All'ombra dell'ultima luna

di __bibi___
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

L’aria settembrina iniziava a farsi spazio nell’afosa estate californiana, regalando a tutti gli abitanti di Beacon Hills qualche sprazzo di sollievo in quelle ultime giornate estive. La città godeva di un clima mite per la maggior parte dell’anno, arrivando tuttavia a temperature torride nei mesi di luglio e agosto. Due mesi che avevano sempre innervosito Scott McCall, soprattutto dalla trasformazione. A quanto pare, i lupi soffrivano il caldo molto più degli umani, ed erano ormai dieci anni che Scott combatteva quel nemico invincibile.

Continuava a tenere il ventilatore puntato sul viso, nonostante le remore della madre che, come fosse ancora un quindicenne asmatico, lo metteva in guardia da quell’aria sparata in faccia. “Ti verrà il torcicollo”, rimbombava nitido nella sua testa. Come se ai licantropi potesse venire il torcicollo. Ridacchiò a quel pensiero, rimuginando sulle ultime telefonate con la madre. Non passava a casa da quattro giorni e lei glielo aveva fatto notare senza troppi giri di parole. Nell’ultima telefonata, l’aveva salutata con la promessa che si sarebbe fatto vedere dopo il lavoro. Doveva farlo, soprattutto per Marta. La vocina squillante della bambina era nitida nelle sue orecchie, e per nulla al mondo avrebbe deluso quello scricciolo moro. Quella sorella che non pensava nemmeno di volere e che, ormai da qualche anno, aveva stravolto le vite di tutti.

Buttò un occhio sull’enorme orologio appeso al centro della parete di fronte a lui. Le sette e un quarto. Malia lo avrebbe azzannato alla gola se avesse ritardato all’ennesima cena. Chiuse il fascicolo che aveva sotto gli occhi da un po’, spense il ventilatore e uscì in fretta, chiudendo a doppia mandata la porta della clinica. Imprecò tra sé per non aver mai chiesto a Deaton di prendere un assistente o, in alternativa, di tornare nella sua fottuta clinica!

Lavorava lì da anni, da prima di esserne in grado, e, nell’ultimo periodo, Alan Deaton sembrava scomparso nel nulla. Scott sapeva che, un giorno o l’altro, quella clinica sarebbe stata sua, il druido glielo ripeteva in continuazione, e sapeva anche che doveva farsi le ossa lì dentro.

«Ti fidi di me, lo so, ma non ce la faccio da solo» sbottò, per l’ennesima volta, contro una segreteria silenziosa. Di nuovo, il cellulare di Deaton risultava spento. Lo avrebbe richiamato. Ancora e ancora. Doveva rispondere. Infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e salì a cavallo di quella moto comprata a fatica e che non riusciva a lasciare andare. Malia ripeteva ogni giorno di cambiarla, che ormai potevano permettersene una nuova. Ma quella era la sua moto, la sua compagna d’avventure. L’avrebbe lasciata andare solo se costretto.

Arrivò nel vialetto di casa della madre e sorrise appena. Non abitava più lì da anni. Aveva ceduto la sua stanza a Marta, che non aveva cambiato una virgola di quelle quattro mura che per anni avevano ospitato il suo super fratello, e aveva deciso di buttarsi nella convivenza con Malia, in un grazioso e non troppo grande appartamento in centro.

Dopo anni di relazioni tossiche e disfunzionali, quella con la coyote sembrava andare terribilmente bene. All’inizio era impaurito: Malia era la ex di Stiles, una tosta, senza peli sulla lingua, forte e sicura di sé. Pensava non sarebbero durati più di due mesi, e invece eccoli lì, ancora oggi insieme, dopo dieci anni, a convivere e a fare piani per il futuro.

Tirò giù il cavalletto e riconobbe all’istante Marta, impegnata a giocare da sola a qualcosa che in molti definirebbero poco femminile. Aveva una palla in mano e, ascoltando attentamente, Scott capì che, per la bambina, quello era un carrarmato. Non ci mise molto a mettere da parte quel fantasioso gioco per correre da lui, illuminandosi non appena incrociò lo sguardo del fratello.

