How I met you di Asia Dreamcatcher (/viewuser.php?uid=205428)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rincontrarsi ***
Capitolo 2: *** Colazione con sorpresa ***
Capitolo 3: *** Amici miei ***
Capitolo 4: *** Indovina chi viene a cena? ***
Capitolo 5: *** Heartbeat ***
Capitolo 6: *** Yule Ball ***
Capitolo 7: *** Affari di famiglia ***
Capitolo 1 *** Rincontrarsi ***
1-Rincontrarsi
Capitolo
uno
Rincontrarsi
§
-
- La
divisa scivola sulle sue forme, infila nel taschino ciò che
le
serve: taccuino, penna prendi appunti e bacchetta. Si aggiusta
l'ordinata frangetta corvina ed è pronta a cominciare il
turno.
- Pansy
Parkinson cammina rapida e sicura per i corridoi del St. Mungo, le
mani infilate nelle tasche della casacca a doppio petto, il volto
magro e pensieroso.
- Eliza
Fawley1 – sua
mentore e benefattrice –
l'attende con la sua immancabile espressione corrucciata nel
corridoio del quarto piano. Il reparto Lesioni da incantesimo
è come sempre incredibilmente calmo e ordinato, malgrado la
gravità
e l'urgenza dei casi lì ricoverati.
- «È
appena giunto un caso interessante―» le comunica la sua
responsabile aprendosi ad un sorrisetto divertito «una celebrità
che si è beccata una bella fattura» continua
sardonica passandole
una cartella rossa con tutti i dati del misterioso paziente.
- Pansy
non fa in tempo a scorrere per intero la cartella che al nome del
paziente il suo stomaco si attorciglia doloroso.
- «Potter?!»
- «Sì?
Sono io!»
- L'ex
Slytherin solleva le iridi di giada timorose, fissandole sul ragazzo
seduto sul lettino dinnanzi a lei.
- In
quei pochi attimi, in cui i suoi occhi trovano il coraggio di tenere
alto lo sguardo, Pansy riesce a cogliere piccoli dettagli del suo ex
compagno di scuola: il pastrano grigio fumo con lo stemma degli Auror
e l'elegante C d'argento di caposquadra appuntato
poco sopra,
abbandonato accanto a lui, i capelli folti e incredibilmente
scarmigliati, la leggera e affascinante barba sfatta sulla mandibola
squadrata, i tondi occhiali storti e delle brutte ferite che gli
deturpano il petto. Le iridi di smeraldo le evita di proposito, il
suo coraggio non arriva fin lì preferendo concentrarsi su
ferite ed
escoriazioni, che per lei ormai sono un divenute appiglio sicuro.
- «Buon
pomeriggio signor Potter, scusi l'attesa. Sono la medimaga Farley,
primaria di questo reparto, lei invece è la mia
specializzanda―»
- «Parkinson!»
esclama sorpreso il paziente, riconoscendola solo in quel momento;
vorrebbe essere più garbato ma non riesce a non squadrarla
da capo a
piedi, la sua espressione tradisce una candida incredulità.
- «Eravate
compagni ad Hogwarts, giusto» mormora Eliza compita,
collegando in
un attimo i pezzi.
- Pansy
si schiarisce la gola e alza elegantemente il capo ingoiando
il disagio
a forza, dopotutto quello è il suo territorio e
Harry Potter non è
che un altro paziente, e lei ha lavorato troppo per fare la figura
della ragazzina spaventata. Ma da quegli occhi si tiene comunque alla
larga.
- «Sì
esatto Eliza – risponde sbrigativamente, poi getta
un'occhiata più
approfondita alla cartella – duello magico, colpito da
più
incantesimi non verbali simultaneamente, probabile
maledizione»
riassume.
- «Erano
tre – specifica l'Auror – due sono riuscito a
fermarli e mi hanno
colpito superficialmente» mostra le ferite sulle braccia,
simili a
segni di frustata, «il terzo invece mi ha colpito in pieno
–
tossisce – anche se pensavo facesse più
male» conclude
stringendosi nelle spalle.
- «Apparentemente»
replica la medimaga avvicinandosi a lui e controllando con la nodosa
bacchetta la ferita al petto; «Pansy tocca a te, poi dimmi le
tue
conclusioni» la chiama con cipiglio autoritario.
- Harry
osserva ancora stranito l'ex Slytherin avvicinarglisi e analizzare la
sua brutta ferita e per la seconda volta il suo petto si scalda di un
piacevole tepore.
- «Prude?»
gli chiede alla fine, senza guardarlo.
- «Parecchio»
confessa lui cercando un contatto di sguardi. Le iridi cristalline di
Pansy invece cercano quelle della sua mentore e con sicurezza espone
la sua diagnosi:
- «È
una maledizione necrotica al primo stadio.»; lo sguardo
ambrato
della medimaga si accende e annuisce concorde e fiera.
- «Necrotica?!»
esala l'Auror «Dimmi che ho capito male» dice ora
pallido in volto
e nel dirlo si rivolge direttamente a Pansy.
- «Signor
Potter temo proprio di no, vede la maledizione che l'ha colpito
è
molto particolare, si tratta di infinitesimali particelle magiche che
consumano l'epidermide e i sottostanti tessuti, è un valore
pari a
otto o nove, a seconda della gravità, sulla scala di Derwent2—»
- «Un
gradino sotto le Maledizioni senza Perdono» spiega serafica
Pansy;
«Magnifico» sbotta Harry abbandonando
disperatamente il capo sul
morbido cuscino, non sapendo a che Fondatori votarsi.
- «Fortunatamente
per lei, signor Potter, la maledizione è ad uno stadio
iniziale, chi
gliel'ha scagliata non è così abile quanto
sperava e c'è ancora
modo di trattarla con successo. Pansy?»; l'aspirante medimaga
sciorina una serie di incantesimi ed unguenti con una competenza tale
che Harry non può fare a meno di restare colpito.
- «Iniziamo
con quest'ultimo protocollo, ritengo sia il più efficace.
Signor
Potter lei è ufficialmente fuori servizio per almeno i
prossimi
sette giorni. Tra dieci giorni tornerà qui per delle
analisi, se
tutto va come deve andare tra un mese tutto questo sarà
solo un pessimo ricordo—»
- «Uno
in più uno in meno» borbotta svagato, Pansy si
tortura il labbro
inferiore e punta gli occhi su quella ferita dai bordi frastagliati
che gli sfregia il petto.
- «Ci
siamo intesi, le lascio alle cure di Pansy. - poi fa un cenno alla
sua tirocinante – Preparo le pergamene per la dimissione, una
volta
terminato vieni ad aggiornarmi».
- Pansy
si mette all'opera e per un po' non si odono altri suoni, se non
quello degli incantesimi luminescenti da lei cantilenati.
- «È
strano» esordisce Harry mentre cerca stoicamente di tenere a
bada il
dolore.
- «Mh?»
- «Tu.
- le parole gli escono senza che abbia il tempo di rifletterci
–
voglio dire, non avrei mai pensato di vederti in questa veste,
ecco»
Harry stringe gli occhi in difficoltà, ha il terribile
presentimento
che le parole gli siano uscite tutte storte, brutte totalmente in
balia del fraintendimento.
- Pansy
si lascia sfuggire un sospiro – che l'ex Gryffindor non sa
decifrare – continua ad eludere il suo sguardo. «Il
tempo
cambia le cose» mormora senza aver intenzione di approfondire
quanto
detto. «Fatto» dice invece, osservando compiaciuta
il
proprio
lavoro.
- «Dunque
c'è bisogno di rifare il medicamento ogni giorno per i
prossimi
sette giorni. Ti manderò un gufo con l'unguento e istruzioni
precise», quando si tratta di medimagia invece non
c'è indugio
nella sua voce o nel suo sguardo, che sfiora quello smeraldino e
vibrante del ragazzo con sicurezza, anche se solo per inafferrabili
attimi.
- «Sono
libero di andare? Posso tornare a casa?» sospira sollevato,
Pansy
annuisce solamente passandogli poi la candida camicia della divisa
che indossa con agilità. Il pastrano scuro è
l'ultimo indumento che
ricopre il fisico tonico di Harry che indugia appena e poi non
sapendo bene come comportarsi: entrambi si scambiano un semplice e
veloce cenno col capo. Ma poi Harry ci ripensa, si volta e accenna ad
un sorriso, «Pansy? Grazie».
- La
voce non riesce a superare il carnoso muro delle sue labbra e
perciò
annuisce, ha capito.
-
- Il
monolocale in cui vive Pansy si trova in una palazzina dall'aspetto
fatiscente che un tempo fu certamente sofisticata e aristocratica,
gestita da un anziano Magonò che affitta sopratutto a
specializzandi e a qualche medimago del St. Mungo. Il complesso
infatti dista appena venti minuti a piedi dal vecchio magazzino Purge
& Dowse Ltd. in cui si cela appunto l'ospedale.
- Pansy
vi si è trasferita tre anni prima, quando aveva deciso di
afferrare
l'offerta fattale dalla Farley e tagliare i ponti con ciò
che era
sempre stata la sua vita; aveva deciso di darsi una
possibilità.
- Si
leva il pesante cappotto, l'acqua per il tè sta
già bollendo sul
fuoco, poggia sul piccolo ma elegante tavolo le medicine che dovrebbe
inviare a Potter e la sua cena per quella sera: involtini
primavera e pollo fritto al limone.
- Nonostante
la stanchezza, ha ancora trenta centimetri di pergamena da scrivere e
due capitoli di Medimagia d'urgenza da studiare; apre il tomo con la
penna prendiappunti che schizza sui fogli, mentre il suo palato si
riempie della sfoglia croccante e delle verdure speziate dell'involtino.
- Un
lieve bussare alla finestra la distrae, quando ormai le mancano poche
righe alla conclusione del suo saggio, Zephyr – il suo
allocco
maculato – è tornato e porta una lettera con
sé. Pansy si lascia
dare un buffetto sulla guancia pallida mentre l'allegro allocco, dopo
la tenera carezza, si arrocca sul trespolo accanto al letto colmo di
coperte e cuscini.
- La
lettera di Millicent fa sogghignare Pansy, vorrebbe risponderle
immediatamente ma lo sguardo le cade sul medicamento per Potter e il
sorriso le si spegne lentamente, mentre qualcosa nel fondo dello
stomaco la fa provare un enorme disagio; si prepara per coricarsi
eppure quella sensazione non sparisce, la medicina è sempre
lì, e
le pare quasi occupare troppo spazio, si mordicchia le unghie,
nervosa, sbuffa, prenderà una decisione la mattina seguente;
tira le
tende e sprofonda nel letto, ma è certa che quella notte gli
incubi
torneranno.
1: Eliza Fawley
è un mio OC, è una Purosangue la cui famiglia fa
parte delle Sacre Ventotto
2: scala di
Derwent, è
una scala di valori di mia invenzione, ho preso il nome "Derwent" da
Dilys Derwent, guaritrice del San Mungo e Preside di Hogwarts
(1705-1768)
___________________________________________________________________________________________________________________
Ecco a voi il primo
capitolo di
questa long che non sarà molto long, i cui stessi capitoli
non
saranno molto long. L'idea è nata dopo aver letto una ff
proprio
con la ship Harry/Pansy e ho pensato semplicemente che questa coppia
avesse del potenziale, sopratutto se pensiamo al tenore del loro
"incontro" nell'ultimo libro. Ho cominciato a chiedermi se Pansy si
fosse mai pentita del suo comportamento? Che piega potrebbe prendere la
sua vita? E quella degli altri personaggi? E ecco l'inizio.
Ho intenzione di allargare lo sguardo, non solo entrando nei due
personaggi, ma anche includere altri personaggi che costellano la vita
dei due creando il mio personalissimo What if...?
Grazie a tutti coloro che sono giunti fino a qui, se volete farmi
conoscere la vostra opinione è più che ben
accetta ^^
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Capitolo 2 *** Colazione con sorpresa ***
2
Capitolo
due
Colazione
con sorpresa
§
-
Harry
si sveglia e la prima cosa che vorrebbe fare è strapparsi la pelle
dal petto per quanto gli prude, sa che non può e questo non fa che
aumentare il suo desiderio. Oddio gli pare di non aver mai
desiderato così ardentemente fare una cosa come in quel momento.
-
Sbuffa
contrariato e si solleva con fatica, se il giorno prima gli sembrava
di non aver poi subito chissà quali danni, stamane deve ricredersi:
le ossa invocano pietà e i muscoli piangono per la tensione.
-
Il
suo orgoglio – forse la sua proverbiale testardaggine – gli
impedisce di tornarsene a letto a marcire per il resto della
giornata, facendosi accudire da Tippy. Come mette il piede a terra
uno squittio infastidito attira la sua attenzione, «Buongiorno anche
a te Loki». Il piccolo snaso dalla folta pelliccia avorio punta i
suoi occhietti scuri su Harry con l'espressione più innocente che
riesce a simulare.
-
«Molla
la spilla Loki, ora!» lo minaccia invece il mago, che oramai conosce
bene le mire della creaturina. Loki fa dei versi come se volesse
proclamare la sua innocenza ma alla fine cede sotto lo sguardo
smeraldino e affilato del mago, e consegna la spilla tirandola fuori
dalla sua pelosissima tasca.
-
Loki
fu l'ultimo regalo di Ginny prima di mettere definitivamente la
parola fine a ciò
che erano stati. Harry ancora si domanda se glielo abbia regalato per
senso di colpa o per non farlo sentire solo in quell'immensa casa,
probabilmente le due ipotesi non si escludevano a vicenda.
