mani e tutte le luci paiono attenuarsi fino a scomparire, «e poi potrai davvero innamorarti di lei.»
«Avrei potuto rischiare anche di più.»
«Ah, quindi ora hai ripreso a parlare?»
Sigma e Nikolai hanno il tempo di lanciarsi una sola, breve occhiata che vale per mille discorsi e al medesimo tempo non esprime tutto quello che dovrebbe, che il corridoio che hanno appena percorso sbocca nella prima delle sale da gioco.
Per quanto la strada sia stata breve, a Sigma è parsa un’eternità: con le dita di Gogol’ ad artigliargli il braccio e a incendiarlo, la presenza di questi a pochi passi da sé e il suo respiro sottile, non si è aperta una sola possibilità di fuga; e non ci sarà per vario tempo, visto che il piano è lontano dall’essere completo.
La finzione dovrà reggere ancora.
Intanto, gli ospiti interrompono i giochi e si fanno da parte per farli passare, i commenti e le domande incastrate nei loro occhi e bocche; ma non una voce si alza per esprimerli, nessuno viene a soccorrere il giovane e dissipa il disagio che quel silenzio sta portando e il peso che gli si addossa sulle spalle ― che in verità non svanisce neppure quando l’aria si riempie di voci e l’allegro gruppo di politici acclama l’arrivo della coppia con modi troppo allegri per sembrare lucidi.
«Ripassa la parte, si va in scena. Ah, mi sono dimenticato di dirti che è la terza bottiglia che ho fatto ordinare e tutti loro hanno fatto onore al calice… è una compagnia abbastanza divertente», sussurra Gogol’ con un ghigno divertito mentre si stacca dal braccio di Sigma e si sistema appena la veste.
«Bene! Ora dimmi anche a chi devo addebitare il costo dei brindisi», replica questi con un sorriso affettato.
Il giullare non risponde se non con un piccolo inchino e un’occhiata eloquente, per poi raggiungere il suo ambasciatore con un perfetto ancheggiare e il tono squillante, detestabile.
Sigma trattiene a stento una maledizione capace di uccidere tutti i presenti, lui compreso, e si dirige verso i primi che lo chiamano, direttamente dall’altra parte della stanza. Come sempre quando è infastidito e incerto, opta per una sfrontata sicurezza capace di andare in frantumi in un attimo e riversa tutto sé stesso in una conversazione che prende subito il largo; ma una parte di lui si è staccata dal resto e lo guarda da un punto lontano, tra le dolci luci di un Natale che sembra irraggiungibile, tanto lo ha lasciato indietro.
Quella parte, forse la più profonda e di certo l’unica che non si fa ingannare, lo fissa senza mai distogliere lo sguardo, silenziosa come tutto ciò che la circonda: tra le mani, nascosta eppure ancora visibile, una palla di vetro.
La neve non ha tardato molto a cadere, dopo quel giorno.
E la notte non è giunta per essere passata a occhi chiusi; oh no, è stata creata per un altro scopo, da una mano diversa, è arrivata e…
«Se il padrone di casa dà il suo consenso, perché no?»
Sigma distoglie l’attenzione dalla propria ombra e ritorna al presente; lancia un’occhiata agli uomini che lo circondano, che a loro volta lo fissano in attesa, e gira lo sguardo per incontrare il viso di Gogol’ a qualche metro dal suo, quasi appiccicato a quello dell’ambasciatore.
L’uomo, nota Sigma, non si è mai avvicinato a lui così tanto: dev’essere qualcosa d’importante quello che ha detto…
E lui se l’è appena lasciato sfuggire. Fantastico.
«Si tratta solo di un breve spettacolo, una canzone, che il mio angelo vuol dedicare a tutti noi. È possibile avere l’approvazione per l’esibizione?», giunge tuttavia in soccorso il diplomatico, ripetendo la richiesta e svelando l’arcano; e a stento il manager riesce a soffocare una risata per la più che appropriata ― e allo stesso tempo esilarante ― scelta lessicale del politico. Attende però un secondo prima di rispondere perché lancia uno sguardo a Gogol’, il quale lo fissa di rimando con gli occhi che scintillano con la malizia di chi ha appena formulato un sinistro proposito. Se ci ha visto giusto, e Sigma spera tanto che sia così, Nikolai ha trovato la via per il pieno successo della missione. «Ma certamente, è possibile. Avanti, fate portare tutto il necessario, la signorina propone un’esibizione in nostro onore!», risponde infine il cuore dello Sky Casino, battendo le mani e facendo scattare sull’attenti i dipendenti, che immediatamente eseguono ciò che il re ha comandato.
