Cosa rende unica la nostra vita?

di Nihal07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La consapevolezza di poter cambiare ***
Capitolo 2: *** Lasciarsi stupire ***
Capitolo 3: *** Sapersi ascoltare ***
Capitolo 4: *** Sapere che esiste una fine ***
Capitolo 5: *** L'incontro con l'altro ***
Capitolo 6: *** Emozioni ed eternità ***



Capitolo 1
*** La consapevolezza di poter cambiare ***


Scusatemi ma come riportato nell'introduzione, la mia anima non si rassegna al finale amoroso dell'anime Naruto. Per questo mi piace immaginare come sarebbe andata se Sakura avesse agito come la maggior parte delle ragazze contemporanee, dando importanza a se stessa e scegliendo un uomo diverso da colui che non l'ha cagata fino alla fine della guerra ninja più triste (o quasi) della storia. Rispetto chi ha altre opinioni, ma questa allora, non è la FF che vi aspettate. Sasuke è il cattivo :P

Cambiamento
 
Sakura trovò la porta socchiusa. Non si fece problemi ad aprire, sapeva che Kakashi non aveva ospiti. Se così fosse stato, probabilmente avrebbe percepito il suo profondo vociferare in contrapposizione alle richieste dell'ennesimo abitante di Konoha che gli sottoponeva questioni come: "Quella strada è da risistemare" o "L'erba del vicino è sempre più verde". Fortunatamente, la pace rendeva tutto più monotono e noioso e questo le piaceva moltissimo.
Quando aprì lentamente la porta ed infilò la testa nella stanza, vide Kakashi con la testa appoggiata sopra una pila di fogli. Una delle tante lì sulla scrivania. Si avvicinò lentamente e a pochi centimetri da lui, fece per appoggiargli una mano sulla testa. Spezzò quel gesto a metà strada e con un debole sorriso si disse che forse non era adeguato. Perciò gli toccò delicatamente una spalla e i riflessi del ninja fecero il resto.
Kakashi non si scompose particolarmente, aveva capito di essere stato colto in flagrante. Semplicemente di stropicciò gli occhi con una mano e annusò l'aria. Era il suo profumo, ormai lo conosceva fin troppo bene. "Mi hai beccato. Ci tengo a specificare che mi ero appisolato solo da 10 minuti. Era un breve recupero della notte passata a leggere carte e firmare moduli."
Sakura ridacchiò. "Sono le 17.00 del pomeriggio e sono venuta a salvarti."
Kakashi si lasciò cadere all'indietro sulla sedia: "L'Hokage di Konoha è alle prese con la burocrazia. Si metta in fila signorina. Può compilare un modulo e presentare la sua richiesta."
Gli occhi verdi della ragazza si fecero più decisi: "Vieni a bere qualcosa con me. Stacca un attimo da tutto questo. Ti farà bene."
L'Hatake sospirò e l'odio che provava per tutta quella carta lo portò ad accettare la proposta. In poco tempo, si ritrovarono a passaggiare in centro diretti al Ramen Ichiraku. Quando arrivarono, si limitarono a chiedere soltanto da bere e Sakura diede lo spazio adeguato a Kakashi per potersi sfogare. "Sto arrancando. Questo ruolo mi sfinisce. Credo di essere più portato a fare il semplice ninja. Non mi si addice tutta questa autorità, il programmare su lunghi fronti, il decidere per altri..."
"L'arrivare puntuale..." La ragazza nascose con la mano una smorfia divertita.
"Si, io... Aspetta. è la mia confessione Sakura, non la tua." Detto questo, Kakashi bevve un lungo sorso di the caldo. "Non capisco davvero come Tsunade riuscisse ad organizzare tutto questo. Hai visto la mia scrivania, è sommersa di richieste."
Sakura alzò le spalle: "Non devi leggerle tutte. Devi raggrupparle per tematica, i titoli ti aiutano. L'ho fatto per molto tempo quando Tsunade era in carica. Passavo molto tempo con lei e non mi dispiaceva darle una mano. Se vuoi posso aiutarti, magari stasera da me. Che ne pensi? Torni a casa, ti fai una bella doccia e ceniamo insieme."
La disperazione fece annuire Kakashi: "Te ne sono grato." Per un attimo l'uomo si fermò a pensare poi riprese la parola: "Ora che ci penso, perchè sei passata da me? Non credo sia solo per il semplice e sano altruismo."
La ragazza gonfiò le guance, offesa: "Metti in dubbio la mia buona fede?"
Kakashi sorrise: "Non mi permetterei mai. Solo che non ricevo spesso visite da parte tua."
Sakura arrossì e tornò a guardare il suo bicchiere. Ci aveva pensato molto, da quando la guerra si era conclusa. Erano stati momenti molto forti per tutti, soprattutto per lei e Naruto. Sasuke era tornato a casa e questo non le stava procurando la gioia che pensava avrebbe provato una volta raggiunto l'obiettivo per cui aveva combattuto dieci anni della sua vita. Era come se ora fosse delusa, non sapeva come comportarsi. Inoltre, il fatto che Sasuke avesse tentato di riavvicinarsi nei suoi confronti, l'aveva spiazzata. Non sapeva come comportarsi o cosa voleva. Era intimorita.
Probabilmente il suo sguardo doveva essersi rabbuiato perchè sentì Kakashi toccarle un polso: "Tutto ok?"
L'Haruno lo guardò negli occhi. "Sono solo un pò preoccupata. è come se la guerra mi avesse..."
"Disorientata?"
La ragazza annuì sorridendo debolmente. Le piaceva parlare con Kakashi: lui la ascoltava e la capiva. "Credo di aver perso quelli che erano i miei punti di riferimento. Inoltre, questi nuovi cambiamenti... Sasuke è tornato...". Non voleva raccontare a Kakashi che qualche tempo fa il ragazzo le aveva chiesto di uscire. Non sapeva bene il perchè, ma qualcosa la frenava.
"Tutti stiamo rimettendo a posto le nostre vite. Se può consolarti, non mi sarei mai aspettato di essere qui, con te, a supplicarti di aiutarmi nel mio ruolo di Hokage. Da fuori deve essere una scena molto buffa." Il ritorno di Sasuke era stato per tutti strano da accettare. Aveva combattuto con loro, ma è difficile perdonare gli errori del passato. O almeno, immaginava che per Sakura lo fosse.
Sakura rise. Prima dell'ultima guerra ninja conosceva ben poco del passato di Kakashi; ora capiva bene quanto l'uomo che aveva davanti aveva sofferto. Era sbalordita del fatto che fosse rimasto sempre così retto, gentile, buono. Durante lo scontro, avevano combattuto insieme per diverso tempo. In un certo senso sentiva che questo l'aveva avvicinata a lui. Non sapeva bene in che modo, ma ora lo vedeva diversamente.
L'Haruno scosse la testa: "Scusami, forse avevo solo bisogno di parlare con qualcuno. Allora ci vediamo stasera, vieni quando vuoi." Sorrise all'Hatake che le fece segno di non pagare. Il minimo che potesse fare per ripagarla della sua gentilezza era offrirle questo the. Seguì con lo sguardo la ragazza che si allontava, chiedendosi se ciò che gli aveva confidato era davvero tutto quello che aveva da dire. L'uomo sospirò, bevve il suo ultimo sorso di the e pagò il conto. Si incamminò verso casa, guardando il cielo. Le nuvole erano colorate di un arancione acceso, segno che il sole stava tramontando. E in lui? Cos'era cambiato?