«Scott!», urlò eccitata. Lui la prese tra le braccia facendola volteggiare un po’ per aria. Negli ultimi otto anni l’aveva sempre fatto e si era sempre guadagnato occhiatacce dalla madre e da Chris, che aveva puntualmente ignorato.

«Ciao pulce» rispose, stringendola e riempiendola di baci solleticosi. Lei rise di gusto, poi lo costrinse a farla scendere ed entrò in casa urlando e annunciando l’arrivo del lupo. Melissa raggiunse in fretta il portico, guardò ammirata il figlio e scrollò appena le spalle.

«Pensavo ti fossi dimenticato di avere una famiglia», lo ammonì bonariamente. Lui si strinse nelle spalle, nascondendosi dietro la mole di lavoro accumulata dalla partenza di Deaton. «Non si è ancora fatto sentire?» aggiunse lei, vagamente preoccupata.

«Macché» rispose l’alfa entrando in casa e accettando volentieri la birra che Chris gli aveva già stappato. «È stato vago anche il giorno della partenza. “Ho bisogno di una vacanza”» spiegò, scontroso.

«Sei preoccupato?» intervenne Chris. Scott abbassò un po’ la testa. Come al solito, quell’uomo con cui non condivideva la genetica riusciva a capirlo con uno sguardo. Era terrorizzato. Conosceva Deaton da anni, ormai, e non era mai sparito così. Erano rimasti in contatto anche quando aveva girato per mesi il sud America in cerca della madre di Malia. Questo comportamento non era da lui.

Si sforzò di apprezzare il tentativo, vano, di Chris e Melissa di tranquillizzarlo. Avvertiva tagliente la preoccupazione di entrambi e questi sentimenti malcelati non potevano che accrescere la sua ansia.

«Che ne dite di lasciarmi Marta per stanotte? Malia sarebbe felicissima» propose. Aveva bisogno di distrarsi, e non c’era migliore distrazione di quella piccoletta. Sul volto di entrambi si aprì un sorriso spontaneo, sincero e contagioso. Iniziarono a ringraziarlo in coro per l’inaspettata serata romantica che stava regalando loro. Alla notizia, Marta gli saltò al collo con gioia prima di correre nella sua stanza e racimolare tutti i giocattoli che avrebbero potuto tornarle utili.

Arrivati a casa, solo la vista della bambina bloccò Malia dall’ennesima sfuriata. Come tutti, anche la coyote era del tutto devota alla nuova arrivata della famiglia.

«Piccola pulce» urlò Malia abbassandosi sulle ginocchia e aprendo le braccia.

«Malia!» Marta ricambiò l’urlo, tuffandosi su di lei.

«Ho lasciato a Chris e mamma una serata libera» spiegò lui, quasi scusandosi. La ragazza gli sorrise, tranquillizzandolo. Marta non era mai stato un peso, per nessuno. Arrivata per caso, da subito aveva riempito tutte le loro giornate. Beacon Hills, anno dopo anno, era diventata sempre più un’oasi tranquilla, le guerre sembravano scomparse del tutto e l’arrivo di quella bambina aveva sancito definitivamente la rinascita della cittadina.

«Che hai?» sussurrò Malia dolcemente. Aveva imparato, negli anni, a capire ogni sua espressione e Scott sapeva che gli occhi spenti delle ultime settimane non facevano dormire tranquilla nemmeno lei. Sospirò affranto e capì che la ragazza non aveva bisogno di altre parole. Sapeva bene che in ogni pensiero del lupo, in quel momento, c’era Alan Deaton. «Sta bene, ne sono certa» provò a confortarlo.

Lui si buttò a peso morto sul divano, giocherellando con uno dei cuscini che lei aveva scelto con cura nel negozietto di antiquariato all’angolo della via principale.

