Gravitation

di writer01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** occhi azzurri ***
Capitolo 2: *** incontro ***
Capitolo 3: *** Flashback ***
Capitolo 4: *** Risate ***
Capitolo 5: *** Rosso e Rosa ***
Capitolo 6: *** Opposti ***
Capitolo 7: *** Il Cacciatore ***
Capitolo 8: *** Ferro Dello Stige ***
Capitolo 9: *** Comunicazioni importanti ***



Capitolo 1
*** occhi azzurri ***


Quando la lettera arriva sono seduto su una panchina a mangiare un panino del Mc Donald’s. Come al solito appare dal nulla e come al solito, io non sono per niente entusiasta nel vederla. Mi ricorda troppo lui, mi ricorda troppo ciò che eravamo. Tuttavia sono obbligato ad aprire la lettera e leggere quale sarà il mio prossimo obbiettivo. Prima di aprirla leggo il numero inciso nella parte frontale.
 
1998/2000
 
Nel leggere quei due numeri separati da una barra non posso fare a meno di provare un moto di gioia dentro di me, alla fine la mia penitenza sta per giungere al termine, un altro incarico compreso questo e sarò finalmente libero. Apro la busta e tiro fuori la lettera. Come sempre c’è scritto il nome, il cognome, l’indirizzo di casa e di scuola del semidio che mi mandano a recuperare o del mostro che mi mandano ad uccidere. A volte si divertono a farmi fare cose imbarazzanti. Una volta in una lettera aveva trovato scritto:
 
“se un giorno vuoi tornare a essere libero, devi superare la seguente prova: devi dire ad una bambina al parco che Babbo Natale non esiste. Con amore, gli Dei Dell’Olimpo.”
 
  Se solo ci ripenso, mi viene da ridere. Quando mi capitano ordini di quel tipo non esito a farli, insomma, sempre meglio di rischiare la vita per uccidere un mostro o magari tentando di proteggere uno dei tanti pargoli che gli dei non esitano a generare. Mi fa schifo pensare a quanto gli dei siano infedeli. Insomma, pensate alla povera Era, che ormai ha delle corna più grandi dell’isola di Creta. Che buon esempio può dare un dio che ha generato qualche migliaio di figli illegittimi durante la storia? Ecco, nessun esempio, o almeno sbagliato. Mi alzo dalla panchina con la lettera ancora in mano. Mi guardo intorno e vedo un corvo a cinque metri da me che mi fissa. Ho imparato a mie spese che mio padre usa i corvi per guardare il mondo di superficie. Non ci penso due volte e alzo il dito medio in direzione del volatile. Non sembra farci molto caso, ma posso immaginare la faccia indignata di mio padre. Il corvo resta immobile e mi costringo a guardarlo meglio. La mia mente non vuole credere a ciò che gli occhi le dicono di vedere. L’animale ha dei bellissimi occhi azzurri, lo stesso azzurro del cielo più limpido che si possa immaginare. Ho osservato troppo a lungo quelle iridi per non riconoscerle. Sembrano i suoi occhi. Posso immaginarmi le risate che degli dei dell’olimpo mentre osservano la mia reazione.
 
 Inizio a tremare e il foglio mi cade dalle dita. Quel corvo non è stato mandato da mio padre, ma de quei maledetti che mi mandano a salvare i loro figli. In preda all’ira raccolgo un sasso e lo lanciò verso l’uccello, non lo colpisco ma almeno vola via. Mi tremano le mani, tento di farle smettere e alla fine ci riesco. Col passare degli anni son diventato bravo far smettere le mani di tremare, sono diventato bravo a sopprimere le lacrime ma, soprattutto, son diventato bravo a ricacciare indietro i ricordi, soprattutto i ricordi di lui o di noi. Sono quelli che fanno più male perché mi ricordano tutto ciò che eravamo, e quello che saremmo potuti essere se solo qualcosa non si fosse interposto. Ormai la gioia per quel numero è scomparsa, lasciando spazio ad un terribile senso di infelicità e vuoto.
 
 Una vecchietta mi sta fissando, forse per la pietra che ho lanciato verso quel maledetto, ma non m’importa. Per un attimo mi viene voglia di fermarmi e sfogarmi, dire a questa signora ciò che ho passato, ho sentito dire che condividere i propri sentimenti con qualcuno aiuta ad affrontarli. Magari riuscirei persino ad ottenere un abbraccio, un po' di quel calore umano che ormai da tempo non sento sulla mia pelle. Vorrei tanto sedermi affianco a lei e parlare, ma immagino cosa vede lei: un ragazzo sui sedici anni, magro, capelli più neri della pece con addosso dei pantaloni in stile militare e un maglione di lana troppo leggero per la pungente aria di dicembre. Inoltre penserà che io sia un vandalo, dopo quello che ho fatto. Alla fine mi limito a passarle davanti senza neanche guardarla negli occhi. Quando la sorpasso mi sembra di sentire il suo sguardo accusatorio puntato sulla mia schiena, è una consapevolezza dolorosa, sapere che una persona ha l’idea sbagliata di te. Per la seconda volta in un minuto mi viene voglia di fermarmi e chiarire, ma desisto. Ho imparato da tempo ad infischiarmene di ciò che la gente pensa di me. Ho imparato che le cose assumono l’importanza che noi decidiamo di dargli, è per me lui era così importante da farmi scordare ciò che stavo facendo prima di vederlo, così importante da farmi maledire per lui. A volte penso che quella che mi è stata inflitta sia la peggiore delle torture. Infondo il dolore fisico prima o poi sparisce, ma quello emotivo? No, quello no. Può attenuarsi ma non sparire. Sarà sempre in un angolino della mia mente, pronto a colpirmi quando meno me lo aspetto. Consapevole che la mia tortura non finirà neanche dopo la fine degli incarichi, esco dal parco, con una ferma intenzione nella mia mente: “Ho sofferto troppo per amore, è giunto il momento di dire addio a questo sentimento”.
 
Allora, se state leggendo queste poche righe, significa che avete letto il capitolo qua sopra perciò, grazie in partenza. Allora, come già avrete capito dal titolo, la ff si ispira ad un manga intitolato “Gravitation”; un manga che mi è particolarmente piaciuto e non esito a consigliarvi di guardarlo. Su YouTube trovate tutti gli episodi più i due OVA con i sottotitoli in italiano. Comunque, non son qui per fare pubblicità. Allora, mi rendo conto di essere stato molto ma molto evasivo riguardo a questo personaggio, ma ben presto saprete altro. Ho deciso di eliminare il vecchio primo capitolo perché ho cambiato qualcosa nella trama ma comunque non molto.
p.s.: se trovate errori ,per favore, ditemelo e magari lasciate una recensione che mi renderebbe molto felice.
-Writer01

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Capitolo 2
*** incontro ***


Ed ecco il secondo capitolo. Ringrazia tutte le persone che hanno letto e recensito il primo e niente, buona lettura. (se trovate errori ditemelo per favore)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
    
 
Camminare per strada a dicembre senza un capotto è stata una decisione davvero stupida. Il maglione che ho addosso è veramente troppo leggero e sento il freddo. Mi sto dirigendo verso l’indirizzo indicato dalla lettera con sguardo perso. La vista di quegli occhi mi ha davvero turbato. Sembra che gli dei mi facciano ricordare ogni volta che io provo a dimenticare, come per dirmi “ehi tu, no no no. Non puoi dimenticare. Devi soffrire fino alla fine”. Sono più che convinto che si tratti di questo. Infondo è questo il loro divertimento. Tormentare e tormentare i semidei, o almeno rendere la loro esistenza estremamente penosa. Qualche anno fa c’è stata una guerra, alla quale ho preso parte anch’io. Tiro distrattamente un calcio ad una lattina. Questa rimbalza per qualche metro e poi si ferma davanti ad un palo della luce. Prendo tra le mani la lettera un’altra volta. Leggo l’indirizzo. Non dovrebbe mancare molto stando a ciò che c’è scritto perciò accelero il passo. Ormai sono nella via indicata dal biglietto, inizio a leggero i numeri civici.