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Capitolo 2
*** Lasciarsi stupire ***


Stupirsi
 
La delicatezza e la pacatezza con cui Kakashi era entrato in casa sua, la lasciò piacevolmente colpita. A tratti, poteva scorgere un leggero imbarazzo per quell'intrusione programmata ma mai distacco e freddezza. Sakura aveva deciso di non cucinare, aveva ordinato qualcosa d'asporto per lavare meno piatti e mettersi subito al lavoro. Voleva davvero aiutare Kakashi, era da molto tempo che non lo vedeva così provato. Diventare Hokage era un bel cambiamento, perfino per l'Hatake che raramente mostrava all'esterno ciò che provava.
"Illuminami." Quando ebbero finito di mangiare, Kakashi si sedette sul divano in attesa che Sakura lo raggiungesse. Davanti, cinque pile di moduli appoggiate su un tavolino.
Sakura lo raggiunse con una tazza di the in mano, gliela porse e spostò il tavolino appoggiando le pile di fogli a terra: "Così avremo più spazio." Poi si sedette di fianco all'uomo: "Non è così difficile. La metà di questi moduli riguardano norme che hai già approvato. Sfortunatamente le persone sono fissate con il mettere per iscritto qualsiasi cosa. Leggi il titolo, firma, e basterà. I verbali delle missioni portano via molto tempo ma puoi leggerli velocemente. Se ci fossero stati problemi rilevanti, stai pur sicuro che i ninja ti avrebbero avvisato. Le richieste dei cittadini sono da leggere con attenzione, invece. Non vogliamo approvare l'impossibile."
Kakashi la ascoltò con attenzione, sembrava davvero sapesse ciò di cui stava parlando. L'Haruno gli sorrise: "Dove basta una banale sigla, posso aiutarti. Tu avrai l'onere dell'autografo completo."
"Sono già stanco."
La ragazza rise: "Sono le otto di sera. Vedrai che per le undici avremo finito." Si raccolse i capelli con un elastico, scoprendo il collo. L'uomo ne seguì la linea, quasi distratto da quel piacevole dettaglio. "Tutto chiaro?". Kakashi annuì con non chalance.


Sakura non sbagliò di molto, giusto dieci minuti in più del previsto. Kakashi si lasciò sprofondare sul divano: "Non sento più la mano."
L'Haruno si sedette di fianco a lui, soddisfatta. "Ora puoi attendere un altro paio di giorni prima che la tua scrivania si riempia di nuovo." Gli sorrise ma vide che la sua gioia per il raggiunto traguardo non veniva in alcun modo condivisa. Appoggiò una mano sulla gamba dell'uomo senza chiedersi se potesse essere di troppo. "A che cosa stai pensando?"
L'Hatake non alzò lo sguardo: "Credo di non essere tagliato per questo ruolo. Mi assorbe completamente, riesco a malapena a rimanere dentro le scadenze. Il decidere per così tante persone, tutta questa immagine da tenere in piedi... Non sento di star facendo le cose nel modo giusto."
"Hey" La voce della ragazza si fece dolce e comprensiva. "Stai affrontando le prime difficoltà che il tuo ruolo comporta, devi solo trovare il tuo equilibrio." Gli appoggiò istintivamente una mano sul petto: "Non stai facendo le cose male. Se sei così stanco è perchè stai concentrando tutte le tue forze nel fare le cose con attenzione. Ti assicuro che le persone lo notano. Il Kakashi che conosco ha sempre portato a termine qualunque compito, sono sicura che trovarai la tua strada." Quando ebbe finito di parlare, assaporò quel limitato contatto. Le ritornò in mente la guerra, quello stesso gesto compiuto con l'intento di prendersi cura di lui. Chissà se le cicatrici dello scontro con Obito erano sparite.
Si staccò nascondendo il suo imbarazzo. "Tsunade teneva una bottiglietta di sakè nel terzo cassetto della scrivania. Ne beveva un sorso prima delle riunioni fastidiose. Qualsiasi fosse il giorno, alle sei del pomeriggio lasciava lo studio per tornare a casa. Raramente faceva degli straordinari e fidati, più di una volta ha urlato indispettita contro qualche suo sottoposto. Però era schietta, sincera, trasparente. Tutti la amavano per quello che era." Poi Sakura rise, ricordando l'avversione che la donna provava per l'abito da Hokage. "Odiava la veste bianca e rossa. Ogni volta che poteva, quando nessuno la vedeva, si toglieva il cappello con aria frustrata, non preoccupandosi nemmeno di sistemarsi i capelli." La rosa la imitò slegandosi i capelli e lasciando che alcuni le si parassero davanti agli occhi.
Kakashi le sorrise: "Non credo le piacerebbe sapere come stai usando la sua immagine per sollevare la mia."
"Farai forse la spia?" Chiese la ragazza alzando un sopracciglio.
"Dopo stasera, hai la mia lealtà." Avvicinò la mano al viso della ragazza, spostandole un ciuffo di capelli dagli occhi. Lo fece con leggerezza, senza pensarci. Per i primi secondi sembrò dovuto, naturale. Come quando le aveva accarezzato la guancia sul campo di battaglia. Così inerme e ora, così forte. Erano ricordi ormai relativamente lontani ma lo stupore nel rievocarli gli riempì il cuore di estrema dolcezza. Si ritrasse imbarazzato: "Perdonami.. Non volevo invadere il tuo spazio."
Sakura espirò lentamente. Non si era accorta di star trattenendo il fiato. "Non preoccuparti, non hai fatto nulla di male". Troppo tardi, aveva già frainteso e la cosa, stranamente, la metteva di buon umore.
Kakashi si passò una mano dietro alla testa, annuendo: "Credo sia meglio andare." Iniziò a raccogliere e mettere via le sue scartoffie sotto lo sguardo attento di Sakura, ancora spiazzata per il gesto e l'imbarazzo che ne era conseguito.
Accompagnò Kakashi alla porta ed ebbe come la sensazione che qualcosa di non detto fosse rimasto nell'aria. L'uomo si girò verso di lei prima di uscire: "Grazie per l'aiuto... E... Il supporto."
La ragazza sorrise: "Sai che ci sono." E gli appoggiò una mano sul braccio. Fu un tocco rapido, veloce, delicato. Quando l'Hatake uscì, Sakura chiuse la porta e ci appoggiò contro la fronte. Cosa aveva appena fatto?
 