«Sei andata a ritirare il vestito?» mormorò, cambiando argomento. Aveva bisogno di distrarsi, di non rimuginare sul suo capo per almeno dieci minuti.
Malia si aprì in un sorriso contagioso, alzandosi da terra come una molla e chiedendo dolcemente a Marta di aspettarla. La bambina annuì distratta, presa dalla moltitudine di giocattoli sparsi sul pavimento.

«Me lo hanno stretto, ora è perfetto» esclamò trionfante mentre apriva l’enorme sacca e gli mostrava il bellissimo abito verde acqua che avrebbe indossato al matrimonio. Scott annuì compiaciuto, facendo dei silenziosi complimenti a se stesso per averle consigliato quel colore. Sarebbe stata divina.

«Fortuna che non c’è la sposa, o l’avresti completamente oscurata» disse convinto, facendola sciogliere. Nonostante gli anni, Malia non riusciva ancora del tutto ad abituarsi a quei complimenti spontanei e sinceri.

Ripose con cura l’abito, attenta a non rovinarlo, e lo raggiunse sul divano. Lui la abbracciò e le lasciò qualche casto bacio a fior di labbra. Poi la strinse un po’ di più e la fece accoccolare sul suo petto caldo.

«Andrà tutto bene» ripeté lei sicura. «Adesso dobbiamo pensare al matrimonio. Tra due settimane, se ancora non avremo notizie, cominceremo a cercarlo seriamente. Ok?»

Scott annuì poco convinto. Due settimane sembravano un’eternità. Ma, in fondo, Malia non aveva tutti i torti e lui si fidava di lei. Due settimane non erano nulla, forse era davvero solo una vacanza. Forse le sue erano solo paranoie, suggestioni date da un passato che sembrava sempre dietro l’angolo. E sì, dovevano pensare all’imminente matrimonio di Ethan e Jackson.

«Incredibile che Ethan abbia scelto te come testimone» bofonchiò lamentoso. Malia strabuzzò gli occhi.

«Come incredibile? Perché? È il mio migliore amico!» rispose ovvia.

«Ma io sono il suo alfa». La coyote arricciò il naso a quella risposta.

«Migliore amica batte alfa» gongolò. Scotto sbuffò sconfitto, rimuginando indignato sul fatto che nemmeno Jackson avesse scelto lui, preferendo Stiles.

STILES!

«Lydia verrà?» chiese, dopo qualche minuto di confortante silenzio. Vide la ragazza fingere indifferenza, guardarsi un po’ intorno e sussurrare un flebile “sì”. Non doveva sapere altro. Il giorno dopo avrebbe avvisato Stiles.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Da quando Stiles Stilinski aveva abbandonato l’FBI per entrare nella polizia di Beacon Hills, sembrava che i pianeti si fossero riallineati. Aveva sempre saputo che, in fondo, quella non era la sua strada. Fin da bambino, aveva amato crescere in una cittadina tranquilla, per niente caotica e con la pace che solo i suoi cari potevano dargli. Lavorare col padre, con Malia e con Parrish lo appagava totalmente. Condividere con Scott la città dove erano cresciuti e che avevano protetto insieme lo rendeva orgoglioso.

Ogni mattina, usciva sorridente dal suo piccolo appartamento in centro per andare al bar della piazza, quello che Ethan aveva recentemente rilevato. Occupava il solito tavolino, ordinava per sé e per Scott e aspettava l’amico ritardatario.

Quella mattina non fece eccezione. Ordinò un caffè macchiato per sé, un espresso per il lupo e due muffin alla cannella, prese il giornale della città e lo sfogliò svogliato. Erano anni, ormai, che a Beacon Hills non succedeva nulla. Da quando avevano sconfitto Gerard e costretto la Monroe alla fuga, Beacon Hills era tornata a essere la tranquilla cittadina di quindici anni prima, quando Scott era ancora umano e loro passavano le giornate a spiare la stazione di polizia tramite la radio nella jeep. Jeep ancora viva, nonostante il tempo e gli acciacchi. L’amico gliel’aveva restituita non appena era tornato in città.