All’unisono, Sigma e Nikolai fanno un passo indietro e si danno la schiena per prepararsi alle prossime battute del vero spettacolo, prendendo tempo fino a quando nella sala non viene portato un piccolo palchetto e un microfono, subito ceduto alle mani della “dama”.
È questo il momento in cui il viso di Gogol’ si apre in un sorriso raggiante, e per un attimo il manager teme che la copertura salti a causa dell’entusiasmo del compagno; aggrotta le sopracciglia quando lo vede estrarre gli orecchini ― e di conseguenza le microspie in essi contenute ― dalla tasca della giacca dell’ambasciatore e rimetterseli con un piccolo verso di trionfo, per poi scuotere appena la testa e attendere quello che verrà dopo. Sperando che non sia nulla di imbarazzante, pensa con un brivido mentre guarda il giullare salire elegantemente sul palchetto e riversare la luce del suo sguardo su tutti loro per poi soffermarsi su di lui, al quale fa un impercettibile segno d’intesa e un sorriso appena accennato, prima di prendere fiato.
«Squisiti ospiti, gentili signore e rispettabili signori, quale onore per me essere tra voi!», esclama Gogol’ con tono dolce, modulando alla perfezione la voce e scandendo le parole con calma, attirando l’attenzione di ben più di quella sola sala; e quasi spinto da una componente nascosta nell’anima, Sigma risponde al sorriso di prima con un altro uguale.
«Non nego che sia eccentrica, no, ma la sua voce è divina. Sono contento che lei abbia l’onore di sentirla, è il miglior dono che potevamo offrirle», ode commentare l’ambasciatore, rivolto a lui e con gli occhi fissi sulla cantante, distogliendo l’attenzione dal discorso di presentazione di Nikolai e tacendo unicamente quando questi abbassa le palpebre e inizia a pronunciare parole diverse: una sottile melodia lascia la sua gola, zittendo ogni altro suono.
Immediatamente, Sigma quasi ferma anche il battito del proprio cuore, e lo Sky Casino con lui: s’interrompono i giochi e si alzano le teste, le quali seguono il cammino di una voce simile al suono di un dolce violino; e questa, con una maestria struggente, intreccia parole che parlano una lingua antica e delicata come le ali che stanno portando la sera. Un canto malinconico e intenso, infuso della stessa magia del sole quando sale e spegne il buio, irraggia dalla figura di Gogol’ e bussa al petto dei presenti nella sala, sempre più numerosi e ammaliati da un incantesimo che rapisce per portare da ciò che è stato dimenticato… o impossibile da scordare.
Ben pochi, fra loro, sono ignari della storia che il clown sta narrando: un’antica fiaba di amore impossibile e promesse mai mantenute, dove non manca la crudezza di una sorte decisa da altri e l’infinita speranza che in futuro qualcosa possa mutare, che non sarà sempre come è stato scritto da mani astiose e gelose, che i pianti avranno fine, un giorno.
La neve non ha tardato ad arrivare quella notte.
Scosso dalla storia e sinceramente colpito dalla formidabile abilità che il clown gli ha sempre tenuto nascosto, Sigma si ritrova immobile, incapace di agitare anche un solo dito: lo sguardo non vuole staccarsi dalla figura di Gogol’, sospesa in un tempo che non appartiene all’uomo; le gambe non obbediscono alle richieste di fuga, di lasciare quel luogo e di dirigersi altrove, mentre le mani non si alzeranno mai ad asciugare la lacrima che già scorre lungo le guance e crea una strada sulla pelle, rendendola viva.
Gli occhi del giovane sembrano divenire più grandi, delle stesse dimensioni della luna, e mentre contemplano ciò che non è di questo mondo non si accorgono di quelli di Gogol’, i quali si riaprono e incontrano i suoi, non si spostano fino a quando la tenera poesia non incontra fine e la voce del giullare si spegne in un’ultima, soave nota che non trova seguito per lunghi attimi.
Il copioso scrosciare degli applausi e le alte lodi scuotono a malapena Sigma e tanto meno Nikolai, che ha voltato di un poco il capo e accetta i complimenti con un inchino e una quieta smorfia, presagio di un’altra sorpresa in arrivo. Non passa molto tempo prima che tutti colgano quanto stia per accadere e facciano cadere il silenzio in attesa di un’altra splendida performance, e da parte sua la star non fa attendere il pubblico:

I promise that you’ll never find another like me

I know that I’m a handful, baby

I know I never think before I jump

And you’re the kind of guy the ladies want

And there’s a lot of cool chicks out there

I know that I went psycho on the phone

I never leave well enough alone

And trouble’s gonna follow where I go

And there’s a lot of cool chicks out there

But one of these things is not like the others

Like a rainbow with all of the colors

Baby doll, when it comes to a lover

I promise that you’ll never find another like

Me-e-e, uh, uh, uh

I’m the only one of me

Baby, that’s the fun of me

La situazione muta rapidamente: se prima nessuno sembrava in grado di fare un passo, ora il ritmo della canzone, completamente opposta alla precedente per stile e testo, spinge al movimento sfrenato e all’allegria, così che per gli ascoltatori è ben difficile trattenersi e in un batter d’occhio l’intera sala sta ballando; tutti tranne Sigma, che preferisce allontanarsi di un poco e cedere lo spazio a coloro che vogliono impegnarsi seriamente nelle danze ― si sta muovendo anche lui, ma in un’altra dimensione.
La neve giunge di notte, pacifica e lenta, e porta il freddo pungente delle cose nuove, della realtà intoccata.
Davanti alle finestre dello Sky Casino, Sigma ne segue la caduta con lo stupore di un bambino e la stessa calma con cui il suolo va imbiancandosi: non c’è fretta e non ha sonno, lui e il mondo possono restare così per ore e ore.
«Fai attenzione a non congelarti, i corridoi non sono più molto caldi», commenta Gogol’ alle sue spalle, apparso da pochi istanti. Non si avvicina, preferisce rimanere a breve distanza; ed è il manager a fare un passo indietro e quasi a raggiungerlo, lo sguardo fisso sullo spettacolo oltre il vetro.
«Certo che qui sapete bene come divertirvi!» Ma la voce di nessuno, nemmeno dell’ambasciatore, può competere con quella dei ricordi. Non c’è altro suono che meriti risposta.
«Il tuo terzo desiderio, Sigma-kun?»
«Ehi, va tutto bene? State ansimando, volete sedervi?»
«Tutto a meraviglia. Non badate a me.»
«Sigma-kun?»
Il giovane non risponde, non a parole; in compenso, la sua mano si allunga, trova quella di Nikolai e la stringe ancor prima che questi se ne renda conto e possa sottrarsi alla presa. Ed è veloce: lo scambio d’informazioni e la visione, la consapevolezza, la certezza che esonda da quel contatto e non è ciò che Sigma si aspettava.
No, non è così che…
La mano si ritrae, rigida e intirizzita nonostante il calore che la pervade; ma è il bruciore del ghiaccio sulla pelle, un fuoco che non ha nulla di confortante e curativo. E a pochi metri di distanza, nello studio di Sigma, una crepa solca e s’imprime a fondo nella palla di vetro, rovinando per sempre il biancore che riposa al suo interno.
Per una seconda volta, gli occhi del manager piangono per qualcosa che solamente lui può conoscere e allo stesso tempo rimane sconosciuto. “Che menzogna!”, grida la sua parte più vera, “tu sai già ogni cosa, ma non lo vuoi più vedere.
No, tu non vuoi più saperne, ma la verità non ti ascolta.”
Il freddo è forte come un urlo, ora; e Gogol’ non fa che renderlo più intenso mentre indietreggia via da lì, lontano da lui, e si nasconde dietro l’espressione distante. «Desolato, Sigma-kun», mormorano e ripetono le pareti mentre il ragazzo lascia il luogo e Sigma si sente solo, davvero solo, «nessun legame potrà mai spingermi da te.»