-
Tippy,
l'elfo domestico regolarmente pagato e con un giorno libero a
settimana – Hermione si era occupata personalmente del suo
contratto –, lo attende in cucina mentre si affaccenda ai fornelli.
-
«Buongiorno
padron Harry. La colazione è pronta» lo saluta con la sua voce
stridula. Non fa in tempo a mettersi a tavola che il campanello
emette un lungo suono insistente. “Che manina leggera”
pensa perplesso l'auror mentre con passo strascicato raggiunge
l'ingresso. Resta attonito sulla soglia di casa riconoscendo
immediatamente il noto caschetto corvino di Pansy Parkinson. Lei
solleva lo sguardo, osservandolo in tralice, le iridi chiare
espressive.
-
«Potter»
saluta velocemente.
-
«P-Parkinson!»
dice quasi scattando sull'attenti.
-
Il
silenzio scende su di loro come una doccia gelata. L'auror ha timore
quasi a respirare, non riesce a capacitarsi di averla lì a due
passi, ma d'altronde non è lui che deve una qualche spiegazione.
-
Pansy
guarda dappertutto senza vedere nulla per davvero. Continua a dirsi
che è stata una pessima idea, che sarebbe stato meglio spedirgli
tutto via gufo e che lei non ha nessun diritto a imporgli la sua
presenza.
-
«Sono
qui per la medicazione» sputa infine mostrandogli un sacchetto di
carta a sostegno delle sue parole.
-
La
faccia istupidita di Harry la farebbe anche sogghignare se non si
sentisse così a disagio, è una sensazione che non prova più da
molto tempo, non c'è più nessuno che la faccia sentire così
...esposta e coloro, con cui aveva provato quella sensazione,
li aveva tagliati fuori dalla sua vita già da molto tempo.
-
«La
medicazione!» sospira sollevato il ragazzo «Santo Godric, grazie!»
esulta, facendo istintivamente arricciare il delicato nasino dell'ex
Slytherin.
-
«Forza
entra pure in cambio fatti offrire la colazione» le parole gli
escono con così genuino calore che entrambi si guardano imbarazzati.
-
«Non
vorrei fare da terza in comoda tra te e la Weasley» bofonchia Pansy
con tono lievemente acido, prima di passarsi nervosamente le dita tra
la corta frangia, come a volersela pettinare; quel tono caldo e
l'offerta fattale l'hanno confusa, non voleva rispondergli a quel
modo. Il volto di Harry si adombra lievemente ma basta perché la
ragazza lo noti.
-
«Ah
di questo non ti devi preoccupare – mormora sorridendo forzosamente
– io e lei— Ginny non abita più qui» dice incasinandosi
distrattamente i capelli con la mano. Poi si scosta per farla
passare.
-
Pansy
vorrebbe fuggire, invece fa un passo e entra a Grimmauld Place.
-
-
La
casa, nonostante si sviluppi più in altezza che in larghezza, è
molto luminosa – più di quanto immaginasse dai racconti di Draco
di molto tempo addietro – c'è legno chiaro e caldo ovunque così
come l'illuminazione che contribuisce a scaldare l'ambiente, è
pulita e c'è un buon odore di pino e limone nell'aria.
-
«Tippy
aggiungi un posto in più, abbiamo ospiti!» dice a gran voce Harry
entrando in cucina. L'elfo schiocca le dita e il fuoco del fornello
ricomincia a ravvivare la padella.
-
«Tippy,
lei è Pansy Parkinson.»
-
«Buongiorno
miss Parkinson!» saluta con voce gracchiante e allegra l'elfo dai
tondi occhi lilla, la ragazza fa un veloce cenno col capo, mentre
Harry sposta la sedia per farla accomodare.
-
«Cosa
bevi?»
-
«Del
tè alla menta con una fetta di limone» risponde compita, poi si
schiarisce la gola e si passa le dita nella frangia scura «Se-
se ne hai». Il ragazzo annuisce e prende un barattolo d'alluminio
bianco dalla credenza mentre un'elegante tazza blu con arabeschi
bianchi le si materializza davanti al naso.
-
«Il
tè io preferisco berlo alla sera» replica Harry, giusto per fare
della conversazione e poi affonda il naso nella tazza piena di caffé.
-
L'elfo
serve delle uova strapazzate e del pane caldo con le noci, che Pansy
si limita a piluccare osservando incuriosita intorno.
-
«Senti
hai fretta, vero?»
-
«Cos-?
Oh devo essere all'ospedale per mezzogiorno ma prima devo lasciare il
mio saggio—».
-
«Allora
non ti faccio perdere troppo tempo».
-
Entrambi
si alzano e Harry la conduce in salotto, «Ti serve qualcosa in
particolare?».
-
«Siediti
e togliti la maglietta» ordina spiccia. Il ragazzo boccheggia per
qualche istante mentre le guance si chiazzano lievemente di rosso,
Pansy abbassa lo sguardo e si tocca nervosamente la frangia per
l'imbarazzo.
-
«Io—»,
non sa da che parte cominciare, il tono, la frase tutto è sbagliato,
non si è mai sentita così impacciata con nessun altro; ma Harry
ridacchia e scuote il capo divertito «scusa mi hai preso in
contropiede. Dritta al punto come sempre Parkinson!», dice mentre si
libera con fatica della maglia, le ossa si lamentano e i muscoli
piangono ma lui non fa una piega e si accomoda sul suo ampio e
morbido divano.
-
Pansy
non vorrebbe guardarlo –
ora fuori dall'ospedale, da quello che è diventato per lei un
ambiente sicuro e famigliare –
non può impedirsi di osservarlo e
nel farlo di sentirsi incredibilmente in imbarazzo. Apre il cartoccio
e sistema ordinatamente alcuni unguenti, si concentra sui propri
gesti, ha iniziato a farlo i primi giorni da specializzanda,
l'aiutava a calmarsi e a non sentirsi sotto pressione, le sue mani
che si muovono sono l'unica cosa davvero importante. Senza indugio
afferra i lembi della benda e con movimenti delicati e precisi la
srotola studiando con sguardo clinico i bordi slabbrati della ferita.
-
Harry
la guarda con malcelata meraviglia, per qualche istante si è perso
in quei gesti così sapienti e fini, forse più di qualche istante
visto che la ragazza gli sta parlando e lui non ha idea di cosa stia
dicendo.
-
«Perdonami,
dicevi?»
-
«Mpf.
La ferita! Brucia?»
-
«Da
morire» confessa con vergogna.
-
«Beh
sarai anche il Prescelto, ma sei pur sempre umano, è confortante»
replica ironicamente lei. Harry ridacchia sinceramente divertito.
-
Le
labbra di Pansy si distendono appena poi prende un unguento e lo
applica con attenzione, le dita irrequiete sfiorano e sentono la
pelle tesa e il vigore del suo corpo allenato, si concentra sul suo
tocco per non fuggire via. Afferra malamente un altro cartoccio e
chiede dell'elfo.
-
Tippy
appare e Pansy gli da istruzioni precise per fare il decotto in cui
dovrà poi imbeverci le nuove bende.
-
«Posso
farti una domanda?» gli chiede mentre lei si affaccenda con la
bacchetta per operare alcuni incantesimi.
-
«Non
è già questa una domanda?» ribatte la ragazza guardandolo da sotto
in su e sorridendo appena. Harry fa una smorfia «Ah ah. Simpatica!».
-
«Avanti
sentiamo questa domanda»;
-
«Ok.
Come sei finita a medimagia?», spera con tutto il cuore di non aver
avuto un tono canzonatorio.
-
Pansy
non risponde subito, si prende qualche attimo poi le sue iridi
cristalline si spostano verso il caminetto spento.
-
«Mi
è stata data un'occasione e l'ho colta. - mormora assorta – Credo
che Eliza Fawley abbia visto qualcosa che io ci ho messo un po' a
capire».
-
«E
ora l'hai capita quella cosa?», lei annuisce con un piccolo sorriso.
Harry la osserva e anche sul suo volto appare un lieve sorriso.
-
«Non
è da me, vero?» sospira guardandolo; lui si stringe nelle spalle.
-
«Non
ho idea di cosa sia da te Parkinson, in fondo non ti conosco
granché», non appena lo dice sente di aver in qualche modo detto la
cosa sbagliata, anche se non sa dire perché, eppure percepisce la
ragazza davanti a sé ritrarsi impercettibilmente, vorrebbe
aggiungere qualcosa per trattenerla, per trattenere quell'atmosfera
quieta e intima che si era formata ma non fa in tempo. Tippy torna
con il decotto fumante nella pentola e Pansy dopo aver imbevuto le
pallide bende le avvolge seria e professionale attorno al petto del
ragazzo.
-
«Io
ora devo andare – lo dice senza guardarlo in volto, sistemando
velocemente le sue cose nell'ampia tracolla in pelle – torno domani
per rifare il medicamento, è un problema se però vengo la sera?».
-
Harry
allarga la braccia e la sua voce è lievemente ironica, «Mi trovi
sempre qui Parkinson!», poi però si alza, il suo sguardo è
incredibilmente intenso, «Grazie, davvero».
-
Pansy
avverte ancora quel nodo alla gola, sente di non meritarselo,
annuisce e senza dire altro esce.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Anche se con immenso ritardo ecco il secondo capitolo.
Ringrazio coloro che l'hanno inserita nelle loro liste speciali, anche
se con lentezza questa long continuerà a procedere, spero che vi
piaccia.
A presto!
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Capitolo 3 *** Amici miei ***
03
Capitolo
tre
Amici
miei
§
-
Pansy
si massaggia svogliatamente il volto pallido e irrigidito dalla
fatica. Allunga poi le braccia, stiracchiandosi verso l'alto e i
muscoli si distendono grati. Getta uno sguardo al grande orologio del
St. Mungo e sospira sollevata: l'ora di pranzo incalza, il suo turno
di dodici ore sta finalmente volgendo al termine. Con rinnovato
entusiasmo si dirige verso la Caffetteria dell'ospedale – uno dei
posti preferiti dalla maggior parte dei medimaghi in quanto le ampie
vetrate oltre a inondare il luogo di una luce confortante, anche
nelle giornate di pioggia, danno sull'ampio parco verdeggiante e
curatissimo –, una volta arrivata non riesce a trattenere un
urletto stridulo alla vista di una delle persone più care che ha.
-
Millicent
Bulstrode con gli occhioni grigio-azzurri sempre espressivi e le
labbra a bocciolo tinte di rosso l'attende con le braccia aperte e
l'immancabile sorriso impertinente da bimba. Pansy non sa
quantificare il bene che le vuole, negli anni di Hogwarts, durante la
guerra, Millicent è stata per lei un rifugio sicuro e accettazione
incondizionata.
-
«Mills!»
la voce della mora è lievemente commossa, non si vedono da un mese
abbondante, fatto inusuale per loro, ma dopo la promozione dell'amica
Pansy si è dovuta abituare a malincuore.
-
«Salazar!
- inizia Millicent con il suo inconfondibile tono alto e sicuro –
non ne potevo più dei francesi. Se osano dire che noi inglesi
abbiamo la puzza sotto il naso, li affatturo e li spedisco dritti a
Parigi».
-
«Mills
noi abbiamo la puzza sotto il naso!» la contraddice Pansy ridendo,
mentre entrambe si siedono una di fronte all'altra con una calda
tazza di té fumante, come non capitava da molto tempo.
-
Millicent
scuote la chioma bruna e agita teatralmente la mano «Lasciamo
perdere, l'importante è che tu non mi parli di Quidditch o
Passaporte o del delicato equilibrio tra peso e lunghezza di un
manico di scopa! Ci abbiamo perso una settimana, giuro! Tutta colpa
della delegazione statunitense! Quelli dell'ufficio Sport magici
stavano per mangiarsi i guanti dalla disperazione—» Pansy continua
a ridere, non ha realizzato che la parlantina di Millicent potesse
mancarle così tanto.
-
«Insomma
noto con piacere che la tua nuova posizione all'Ufficio per la
Cooperazione internazionale ti sta piacendo» conclude melliflua
l'aspirante medimaga.
-
«Io
amo questo lavoro!» è la replica entusiasta dell'altra. «Piuttosto
Pan tu come stai, che mi racconti? Come stanno quel mantenuto di Theo
e quell'adorabile becchino di Draco?». Pansy scuote la testa
divertita, parla così ma vuole sinceramente bene a quei due casi
umani dei loro migliori amici; gli unici che sono rimasti malgrado
tutto.
-
«Fai
la brava, Theo non è un mantenuto – ghigna –, non li vedo
entrambi da un po'! Sono stata così impegnata con gli studi e il
tirocinio che ho saltato le ultime cene a Montacute House. Ma sono
certa che Theo è sempre felice con la sua instancabile mogliettina
mentre ne approfitta per studiare con tutta calma le guerre dei
goblin. E Draco beh, credo che passi il tempo lì a lamentarsi con
Theo o sepolto in formule alchemiche e ingredienti di dubbia
provenienza al lavoro».
-
«Mpf,
niente di nuovo all'orizzonte insomma», Pansy sa che la routine
l'annoia «E tu, mon amie?».
-
«Bene»
dice in fretta e subito si pente. Troppo in fretta. E
difatti... «Sputa il rospo! Cosa mi sono persa?».
-
- —
-
-
«Mi
stai davvero dicendo che la Parkinson lavora al St. Mungo!?», Ron
ormai è al limite dell'ilarità e affonda in naso nel bicchiere di
Burrobirra, incapace di trattenersi.