Ripensare a quegli anni lo rendeva assai malinconico. Non erano nessuno, non avevano tanti amici. Lydia non conosceva nemmeno il suo nome. Già, Lydia… spesso la sognava e si chiedeva se fosse lo stesso anche per la banshee. Non erano riusciti a incontrarsi, nonostante l’amore. Ci avevano provato tanto, ma tutto sembrava contro di loro.

Si perse un po’ a guardare la strada: le macchine affollavano la carreggiata come ogni lunedì mattina. Posò gli occhi su un SUV nero, un ultimo modello, di quelli che di rado si vedevano in città. Pensò a Jackson, l’unico a potersi permettere un’auto del genere. Ma lui preferiva di gran lunga auto sportive, nonostante le lamentele di Ethan. Sorrise pensando ai battibecchi tra i due futuri sposi. Era certo che Ethan avrebbe avuto la meglio, prima o poi: entrambi pensavano di allargare la famiglia, e un SUV sarebbe stato assai più adatto.

Senza quasi accorgersene alzò gli occhi verso l’abitacolo. E la vide. Era lì, bella come il sole, raggiante e sorridente. Ascoltava assorta l’uomo alla guida. Stiles sentì il suo cuore perdere qualche battito e smise di respirare quando lo sguardo della banshee raggiunse il suo. Anche Lydia cambiò espressione, e la risata si trasformò in un sorriso dolce e tirato. Alzò la mano, lo salutò ma lui non fece in tempo a ricambiare perché l’uomo alla guida ripartì svelto.

Aveva pensato tanto a quando l’avrebbe rivista, a come sarebbe stato. Aveva fantasticato, sognato, a tratti impaurito ma, certamente, sempre euforico. Erano anni, ormai, che i due non si incrociavano. Nonostante gli stessi amici, nonostante la stessa città, non si erano più visti dopo quell’ultimo tragico epilogo. Ricordava quelle lacrime come se ancora sgorgassero sul suo viso che sembrava ancora quello di un adolescente. Ricordava il cuore a pezzi e quella cocente consapevolezza di viaggiare su due binari paralleli che, probabilmente, non si sarebbero mai incontrati.

Lydia era rimasta a Beacon Hills quando lui aveva provato la strada dell’FBI. Lui era tornato a Beacon Hills quando lei aveva deciso di andarsene. La lontananza aveva frantumato quel rapporto.

Quasi non si accorse dell’arrivo di Scott, che dovette scuoterlo per farlo tornare alla realtà.

«Ho una notizia» esordì senza nemmeno salutarlo. Stiles annuì, immaginando senza fatica quello che avrebbe detto l’amico. Lydia era tornata, sicuramente per il matrimonio, e Scott lo sapeva.

«Lo so, ci sarà anche lei. Non avevo grossi dubbi, comunque… lei e Jackson sono amici da sempre, e per un periodo è stata la cognata di Ethan. Insomma, che dovevo aspettarmi?» farfugliò provando a sembrare indifferente, quasi contento. Scott non ci cascò, e sorrise affranto.

«Forse dovreste vedervi prima», azzardò. «Sai, per evitare imbarazzo quel giorno». Stiles si strinse nelle spalle. Lydia era in auto con un ragazzo, probabilmente il suo nuovo e ricchissimo ragazzo. Nuovo, ricchissimo e bellissimo ragazzo. Sicuramente un uomo di successo, intelligente e scaltro, capace nel suo lavoro. Insomma, non una copia brutta e sbiadita di Stiles. Era andata avanti.

«È qui. Con un tipo. L’ho appena vista» confessò conciso. Scott strabuzzò gli occhi. Non se lo aspettava. Che Malia non lo sapesse?

«Ecco a voi. Stamattina colazione offerta» li interruppe Ethan.

«La offri un po’ troppo spesso» lo ammonì Scott, «di questo passo dovrai chiudere»

«Nah, la offro solo a voi. E poi sto per sposare l’uomo più ricco di Beacon Hills, avrà pure i suoi vantaggi» scherzò sedendosi nell’unica sedia rimasta libera per una pausa sigaretta.

