Lie a little better

di Ciarax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


 
I -

I would be a liar
If I said I was fine
But I can't help being honest
And I know now is not the time
 


            Senza almeno un paio di secoli di fughe alle spalle quel trio di vampiri non sarebbe stato abbastanza abile da scomparire in quel modo. Dal territorio dello Yukon, Canada, aveva sentito le loro tracce e aveva iniziato quella caccia che l’aveva portata al confine con gli Stati Uniti.
Da lì, erano spariti nel nulla.
            Settimane di viaggio e non si era riposata un attimo, le possenti zampe che affondavano nel terreno umido dalle piogge cadute di recente nel bosco dove stava correndo. Le montagne e il paesaggio erano vagamente familiari e senza prestare molta attenzione decise di imboccare un sentiero per inoltrarsi ulteriormente nel cuore dello stato di Washington dove oltre le distese di boschi e di vegetazione non sembrava esserci altro.
            Dopo un paio d’ore qualcosa colse la sua attenzione, un altro odore. Diverso da quello dei nomadi, più simile al suo. Altri della sua specie.
Le orecchie si mossero autonomamente individuando altre creature che correvano alla sua stessa velocità, dalla stazza equamente imponente e un ululato in lontananza la fece rallentare impercettibilmente.
            Il sole era al tramonto e il cielo grigio copriva gli ultimi raggi, la creatura decise di rallentare, trotterellando fino all’imbocco di un piccolo torrente dove si fermò a bere.
            Sei nel territorio dei Quillayute. Da dove vieni? Il tono era autoritario nella mente di quella creatura straniera.
            Lei alzò la testa e incrociò lo sguardo con quelli di un enorme lupo nero che distava a pochi metri da lei, la stazza imponente e il portamento da capobranco.
L'intero branco circondava il lupo dal manto candido come la neve appena caduta, sporcato dal colore più naturale del sottopelo. Enorme come loro, il licantropo era circondavo da una dozzina di altri membri del branco capeggiati dall'enorme lupo nero che guardava a testa alta la straniera.
            Quillayute... Gli anziani, le parole erano risuonate leggere, decise ma caute e dall'inconfondibile timbro femminile.
L'odore di quel licantropo era lo stesso dei membri del branco, ma Sam non ricordava di nessun altro di loro che aveva mutato e che se ne fosse andato. Niente era stato accennato nemmeno dagli anziani della tribù.
            La straniera non era remissiva, la testa alta e gli occhi di un giallo paglierino che mantenevano il contatto con quelli dell'altro. Non c'era alcun atteggiamento aggressivo, un alpha e un altro alpha.
Sam sentiva i pensieri degli altri membri accavallarsi fra di loro quando molti erano curiosi di saperne di più e solo un paio erano restii a darle fiducia.
            Dobbiamo portarla dagli anziani.
            È una straniera, è una minaccia.
            Ha il nostro stesso odore!
            È una Quillayute anche lei.
            Che avesse il loro stesso odore era inconfondibile ma quello non era comunque una prova sufficiente per cedere la fiducia ad uno straniero entrato all’improvviso nel loro territorio. Tutti avevano inizialmente pensato ad un vampiro ma il passo era decisamente troppo pesante per appartenere a creature così minute rispetto a loro, e decisamente più sfuggenti.
            Gli anziani decideranno cosa fare, se vuoi parlare con loro dovrai seguirci e non tentare nulla che ci faccia considerare che sei una minaccia per la tribù. Non esiteremo ad attaccarti, in quel caso. È tutto chiaro? Solamente tra due capobranco c’era dialogo, e tutti i pensieri degli altri Quillayute non raggiunsero la mente della mutaforma che si prese qualche secondo di silenzio per osservarli.
            Girò la testa guardandosi intorno per un momento, contando meno di una decina di membri nel branco che in quel momento la guardavano incuriositi, guardinghi ma non aggressivi. Era circondata e anche volendo non avrebbe potuto fare altro, inclinò la testa abbassando le orecchie all’indietro.
            Avete la mia riconoscenza per l’aiuto offertomi.
...
            Muoversi su due gambe era qualcosa che le risultò estremamente difficile, avanzava a piccoli passi come un neonato che muove i suoi primi passi. La parete la supportava nel suo avanzare incerto e i piedi nudi affondavano nel terreno umido dandole un po' di sicurezza.
Non ricordava l'ultima volta che aveva ripreso la sua forma umana. Tenere traccia del tempo era difficile con l'incedere dei decenni e alla fine di era arresa, limitandosi ad orientarsi col cambio delle stagioni.
            Erano tutti giovani, nel pieno dell'adolescenza, scatenati e in preda all'euforia. La guardavano incuriositi dopo che anche loro avevano mutato forma e aspettavano impazienti il suo arrivo. Quel branco sembrava giovane, formatosi da meno di due cicli di stagione eppure lavoravano bene.
Uno dei ragazzi le offrì gentilmente una maglia prima di mandarla a ritrasformarsi, evitandole così l’imbarazzo di non avere alcun vestito con sé.
            L’enorme maglietta le arrivava a metà coscia e nonostante le temperature fossero ancora abbastanza rigide, la sua temperatura corporea la teneva facilmente al caldo. Aveva faticato non poco all’inizio, semplicemente per rimettersi in piedi da quanto era abituata a quattro zampe nelle foreste; i capelli erano lunghi poco al di sopra della vita e anche se puliti erano annodati in più punti e con qualche traccia di foglie o fili d’erba.
            «Billy ti aspetta» la stessa voce autoritaria con cui aveva parlato prima le arrivò dritta alle orecchie, facendo alzare la testa e incrociato gli occhi scuri di Sam Uley.
            La donna dimostrava poco più di vent’anni e anche volendo era veramente difficile darle più di ventidue anni, il fisico tonico e la pelle abbronzata su cui spiccata un tatuaggio circolare sul braccio destro, leggermente sbiadito. Gli occhi castani guizzarono immediatamente sul resto del branco che aveva mutato prima di lei e che ora la guardavano con attenzione, chi con un sorrisetto divertito e chi con serietà, aspettando una sua mossa.
Annuì e cautamente seguì Sam all’interno della casa dove dimorava uno degli anziani del villaggio.
...
            Billy Black, uno degli anziani della tribù. Osservava curiosamente la giovane donna che aveva di fronte, con un’enorme maglia che le arrivava a poco sopra le ginocchia e con i piedi scalzi. I capelli erano lunghi e a malapena sistemati che le ricadevano ai lati del viso, disteso in un’espressione di sconforto.
            Il tatuaggio sulla sua spalla era indubbio che testimoniasse la sua appartenenza ai Quillayute, eppure, non era mai stata vista. La fronte era corrucciata mentre si concentrava per rispondere alla domanda che Billy le aveva posto con molta semplicità: da quanto mancava da quelle terre.
Per un attimo l'anziano, e anche alcuni membri del branco, avevano pensato come non fosse in grado di parlare o che avesse una qualche sorta di difficoltà, anche se non dimostrava nessun problema nella comprensione. Era da almeno un’ora che tentavano di ricavare delle informazioni da quella donna e appena uno dei ragazzi tentava di alzare la voce esasperato un basso ringhio lasciava le sue labbra e quello si zittiva immediatamente, preso in contropiede da una reazione del genere.
            «Se non parli non possiamo aiutarti. Nessuno ti farà del male qui, puoi fidarti» le disse Sam tentando nuovamente di farla parlare.
La donna abbassò un attimo la testa e sistemò le gambe di fronte a sé dal divano su cui era seduta, incrociando nuovamente lo sguardo con quello dell’uomo sulla sedia a rotelle che la osservava con cipiglio severo ma nient’affatto scontroso.
            «Ephraim Black... il primo della vostra famiglia... un alpha» le parole erano flebili, ma ferme anche c'era una nota d'incertezza quando corrucciava la fronte facendo una pausa di tanto in tanto, intenta a trovare le parole che non usava più da chissà quanto tempo.
Billy sgranò gli occhi ma mantenne un'espressione indecifrabile, «Conosci il nostro antenato, va bene. Sono le leggende della nostra tribù, tutti le conoscono»
La donna scosse la testa.
            «Due generazioni prima di lui... prima del patto»
            L'alpha che vagava per le terre dei Quillayute, sparito nel nulla e succeduto da Ephraim Black. Non aveva rinunciato al suo ruolo di capobranco ma semplicemente era sparito. Quella che aveva di fronte era stata la prima donna della tribù a trasformarsi in mutaforma e a succedere come capobranco formatosi tra i Quillayute.
Né Billy né gli altri anziani avevano molte notizie su di lei ma se era vero, quella che aveva di fronte non era una giovane mutaforma appena iniziata alla vita del branco. Doveva assolutamente saperne di più.
            «Come ti chiami?»