-
«E
ti fa da infermiera. - il tono di Tracey Davis è incredulo, forse
addirittura scioccato – La Parkinson. Pansy Parkinson. La secca
snob della mia casa», no non riesce a crederci.
-
«Non
mi fa da infermiera Cy. Sta studiando per diventare Medimaga, è la
specializzanda della Fawley, che se non erro mi hai consigliato tu,
Stein!» replica pazientemente Harry, mentre Ron batte più volte la
mano sul ginocchio, ormai rosso anche in volto.
-
Anthony
Goldenstein distoglie lo sguardo blu dalla rivista “Trasfigurazione
Oggi” per degnare d'attenzione il suo capitano.
-
«Esatto.
- conferma svagato – è la migliore nel suo campo, oltre ad essere
capo reparto! Mia madre la tiene molto in considerazione», si
stringe nelle spalle «O ha perso colpi o probabilmente la Parkinson
è brava», conclude certo del suo ferreo ragionamento.
-
«Ma
se non era in grado di prendersi cura manco di un gufo quella!»
sbotta Tracey lasciandosi cadere pesantemente sul divano, dove Harry
se ne sta semi disteso, in preda ai pruriti procuratigli dalla
ferita; «Ha mollato Cura delle creature magiche alla prima occasione
utile».
-
«Cy,
mia cara, ti faccio notare che Harry è un essere umano non un
animale», replica Anthony e Ron ha un nuovo scoppio di risa, Tracey
ghigna malevola e mentre lo fa, le sue labbra scure si stendono
pronte a prendere parola.
-
«Dì
qualcosa e te la faccio pagare» mugugna Harry alla sua vice. La
ragazza alza un sopracciglio «Sto già compilando tutti i verbali,
come altro pensi di potermela far pagare?» dice sorridendo angelica.
-
«Magari
chiedo alla Parkinson» freccia imbronciato.
-
Ron
si asciuga gli occhi luccicanti dal troppo ridere, poi stringe con
affetto fraterno la spalla al suo migliore amico.
-
«Io
controllerei che ti stia davvero curando, amico. Scherzi a parte,
chiamami se hai bisogno, davvero». Harry sorride e annuisce grato,
«Tranquillo penso che me la caverò, ma se volessi passare, dopo
quella cosa...»; il suo sorriso si fa ancora più largo nel
vedere gli occhi di colui che considera alla stregua di un fratello
illuminarsi, ma non per il divertimento stavolta.
-
«Contaci.
Ora gente io vi saluto, stasera esco a cena con Demi» e così
dicendo Ron si smaterializza con un sonoro crac.
-
«Stasera
chiederà a Demelza di sposarlo» butta lì come nulla fosse,
guardando il soffitto travato.
-
La
faccia di Tracey è decisamente scioccata e persino Anthony appare
spiazzato per qualche istante, ma il suo cervello comincia a
ingranare e annuisce come illuminato.
-
«Ora
si spiegano un po' di cose. Harry, Hermione lo sa?» domanda
pensieroso. Il moro ridacchia nervosamente.
-
«Oh
merda» dice Tracey.
-
«Non
credo possa essere un problema per lei. Insomma ormai sono anni che
non stanno più insieme, anche se, non lo so», sospira e si
massaggia la radice del naso per lasciar andare un po' di tensione.
-
«Glielo
dirò, dovrei andare a cena con lei a casa di Morag MacDougal tra un
paio di giorni».
-
«A
proposito, mi sono chiesta come tu faccia a sopportare il resto della
compagnia verde-argento!» sogghigna divertita Tracey, ma Harry
stende le labbra in un sorriso obliquo.
-
«E
perdermi lo spettacolo di Hermione che da del filo da torcere al
furetto? E poi faccio pratica con te—» non fa in tempo a terminare
la frase che un cuscino gli finisce dritto in faccia, tramortendolo.
-
«Oh
perdonami, ti ho fatto male? Bene!».
-
Anthony
sorride e si alza.
-
«Dai
Nott non è poi così male! Magari alla prossima vengo anch'io è da
un po' che non vedo Morag, ci saranno anche Terry e Lisa?», Tracey
da un buffetto sul capo del proprio capitano e poi si affianca all'ex
Ravenclaw.
-
«Probabile!
Te li saluterò in caso. – sbadiglia esausto – Grazie ragazzi per
essere passati».
-
-
—
-
«Non
posso credere che tu stia ancora male per quella storia», il tono di
Millicent è esasperato e incredulo. Pansy stringe i denti e si passa
nervosamente le dita nella frangetta inchiostro; «Non ci posso fare
niente»; «Secondo me neanche se lo ricorda» replica la bruna
cercando di sdrammatizzare, Pansy lo sa, non fa bene nemmeno a lei
ricordare quel periodo.
-
Sbuffa,
ce l'ha con se stessa, con tutti e nessuno. Vorrebbe che Potter non
fosse diventato un suo paziente. Non è per lui, quanto per quello
che ha fatto lei... Forse può chiedere ad Eliza. No. È fuori
discussione, la prenderebbe per una ragazzina viziata che in quegli
anni non ha imparato nulla. Forse è così.
-
Millicent
ferma il flusso caotico dei suoi pensieri – che lei nemmeno si era
accorta di starvi annaspando dentro – afferrandole le mani. Le sue
mani sono sempre calde e morbide, le proprie restano sempre fredde, a
volte sono tiepide, come in quel momento.
-
«Pan
guardami. Dai va tutto bene. - mentre lo dice ci crede davvero e
questo rincuora un po' la mora – Sì forse un po' rotte dentro ma
non siamo cattive persone».
-
-
“Non
siamo cattive persone”.
-
Pansy
solleva gli occhi di giada e incontra quelli vivaci e smeraldini di
Potter, che l'accoglie sull'uscio di Grimmauld Place.
-
Mentre
fa accomodare la ragazza, Harry nota i capelli un po' scarmigliati e
la faccia non è chiara e fresca come la mattina precedente; le
piccole efelidi scure che decorano il suo naso spiccano sulla sua
pelle pallida e tirata. È stanca.
-
«Hey.
Tutto bene?».
-
Pansy
si ridesta improvvisamente – sembra uno zombie che deambula – e
scuote il capo per centrarsi. «Sì, scusa è che ho finito un turno
da dodici ore».
-
Harry
fischia impressionato, «Non sei riuscita ad andare a casa a
riposarti?». La mora gli lancia un'occhiata in tralice.
-
«No.
Devo consegnare una relazione di quaranta centimetri minimo e visto
che ora sono qui, l'unico momento per farla era oggi pomeriggio.
Quindi, no, addio riposino». Il tono è irritato, con una leggera
ironia di sottofondo e Harry si gratta la testa colpevole. Ma Pansy
inspira e si scusa.
-
«Sei
un paziente, fa parte del gioco». Senza perdere tempo il ragazzo si
spoglia e lascia che Pansy si prenda cura di lui.
-
«Come
ti senti?»
-
«Fiacco.
Mi stanco subito», Pansy annuisce «È positivo, sembra strano ma lo
è, vuol dire che le tue energie magiche sono impegnate nella
guarigione».
-
«Se
lo dici tu, mi fido»
-
«Fidati»;
-
«Lo
faccio» risponde Harry con un sorriso sincero; Pansy si mordicchia
il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, le gote lievemente
arrossate e l'ombra di un sorriso accennato.
-
Entrambi
hanno di nuovo quella sottile sensazione di essere dentro
un'atmosfera sospesa, quieta e calda.
-
«Finito».
-
«Senti
fatti almeno offrire una cioccolata calda, il cioccolato aiuta
sempre. Per il disturbo di venire fin qui. Insisto»; la ragazza alla
fine annuisce stravolta e lui sparisce in cucina.
-
Pansy
si guarda attorno leggermente spaesata, si siede composta sul divano,
che è soffice e comodo; davanti a lei, addossato alla parete c'è un
grande rettangolo di vetro fino, non capisce cos'è. Tutti i colori
sono tenui, è una stanza davvero accogliente, poggia con attenzione
la schiena sullo schienale, in attesa.
-
«Eccomi.
Scusa ma alla cioccolata non si può mettere fr—». Harry osserva
Pansy Parkinson addormentata sul divano di casa sua. Per un attimo
non sa che fare, il panico che sale, ma il respiro profondo e
tranquillo di lei lo calma e si convince. Fa evanscere la tazza,
afferra una coperta e gliela poggia delicatamente sopra.
-
Spegne
la luce e se ne va al piano superiore, i conti li avrebbero fatti al
mattino.
_____________________________________________________________________________________________________
Buon sabato a tutti. Particolarmente ispirata questa volta ho pubblicato un po' prima di quanto mi aspettassi.
Qui cominciamo a conoscere le persone che costellano la vita dei due ragazzi, spero che vi piaccia.
Visto che mi piace molto comporre collage aesthetic, ne troverete uno ad ogni fine capitolo da qui in avanti.
A presto!
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Capitolo 4 *** Indovina chi viene a cena? ***
4
Capitolo
quattro
Indovina
chi viene a cena?
§
-
Un
leggero sbuffo fa increspare il volto sereno di Pansy. Stringe gli
occhi infastidita, sta così bene lì... Sente ancora qualcosa che la
sfiora e si volta esasperata, ma il materasso manca improvvisamente
sotto il suo corpo: cade con un sordo 'thud' che la costringe
a lanciare un urlo per la sorpresa.
-
Un
lattiginoso raggio di luce, che filtra dalla finestra, le consente di
mettere a fuoco la stanza. Le iridi di giada abbracciano le pareti e
il mobilio, ma la sua mente impiega più del dovuto a capire dove si
trova, sa solo che quello non è il suo appartamento.
-
Qualcosa
di peloso le sfiora la caviglia e lei salta sul posto nervosa mentre
un piccolo snaso dal manto chiarissimo le sguscia curioso fra le
gambe.
-
«Pansy?».
-
Il
suo nome pronunciato da quella voce, ora assonnata, attira la sua
attenzione e osserva sporsi dalle scale Harry Potter con i capelli
scarmigliati più che mai, in maglietta e boxer, il volto sfatto per
il sonno interrotto.
-
«Potter!?»,
la voce di Pansy risulta stridula, infastidendo anche se stessa. È
troppo presto per parlare.
-
«Loki
smetti di frugare nella sua borsa». Harry sbuffa improvvisamente
sveglio e imbronciato, si dirige verso la ragazza che è ancora
seduta sul morbido tappeto; l'obiettivo non è lei ma lo snaso che ha
il muso immerso nella borsa in pelle.
-
«Perdonami.
Ti ha svegliato, vero?» le chiede con gentilezza.
-
Pansy
si strofina la faccia, si guarda attorno incerta e poi posa lo
sguardo sul ragazzo che le sta di fronte. «Mi sono addormentata ieri
sera non è vero?» chiede invece imbarazzata.
-
Harry
sorride divertito «Sembravi
dormire così profondamente che non ho avuto il coraggio di
svegliarti!».
-
«Un
gryffindor che non ha coraggio?» replica divertita Pansy. Ha appena
fatto una battuta a Potter, si rende conto e non comprende il motivo
del suo impaccio.
-
«Beh
tieni conto che c'è una piccola percentuale slytherin in me.
Dev'essere stata quella!» sghignazza stropicciandosi ancora di più
i capelli.
-
«Ah
simpatico! Cos'era una battuta?» sbuffa fingendosi offesa, ma poi
sorride e le sue guance si imporporano appena.
-
«Grazie
per l'ospitalità Potter, non avresti dovuto disturbarti tanto»
mormora alla fine, nascondendo il proprio volto dietro la mano
nervosa che prontamente liscia la sua iconica frangetta.
-
«Senti
e se mi chiamassi Harry?».
-
Quelle
parole gli sono uscite di getto e nota immediatamente che hanno un
effetto sulla ragazza, ma non riesce a pentirsi. Pensa alla sua
squadra, alle persone che ha conosciuto in quegli anni, non sono più
ad Hogwarts, non ci sono case e lei beh... lei è da giorni che viene
e va da casa sua, insomma gli sembra ridicolo continuare con quelle
formalità. Ma forse Pansy non la pensa come lui, la vede distogliere
lo sguardo e fissare intensamente il caminetto spento, le sue labbra
rosee e lucide si arricciano in una smorfia che non sa decifrare.
-
«Ci
posso provare» sussurra infine e Harry ridacchia: le ricorda una
bambina imbronciata.
-
«Mi
detesti ancora così tanto?» scherza ma si pente di quelle parole
non appena scorge le iridi di lei, stralunate e ferite.
-
«Mi
spiace, non volevo—»
-
«L'hai
detto tu: “non mi conosci granché”»
-
«E
non possiamo rimediare?» chiede lui. Pansy lo guarda,
improvvisamente intimidita dalla sua affabilità. L'idea di farsi
conoscere da qualcuno la atterrisce; il problema è che lei non piace
a se stessa, come potrebbe mai qualcuno apprezzarla? Sopratutto lui,
che per anni ha denigrato. E malgrado si senta piccola e meschina non
riesce a dire di no a quegli occhi accesi, profondi e...
rassicuranti.
-
«Forse».
-
-
Si
ritrovano così nella calda e pulita cucina di Grimmauld Place, l'uno
davanti all'altra a sorseggiare del tè e a mangiare fette imburrate
di pane caldo.
-
«Come
mai hai scelto medimagia?».