«È arrivata Lydia» lo informò Stiles, evidentemente bisognoso di parlarne con chiunque. Ethan abbassò gli occhi, apparendo colpevole.

«Te ne avrebbe parlato Jackson stasera, ci ha chiamati ieri» spiegò. Stiles annuì. Non ce l’aveva con loro. Era giusto. Insomma, Lydia e Jackson avevano un passato, Lydia e Ethan avevano un passato. Era amica di entrambi, che poteva pretendere lui. Ma il nuovo ragazzo era necessario? Sentì la gelosia montargli cocente dalle viscere alla gola. Bevve in un sorso il suo caffè macchiato, ingurgitò il muffin, sprecò tempo a masticare pur di non parlare. Non sarebbe stato giusto. «Stanno insieme da poco» continuò Ethan, nonostante l’occhiataccia di Scott che non passò inosservata a Stiles.

«Non mi importa» bofonchiò a bocca ancora piena. «Mi ha sorpreso la cosa, tutto qui» spiegò ingoiando. Lo ripeté più volte, provando a convincerli. Non credeva nemmeno lui a quelle parole e sapeva bene che nemmeno loro ci avrebbero creduto. Ma non dissero niente. Il bello di quel gruppo era che nessuno metteva fretta agli altri. Era tutti tremendamente bravi a rispettare i tempi altrui.

Ne avrebbero parlato, magari la sera, dopo una giornata passata a sbollire la rabbia e la gelosia. Stiles adorava parlare con gli amici. Ma non in quel momento.

Il telefono lo salvò. Si portò platealmente una mano sulla fronte, pensando all’ennesimo rimprovero del padre per l’ennesimo ritardo. Non era il padre, e lui sospirò. Era Jordan Parrish.

«Sto arrivando» esordì senza nemmeno farlo parlare.

«Nel bosco. Abbiamo trovato un cadavere. Ti mando le coordinate» fu la sola risposta. Annuì, nonostante l’interlocutore non potesse vederlo e si alzò inforcando gli occhiali da sole che teneva più attaccati alla camicia che sul viso.

​«Giornata frizzantina per Beacon Hills, hanno trovato un cadavere nel bosco» spiegò, salutando entrambi con una pacca sulla spalla. I due ricambiarono e lui si allontanò frenetico. Cinicamente pensò che quell’omicidio era arrivato nel momento più opportuno, lo avrebbe distratto da qualsiasi pensiero malsano. Avviò il navigatore con le coordinate mandate da Parrish e mise in moto la Jeep. Il suo vero grande amore.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Quando Theo Raeken aveva lasciato Beacon Hills, tutti lo avevano additato come l’egocentrico che pensavano fosse. E lui glielo aveva lasciato credere. Solo Ethan sapeva la verità che si nascondeva dietro quella decisione all’apparenza per niente sofferta, e la chimera aveva pregato il lupo di mantenere quel suo segreto.

Negli anni, Theo aveva cercato altre soluzioni. Non aveva certo dimostrato maturità fuggendo nella notte come un ladro, dopo la confessione a cuore aperto di Liam. L’amico gli aveva messo in mano i suoi sentimenti, e Theo non aveva saputo affrontarli.

“Ti amo, e non so nemmeno come è successo” gli aveva detto in lacrime. Theo si era perso in quegli occhi che tanto lo avevano capito. Il loro rapporto era sempre stato strano. Si erano odiati, poi Liam lo aveva liberato, salvato, supportato. Erano diventati amici. Theo lo aveva aiutato dopo la fine della storia con Hayden.

La chimera non aveva saputo gestire il cambiamento. Non voleva farlo soffrire, non poteva ricambiare quei sentimenti che il lupo gli aveva vomitato in faccia con una semplicità a tratti stucchevole. Non era mai stato bravo ad essere onesto, Theo Raeken. E non ci era riuscito nemmeno in quel momento. Lo aveva accarezzato, gli aveva asciugato qualche lacrima e lo aveva lasciato lì, su quel divano che spesso avevano condiviso.