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Capitolo 2
*** II ***


- II -
 
Where in the world did the time go?
 



            L’ultima preda che aveva messo nello stomaco era stato un leone di montagna, tre giorni prima. L’unica cosa che aveva mangiato da quando aveva attraversato il confine del Canada e aveva inseguito senza sosta quei dannati vampiri nomadi. Le mancava il sapore dolce del Bisonte dell’Alaska che aveva imparato a cacciare durante il suo soggiorno in quell'inospitale landa ghiacciata per la maggior parte dell'anno; dove aveva vissuto come un mutaforma e dimenticando quasi totalmente la sensazione di avere di nuovo la possibilità di camminare su due gambe, di sentire i piedi nudi sul terreno o della pelle nuda al contatto con l’aria.
            «Tu devi essere la ragazza lupo, vero?» una voce gentile fece scattare la testa della mutaforma.
Dietro di lei una donna bionda e dall’espressione gentile la guardava a pochi metri di distanza, la pelle naturalmente abbronzata come la sua e le braccia piene di buste per la spesa. La Quillayute annuì leggermente confusa.
            «Io sono Emily… Sam mi ha chiesto di portarti dove si riuniscono tutti gli altri, stavo giusto andando a preparare qualcosa prima che il branco torni più affamato di prima» rise leggera Emily indicando con un cenno della testa la direzione dove si stava dirigendo, seguita a ruota dall’altra donna.
            Emily si era presa qualche istante per osservarla e non poté fare a meno di notare l’incredibile somiglianza di quella nuova arrivata con gli altri membri del branco: la stessa pelle calda e abbronzata come i tutti i membri dei Quillayute, i capelli folti e bruni che ricadevano scomposti dietro la schiena e solo qualche ciocca a contornare il volto quasi perennemente corrucciato. Il fisico era tonico e il tatuaggio circolare spiccava sul braccio, coperto a malapena dall’enorme maglia che uno dei ragazzi aveva prestato lei.
La compagna di Sam sperò che qualcheduno dei suoi vestiti sarebbe potuto andargli bene, non poteva lasciarla con solo quella maglia in mezzo ad un branco di lupi scalmanati e preda dell’adolescenza, sorridendo al pensiero di come non si sarebbe probabilmente dovuta preoccupare affatto vista la linea definita dei muscoli della giovane donna accanto a lei, nient’affatto eccessiva per la linea slanciata della sua figura.
            Anche se il tragitto a casa era stato abbastanza tranquillo, le cose sarebbero sicuramente potute andare molto peggio, almeno a parere della donna che in quel momento guardava con totale annichilimento il rifiuto della mutaforma di assaggiare una fetta di crostata che Emily aveva appena sfornato. All’inizio pensò di aver sbagliato qualcosa nella ricetta ma l’odore era esattamente quello di sempre quindi non capì dov’era il problema.
Non solo era stato difficile riuscire a capire come non ricordasse il nome, ma ora anche la sua diffidenza totale in tutto quello che Emily aveva provato a farle mangiare. Aveva sentito il suo stomaco brontolare ferocemente, avendo già esperienza con la fame che i mutaforma si dimostravano di avere, le aveva gentilmente offerto più di qualcosa da stuzzicare almeno finché non fosse stata pronta la crostata e i muffin che stavano finendo di cuocere in forno.
            Le voci che provenivano da fuori attirarono l’attenzione delle due donne che si ritrovarono piombare senza preavviso due dei Quillayute mutaforma. Uno dei due aveva il braccio attorno alla spalla dell’altro, entrambi con solo indosso un paio di corti bermuda e i capelli freschi di taglio corto.
            «Tu devi essere la ragazza senza nome, eh?» esclamò rumorosamente uno dei due, ricevendo una gomitata in petto dall’altro che diede un piccolo sorriso di scuse.
            «Paul e l’educazione non vanno proprio d’accordo. Io sono Jared, ci siamo già incontrati anche da Billy Black» esclamò invece l’altro prendendo senza troppi complimenti una fetta di crostata prima di venire rimbeccato da Emily.
            «Da dove vieni? Con quel pelo così fitto era sicuro un posto freddo»
Emily, anche se storcendo il naso alla loro maleducazione, non disse nulla e guardò con curiosità l’altra, ansiosa di sapere anche lei qualcosa sulla sua storia.
            «Al Nord -rispose inizialmente concisa la mutaforma, non tanto per maleducazione quanto per la reale difficoltà nel ricordare i nomi dei luoghi in cui aveva vissuto, -Alaska… credo»
            Un fischio sorpreso fece girare i quattro che videro Sam entrare anche lui nella casa, abbracciando Emily con un braccio attorno alle sue spalle minute, «Un bel viaggio fino a qui. Cosa ti ha spinto a tornare indietro dopo tutto questo tempo?»
            «Nomadi» la risposta secca mise per un attimo sull’attenti i tre mutaforma.
            «Li hai seguiti fino a qui?»
La donna annuì prima che Emily si intromise nei loro discorsi, «Penso che di questo ne potete parlare anche dopo, il problema più grande qui è che lei non ha un nome»
            Sam rimase per un secondo in silenzio, ricordandosi in primis il motivo per cui era venuto con così tanta velocità in quel posto.
            «Uno dei pochi nomi che Billy e Harry Clearwater hanno trovato è stato Taima. L’unica mutaforma che abbiamo avuto come capobranco in questi ultimi due secoli» spiegò Sam dopo aver salutato con un bacio Emily, ancorata al suo fianco con un sorriso.
            La mutaforma guardò le mani tenute in grembo, corrugò la fronte ripetendosi quel nome nella mente. Non ricordava esattamente il proprio nome, tanto era che nessuno lo usava e visto che gli ultimi decenni i suoi unici metodi di comunicazione erano stati ululai e ringhi. Non era più abituata alla familiarità di altre persone che non la guardassero con circospezione come un gruppo di vampiri che aveva trovato nel cuore dell’Alaska, che stranamente si nutrivano solo di animali.
Lì gli unici sguardi che sentiva su di sé erano di sincera preoccupazione, e di voglia di aiutare.
            «Taima… andrà bene -disse dopo qualche secondo di incertezza, incrociando lo sguardo dell’attuale capobranco dei Quillayute, -mi piace, andrà bene»
            Sam ricambiò il suo sguardo con un sorriso sincero prima di riuscire a fermare la propria fidanzata dallo sgusciare via dalla sua presa, afferrando Taima per un braccio e portandola nella sua camera da letto sotto le risate di Jared e Paul. Emily non avrebbe lasciato che Taima se ne andasse in giro solo con quell’enorme maglia, intuendo come quella fosse probabilmente l’unica cosa che stava indossando e in mezzo a quegli scalmanati rabbrividì al solo pensiero.
            «Taima giusto?» una voce giovane la distrasse dai suoi pensieri, girando la testa in direzione della foresta dove sbucarono fuori tre adolescenti di poco più di sedici anni. Tutti e tre portavano i capelli lunghi ed erano coperti da capo a piedi in vestiti pesanti visto come erano ai primi di marzo, le temperature piuttosto proibitive.
            Taima invece era comodamente avvolta in una salopette di cotone corta abbastanza da finire a metà coscia e lasciandole così libertà di movimento, rifiutandosi di indossare qualsiasi altra cosa proposta da Emily. Non era riuscita a farle provare un paio di jeans o qualcosa di più aderente, se non era strettamente naturale lo sfregare contro la sua pelle diventata insopportabile e avrebbe probabilmente finito per girare senza nulla addosso, non che si vergognasse di ciò in quel momento.
            Notò lo sguardo dubbioso che i tre si scambiarono una volta notato il tatuaggio sulla sua spalla e l'abbigliamento decisamente fuori stagione. Lei non ci badò molto ma semplicemente li saluto con un sorriso leggero, non percependo alcuna ostilità nei suoi confronti.
            «Io sono Jacob, mio padre è Billy Black... Ci hai già parlato a casa mia se non sbaglio. Loro invece sono Embry e Quil» si presentò Jake affondando le mani nelle tasche del giaccone e ricambiando il sorriso mentre anche gli altri due si presentarono rapidamente a loro volta.
            Anche se non erano diffidenti tutti e tre sembravano comunque cauti, in qualche modo quasi intimiditi dopo aver visto il tatuaggio, automaticamente ricollegandolo al gruppo di Sam. Ai loro occhi quello era solo il simbolo di gruppo di strafottenti che se ne stava sulle sue ma l'atteggiamento di Taima aveva destato il loro interesse.
            Billy non aveva detto loro molto sulla giovane donna, a malapena accennato come fosse tornata dopo parecchio dopo essersi trasferita dall'Alaska. Motivo ulteriore a scusa del suo comportamento poco socievole o comunque impacciato, non c'era stata molta possibilità di contatto tra quelle terre ghiacciate per la maggior parte dell'anno.
            «Discendi da Ephraim Black... Un grande capo» furono le prime parole che Taima rivolse loro e a quello strano complimento Jake arrossì impercettibilmente sotto gli sghignazzi di Embry e Quil che se la ridevano poco dietro.
            «Oh sì, Jake è veramente un grande discendente...» lo rimbeccò Embry divertito beccandosi un'occhiataccia.