-
Come
spiegare cosa era stato per lei decidere di dedicarsi a quella
professione? Come fargli capire che quella per lei non era stata
solamente scegliere una carriera fra una miriade a disposizione, ma
una fuga, una salvezza. Un voltare le spalle a tutto quello che era
stato il suo mondo?
-
«Tu
hai sempre saputo cosa volevi fare? Una volta terminato Hogwarts...»
gli chiede invece. Lo vede sciogliere le labbra in un sorriso
leggero, sfuggevole, mesto. «Beh io avevo Voldermort alle calcagna
che di certo non voleva vedermi uscire da Hogwarts, se non in un
modo— si scompiglia
la chioma distratto —, però sì, verso la fine sapevo che non
avrei potuto fare altro se non l'auror, ma forse capisco cosa stai
cercando di dire...». Anche le labbra di Pansy sorridono allo stesso
modo di quelle di Harry.
-
Ricorda
nitidamente quel periodo fatto di occhi lucidi e vacui, di silenzi
nauseati, di unghie quasi strappate per sopravvivere all'ansia.
-
Non
vedeva via d'uscita, lei non sapeva come uscirne e pensava che non
avrebbe avuto la forza per uscirne. Se Eliza non fosse venuta a
cercarla, se non le avesse teso quella mano, se non avesse fatto per
lei quello che lei non riusciva a fare per se stessa...
-
«Per
te è stata una scelta, per me qualcos altro. La medimaga Fawley è
sempre stata una buona amica di famiglia, tanto da essere scelta come
mia madrina. - si rese conto di starsi torturando le mani ma andò
avanti comunque – Mia madre l'adorava, ebbi un incidente durante …
durante il settimo anno e lei ci fu per me, e forse riuscì a vedere
qualcosa di buono in me perché mi chiese se volevo diventare come
lei, una medimaga e io … non so … ma era qualcosa a cui
aggrapparsi», termina quel discorso, che pare colmo di cose non
dette, con una stretta di spalle e un sorriso di scuse.
-
Harry
annuisce pensieroso, vorrebbe chiedere, approfondire perché gli
sembra di aver scorto qualcosa nelle sue parole esitanti, ponderate
ma non osa. Non sa bene il perché, ma non vuole che lei si ritragga
nuovamente. «Credo che in quel periodo avessimo tutti bisogno di
aggrapparci a qualcosa. E ora com'è la tua vita?», concentriamoci
sull'oggi, pensa e nello sguardo di Pansy gli pare di intravedere un
barlume di gratitudine.
-
Pansy
non si rende conto ma parla e racconta della sua routine, dello
studio e dei casi strani che le sono capitati in quegli anni da
specializzanda, Harry ride a crepapelle sopratutto quando parla dei
primi incantesimi di guarigione che lanciava nei punti sbagliati
facendo crescere unghie invece che ossa, o dello strano caso di uno
stregone maledetto che cadeva in catalessi all'improvviso e iniziava
a fluttuare per tutta la stanza, Pansy confessa rossa in volto, che
se lo era perso in ospedale e avevano dovuto bloccare l'intero piano
per ritrovarlo.
-
Harry
ride e condivide aneddoti di quando era una recluta, delle fatiche e
degli impegni di un auror; Pansy lo osserva e comprende quanto ami il
suo lavoro. L'atmosfera è piacevole, calda e leggera. Uno sguardo
all'ora fa rendere conto alla ragazza di essere in ritardo.
-
«Per
Salazar! Devo consegnare il saggio. Devo andare!». Harry si alza con
lei, più per istinto che per reale bisogno, sarebbe stato volentieri
a chiacchierare ancora. Ma d'altronde non tutti sono in vacanza
forzato come lui.
-
«Sì
certo, ti accompagno alla porta, mi spiace averti trattenuto»; Pansy
si volta a guardarlo e gli fa un lieve sorriso: è impalpabile e
discreto come un'alba autunnale, «È- stato... è stato
interessante. Grazie per l'ospitalità». Harry sorride per quel tono
esitante e soave, si vede che non è abituata a ringraziare, o forse
– un pensiero più fosco lo attraversa – non è abituata a
ricevere delle premure.
-
«Beh
dovere! - sdrammatizza lui grattandosi il capo e scombinando ancora
di più i capelli – Insomma con le cure e tutto il resto.».
-
«Questo
è vero, me la sono guadagnata questa pausa imprevista. Torno domani
sera, d'accordo?».
-
«Sai
dove trovarmi», dice mentre lei si smaterializza.
-
-
—
-
-
È
il tramonto e un sonoro crac lo sorprende mentre si sta
preparando per la cena di quella sera.
-
«Harry!».
È Ron e lo sta chiamando a gran voce dall'ingresso, dalla cima delle
scale vede il volto solare del migliore amico che gli urla euforico:
-
«Ha
detto sì!».
-
Il
moro si precipita ad abbracciare l'amico, che ha ancora la divisa da
auror addosso e un sorriso che gli illumina anche le iridi brune.
-
«Sono
contento per te fratello! Ah ah ah non ci credo!».
-
«Era
davvero sorpresa, io stavo tremando, puoi immaginarlo! E poi lei... e
io! Wow», Harry ride davvero felice per lui.
-
Aprono
dell'acqua viola e Ron passa il resto dell'ora a descrivere con
dovizia di particolari la reazione di Demelza. Si sposeranno ad
inizio estate, quando la fidanzata avrà finito la stagione di
Quidditch e potrà prendersi una meritata vacanza. Alla Tana sono
ovviamente tutti entusiasti, Molly ha già iniziato ad allertare il
resto della famiglia di tenersi pronti.
-
Ron
si congeda e Harry non sa descrivere il calore che prova, per lui è
come un fratello e gli ha sempre augurato il meglio.
-
Una
volta rimasto solo, mentre accarezza distrattamente Loki,
un'improvvisa malinconia lo appesantisce – Harry ormai sa
riconoscerla – è contento per Ron, ma una parte di lui – ha
imparato a non nasconderlo a se stesso – prova una certa invidia.
Il desiderio di avere una famiglia non l'ha mai abbandonato, quella
calda sensazione di essere in due, di condividere la propria
solitudine con un'altra persona, di creare una famiglia tutta sua.
Tornare a casa e poter raccontare a qualcuno cosa gli passa per la
testa, le sue giornate, sentirsi accolto e accogliere a sua volta.
Sperava di averla trovata con Ginny, ma purtroppo si era rivelato un
fuoco di paglia.
-
Sospira
infilandosi il maglione scuro, non ha fretta, sa che prima o poi
arriverà anche per lui quella persona ma certi giorni la sua
solitudine gli pesa più di altri, e a volte si ritrova a non sperare
più.
-
Guarda
l'ora, Hermione lo starà aspettando... Il pensiero della sua
migliore amica lo riscalda un po', indossa il cappotto nero e il suo
sorriso migliore e si smaterializza.
-
-
Hermione
Granger lo attende alle soglie di Montacute House con le braccia
incrociate e il piede tamburellante. Harry ghigna «Eddai non sono
così in ritardo!».
-
«Parola
mia Harry, mi chiedo perché mi impegni tanto ad essere puntuale se
poi tu te ne freghi!», sbuffa Hermione agitando la folta e lunga
coda che si è fatta, ha un elegante cappotto in lana che fascia la
sua snella figura.
-
Il
sorriso di Harry si ammorbidisce, la ama profondamente come una
sorella e ora deve dirle qualcosa che spera non la faccia soffrire
troppo.
-
«Hermione»
la richiama afferrandola delicatamente per il polso, lei lo guarda,
capisce che è a disagio e il fatto la mette in allarme.
-
«È
la ferita-? Brutte notizie...?»
-
«Si
tratta di Ron», le iridi castane di lei si offuscano per un istante,
non è così breve perché Harry non lo noti; è da un paio di anni
ormai che i due suoi migliori amici non si parlano, non è stata
cattiveria semplicemente è stato più facile, hanno entrambi vite
dense, impegnate e il tempo lenisce e quindi è stato più semplice
lasciare che il tempo facesse il suo lavoro, piuttosto che investire
altri sentimenti in qualcosa di doloroso.
-
«Sta
bene?».
-
Harry
si schiarisce la gola, sì sì e molto anche... ma se tentenna
ancora un po' ad Hermione verrà una crisi isterica, quindi è meglio
tagliare corto.
-
«Ieri
sera si è fidanzato con Demelza Robins, si sposeranno... in giugno
credo». Harry non può fare a meno di chiedersi come sia andato: non
ha fatto preamboli, dritto al punto, il tono era controllato, gentile
al punto da non sfociare nel patetismo – almeno così spera –.
Osserva l'amica che sbatte le ciglia un paio di volte di troppo, ma
poi scioglie i muscoli in un'espressione lieta e sorride un filo
troppo – a suo modesto parere –.
-
«Ah!
Beh dovrai fargli le congratulazioni da parte mia. Demelza, eh? Gioca
ehm in una squadra irlandese... come Cercatore»
-
«Cacciatrice
nei Ballycastle Bats» replica pronto, mentre Hermione contrae
leggermente la palpebra scontenta di essere stata corretta.
-
«Quello.
Bene, sono felice per loro!», Hermione sorride con delicatezza e a
Harry pare che stia venendo a patti con quella notizia, non riesce a
capire quanto stia simulando e quanto sia onesta. «Andiamo?».
-
Le
offre il braccio l'amica glielo afferra con gratitudine.
-
-
Alle
cene a Montacute House, Harry partecipa da un paio di mesi, tutta
colpa di Hermione continua a ripetersi: dopo la sua rottura con Ron,
la ragazza si era avvicinata a Morag MacDougal, ex ravenclaw del loro
stesso anno, con cui aveva iniziato a fare amicizia durante l'ultimo
anno di scuola terminata la guerra; che Hermione aveva preferito
frequentare al contrario di lui e Ron.
-
La
sfortuna – che Harry era ormai convinto avesse un occhio di
riguardo per lui – aveva voluto che quella scapestrata di Morag
convogliasse a nozze, più o meno combinate – ancora non capisce
bene cosa ci fosse dietro a quel matrimonio così tanto chiacchierato
all'epoca – con Theodore Nott. Fin qui all'auror stava anche bene:
Nott era una persona con cui nonostante tutto non aveva mai avuto
scontri a scuola, uno slytherin un po' atipico a suo parere,
riservato e pacato, brillante (così diceva Hermione), chissà come
il suo migliore amico era proprio...
-
«Oh
ma guarda, Sfregiato ci sei anche tu! Ehi Theo, MacDougal sono
arrivati i vostri discutibili
ospiti!» proruppe con
tono volutamente scanzonato Draco Malfoy.
-
«Malfoy
è incredibile di come ancora non ti sia avvelenato con i tuoi
discutibili ritrovati
alchemici», replica serafica Hermione, un sorriso mellifluo le si
dipinge sul volto fine. Ah, ora ricorda perché, in fondo, quelle
cene non gli dispiacciano malgrado la presenza di Malferret: vedere
Hermione che risponde a tono e spesso lo lascia incapace di
replicare, è uno spettacolo che non ha prezzo.
-
«Non
si è ancora avvelenato perché usa prodotti di qualità!» afferma
feroce la padrona di casa. Morag incede verso i suoi ospiti e stringe
a sé Hermione in un breve e vigoroso abbraccio, i lunghi capelli
scuri arruffati e il volto dolce e cesallato – dietro cui si
nasconde un animo tutt'altro che fragile – sorridente. Indossa
ancora la salopette e gli stivali da lavoro infangati, che usa
abitualmente quando traffica nelle sue preziose e amatissime serre.
-
«Salazar,
Morag non sei ancora pronta?» sospira Draco, scuotendo il capo
divertito.
-
«Taci
Malfoy! Le vuoi o non le vuoi le mie preziose bimbe?»
esclama tagliente «E poi Theo
non si lamenta». C'è una particolare sfumatura di
morbido avvitamento
quando pronuncia il nome del marito, in quel tono altrimenti deciso e
cristallino, che mostra quanto quel matrimonio, partito con premesse
tutt'altro che rosee stesse funzionando.
-
La
figura longilinea e raffinata di Theo fa la sua comparsa poco dopo,
impeccabile in un completo tartan dai caldi toni autunnali.
-
«Buonasera
Hermione, Potter. - li saluta cortese, scambiandosi con l'ex
gryffindor un casto bacio sulla guancia –, che succede?» chiede
infine, le sue attente iridi nocciola chiaro abbracciano l'intera
sala da pranzo, sapientemente imbandita per l'occasione.
-
«Draco
è il solito indisponente» afferma capricciosa Morag, sorridendo
amabile al marito mentre lo raggiunge e scoccando un sorriso da
squalo al migliore amico di quest'ultimo, facendo ridacchiare
Hermione e Harry.
-
Theo
accenna un lieve sorriso alla moglie, poi le sussurra poche parole
all'orecchio che la fanno ridere e le scocca un bacio sulla tempia,
mentre questa si smaterializza al piano di sopra.
-
«Per
Salazar la tua signora è tremenda, Theo».
-
Poco
dopo, giungono anche Lisa Turpin e Terry Boot e sono quasi pronti per
cominciare. L'idea di Morag e Theo per quelle cene non era solo di
mantenere i rapporti con i propri compagni di casata, ma anche di
allargare la cerchia di amicizie e di spezzare quella sottile
rivalità che li aveva visti divisi ad Hogwarts, e dopo la guerra
solo Merlino sapeva quanto ce n'era stato bisogno. Tutti erano i
benvenuti in quella casa.