32,34,36,38,40, 42...56, bingo!

Devo ammetterlo, chiunque abiti qui deve passarsela proprio bene. La casa in questione è una piccola villetta circondata da un discreto giardino. Avrei dovuto aspettarmelo, sono finito proprio in uno dei quartieri “vip” della città. Per fortuna dalla parte opposta della strada c’è una panchina pulita. Mi siedo e ho la casa proprio di fronte a me. Probabilmente gran parte dei residenti sono a lavoro, c’è un silenzio surreale. Nessuno che passa per strada, neanche un rumore che indichi la presenza di qualche essere vivente nei paraggi. Almeno non umano. L’aria è impregnata dall’aura di un mostro veramente potente, o magari di più di uno. Non so se è nei paraggi, l’odore di mostro è difficile da camuffare, anche se molto meno di quello di un semidio. Mi guardo intorno ma non vedo niente che possa indicare la presenza di un mostro. Improvvisamente un senso d’ansia e terrore mi assale, se qui abita veramente un semidio è veramente in pericolo. Nella lettera non c’è nessuna informazione sul ragazzo o sulla ragazza. Tuttavia sono più che certo che si tratti di un ragazzo con non più di 16 anni, raramente i semidei superano questa soglia di età. Guardo l’orologio e mi rendo conto che il ragazzo in questione dovrebbe essere uscito da scuola da quasi venti minuti. Prima o poi, dovrà pur tornare a casa. E così fa.
 
 
 
Da un angolo della strada appare un ragazzo che, come già avevo immaginato, avrà più o meno 15 anni. È da solo e a pima vista sembrerebbe un figlio di una qualche divinità importante. Come già vi ho detto, è praticamente impossibile camuffare l’odore o l’aura di potere di un semidio. Potete mettervi tutto il profumo ma vi assicuro che per i mostri puzzerete sempre, puzzerete come un ottimo spuntino umano.
 
Il ragazzo ha una borsa sulle spalle. Mi alzo e cammino nella direzione opposta alla sua, lui non sembra avermi notato. Ha le cuffie e probabilmente è immerso nel suo mondo personale. Questo mi semplificherà le cose. Ora che mi sto avvicinando riesco a scorgere i particolari. Non è molto alto, ma neanche basso, è nella media. Ha dei capelli biondissimi, e un viso raggiante e abbronzato. Non riesco a vedere i suoi occhi ma ci scommetterei l’anima che sono azzurri come il più limpido dei cieli immaginabili. E scommetterei che è anche un figlio di Apollo. Questo è davvero un tiro mancino, ma dovevo aspettarmelo, infondo gli dei dono sempre gli dei. Ormai pochi metri ci separano e capisco che ho fatto centro. Porta addosso un’orrenda divisa scolastica. Sono ancora troppo lontano per vedere lo stemma. Quando solo mezzo metro ci separa cambio direzione e vado a sbattere contro di lui. L’impatto è stato minimo ma mi butto per terra. Lui sembra cadere dalle nuvole. Si guarda per un attimo intorno e mi vede. Posa lo sguardo su di me e beh, la mia anima è ancora mia. I suoi occhi sono tali e quali quelli che ho visto questa mattina. Quando mi tende una mano esito un attimo per la vista di quelle iridi. Mi maledico mentalmente e afferro la sua mano, ha una presa forte. Almeno non è una mammoletta. Dopo essermi alzato in piedi si toglie gli auricolari e mi rivolge la parola con un tono mortificato.
 
 
: - scusa…- dice passandosi una mano dietro la nuca – è solo che avevo gli auricolari e non ti ho proprio visto-
 
: - non fa niente, non preoccuparti, anche io avevo la testa fra le nuvole e non ti ho proprio visto- faccio un finto sorriso e do un rapido sguardo alla divisa. Ho attenuto ciò che volevo.: - oh, sei uno studente della Wammy’s House? Io mi devo trasferire li tra qualche giorno- dico cogliendo l’occasione
 
 Lui sembra sorpreso e esita per un attimo prima di rispondermi: - allora tanto vale presentarci? No? Magari finirai nella mia classe-. Sorrido e gli tendo la mano destra e lui fa lo stesso. “Dylan” dice lui, “Elias” rispondo io. Naturalmente il mio è un nome inventato sul momento. Raramente rivelo la mia identità, lo faccio da quando ho letto “Death Note”. Lui fa un sorriso raggiante, mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi e dice che deve tornare a casa. Io praticamente dico lo stesso e lo saluto. Solo quando sono fuori dalla sua visuale mi butto a terra, mi siedo poggiando la schiena ad un muro. Ha detto di chiamarsi Dylan, e così è questo il suo nuovo nome. Non è cambiato per niente, sempre così ingenuo. Ora capisco perché nessun mostro ha mai toccato quel semidio, forse perché gli dei volevano proteggerlo pe farsi beffa di me. Posso solo immaginare quello che gli dei abbiano in mente, magari farlo morire un’altra volta davanti ai miei occhi. Una lacrima mi riga il viso. Nessuna cattiveria può eguagliare questa. Pensavo che non l’avrei più rivisto. Devo assolutamente salvarlo, non posso permettere che muoia, un’altra volta. Non lo sopporterei. Alzo il pantalone e prendo il pugnale che porto sempre attaccato alla caviglia. Ci tengo a specificare che non sono autolesionista. Passo la lama del pugnale sul palmo della mia mano e il sangue inizia subito a fuoriuscire, non mi infliggo una ferita profonda ma mi riguardo dal farla sulla mano destra, la mano con cui impugno la spada. Mi alzo e mi avvicino ad una zona d’ombra vicina. Faccio cadere qualche goccia del mio sangue sul terreno e pronuncio le parole che lei mi disse di pronunciare casomai avessi avuto bisogno d’aiuto. Se non fosse per qualcosa di veramente importante non chiederei il suo aiuto, ma lui è la cosa più importante per me.
 
“Nyx, signora della notte e madre di tutti i mali, io chiedo il tuo aiuto”
 
La risposta è immediata, le ombre si fanno più fitte e nel punto in cui il mio sangue ha toccato terra ora c’è una donna con addosso un abito da sera blu scuro. Per quanto non sia quel che cerco, non posso dire che non si tratti di forse la donna più bella che io abbia mai visto. Mi sorride malignamente. Non capisco perché una divinità così potente mi voglia aiutare, probabilmente c’è un doppio fine ma me ne infischio. 
 
: - alla fine ti sei deciso a chiedermi aiuto, ragazzo. Dimmi tutto-
 
: - mi devi aiutare a salvare quel ragazzo, mi devi aiutare a salvare William Solace. -
 
La dea fa un gesto con la mano ed è buio.

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Capitolo 3
*** Flashback ***


Fisso il portone davanti a me.
 
 Nyx ha capito in pieno il mio piano. Infilo la mano nella tasca destra dei pantaloni e prendo le chiavi che mi ha dato Notte. La casa si trova nella stessa via di quella di Will ed è molto simile alla sua: una grande casa a due piani circondata da un giardino medio grande con qualche albero da frutto qua e là. È notte fonda e sono sicuro che nessuno sia in giro a quest’ora, o almeno nessuno di umano. Dopo aver visto Notte ho una strana sensazione addosso, come se qualcuno o qualcosa mi stesse guardando, è una sensazione terribile. Mi guardo intorno ma non vedo niente. È buio pesto e la strada è illuminata dai lampioni lungo il marciapiede. Mi do un'altra occhiata in giro, non vedo niente ma sento ancora degli occhi puntati su di me. Chiunque stando in un viale praticamente non illuminato si affretterebbe ad entrare dentro casa, ma io no. Il buio per me non è un problema, anzi, mi rilassa. Mi piace il silenzio assoluto che si va a creare quando cala la notte. Quello che mi spaventa è ciò che si potrebbe nascondere nell’ombra. Alla fine mi decido ad entrare. Infilo la chiave nella serratura e la porta inizia ad aprirsi rivelando l’interno della casa. Come l’esterno anche l’interno fa pensare che chiunque abiti qui deve necessariamente essere uno che se la passa piuttosto bene. L’ingresso è ancora avvolto nella penombra e cerco un interruttore lasciando socchiuso il portoncino d’ingresso, altrimenti la luce dei lampioni smetterebbe di illuminare l’interno e io rimarrei nell’ombra. Dopo qualche minuto di ricerca riesco infine a trovare il fatidico interruttore e lo premo. Le luci si accendono e la luce prende il sopravvento. Di fronte a me si staglia un lungo corridoio che porta a quella che sembra una cucina. Sul lato destro del corridoio si trova una scala che porta al primo piano dove ci sono le stanze da letto. Lungo il corridoio che porta alla cucina ci sono delle porte, probabilmente sgabuzzini e forse una dà sul salotto. Mi prendo qualche secondo per guardarmi intorno e alla fine mi giro per chiudere la porta.
 
