Who are you, Four?

di ame_vuiller003
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ONE ***
Capitolo 2: *** TWO ***
Capitolo 3: *** THREE ***
Capitolo 4: *** FOUR ***
Capitolo 5: *** FIVE ***
Capitolo 6: *** SIX ***
Capitolo 7: *** SEVEN ***
Capitolo 8: *** EIGHT ***
Capitolo 9: *** NINE ***
Capitolo 10: *** TEN ***
Capitolo 11: *** ELEVEN ***
Capitolo 12: *** TWELVE ***
Capitolo 13: *** THIRTEEN ***
Capitolo 14: *** FOURTEEN ***
Capitolo 15: *** FIFTEEN ***
Capitolo 16: *** SIXTEEN ***
Capitolo 17: *** SEVENTEEN ***
Capitolo 18: *** EIGHTEEN ***
Capitolo 19: *** NINETEEN ***
Capitolo 20: *** TWENTY ***
Capitolo 21: *** TWENTY ONE ***
Capitolo 22: *** TWENTY TWO ***
Capitolo 23: *** TWENTY THREE ***
Capitolo 24: *** TWENTY FOUR ***
Capitolo 25: *** TWENTY FIVE ***
Capitolo 26: *** TWENTY SIX ***
Capitolo 27: *** TWENTY SIX ***
Capitolo 28: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** ONE ***


Sorrido. Non mi ero mai sentita così parte di una fazione come quando mi hanno lanciata giù dallo Zip-line. È stato semplicemente magnifico, non vedo l'ora di rifarlo. Ora sono con Uriah al Pozzo: vuole farsi un nuovo tatuaggio.
-Dici che se me lo faccio su una chiappa è imbarazzante?- chiede mentre si indica il gluteo sinistro.
-Non lo so, sicuramente non guarderei mentre te lo fai.- rispondo ridacchiando, la parte Abnegante che c'è in me ancora troppo evidente. La mia famiglia mi manca, è inevitabile, ma qui ho trovato una sostituta abbastanza degna. Nessuno sarà mai come mia madre o come Caleb, ma se non altro ho finalmente dei veri amici.
Uriah si incammina verso Tori che sta preparando dei nuovi disegni.
-Pronta ad affrontare le tue paure lunedì?- mi chiede, probabilmente solo per parlare di qualche cosa che non sia il tatuaggio che vuole farsi sulla chiappa sinistra.
-Non sarò mai pronta a quella tortura. Come se non bastasse, il solo fatto che Quattro mi somministri il siero e mi guardi nella testa mi fa rabbrividire. Ma per ora, mi godo il weekend.- rispondo con una smorfia poco convinta. Uriah ride mentre incomincia a scegliere cosa vuole disegnarsi con l'inchiostro.
-Che ne dici di questo?- dice mostrandomi un disegno piuttosto ridicolo di quelle che credo dovrebbero essere le fiamme degli Intrepidi.
-Uhm... adatto ad una chiappa suppongo.- rispondo mordendomi il labbro per non mettermi a ridere. Lui annuisce e si avvicina a Tori che lo sta guardando con un sopracciglio alzato. Mi avvicino e la vedo assumere una faccia divertita quando Uriah le dice dove vuole il suo tatuaggio. Per quanto io stia diventando un'Intrepida, non avrei mai il coraggio di levarmi pantaloni e mutande per farmi tatuare qualche cosa, neanche se fossi da sola con Tori. Sarebbe decisamente troppo imbarazzante. Mentre aspetto Uriah guardo fuori dalla porta dello studio.
Will e Christina stanno ridendo con Albert. Ultimamente lo vedo molto strano, probabilmente perché è ultimo in classifica. Da quando gli altri transfazione hanno visto il mio punteggio mi evitano, perfino quelli che credevo essere i miei migliori amici credono che io nasconda qualche cosa. E devo essere onesta, da loro non me lo sarei mai aspettato.
Ho cercato più volte di spiegare loro che non c'è un modo per facilitare il secondo modulo, ma Christina è l'unica che mi crede. Will lo fa solo in parte, mentre Al non mi parla e basta. Due giorni fa l'ho visto mentre parlava con Drew, e vederli insieme mi ha fatto rabbrividire. Com'è possibile che il mio amico parli con qualcuno di così spregevole come Drew? Non lo so.
Ultimamente sto legando moltissimo con gli interni, soprattutto con Uriah e Marlene. Lynn non mi tollera molto, ma col tempo migliorerà sicuramente.
-Fatto!- esclama Uriah raggiungendomi. Salutiamo Tori e usciamo. Noto che lui zoppica un po'.
-Come è stato?- chiedo trattenendo un sorriso.
-Più doloroso di quando pensassi. Ma è venuto figo, un giorno o l'altro te lo farò vedere.- mi dice.
-Rifiuto la tua gentile offerta, grazie.- dico io arricciando il naso. Non ho nessuna intenzione di vedere cosa tiene sotto alle mutande, di qualsiasi cosa si tratti.
-Sai, dovresti sforzarti di perdere le tue vecchie abitudini abneganti.- dice mentre mi sorride sornione. Io alzo le spalle.
-Non è semplice perdere abitudini che hai coltivato per sedici anni in poco meno di due mesi, Uriah. Essere un trasfazione non è semplice come pensi.- dico, abbassando un filo la voce sull'ultima frase. Lo vedo con la coda dell'occhio che si gira a guardarmi.
-Scusami.- sussurra.
-Non ti scusare, non è un problema se...- ma non finisco la frase perché la mia attenzione viene catturata da due ragazzi che stanno ridendo appoggiati sulla ringhiera dello strapiombo, dove stiamo di solito io, Will e Chris. Non mi ero resa conto di aver camminato così tanto.
Quattro e Ezekiel, il fratello di Uriah, stanno ridendo mentre parlano di non so che cosa. Non ho mai sentito il mio istruttore ridere, ma è un suono quasi dolce. Vederlo felice mi fa stare bene, e non sono sicura che sia una cosa del tutto positiva.
Uriah mi guarda con un sorrisetto divertito sul volto, poi si schiarisce la gola e chiama a gran voce il fratello.
-Hey Zeke! Spero per la mamma che tu non stia considerando l'idea di buttarti di sotto, anche se devo ammettere che non ne sarei così dispiaciuto.- dice mentre si affretta nella loro direzione. Lo seguo. Sia Zeke che Quattro si girano verso di noi e per un breve, intenso momento incrocio i suoi occhi blu scuro, come quelli della notte senza luna. Uriah mi spinge leggermente avanti.
-Ma dico, sempre in mezzo devi stare tu, razza di rompiscatole smidollato?- lo apostrofa Zeke girando gli occhi infastidito. Al suo fianco, Quattro sorride.
-Tu sei Tris, vero? La rigida.- dice poi guardando me. Ho conosciuto quella che credo sia la sua ragazza, la sorella maggiore di Lynn, Shauna, allo Zip-line.
-Sono io.- rispondo timidamente. Dovrei essere più decisa ora che sono tra gli Intrepidi.
Zeke annuisce.
-La prima a saltare. Ho sentito parlare molto di te.- mi dice con un'espressione che non riesco a decifrare. Uriah gli ha parlato di me? Non mi sembrava avessero il tipo di rapporto da "raccontami dei tuoi amici" o da "come è andata la giornata oggi? Come è stato lo scenario della paura?". Evidentemente mi sbaglio. Noto che Quattro si è irrigidito e che ha lanciato uno sguardo al suo amico.
-Lui è Zeke, il mio migliore amico.- dice poi guardandomi. Annuisco e abbozzo un piccolo sorriso. Perché non so mai che diamine fare quando c'è anche lui?
-Chi ti ha parlato di me?- chiedo a Zeke dondolandomi. Se Quattro è davvero il suo migliore amico, non sono più così sicura che abbia saputo di me da suo fratello. Shauna stessa mi ha detto che Quattro le ha parlato di me, anche se ancora non riesco a capirne il motivo. Lui sorride enigmatico e non mi risponde, poi fa uno scatto in avanti e tira una pacca a Uriah proprio sopra al tatuaggio nuovo.

•••

Ho lasciato Uriah al dormitorio degli interni seduto su una borsa del ghiaccio per andare in palestra. Non credo di aver mai sentito qualcuno insultare così pesantemente un'altra persona. Mi dirigo a passo spedito verso i bersagli e il tavolo con i coltelli. Ho voglia di iniziare da qualche cosa che mi riesce bene: prendo sei coltelli e mi posiziono davanti al bersaglio al centro, esattamente dove si era messo Quattro per lanciare i coltelli contro di me. Faccio dei movimenti circolari con il braccio che userò per lanciare, giusto per scaldare un po' i muscoli e prepararmi al movimento.
Tiro un profondo respiro e scaglio il primo coltello che con un rumore sordo si incastra nel legno al centro del petto della sagoma disegnata. Sorrido leggermente. Lancio gli altri cinque coltelli e tutti quanti si conficcano esattamente dove volevo che si conficcassero.
Sapere di essere riuscita a mettere a segno tutti e sei i miei coltelli mi fa sentire bene, potente. Con un sospiro riprendo tutti i coltelli e li rimetto a posto per poi dirigermi verso i sacchi da boxe.
Sfogo la mia tensione per il secondo modulo, per le stupide idee e preoccupazioni dei miei amici trasfazione contro il sacco che ho davanti fino a quando non mi fanno male le mani.
Perché sono così stupidi? Come possono credere che ci sia un modo per rendere più semplice quella tortura? Ovviamente il tutto dipende dalla mia divergenza, ma non è una cosa che posso dire ad alta voce. Le uniche due persone che lo sanno sono Tori, che me lo ha detto per la prima volta, e mia madre, che me lo ha chiesto quando è venuta a trovarmi, nel Giorno delle Visite. Tori mi aveva raccomandato di non dirlo a nessuno, ma lei è mia madre e so di potermi fidare per qualsiasi cosa. Per di più, ho scoperto che era un'Intrepida: non che lei lo abbia detto a voce alta, ma come avrebbe potuto sapere dove andare? E della bontà della torta al cioccolato che fanno qui? Sorrido tristemente al ricordo dei suoi occhi caldi che mi sorridono. Ma non posso lasciarmi travolgere dalla malinconia proprio ora, quindi decido di lanciare altri due coltelli, soltanto per il gusto di farlo.
Sto per lanciare il secondo, quando una voce alle mie spalle mi spaventa.
-Lo sai che il primo modulo è finito, vero?-
Il coltello scivola dalle mie dita e si conficca nella spalla sinistra della sagoma, quando io avevo mirato alla testa. Grugnisco per il disappunto e mi giro verso Quattro.
-Sì, e allora?- dico, cercando di avere un tono non troppo infastidito: mi innervosisce l'aver mancato il mio bersaglio.
-Perché sei qui? Pensavo volessi rilassarti in vista del tuo prossimo scenario di lunedì.- mi dice mentre si appoggia al muro e incrocia le braccia. Mi avvicino fino a trovarmi a circa un metro da lui. Mi sono avvicinata troppo in fretta, ma sono troppo orgogliosa per indietreggiare.
-Oggi è sabato, ho ancora tempo per riflettere sullo scenario.- rispondo dondolandomi da una gamba all'altra ed evitando accuratamente la sua domanda.
Quattro annuisce e si stacca dal muro avviandosi verso i sacchi da boxe.
-Dovresti farti cogliere meno di sorpresa quando lanci. Cerca di smettere di pensare e di concentrati solo su quello che stai facendo, restando in allerta ma facendo passare in secondo piano i sensi che potrebbero distrarti. Sempre che ciò non ti porti a fallire, è chiaro.- mi dice. Io annuisco, ma sono troppo concentrata a osservare i suoi muscoli tendersi sotto alla maglia attillata per prestare davvero attenzione alle sue parole.

 

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Capitolo 2
*** TWO ***


-Tris.- chiama Quattro. Rabbrividisco.
Calma, è solo una simulazione, penso. Mi alzo e cercando di non pensare a che cosa mi mostrerà questa volta la mia malsana mente entro nella piccola stanza delle simulazioni.
Dopo averlo incontrato in palestra, sabato sera, non l'ho più incontrato fino a questa mattina in mensa.
Mi siedo sulla sedia e cerco di rilassarmi mentre lui mi infila l'ago nel collo e si collega alla simulazione.
-Ancora dieci secondi e poi comincia.- mi informa mentre preme alcuni pulsanti di cui ignoro completamente l'utilità dandomi la schiena.
Dieci, nove, otto... mi ritrovo a pensare, e i miei occhi si fermano sulla schiena di Quattro.
...sette, sei, cinque... anche oggi la maglietta è decisamente troppo attillata per permettermi di pensare ad altro.
...quattro, tre, due... ma ovviamente ho altro a cui pensare al momento, magari qualcosa che non faccia trasparire la mia divergenza.
Chiudo gli occhi e mi immergo nella simulazione.

•••

Sono in una stanza strana, dietro di me c'è un vetro. Le pareti sono trasparenti e, poco più in là rispetto a dove mi trovo io, ci sono i miei compagni trasfazione e Quattro. Perché deve esserci anche lui nel mio scenario? Non è sufficiente che lo osservi? Mi avvio verso Cristina come a volerle chiedere che razza di paura è quando, improvvisamente, vado a sbattere contro un vetro.
Mi ero sbagliata, i miei amici non sono in questa stanza con me: loro sono oltre la parete, e io non posso capire cosa dicono. Mi giro e mi guardo intorno un paio di volte e improvvisamente mi rendo conto che non sono più in una stanza ma in una specie di scatola di vetro. Non so che paura sia, ma sento il cuore cominciare a battere forte. Sbatto i pugni sul vetro nel tentativo di farmi sentire. Vedo Quattro avvicinarsi a Cristina, e poi entrambi si girano a guardarmi e si mettono a ridere. Lui si piega leggermente su di lei e le sussurra qualcosa che la fa sorridere all'orecchio e poi si abbracciano. Una morsa che non ho mai sentito prima mi stringe la pancia e io stringo i denti. Vedo le figure dei miei compagni ai margini del mio campo visivo, ma tutto quello che riesco a guardare sono la mia migliore amica e il mio istruttore che si abbracciano. Perché?
A distogliere la mia attenzione da loro è una sensazione strana, di bagnato, alle caviglie. Abbasso in fretta lo sguardo e noto che da un tupo che esce dal fondo esce dell'acqua. Esce tanta acqua. Mi guardo intorno: devo uscire da qui o morirò annegata. Eccola, la paura: annegare. Faccio due respiri profondi e poi tiro un calcio contro il vetro. L'acqua mi arriva alla vita. Tiro qualche spallata. Continuo così per un po' fino ad arrendermi all'idea che non si romperà. L'acqua mi arriva ormai alle spalle. Cerco di calmare il mio respiro, ma non ci riesco.
Calmati, non è reale, non morirai, mi ripeto, ma serve a poco. Ormai sto nuotando. Ancora dieci centimetri e annegherò. Il solo pensiero mi mette paura e mi agito, ma peggioro solo la situazione. Ora sono affaticata, ho bisogno di fermarmi e respirare con calma. Alcune calde lacrime mi rigano il visto e mi colano sul mento unendosi all'acqua già presente.
Ormai ci siamo, non è rimasto più spazio. Faccio un respiro profondo e mi immergo. L'acqua cessa di salire e io chiudo gli occhi cercando di ignorare il bisogno di ossigeno. Sto per morire, e morirò con la consapevolezza di essere una traditrice per la mia famiglia. Non so perché questo è il primo pensiero che mi viene in mente, ma è seguito subito da un altro: morirò senza sapere chi è davvero Quattro, senza sapere perché sembra così combattuto quando è in mia presenza. E morirò senza avergli fatto sapere che potrei avere una cotta per lui. Spalanco improvvisamente gli occhi: è davvero questo quello che mi preoccupa? Quattro?
Scuoto la testa e sorrido: lui mi sta guardando, spero in Dio che non possa anche ascoltare i miei pensieri o penso che mi sotterrerei.
Questo non è reale, ricordo improvvisamente, e se non è reale, vuol dire che posso manipolarla.
Mi concentro: questo vetro può essere tranquillamente rotto, è così dannatamente fragile che basterebbe toccarlo con un solo dito. Ed è quello che faccio: quando lo tocco, nella mia testa lo immagino creparsi ed è quello che accade. Ripeto questa azione un paio di volte e poi, improvvisamente, mi sto tirando a sedere in cerca di aria.
Quattro è subito al mio fianco, con una mano sulla mia spalla mentre la stringe un po'. Ha la mano fredda.
-È finita Tris.- mi dice in un sussurro. Io continuo a boccheggiare, respirando a fatica. Chiunque abbia deciso di inserire questo modulo nell'iniziazione sarebbe dovuto essere condannato ad almeno cinquant'anni di carcere. In ogni caso, doveva essere un pazzo.
Non riesco ad alzare gli occhi verso Quattro, ho ancora i pensieri che ho avuto poco fa impressi nella memoria.
-Cosa c'è?- chiede lui, di solito non sto zitta e ferma.
-Io...- comincio, -mi stavo chiedendo se durante la simulazione tu possa... insomma... sentire quello che penso.- dico in fretta, sperando di non essere diventata troppo rossa.
Vedo il suo busto girarsi lentamente verso di me.
-Il fatto che io possa guardare nella tua mente non include il poterla leggere.- mi dice, ma sento che vorrebbe aggiungere qualcos'altro.
Annuisco, felice che non abbia sentito nulla.
Quattro non mi dice più nulla quindi lo guardo. È strano: ha la faccia contratta e le labbra sono ridotte ad una fessura.
-Cosa c'è, Quattro?- chiedo a mia volta, -Ho.. fatto qualche cosa di sbagliato durante la simulazione?-
Questa volta si gira con più decisione e si siede accanto a me. I suoi occhi scuri mi scrutano, e non riesco a capire se mi mette a disagio o se semplicemente li desidero.
-Ora ti farò una domanda Tris, e vorrei che tu fossi sincera con me.- risponde lui. Io annuisco: inizia a spaventarmi.
-Che risultato hai ottenuto al test attitudinale?- mi chiede, e io sento il poco colore rimasto sul mio visto dopo la simulazione defluire. Perché mi fa questa domanda? Possibile che lui lo sappia?
-Abnegante.- rispondo ostentando una noncuranza e un'indifferenza che non ho.
Quattro scuote la testa. Lo sa, sa che sono una Divergente.
-Cosa c'è?- chiedo di nuovo.
-C'è che credo che tu mi stia mentendo, Tris.-
-Perché dovrei?- ribatto.
Lui ignora questa domanda e mi fissa negli occhi.
-Te lo chiederò solo un'altra volta, rigida. Che risultato hai ottenuto al tuo test attitudinale?- chiede di nuovo, senza staccare il suo sguardo dal mio.
-Abnegante.- rispondo di nuovo scuotendo un pelo la testa. Quattro annuisce e si alza e io lo seguo. Poco prima di aprire la porta però lui parla.
-Dovresti almeno provare a nasconderlo durante le simulazioni. E, perché tu lo sappia, un Intrepido non avrebbe mai rotto il vetro.-

•••

Vado dritta filata allo studio dei tatuatori in cerca di Tori, l'unica con cui io possa parlare di quello che sono. Quando entro, la vedo che sta sistemando alcuni aghi e colori. A quest'ora c'è poca gente, quasi tutti sono o al lavoro o a scuola o, come dovrei essere io, al proprio dormitorio dopo aver superato una delle proprie peggiori paure. Ma al momento, ne ho altre di paure.
-Ciao Tris!- mi saluta Tori felice poi, appena mi guarda in faccia, il sorriso le muore sul volto. -Tris? Andiamo sul retro.- mi dice con la voce tesa. Probabilmente è così chiaro che ci sia qualche cosa che non va che non si aspetta che io parli e mi trascina via, facendomi poi entrare in una cucina molto semplice. Mi fa sedere su una sedia in un angolino e mi si siede accanto.
-Come stanno andando le simulazioni?-  mi chiede.
-Bene, un po' troppo da quanto mi dicono.- rispondo.
-Ah.- dice.
Faccio un respiro profondo.
-Devo sapere, Tori. Che cosa significa quello che sono?- dico.
Tori si guarda intorno e poi mi risponde in un sussurro.
-Tra le tante cose, significa che sei consapevole durante le simulazioni di non star vivendo una situazione reale. E anche una persona che, qui tra gli Intrepidi, tende ad avere... vita breve.-
Mi sento sempre peggio. Un peso mi piomba sul petto e improvvisamente avverto il bisogno di mettermi a piangere o di gridare, ma tutto ciò che esce dalla mia bocca è un debole sussurro.
-Quindi sono destinata a morire? Perché?-
-Non necessariamente, nessuno sa di te. Subito dopo il tuo test ho cancellato l'esito e ho inserito Abnegante come risultato, ma devi fare attenzione. Se i capi fazioni lo dovessero scoprire, non avrai neanche il tempo di pensare a quello che sei che ti ritroverai sul fondo dello strapiombo con l'osso del collo spezzato.-
Non sono sicura che respirare sia una funzione involontaria, perché devo costringermi a riempire e svuotare i miei polmoni.
-Ma perché?- chiedo ancora.
-Perché ti temono, Tris. Hanno paura di quello che sei perché non sei conforme, la tua mente agisce in modi diversi e non può essere controllata dai loro sieri.-
Stiamo sussurrando entrambe.
-Sarebbero davvero in grado di uccidere?- chiedo. La vedo irrigidire la mascella e fissare i suoi occhi nei miei.
-Mio fratello era come te. Ci siamo trasferiti entrambi dagli Eruditi. Era nella tua stessa situazione, nel secondo modulo aveva scalato la classifica molto velocemente. I capi fazione avevano iniziato a interessarsi a lui e un giorno erano andati a vedere la sua simulazione.- mi dice, mentre inizia a scoprirsi un avambraccio, -La mattina dopo lo hanno trovato sul fondo dello strapiombo. Suicidio: così mi hanno giustificato la sua morte. Ma lui aveva degli amici, usciva con una ragazza trasferita dai Pacifici, andava bene, era felice. Non credi che lo sapresti se tuo fratello avesse manie suicide?-
Sul suo braccio c'è il profilo di un fiume. C'entra con suo fratello? Credo di sì.
Provo ad immaginarmi Caleb che si suicida e quasi mi viene da ridere. Caleb non è così, è ridicola come immagine.
-Quindi è questo che sono? Consapevole?- chiedo, ma lei scuote la testa.
-Sono sicura ci sia altro, ma è tutto quello che so. Queste sono cose che puoi scoprire in due modi: o vuoi ucciderli o conosci qualcuno. In quest'alto caso, ci sono due categorie diverse: o hai conosciuto qualcuno, come nel mio caso, oppure lo hai vissuto in prima persona.- mi risponde. Mi balena in mente l'immagine di Quattro. A quale categoria appartiene? Spero non alla prima.
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti, poi è di nuovo lei a parlare.
-Non devi permettere che si scopra, Tris, mai.- mi dice, e questa volte il suo tono mi ricorda quello protettivo che avevano i miei genitori.
-E se lo avessero già scoperto?- dico, con un groppo in gola. Lei mi guarda, sembra spaventata.
-Allora saresti già morta.- mi dice.

 

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Capitolo 3
*** THREE ***


Mi nascondo la faccia tra le mani e respiro profondamente. Proprio come ieri, oggi dovevo scegliere se uccidere la mia famiglia o farmi piantare una pallottolla in testa. Sparare a Caleb, o a papà, diventa ogni volta più difficile. Se ieri ero così sconvolta da vederli nella mia mente da non provare pressocché nulla, tanto consapevole del fatto che non fosse reale da non provare nessuna emozione mentre premevo il grilletto, oggi vedere la macchia di sangue sui vestiti grigi di mio fratello mi ha fatto sentire una persona orribile. Alzo lo sguardo e noto che Quattro mi sta osservando.
-Lo so che non è reale.- dico.
-Non devi spiegarlo a me. Ami la tua famiglia, non vuoi ucciderla. Non è la cosa più assurda del mondo.- mi risponde. So bene che non lo è, ma questa paura è peggiore delle altre. Non riesco a superarla in fretta come le cornacchie o la scatola con l'acqua.
-La simulazione è l'unico momento in cui posso vederli, anche se so che non sono davvero lì.- dico, e anche se mi ha detto che non ha bisogno di spiegazioni sento di dovergliele dare, -Mi mancano... a te.. manca mai la tua famiglia?- chiedo, anche se conoscendolo probabilmente non mi risponderà. Con mia grande sorpresa, invece, parla.
-No. A me non manca mai, ma è una cosa insolita.-
Talmente insolita che tutto il senso di colpa che provavo nei confronti del mio Caleb immaginario scompare. Che razza di famiglia doveva avere per non averne mai nostalgia? Ho la mano già sulla maniglia della porta quando mi volto verso di lui. Ci guardiamo e basta.
Sei come me?, sei un Divergente?, vorrei potergli chiedere. Ma questa parola sembra già pericolosa solo da pensare, non credo che troverei il coraggio di dirlo a voce. Lui mi guarda a sua volta, e ho come l'impressione di non essere l'unica che vuole dire qualche cosa che non riesce a dire. Sento il mio cuore accellerare come nella simulazione, ma non ha nulla a che fare con la paura. Ogni minuto in più che passo a guardarlo, mi sembra di vederlo diventare sempre più umano, sempre più il ragazzo che è in realtà, quando non è Quattro. Ma chi è, quando non è Quattro? Me lo chiedo ogni volta che lo osservo. Che cosa nasconde sotto i suoi lineamenti duri e inespressivi? Perché è sempre così restio a parlare di sé?
Non aspetto una risposta e, con il cuore ormai in gola, apro la porta e scappo dal suo sguardo.

•••

È ormai notte inoltrata quando mi alzo dal mio letto e, facendo meno rumore possibile, mi dirigo fuori, verso la rete su cui sono atterrata la prima volta che ho saltato dal cornicione, quando sono entrata nel quartier generale degli Intrepidi. Sembra passata una vita da allora mentre in realtà è passato poco più di un mese. Sospiro mentre mi allontano dai miei compagni trasfazione, dai loro incubi, dalle loro urla e, nel caso di Al, dalle loro lacrime. Perché a me il secondo modulo non fa lo stesso effetto?
Quando la porta della Guglia si chiude alle mie spalle, mi incammino con sicurezza nel corridoio buio. La prima volta che l'ho percorso mi guardavo intorno spaurita in cerca di luce, ma ora non ne ho più bisogno: ormai il buio non mi spaventa più, anche se dormire nella stessa di Peter, che ha accoltellato Edward solo perché era prima in classifica, non è il massimo. Soprattutto se lui è secondo nel secondo modulo e tu sei prima. In quel caso è pessimo. Sospiro mentre afferro l'impalcatura che porta alla piattaforma e mi tiro su. Fino a poco tempo fa non sarei mai riuscita a issarmi in questo modo ma ora quasi non sento lo sforzo. Dopo essere salita mi spazzolo i pantaloni e poi scendo a sdraiarmi sulla rete, che si tende al contatto con il mio corpo.
Guardo in alto. Le stelle sono luminose questa notte, probabilmente siamo in luna nuova. A volte mi manca non poter guardare il cielo la notte, quando tutto intorno a me non c'è che oscurità e la loro luce sembra un raggio di speranza. Quando ero piccola, a volte mia madre le mostrava a me e a mio fratello per insegnarci a non avere paura del buio; sosteneva che finché quelle luci fossero rimaste lì tutto sarebbe andato bene. E, nonostante qualche volta il cielo fosse nuvoloso o le strade fossero bagnate dalla costante pioggia, le stelle erano sempre lì.
Il pensiero di mia madre, con i suoi capelli biondi come i miei raccolti in una stretta crocchia sulla nuca, gli occhi verdi sempre dolci e gentili verso il prossimo, il suo sorriso disponibile, mi punge gli occhi, e all'improvviso mi rendo conto che probabilmente non la vedrò mai più. Questa consapevolezza per un attimo mi toglie il fiato. L'ultima volta che l'ho vista, durante il Giorno delle Visite, mi sembrava la stessa donna di sempre. Ma cosa succederà l'anno prossimo? Verrà comunque, magari con papà? Oppure non verrà nessuno, e allora andrò a trovare mio fratello tra gli Eruditi per passare un po' di tempo con la seconda pecora nera della famiglia? Sospiro affranta.
Allungo le braccia e le gambe mentre con gli occhi mi diverto a tracciare figure immaginarie tra le diverse stelle; sento un rumore. Mi tiro su di scatto. Me lo sono immaginata? O c'è qualcuno? Poi la vedo: è solo una sagoma, e cammina lentamente nella mia direzione. Nonostante la poca luce lo riconosco e il mio cuore perde un battito.
-Quattro?- sussurro, sperando che sia lui e al contempo che non lo sia. La figura si ferma.
-Tris?- risponde lui e io annuisco, cosa un po' inutile considerata la luminosità inesistente che c'è.
-Cosa ci fai qui?- chiedo mentre lui si arrampica sulla piattaforma e si cala nella rete.
-Torno dal turno al Centro di Controllo e avevo voglia di farmi un giro, così ho pensato di venire qui. Di solito non ci viene mai nessuno.- mi risponde con quella che credo sia un'alzata di spalle. Annuisco di nuovo.
-Da oggi sai che ci vengo anche io.- dico.
-E perché tu sei qui? Dovresti riposare dopo le simulazioni.- mi chiede, e so che ha ragione.
-Non riuscivo a dormire. E non avevo voglia di stare ad ascoltare i lamenti dei miei compagni. Anche io ho gli incubi a volte, ma loro piangono, urlano. È terrificante.- dico mentre mi sdraio di nuovo. Lui fa lo stesso a qualche centimetro da me. Quando la rete si tende avverto un brivido lungo il lato sinistro del corpo, quello vicino a lui.
-All'inizio è sempre così, poi passa. Anche io avevo gli incubi durante l'iniziazione.- mi confida, e mi rendo conto che questa è la prima vera volta in cui mi dice qualcosa di sé. Giro la testa nella sua direzione e mi accorgo che mi sta guardando.
-Perché a me non fa lo stesso effetto, Quattro? C'è qualcosa di sbagliato in me?- chiedo in un sussurro abbassando uno sguardo.
-No, non c'è nulla di sbagliato in te. Semplicemente, la paura è una cosa così soggettiva che creare uno schema uguale per tutti è impossibile. La paura non ha lo stesso effetto che ha su Al su di te.- mi sussurra in risposta, e ho così bisogno di essere rassicurata che neanche mi accorgo di chiudere gli occhi e di concentrarmi sulle sue parole. Mi fido di lui, voglio crederci davvero in quello che ha detto.
Rimaniamo così, fermi a guardare le stelle, per un tempo interminabile.
Dopo non so esattamente quanto, Quattro si gira a guardarmi.
-Tris...- comincia, ma si interrompe.
-Si?- chiedo, voltandomi a guardarlo. I miei occhi si sono ormai abituati a questo tipo di luminosità e riesco a distinguere più o meno chiaramente i suoi lineamenti: sono contratti, come se fosse combattuto.
-Dovresti andare a dormire, a riposarti. Domani sarà pesante.- mi consiglia tirandosi in piedi e salendo sulla piattaforma. Mi tiro su a mia volta annuendo, anche se so che non era per dirmi questo che mi ha chiamata. Mi allunga la mano e io la afferro lasciandomi tirare su proprio come la prima volta. È come un grande déjà-vu: lui che mi tira su e che mi afferra per le braccia per non farmi cadere, io che lo guardo e lui che lo fa a sua volta.
Mi aiuta a scendere e poi mi sospinge fuori tenendo comunque sempre la sua mano sulla mia schiena. Spero non si accorga dei brividi che provo ad ogni contatto.
-Buonanotte Tris.- mi dice prima di uscire: evidentemente prenderemo due strade diverse.
-'Notte Quattro.- rispondo ringraziando il buio che nasconde il rossore sulle mie gote in questo momento. Lo osservo allontanarsi fino a quando non rimango di nuovo da sola e in questo momento, mentre mi incammino verso il dormitorio, ripenso alle stelle lassù nel cielo. Finché loro saranno lì, e Quattro qui con me, non mi accadrà nulla.

 

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Capitolo 4
*** FOUR ***


Per due settimane, le mie paure si alternano tra l'acqua, gli uccelli e la mia famiglia. È venerdì e, nonostante io sia stremata, non riesco a dormire. Decido di alzarmi e di andare alla fontanella per bere un po' di acqua.
Mi chino a bere qualcosa, non perché io abbia davvero sete, ma ho bisogno di fare qualcosa. Poi, all'improvviso, qualcuno mi afferra da dietro.
Faccio per gridare, ma una mano mi tappa la bocca. Profuma di sapone ed è abbastanza grossa da coprirmi mezza faccia. Io mi agito, ma le braccia che mi tengono sono troppo forti, allora gli mordo un dito.
-Ahia!- grida una voce roca.
-Zitto e tienile la bocca tappata- ordina una voce maschile particolarmente acuta che riconosco essere quella di Peter.
Qualcuno mi copre gli occhi con una striscia di stoffa scura e me la lega dietro la testa. Faccio fatica a respirare. Ci sono almeno due mani che mi tengono le braccia e mi trascinano, un'altra sulla schiena che mi spinge, e una sulla bocca che mi impedisce di gridare. Tre persone. Ho paura. Non sono in grado di lottare contro una persona, figuriamoci contro tre.
-Muovetevi.- ordina Peter.
Cerco di concentrarmi sulla mano che mi chiude la bocca. Deve esserci un segno particolare che mi aiuterà a riconoscere questa persona. La sua identità è un problema che sono in grado di risolvere. Ho bisogno di risolvere un problema ora, o andrò in panico.
Il palmo è morbido e sudato. Stringo i denti e respiro attraverso il naso. Conosco l'odore di questo sapone... citronella e salvia. È lo stesso che viene dal letto di Al. Un peso mi piomba sullo stomaco.
Sento il fragore dell'acqua contro le rocce. Siamo vicini allo strapiombo; forse siamo in alto, a giudicare dal volume del rumore. Stringo le labbra per non gridare. Se siamo sopra lo strapiombo, so che cosa vogliono fare.
-Sollevala, dai.-
Cerco di divincolarmi, ma so che non servirà a niente. Grido, pur sapendo che qui nessuno può sentirmi.
Sopravviverò fino a domani. Ce la farò.
Le mani mi costringono a fare mezzo giro su me stessa, mi sollevano e mi sbattono con la schiena contro qualcosa di duro e di freddo. A giudicare dalla forma e dalla curvatura, è una ringhiera di metallo. È la ringhiera di metallo, quella che si affaccia sullo strapiombo. Mi manca il fiato. Le mani mi spingono e la mia schiena si inarca sopra la ringhiera. I piedi si staccano da terra, e i miei aggressori sono l'unica cosa che mi impedisce di cadere nell'acqua.
Una mano pesante mi tasta il seno. -Sicura di avere sedici anni, Rigida? Non si direbbe che tu ne abbia più di dodici.-
L'altro ragazzo ride.
La bile mi sale in gola e ne deglutisco il sapore amaro.
-Aspetta, credo di aver trovato qualcosa!- La sua mano stringe. Mi mordo la lingua per non gridare. Altre risate.
La mano di Al scivola via dalla mia bocca. -Smettetela.- dice bruscamente. Riconosco la sua voce bassa, inconfondibile.
Quando mi lascia andare, mi divincolo e riesco a scivolare a terra. Questa volta mordo più forte che posso il primo braccio che mi capita a tiro. Qualcuno grida e io stringo la mascella ancora di più, fino a sentire il sapore del sangue. Qualcosa di duro mi colpisce la faccia. Un calore bianco mi sale alla testa. Sarebbe dolore se l'adrenalina non mi stesse scorrendo come acido nelle vene.
Il ragazzo strappa via il braccio e mi getta a terra. Sbatto il gomito contro la pietra e mi porto una mano alla testa per togliermi la benda. Un piede affonda nel mio fianco, strappandomi l'aria dai polmoni. Boccheggio e tossisco e cerco il nodo dietro la nuca. Qualcuno mi afferra per i capelli e mi sbatte la testa contro qualcosa di duro. Un grido di dolore mi esplode dalla bocca, sono stordita.
Cerco a tastoni il bordo della benda. Sollevo faticosamente la mano e la stoffa insieme, e sbatto gli occhi. Il mondo è tutto ribaltato e ondeggia su e giù. Vedo qualcuno correre verso di noi e qualcun altro scappare via. Qualcuno di grosso... Al. Mi aggrappo alla ringhiera e mi tiro su.
Peter mi stringe una mano intorno alla gola e mi solleva, conficcandomi il pollice sotto il mento. I suoi capelli, sempre così lucidi e lisci, ora sono arruffati e appiccicati sulla fronte. La sua faccia è pallida e contorta, e digrigna i denti mentre mi tiene sopra lo strapiombo. Sui bordi del mio campo visivo si formano macchie che vanno ammassandosi intorno al suo viso: macchie verdi, rosa, azzurre. Lui non parla, io cerco di dargli un calcio ma ho le gambe troppo corte. I miei polmoni cercano disperatamente aria.
Sento un grido e lui mi lascia andare.
Mentre cado stendo le braccia, rantolando, e vado a sbattere con le ascelle contro il corrimano. Mi aggrappo alla sbarra con i gomiti, gemo. L'umidità mi avvolge le caviglie. Il mondo vacilla e fluttua intorno a me e c'è qualcuno in fondo al Pozzo che grida. Drew. Si sentono tonfi, calci, gemiti.
Sbatto gli occhi più volte cercando di focalizzare meglio che posso l'unico volto che riesco a vedere. È contorto dalla rabbia, ha gli occhi blu.
-Quattro.- dico con voce roca.
Chiudo gli occhi e due mani si infilano sotto le mie ascelle. Lui mi solleva oltre la ringhiera e mi stringe contro il petto, un braccio sotto le mie ginocchia. Premo la faccia nella sua spalla mentre stringo forte la sua maglia tra le mie dita, come se ne dipendesse la mia vita; forse è così. E all'improvviso c'è un silenzio vuoto.