-
«Chi
stiamo aspettando?» squittisce Lisa mentre sorseggia dell'acqua
viola, Harry immerso in una fitta conversazione con Terry, si guarda
intorno in attesa.
-
«Aspettate,
dov'è Hermione?», Morag lancia all'auror una strana occhiata;
mentre Theo fa tranquillamente notare che anche Draco manca
all'appello. Il campanello annuncia l'arrivo degli ultimi ospiti.
-
«Scusate
il ritardo, ho finito tardi il giro di visite e qualcuno qui non si
decideva a vestirsi». Harry drizza le orecchie, quel tono leggero ed
irritato ormai ha imparato a riconoscerlo, si volta verso le due
nuove venute, l'espressione felicemente incredula.
-
Pansy
si arresta di colpo osservando il tavolo dei commensali.
-
«Harry?».
________________________________________________________________________________________________________________________
Buon sabato e spero si stia rivelando un buon ponte! Con calma e
serenità siamo giunti al quarto capitolo, e ci addentriamo
ancora un po' di più nella vita dei personaggi.
Non so se si nota, ma a me piace mescolare la carte in tavola, quindi spero che la cosa sia di vostro gradimento.
Ah, una piccola noticina: la ship Theo/Morag è qualcosa a cui
tengo molto, non chiedetemi perché ma nella mia testolina la
cosa funziona! Su di loro mi piacerebbe scrivere qualcosina a parte,
forse una raccolta. Forse riuscirò a svilupparlo in
contemporanea, anche perché avrei delle idee al riguardo, anche
per qualche altra ship che si formerà sullo sfondo di quella
principale... Si vedrà!
Il collage di questo capitolo è dedicato ad Harry!
A presto!
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Capitolo 5 *** Heartbeat ***
5
Capitolo
cinque
Heartbeat
§
-
Pansy
osserva la labbra ben disegnate di Harry stendersi rapidamente verso
l'alto, mentre realizza quello che ha appena detto. L'ha chiamato
per nome! E l'ha fatto davanti a tutti.
-
Il
suo sguardo indugia sulle figure di Draco e la Granger, appena
sopraggiunti; la fissano con espressione speculare di perplessità,
Theo ha perfino sollevato il sopracciglio in quello che per lui è un
moto di incredulità, mentre Morag pare incuriosita. Sugli altri
nemmeno vuole soffermarsi, per l'imbarazzo. Si siede velocemente
proprio accanto all'auror, che invece sembra contento, se non
divertito e sollevato; prova il desiderio di tirare un cazzotto a
quel volto piacente e pacifico.
-
«Ciao
Hermione!» trilla svagata Millicent, attirando momentaneamente
l'attenzione generale, mentre la ragazza in questione ridacchia e
ricambia il saluto.
-
«Spero
che a Parigi sia andato tutto bene».
-
«Sì
Potter, io e Hermione abbiamo una tresca segreta, hai indovinato!»
replica allegra e melliflua in direzione del ragazzo, che ha assunto
un'espressione dubbiosa «Tanto sembra che non siamo le uniche»
mormora divertita, mentre Pansy, ancora imbarazzata, la trascina
malamente sulla sedia accanto a lei.
-
«Com'è
che vi conoscete?» chiede non appena Hermione prende posto accanto
a lui. La ragazza si concede una lunga sorsata d'acqua prima di
rispondere.
-
«Beh
Millicent lavora per l'ufficio Cooperazione internazionale e ci è
capitato di collaborare ogni tanto».
-
Pansy
osserva con la coda dell'occhio l'aggraziata disinvoltura di Hermione
Granger, che interloquisce tranquillamente con tutti, persino con
Draco; e lui – lo conosce bene – sembra realmente interessato a
quello che lei ha da dire. O l'elegante sicurezza di Morag che,
stupenda in un delicato abito da cocktail panna, si comporta da
perfetta padrona di casa con accanto la serena figura di Theo, che la
guarda come fosse la sola persona nella stanza. E poi c'è Millicent
che chiacchiera con la sua immancabile spigliatezza, quasi senza
badare a chi sia il suo interlocutore.
-
Lei
invece non si sente né disinvolta, né spigliata, solo terribilmente
inadeguata; ripensa agli anni ad Hogwarts a quanto fosse vanesia e a
quanto le piacesse avvolgersi nella sua insulsa frivolezza e
meschinità. Tutti sembrano essere andati avanti... .
-
Si
rende conto che Theo la sta fissando con sguardo severo e
preoccupato, ma a quanto pare non è l'unico.
-
«Ehi
Pansy? Tutto bene?», Harry accanto a lei, si sporge nella sua
direzione, le scure sopracciglia lievemente aggrottate.
-
«Eh?
Cosa?» la mora si ridesta e annuisce «Sì, bene. È stato un
pomeriggio... intenso» ridacchia, portandosi nervosamente una
ciocca scura dietro l'orecchio.
-
«È
per via della vecchia lady con il singhiozzo che fa spaccare gli
oggetti?» le domanda, ricordando i racconti di quella mattina.
-
«Oh
Salazar! Quella donna mi tratta come fossi un elfo! È stata
tremenda, prima il cibo troppo insipido, poi i cuscini troppo
cuscinosi e se non erano quelli era la radio dal corridoio—
Quanto rischio se le capita un incidente... mortale?»
domanda infine con cupa ironia. Harry scuote la testa divertito, «Mmh
potresti provare a puntare sulle attenuanti».
-
«Ho
capito! Lasciamo perdere, non ho speranze di evitare Azkaban. A
proposito, come stai? La ferita ti da fastidio?» si informa,
assumendo un atteggiamento professionale, le iridi chiare che puntano
il suo maglione come se fossero in grado di vedere attraverso.
-
«Prude,
ma comincia ad essere sopportabile, mi sento bene. Ce la faccio
tranquilla», glielo dice con un sorriso rassicurante
e Pansy lo fissa di
rimando. Non si accorge che Theo ha distolto lo sguardo e pare
rasserenato.
-
«Certo
che siete in confidenza voi due».
-
La
voce di Millicent si intromette tra loro con tono volutamente
melenso. Pansy la trucida con un'occhiata, mentre Harry – anima
candida – risponde con tranquillità:
-
«Colpa
mia, è costretta a venire da me per rifarmi la medicazione, e beh
abbiamo iniziato a chiacchierare, diciamo che l'ho praticamente
obbligata». L'ex slytherin lo ascolta con assoluto piacere, mentre
l'altra vorrebbe disilludersi immediatamente.
-
Pansy
però, a quel punto realizza una cosa e ne approfitta per vendicarsi
della sua adorabile amica.
-
«Ah
Mills, lo sai che Harry fa squadra con Anthony Goldenstein,
del Ravenclaw, eh, te lo ricordi M-i-l-l-i-c-e-n-t?», chiede con
tono cantilentante, le iridi chiare illuminate da un luccichio
diabolico. Silenzio. L'acqua va di traverso a Millicent al solo
sentire quel nome e lancia un'occhiata sconvolta all'amica. I suoi
occhi azzurri sembrano dire “non osare dire altro!”
-
«L'ho
invitato ma purtroppo era già impegnato. Dannato Anthony la prossima
volta lo obbligherò», si intromette Morag svagata. Millicent
ringrazia la sua buona stella, protettrice degli amori impossibili.
Non ha niente contro Goldenstein anzi, aveva avuto per buona parte
dei suoi anni ad Hogwarts una cotta esagerata e incontrollabile per
Anthony Goldenstein. Non si era mai dichiarata, era ovvio. Lui era
semplicemente oltre la sua portata, questa era sempre stata la sua
modesta opinione.
-
Fortunatamente
la conversazione viene dirottata da Morag e Hermione, a cui Draco si
unisce volentieri, sull'ultimo articolo uscito in Trasfigurazione
Oggi riguardante il geranio zannuto e alcuni suoi nuovi
ritrovati sperimentali.
-
Poi
si passa al Quidditch e alla prossima coppa del mondo e lì la serata
procede su binari ben consolidati, malgrado tifoserie contrastanti.
-
Lei
e Harry non hanno modo di scambiarsi che qualche breve commento per
il resto della cena; ma mentre lo osserva discutere allegramente con
Boot e Theo riguardo le favorite del campionato, realizza che non ha
fatto altro che guardarlo per gran parte della serata, il suo volto,
le sue espressioni, il modo in cui gesticola e non appena si chiede
il perché, il suo battito accelera, e lei vorrebbe fuggire.
-
-
—
-
-
Pansy
si infila il camice sbadigliando vistosamente, controlla di avere
tutto ciò che le serve – due volte come sempre – e si da
un'ultima occhiata nel piccolo specchietto circolare e finemente
decorato con vivaci pietre preziose, l'unica
cosa che è riuscita a portarsi via.
-
L'immagine
riflessa è per lei abbastanza soddisfacente, anche se quella notte
ha dormito davvero poco.
-
«Ohi
Pansy ben arrivata!», la saluta calorosamente Ernie Macmillan al suo
ultimo anno di specializzazione, come lei.
-
«Ciao
Ernie, nottataccia?», chiede divertita sedendosi accanto a lui nella
stanzetta dedicata agli specializzandi. Osserva l'espressione
abbacchiata sul suo volto magro e i folti capelli biondi sparati in
ogni direzione, le ricordano quelli di Harry. Trasale come fosse
stata punta da un insetto poi poggia il gomito sul tavolino e si
copre il volto, sconvolta da quello che ha appena pensato.
-
«Tutto
ok? Comunque è stato un delirio nel reparto Incidenti! Tre
esplosioni di calderoni, due ritorni di bacchetta e un cretino di
adolescente che ha provato a Smaterializzarsi. La cosa più
interessante è stato assistere Smethwyck1 »
borbotta assonnato. Pansy solleva un sopracciglio, «Sei riuscito a
battere sul tempo Augusto2?».
Ernie le fa un sorrisetto vittorioso. La ragazza sa quanto il
compagno tenga a entrare nel reparto ferite da Creature magiche.
-
«È
arrivato un tizio con diverse punture provocate da un billywig3
e Augusto era impegnato
su un altro caso, così mi sono fatto avanti».
-
«Beh
buon per te» annuisce Pansy, l'ex hufflepuff comincia a mostrare un
po' di carattere.
-
«Parkinson
la tua paziente è quella vecchia col singhiozzo frangi-oggetti?»,
la voce graffiante di Joanne Lowell la coglie di sorpresa, si volta e
accenna un sorriso scaltro verso la figura giunonica con la fluente
coda castano chiaro che le sta venendo incontro.
-
«Cosa
mi offri in cambio Lowell?». Le due non avevano iniziato col piede
giusto, Joanne era una Nata Babbana e lei beh, non era stata proprio
amichevole, la testa ancora piena di pregiudizi, c'erano state molte
incomprensioni, ma poi costrette a lavorare fianco a fianco e a fare
affidamento l'una sull'altra, diverse cose si erano appianate fra
loro..
-
«Un'amabile
nonnino che si sta facendo ricrescere le ossa per un erroneo
incantesimo»
-
«Dov'è
la fregatura?»
-
«È
uno a cui piace allungare le mani» si intromette Ernie, sorridendo
mentre Joanne lo fulmina con lo sguardo.
-
«Mi
tengo l'aristocratica vecchia irritante»
-
«Ti
è familiare per caso?», sogghigna ironica. Pansy rotea gli occhi e le
mostra la lingua.
-
A
quel punto entra Eliza Fawley che osservando i suoi tre
specializzandi chiacchierare affiatati si lascia andare ad un breve
sospiro sollevato, prima di assumere il suo solito cipiglio grave.
-
«Giro
di visite, forza!».
-
-
La
giornata in ospedale passa correndo da un corridoio all'altro,
assistendo Eliza, che con cipiglio imperioso valuta la preparazione
dei suoi protetti quando interpellati, e compilando pergamene che
sfrecciano fra i reparti veloci.
-
Pansy
si è ritrovata, suo malgrado, a pensare a Harry. Brevi flash: un
paziente dai capelli corvini ma non quanto i suoi, una
situazione divertente “questa dovrei raccontargliela”, piccoli
sprazzi di luce e calore che hanno invaso la sua mente e il sottile e
trepidante sollievo che l'avrebbe rivisto quella sera.
-
La
ragazza non si sofferma — o
forse non vuole — su cosa
davvero significhi, sono stati pochi giorni, ma, e lo riconosce con
lieve e vergognoso disdegno, è piacevole sapere che c'è
qualcuno che ti aspetta. Certo lei va da lui per curarlo, però non
le sembra il classico rapporto paziente-curatore; Harry è così...
rassicurante, la accoglie e lo fa malgrado tutto il passato e
questo, nel suo profondo intimo, la commuove. Il pensiero di
incontrarlo è confortante.
-
-
È
quindi, con un leggero battito accelerato che si presenta sull'uscio
di Grimmauld Place, le guance delicatamente arrossate e le iridi di
giada sgranate.
-
Harry
le apre con mezzo sorriso divertito, i capelli nerissimi e
scarmigliati e il maglione che gli cade da una spalla. Pansy è
talmente concentrata su di lui, che non fa caso al nodo rovente che
le stringe petto e stomaco o il respiro che le si accorcia per un
mero attimo.
-
L'ex
slytherin è contenta del suo lavoro: la ferita sta guarendo
esattamente come dovrebbe, i margini sono meno frastagliati e sempre
meno arrossati, termina di pulirla e poi ordina, con un incantesimo,
alle bende di fasciarsi al petto del giovane, rilassato con gli occhi
socchiusi e il respiro calmo, mentre il peloso Loki annusa l'aria
sulla sua spalla.