 

NOTE

 

La canzone che Gogol’ canta è “ME!” di Taylor Swift e Brendon Urie, frontman dei Panic! At The Disco.

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Capitolo 3
*** Futuro - Ombre a Due ***


 

{ Futuro Ombre a Due }


And your eyes are the size of the moon
You could cause you can so you do
We’re feeling so good
Just the way that we do

“Nine in the Afternoon”, Panic! At The Disco



 

Da dove nasce il dolore? Quale fonte dà vigore alla sofferenza, che tipo di arma può impedire al corpo di curarsi e rigenerarsi fino a tramutare il sapore del sangue in rabbia, fastidio, insofferenza?
Cosa lo spinge a continuare a cullare le sensazioni che feriscono maggiormente, a maledirle e tenerle con sé al medesimo tempo?
Sigma riemerge dalla visione dei suoi ricordi con un sospiro profondo e triste, il sentore amaro di una sconfitta conficcato nella carne, lo sguardo vinto. Non lo ha mai ammesso a sé stesso e tuttora si rifiuta di farlo, ma quella parte della sua anima che sa continua a ripeterlo: non è solamente per differenza di carattere e vedute che lui non riesce a rimanere al fianco di Gogol’ per molto tempo, non è unicamente, principalmente, la stravaganza ad allontanarlo sempre di più da questi. Tutto ciò ha luogo perché deve proteggersi; ogni cosa è dovuta alla necessità di preservarsi da una continua, inesorabile caduta dal quale nessuno, oltre a lui stesso, può salvarlo.
E non è facile, non lo è mai; in questo momento ancora meno.
Nikolai sa gestire bene il suo pubblico e lo infiamma a dovere, anche se per i gusti di Sigma guarda troppe volte nella sua direzione e gli fa cenni e strizzate d’occhio che potrebbero compromettere la riuscita della missione ― di’ la verità, non è quella a essere in pericolo ―; si trova a suo agio in quelle vesti e agisce in modo eccellente, suscitando il plauso generale, anche il suo, senza sforzi… e pensieri, e domande.
Ciò che non si affronta non svanisce; ciò che rimane inascoltato ritorna di nuovo, sempre più grande e complesso, difficile da sgarbugliare, faticoso da sentire oppure, improvvisamente, estremamente facile da comprendere.
A patto che lo si voglia anche accettare, ovviamente. 
Credo che saprai gestirtela alla grande anche da solo, pensa Sigma all’indirizzo di Nikolai, mentre il desiderio di congedarsi diventa estremo e lui prova a pensare a come sarebbe dare retta prima di tutto a ciò che sé stesso vuole, non hai bisogno di nessuno per farcela.
Lo immagina, ma non si allontana: perché è consapevole che qualunque cosa lui progetti va in frantumi sotto il tocco di Gogol’, e le sorprese sono ben lungi dall’essere finite. Ne ha la conferma quando intercetta l’ennesima occhiata dell’Angelo e vede lo scintillio nel suo sorriso, e si prepara a tutto: come sempre, l’altro lo sorprende.
La folla erutta in un grido stupito e allarmato insieme, e stranamente anche il cuore di Sigma accelera i propri battiti, quando vede la cantante girare velocemente, troppo velocemente e senza controllo, su sé stessa e commettere un passo falso: letteralmente, perché i piedi incespicano sui tacchi e dopo qualche nota incerta e passi altrettanto instabili, Nikolai precipita giù dal palco, direttamente tra la gente. 
Ottima mossa, riconosce Sigma mentre si fa largo tra la folla per portare un soccorso che sa bene non essere necessario al diretto interessato, ma costituire un altro numero dello spettacolo: infatti, il giullare è piombato direttamente tra le braccia del loro obiettivo e ora si sta aggrappando al suo collo mentre l’uomo lo stringe come un tesoro, ignaro di consegnarsi alle fauci di una belva: qualunque cosa Gogol’ gli stia ora facendo, lo dannerà.