Infilo la chiave nella toppa interna e spingo la porta per chiuderla. Quando la porta sta per incontrarsi col muro guardo fuori per un millisecondo, come spinto da una strana curiosità. Ciò che vedo fa perdere un battito al mio cuore. Due occhi più rossi del sangue sono a meno di 10 cm dalla porta che mi fissano. L’oscurità del viale non mi permette di vedere la faccia ma so per certo che non è umana. Chiudo la porta con una tale forza da far vibrare le pareti. Sguaino la mia spada di gelido ferro dello Stige e poggio l’occhio sullo spioncino del portone per vedere se quegli occhi sono ancora là. Non vedo niente oltre qualche lampione. Per un secondo provo una sensazione di sollievo poi la mia mente mi richiama alla realtà. se non lo vedo è solo perché si è nascosto.
 
 
: - merda…- dico tra me e me
 
 
 Come faccio a combattere un nemico che non vedo? Almeno ora sono certo che si tratti di uno solo, ed è anche furbo. Sapevo che qualcuno mi stava osservato. Mi ha volontariamente tenuto d’occhio e ha tentato di spaventarmi, è intelligente e probabilmente può manipolare la foschia o può cambiare forma per apparire come un umano. Se prima ero spaventato ora sono terrorizzato. Sempre con la spada tra le mani attraverso il corridoio ed entro in cucina. C’è un silenzio degno della prateria degli asfodeli ma non mi lascio ingannare. Ho tutti i nervi del corpo tesi e sono pronto a qualunque cosa, anche a far uso delle mie abilità ereditate dalla parte divina. Mi avvicino al tavolo presente al centro della cucina e vedo che c’è un foglio sopra. La prendo e lo giro. nella seconda faccia del foglio c’è un messaggio scritto con inchiostro blu in corsivo a dir poco perfetto. Essendo già dislessico dio mio, tutti i riccioli e boccoli delle lettere non mi aiutano di certo. Mi ci vogliono diversi minuti per decifrare il tutto ma alla fine riesco a dare un senso a ciò che leggo.
 
“ehi ragazzo, non puoi capire le risate che mi sono fatta vedendo lo spavento che ti sei preso. Non ridevo così da diversi milioni di anni, dovrei farlo più spesso. Comunque non ti preoccupare, questa casa è protetta da confini magici, come quel campo per voi semidei. A meno che tu non gli dia il permesso, nessuno può entrare, compresi i mostri. Solo questo ti ha salvato dalle grinfie di Thanatos. Ricorda che mi sei debitore.
 
                                                                                                                                                     La tua cara Notte”
 
Appena realizzo ciò che c’è scritto crollo su una delle sei sedie intorno al tavolo. Se nessuno può entrare qua senza il mio permesso dovrei essere al sicuro. So che è un errore fidarsi di Notte ma non ho altra scelta. Guardo l’orologio digitale che porto al polso. Sono le tre di notte e decido di andare al piano di sopra per coricarmi.
 
 
Ci sono due stanze da letto, io entro in quella matrimoniale in modo da avere un letto pensato per due solo per me. Apro l’armadio e prendo uno dei tanti pigiami e mi butto sul letto. È incredibile la velocità con cui prendo sonno e, di conseguenza, precipito in uno dei miei incubi.
 
                                                               ________________________________
Nel mio incubo non ho ne forma e né peso, sembro un fantasma. Osservo il paesaggio che mi si rivela. Sono in una delimitata parte di un bosco. C’è un grande albero che risalta in mezzo agli altri più bassi. Una strana sensazione mi dice che quell’albero l’ho già visto, ha un qualcosa di importante che risveglia in me delle strane sensazioni ormai assopite da tempo. Aspetto, incapace di muovermi finché non sento due voci. Sono chiaramente maschili. Poi vedo arrivare i due ragazzi proprietari di quelle voci e per la seconda volta in questa giornata il mio cuore perde un battito. Questo non è un incubo, è un flashback di uno dei tanti momenti felici che ho passato con lui. mi ricordo che tre anni fa, quando entrambi avevamo 13 anni io lo trattavo in modo molto acido e scontroso. Potendo, tornerei indietro nel tempo e prenderei a schiaffi il mio me di 3 anni fa. Non avevo ancora capito pienamente cosa lui fosse per me. I due ragazzi si siedono sotto il grande albero e il ragazzo con i capelli neri, il me tredicenne, poggia la testa sulla spalla del ragazzo biondo. ora ricordo bene questo momento, è stato quando ci siamo scambiati il nostro primo vero bacio. Non so se i fantasmi possono piangere, ma io probabilmente lo sto facendo in questo momento. Ascolto la loro conversazione, anche se me la ricordo come se l’avessi fatta ieri
 
: - Nico, come la prenderanno secondo te i nostri padri su questa cosa? -
 
 
: - quale cosa? -  chiede il mio vecchio me anche se sa bene a cosa si riferisce l’altro.
 
: - si cioè, insomma, noi due che stiamo ins… cioè, hai capito. – dice il biondo iniziando a balbettare, è chiaramente in imbarazzo.
 
: - Oh beh, io ho vissuto il 90% della mia vita senza essere a conoscenza dell’esistenza di mio padre, perciò, se non dovesse andargli bene sono più che sicuro che riuscirei a vivere anche il resto della vita senza di lui. tu che ne pensi? –
 
: - Nico? –
 
A quel punto il moro si gira ma non fa in tempo a dire una parola che le labbra del biondo si sono posate sulle sue. Decisamente il miglior modo per mettere a tacere una persona, sai essa maschio o femmina. Ricordo questa scena perfettamente, ricordo perfettamente il momento in cui le mie labbra hanno incontrato le sue. Ricordo bene il formicolio che avevo provato in tutto il corpo dandomi i brividi. Quello era stato il mio primo bacio, senza contare quelli che mi davano mia madre e mia sorella quand’ero piccolo. Mia sorella, la mia Bianca, un’altra parte nera della mia vita.
 
 Improvvisamente la scena si blocca. Il vento smette di soffiare e la natura di vivere. Sembra tutto congelato poi una strana creatura dagli occhi di rubino fa la sua comparsa dall’ombra e mi guarda fiso negli occhi, fa un gesto con quello che sembra un braccio e la scena scompare.
 
 
 
                                                           _________________________________
 
 
Mi sveglio di soprassalto, grondante di sudore nonostante sia dicembre inoltrato. Senza il mio permesso una lacrima solitaria mi segna il viso, come le mie emozioni hanno segnato la mia vita. Guardo l’orologio, sono le sei di mattina ma mi alzo dal letto per andare a farmi una doccia. Non ho intenzione di riaddormentarmi solo per vivere un altro flashback e poi mi devo preparare, oggi devo andare a scuola.

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Capitolo 4
*** Risate ***


Sto aspettando che Will esca di casa da quasi 20 minuti. Inizio a pensare che forse la mattina i genitori lo accompagnano personalmente a scuola, ma allora perché farlo tornare a piedi? Sono appollaiato sul balcone della finestra del secondo piano a osservare la porta di casa sua. Ho intenzione di uscire di casa non appena lo farà anche lui, così con una scusa banale potrò fare la strada per scuola in sua compagnia. Dopo quello che ho visto ieri sera sono più che convinto che sia meglio stargli attaccato alle costole se voglio salvargli la pelle ma, soprattutto, devo mettere da parte i sentimenti, o almeno ci devo provare, non voglio fine la fine di Giulietta. Odio il veleno, preferirei un fendente dritto al cuore.