-
«Ho
finito» dice a tono basso per paura di disturbare il suo riposo, ma
Harry solleva lo sguardo e la ringrazia.
-
«Vuoi
del tè?».
-
-
Harry
sorride dentro di sé mentre le passa la tazza colma di tè alla
menta, dopo la sera precedente le sembra molto più rilassata in sua
presenza, il che gli fa ben sperare. Gli piacerebbe aiutarla a
lasciarsi davvero alle
spalle il passato. Harry aveva avuto la sua dose di tragicità, ma
quando aveva sentito la storia dei Malfoy durante il processo, che si
era svolto immediatamente dopo la conclusione della guerra, si era
stolidamente reso conto che, anche chi era stato dall'altro lato
della guerra aveva avuto la propria dose di orrori e dolore; il
pensiero era volato a Severus Piton e a quanti pregiudizi aveva
riversato – a torto o a ragione – su di lui, solo perché non si
mai dato la pena di chiedere, di provare ad andare oltre. Ora invece,
cerca di imparare da ciò che è stata la sua adolescenza.
-
«Ammetto
che non ti facevo tipo da snaso» dice Pansy mentre gratta
gentilmente la testolina di Loki e strappandolo dai suoi pensieri.
-
«É
stato un regalo di Ginny» replica bruscamente, mentre la
ragazza si morde il labbro inferiore inquieta, non capendo se il suo
sia stato un errore o no.
-
«Prima
di andarsene in verità» continua lui sforzandosi di andare fino in
fondo.
-
«Avete
anche convissuto quindi...»
-
«É
stato per qualche mese e in ogni caso spesso era in ritiro con la
squadra». Pansy cerca di capire che tipo di sentimenti
impregnino la voce di lui, ma le sembra solo malinconica e pacata
rassegnazione.
-
«Mi
spiace. Sembr— sembravate molto affiatati», oddio si sente uno
schifo come consolatrice.
-
«Lo
siamo stati... per un periodo. Poi – si ferma un attimo e tenta di
trovare le parole giuste, ha un'espressione così buffa che Pansy
sorride leggermente – io avevo bisogno di stabilità, di pace,
e forse, anzi no ero molto concentrato su me stesso, sai per cercare
di rimettere insieme i pezzi» la ragazza annuisce con vigore
intuendo perfettamente ciò che sta dicendo, «e lei beh lo stesso,
Fred era morto e non sono riuscito a starle accanto come lei si
aspettava».
-
«Credo
che nemmeno lei sia riuscita a farlo con te. Insomma non mmh... era
il momento».
-
«Già.
Così ci siamo lasciati, lei ora gioca da titolare nelle Holyhead
Harpies, va forte».
-
«Siete
rimasti, come dire, in buoni rapporti nonostante tutto?», non
capisce il perché ma è stranamente molto interessata alla risposta.
-
«All'inizio
no, anche se insomma Loki è qui. Dopo un po' sì certo, l'affetto
per lei c'è sempre ma— più simile a quello che ho per Hermione, è
come se fosse una sorella», si sente in dovere di specificare.
-
«Oh
bene. Voglio dire buon per voi».
-
Harry
sbadiglia e Pansy si alza per andarsene.
-
Sono
alla porta quando il ragazzo si schiarisce la gola e attira la sua
attenzione.
-
«Senti
Pansy—»
-
«Sì?»
-
«Tra
due settimane c'è l'annuale festa di Yule4
al Ministero, e beh Kingsley, intendo il Primo Ministro, ci tiene che
io, Ron e Hermione siamo presenti. Solo che Hermione da quando si è
lasciata con Ron riesce ad evitarle in modo magistrale, ha talento
anche per questo, comunque, Ron quest'anno verrà con Demelza, si
sono fidanzati l'altro giorno – Pansy tenta di capire dove quel
giro di parole vada a parare – e io vorrei evitare di essere preda
di tutti quei vecchi benefattori e donatori e di dover essere il
terzo incomodo tra Ron e Demelza, già passato, non fa per me, nope.»
-
«Sì
ci va anche Eliza, cerca di raccogliere fondi per il St. Mungo»,
-
«Ecco,
Kingsley usa me invece. Quindi insomma ci verresti?»
-
«Prego?»
-
«Vorresti
accompagnarmi alla festa di Yule? Come amica o salvatrice della
povera esca spilla-soldi» dice in fretta. Godric! È conscio che
gliel'ha chiesto in modo così imbarazzante.
-
Le
iridi di Pansy si dilatano per la sorpresa. Lui vuole lei?
-
«Sì»
risponde senza pensarci. Oddio ma che le è preso? Il suo
sguardo incontra quello acceso di lui e lei annuisce con maggiore
forza.
-
«Sì,
va bene, ti accompagno».
-
«Fantastico!
Grazie mille Pansy!».
-
E
mentre si lascia alle spalle Grimmauld Place, Pansy sa che quella
notte non riuscirà a chiudere occhio.
-
-
—
1-Ippocrate
Smethwyck: responsabile del reparto Ferite da Creature magiche
(fonte: potterpedia)
2-Augusto
Pye: tirocinante di Smethwyck (fonte: potterpedia)
3-billywig:
è un insetto magico originario dell'Australia, all'estremità del
corpo reca un pungiglione lungo che provoca vertigini e in seguito
levitazione.
4-Yule:
nella tradizione celtica è la festa pagana della luce e della
rinascita, viene celebrata il 21 dicembre (Solstizio di inverno),
giorno più buio dell'anno e data d'inizio dell'inverno.
_____________________________________________________________________________________________________________
Ecco il quinto capitolo, qualcosa qui comincia a muoversi, sopratutto
da parte di Pansy. Cosa succederà nel prossimo capitolo? E chi
lo sa!
Ah! A qualcuno piacerebbe vedere interagire Millicent ed Anthony? Io qualche idea ce l'avrei.
Grazie a chi è giunto fino a qui.
A presto.
|
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Capitolo 6 *** Yule Ball ***
6- Yule
Capitolo
sei
Yule
Ball
§
-
«Dunque...»
-
«Mmm»
-
«Allora»
-
«Mmm!»
-
«...Hai
pensato a cosa metterai?»
-
«Morgana
Mills! Non mi stressare» esala esasperata Pansy, voltando il capo e
osservando Millicent stesa a pancia in giù sul suo letto mentre
sfoglia svogliatamente Witch Weekly.
-
«Devo
consegnare questa relazione a Eliza per domani e mi mancano ancora
venti centimetri!».
-
Le
iridi azzurre dell'amica la sondano per alcuni secondi, poi afferma
seria:
-
«Non
so quanto questa tua sottile isteria latente sia da imputare ai tuoi
ultimi esami prima del diploma o al fatto che Harry Potter ti abbia
invitato alla festa del Ministero». Colpita e affondata. Pansy
solleva di scatto il capo e si pettina nervosamente con le dita la
frangetta; è vero, consegnare le relazioni per gli ultimi esami che
le mancano la sta stressando, ma almeno con se stessa può ammettere
che il fatto che Harry l'abbia invitata alla festa di Yule l'ha messa
un tantino in agitazione. Il che è ridicolo, visto che tra loro non
c'è niente.
-
«Insomma
ti ha invitata! Ha invitato te!»
-
«Sì
perché la Granger, a quanto pare, si conferma abbastanza furba da
defilarsi»
-
«Ma
dopo Hermione ha pensato a te!»
-
«Perché
sono la prima persona che gli è capitata davanti...»
-
«E
chissene. Dimmi che questo per te non ha significato nulla!?».
-
«Cosa
vuoi dire?», chiede la mora rigida.
-
Millicent
la fissa, i grandi occhi cerulei scettici, le labbra vermiglie
increspate in una smorfia.
-
«Vuoi
davvero giocare al gatto e al topo con me? Fai sul serio?».
-
Pansy
si muove sulla sedia leggermente a disagio, c'è un motivo valido se
Millicent è stata smistata a Slytherin ed è il suo fottuto acume
unito alla sua schiettezza indecente.
-
«Mills
credo che tu stia esagerando»
-
«Quindi
me lo sono sognata che l'altra sera, da Theo, hai fissato Potter per
quasi l'intera durata della cena?».
-
Porca
Morgana! Impreca mentalmente la mora, torturandosi il labbro
prova a schermirsi.
-
«Ero
preoccupata per le sue condizioni di salute! È un mio paziente nel
caso te lo fossi scordata!»
-
«Oh
andiamo Pan! Perché menti a me?»
-
«Perché
non c'è niente! - sospira pesantemente e la mano corre alla
frangetta - Ok, d'accordo, evabene evabene! Potrei avere un leggero,
leggerissimo interesse per lui, contenta? Ma questo è quanto
e in ogni caso non potrà mai succedere niente!» la sua voce ha
continuato a salire, Millicent sbuffa.
-
«E
perché non potrà mai esserci niente, eh?», Pansy la guarda con le
iridi chiare lievemente umide, non dice nulla e torna a lavorare
sulla sua relazione. La bruna scuote la testa, irritata dalla
cocciutaggine dell'altra.
-
-
—
-
-
«L'hai
chiesto a Pansy Parkinson?». Le sopracciglia folte e ordinate di
Hermione si sollevano in un moto di sincera incredulità.
-
Sono
nel confortevole e caldo bilocale della ragazza non distante
dall'ingresso per Diagon Alley. Harry soffia blandamente sul tè
bollente, pare piuttosto tranquillo e accenna un sorriso; «Il tuo
tono è meno sorpreso di quello di Ron», dice ricordando la faccia
paonazza dell’amico mentre cercava di trattenersi dal fare un
commento inappropriato.
-
«Forse
perché io vi ho visti insieme» replica Hermione con un sorriso
sibillino. Harry aggrotta le sopracciglia scure, l’espressione
istupidita.
-
«Che
vuoi dire?». La ragazza scuote la testa divertita, continuando a
sorseggiare il tè pacificamente.
-
«Che
sembrate affiatati, era la prima volta che la vedevo così a suo agio
con qualcuno che non fosse Theo, Malfoy o Millicent». Il moro fissa
la tazza mentre un sorriso impacciato appare sul suo volto.
-
«Mi
fa piacere, abbiamo avuto modo di chiacchierare nei giorni scorsi.
Devo dire che quando l’ho rivista… beh ero parecchio sconvolto!
Chi se lo sarebbe mai immaginato, lei medimaga?»; «Concordo».
-
«Forse
se fossimo stati tutti meno stronzi tra di noi, molte cose non
sarebbero successe…»
-
«Eravamo
dei ragazzini Harry, non ce li avevano solo gli slytherins i
pregiudizi, anche noi, in più di un’occasione siamo stati
prevenuti nei loro confronti, ma che potevamo fare? Ognuno ha cercato
di sopravvivere come meglio poteva» replica Hermione assorta; Harry
nota come il suo sguardo si sia fatto distaccato, ma non vuoto: ha
l’espressione che di solito assume quando qualcosa di complesso le
attraversa le mente e lei cerca di analizzarlo da ogni prospettiva
possibile. Tuttavia pare abbia deciso di accantonarlo poiché si
ridesta e punta nuovamente le iridi nocciola su di lui.
-
«Quindi
com’è davvero Pansy Parkinson?»; Harry preso in contropiede
risponde di getto: «Pungente ma dolce»; «Come mai sei
arrossito?».
-
«Cos—!?
Non sono arrossito» mugugna, bevendo poi una lunga sorsata di
tè.
-
Hermione
ridacchia piano decidendo di non insistere, il tempo le darà
ragione, almeno spera, perché questo darebbe una speranza in più
anche a lei.
-
-
—
-
-
Al
St. Mungo Pansy si muove per i corridoi con un diavolo per capello,
ha dormito poco e male, si è svegliata con un cespuglio di rovi per
capelli e essendo in ritardo non ha potuto farsi una doccia e prima
che la pausa le conceda la possibilità di farsela, diverse ore
dovranno ancora scorrere. È stressata, le mancano solamente due
esami, ma c’è qualcos'altro che la turba e non le da pace, e no,
non è Erbe medicinali proprietà e usi, livello avanzato a
farle chiudere lo stomaco – anche se Pansy si dice che dovrebbe,
eccome –, ma il fatto che non possa più vedere una
certa persona regolarmente
e non trova scuse sufficientemente valide per capitargli davanti a
casa. Non dovrebbe essere così, dannazione.
-
È
appoggiata precariamente al bancone mentre cerca di compilare
ordinatamente la cartella, quando Ernie le offre una barretta al
cioccolato che proviene direttamente da Mielandia.
-
«Santo
Salazar ti ringrazio!» esulta Pansy afferrando al volo il dolce.
-
«Ew
– le fa eco Ernie – potevi risparmiartela»;
-
«Bisogna
sempre portare rispetto ai Fondatori, Macmillan».
-
«Non
è stato Salazar a portarti quella barretta, Pansy»
-
«I
Fondatori operano per vie misteriose» ribatte lei caustica.
-
«Ah
sì? E allora rendimela», ma Pansy veloce la addenta con gusto
sorridendo angelicamente, mentre Ernie non può fare altro che
ruotare gli occhi e scuote il capo con l’ombra di un sorriso.
-
«Grazie
anche a te Ernie!».
-
«Ciao
Harry!» dice veloce lo specializzando guardando sorridente oltre la
spalla della compagna.
-
«Ciao
Macmillan, Pansy». La voce calda e sicura di Harry Potter scuote la
ragazza che per poco non manda di traverso un pezzo della barretta,
si gira di scatto e solleva lo sguardo incredula. È proprio lì
davanti a lei, giorni passati a inventarsi scuse abbastanza valide e
lui si è come materializzato lì.