•••

Quando riapro gli occhi, sento di nuovo uno scroscio d'acqua che scorre, ma questa volta proviene da un rubinetto e non dallo strapiombo. Ci impiego alcuni secondi prima di riuscire a distinguere nitidamente i contorni di quel che mi circonda: i cardini della porta, la scrivania, il soffitto.
Il dolore è un pulsare ininterrotto alla testa, alla faccia e alle costole. Non dovrei muovermi, peggiorerebbe le cose. Sotto la testa ho una trapunta tutta colorata. Con molta fatica mi sollevo un po' per vedere da dove viene il rumore dell'acqua.
Quattro è in bagno con le mani sotto il rubinetto, il sangue che gli esce dalle nocche tinge di rosa il lavandino. Ha un taglio all'angolo della bocca, ma per il resto sembra tutto intero. Si esamina le ferite con un'espressione rilassata, prima di chiudere l'acqua e asciugarsi con un asciugamano.
Ho solo un ricordo di come sono arrivata qui e anche quello è ridotto a un'unica immagine: una linea di inchiostro nero che si avvolge sul lato di un collo, la curva di un tatuaggio; e un dolce dondolio, che può solo significare che mi stava portando in braccio.
Quattro spegne la luce del bagno e prende una borsa del ghiaccio dal frigo in un angolo della stanza, vicino ad una piccola cucina. Mentre si avvicina, mi viene l'impulso di chiudere gli occhi e far finta di dormire, ma i nostri sguardi si incontrano ed è troppo tardi.
-Le tue mani.- mormoro con voce roca.
-Le mie mani non sono affari tuoi.- risponde lui.
Appoggia un ginocchio sul materasso e si china su di me, infilandomi la borsa del ghiaccio sotto la testa.
Prima che si allontani, allungo le dita per toccare il taglio sul suo labbro ma quando mi rendo conto di cosa sto per fare mi blocco, la mano sospesa a mezz'aria.
Che cos'hai da per­dere?, mi domando e gli sfioro la bocca con i polpastrelli.
-Tris.- sussurra lui, parlando sopra le mie dita e stringendole con le sue mani in un modo così delicato che quasi non riesco a credere che appartenga davvero a lui. -Sto bene.-
-Come mai eri lì?- gli chiedo, lasciando cadere la mano.
-Stavo tornando dal centro di controllo e ho sentito un grido.-
-Tu stai sempre tornando dal centro di controllo, ogni volta che mi trovi da qualche parte. Che cosa gli hai fatto?- commento. Lo vedo sorridere un po', poi torna serio.
-Ho lasciato Drew in infermeria circa mezz'ora fa. Peter e Al sono scappati. Drew sosteneva che volevano solo spaventarti. Almeno, credo fosse questo che cercava di dire.-
-È ridotto male?-
-Sopravvivrà.-risponde, e poi aggiunge torvo: -In quali condizioni, non te lo so dire.-
Non è giusto desiderare che altre persone soffrano solo perché mi hanno fatto del male, eppure provo un intenso brivido di trionfo al pensiero di Drew in infermeria e stringo il braccio di Quattro. -Bene- mi limito a dire. La mia voce suona risoluta e feroce; dentro di me sta crescendo la rabbia, che converte il mio sangue in fiele, che mi sazia e mi consuma. Ho voglia di rompere qualcosa, di colpire qualcosa, ma ho paura di muovermi e così scoppio a piangere, invece.
Quattro si accovaccia accanto al letto e mi guarda. Non c'è compassione nei suoi occhi, ne sarei delusa se ci fosse. Libera il braccio e, con mia sorpresa, mi mette la mano sulla guancia, sfiorandomi lo zigomo con il pollice asciugandomi una lacrima. Le sue dita si muovono con delicatezza. -Potrei fare rapporto.- dice.
-No.- ribatto. -Non voglio che pensino che ho paura.-
Lui annuisce, muovendo il pollice sopra lo zigomo, avanti e indietro, sovrappensiero. -Mi aspettavo questa risposta.-
-Credi sia una cattiva idea se mi metto seduta?-
-Ti aiuto.-
Mi passa una mano dietro le spalle e con l'altra mi sostiene la testa, mentre io mi tiro su. Acute fitte di dolore mi trapassano il corpo, ma cerco di ignorarle e soffoco un gemito.
-Non è necessario che nascondi il dolore.- dice porgendomi la borsa del ghiaccio. -Ci sono solo io, qui.-
Mi mordo il labbro. Il mio viso è bagnato di lacrime, ma nessuno di noi ne parla o dà segno di vederle.
-Cerca la protezione dei tuoi amici trasfazione, d'ora in poi.- mi consiglia.
-Pensavo di averla già.- Sento di nuovo la mano di Al sulla bocca e un singhiozzo mi scuote il corpo. Mi tengo la fronte con una mano e lentamente dondolo avanti e indietro. -Ma Al...-
-Voleva che continuassi a essere la tranquilla ragazzina Abnegante- sussurra Quattro dolcemente. -Ti ha fatto male perché la tua forza l'ha fatto sentire debole. Non c'è un altro motivo. Ricordi quando ti ho detto che la paura su di lui fa un effetto diverso da quello che fa su di te? Era a questo mi riferivo. La paura non ti paralizza, ti accende, io l'ho visto. È particolarmente affascinante.-
Annuisco e cerco di credergli; realizzo che mi ha fatto un complimento e uno strano calore si diffonde nel mio petto.
-Gli altri smetteranno di invidiarti se ti mostri un po' più vulnerabile. Anche se non è vero.-
-Pensi che io debba fingere di essere indifesa?- chiedo un po' sconcertata.
-Sì.- Mi sfila la borsa del ghiaccio dalla mano, sfiorandomi le dita, e me la preme lui stesso contro la testa. Io lascio cadere il braccio, ho troppo bisogno di farlo riposare per obiettare. Lui si alza e mi trovo a fissare l'orlo della sua maglietta.
A volte lo guardo, e davanti a me c'è semplicemente un altro essere umano; a volte, invece, provo come un desiderio ardente che mi prende allo stomaco.
-Domani mattina vorresti presentarti in mensa per la colazione mostrando ai tuoi aggressori che il loro attacco non ha avuto alcun effetto su di te- aggiunge -e invece dovresti lasciare che tutti vedano quel livido sulla guancia e tenere la testa bassa.-
Solo il pensiero mi dà la nausea.
-Non credo di poterlo fare.- protesto in tono cupo, mentre sollevo gli occhi su di lui.
-Devi.-
-Mi sa che non hai capito.- Sento le guance scaldarsi. -Mi hanno toccato.-
Tutto il suo corpo si irrigidisce alle mie parole, la sua mano si stringe intorno alla borsa del ghiaccio. -Ti hanno toccato.- ripete, e i suoi occhi scuri si fanno gelidi.
-Non... nel modo che stai pensando tu.- Tossicchio. Non mi ero resa conto di quanto sarebbe stato imbarazzante parlarne. -Ma... quasi.- Abbasso lo sguardo e torno ad osservare l'orlo della sua maglietta: riesco ad intravedere il profilo degli addominali.
Lui rimane silenzioso e immobile così a lungo che alla fine devo dire qualcosa. -Che c'è?-
-Non vorrei dovertelo dire, ma sento che è necessario. Per il momento, per te è più importante stare al sicuro che avere ragione. Capisci?-
Ha le sopracciglia aggrottate, basse sugli occhi. Io mi sento lo stomaco sottosopra, in parte perché so che ha ragione anche se non voglio ammetterlo, e in parte perché desidero qualcosa che non so come esprimere. Vorrei colmare lo spazio tra noi fino a farlo scomparire.
Annuisco.
-Ma ti prego, non appena ne hai l'opportunità...- Mi posa la mano fredda e forte sulla guancia e mi solleva la testa, costringendomi a guardarlo. I suoi occhi sono dello stesso colore del cielo senza stelle, un colore di sogno, di sonno, di attesa, -...distruggili.-
sembrano quasi bramosi.
Rido debolmente.
-Fai un po' paura, Quattro.-
-E fammi un favore, non chiamarmi così.-
-Come dovrei chiamarti, allora?-
-Niente.- Abbassa la mano. -Non ancora.-

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Capitolo 5
*** FIVE ***


La mattina dopo, mi sveglio convinta che durante la notte qualcuno mi sia entrato in testa e abbia iniziato a trapanarmela con un martello pneumatico. Ho un dolore atroce.
Quattro mi accompagna fino alla mensa e poi si ferma.
-Entro prima io, tu mi seguirai dopo un paio di minuti, okay?- mi chiede e io annuisco. Osservo la sua schiena scomparire oltre la porta e penso che, se fosse per me, rimarrei qui e basta. Non voglio farmi vedere così, ma ieri sera Quattro è stato chiaro: devo.
Faccio un respiro profondo ed entro. Quello che vedo è esattamente quello che vedo tutte le mattine e nessuno fa caso a me. Intravedo Peter che parla con Molly seduto ad un tavolo alla mia destra. Mi costringo ad abbassare lo sguardo e a camminare velocemente verso il tavolo che occupo di solito con Cristina, Will e Al. Al. Dov'è Al? Non lo so, ma spero che non si faccia vivo.
Mi siedo e con la coda dell'occhio vedo Uriah e Marlene girarsi a guardarmi. Quello che è ormai diventato uno dei miei migliori amici molla a metà il muffin che sta mangiando e si siede sulla sedia di fronte a me. Will e Cristina mi stanno fissando a bocca aperta.
-Cosa diamine è successo?!- sibila.
-Peter, Drew... e Al.- elenco piano, stringendomi più che posso nei miei vestiti. La bocca di Cristina si spalanca e sono quasi certa che potrebbe arrivare a toccare terra se non parlasse.
-Stai scherzando? E cosa volevano fare?-
Alzo le spalle.
-Mi hanno portato alla ringhiera dello strapiombo.- rispondo, e non c'è bisogno che aggiunga altro. Ma avere come migliori amici un ex erudita e una ex candida non è una buona idea se non ti piacciono le domande.
-Volevano ucciderti?!- dice Will.
Cerca la protezione dei tuoi amici trasfazione, mi ha detto Quattro ieri sera.
-O forse solo spaventarmi.- dico, -In ogni caso, ci sono riusciti.-
Cristina sorride triste e mi passa un braccio intorno alle spalle stringendomi in un piccolo abbraccio. Will mi passa un pezzo di pane e Uriah si allunga per prendere della marmellata. Sorrido grata e mi salgono le lacrime agli occhi per quello che hanno fatto, nonostante non sia nulla di particolare. Ma qui non siamo come a casa, qui la gente non è altruista. Ma forse, in fondo, tutti siamo un po' Abneganti. Tutti tranne Peter, Drew e Al.
-Grazie.- rispondo in un sussurro. Loro tre annuiscono sorridendo.
Mi preparo la colazione ma, appena prima di addentarlo, entra Drew. Il pane mi cade di mano.
Parlare di lividi sarebbe un eufemismo: la sua faccia sembra un arcobaleno che va dal nero, al blu, al viola. Ha un sopracciglio spaccato e il labbro superiore che è così gonfio da ricordare il muso di una papera.
-Sei stata tu?- mi chiede Will. Io scuoto la testa.
-Qualcuno, non ho visto chi, mi ha salvata appena prima che... beh, che mi buttassero di sotto.- rispondo, e nel frattempo lancio un'occhiata a Quattro: ha il sorriso soddisfatto che vorrei avere io, se non avessi la bocca spalancata. Per un breve istante, lui alza gli occhi nella mia direzione e mi becca a fissarlo. Sento il mio viso andare a fuoco quando accenna un piccolo sorriso.
-Dobbiamo fargliela pagare. A tutti e tre.- dice Uriah.
-E come? Picchiandoli? Si direbbe che ci hanno già pensato.- dice Chris.
-No, dobbiamo rovinagli il futuro, sbatterli fuori dalla classifica. Farli ritrovare con niente in mano.- dice di nuovo Uriah.
In quel momento sento qualcuno toccarmi la spalla e sobbalzo, non riesco a farne a meno: ho paura. Davanti a me c'è Al. Cristina mi mette le mani sulle gambe, praticamente abbracciandomi da dietro.
-Tris io.. ti volevo solo chiedere scusa, io... non so cosa mi sia preso, te lo giuro. Ti prego perdonami...- continua a sussurrare con le lacrime agli occhi, e non so con quale forza mi tiro in piedi scuotendo la testa.
-Avvicinati ancora una volta a me, e giuro su Dio che ti uccido. Sei un vigliacco.- gli sussurro di rimando, e lo vedo trattenere le lacrime mentre mi risiedo e lui se ne va. Mi viene da piangere.

•••

Will ha detto a Uriah di non preoccuparsi e che mi avrebbero protetto lui e Cristina.
Quattro ci sta portando su nel palazzo di vetro, non so esattamente dove.
Saliamo più in alto di quanto siamo mai stati prima, finché Will comincia a impallidire ogni volta che guarda giù. A me l'altezza piace, in linea di massima, per cui gli prendo il braccio come se avessi bisogno del suo sostegno, mentre in realtà gli sto offrendo il mio. Lui mi sorride con gratitudine.
Quattro si volta e torna indietro di qualche passo, su un canale stretto e senza protezioni. Deve conoscerlo bene, questo percorso. Appena nota Drew che si trascina in fondo al gruppo esclama: -Accelera il passo, Drew!-
È uno scherzo crudele, ma faccio fatica a reprimere un sorriso. Però poi gli occhi di Quattro si posano sul mio braccio, che è infilato sotto quello di Will, e tutto il buonumore scompare dal suo volto. La sua espressione mi mette i brividi. È... geloso?
Ci avviciniamo sempre di più al soffitto di vetro e per la prima volta dopo giorni vedo il sole. Quattro sale una rampa di scale di metallo che porta a un'apertura nel soffitto, i gradini scricchiolano sotto i miei piedi e guardo giù per vedere il Pozzo e lo strapiombo dall'alto. Credo che da oggi, quando vorrò stare da sola a guardare le stelle, verrò qui anziché alla rete.
Camminiamo sopra il vetro, che ora fa da pavimento invece che da tetto, attraversando un salone circolare con pareti anch'esse di vetro. Intorno ci sono edifici fatiscenti che sembrano abbandonati; è questo probabilmente il motivo per cui non avevo mai notato il complesso residenziale degli Intrepidi, prima. Inoltre il quartiere degli Abneganti è molto lontano.
Quattro ci conduce a un'altra porta, che si apre su un enorme locale umido, con graffiti sui muri e tubature scoperte. È illuminato da una serie di tubi fluorescenti con coperture di plastica, probabilmente antichi.
-Qui,- dice Quattro, gli occhi che luccicano nella luce bianca, -si svolge un tipo diverso di simulazione, chiamato "scenario della paura". In questo momento è disabilitato per noi, per cui non è così che vedrete questo posto la prossima volta.-
Mi guarda, e per un breve istante mi sembra che stia parlando direttamente a me.
-Durante le simulazioni, abbiamo immagazzinato dati sulle vostre peggiori paure. Lo scenario accede a quei dati e vi pone di fronte a una serie di ostacoli virtuali che potranno rifarsi a fobie già affrontate durante il secondo modulo, o a paure nuove. La differenza è che nello scenario della paura sarete consapevoli di trovarvi in una simulazione, per cui lo affronterete nel pieno possesso di tutte le vostre facoltà.-
Questo significa che saranno tutti come i Divergenti. Non so se sia un bene, perché così non potrò essere individuata, o un male, perché perderò il vantaggio. Nel dubbio, è sicuramente una cosa positiva. Avrò meno possibilità di farmi uccidere.
-Il numero degli ostacoli varia in base a quante paure avete.- continua Quattro.
Quante paure avrò io? Mi immagino di affrontare di nuovo la scatola d'acqua, o di dover di nuovo uccidere la mia famiglia. La bocca mi si asciuga.
-Vi ho già anticipato che il terzo modulo dell'iniziazione si focalizza sulla preparazione mentale.- aggiunge.
Ricordo quando l'ha detto, il primo giorno.
Mi sembra passato così tanto tempo da quel giorno.
-Questo perché vi verrà chiesto di controllare sia le emozioni che il corpo: di combinare le abilità fisiche che avete imparato nel primo modulo con il controllo emotivo che avete assimilato nel secondo. Di mantenere la mente lucida.-
Non dice più nulla e ad un certo punto è Peter a prendere la parola.
-Ma non è giusto! Voglio dire: magari una persona ha otto paure e un'altra ne ha venti, non è mica colpa sua!- dice e la mia voglia di prenderlo a pugni aumenta a dismisura. Quattro fa un piccolo sorriso e poi si avvicina lentamente a lui. Cammina fino ad arrivare a qualche centimetro dal suo viso, con le mani nelle tasche e le spalle rilassate.
-Proprio tu vieni da me a parlarmi di correttezza, Peter? Tu che, come sabbiamo tutti ormai, temi una piccola ragazzina Abnegante?- lo dice con così tanta calma che mi sento terrorizzata io stessa. Nessuno parla, neanche Peter.
Dopo un po', Quattro ci dice di andare a fare quello che vogliamo perché oggi abbiamo la giornata libera. Mi giro, e insieme a Cristina e Will scendo al Pozzo.

 

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Capitolo 6
*** SIX ***


Questa sera, appena prima che spengano le luci, ritorno al Palazzo di Vetro. A differenza di questa mattina, che era pieno di gente, adesso non c'è nessuno.
Mi avvicino ad una finestra e guardo fuori. Sta piovendo. Il rumore della pioggia che batte sui vetri della struttura mi rilassa. Mi siedo per terra e raccolgo le gambe al petto, ignorando il dolore che provo alle costole. Mi fa male ogni tipo di movimento. La testa mi fa molto meno male rispetto a questa mattina ma in ogni caso mi beo del silenzio che mi circonda in questo momento. Mi vergogno ad ammetterlo, ma ho paura di ritornare al dormitorio questa notte.
Chiudo gli occhi e, cullata dalla pioggia, faccio vagare il pensiero senza una meta precisa; mi accorgo di star pensando alla vita tra gli Intrepidi.
A casa ero abituata a trascorrere piacevoli e rilassanti serate con la mia famiglia. Mamma lavorava a maglia sciarpe per i ragazzi del quartiere e papà aiutava Caleb con i compiti. C'era il fuoco nel caminetto e la pace nel mio cuore, perché stavo facendo esattamente quello che gli altri si aspettavano da me, e tutto era tranquillo.
Non sono mai stata lanciata giù da un edificio di cento piani imbragata solo per divertimento, né ho riso fino ad avere i crampi allo stomaco durante la cena, né ho mai sentito quanto baccano riescono a fare un centinaio di persone che parlano tutte insieme. E non ho mai neanche provato qualcosa verso una persona che non fosse un qualche tipo di amicizia. La pace è controllo. Questa è libertà.
Cambio pensiero e mi metto a riflettere sul perché ho scelto questa fazione e sul perché ero così determinata a entrarci da saltare da un cornicione, prima ancora di sapere che cosa volesse dire essere un'Intrepida.
Volevo essere come gli Intrepidi che vedevo a scuola. Ma loro non erano ancora membri, stavano solo giocando a fare gli Intrepidi. E così era per me, quando sono saltata giù da quel tetto. Non sapevo che cosa fosse la paura.
Negli ultimi quattro giorni ho affrontato quattro paure. In una simulazione ero legata a un palo e Peter accendeva un fuoco sotto i miei piedi. In un'altra stavo annegando di nuovo, questa volta nel mezzo di un oceano, con le acque che infuriavano intorno a me. Nella terza, guardavo i miei familiari morire lentamente per dissanguamento. E nella quarta ero costretta a sparargli, sotto la minaccia di una pistola puntata. Ora so che cos'è la paura.
Con la mente ritorno sul bordo del tetto: mi sbottono la camicia grigia da Abnegante, denudando le braccia, mostrando il mio corpo più di quanto abbia mai fatto. Appallottolo la camicia e la scaglio contro il petto di Peter.
Apro gli occhi. No, avevo torto: non sono saltata da quel cornicione perché volevo essere come gli Intrepidi; sono saltata perché già ero come loro e volevo farmi notare. Volevo riconoscere quella parte di me che gli Abneganti mi avevano sempre chiesto di nascondere.
Rimango per un po' a guardare il cielo scuro sopra di me, fino a quando, da un punto indistinto alla mia destra, sento dire:
-Frequentare gli stessi posti al posto di dormire sta diventando un'abitudine.-
Sobbalzo sbattendo la testa al vetro dietro di me. Trattengo un gemito di dolore e mi volto verso Quattro.
-A quanto pare. Di nuovo di ritorno dal centro di controllo?- gli chiedo mentre mi porto una mano sulla nuca.
-No, oggi semplicemente avevo voglia di farmi un giro. Ho pensato alla rete, ma poi mi sono detto che probabilmente eri lì.- mi dice mentre si siede per terra. La sua compagnia mi piace, soprattutto quando siamo da soli, al buio. Mi fa sentire protetta.
Mentre lo guardo, mi accorgo che forse non è la sua presenza a piacermi, ma è lui e basta.
È più facile per me ammetterlo ora, al buio, con nessun testimone oltre a me.
-Cosa c'è?- mi sussurra ad un certo punto. Si è accorto che lo sto guardando. Mi mordo un labbro.
-Nulla.- rispondo.
-Sicura? Stai meglio?- mi chiede.
Io annuisco.
-Non mi fido a tornare al dormitorio.- confesso.
-Lo capisco, sei stata aggredita, è una cosa del tutto comprensibile. Hai fatto come ti ho detto?- mi chiede di nuovo.
-Sì, ho cercato la protezione dei miei amici trasfazione. Credo di averla. Spero di averla.-
Lo vedo annuire e poi, all'improvviso, una luce sotto di noi si accende. Entrambi ci guardiamo e poi scendiamo in fretta e furia. Quando arriviamo alla Guglia, quasi tutti gli Intrepidi si sono già radunati e io lo perdo di vista raggiungendo Christina dall'altra parte della grotta.
-Cosa sta succedendo?- chiedo.
-Non ne ho idea! Ma dove eri finita?!- mi chiede.
-Al Palazzo di Vetro.- rispondo, e insieme cerchiamo di capire cosa sta succedendo.
Ci avviciniamo un po' di più.
Due uomini stanno sollevando qualcosa con le corde. Ansimano per lo sforzo, spostando indietro il peso del corpo per far scorrere le funi sopra il parapetto, e poi chinandosi in avanti per afferrare il tratto successivo. Una massa grossa e scura emerge dal bordo e alcuni Intrepidi si precipitano ad aiutare gli uomini a tirarla su.
La massa cade con un tonfo sul pavimento. Un braccio pallido, gonfio d'acqua, abbandonato sulla pietra. Un corpo. Christina si stringe al mio fianco, aggrappandosi al mio braccio, e nasconde il viso nella mia spalla singhiozzando, ma io non riesco a spostare lo sguardo. Alcuni uomini rivoltano il corpo e la testa cade di lato.
Gli occhi sono aperti e vuoti. Scuri. Occhi di bambola. Il naso ha narici grandi, il dorso stretto e la punta arrotondata. Le labbra sono blu. Il viso ha un che di disumano, metà cadavere e metà creatura fantastica. Mi bruciano i polmoni, l'aria fatica a entrare. Al.
-È uno degli iniziati.- dice qualcuno dietro di me. -Che cos'è successo?-
-Quello che succede ogni anno.- risponde un altro. -Si è buttato giù.-
-Non essere così morboso. Magari è stato un incidente.-
-L'hanno trovato nel mezzo dello strapiombo. Secondo te, è inciampato nelle stringhe delle scarpe e... ooops, è caduto solo quattro metri più avanti?-
Le mani di Christina si stringono sempre di più intorno al mio braccio. Dovrei dirle di lasciarmi, perché comincia a farmi male. Qualcuno si inginocchia vicino alla testa di Al e gli chiude gli occhi, per cercare di farlo sembrare addormentato, forse. Che stupidaggine. Perché la gente vuole far finta che la morte sia come il sonno? Non è così. Non è così.
Qualcosa dentro di me crolla: Al, il mio amico, il mio aggressore. Morto suicida. Ora capisco la domanda di Tori, quando mi ha detto che le avevano detto che suo fratello era morto suicida e lei non ci aveva creduto. Ma di Al ci credo: è, era, cambiato. Era più triste, più solitario, più aggressivo. Mi scollo da Christina e mi allontano il più in fretta possibile dalla scena che ho davanti, anche se di fatto ce l'ho impressa a fuoco nella memoria e negli occhi.
Non so dove sto andando, ma il corridoio è più buio. Sento ancora, da lontano, le voci degli Intrepidi che sono al Pozzo.
-Tris!- mi sento chiamare. Alzo lo sguardo annebbiato dalle lacrime e, in fondo al corridoio, vedo Quattro. Non ho voglia di parlare con lui ora, non ho voglia di parlare con nessuno. Mi fermo e poi svolto in un corridoio a sinistra.
-Lasciami da sola.- mormoro.
Lui mi corre dietro e poi le sue dita si stringono delicatamente introno al mio polso, fermandomi.
-Mi dispiace per Al.- mi dice, e io non ce la faccio più e mi passo una mano nei capelli. Lui rimane lì a guardarmi.
-Lui...- comincio, ma non riesco a finire la frase.
-Non avrebbe mai superato il test finale, sarebbe diventato un escluso in ogni caso.- tenta di consolarmi, ma ormai sono completamente presa dal terrore.
-Neanche io lo supererò.- sussurro. Lui mi si avvicina un po'.
-Perché dici così?- mi sussurra in risposta.
-Sai benissimo il perché.- rispondo guardandolo, gli occhi velati di lacrime. Lo vedo annuire, -E quando gli altri lo scopriranno, mi uccideranno.-
-Non permetterò che lo scoprano, Tris. A nessuno.- mi dice, e ho così tanto bisogno di credergli che semplicemente, abbandonando ogni razionalità e controllo, chiudo gli occhi e lo abbraccio.
Dopo qualche secondo sento le sue braccia intorno alle mie spalle; inspiro il suo profumo, proprio come quello che c'era sul suo cuscino quando ho dormito da lui dopo che Al mi aveva aggredita. Al, torna sempre tutto a lui.
Ieri mattina era venuto a chiedermi di perdonarlo, ma io non l'ho fatto.
-Se lo avessi perdonato, ora sarebbe vivo?- chiedo piano.
-Non lo so.- mi risponde Quattro, ed è ovvio che non lo sappia.
-Mi sento come se fosse colpa mia.- dico ancora. Lo sento stringermi un po' di più al suo petto.
-Non lo è.- mi sussurra dolcemente posandomi una mano sulla guancia e asciugandomi una lacrima solitaria. Chiudo gli occhi e lascio che appoggi la sua fronte sopra alla mia.
-Avrei dovuto perdonarlo. Avrei dovuto fare di più.- dico.
-Forse. Forse avremmo potuto fare tutti di più. Ma i sensi di colpa devono servire solo ad aiutarci a fare meglio la prossima volta.- mi sussurra. Aggrotto le sopracciglia e mi allontano da lui.
Questa è una lezione che insegnano agli Abneganti: la colpa come strumento, anziché come arma contro se stessi. È una frase che viene direttamente dai sermoni settimanali che preparava mio padre la sera, con la mamma.
-Di che fazione eri, Quattro?- gli chiedo guardandolo.
Lo vedo stringere le labbra.
-Non importa. Ora sono qui, ed è una cosa che faresti meglio a tenere a mente anche tu.- mi risponde.
Mi guarda, sembra combattuto, poi appoggia le labbra sulla mia fronte, proprio tra le sopracciglia. Io chiudo gli occhi. Non capisco questa cosa, qualunque cosa sia, ma non voglio rovinarla, per cui non dico niente. Lui non si muove e rimaniamo così, lui con le labbra premute contro la mia pelle e io con le mani intorno alla sua vita, per molto tempo.

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Capitolo 7
*** SEVEN ***


Sospiro. Quattro ci ha detto che abbiamo una settimana di tempo per prepararci ad affrontare le nostre paure e poi attraverseremo lo scenario. Faccio un respiro profondo mentre mi allontano dalla camerata e vado in palestra. Ho bisogno di prendere a pugni qualcosa. Quando entro, però, noto che non sono l'unica che ha avuto questa idea.
Quattro, Zeke e Shauna stanno ridendo di qualcosa che ha detto Uriah. Mi fermo sulla porta e mi giro, decisa a tornare quando sarò sola. Sfortunatamente, mi vedono.
-Hey, rigida!- grida Zeke, e vorrei tanto che fosse stato zitto. Chiudo gli occhi e li riapro appena prima di voltarmi ed entrare.
-Zeke.- lo saluto.
-Tris.- dice Quattro.
-Quattro.- dico io, e poi faccio un veloce sorriso a Shauna. Uriah mi mette un braccio intorno alle spalle.
-Che ci fai qui?- mi chiede. È più alto di me e molto più muscoloso, quindi sembro ancora più una bambina di quanto io già non sia.
-Nulla in particolare.- rispondo. Mi stupisco ogni giorno di più della mia capacità di mentire, -Voi?-
-Facciamo a pugni. Ma io non ne ho voglia, quindi vi lascio. Siete in quattro, così potete formare delle coppie da due.- dice per poi allontanarsi. Io mi giro e lo guardo con gli occhi spalancati, implorandolo di rimanere. Ma lui mi guarda e mi sorride maliziosamente prima di uscire. Fantastico, domani troveranno un cadavere. Ma io non c'entrerò affatto con questo, no, proprio per niente.
-Bene, io vado con Shauna. Devo ancora farle pagare l'ultima batosta che mi ha dato.- dice Zeke prima di allontanarsi, seguito subito dopo da Shauna. Io e Quattro rimaniamo a guardarci. Mi sento tremendamente in imbarazzo.
-Ehm.. che cosa dobbiamo fare?- chiedo.
-Hai superato il primo modulo, dovresti sapermelo dire tu.- mi risponde, ma non come se mi stesse riprendendo, ma poi come se mi stesse prendendo in giro, il che mi fa ancora più strano. Annuisco.
-Beh, ehm... non so da dove possiamo iniziare. Io di solito inizio tirando i coltelli, ma non possiamo farlo in due.- poi aggiungo, -Non ripeterei l'esperienza dell'ultima volta.-
Lui ridacchia e annuisce.
-Beh, allora possiamo iniziare dai sacchi da boxe. In due non è molto diverso che usarlo da soli, bisogna solo essere coordinati.- propone e io annuisco. Ci avviciniamo al sacco più isolato che c'è, non ho voglia di stare al centro della palestra e dare spettacolo. Ci mettiamo uno per lato e lui mi fa segno di iniziare. Sferro un pugno con tutta la mia forza, ma il sacco si muove appena. Quando lo colpisce lui invece, comincia ad ondulare. Rimango per un secondo a bocca aperta.
-È normale che si muova più con me, sono il doppio di te in massa.- mi dice con calma, come a rassicurarmi. Io annuisco e ricomincio a colpirlo. Continuano così per un po', poi passiamo ai calci. Su questo devo lavorare di più.
Circa dieci o quindici minuti dopo Zeke ci chiama.
-Hey voi due! Io e Shauna abbiamo combattuto, e lei insiste per fare a botte con te, Quattro. Io vado con Tris.- urla dall'altra parte della palestra.
Mi vengono i brividi a guardarlo: sebbene sia un po' più basso di suo fratello, per quanto riguarda i muscoli è il doppio di Quattro. Deglutisco a fatica.
-Tranquilla, non ti manderà in infermeria. Vi fermerete quando il primo manderà a tappeto l'altro.-
-Quindi quando andrò giù di faccia. Sempre meglio che Peter o Molly.- commento.
-Gomito e ginocchio.- dice, e ci metto un po' a capire di cosa sta parlando: mentre ci allenavamo per il primo modulo ad un certo punto aveva commentato la mia mancanza di muscolatura dicendomi di usare ginocchia e gomiti.
Shauna e Quattro cominciano a combattere. Osservarli è quasi bello, ma c'è qualcosa che mi impedisce di godermelo a pieno; vorrei capire che cosa. Shauna tira una ginocchiata a Quattro e lui la fa cadere di schiena accompagnandola con una mano. Ad un certo punto, quando Quattro è definitivamente sdraiato sopra a Shauna, scoppiano a ridere e sciolgono l'intreccio di gambe e braccia che avevano formato.
-E vince di nuovo Quattro. Oggi non ti sta andando molto bene eh?- la provoca Zeke, -Ora a noi due, Tris.-
Lancio una veloce occhiata a Quattro mentre mi avvicino a Zeke e penso a come mi sono cacciata in questa situazione. Sarà imbarazzante? Fin troppo. Non posso fare una figuraccia davanti ai suoi due migliori amici; non voglio fare una figuraccia davanti a lui.
Zeke si mette in posizione e io lo imito. Sono così tesa che vedo la sua mano arrivarmi accanto all'orecchio un secondo più tardi del dovuto e, quando mi abbasso, non lo faccio abbastanza in fretta e lui mi colpisce sulla tempia. Respiro affannosamente. Poi, Quattro entra nel mio campo visivo: non posso farmi sconfiggere così dal suo migliore amico, non posso e non voglio. Stringo i denti e cerco di ricordare i consigli che mi ha dato durante il primo modulo:
-Non dimenticare mai di tenere la tensione qui.- mi aveva detto premendo le mani sul mio stomaco. Mi concentro e ricordo la sensazione delle sue dita affusolate sulla mia gabbia toracica e faccio come mi ha detto. Schivo il colpo di Zeke. Lui mi guarda sorpreso e io ne approfitto: mi butto su di lui e lo colpisco al petto con un calcio, l'unico finora che mi sia mai davvero venuto. Lui indietreggia e l'adrenalina mi esplode nelle vene. Non posso batterlo sfruttando la forza, ma posso sfruttare la mia statura. Quando alza il pugno per colpirmi alla guardia e divarica le gambe mi lancio velocemente sotto di lui e poi lo colpisco nell'incavo del ginocchio con il mio tallone. Quando cade in ginocchio, gli tiro una gomitata tra la spalla e il collo e lui cade per terra. Io rimango ferma a guardarlo, incapace di credere a ciò che vedono i miei occhi: l'ho battuto, ce l'ho fatta.
Lui si rialza con il fiato corto e mi osserva con uno sguardo diverso da quello che aveva prima, come se mi rispettasse un po' di più.
-Però, Rigida! Non me lo aspettavo affatto.- dice.
-Neanche io.- rispondo piano, incapace di trattenere il mio sgomento.
-Beh, che dire Zeke... anche a te potrebbe andare meglio.- scherza Shauna e lui si butta contro di lei iniziando una strana battaglia di pugni e solletico. Si allontanano ridendo, probabilmente diretti fuori.
-Sei stata brava, davvero.- dice Quattro dietro di me. Mi giro con un sorriso stampato in volto.
-Ho davvero vinto?- gli chiedo. Lui annuisce.
-Non ci credo.- commento.
-Credici. Visto, seguire i miei consigli serve.- dice sorridendo un po'. Io scuoto la testa mentre vado a recuperare le mie scarpe, affiancandolo.
Mi accompagna per un pezzo e poi, appena prima di svoltare nel corridoio che mi porterà ai bagni e alla camerata, mi ferma.
-Tu non sei mai stata ad una festa.-
Non è una domanda, ma una affermazione. Io scuoto la testa.
-Beh, domani sera ne organizzano una. È aperta solo ai membri effettivi e gli iniziati ci possono andare solo se invitati. Ti va di venirci?- mi chiede, e noto che le sue guancia si sono arrossate. Mi ha appena chiesto di andare ad una festa con lui?
-Sì, con te?- chiedo, e il mio volto va in fiamme.
Lui annuisce.
-Fatti trovare davanti alla palestra alle 21:00, okay?-
-Va bene.- sussurro mentre lui si allontana.
E io rimango lì, ferma, a sorridere come un'ebete.

 

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Capitolo 8
*** EIGHT ***


La mattina dopo, Christina mi sveglia alle 9:00.
-Che cosa c'è?- biascico mezza addormentata.
-Tra esattamente dodici ore vai ad una festa, devi prepararti.- mi dice con fare ovvio. Io mi giro a guardarla.
-Stai scherzando? Ho dodici ore, appunto! Ci metto poco.-
-E invece no, perché non hai uno straccio di abito adatto ad una festa.- mi dice mentre mi tira giù le coperte. Sbuffo, è inutile darle contro. Mi alzo e, mentre lei mi fa da scudo, mi vesto in tutta fretta con un paio di pantaloni neri, una maglia rossa e una felpa nera.
Andiamo a fare colazione e ci sediamo al solito tavolo, quello che condividiamo con Will e, qualche volta, con Uriah.
Ma oggi lui non è seduto qui, ma qualche tavolo più in là con Marlene, Shauna, Zeke e Quattro. Incrocio velocemente il suo sguardo prima di concentrarmi su Christina. Questa sera passerò tutta la sera con lui. Il solo pensiero mi fa venire le farfalle nello stomaco. Addento il mio muffin e bevo la mia acqua e verso le 10:00 ci alziamo e usciamo dalla mensa. Uriah, Quattro e compagnia bella sono ancora seduti, sembra che si stiano lamentando di qualche cosa che hanno detto Marlene e Shauna.
-Allora: prima di tutto devi comprarti un vestito.- mi dice Christina, e suona un po' come un ordine. Come quando eravamo a casa, ogni mese ogni persona ha un certo numero di punti da spendere come meglio crede: i vestiti dovrebbero costare tra uno e tre punti, quattro se sono quelli più raffinati ed eleganti, ma non c'è pericolo che finiscano nel mio armadio: solitamente hanno degli spacchi vertiginosi o cose simili, decisamente non il mio genere.
-Oddio...- sussurro al solo pensiero di quello che mi attende mentre saliamo una scalinata fino al negozio di abbigliamento. Quando entriamo un paio di commesse ci sorridono cordialmente. Le salutiamo e poi andiamo dritte filate verso il cartello Abiti dedicato all'abbigliamento da donna. Spero di non incontrare nessuno che conosco, o potrei morire seduta stante.
-Coraggio, inizia a cercare qualche cosa.- mi sprona Christina. Titubante mi avvicino ad una lunga fila di vestiti di media lunghezza e ne prendo fuori uno a caso.
-Provalo.- mi dice subito, e non sono neanche sicura che sabbia che cosa ho preso. Non lo so neanche io, non ho avuto il tempo di guardarlo, ma è così gasata che alla fine decido di assecondarla.
Entro in un camerino mentre lei continua a spulciare vestiti e vestitini.
-Niente di corto, aderente o con spacchi e roba simile, chiaro?- dico e lei annuisce frettolosamente.
Sospiro mentre chiudo la tenda del camerino e mi spoglio, rimanendo in intimo. Mi infilo il vestito da sopra, infilando prima le maniche e poi il resto. È un'abito molto semplice, che Christina non approverà mai per una festa: è lungo fino al ginocchio, con le maniche a tre quarti e una scollatura che arriva poco sotto le clavicole che ricorda un po' i bordi delle nuvole che si fanno disegnare ai bambini. È completamente nero e non lascia intravedere una riga di pelle.
Apro leggermente la tenda e guardo fuori. Christina ha due abiti in mano e probabilmente sta ponderando quale propormi per primo.
-Chris?- la chiamo, e lei corre da me.
-Esci.-
-Devo proprio?- chiedo.
-Sì, apri tutto e vieni un po' fuori, così ti vedo bene.-
Faccio come mi ha detto ed esco leggermente.
Mi fa girare su me stessa qualche volta, poi si allontana. Controlla la taglia e si allontana di nuovo. Si avvicina e mi lega i capelli e poi mi guarda allo specchio che c'è dentro al camerino.
-Tris!- mi sento chiamare, e quando mi giro e vedo chi è desidero non essermi mai svegliata questa mattina. Uriah trotterella verso di me. Dietro di lui, Shauna e Marlene discutono di spacchi e lunghezze e, dietro ancora, Quattro e Zeke si scambiano occhiate disperate. Quando Uriah mi saluta, vengono tutti verso di noi.
No, no, no, ti prego no, penso con il disperato desiderio di scomparire dalla faccia della terra.
Uriah mi afferra una spalla e mi fa girare su me stessa. La gonna ha uno svolazzo.
-Carino, mi piace. Approvato.- mi dice, ma Christina lo blocca con una mano.
-Sono d'accordo, ma assolutamente non adatto ad una festa. Toglitelo e prova uno di questi, aspetta.- mi dice in tono perentorio iniziando a frugare tra un mucchio di vestiti dietro di lei.
Tengo gli occhi puntati su Uriah, incapace di guardare Quattro.
-Che cosa ci fai qui?- chiedo, prima che mi faccia qualsiasi tipo di domanda.
-Shauna e Marlene dovevano comprare dei vestiti e hanno deciso di volere il parere mio, di Zeke e di Quattro. Ci hanno trascinato qui, ma non siamo molto felici...-
Fantastico, penso disperata.
-Sono d'accordo, quell'abito non è da festa.- commenta Shauna e Marlene annuisce.
-Non sei mai stata ad una festa?- mi chiede. Scuoto la testa.
-Gli Abneganti non fanno feste, per nessun motivo. È un gesto auto-indulgente.- rispondo abbassando lo sguardo. Christina torna con in mano un vestito, ma non riesco a capire come è fatto.
-Comunque, vai alla festa di questa sera?- mi chiede Uriah. Io annuisco.
-E con chi? Io ci vado con Marlene, ma formalmente con Shauna. Lene tecnicamente ci va con Zeke dato che gli iniziati non possono partecipare a meno che non vengano accompagni da un membro effettivo.- dice velocemente, come a voler fare un riassunto a Christina.
-Vero, non mi hai detto chi ti ha invitata!- commenta Christina mentre mi porge l'abito.
È un tubino nero senza spalline e pieno di strass. Ignoro la domanda e la guardo con gli occhi spalancati.
-Assolutamente no. Non me lo vedrai indossare neanche tra trent'anni questo coso.- dico sconvolta.
-Dovresti provarlo, secondo me ti starebbe bene.- dice Zeke. Io lo guardo terrorizzata.
-No.- dico risoluta.
Lui alza le mani in segno di resa.
Peccato che suo fratello non sia arrendevole come lui.
-Allora, chi ti ha invitato?- mi chiede.
Non so più dove guardare. Quattro mi sta guardando e, incrociando il suo sguardo, capisco che ha le mani legate. Non può fare o dire nulla, altrimenti si potrebbe capire. Però poi guarda il vestito e guarda di nuovo me.
-Secondo me quel vestito non ti starebbe bene.- mi viene in soccorso. So che è tutto ciò che può fare, e lo apprezzo. Sorrido appena.
-Ecco, visto? Ve lo avevo detto io.-
-Quattro!- lo riprende Shauna -Non è una cosa carina da dire!-
Lui alza le spalle.
-Allora?- insiste Uriah, e io vorrei soffocarlo con il tubino.
-Poco importante chi.- rispondo.
-Non è vero! È il tuo primo appuntamento, te ne rendi conto?- mi chiede Marlene.
No, non me ne ero resa conto. E non sono sicura che sia così. Non sono mai stata ad una festa, trovo carino che voglia farmi fare un'esperienza nuova.
-Non ci aveva pensato.- dice lei.
-Coraggio, ora voglio un nome.- insiste Uriah e io sto iniziando a valutare la possibilità di usare il tubino per impiccarmi.
-Ehm..-
Vedo Quattro tirare una gomitata a Zeke.
-Dai, se non vuole dirlo che non lo dica, non è mica una tragedia.- mi aiuta Zeke.
-Ma...- fa per protestare Uriah.
-Credo che cercherò un nuovo vestito, finché non ne trovo uno che vada bene ai suoi standard non uscirò di qui, quindi è meglio che mi sbrighi.- dico guardando Uriah in modo eloquente.
-Credo che ti aiuterò.-
Grazie a Dio non è stupido fino al midollo.
Non appena siamo sufficientemente lontani lo guardo.
-Finiscila.- gli dico irritata.
-Dimmi solo questo: è un ragazzo per bene?- mi chiede. Io sospiro spazientita.
-È Quattro.- gli dico.
-Cosa?!- urla, e urla davvero. Alcune commesse si girano e anche gli altri che sono ancora davanti al camerino.
-Zitto!- sibilo, -Ora porta via Quattro, non ho intenzione di cambiarmi se c'è anche lui. E non dirlo a nessuno!- lo imploro. Lui annuisce.
-Cercherò di fare il possibile.- mi assicura e poi si allontana verso la parte dedicata agli uomini.
-Allora prova questo, non voglio sentire storie.- mi dice Christina passandomi un nuovo vestito; nel frattempo Marlene e Shauna iniziano a scegliere.
Appena prima di entrare nel camerino, vedo Uriah correre verso di noi.
-Quattro vieni, questo devi proprio vederlo!- dice ridendo lanciandomi un'occhiata veloce. Anche Quattro mi guarda prima di ridacchiare e dire -Di che si tratta?- e seguirlo via. Okay, dopo averlo strangolato con il tubino gli farò una statua. Entro e mi cambio. Questa volta l'abito che Chris mi ha scelto è sbracciato, mi arriva fino al collo con degli strass e ha la gonna lunga fino al ginocchio e un po' più rigida dell'altra. Ci manca solo che qualcuno mi dica che sono rigida per quello che indosso. Controllo che Quattro non sia nei paraggi e chiamo la mia amica. Mi esamina per un paio di minuti e poi mi passa un'altro vestito.
Mi cambio di nuovo: il terzo abito è nero come i precedenti, ha alla gonna molto morbida e con un leggero strato di tulle più lungo di quello sottostante. Ha due spalline molto fini e mi lascia la schiena coperta solo da alcuni fini pezzi di stoffa che servono essenzialmente a tenermelo chiuso.
Come prima controllo che Quattro non sia in giro ma lo vedo poco distante che commenta l'abito di Marlene. Chiamo Christina e la tiro dentro al camerino. Sebbene sia un po' stretto, riesce a squadrarmi.
-Mi piace, mette in risalto la tua prima.- mi dice. Arrossisco: questo è un buon motivo per non metterlo. Mi sento nuda con così poca stoffa addosso, ma mi sforzo di ignorare il mio disagio. Infondo, il vestito mi piace davvero.
-Ora cambiati e torniamo in camerata, bisogna decidere la pettinatura e il trucco.- mi dice con un sorriso beffardo uscendo. Sospiro di nuovo: sarà una giornata eterna.