Guardo l’orologio e mi accorgo che mancano meno di 20 minuti all’inizio della prima lezione, almeno ora so che Will è rimasto il solito ritardatario di sempre. Passano altri 5 minuti prima che la porta della casa accanto si apra. Mi alzo e mi dirigo velocemente verso la porta con le chiavi tra le mani. Ho deciso di non portare la spada con me, da troppo nell’occhio. Per compensare l’assenza della mia arma preferita mi sono legato un pugnale alla caviglia, ma sono sicuro che contro il mostro che ho visto ieri sera non basterà un pugnale con una lama di 10 cm scarsi. Esco di casa e questa volta l’inverno non mi trova impreparato, ho addosso un giubbotto invernale che mi scalda alla perfezione. Sotto il giubbotto indosso il mio solito completo a accezione del maglione: converse nere, pantaloni dello stesso colore delle scarpe, una maglietta nera dei nirvana e infine un golfo blu scuro sotto il giubbotto. Oggi potrei essere scambiato per un eschimese, o magari per un teenager con pessimi gusti riguardo al vestiario, che poi corrisponde al vero. Mi metto sulla stessa parte della strada in cui sta camminando Dylan, cioè Will. Lui mi guarda e capisco che mi ha riconosciuto ma non lo saluto. Mi metto poco più avanti di lui e inizio a camminare. Dopo pochi secondi sento il rumore di passi veloci.
 
<< Ciao Elias>> dice Will mettendosi al mio fianco.
 
<< Ciao Will>> appena termino di dire queste parole mi maledico mentalmente, come ho fatto ad essere così stupido? Lui sembra confuso e si guarda dietro come per controllare se c’è qualcun altro di nome Will.
 
<< Cioè, volevo dire Dylan. Scusa ma assomigli proprio a un mio amico>> amico, naturalmente, non è una parola che spiega ciò che era lui per me.
 
Dylan sembra confuso ma poi fa spallucce e riprende a camminare normalmente.
 
<< Non ti preoccupare, a volte succede anche a me. Per esempio la tua faccia mi ricorda una persona, sei per caso italiano?>> mi chiede.
Ormai sono diventato bravo a nascondere ciò che mi passa per la testa, perciò continuo a camminare normalmente anche se dentro di me una tempesta di domande sta iniziando ad infuriare. Questo significa che anche lui in fondo ha dei ricordi di me… forse c’è la possibilità che recuperi la memoria.
 
<< Si, effettivamente sono nato a Venezia e ho vissuto lì per qualche anno prima di trasferirmi in America. Sei per caso uno studente della Wammy’s House?>>
 
<< Si, prima andavo in un’altra scuola e da qualche mese mi sono iscritto alla Wammy’s House >> mi risponde ma, al contrario di prima, non mi guarda negli occhi ma tiene lo sguardo fisso sul terreno. Non do particolare attenzione a questo dettaglio e continuo a camminare cercando di dare delle risposte alle mie domande mentali. Ormai abbiamo iniziato a camminare uno di fianco all’altro in direzione della scuola, come farebbero due amici. Iniziamo a parlare di musica e io gli confido che sono un fan sfegatato dei Nirvana e lui scoppia a ridere, dicendomi che odia il Metal e il Rock. Anche se mi viene difficile da ammettere, devo dire che ci sono rimasto male quando rivela questo particolare.
 
 
Quando arriviamo a scuola rimango impressionato dalla grandezza dell’edificio, sembra quasi un castello. Dylan deve aver visto il mio stupore perché mi poggia una mano sulla spalla sinistra e inizia anche lui a fissare l’enorme costruzione con i suoi bellissimi occhi azzurri. Probabilmente mi sono incantato a guardare i suoi occhi perché a un certo punto fa una faccia strana e fa finta di schiacciare una mosca proprio davanti alla mia faccia.
<< Oh, scusa>> dico maledicendomi per la seconda volta in un giorno << Vogliamo entrare in classe? Non voglio arrivare in ritardo già dal primo giorno>>
 
 Lui scoppia a ridere e io mi sento mancare l’aria nei polmoni. Non sentivo la sua risata da quasi due anni… un moto di gioia si fa strada dentro di me, consapevole che per carattere e aspetto è rimasto Will, il mio Will. Gli chiedo se può mostrarmi la strada per l’aula 58b e lui mi dice che è la sua aula, ma io lo sapevo già, infondo sono stato io a chiedere a Notte di mettermi in classe con lui.
<< Magnifico! Significa che ho già un amico all’interno della mia nuova classe>> dico, tentando di assecondare la sua euforia e la sua felicità. Col tempo sono diventato bravo a ingannare la gente, sono diventato bravo ad indossare sentimenti che non provavo. Ma non ci sono riuscito con la felicità. Essa è forse il sentimento più puro e difficile da imitare, perché? Semplice, perché era lui la felicità. Dylan scoppia a ridere e dice:
 
<< sembri un bambino a cui hanno dato una caramella più buona del solito>> accompagnando il tutto con una risata cristallina che mi scalda il cuore.
 
<< Forza, segui il biondino carino>> dice sfoggiando un sorriso.
 
Sentendo quelle parole sorrido. Sorrido perché non ho mai sentito una cosa più vera di quella che ha appena finito di dire. Tra me e me penso alla possibilità che mi stia provocando, o che magari sia una frase buttata a casaccio così. Nel dubbio, scelgo la prima.
 
<< mi piacciono i biondini>> e lo seguo per i corridoi della scuola.
 
_______________________________________________________________________________________
 
 
 Angolino dell’autore:
 
Allouraaaaaaaa;
scusate se per questo capitolo ci ho messo un po', ma sono tornato dalle vacanze e tipo in una settimana ho fatto 5 compiti in classe. Comunque, riguardo al capitolo non ho niente da dire, se potete lasciate una recensione perché fa sempre piacere. Ee niente, il prossimo probabilmente sarà dal punto di vista di Will.
Ciao e possa sempre la buona sorte essere a vostro favore
-Writer01

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Capitolo 5
*** Rosso e Rosa ***


Angolo autore.

 

Allora, prima di tutto vi devo chiedere scusa se ci ho messo così tato ad aggiornare. Ero molto impegnato con la scuola e sinceramente non ho avuto tempo. Come promesso, questo capitlo e probabilmente nche il prosismo solo dal punto di vista di Dylan/Will. Mi son reso conto che questo capitolo, alla trama della storia, non erve a un granché ma mi piaceva e siccome mi sono divertito un mondo a scriverlo ho deciso di metterlo comunque. Eh niente, spero che mi piaccia e se vedete errori segnalatemelo perché è importante a parer mio ricevere delle critiche se sono effettivamente necessarie. Prima di lasciarvi al capitolo vi voglio chiedere una cosa ( spero mi rispondiate) vi piace Black Butler?

 

-Writer01








 

<< E così hai cambiato 5 scuole in meno di un anno?>> mi chiede Elias continuando a scrivere sul suo quaderno.

<< in sintesi si>> rispondo io tenendo la sguardo basso sul mio libro di fisica.

Siamo nel giardino di casa mia, seduti intorno a un tavolino di plastica ormai vecchio e malandato. Non capisco come faccia a reggere il peso dei nostri libri. Elias sta studiando un capitolo di storia e io sto tentando di capire qualcosa di tutti questi numeri stampati sulla lucida carta del libro.

<< perché?>> chiede lui interrompendo il silenzio. Lui deve aver capito che non so a cosa si stia riferendo perché poco dopo aggiunge << intendo perché hai cambiato così tante scuole in meno di un anno>>

<< i miei si spostano molto per lavoro, e io devo seguirli>> rispondo tentando di velare al meglio la mia insicurezza. Lui mi guarda negli occhi per qualche secondo prima di tornare a rivolgere la sua attenzione al libro.