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Capitolo 3
*** III ***


- III -

Don’t look away, sometimes you’re better lost than to be seen
 



            «Che ne dici se andiamo in spiaggia? Vengono anche Embry e Quil- esclamò Jake dal piano superiore, prima di scendere rapidamente e afferrare il proprio giaccone, -so quanto ti piace andare lì»
            «Va bene, andiamo» rispose semplicemente Taima alzandosi dal divano e seguendo a ruota il sedicenne che neanche si faceva più domande sull'abbigliamento decisamente troppo leggero per la stagione, eppure Taima non sembrava soffrire affatto il freddo di marzo.
            Embry e Quil puntualmente si fecero trovare poco distante dalla casa di Jacob, tutti e tre coperti dalla testa ai piedi da pesanti vestiti invernali, seguiti silenziosamente da Taima che al contrario era vestita con una canotta leggera e pantaloncini morbidi. I ragazzi neanche più facevano caso al suo abbigliamento, prendendola semplicemente come un’altra delle stranezze del gruppo di Sam e dei suoi seguaci, sempre in giro a torno nudo e con il tatuaggio ben esposto sulla spalla.
            «Finalmente conosceremo questa Bella, eh, Jake?» domandò canzonatorio Embry prendendo tra le braccia la testa di Jake che si liberò dalla stretta fraterna con uno sbuffo annoiato.
            Anche Quil iniziò a riprendere Jacob con tono canzonatorio, sia lui che Embry erano stati tormentati fino all’inverosimile dai sogni ad occhi aperti del loro amico sulla sua vecchia amica d’infanzia. Non la vedeva da quando erano piccoli e ora sembrava che quella vecchia amicizia fosse diventata una cotta adolescenziale in piena regola.
            «Bella?» domandò con una punta di curiosità Taima, affiancando i tre ragazzi che aveva silenziosamente seguito poco più indietro.
            Quil ed Embry circondarono le spalle di Jake sorridendo beffardi, «Sai, Taima, il nostro caro giovane capo Jake si è preso una bella cotta per questa Bella Swan. È la figlia del capo Swan della polizia di Forks»
            «Stiamo andando a LaPush proprio perché ci sarà anche lei» aggiunse divertito Embry mentre i quattro poterono iniziare ad intravedere il mare all’orizzonte.
            LaPush era senz’altro la spiaggia più piovosa degli Stati Uniti, tutti ne erano consapevoli ma nessuno sembrava curarsene a Forks. Specialmente gli adolescenti entusiasti di una giornata diversa da trascorrere con gli amici in quella piccola e monotona cittadina immersa tra le montagne e circondata da fitta boscaglia. Il tempo anche quel giorno non era affatto clemente, dove pesanti nuvoloni all’orizzonte minacciavano pioggia pesante in arrivo. Nulla che non si fosse già visto, un clima normale e decisamente il migliore in cui tutti potessero sperare per fare una passeggiata sulla spiaggia in pieno e gelido freddo di marzo.
            Taima notò con una punta di nostalgia come quella spiaggia non fosse affatto cambiata, quando da piccola trascorreva tutto il suo tempo con i piedi nudi immersi nella sabbia e nell’acqua gelida che le provocava brividi in tutto il corpo. Il mare anche se dall’aspetto cupo in quella giornata uggiosa non le era mai parso tanto rassicurante, l’odore di salsedine e di muschio che le invase le narici, riempendole i polmoni di tranquillità.
            Girò poi la sua attenzione verso un gruppetto di ragazzi che si preparava a cavalcare le onde rinomate di LaPush, mentre altri erano intendi ad organizzarsi per qualche altra attività. Seguendo a ruota Jacob, mentre alcuni adolescenti sfrecciarono in mezzo a loro diretti come saette verso il mare portando con sé delle tavole da surf. Il gruppetto di adolescenti avevano più o meno la stessa età dei tre ragazzi della riserva e Taima si sentì per un attimo fuori posto, specialmente alle occhiate stranite di quelli che non erano affatto abituati a vedere qualcuno con abbigliamento estivo quando le temperature a malapena raggiungevano i dieci gradi.
            Jake sembrò particolarmente preso da una ragazza, nient’affatto intenzionata ad aggiungersi ai ragazzi emozionati per quella scrollata di acqua gelida che li aspettava. Chiacchierava tranquillamente con Jacob e un’altra ragazza, entrambe sconosciute a Taima che ovviamente non conosceva nessuno di loro, ad eccezione del branco, Emily e quel trio scalmanato di Jake.
            «Taima, è cugina di Jake. Si è trasferita da poco dall'Alaska, non è ancora abituata a stare con molte persone» disse all’improvviso Quil, intromettendosi nella conversazione e attirando così l’attenzione di Taima. Si era già sentita osservata ed in quel modo sperò che quegli adolescenti tornassero a pensare ai fatti loro.
            «Taima, lei è Bella… Bella, Taima» Jake presentò le due, passandosi una mano dietro la nuca mentre Taima squadrò con attenzione la ragazza di fronte a sé.
            Certo era carina. Pallida come chiunque nella zona che non fosse un Quillayute, ma dalle poche conversazioni che aveva sentito, lei non era originaria di Forks. Non che sarebbe cambiato qualcosa, ma era incuriosita dal comportamento di Jake più simile a quello di un cucciolo alle prime cotte.
            «Wow, non sapevo che in Alaska fossero tutti così… abbronzati, i Cullen sono tutti così pallidi invece. Di certo non hai freddo» commentò una delle amiche di Bella, presentatasi come Jessica e che squadrò immediatamente Taima come fosse uno squalo.
            La Quillayute storse leggermente il naso a quell’atteggiamento, cauto e altezzoso oltre ogni misura. Fuori dalla riserva non sembrava aver incontrato persone che non le sembrassero… strane, anche se probabilmente sarebbe dovuta essere lei quella fuori posto.
            «Quindi vieni dall’Alaska, eh? Non mi ricordo se Jake mi ha mai parlato di te quando venivo qui durante l’estate» disse Bella allontanandosi leggermente da Jessica e i suoi compagni di scuola.
            Taima scosse leggermente le spalle, portando dietro l’orecchio una ciocca di folti capelli scuri che le era capitata davanti gli occhi, «Sono tanti anni. Dovevo tornare a casa»
Fu in quel momento che qualcosa attirò l’attenzione di Taima, l’istinto le occluse la mente e le impedì di sentire quello che Bella stava dicendo mentre cercava di fare un minimo di conversazione con lei.
            Vampiro. C’era odore di vampiro.
Serrò la mascella per impedire un involontario e basso ringhio di avvertimento.