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Capitolo 9
*** NINE ***


Dopo pranzo, passiamo tutto il pomeriggio in giro per negozi. Christina si è comprata dei trucchi nuovi, ma non sono sicura di voler sapere cosa vuole farne. Mi obbliga a comprare un paio di scarpe (-Altrimenti cosa pensi di mettere sotto a quel vestito, gli stivali?-). Dopo una lunga discussione sono riuscita a convincerla a non prendermi nulla con un tacco più alto di me e ho presto delle semplici scarpe basse ricamate con del pizzo nere.
Mangiamo cena presto, verso le 19:30, e ci sediamo insieme a Uriah e Will. Qualche tavolo più in là c'è Quattro, lo noto appena entro. Sento che mi sta guardando e mi costringo a non girarmi e a continuare a parlare con i miei amici.
-Quindi qualcuno qui ha un ammiratore segreto...- mi stuzzica Will.
-Nessun ammiratore segreto, state tranquilli.- rispondo e Uriah mi guarda con un sopracciglio alzato. -Cosa c'è?- chiedo
-Nulla, nulla.- poi, avvicinandosi per prendere un hamburger, mi sussurra all'orecchio, - Forse lui non sarà un ammiratore, ma di sicuro ti piace. L'ho visto il modo in cui lo guardi e arrosisci ogni volta che ti parla o che è nei paraggi.-
Poi torna a sedersi e a parlare con Will. Io rimango ferma a fissarlo mentre mi sento arrossire. Se lo ha capito lui, lo avrà capito anche Quattro? Spero in Dio di no.
Verso le 20:00, Christina si alza in piedi.
-Noi dobbiamo andare, qui qualcuno deve prepararsi per uscire.- dice, poi mi afferra per un braccio e mi trascina fuori. Dopo che ho fatto la doccia, prima di cena, Christina mi ha legato i capelli umidi in uno chignon alto così da farli rimanere ondulati sulle spalle. Mi passa il vestito e le scarpe e io mi vesto. Fortunatamente siamo da sole, tutti sono ancora a mangiare.
Prende delle strane cose dall'armadietto e me le mostra.
-Questo si chiama eye-liner, mentre questo è mascara. E ora ti trucco.- dice con un sorriso beffardo sulle labbra. Ecco, lo sapevo che quei cosi non erano per lei. Chiudo gli occhi e lascio che passi l'eye-liner sulle mie palpebre. Quando lo appoggia mi fa il solletico. Dopo un po' passa al mascara: questa volta mi fa tenere gli occhi aperti, e poi mi dice di stare ferma per farlo asciugare.
Guardo l'orologio: tra venti minuti Quattro passerà a prendermi davanti alla palestra.
-Forza, devi andare. Di solito è bene che le ragazze si facciano desiderare e che arrivino con qualche minuto di ritardo, ma non ho abbastanza tempo per convincerti.- mi dice mentre mi scioglie i capelli e me li sistema facendomi la riga di lato. Mi trascina in bagno e mi mette davanti allo specchio. I miei occhi azzurro spento, tendenti più verso il grigio, ora sembrano molto più profondi e intensi. Apro un po' la bocca mentre mi guardo: i capelli ondulati mi incorniciano il viso e sembro quasi carina. Continuo a guardarmi allo specchio, e mi sento una persona diversa.
A Beatrice non era permesso guardarsi così tanto allo specchio. Non le era permesso attirare l'attenzione su di sé truccandosi o lasciando i capelli sciolti. Non poteva mostrare un lembo di pelle, ma doveva sempre portare gli abiti grigi su ogni fibra del corpo. La persona che vedo nello specchio è completamente diversa: più sicura, più stabile ora che veste il nero degli Intrepidi. Davanti a me c'è Tris.
-Scusa, è che a casa non mi era permesso guardarmi allo specchio così a lungo.- dico a Christina.
-Stai scherzando? Gli Abneganti sono proprio strani...- dice scuotendo la testa. Poi guarda l'ora e strabuzza gli occhi, -Sei stata qui per quasi dieci minuti! Corri, ovunque sia il luogo dell'appuntamento.- mi dice e io esco velocemente da bagno. Fortunatamente la palestra non è molto lontana e ci arrivo in poco più di due minuti. Rimango ferma a osservare i sacchi da boxe dalla porta a vetri.
-Sopravvissuta a Christina?- mi chiede una voce dietro di me. Sobbalzo. Perché non lo sento mai arrivare? Tra l'altro, sapevo che sarebbe arrivato.
-Non ne sono ancora del tutto sicura, ha smesso di torturarmi dieci minuti fa.- rispondo con un sospiro mentre abbasso gli occhi, a disagio.
-Ora posso vedere il vestito che hai comprato? O devo tornare a guardare mutande con le orecchie insieme a Uriah?- mi chiede passandosi una mano dietro alla nuca e facendomi diventare dello stesso colore del fuoco. Ci avviciniamo e ci osserviamo a vicenda. Lui indossa dei semplici pantaloni neri, delle scarpe nere, una camicia rosso scuro e un giubbino di pelle nera. Quella camicia mi piace, eccome se mi piace.
-Sei carina.- mi dice, e il mio volto va più in fiamme di quanto già non sia. A momenti morirò per autocombustione, ne sono sicura. Dovrei rispondere che anche io lo trovo carino, che quella camicia mette in risalto i suoi addominali in un modo che non sono del tutto sicura sia sicuro per la mia sanità mentale già precaria di suo. Invece sto zitta e non riesco a pronunciare mezza parola.
-Mutande con le orecchie?- chiedo, cambiando argomento. Lui scoppia a ridere mentre mi posa una mano sulla schiena scoperta e mi guida in un corridoio laterale. Una specie di scossa elettrica mi percorre quando mi tocca.
-Sì, abbastanza oscene oserei dire.- ride, -Spero che l'incontro inaspettato di questa mattina non ti abbia messa troppo in imbarazzo.-
Sono troppo rossa per poter arrossire ancora.
-Uhm, no, tranquillo.-
-Non sei una brava bugiarda. Farò finta di crederci, comunque.- dice e io mi sento andare a fuoco anche il collo, oltre la faccia. Vorrei che tacesse un attimo, quel tanto che serve per farmi riprendere un colore normale.
Grazie a Dio, sottoterra è buio.
Come se non bastasse, tutta questa situazione mi fa solo ricordare le parole di Uriah. Ma proprio oggi doveva decidermi di mettermi al corrente del fatto che sa tutto?
-Dov'è la festa?- chiedo mentre mi asciugo in fretta le mani sudate sulla gonna. Sono agitata al pensiero di fare qualcosa di così nuovo e diverso, mi sento come quando sono andata allo Zip-line.
-In una sala adibita essenzialmente a questo, in un corridoio in cui non credo tu sia mai stata.- mi dice.
Camminiamo in silenzio per un po', e poi gli chiedo:
-Perché mi hai invitata?- voglio a tutti i costi smentire quello che hanno detto i miei amici, lui non è un ammiratore.
-Beh, ecco... so che gli Abneganti non fanno feste, quindi tu non devi mai averne vista una vera. E poi ho visto il tuo tatuaggio e ho pensato che, visto che sembra che tu stia cercando di integrarti al meglio qui, avrei potuto mostrarti il lato più divertente sella vita tra gli Intrepidi. Tutto qui.- mi risponde con un'alzata di spalle.
-Grazie.- gli dico annuendo, anche se dentro di me qualcosa si sgonfia. Speravo tanto che lo avesse fatto per un altro motivo. Poi, ad un certo punto, giriamo in un corridoio a sinistra che non avevo mai notato e inizio a sentire delle voci e della musica.
-Pronta?- mi chiede quando arriviamo davanti ad una porta a due ante. Io annuisco e lui ne apre una per farmi entrare. La prima cosa che noto è che la musica è altissima e che non si sente nient'altro. Quattro mi posa una mano sulla schiena e mi sospinge un po' dentro.
-Laggiù ci sono Uriah e Marlene.- mi urla Quattro in un orecchio. Guardo nella direzione che mi sta indicando e annuisco, poi ci spostiamo verso di loro. Ci sono anche Zeke e Shauna.
Marlene ha un tubino molto stretto, simile a quello che mi aveva proposto Christina, che le sta davvero bene.
Shauna invece ha una gonna lunga fino a metà coscia molto aderente e un top nero con una generosa scollatura. Non penso riuscirò mai a vestirmi così.
Uriah mi fa un cenno di saluto: lui e suo fratello sono vestiti simili a Quattro, cambiano solo un po' i colori.
Quando Marlene mi vede, spalanca gli occhi.
-Allora era lui che ti aveva invitata!- mi urla e io annuisco con un piccolo sorriso.
-Fossi stata al tuo posto, sta mattina, probabilmente lo avrei ucciso.- dice facendo un cenno del capo verso Uriah.
-Ci sto ancora riflettendo.- commento e lei ride. L'atmosfera mi piace, ma mi sento tremendamente a disagio. Qui hanno tutti dei bicchieri di chissà che cosa in mano, si scatenano in pista e urlano. E poi ci sono io, piccola ragazzina Abnegante, che non so assolutamente che cosa fare. Guardo Quattro in modo probabilmente un po' troppo disperato.
-Vieni, prendiamo da bere.- mi dice facendomi segno di seguirlo. Saluto i miei amici e gli vado dietro. Mi porta dall'altra parte della sala, dove su un lungo bancone sono posti dei bicchieri e un Intrepido li riempie con il liquido contenuto nelle bottiglie dietro di lui. Quando realizzo che si tratta di alcool mi fermo.
-Fidati.- mi dice solo Quattro prima di prendermi delicatamente il polso e trascinarmi dietro di lui. Vedo che si sporge verso l'Intrepido che dà da bere e lui annuisce con un sorriso. Prende due bottiglie diverse, una più chiara e una più scura, e riempie due bicchieri. Poi li offre a Quattro.
-Questo è Whisky, assaggialo. Poco.- mi dice, porgendoli un bicchiere. Io lo guardo titubante e poi, con infinita lentezza, me lo porto alle labbra e mi bagno appena la lingua. Non appena il liquore entra nella mia bocca, allontano il bicchiere da me e lo rimetto nella mano vuota di Quattro. Lui ride.
-Non mi piace.- dico piano con la bocca completamente in fiamme.
-Bevi questo, è molto più leggero.- mi dice porgendomi l'altro bicchiere. Guardo dentro: è molto chiaro, sembra quasi acqua, ed è frizzante. Quando lo assaggio, il gusto è dolce.
Questo mi piace molto di più.
Stiamo lì per un po'. Lui non sembra a disagio, nonostante io stia praticamente addossata alla parete. Guardo in giro per la stanza: la gente sta saltando a ritmo di musica e, poco distante da noi, una coppia si sta baciando. O meglio, si stanno mangiando la faccia. Distolgo in fretta lo sguardo, e una parte di me si aspetta che vengano rimproverati. Vedo Quattro girarsi a guardarmi, ma non credo abbia capito il motivo per cui mi sono girata così in fretta.
-Tutto okay?- mi chiede guardandosi intorno. Io lo guardo: le luci colorate si riflettono nei suoi occhi che, con questa luminosità, sono quasi neri.
-Devono per forza farlo davanti a tutti?- chiedo ma lui mi guarda senza capire. Mi volto verso la coppia e lui segue il mio sguardo. Le mani del ragazzo sono scivolate decisamente troppo in basso. Mi giro in fretta verso Quattro e mi metto a guardargli la camicia. Pessima idea, ma sono troppo sconvolta per fare qualsiasi altra cosa. Lo sento ridere e avvicinarsi al mio orecchio per parlare.
-Per le altre fazioni è normale mostrare affetto in pubblico. Sta uscendo il lato Abnegante che c'è in te.- mi dice sorridendo.
-Allora suppongo che dovrò farci l'abitudine.- dico. Lui ridacchia e si china di nuovo.
-Ci metterai un po', ma ci riuscirai.- mi dice. Io lo guardo. Come fa a sapere quanto ci metterò? Dopotutto, lui è abituato da sempre. O forse no?
-Vuoi ballare?- mi chiede.
-Io non so ballare.- rispondo mentre bevo un sorso dal mio bicchiere.
-Devi solo lasciarti andare alla musica.- mi dice mentre mi prende per mano.
-Credo che questo sia un altro problema.- gli dico. Mi porta in un angolino dove c'è meno gente che balla.
-La metà della gente che sta ballando è ubriaca.- dice, -L'alcool aiuta a sciogliersi e a lasciarsi andare.-
Rido amaramente.
-Allora forse è il caso che vada a prenderne un paio di bottiglie.- dico mentre finisco il mio bicchiere e lui ride. Non mi sento molto diversa da come mi sentivo un attimo fa, però ho le formiche alle braccia e alle gambe, come se fossi più leggera.
-Mi sento strana.- dico.
-È normale, l'alcool fa questo effetto.- mi dice, poi mi prende una mano e mi fa girare su me stessa. La gonna si alza intorno a me e io arrossisco. Il cuore mi batte forte.
-Provaci, lasciati andare e basta.- dice, poi mi prende l'altra mano e comincia a farmi muovere insieme a lui. Le sue mani sono calde e il suo viso è rilassato. Chissà perché non è mai così gentile quando siamo in compagnia. Ogni volta che ci siamo trovati da soli finora è sempre stato così cordiale...
-Perché mi guardi in quel modo?- mi chiede. Ormai ho perso il conto delle figuracce che mi sono fatta con lui.
-Niente, continuiamo a ballare.- rispondo, ed è quello che facciamo.

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Capitolo 10
*** TEN ***


Quando apro gli occhi, la mattina dopo, la mia testa è sul punto di esplodere. Sta notte, non so esattamente a che ora, Quattro mi ha accompagnata fino alla camerata. Abbiamo camminato tutto il tempo con le mani che si sfioravano, il mio indice intrecciato al suo mignolo, ed è stato meraviglioso. Ad un certo punto mi ha anche dato la sua giacca. Poco prima che entrassi in dormitorio mi ha detto di essersi divertito e io gli ho detto che mi sono divertita anche io.
Guardo l'ora: sono le 10:00. Will e Christina saranno a fare colazione.
Mi alzo e mi lavo la faccia a fatica. Quando mi guardo allo specchio, vedo che ho gli occhi arrossati e il trucco sbavato. Mi pulisco e poi mi vesto con una maglietta rossa e dei pantaloni neri. Prendo la felpa ed esco.
Quando arrivo alla mensa, Will e Christina sono seduti al solito tavolo. Poco distante ci sono Uriah, Marlene, Zeke e Shauna. Nessuna traccia di Quattro. Mi avvicino e mi siedo di fianco a Christina, poi poso la testa sul tavolo.
-Ma buongiorno!- dice Will a voce troppo alta, e io mi tappo le orecchie.
-'Giorno.- biascico.
-Tutto bene?- mi chiede Chris.
Io scuoto la testa.
-La mia testa.- dico, -Sta esplodendo.-
Lo sento ridere.
-Benvenuta nel post-sbornia.- alzo la testa.
-Io non mi sono ubriacata. Sarà stato per la musica.-
Mi allungo sul tavolo per prendere un muffin.
-Comunque, ti sei divertita?- chiede Will.
Annuisco mentre lo addento.
-Com'era?- mi chiede Christina.
-C'era un sacco di gente, mezza nuda tra l'altro. La musica era altissima e c'erano un sacco di luci colorate e poi c'era questo tavolo lunghissimo con un tipo che serviva ogni tipo di liquore... è stato strano. Ma mi è piaciuto un sacco.- dico, e in testa ho l'immagine di Quattro che balla con me.
-Chi ti è piaciuto?- chiede.
-La festa.- rispondo aggrottando le sopracciglia. Christina mi guarda con un sopracciglio alzato.
-Allora perché hai detto "mi è piaciuto un sacco", al posto di "mi è piaciuta"?-
E ora cosa dico?
Dì una bugia ma dilla subito!
-Ehm.. ho assaggiato un liquore strano, non so cosa fosse, ma era buono.- dico, senza troppa convinzione. Will annuisce, ma Christina non ci casca. Probabilmente capisce che però non ha speranza quindi lascia perdere e, dopo che finisco di mangiare, ci alziamo e usciamo.

•••

Sono con Will e Christina alla ringhiera sullo strapiombo. È tardi e la maggior parte degli Intrepidi è andata a dormire. Mi brucia la spalla destra: ci siamo fatti tutti un nuovo tatuaggio mezz'ora fa.
Salgo con i piedi su una delle sbarre orizzontali, schiacciando i fianchi contro il corrimano per tenermi in equilibrio. È da qui che si è buttato Al. Guardo giù nello strapiombo, l'acqua nera, le rocce frastagliate. L'acqua colpisce la parete e solleva spruzzi che mi arrivano fino alla faccia. Ha avuto paura quando si è trovato qui? O era così deciso a saltare che è stato facile?
Non ho voglia di pensare a lui, e mi metto ad osservare i miei due amici. Lui le tocca lievemente la schiena mentre lei si appoggia alla ringhiera, poi gli tocca la mano. Si scambiano un sacco di effusioni inutili, me ne sono resa conto. Loro se ne saranno resi conto?
Non saprei dirlo con certezza, ma non credo.
-Vi mancano le vostre famiglie?- chiede Christina ad un certo punto. Io la guardo.
-Sì, qualche volta.- dice Will.
-A me manca mia sorella, e tutte le cavolate che facevamo per far arrabbiare la mamma.- aggiunge Christina.
-A me manca soprattutto mia mamma. Quando mi tagliava i capelli.- dico ripensando all'ultima volta che lo ha fatto, il giorno del test attitudinale. Rimaniamo in silenzio, a rimuginare ognuno sulla proprio famiglia.
-È ora di andare a dormire- dice dopo un po' Christina. -Pronti a tornare? Mi piacerebbe infilare la mano di Peter in una bacinella di acqua calda per fargli fare la pipì a letto, stanotte.-
Mentre mi volto, nell'ombra vedo il profilo di una persona. Mi concentro meglio e vedo che è Quattro. Quando si accorge che l'ho visto mi fa un cenno e si incammina verso il Palazzo di Vetro. -Idea grandiosa, ma devo parlare con Quattro di una cosa.- dico, indicando l'ombra che sale lungo il canale.
Gli occhi di Christina seguono la direzione della mia mano. -Sei sicura che sia il caso di andartene in giro da sola di notte?- chiede.
-Non sarò sola, sarò con Quattro.-
Christina sta guardando Will e lui sta guardando lei. Nessuno dei due mi sta davvero ascoltando.
-Va bene.- dice Christina distrattamente. -Ci
vediamo dopo, allora.-
-E domani mettiamo la mano di Peter in una bacinella di acqua calda.- dico.
Mi dirigo velocemente verso il canale sulla destra e comincio ad arrampicarmi, cercando di fare meno rumore possibile.
Corro silenziosamente e arrivo alla scala senza fiato; mi fermo all'inizio del salone, e Quattro è già in fondo. Attraverso i vetri vedo le luci della città: sono ancora accese ma si stanno smorzando sotto i miei stessi occhi. Saranno spente entro mezzanotte.
Dall'altra parte del salone, Quattro è sulla soglia del corridoio delle simulazioni. Ha una scatola nera in una mano e una siringa nell'altra.
-Vorrei che entrassi con me, oggi.-
Mi mordo le labbra.
-Nel tuo scenario della paura?-
-Sì.-
-Me lo lasceresti vedere?-
-E per quale altro motivo pensi che ci stia andando?- chiede lui piano, tenendo gli occhi bassi. -Ci solo alcune cose che voglio mostrarti, alcune cose che... meriti di sapere di me.-
-Perché dovrei meritare qualcosa?- chiedo, ma lui non risponde.
Solleva la siringa e io piego la testa per esporre meglio il collo. Sento un dolore acuto quando l'ago entra, ma ormai ci sono abituata. Una volta fatto, mi porge la scatola nera. Dentro c'è un'altra siringa.
-Non l'ho mai fatto prima.- lo avviso, prendendola. Non voglio fargli male.
-Esattamente qui.- fa lui, indicando con il dito.
Io mi sollevo sulle punte dei piedi e gli infilo l'ago nel collo. La mano mi trema un po', mentre lui è perfettamente immobile. Tiene gli occhi su di me per tutto il tempo e, quando ho finito, ripone le siringhe nella scatola e la posa accanto alla porta.
Mi porge la mano e io vi faccio scivolare la mia. Le sue dita sono fredde e nervose. Mi sento come se dovessi dire qualcosa, ma sono troppo sorpresa e non mi viene in mente niente. Lui apre la porta con la mano libera e io lo seguo nel buio. Ormai sono abituata a entrare in posti sconosciuti senza esitare. Mantengo il respiro regolare e tengo saldamente la mano di Quattro.
-Vediamo se riesci a indovinare perché mi chiamano Quattro.- mi sfida.
La porta si chiude alle nostre spalle portandosi via tutta la luce. L'aria è fredda e percepisco ogni particella che mi entra nei polmoni. Mi avvicino di più a lui, così il mio braccio sbatte contro il suo e il mento è vicino alla sua spalla.
-Qual è il tuo vero nome?- gli chiedo.
-Vediamo se riesci a indovinare anche quello.-
La simulazione comincia. Il suolo su cui sto
camminando non è più di cemento e cigola come se fosse metallo. La luce ci investe da ogni direzione e intorno a noi si srotola la città, con i suoi edifici di vetro e l'arco dei binari del treno. Ci troviamo in alto, sopra tutto. È così tanto tempo che non vedo un cielo azzurro che quando compare, sopra di me, mi si ferma il respiro. Mi sento euforica.
Si alza il vento. Soffia con tanta forza che devo appoggiarmi a Quattro per non cadere. Lui mi lascia la mano e mi passa il braccio intorno alle spalle. All'inizio penso che sia per proteggermi, ma mi sbaglio. Gli manca il respiro e ha bisogno di me per sorreggersi. Si costringe a inspirare ed espirare, con la bocca aperta, ma digrigna i denti.
A me piace l'altezza, ma se siamo qui vuol dire che è uno dei suoi incubi peggiori.
-Dobbiamo saltare, giusto?- grido per sovrastare il vento.
Lui annuisce.
-Al tre, okay?-
Annuisce di nuovo.
-Uno... due... tre!- Me lo tiro dietro quando comincio a correre. Una volta fatto il primo passo, il resto è facile. Balziamo oltre il bordo dell'edificio e precipitiamo come due pietre, velocissimi, l'aria che ci viene addosso, il terreno che si allarga sotto di noi. Poi la scena scompare e mi ritrovo carponi sul pavimento, sorridente. Mi è piaciuta l'eccitazione che ho provato il giorno in cui ho scelto gli Intrepidi, e mi piace ancora.
Vicino a me, Quattro ansima e si preme una mano sul petto.
Mi alzo e lo aiuto a rimettersi in piedi.
-Che cosa c'è ora?-
-È...-
Qualcosa di duro mi colpisce alla schiena. Finisco addosso a Quattro, con la testa premuta contro la sua clavicola. A sinistra e a destra compaiono due muri. Lo spazio è così ristretto che lui è costretto a portarsi le
braccia al petto. Un soffitto si chiude sopra di noi con uno schianto e Quattro si rannicchia con un lamento. La stanza è grande quanto basta per contenere lui, non di più.
-La reclusione.- mormoro.
Lui emette un suono gutturale e io sollevo la testa per guardarlo. Distinguo a malapena il suo viso; è buio e l'aria è pesante, i nostri respiri si mescolano. Lui ha i lineamenti contratti, come se provasse dolore.
-Ehi, -sussurro. -va tutto bene. Qui...-
Faccio scivolare il suo braccio intorno al mio corpo in modo da creare più spazio. Lui mi stringe e avvicina la faccia alla mia, sempre rannicchiato. Il suo corpo è caldo, ma sento solo ossa e muscoli sotto le dita, nessuna parte morbida. Arrossisco. Si accorgerà che ho il fisico di una bambina?
-È la prima volta che sono contenta di essere così piccola.- Rido. Se scherzo, forse riesco a calmarlo. E a distrarmi.
-Mmm-mmm.- farfuglia lui con voce tirata. Non sta funzionando come vorrei.
-Non possiamo uscire di qua.- constato. -È più semplice affrontare la paura a testa bassa, giusto?- Non aspetto la risposta. -Quindi quello che devi fare è ridurre lo spazio ancora di più. Peggiorare le cose per poterle migliorare. Giusto?-
-Sì.- è la sua breve risposta, tesa e nervosa.
-Okay, quindi dobbiamo rannicchiarci. Sei pronto?- Gli stringo la vita per farlo abbassare insieme a me.
Sento la linea dura delle sue costole contro la mano e sento lo stridere delle assi di legno mentre il soffitto si abbassa su di noi. Mi rendo conto che non può funzionare con tutto questo spazio tra me e lui, per cui mi giro e mi raggomitolo, con la schiena contro il suo petto. Un suo ginocchio è vicino alla mia testa, mentre l'altra gamba è piegata sotto di me, per cui sono seduta sulla sua caviglia. Siamo un intrico di gambe e braccia. Sento il suo respiro affannoso contro il mio orecchio.
-Ah- esclama lui, la voce roca. -Così è peggio, così è decisamente...-
-Ssst- lo rassicuro. -Abbracciami.-
Ubbidiente, lui fa scivolare entrambe le braccia intorno alla mia vita. Io sorrido alla parete. Tutto questo non mi piace mica. Proprio no, neanche un po'. No...
-La simulazione misura la tua reazione alla paura.- gli parlo dolcemente. Sto solo ripetendo quello che lui ha detto a noi, ma ricordarglielo potrebbe aiutarlo. -Per cui se riesci a far rallentare il battito cardiaco, passerà alla fase successiva. Ricordi? Cerca di non pensare a dove ti trovi.-
-Sì?- Le sue labbra si muovono contro il mio orecchio mentre parla, e mi sento attraversare da un'ondata di calore. -Facile, eh?-
-Sai, in tanti sarebbero contenti di ritrovarsi intrappolati in uno spazio così ristretto con una ragazza.- Alzo gli occhi al cielo.
-Non quelli claustrofobici, Tris!- Ora sembra disperato. Mossa sbagliata.
-Okay, okay.- Metto la mano sopra la sua e me la porto al petto, proprio sopra il cuore. -Senti il mio cuore. Riesci a sentirlo?-
-Sì.-
-Senti com'è regolare?-
-Batte veloce.-
-Sì, be', questo non ha niente a che vedere con la simulazione.- Appena lo dico mi rendo conto con una smorfia che mi sono lasciata sfuggire una mezza confessione. Spero che non se ne accorga. -Ogni volta che mi senti respirare, respira anche tu. Concentrati.-
-Okay.-
Comincio a respirare profondamente, e il suo petto si solleva e si abbassa con il mio. Continuiamo così per un po'. Poi gli chiedo, con molta calma:
-Perché non mi racconti da dove viene questa paura. Forse parlarne ci aiuterà... in qualche modo.-
Non so perché, ma mi suona giusto.
-Ehm... okay.- Fa un altro respiro seguendo il mio. -Questa fobia è collegata alla mia fantastica infanzia. Alle punizioni. Il piccolo ripostiglio al piano di sopra.-
Stringo le labbra. Ricordo di essere stata punita: di essere stata mandata in camera senza cena, di essere stata privata di una o dell'altra cosa, di essere stata rimproverata aspramente. Ma non mi hanno mai chiusa in un ripostiglio. Quella crudeltà mi fa soffrire; mi dispiace davvero per lui. Non so cosa dire, per cui cerco di restare sul vago.
-Mia madre ci teneva i cappotti invernali, nel ripostiglio.-
-Io non...- Gli manca l'aria. -Non voglio parlarne più, davvero.-
-Okay. Allora... parlo io. Chiedimi qualcosa.-
-Okay.- Ride debolmente nel mio orecchio. -Perché ti batte così forte il cuore, Tris?-
Faccio un'altra smorfia.
-Beh, io...-
Cerco una scusa che non abbia a che fare con il fatto che sono stracotta di lui e che mi trovo tra le sue braccia.
-Ti conosco appena.- Non è abbastanza buona. -Ti conosco appena e sono schiacciata contro di te in una specie di cassa, Quattro. Secondo te?-
Ride ancora e alla sua risata la parete si apre con uno schianto e sparisce. Ci ritroviamo dentro un cerchio di luce. Quattro sospira e mi toglie le braccia dalla vita. Io mi affretto a rialzarmi e mi spazzolo i vestiti, anche se non c'è proprio niente da spazzolare, che io sappia. Mi asciugo le mani sui jeans. Ho freddo alla schiena ora che improvvisamente non c'è più lui dietro di me.
Quattro mi si para davanti. Sta sorridendo e non sono sicura che mi piaccia la luce nei suoi occhi. Forse semplicemente mi piace troppo.
-Forse eri tagliata per i Candidi,- dice -perché sei una frana a mentire.-
-Temo che il mio test attitudinale abbia escluso quella opzione abbastanza decisamente.-
Lui scuote la testa. -I test attitudinali non significano niente.-
Lo guardo con sospetto.
-Che cosa stai cercando di dirmi? Non è per il test che hai scelto gli Intrepidi?-
Un'eccitazione mi pulsa in tutto il corpo come sangue nelle vene al pensiero che possa confermarmi che è un Divergente, che è come me.
-Non esattamente, no.- dice. -Io...-
Si volta e la voce gli muore in gola. C'è una donna ad alcuni metri di distanza, che punta un fucile contro di noi. È perfettamente immobile e ha un viso anonimo; se ce ne andassimo in questo momento non me la ricorderei. Sulla mia destra compare un tavolo. Sopra c'è una pistola e un unico proiettile. Perché lei non spara?
Ah, penso. La paura non c'entra con la minaccia alla sua vita, ma con la pistola sul tavolo.
-Devi ucciderla- mormoro piano.
-Ogni singola volta.- risponde in un sussurro.
-Lei non è reale.-
-Lo sembra.- Si morde il labbro. -La sensazione è reale.-
-Se fosse reale, ti avrebbe già ucciso.-
-Va bene.- Annuisce. -Devo solo... farlo. Questa paura non... non è così male. Non mi manda in panico come l'altra.-
Non lo manda in panico, ma lo terrorizza molto di più. Glielo vedo negli occhi mentre prende la pistola e apre il caricatore come se l'avesse fatto migliaia di volte, e forse è così. Inserisce la pallottola e solleva l'arma davanti a sé, stringendo l'impugnatura con entrambe le mani. Chiude un occhio e inspira lentamente.
Mentre espira spara, e la testa della donna schizza indietro. Vedo un lampo rosso e distolgo lo sguardo. La sento accasciarsi a terra. La pistola di Quattro cade con un tonfo, ed entrambi fissiamo il cadavere. Quello che ha detto è vero: sembra tutto reale. Non essere ridicola.
Lo afferro per il braccio.
-Su- lo sprono. -Vieni. Proseguiamo.-
Lo strattono di nuovo, lui si riscuote e mi segue. Mentre oltrepassiamo il tavolo, il corpo della donna scompare, ma non dalla mia memoria e dalla sua. Che effetto mi farebbe dover uccidere qualcuno ogni volta che attraversassi il mio scenario? Forse lo scoprirò.
Ma c'è una cosa che mi sconcerta: queste dovrebbero essere le paure peggiori di Quattro. E anche se nella cassa e sul tetto è andato in panico, ha ucciso la donna senza molta difficoltà. Come se la simulazione stesse cercando di pescare tutte le fobie che riesce a scovare dentro di lui, ma non avesse trovato molto.
-Eccoci. Questa paura è la peggiore, spesso quando la affronto, mi dimentico che non è reale.- sussurra.
Una figura scura si muove davanti a noi, spostandosi lungo il margine del cerchio di luce, nell'attesa che facciamo un altro passo. Chi è? Chi infesta gli incubi di Quattro? L'uomo che emerge dall'oscurità è alto e snello, con i capelli tagliati quasi a zero. Tiene le mani dietro la schiena e indossa gli abiti grigi degli Abneganti.
-Marcus.- sussurro.
-Questa è la parte- mormora Quattro con voce tremante -in cui indovini il mio nome.-
-Lui è...- Sposto lo sguardo da Marcus, che avanza piano verso di noi, a Quattro, che indietreggia a poco a poco, e tutti i pezzi vanno a posto. Marcus aveva un figlio che se n'è andato negli Intrepidi e che si chiamava... -Tobias.-
Marcus mostra le mani. In una, chiusa a pugno, stringe una cintura avvolta intorno alle dita. Lentamente, la svolge.
-È per il tuo bene.- afferma, e la sua voce riecheggia una decina di volte.
Una decina di Marcus entrano nel cerchio di luce, tutti con in mano la stessa cintura e in viso la stessa espressione vacua. I Marcus sbattono le palpebre e i loro occhi diventano cavità vuote e nere. Le cinture scivolano sul pavimento ricoperto da piastrelle bianche. Un brivido mi sale lungo la schiena.
Guardo Quattro, cioè Tobias: è impietrito, curvo su se stesso. Sembra molto più vecchio; sembra molto più giovane. Il primo Marcus tira indietro il braccio e si prepara a colpire, la cintura vola oltre la sua spalla. Tobias si ritrae, sollevando le mani per proteggersi il viso.
Non penso a quello che faccio, semplicemente seguo il mio istinto. Mi lancio davanti a lui e la cintura schiocca contro il mio polso, arrotolandovisi intorno. Un dolore acuto mi sale su fino al gomito. Stringo i denti e tiro indietro il braccio più forte che posso. La cintura sfugge di mano a Marcus e si scaglia contro di me. Tobias si piazza tra me e lui, spingendomi dietro di sé. Adesso sembra arrabbiato, non spaventato.
Tutti i Marcus scompaiono. Le luci si accendono su una stanza lunga e stretta con mura cadenti di mattoni e il pavimento di cemento.
-Tutto qui?- esclamo. -Erano queste le tue peggiori paure? Come mai hai solo quattro...- La frase rimane a metà. Solo quattro paure. -Ah.- Mi volto verso di lui. -Ecco perché ti chiamano...-
Mi interrompo quando vedo la sua espressione. Ha gli occhi spalancati, sembrano quasi fragili sotto le luci della stanza. Le labbra sono aperte.
Mi prende un braccio, il pollice che preme sulla pelle morbida dell'incavo del gomito, e mi tira verso di sé. Il polso mi brucia ancora, come se la cintura fosse stata reale, ma non ci sono segni sulla pelle. Lui strofina lentamente le labbra contro la mia guancia, poi mi stringe le braccia intorno alle spalle e nasconde la faccia nel mio collo, respirando contro la mia clavicola.
Rimango immobile per un attimo, poi lo abbraccio e sospiro.
-Hey.- sussurro dolcemente. -L'abbiamo superato.-
Lui solleva la testa e mi passa le dita tra i capelli, agganciandomeli dietro l'orecchio. Ci fissiamo in silenzio, mentre gioca meccanicamente con una mia ciocca.
-Tu me l'hai fatto superare.- mormora alla fine.
-Beh.- Ho la gola secca e cerco di ignorare quella nervosa corrente elettrica che mi vibra sottopelle ogni volta che mi tocca.
-È facile essere coraggiosi quando le paure non sono le tue.- Mi sciolgo dall'abbraccio e con finta noncuranza mi asciugo le mani sui jeans, sperando che non se ne accorga.
Se se ne accorge, non lo dice. Invece, intreccia le sue dita con le mie. -Vieni- mi invita. -Voglio mostrarti un'altra cosa.-

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Capitolo 11
*** ELEVEN ***


Mano nella mano, Tobias mi guida verso il Pozzo. Io controllo attentamente la pressione delle dita: in certi momenti mi sembra di non stringere abbastanza e, un attimo dopo, sto stringendo troppo forte. Non ho mai capito perché alla gente piace tenersi per mano mentre passeggia, ma poi lui fa scivolare un dito sul mio palmo e sento scorrere un brivido sulla schiena. Ora capisco perfettamente.
-Quattro? Quattro paure?- chiedo, sinceramente sorpresa.
-E sempre quattro sono. Continuo a tornarci, ma non me ne libererò mai.-
-Come fai ad avere solo quattro paure?- gli chiedo ancora.
-Non ho solo quattro paure, ci sono molte cose che mi spaventano. Ma di fronte alla paura riesco a reagire, mentre di fronte alle mie paure mi paralizzo e vado nel panico. Ma questo lo hai visto da te.- dice abbassando lo sguardo.
Quante probabilità avevo di trovare l'unico trasfazione Abnegante negli Intrepidi e di innamorarmi di lui? Ripenso a tutto quello che abbiamo passato, a tutte le volte che ha avuto comportamenti da Abneganti. Come ho fatto a non capirlo?
-Sono un'idiota.- sussurro.
-Perché?- mi chiede lui mentre proseguiamo lungo il margine del Pozzo, percorrendo uno stretto canale che porta agli scogli in fondo allo strapiombo; non l'avevo mai visto perché si confonde con la parete di pietra. Tobias invece sembra conoscerlo bene.
-Perché in tutto questo tempo ci sono state duecento occasioni in cui avrei potuto chiaramente capire che non eri un interno. Eppure non l'ho capito neanche una volta.- sospiro mentre scendiamo fino in fondo. Fa strano vedere lo strapiombo dal basso e non dall'alto.
Lui ride.
-Sì, beh, effettivamente ci sono momenti in cui avrei potuto essere più prudente. E quello che dici non è del tutto vero: lo hai sospettato più volte, l'ultima quando parlavamo dei sensi di colpa.- mi dice mentre cerca una pietra piatta e mi ci fa sedere accanto a lui. Non è molto larga quindi siamo seduti molto vicini. Non che mi dispiaccia, sia chiaro.
Ricordo bene quando abbiamo parlato dei sensi di colpa, dopo il suicidio di Al.
-Giusto. Ma tu mi smentivi sempre...- dico, mentre guardo davanti a me.
-Beh... non mi sarei mai aspettato di rivedere un Abnegante. Abnegante che tra l'altro è figlia di uno che veniva a cena da me. Mi ricordo di te da piccola.-
Lo guardo con gli occhi spalancati. Io di lui non ricordo nulla.
-Stai scherzando?- chiedo. Lui scuote la testa.
-Non che abbia grandi ricordi, ma ricordo che sei venuta al funerale di mia madre con la tua famiglia. Mi ricordo di te quando camminavi sul marciapiede con la figlia dei Black, non ricordo il nome. Andavi a scuola con lei e i vostri fratelli. Qualche volta ti ho incontrato a scuola, altre volte sui mezzi pubblici. E poi ricordo tuo fratello che, anche se non siete gemelli, frequentava la tua stessa classe. Ti ho riconosciuta a cena, il primo giorno.- mi dice.
-Oh... io non ricordo assolutamente nulla di te. Spero non ti offenderai.- dico ironicamente. Lui ridacchia.
-No, tranquilla. Credo che riuscirò a convivere con questa cosa.-
Adesso sono io a ridere.
Rimaniamo in silenzio per un po'.
-Mi stavi per dire il risultato del tuo test.- dico.
Lui mi guarda.
-Ah, è importante?-
Io annuisco.
-Sì, a questo punto lo voglio sapere. Tu sai il mio.- dico abbassando lo sguardo: questo sarebbe un momento perfetto per dirmi che il risultato del suo test è stato inconcludente. Lo vedo sorridere.
-Come sei esigente. Il mio risultato è stato quello che ci si aspettava da me: Abnegante.-
Qualcosa si sgonfia dentro di me. Non è un Divergente. Ci speravo così tanto... ma allora come fa a sapere di noi? Con chi ha vissuto questa cosa? Un amico? Una ragazza, forse? Accantono questi pensieri, mi rifiuto di pensare a Tobias mentre bacia un'altra ragazza in questo momento.
-E hai scelto comunque gli Intrepidi?-
Lui mi guarda di nuovo, e io non ho bisogno di sentire la sua voce per sapere la risposta.
-Dovevi scappare da tuo padre.- dico e lui annuisce.
-Ma in fondo, mi trovo bene anche qui. Forse il mio vero posto era tra gli Abneganti, ma gli Intrepidi mi hanno reso più forte e mi hanno dato una nuova famiglia. Una vera, rispetto a quella che avevo prima.- mi dice piano.
Io annuisco.
-Tu perché te ne sei andata? O meglio, perché hai scelto proprio gli Intrepidi?- domanda.
-Me ne sono andata perché non mi sentivo abbastanza altruista. E ho scelto gli Intrepidi perché volevo essere libera da tutte le costrizioni che mi avevano sempre soffocata, sin da bambina.- confesso.
Lui sorride.
-Capisco quello che intendi riguardo alla libertà, e sono d'accordo con te.-
-E non sei d'accordo sul fatto che io non sia abbastanza altruista per stare tra gli Abneganti? Perché da come lo hai detto sembrava.- gli chiedo mentre fisso un punto imprecisato davanti a me.
-Beh, quello che dici non è del tutto vero: quella ragazza che si è fatta tirare addosso dei coltelli al posto di un amico, o che si è buttata davanti a me per proteggermi da mio padre... quella ragazza così altruista non eri tu?- sono stupita. Ha capito molte più cose lui di me di quanto non abbia fatto io, -La mia teoria è che coraggio e altruismo non sono così diversi. Ti alleni per una vita a non pensare a te stesso, così quando sei in pericolo è questa la tua prima risposta. Potremmo appartenere benissimo anche gli Abneganti.-
Rimaniamo in silenzio per un attimo.
-Perché mi provocavi, mentre mi tiravi i coltelli?- chiedo.
-Provocarti? Io non ti stavo provocando. Ritorniamo a quello che ti ho detto un attimo fa: ti stavo ricordando che, se avessi mollato, qualcun altro avrebbe dovuto prendere il tuo posto. Ti ricordavo che non potevi cedere, e tu non lo hai fatto.-
Rimango stupita per la seconda volta. Ora che ci penso, ha ragione: tutte quelle cose che mi ha detto, mi hanno fatto resistere. Non volevo che qualcuno prendesse il mio posto, perché sarebbe stato uno dei miei amici e io volevo proteggerli.
-Perché?- chiedo di nuovo.
-Perché è quando agisci per altruismo che sei più coraggiosa, Beatrice.- mi sussurra.
Dell'acqua schizza sulla mia mano e mi bagna, e io sono così concentrata su di lui che mi spavento e, involontariamente, vado a sbattere contro il suo fianco. Mi volto a guardarlo quando pronuncia il mio nome. Quanto tempo è che non mi chiamavano così? Non lo so, ma mi piace che lui lo abbia fatto. In questo momento, è come se tutte le barriere che avevamo eretto per proteggerci dal mondo fossero cadute. Ora che siamo soli, entrambi stiamo usando le nostre vere identità, le nostre identità Abneganti. Non so perché, ma questa cosa mi da un senso di "casa".
-È solo un po' d'acqua.- ridacchia, però intanto mi passa un braccio dietro alla schiena e lo appoggia sulla pietra vicino al mio fianco. Il contatto mi fa venire i brividi.
Lo guardo a mia volta: i nostri volti ora sono così vicini che respiriamo l'uno l'aria dell'altra.
-Perché mi hai invitato alla festa, Tobias?- gli chiedo. Lo vedo sorridere leggermente e inclinare un po' la testa verso destra.
-Ho già risposto a questa domanda.- mi dice.
-Ma non sono più così sicura di crederti.- gli rispondo. Non so da dove venga tutto questo coraggio. Lui potrebbe benissimo rifiutarmi, dirmi che sono pazza e che mi sono immaginata cose che non esistono. Però non fa nulla di tutto ciò.
-E quale pensi che sia la risposta vera?- mi chiede.
-Non ti hanno insegnato a non rispondere a una domanda con una domanda?- gli chiedo alzando le sopracciglia. Lui ride e io sorrido.
-Sì, mi è stato accennato che non si dovrebbe fare. In ogni caso, vorrei sapere a cosa pensi.- mi dice mentre avvicina un po' di più il suo viso al mio.
-In questo momento?- chiedo. Lui annuisce.
A cosa sto pensando? Al fatto che voglio annullare le distanza tra di noi, ma è da escludere che io glielo dica.
-Che ho una teoria, ma prima di dirtela voglio testarla.- rispondo invece. Mi sento molto più coraggiosa di quello che sono in realtà. Credo di piacergli, ma voglio prima esserne sicura. Poi, forse, glielo dirò.
Lo sento ridere mentre guardo le sue labbra aprirsi in un sorriso. Poi, in una frazione di secondo, sfiora le mie labbra con le sue. Il mio cuore batte così forte che probabilmente a momenti uscirà dal mio petto e cadrà in acqua.
Io sono rigida e insicura, così quando lui si scosta sono convinta di aver fatto qualcosa di male o di sbagliato. Ma poi lui mi circonda il viso tra le mani, con determinazione, e mi bacia di nuovo, con più fermezza stavolta, più sicurezza.
In questo istante, è come se prendessi vita. Mi sciolgo e premo di più le mie labbra sulla sue. Gli passo una mano sul collo e salgo fino a sfiorargli la guancia. Lui mi passa il braccio intorno alla vita avvicinandomi di più al suo corpo mentre con l'altra mano mi accarezza il volto.
Rimaniamo così a baciarci per qualche minuto, poi ci separiamo.
Rimaniamo fermi sul fondo dello strapiombo per un po', a giocare con le nostre mani intrecciate, fino a quando non appoggio la mia testa alla sua spalla e chiudo gli occhi, esausta.
-Sei stanca?- mi chiede.
-Un pochino.- rispondo senza lasciargli le mani.
-Dovresti andare a dormire. Vieni, ti accompagno.- mi dice e con infinita delicatezza si alza e mi porge la mano. La afferro e faccio scivolare la mia nella sua. Tobias mi stringe le dita. Risaliamo fino al Pozzo e poi mi accompagna fino alla camerata. Si ferma a qualche metro dalla porta e io mi giro a guardarlo. Senza lasciarmi la mano, si china a baciarmi. È un bacio casto, dolce. Cerco di mantenere il contatto un po' più a lungo.
-'Notte.- mi sussurra a fior di labbra.
-'Notte.- gli rispondo.
Mi allontano da lui con un sorriso in volto e, mentre entro e mi dirigo verso il mio letto, mi rendo conto che se avessimo fatto entrambi una scelta diversa, forse avremmo finito col fare la stessa cosa in un luogo più sicuro, con addosso vestiti grigi invece che neri.