<< è veramente interessante questo dossier sulle torture medievali. Senti un po', a volte appendevano le persone al soffitto per le braccia, finché le articolazione non si rompevano. Oppure impalavano i traditori facendo passare un palo per la cassa toracica … il poveretto doveva soffrire davvero molto. Fiumi e fiumi di uno scarlatto sangue che si sparge dappertutto!>> conclude con troppo entusiasmo.

<< che schifo! Trovi queste cose interessanti ? Sono delle schifezze belle e grosse, non capisco come possa l'uomo concepire una cosa del genere.>> quando ho urlato “che schifo!” dovevo aver un tono piuttosto stridulo perché Elias si porta la mano destra alla bocca nel mero tentativo di non scoppiare a ridere

<< non sapevo che dessero fastidio queste cose, non vuoi diventare un medico?>>

<< si ma... cioè, non mi fa senso solo che… non è la stessa cosa!>> sbotto infine.

Elias ormai non ce la fa più a trattenersi e scoppia in una fragorosa risata che contagia anche me. Sorrido e rido anch'io, mi fermo solo per lanciargli un evidenziatore rosa addosso.

<< non ti prendere gioco di me!>> dico sorridendo.

<< come mai potrei prendermi gioco del medico che ha il terrore del sangue?>> dice sorridendo sornione.

<< tu invece sembri amarlo anche troppo, non è che sto parlando con un vampiro?>> dico facendogli un gesto per farmi restituire l'evidenziatore.

<< nah, altrimenti avrei già assaggiato il tuo sangue>>.

Non fa in tempo a restituirmi l'evidenziatore che glielo ho già lanciato, questa volta colpendolo un po' più forte.

<< ehi! Perché l'hai fatto?>>

<< non lo so, provo un gusto sadico nel lanciare evidenziatori rosa alla gente>>

<< a proposito, tra tutti i colori esistenti tu hai proprio un evidenziatore rosa?>> per la seconda volta sfoggia un sorriso sarcastico che mi fa venire i nervi. Odio il sarcasmo perché è ottimo per offendere, e di offese ne sono esperto.

<< non lo so. Hai qualcosa contro gli evidenziatori rosa?>>

<< si, preferisco quelli rossi, rossi come il sangue>>

Io lo guardo male. Lui non sembra farci caso e alla fine anche io sorrido. Forse, Elias è il mio primo vero amico da quando cambia la prima scuola.

<< allora devo dedurre che ti piace prenderti gioco dei dottori che temono il sangue?>>

<< ottima deduzione, Dylan!>>

sorrido e guardo il mio libro.

<< prima che tu iniziassi a parlare di torture medievali stavo tentando di studiare>> dico con un tono quasi di rimprovero che non convince neanche me. Elias sporge la faccia in avanti per vedere l'argomento delle pagine che fisso da più di due ore.

<< oh, la forza di Coriolis… non è molto complicata...>> dice.

Io lo guardo in malo modo << io sono qui a scervellarmi da due ore e tu mi dici “ non è molto complicata” ?! Ci rinuncio, chiederò spiegazioni al prof.>> sbuffo, chiudo il libro e mi butto sullo schienale della sedia grigia e sporca ormai anch'essa vecchia e malandata. Fa uno strano rumore e preferisco alleviare il peso piuttosto che rompere la sedia e cadere a sedere a terra, quello si che sarebbe un qualcosa di cui Elias riderebbe. Mi prenderebbe in giro a vita.

<< il sole sta per tramontare e c'è uno strano odore, non lo senti?>> dice Elias improvvisamente serio. I suo repentino cambio di umore mi mette in allarme, è normale che una persona cambi stato d'animo in meno di due secondi? A mio parere, no.

<< siamo a gennaio, è normale che faccio buio così presto e riguardo all'odore strano ,no, non sento niente. Anzi ora che ci penso l'odore che senti potrebbe essere mia madre che mi prepara da mangiare per tutta la prossima settimana>>

<< cioè?>> mi chiede lui di nuovo improvvisamente serio.

<< te l'ho detto, i miei viaggiano per lavoro e per tutta la prossima settimana saranno in Europa per affari. Sono agenti immobiliari per una importante impresa edilizia. In sintesi, passerò la prossima settimana senza i miei in mezzo ai piedi>>.

Elias sbianca in viso e si alza dalla sedia, facendo un rumore infernale. Raccoglie i suoi libri e quaderni e mette tutto dentro allo zaino. Io sono basito e mi limito a fissarlo.

<< scusa, mi son ricordato che devo fare una cosa importante a casa. Mentre i tuoi sono via on preoccuparti nel chiedermi qualcosa. Sai com'è, gli amici esistono anche per questo e poi per io sono sono letteralmente il ragazzo della porta accanto. A domani Dylan!>> dice e se va con passo spedito verso un cancelletto che porta al cortile d'ingresso.

<< amico, mi ha chiamato amico>> dico tra me e me con un sorriso ebete stampato sul volto. Metto alla rinfusa la roba dentro lo zaino e mi avvio verso l'entrata sul retro per entrare dentro casa.

Entrando dentro cassa realizzo che l'odore che ha sentito Elias non proveniva dalla cucina di casa mia. Mia madre sta leggendo da un foglio e man mano sbarra qualche punto dell'elenco. Dovete sapere che mie madre è una persona estremamente previdente, controlla e ricontrolla le cose almeno una decina di volte prima di decidere che vada tutto bene. Si giustifica sempre dicendo “prevenire è meglio che curare”.

<< le magliette… le carte di identità… tutti i numeri di emergenza memorizzati sul telefono… direi che siamo pronti per andare!>> dice mia madre non notando la mia presenza finché non faccio due finti colpi di tosse. Lei mi guarda con i suoi occhi azzurri che rispecchiano perfettamente la sua personalità. Angela, mia madre, è a mio parere la persona più solare e spensierata di questo mondo triste e preoccupante: niente e nessuno può togliere dal suo viso quel sorriso caldo che ammalia gli uomini. Si guarda in giro e quando mi vede sfoggia uno dei suoi incredibili sorrisi, facendo sì che le si formino alcune increspature sulla faccia.

<< oh Dylan, dobbiamo proprio scappare, abbiamo il check-in tra meno di un'ora e mezzo e... mi dispiace che dobbiamo stare via così tanto, ma sai com'è, il capo e il lavoro...>>

<< non vi preoccupate, posso resistere per qualche giorno anche da solo.>> rispondo con un po' di rammarico. I miei genitori sono davvero poco presenti, ma infondo non è colpa loro. Mia madre non fa in tempo neanche a finire di dire qualcosa tipo papà dovrebbe arrivare tra poco” che il diretto interessato entra in cucina con una grande valigia marrone e una ancora più grande valigia rosa piena di adesivi delle città che mia madre ha visitato

New York, Boston, Chicago, Berlino, Napoli, Helsinki, Oslo, Milano e molte altre.

<< oh eccoti, stavo giusto spiegando a Dylan che siam di fretta perché abbiamo il check-in tra meno di due ore. Io inizio ad andare alla macchina.>> dice e inizia ad avviarsi verso la porta quando poi si blocca, torna indietro, mi abbraccia e mi stampa un bacio sulla guancia destra, lasciandomi impresso sulla faccia il contorno delle sue labbra col rossetto rosso. Poi torna a dirigersi verso l'uscita, finché non la raggiunge ed esce.

In cucina siamo rimasti solo io e mio padre, il quale mi si avvicina e mi stringe in un goffo abbraccio.

<< fate buon viaggio e, mi raccomando, portatemi una cartolina dall'Austria.>> dico io

<< certo>> mi risponde lui prima di sollevare le due enormi valigie e iniziare a trascinarsele dietro con fare faticoso. Resto immobile a fissare mio padre che si allontana finché non esce anche lui, lasciandomi da solo in cucina. Resto per un bel mezzo minuti fermo a guardare la porta d'ingresso, non a pensare ai miei genitori, ma a pensare al repentino cambio di umore di Elias quando ha saputo della partenza dei miei.

<< mbha>> dico tra me e me << almeno ora ho la casa tutta per me>>.