-
«Harry!».
-
L’auror
da un’occhiata dubbiosa all’ex hufflepuff prima di soffermarsi su
di lei e un tenero sorriso gli spunta sulle labbra.
-
Pansy
cerca di convincersi che non dovrebbe reagire così alla sua
presenza, eppure le sue iridi si beano della vista del ragazzo dai
capelli corvini disordinati, dritto come una colonna con le spalle
larghe e vestito con la divisa d’ordinanza che contribuisce a farlo
apparire ancora più affascinante di quanto lo sia di solito; se ne
rende conto perché persino le guaritrici più anziane gli lanciano
occhiate interessate, mentre altre due specializzande di un anno più
giovani di lei hanno lo sguardo famelico.
-
Quanto
è bello, è il pensiero incoerente che le freccia nella testa.
-
«Sono
venuto qui per ritirare le mie analisi». Harry non sta però
guardando nessun’altra se non lei.
-
«Uh?
Oh, le analisi! Certo! T-ti accompagno da Eliza, vuoi?» la ragazza
sorride forzosamente; chissà che pensava, che fosse venuto per
vederla e basta? Il fatto che vadano da lì a un paio di giorni alla
festa di Yule non significa che debbano anche uscire insieme o altro.
Oddio ma che va a pensare?
-
«Speravo
proprio di sì» replica lui con dolcezza, nemmeno si è reso conto
del suo tono; si limita a seguirla ed entrambi si dimenticano di
Ernie che invece sorride tremulo, di cose lui se n’è accorto.
-
«Pansy»
-
«Sì?»
-
«Mi
spiace che non siamo riusciti a vederci, ma sono rientrato al lavoro
e beh, mi ha sommerso...letteralmente» sospira grattandosi
distrattamente la zazzera corvina. L’ex slytherin solleva le iridi
su di lui, le guance leggermente porpora… quindi lui voleva vederla
ancora?
-
«C-capisco.
Lo immaginavo, sai? Scommetto che ne avevi di cose da riordinare»,
ridacchia sorniona; prenderlo in giro è più forte di lei.
-
«Ehy!
Io non sono disordinato – mormora falsamente offeso – okay non
sono un amante dei verbali, colpa di Piton comunque, lui e le sue
dannate relazioni di almeno sessanta centimetri mi hanno reso
allergico!»;
-
«Ma
se la McGrannit ce ne dava almeno il doppio».
-
Vanno
avanti così, battibeccando amichevolmente finché Harry non ritira
le analisi. Sembra tutto a posto.
-
«Sono
ottime, davvero».
-
«Oh
bene meno male. In effetti mi sento bene. Ce l’hai il tempo per un
pranzo veloce?». Pansy non ha mai detestato il suo lavoro tanto come
in quel momento in cui è costretta a declinare.
-
«Purtroppo
no, il mio turno si conclude tra cinque ore».
-
«Ah
cavolo! Volevo parlarti della festa»
-
«C’è
qualche problema?»
-
«No
no. Volevo solo chiederti se ti andava bene che ti venissi a
prendere», la sua espressione è leggermente imbarazzata mentre lei
è sollevata.
-
«Sì
va benissimo, c’è qualche dress code da rispettare?»
-
«No,
va bene allora, ti passo a prendere alle otto, d’accordo? Mandami
pure l’indirizzo via gufo»
-
«D’accordo,
grazie!»
-
«Ci
vediamo dopodomani. Buon lavoro Pansy» la saluta con un cenno
ammiccante del capo e poi si smaterializza.
-
«Buon
lavoro a te, Harry» sussurra lei.
-
-
—
-
Pansy
si controlla per l’ennesima volta allo specchio mentre infila con
attenzione il raffinato anello sigillo appartenuto a sua madre.
Strofina le mani le une contro le altre, nervosa, tentando si
scaldarle e poi sente il campanello suonare. Il suo battito aumenta
mentre va alla porta, ma le sussulta in petto quando vede Harry
salutarla con un sorriso obliquo e un mazzo di delicati lillà dai
svariati toni di viola.
-
«Questi
sono per te» dice con la voce leggermente roca; la ragazza sbatte le
palpebre incredula e li accetta emozionata.
-
«Non
volevo presentarmi a mani vuote e Hermione dice che i fiori non
sfigurano mai»;
-
«Ha
ragione… Grazie, sono bellissimi. - mentalmente si appunta che i
lillà sono appena divenuti i suoi fiori preferiti – Entra, li
voglio mettere in un vaso».
-
Harry
si guarda attorno incuriosito, nonostante le dimensioni è molto
ordinato e femminile, poi il suo sguardo ricade sulla proprietaria e
arrossisce per quanto è bella.
-
«Pansy
sei… stai molto bene!».
-
La
mora si stringe nelle spalle magre mentre l’auror la osserva
intensamente: il vestito in velluto, di un intimo verde bosco, le
scende lungo la snella figura, è semplice con lo scollo a barca e le
maniche a tre quarti.
-
«Grazie»
replica sollevando il mento e portandosi una ciocca corvina dietro
l’orecchio, mostrando il volto poco truccato e le labbra tinte di
un bel rosso vivo, i capelli sono un po’ sbarazzini mentre ciocche
si avvitano dolcemente creando delle delicate onde che le
incorniciano morbidamente il viso pallido. «Andiamo?».
-
Quando
si smaterializzano, Harry non lascia la mano di Pansy anzi la fa
avvicinare più a sé, osservando come la hall del Ministero –
adibita a festa – è già colma di gente. Qualche flash dei
fotografi colpisce i due e Pansy rapida nasconde il volto, Harry,
notando il suo disagio, la trascina nella zona del guardaroba dove
possono lasciare i mantelli prima di immergersi nella folla.
-
La
mora solo in quel momento nota l’eleganza dell’abito del suo
cavaliere, il completo scuro è su misura e la camicia candida con il
colletto all’orientale con ricami in rilievo è inusuale ma su di
lui calza alla perfezione. Pansy è davvero impressionata.
-
«Vuoi
da bere?»
-
«Assolutamente».
Il ragazzo la conduce con sicurezza tra i vari ospiti, salutando
distrattamente ogni tanto, lei osserva ipnotizzata le loro mani
intrecciate, la sua presa è salda e la sua mano calda e ruvida. È
una sensazione piacevole e intima, per un istante si abbandona
all’illusione di essere la sua ragazza e ciò le causa piccoli
brividi, scaldandole la pelle, l’idea la tormenta più del dovuto.
-
Ad
un tratto l’arrivo di Weasley con la fidanzata cattura la sua
attenzione e lei è costretta a tornare presente a se stessa. Tutto
sommato non sta andando male, Weasley si sta sforzando di essere
gentile mentre lei è riuscita perfino a ricordare il nome della sua
ragazza: Demelza; entrambi si scambiano un’occhiata come a dire che
per quella serata hanno ottenuto il massimo che potevano ottenere. La
coppia se ne va, ma non fa in tempo a scambiare due parole con il suo
cavaliere che arriva nientemeno che il Ministro della Magia,
Shackelbolt, accompagnato da due auror, che riconosce immediatamente
come il duo restante della squadra di Harry.
-
«Harry,
ragazzo mio sei arrivato!»; «Ministro!» ridacchia il ragazzo
stringendogli calorosamente la mano. «Ragazzi».
-
Anthony
Goldenstein sorride gioviale nella loro direzione; «Capo, ciao
Parkinson!». Tracey Davis sembra solo estremamente annoiata dal
trovarsi lì, Pansy avverte il suo sguardo indagatore, e molto poco
gentile, su di sé. Scrolla le spalle e risponde a quell’occhiata
con un sorriso tagliente. È pur sempre stata cresciuta come una
principessa snob, meglio ricordarglielo.
-
«Signorina
Parkinson, giusto? Le dispiace se prendo in prestito Harry per
qualche minuto?»;
-
«No
affatto», ridacchia di gusto mentre il ragazzo in questione spalanca
gli occhioni verdi come un cerbiatto accecato da un lumos, si
sporge verso di lei, sussurrandole all’orecchio:
-
«Se
non torno tra dieci minuti netti, vieni a rapirmi!»; Pansy ride
piano cercando di ignorare il più possibile la sensazione rovente di
Harry e il suo fiato caldo e dolce vicino all’orecchio.
-
«Vai
pure Tracey, io tengo compagnia alla Parkinson se al nostro capitano
non spiace»; le due ragazze si scambiano un’occhiata al vetriolo,
l’auror alla fine fa un piccolo sorrisetto trionfale mentre si
accoda a Harry e al Ministro.
-
«Non
ti crucciare a Cy non piacciono gli esseri umani» dice divertito
Anthony avendo appena assistito alla scena fra le due ex compagne di
casa. “In particolare quelli che ronzano attorno al capitano”,
ma questo lo tiene per sé.
-
«Mpf.
Non è cambiata poi molto dai tempi di Hogwarts» commenta pensierosa
l’aspirante medimaga.
-
«Al
contrario tuo, a quanto pare». Pansy lo fissa in silenzio, sa che
non l’ha detto con sarcasmo, anzi il suo sguardo è così pacato e
acuto che non si sente giudicata. Osserva meglio l’ex ravenclaw e
la sua figura è alta e ben piazzata da essere rassicurante e non ha
solo un bel viso, marcato e attraente ma ha fascino e sicuramente ne
è ben consapevole. Sta per rispondergli quando sente una voce
femminile che la chiama euforica.
-
«Pansy!!!»,
Millicent Bulstrode la abbraccia allegra. Minuta con i capelli scuri
legati in un volutamente precario chignon basso e un corto abito
argento luccicante, la ragazza sembra star spassandosela un mondo.
-
«Mills»,
oh, a Pansy viene troppo da ridere perché la sua cara amica non si è
minimamente accorta della presenza di…
-
«Buonasera
Bulstrode».
-
Il
sorriso si eclissa dal volto di Millicent e i suoi occhioni azzurri
si spalancano, atterrita.
-
«G-
Goldenstein?» non riesce a parlare, pigola.
-
Pansy
è incredula di fronte a Millicent così in difficoltà, nonostante
tutto la sua cotta è ancora perfettamente intatta. Un moto di
tenerezza le affiora nel petto a vedere Anthony sereno e sinceramente
interessato a fare conversazione mentre Millicent che fatica a
trovare le parole poiché troppo presa dalla prestante presenza di
lui. Così decide di forzare leggermente la mano al destino, un po’
di sano romanticismo qualcuno se lo merita. “Vedi di non
sprecarla, amica mia”.
-
Pansy
inclina il bicchiere con attenta disattenzione e ne rovescia il
contenuto intenso e zuccherino sul vestito di Millicent che
inorridisce allibita.
-
«Oh
Salzar! Mills mi dispiace tanto – dice con tono da attrice
consumata – che pluffe, ed ora?»; l’altra ragazza ha
un’espressione terribilmente omicida che cerca di tenere nascosta a
Anthony che si accosta a lei per vedere il danno. Ma Pansy rincara la
dose, dandole il colpo di grazia:
-
«Goldenstein
le potresti dare una mano tu? Io aspetto Harry, n-non vorrei che si
preoccupasse, dopo vi raggiungiamo. - lo fissa con un sorriso
mellifluo – d’altronde non è il compito di un auror servire
maghi e streghe in difficoltà?». Anthony la fissa di rimando per un
istante poi ridacchia sinceramente divertito e acconsente ad
accompagnare Millicent a riprendere la bacchetta per sistemare quel
disastro.
-
Pansy
li guarda allontanarsi soddisfatta, anche se Mills le terrà il
broncio per giorni. Ingolla in un unico sorso il resto
dell’Acquaviola e si guarda intorno, pensando che forse i dieci
minuti erano belli che passati e che era il caso di andare a
recuperare il suo bell’auror.
-
«Incredibile
sei proprio tu. Ciao cuginetta».
-
La
ragazza si irrigidisce e il suo cuore le pare sprofondi nel petto,
solleva di scatto il volto incontrando quello piacente di qualcuno
che pensava non avrebbe più rivisto.
- «Bellamy?».
____________________________________________________________________________________________
Lo so manco da mesi, ma questa
storia mi prende ancora molto e sono contenta di essere riuscita a
completare il capitolo! Ho davvero il desiderio di terminarla, anche
perché quando ho iniziato a scriverla l'ho pensata proprio
leggera e senza troppe pretese, cosa che continuerà ad essere.
Come vedete in ogni caso, se volessi, ci sarebbe tanta carne al
fuoco... vedi Millicent alle prese con il bel Anthony (tengo molto a
loro due!).
In ogni caso la voglio portare avanti, purtroppo non riuscirò a
fare degli aggiornamenti regolari, ma continuerò ad aggiornare.
Visto che sono in vacanza meglio approfittarne.
Grazie a chi è giunto fino a qui!
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Capitolo 7 *** Affari di famiglia ***
8
Capitolo
sette
Affari
di famiglia
§
-
Pansy
non ci può credere, suo cugino le sta davanti perfettamente composto
ed elegante, con quell’espressione pacifica e sinceramente
sorpresa. Ha una voglia insana di prenderlo a sberle fino a non
sentire più le mani.
-
«Come
te la passi?» esordisce lui con un sorriso affabile che gli crea un
paio di affascinanti fossette ai lati della bocca. Pansy ha una fitta
di nostalgia nel vedere quel sorriso impertinente, un tempo le
illuminava la giornata, ora la fa solo incazzare ulteriormente.