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Capitolo 12
*** TWELVE ***


Il mattino dopo mi sveglio allegra. Sta notte ho sognato Tobias che mi baciava.
Cerco continuamente di scacciare il sorriso dalla faccia, ma ogni volta si riforma. Alla fine smetto di provarci. Lascio i capelli sciolti e abbandono le solite magliette abbondanti a favore di una che lascia scoperte le spalle, rendendo visibili i tatuaggi sulla spalla e sulla clavicola
-Che ti prende, oggi?- mi punzecchia Christina mentre andiamo a fare colazione. Ha gli occhi ancora gonfi di sonno e i capelli arruffati che formano un'aureola increspata intorno al viso.
-Be', sai... il sole splende, gli uccellini cinguettano.-
Lei mi guarda con un sopracciglio inarcato, come per ricordarmi che siamo in un tunnel sotterraneo.
-Lascia che si goda il buon umore.- interviene Will. -Potrebbe non capitare mai più.-
Gli do una sberla sul braccio e accelero il passo. Il cuore mi batte forte perché so che entro la prossima mezz'ora vedrò Tobias. Mi siedo al solito posto, accanto a Uriah, di fronte a Will e Christina.
Sento il bisogno di parlare con qualcuno di quello che è successo ieri, ma non saprei con chi. Christina e Will sono da escludere, non sono sicura che sarebbe una buona idea. Sposto il mio sguardo su Uriah.
-Come mai così felice oggi?- mi chiede alzando un sopracciglio mentre mi allungo a prendere un toast e inizio a spalmarci della marmellata.
Ho bisogno di dirglielo assolutamente, ma devo essere schiva.
-Ecco...- comincio, ma non so come continuare. Lancio un'occhiata a Will e Christina: stanno ridendo forte per qualcosa che ha detto lui. Ne approfitto -Sono uscita con quello della festa ieri.-
Uriah per poco non si strozza con il succo d'arancia.
-E?- mi sprona. Io guardo gli altri due.
-Dopo.- e lui annuisce. In questo momento entra Tobias. Mi lancia una veloce occhiata e poi va a sedersi al tavolo con Zeke e Shauna.
Ora posso morire felice.
-Oggi è il giorno dello scenario della paura.- dice Will. -Secondo voi, riusciremo a vedere il nostro?-
-No.- Uriah scuote la testa. -Si attraversa lo scenario di uno degli istruttori, me l'ha detto mio fratello.-
-Ooh, e di quale istruttore?- chiede Christina, ravvivandosi all'improvviso.
-Spero che sia lo scenario di Quattro.- continua
-Perché?-
La domanda mi esce in un tono troppo aggressivo e vorrei potermela subito rimangiare.
-Sembra che qualcuno sia di umore ballerino.- Christina alza gli occhi al cielo. -Come se tu non volessi sapere di cos'ha paura. Si comporta così da duro che probabilmente teme i marshmallow, i tramonti molto luminosi, o robe del genere. Meccanismo di compensazione.-
Scuoto la testa.
-Non sarà il suo.-
-Come fai a saperlo?-
-Ho solo tirato a indovinare.-
Ripenso al padre di Tobias nel suo scenario della paura. Non lo farebbe vedere a tutti.
Lo guardo per qualche secondo e per un momento mi guarda anche lui. Il suo sguardo sembra ghiaccio, e io distolgo il mio.

•••

Lauren, l'istruttrice degli interni, ci aspetta con le mani sui fianchi, fuori dal corridoio delle simulazioni.
-Due anni fa- dice -avevo paura dei ragni, di soffocare, di rimanere intrappolata tra mura che mi si stringevano lentamente addosso, di essere buttata fuori dagli Intrepidi, di morire dissanguata, di essere investita da un treno, della morte di mio padre, di essere umiliata pubblicamente e di essere rapita da uomini senza volto.-
La guardiamo tutti senza espressione.
-La maggior parte di voi ha tra le dieci e le quindici paure nel suo scenario. È questa la media.-
Chissà quante ne avrò io.
-Qual è il numero più basso che avete mai registrato?- chiede Lynn.
-In anni recenti- risponde Lauren -quattro.-
Non ho più guardato Tobias da quando eravamo in mensa, ma ora non riesco a farne a meno. Tiene gli occhi fissi sul pavimento. Sapevo che quattro era un numero basso, abbastanza basso da diventare un soprannome, ma non immaginavo che fosse meno della metà della media.
Chino la testa. È una persona eccezionale, e ora non mi guarda nemmeno più.
-Non lo scoprirete oggi, quante ne avete- continua Lauren. -La simulazione è settata sul mio scenario, per cui vi troverete le mie paure, non le vostre.-
Guardo Christina negli occhi. Avevo ragione, non attraverseremo lo scenario di Quattro.
-Te l'avevo detto.- sussurro.
-Taci.- mi dice infilandomi un dito nelle costole.
-Lo scopo di questo esercizio, tuttavia, è solo farsi un'idea di come funziona la simulazione, per cui ognuno di voi ne affronterà una soltanto.-
Lauren assegna a ciascuno di noi una paura a caso. Io sono nelle ultime file, per cui entrerò tra gli ultimi. A me è capitata la paura del rapimento.
Poiché non sono collegata al computer, mentre aspetto non posso vedere le simulazioni, ma solo come vi reagiscono le persone. È perfetto per distrarmi dai miei pensieri su Tobias: stringo i pugni quando Will scaccia via dei ragni che non posso vedere, o quando Uriah cerca di spingere muri a me invisibili, e sorrido quando Peter diventa rosso fuoco per qualcosa che gli succede durante la sua esperienza di "umiliazione pubblica". Infine arriva il mio turno.
L'ostacolo non sarà facile per me, ma poiché sono stata capace di manipolare tutte le simulazioni, non solo questa, e poiché ho già attraversato lo scenario di Tobias, mi sento tranquilla mentre Lauren mi infila l'ago nel collo.
La scena cambia e comincia il rapimento. Sotto i miei piedi il pavimento diventa un manto erboso, e intorno alle mie braccia e sopra la mia bocca si stringono delle mani. È troppo buio per vedere qualcosa.
Sono vicina allo strapiombo, sento il ruggito dell'acqua. Mi balena nella mente l'immagine del mio corpo che precipita nell'oscurità, la stessa immagine che ora ricorre nei miei incubi. Stringo i denti: non posso urlare, non posso e basta. Cerco di ricacciare indietro le lacrime.
Non è reale, Tris, non lo è.
Sapevo che sarebbero tornati a prendermi, sapevo che ci avrebbero riprovato: la prima volta non gli è bastata.
-Ferma.- ordina una voce rude.
Le mani spariscono e le luci si accendono. Sono di nuovo nella sala di cemento. Tremo tutta e mi premo le mani sulla faccia. Ho fallito. Ho perso la testa, ho perso la lucidità. La paura di Lauren si è sovrapposta alla mia.
E tutti mi hanno visto. Tobias mi ha visto.
Sento dei passi. Tobias viene verso di me e mi afferra un polso, costringendomi a guardarlo.
-Che diavolo era quello, Rigida?-
-Io...- Il respiro mi sale a singhiozzi. -Io non...-
-Controllati! Sei patetica.-
Qualcosa scatta dentro di me e lo fisso.
Una vampata mi percorre tutto il corpo portandosi via la debolezza; lo schiaffeggio così forte che le nocche mi bruciano per l'impatto. Lui mi fissa, la guancia tutta rossa, e io lo guardo a mia volta.
-Stai zitto.- gli sibilo contro, a bassa voce. Con uno strattone libero il braccio ed esco dalla stanza.

 

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Capitolo 13
*** THIRTEEN ***


Esco dal quartier generale degli Intrepidi e mi siedo sull'asfalto. Grazie al cielo almeno qui non c'è nessuno, così scoppio a piangere e mi sfogo. Un giorno mi bacia e quello dopo mi insulta davanti a tutti. Proprio non lo capisco.
Faccio dei respiri profondi e cerco di calmarmi.
Mi sento in colpa per averlo schiaffeggiato, soprattutto dopo quello che ho visto ieri, però se lo è meritato. Dopo ieri, pensavo che lui più di tutti potesse capirmi.
Mi porto le ginocchia al petto e le circondo con le braccia, poi ci poso la testa e chiudo gli occhi. Non so che paure affronterò nel mio scenario, ma so che il rapimento ci sarà. Lo so come so il mio nome.
-Tris, sei qui?- dice una voce dietro di me. Mi volto e vedo Uriah.
-Hey.- lo saluto. Lui mi si avvicina, sembra preoccupato.
-Ti senti bene? Ti stavamo cercando dopo... dopo lo scenario.- dice. Io annuisco.
-Sto bene, non ti preoccupare. Avevo bisogno di sfogarmi, così ho pensato di venire qui. Almeno sarei stata sola.- dico senza riflettere, e solo dopo mi rendo conto che forse potrebbe offendersi.
-Vuoi che vada via?- chiede con calma. Scuoto la testa e lui si siede accanto a me.
-Posso dire una cosa?- chiede.
-Certo.-
-È stato proprio figo.- ridacchia.
Mi volto a guardarlo.
-Che cosa?- chiedo.
-Vederti schiaffeggiare Quattro in quel modo.- ora ride propio, -E dopo cosa gli hai detto? Sembrava turbato.- continua.
Fantastico, un casino dopo l'altro.
-Gli ho detto di stare zitto.-
Ride ancora più forte.
-Parliamo di cose più divertenti... come è andata la festa?- mi chiede con malizia.
Io sorrido.
-Intendi escludendo il male alla testa del giorno dopo? Mi sono divertita.- rispondo, ma so che non gli basta.
-E quindi vi siete rivisti? Tu e Quattro.- chiede ancora. Io annuisco.
-Voglio tutti i dettagli.- scoppio a ridere e lo guardo.
-Giuri che non dirai nulla ad anima viva o morta?- chiedo e lui annuisce, curioso.
-E va bene allora: ci siamo rivisti ieri sera. Abbiamo principalmente parlato, soprattutto di lui.- dico, senza scendere nei particolari.
-Ed è successo qualcosa degno di nota?- chiede. Considerando l'indole di Quattro, il solo fatto che abbia parlato di sé è degno di nota. In ogni caso, annuisco e mi sento arrossire.
-Mi ha baciata.- sussurro piano, mentre torno a guardare davanti a me la costruzione in mattoni abbandonata. Deve essere antica, perché nessuno costruisce più in mattoni.
-Cosa?!- dice mentre mi guarda ad occhi spalancati -Dimmi che non stai scherzando, ti prego.-
-Non sto scherzando.- dico, girandomi a guardarlo. Se lo aspettava?
-O mio Dio sì! Sono sinceramente felice per voi, sono due anni che dico che Quattro dovrebbe trovarsi una ragazza.- dice tutto felice. In questo momento è più felice di me, e non credo sia una cosa molto positiva.
-Ehm... sono felice che tu sia felice.- dico poco convinta. I suoi occhi stanno letteralmente brillando e ha le gote arrossate. Chissà se anche io ieri avevo questo aspetto.
Lui mi fissa e poi scoppia a ridere.
-Non ce lo vedo proprio Quattro romantico.- dice, ridendo sempre di più. Dopo ieri sera io ce lo vedo eccome, però la sua risata è troppo contagiosa per rimanere seria.
-Già che ci siamo, grazie per l'altro giorno. Sto ancora decidendo se ucciderti o meno per avermi abbandonata da sola in palestra con quei tre e per aver insistito sul mio accompagnatore, ma probabilmente ti devo la faccia.- dico, ed entrambi scoppiamo a ridere.
Sentiamo dei passi dietro di noi e ci voltiamo. Tobias sta camminando nella mia direzione.
-Spero di non aver interrotto nulla di particolare.- dice guardandoci. Io abbasso lo sguardo, in fondo sono ancora arrabbiata con lui. Invece Uriah no: scatta in piedi e si pulisce i pantaloni.
-Quattro! Assolutamente no, ci mancherebbe. Stavamo ridendo di... lascia perdere. Vi lascio soli, non vorrei mai fare il terzo incomodo.- dice e io gli scocco un'occhiataccia.
Se ne va e noi rimaniamo in silenzio. Io mi volto di nuovo verso l'edificio di mattoni e lui rimane dietro di me.
-Stai bene?- mi chiede piano, come se avesse paura. Io annuisco. Mi salgono di nuovo le lacrime agli occhi quando ripenso a come si è comportato oggi.
-Sicura?- insiste. Non ce la faccio: mi alzo e lo guardo, con gli occhi lucidi.
-Sì, Quattro. Che te ne frega, comunque?- lo provoco. -Devi scegliere cosa vuoi essere: l'istruttore crudele o il mio premuroso ragazzo?- Mi sento in imbarazzo quando pronuncio la parola "ragazzo". Non intendevo usarla in modo così frivolo, ma ormai è troppo tardi. -Non puoi essere entrambe le cose contemporaneamente.-
-Non sono crudele.- mi dice risentito. -L'ho fatto per te, prima. Come pensi che avrebbero reagito Peter e quegli idioti dei suoi amici se avessero scoperto che tu e io siamo...- Sospira. -Non vinceresti mai, direbbero sempre che i tuoi punteggi dipendono dal mio favoritismo e non dalle tue capacità.-
Apro la bocca per obiettare, ma non posso. Mi vengono in mente un paio di risposte brillanti, ma le scarto tutte. Ha ragione.
-Non era necessario insultarmi per dimostrare qualcosa a loro.- mormoro alla fine.
Lui si avvicina un po' di più a me e allunga la mano fino a sfiorarmi una guancia.
-Scusami. Io.. non volevo ferirti, Beatrice. È che a volte mi dimentico che puoi essere ferita. Che io posso ferirti.-
Lo guardo, mi viene ancora da piangere. Crede a tal punto nella mia forza da dimenticarsi che, come ogni altra persona, posso essere ferita? Nessuno aveva mai creduto in me così: a casa era Caleb quello forte, l'Abnegante perfetto, pronto a dimenticarsi di sé stesso per gli altri.
-Non pensavo te la saresti presa così.- finisce. Sono pervasa da uno strano senso di tenera fragilità. Lo ha fatto per me.
-Non avrei dovuto schiaffeggiarti. Scusa.- mormoro.
-Non ti preoccupare.- mi dice e si avvicina ancora un po'.
-Sai sempre che cosa fare.- gli dico, alzando gli occhi verso il suo volto.
-Solo perché è tanto tempo che ci penso. A cosa farei se tu ed io...- si blocca e si allontana un po'. -Hai detto che sono il tuo ragazzo, ho sentito bene, Beatrice?- mi chiede.
Io ostento indifferenza.
-Non esattamente. Perché? Ti piacerebbe?- gli chiedo, e spero così tanto in questa risposta che quasi mi fa male il petto. Lui fa finta di pensarci e poi mi tira a sé e mi posa le braccia sulle spalle. Sento il suo battito accelerato sotto pelle. Sembra nervoso.
-Sì.- sussurra poi, prima di sorridere e baciarmi.

•••

Il resto della mattinata lo passo in compagnia di Uriah e Marlene. Will e Christina non si vedono da nessuna parte.
A pranzo ci sediamo con Lynn e sua sorella. È probabile che Tobias si unirà a noi insieme a Zeke. Sono contenta di aver risolto con lui, e sono ancora più contenta di potermi definire la sua ragazza.
-Ciao.- mi saluta Lynn. È un passo avanti.
-Ciao.- rispondo con un sorriso. Anche lei sorride un po'.
-Ripresa da questa mattina?- mi chiede. Io annuisco arrossendo.
-Che è successo questa mattina?- mi chiede Shauna.
-Scenario della paura di Laurent.- risponde Uriah, -Ad alcuni è andata meglio, ad altri peggio.-
Shauna annuisce, sono felice che non indaghi. Nonostante sia una ragazza e sia molto vicina a Tobias, mi sta simpatica.
Dalla porta di apre e vedo entrare Zeke seguito dal mio ragazzo. Ho le farfalle nello stomaco solo a pensarlo in questi termini. Lui mi guarda e accenna un sorriso veloce.
-Risolto?- mi chiede ad un certo punto Uriah. Io annuisco.
-Bene, altrimenti sarei stato molto triste.- scherza.
-Triste per?- gli chiede Zeke.
-Niente.- rispondiamo in fretta io e Uriah. Ma perché non tiene mai la bocca chiusa?
Parliamo del più e del meno per il resto del pasto e poi vedo entrare Christina. Alzo la mano e le faccio cenno di venire da me.
-Ti devo parlare.- mi dice, senza sedersi.
La guardo, preoccupata.
-Va bene.- dico. Mi alzo e la seguo fuori. Sento gli occhi di Tobias sulla schiena.
-Come stai? Sei finita nei casini con Quattro?- mi chiede appena usciamo dalla mensa. Ci allontaniamo in un corridoio laterale.
-No, tranquilla, è tutto okay. Però avevo bisogno di sfogarmi un po'.- rispondo. Lei annuisce.
-Bene.- esclama lei. -Perché c'è una cosa che ti devo dire.-
Si guarda intorno, probabilmente per controllare che non ci sia nessuno. Poi mi mette le mani sulle spalle.
-Sai essere una ragazza per qualche secondo?-
-Sono sempre una ragazza.- La guardo stupita.
-Hai capito cosa intendo. Nel senso di una ragazza sciocca e smorfiosa.-
Mi arrotolo una ciocca di capelli intorno a un dito. -'kay.-
Lei fa un sorriso così ampio che riesco a vederle i molari in fondo alla bocca.
-Will mi ha baciata.-
-Cosa?- esplodo. -Quando? Come? Com'è successo?-
-Tu sai essere una ragazza!- Si raddrizza, togliendo le mani dalle mie spalle. -Be', subito dopo il tuo piccolo incidente, abbiamo cercato in giro se ti vedevamo ma poi Uriah ci ha detto che ti aveva trovata e stavi bene. Ci ha detto di fare altro e allora abbiamo fatto un giro vicino ai binari del treno. Stavamo parlando di... non ricordo neanche di cosa... e tutt'a un tratto lui si è semplicemente fermato, si è chinato e... mi ha baciata.-
-Lo sapevi di piacergli?- le domando. -Voglio dire, in quel modo.-
-No!- ride lei. -La parte più divertente è che è finita lì. Abbiamo continuato a camminare e a parlare come se niente fosse. Almeno, finché io non ho baciato lui.-
-Da quanto tempo ti piace?-
-Non lo so. Credo di non essermene accorta, all'inizio. E poi, sono state le piccole cose... come mi ha messo il braccio intorno alle spalle al funerale di Al, ma tu eri via, il fatto che mi apra le porte come se mi considerasse una normale ragazza e non una che potrebbe spaccargli la faccia.-
Scoppio a ridere e all'improvviso vorrei raccontarle di Tobias e di tutto quello che è successo tra noi. Ma mi trattiene lo stesso motivo che ha spinto lui a comportarsi come se non stessimo insieme. Non voglio che lei pensi che il mio punteggio abbia a che fare con la mia relazione con lui. Per cui mi limito a dire: -Sono felice per voi.-
-Grazie, anch'io sono felice. E pensavo che ci sarebbe voluto un po' prima di potermi sentire così... sai.-
Io annuisco. Lo capisco eccome. Ci mettiamo a camminare per i corridoi.
-Mi sembra passata una vita da quando siamo arrivati qui.- le dico. Una vita completamente nuova e diversa da quella che ero abituata a vivere. Dopo l'iniziazione sceglieremo i nostri lavori, e allora ci trasferiremo. Chi di noi ambisce ad un incarico amministrativo e politico abiterà al palazzo di vetro, gli altri dipende. Ho sentito dire che quelli al palazzo sono i più belli e spaziosi, quasi tutti con tre camere da letto. E poi ci sono quelli come quelli di Tobias, che sono dei monolocali piccoli e spogli. Bah, standard strani.
-Anche a me... ti manca mai casa?- mi chiede.
-Sì, eccome se mi manca. Ma tornassi indietro, rifarei la stessa scelta.- confesso.
Lei annuisce.
-Sono d'accordo con te.- 
Poi mi passa un braccio attorno alle spalle e ci mettiamo a discutere dei vari lavori.

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Capitolo 14
*** FOURTEEN ***


Premessa: in questo capitolo (e nei capitolo successivo) parlerò soltanto del test finale e della classifica, pertanto ho riportato quello che ha scritto la Roth. Detto ciò, se siete freschi di Divergent e volete balzare questa parte, non vi perdete nulla di importante!

Ho assistito alla cerimonia di iniziazione degli Abneganti tutti gli anni, prima di questo. È una funzione tranquilla: gli iniziati, che devono prestare servizio sociale per trenta giorni prima di poter diventare membri a tutti gli effetti, siedono a fianco a fianco su una panchina. Uno dei membri più anziani legge il manifesto degli Abneganti, che è una breve riflessione sull'importanza di dimenticare se stessi e sui pericoli dell'egoismo. Poi i membri anziani lavano i piedi agli iniziati. Infine tutti insieme condividono un pasto, in cui ognuno serve la persona alla sua sinistra.
Negli Intrepidi è tutto diverso.
Nel Giorno dell'Iniziazione l'intero quartiere sprofonda nella follia e nel caos. C'è gente ovunque, e la maggior parte è già ubriaca prima di mezzogiorno. All'ora di pranzo mi faccio faticosamente strada in mezzo alla folla per procurarmi una razione di cibo e portarla con me nel dormitorio.
Mangio come un automa, ruotando dal pollo ai piselli al pane, e via di nuovo. Anche se questo è un cibo da Abnegante, perché in fondo è così che mi sento, non importa a che fazione appartengo intimamente, tra due ore andrò nella sala delle simulazioni con gli altri iniziati, affronterò il mio scenario e diventerò un'Intrepida. È troppo tardi per tornare indietro.
Quando finisco, affondo la faccia nel cuscino. Non ho intenzione di addormentarmi, ma dopo un po' scivolo nel sonno. A svegliarmi ci pensa Christina.
-È ora di andare.- mi avvisa. Ha il volto pallidissimo.
Mi strofino gli occhi per scacciare il sonno. Ho già le scarpe ai piedi. Ci sono anche gli altri iniziati nel dormitorio: si allacciano le scarpe, si abbottonano i giubbotti e si guardano intorno con sorrisi assenti. Mi lego i capelli in uno chignon e indosso il giubbino nero, tirando su la cerniera fino in cima. La tortura sarà presto finita, ma riusciremo a dimenticare le simulazioni? Riusciremo mai a dormire di nuovo sonni profondi, nonostante il ricordo delle nostre paure? O le dimenticheremo oggi stesso, come dovrebbe essere?
Andiamo nel Pozzo e saliamo il canale che porta al palazzo di vetro. Alzo la testa verso il soffitto. Non riesco a vedere la luce del giorno perché è completamente coperto dalle suole delle scarpe degli Intrepidi. Per un attimo mi pare di sentirlo scricchiolare, ma è la mia immaginazione. Salgo le scale con Christina, e la folla mi inghiotte.
Il calore di tutti questi corpi mi soffoca e sulla fronte mi si formano gocce di sudore. Un varco nella calca mi permette di scoprire intorno a cosa sono raccolti tutti quanti: c'è una serie di schermi sulla parete alla mia sinistra.
Sento un grido festoso e mi fermo a guardare gli schermi. Quello sulla sinistra mostra una ragazza vestita di nero nella sala delle simulazioni. È Marlene. La guardo muoversi, gli occhi smarriti, ma non riesco a capire che ostacolo sta affrontando. Grazie a Dio nessuno qua fuori vedrà le mie paure, ma solo le mie reazioni.
Lo schermo centrale mostra il battito cardiaco di Marlene, che accelera per un po' e poi rallenta. Quando raggiunge un ritmo normale, lo schermo diventa verde e gli Intrepidi esultano. Il display sulla destra mostra i tempi.
Stacco gli occhi dal monitor e mi affretto per raggiungere Christina e Will. Vedo Tobias ma gli passo davanti senza guardarlo.
La stanza è grande e contiene altri schermi, uguali a quelli che ci sono fuori, davanti ai quali è seduta una fila di persone, tra cui Eric e Max. Gli altri sono anche più anziani. A giudicare dai fili collegati alle loro teste e dagli sguardi persi nel vuoto, stanno seguendo la simulazione.
Dietro di loro c'è un'altra fila di sedie, ma io sono l'ultima a entrare, per cui le trovo già tutte occupate.
-Ehi, Tris!- Uriah mi chiama dall'altra parte della stanza, è seduto tra gli iniziati interni. Ne sono rimasti solo quattro; gli altri hanno già attraversato il loro scenario della paura. Si batte la mano su una gamba.
-Ciao.- lo saluto.
Nella sala delle simulazioni le luci si accendono, mostrando Marlene rannicchiata, la faccia rigata di lacrime. Max, Eric e alcuni altri si risvegliano dall'incantamento ed escono. Pochi secondi dopo li vedo sullo schermo, che si congratulano con lei per aver finito.
-Trasfazione, l'ordine in cui affronterete il test finale è stato stabilito sulla base dei vostri punteggi attuali.- annuncia Tobias. -Quindi Drew entrerà per primo e Tris per ultima.-
Dunque ci sono cinque persone prima di me.
Mi sono fermata in fondo alla stanza, a pochi passi da Tobias. Ci scambiamo un'occhiata quando Eric pratica l'iniezione a Drew e lo manda nella sala delle simulazioni. Quando arriverà il mio turno, saprò come saranno andati gli altri, e che cosa dovrò fare per batterli.
Gli scenari della paura non sono interessanti da seguire dall'esterno. Vedo Drew che si muove, ma non so a che cosa stia reagendo. Dopo alcuni minuti, chiudo gli occhi e cerco di non pensare a niente. Provare a indovinare quali paure dovrò affrontare, e quante saranno, è inutile a questo punto; devo solo ricordarmi che ho il potere di manipolare le simulazioni e che l'ho già fatto prima.
Molly entra per seconda. Le ci vuole la metà del tempo che ci è voluto a Drew, ma anche lei ha qualche problema. Perde troppo tempo a respirare profondamente per controllare il panico. A un certo punto urla persino a pieni polmoni.
Christina è la successiva. Poi c'è Will, poi Peter. Non li guardo. Registro soltanto quanto tempo impiegano: dodici minuti, dieci minuti, quindici minuti. Ed ecco che vengo chiamata.
-Tris.-
Apro gli occhi e vado davanti alla prima fila, dove c'è Eric con in mano una siringa piena di un liquido arancione. Quasi non sento l'ago affondare nel collo, quasi non vedo la faccia coperta di piercing di Eric mentre spinge lo stantuffo. Immagino che il siero sia adrenalina, che sta per immettersi nelle mie vene, rendendomi forte.
-Pronta?- mi chiede lui.

•••

Sono pronta. Entro nella stanza, armata non di una pistola o di un coltello, ma del piano che ho studiato ieri notte. Tobias ha detto che il terzo modulo si concentra sulla preparazione mentale: elaborare strategie per vincere le paure.
Vorrei sapere in che ordine si presenteranno. Saltello sulla punta dei piedi mentre aspetto che appaia la prima. Già mi manca il fiato.
Il pavimento comincia a trasformarsi. Dal cemento spunta l'erba, agitata da un vento che non riesco a percepire. Un cielo verdognolo sostituisce le tubature a vista del soffitto. Tendo l'orecchio in attesa degli uccelli e sento la paura come una cosa lontana, che esiste nel mio cuore martellante e nel senso di oppressione che ho al petto, ma non nella mia mente. Tobias mi ha consigliato di cercare il significato di questa simulazione. Aveva ragione: non sono gli uccelli, il problema. È il controllo.
Sento uno sbattere d'ali accanto all'orecchio e gli artigli della cornacchia si conficcano nella mia spalla.
Questa volta non la colpisco. Mi accovaccio, ascoltando il frastuono delle ali dietro di me, e passo la mano nell'erba, sfiorando il terreno. Che cosa sconfigge l'impotenza? Il potere. E la prima volta che mi sono sentita potente fra gli Intrepidi è stato quando ho avuto in mano una pistola.
Mi si forma un groppo in gola, voglio che gli artigli spariscano. L'uccello gracchia e ho uno spasmo allo stomaco, ma poi trovo un oggetto duro e metallico tra l'erba: una pistola.
La punto contro la cornacchia, e la guardo staccarsi dalla mia spalla in un'esplosione di sangue e piume. Ruoto su me stessa e sollevo l'arma al cielo, verso la nuvola scura che sta scendendo su di me. Svuoto il caricatore sui volatili. Ogni volta che prendo la mira e premo il grilletto, provo lo stesso senso di potere che ho provato la prima volta che ho impugnato un'arma.
Il mio cuore smette di correre, e il campo, la pistola e gli uccelli svaniscono. Sono di nuovo al buio.
Sposto un piede e sento uno scricchiolio. Mi chino, con la mano tasto un pannello freddo e liscio sotto di me: vetro. Sono circondata da lastre di vetro. Sono di nuovo intrappolata nella gabbia. Io non ho paura di annegare. Questa simulazione non ha niente a che fare con l'acqua, riguarda la mia incapacità di scappare. Riguarda la debolezza. Devo solo convincermi che sono abbastanza forte da spaccare il vetro.
Si accendono le luci azzurre e sul fondo comincia a filtrare l'acqua, ma non aspetto che il livello si alzi. Sbatto il palmo contro la parete davanti a me, convinta che la lastra si romperà, ma la mano rimbalza senza causare alcun danno, e il mio battito cardiaco accelera. E se il metodo che ha funzionato nella prima simulazione questa volta non funzionasse? E se fossi in grado di rompere il vetro solo quando mi trovo in pericolo di vita?
L'acqua mi lambisce le caviglie, salendo sempre più velocemente. Devo calmarmi. Calmarmi e concentrarmi. Mi appoggio alla parete alle mie spalle e tiro un calcio davanti a me con tutte le mie forze. E poi un altro. Le dita dei piedi mi dolgono, ma non succede niente.
Ho un'altra idea. Potrei aspettare che l'acqua riempia la vasca – è già alle ginocchia – e cercare di calmarmi mentre annego. Mi appoggio alla parete, scuotendo la testa. No, non posso lasciarmi annegare. Non posso.
Stringo i pugni e picchio contro il pannello. Sono più forte del vetro. La lastra è sottile quanto uno strato di ghiaccio appena formato, la mia mente la renderà tale. Chiudo gli occhi. Il vetro è ghiaccio. Il vetro è ghiaccio. Il vetro è...
Il vetro si frantuma sotto la mia mano e l'acqua si riversa sul pavimento. Torna il buio.
Scrollo le mani. Questo avrebbe dovuto essere un ostacolo facile da superare, visto che l'avevo già affrontato nelle simulazioni precedenti. Non posso permettermi di perdere altro tempo in questo modo.
Una superficie solida mi colpisce sul fianco, buttandomi a terra e lasciandomi senza fiato. Non so nuotare e non ho mai visto una distesa d'acqua così vasta, così imponente, se non nelle illustrazioni. Mi trovo sopra uno scoglio irregolare e scivoloso, l'acqua mi tira le gambe e io mi aggrappo alla roccia, sulle labbra il sapore del sale. Con la coda dell'occhio vedo un cielo scuro e una luna rosso sangue.
Un'altra onda mi sferza la schiena, facendomi sbattere il mento contro lo scoglio. Il mare è freddo, ma il mio sangue è caldo, lo sento scorrere giù per il collo. Allungo il braccio e trovo il bordo della roccia, mentre l'acqua mi tira con una potenza irresistibile. Mi aggrappo con tutta l'energia che ho, ma non sono abbastanza forte: l'acqua mi trascina via e poi una nuova ondata mi ributta indietro e mi scaraventa con la schiena contro lo scoglio, le gambe sopra la testa e le braccia aperte, la faccia sott'acqua. I miei polmoni reclamano aria. Mi giro e afferro il bordo della roccia, spingendomi fuori dall'acqua. Boccheggio mentre un'altra onda mi colpisce, ancora più violenta della prima, ma ora ho una presa migliore.
Non è possibile che abbia davvero paura dell'acqua. Ciò che temo veramente è di perdere il controllo, e per superare questo ostacolo, devo riprendere in mano la situazione.
Con un grido di frustrazione, allunga una mano in avanti e trovo un anfratto nella roccia. Le mia braccia tremano convulsamente mentre mi trascino sopra lo scoglio e appoggio i piedi prima che l'onda mi travolga. Una volta che mi sento salda, mi alzo e mi lancio nella corsa con uno scatto, i passi veloci sulla pietra, la luna rossa davanti a me, l'oceano sparito.
Poi svanisce anche tutto il resto e il mio corpo è fermo. Troppo fermo.
Cerco di muovere le braccia, ma sono legate strette contro i fianchi. Chino la testa e mi accorgo che una corda mi avvolge il petto, le braccia, le gambe. C'è una pila di ciocchi di legno ai miei piedi, e un palo dietro di me. Sono sollevata rispetto al terreno.
Dall'ombra emergono persone dai volti familiari. Sono i miei compagni, Peter in testa, e hanno delle torce in mano. Gli occhi di Peter sono due cavità nere, sulla sua faccia un sorriso sinistro si allarga in modo smisurato, scavando rughe nelle guance. Dal centro del gruppo si leva una risata che cresce man mano che nuove voci vi si aggregano, finché non si sente altro che quella.
Intanto, Peter avvicina la torcia alla base della catasta e le prime fiamme guizzano verso l'alto, avvolgendo le estremità dei ceppi e strisciando lungo la corteccia. Io non provo a liberarmi come ho fatto la prima volta che ho affrontato questa paura; invece chiudo gli occhi e inspiro più aria possibile. È una simulazione, non può farmi male. Il calore delle fiamme cresce intorno a me. Scrollo la testa.
-Senti quest'odore, Rigida?- mi provoca Peter, con una voce ancora più forte delle risate.
-No.- rispondo, mentre le fiamme si fanno più alte. Lui fiuta l'aria. -È l'odore della tua carne che brucia.- Quando apro gli occhi, ho la vista annebbiata dalle
lacrime. -Sai che odore sento io?- lo sfido, sforzandomi di sovrastare le risate tutt'intorno a me, che mi opprimono tanto quanto il calore. Uno spasmo mi attraversa le braccia, vorrei lottare per liberarmi dalle corde, ma non lo farò, non mi agiterò inutilmente, non mi farò prendere dal panico. Fisso Peter attraverso il fuoco; il calore mi arrossa la pelle, mi scorre nel corpo, scioglie la punta delle mie scarpe. -Sento odore di pioggia.-
Un tuono esplode sopra la mia testa. Grido perché una fiamma raggiunge le mie mani, e il dolore è come un urlo sulla pelle. Sollevo il viso e mi concentro sulle nuvole che si stanno raccogliendo sopra la mia testa, cariche di pioggia, nere di tempesta. Una serie di lampi attraversa il cielo e la prima goccia mi cade sulla fronte. Più veloce, più veloce! La goccia mi scivola lungo il naso mentre una seconda mi colpisce la spalla, così grossa che sembra essere di ghiaccio o pietra, invece che di acqua.
Scrosci di pioggia cadono tutto intorno e la risata viene sopraffatta da uno sfrigolio. Sorrido sollevata, mentre l'acqua spegne il fuoco e allevia le mie scottature. Le corde cadono e io mi infilo le mani tra i capelli.
Vorrei essere come Tobias e avere solo quattro paure da affrontare, ma non sono così impavida.
Mi aggiusto la camicia e, quando sollevo la testa, mi ritrovo nella mia camera da letto, a casa dei miei. Non ho mai affrontato questa paura, prima. Le luci sono spente, ma la stanza è illuminata dai raggi della luna che entrano dalle finestre. Uno dei muri è coperto di specchi. Li osservo, confusa. Questo non va bene, non mi è permesso possederne.
Osservo il riflesso nello specchio: i miei occhi spalancati, il letto con le lenzuola grigie perfettamente rimboccate, il cassettone che contiene i miei vestiti, lo scaffale dei libri, le pareti spoglie. Lo sguardo si sposta sulla finestra alle mie spalle.
E sull'uomo che mi fissa da fuori.
Un brivido freddo mi scivola lungo la spina dorsale come una goccia di sudore, e il mio corpo si irrigidisce. Lo riconosco, è l'uomo dal volto sfregiato del test attitudinale: è vestito di nero e se ne sta immobile come una statua. Il tempo di sbattere gli occhi e compaiono altri due uomini, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Sono immobili proprio come lui, ma al posto delle facce hanno dei teschi ricoperti di pelle senza lineamenti.
Mi giro di scatto, e loro sono già entrati nella stanza. Mi appiattisco con la schiena contro lo specchio.
Per un momento la camera è silenziosa, ma poi sento dei pugni battere contro la finestra. Non due o quattro o sei, ma decine di pugni con decine di dita, che picchiano sul vetro; il rumore mi riverbera nel petto da quant'è forte. Poi l'uomo sfregiato e i suoi due compagni cominciano a camminare verso di me, lentamente, guardinghi.
Sono venuti a prendermi per uccidermi, come Peter, Drew e Al. Lo so.
Simulazione. È una simulazione. Con il cuore che mi martella nel petto, appoggio le mani sullo specchio dietro di me e lo faccio scivolare verso sinistra. Non è uno specchio, ma la porta di un ripostiglio. Spiego a me stessa dove troverò l'arma: sarà appesa sulla parete a destra, a pochi centimetri dalla mia mano. Senza staccare gli occhi dall'uomo con le cicatrici, tastando trovo la pistola e stringo la mano intorno all'impugnatura.
Mi mordo le labbra mentre sparo allo sfregiato e, senza aspettare di vedere se l'ho colpito, miro subito ai due uomini senza volto, uno dopo l'altro, più rapidamente che posso. Il labbro mi fa male dalla forza con cui me lo sto mordendo. I colpi alla finestra smettono, ma vengono sostituiti da un suono stridente; i pugni si trasformano in mani dalle dita ricurve, che grattano il vetro, cercando di entrare. La finestra scricchiola sotto la loro pressione, poi si crepa e infine si frantuma.
Grido.
Non ho abbastanza proiettili.
Corpi pallidi – corpi umani ma sfigurati, con le braccia piegate in strane angolazioni, bocche troppo grandi che mostrano denti aguzzi, orbite vuote – cadono nella mia stanza, uno dietro l'altro, si rialzano e corrono goffamente verso di me. Io indietreggio, rifugiandomi dentro il ripostiglio, e chiudo la porta. Ho bisogno di un piano. Mi accovaccio e appoggio la testa contro il fianco della pistola. Non sono in grado di respingerli. Non posso respingerli, per cui devo calmarmi. Lo scenario della paura registrerà il rallentamento del mio battito cardiaco e il mio respiro regolare, così potrò procedere verso l'ostacolo successivo.
Mi siedo sul pavimento. La parete dietro di me scricchiola. Sento altri colpi, di nuovo i pugni, stavolta contro la porta del ripostiglio. Mi volto e nell'oscurità scruto il pannello alle mie spalle: non è una parete ma un'altra porta. La spingo di lato e la apro: dà sul corridoio del piano di sopra. Sorrido, mentre striscio fuori dal buco e mi alzo in piedi. Sento odore di cibo cotto al forno. Sono a casa.
Con un sospiro, vedo la casa svanire. Per un attimo mi ero dimenticata di essere nella sede degli Intrepidi.
Ora c'è Tobias davanti a me.
Ma io non ho paura di lui. Mi guardo indietro. Forse è su qualcosa alle mie spalle che mi devo concentrare. Ma no, dietro di me c'è solo un letto a baldacchino.
Un letto?
Tobias si avvicina lentamente.
Che cosa sta succedendo?
Alzo lo sguardo su di lui, paralizzata, e lui mi sorride.
Quel sorriso sembra gentile. Familiare.
Preme la sua bocca contro la mia e le mie labbra si schiudono. Pensavo che sarebbe stato impossibile dimenticare di essere in una simulazione, ma a quanto pare mi sbagliavo, visto che lui annienta tutto il resto.
Le sue dita trovano la cerniera del mio giubbino e la tirano giù in un unico movimento lento, finché la zip si sgancia, poi mi toglie la giacca dalle spalle con un gesto deciso.
Oh, è tutto quello che riesco a pensare, mentre mi bacia di nuovo. Oh.
La paura dunque è di stare con lui. Sono sempre stata prudente nei confronti dei rapporti sentimentali, ma non sapevo quanto fosse profonda la mia diffidenza.
Questo ostacolo però non suscita in me le stesse sensazioni degli altri. È un tipo di paura diverso, più panico nervoso che cieco terrore.
Le mani di Tobias scendono sulle mie braccia e poi mi stringono i fianchi, le dita cercano la pelle sopra la cintura, facendomi rabbrividire.
Delicatamente lo spingo via e mi premo le mani sulla fronte. Sono stata attaccata da cornacchie e da uomini con visi grotteschi; mi è stato dato fuoco dalla persona che mi ha quasi gettato giù nello strapiombo; sono quasi annegata, due volte... e non so affrontare questa cosa? È davvero questa la paura per la quale non ho soluzioni? Un ragazzo che mi piace, che vuole... fare l'amore con me?
Il Tobias della simulazione mi bacia sul collo.
Cerco di riflettere. Devo affrontare questa paura. Devo prendere il controllo della situazione e trovare un modo per renderla meno angosciante.
Guardo il finto Tobias negli occhi e dico severamente: -Non ho intenzione di venire a letto con te in un'allucinazione, okay?-
Poi lo allontano da me e guardandolo, scoppio a ridere.
Ed è sparito.
Mi copro la bocca con la mano e rido fino ad avere le guance calde. Devo essere l'unica iniziata con questa paura.
Sento il clic di un grilletto accanto all'orecchio.
Mi ero quasi dimenticata di questa fobia. Sento il peso di una pistola nella mano, piego le dita intorno all'impugnatura, l'indice che scivola sopra il grilletto. Dall'alto, un faro invisibile proietta a terra un cerchio di luce, nel cui centro ci sono mia madre, mio padre e mio fratello.
-Fallo.- intima una voce accanto a me. È una voce femminile ma roca, come satura di pietre e vetri rotti.
La canna di una pistola preme sulla mia tempia, un cerchio freddo contro la pelle. Il freddo mi attraversa il corpo, facendomi rizzare i capelli sulla nuca. Mi asciugo le mani sudate sui pantaloni e guardo la donna con la coda dell'occhio. È Jeanine. Ha gli occhiali storti sul naso, e gli occhi gelidi.
La mia peggiore paura: che la mia famiglia muoia e io ne sia responsabile.
-Fallo.- ripete di nuovo, in tono più imperioso. -Fallo o ti uccido.-
Guardo Caleb. Lui annuisce, le sopracciglia sollevate in un'espressione carica di comprensione. -Coraggio, Tris- sussurra dolcemente. -Lo capisco, va bene così.-
Mi bruciano gli occhi. -No.- protesto con la gola talmente chiusa da farmi male. Scuoto la testa.
-Ti do dieci secondi!- grida la donna. -Dieci! Nove!-
Sposto lo sguardo da mio fratello a mio padre. L'ultima volta che l'ho visto mi ha rivolto un'occhiata sprezzante, ma ora i suoi occhi sono spalancati e dolci. Non gli ho mai visto questa espressione nella vita reale.
-Tris.- mi chiama. -Non hai altra scelta.-
-Otto!-
-Tris- esclama mia madre con un sorriso dolce. -Ti vogliamo bene.-
-Sette!-
-Taci!- grido, sollevando la pistola. Posso farlo, posso sparare. Loro capiscono e me lo stanno chiedendo. Non vorrebbero che mi sacrificassi per loro. Non sono neanche reali. Si tratta solo di una simulazione.
-Sei!-
Non è reale; non significa niente. Gli occhi gentili di mio fratello sono come due trivelle che mi scavano un buco nella testa. La pistola si fa scivolosa nella mia mano sudata.
-Cinque!-
Non ho altra scelta. Chiudo gli occhi. Pensa. Devo pensare. L'ansia che mi accelera il cuore dipende da una cosa e da una cosa soltanto: la minaccia alla mia vita.
-Quattro! Tre!-
Che cosa mi ha detto Tobias? L'altruismo e il coraggio non sono poi così diversi.
-Due!-
Lascio andare il grilletto e faccio cadere la pistola. Prima di perdere la determinazione, mi giro e premo la fronte contro l'arma puntata su di me.
Spara a me piuttosto.
-Uno!-
Sento uno scatto e una detonazione.