Il branco non vedeva Theo da anni, come avrebbero preso quel ritorno? Sapeva da Ethan che tutti erano a conoscenza dell’invito al matrimonio. Tutti sapevano dell’amicizia tra Ethan e Theo e a nessuno sembrava importare troppo. Ma il resto? Il suo ritorno in pianta stabile?

Ne aveva parlato con Scott qualche giorno prima. Aveva raccolto tutto il coraggio e lo aveva chiamato, per informarlo di quel suo ritorno che non aveva sorpreso l’alfa più di tanto.

“Era ora” aveva gioito McCall. Theo sperava che anche Liam l’avrebbe presa allo stesso modo.

Arrivò davanti al liceo di Beacon Hills con largo anticipo. In quegli anni aveva studiato, si era laureato, e ora era il nuovo professore di storia nel liceo della sua città. Anche Liam lavorava lì, sarebbero stati colleghi. Erano giorni che la chimera fantasticava su quell’incontro. Si sarebbero rivisti, ci sarebbe stato un po’ di imbarazzo, ma si sarebbero ritrovati. Ne era certo. O, forse, semplicemente ci sperava.

A Theo erano serviti anni per capire che il sentimento che lo legava a Liam non era solo amicizia. Per troppo tempo aveva preferito negare l’evidenza, raccontando a se stesso che il lupo meritava certamente di meglio. In fondo, per tutti, Theo Raeken era la chimera psicopatica che aveva ammazzato la sorella. Nonostante il cambiamento, nessuno lo aveva mai del tutto accettato nel branco, eccetto Ethan e Liam. Quello con Ethan era un rapporto nato col tempo, a distanza. Quello con Liam, invece… non sapeva nemmeno definirlo. Pensava fosse amicizia, quando era scappato nella notte. Quegli anni di lontananza gli avevano aperto gli occhi. Non era amicizia, ed era tornato a Beacon Hills per riprenderselo. Aveva tirato fuori un coraggio che nemmeno pensava di avere. Voleva vivere, voleva viverselo.

Mentre smanettava con la stessa macchinetta del caffè che abitava i corridoio quando lui era ancora uno studente, sentì due occhi puntati addosso. E li riconobbe. Non aveva bisogno di voltarsi, nessuno lo aveva mai guardato come aveva sempre fatto Liam, anche quando lo detestava.

Lo sentì dietro di sé, silenzioso, col respiro pesante e la rabbia che certamente stava montando. Aveva sempre avuto problemi di rabbia, Liam Dunbar. Theo lo aveva aiutato anche in quello.

«Che diavolo ci fai qui?» Sapeva che quella domanda era rivolta a lui. Non c’era ancora nessuno in quel corridoio.

Aspettò che la macchinetta finisse di buttare fuori il caffè, prese il piccolo bicchierino in plastica, mescolò appena e si voltò, incrociando dopo anni che gli erano sembrati eterni quei due occhi che aveva sempre sentito casa.

Sorrise, con quel sorrisetto sghembo e tirato che, ne era certo, piaceva tanto al lupo, e sospirò.

«Sono felice di rivederti» ammise. Era vero. Non era mai stato così felice in vita sua, nemmeno quando Liam lo aveva salvato dalla schiavitù. Il lupo aveva la mascella serrata e le braccia incrociate al petto, mentre la vena sul collo pulsava un po’ troppo.

«Sei sparito, da un giorno all’altro. Non ti sei fatto sentire per anni e ora sei felice di rivedermi? Non mi importa» sbraitò, provando a regolarizzare il respiro. Theo sapeva di meritare quel risentimento, nonostante per giorni avesse fantasticato su un’accoglienza migliore. «Pensavo saresti tornato solo per il matrimonio» aggiunse. La chimera chinò il capo, colpevole.

«Sono tornato per restare» spiegò. Liam indietreggiò di qualche passo, prima di fuggire. Non sarebbe stato semplice come aveva sperato. Forse nemmeno ci sarebbe riuscito. Perché Liam non lo aveva mai guardato con tanta freddezza. Sembrava celasse una punta d’odio, dietro quegli occhi tanto perfetti. Avrebbe dovuto avvisarlo, prepararlo, invece di piombare così nella sua nuova vita, da un giorno all’altro.