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Capitolo 3
*** Sapersi ascoltare ***


 
Ascolto


Erano passati un paio di giorni dall'incontro di Sakura e Kakashi. Cosa era successo? A tratti, ci ripensava. Non così frequentemente, ma abbastanza da distrarla dalla monotonia del lento passare delle ore. Aveva avvertito dolcezza, tenerezza, imbarazzo. Si sentiva piacevolmente solleticata dall'idea di ripiombare senza preavviso nello studio di Kakashi ma aveva deciso di non dare a quel pensiero più credito del dovuto.
La biblioteca non era particolarmente lontana da casa sua, in dieci minuti a piedi la raggiunse senza difficoltà. Doveva restituire un libro che aveva preso in prestito, ormai era sua abitudine avvisare la bibliotecaria e metterlo a posto lei stessa. Poteva affermare che quel posto era ormai diventato la sua seconda casa. Salì le scale fino a raggiungere il primo piano e non appena varcò l'entrata dell'ampia sala che custodiva al suo interno svariati scaffali pieni di libri e giornali non potè notare la presenza dell'Hatake seduto ad un tavolo con un grosso tomo in mano. Qualcosa di noioso e pieno di parole, strano per uno che aveva sempre amato le letture di Jiraya.
Qualcosa in quella coincidenza la imbarazzò tanto da pensare di poggiare il libro in silenzio ed andarse. L'altra parte di Sakura era disperatamente curiosa di capire cosa stesse leggendo. Mise a posto il suo libro e lentamente si fece strada verso Kakashi. Mancavano ancora un paio di metri quando l'uomo si girò verso di lei: "Hai un profumo diverso oggi. Se non fosse stato per il rumore dei tuoi passi, non ti avrei riconosciuta."
Sakura sorrise stupita e divertita: "Fortuna che hai usato la parola profumo. Avrei potuto fraintendere e tirarti un ceffone."
Kakashi tornò a guardare il suo libro: "Non mi permetterei mai di offendere una signora."
La rosa si annusò una manica della maglietta: "Sfortunatamente non sono io, è il nuovo prodotto che uso per lavare i vestiti." Si sporse verso il tavolo: "Cosa stai leggendo?"
"Non vuoi davvero saperlo."
La ragazza si sedette, i gomiti appoggiati al tavolo e il mento sulle mani aperte: "Sono tutta orecchi. Magari sarai più incline a raccontarmi di questo libro rispetto a quelli che leggevi prima: i tuoi romanzi 'fuori dagli schemi'."
L'uomo non distolse lo sguardo dal libro. "Sono racconti romantici, dai modi cavallereschi, pieni di passione... Cose che probabilmente voi giovani ignorate."
Sakura non seppe se sentirsi offesa dal 'voi giovani'. Percepiva così evidentemente la loro differenza d'età? La cosa la infastidiva, anche se non dedicò troppo tempo al capire perchè. "Fatico a crederti avendo conosciuto l'autore."
L'Hatake alzò la testa e la guardò dritta negli occhi: "Perchè non provi a leggerne uno? Non sono così proibiti come credi."
"Perchè non me ne presti uno allora?" Sakura non seppe il motivo legato all'inclinazione della sua voce, divenuta ad un tratto più suadente ed ironica. Forse si sentiva sfidata da quell'uomo? Era il suo orgoglio a parlare? Sapeva solo che avrebbe continuato volentieri a giocare.
Kakashi rimase per un attimo in silenzio poi tornò a guardare il suo libro con disinvoltura: "Si tratta di un pò di storia su Konoha. Mi hanno proposto qualche modifica strutturale del villaggio ma non mi convincono."
Sakura si rilassò sulla sedia: "Sai che ci sono persone negli uffici sottostanti al tuo dedicate a scremare queste richieste?"
L'uomo alzò lo sguardo e cercò spudoratamente di mentirle. "No, non ne ero a conoscenza."
Eccola, un'incrinazione debole e poco percettibile, ma lei rimaneva pur sempre una donna.
"Invece si, lo sai. Passi fin troppo tempo in quel palazzo per non saperlo."
L'Hatake scosse la testa e alzò le mani: "Mi hai scoperto. Semplicemente non voglio decidano altri per me. Quando mi sottoporranno il problema, sarà già la scrematura di una scrematura. Amo troppo questo villaggio per lasciare ad altri la possibilità di indirizzare la mia opinione con i loro innocenti ma, pur sempre personali e soggettivi, riassunti."
Sakura rimase in silenzio. Stupita, con un senso di ammirazione dentro di lei. Ecco perchè Kakashi era diventato Hokage.
L'uomo si portò una mano dietro al collo, grattandosi imbarazzato: "Credi sia stupido?"
Assolutamente affascinante. "No, ma ora capisco perchè fai spesso tardi."
Kakashi sorrise: "Dopo quello che mi hai insegnato, ho ridotto di molto i miei tempi di lavoro. Grazie."
La rosa non potè fare a meno di arrossire ma distolse l'attenzione dall'evento alzandosi in piedi e sistemando la sedia: "Sono felice di esserti stata d'aiuto."
L'Hatake non ci pensò troppo, lo disse e basta: "Vieni a fare un giro con me?". Notata la perplessità di Sakura chiuse il libro e si alzò anche lui: "Devo pur testare sul campo la fattibilità delle modifiche che dovrò approvare." Abbassò la voce. "Credo sia estremamente noioso farlo da soli." Cosa stava facendo?
Sakura annuì e si diresse verso l'uscita.

Dopo una perlustrazione che durò un'ora, arrivarono in prossimità di un vialetto alberato, fuori dal centro del paese.
"E giusto per finire, qui ci aggiungerei..." Sakura indicò i terreni circostanti la strada nel modo in cui fa un re con i suoi vastissimi territori.
"Alberi." Disse Kakashi in tono riflessivo.
"Esatto."
"Non ti ho sentito ripetere molto altro da quando siamo partiti."
Sakura rise sedendosi su una panchina: "Credimi, gli alberi sono la soluzione a qualsiasi problema." Lo disse con un'espressione saggia in volto, come se sapesse di cosa stava parlando.
Kakashi si sedette pacato, di fianco a lei. Sospirò, allargando le braccia e abbracciando gran parte dello schienale della panchina. Guardò in alto verso il cielo e chiuse gli occhi. Lo disse con naturalezza ma senza guardare Sakura negli occhi. Non c'era nulla di strano o inappropriato nelle sue parole, semplicemente aveva l'impressione che ciò che stava per ammettere lo portasse un passo più vicino alla ragazza. "Mi piace questo tempo, passato insieme."
L'Haruno lo guardò stupita: aveva sentito bene? Pochi istanti dopo l'uomo ricambiò il suo sguardo e le sorrise: "Sapevo fossi una persona acuta, sensibile. Quello che non sapevo, è che riesci a rendere le cose divertenti, leggere."
Sakura si toccò i capelli, sistemandoseli da una parte dietro l'orecchio. Non si aspettava quelle parole, non da Kakashi. Infondo si conoscevano da anni... Si conoscevano davvero? Quanto di quell'uomo le era oscuro? Tra loro non c'era mai stato un rapporto di amicizia. Forse era un legame basato sul rispetto, sulla stima che sentivano l'uno per l'altra... Ma ora, che cosa la stava facendo sentire così 'senza fiato'? E Kakashi, che cosa stava vedendo ora? Non poteva lasciar trapelare queste emozioni di cui nemmeno lei era a conoscenza.
Appoggiò la schiena alla panchina con disinvoltura, ma nascose la piacevole percezione del braccio dell'uomo dietro le sue spalle. Non che Kakashi stesse facendo qualcosa, il che la faceva sentire ancora più ebete nello star costruendo percezioni che probabilmente nascevano principalmente da lei. Si scostò leggermente nonostante quel contatto non la infastidisse per niente. "Mi fa piacere... Insomma... Speravo che il mio atteggiamento potesse tirarti su il morale."
Kakashi la guardò per un attimo in silenzio, poi alzò lo sguardo intercettando la posizione del sole: "è circa mezzogiorno... Credo di dover andare."
Sakura annuì, la tensione le stava provocando dei crampi alle spalle.
Ad un tratto, un rumore di passi catturò l'attenzione della ragazza, la quale notò una figura farsi strada lungo il vialetto. Rimase interdetta alla sua vita, quasi delusa per quella interruzione. Fu un sussurro: "Sasuke...", ma Kakashi la sentì voltandosi a sua volta. Il ragazzo fece un cenno di saluto con la testa, e l'Hatake si alzò con disinvoltura ricambiando. "Di ritorno presumo."
Sasuke annuì: "Esatto. Credo lascerò passare qualche tempo prima di partire di nuovo." Per un attimo posò lo sguardo su Sakura, la quale lo sostenne poco convinta.
Kakashi sorrise: "Bei tempi, quando l'essere un ninja non consisteva solo in burocrazia e cerimonie. Vi lascio, con permesso."
La rosa annuì, salutandolo con un debole sorriso che l'Hatake notò. Sfortunatamente, non ci fu il tempo di indagare. La ragazza seguì serena il suo allontanarsi, così calmo nei movimenti, in quella camminata che non era cambiata dopo anni.
La sua attenzione venne richiamata da Sasuke che si sedette di fianco a lei: "Non ho più avuto tue notizie."
"Sei partito di nuovo."
Il ragazzo annuì: "Ora rimarrò al villaggio per più tempo, il che mi porta a rinnovare la mia proposta."
Sakura abbassò lo sguardo: "Ci penserò."
Non era la prima volta che Sasuke glielo sentiva dire: "Sai bene che non puoi evitarmi per tutta la vita."
La rosa si indispettì per qualche istante, giusto il tempo di reprimere una risposta istintiva e tagliente. "Cosa te lo fa pensare?"
Sasuke le sorrise, quel sorriso controllato, di chi sa prevedere cosa succederà da un momento all'altro. Ad un tratto posò la mano su quella di Sakura: "Il modo in cui mi guardavi. Il modo in cui mi hai sempre guardato tutti questi anni."
La ragazza non si ritrasse da quel contatto. Sentì risuonare in lei sentimenti contrastanti: rabbia, dolcezza, nostalgica euforia per quell'infatuazione che aveva creduto potesse durare in eterno. Ora aveva davanti Sasuke, colui che aveva sognato per tutti quegli anni, sulla quale foto aveva pianto per notti intere. Poi lo rivide, il suo addio, il come la colpiva e lasciava su quella panchina. Come non si era fatto scrupoli ad attaccarla per ferirla prima che Kakashi bloccasse il suo attacco o Naruto la salvasse...
Sakura scostò la mano e si alzò sistemandosi il vestito. Una parte di lei, forse, credeva che l'aver combattuto per riportarlo a casa dovesse pur significare qualcosa. "Ora ti guardo Sasuke, ma non posso fingere di non essere ferita dal passato."
Il ragazzo sospirò, deluso, mentre Sakura si voltava, consapevole che non sarebbe stato facile capire che cosa avrebbe fatto di lì in avanti. O forse si?