«La ragazza sta bene?», grida qualcuno tra il pubblico, e per la seconda volta nel giro di poco tempo, il manager quasi scoppia in una risata. Sta meglio di te e di me, credimi, pensa appena prima di apparire alle spalle del diplomatico e attirare la sua attenzione con un profondo inchino, pronto a mandare avanti la farsa. «Da parte di tutto lo Sky Casino, ambasciatore, grazie per aver salvato la nostra ospite. Ora mi occuperò personalmente di ogni cosa, lasci fare a me.»
Il diplomatico, più provato di tutti loro messi assieme, involontariamente serra leggermente la presa e si tiene la sua fanciulla al petto, mentre quella guarda l’uno e l’altro.
Quella che stringi non è un trofeo o una preda, mio caro amico: sei tu il pasto. «Questo incidente è successo nello Sky Casino, ed è compito mio porvi rimedio. Non dovete farvi carico di quanto è appena accaduto», prosegue Sigma con tono calmo, «e la nostra infermeria è fornita di tutto il necessario. Lasciate che mi prenda cura io di lei, desidero assicurarmi della sua salute.»
«S-sì», risponde infine l’ambasciatore con un filo di voce e il volto pallido, «allora la lascio alle sue mani. Ma faccia attenzione, temo si sia fatta male a una gamba! Ed è delicata, non…»
La voce si blocca quando l’uomo vede il manager avvicinarsi e liberarlo dolcemente del peso della sua dama, e il silenzio prosegue mentre questa scivola tra le braccia del giovane e affonda il viso contro la sua spalla, un lampo di dolore ad attraversare i lineamenti. «Starà bene, glielo prometto», risponde Sigma, cercando la posizione ottimale per riuscire a reggere Gogol’ senza rovinare al suolo, «ha la mia parola.»
Sottili mormorii accompagnano l’uscita di scena di entrambi, che non si girano né si guardano fino a quando non si ritrovano nel corridoio che collega le sale da gioco allo studio di Sigma, e allora Gogol’ lancia un breve miagolio. «È compito mio porvi rimedioooo», flauta mentre si sistema meglio tra le braccia del manager, le dita che gli serrano il collo e gli occhi che saettano a fissarlo, il tono canzonatorio ― ed è una nota di dolore quella che si nasconde sotto lo scherno?
«La prossima volta ti butto io stesso giù dal palco, così magari ti rompi la testa», ribatte seccamente l’altro, ignorando il ridacchiare di Nikolai e il contatto tra i rispettivi corpi.
Appena si rendono certi della presenza di nessuno, il clown estrae un lembo del Cappotto dal corpetto della veste e lo lancia sopra di sé e Sigma, il quale fa in tempo a scorgere un lampo bianco prima di ritrovarsi… nella sua camera da letto.
Sì, con tutti i posti che si potevano scegliere, quel maledetto ha deciso proprio la sua stanza. E poi dovrebbe chiedere a sé stesso pazienza.
«Bene, lasciatemelo dire, dame e messeri: è stato veramente…»
«Orrendo.»
Nikolai lancia uno sguardo offeso al manager, quindi incrocia le braccia. «Sigma-kun, non sei un po’ troppo severo? Non è stata la mia migliore improvvisazione, ma… ahia!»
Senza tanti complimenti, Sigma lancia letteralmente Gogol’ sulla poltrona vicino al letto. Subito dopo si massaggia le braccia doloranti, limitandosi a imprecare sottovoce, e si concede un profondo respiro, che diventa immediatamente uno sbuffo irritato non appena scorge il giullare lasciare il suo posto e zoppicare sul letto. «Credo che lo scherzo possa dirsi finito», esclama con asprezza, gli occhi che fiammeggiano mentre si para davanti al compagno e lo fissa, «vattene in fretta, mi hai già fatto perdere fin troppo tempo.»