            Nessun vampiro poteva entrare nel territorio della riserva senza venire immediatamente reso inoffensivo dal branco, gli ululati si sarebbero diffusi in tutta la foresta e lei li avrebbe sentiti.
Non che Bella fosse un vampiro.
            Il suo calore era percepibile così come il naso arrossato dal freddo mentre si stringeva nel pesante cappotto che portava. L’odore era di qualcun altro, ma non dei due Nomadi che gli erano sfuggiti poco tempo prima, quello era un odore che avrebbe riconosciuto immediatamente; questo era molto più simile a quello del curioso clan con cui aveva coabitato in Alaska per decenni.
Avrebbe probabilmente dovuto chiedere a Sam una volta che avrebbero fatto ritorno nella riserva.
            «Certo che Jake sembra proprio preso da Bella, eh?» domandò divertito Embry, restituendo un pugno sulla spalla mollato da Quil.
            Entrambi stavano camminando sulla spiaggia di fianco a Taima, allontanandosi per evitare l’eccessivo entusiasmo dei liceali pronti a tuffarsi in acqua senza alcun rimpianto per le temperature proibitive di quel freddo pomeriggio di inizio week-end. Sia Embry che Quil scherzarono tranquillamente con Taima, rendendola partecipe dei loro scherzi e fraterne prese in giro.
            «È come un bambino che si è appena innamorato» commentò in una piccola smorfia Taima, con quello che sarebbe dovuto essere un accenno di sorriso ma a cui i due ragazzi non badarono molto.
            Il suo comportamento cauto era stato più che accettato, e neanche si facevano più domande. I tre erano stati più che felici di includerla nelle loro scorribande in giro e di coinvolgerla quando avevano voglia di uscire un po’.
            L’iniziale reticenza per l’appartenenza al gruppo di Sam non sembrò averli fermati e Taima ne fu contenta, anche se non gli sarebbe stato possibile rivelare il motivo del comportamento di Sam e gli altri del branco. Quando i mutaforma erano un segreto da custodire gelosamente e che poteva far allontanare anche dai membri della propria famiglia.
            «E tu, Taima, qualcuno di speciale che hai lasciato in Alaska?» domandò curioso Quil, attirando anche l’attenzione di Embry che rallentò il passo quando Taima si fermò improvvisamente.
            «No. Nessuno» troncò sul nascere il discorso, superando di un paio di passi i due adolescenti che si scambiarono uno sguardo confuso.
            Scrollarono entrambi le spalle, evidente come quello fosse una argomento da evitare e raggiunsero immediatamente Taima. Continuarono a chiacchierare come se nulla fosse, riuscendo ad appianare l’improvvisa tensione che si era venuta a creare in pochi secondi. La piccola uscita fuori porta con Jake e i suoi amici si era conclusa prima del previsto e Taima era stata trattenuta da Emily. Scorgendola con l’ennesima mole di buste della spesa da portare nel rifugio dove il branco era solito ritrovarsi.
            Le due passarono il resto del pomeriggio insieme, Emily insistette nel farle provare qualcos’altro che non fosse strettamente di fibre naturali o fin troppo estivo per la stagione ma Taima fu irremovibile. L’unica piccola vittoria la ottenne quando, poco prima di congedarsi, riuscì a farle assaggiare uno dei suoi muffin.
            «Sapevo che questi ti sarebbero piaciuti» gongolò con soddisfazione la ragazza, contenta di aver finalmente trovato un modo di sfamare anche Taima, che molto probabilmente aveva lo stesso appetito famelico degli altri ragazzi del branco.
            Non era sicura che anche gli altri avrebbero apprezzato quella particolare ricetta, nient’affatto dolce come era solita fare, ma che sicuramente ricompensò i suoi sforzi quando colse l’espressione sorpresa di Taima.
            Le due si salutarono poi, poco prima dell’ora di cena.
            «Taima» la voce di Billy la raggiunse non appena Taima rimise piede in casa Black, affrettandosi a raggiungere l’uomo che la ospitava da più di una settimana.
            Poggiò la busta contenente il resto dei muffin che Emily la costrinse a riportare prima di vedere Billy vicino il piccolo divano nel soggiorno, sorpresa anche dalla presenza inusuale di Sam. Taima si sedette di fronte a loro con cautela, aspettando che le dicessero il motivo per cui l'avevano chiamata, dall'espressione corrucciata e il tono serio non presagiva nulla di leggero.
            «Sai che sei a tutti gli effetti un membro anziano della tribù, - iniziò Billy Black, continuando poi dopo aver ricevuto un cenno di conferma da parte di Taima, -ma anche che discendi dalla famiglia Black... Jacob sarebbe il prossimo capobranco ma finché non sarà il momento è Sam a ricoprire quel ruolo. Gli altri anziani ritengono che tu abbia il diritto di rivendicare il ruolo di capobranco in quanto discendente diretta della nostra famiglia e poiché sei già stata capobranco, Sam è al corrente della situazione e non darebbe problemi a cedere il suo posto. Ti spetta di diritto così come a Jacob»
            Taima ascoltò in silenzio, abbassò lo sguardo sulle mani che teneva raccolte in grembo e soppesò quella domanda. Che fosse imparentata ai Black, la famiglia capobranco da generazioni, era indiscusso. A suo tempo aveva ricoperto lo stesso ruolo, con difficoltà e ne ricordava vagamente i problemi e le responsabilità ma non avrebbe cambiato nulla di quella parte della sua vita.
Senz’altro i tempi erano cambiati, ed il branco con il tempo si era ridotto a pochi membri, giovani ed indisciplinati, ancora inebriati dal richiamo del mutaforma e del potente sangue che gli scorreva nelle vene.
            «No, Uley è giovane ma deve imparare a ragionare per il bene della tribù. Il branco ha bisogno di una guida sicura e saggia, non di un ragazzino avventato e imprudente- quelle parole erano dure ma non c'era cattiveria e lo sguardo attento di Sam le fece capire come stesse seguendo il suo discorso, -il mio tempo come capobranco è finito con la fine del mio branco. Se il giovane Sam vorrà, sarei lieta di aiutarlo almeno per quanto mi sia possibile. Vorrei ricambiare in qualche modo la vostra ospitalità»
            Billy liquidò quelle ultime parole con una scrollata di mano e un sorriso, «Non dire sciocchezze, siamo tutti una famiglia. Non si lascia in difficoltà chi possiamo aiutare»
            Sam si scostò dalla parete e poggiò la mano sulla spalla di Taima, stringendola leggermente con un piccolo sorriso di ringraziamento, «Il branco ci sarà sempre per te, siamo una famiglia e puoi sempre contare su di noi»