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Capitolo 15
*** FIFTEEN ***


Le luci si riaccendono. Sono sola nella stanza vuota con le pareti di cemento, e sto tremando. Cado sulle ginocchia, stringendomi le braccia intorno al corpo. Non faceva freddo quando sono entrata, ma ora sono scossa dai brividi. Mi strofino le braccia per farmi passare la pelle d'oca.
Non ho mai provato tanto sollievo in vita mia. Sento i muscoli rilassarsi, tutti insieme, e riprendo a respirare liberamente. Non riesco a immaginare di attraversare lo scenario della paura nel tempo libero, come fa Tobias. Prima mi sembrava coraggioso, adesso mi dà più l'idea del masochismo.
La porta si apre e mi alzo. Max, Eric, Tobias e alcuni altri che non conosco entrano e si fermano davanti a me. Tobias mi sorride.
-Congratulazioni, Tris- esclama Eric. -Hai completato con successo l'esame finale.-
Provo a sorridere, ma non ci riesco. Non ce la faccio a liberarmi del ricordo della pistola contro la testa. Sento ancora la canna sulla fronte. -Grazie.- bisbiglio.
-Il banchetto è tra due ore.- mi informa mentre esco e ritorno con gli altri iniziati. -La classifica generale degli iniziati, interni compresi, sarà annunciata allora. Buona fortuna.-
Il gruppetto esce ordinatamente dalla stanza, ma Tobias indugia. Si ferma accanto alla porta e mi fa segno di seguirlo. Il salone di vetro sopra il Pozzo è pieno di Intrepidi, alcuni camminano sulle corde sospese sopra le teste, altri parlano e ridono in piccoli crocchi.
Tobias mi sorride, evidentemente non ha assistito alla mia prova. -Mi hanno detto che hai dovuto affrontare solo sette ostacoli- dice. -Praticamente un record.-
-Be', sette paure non sono proprio come quattro- rispondo io -ma dovrebbero bastare.-
-Mi sorprenderei se non ti assegnassero il primo posto!-
Entriamo nel salone di vetro. C'è ancora folla, ma si è diradata ora che anche l'ultima persona, cioè io, ha finito.
Dopo qualche secondo la gente comincia a notarmi. Io rimango accanto a Tobias mentre loro mi indicano, ma non cammino abbastanza veloce da sfuggire a qualche grido di approvazione, a qualche pacca sulle spalle, a qualche complimento. Guardo le persone che mi circondano e penso a quanto apparirebbero strane a mio padre e mio fratello, e a quanto – invece – sembrano normali a me, con tutti i loro piercing di metallo sulla faccia e i tatuaggi su braccia, colli e petti. Rispondo ai loro sorrisi.
Mentre scendiamo le scale verso il Pozzo, dico: -Domanda...- Esito un po' prima di continuare. -Che cosa ti hanno raccontato del mio scenario della paura?-
-Niente, in realtà. Perché?-
-Tanto per sapere.- Con il piede spingo un ciottolo sul bordo del canale.
-Devi tornare al dormitorio? Perché se vuoi stare un po' tranquilla e in pace fino all'ora del banchetto, puoi venire da me.-
Sento una contrazione allo stomaco.
-Che c'è?- mormora.
Non voglio tornare al dormitorio, e mi rifiuto di aver paura di lui.
-Andiamo- lo esorto.

•••

Tobias chiude la porta e si sfila le scarpe.
-Vuoi un po' d'acqua?- dice.
-No, grazie.- Tengo le mani intrecciate davanti a me.
-Va tutto bene?- mi domanda, sfiorandomi una guancia. Fa scivolare le lunghe dita tra i miei capelli, cullando il mio viso nella mano. Sorride e mi bacia, la mano dietro la mia testa. Un calore si diffonde lentamente dentro di me. E con il calore la paura, che vibra come un campanello di allarme nel mio petto.
Con le labbra ancora sulle mie, mi accarezza le spalle fino a prendere tra le mani la cerniera del giubbino. È come nella simulazione, sussulto e spingo via Tobias, gli occhi che bruciano. Non so perché mi sento in questo modo, non mi sono mai sentita così con lui. Mi copro la faccia con le mani.
-Cosa c'è che non va?- chiede insicuro.
Scuoto la testa.
-Non dirmi che non c'è niente.- La sua voce è fredda.
Mi tolgo le mani dalla faccia e lo fisso. Il dolore che leggo nei suoi occhi e la rabbia nei suoi lineamenti contratti mi sorprendono. -A volte mi domando- sussurro, cercando di essere più calma possibile, -che cosa ti aspetti da tutto questo. Questo... qualunque cosa sia.-
-Che cosa mi aspetto da questo?- ripete lui, poi fa un passo indietro, scuotendo la testa. -Sei un'idiota, Beatrice.-
-Non sono un'idiota- scatto. -Ed è proprio per questo che trovo bizzarro che tu, tra tutte le ragazze che potevi scegliere, abbia scelto me. Perciò, se stai solo cercando... ehm, lo sai... quello...-
-Cosa? Sesso?- mi aggredisce con rabbia. -Sai, se volessi solo quello, probabilmente non saresti la prima persona da cui andrei.-
Mi sento come se mi avesse appena dato un pugno nello stomaco. Ovvio che non sono la prima persona da cui andrebbe, non la prima, né la più carina, e nemmeno la più desiderabile. Mi premo le mani sulla pancia e distolgo lo sguardo, cacciando indietro le lacrime. Non sono il tipo che piange, e non sono neanche il tipo che urla. Sbatto gli occhi un po' di volte, abbasso le mani e lo fisso.
-Me ne vado.- bisbiglio, voltandomi verso la porta.
-No, Beatrice.- Tobias mi afferra il polso e mi tira indietro.
Io lo spingo via con forza, ma lui mi afferra l'altro polso, tenendomi ferma con le braccia incrociate.
-Lasciami. Ora.- dico.
-Fammi parlare.- mi anticipa lasciandomi andare.
-No, hai detto abbastanza.- dico, ferita. Apro la porta e, riprendendomi le scarpe, esco.
Una parte di me spera che mi segua, che mi fermi. L'altra invece è terribilmente ferita da quello che ha detto. A che scopo mettersi con me, se non sono la prima da cui andrebbe? Mi siedo in un angolo e mi infilo le scarpe.
Quando alzo lo sguardo però, Tobias sta venendo verso di me.
-Beatrice.- mi chiama, ma io lo ignoro.
-Lasciami finire di dire quello che devo dire.- mi dice.
-Hai detto a sufficienza, Tobias. Non ho bisogno di sentire altro.- sussurro.
Lui sbuffa.
-Diamine Tris, ascoltami!- mi supplica. Mi fa così strano vederlo in questo modo che lo guardo davvero, in attesa.
-Possiamo rientrare un secondo?- chiede, e io annuisco. Quando chiude la porta si gira verso di me con un sorriso di scuse.
-Quello che intendevo dire è che non andrei da te perché non sei quel tipo di ragazza. L'ho capito subito, dalla prima volta che ti ho vista.-
Mi viene da piangere, ma non sono sicura del perché.
-Sei stato un'ostacolo del mio scenario, lo sapevi?- chiedo.
-Cosa?- ora è ferito, glielo leggo negli occhi blu, -Hai paura di me?-
Scuoto la testa.
-Non ti te, ma di stare con te. Di stare con chiunque in realtà.- dico -Io.. non ho mai avuto una storia prima, e come.. beh, come sai, gli Abneganti di certe cose non parlano, non fanno nulla in mezzo alle persone, neanche tenersi per mano. I miei mi hanno sempre messa così in guardia sui rapporti fisici, che non sapevo quanto fosse profonda la mia diffidenza... e tu sei più grande e io... non so quali siano le tue aspettative...-
Mi trema il labbro.
-Beatrice,- dice prendendomi le mani, -non so che strane idee tu ti sia fatta ma tutto questo è nuovo anche per me.- dice.
-Strane idee?- ripeto. -Vuoi dire che tu non hai mai...- Inarco le sopracciglia. -Oh. Oh. Credevo...- Che poiché io sono così presa da lui, dovessero esserlo anche tutte le altre. -Ehm, hai capito...-
-Be', credevi male.- Abbassa gli occhi. Ha le guance rosse, come se fosse imbarazzato. -Puoi dirmi tutto, lo sai- continua, incorniciandomi la faccia con le mani. Ha le dita fredde e i palmi caldi. -Sono più gentile di quello che sembravo durante l'addestramento, te lo giuro.-
Gli credo. Anche se questo non ha niente a che fare con la gentilezza. Mi bacia sulla fronte e sulla punta del naso, poi appoggia delicatamente la bocca sulla mia. Sono tesa: nelle mie vene scorre elettricità al posto del sangue. Voglio che mi baci, lo voglio sul serio, ma ho anche paura di dove i suoi baci ci porterebbero.
-Ti sto spaventando?- mi chiede. È davvero così percepibile il mio nervosismo? Scuoto la testa.
-No, io... ho paura di quello che voglio.- dico mordendomi un labbro.
-E cosa vuoi?-
Che imbarazzo.
-Te.- sussurro, così piano che quasi non mi sento io. Ma lui sente e sorride. Questo un po' mi tranquillizza.
-Andremo con calma, sempre e in qualunque cosa. Detterai tu i tempi. E se... se un giorno ancora mi vorrai, allora potremo... potremo...-
Lo guardo.
-Anche tu hai paura di me, Tobias?- chiedo.
-Sono terrorizzato.- confessa ridendo.
Ridiamo entrambi, poi lui si siede sul letto dietro di lui.
-Posso baciarti? Senza andare oltre.- mi chiede. Annuisco.
-Se preferisci mi siedo su una sedia.- dice. Sorrido.
-Non è necessario.- gli rispondo sedendomi accanto a lui.
Lui mi incornicia la faccia tra le mani, facendo scivolare le dita dietro le mie orecchie, e avvicina la mia bocca alla sua.
Trattengo un sospiro: lo desidero, lo desidero troppo.
Una volta lui mi ha detto di essere coraggiosa, e anche se sono rimasta ferma mentre mi lanciavano addosso dei coltelli e sono saltata giù da un tetto, non ho mai pensato che avrei avuto bisogno di coraggio per i piccoli momenti della vita. Invece è così.
Mi sposto, ruotando una gamba in modo da trovarmi seduta su di lui, e con il cuore in gola lo bacio. Lui si siede più dritto e sento le sue mani sulle mie spalle, le sue dita scivolano lungo la mia colonna vertebrale e un brivido le segue giù fino alla vita. Mi circonda la vita con un braccio mentre con l'altro si puntella per stare su.
Ci baciamo di nuovo, e questa volta mi sento a mio agio. So già perfettamente come si incastrano i nostri corpi, le sue braccia intorno alla mia vita, le mie mani sul suo collo, la pressione delle sue labbra sulle mie. Ci siamo studiati a memoria l'un l'altra.

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Capitolo 16
*** SIXTEEN ***


Io e Tobias camminiamo verso la mensa con le mani che si sfiorano. Mi sentirei in imbarazzo a tenerlo per mano, e lui non me lo chiede neanche. Lo osservo: abbiamo passato due ore sul suo letto tra baci, abbracci e lunghi discorsi. Lui sta sorridendo e sembra più felice di prima.
-Ci vediamo dopo.- mi dice poco prima di entrare. Guarda intorno a sé un attimo e poi mi ruba un bacio veloce. Quando apre la porta lui va verso Zeke e Shauna e io mi siedo di fronte a Will e Christina.
-Dove sei stata? Non sei tornata al dormitorio...- mi chiede Will.
-No, sono andata a farmi un giro. Non avevo voglia di parlare con nessuno in realtà...- rimango sul vago.
Lui annuisce.
-Ma smettila vah, mi sono girata un secondo per dire una cosa a Will e quando mi sono rigirata avevi già finito! Comunque.. domandina...- dice Christina girandosi a guardarmi, -Durante la tua simulazione i capi fazione ridevano per qualcosa.-
Mi mordo forte il labbro, avrei preferito non saperlo.
-Felice che le mie paure siano divertenti.- rispondo.
-Hai idea di quale fosse?- mi chiede.
-No.-
-Stai mentendo, ti mordi sempre l'interno guarcia.- smetto immediatamente di farlo, -Se ti può consolare, il segno rivelatore di Will sono le labbra. Se le strofina quando mente.-
Will si copre la bocca con la mano.
-Okay, va bene. Avevo paura.... dell'intimità.- confesso e anche se fossimo da sole vorrei tanto strangolarla.
-Intendi.. sesso?- sussurra e io mi costringo ad annuire.
Will scoppia a ridere. Grazie Will, menomale che ci sei tu a non farmi sentire in imbarazzo...
-E com'era? Voglio dire: era qualcuno in particolare o..?-
-Oh no, era senza volto.- dico senza guardarli. Christina non dice nulla, quindi o non se ne è accorta o non vuole infierire.
Da qualche parte si diffonde un rumore stridulo, è Eric con un microfono.
-Non siamo bravi a fare discorsi, qui. L'eloquenza la lasciamo agli Eruditi.-
Il pubblico ride. Io trovo più che altro divertente che a dirlo sia un ex erudito.
-Per cui sarò breve- continua. -Comincia un anno nuovo e abbiamo un nuovo gruppo di iniziati. E un gruppo leggermente più ristretto di nuovi membri. A loro facciamo le nostre congratulazioni.-
Alla parola "congratulazioni" la sala esplode, non in un applauso, ma in un boato di pugni battuti sui tavoli. Me li sento vibrare nel petto, e sorrido.
-Noi crediamo nel coraggio. Crediamo nell'azione. Crediamo nel superamento delle paure e nella possibilità di espellere il male dal nostro mondo, così che il bene possa fiorire e prosperare. Crediamo nel coraggio che spinge una persona a erigersi in difesa di un'altra e in virtù di questi ideali noi viviamo.  Se anche voi credete in queste cose, vi diamo il benvenuto.-
Sorrido perché io ci credo. Questi ideali ora mi appartengono.
Altri pugni sui tavoli, questa volta accompagnati da urla.
-Domani, il primo atto da membri dei nostri primi dieci iniziati sarà di scegliersi la professione, nell'ordine in cui si saranno classificati- prosegue. -La classifica – lo so che è questo che in realtà state aspettando tutti – è stata stilata sulla base della combinazione dei tre punteggi, relativi rispettivamente al modulo di addestramento al combattimento, al modulo delle simulazioni e all'esame finale, lo scenario della paura. La classifica apparirà sullo schermo alle mie spalle.-
Non appena pronuncia la parola "spalle", i nomi compaiono sul monitor, che occupa quasi l'intera parete. Accanto al numero uno ci sono la mia foto e il nome TRIS.
Un peso mi si solleva dal petto. Non mi ero accorta di averlo finché non è sparito e ho sentito che non c'era più. Sono felice, un formicolio mi pervade tutto il corpo. Sono la prima. Divergente o no, il mio posto è in questa fazione.
Will mi stringe le braccia intorno al corpo in un abbraccio stritolatore. Sento acclamazioni, risate, grida. Christina indica lo schermo, gli occhi spalancati e lucidi.

1. Tris
2. Uriah
3. Lynn
4. Marlene
5. Peter

Peter ce l'ha fatta. Sopprimo un sospiro e continuo a leggere.

6. Will
7. Christina

Sorrido, Christina allunga le braccia sopra il tavolo per abbracciarmi. Io sono troppo sottosopra per sottrarmi al suo gesto affettuoso. Lei mi ride nell'orecchio.
Qualcuno mi afferra da dietro urlando qualcosa. È Uriah.
-Congratulazioni!- gli urlo.
-Li hai battuti!- mi urla lui di rimando. Poi mi abbraccia e mi lascia andare per correre esultando verso un gruppo di iniziati interni.
Io allungo il collo per guardare di nuovo lo schermo e pro­seguo nella lettura della lista. L'otto, il nove e il dieci sono interni di cui conosco appena i nomi. L'undici e il dodici sono Molly e Drew.
Entrambi sono stati eliminati.
Non è esattamente la vittoria che volevo, ma è comunque una vittoria.
Will e Christina si baciano in modo un po' troppo appassionato per i miei gusti. Tutt'intorno a me rimbombano i pugni battuti sui tavoli. Poi qualcuno mi picchietta sulla spalla, mi volto e c'è Tobias. Mi alzo, raggiante.
-Dici che se ti abbraccio lascio capire troppo?- chiede.
-Sai una cosa? Non me ne frega un accidenti.- Mi alzo sulla punta dei piedi e premo le labbra sulle sue.
È il momento più bello della mia vita.
Ci baciamo con dolcezza e quando ci separiamo vedo Uriah felice come una pasqua mentre ci guarda. Rido mentre Tobias mi passa un braccio sulle spalle e lo guardo.
-Christina.- mi sussurra lui. Io mi giro e vedo la mia migliore amica fissarmi con la bocca spalancata mentre Will ha gli occhi fuori dalle orbite.
-Ci vediamo dopo?- chiedo a Tobias e lui annuisce. Mi da un bacio su una tempia e si allontana.
Io mi siedo di nuovo e guardo i miei due amici.
-Che cosa sta succedendo di cui non sappiamo nulla?- mi chiede Will.
-Beh, ecco... era lui quello della festa.- decido di iniziare da principio.
-Cosa?!- dice Christina.
-E quello che mi ha salvato da Peter.- continuo.
Chris è tutta rossa in faccia.
-Stai scherzando?- mi chiede. Io scuoto la testa.
-Perché non ci hai detto nulla?!- mi chiede.
-Beh... all'inizio non sapevo cosa fosse e, ecco, sono abituata a non parlare e quindi non ci ho proprio pensato. Poi dopo, quando ci siamo messi insieme, abbiamo continuato a comportarci normalmente. Avevo paura che Peter e compagnia bella potessero pensare che il mio vantaggio dipendesse da me e Quattro, anche se non era così.-
Ho paura che se la prenda, ma la vedo annuire.
-Sì, forse è stata la cosa più intelligente.- dice, e sono felice che la pensi così, -Però ora voglio ogni particolare! Da quanto state insieme? Quando hai capito che ti piaceva? E che tu piacevi a lui?-
Io rido, sarà una lunga serata.

•••

È stato il giorno più bello della mia vita. Ho dovuto raccontare tutto quello che è successo tra me e Tobias, tralasciando ovviamente il suo scenario, a Will e Christina. Ad un certo punto si sono aggiunti anche Marlene, Uriah e, con mia sorpresa, Lynn. Ora tutti sanno quasi tutto.
Andiamo a dormire, dopo che Tobias mi ha salutata con un bacio, che sono esausta. Se prima progettavamo di stare sveglie a parlare di gossip, non appena tocchiamo il cuscino ci addormentiamo.
Quando ci svegliamo, la mattina dopo, il mio primo pensiero è che oggi sceglierò il lavoro. Sono agitata. Mi alzo silenziosamente perché quasi tutti dormono ancora. L'unico altro sveglio è Will.
-Vuoi venire o aspetti Chris?- gli chiedo, ma è ancora mezzo addormentato.
-Aspetto, e nel frattempo continuo a dormire.- biascica. Annuisco e mi vesto. Poi apro il mio armadio e prendo la giacca di Quattro, forse è il caso che la riabbia indietro.
Quando esco mi rendo conto di non aver ancora pensato a cosa voglio fare.
Istruttore, come Tobias? Assolutamente no.
Capo fazione? Dovrei stare troppo in compagnia di Eric.
Guardia alla recinzione? Posso aspirare a qualcosa di meglio.
Centro di controllo? Non mi ispira per niente.
Ambasciatore? Non so esattamente cosa fanno.
Sospiro.
Quando entro nella mensa, ci sono solo una manciata di persone, ma due in particolare attirano la mia attenzione. Tobias e Zeke stanno parlottando di qualcosa, e appena il secondo mi vede alza la mano nella mia direzione e mi fa cenno di avvicinarmi a loro. Cammino verso di loro con un sorriso e mi siedo vicino a Tobias.
-Hey.- mi saluta sorridendo.
-Ciao.- sussurro abbassando gli occhi e passandogli la giacca.
-Oh, grazie.- mi dice e poi mi bacia la tempia. Questo è un contatto che riesco a sopportare. Ieri sera, con l'adrenalina e tutto il resto, questo mio rifiuto al contatto fisico in pubblico è scomparso per un attimo ma ora è tornato forte come prima.
-Ma perché Shauna le mie maglie non me le ridà mai?- chiede indignato Zeke. Alzo le spalle mentre afferro una fetta di torta.
-Hai già pensato al tuo lavoro futuro?- mi chiede Zeke.
-Fammi un'altra domanda, qualsiasi.- rispondo.
-Perché?- mi chiede Tobias.
-Perché non so che cosa fare della mia vita, Quattro.- gli rispondo infilandomi un pezzo di torta in bocca e guardando un punto indefinito davanti a me.
Li sento ridacchiare.
-Beh, ci sono delle cose che preferiresti evitare?- chiede.
-Eviterei quello che fai tu, Quattro. Senza offesa.- dico. Lui si gira a guardarmi mentre mastica.
-Tranquilla, non mi offendo per così poco. A quale lavoro ti riferisci? Centro di controllo o istruttore?- chiede.
-Entrambi.- sospiro.
-Okay, secondo me dovresti prenderla sul personale.- gli dice Zeke facendoci ridere.
-Vorrei poter uscire fuori dal quartiere, ma aspiro a qualcosa di meglio che a guardia della recinzione.- dico.
-Ti sconsiglio di farti sentire da Shauna, o potrebbe arrabbiarsi.- mi prende in giro Tobias.
Rimaniamo tutti in silenzio per un po'. Io sempre a pensare a cosa fanno gli ambasciatori, loro probabilmente a cosa consigliarmi.
-Potresti fare l'ambasciatrice, oppure tirocinante capo fazione. Per la posizione in cui sei puoi fare quello che vuoi, e poi ti ci vedo come leader, rigida. E potresti uscire all'aria aperta.-
Guardo Zeke.
-Dovrei passare troppo tempo con Eric, e poi non lo so... non mi convince molto.- dico, -Che cosa fanno gli ambasciatori?-
Questo lavoro mi incuriosisce sempre di più. Sarà sempre un lavoro di tipo amministrativo ma non dovrò sottostare a Eric.
-In pratica se ne vanno in giro per le altre fazioni a fare le veci dei nostri capi.-
Ne ho sentito parlare, quando ero a casa, degli ambasciatori. Non molto ovviamente, ma mi hanno sempre incuriosito. Penso come dovrebbe essere poter girare liberamente per la città, vedere le sedi delle altre fazioni. È un'idea che mi piace, mi intriga. Forse potrebbe essere un buon lavoro per me.

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Capitolo 17
*** SEVENTEEN ***


Dopo che abbiamo tutti fatto colazione, Eric, Tobias, Max e Laurent ci portano fino al palazzo di vetro.
Ci fanno salire in un ascensore e poi ci portano fino al decimo piano. Con la coda dell'occhio noto che, vicino a me, Tobias guarda un punto fisso davanti a sé. Gli sfioro le dita con le mie. Siamo così ammassati che nessuno potrebbe accorgersene. Lui apre la mano e prende la mia, stringendola terrorizzato. Mi viene da ridere ma riesco a trattenermi. Quando usciamo dall'ascensore, ci ritroviamo in un corridoio lungo. I pavimenti sono in legno scuro mentre alla nostra destra la parete è tutta di vetro. Lascio la mano di Tobias e seguo Eric in un corridoio a destra: dove non c'è il vetro i muri sono bianchi o rossi.
Entriamo in una grande sala circolare dove sono riuniti i nostri capi fazione. Non sono mai entrata qui, ma mi piace.
Will e Christina andranno a vivere insieme, Marlene e Lynn anche. Uriah andrà con due suoi compagni che, da quanto ho capito, si chiamano Ryan e Jonathan.
-Benvenuti a tutti.- dice un uomo, uno dei capi fazioni, alto, con la pelle abbronzata, i capelli lunghi neri e gli occhi azzurri. Sulla braccia scoperte c'è più inchiostro che altro. -Oggi sceglierete i vostri lavori che continuerete per tutta la permanenza qui che si spera essere fino alla vostra morte. In ogni caso, inizierete a scegliere i vostri lavori in base a come vi siete classificati nella classifica finale. Verrete su uno alla volta e sceglierete il vostro lavoro e, in seguito, vi verrà assegnato un appartamento tirando a sorte.- dice con voce roca.
-Tris.- vengo chiamata e mi avvicino al tavolo e vi trovo un foglio con sopra una lista di lavori

-Tirocinante capo fazione 2
-Ambasciatore 2
-Lavoratore presso il centro di controllo 1
-Istruttore 1
-Guardia della recinzione 3
-Guardia degli esclusi 4
-Sorvegliante notturno 3
-Bidello 5

Credo che il numero vicino significhi quanti posti sono disponibili. Non invidio gli ultimi che dovranno scegliere.
-Ambasciatore.- dico con voce sicura. Ho avuto modo di pensarci durante la colazione e mentre venivo qui e sono certa sia il lavoro adatto a me. L'uomo annuisce e una donna dietro di lui inserisce il mio nome in una tabella.
Mi allontano e raggiungo Laurent e Tobias dall'altra parte della stanza. Uriah, che viene chiamato appena mi sposto e sceglie il centro di controllo, si mette accanto a me. Tobias mi sorride e io ricambio.
-Lynn.-
Lynn sceglie la guardia alla recinzione, come sua sorella, mentre Marlene, che la segue subito dopo, diventa come me una ambasciatrice. Ci sorridiamo a vicenda mentre viene verso di noi.
-Peter.-
Con mio sommo dispiacere, sceglie di diventare un tirocinante capo fazione. Ottimo, con lui e Eric al governo mi si prospetta un futuro molto luminoso.
-Will.-
Anche lui sceglie di diventare tirocinante, e questo mi fa tirare un sospiro di sollievo.
-Christina.-
Lei sceglie di diventare un'istruttrice come Tobias, e durante i mesi in cui non avrà iniziati lavorerà come guardia alla recinzione.
Gli ultimi due diventano entrambi guardie degli esclusi. Penso che sia un lavoro un po' deprimente.
Viene portato un contenitore tutto nero e rotondo con lo spazio necessario a farci passare solo una mano. Quando lo scuotono, si sente un rumore metallico.
-Qui ci sono delle chiavi per chi ha un lavoro politico-amministrativo. Ora, nello stesso ordine in cui hanno scelto, Tris, Marlene, Peter e Will ne prenderanno una. In seguito verranno gli altri con un'altra scatola.- dice Max, dando per scontato che tutti andremo a vivere in gruppi. Io non lo farò. Quando mi fa un cenno mi avvicino e infilo una mano. Sento chiavi di varia forma e grandezza e decido che è meglio affidarmi alla sorte. Prendo la prima chiave che mi capita a tiro e la tiro fuori, poi lascio lo spazio ad Marlene.
Osservo l'oggetto nella mia mano: è simile a quella di Tobias come grandezza, però ha un portachiavi nero con su scritto sopra 13 in rosso.
Aspetto che tutti scelgano e poi, ordinatamente, usciamo per cercare le nostre case.

•••

Tobias mi accompagna a cercare la porta di casa mia. Siamo scesi di nuovo al piano terra, vicino al corridoio delle simulazioni, e abbiamo preso un'altro ascensore che porta essenzialmente agli appartamenti. Will e Chris, con il numero 9, sono scesi al primo piano. Marlene e Lynn sono venute con noi, hanno il numero 15. Peter non so che fine abbia fatto e non lo voglio sapere.
Scendiamo al terzo piano e Lynn corre per vedere i numeri sulle porte. Ci hanno dato molte poche indicazioni, quindi stiamo scendendo ogni volta che l'ascensore si ferma.
La seguiamo non appena ci dice di aver visto l'11.
Sono agitata, sto per vedere la mia casa per la prima volta e, essendo probabile che ci passerò il resto della mia vita, ho lo stomaco in subbuglio. Sento Tobias prendermi la mano e gliela stringo forte.
-Bene, ci ritroviamo qui tra dieci minuti?- mi chiede Marlene quando tutti ci fermiamo davanti alle porte dei nostri alloggi. La mia è l'ultima, in fondo al corridoio. Non ho ben capito con che logica sono disposti i numeri degli appartamenti.
-Direi di sì.- dico e poi, con un sospiro, infilo la chiave nella serratura e apro la porta.
La prima cosa che noto sono le finestre enormi tipiche del palazzo di vetro che però danno sugli edifici intorno al quartiere degli Intrepidi. Mi tolgo le scarpe e le lascio accanto alla porta. Il pavimento è in legno scuro e le pareti sono, con mia sorpresa, bianche. Sulla mia sinistra c'è una piccola cucina nera opaca.
-Wow.- dice Tobias, e non posso che annuire.
Sempre sulla mia sinistra, appena vicino alla porta, c'è una scarpiera nera con un attaccapanni, anch'esso nero. In generale, qui è tutto molto scuro. Vicino alle finestre c'è un tavolo con sei sedie.
Appena prima del tavolo, alla mia destra, vi è il salotto: vi è un divano grigio scuro con penisola. Di fronte ad esso vi è un camino e, ai suoi lati, sue piccole librerie. La zona giorno e la zona notte sono separate da tre gradini bassi. Il corridoio che da sulle camere non è troppo lungo e si apre su quattro porte. Io e Tobias entriamo nella prima, alla nostra destra. È molto semplice: è di forma più o meno rettangolare e, sulla parete in fondo, appena sotto alla finestra, vi è una sottile scrivania in legno. Al suo fianco, un letto singolo spoglio domina la stanza. Alla mia sinistra vedo un armadio e, infine, due mensole sono appese alla parete destra. La seconda stanza è pressocché identica alla prima. In fondo, di fronte a quest'ultima stanza che abbiamo guardato, c'è un'altra camera da letto: ha un letto matrimoniale, due comodini e un grande armadio che, conoscendomi, rimarrà vuoto. L'ultima porta è esattamente di fronte alla prima che abbiamo aperto. Dentro c'è il bagno: un lavantino a muro sospeso è posto alla mia sinistra, il water, anch'esso bianco, è a circa un metro dal lavandino, alla mia immediata destra vi è una doccia mentre di fronte al wc c'è quella che credo sia una lavatrice. Non ne ho mai vista una dal vivo.
-E io che pensavo che la sorte fosse stata buona con me. A sapere cosa c'era in ballo avrei accettato di buon grado il posto di capo fazione.- mi dice Tobias. Non è un appartamento molto grande, in quattro saremmo giusti, però mi basta e avanza.
-Tris!- mi sento chiamare. Esco dal bagno e vado da Marlene e Lynn. Sono euforiche, con gli occhi che brillano e le guance rosse.
-Allora? Il vostro com'è?- chiedo.
-Praticamente uguale al tuo. Magnifico.- dice tutta contenta Lynn.
Faccio un veloce salto da loro e, constatato che sono davvero uguali, torno in casa mia e mi chiudo la porta a chiave alle spalle. Casa mia. Come fa strano. Fino a due mesi fa, casa mia era grigia e ci vivevano altre tre persone. Ora è nera e rossa e ci vivo da sola. Sento Tobias abbracciarmi da dietro e posarmi la testa sulla spalla.
-Ti ci abituerai in fretta, non temere. E poi ci sono io se hai bisogno.-
Giro la testa e gli dò un bacio sulla guancia.
-Come lo hai capito?-
-Ti sei rabbuiata. Non mi piace vederti triste.- mi sussurra.
-Guardiamo il lato positivo: se dovessi essere così depressa da necessitare di una sorveglianza costante, avresti ben due stanze e un divano a disposizione.- dico con un sorriso e lui ride. Presto contagia anche me e, mentre ridiamo, ci scambiamo qualche bacio rubato.
Mano nella mano ci avviciniamo alle finestre: il panorama è bello, vedo fino al centro della città.
-Ecco, guarda. Quando ti mancano, pensa che sono solo là, non sono così distanti.- mi sussurra dolcemente prendendomi fra le sue braccia.
-Fosse così semplice... è come con le simulazioni: ti dicono che affronterai le tue paure e che sarà breve e intenso, ma è molto più complicato in realtà.- gli rispondo abbandonandomi a lui.
-E tu comportarti come se fosse una simulazione. Rendilo semplice. Controllato.- mi risponde con un bacio.

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Capitolo 18
*** EIGHTEEN ***


Mi incammino con Marlene verso l'ascensore che ci porterà all'ambasciata degli Intrepidi, al settimo piano. È il nostro primo giorno e siamo entrambe agitate. Sappiamo molto poco di quelle che saranno le nostre mansioni e il fatto che presto mi sarà tutto più chiaro mi fa salire l'ansia.
-Okay, facciamo dei respiri profondi.- dice Marlene e insieme facciamo tre lunghi respiri. Quando l'ascensore si ferma, scendiamo. Il corridoio che ci si apre davanti è simile a quello del decimo piano per i colori ma è un po' più stretto. A sinistra c'è un piccolo spazio con un banco informazioni mentre lungo tutto il corridoio ci sono delle porte a vetri che danno sugli uffici, divisi tra loro da delle vetrate. Mi piace come posto, è molto luminoso, soprattutto considerando gli standard di luminosità degli Intrepidi.
Una decina di Intrepidi vanno e vengono con cartelle in mano e altri fogli svolazzanti.
Una donna con la carnagione mulatta, gli occhi verdi e i capelli rosa si avvicina a noi. Ha una maglia molto larga e sbracciata che attira subito la mia attenzione: le sta bene ed è carina. Sotto ha un paio di pantaloni attillati e degli stivali con il tacco alto.
-Ciao, avete bisogno?- chiede, e poi aggiunge, -Siete le ragazze nuove? Ci hanno detto che abbiamo due nuove aggiunte.-
Noi annuiamo con un sorriso tirato. Lei ci sorride calorosamente.
-Beh, benvenute. Mi chiamo Grace e sono la vice di questo settore. Ora vi accompagno dal nostro superiore, seguitemi.- ci dice tutta contenta. Io e Marlene ci scambiamo un'occhiata veloce e le andiamo dietro. Ci guida fino in fondo al corridoio e poi volta a sinistra e cammina fino ad una porta a vetri in fondo. All'interno intravedo un uomo che parla con una donna sulla trentina. Grace bussa un paio di volte e poi socchiude la porta facendoci scivolare dentro il capo.
-Sono arrivate le nuove, Hamish.- dice.
L'uomo, Hamish, smette subito di parlare e ci fa segno di entrare.
L'ufficio è molto semplice: una scrivania nera al centro, una sedia nera dove si siede Hamish e due sedie nere per l'utenza e i colleghi, delle librerie colme di libri che probabilmente vengono aperti poco e un sacco di raccoglitori di vari colori e grandezza. Sulla scrivania è pieno di documenti e sulla destra, sopra ad un mobiletto, c'è una stampante collegata con dei fili ad un computer.
-Benvenute!- ci accoglie Hamish con un sorriso: è un uomo alto, con gli occhi verdi e i capelli biondi. È molto muscoloso, più di Tobias, e indossa una semplice maglia nera e un paio di jeans neri.
-Grazie.- diciamo io e Marlene.
-Come vi chiamate?- chiede.
-Marlene.-
-Tris.-
-La prima a saltare?- chiede la donna che stava prima parlando con Hamish. È rossa di capelli e ha gli occhi bruni.
-Sì.- dico con un sorriso un po' impacciato.
-Beh, porti sicuramente più fama ai nostri uffici! Comunque, veniamo a noi. Sapete già quali saranno le vostre mansioni?- ci domanda.
-Solo molto in generale.- risponde Marlene per entrambe.
-Ottimo, ora vi spiego tutto. Lea, se vuoi puoi andare, ti raggiungo dopo per definire.- dice in fretta e la donna annuisce ed esce.
Hamish si siede alla scrivania e ci fa segno di accomodarci. Noi ci sediamo e Grace rimane in piedi dietro di noi.
-Allora, come ambasciatori il nostro compito principale è quello di fare le veci dei nostri capi fazioni, cosa non sempre semplice. I dipendenti del nostro ufficio vengono inviati nelle assemblee governative delle altre fazioni per proporre accordi di diversa origine: economica, politica... tutto quello che vi viene in mente. Il nostro compito è rappresentare la nostra fazione più di chiunque altro, negoziare i rapporti con le altre fazioni, affrontare e risolvere eventuali crisi e problemi, promuovere la nostra immagine facendoci essenzialmente fare bella figura e elaborare, definire e proporre dei progetti di cooperazione sociale, economica e politica. È importante che vi muniate di pazienta, perché quando vi manderanno dai Candidi ne avrete un gran bisogno.- ci dice. Non ho comunque capito cosa dovrò fare. Probabilmente lo capisce dal nostro sguardo perché il suo volto si apre in un sorriso.
-Non preoccupatevi, avete tutto il tempo che volete per ambientarvi. Dovreste già avere dei rudimenti di matematica, economia e storia delle fazioni, giusto?-
-Sì.- rispondo.
-Ottimo. Ognuna di voi avrà una sua scrivania e sarete affiancate, almeno in un primo momento, da altri funzionari. Chi c'è di disponibile?- chiede guardando Grace.
-Ci sono dei posti con George, con Liam, con Isobel e con Mary.- dice.
-Uhm, direi di metterne una con Isobel e una con Mary, gli altri due rischierebbero di scandalizzarle.- dice, -Fai tu vedere dove?-
Grace annuisce.
-Ah, ultima cosa: inizierete tutte le mattine alle 8:00 fino alle 15:00 con una pausa di un'ora a mezzogiorno, come tutti gli altri. Avrete i weekend liberi. Di solito facciamo una pausa caffè alle 10:00, ma non è obbligatoria.- anche se caldamente consigliabile, sembra sottintendere. Ci congeda con un sorriso.
-Venite, così vi faccio anche fare un giro veloce del nostro piano.- dice e noi ci alziamo per seguirla. Salutiamo Hamish e usciamo.
-Conoscerete anche George e Liam, sono l'anima del nostro ufficio. Ma a sedici anni avrei evitato di ritrovarmi in ufficio con uno di loro due.- dice ridacchiando.
Si ferma prima di svoltare sul corridoio che porta all'ascensore e entra in una sala con un grande tavolo ovale e una ventina di sedie nere.
-Questa è la sala riunioni. Quando arrivano degli ambasciatori dalle altre fazioni è qui che si riuniscono.- ci spiega, -Ora venite, vi mostro la sala caffè. Qui passiamo le nostre pause discutendo del lavoro, o delle ultime avventure presso gli altri governi.-
È la stanza dopo: è più piccola della sala riunioni e ha una macchina del caffè posata su un mobile nero. C'è un tavolino con delle tazze di varie dimensioni e poi, in un angolo, una fotocopiatrice.
-Quella è la fotocopiatrice d'emergenza, nel caso quelle nel vostro ufficio non funzionassero. Ora venite, vi mostro le vostre scrivanie. Siete in due uffici vicini. E non preoccupatevi okay? Siamo tutti cordiali qui.- ci rassicura con un sorriso.
Ci guida lungo un corridoio e poi bussa ad una porta e la apre velocemente.
-Mi raggiungi da Iso?- chiede. Qualcuno dentro risponde di sì e sento una sedia che viene spostata. Entriamo in un ufficio con Grace: è simile a quello di Hamish, ma è più piccolo. Ci sono due scrivanie, una di fronte all'altra, e ad una è seduta una ragazza di circa vent'anni con dei lunghi capelli neri con le punte bianche e gli occhi grigi che si alza per salutarci. Dietro di noi entra una donna.
-Isobel e Mary sono gemelle.- ci dice Grace.
-Mi pare ovvio.- rispondo senza pensare: sono assolutamente identiche, l'unica differenza è che le punte dei capelli di quella che credo sia Mary sono rosse.
Ridacchiano alla mia risposta.
-Loro sono Tris e Marlene, Hamish ha deciso di metterle con voi.-
-Oh sì, un po' di compagnia. Dopo quattro anni finalmente si è deciso!- sospira quella alla scrivania.
-Sono felice che tu sia felice, Isobel. Tris, lavorerai qui. Marlene, la porta difronte.- dice e poi esce.
-Beh, ci vediamo per la pausa caffè tra un'ora.- dice Mary, poi lei e Marlene escono e io mi siedo.

•••

Per tutta l'ora prima della pausa, Isobel mi illustra le varie mansioni e mi spiega a cosa servono i vari tipi di documento. Mi accende il computer e mi spiega più o meno come fare a creare un documento e a stamparlo. Poi mi prende un libro e me lo porge.
-Questa è una guida veloce di economia e politica. Leggilo, ti sarà più semplice dopo lavorare, credimi.-
-Grazie.- dico prendendolo. Non è molto spesso, ha circa trecento pagine. Non sono una grande lettrice, ma posso farcela.
-Tu sei una trasfazione, vero? Quella con sette paure.- mi chiede. Io annuisco imbarazzata.
-Beh, questo ti aiuterà, credimi. Sia io che mia sorella ci siamo trasferite dai Pacifici, e si è rivelato molto utile. Probabilmente le prime volte che uscirai da qui saranno tra qualche mese per vedere come ci si comporta, ma sarai comunque sempre affiancata da almeno un'altra persona.- mi spiega.
-Ora cosa devo fare?-
-Mmm...- pensa, -Potresti provare intanto ad analizzare alcuni resoconti e verbali delle precedenti missioni, così da farti un'idea. Poi ti farò vedere alcuni programmi che stiamo sviluppando: dovranno essere inseriti in una apposita tabella. Per le prime settimane lavorerai così, almeno capirai un po' come funziona. Poi passeremo alle cose più interessanti.- dice e io annuisco.
Mi siedo e inizio a leggere alcuni documenti che ha posato sulla mia scrivania: parlano di alcuni progetti economici e di sostentamento da proporre agli Abneganti, altri sono richieste di nuovo materiale tecnologico per gli Eruditi.
Il mio computer segna le 9:30, per cui tra trenta minuti vedrò Marlene.
Leggo tutti i resoconti che mi ha dato Isobel fino a quando non si alza e mi dice che c'è la pausa. Esco con lei e vado dritta filata dalla mia amica.
-Come sta andando?- le chiedo.
-Bene credo, sto leggendo dei documenti. Tu?-
-Anche.- rispondo.
Chiacchieriamo un po' e conosciamo alcuni nostri colleghi, poi torniamo a lavoro.