Nikolai non ribatte né lo guarda, ma come se non lo avesse sentito allunga il piede destro verso di lui e, forse inavvertitamente o forse no, gli sfiora il petto con il tacco. «Mi togli questo strumento di tortura? La mia povera caviglia ha subito davvero la caduta… poi mi spiegherai come fai a indossare le tue scarpe tutto il giorno.»
Con disappunto e senza troppa grazia, chiedendosi per tutto il tempo perché lo stia facendo e per quale improbabile ragione la sua mente si soffermi a guardare la posizione che Nikolai ha assunto sul letto ― i gomiti appoggiati sul materasso e la gamba tesa verso di lui, i capelli che ricadono sulle coperte in larghi anelli d’argento ― e non voglia concentrarsi su altro, Sigma gli libera non uno, ma entrambi i piedi dalle calzature e fa cadere queste vicino alla poltrona, quindi guarda Nikolai mentre si prende la caviglia e la osserva con l’espressione corrucciata. In effetti, questa è rossa e si è già gonfiata: per una volta, Gogol’ mostra chiaramente quello che prova e si rivolge a Sigma con grandi occhi spalancati, quasi a chiedergli un aiuto.
Non riesco a credere che stia succedendo davvero, pensa l’altro mentre lo fissa a sua volta, perplesso, è riuscito a farsi del male e non sa venirne fuori da solo. Non è possibile, ci deve essere un inganno…
Ma se l’inganno c’è, alla fine Sigma ci si lascia cadere; e sacrifica i suoi cuscini in modo che Gogol’ li sfrutti per dare un poco di sollievo alla parte offesa, e guarda sé stesso dirigersi nelle cucine a recuperare del ghiaccio e ritornare immediatamente accanto al compagno, che come nota positiva ha perso un poco della sua capacità d’indurre crisi nervose in chiunque e sussulta appena quando il manager gli sfiora la caviglia bollente.
«Sei stato tu a voler prendere il posto di una ragazza», commenta il giovane mentre si siede sul bordo del letto e fa segno a Gogol’ di appoggiargli il piede sulle gambe, per poi applicare il ghiaccio.
«E a giudicare dalle reazioni, non è neanche andata tanto male», è la replica del clown, che non perde di vista alcuna sua azione.
«L’unico a rimetterci sei stato tu; direi che è andata ottimamente.»
Gogol’ atteggia il volto in una smorfia, quindi si mette a sedere e si sporge con il viso verso Sigma, lo sguardo inquisitore. «Però tu sei in mia compagnia, a prenderti cura di me…»
«Abbiamo o no una parte da rispettare?», replica Sigma con una nota di fastidio, allontanando il volto di scatto. Immediatamente, si rende conto di quanto le sue parole siano poco credibili: non c’è nessuno spettacolo da offrire ora, non possono essere usate come uno scudo, «e spero che il tuo sacrificio sia servito a qualcosa di utile.»
Gogol’ sorride; una smorfia dovuta a una fitta di dolore, quindi il sorriso ritorna, perfetta mezzaluna buia stampata sul volto chiaro. «Non crederesti mai a ciò che si nasconde sotto questo abito…»
«Gogol’-san, per favore…»
Nikolai esplode a ridere e ricade completamente sul letto, per poi indicare il volto seccato di Sigma. «Ti ho ripagato della cattiveria di prima!», esclama, per poi mettere una mano nel corpetto e abbassarlo un po’. Da questo estrae un piccolo dispositivo nero, il chip tanto bramato, e Sigma trattiene il fiato: missione compiuta, finalmente.
«Il compenso per il disturbo arrecatovi, vostra maestà», mormora il clown mentre lo porge al manager e fa un breve inchino con il capo, «grazie per tutto il divertimento, sinceramente me lo meritavo. Per la fortuna dei tuoi ospiti, questa volta l’ambasciatore ha scelto di nascondere il tesoro sotto la cravatta… non sanno di essersi risparmiati uno spettacolo imbarazzante!»