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Capitolo 6
*** Opposti ***


 

 

Allora ecco il nuovo capitolo! È un po' diverso dagli altri visto che la maggior parte del racconto è costituita dal sogno\flashback di Elias ma vabbè, mi piaceva molto quella scena perciò ho voluto svilupparla per bene e infatti solo quella di circa 800 parole. Nel prossimo capitolo vorrei provare a inserire un narratore esterno, probabilmente una divinità, perché la narrazione in prima persona è oiosa e mi rende difficile anche scrivere due stupidaggini. Perciò se il prossimo capitolo dovesse essere in terza persona non assalitemi. Che dire? Se leggendo please lasciate una recensione che fa sempre piacere. Ciao e possa sempre la buona sorte essere a vostro favore ( viva Hunger Games)

 

-Writer01














 

La scena che mi si presenta mi è familiare. L'ho rivista decine di volte nei miei peggiori incubi. Un corridoio scoperto in pietra nera lungo diverse decine di metri, ai cui bordi ci sono dei ciliegi in fiore allineati perfettamente si inoltra verso quella che sembra una grotta. I bellissimi fiori del ciliegio contrasto con l'orrenda pietra nera del pavimento. Ogni tanto qualche folata di vento fa volare dei petali rosei sulla pietra. Ho fatto molto volte questo sogno e so alla perfezione cosa accade.

Inizia a contare mentalmente… 1...2...3… ed ecco arrivare due ragazzi, uno coi capelli biondi come il più raggiante dei soli e l'altro coi capelli più neri delle ombre più oscure. I due sembrano l'esempio perfetto per il detto che recita “ gli opposti finiranno sempre per attrarsi”. Quanta verità in appena 6 parole. Molte volte in passato ho urlato per tentare di fermare i due , sempre senza successo. Quello che sto rivivendo è uno sprazzo del passato, non del presente ne quantomeno del futuro. Questa volta sto zitto e osservo la scena impotente. Il moro ha una gamba ferita e tentenna un po' quando cammina mentre il biondo ha la mano sinistra con un brutto taglio. Nonostante ciò, il secondo tiene un arco teso con una freccia lucente pronta ad essere scoccata e il moro tiene una spada con la mano destra, pronto ad attaccare o a difendersi.

I due si fermano all' inizio del corridoio, dove la terra bruna e spoglia cede il passo al lastricato in pietra. I ragazzi osservano il corridoio circospetti, con l'aria di due che ne hanno passate parecchie.

<< dici che sia questo il posto?>> chiede il moro.

<< non lo so, ma di certo non è roba naturale questa. Per far crescere delle piante qui ci vuole delle magia molto forte>> risponde il biondo riferendosi al posto il cui si trovano: una grande landa desolata interrotta dal corridoio in pietra che porta all'entrata di una grotta alla base di una montagna.

<< hai ragione… non pensavo che una cosa tanto bella potesse vivere qui>> riprende il moro

<> sintetizza il biondo guardando l'entrata della grotta.

<< si, penso che dobbiamo continuare. Prova a lanciare una freccia>>.

Il biondo alza leggermente la traiettoria e molla la corda dorata che unisce le due estremità dell'arco. La freccia di luce viene scoccata e percorre velocemente il corridoio per poi immergersi nell'oscurità della grotta. Passano diversi secondi prima che si senta il rumore della freccia che si schianta contro qualcosa di solido.

<< è piuttosto profonda...>> sentenzia il biondo con uno sguardo glaciale.

<< non è una buona cosa. In questo posto tutto sembra portare o in basso o verso qualcosa di pericoloso>> dice il moro.

<< già, questo sembra portare a una cosa molto pericolosa>> risponde il biondo, con un tono secco e quasi acido.

<< senti, mi dispiace di averti trascinato in questo posto. Scusa>> dice il moro.

Il biondo impallidisce, getta l'arco dorato per terra e si gira di scatto verso il moro, che sembra farsi più piccolo. Il biondo si avvicina al moro e prende tra le mani il suo viso.

<< no! Non dire più una cosa del genere!>> scoppia il biondo << non è colpa tua e ne usciremo vivi insieme, io mi fido di te, ti seguirei ovunque, dovesse significare mettere in pericolo la mia stessa vita.>>

il moro sorride e risponde con un semplice “ Grazie”. Il biondo sembra felice della risposta e recupera il suo arco.

<< andiamo, restando qui non faremo altro che perdere tempo>> dice il biondo mettendo un piede sul lastricato nero e iniziando a farsi strada con l'arco teso verso la grotta.

L'altro lo segue, con la spada tra le mani e un passo leggermente claudicante dovuto alla ferita. Sebbene l'espressione del moro non lo dava a vedere, era incredibilmente felice. Dopo che il suo compagno di viaggio aveva terminato di dire quelle parole il suo cuore aveva avuto un sobbalzo. Il loro legame era davvero forte fino a questo punto, forte fino al punto di rischiare la vita per seguire o salvare l'altro? Ovviamente, si. Così il moro prosegue nel seguire il biondo con un'espressione seria e cupa, che non rivela il suo vero stato d'animo. In questo momento potrebbe finire tutto ma lui sarebbe felice. Ha il cuore che gli brucia di una nuovo sentimento mai provato prima, o almeno mai provato in quel modo. Un sentimento talmente forte da mettere in dubbio la pericolosità di cioè che stanno facendo, talmente forte da scaldare una persona che per anni ha vissuto nell'odio e nel rancore. Lo stesso vale per il biondo, mai aveva provato un sentimento tanto intenso in vita sua. Mai aveva provato un sentimento tanto sincero, mai tanto potente da conferire il coraggio necessario per affrontare la morte, sperando di poterne pure uscire vivo. Così i due, uno di fianco all'altro, muovono i primi passi in quel corridoio che sembra portare dritto tra le braccia di Thanatos.

mettere in pericolo la mia stessa vita , le parole riecheggiano nell'aria.

La scena si dissolve.

 

 

Quando mi sveglio non ho né il fiatone né sono sudato. Semplicemente sono troppo triste e scioccato per anche solo pensare di alzarmi dal letto. Ho sempre fatto incubi molto realistici, ma da quando mi sono avvicinato a Dylan sono aumentati. Sono più vividi, mi sembra di rivivere personalmente ogni volta le scene che ci ritraggono insieme, mi sembra di provare le emozioni che provavo quando Dylan era ancora Will, il mio Will. Una lacrima solitaria si fa strada sulla mia guancia, lasciando dietro di sé una scia umida che segna la mia pelle finché non cade sulla coperta, bagnandola. Con gli anni ho imparato a nascondere i miei sentimenti, a volte provando anche a nasconderli a me stesso, assurdo, no?

In questo istante una parte di me mi sta dicendo “ tu non sei triste” mentre l'altra parte vorrebbe solo nascondersi sotto le coperte e piangere fino a finire tutte le lacrime. La seconda parte sta vincendo il conflitto con la prima, ne è testimone la seconda lacrima che mi riga il viso, poi una terza, una quarto e una quinta.

Sto iniziando a piangere sul serio, con singhiozzi e spasmi, e non me ne vergogno. Alla fine tutti finiscono col scoppiare. Anche persone brave come me a nascondere tutto, a restare impassibili e freddi quando ci si vorrebbe solo nascondere. Non mi vergogno di versare lacrime, mi vergognerei di non farlo, mi vergognerei di dire che lui non mi manca. Lui era diventato una parte di me e io una di lui. A entrambi manca una parte fondamentale del loro io. Entrambi stiamo male senza l'altro, sono sicuro che anche lui inconsciamente stia soffrendo. Sento un terribile senso di vuoto che mi accompagna come un' ombra.

Mi prendo 5 minuti buoni per non fare niente e affogare nella mia tristezza, poi guardo l'orologio, la sveglia suonerà tra circa 20 minuti così decido di alzami per andare a fare una doccia calda, chissà che almeno quella mi scaldi. Mentre vado verso il bagno in camera do una rapida occhiata alla finestra, come spinto da un sesto senso primitivo e ciò che vedo mi lascia senza fiato. Anche se per pochissimo, potrei giurare di aver visto un petalo bianco-rosato volteggiare di fronte alla mia finestra.