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Capitolo 4
*** Sapere che esiste una fine ***



Una fine e un nuovo inizio

 
Hinata le aveva chiesto di accompagnarla a salutare Neji. Almeno una volta ogni due settimane la mora andava a fargli visita. Portava un grande mazzo di gigli bianchi e con maestria e grazia li sostituiva a quelli secchi. Anche Sakura decise di prendere dei fiori, precisamente delle rose bianche. Dopo una giornata passata insieme, nel tardo pomeriggio si recarono fino al cimitero di Konoha. Era un luogo triste, pieno di ricordi, ma i colori del tramonto gli infondevano una nuova vita. Quando arrivarono alla lapide di Neji, Sakura notò una figura più che familiare poco lontana da loro e con delicatezza, prima di poggiare i fiori, sfilò una rosa dal mazzo che aveva acquistato in fioreria sperando che Neji non si offendesse. Rimasero lì per una decina di minuti, poi Hinata ringraziò Sakura per la bella giornata e se ne andò. La rosa decise di avvicinarsi con estrema cautela all’uomo. Non voleva turbare uno spazio così intimo perciò aspettò prima di attirare la sua attenzione, lontano da quell’immagine così poetica ma allo stesso tempo nostalgica.
 
“Hey… Perdonami, è da un po' che non vengo a trovarti…” Kakashi si accucciò sulla lapide che indicava il luogo di sepoltura di Rin. Le aveva portato una rosa rossa e aveva chiesto ad Ino di incartarla e fissarla con del nastro bianco. “Sai, non è un periodo semplice questo. Diventare Hokage mi ha spiazzato, puoi dire ad Obito che non si è perso proprio nulla.” L’uomo sorrise come se Rin fosse davanti a lui, in carne ed ossa, poi sospirò. “Mi manchi molto.” Sentì gli occhi inumidirsi e tutto ad un tratto le parole gli morirono in gola. Gli sembrava sbagliato doverle ammettere i pensieri maturati in questi giorni, come se questi potessero ancora ferirla: “Forse non dovrei dirtelo ma… La morte di Obito è stata come la chiusura di un capitolo, è stato come morire e rinascere di nuovo. Io sto ricominciando Rin e non posso lasciare spazio ai sensi di colpa, al passato, ai ricordi che ti appesantiscono l’anima. E non fraintendermi, tu sei uno dei ricordi più belli della mia vita.” Appoggiò delicatamente una mano alla lapide, la accarezzò percependo il freddo marmo sotto i polpastrelli. “In questi giorni qualcuno mi sta dando una mano… Mi fa sentire migliore, accolto, mi guarda come facevi tu molto tempo fa. Mi vede davvero e io credo di iniziare a provare…”
“Kakashi!”
L’uomo alzò di scatto la testa e si voltò quasi allarmato. Sakura dovette intercettare la sua espressione: “Scusami, non volevo disturbarti, mi dispiace”.
L’Hatake scosse la testa e si alzò: “Che parte hai sentito?”
Sakura gli sorrise: “Nulla, credimi. Mi sono appena avvicinata: ho accompagnato Hinata, voleva salutare Neji.”
Kakashi annuì, ricordando la recente perdita. “Mi dispiace.”
La rosa gli si avvicinò: “Anche a me.” Poi osservò la lapide di Rin e il fiore che l’uomo le aveva portato. In un qualche modo percepiva Kakashi così distante, riservato, quasi come se non avesse mai avuto bisogno di nessuno su cui appoggiarsi per vincere le difficoltà. Le scaldava il cuore vedere come nella sua vita, invece, potesse esserci stato qualcuno a cui l’Hatake teneva così tanto. “Quindi lei è Rin.”
“Si. Era una mia compagna di team.”
Sakura si soffermò a guardarlo. Conosceva gran parte della storia ma voleva dargli modo di parlare, se ne sentiva il bisogno. “Come è successo?”
“Si è sacrificata per il villaggio, per le nuove generazioni… Per me…” Sorrise debolmente. “Non so cosa vedesse nel sottoscritto, ma… Mi amava… E il suo amore era dolcezza, comprensione, determinazione…” Per un attimo trattenne il fiato, come se in quel momento la risposta più importante di tutta la sua vita fosse arrivata. “E io non ho avuto abbastanza tempo per capire se potevo amarla nel modo in cui meritava.”
Sakura percepì tutta la tristezza che aveva accompagnato la morte di quella ragazza. “Il modo in cui la ricordi… Credo sia una delle prove d’amore più belle…” Poi si abbassò all’altezza della lapide porgendo e sistemando la rosa bianca vicino a quella scelta da Kakashi. “Allora credo di doverti ringraziare Rin, è anche merito tuo se Kakashi è ancora qui.” Poi si girò a guardare l’uomo, rimasto in piedi dietro di lei. Gli sorrise e l’Hatake non potè far altro che rispondere allo stesso modo, apprezzando la delicatezza di Sakura.
Quando si alzò, la rosa gli accarezzò il braccio come segno della sua vicinanza. La stupiva come lo stesso gesto, in contesti differenti, potesse significare così tante cose. In quel momento Kakashi si sentì al sicuro. Era come se quella confessione così privata avesse finalmente reso possibile un nuovo inizio. Come se potesse depositare un po' di quel dolore senza sentirne più il peso. Il rivedere Obito e avere avuto la possibilità di spiegarsi era stato come respirare di nuovo. Il dolore per la sua perdita era comunque presente, ma sentiva che nulla di non detto era rimasto in sospeso. Fu questione di pochi attimi e istintivamente, cercò Sakura, sporgendosi verso di lei e abbracciandola. Per un attimo la rosa rimase interdetta ma non si spostò nemmeno di un passo, comprendendo l’urgenza di quel gesto. Rispose con delicatezza, accarezzandogli la schiena: “Mi dispiace…”
Kakashi si staccò appoggiandole una mano sul collo a accarezzandola con il pollice: “Grazie.”
La rosa arrossì ma stette in silenzio in attesa che l’uomo rompesse quel contatto. Quando lo fece, lei passò al contrattacco: “Oggi non lavori. Vieni a bere qualcosa da me? Dobbiamo diluire tutte queste emozioni.”
Kakashi sorrise ironico. “Non è una cosa che ho sentito dire spesso in mezzo ad un cimitero.”
La ragazza, la quale stava ripercorrendo il vialetto principale, si voltò verso di lui portandosi le mani alla bocca in una smorfia ironica di stupore. L’Hatake fece qualche passo verso di lei prima di percepire una leggera brezza accarezzargli la schiena. D’istinto si voltò e per un attimo volle credere in ciò che di infinitamente misterioso la vita nasconde e rivolse uno sguardo dolce alla lapide di Rin: “Grazie”.