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Capitolo 4
*** IV ***


- IV -
 
Oh, I'm still alive
 


          «Bella Swan, hai detto? È la figlia di Charlie Swan, lui e Billy sono amici da anni – disse Sam, dopo che Taima lo ebbe informato della stranezza che aveva sentito un paio di giorni prima a LaPush, -Se Bella frequenta i Cullen, dobbiamo tenere gli occhi aperti. Anche se abbiamo un patto sono sempre dei succhiasangue»
            «I Cullen?»
            Sam annuì, «Sono i vampiri con cui abbiamo il patto, sono tornati un paio d’anni fa e i più giovani stanno frequentando la scuola assieme a Bella. Il capofamiglia è un medico, lavora all’ospedale»
            Un impercettibile sorrisetto si dipinse sulle labbra di Taima, ripensando a quello che poteva essere benissimo uno scherzo del destino. Da creatura che vivevano della morte altrui, un medico. Un guaritore il cui primario scopo era quello di salvare le vite e non di terminarle.
            «Cullen a parte… hai pensato all’offerta di Billy?» domandò di punto in bianco Sam, attirando su di sé l’attenzione di Taima e scrutandola in attesa di una risposta.
            Billy e Sam già le avevano avanzato la proposta di riprendere il ruolo di alpha all’interno del branco, come membro più anziano e con più esperienza; dopotutto, Sam non era il legittimo capobranco, ruolo che spettava a Jake una volta che avrebbe mutato anche lui. Eppure Taima non ebbe alcuna motivazione per avanzare una simile pretesa, seppur gentilmente offertagli; aveva già dato e il suo tempo come capobranco era finita da secoli.
            Ricambiare però la gentilezza di quei ragazzi le sembrò il minimo, preferendo rimanere al loro fianco come una guida. Quando avrebbero avuto bisogno di qualcuno su cui contare, com’era sempre stato all’interno delle famiglie della riserva.
            «Anche ricoprendo il ruolo di membro anziano, non penso che i ragazzi mi rispetterebbero come alpha così come fanno con te, giovane Uley. Non è compito mio quello di guidare questo branco – Taima venne interrotta dagli schiamazzi dei ragazzi che attirarono i due mutaforma fuori dalla casa, dove Paul e Jared se la ridevano, -anche se credo che una buona dose di educazione non possa certo nuocergli» disse poi con un tenue sorrisetto sul volto, improvvisamente acceso.
Sam non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che vide gli occhi scuri di Taima scintillare dal divertimento, guardandola richiamare a gran voce Paul che non perse un colpo quando la             Quillayute si trasformò in meno di un secondo di fronte a loro. Il messaggio fu comunque recepito forte e chiaro dal Lahote che si trasformò a sua volta, enorme nella stazza ma di poco più piccolo rispetto all’imponenza di Taima.
Il manto candido iniziava a lasciar intravedere l’originale pelliccia dello stesso colore della sabbia bagnata dal sole estivo, chiara e calda. Lo sguardo intelligente e acuto era rimasto lo stesso, leggermente screziato da note più chiare mentre scrutava con attenzione il lupo di fronte a sé in attesa di una sua mossa.
            Il ritrovo del branco era abbastanza isolato e non c’era rischio di venire scoperti, quando l’unico altro essere umano che frequentava quella casa era la fidanzata di Sam, Emily. Questo permetteva a tutti loro di poter mutare forma senza il rischio di ferire qualcuno involontariamente, o di infrangere la segretezza di quel compito gravoso.
Taima era da quasi una decina di giorni che non riprendeva quella forma in cui era sopravvissuta per quasi due secoli, quando si era praticamente dimenticata tutto ciò che la rendeva anche un essere umano. Sentire nuovamente la terra umida sotto le zampe e il vento fresco che le agitava il pelo sulla coda folta e lunga era una sensazione inebriante.
            Paul non sembrò esattamente avere i suoi stessi pensieri nostalgici, avvertendo nella sua mente l’agitazione per quello che aveva percepito come un attacco improvviso, e a tradimento nei suoi confronti.
            Taima, si può sapere che ti è preso?
            Mi sembrava di capire che avessi ancora parecchie energie per un piccolo incontro, la voce di Taima era risuonata sicura e calma nella mente di Paul. Incurante del Lahote che scoprì i denti, aggressivo, mentre Taima rimase impassibile aspettando una sua risposta.
            Da quando Taima aveva deciso di unirsi al branco anche Jared e Paul erano stati in grado di comunicare con lei così come facevano tra di loro, anche se talvolta i pensieri della mutaforma sembravano venire schermati senza preavviso. Un retaggio ripreso dall’essere stato un alpha, anche se era chiara l’impossibilità della convivenza dell’autorità di due capibranco, Taima si era limitata a supportare il branco sotto le direttive di Sam… oppure rimanendone fuori, ma senza permettersi in alcun modo di intralciare le sue decisioni. Sam aveva già dimostrato di essere giovane e a tratti inesperto, ma sapeva imparare e non si faceva remore nel chiedere consiglio privatamente a Taima quando la questione era particolarmente delicata ed ostica..
            Sam non si intromise ed osservò con attenzione ogni mossa di entrambi, con Jared al suo fianco che non si perdeva un attimo. Dovette ammettere l’agilità fenomenale di Taima nonostante le dimensioni fossero equiparabili alle sue, evitata ogni volta che Paul le si lanciava contro a zanne scoperte, senza particolare fatica.
            «Sarà anche vecchia di duecento anni ma è più agile di noi» bisbigliò Jared a Sam, ammutolendosi istantaneamente quando ‘orecchio di Taima colse le sue parole, interrompendo lo scontro e rivolgendogli un’occhiata gelida.
            Paul ne approfittò per tentare un attacco diretto alla collottola di Taima, beccandola proprio nel momento di distrazione e riuscendo a mandare il colpo fino in fondo. Anche se il morso non era stato dato con nessun tipo di intento aggressivo, riuscì a scalfire abbastanza anche la folta pelliccia che la proteggeva, facendo buttare su un fianco Taima nel tentativo di scrollarsi di dosso il mutaforma.
Con una spallata spedì Paul contro un albero, guaendo e scrollando il capo per l’improvviso dolore al collo, sentendo l’acre odore del sangue invaderle le sensibili narici.
Il suo sangue.
            Un ringhio basso lasciò la sua bocca, scoprendo le zanne contro Paul che si era appena riassestato sulle quattro zampe e non si fece intimidire da quell’improvvisa dimostrazione di aggressività. Era esattamente l’atteggiamento che stava cercando di ottenere sin dall’inizio.
            Non è saggio istigarmi così, Lahote.
Paul emise uno sbuffo, simulando per quanto possibile una risata.