Senza mostrare alcuna espressione, Sigma lascia che l’altro gli posi il dispositivo sulla mano tesa, quindi la chiude piano e se la porta al petto. Andata; è tutto finito.
Ora, non ha più senso rimanere insieme e pretendere quel che non è vero; possono riprendere a scappare, sfuggirsi a vicenda, rifugiarsi negli angoli bui lasciati da entrambi.
Forse l’oscurità è stata creata proprio per loro, per le loro ragioni.
«Il tuo aiuto è stato fondamentale», mormora il giovane con sincerità, mettendo al sicuro il chip e riprendendo a occuparsi della caviglia dell’altro, «ma non c’era bisogno di arrivare a tanto.»
In risposta, Nikolai fa spallucce e sospira forte mentre si indica il piede. «E credi che sia stato volontario? Non doveva finire in questo modo. Ma capita anche ai migliori, così si dice», replica, e a quel punto Sigma lo guarda.
Gogol’ lo fissa di rimando, quindi fa una pausa teatrale e gira il viso. «Mai più tacchi, segnati le mie parole, Sigma-kun!», grida infine.
Il giovane sbatte le ciglia per qualche attimo, poi un sorriso gli illumina gli occhi. Dopo qualche istante, una risata spontanea erompe dalla sua gola e diventa sempre più forte: la somma di tutte quelle che è stato costretto a trattenere fino a quel momento. E non c’è scherno in essa, lo sanno entrambi: solamente liberazione, tensione rilasciata, stupore… e qualcosa di ancora più salutare e cercato, voluto.
«Sei diventato tutto rosso», lo richiama Nikolai con tono incrinato dal divertimento, mentre lo osserva coprirsi il viso paonazzo con le mani. 
«Già, e non è da me», risponde subito il manager, appoggiando la gamba di Gogol’ sul letto e alzandosi, riprendendo quasi immediatamente il suo contegno, «meglio che nessuno mi veda in questo stato. E anche tu dovresti sistemarti: il tuo amato si starà chiedendo quanto grave sia la storta che hai preso… e quanto inventata.»
Ora è il turno di Nikolai di sorridere sinistramente fino a ridere, e mentre fa un occhiolino d’intesa a Sigma e questi, almeno per un momento, risponde con un ghigno, nel cuore del manager qualcosa ritrova la sua inusuale normalità. Sono davvero fatti per le ombre… ma, e forse è la folgorazione illusoria di un attimo o forse è schietta verità, per quelle pronte ad accogliere. «In verità, il tuo spettacolo è stato splendido», prosegue mentre dà le spalle a Gogol’ e si appresta a lasciare la stanza, «come la tua voce. Ora riposa e non farti vedere per un po’, mando avanti io la scena. Non creare guai.»
«Tanti complimenti rendono tutti più bravi di quanto realmente siano, ma io li accetto volentieri! Però, nessuno ti sta cacciando via dalla tua stessa stanza, sai.»
Se è un invito a restare, Sigma decide di non dargli retta e si allontana dal letto e dalle gemme dorate che esitano a lasciarlo andare.
Un passo alla volta, non è facile riavvicinare quanto si è a lungo tenuto a distanza.
«Sigma-kun», lo chiama nuovamente Gogol’, il tono leggermente più calmo, «ora lo ammetti che siamo una squadra fantastica, io e te?»
L’interpellato non si volta, ma ogni parte di sé rivela la risposta e questo fa sorgere un piccolo fischio di apprezzamento nel giullare.
La porta che si chiude alle spalle del manager non riesce a spegnere la voce dell’altro, come questa cambia divenendo un’altra e indossando le parole di una nuova canzone; e il lontano Natale impallidisce dentro di essa, con il proposito di ritornare in un altro momento ― magari un po’ cambiato, forse con meno amarezza.