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Capitolo 5
*** L'incontro con l'altro ***


 
Incontro


Quel “qualcosa da bere” divenne una cena. Sakura mise subito in chiaro quanto odiasse cucinare. Optò per qualcosa di semplice e poi un the per aiutare la digestione. Kakashi la osservava, come si muoveva in casa sua, così sicura e delicata… Tranne quando mescolava e sbatteva il cucchiaio contro la pentola imprecando perché del riso si era attaccato sul fondo. Sakura profumava di quotidiano e lui non si soffermava ad osservarne la bellezza da molto tempo.
Quando ebbero finito di cenare, Kakashi spreparò la tavola e la rosa andò a cambiarsi, vestendosi più comoda: “I piatti rimangono lì, sappilo. Non scapperanno domani mattina.” Gli sporse una tazza di the che aveva appena versato e si sedette sul divano di fianco a lui. “Mi ha fatto piacere che tu ti sia aperto con me oggi. Non me l’aspettavo. E mi colpisce ancora di più il fatto che dopo quello che hai passato, sei rimasto fedele a te stesso. Non hai scelto di seguire la via del rancore o della vendetta.”
Kakashi le sorrise: “Nulla di più eroico di ciò che le persone normali fanno ogni giorno”.
Sakura riflettè su ciò che aveva appena detto. In un certo senso era vero. Tutti abbiamo dei motivi per mollare e dedicarci al male o all’indifferenza… Però cerchiamo di vincere contro noi stessi, scegliamo che bestia nutrire.
“Sai, quando ero più giovane, ho perso così tante persone a me care e odiavo l’idea che loro avessero uno scopo nella vita, stroncato così brutalmente dalla loro morte. Minato aveva una famiglia che amava, Obito sognava di diventare Hokage, Rin era così altruista, determinata. Io invece non pensavo ad altro che ad essere migliore di mio padre, il quale aveva avuto il coraggio di preferire la sua reputazione a suo figlio…” Prese la tazza a due mani e osservò le lievi increspature che si formavano sulla superfice del the. “Io ero l’unico ad essere rimasto in vita e ad aver perso tutto, senza avere più nulla per cui combattere. Perché ero vivo?” Fece una pausa per raccogliere i pensieri poi continuò: “Capii più tardi che tutto quel dolore era il frutto di un amore immenso che avevo ricevuto senza nemmeno accorgermene. Non potevo lasciare che venisse perso.” Alzò lo sguardo verso Sakura: “E poi siete arrivati voi ed i vostri problemi… E mi avete fatto rivivere quelle idee, quella speranza, quei valori che pensavo di aver sepolto da qualche parte, così infondo da dimenticarmene.” Bevve un sorso di the, rimettendosi subito a posto la maschera: “E infine eccomi qui, ad annoiarti con un fiume di parole.” Sorrise dolcemente, un sorriso che toglieva il fiato. Perché erano i suoi occhi a parlare e Sakura ne era affascinata.
Lo guardò intensamente per un attimo, poi sbattè infastidita la tazza da the sul tavolino davanti a lei. “Ora basta.”
Kakashi trasalì non aspettandosi quella reazione. “H-Ho fatto qualcosa che non dovevo?”
Sakura si alzò in piedi ed iniziò a gesticolare: “Si, qualsiasi cosa. Il modo in cui parli, ti comporti, tutta questa aria da uomo vissuto, misterioso, e così dannatamente coinvolgente.”
L’Hatake era disorientato. Lo stava rimproverando? Si stava complimentando con lui? L’avrebbe preso a pugni da un momento all’altro?
La ragazza si avvicinò, mettendosi davanti a lui: “Ho cercato di non darci più credito del dovuto, di essere ironica, carina e allo stesso tempo distaccata. Ma non ci riesco. Sei troppo, tutto questo lo è.”
La rosa indicò il contesto e Kakashi fissò il suo the: cosa c’era lì dentro? Avrebbe fatto lo stesso effetto anche a lui?
“Non posso continuare a fare finta di niente, probabilmente prima o poi rovinerei le cose, farei qualcosa di sbagliato perché io mi lascio trasportare. Quindi tanto vale sbagliare fin da subito, almeno risparmieremo tempo.”
La ragazza si sporse verso Kakashi e prese la tazza che aveva in mano appoggiandola sul tavolino. Lui seduto, lei inclinata verso di lui, le mani appoggiate sulle sue ginocchia. Perché questa cosa spaventava ed eccitava l’Hatake allo stesso momento?
Imbarazzata, Sakura abbassò lo sguardo. L’uomo fece per dire qualcosa ma la ragazza lo zittì, fissando i suoi occhi verdi in quelli di lui. “Ora farò una cosa che potrebbe sembrare avventata… E potrebbe farti scappare da quella porta…” Lo disse avvicinandosi, abbassando sempre più la voce fino a farla diventare un tiepido sussurro: “Ma da quando hai iniziato a parlare…” Gli accarezzò il volto, afferrando un lembo della maschera e abbassandola: “L’unica cosa che mi è passata per la mente è stata questa…”
Le labbra di Sakura incontrarono quelle di Kakashi che non provò a spostarsi nemmeno di un millimetro, tra lo stupore e il fascino esercitato dalla ragazza in quel momento. Sentì le mani di lei accarezzargli il collo, ed istintivamente appoggiò le sue sui fianchi della rosa. Decise di rischiare, di esporsi di più, di farle capire che non voleva che la cosa si fermasse. Il fatto che Sakura avesse fatto il primo passo, lasciava un’ampia gamma di possibilità da esplorare. La presa ai fianchi si fece più solida e l’uomo l’accompagnò verso di lui. La rosa si mise a cavalcioni sopra le sue gambe e il bacio si fece più profondo ed insistente fino a quando Sakura non decise di staccarsi, sistemandosi i capelli che le erano scivolati davanti agli occhi con un gesto semplice e provocante. Si prese qualche istante di silenzio per guardarlo negli occhi e accarezzargli le labbra, seguendone i lineamenti. “Ti direi che mi dispiace, ma non è così. Lo rifarei, di nuovo.”
Kakashi le sorrise: “Rifallo, allora.” Per quello che lo riguardava, poteva fare tutto ciò che voleva.
Sakura si appiattì su di lui, prima baciandolo sulle labbra, poi sul collo. Le sue mani cercarono la maglietta dell’uomo e pian piano gliela sfilarono. L’Hatake era terribilmente curioso di vedere dove sarebbe arrivata ma era determinato a non valicare confini troppo precoci. Infondo, era un gentiluomo. Niente lo avrebbe distratto da… “Argh”. All’improvviso inclinò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi e trattenendo il fiato. Sentì l’indice della ragazza sfiorargli la lunga cicatrice che gli attraversava il petto da parte a parte in diagonale. Risaliva alla guerra e forse era la più recente, non era ancora sbiadita del tutto. Al tocco delle sue dita, seguiva quello delle sue labbra, e più si avvicinava alla fine, più il corpo di Kakashi si irrigidiva e la voce gli moriva in gola. In quelle condizioni, non sarebbe riuscito a dirle di fermarsi, la parte più irrazionale di lui aveva preso il controllo. Ad un tratto però, tornò a respirare. La sua pelle aveva smesso di attendere, di prevedere il passo successivo delle labbra di Sakura. Questa si era riportata al livello del suo volto e gli sorrideva: “Non avrai pensato superassi il confine.” Di quale tipo di confine parlava? Perché per come la vedeva lui, quella sera, l’aveva superato eccome.  “Assolutamente no.” Poi le sorrise ironico: “Se vuoi che ai tuoi occhi rimanga un uomo giusto e retto, non pormi domande del genere.”
La ragazza rise ma l’Hatake dovette fermarla, appoggiandole delicatamente una mano sul collo: “Ora ti prego, scendi da qui. Rimango pur sempre un uomo.” Sakura arrossì e si scostò da Kakashi, porgendogli la maglietta. “Puoi rimanere se vuoi”.
L’uomo si rivestì e rispose con tranquillità: “Hai uno spazzolino in più?”
La ragazza ci pensò: “Credo di si. Devo averne acquistato uno in più in caso di necessità. È rosa, spero non ti dispiaccia.” Kakashi negò con la testa: “Rosa mi piace.”
 