-
«Mi
prendi in giro, Bellamy? “Come te la passi?” Fai sul
serio?» mormora livida.
-
«Pansy—»,
sospira il ragazzo tirando fuori le mani dalle tasche e osservandola
con serietà.
-
«Pansy
un cazzo! Cosa!? Eh?». Freme di indignazione, la ferita che aveva
meticolosamente rattoppato in quegl’anni le sembra riaprirsi
impietosa e ricominciare a sanguinare.
-
«Stai
attirando l’attenzione»;
-
«E
chissenefrega Bellamy!» sbatte il tacco del raffinato stivaletto
contro il marmo del pavimento, quasi volesse marcare un punto. «Oh
perdonami – continua con un tremendo sorriso mellifluo, colmo di
velenoso sarcasmo – non vogliamo certo che il buon nome dei Burke
venga trascinato in qualche sconveniente pettegolezzo. Ricordami,
qual è la politica della famiglia, c u g i n o? ».
-
Lui
fa un passo verso di lei, ma Pansy si tira indietro osservando
un’espressione inedita sul suo volto solitamente insondabile; se
non fosse così furiosa lo troverebbe quasi buffo.
-
«Sei
arrabbiata d’accordo»,
-
«Arrabbiata?
Oh no! Io sono incazzata! Cos’è una rimpatriata questa? Vi siete
improvvisamente ricordati di avere una nipote? Mi devo aspettare
nonna per caso?».
-
Bellamy
la guarda in silenzio, manda giù il boccone amaro e riprende con
tono calmo:
-
«Sono
qui per lavoro, ci sono solo io». La ragazza si mordicchia il
labbro, cercando di chiudere qualsiasi emozione sotto uno strato di
indifferenza e sarcasmo.
-
«Bene,
non avrei sopportato di vedere le facce del resto della famiglia. La
tua basta a nausearmi a sufficienza» sbotta cattiva. Si stringe
nelle spalle, percependo solo freddo intorno a lei. Si sente
sopraffatta.
-
«Pansy?».
-
La
voce calda e ferma di Harry penetra dolcemente quello strato di
invisibile gelo che la sta avvolgendo, il suo corpo tende
involontariamente verso di lui; appena sopraggiunto e con
un’espressione preoccupata e seria stampata sul bel volto.
-
Pansy
si vergogna, abbassa il capo per un attimo e poi lo rialza sdegnosa.
-
«Va
tutto bene?» chiede avvicinandosi a lei con un senso di protezione e
fissando il ragazzo che gli sta di fronte con circospezione.
-
«Oh
alla grande! Harry lascia che ti presenti il mio fantastico cugino,
Bellamy Burke», non vuole che lui la veda così… antipatica,
sarcastica, com’era ai tempi della scuola, ma davvero il suo cuore
non può sopportare oltre.
-
«Sai
sono imparentata con gli irreprensibili Burke, ma attenzione! A volte
basta solo la tua insulsa esistenza a offenderli… - si volta verso
il cugino indossando un sorriso spietato – e non esitano ad
abbandonarti nel momento del bisogno», lo guarda e gli sembra di
aver scorto, nei suoi occhi, della tristezza? Deve esserselo
sicuramente immaginato. «E io non so che farmene di una famiglia
così» conclude con rancore. Poi il suo fiato si spezza e si gira
verso Harry, i loro sguardi si sfiorano e i suoi occhi si dilatano
rendendosi conto di ciò che ha appena detto. Si porta una mano alla
bocca vergognandosi, rapida si incammina verso la folla desiderando
che questa la inghiottisca.
-
-
Si
rannicchia contro una parete e comincia a singhiozzare nascondendo il
capo contro le ginocchia raccolte. Ha fatto una figura meschina,
come, come ha potuto dire una cosa del genere davanti a Harry? Dopo
quella scenata non le avrebbe più rivolto la parola, si sarà
sicuramente pentito di essere venuto con lei. Il cuore della
ragazza sembra incapace di battere regolarmente, il battito è
sofferente, singhiozzante come lei; se non avesse incontrato Bellamy…
Dovrà rinunciare all’ex gryffindor ancora prima che possa esserci
una possibilità concreta, ma forse – mormora malevola una vocina
interiore – non c’è mai stata, ne mai ci sarà; non per una come
lei.
-
«Pansy!
Godric ti ho trovata!».
-
Harry
sospira di sollievo; come se n’è andata le è stato subito dietro,
l’ha persa per qualche istante in mezzo alla calca di ospiti ma ora
è riuscito a ritrovarla. Le si fa accanto e il suo stomaco si
rimescola afflitto nel vederla così fragile. Le accarezza il capo
con attenzione.
-
«Pansy
guardami», ma la ragazza scuote il capo senza azzardarsi a
sollevarlo. È testarda, ma Harry, se possibile, lo è ancora di più.
-
«Per
favore, non ho intenzione di lasciarti così. Guardami, parlami...»;
l’auror sta andando leggermente nel panico, sta quasi pensando di
sollevarla di peso e smaterializzarsi quando, senza alzare la testa,
la sente mormorare:
-
«Dovresti
lasciarmi perdere invece, non faccio altro che ferirti».
-
Harry
resta impietrito a quelle parole, si sente scosso nel profondo. Non
gli piace vederla così, non gli piace vedere Pansy così… .
-
«Che
stai dicendo?».
-
Mesta
la medimaga solleva il volto e lo guarda con occhi arrossati ed
emozionati, mentre lui la osserva incapace di comprendere il
miscuglio di sensazioni che gli si agitano dentro.
-
«Che
sono una persona meschina! Ti volevo dare in pasto ai Mangiamorte ad
Hogwarts e poi ti sbatto in faccia che vorrei non avere la famiglia
che ho, quando tu… tu…» la voce scivola bassa e sepolcrale, ma
si interrompe perché Harry l’afferra e l’abbraccia stretta.
-
La
mora sa che non dovrebbe, eppure si aggrappa a quelle spalle,
sollevata, le dita afferrano grate la giacca e la stringono
sconvolte; assapora il suo profumo fresco ma scuro, virile.
-
«Non
lasciarmi», le sussurra dolcemente prima di smaterializzarsi
entrambi.
-
-
Avere
Pansy tra le braccia lo sconvolge in modo inaspettato, un lungo e
sottile brivido gli percorre le membra, un tepore gli si propaga dal
centro. Quando lei si scosta, retrocedendo, Harry è costretto a
trattenersi ed imporsi calma per non afferrarla e riportarla dov’era.
La sua reazione lo destabilizza: mai ha provato una sensazione tanto
totalizzante quanto impulsiva.
-
«Dove
siamo?» domanda la ragazza cercando di sistemarsi i capelli e il
trucco con gesti nervosi.
-
«A
Londra», l’auror le prende la mano, in automatico quasi senza
accorgersene, mentre Pansy si lascia nuovamente guidare, emozionata
ma senza osare a sciogliere quell’intreccio, che lei trova
perfetto.
-
Dopo
qualche metro i due raggiungono un piccolo locale che si rivela
essere la pasticceria preferita dall’ex gryffindor: piccola,
elegante ed intima.
-
I
due si siedono in uno dei tavoli in legno imbiancati in fondo alla
stanza e ordinano del tè caldo insieme ad una fetta di dolce, Pansy
è piacevolmente sconvolta dalla varietà delle torte che servono.
-
«Ti
va di parlarne?» chiede cauto Harry dopo essere stati serviti.
-
La
ragazza si concede un altro piccolo boccone della sacher che ha
scelto, prima di annuire.
-
«Mia
madre era un Burke, da quanto so era la prediletta di mia nonna –
Salomé – e fino a quando non morì, poco prima di iniziare
Hogwarts, passavo spesso le mie giornate a Burke Mansion in
compagnia di Bellamy e Winnie, sua sorella. Per me Bellamy era come
un principe – un lieve sorriso nostalgico increspa le sue labbra –
eravamo molto legati. Dopo la morte di mia madre, nonna decise che
per lei restare lì era troppo doloroso e così si portò dietro il
resto della famiglia, mio zio Tobias non ebbe obiezioni e si
trasferirono in Francia. A quel tempo, nei circoli Purosangue,
iniziavano a circolare le prime notizie riguardo il S-Signore Oscuro
e loro non volevano più essere coinvolti». Harry ascolta in
religioso silenzio, avverte però una sensazione di disagio, intuisce
che ciò che gli sta raccontando non è che il preambolo e difatti
quel sorriso malinconico muta in una smorfia sardonica.
-
«Devi
capire che per mio padre, io, non sono mai stata altro che un
investimento. Qualcosa da mettere a frutto, un mezzo» Pansy solleva
appena le sue iridi chiare, timorosa di scorgere del biasimo in
quelle smeraldine e vive di Harry, ma lui sostiene il suo sguardo,
invitandola con un cenno a proseguire.
-
«Beh
per tagliare il becco all’ippogrifo, quando ero all’ultimo anno
mi combinò un matrimonio con uno dei Mangiamorte più vicini a-a
Lui… - Harry inghiottì a vuoto, un moto di velenosa rabbia
si agitò in lui – terminato l’anno mi sarei dovuta sposare; per
mesi l’ansia mi ha divorato, non riuscivo a mangiare, dormire era
impensabile, senza contare che la situazione a scuola era
terrificante anche per noi slytherin. Io non vedevo via d’uscita,
davvero Harry, io- io non sapevo che fare» friziona incontrollata le
mani fra loro al ricordo di quel periodo della sua vita, osserva poi
con piacere la mano di Harry che, gentile, copre le sue come a
volerla rassicurare.
-
«Dopo
aver parlato con Draco e Theo, decisi che non potevo più restare in
quel limbo: così preparai una pozione che mi provocò degli effetti
abbastanza forti da obbligare Piton a farmi ricoverare al St.
Mungo—»; «Pansy—».
-
«Non
volevo farmi davvero del male, volevo solo del tempo per per capire
cosa fare! Avevo scritto una lettera a mia nonna, spiegandole la
situazione, pregandola di proteggermi, di permettermi di raggiungerli
in Francia e stare con loro. – abbassa il capo come sconfitta da
quel ricordo, Harry le stringe le mani con la sua, comprensivo –
Non mi rispose. Io non so il motivo, ma attesi in quel letto di
ospedale invano, in un loro cenno – ridacchia senza allegria – e
invece venne Eliza in mio soccorso. Capì subito il mio assurdo
piano, ma contrariamente a quanto pensassi mi offri protezione. Disse
che il mio patetico tentativo aveva dimostrato che avevo delle
doti interessanti per una carriera in medimagia e così mi aggrappai
a quello spiraglio, poi tu e la guerra avete fatto il resto» termina
la sua storia con un sorriso desolato ma sente di aver fatto bene a
raccontarla.
-
«Mi
dispiace Pansy per quello che hai passato, davvero.», lei annuisce
piano, sa che è sincero lo può scorgere nel suo volto aperto e nel
suo sguardo intenso. Si chiede se Harry sia consapevole di quanto
possa essere profondo il suo sguardo.
-
«E’
troppo strano da parte mia dire che nonostante tutto sono contento
che tu sia rimasta? Non avrei avuto modo di conoscere la vera Pansy
se tu fossi andata in Francia», ridacchia impacciato lui,
grattandosi nervosamente i folti capelli. L’ex slytherin cerca di
nascondere l’espressione lusingata che le fa tingere di porpora le
guance.
-
«Non
mi porti rancore per quello che ho detto prima della battaglia?»
mormora piano, la paura che le resta impigliata fra il cuore e la
gola.
-
Harry
si sporge verso di lei, cercando un contatto di sguardi.
-
«No.
Stavi cercando di preservare te stessa, fossi stato al tuo posto chi
può dire cosa avrei detto o fatto? Sto cercando di smettere di
giudicare senza conoscere. E questa sera tu mi hai aiutato a capire,
grazie per aver condiviso il tuo passato con me» le dice serio.
-
La
mora si perde nei suoi occhi, mentre il cuore è completamente rapito
dal ragazzo che le sta di fronte; non è una semplice cotta. La
consapevolezza le arriva piano, cheta ma inesorabile, non è più una
semplice cotta, è diventato qualcosa di più profondo, ora lo sa con
certezza.
_______________________________________________________________________________________
Con
calma ma si va avanti, lenta ma inesorabile! Eccoci qui con un nuovo
capitolo, in cui viene svelato il passato di Pansy e per fortuna che
non volevo creare drammi, ma ho pensato che nonostante tutto le vite
degli slytherin non dovessero essere state così semplici,
d'altronde erano ragazzini incastrati in una società elitaria
alquanto rigida se non settaria. Mi sono sempre chiesta come potesse
essere la vita dall'altro lato della barricata, magari sono andata un
po' oltre ma questo è ciò che ne è uscito.
Bellamy Burke è un mio
carissimo OC, così come l'intera famiglia Burke che prima o poi
mi piacerebbe far comparire, ma non in questa ff. Chissà
progetti in cantiere ce ne sarebbero.
Tengo a sottolinare che Pansy non
aveva intenzione di farsi del male, ma voleva - almeno apparentemente,
anche solo per un po' - uscire dall'ambiente opprimente che vigeva ad
Hogwarts e casa sua, con quello che la aspettava lì, non era per
lei un rifugio sicuro. Spero vivamente che possiate comprendere quanto sto dicendo.
Grazie
a chi è giunto fino a qui e a chi vorrà lasciarmi un
commento anche piccolino su questa storia! Ci si vede al prossimo
capitolo!
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