Into a place, where thoughts can bloom

Into a room where it’s nine in the afternoon

And we know that it could be

And we know that it should

And you know that you feel it too.

Fermo sulla soglia, Sigma fa un lieve sorriso alla melodia che gli è ormai penetrata nella mente e intanto si volge verso la luna, la cui figura piena sta comparendo a ogni finestra dello Sky Casino e domandando cortesemente di entrare. Calamitato dalla bellezza di quella, il manager decide di ritardare i propri piani e si avvicina alla vetrata più vicina per osservarla; e mentre ascolta la canzone di Nikolai, spalanca gli occhi in una rivelazione improvvisa.
Gli orecchini… per tutto il tempo che siamo rimasti nella stanza, Gogol’ non li ha indossati.
Un dettaglio così piccolo, ma ora estremamente e stranamente particolare: sono stati progettati per registrare qualunque parola e movimento del loro obiettivo, per rimanere sempre collegati con il resto del Decadimento, e mentre Nikolai li ha tenuti durante i suoi numeri, da quando sono arrivati in camera si è mostrato privo di essi. Assolutamente plausibile che una volta portato a termine il compito assegnato se li sia tolti ― e che quindi in quella stanza siano stati soli, unicamente loro due e con il mondo a distanza ―, ma quando ne avrebbe avuto il tempo, contando l’incidente?
… Sempre che questo non sia stato programmato insieme al resto, e Nikolai non lo abbia ingannato per tutto il tempo. Non può esserne sicuro, ma neanche escluderlo con certezza: solo il clown, e forse neppure lui, conosce il mistero che costituisce la sua persona e come reagire a esso.
Eppure, in qualche modo, di quel mistero ormai fa parte anche lui: e a domanda replica con domanda, al silenzio con una mancanza di spiegazione, porgendo tenebra all’oscurità.
Si è sempre attirati verso chi ci assomiglia, è il pensiero che lo attraversa, in coda a tutti gli altri, e gli fa serrare i denti in una smorfia involontaria, guarda sotto il velo e chiediti quale sia il tuo riflesso.
Lascia andare le menzogne, abbi il coraggio di accettare la verità.
I quesiti che seguono, la luna li ascolta tutti; e mentre sale nel cielo porta con sé la traccia di sensazioni troppo vivide per essere lecite e ogni preghiera che le sia stata donata, discreta e onnisciente.
Nei corridoi, una sola voce finisce d’intessere la sua malia e muore negli echi sussurrati che inseguono chiunque voglia ascoltarli, coloro che sanno già dove trovare ciò che cercano e chi sta scoprendo di non aver mai smesso di desiderare.

“And we know that it could be

And we know that it should

And you know that you feel it too.




 

ANGOLO DI MANTO

 

Non ci credo, non ci credo davvero: eppure l’ho finita.
Da settembre che l’idea c’era, solamente ora sono riuscita a metterla in atto. Ma ce l’ho fatta.
Un immenso, infinito grazie a Yas, Gloria e Lisa per avermi ispirato la storia.
Grazie a Sonia e Ale perché si sono sorbite tutti, TUTTI i miei scleri e le idee in merito. Questa fanfiction è per voi, solamente per voi.
Il titolo della storia riprende una frase tratta da “Northern Downpour” dei Panic! At The Disco.

 

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