Quella notte, Kakashi rimase a dormire da lei. Non successe nulla, se non la cosa più bella che in quel momento del loro incontro potesse succedere. Sakura passò la notte rannicchiata contro di lui, tra le sue braccia che la stringevano. Quel momento, pelle contro pelle, la condivisione di quel tiepido calore, le dava pace, serenità. Poche ore e sarebbe finito, con la speranza di poterlo ritrovare il giorno dopo.

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Capitolo 6
*** Emozioni ed eternità ***


 
Emozioni ed eternità


Sakura si svegliò per prima. Con una silenziosa attenzione che non sarebbe durata per sempre, si alzò lentamente dal letto e si recò in cucina. Erano le 9.00 e Kakashi dormiva profondamente. Iniziò a preparare la tavola per fare colazione e non appena ebbe appoggiato la frutta al centro, si ricordò che la sera prima non aveva messo fuori la spazzatura. Si recò velocemente in bagno, lavandosi il viso e pettinandosi i capelli. Non poteva di certo uscire mostrandosi ai vicini in tutta la sua imperfezione. Sostituì il sacchetto e uscì dalla porta fino all’inizio del vialetto. Non c’era molta gente in giro, aveva scelto quella casa proprio perché era vicino al centro ma non in una zona trafficata. Annusò l’aria e un leggero venticello le accarezzò il volto. Dopo un profondo respiro ripercorse il vialetto a ritroso ma una voce la fermò: “Sakura.”
La ragazza si fermò, riconoscendola subito. Si voltò e all’inizio del vialetto vide Sasuke. Lo salutò con un cenno e non disse nulla quando questo oltrepassò l’inizio del vialetto per avvicinarsi a lei. Era palesemente uscito per una corsa e il suo corpo risaltava perfettamente al di sotto dei suoi indumenti.
Sakura arrossì, abbassando lo sguardo: “Non perdi occasione per allenarti.”
Sasuke annuì: “Non è mai stata una novità, nemmeno in passato. Come stai?”
Stava bene, davvero bene. “Tutto ok.” Poi sospirò, ricordando la sua proposta. “Ascolta Sasuke, riguardo ciò che mi avevi chiesto…”
Il ragazzo si fece attento: “Finalmente non eviti più l’argomento.”
Sakura si sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata. “Non voglio.”
Sasuke alzò un sopracciglio, in un’espressione perplessa. “Cosa?”
La rosa annuì: “Hai capito. Non sono interessata.”
Poi lo rivide, quello sguardo. Lo sguardo di un ragazzo che sa di poter avere tutto, che crede di conoscere le risposte a qualsiasi cosa: “Cosa stai dicendo? È una vita che speri in questo momento.”
Sakura si sentì offesa e toccata nel profondo. Lasciò da parte l’imbarazzo e smise di sentirsi in difetto o inferiore. Era il momento di prendersi una rivincita, di lasciar fluire i pensieri e parlare. Con uno sguardo infastidito si preparò alla battaglia.
“Cosa ti fa credere che io aspettassi questo momento dopo tutti questi anni? Se sei abbastanza leale con te stesso, non avrai difficoltà a ricordare ciò che è successo.”
Sasuke sbuffò, gesticolando annoiato. “Sono passati anni Sakura. Eravamo più giovani, eravamo diversi.”
“Non per questo non eravamo coscienti di ciò che facevamo. Non per questo sei giustificato nell’avermi cercato di uccidermi con il tuo Mille Falchi o puntandomi contro un kunai con il quale non ero nemmeno riuscita a sfiorarti.”
“So di averti ferita ma avevo le mie motivazioni. Ero mosso dalla vendetta, mio fratello era appena morto e avevo da poco scoperto che tutto ciò a cui avevo creduto per un’intera adolescenza si era rivelato una bugia. Tu non potresti mai capirlo.”
“No Sasuke, ma tu non puoi capire cosa significa vedere l’uomo di cui eri innamorata cercare di farti del male o sentirsi dire, fino all’ultimo, quanto tu possa essere solo un peso. Quindi non azzardarti a stupirti del perché ora decida di escluderti dalla mia vita. Mi hai ferita, offesa e non posso fare finta che non sia successo. Hai scelto di seguire la vendetta quando ci sono persone che scelgono continuamente la strada del bene. Non ti biasimo ma non voglio nemmeno giustificarti.”
Da lì cadde il silenzio, una lunga pausa durante la quale il ragazzo iniziò a ricordare.
La ragazza sospirò: “La Sakura Haruno che a 12 anni ti sei lasciato alle spalle su una panchina sarà sempre innamorata di te.”
Sasuke le accarezzò il volto ma la rosa non si ritrasse. Era un gesto così diverso da quello di Kakashi.
Sorrise tra sé e sé, capendo che dentro di lei, rimanevano forti le sensazioni provate per l’Hatake e quel gesto non poteva scalfirle. Lo assaporò fino in fondo, riscoprendosi migliore, più forte. Pensava ne avrebbe avuto paura ma così non era stato. Non era fuggita, non si era staccata imbarazzata. Sasuke non aveva più alcun potere. Lo guardò negli occhi.
“Quando ti vedrò camminare non potrò mai dimenticare quella sensazione nostalgica di euforia e meraviglia di quando si è innamorati di qualcuno.” Gli sorrise: “Ma quella Sakura, sbagliava nel cercare la tua approvazione. L’amore non può basarsi su questo perciò ne rimarrà solo un piacevole ricordo. Non posso dimenticare ciò che abbiamo passato e ripartire come se nulla fosse. Sto ancora cercando di perdonarti e forse un giorno lo farò ma… Non chiedermi di vederti come più di un compagno di squadra…”
Fece un passo indietro e si staccò da quel contatto: “Mi dispiace Sasuke. Spero tu possa trovare una persona che possa amare il nuovo ‘te’”.
 