La mattinata proseguì a rilento. Era felice di quel nuovo lavoro, di interfacciarsi con studenti non troppo distanti da lui per età. Non rivide Liam per le successive ore e questo un po’ lo risollevò. Avrebbero parlato, quando l’altro sarebbe stato pronto. In quella relazione aveva deciso tutto Theo, era arrivato il momento di non essere egoista e di rispettare i tempi del beta.

Sentì la campanella che segnava la pausa pranzo e uscì in fretta dall’aula. Aveva bisogno di una boccata d’aria. Lo vide in cortile. Non era cambiato tanto, nonostante gli anni. Era solo più sicuro di sé. Rimase in disparte, lo vide salire in auto con una bella ragazza mora che non riconobbe. Prima di partire, Liam si guardò intorno e lo riconobbe. Alzò le spalle e si voltò di nuovo verso la sconosciuta, avvicinandosi e baciandola con fin troppo trasporto. Era andato avanti.

L’impulso di rincorrere la macchina e fermarlo era forte, ma riuscì a trattenersi. Non doveva essere egoista. Continuava a ripeterselo come un mantra, e sperava di riuscirci con tutto se stesso.

L’arrivo inaspettato di Scott McCall lo riportò alla realtà. Lo salutò da lontano alzando appena la mano destra e aspettò che l’alfa si avvicinasse. Lo vide con un sacchetto in mano, che subito gli porse. Dentro c’erano due sandwich. Theo ne prese uno, raggiungendo una panchina libera e restituendo a Scott il sacchetto.

«Come va il primo giorno?» chiese il lupo, addentando il suo sandwich. Theo lo imitò, ragionando un po’ su quella domanda. Alzò le spalle e bevve un sorso d’acqua. Non voleva essere avventato.

«Va…» si limitò a dire. Scott ridacchiò, scuotendo il capo. Non voleva giudicarlo, lo sapeva, eppure quella punta di sarcasmo lo infastidì. Erano tutti dalla parte di Liam, e non avevano torto.

«Sei scappato senza dire nulla… e ora sei tornato, senza dire nulla» lo rimproverò. Theo si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, non sapendo bene come ribattere. Solo Ethan sapeva davvero come si era sentito in quegli anni di silenzio e forse, spiegarlo all’alfa lo avrebbe alleggerito.

«Quando mi ha confessato di amarmi non ero pronto. Non sapevo fosse bisessuale, nemmeno io sapevo di esserlo e in più, ho sempre pensato di non meritare la sua amicizia, figurati il suo amore» iniziò cauto, fissando un’aiuola non troppo interessante del giardino della scuola.

Scott non lo interruppe. Sapeva che il discorso di Theo sarebbe stato lungo, e gli lasciò il tempo di formularlo. La chimera riprese: «Sono scappato perché non sapevo gestire quella situazione. Non volevo farlo soffrire e, insomma… com’è che si dice? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no?»

«Non ci sei riuscito, però» non riuscì a trattenersi il lupo. Theo sospirò. No, non ci era riuscito affatto.

«E lui è riuscito a dimenticarmi?» chiese, supplicandolo con gli occhi. Scott ridacchiò, quasi beffardo.

«Tu che dici?»

Theo alzò le spalle, sfiduciato. Lo aveva appena visto andare via con una ragazza.

«Sei il solito egocentrico» rincarò Scott. «Sparisci per anni, torni e pensi che tutti siano rimasti immobili ad aspettarti? La vita degli altri continua anche senza la tua presenza» lo redarguì.

«Lo so. E so che devo scusarmi con tutti. Ma io ci tengo davvero a lui. Non posso perderlo»

«Magari l’hai già perso» sussurrò Scott. Non c’era rancore in quella frase, non c’era più rimprovero o amarezza. Era una constatazione. O forse uno sprono, Theo non lo sapeva ma era deciso a riconquistare la fiducia del branco. E, soprattutto, era deciso a riconquistare l’amore di Liam.

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