            Che gusto ci sarebbe altrimenti se ti trattieni sempre? Non sono un ragazzino che puoi trattare con sufficienza.
            Taima non diede nemmeno il tempo a Paul di finire di parlare che gli balzò addossò, azzerando in un battito di ciglia i metri che li separavano. Finendo per rotolare più distante dalla casa di ritrovo del branco, seguiti a poca distanza da Sam e Jared che aspettavano impazienti di vedere come sarebbe finito quell’allenamento improvvisato.
Impedendogli di tentare nuovamente un altro attacco a sorpresa, Taima riuscì finalmente a disorientare abbastanza il mutaforma da buttarlo a terra in posizione supina.
            Sovrastandolo e bloccandolo con le due zampe anteriori, Paul non poté far altro che rimanere lì, scoperto con le zampe ripiegate su sé stesse mentre guardava Taima negli occhi dal basso.
            Non sottovalutare mai chi ti trovi di fronte. È da ingenuo pensare di potermi prendere di sorpresa quando le tue zampe sono rumorose come un terremoto, Paul, scoprendo le zanne un ultima volta, il mutaforma colse distintamente la screziatura omicida in quegli occhi scuri e abbassò istintivamente le orecchie in segno di sottomissione.
            Taima smise di mostrare aggressività, pungolò delicatamente con il muso umido il collo di Paul e si allontanò per permettergli di rialzarsi. Senza aspettare alcun altro suo movimento si congedò poi in direzione del rifugio, per poter cambiare forma e mettersi addosso qualcosa dei vestiti che Emily gli aveva gentilmente regalato.
            Jared scoppiò a ridere non appena colse l’espressione totalmente confusa di Paul, che non aveva accennato il minimo movimento da quando Taima si era dileguata; seguito a ruota da Sam che si limitò ad accennare un sorriso soddisfatto.
Qualcuno era riuscito a far rimanere senza parole quella testa calda di un Lahote.
            Taima iniziava a spazientirsi.
            Detestava l’insistenza di Paul e Jared nel trascinarla in mezzo alla boscaglia da una ventina buona di minuti, assolutamente intenzionati a tenerle nascosto quale fosse la loro direzione. Aveva cercato un minimo di supporto in Sam, che la liquidò con una scrollata di spalle e lasciando così ai due campo libero approfittando anche dell’assenza di Emily, certo che si sarebbe opposta. Era da tutto il giorno che il branco passava il tempo insieme e per quanto Taima trovasse piacevole la loro compagnia, iniziava a sentire l’esigenza di avere del tempo per sé. Ringraziando anche la sua possibilità di schermare i propri pensieri dal resto dei ragazzi.
            I due la smisero finalmente di trascinare quando arrivarono al limitare del bosco, mollandola di colpo e correndo come pazzi in direzione di quello che sembrava un promontorio. Costrinsero Taima ad accelerare il passo per riuscire a stargli dietro, fermandosi di colpo quando riconobbe subito il luogo.
Il promontorio altro non era che il punto più alto della riserva, uno sperone roccioso che si buttava a strapiombo dentro l’oceano a decine di metri più in basso. Gli scogli che si intravedevano quando la marea era bassa scoraggiava la maggior parte dei curiosi e i mutaforma erano gli unici abbastanza spericolati da buttarcisi senza il minimo ripensamento.
            «Avanti, Taima, questo è il nostro battesimo del fuoco!» esclamò Jared con un braccio alzato per richiamare la sua attenzione.
            «Adesso fai parte del nostro di branco e queste sono le tradizioni» gli diede man forte Paul, scoccando un sorrisetto soddisfatto a Taima che si sorprese per quanto facilmente avesse accettato la sconfitta di prima.
Per quanto il ragazzo potesse essere una testa calda, con Taima non riserbava alcun rancore, riconoscendole il merito e la forza che indubbiamente possedeva. Era un membro del branco tanto quanto lui e come una sorella era un nuovo membro di quella famiglia.
            Taima rimase per qualche secondo immobile, lisciando per un attimo la canotta fine e i pantaloncini che portava appena cambiatasi. Gettò lo sguardo sui due ragazzi al suo fianco e si decise, scattando senza esitazione verso il punto più alto con un salto diretto nel vuoto sottostante.
Il vento la costrinse a chiudere per un attimo gli occhi prima di sentire le urla divertite di Jared e Paul che la seguirono a ruota, urla improvvisamente ovattate dal violento impatto contro l’acqua.
            Il gelo dell’oceano e le correnti violente la scossero immediatamente, facendole uscire tutta l’aria dai polmoni. Ci mise qualche secondo per capire cosa fosse successo e senza perdere ulteriore tempo, nuotò verso la superfice. Annaspando finalmente a pieni polmoni mentre le onde la sconquassavano a destra e a sinistra, cogliendo divertita le teste degli altri due Quillayute poco distante da lei. Tutti e tre per nulla toccati dalla temperatura quasi vicina allo zero dell’acqua, tenuti al caldo dall’innaturale temperatura corporea.
            Quando raggiunsero finalmente la riva, Taima accettò di buon grado l’aiuto offertogli da Jared, mentre tentava di ritrovare l’equilibrio. La scossa di adrenalina stava rapidamente scemando, lasciandola tremante e instabile sulle proprie gambe improvvisamente cedevoli.
            «Se Emily viene a sapere che abbiamo fatto fare il tuffo alla sua nuova amica…» esclamò tra un respiro e l’altro Paul, notando con soddisfazione come Taima rizzò la testa a quel commento.
Aveva intuito abbastanza in fretta quanto quella giovane donna fosse orgogliosa, fiera del proprio retaggio e fortemente indipendente. Non amava venire considerata debole per fare qualcosa, specialmente quando riguardava la loro doppia natura di mutaforma.
            «Più che di Emily, io mi preoccuperei di Sam. È tardi e se non torniamo in fretta sarà lui a chiedere la nostra testa. Neanche Taima può tenerlo a bada quando si arrabbia» rimbeccò Jared, ricevendo un’occhiata da Taima finalmente assestatasi sulle proprie gambe.
            «Hai bisogno anche tu di una lezione, Jared?» mormorò Taima, scoccando un’occhiata gelida al povero ragazzo che si irrigidì all’istante, ignaro della falsata e che si rilassò solo quando Paul scoppiò a ridere al suo fianco.
            Taima buttò giù l’espressione torva e accennò un minuscolo sorriso in direzione dei due che per un attimo cascarono a quella farsa, iniziando ad avviarsi con loro verso il rifugio. Sam avrebbe certamente riservato loro una bella ramanzina specialmente sull’orario, ma in quel momento, tra i capelli bagnati, il freddo della notte e i vestiti attaccati alla pelle, Taima non poté far altro che rilassarsi.
Godersi il momento e quel presente forse per la prima volta in vita sua.