•••

Mi chiudo la porta alle spalle e lascio le chiavi sulla scarpiera insieme al libro di economia che devo leggere. È stata una giornata stancante ma mi sono divertita. Prendo un bicchiere d'acqua e lo bevo guardando fuori. Oggi c'è il sole: lo vedo che si riflette sulle strutture del centro.
Decido di farmi una doccia veloce e poi, con i capelli umidi legati in un nodo sulla testa, mi metto a leggere il libro.
A scuola avevo sempre amato la matematica e l'economia: per me i numeri non hanno segreti.
Mi lascio prendere dalle definizioni, dai grafici e dagli esempi ed ho già letto quasi cinquanta pagine quando sento qualcuno bussare alla porta.
-Avanti.- dico a voce alta, per farmi sentire, senza smettere di voltare le pagine. La porta si apre ed entra Tobias. Sorrido, sono felice di vederlo. Lui mi viene incontro con un dolce sorriso e mi lascia un bacio a fior di labbra.
-Come è andato il primo giorno?- chiede sedendosi accanto a me.
-Benissimo. È stato divertente.- gli rispondo.
-Cos'è questo?- mi chiede, indicando il libro.
Glielo spiego brevemente.
-E sei già a pagina 57?- mi chiede guardandomi in modo strano. Io annuisco.
-Però tranquillo, ora lo metto via. Non vorrei mai che ti sentissi ignorato.- dico ironicamente. Lui ridacchia e stende le braccia verso di me. Sorrido e mi alzo, avvicinandomi e abbracciandolo. In questo modo, con lui seduto e me in piedi, la sua testa è appoggiata sul mio petto appena sotto la mia. Mi piace abbracciarci così. Gli stringo le braccia intorno al collo e lui si stringe di più a me.
-Beatrice.- mi sussurra.
-Sì?- gli domando.
-So che non è il momento più adatto, e non vorrei mai rovinarlo, ma non so a chi altro dirlo.- mi confida. Io sciolgo l'abbraccio e lo guardo, preoccupata.
-Cosa succede? Stai bene?- chiedo in fretta.
-Sì, sto bene non ti preoccupare.- dice con un piccolo sorriso, poi alza lo sguardo sul mio volto e torna serio. -Sta mattina, durante il turno al centro di controllo, ho visto una cosa strana. È da un po' di tempo che lo noto, ma finora non ci avevo mai dato particolare peso.-
-Di che si tratta?-
-Jeanine Matthews. Vieni regolarmente da noi e parla per ore con i nostri capi fazione. E intendo dire che ci parla da sola.- mi dice.
-Che cosa vogliono gli Eruditi?- dico.
-È esattamente questo che mi chiedo. Eric è il suo cagnolino, fa tutto ciò che dice. Ma Max? Non capisco che interesse possa avere nel parlare direttamente con lei. Oltretutto, se fossero alcune cosa tipo accordi per materiali o cose simili, passerebbero dal vostro ufficio, non da loro.- mi dice. Questa storia non mi piace.
-Cercherò di indagare un po' al lavoro, chiederò a Marlene di aiutarmi...- dico.
-No.- mi blocca lui, -Per ora non diciamo a nessuno. Non voglio vedere guai dove non ci sono, quindi prima è meglio accertarsene. Ma me ne occuperò io, per ora.- mi dice e poi mi bacia.
Sono ancora preoccupata, ma le sue labbra sono così morbide e così invitanti che non riesco a farne a meno. Chiudo gli occhi e mi siedo sulle sue gambe, baciandolo.

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Capitolo 19
*** NINETEEN ***


Sebbene all'inizio avessi un po' paura e non sapessi come mi sarei adeguata alla vita da membro effettivo, la mia routine quotidiana è diventata ben presto semplice da seguire. Tobias si è impuntato di andare a fondo sulla faccenda degli Eruditi e ha rifiutato ogni tipo di aiuto da parte mia. Alle volte mi da un po' fastidio il suo istinto protettivo nei miei confronti, ma in realtà è tenero.
Le luci iniziano a spegnersi, è tardi.
-Vieni a fare un giro con noi?- mi chiede Marlene. Lei, Uriah, Will e Christina mi stanno guardando in attesa di una risposta. Ho la testa da un'altra parte, non va bene.
-Certo. Dove andiamo?- chiedo.
-In realtà ancora non lo sappiamo, gireremo per alcuni corridoi suppongo.- dice Will. Scendiamo fino al Pozzo e poi ci incamminiamo verso il corridoio che porta al centro di controllo.
-Come vi sta andando il lavoro?- chiede Marlene.
-Bene dai, anche se passare tutti i giorni tutto il giorno con Peter, Max e Eric non è proprio uno sballo. A voi due?- risponde WIll. Io e Marlene alziamo le spalle.
-Sono un sacco disponibili con noi, c'è un tale George che è completamente pazzo. Oltretutto, il nostro capo è figo.- risponde lei. Io scoppio a ridere pensando a Hamish. Non è affatto il mio tipo, ma non è neanche brutto. Tobias è comunque molto più bello.
-Beh, beate voi allora. Il mio, Tony, è orrendo. Basso, con la classica pancetta da birra e così peloso da sembrare una scimmia... bleah!- dice Christina e noi scoppiamo tutti a ridere.
-Fortunatamente ti rifai gli occhi ogni volta che torni a casa.- gli risponde con un sorriso beffardo Will, poi la bacia. Sono così carini insieme, fanno tenerezza.
-Che diamine ci fa lei qui?- sussurra ad un certo punto Will. Seguiamo tutti e quattro il suo sguardo fino a quando non la vediamo: Jeanine è in piedi in un angolo e sembra essere intenta a discutere con qualcuno, forse un capo fazione.
-Sssst, vate silenzio e venite qui.- sussurra Marlene avvicinandosi abbastanza da sentire di cosa stanno parlando ma non abbastanza da farci vedere. Ci nascondiamo inginocchiandoci a terra, Marlene davanti a me, io di fronte ad Uriah e Chris e Will dietro noi due. Confido che il buio ci nasconda abbastanza.
-Hai fatto tutto come doveva essere fatto? Ne sei sicuro?- dice la voce di Jeanine. Ha una voce fredda e monotona. Fa paura.
-Ti ho già detto di sì, abbiamo controllato tutte le simulazioni almeno dieci volte. Pare che quest'anno non ce ne siano.- risponde la voce di Eric. Non ce ne siano? Stanno parlando dei Divergenti?
-Lo spero per voi, altrimenti tutto il lavoro che stiamo facendo si rivelerà completamente inutile. Ti ho fatto mettere qui per una ragione, Eric, e il tuo compito è scovarli. Sempre. Devo essere uccisi tutti, nessuno escluso.- lo aggredisce lei e poi una nuova voce parla: la voce di Max.
-Abbiamo controllato, come ti ha già detto lui, e non abbiamo riscontrato alcun divergente, o a quest'ora sarebbe già morto.- le risponde calmo, -E ricordati che nonostante i nostri accordi, questa è la mia fazione. Quindi vedi di non infastidirmi troppo, o potrei decidere di non somministrare niente e ti mandare in rovina i tuoi piani.-
Mi sporgo appena sopra la testa di Marlene. Jeanine si irrigidisce e si gira a guardare il punto dove suppongo ci sia Max.
-Me lo ricordo bene, Max, non ti preoccupare. Ma vorrei farti notare che se i miei piani andassero a buon fine, anche voi ne beneficereste. Da quanto tempo non vedi un sacchetto intero di mele?- dice. Che diamine significa? Cosa c'entra il cibo con i divergenti e con i capi fazione? Mi giro a guardare Uriah: sembra terrorizzato. Aggrotto le sopracciglia e quando lui mi guarda nei suoi occhi vedo la stessa paura che sto provando io in questo momento. Ma perché lui ha paura? Sono io che rischio di morire qui, lui è un Intepido a tutti gli effetti.
-Bene, io ora devo andare a definire le ultime cose per il trasporto. Per domani sera arriveranno i primi carichi.- dice, poi sento che si allontana sui suoi tacchi a spillo.
-Dobbiamo trovare una scusa credibile.- dice Max con un filo di voce appena udibile, -Non sono stupidi.-
-Non ti preoccupare di questo. So già che cosa dire.- dice, poi sento i loro passi rieccheggiare nel corridoio fino a scomparire.

•••

Vado a casa e mi chiudo la porta alle spalle. La conversazione che ho origliato mi ha turbato: di che cosa stavano parlando? Non so come fare per scoprirlo, e l'unica cosa che mi viene in mente è da folli.
Mi butto sul letto e cerco di prendere sonno ma non ci riesco. Non penso che riuscirò a dormire sta notte.
Max ha detto a Jeanine di fare attenzione o avrebbe potuto decidere di non somministrare niente, e di qualsiasi cosa stesse parlando credo sia il carico di cui ha parlato prima di andarsene.
Mi giro e rigiro per troppo tempo prima di prendere sonno, ma quando riapro gli occhi sono appena le cinque del mattino. Oggi è sabato e non devo lavorare. Mi alzo dal letto, prendo una maglia rossa dall'armadio e la infilo sotto ad un giubbotto di jeans nero, poi mi infilo i pantaloni neri e gli stivali, prendo le chiavi, l'orologio ed esco.
Sto per fare una cosa folle, ma è l'unica cosa che mi viene in mente di fare in questo momento. Cammino fino ad arrivare alla banchina e, quando vedo il treno avvicinarsi, comincio a correre e salto su. I raggi del sole iniziano solo ora a uscire. Mentre il treno viaggia vedo il centro avvicinarsi sempre di più. Mi preparo a saltare quando arrivo in prossimità del quartier generale degli Eruditi. Si sveglieranno tutti per le sei, quindi ho un po' di tempo per fare quello che devo fare senza farmi scoprire da nessuno.
Gli Eruditi vivono in grossi palazzi di pietra affacciati sulla palude. Mi tengo alla maniglia e mi sporgo in fuori quanto basta per vedere dove si spingono i binari: scendono fino al livello della strada appena prima di piegare verso est. Inspiro l'odore dell'asfalto umido e della palude.
Il treno scende e rallenta, e io salto giù. Le gambe vacillano un po' quando atterro e devo correre per qualche passo per riacquistare l'equilibrio. Cammino al centro della strada, diretta a sud, verso la palude. La pianura spoglia si stende a perdita d'occhio, una distesa marrone che si scontra con l'orizzonte.
Volto a sinistra. Gli edifici degli Eruditi incombono sopra di me, scuri ed estranei. Come farò a trovare Caleb, qui?
Gli Eruditi annotano tutto, è nella loro natura.
Sicuramente esisterà un registro e qualcuno che vi ha accesso... devo solo trovarlo. Passo in rassegna i palazzi. Per logica, quello centrale dovrebbe essere il più importante, così decido di cominciare da quello.
La strada è deserta.
Mi fermo appena oltre la soglia e mi guardo intorno. La sala è vasta e immersa nel silenzio, e odora di carta polverosa. Il pavimento rivestito di pannelli di legno scricchiola sotto i miei piedi. A sinistra e a destra i muri sono coperti da scaffali di libri, che però sembrano più che altro decorativi, perché i tavoli al centro sono occupati da computer.
Avrei dovuto immaginarlo che la sede principale degli Eruditi sarebbe stata una biblioteca. Un ritratto sulla parete di fronte attira la mia attenzione: è alto il doppio di me e largo quattro volte me e raffigura una donna attraente, con gli occhiali e due occhi di un grigio acquoso. Jeanine.
Sotto di lei c'è una grande targa che dice LA CONOSCENZA FAVORISCE LA PROSPERITÀ.
Prosperità. Per me la parola ha una connotazione negativa. Gli Abneganti la usano per definire l'autoindulgenza.
Come può Caleb aver scelto di unirsi a questa gente? Le cose che fanno, ciò che vogliono... è tutto sbagliato. Ma probabilmente lui pensa lo stesso degli Intrepidi.
Guardo l'ora: sono le 5.15, qui non troverò nessuno. Esco e mi dirigo verso il primo dei quattro edifici. Devo essere pazza a pensare di entrare e leggere i nomi di tutti quelli che vivono in queste case, ma il solo fatto di essere qui è indice della perdita della mia sanità mentale.
Per venti minuti salgo piani di scale e leggo noni sulle porte.
-Hai bisogno?- chiede una voce sospettosa dietro di me. Mi giro di scatto e davanti a me trovo una ragazza con un viso molto rotondo, le lentiggini, i capelli rossi e gli occhi di un marrone così scuro che sembrano neri. Indossa una camicetta azzurra e dei pantaloni bianchi.
-Sto cercando una persona.- rispondo.
-Mi chiamo Elizabeth, e non ti porterò da Jeanine se è questo che temi. Sono una trasfazione Intrepida, mi sentirei ancora più traditrice di quanto non mi senta ora. Chi stai cercando?-
La guardo sorpresa. Non so perché sia stata così onesta con me, ma mi fa piacere che almeno lei si senta un po' come me. Forse, avendo in testa la loro capo fazione, avevo dimenticato che anche gli Eruditi sanno essere gentili. E considerando che il mio migliore amico è nato tra di loro, forse dovrei vergognarmene un po'.
-Io... grazie mille. Cerco Caleb Prior, era un iniziato. Lo conosci?-
La vedo inarcare le sopracciglia.
-Sì, lo conosco. Perché lo cerchi?- mi chiede, e questa volta sono io a guardarla strana. Perché lo vuole sapere? Se lo conosce, non può semplicemente portarmi da lui?
-Ho assolutamente bisogno di chiedergli una cosa. Puoi portarmi da lui?- le chiedo con una nota d'urgenza nella voce. Lei annuisce e mi fa segno di seguirla su per le scale.
-Come conosci Caleb?- mi chiede.
-È mio fratello.- gli rispondo. Lei si ferma a metà della scalinata.
-Oddio... tu sei Beatrice.- mi dice, e sembra sorpresa.
La guardo senza sapere bene come rispondere.
-Ehm... sì...-
-Caleb mi ha parlato tantissimo di te.- mi risponde con un sorriso, poi accelera il passo fino al quinto piano e mi guida fino davanti ad una porta scritto "Caleb Prior". Sono contenta di rivedere mio fratello. Elizabeth bussa un paio di volte, ma non risponde nessuno.
-Starà dormendo.- mi dice.
-Lo immaginavo, ma non potevo rischiare di arrivare qui mentre erano tutti svegli.- le rispondo, poi la faccio spostare e inizio a bussare così forte che tra poco vengono ad aprirmi i suoi vicini. Smetto dopo circa dieci secondi e sento dei rumori dall'interno. Poi la serratura scatta e la porta si apre. Caleb è davanti a me con i capelli spettinati, una maglia grigia e dei pantaloni bianchi.
-Beatrice?- dice, e probabilmente sta cercando di convincersi che non sta sognando, perché io non dovrei essere qui.
-Hey Caleb, possiamo entrare?- chiede Elizabeth. Preferirei che lei non entrasse, ma ormai è già sgusciata dentro. Entro anche io: è un appartamento bellissimo, ampio e luminoso. Davanti a me c'è un tavolo bianco con delle sedie bianche, alla mia destra una cucina grigia chiara e oltre il tavolo un divano e una poltrona bianca stanno di fronte ad una libreria enorme. Sulla mia destra un piccolo corridoio si affaccia su tre porte. Mio fratello chiude la porta, poi si gira e mi stringe in un abbraccio. Gli stringo le mani intorno alla vita e poso la testa sulla sua spalla. Mi è mancato da morire. Lo sento giocare un po' con una ciocca dei miei capelli, come faceva quando eravamo piccoli.
-Che ci fai qui, Beatrice?- mi chiede mentre scioglie l'abbraccio.
-C'è un problema, e ti devo parlare.- dico rimanendo sul vago.
-Di che si tratta?- chiede, e io lancio un'occhiata sospetta a Elisabeth.
-Puoi fidarti di lei, tranquilla. Sei nei guai?- mi chiede.
Io scuoto la testa.
-No, io no. Ma è un po' che io e Quattro e altri nostri amici notiamo delle cose strane.-
-Quattro?- chiede Elisabeth, ma il suo tono di voce è strano.
-Sì, il mio ragazzo.-
-Il tuo ragazzo?- chiede Caleb.
-Sì, ora possiamo concentrarci sulle cose serie?- chiedo innervosita. Lui annuisce.
-E perché sei venuta qui?- mi chiede.
-Perché sono più di due settimane che i nostri capi fazione pianificano qualcosa. E sottostanno agli ordini di Jeanine Matthews.-
Caleb e Elisabeth si guardano stupiti.
-Che cosa ci fa lei con gli Intrepidi?- chiede Elisabeth.
-È esattamente il motivo per cui sono qui. Sta succedendo qualcosa di grosso, ma non so cosa. Speravo che tu avessi notato qualcosa.- dico guardando Caleb. Lui si siede su una sedia e mi fa segno di accomodarmi.
Ci sediamo tutti intorno al tavolo.
-Che cosa sta succedendo?- sussurro, mentre noto l'espressione di mio fratello. Non avevo notato i cerchi scuri sotto i suoi occhi, prima. -Cosa c'è che non va?-
-Sta succedendo qualcosa di grosso, Beatrice. Qualcosa di brutto.- Ha gli occhi sbarrati e vitrei. -Non so cosa sia, ma c'è gente che corre di qua e di là, parlottando sottovoce, e Jeanine tiene continuamente discorsi sulla corruzione degli Abneganti, quasi ogni giorno. Dice che presto ci saranno gli Eruditi al potere, che presto gli Abneganti saranno rovesciati...-
-Tu le credi?-
-No. Forse. Io non...- Scuote la testa. -Non so cosa credere.-
-Sì, lo sai.- lo riprendo severamente, non importa che ci sia qualcuno che ci guarda. -Tu sai chi sono i nostri genitori, sai chi sono i nostri amici. Il padre di Susan, pensi che sia corrotto?-
-Che cosa ne so? Che cosa mi hanno permesso di sapere? Non ci era permesso fare domande, Beatrice, non ci era permesso sapere niente! E qui... qui l'informazione è libera, è sempre accessibile.-
-Non sei tra i Candidi. Qui ci sono persone che mentono, Caleb. Ci sono persone così furbe da poterti manipolare.-
-Non credi che me ne accorgerei se mi stessero manipolando?-
-Se sono così in gamba come dicono, no. Non credo che te ne accorgeresti.-
-Non sai di che cosa parli- dice lui, scuotendo la testa.
-Ma certo. Come potrei mai io, stupido membro effettivo degli Intrepidi, capire se una fazione è corrotta? Per l'amor di Dio- sbotto. -Almeno io so di che cosa faccio parte, Caleb. Tu stai decidendo di ignorare quello che abbiamo sempre saputo in tutta la nostra vita: che queste persone sono arroganti e avide e non ti porteranno da nessuna parte.-
Lo vedo guardarmi, e per un secondo il suo sguardo si indurisce.
-Credo che dovresti andare.- mi dice, e vedo che Elizabeth cerca di dire qualcosa. Ma non mi importa. Non aspetto che la voce esca dalla sua bocca e mi alzo in piedi. La vedo che mi osserva. Ho le lacrime agli occhi.
-La fazione prima del sangue, giusto? Non capisco che cosa mi abbia fatto pensare di potermi fidare di mio fratello. Dopotutto, ora non siamo più una famiglia, o sbaglio?- dico, e prima di mettermi a piangere apro la porta e me ne vado. Corro giù per le scale e poi fuori, fino al treno. Mi lascio andare solo quando ci salgo sopra. Quando scendo sono le 6:10. Ci ho messo meno di quanto pensassi. Mi asciugo le lacrime e torno a casa.

 

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Capitolo 20
*** TWENTY ***


La prima cosa che faccio, verso le 8:00, è andare da Tobias. Mi dirigo velocemente verso il suo appartamento, ancora scossa dalle parole che mi ha rivolto mio fratello. Busso un paio di volte, e come è successo prima con Caleb, Tobias mi apre ancora addormentato.
-Beatrice, che succede?- mi chiede preoccupato non appena mi vede. Mi fa entrare e non appena chiude la porta alle mie spalle io mi giro e lo abbraccio. Non pensavo che le parole di Caleb mi avessero ferita così tanto fino a quando non ho visto il mio ragazzo. Lui mi passa le braccia intorno alle spalle e mi abbraccia.
-Hey, che succede?- mi chiede, preoccupato. Io non rispondo e mi stringo di più a lui. Tobias mi posa una mano sulla testa e comincia ad accarezzarmela, come se percepisse il mio stato d'animo e il mio bisogno in questo momento di lui. Mi mordo il labbro e trattengo un singhiozzo mentre una lacrima scende a rigarmi la guancia. Con la mano che aveva ancora sulle mie spalle scende e inizia a disegnare delle figure immaginarie sulla mia schiena. Non riesco a trattenermi e singhiozzo leggermente.
-Beatrice, cosa succede?- mi chiede allontanandomi da lui e guardandomi. Sembra angosciato: ha gli occhi blu spalancati e attenti e il viso pallido. Io mi mordo un labbro e lascio che mi asciughi le lacrime.
Faccio un paio di respiri profondi e gli racconto tutto quello che è successo, da ieri sera a questa mattina, nel modo più chiaro possibile nonostante le lacrime.
La sua espressione cambia almeno dieci volte mentre parlo, ma alla fine sul volto ha un sorriso triste. Lo guardo: non c'è compassione nei suoi occhi, e sono felice che non ci sia.
-Coraggio, vieni qui.- mi dice aprendo le braccia e io mi ci butto dentro, affondando il volto nel suo petto scolpito.
-Ssst, è tutto okay.- mi dice mentre mi stringe forte a sé e mi accarezza la testa, -Sai che tuo fratello non voleva dire quello che ha detto. Lui ti vuole bene, ne sono sicuro.-
Tiro su con il naso mentre lo faccio sedere e mi siedo sulle sue gambe tornando ad abbracciarlo. Mi fa strano avere bisogno di tutto questo affetto, ma le sue braccia sono così forti e calde, e mi fanno sentire così protetta.
-Come fai a dirlo?- gli chiedo con la testa appoggiata nell'incavo della sua spalla.
-Perché è tuo fratello, e perché chiunque di conosca bene non potrebbe mai non volertene.- dice. Lo guardo: è una cosa bellissima da dire. Gli lascio un dolce bacio sulle labbra.
-Scusami se ti ho svegliato, non volevo.-
-Per quanto mi riguarda, puoi venire a bussare alla mia porta anche alle tre del mattino e non mi disturberai mai.- mi risponde asciugandomi le ultime lacrime con la mano, -Mi fai vestire così andiamo a mangiare?-
Io sorrido e mi alzo. Lui si dirige verso l'armadio e tira fuori un paio di pantaloni. Non guardo mentre si sfila quelli del pigiama e si mette gli altri, ma non posso fare a meno di guardarlo mentre si sfila la maglia rimanendo a torso nudo.
-Sei tutta rossa.- mi dice, -Ti sto spaventando?-
Io scuoto la testa.
-No, affatto.- gli rispondo. Mi sta facendo di tutto, tranne che spaventarmi. Mentre si volta per prendere la maglia, noto dell'inchiostro sulla sua schiena.
-Cosa ti sei tatuato?- gli chiedo, senza mezzi termini. Lo vedo sorridere.
-Vieni a vedere, se vuoi.-
Mi alzo e vado verso di lui.
Quando gli arrivo vicino, lui abbassa gli occhi.
-Che c'è?- chiedo preoccupata. Sembra... a disagio.
-Non sono in molti ad avermi visto così.- farfuglia. -Anzi praticamente nessuno, a dire la verità.-
-Non capisco perché.- sussurro dolcemente. -Insomma, guardati.-
Sulla schiena c'è più inchiostro che pelle. Ci sono riprodotti i simboli di tutte le fazioni: quello degli Intrepidi alla base del collo, subito sotto quello degli Abneganti, e più sotto quegli degli altri tre, più piccoli. Per qualche secondo mi concentro sui piatti della bilancia che rappresenta i Candidi, sull'occhio degli Eruditi e sull'albero dei Pacifici. Capisco benissimo che abbia voluto tatuarsi il simbolo degli Intrepidi, il suo rifugio, e anche il simbolo degli Abneganti, il suo luogo d'origine, come progetto di fare io. Ma gli altri tre?
-Penso che abbiamo fatto un errore.- mi spiega dolcemente. -Abbiamo tutti cominciato a criticare le virtù delle altre fazioni nello sforzo di valorizzare la nostra. Io non voglio commettere lo stesso sbaglio: voglio essere coraggioso, e altruista, e intelligente, e gentile, e onesto.- Si schiarisce la voce. -La gentilezza continua a darmi un po' di problemi.-
-Nessuno è perfetto.- sussurro. -Non funziona così. Se ti liberi di una cosa negativa, un'altra andrà a rimpiazzarla.-
Io ho scambiato la vigliaccheria con la crudeltà, la debolezza con la ferocia. Sfioro con le dita il simbolo degli Abneganti e mi ritornano in mente le parole di mio fratello.
-Credi che gli Eruditi potrebbero progettare di attaccare gli Abneganti e rovesciarli?- chiedo. Lui si volta a guardarmi e io gli poso le mani sul petto, lasciandolo posare le sue intorno alla mia vita e la sua fronte sulla mia.
-Sì, credo sia possibile.-
-In tal caso, bisognerà avvertirli.- sussurro.
-Prima dobbiamo esserne certi, poi li avvertiremo.- dice, e io chiudo gli occhi.

•••

Questa sera, dopo che tutti hanno finito di lavorare, ci diamo appuntamento da me per parlare.
Tobias e Uriah sono i primi ad arrivare dopo Marlene, che è rimasta qui con me tutto il giorno. Will arriva per le 9:00 e Christina ci raggiunge dieci minuti dopo.
-Eccoti, ora possiamo cominciare.- dice Marlene non appena Christina chiude la porta.
Ci accomodiamo tutti sui divani e per terra.
-Allora, cercherò di essere veloce: questa mattina sono andata dagli Eruditi, da mio fratello Caleb, per capire se anche loro avevano avuto il presentimento che ci fosse qualcosa sotto.- inizio a spiegare, -Lui mi ha risposto che ultimamente gli Eruditi vanno e vengono, sembrano molto occupati, ma nessuno dice nulla. Ha detto che Jeanine tiene tutti i giorni discorsi contro gli Abneganti e che sostiene che in un futuro non troppo lontano ci saranno loro a capo della città, così come dovrebbe, secondo loro, essere.-
Per un attimo nessuno dice nulla.
-Credi che vogliano farci combattere contro gli Abneganti?- mi chiede Marlene.
Io scuoto la testa.
-Non ne ho idea, ma temo che Jeanine sarebbe capace di tutto.- dico. Lei annuisce.
-Posso dire una cosa?- chiede Tobias. Annuisco.
-Oggi, al centro di controllo, ho isolato un canale che non avrei potuto isolare e ho fatto una cosa che mi costerebbe la testa se si scoprisse.- inizia.
-E cioè?- chiede subito Christina. Il mio cuore batte più in fretta di prima.
-Ho scoperto la password del computer di Max. Mi sono fatto dare il turno di notte giovedì, e pensavo di introdurmi e cercare qualcosa sul suo computer.- rivela.
-No.- dico subito, -È una cosa da folli, Quattro, assolutamente no.-
Lo vedo sorridere un po'.
-Stai tranquilla, ho un piano. Ma devo parlarne con Zeke, se a voi va bene.- dice.
Annuiscono tutti.
-Quattro, Tris ha ragione... è una cosa da pazzi entrare sul suo computer. Dovresti comunque entrare nel suo ufficio, come pensi di fare?- dice Uriah.
-Chiederò a Zeke di isolare la videocamera che mi metterebbe nei casini con Gus, e poi cercherò di essere il più veloce possibile. Oppure gli chiederò di mettere in loop un video così che nessuno mi veda entrare o uscire.- risponde.
Io continuo a scuotere la testa.
-Ma se ti scoprono...- inizio, ma lui mi guarda negli occhi e io ammutolisco.
-Hai idea di cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto te questa mattina?- mi chiede, ma il tono di voce non è aggressivo, è quasi dolce, -Se vogliamo scoprire cosa sta succedendo, è bene che ognuno di noi corra dei rischi. Tris ne ha già corsi, ora tocca a me.- dice, ma in realtà sta parlando solo con me. Ci guardiamo per qualche secondo. Abbiamo entrambi il presentimento che in tutto questo c'entrino anche gli Abneganti, ne sono sicura. E se quanto temiamo è vero, allora dobbiamo per forza fermarli. Guardo Tobias e annuisco.

 

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Capitolo 21
*** TWENTY ONE ***


Il lunedì, il martedì e il mercoledì li passo con una sensazione di nausea constante. Ho una paura folle che Tobias venga scoperto che quasi non riesco a mangiare. Cerco di nascondere questa ansia quando siamo insieme, ma non ci riesco.
Sono andata in palestra per sfogarmi, durante l'iniziazione mi aiutava molto a tranquillizzarmi, chissà se funziona ancora.
Prendo dei coltelli, inspiro, espiro, inspiro e mentre espiro la seconda volta lancio. Nonostante io abbia mirato alla testa, ho c'entrato il collo della silhouette.
Ripeto la stessa cosa per altre cinque volte, ma i coltelli non vanno mai a segno, sono sempre spostati di qualche centimetro rispetto a dove ho mirato.
Il mio respiro accelera. No, mi devo calmare o mi sentirò male. Lascio cadere i coltelli e mi costringo a respirare e inspirare in modo più regolare possibile. No, devo fare qualcosa o andrò nel panico.
Mi avvicino ai sacchi da boxe e inizio a tirare pugni senza una logica precisa. Davanti ai miei occhi non riesco a fare a meno di rivedere Caleb che mi caccia, Tobias che domani sera potrebbe venire scoperto e ucciso, i miei genitori che, essendo tra gli Abneganti, potrebbero essere in pericolo. Le quattro persone più importanti della mia vita, tutte o in pericolo o manipolate.
No, prendere a pugni il sacco davanti a me non serve a niente. Chiudo gli occhi e mi appoggio con la schiena alla parete respirando profondamente. Sento dei passi all'entrata. Non voglio che qualcuno mi veda così ma non riesco a calmarmi.
I passi diventano più frettolosi e si avvicinano a me.
-Tris?- sento Uriah posarmi le mani sulle spalle. Quando apro gli occhi, vedo Lynn e Marlene poco lontano da noi guardarci preoccupate.
-Via...- sussurro.
-Assolutamente no.- mi risponde, -Non finché non mi sarò assicurato che stai bene. E tu non stai bene, Tris.-
Io scuoto la testa e lancio un'occhiata alle sue spalle. Uriah si gira e, mentre mi spinge per terra, fa cenno a Marlene di uscire. La vedo allontanarsi con Lynn. Dovrò ringraziarla più tardi.
-Tris, cerca di respirare.-
-Come se non fossero dieci minuti che ci provo.- gli rispondo stringendo i denti. Mi sento le formiche alle gambe e lo stomaco è chiuso in una morsa dolorosa. Guardo in alto, cercando di non mettermi a piangere. Ancora poco e la mia ansia sfocerà nel panico.
-Tris...- mi sussurra Uriah quando vede che mi irrigidisco, -Se pensi che ti farà stare meglio mettiti a piangere, mi spaventeresti molto meno.-
La parte Abnegante che c'è in me registra che le mie lacrime lo farebbero stare meglio, ma il mio orgoglio si batte con il mio altruismo per non lasciarle sfuggirle.
-Ho paura anch'io, Tris.- mi confida sottovoce mentre si siede accanto a me, -Ho paura che mi uccidano.-
Io giro un po' la testa verso di lui.
-Pe... perché?- rispondo mentre il mio battito accelera di nuovo.
-Perché so che, se sapessero quello che sono, non ci penserebbero due volte a spararmi un proiettile in testa.- sussurra.
Giro completamente la testa verso di lui. Cosa sta cercando di dirmi?
-Quello che sei?- chiedo, e una parte di me spera che mi dica di essere un divergente. Lui annuisce.
-Quando abbiamo origliato la conversazione di Jeanine, Max e Eric, ho visto la tua espressione. Era più o meno quella che sapevo di avere io. Non avresti avuto quella espressione se non avessi temuto per la tua vita. Quindi, quello che sto cercando di dire, è che siamo in due. E anche io ho paura.-
Anche lui è un divergente. Sorrido appena.
-L'avessi saputo prima.- riesco a sussurrargli in risposta prima di lasciare sfuggire una lacrima. Non piango per molto, ma Uriah aveva ragione. Non appena le lacrime hanno iniziato a bagnare il mio volto, la tensione dentro di me si placa e io ritorno a respirare normalmente.
-Grazie.- gli dico.
-È a questo che servono gli amici, no?- mi dice tirandosi in piedi e porgendomi una mano. Mi lascio tirare su e mi appoggio al muro.
-Tutta questa situazione mi terrorizza. Se davvero c'entrano gli Abneganti, allora i miei genitori sono in pericolo. Poi c'è mio fratello che è manipolato dagli Eruditi e Quattro che..- dico con un sospiro. Non ho bisogno di finire la frase, sa cosa intendo. Lo vedo annuire
-Andrà tutto bene, Tris. Ne sono sicuro. Però, se vuoi, domani sera vengo da te. Non voglio che tu stia da sola ad arrovellarti nell'ansia.- mi dice. Lo guardo riconoscente e annuisco. Poi Uriah chiama Marlene e Lynn e io esco.

•••

Alle 23:00, qualcuno bussa alla mia porta. Vado ad aprire e con mia sorpresa mi trovo davanti Tobias.
-Hey... che ci fai qui? È tardi.- gli dico invitandolo ad entrare, ma lui scuote la testa.
-Voglio farti vedere una cosa, hai qualcosa di pesante a portata di mano?- mi chiede. Io annuisco e prendo la giacca appoggiata sul divano. Chiudo la porta alle mie spalle e lo seguo. Quando usciamo alla luce della luna noto le stelle, le stesse stelle che guardavo sdraiata sulla rete durante l'iniziazione. Mi fa così strano ora. Iniziamo a correre quando arriva il treno e ci buttiamo sopra. Tobias si siede per terra e io mi siedo affianco a lui.
-Dove stiamo andando?- gli chiedo.
-Verso il centro. Ieri sera mi sono fatto un giro e ho notato una cosa strana. Voglio mostrartela.- mi dice. Io annuisco e mi volto a guardarlo.
Ha il volto preoccupato, ma quando mi guarda improvvisamente si rilassa. Posa le labbra sulle mie e mi bacia dolcemente. Voglio approfondire il bacio, ma sto troppo scomoda per farlo, così passo una gamba oltre il suo bacino e mi siedo su di lui. Tobias si raddrizza appoggiandosi meglio al treno dietro di sé e mi passa le mani prima sulle spalle e poi lungo i fianchi mente ci baciamo. Io ho le mani sul suo collo, e nonostante le scariche elettriche che le sue mani mi provocano in tutto il corpo non provo paura. So che si fermerà prima di fare qualsiasi cosa che non voglio.
Lo lascio accarezzarmi mentre il treno viaggia veloce e gli passo la mano sugli addominali. Ho le mani fredde ma le sento bollenti.
Lui si stacca dalla mia bocca e mi bacia il collo partendo dall'orecchio fino ad arrivare alla clavicola, poi si allontana.
-Mi dimentico sempre di chiedertelo.- mi sussurra guardandomi la clavicola un po' scoperta e sicuramente con la pelle d'oca a causa dei suoi baci, -Perché ti sei tatuata la tua peggiore paura? Le cornacchie.- mi chiede. Io sorrido mentre gli passo una mano sul collo.
-Sono corvi, e non c'entrano con la mia paura. Sono tre, uno per ogni membro della mia famiglia che mi sono lasciata indietro.- dico abbassando lo sguardo, -Ti piace?-
Per un momento Tobias mi guarda, poi, al posto di rispondere, ricomincia a baciarmi la clavicola. Ma forse già questa è una risposta. Sono felice che il rumore del vento sia così forte fuori dal treno, così non può sentire i miei sospiri. Il suo tocco è leggero, delicato. Una sensazione calda e intensa come un fiume di miele mi invade tutto il corpo, rallentandomi i pensieri.
Quando il treno rallenta, si stacca da me e mi osserva.
-Odio doverlo dire, ma dobbiamo alzarci.- mi sussurra accarezzandomi una guancia. Io sorrido e mi alzo. Lui si avvicina alla porta e la apre, posandomi una mano sul fianco e avvicinandomi a lui.
-Guarda.- mi dice, ed è quello che faccio. Davanti a me, il quartiere degli Eruditi è illuminato. Dopo una certa ora, a tutta la città viene tolta la corrente, perché a loro no?
-A quanto pare le ordinanze della città non significano niente per loro- osserva -dato che quelle luci restano accese tutta la notte.-
-Nessuno se ne accorge?- chiedo, aggrottando la fronte.
-Sono sicuro di sì, ma non fanno niente per fermarli. Forse non vogliono sollevare una questione per un motivo così futile.- Tobias scrolla la testa, ma la tensione nei suoi lineamenti mi preoccupa. -Mi chiedo però che cosa stiano facendo gli Eruditi per aver bisogno di tutta questa illuminazione di notte.-
Si volta verso di me, appoggiandosi alla parete. -Ci sono due cose che devi sapere di me, anche se suppongo che ormai tu le abbia capite. La prima è che sono profondamente sospettoso nei confronti della gente in generale. È nella mia natura aspettarmi il peggio. E la seconda è che mi sono scoperto inaspettatamente bravo con i computer. E mai come oggi questa cosa mi è tornata utile.-
Annuisco.
-Lo so, so dove lavori.- dico. Lui annuisce con un sorriso.
-Questa mattina, mentre lavoravo ho trovato un modo per accedere ai file protetti degli Intrepidi. Pare che, in materia di sicurezza informatica, non siamo esperti quanto gli Eruditi.- continua. -Così ho scoperto una serie di documenti che sembravano relativi a un piano di guerra. Ordini vagamente dissimulati, inventari di materiali, mappe. Cose così. E quei file erano inviati dagli Eruditi.-
-Guerra? Quindi avevamo ragione?- dico mentre mi sposto i capelli dal volto e lui annuisce. -Una guerra contro gli Abneganti?-
Lui mi prende le mani, intrecciando le dita con le mie, e dice: -La fazione che controlla il governo. Sì. Sta mattina ho trovato una mappa del loro quartiere. Quindi, se ti può far star tranquilla, domani non andrò nell'ufficio di Max.-
Una minima parte di me si sente sollevata, ma la restante si sente sprofondare.
-Ma- farfuglio -perché gli Eruditi cercherebbero l'alleanza degli Intrepidi?-
E poi mi viene in mente un pensiero, che è come un pugno allo stomaco: gli Eruditi non hanno armi e non sanno combattere, gli Intrepidi sì. Guardo Tobias con gli occhi sbarrati. -Vogliono usarci.- mormoro e ancora una volta lo vedo annuire
-Mi domando- prosegue lui -come intendono spingerci a combattere.-
Ho detto a Caleb che gli Eruditi sanno come manipolare la gente: potrebbero persuadere alcuni di noi a combattere con la disinformazione o facendo leva sull'avidità. Di modi ce ne sono. Ma gli Eruditi sono meticolosi tanto quanto sono bravi a manipolare, per cui non si affiderebbero al caso. Vorrebbero la certezza matematica che tutti i loro punti deboli fossero protetti. Ma come?
I capelli spinti dal vento mi ricadono sul viso, oscurandomi la visuale, ma non li sposto.
-Non lo so.- ammetto.

 

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Capitolo 22
*** TWENTY TWO ***


Per un settimana non faccio altro che cercare di capire come gli Eruditi vogliano spingerci a combattere, ma né io né Tobias né i nostri amici riusciamo a trovare una soluzione plausibile.
È venerdì mattina e sono appena le 6:00 quando apro gli occhi.
Mi stiracchio un po' e poi mi alzo. Prendo una maglia morbida grigio scuro e ne infilo qualche lembo nei pantaloni neri attillati, poi infilo i miei stivali neri, prendo la felpa e mi metto l'orologio al polso. Devo trovarmi al lavoro tra due ore, quindi ho un po' di tempo per fare quello che voglio. Prendo il pezzo di torta che ho avanzato ieri sera a cena e lo mangio come colazione, poi bevo un bicchiere d'acqua.
Quando esco non so esattamente dove voglio andare, ma visto che fuori c'è il sole penso che andrò a sparare un po', le pistole mi fanno sentire potente. Pensare di avere un oggetto che può fare così tanti danni... ringrazio il cielo che i miei genitori non possano sentire i miei pensieri in questo momento, non approverebbero mai.
Non appena esco all'aria aperta mi dirigo verso il deposito dove ci sono le armi e ne prendo una. Prendo un caricatore, lo riempio di proiettili e poi lo rimetto al suo posto.
Comincio a sparare e ho svuotato quasi metà caricatore quando vedo qualcuno venire verso di me. Mi volto e riconosco Lynn.
-Ciao.- la saluto, -Vuoi sparare anche tu?-
Lei mi fa un cenno di saluto con un sorriso. I capelli che prima si era rasata a zero ora le ricadono morbidi sulla fronte. Le sono ricresciuti ad una velocità pazzesca.
-No, non di prima mattina. Vengo a dirti che c'è della gente che ti cerca alla banchina.- mi dice, -Ci vediamo in giro, Tris.-
Poi si allontana. Della gente alla banchina? Chi mai verrebbe a cercarmi?
Ripongo la pistola al suo posto e poi mi dirigo verso il luogo indicatomi da Lynn con le mani in tasca.
Ci metto un po' a capire chi mi trovo di fronte. Non appena Elisabeth mi vede, mi fa un cenno di saluto con la mano e Caleb si volta verso di me. Rimango impietrita sul posto, più o meno a tre metri da loro.
-Cosa ci fai qui?- chiedo piatta a mio fratello, senza inflessione nella voce, perché capisca che non l'ho ancora perdonato per quello che mi ha detto.
-Io... voglio parlarti.-
-Lo trovo curioso... non eri tu a dire che la fazione viene prima del sangue, Caleb?- lo aggredisco.
Lo vedo chiudere gli occhi.
-Io... ho sbagliato, l'ultima volta. Mi dispiace.-
-Felice che te ne sia reso conto. Ci hai messo solo una settimana.- gli dico ironica.
Elisabeth spalanca gli occhi e io mi volto a guardare dietro di me. Un paio di Intrepidi stanno uscendo ridendo.
-Seguitemi.- ordino, e mi allontano in fretta dalla banchina fino a raggiungere il retro di un vecchio edificio in mattoni.
-Di cosa volevate parlarmi?- dico guardando Elisabeth. Sarò anche rancorosa, ma in questo momento voglio che Caleb si senta in colpa.
-Ho visto la mamma di sfuggita la settimana scorsa...- mi dice Caleb, e socchiudo le labbra. La mamma è andata a trovarlo alla fine? C'è riuscita? -... e mi ha detto di indagare sul siedo di simulazione. So che cosa ha detto Jeanine e che cosa dicono gli altri Eruditi, ma ho fatto come ha detto la mamma.-
-E?- lo incito.
-È un po' lungo da spiegare..- dice Elisabeth.
-Beh, allora sbrigatevi, perché se tra un'ora non mi presento a lavoro passerò dei guai seri.- dico, -So che cosa vogliono fare, comunque.-
-Lo sai?- chiede mio fratello stupito.
-Sì, credi seriamente che solo perché tu mi hai chiuso la porta in faccia abbia smesso di cercare di capire cosa sta succedendo? Beh, pensavo mi conoscessi meglio di così, Caleb. Ho indagato insieme ai miei amici, e abbiamo scoperto che Jeanine vuole usare gli Intrepidi per rovesciare gli Abneganti. L'unica cosa che non abbiamo capito è come vogliono costringerci a combattere.- dico.
Gli occhi di Caleb si illuminano.
-Lo so io!- dice, e per un attimo in lui riconosco davvero l'Erudito che per anni ha tenuto nascosto, -Stanno portando da voi centinaia di fiale che contengono un siero di simulazione. Credo che abbia una durata più lunga e che possa essere in qualche modo controllato da distante. Una volta che il siero sarà nel corpo, basterà attivarlo e tutti voi vi ritroverete in una simulazione, comandati a bacchetta da chi controlla il programma.- mi spiega.
-Come è possibile?- chiedo, basita.
-Il siero colorato contiene dei trasmettitori, Beatrice. Questi trasmettitori inviano dei dati al programma che a sua volta invia dei dati ai trasmettitori che ti fanno vedere questi dati. Quindi tu ti ritroveresti in una specie simulazione, saresti come addormentato. Vedresti e sentiresti tutto, ma non sarebbe il tuo cervello ad elaborare le informazioni, bensì i trasmettitori. Vedilo come una specie di cervello sostitutivo controllato a distanza.- mi dispiega pazientemente.
Sento il mio volto aprirsi in un'espressione di puro orrore.
-Quindi finiremmo per andare a dormire, e durante la notte uccideremmo gli Abneganti risvegliandoci il giorno dopo come degli assassini, senza aver potuto fare nulla per impedirlo?- ricapitolo velocemente.
-Esatto.- dice Elisabeth.
Mi passo una mano tra i capelli. Per quanto ne so, io, Tobias e Uriah saremmo tra quei pochi che saranno svegli.
-Oh Dio... dobbiamo avvertirli. Tutti.- dico.
-Non solo, dobbiamo riuscire a fermarli.- dice Elisabeth.
Io annuisco. Ma come?
-Devo parlare con Quattro e ci gli altri. Ci troviamo qui sta sera alle undici, vi va bene? Sarà più semplice mettersi d'accordo e organizzarci. Dobbiamo muoverci alla svelta.- dico. Loro annuiscono.
Guardo l'ora, le 7:30.
-Ora devo andare o non arriverò mai in tempo al lavoro.- dico e loro annuiscono. Poi Caleb fa un passo avanti e mi stringe forte a sé.
-Scusami, Beatrice, davvero. Sono stato un idiota.- mi sussurra contro la guancia. Lo abbraccio a mia volta.
-Sì, lo sei stato. Quanto ci ha messo a farti ragionare?- gli chiedo.
-Poco in realtà... mi sono pentito subito di averti detto quelle cose... io.. non le penso davvero, lo sai vero?- mi chiede. Annuisco contro la sua spalla.
-Non preoccuparti. È tutto okay ora.- gli dico, poi lo allontano e, salutandoli con la mano, rientro.