Kakashi aprì lentamente gli occhi. Si stiracchiò e si mise seduto sul letto. Era da molto che non dormiva così bene. Osservò il lato vuoto del materasso e intuì che Sakura si era svegliata prima di lui. Scese lentamente dal letto, come se il suo corpo avesse bisogno di qualche momento in più per iniziare la giornata, e si avviò verso la cucina. Quando vide la tavola apparecchiata e la porta del bagno aperta senza la presenza di Sakura, si chiese dove potesse essere. Bastarono pochi secondi per concentrarsi e il suo udito fece il resto. Non sentiva solo la voce della ragazza, ma anche di qualcun altro. Decise di avvicinarsi alla porta e qui riconobbe che si trattava di Sasuke. Infondo non c’era nulla di strano, se non il fatto che alle 9.00 di mattina si presentasse davanti casa dell’Haruno dopo un repentino ritorno trionfale non ancora elaborato pienamente dalla rosa. Infondo non ci voleva un genio per decifrare l’espressione di Sakura quando lo aveva visto sedersi vicino a lei qualche giorno fa. Sapeva che non era giusto, ma la curiosità lo portò ad origliare. Decise inoltre di scostare leggermente la tenda della finestra lì vicino… Non si sa mai…
Sentì Sakura sospirare. “La Sakura Haruno che a 12 anni ti sei lasciato alle spalle su una panchina sarà sempre innamorata di te.”
Poi vide Sasuke accarezzarle in volto. La ragazza non si mosse e Kakashi pensò che forse, non era stata chiara su svariati punti.
“Quando ti vedrò camminare non potrò mai dimenticare quella sensazione nostalgica di euforia e meraviglia di quando si è innamorati di qualcuno.”
Cosa stava dicendo? Fece qualche passo indietro, stupito, infastidito, irritato. Forse avrebbe dovuto continuare ad ascoltare ma decise di non farlo. Una persona razionale e corretta avrebbe aspettato seduta ad un tavolo cercando una spiegazione. Magari davanti una bella tazza di thè. Ma in quel momento, non si sentiva pacato, razionale o comprensivo. Incrociò le braccia al petto e fece qualche passo in giro per la stanza riflettendo sul da farsi. Avrebbe potuto far vinta di niente e verificare, in futuro, il progredire della situazione, ma sapeva che perfino uno come lui non poteva lasciare alcune cose non dette. Avrebbe potuto continuare ad origliare, ma si sentiva già abbastanza ferito nell’orgoglio per continuare ad ascoltare ciò che probabilmente avrebbe solo peggiorato le cose. Ci aveva iniziato a credere, quella notte, a quel gentile bagliore di delicatezza e serenità. Avrebbe potuto aprire la porta e cogliere Sakura di sorpresa. Niente scenate, niente ripicche, solo falso stupore nello scoprire qualcosa che aveva già visto. Patetico, banale, ma l’istinto di un uomo che ora voleva solo affrontare una situazione di petto, lo portò ad avvicinarsi alla porta ed afferrare la maniglia con una mano…
 