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Capitolo 5
*** V ***


- V -
 
Are you scared to death to live?
 
         Era notte inoltrata e Taima e Paul pattugliavano i confini della riserva da ore, avendo dato il cambio a Sam e Jared che finalmente poterono approfittarne per riposare un po’. Lo scoprire della presenza dei Cullen e del loro territorio oltre il fiume poco aveva cambiato nella vita della mutaforma anche se Taima ebbe qualche volta la curiosità di spingersi sull’altra sponda per vedere se effettivamente quel clan era come quello che aveva trovato in Alaska.
Fu il brontolare di Paul che la riportò rapidamente con la testa a terra, girandosi e incrociando quegli occhi già annoiati da quella ronda infruttuosa.
         Quei Nomadi che hai inseguito sembrano scomparsi nel nulla, puntualizzò per nulla divertito.
         La femmina è veloce, l’altro è un segugio. Il terzo non lo so.
Taima dovette ammettere a sé stessa come quel trio era quasi riuscito a sfuggirli più di una volta prima di attraversare il confine con gli Stati Uniti: per quanto potesse essere agile nonostante la stazza imponente, Taima era comunque in svantaggio sulla neve, dove gli odori si mescolavano tra loro e bastava un non nulla per perdere del tutto le tracce. Anche se quei Nomadi erano veloci lei aveva giocato principalmente d’astuzia e imparò presto parte delle loro abitudini riuscendo in qualche caso anche ad anticiparli di un paio di secondi, sfortunatamente troppo poco considerando i tempi di reazione di quelle creature infernali.
         Di certo qui non si sono più avventurati da quando ti abbiamo trovata.
         Il tuo muso deve averli spaventati, il ringhio basso di Paul non passò inosservato a Taima che sogghignò mentalmente a quella sottile punzecchiatura. Non era solita fare battute o lasciarsi andare troppo ma in quei momenti solitari di ronda riusciva alle volte ad abbassare per qualche secondo la guardia. Sicuramente Paul gliel’avrebbe fatta pagare nel pomeriggio dopo l’ennesimo allenamento che si ostinava a voler ripetere ogni volta, troppo testardo per ammettere semplicemente come Taima gli fosse superiore in agilità e astuzia.
         I due controllarono nuovamente il perimetro vicino il promontorio che si affacciava all’oceano e ritornarono solo alle prime luci dell’alba. Ancora troppo presto perché tutti fossero già svegli ma almeno Emily ebbe l’accortezza di essere già lì quando Taima e Paul misero piede nel ritrovo, caldo e accogliente. Una canotta e dei semplici pantaloncini erano sicuramente l’abbigliamento preferito di Taima che Emily, scoprì quasi per caso, non fosse assolutamente in grado di badare ai propri capelli, oltre il semplice togliere foglie secche o rametti che le si impigliavano nella pelliccia prima di mutare forma.
         «Sicuramente avranno attraversato lo Stato o si saranno scontrati con i Cullen» esclamò per l’ennesima volta Paul una volta entrati nel ritrovo e accolti dal dolce odore della cucina di Emily, e da quello di alcuni muffin specificatamente per Taima che le fecero venire impercettibili brontolii allo stomaco.
         Taima scosse nuovamente la testa, esasperata per quante volte aveva cercato di far capire a quel testardo di un Quillayute come i vampiri non fossero sempre così semplici da prevedere, «Sono immortali. Non cambiano. Rimarranno in queste zone almeno per un paio di settimane prima di spostarsi di nuovo, hanno sempre fatto così da quando li ho trovati»
         «Sono appena le sei di mattina, perché non aspettate ancora un po’ prima di azzannarvi?» li rimbeccò prontamente Emily dopo che i due si sedettero in silenzio, colti in fallo.
Era stata stranamente sorpresa di scoprire come Taima si fosse integrata nel branco, anche se come al solito non parlava troppo o a sproposito, aveva legato parecchio con Paul. La stessa testa calda di un mutaforma che a malapena ascoltava Sam quando era in preda alla collera con il temperamento che ancora faticava a controllare; Taima sembrò tenergli testa senza problemi, paziente e per nulla intimorita quando si faceva più aggressivo o tentava di attaccare briga senza motivo.
         Con cura, Emily depositò i muffin di Taima sopra il bancone, accuratamente evitati da Paul che si avventò su un pezzo di crostata sfornata una decina di minuti prima. Contenta come le due avessero legato parecchio nell’ultima settimana, guardò divertita mentre la mutaforma si gustava con calma uno di quei muffin tutti per lei.
         «Taima, - attirò la sua attenzione, - hai da fare più tardi?»
La Quillayute smise di mangiare il muffin, scuotendo leggermente la testa e scrutando con attenzione il volto di Emily, improvvisamente illuminatosi di una luce sinistra. Intuì come l’imprinting di Sam stesse tramando qualcosa ma non era esattamente certa di cosa si sarebbe dovuta aspettare da quella donna che l’aveva accolta e la trattava come una sorella.
         Probabilmente in quel momento l’idea di venire aggredita da un gruppo di vampiri era estremamente più allettante di quello che stava subendo in quel momento. Ancora doveva abituarsi alle dinamiche di quel secolo, ma Emily era stata paziente con lei mentre tentava di farle capire come fosse possibile mangiare anche quello che non fosse strettamente non lavorato, restia a provare anche le ricette più basilari.
Farle indossare vestiti aderenti o diversi dal cotone? Un’impresa titanica a cui Emily dovette presto rinunciare, non demordendo però dal farle provare un’infinità di cose diverse, per nulla stupida dall’assenza di imbarazzo per la sua privacy; aveva presto imparato come in un branco quello fosse un concetto relativo.
         Sicuramente Taima non era affatto felice di passare oltre due ore di quella mattina dietro alle fantasie della giovane donna che aveva di fianco e che non la smetteva di pasticciare con i suoi capelli. Lunghi fino a metà schiena erano una folta massa di capelli lisci, tenuti, onestamente, il minimo indispensabile in ordine.
         «Sicura che non vuoi tagliarli? Non è anche per questo che il tuo pelo è più lungo degli altri?» domandò curiosamente Emily, domanda che aveva tenuto in serbo da quasi una settimana quando aveva finalmente avuto l’occasione di vedere la forma su quattro zampe di Taima. Nient’affatto intimorita e anzi divertita dalla morbidezza del folto pelo che l’aveva protetta per decenni nel clima gelido dell’Alaska.
         «Non mi danno fastidio, ma non so come fare…» continuò semplicemente indicando con la mano l’intera massa di capelli che le ricadeva sciolta dietro la schiena.