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Capitolo 7
*** Il Cacciatore ***


Angolino dell'autore:

* si inginocchia* * abbassa il capo* *chiede umilmente perdono e si bagna gli occhi con l'acqua in bottiglia*

vi chiedo perdono se posto dopo un'eternità ma, come alcuni di noi già sanno, ho il Wi-Fi che decide da solo se funzionare o meno e il tecnico della Wind penso si sia perso nel deserto del Ghibli.

Mi rendo conto che questo capitolo è piuttosto corto rispetto agli altri e che ,forse , è anche un po' scritto male e deludente. Come avrete già capito dal titolo il personaggio che ho introdotto ora è un “cacciatore”. Sì, ma cacciatore di che? Lo scoprirete a breve! ( risata malefica).

Un cacciatore accompagnato da un demone del tartaro, bella coppietta, no? ( non mi sono ispirato a Kuroshitsuji, nahh).

Che altro dire, spero che la storia continui a piacervi anche se la frequenza con cui posto i capitoli è incerta.

Ciao e possa sempre la buona sorte essere a vostro favore!
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L'abbassarsi improvviso della temperatura e un sibilo prolungato mi fanno capire che lui è qui.

<< non nasconderti>> dico << non mi piace non poterti vedere>>.

Una lunga e sadica risata si propaga per tutta la stanza. È quel tipo di risata che ti fa venire voglia di rannicchiarti in posizione fetale e metterti in un angolo, a sperare che chiunque abbia fatto quella risata se ne sia andato. Un brivido di terrore mi si propaga per tutta la schiena. Mostrarmi debole di fronte a una creature del genere sarebbe come firmare la mia condanna.

che hai, padroncino?” dice una voce gelida come il ghiaccio.

Mi guardo intorno ma lui non si è ancora spaventato.

<< ti ho già detto di non nasconderti, mostro!>> urlo verso l'ignoto.

ai suoi ordini, padroncino” mi risponde la voce con una risatina divertita.

L'aria di fronte a me si fa improvvisamente gelida. La stanza di albergo in cui sono sembra sprofondare nell'ombra, ogni fonte fonte di luce nella stanza sembra affievolirsi. Anche se so che quel mostro è sotto il mio controllo, ogni volta vederlo mi causa una terribile sensazione di ansia e paura. Le ombre della stanza sembrano concentrarsi in un'unica grande macchia nera informe. Lentamente si delimitano dei tratti vagamente umani, due braccia, due gambe, un busto e una testa. Due occhi rossi come il sangue appena versato si accendono in quella che presumo sia il capo della creatura.

Un'unica grande ombra alta all'incirca un metro e ottanta, due occhi rossi e un sorriso più sadico dell'enigmista. Il mostro si genuflette di fronte a me, come per prendersi gioco di me.

<< hai fatto come ti avevo chiesto, mostro?>> gli chiedo, assumendo un tono di disprezzo e superiorità. << no>> mi risponde lui semplicemente.

<< come sarebbe a dire? Ti avevo dato delle indicazioni precise, non sei neanche in grado di catturare un semidio?>>

<< ci sono state delle… complicanze>> mi dice sghignazzando.

<< che genere di complicanze?>> chiedo, iniziando a perdere la pazienza.

<< un altro semidio>> mi risponde.

<< e allora? Uccidilo e prendi il ragazzo!>> gli urlò contro.

Il mostro alza la testa e mi guarda dritto negli occhi. Il suo sguardo mi fa tremare di terrore, forse questa volta ho davvero oltrepassato il limite. Come per confermare la mia teoria, l'ombra fa un rapido movimento, si alza in piedi e con la mano destra tenta di colpirmi la faccia. Io mi butto per terra per evitare il colpo ma lui è troppo veloce, anche per me. Poco prima che i suoi artigli di tenebra mi squartino il volto, delle catene viola sbucate fuori dal nulla bloccano l'arto del mostro, impedendogli di uccidermi. Lui non sembra turbato, io al contrario ho il cuore che mi batte all'impazzata. Ora l'aria nella stanza è carica di magia, essendo un figlio di Ecate di certe cose me ne intendo, e sul collo del mostro è apparso il simbolo del mio sigillo, una stella a quattro punte.

<< padroncino, dovreste saperlo, da quando mi avete reso vostro schiavo io eseguo ubbidientemente i vostri ordini. Essendo vostro schiavo, il vincolo mi impedisce di ferirla e mi obbliga a proteggerla. Ma vi avviso, quando prima o poi, questo sigillo sparirà, e lo farà, vi farò pagare cari i miei servizi>> dice l'ombra con tono di rimprovero. So per certo che se dovessi perdere il controllo di questo mostro per me sarebbe la fine, rimarrei per l'eternità in un limbo fra vita e morte, senza possibilità di ritorno.

<< giuro che se fai un'altra cosa del genere ti incatenerò a una roccia nel Tartaro!>> gli urlo contro.

<< così non fareste altro che riportarmi a casa>> sogghigna l'ombra, che non sembra neanche minimamente preoccupata di ciò che ho appena detto.

<< ora spiegami perché il ragazzo non è qua...>> gli dico con un filo di voce. Ho ancora il cuore che mi batte nel petto come un martello pneumatico.

<< quel semidio ha una divinità dalla sua. Non so quale di preciso, ma è sicuramente potente se è riuscita ad erigere un confine in grado di bloccare uno come me. L'avrei già ucciso se non ci fosse di mezzo lo zampino divino>> mi spiega con tono di sfida, come se mi stesse sfidando a trovare una soluzione.

<< se c'è una divinità in mezzo i problemi aumentano. Non posso permettermi di fallire, colui che mi ha commissionato l'incarico mi ha promesso qualcosa di cui non posso fare a meno. Forse è il caso che intervenga personalmente>>. Dico, veramente preoccupato per come si stanno evolvendo i fatti. Le divinità sono imprevedibili come i bambini. Sono capricciose, pericolose e ,soprattutto, vendicative.

<< io proporrei di infiltrarci nelle loro vite… potremmo iniziare dalla loro classe, ce li facciamo amici e poi, quando meno se lo spettano, facciamo scorrere il sangue>> dice il demone sghignazzando e con un sorriso sadico stampato sul volto.

Per quanto non mi piaccia prendere consigli da lui, devo ammettere che il suo piano non fa una piega.

colpisci quando il nemico non se lo aspetta. Fa credere al nemico che sei debole e poi colpisci con la forza di un toro” dice una voce familiare nella mia testa.

Scuoto la testa per scacciare quella voce.

<< per quanto mi venga difficile dirlo, hai ragione. Un solo problema, come facciamo a farci ammettere in quella scuola, ormai non penso accettino più nuovi arrivati in questo periodo dell'anno...>> gli dico, cercando di screditare il suo piano.

<< proprio tu, un figlio della dea Ecate, dici queste cose? Sei in grado di rendere un demone schiavo ma non di far fare a un mortale ciò che vuoi? Sarà sufficiente un po' di foschia e saremo dentro>> mi risponde con tono derisorio. Effettivamente ha ragione, basterà un po' di foschia per farci accettare.

<< naturalmente devi assumere sembianze umane>> gli dico.

<< maschili o femminili?>> mi chiede lui, perplesso.

<< visto l'individuo direi maschili… e cerca di essere attraente, così ci sarà più facile prenderci gioco di lui>> gli rispondo con un sorrisetto. Anche lui sorride sadicamente alla mia risposta.

<< padroncino è sicuro di non essere un demone? A crudeltà, forse, è secondo solo a me>> mi dice lui, iniziando a mutare.

<< mi stai forse dado del demone?>> gli chiedo, offeso.

<< sia mai...>> mi risponde lui. Ora la posto della bocca larga e ricca di denti aguzzi che aveva prima c'è una dentatura perfetta e delle labbra sottili rosa carne. Anche le gambe e le braccia iniziano a cambiare, da lunghe e nere sono diventate abbronzate e leggermente muscolose.

Io lo guardo con ammirazione, trovo incredibile la sua capacità di cambiare forma a suo piacimento.