Sasuke se ne era andato e Sakura si era voltata verso la porta, felice di essersi tolta un peso. La aprì con delicatezza cercando di non fare troppo rumore, quando sentì una leggera resistenza e, spingendola, intravide una presenza. “Kakashi...”
L’uomo fece un passo indietro. Aveva esitato troppo, Sasuke non c’era ma forse era stato meglio così. “Sembri stupita di vedermi.”
“Lo sono, credevo stessi dormendo.”
La rosa lo vide silenzioso, fin troppo. Entrò e si chiuse la porta alle spalle. “Tutto bene?”
L’uomo si allontanò da lei di qualche passo. “Dimmelo tu.”
Sakura non era stupida. Questo repentino cambio d’umore, il trovarlo dietro la porta proprio in quel momento… “Cosa hai sentito?”
Kakashi rimase un attimo in silenzio, sorrise, cinico. Partì all’attacco. “Sai, sono così dispiaciuto di esserti d'intralcio, ma posso farmi da parte. Non voglio toglierti la possibilità di coronare il tuo sogno, provare come ci si sente a portare il cognome degli Uchiha.”
La rosa si portò una mano alla fronte, capendo il malinteso: “Ok, fermati. Non sai di cosa stai parlando.”
“Davvero? Eppure credo ancora di sentirci molto bene.”
“Kakashi, fammi spiegare, evidentemente non hai compreso tutto ciò che ci siamo detti.”
“No, non credo di essere dell'umore giusto per sentire le tue spiegazioni. L'uomo pacato e razionale si è assentato un attimo.”
Camminò scocciato fino alla camera da letto. Raccolse da una sedia la sua felpa e se ne tornò indietro con l’intento di andarsene. Sakura si inserì tra lui e l’uscita intercettandolo prima e sbarrando il piccolo corridoio che univa le stanze.
“Non ti lascerò andare senza prima avermi ascoltata.”
Kakashi la guardò negli occhi, sussurrando. “Non intendo perdere tempo ascoltando le tue giustificazioni adolescenziali.”
La ragazza incrociò le braccia al petto, contrariata. “Come puoi dire questo?”
“Perchè solo una ragazzina basa i suoi sentimenti sullo stupido ricordo di ciò che provava a 12 anni per un ragazzino che l'ha sempre disprezzata e ha dimostrato fino alla fine quanto non le importasse di lei, quanto la ritenesse inutile tanto da cercare di farle del male.”
Sakura rise, sarcastica. “è strano sai? Parla un uomo che da anni si reca sulla tomba della donna che forse amava, cercando di chiederle il permesso per poter andare avanti con la sua vita. E continua a ricordarla, come se fosse qui, come se i morti potessero tornare in vita ed espiarci dai nostri peccati. Infondo non siamo così diversi. Entrambi così legati al passato, non credi, Kakashi?”
Di nuovo una lunga pausa, di nuovo un lungo silenzio per rievocare dei vecchi ricordi e per leggere i sentimenti che li accompagnavano.
Kakashi alzò le mani, in segno di resa: “Hai vinto. Colpito. Ora spostati per favore.”
Sakura capì di avergli fatto male, ma aveva iniziato lui, lei si era solo difesa. Era ingiusto che non la lasciasse spiegare. Lo guardò intensamente: “No.”
Kakashi rispose al suo sguardo per qualche secondo poi si avvicinò portandole una mano sul fianco e cercando di spostarla. Fu una mossa azzardata, non curante del fatto che Sakura avesse una forza straordinaria. Lo dimenticava spesso: infondo, a vederla, quella ragazza dava l’impressione di essere tutto al di fuori che una provocatrice di scosse telluriche. Le bastò appoggiare una mano sul petto dell’uomo per farlo indietreggiare e finire schiena contro il muro. Per Kakashi fu inaspettato, non riuscì ad opporre resistenza e accusò il colpo che per un attimo gli tolse il respiro. Con l’altra mano, Sakura gli accarezzò delicatamente il collo come per scusarsi della ruvidezza di quel momento: “è vero, non te l’ho detto fin da subito. Sasuke mi aveva chiesto di uscire ed ero combattuta nel prendere una decisione. Una parte di me si chiedeva come sarebbe potuto essere, l’altra si ripeteva che non ne aveva bisogno, non meritava di percorrere una strada che per anni l’aveva fatta soffrire. Per tutto questo tempo, avevo cercato di ritrovare lui senza mai chiedermi se volevo ancora farlo.” Abbassò lo sguardo e si staccò da Kakashi. “Quello che hai sentito tu, è vero. Una parte di me ricorderà sempre ciò che ha provato, perché quando un’emozione ci tocca, non possiamo dimenticarla. Non vedrò mai Sasuke come Naruto. Quando lo vedrò mi sarà impossibile non ricordare l’euforia di quando a 12 anni ne ero innamorata, la nostalgia di un sentimento così magico, ma anche assurdo. Perché non speravo in nulla di diverso dal sentirmi chiamare da lui per nome. Volevo mi vedesse, che mi credesse utile e forte. Aspettavo mi rivolgesse un suo sguardo, una parola, un sorriso… Ma ero io a sbagliare. Perché una donna non merita questo. Non dovrebbe rincorrere un uomo alla ricerca della sua approvazione. Non dovrebbe cercare di essere migliore per compiacere altri ma per potersi guardare allo specchio ed essere affascinata da se stessa.”
Sospirò e guardando Kakashi gli sorrise: “E poi sei arrivato tu e io ho conosciuto una parte di te che mi ha catturata senza nemmeno accorgermene. Tu non mi hai mai fatto sentire inadeguata, sei un uomo gentile, rispettoso di chi hai davanti. Leggi le persone e le situazioni con una delicatezza che io non avrò mai e mi fai venire una grande voglia di essere migliore di come sono ora. Con te mi sento nel posto giusto e sono consapevole che l’inizio di ogni avventura sembra sempre così idilliaco… Ma… Nonostante la corrente del momento mi porti a valle, riesco a non perdere di vista me stessa e nemmeno chi ho davanti…”
Sakura si sistemò i capelli dietro le orecchie in un gesto goffo ed imbarazzato: “Non volevo farti male. Mi sono sentita con le spalle contro al muro e ho reagito. Tu hai provato cosa significa essere amati. E lo vedo quando parli di Rin e non ho il diritto di invadere il tuo spazio personale con la presunzione di sapere come dovresti vivere la tua perdita. Non voglio che ciò che è accaduto oggi ti allontani da me. Questo è ciò che penso e ora che te l’ho detto…” Guardò verso l’uscita. “Puoi andare, se vuoi...”
Kakashi l’aveva ascoltata senza interferire. Sakura gli aveva raccontato ciò che provava, gli aveva mostrato le sue ferite, accumulate in questi anni. Che fossero più o meno profonde di quelle di altri poco importava. Ognuno di noi viene ferito nell’arco della sua vita. Ma le ferite guariscono, non rimangono lì per sempre e la vita ce lo ricorda rinnovandosi giorno dopo giorno sotto la forma di nuovi incontri ed esperienze. Quello a cui aveva assistito, da dietro la porta, era l’ennesimo frammento di passato che veniva raccolto ed accantonato dopo avergli attribuito un senso. E faceva parte di lei rendendola ciò che era.
“Non farlo mai più, hai intaccato la mia virilità con questo gesto.” Kakashi si massaggiò il petto, sgranchendosi la spalla destra.
Sakura incrociò le braccia, perplessa ed infastidita: “Sul serio? Dopo tutto quello che ho detto, questo è il tuo problema? Non mi sono nemmeno impegnata… Voi uomini siete così delicati.”
Kakashi le sorrise e la ragazza si voltò offesa. Il jonin fece un passo verso di lei avvicinandosi al suo volto e sussurrandole all’orecchio: “Mi sono sentito minacciato. Avevo paura tornassi sui tuoi passi, che ti allontanassi da me. Forse non si direbbe ma sono un tipo molto competitivo.”
Sakura lo guardò, provocandolo e stando al gioco: “Non pensavo che l’Hokage si abbassasse a tali dinamiche.”
Le accarezzò un fianco. “Saresti sorpresa di vedere come noi uomini diventiamo tutti uguali quando siamo interessati ad una donna.”
Sakura arrossì: “Quindi ti definisci interessato?”
La mano dell’uomo si posò sul volto della ragazza, toccandole le labbra. “Pienamente coinvolto.”
Se in quel momento Kakashi si fosse spinto oltre, probabilmente di sarebbe lasciata travolgere dalla corrente senza opporre resistenza. Chiuse gli occhi, vedendo il suo volto avvicinarsi. Si aspettò di rivivere l’incontro delle loro labbra più intenso e feroce della sera prima ma questo non avvenne. Anzi, sentì l’uomo staccarsi e il rumore dei suoi passi allontanarsi. Aprì gli occhi disorientata, vedendolo avvicinarsi al tavolo della cucina.
“Davvero? E il coinvolgimento?”
L’Hatake rise: “Mi sono solo preso la mia rivincita ma ti prometto che la prossima volta ti lascerò senza parole.”
Sakura negò ironica con la testa e recuperando un cuscino dal divano glielo lanciò contro. Per poco una tazza che si trovava sul tavolo non cadde vittima dell’attacco e sedutisi entrambi al tavolo fecero colazione. La rosa osservò attentamente Kakashi, mentre questo curava meticolosamente un mandarino. Peccato non fosse puntuale con la stessa severità e attenzione. Il jonin alzò lo sguardo, percependo uno strano silenzio: “Che c’è?”
Sakura gli sorrise: “Nulla, sto pensando.”
In realtà stava apprezzando il momento. Ne stava ammirando l’unicità, la serenità e il tempo che pian piano lo stava portando via subito dopo averglielo regalato. La sua vita era stata piena di momenti: alcuni speciali, altri nostalgici. Molti richiamavano tristezza, disperazione, solitudine. La maggior parte erano quotidiani, ma vivi e pieni di magia per il semplice fatto di aver avuto la possibilità di viverli. Chissà, in futuro, se sarebbe stata altrettanto fortunata.
Kakashi interruppe la sua autopsia. “A cosa?”
La ragazza bevve un sorso di the. “Non siamo eterni. Mangia quel mandarino o morirai prima di vecchiaia.”
Anche se, quel momento, di eterno, aveva tutto.

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