Ben presto imparò come fosse estremamente più facile tenerli semplicemente legati in una coda bassa o nella morbida treccia che Emily si era divertita a farle. Mentre le due chiacchierarono del più e del meno, gran parte della giornata passò senza neanche accorgersene.
         Fu l’ululato limpido di Sam che richiamò all’attenzione Taima, congedatasi in fretta da casa di Emily prima di correre fuori e mutare non appena ebbe raggiunto la boscaglia. Fu lì che la sua mente venne invasa dai pensieri di Jared e Paul che anche si era appena aggiunto a loro.
         Cosa succede, Sam?
         Hanno attraversato il fiume.
         Dal territorio dei Cullen?
         Sono diretti a Nord, sovrastò tutti con imponenza l’autoritaria voce di Sam che mise a tacere i pensieri incoerenti di Jared e Paul.
         State attenti alla femmina, fu l’unico commento di Taima che finalmente sentì di nuovo quel brivido della caccia che le scorreva nelle vene. Nella mente di Sam e Jared capì come i due fossero sulle tracce dei Nomadi che avevano appena fiutato e la Quillayute non perse tempo, riunendosi in corsa assieme a Paul.
         L’inseguimento durò meno del previsto quando, con una brusca deviata, i vampiri fecero perdere le proprie tracce e costringendo così i quattro mutaforma a pattugliare per tutto il pomeriggio l’intera riserva. Il loro odore sembrava essere svanito nel nulla e finalmente quella testa calda di un Lahote comprese gli ammonimenti continui di Taima, non li sopravvalutava di certo quando li definiva come degli esperti nel depistaggio.
Sembravano svaniti nel nulla.
         Taima avanzava agilmente in mezzo agli alberi, silenziosa mentre le zampe affondavano nel terreno sempre umido e ricco di vita, per nulla distratta dai mille odori che il suo olfatto sensibile percepiva in continuazione. Era totalmente focalizzata sull’individuare quelle tre singole tracce di odore, dove anche solo un frammento, avrebbe potuto darle una direzione da prendere e da seguire.
Stava pattugliando da ore assieme a Paul, i due avevano coperto e rastrellato l’intera zona est della riserva e si stavano arrischiando anche nella zona periferica vicino Forks. Terribilmente vicini alla strada ma fortunatamente protetti dai fitti alberi, al riparo da occhi indiscreti e di qualche incauto umano che si sarebbe potuto avventurare di notte per quella strada deserta.
         Qui non c’è nulla.
         Si sono sicuramente allontanati dal nostro territorio, ma anche da quello dei Cullen. I vampiri raramente si arrischiano a ingaggiare una faida con un altro clan solo per qualche… umano, spiegò pazientemente Taima, sentendo la mente di Paul borbottare incomprensibilmente.
I vampiri erano creature solitarie ed estremamente territoriali, anche se nomadi. Il territorio di caccia che occupavano nel loro breve periodo di soggiorno diventata una zona off-limits per chiunque altro tentasse di approfittarne, specialmente se c’erano quei rarissimi casi di vampiri a pianta stabile. Quando non erano in grado di contenere la propria sete, venivano facilmente scoperti ma, a quanto pare, quella dieta… vegetariana che il clan in Alaska e quello dei Cullen seguiva sembrava permettere loro di vivere per alcuni anni, se non decenni, nella stessa zona senza particolari problemi.
         Poco prima di fermarsi ed informare a Sam del loro ritorno, qualcosa colse la sua attenzione. Rizzando immediatamente il capo, Taima inspirò a fondo, con le orecchie schiacciate all’indietro e gli occhi scuri appena socchiusi, si concentrò sull’olfatto. Qualcosa aveva attirato il suo interesse. Forse un moto istintivo ma che preferì assecondare quando in quei casi era proprio l’istinto del mutaforma che li guidava verso il loro nemico naturale.
Fu un attimo.
         Taima scattò in avanti non appena sentì l’odore a cui aveva dato la caccia ininterrotta per settimane. I Nomadi che erano riusciti a depistarla più di una volta avevano fatto l’errore di attraversare il territorio protetto dal branco dei Quillayute e che finalmente avrebbe potuto mettere in atto il loro primo e serio inseguimento.
Sorda ai richiami mentali e agli ululati di Paul che cercava di tenere il suo passo dietro di lei, preso alla sprovvista da quello scatto repentino; e, proprio a causa di quel vantaggio, il Quillayute perse rapidamente le tracce di Taima.
         Non si era neanche accorta di essere rimasta da sola mentre divorava la terra sotto di lei, affondando le zampe in falcate sempre più ampie. Totalmente concentrata su quella caccia che le aveva innescato una pesante adrenalina nel corpo, spingendola a ignorare qualsiasi cosa che non fosse il proprio istinto.
E fu proprio per quello che si dimenticò di tenere la guardia alzata anche all’ambiente circostante.
         Un colpo.
Un singolo colpo abbastanza forte da scaraventarla contro un albero, facendole cozzare la schiena in un rumore secco di ossa spezzate sul colpo. Dove un attimo prima stava correndo e quello dopo era contro un albero, su un fianco mentre cercava di riprendere fiato; scrollando la testa per liberarsi dalla vista sfocata che le impediva di vedere anche se in piena notte.
E poi, di nuovo lo stesso odore.
         Taima ringhiò scoprendo le zanne quando mosse le orecchie in direzione di qualcosa che camminava a passo lento nella sua direzione. Tentò di alzarsi lentamente, sopprimendo i guaiti di dolore quando riuscì a muovere solamente gli arti anteriori.
Il maschio. Il segugio.
Era quello l’odore che aveva sentito prima di separarsi da Paul.
         «Finalmente ho l’occasione di liberarmi di questo rognoso sacco di pulci puzzolente» soffiò una voce bassa, una punta di divertimento prima di muoversi.

Lava. Ecco cosa le scorreva nelle vene.
Lava fluida che le attraversava ogni arteria e ogni capillare, bruciando ogni nervo dove passava.
E poi il ghiaccio. Il gelido vento del Nord che le scuoteva il corpo di tremiti nel tentativo di scaldarsi. I muscoli contratti fino allo spasmo e che dolevano ad ogni respiro. La gola le bruciava, i polmoni si infiammavano ad ogni respiro come se non fosse ossigeno ma fiamme libere quelle che inalava.
Pregò solo che qualunque cosa fosse... La uccidesse il prima possibile.
         Il guaito straziante di dolore si era disperso nel bosco a macchia d’olio, avvertito immediatamente da Paul e gli altri che si affrettarono per raggiungere immediatamente il punto dove l’avevano sentito arrivare. Ignari di quello che li avrebbe aspettati e inconsapevoli dell’inutilità dei continui richiami rivolti a Taima che non si era più fatta sentire.

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