•••

A pranzo informo gli altri che questa sera alle 22:30 dovranno farsi trovare alla banchina senza dare loro troppe informazioni. Mentre torno al lavoro con Marlene le racconto brevemente quello che ho scoperto. Parlo troppo sottovoce e in giro c'è troppo casino perché qualche videocamera colga le mie parole. Ho una mezza idea per avvisare gli Abneganti, ma è folle e praticamente irrealizzabile.
Quando mi siedo alla mia scrivania inizio a spulciare ogni tipo di scartoffia che mi passa davanti al naso fino a quando non trovo quella che fa al caso mio:

In data 15/9
mittente: ufficio dell'ambasciata Intrepida
destinatario: consiglio cittadino del 17/9
Accettazione della richiesta di integrazione dell'atto 5 di sorveglianza degli esclusi

Alzo lo sguardo su Isobel che, seduta di fronte a me, scribacchia qualche cosa di veloce su un blocco di carta.
Apro la chat dell'ufficio che mi hanno installato la settimana scorsa sul pc e vado sul contatto di Marlene.
"So come fare, ma avrò bisogno di aiuto per convincere Hamish" digito velocemente e invio. Giro la testa e la vedo voltarsi verso il computer quando arriva la notifica del messaggio. Mi guarda velocemente e legge. La vedo scrivere.
"Di cosa hai bisogno?"
Sorrido.
"Devo convincerlo a lasciarmi andare al consiglio che si terrà domenica"
"Al consiglio? E come pensi di farlo?"
"Non lo so"
Sospiro. Devo assolutamente andarci. Se questa domenica c'è un consiglio è escluso che ci sarà l'attacco, vorranno aspettare che tutti gli Abneganti siano nelle loro case. Dovranno aspettare almeno fino al weekend prossimo.
"Sfrutta la conoscenza della vecchia fazione" scrive Marlene.
"Ma come? Dovrebbe avere bisogno di far approvare qualche cosa al consiglio, altrimenti non avrebbe senso" le chiedo.
"Cerco qualche cosa e ti faccio sapere"
Chiudo la chat e metto questo documento da parte prima di ricominciare a cercare qualche cosa di utile.
Sono quasi le 14:30 quando qualcuno bussa alla porta. Marlene si affaccia.
-Scusate il disturbo, Tris puoi venire un attimo?-
-Hai bisogno?- le chiede Isobel senza alzare gli occhi dallo schermo del pc.
-Ehm, no, però ieri parlando di alcuni documenti Tris mi ha detto di non averne inserito uno correttamente e che non lo trovava più. Volevo solo darglielo, lo ha portato George un attimo fa.- dice. Anche lei sa il fatto suo in quanto a menzogne. Isobel annuisce ed io esco.
-Seguimi.- mi dice e svelta entra nel suo ufficio. Mary non c'è, ma la sua roba è ancora tutta qui. -Abbiamo qualche minuto prima che torni dal bagno. Ho trovato questo, potrebbe esserti utile. A quanto pare, gli Intrepidi vogliono proporre agli Abneganti un'opera di bonifica della palude vicino a noi per poter edificare un nuovo quartiere per i nostri membri...- mi spiega passandomi un documento.
-Posso provare, vado a prendere l'altro foglio e ne parlo con Hamish.- dico convinta.
Marlene mi guarda. I capelli bruni le sono sfuggiti dalla coda e ora le ricadono morbidi sul volto.
-Sei sicura, Tris? Continuo a pensare che sia una follia...-
-Anche io.- le confido, ma poi la porta si apre ed entra Mary.
-Ciao Tris, che ci fai qui?- mi chiede sorpresa.
-Sono venuta a prendere un documento. Grazie, Lene. Ciao.- dico e poi esco. Vado alla mia scrivania e prendo l'altro documento.
-Dove vai?- mi chiede curiosa Isobel.
-Devo parlare con Hamish.- dico. Non le dò il tempo di ribattere ed esco. Ogni passo che mi avvicina di più al mio capo mi conferma e sottolinea quanto la mia idea sia stupida.
Hamish è seduto sulla sua sedia e scrive qualcosa al computer. Fortunatamente non c'è nessuno.
Busso e aspetto che alzi la testa e mi faccia segno di entrare. Apro la porta e la richiudo alle mie spalle.
-Hey Tris. Nessun problema spero.- mi dice con un sorriso. Io scuoto la testa.
-No assolutamente, mi trovo benissimo, siete tutti così cordiali qui.- dico, leccapiedi, penso, -In realtà sono qui perché vorrei chiederti una cosa, anche se forse è un po' un azzardo.-
Lui mi guarda incuriosito.
-Dimmi tutto.-
-Ho trovato questi documenti mentre lavoravo e, beh, non ho potuto fare a meno meno di chiedermi se per caso potessi andarci anche io.- dico mostrandogli i documenti. Lui li guarda d poi osserva me.
-Sei qui da poche settimane Tris, non credi sia un po' presto?- mi chiede serio.
-Sì.- dico mordendomi un labbro, -Però sai bene quanto me che sarà una richiesta dura da fare approvare visto il periodo di crisi che stiamo vivendo. E devi ammettere che qui sono la persona che conosce meglio gli Abneganti e i loro valori e idee. Ti farebbe comodo avere qualcuno come me se vi trovaste in difficoltà, non credi?-
Lo guardo speranzosa. Lui annuisce piano.
-Ci penserò su.- mi dice, poi mi congeda.

 

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Capitolo 23
*** TWENTY THREE ***


Alle 22:20 sono con Tobias alla banchina mentre aspetto che arrivino gli altri, poi tutti insieme andremo dietro all'edificio di questa mattina. Siamo seduti per terra, io con la testa appoggiata alla sua spalla, lui con un braccio intorno alla mia vita. È incredibile come un semplice contatto con lui mi faccia sentire tranquilla.
I primi ad arrivare sono Uriah e Marlene. Si siedono di fronte a noi ma non dicono nulla. Io mi scosto appena ma Tobias lascia la mano dov'è.
Quando arrivano anche Christina e Will mi alzo e fanno loro segno di seguirmi. Prendo Tobias per mano e ci incamminiamo. Quando arriviamo sono circa le 22:40.
-Bene,- sussurro, -ci sono state delle svolte: mio fratello è venuto da me questa mattina insieme ad una sua amica che suppongo che voi due conosciate.- guardo Uriah e Marlene -Mi hanno detto che hanno indagato e quando io ho detto loro quello che sappiamo, Caleb mi ha spiegato una cosa molto semplice che permetterebbe agli Eruditi di crearsi un esercito.-
Christina mi fa cenno di proseguire.
-Siero di simulazione.- dico guardando Uriah e stringendo di più la mano di Tobias.
-Che significa?- chiede Marlene.
-Oh Dio.- sussurra invece Tobias mentre si passa una mano sul volto.
-Che cosa c'è? Cosa significa?- insiste Marlene.
-Significa che ci costringeranno a combattere.- dice semplicemente. Uriah impallidisce e mi guarda.
-E perché siamo qui?- chiede Will.
-Perché per le 23:00 arriveranno mio fratello e Elisabeth.-
-Hug?- mi chiede Marlene.
-Non ne ho idea, ha i capelli rossi e le lentiggini.-
-Hug.- ripete lei, -Era la mia vicina di casa, usciva sempre con me e Lynn.-
Ecco perché è venuta a chiamarmi questa mattina.
-Non ho capito una cosa...- interviene Christina, -Come hanno intenzione di costringerci?-
Io sposto lo sguardo da Marlene a Uriah a Christina.
-Ci inietteranno un siero di simulazione, e quando questa comincerà, vedremo e sentiremo tutto ma il nostro cervello non potrà fare nulla per sconfiggere la simulazione. Non so se saremo consapevoli o meno di dove ci troviamo, ma di sicuro controlleranno le nostre menti e le nostre azioni.- le spiego con calma. Ora sembra aver capito anche lei a giudicare dall'espressione.
Guardo l'ora di nuovo. Sono le 22:55.
Dietro di noi sento dei passi e da lontano riconosco la sagoma di Caleb.
-Eccoli.- dice la voce di Elisabeth. Appena riusciamo a distinguere i loro volti, grazie alla luce della luna, Marlene e Uriah salutano la loro amica e io vado da Caleb.
-Chi sono?- mi chiede in un sussurro.
-Amici. E Quattro.- gli rispondo mentre gli prendo una mano e lo accompagno verso gli altri.
-Il tuo ragazzo?- mi chiede ancora più piano.
-Sì.-
Ci disponiamo in una specie di cerchio improvvisato e per qualche secondo non diciamo nulla. Elisabeth saluta Tobias con la mano e lui risponde al saluto.
-Ehm, okay, allora... loro sono mio fratello Caleb e la sua amica Elisabeth, per chi non li conoscesse.- dico un po' in imbarazzo.
-Nessuno mi conosce.- dice Caleb.
Non sai quanto ti sbagli, penso, ma ovviamente non dico nulla e mi limito a sorridere.
-Sì, lo so, ma loro conoscono lei. Comunque, Caleb, loro sono Quattro, Uriah, Marlene, Christina e Will.-
Non so perché pronuncio solo il nome di mio fratello e non quella della sua amica, ma ho cose più importanti di cui occuparmi al momento.
Facciamo un veloce punto della situazione.
-Avete scoperto altro?- chiedo guardando mio fratello. Lui scuote la testa.
-Nulla di utile, ma per logica aspetteranno un giorno in cui tutti gli Abneganti saranno alle loro case. Non penso che vi somministreranno il siero tanto prima, è comunque un esperimento... credo che attaccheranno domenica, e domani vi daranno il siero.- dice. Questa volta siamo io e Marlene a scuotere la testa.
-No,- dice lei, -a lavoro oggi io e Tris abbiamo trovato un documento in cui si riportano delle richieste che verranno proposte in sede di consiglio tra due giorni. Questa domenica, secondo il tuo ragionamento, non possono attaccare.- spiega. Lo vedo annuire.
-Allora suppongo che sarà per domenica prossima. Abbiamo una settimana per sventare l'attacco. Qualche idea?- dice Caleb.
Restiamo tutti in silenzio.
-Potremmo chiedere aiuto alle altre fazioni.- dice Tobias.
-E come?- chiede Elisabeth.
-Un paio di noi vanno dai Pacifici, non ci negheranno mai un colloquio con i loro capi fazione. Qualcun altro va dai Candidi. Christina magari, visto che ci sei cresciuta.- propone Uriah. Lei annuisce.
-Secondo me può funzionare. Ma il problema rimane sempre uno: come faremo noi? Se ci ritroviamo quel siero nelle vene non potremo più fare nulla. È questo il primo problema che dobbiamo risolvere.- ci dice Tobias.
Io annuisco. Ha ragione.
-Possiamo provare ad avvertire quante più persone possibile.- dice Will, ma Marlene scuote la testa.
-No, per quanto ne sappiamo qualcuno potrebbe essere d'accordo con l'idea dei capi fazione, oppure essere così fedele o intimorito da Max e Eric da andare e spifferare tutto... dobbiamo trovare un modo per eliminare il siero. E nel frattempo avvertire le altre fazioni.- dice.
-Uriah e Quattro possono andare dai Pacifici mentre Christina e Will possono avvisare I Candidi.- propongo. Christina e Will annuiscono.
-Va bene.- dice Uriah. Tobias invece si gira a guardarmi.
-E tu cosa farai?- chiede. Io e Marlene ci guardiamo e lei mi annuisce.
-Se tutto va bene, domenica sarò dagli Abneganti.- gli rispondo prendendogli la mano, -Ti proporrei di venire con me, ma non penso sia il caso.- dico più piano contro la sua spalla, in modo che solo lui senta. Mi stringe più forte la mano e mi bacia la testa.
-Va bene. Marlene?- chiede. Lei scuote la testa.
-Starai qui e coprirai la loro assenza.- dice Caleb.
Poi però Marlene si volta a guardarmi.
-E se non riuscissi ad andare domenica?- mi chiede. Ci penso un po'. Dovrò comunque trovare un modo per avvertirli se Hamish non mi lascia andare.
-In quel caso, conosco ancora la strada di casa mia, e mio padre è nel consiglio. Andrò e lo avviserò.-
Quando ci congediamo è ormai mezzanotte e quasi tutte le luci sono spente. Scendiamo le scale in silenzio.
-Dove siete stati?- chiede una voce. Trasaliamo.
Lynn è davanti a noi con le braccia incrociate e gli occhi torvi.
-È tutta la settimana che vi comportate in modo strano, state fuori fino a tardi e sembrate preoccupati. Si può sapere che vi prende?- ci chiede, ma in realtà sta guardando Uriah e Marlene. Loro due si guardano e poi Marlene si avvicina a me.
-Conosco quando fa così... non smetterà finché non diciamo tutto, lo fa da quando siamo bambine.- mi sussurra. Io e Tobias ci guardiamo d lui annuisce.
-Allora dille tutto, ma assicurati che non le sfugga nulla.- dico. Marlene annuisce e si allontanano verso casa.

•••

Sono seduta in mensa con Tobias, Marlene, Lynn, Uriah, Will e Christina. Da quando, ieri pomeriggio, ho chiesto di poter partecipare al consiglio Hamish non si è più fatto sentire.
Afferro un hamburger e lo mordo. Tobias mi posa una mano sulla coscia e io sorrido mentre mastico. Per quanto mi sforzi, ancora non riesco a mostrare troppo affetto in pubblico e entrambi ci sentiamo più a nostro agio quando siamo da soli. Dopotutto, siamo entrambi dei rigidi, no?
-Bisognerà avvisarli tutti.- sussurra Lynn. Non abbiamo potuto fare a meno di tirarla in mezzo dopo che aveva visto Caleb e Elisabeth venire a cercarmi. Inoltre dopo ieri sera, così come aveva previsto Marlene, è diventata tremendamente insistente.
-E lo faremo.- dice Uriah, ma abbiamo tutti un milione di dubbi più o meno grandi. Ci sono almeno cinquecento cose che potrebbero andare storte, per non parlare del pericolo che correremo. E come se non bastasse, io, Uriah e Tobias dobbiamo preoccuparci di smentire ogni eventuale tipo di accusa verso la nostra divergenza.
Marlene di fronte a me spalanca leggermente gli occhi e mi fa cenno dietro di me. Io mi giro con la fronte corrugata ma la distendo subito. Hamish sta camminando verso di me; ha preso una decisione. Quando si ferma vicino a noi ci giriamo tutti a guardarlo. Lui mi guarda per un po', poi parla.
-Ho preso una decisione.- dice, e io lo guardo, -Mi sono confrontato con Isobel, e mi ha detto che prometti bene. In tutta onestà, credo che tu abbia ragione e credo che tu sia la migliore risorsa per convincere un gruppo di Abneganti. Quindi sì, potrai partecipare al consiglio.-
Sorrido felice.
-Grazie, davvero.- dico e, nonostante sappia che quello che sto per fare non ha niente a che vedere con il lavoro, una parte di me si sente orgogliosa.
-E anche tu, Marlene. Ci andrete insieme. Mary ed Isobel sono d'accordo sul fatto che sia un'occasione irripetibile. Vi aspetto domani mattina alle 9:00 in punto davanti al palazzo di vetro.- dice, poi si allontana. Guardo Marlene, che è a metà tra l'euforia e lo shock: ha gli occhi bruni spalancati e la bocca semiaperta.
-Al consiglio? Gli hai chiesto di partecipare?- mi dice Tobias e io annuisco.
-Era il modo più veloce per mettermi in contatto con loro.- rispondo.
-Sì, ora dobbiamo solo vedere come avvisarli senza che gli Intrepidi sospettino qualche cosa.- dice Marlene riprendendosi dalla notizia, -Sono troppo gasata. Ti rendi conto? Vedremo il consiglio!- aggiunge tutta felice, -Magari Lynn può occupare il mio posto.-
-Che intendi dire?- chiede lei.
-Che dovrai fornire un alibi a loro quattro.- dico mentre continuo a mangiare. La vedo annuire. Ottimo, i piani generali sono stati definiti. Ora comincia la parte difficile.

 

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Capitolo 24
*** TWENTY FOUR ***


-Fa attenzione, hai capito?- si raccomanda Tobias abbracciandomi. Tra mezz'ora partirò per il consiglio e lui è venuto a salutarmi. Detta così sembra che stia partendo per sei mesi e non per una mezza giornata.
-Stai tranquillo, okay? Io starò bene, sei tu a dover stare attento.- dico.
-Ricordati che stiamo parlando dei Pacifici.- mi rammenta.
-E tu ricordati che stiamo parlando degli Abneganti.- gli rammento a mia volta affondando il volto nella sua spalla. Profuma di pulito, di cannella e di cioccolato. Inspiro profondamente, in parte per inebriarmi del suo odore, in parte per rilassarmi.
-Non tutti gli Abneganti sono buoni.- mi sussurra piano contro l'orecchio. Io lo stringo più forte a me.
-Scusa, non era ciò che intendevo.- gli rispondo. Lui mi accarezza i capelli.
-Lo so, Beatrice.- mi dice allontanandomi quel tanto che basta a guardarmi negli occhi. Poi si sporge verso di me e copre la mia bocca con la sua. Mi lascio baciare e una sensazione di calore si diffonde in tutto il corpo. Trasalisco quando qualcuno bussa alla porta.
-Deve essere Marlene.- sussurro staccandomi da Tobias.
-Aspetta.- mi dice lui e io mi blocco con la mano sulla maniglia della porta. Mi abbraccia in fretta e io ridacchio.
-Tranquillo, okay?- dico con un sorriso, poi apro la porta. Marlene è davanti a me, i capelli legati in una coda alta e gli occhi che luccicano per l'emozione.
-Sei pronta?- mi chiede e io annuisco.
-Marlene.- la saluta Tobias da dietro di me.
-Hey Quattro, come stai?- gli chiede. Lui alza la spalle.
-Potrebbe andare meglio, ma potrebbe anche andare peggio.-
-Speriamo che vada meglio e non peggio.- commenta Marlene, e tutti e tre abbiamo chiaramente colto la sfumatura della conversazione. Tobias ci accompagna fino al palazzo di vetro. Hamish è già lì. Saluto Tobias con un veloce bacio e poi ci congediamo.
-Addirittura venti minuti di anticipo? Vengo qui così prima essenzialmente perché devo seguire il protocollo, ma di solito arrivano tutti uno o due minuti prima dell'ora concordata. Sono stupito.- ci dice guardandoci.
-Sì, beh, stare chiuse in casa poco prima di andare al consiglio ad aspettare non era una buona idea. Si rischia di cadere in paranoie e preoccupazioni, e ci terrei ad evitarlo.- spiega Marlene e Hamish ride.
-Felici che siate di buon umore.- dice una voce dietro di noi. Mary e Isobel sono appena arrivate. Saremo noi cinque?
-Aspettiamo George e poi andiamo.- dice Mary.
George è un uomo alto e robusto, con gli occhi acquosi e i capelli castani chiaro. Ha un grosso tatuaggio che gli copre gran parte del collo. Quando arriva ci incamminiamo giù per il Pozzo e poi usciamo e andiamo a prendere il treno. Ci balziamo dentro agilmente e poi ci disperdiamo un po' dentro alla carrozza.
Nessuno dice nulla.
Le gemelle stanno sedute in un angolo a parlottare tra loro, Hamish sta pensando a chissà che cosa e George legge un giornale. Con un sospiro finisce di leggere un articolo e lo chiude.
-Gli Eruditi non fanno che attaccare pubblicamente gli Abneganti... Secondo voi riusciranno a salire al potere?- chiede. Io e Marlene ci guardiamo. A quanto pare la fortuna gira a nostro favore.
-Non lo so, tu speri che ci riescano?- dice astutamente Marlene.
-Non proprio... credo che la cosa migliore da fare sia mettere più di una fazione al governo. Non sono insoddisfatto del lavoro degli Abneganti e sono sicuro che se Jeanine riuscisse a mettersi a capo della città scoppierebbe una dittatura erudita, cosa che non voglio. Dopotutto, se me ne sono andato c'è una ragione.- dice.
George era un trasfazione Erudita?
Hamish annuisce.
-Secondo me le cose dovrebbero rimanere così come sono. Fine.-
Le gemelle non dicono nulla, ma quello che mi interessa è il punto di vista del mio capo. Guardo Marlene.
-Dici che..?- sussurro, e so che ha capito quello che intendo. Possiamo fidarci di lui e raccontagli quello che abbiamo scoperto rendendoci così più semplice il compito di avvertire gli Abneganti, o è meglio evitare? Ma se evitassimo, come potremmo rimanere da sole nel consiglio senza alcun tipo di aiuto?
-Sì, ci serva aiuto.- dice, poi si gira verso Hamish che è dall'altra parte del vagone con le gemelle, -Hamish, potresti venire un attimo,? Vorremmo chiederti alcune cose...-
George, seduto in un angolo, non ci degna di uno sguardo. Ringrazierò sempre il rumore del vento e dei freni sulle rotaie per nascondere ciò che non vuole essere sentito.
-Ditemi.- ci dice fermandosi davanti a noi e incrociando le braccia al petto. In volto ha un sorriso caldo.
-Ecco.. ehm...- comincio, ma mi sento troppo stupida.
-Cosa?-
-Noi, dopo, vorremmo... poter rimanere da sole in consiglio per una decina di minuti.- sputa fuori in un sussurro Marlene.
-Non se ne parla. È già un miracolo che siate qui, non tirate la corda.- ci riprende dopo un momento. Fa per allontanarsi ma lo afferrò per un polso e lo tiro verso di noi.
-Tu non hai capito. Noi dobbiamo parlare da sole con loro.- dico decisa.
Lui mi fissa.
-Ho già detto di no. Non lascerò che due novelline rischino di mandare tutto a monte per vanità.- ci dice.
-Abbassa la voce.- gli chiedo, -E ascolta: prima di tutto, puoi dirmi qualsiasi cosa tranne che sono vanitosa. Secondo: non te lo chiederei se non fosse davvero importante. E lo è, ma non posso dirti di più.-
Lui mi guarda senza capire.
-Sai, potresti appartenere ai Pacifici.- mi dice, ma non sta scherzando e il suo tono è basso e aggressivo, -Credi davvero che mi basti, rigida? Non ho alcuna, alcuna, intenzione di lasciarti sola con il consiglio neanche un minuto.-
Io e Marlene ci guardiamo . Abbiamo un breve dialogo fatto di "si" "no" "meglio parlare" "meglio tacere" basato essenzialmente sui nostri sguardi. Poi la vince lei: parliamo.
-Abbiamo scoperto che gli Eruditi vogliono rovesciare il governo usando la nostra fazione. E non voglio permetterlo. Quindi, Hamish, deve bastarti. Perché non voglio che i miei genitori muoiano.- dico decisa, sempre parlando piano. Il treno rallenta, siamo vicini al centro.
Per un attimo sembra essere stato preso in contropiede. Rimane zitto e ci guarda a turno.
-Chi mi dice che sia vero? E, supponendo che non vi siate inventate tutto, come vogliono costringermi a combattere? Perché io non ho nessuna intenzione di farlo.-
-Siero di simulazione. Ma ora è troppo lungo da spiegare, ti basti sapere che oggi è l'unica occasione che abbiamo per evitare che capiti il peggio. Ti supplico, ti chiedo solo dieci minuti da sola con il consiglio. Conosco tutti quelli che ci lavorano, ho bisogno di avvertirli.- dico mordendomi il labbro. Non volevo farla uscire in modo così egoistico, ma non ho tempo per spiegare meglio le cose.
Lui mi guarda, e probabilmente coglie la sfumatura di paura e disperazione che sto cercando così ardentemente di nascondere.
Lo vedo annuire piano.
-Non so neanche se sia il caso di crederci o no... ve ne do cinque. Porterò fuori tutti e poi vi lascerò cinque minuti di conversazione privata con il consiglio. Non un minuto di più.- ci dice prima di allontanarsi e so di non poter ottenere nulla di più, ma per ora mi basta.

•••

Mi asciugo le mani sui jeans mentre saliamo le scale del palazzo governativo fino alla sala del consiglio. Respiro profondamente un paio di volte: tra qualche minuto vedrò Marcus, vedrò gente che per anni è venuta a cena da me, vedrò mio padre. Che diamine mi è saltato in mente di venire fin qui?
Marlene mi prende una mano nelle sue e intreccia le dita alle mie.
-Stai tranquilla, andrà tutto bene.- mi sussurra stringendomi la mano.
-Aspettate solo un momento che avviso del vostro arrivo.- ci dice una donna abnegante che riconosco come Erin, l'amica della mamma. Lei mi lancia uno sguardo e io abbasso il mio. Se le vecchie abitudini, abbassare gli occhi in segno di rispetto per qualcuno di più anziano di me, riemergono già ora, cosa accadrà quando entreremo in quella stanza?
-Se faccio qualcosa di troppo Abnegante, bloccami.- sussurro a Marlene con il fiato corto e lei annuisce.
-Bene, allora. Ora entreremo qui dentro, avanzeremo le nostre richieste e dopo di che ascolteremo la loro risposta portando avanti un dibattito. Tris, Marlene, voi due dovrete solo guardare.- ci spiega Hamish e noi annuiamo.
Lascio andare la mano di Marlene non appena Erin esce dicendoci che possiamo entrare. Varchiamo la porta e ci troviamo in un corridoio lungo circa tre metri. Proseguiamo; Hamish è in testa, dietro di lui le gemelle, poi io e Marlene e dietro di noi George.
Davanti a noi c'è una porta grigia: un Abnegante di cui non ricordo il nome la apre e noi entriamo.
-Wow.- sussurra Marlene al mio fianco e io non posso che annuire. Per un breve, intenso momento la mia ansia e la mia paura scompaiono lasciando posto allo stupore. Il soffitto della sede del consiglio è alto almeno cinque metri e in cima il soffitto è di vetro, un po' come quello della sede degli Intrepidi.
Davanti a noi, disposti a ferro di cavallo, ci sono tutti e venti i consiglieri. Proprio al centro c'è Marcus mentre alla sua destra c'è mio padre. Lo vedo di sfuggita e di colpo tutta l'ansia e la paura ripiombano su di me.
-Ora andiamo al centro e esponiamo le nostre richieste.- ci sussurra George mettendoci una mano sulla schiena e spingendoci avanti.
Io e Marlene ci scambiamo un'occhiata veloce.
-Benvenuti.- dice Marcus alzandosi in piedi, -a cosa dobbiamo la visita?-
-Vorremmo discutere di alcune proposte riguardanti la nostra fazione.- dice Hamish.
Marcus sorride, ma quando lo guardo non posso fare a meno di ricordare le cavità vuote dei suoi occhi nello scenario di Tobias. Distolgo lo sguardo. C'è troppo grigio intorno a me. Avanziamo tutti e una parte del mio cervello registra che Mary ha iniziato a parlare, ma io sono troppo impegnata a sembrare normale per prestare attenzione. Una parte di me ha in testa i miei migliori amici che in questo momento sono tra i Candidi, un'altra pensa a Uriah e a Tobias dai Pacifici e la terza pensa a quanto quello che sto per fare sia pericoloso e stupido. Cosa mi è saltato in testa di propormi?
Mi riscuoto quando le voci tutt'attorno a me tacciono. Guardo Hamish e vedo che mi sta guardando.
-Prenderemo in considerazione la vostra proposta. Vi prepariamo il verbale. Grazie.- dice un uomo alla sinistra di Marcus. È il padre di Susan e Robert, il signor Black.
-Certo. Lascerei che siano le ultime arrivate presso il nostro ufficio ad occuparsi di questa parte burocratica, per fare esperienza. Ragazze, vi aspettiamo fuori.- dice Hamish e gli altri lo guardano straniti ma non dicono nulla. Mentre guida tutti fuori mi guarda e apre tutte e cinque le dita della mano. Cinque minuti. Annuisco.
Io e Marlene ci guardiamo di nuovo. Come iniziamo un discorso?
-Ecco fatto, ora potete andare.- dice mio padre porgendo il verbale. Teniamo entrambi gli occhi bassi mentre Marlene lo prende.
-Potete andare.- insiste Marcus. Faccio un piccolo respiro e alzo lo sguardo su di lui.
-No, non possiamo. Non ancora.- dico.
Tutti i membri mi guardano perplessi.
-E perché no?- chiede il padre di Susan.
-Perché... ecco... non è stato facile convincere Hamish a lasciarci venire e noi...- dice Marlene. Mi guarda e capisco che non sa cosa dire: devo parlare io.
-Quello che Marlene sta tentando di dire, è che non siamo venute qui per "fare esperienza" ma per avvertirvi.- dico, e ogni parola che pronuncio mi fa sentire un po' più sicura di me.
-Avvertirci?- chiede mio padre. Per la prima volta da quando siamo entrate lo guardo. È uguale a come è di solito, con gli abiti grigi e i capelli bruni tagliati corti. I suoi occhi, azzurri come i miei, mi guardano e per un attimo mi sembrano i soliti occhi caldi del mio papà, ma improvvisamente mi sembra che non mi stia più guardando davvero. La consapevolezza che per lui ora non sono che un'Intrepida un po' mi ferisce, ma non ci dò peso e continuo, guardandolo. Ho delle priorità al momento.
-Sì,- dico, -un po' di tempo fa noi e alcuni nostri amici abbiamo iniziato a notare delle cose strane: un nostro amico che si occupa della video sorveglianza ha visto Jeanine parlare con i nostri capi fazione. Poco dopo l'abbiamo sentita noi stesse confabulare con Eric e Max. Allora ho deciso di indagare direttamente tra gli Eruditi, e una mattina presto, quando tutti dormivano, sono andata da Caleb.-
Il poco di colore che era rimasto sul volto di mio padre svanisce nel nulla.
-Ora sarebbe troppo lungo spiegare come e perché lo sappiamo, ma abbiamo scoperto che gli Eruditi vogliono attaccare gli Abneganti per prendere il potere. Mio fratello ha detto che Jeanine tiene giornalmente discorsi sulla vostra corruzione e sul bisogno che al potere ci sia chi predilige la conoscenza all'altruismo.- dico, -Per cui siamo venuti qui per avvertirvi. Hanno intenzione di iniettare un siero da simulazione agli Intrepidi e di usarci come esercito. Non saremmo coscienti, e vi uccideremmo senza battere ciglio.-
I consiglieri ci stanno agitando.
-Perché dovremmo crederti? Ora non sei più una di noi.- mi apostrofa Marcus. Mi avvicino lentamente a lui.
-Perché dovresti credermi? Che alternativa hai, Marcus? Bada bene: per quanto mi riguarda sei liberissimo di non credermi, di considerarmi una traditrice e tutto quello che vuoi. Ma dimmi queso: non mi credi, ma sei davvero disposto a rischiare? Sei davvero disposto a rischiare la vita di tutta la tua società, di uomini, donne e bambini innocenti? Perché se la risposta è che sei disposto a rischiare solo perché non accetti che la tua ci siano dei trans fazione che hanno scelto una fazione diversa dalla tua, allora sei un egoista.- dico, e improvvisamente mi sento potente come mai prima d'ora. Marlene mi guarda come se avessi appena iniziato a parlare in greco antico, -E poi, nel caso in cui tu non lo avessi notato, mio padre, mia madre e la famiglia di una delle mie migliori amiche sono ancora Abneganti. Non ho intenzione di far condannare la mia vecchia fazione dalla mia nuova fazione. E non ho intenzione di prendere parte a tutto questo. Non sarò la carnefice dei miei genitori né di nessun altro.- dico cercando di mantenere la calma. Abbiamo ancora pochi minuti a disposizione.
Marcus fa per aprire la bocca, ma mio padre lo ferma. Quando lo guardo, il suo sguardo è tornato quello di sempre.
-La conosco, Marcus. Non mentirebbe. E poi ci aspettavamo qualche mossa azzardata da parte degli Eruditi, e devi ammettere che questa è esattamente da Jeanine.- gli dice piano.
-Che cosa ti fa pensare di conoscerla? Non è più stata tua figlia dal momento in cui ha scelto gli Intrepidi.- dice, e io non posso fare a meno di dare ragione a Tobias quando dice che doveva andarsene. Se il mio ipotetico futuro figlio decidesse di trasferirsi in un'altra fazione, non penso che il mio affetto nei suoi confronti muterebbe. A giudicare da come lo guarda mio padre, lui è d'accordo con me. Questa cosa mi consola. Marcus continua. -Ma sì, ammetto che è una cosa degna della mente malata di Jeanine.-
Il padre di Susan si volta a guardarmi.
-Che cosa dobbiamo fare?- chiede.
Questa volta è Marlene a parlare.
-Abbiamo già avvisato i Pacifici e i Candidi, in questo preciso momento alcuni nostri amici sono da loro per metterli al corrente. Pensiamo che l'attacco avverrà quando tutti sarete al vostro quartiere, quindi domenica prossima. Essendo il siero ancora in fase sperimentale, a detta di suo fratello, verrà somministrato poco prima, in linea di massima tra venerdì e sabato. Abbiamo tempo fino ad allora per agire.- spiega.
-Abbiamo? Perché abbiamo?- chiede uno degli amici di Marcus che ho visto solo un paio di volte nella mia vita.
-Perché non ho messo a rischio la mia vita andando da mio fratello e i nostri amici non hanno messo a rischio la loro hackerando i computer dei nostri capi fazione per niente. Ci siamo dentro fino al collo.- dico.
Qualcuno bussa.
-Avete fatto o no?- ci chiede George entrando.
-Arriviamo, abbiamo chiesto un chiarimento su una dicitura ma si sono accorti di aver sbagliato e lo hanno dovuto rifare, arriverà a momenti.- dico veloce con un sorriso.
Aspettiamo che esca e mi rigiro verso il consiglio.
-Va bene. Risolveremo questa situazione, ma ora dovete andare. Grazie, Beatrice.- mi dice mio padre con un sorriso. Sorrido a mia volta e poi, prendendo per un polso Marlene, mi affretto ad uscire.

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Capitolo 25
*** TWENTY FIVE ***


Per due giorni non accade nulla. Lynn mi ha detto di aver incontrato un Abnegante che gli ha chiesto come rintracciarmi, e lei ha detto che se voleva avrebbe recapitato lei un messaggio. Il foglietto è molto semplice, scritto nella disordinata calligrafia di mio padre.

Abbiamo risolto quasi tutto, ce ne occupiamo noi.
Ti voglio bene, non preoccuparti

Dopo questa breve comunicazione, più nulla. La prima cosa degna di nota accade il mercoledì a colazione. Una delegazione Candida, formata essenzialmente da coloro che si occupano del rispetto delle norme, arrivano e piombano in mensa.
-Dove sono i vostri capi fazione?- chiede un uomo dagli occhi a mandorla e dalla carnagione un po' più scura di quella di Tobias.
-Al palazzo di vetro.- risponde Tori in tono incerto. Rimaniamo tutti perplessi a guardarli.
-Puoi portarci da loro?- chiede di nuovo l'uomo. Tori annuisce e scompare oltre la porta insieme alla delegazione.
La seconda cosa degna di nota succede circa un'ora prima di pranzo. Quando arrivo al Pozzo con Tobias e Uriah, lo noto immediatamente. Sarebbe impossibile non notare i colori accesi dei suoi abiti in mezzo a tutto questo nero. Caleb si sta guardando intorno spaesato. Guardo velocemente i miei due compagni e poi vado verso di lui.
-Caleb!- lo chiamo facendogli segno con la mano, -Cosa ci fai qui?-
Lui mi guarda, e in volto ha un'espressione strana a metà tra l'orgoglio e il terrore.
-Sono venuti a prenderli! Hanno arrestato tutti i nostri capi fazione poco più di un'ora fa. Jeanine è stata portata via in manette, parlano di un processo!- mi dice velocemente.
Un processo? Arrestati? Anche i nostri sono finiti così? Suppongo che lo scopriremo a pranzo.
Dopo averci informato, Caleb va di nuovo via con la promessa di tornare presto. Noi ci dirigiamo verso la mensa. Quando tutti arrivano, mentre io e Tobias stiamo già mangiando, un rumore assordante ci fa portare le mani alle orecchie. Tori è in centro alla stanza con un microfono in mano. Terminata la prova audio comincia a parlare.
-Bene, vedo che ci siamo tutti. Immagino che tutti qui vi starete chiedendo come mai questa mattina abbiamo ricevuto una visita inaspettata da parte dei Candidi. Ebbene, da quanto ho potuto capire i nostri capi fazione hanno tramato con i capi fazione Eruditi per rovesciare il governo, usandoci come esercito. I dettagli non sono stati resi noti, ma ho arrestato personalmente Eric dopo che era stato accusato di alto tradimento e di corruzione. Detto ciò, vi terrò informata il più possibile, se qualcuno di voi dovesse riuscire ad accedere a delle informazioni non esiti a farsi avanti.- dice, poi aggiunge gioiosa, -Buon appetito!-
Tutta la sala rimane nel silenzio, poi scoppia il finimondo. Chi dice che non può essere vero, chi dice che ha sempre saputo che c'era qualche cosa di losco sotto. Io e Tobias ci guardiamo e poi raggiungiamo i nostri amici dall'altra parte della sala.
-Ci siamo riusciti!- dice Uriah. Pare che la loro missione dai Pacifici sia andata meravigliosamente bene. Hanno detto che Johanna, la capo fazione, è la donna più disponibile che avessero mai conosciuto. Per Chris e Will è stato un po' più complicato, tanto che Christina ha giurato di essere pronta a sottoporsi al siero della verità. Da quanto ho capito lo hanno anche fatto.
-Verranno processati?- chiedo.
-Suppongo di sì, le accuse sono gravi. E dopo di che bisognerà eleggere i nostri nuovi capi fazione.- dice Lynn. Guardo Tobias e lui mi passa un braccio sulle spalle; forse ce l'abbiamo fatta.

•••

I processi vengono fissati per venerdì mattina. È stato concesso a tutti di partecipare al processo. Sono sicura che gli Abneganti saranno pochissimi, così come i Pacifici. La nostra fazione è praticamente al completo, e lo stesso vale per gli Eruditi.
Io, Tobias, Christina e Caleb veniamo chiamati a testimoniare a favore dell'accusa.
Ci pensiamo un po' ma alla fine accettiamo. Ci faranno delle domande relative essenzialmente al processo quindi non dovrei avere nulla da temere. E inoltre è un siero, dovrei comunque essere in grado di contrastarlo, così come Tobias.
Ci viene chiesto di presentarci in tribunale un'ora prima degli altri, ora in cui ci viene spiegato quello che accadrà durante il processo.
Veniamo scortati all'intento del tribunale da dei funzionari Candidi. Di fronte a noi, mentre camminiamo, c'è il giudice con accanto gli imputati. La giuria è alla nostra sinistra mente alla nostra destra c'è la sedia sulla quale dovremo sedere noi. Nello spazio adibito al pubblico ci sono solo persone azzurre e nere.
Ci fanno sedere in prima fila e rimaniamo lì fino a quando non chiamano i testimoni.
-Chiamiamo a testimoniare il primo teste.- dice il giudice. Un uomo si avvicina a me e mi mette una mano sulla spalla. Mi alzo relativamente tranquilla e mi siedo sulla sedia. Qualcuno mi infila una siringa nel collo e io sento il famigliare bruciore annunciate che un siero sta entrando in circolo. Improvvisamente, la mia testa diventa leggera. È una sensazione strana e subito dimentico a cosa stavo pensando.
-Bene, ora ti verranno poste delle classiche domande di routine per farti abituare al siero. Come ti chiami?- mi chiede l'uomo che mi ha scortato a sedere.
-Beatrice.- rispondo. Mi stupisco della facilità con cui questa risposta mi è salita alla bocca. È l'unica cosa che mi veniva in mente di dire, -Ma mi chiamano Tris.-
Lo vedo annuire.
-Molto bene, Beatrice. Come si chiamano i tuoi genitori?-
Il primo pensiero che mi viene in mente sono sì il nome di mia madre e mio padre, ma soprattutto Tobias. Non che lui centri qualche cosa con i miei genitori, ma se queste domande verrano poste anche a lui...
-Natalie ed Andrew Prior.- rispondo con convinzione.
-Come sai, oggi ci troviamo qui perché abbiamo delle accuse contro i capi fazioni Intrepidi ed Eruditi, accusati di aver cospirato contro il governo e di aver tradito la fazione di rappresentanza. Ci vuoi dire, Beatrice, quello che sai a proposito?-
Io annuisco. Prima di iniziare a raccontare però mi appunto di non dire nulla sulla divergenza mia e di Uriah, né su quella di Tobias. Sto riuscendo a controllare il siero. Racconto per filo e per segno quello che è successo tralasciando alcuni particolari come la discussione con Caleb.
Quando finisco, per un momento nessuno dice nulla.
-Grazie per la tua sincerità. Si porti il secondo teste.- dice il giudice. Io mi alzo e torno al mio posto e Christina viene condotta a sedere davanti alla giuria. Sembra molto più agitata di me. Le domande che le pongono sono le stesse. Prendo una mano a Tobias e la stringo forte quando anche lei finisce e viene il turno di mio fratello. Lui me la stringe in risposta e io gli passo le dita sul palmo.
-Andrà tutto bene.- gli sussurro prima che lo chiamino. Osservo l'ago sprofondare nel suo collo e lo stantuffo venire schiacciato fino infondo. Mi trema una gamba.
-Bene, come hai già potuto vedere, ora ti verrano poste delle domande di routine. Quale è il tuo nome?- chiede.
Trattengo il respiro.
Tobias fa una smorfia prima di rispondere.
-Quattro.- dice. Mi rendo conto che non è una bugia: evidentemente il siero ti lascia scegliere che verità dire.
-Questo è un soprannome.- gli fa notare il Candido.
-Tobias.- dice stringendo i denti. Mi sento male a guardare tutto questo. Tutti gli Intrepidi trattengono il respiro quando sentono il suo vero nome.
-Come si chiamano i tuoi genitori?- gli viene domandato, e vorrei tanto poter smettere di sentire e vedere in questo momento.
-Evelyn e Marcus Eaton.- confessa piano Tobias dopo una lotta interiore contro il siero chiaramente visibile sulla sua faccia. Questa volta, dagli Intrepidi si alzando esclamazioni e sospiri. Ora tutti sanno chi è.
-Lo sapevi?- mi chiede Caleb in un sussurro. Io annuisco.
-Silenzio per favore!- chiede il giudice.
Anche a Tobias viene chiesta la stessa cosa che è stata chiesta a me, Caleb e Christina. Le nostre versioni combaciano alla perfezione, e visto che eravamo tutti e quattro sotto siero non c'è motivo di non crederci.
Tobias viene ricondotto al posto e vedo le sue mani tremare. Gliene prendo una e la stringo forte.
-Grazie.- mi dice stringendomi la mano. Io gli sorrido incoraggiante.
-La corte si ritira per deliberare.- annuncia il giudice, e il processo è momentaneamente sospeso.