In poco meno di un minuto ha cambiato forma e ora di fronte a me si trovo un ragazzo sui 15 anni e vestito da capo a piedi. Nessuno a prima vista capirebbe cosa è in realtà.

I capelli, castani, sono lunghi e ha un grande ciuffo che gli cade sul davanti. I suoi occhi rivelano la sua natura, sono di un castano scurissimo, quasi nero, tendente al viola.

<< sembri la versione bassa di Light Yagami>> commento sghignazzando. Adoro prenderlo in giro quando posso.

<< ho preso spunto da un ragazzo che ho visto per strada poco fa, poco prima di ucciderlo l'ho guardato per bene>> mi risponde e un alone di luce violacea inizia a diffondersi per tutta la stanza.

<< padroncino...>> mi dice iniziando ad avvicinarsi << la prego di non dimenticare la mia vera natura ora che ho sembianze umane, se lo facesse si esporrebbe a pericoli non da poco>> continua ormai di fronte a me, è più alto di qualche centimetro << se dovessi ucciderla proprio ora che questo gioco sta iniziando a divertirmi sarebbe un vero peccato>> conclude superandomi e andando vicino verso la finestra dietro di me.

<< ci conviene sbrigarci>> mi dice << la scuola è un po' lontana da qui>>.

 

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Capitolo 8
*** Ferro Dello Stige ***


Sono seduto su una sedia in cucina. Sto lucidando pulendo la mia spada di ferro dello Stige con un panno bagnato con un prodotto trovato sotto il lavandino. Da qualche giorno una strana sensazione di ansia mi opprime. Ho un brutto presentimento.

Ho come la sensazione che ben presto succederà qualcosa di pericoloso. Se voglio trarre in salvo Will, devo riuscirci entro il prossimo mese, ormai ho perso già troppo tempo. Da quando mi è arrivata la lettera son già passati due mesi, due mesi durante i quali non ho risolto praticamente niente. Vorrei poter credere che se ancora Will non è al campo è solo perché sto aspettando il momento più adatto per trasferirlo. Ma la verità è un'altra. In realtà voglio passare più tempo possibile con lui e così facendo lo sto solo mettendo in pericolo. Anche se sono consapevole che non torneremo mai quelli che eravamo una volta, mi aggrappo ancora alla speranza che tutto si possa risolvere nel migliore dei modi. In fondo, è questa la natura umana. Se messi alle strette, se portati al limite, gli esseri umani si aggrapperanno a qualsiasi cosa, anche a un sottile filo di ragnatela*.

Eppure, sono fermamente convinto che in fondo ci sia la possibilità che tutto torni com'era prima. Il mio compito è quello di mettere al sicuro Dylan, non Will. Ormai il Will che ricordo io non esiste più, se non nei miei ricordi. Il ferro della spada è sempre stato freddo al tatto. Non ricordo di aver mai percepito una forma di tepore toccando la lama. Ora sembra ancora più freddo, come se si alimentasse della mia tristezza e dei miei sentimenti negativi. A volte, penso che questa lama sia come una maledizione per me, sempre qui, a ricordarmi che solo una parte di me è umana. Guardo l'orologio appeso sul muro, mezzanotte e 20… mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso la camera da letto con ancora la spada in mano. Da quando ho visto quei due occhi rossi come il sangue non dormo mai senza la mia spada vicino, anche se so che nessuno può entrare in casa senza il mio permesso. Riluttante, mi infilo sotto le coperte dopo essermi cambiato.

Ben presto Morfeo mi accoglie nel suo mondo, regalandomi un sonno ricco di incubi.

 

 

 

 

Nel sogno sono privo di peso e osservo la scena come se fossi un osservatore esterno. Sono in un lungo corridoio di pietra rossa che sembra continuare all'infinito. Per tutto il tunnel riecheggia il rumore di passi veloci e versi mostruosi, che vanno quasi a coprire i rumore dei passi. Non vedo nessuno ma ricordo bene la scena, ricordo bene tutto ciò che ci è successo. Inizio a vedere due figure in lontananza, stanno correndo, come se stessero fuggendo da qualcosa di pericoloso. Sono due ragazzi, uno biondo e uno moro. Entrambi sembrano feriti, il biondo perde sangue da un orecchio mentre il moro ha un brutto taglio sulla fronte. Il biondo si gira nella direzione da cui provengono i versi e scocca una freccia dorata, pochi secondi dopo si sente il boato di un'esplosione e dei gemiti di dolore.

<< questo dovrebbe darci un po' di vantaggio>> commenta il biondo con il fiato grosso. Il moro non sembra neanche sentirlo e si guarda intorno.

<< non saremmo dovuti entrare in questo corridoio… più andiamo avanti più questi mostri aumentano, la situazione può solo peggiorare>> gli risponde il moro.

<< dai Nico! Guarda il lato positivo, siamo ancora vivi>> ribatte il biondo con un sorriso stampato in volto. Il moro dal canto suo non sembra voler sorridere, né tanto meno far finta di essere contento.

<< ormai non dovrebbe mancare molto...>> dice il moro all'altro. Il biondo annuisce e ogni tracia di felicità svanisce dal suo volto. I due riprendono a correre verso l'ignoto.

La scena cambia e ora mi ritrovo fuori casa mia, quella attuale donatami da Notte. Non noto niente di strano, la strada è avvolta nel silenzio della notte. Non vedo niente ma ho uno strano senso di irrequietezza che mi attanaglia. C'è qualcosa che non va, il mio sogno, il mio incubo, è stato dirottato qui. In lontananza inizio a vedere due figure maschili, entrambe incappucciate e con il volto coperto. I due continuano a camminare e si fermano di fronte casa mia, sotto proprio sotto il mio fantasma. Osservano casa mia con fare inquisitorio.

Ci sono veramente due persone di fronte a casa mia mentre dormo, due persone che potenzialmente potrebbero spedirmi da mio padre nel peggiore dei modi. La figura sulla destra inizia a parlare.

<< come ti avevo detto, c'è un confine>> dice con una voce fredda e metallica. Non sembra neanche umana, sembra quella di un trasmettitore, troppo bassa e tagliente per poter essere umana.

<< ci mancava solo questa>> commenta la figura sulla destra. La scena inizia a dissolversi, sto per svegliarmi. Poco prima che la scena si dissolva e che mi svegli riesco a scorgere un piccolo particolare dell'uomo sulla destra, un luccichio all'altezza dell'orecchio destro, un orecchino.

 

 

 

 

Mi sveglio di soprassalto. Ho la fronte imperlata di sudore. Mi alzo velocemente dal letto e mi fiondo alla finestra per controllare se le due figure erano frutto della mia fantasia o se fossero veramente lì. Fuori dalla finestra non c'è nient'altro che un cane che dorme accucciato sotto un lampione della luce. Nessuna traccia dei due. Eppure, sono fermamente convinto che ci fosse qualcuno fuori dalla mia finestra. Ho come la sensazione che qualcuno mi stia osservando, è una cosa bruttissima sentirsi gli occhi della gente addosso, tanto più se un mostro dagli occhi rossi è sulle tue tracce.

 

 

 

 

 

 

* frase non mia, presa dal manga “Black Butler”.

 

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Capitolo 9
*** Comunicazioni importanti ***


Ciao a tutt*,

sono passati più o meno 6 anni dall’ultimo aggiornamento di gravitation e, come avrete ben intuito, la storia non andrà avanti. Ho iniziato a scriverla nel 2016, quando facevo la seconda superiore, ora sto al secondo anno di università e a malapena ricordo di cosa parli la storia. Mi ha fatto piacere leggere i commenti di chi chiede che fine avessi fatto, immagino che pur avendo pubblicato solo 7 capitoli io sia riuscito a suscitare un minimo di interesse in qualcuno. La storia di Nico e Dylan non andrà avanti, ma niente impedisce che prima o poi pubblichi qua quello che nel frattempo ha continuato a scrivere nel silenzio della mia cameretta. Fino ad allora, ciao.

Possa sempre la Fortuna essere a vostro favore.



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