•••

Non avevo mai assistito ad un processo penale, e per quanto sia stato affascinante spero di non assistervi mai più. I giurati hanno giudicato colpevoli i nostri capi fazione e ora saranno puniti per le loro trasgressioni. Da quanto ho studiato, la pena per i traditori delle fazioni va dalla prigionia a vita fino alla pena di morte.
So per certo che Jeanine, Eric e Max sono stati condannati a morte, mentre la pena per gli altri capi fazione deve essere ancora decisa.
Quando usciamo dal tribunale, una delegazione Abnegante tra cui i miei genitori, Marcus, Susan e i suoi genitori ci stanno aspettando. Lancio un'occhiata veloce a Tobias
-Io vado a salutarli, mi aspetti alla banchina?- gli chiedo.
-No, vengo con te.- mi dice.
-Sicuro? Non è un problema.- dico.
-Ormai tutti sanno chi sono, e dubito che lo dimenticheranno. Mio padre è un uomo importante. Non ti lascio andare da sola, e sinceramente non ho così tanta voglia di andare senza di te alla banchina con tutti gli altri ad aspettaste... E poi, tua madre credeva di conoscermi... tanto vale farle sapere che aveva ragione. Devo superare mio padre.-
Io scuoto la testa ridacchiando e prendendogli la mano mentre ci dirigiamo verso di loro.
Quando arriviamo, vedo mio padre indugiare sulle nostre mani intrecciate mentre mia madre mi sorride felice.
Marcus sta fissando me e Tobias, ma il suo sguardo è freddo.
-Vi dobbiamo molto.- ci dice il padre di Susan.
-No, non dovete.- rispondo.
-Invece sì, se non fosse stato per voi, in questo momento si starebbero preparando per sterminarci. Ci avete salvato la vita.- dice mio padre, poi guarda qualcosa oltre la mia spalla. Mi giro e vedo mio fratello camminare verso di noi. Lancia un'occhiata veloce a Susan. Ho sempre creduto che fossero innamorati, e forse è così. Ma le fazioni non ci permettono di sposare o fidanzarci con componenti di altre e forse è per questo che mi sembra che Caleb sia così freddo.
-In ogni caso, volevamo ringraziarti.- mi dice Marcus.
-In questo caso dovresti ringraziare entrambi.- gli rispondo secca e Tobias mi stringe un po' di più la mano, come a dirmi che è meglio lasciare perdere.
-Ebbene, grazie ad entrambi allora.- mi risponde con uno sguardo tagliente. Non guarda mai suo figlio, e suo figlio non guarda mai lui.
-Hey, Eaton!- urla qualcuno dietro di noi. Tobias si gira con riluttanza, consapevole che stanno chiamando lui e non Marcus. I tre quarti degli Abneganti che ci stanno guardando spalancano gli occhi e mia madre mi guarda sorpresa, e mi sembra quasi che stia pensando "Ecco perché mi sembrava che avesse un viso famigliare, al Giorno delle Visite". Sorrido leggermente.
-Che c'è?- chiede Tobias guardando Tori, che lo fissa con un sorriso beffardo in volto. Sembra meno a disagio di quanto pensassi a farsi chiamare con il suo nome.
-Il treno passerà tra tre minuti, se volete tornare a casa con noi fareste meglio a sbrigarvi. Tra l'altro questo pomeriggio voteremo i nuovi capi fazione. Dovrai essere particolarmente convincente per non farti eleggere neanche questa volta, Quattro.- ci dice, poi se ne va ridendo.
-Accetterai?- gli chiedo.
-Suppongo che ci dovrò pensare.- risponde, poi, con mia grande sorpresa, guarda Marcus negli occhi. Hanno esattamente gli stessi occhi, ma se quelli di Tobias mi danno un senso di pace e amore, quelli di Marcus mi fanno paura.
-Bene, io vado. Ti aspetto alla banchina.- dice Tobias, -Caleb.- lo saluta, poi si allontana.
Lo guardiamo allontanarsi. Tutti gli Abneganti hanno gli occhi fissi sulla sua schiena, e io non posso non pensare a suo padre nel suo scenario della paura. Lo guardava in questo modo anche quando lo picchiava? Non sono sicura di volerlo sapere.
-Vado anche io, il treno non mi aspetterà.- dico e saluto tutti con la mano, sorrido a Caleb e ai miei genitori e poi corro piano dietro Tobias. Gli tocco delicatamente una spalla e lui si volta verso di me. Passa una mano sulle mie spalle e a me, per la prima volta, non importa che poco distante i membri della mia vecchia fazione mi stiano guardando. Per la prima volta da quando mi sono tagliata la mano e ho fatto scivolare il mio sangue sui carboni ardenti, mi sento al cento per cento parte di questa fazione.

 

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Capitolo 26
*** TWENTY SIX ***


Quando torniamo a casa, Tori dice ad alcuni di noi di farsi trovare all'ora di pranzo al Pozzo e in breve tempo la voce si sparge. Mi sento strana.
-Stai bene?- mi chiede Tobias in un sussurro.
Io non rispondo ma guardo l'ora. Abbiamo circa cinquanta minuti prima della riunione al Pozzo. Molte persone si stanno disperdendo, i più piccoli torneranno tra poco da scuola. Io guardo Tobias: mi sta guardando e nei sei occhi scorgo un pizzico di preoccupazione.
-Ti va di fare un giro?- chiedo e lui annuisce. Mi volto e comincio a camminare verso il suo appartamente, così da riuscire ad evitare la folla che è rimasta nel Pozzo, tra cui anche tutti i miei amici. Lo sento che mi segue e mi fermo solo quando arrivo davanti alla porta perché deve aprirla. Tira fuori le chiavi e le inserisce, poi gira e la serratura scatta. Entriamo e ci togliamo le scarpe.
-Allora? Che succede?- mi chiede dolcemente mentre si siede sul divano e mi tira a sé.
-In realtà non lo so.- rispondo sedendomi accanto a lui con una gamba piegata sotto di me, -Mi sento così strana...-
Appoggio la testa al suo petto e lascio che mi stringa tra le braccia.
-Prima, quando siamo andati con tutti gli altri alla banchina per tornare a casa, mi sono sentita per la prima volta parte di questa fazione... però non lo so, c'è qualche cosa che non va.- gli dico. Lui mi accarezza i capelli con una mano.
-Anche a me è successo, la prima volta. Non ti slegherai mai del tutto dalla vecchia fazione, e suppongo sia per questo che ti senti così, come se fossi felice ma un po' triste allo stesso tempo.- mi dice. Io annuisco sistemandomi meglio sul divano. Mi siedo sulle sue gambe in modo da averlo alla mia destra e poi appoggio la testa nell'incavo del collo chiudendo gli occhi.
-Probabilmente hai ragione... credevo che rivedere i miei genitori mi avrebbe fatto piacere, ma in realtà non ha fatto altro che mettermi malinconia.- sussurro sul suo collo.
-Lo capisco... più o meno.- dice. Ridacchio appena.
-Tu come stai?- gli chiedo.
Lui non dice nulla, si limita ad accarezzarmi i capelli e il volto. Mi tiro su e lo guardo. Negli occhi, solitamente così caldi, ora non leggo alcuna emozione.
-Tobias?- chiedo preoccupata.
-Tutto okay, tranquilla.- mi dice, -Ora sto bene. Prima era peggio, dopo il siero, quando abbiamo visto Marcus e gli altri e Tori...-
Annuisco, ora tutti sanno chi è. Lo bacio in fronte e lo abbraccio. Lui mi stringe, nel limite del possibile, la vita e affonda il volto nel mio petto.
-Questo vuol dire che adesso posso archiviare definitivamente il nome Quattro? O preferisci che ti chiami così quando siamo soli?- scherzo e lui ride.
Rimaniamo sul divano a parlare del processo e di altro fino all'ora di pranzo, poi ci alziamo e raggiungiamo il resto della nostra fazione al Pozzo. Tobias mi ha detto di aver pensato all'eventualità di diventare capo fazione e io gli ho risposto che in ogni caso avrà il mio sostegno.
-Bene, prima di andare a mangiare è il caso di eleggere i nuovi capi fazione!- dice Tori dall'alto di una scalinata quando siamo bene o male tutto presenti, -Per legge possiamo avere tutti i capi fazione che vogliamo purché siano di numero dispari. Ora procederemo alle proposte, se ci sarà bisogno si voterà!-
Tutti urlano, gasati.
-Tu!- urla qualcuno e gli altri acclamano.
-Va bene.- accetta Tori con un sorriso.
-Tris!- urlano Uriah e Marlene da qualche parte e, con mia grande sorpresa, nessuno si oppone. Anzi, mi acclamano come hanno fatto con Tori.
-Congratulazioni.- mi sussurra Tobias ma io lo sento appena.
-Harrison!- urla una voce alla mia sinistra.
Non so di preciso chi sia, ma il suo nome non mi è nuovo quindi suppongo sia uno che lavora già per l'apparato politico amministrativo.
-Bene. Io propongo Quattro.- dice Tori. Tobias si raddrizza e nessuno obietta.
-Bene, allora dovremmo passare alle votazioni.- dice.
Nonostante io mi senta parte di questa fazione, non mi sento tuttavia in grado di diventare un capo. Tutti quelli che sono stati eletti, Tobias compreso, appartengono ad una fazione, ed è questa. Ma io no: io non sono un'Intrepida, sono una Divergente. E non posso fingere che non sia così. Posso giocare a fare l'Intrepida come facevo quando ero bambina, posso far finta di recitare che una parte di me non appartenga agli Eruditi e agli Abneganti. E a me va bene così, ma non posso governare.
-No.- dico. Tobias si volta a guardarmi con gli occhi spalancati e quelli vicino a me lo imitano.
-Che succede?- chiede Tori.
-No,- ripeto a voce più alta, così che mi sentano tutti, -non c'è bisogno di votare. Non accetto la mia candidatura. Sono davvero onorata che mi abbiate proposta, ma no, grazie.-
Per un secondo nessuno dice nulla.
-Sei sicura, Tris?- mi domanda. Io annuisco.
-Sì, sono sicura.-
E così, senza cerimonie o cose strane, Tobias, Tori e Harrison diventano i nostri nuovi capi.

•••

Passo il pomeriggio con i miei amici e poi vado a fare un giro da sola vicino alle rotaie.
La sera, dopo cena, decido di farmi una doccia calda. Lascio che l'acqua scorra veloce sul mio corpo nudo e che mi scaldi. È una bella sensazione e sorrido mentre mi insapono e mi risciacquo. Esco e mi lego un asciugamano attorno al corpo e uno attorno ai capelli. La tristezza di questa mattina è passata e mi dirigo in camera canticchiando a bocca chiusa come faceva mia madre quando l'aveva i piatti. Prendo un paio di mutande bianche e me le infilo, poi indosso una canottiera nera e prendo dal letto la felpa che Tobias ha lasciato qui un paio di giorni fa. L'ho sempre usata per dormire, così da avere il suo profumo a guidarmi verso il mondo dei sogni. È una felpa molto semplice, nera e senza cerniera. Dentro è un po' felpata e tiene molto caldo. Dato che Tobias è decisamente più largo e più alto di me, questa mi arriva quasi a metà coscia. Torno in bagno e mi asciugo i capelli.
Sento qualcuno bussare. Il mio riflesso allo specchio mi restituisce uno sguardo confuso. Con i capelli ancora un po' spettinati vado a vedere chi è, dimenticandomi di essere in mutande. Guardo dallo spioncino e vedo Tobias. Apro la porta stupita.
-Che ci fa qui il nostro capo fazione preferito?- chiedo con un sorriso dolce. Sorride appena.
-Non credo tu possa definirmi il "preferito" dopo neanche un giorno dalla nomina.- mi risponde. Mi sposto e lo faccio entrare.
-Sei comunque il mio preferito.- gli dico chiudendo la porta e baciandolo velocemente.
-Comunque davvero, che ci fai qui?- gli chiedo.
-Non volevo stare solo.- mi confessa piano.
-Beh, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Vieni in bagno con me? Stavo finendo di lavarmi.- gli dico e lui annuisce. Lo prendo per mano e mi dirigo verso il bagno tirandomelo dietro. Io prendo lo spazzolino e il dentifricio e lui tira giù il tappo del wc e si siede.
-Come mai non volevi stare da solo? C'è qualche cosa che non va?- gli domando prima di infilarmi lo spazzolino in bocca. Lui per un po' non risponde.
-Vederlo mi ha turbato più di quanto immaginassi.- sussurra mentre mi risciacquo la bocca. Ripongo lo spazzolino al suo posto e mi avvicino a lui, poi mi chino appoggiando i miei gomiti alle sue ginocchia.
-Quando mi ha guardato... mi sono sentito come mi sentivo quando vivevamo insieme, come se fossi sbagliato, come se non meritassi di essere amato.- mi confessa.
Lo guardo e poi gli poso una mano sulla guancia costringendolo a guardarmi.
-Non pensarlo neanche per un momento, hai capito?- dico e lui mi bacia la mano.
-È per questo che sono venuto qui. Tu sei l'unica che mi abbia sempre fatto sentire... non lo so, come se fossi giusto così.- mi sussurra mentre guarda i miei occhi lucidi.
-Beh, perché lo sei.- gli rispondo tranquillamente.
Lui mi sorride in un misto di dolcezza e tristezza.
-Nessuno me lo aveva mai detto.-
Mi alzo e mi avvicino a lui, accarezzandogli i lati della testa. Con i capelli che gli solleticano le orecchie si nota meno che sono un po' a sventola.
-Meriti di sentirtelo dire. Tu sei giusto così, Tobias, in te non c'è niente di sbagliato. E meriti di essere amato, forse più di quanto tu stesso credi.- gli dico, poi aggiungo, guardandolo dritto negli occhi, -Meriti di sentirti dire e di sapere che sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto. E non devi pensare di essere sbagliato, non ti voglio più sentire dire una cosa del genere, mi hai capito?-
Lui mi guarda qualche secondo e poi mi stringe forte a sé.
-Ti amo.- mi dice, e il mio cuore perde un battito. Una sensazione di calore si diffonde per tutto il mio corpo e io poso le mie labbra sulle sue.
Continuiamo a baciarci e poi lo prendo per mano e lo porto in camera. Nonostante la nostra conversazione, so che non vuole rimanere solo. Ha bisogno di me oggi, dopo aver visto suo padre dopo più di due anni. Non dimenticherò mai lo sguardo di Marcus su di lui, e sono pronta a dargli tutto l'amore che suo padre gli ha sempre negato.
-Cosa fai?- mi chiede senza capire quando entriamo in camera e mi sistemo sul letto.
Sorrido dolcemente.
-Hai detto di non voler rimanere da solo, così ho pensato che avresti potuto dormire qui. Se vuoi, ovviamente. Puoi dire di no. Non ti obbligo.- dico abbassando il capo. Tobias sorride.
-Mai mi sognerei di contraddirti. E comunque sì, mi farebbe piacere.- mi dice, poi si corica affianco a me. Appoggio la testa sul suo petto e lui passa il braccio intorno al mio corpo. Per un po' lo sento accarezzarmi la spalla, il braccio e i capelli; poi mi addormento.

 

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Capitolo 27
*** TWENTY SIX ***


Quando torniamo a casa, Tori dice ad alcuni di noi di farsi trovare all'ora di pranzo al Pozzo e in breve tempo la voce si sparge. Mi sento strana.
-Stai bene?- mi chiede Tobias in un sussurro.
Io non rispondo ma guardo l'ora. Abbiamo circa cinquanta minuti prima della riunione al Pozzo. Molte persone si stanno disperdendo, i più piccoli torneranno tra poco da scuola. Io guardo Tobias: mi sta guardando e nei sei occhi scorgo un pizzico di preoccupazione.
-Ti va di fare un giro?- chiedo e lui annuisce. Mi volto e comincio a camminare verso il suo appartamente, così da riuscire ad evitare la folla che è rimasta nel Pozzo, tra cui anche tutti i miei amici. Lo sento che mi segue e mi fermo solo quando arrivo davanti alla porta perché deve aprirla. Tira fuori le chiavi e le inserisce, poi gira e la serratura scatta. Entriamo e ci togliamo le scarpe.
-Allora? Che succede?- mi chiede dolcemente mentre si siede sul divano e mi tira a sé.
-In realtà non lo so.- rispondo sedendomi accanto a lui con una gamba piegata sotto di me, -Mi sento così strana...-
Appoggio la testa al suo petto e lascio che mi stringa tra le braccia.
-Prima, quando siamo andati con tutti gli altri alla banchina per tornare a casa, mi sono sentita per la prima volta parte di questa fazione... però non lo so, c'è qualche cosa che non va.- gli dico. Lui mi accarezza i capelli con una mano.
-Anche a me è successo, la prima volta. Non ti slegherai mai del tutto dalla vecchia fazione, e suppongo sia per questo che ti senti così, come se fossi felice ma un po' triste allo stesso tempo.- mi dice. Io annuisco sistemandomi meglio sul divano. Mi siedo sulle sue gambe in modo da averlo alla mia destra e poi appoggio la testa nell'incavo del collo chiudendo gli occhi.
-Probabilmente hai ragione... credevo che rivedere i miei genitori mi avrebbe fatto piacere, ma in realtà non ha fatto altro che mettermi malinconia.- sussurro sul suo collo.
-Lo capisco... più o meno.- dice. Ridacchio appena.
-Tu come stai?- gli chiedo.
Lui non dice nulla, si limita ad accarezzarmi i capelli e il volto. Mi tiro su e lo guardo. Negli occhi, solitamente così caldi, ora non leggo alcuna emozione.
-Tobias?- chiedo preoccupata.
-Tutto okay, tranquilla.- mi dice, -Ora sto bene. Prima era peggio, dopo il siero, quando abbiamo visto Marcus e gli altri e Tori...-
Annuisco, ora tutti sanno chi è. Lo bacio in fronte e lo abbraccio. Lui mi stringe, nel limite del possibile, la vita e affonda il volto nel mio petto.
-Questo vuol dire che adesso posso archiviare definitivamente il nome Quattro? O preferisci che ti chiami così quando siamo soli?- scherzo e lui ride.
Rimaniamo sul divano a parlare del processo e di altro fino all'ora di pranzo, poi ci alziamo e raggiungiamo il resto della nostra fazione al Pozzo. Tobias mi ha detto di aver pensato all'eventualità di diventare capo fazione e io gli ho risposto che in ogni caso avrà il mio sostegno.
-Bene, prima di andare a mangiare è il caso di eleggere i nuovi capi fazione!- dice Tori dall'alto di una scalinata quando siamo bene o male tutto presenti, -Per legge possiamo avere tutti i capi fazione che vogliamo purché siano di numero dispari. Ora procederemo alle proposte, se ci sarà bisogno si voterà!-
Tutti urlano, gasati.
-Tu!- urla qualcuno e gli altri acclamano.
-Va bene.- accetta Tori con un sorriso.
-Tris!- urlano Uriah e Marlene da qualche parte e, con mia grande sorpresa, nessuno si oppone. Anzi, mi acclamano come hanno fatto con Tori.
-Congratulazioni.- mi sussurra Tobias ma io lo sento appena.
-Harrison!- urla una voce alla mia sinistra.
Non so di preciso chi sia, ma il suo nome non mi è nuovo quindi suppongo sia uno che lavora già per l'apparato politico amministrativo.
-Bene. Io propongo Quattro.- dice Tori. Tobias si raddrizza e nessuno obietta.
-Bene, allora dovremmo passare alle votazioni.- dice.
Nonostante io mi senta parte di questa fazione, non mi sento tuttavia in grado di diventare un capo. Tutti quelli che sono stati eletti, Tobias compreso, appartengono ad una fazione, ed è questa. Ma io no: io non sono un'Intrepida, sono una Divergente. E non posso fingere che non sia così. Posso giocare a fare l'Intrepida come facevo quando ero bambina, posso far finta di recitare che una parte di me non appartenga agli Eruditi e agli Abneganti. E a me va bene così, ma non posso governare.
-No.- dico. Tobias si volta a guardarmi con gli occhi spalancati e quelli vicino a me lo imitano.
-Che succede?- chiede Tori.
-No,- ripeto a voce più alta, così che mi sentano tutti, -non c'è bisogno di votare. Non accetto la mia candidatura. Sono davvero onorata che mi abbiate proposta, ma no, grazie.-
Per un secondo nessuno dice nulla.
-Sei sicura, Tris?- mi domanda. Io annuisco.
-Sì, sono sicura.-
E così, senza cerimonie o cose strane, Tobias, Tori e Harrison diventano i nostri nuovi capi.

•••

Passo il pomeriggio con i miei amici e poi vado a fare un giro da sola vicino alle rotaie.
La sera, dopo cena, decido di farmi una doccia calda. Lascio che l'acqua scorra veloce sul mio corpo nudo e che mi scaldi. È una bella sensazione e sorrido mentre mi insapono e mi risciacquo. Esco e mi lego un asciugamano attorno al corpo e uno attorno ai capelli. La tristezza di questa mattina è passata e mi dirigo in camera canticchiando a bocca chiusa come faceva mia madre quando l'aveva i piatti. Prendo un paio di mutande bianche e me le infilo, poi indosso una canottiera nera e prendo dal letto la felpa che Tobias ha lasciato qui un paio di giorni fa. L'ho sempre usata per dormire, così da avere il suo profumo a guidarmi verso il mondo dei sogni. È una felpa molto semplice, nera e senza cerniera. Dentro è un po' felpata e tiene molto caldo. Dato che Tobias è decisamente più largo e più alto di me, questa mi arriva quasi a metà coscia. Torno in bagno e mi asciugo i capelli.
Sento qualcuno bussare. Il mio riflesso allo specchio mi restituisce uno sguardo confuso. Con i capelli ancora un po' spettinati vado a vedere chi è, dimenticandomi di essere in mutande. Guardo dallo spioncino e vedo Tobias. Apro la porta stupita.
-Che ci fa qui il nostro capo fazione preferito?- chiedo con un sorriso dolce. Sorride appena.
-Non credo tu possa definirmi il "preferito" dopo neanche un giorno dalla nomina.- mi risponde. Mi sposto e lo faccio entrare.
-Sei comunque il mio preferito.- gli dico chiudendo la porta e baciandolo velocemente.
-Comunque davvero, che ci fai qui?- gli chiedo.
-Non volevo stare solo.- mi confessa piano.
-Beh, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Vieni in bagno con me? Stavo finendo di lavarmi.- gli dico e lui annuisce. Lo prendo per mano e mi dirigo verso il bagno tirandomelo dietro. Io prendo lo spazzolino e il dentifricio e lui tira giù il tappo del wc e si siede.
-Come mai non volevi stare da solo? C'è qualche cosa che non va?- gli domando prima di infilarmi lo spazzolino in bocca. Lui per un po' non risponde.
-Vederlo mi ha turbato più di quanto immaginassi.- sussurra mentre mi risciacquo la bocca. Ripongo lo spazzolino al suo posto e mi avvicino a lui, poi mi chino appoggiando i miei gomiti alle sue ginocchia.
-Quando mi ha guardato... mi sono sentito come mi sentivo quando vivevamo insieme, come se fossi sbagliato, come se non meritassi di essere amato.- mi confessa.
Lo guardo e poi gli poso una mano sulla guancia costringendolo a guardarmi.
-Non pensarlo neanche per un momento, hai capito?- dico e lui mi bacia la mano.
-È per questo che sono venuto qui. Tu sei l'unica che mi abbia sempre fatto sentire... non lo so, come se fossi giusto così.- mi sussurra mentre guarda i miei occhi lucidi.
-Beh, perché lo sei.- gli rispondo tranquillamente.
Lui mi sorride in un misto di dolcezza e tristezza.
-Nessuno me lo aveva mai detto.-
Mi alzo e mi avvicino a lui, accarezzandogli i lati della testa. Con i capelli che gli solleticano le orecchie si nota meno che sono un po' a sventola.
-Meriti di sentirtelo dire. Tu sei giusto così, Tobias, in te non c'è niente di sbagliato. E meriti di essere amato, forse più di quanto tu stesso credi.- gli dico, poi aggiungo, guardandolo dritto negli occhi, -Meriti di sentirti dire e di sapere che sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto. E non devi pensare di essere sbagliato, non ti voglio più sentire dire una cosa del genere, mi hai capito?-
Lui mi guarda qualche secondo e poi mi stringe forte a sé.
-Ti amo.- mi dice, e il mio cuore perde un battito. Una sensazione di calore si diffonde per tutto il mio corpo e io poso le mie labbra sulle sue.
Continuiamo a baciarci e poi lo prendo per mano e lo porto in camera. Nonostante la nostra conversazione, so che non vuole rimanere solo. Ha bisogno di me oggi, dopo aver visto suo padre dopo più di due anni. Non dimenticherò mai lo sguardo di Marcus su di lui, e sono pronta a dargli tutto l'amore che suo padre gli ha sempre negato.
-Cosa fai?- mi chiede senza capire quando entriamo in camera e mi sistemo sul letto.
Sorrido dolcemente.
-Hai detto di non voler rimanere da solo, così ho pensato che avresti potuto dormire qui. Se vuoi, ovviamente. Puoi dire di no. Non ti obbligo.- dico abbassando il capo. Tobias sorride.
-Mai mi sognerei di contraddirti. E comunque sì, mi farebbe piacere.- mi dice, poi si corica affianco a me. Appoggio la testa sul suo petto e lui passa il braccio intorno al mio corpo. Per un po' lo sento accarezzarmi la spalla, il braccio e i capelli; poi mi addormento.

 

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Capitolo 28
*** Epilogue ***


TRE ANNI DOPO

Sono in mensa quando Will corre veloce verso di me e mi abbraccia.
-Ce l'ho fatta!- mi dice e io sorrido felice. Sono due anni che si prepara per superare il test e entrare in lista per diventare capofazione. Ha passato ogni secondo della sua vita senza Christina a studiare.
-Peter non l'ha passato, non l'ha passato!- dice ancora, e questa notizia mi rende felice per davvero.
-Beh, questa notizia mi ha migliorato la giornata. E dato che tra sei mesi bisognerà rieleggere i nostri capi fazione, farò in modo di proporti.- gli dico ridendo.
Una mano calda si posa sul mio fianco e me lo stringe appena.
-Congratulazioni, te lo sei meritato.- dice Tobias dando una pacca sulla spalla a Will. Poi si gira verso di me.
-Uriah mi dice di dirti che domani hanno deciso di andare allo Zipline, ho detto che ci vai anche tu. Ho fatto bene?- chiede. Io lo guardo e gli bacio una guancia.
-Assolutamente sì.- gli rispondo. Ho deciso che voglio riuscire a convincerlo a provarlo una volta, ma non ho ancora ben definito come fare.
-Dovresti provarci anche tu, solo una volta.- gli butto lì. Lui mi guarda come se gli avessi appena detto che sono incinta.
-Cosa? Stai scherzando? Potrebbe venirmi un infarto.- mi dice. Vedo entrare Christina.
-Dovresti andare a darle la buona notizia.- suggerisco a Will e lui si allontana trotterellando.
-No, non sto scherzando. Dovresti provarlo, non è così male. E poi, sarai legato, non c'è alcun pericolo.- dico girandomi a guardarlo. Lui mi prende per mano e ci sediamo insieme al tavolo.
-Sai, sto cercando di capire se sei completamente pazza o se semplicemente stai cercando un modo lento e doloroso per uccidermi. Soffro di vertigini, Beatrice.- mi ricorda dolcemente abbasando la voce sull'ultima frase. Nonostante ormai tutti sappiano quali sono i nostri veri nomi, io continuo ad essere l'unica a chiamarlo sempre Tobias. A lui non da fastidio, ma nonostante ciò è rimasto e probabilmente rimarrà per sempre "Quattro".  E, come io sono l'unica ad usare il suo vero nome, lui è l'unico a chiamare me con il mio vero nome. In pratica, è cambiato ben poco. Da quando i vertici sono stati cambiati, i Pacifici hanno avanzato un sacco di proposte e la nostra società è stata completamente rivoluzionata.
Dopo settimane di dibattito si è deciso che le famiglie possono riunirsi non solo nel Giorno delle Visite ma anche per le festività. Due anni fa Caleb e i miei genitori sono venuti da me e abbiamo mangiato tutti insieme, mentre l'anno scorso io, mio fratello e Tobias siamo stati invitati a cena da loro. Marcus non si è fatto vivo, nonostante papà mi abbia confidato di averlo invitato. Sono felice che non sia venuto. Quest'anno, invece, Caleb ha invitato tutti quanti da lui. Circa un'anno fa ha finalmente deciso di fidanzarsi con Elisabeth e, sebbene non mi stia sempre molto simpatica, sono felice per loro.
La situazione economica sta pian piano migliorando, anche se siamo ancora parecchio distanti dalla fine della crisi.
Sorrido mentre afferro un hamburger e lo addento.
-Prometti che ci penserai? Solo una volta, poi non te lo chiederò più.- gli dico. Lui mi guarda torvo.
-Ci penserò.-
Rimango a bocca aperta, non pensavo che sarei riuscita a convincerlo così facilmente a prendere in considerazione l'idea.
-Che c'è?- mi chiede prendendo un hamburger a sua volta.
-Nulla, tranquillo. Ero solo stupita dalla tua risposta. Pensavo che ci avrei messo di più.- dico. Lo sento bofonchiare qualcosa ma non capisco cosa. Lo guardo, è pensieroso. Ci starà pensando davvero?

•••

Qualcuno bussa alla porta. Mi avvicino con l'elastico per capelli in bocca e una maglia che stavo per stendere nella mano.
Non faccio in tempo ad allungare la mano sulla maniglia che Tobias entra. Ormai vive praticamente da me; passa qui gran parte della sua vita.
-Ti ho interrotta?- mi chiede guardando lo stendino dietro di me. Io scuoto la testa e tolgo l'elastico dalla bocca.
-No, tranquillo, stavo solo stendendo. Hai finito la riunione?- gli chiedo.
-Sì, abbiamo passato il tempo a parlare del risultato del test e dei prossimi possibili colleghi che avremo in futuro. Sinceramente, spero di essere rieletto con Will.-
-Ti rieleggeranno sicuramente.- gli dico riprendendo a stendere. Lui si avvicina e mi aiuta. Quando siamo da soli, sembriamo una classica coppia Abnegante. Quando mangiamo a casa da soli, una volta serve lui è una volta servo io. Se cucina lui io ritiro e viceversa. Ci viene naturale.
-Ci ho pensato.- mi dice nervoso. Mi giro rapida verso di lui. Lo ha fatto davvero? A giudicare dal suo pallore direi di sì.
-Davvero? E?-
Lui si siede ma subito dopo si rialza.
-Credo, per una volta, di poterti accontentare.- dice. I pantaloni che tengo in mano mi cadono e lui li raccoglie scuotendoli.
-Stai scherzando?- chiedo. Lui scuote la testa.
-O mio Dio.- dico e lo vedo alzare gli occhi al cielo.
-Però... non voglio farlo con tutti gli altri. Quindi, se vuoi farmelo fare, lo faremo da soli.-
Accetterei qualsiasi condizione pur di vederglielo fare. Aggiro lo stendino e lo abbraccio. Lui ridacchia piano, ma non capisco se sia per me o perché è nervoso.
-Dobbiamo portare per forza qualcun altro, io non ti saprei mettere l'imbracatura.- dico.
-Chi?-
-Zeke?- propongo. Lui annuisce, dopotutto parliamo del suo migliore amico.
-Quando?- mi chiede.
Lo guardo e ci penso.
-Dipende... vuoi che te lo dica con largo anticipo?- chiedo.
-Non lo so. Ma non aspettare troppo o rischierò di avere un attacco di panico solo al pensiero.- mi dice. Io lo guardo e sorrido appena.
-Se non vuoi non ti voglio obbligare, Tobias. Non importa, lo sai vero? Ci sono un sacco di altre cose che possiamo fare, non devi per forza farlo.- gli sussurro accarezzandogli una guancia. Lui mi sorride e mi bacia.
-Voglio vedere se riesco ad arrivare a tre, chissà...- mi sussurra a fior di labbra e io rido.
-Bene, allora vado a parlarne con Zeke. Finisci tu di stendere?- gli chiedo tutta felice. Questa volta scoppia seriamente a ridere e mi fa segno di andare. Esco e corro verso il Pozzo.

•••

Io e Zeke abbiamo deciso di farlo questa sera. Lui non ha il turno e Tobias non sospetta nulla. Sorrido maliziosa quando sento bussare alla porta e mi alzo dal divano.
-Chi è?- mi chiede Tobias quando mi alzo. Io non rispondo e vado ad aprire.
-Zeke? Che cosa..? Oh.. oh no..-
Vedere la consapevolezza di cosa accadrà farsi spazio sul volto del mio ragazzo è un'immagine che conserverò per sempre: assolutamente meravigliosa.
-State scherzando? Adesso?- chiede. Zeke annuisce.
-Guarda il lato positivo: domani potrai scoprire se ha sortito l'effetto desiderato o meno e non dovrai aspettare.- gli dico con una alzata di spalle. Lui scuote la testa fissandoci.
-Voi siete pazzi.- dice.
Zeke ride.
-Coraggio, Eaton, ti aspetto fuori.- dice. Non l'ho mai sentito usare il cognome di Tobias prima d'ora e devo dire che fa terribilmente strano. Sentire il suo cognome lo riscuote e, pallido, si alza dal divano e va a prendere la giacca che ha appoggiato sulla sedia e mi porge la mia. Io la afferro e poi gli prendo la mano e gliela stringo forte. Spero di infondergli un po' del coraggio che immagino gli servirà.
Corriamo lungo le carrozze del treno e ci saltiamo dentro. Per tutto il tempo Tobias non parla.
-Hai accesso i generatori d'emergenza? O dobbiamo farcela a piedi?- chiedo guardando Zeke.
-Scusa, rigida, ma per chi mi hai preso? Credi davvero che voglia farmi tutta quella roba a piedi?- mi dice con tono scherzoso, come suo solito.
Io rido e alzo le mani in segno di resa.
-Scusa.- dico ridendo, poi mi siedo accanto a Tobias e mi accoccolo al suo fianco. Lui mi stringe forte il fianco con un braccio.
-Dio, Quattro, rilassati. Non è nulla di che.- gli dice Zeke.
-Certo, tu non hai paura dell'altezza.- bofonchia Tobias, ma lo dice troppo piano perché Zeke possa sentirlo. Sono sicura che in ogni caso, dopo oggi, gli sarà piuttosto chiaro che il suo tenebroso amico soffre di vertigini.
Quando saltiamo giù dal treno ci mettiamo a correre verso l'Hancock e poi entriamo negli ascensori.
-A che piano?- chiede Tobias con la voce che trema appena. Io premo il numero 100, e lui strabuzza gli occhi, -Oh Dio...- commenta senza fiato.
-Tranquillo, se vuoi tornare indietro basta che me lo dici, okay?- gli chiedo avvicinandomi mentre l'ascensore sfreccia verso l'alto.
-No, col cavolo che torniamo indietro.- dice Zeke ridendo, ma poi torna a guardare Tobias perplesso. -Sicuro di star bene?- gli domanda. Lui annuisce. Certo, come no. Mi sento un'idiota ad averlo convinto a venire qui.
-Non è colpa tua, lo sai vero?- mi dice. A volte mi sembra che mi legga quasi nel pensiero. Gli sorrido. L'ascensore si ferma e, con un sospiro profondo, Tobias esce e si arrampica sulla scala che porta al tetto. Grazie al cielo oggi non c'è vento, così se non altro non è come il suo scenario della paura.
-Oh no. No no no.- dice scuotendo la testa quando vede il palo da cui scende il cavo di metallo e il mucchio di imbracature al fianco di questo.
-Coraggio, Quattro. Non capisco perché tu sia così spaventato.- dice Zeke. Poi, forse perché riesce a fare due più due o forse semplicemente perché vede che Tobias evita accuratamente i bordi del tetto, lo guarda con occhi spalancati: -Quattro, tu soffri di vertigini!- constata con sorpresa. Tobias annuisce nervoso e Zeke scoppia a ridere.
-Dio, avresti potuto dirlo subito! Coraggio, vieni, dammi la manina.- lo prende in giro e lo afferra per un polso trascinandolo con forza verso le imbracature. Io lo seguo da vicino.
-Vuoi andare prima tu, o devo andare prima io?- gli chiedo.
Lui ci pensa un attimo.
-Prima tu.- mi dice. Lo bacio velocemente mentre Zeke attacca un'imbracatura alla carrucola e afferro la mano che mi sta porgendo. Infilo la testa e lascio che stringa le cinghie intorno al mio corpo. Guarda Tobias con un sorriso rassicurante fino a quando Zeke non mi lancia. Sorrido e rido: non mi stancherò mai di tutto questo.

•••

-Coraggio.- dice Zeke, ma io vorrei sprofondare e non riemergere più. Poi mi rendo conto che mi trovo a trecento metri di altezza e che sprofondare sarebbe un problema.
Beatrice lo ha fatto, ora lo farò anche io. L'imbracatura è pronta sopra alla mia testa.
-No, non ce la faccio.- dico. Zeke sbuffa, ma lo conosco abbastanza bene da sapere che sta scherzando.
-Ascoltami, okay? Non sei costretto a tenere gli occhi aperti, se non vuoi. E se non te la senti, giuro su quello che vuoi che andiamo agli ascensori e scendiamo. Te lo ha detto anche Tris, non è un problema. Ma immagina che faccia avrebbe se ti vedesse arrivare imbracato proprio sopra di lei. Io penso che sarebbe profondamente orgogliosa di te, amico. E non penso che tu voglia perdertelo.- mi dice alzando un sopracciglio.
Faccio dei respiri profondi e annuisco un paio di volte, poi afferro la mano che mi sta porgendo prima che mi passi il coraggio e chiudo gli occhi mentre mi stringe le cinghie attorno al corpo.
-Pensa che effetto farà, avere solo tre paure!- mi grida, poi mi lancia nel vuoto. Sono così terrorizzato che non riesco neanche ad urlare. Alzo lo sguardo evitando accuratamente ciò che c'è sotto di me. Ho le lacrime agli occhi a causa dell'aria, ma ciò che vedo è bello, bello davvero. Forse riuscirò davvero a superare questa paura, chi lo sa.
Arriverò in fondo alla Zip-line.
Posso farcela.
Devo farcela.
Lo voglio.

•••

Aiuto Tobias a liberarsi delle cinghie e lo faccio sedere per terra. Il mio viso tira da quanto sto sorridendo.
-Ce l'hai fatta!- gli dico felice. Lui annuisce, ma sta ancora tremando. A momenti arriverà Zeke, ma a me non importa proprio per niente.
Tobias sorride debolmente e tenta di mettersi in piedi. Le gambe gli tremano e si siede di nuovo.
-Allora? Come è stato?- gli chiedo mentre mi siedo al suo fianco e gli cingo la vita con le braccia.
-Terribile. La vista era carina, ma non lo rifarò mai più.- sospira appena con il fiato corto. Rido e lo abbraccio.
Con uno sforzo, si tira in piedi e appoggia la schiena al muro dietro di lui.
-Sono molto orgogliosa di te, davvero. Fossi stata al tuo posto, non penso che avrei mai avuto il coraggio di farlo.- gli dico stringendomi di più a lui e appoggiando la testa al suo petto. Lui mi accarezza la schiena.
-Uhm... secondo me ne avresti avuto da vendere di coraggio. Per fare questo e altro.- mi sussurra tra i capelli. -Domani ti dirò se dovrai continuare a chiamarmi Quattro o potrai passare a Tre.-
Ridacchiamo entrambi.
-Aspetterò con ansia.- gli rispondo.
Dopo che anche Zeke arriva e si congratula con Tobias, torniamo a casa. Le emozioni di questa sera ci hanno stremato. Salutiamo Zeke e poi, mano nella mano, ci dirigiamo verso il mio appartamento. Cerchiamo di fare il più piano possibile fino a quando non ci chiudiamo la porta alle spalle. Ci togliamo le scarpe e le giacche e, dopo esserci cambiati, ci dirigiamo in camera da letto. Ci corichiamo e, con un sorriso, mi accoccolo nel suo abbraccio.
-Come stai?- gli chiedo in un sussurro dopo aver spento la luce.
-Meglio di quanto avrei pensato.- mi risponde lui. Passo una mano sul suo petto: ha degli addominali troppi scolpiti e troppo perfetti, non è giusto.
-Sono davvero felice. Non avrei mai pensato di poterti convincere così facilmente.-
Lo sento ridere.
-Non pensavo che mi avresti mai convinto così facilmente. Ma per te farei qualunque cosa, anche andare a cena da Marcus se me lo chiedessi.- dice, poi fa una pausa e continua -No, questo forse no.-
Questa volta sono io a ridere.
-Ti amo, lo sai?- chiedo, alzando leggermente la testa nella sua direzione e lasciandogli un piccolo bacio sulla guancia.
-Sì. Ti amo anch'io.- mi risponde, poi mi mette una mano su una guancia e, scivolando un po' più giù sul materasso, copra la mia bocca con la sua.

Non avevo mai pensato a come sarebbe stato il mio futuro, a quello che avrei fatto una volta saputo il risultato del test attitudinale o una volta finita l'iniziazione. Per anni ho sempre vissuto al fine di superare un determinato evento, più o meno importante. Ma ora, per la prima volta, mi sento pronta per fare dei progetti più duraturi. Ancora non so cosa accadrà nel mio futuro, ma di una cosa sono certa: Tobias ne farà parte.

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