Marauders: Nowhere nights

di Daicchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Dispersi ***
Capitolo 3: *** Strade ***
Capitolo 4: *** Colpevole ***
Capitolo 5: *** Indecisione ***
Capitolo 6: *** Ciò che voglio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao! Sono tanti anni che non scrivo una fanfiction e, non so, mi è tornata voglia... Avevo già scritto una fanfiction sui Malandrini, ambientata ad Hogwarts. Non volevo ripetermi, e inoltre il panorama delle fanfiction è pieno di storie meravigliose sugli anni scolastici della Old Generation, così ho deciso di scrivere di un particolare episodio (inventato da me) durante la Prima Guerra Magica. 
Quindi sì, i Malandrini e Lily fanno parte dell'Ordine della Fenice. Ovviamente, non volevo rinunciare del tutto ad Hogwarts e alle vicende scolastiche, quindi... vedrete!
Ma ho parlato anche troppo, buona lettura!




Prologo

Settembre 1979
Il bollitore fischiò, e Lily sollevò di scatto la testa dal tavolo, sussultando.
<< Merlino. >> borbottò la ragazza, allungando la mano sul tavolo per afferrare la bacchetta. Con la mente ancora impastata dal sonno, pronunciò un incantesimo per porre fine a quella tortura. Si passò una mano sul viso, sospirando, e si tirò su in piedi.
<< Merlino. >> ripeté, versando l’acqua nella teiera, e poi in una delle tazze sbeccate della credenza. Il profumo della menta piperita e il calore della tazza tra le mani gelide le sciolse un po’ i nervi, ma non fu sufficiente a scollarle quella frustrazione di dosso.
Non si sarebbe dovuta addormentare, non mentre James era al piano di sopra, Marlene riposava dopo aver trascorso una nottata a rattopparli, e Gideon era… beh, non mentre Gideon era quello che era sempre stato dalla morte del fratello.
Certo, potevano contare sugli incantesimi di protezione, e in teoria nessuno sapeva che casa Prewett fosse la nuova base dell’Ordine, eppure…
“Vigilanza costante.” Intimò la voce di Moody, nella sua testa.
Sospirando, Lily salì le scale e percorse lo stretto corridoio, facendo stridere le assi di legno sotto i suoi piedi. Arrivò alla porta in fondo, abbassandone la maniglia.
<< Ehi… >>
Sul letto, James era sdraiato sulla schiena, le mani intrecciate sotto la testa e le lunghe gambe stese lungo la parete. Il ragazzo sollevò gli occhi verso di lei, e il suo viso si aprì in un sorriso luminoso. Lily si sentì immediatamente meglio.
<< Sai che hai la testa dalla parte sbagliata del letto, vero? >> rise, chiudendosi la porta alle spalle.
<< E chi lo dice? >>
<< Il cuscino. La testiera del letto. >>
<< Oh, beh, James Potter può tranquillamente ignorare il parere di un cuscino. >> replicò James, staccando i piedi dalla parete e mettendosi seduto a gambe incrociate. Lily si ritrovò, ancora una volta, a constatare che quel suo sorrisetto divertito era ancora lo stesso del ragazzino combinaguai di Hogwarts, nonostante tutto.
<< Cazzo, ma quanto fa freddo? >> sbottò poi James, stiracchiando le maniche del maglione a coprirsi le mani.  Lily sorrise, sedendosi sul bordo del letto, vicino a lui.
<< Troppo. >> convenne. << Ti ho portato del thè. >>
Il ragazzo accolse con gratitudine la tazza fumante. << Ti amo. >>
<< Lo so. Come ti senti? >>
La mano di James corse istintivamente alla fronte, dove un brutto taglio spiccava tra i ciuffi scuri dei capelli.
<< È solo un graffio. Marlene ha detto che non rimarrà nemmeno la cicatrice. >> minimizzò il ragazzo. << Peccato, avrei potuto avere la stessa aria da duro di Moony. >>
Lily sollevò gli occhi al cielo. << Remus ha tutto fuorché l’aria da duro. >>
<< Ma lo è. >> rispose lui, improvvisamente serio. << È un duro. >> insistette, lo sguardo improvvisamente distante. Lily ebbe l’impressione che stesse cercando di convincere più che altri sé stesso.
La giovane sospirò. << Hai ragione, Jamie. >> disse, posando la testa sulla sua spalla, e lasciando che la stringesse a sé. << Sei preoccupato per lui? >>
<< Sono tre settimane che non abbiamo sue notizie. >> buttò fuori James. << E anche Sirius e Peter… Sarei dovuto andare con loro. >>
<< Ieri hai quasi rischiato di spaccarti la testa. Per una volta, puoi lasciar fare l’eroe a qualcun altro. >> lo rimbrottò Lily, sollevando gli occhi verdi in sua direzione.
James era accigliato.
<< È che… mi sento tutto un fascio di nervi. >> soffiò fuori. << Mi sento… Godric, è un casino. >>
Lily trattenne il fiato, cogliendo la nota amara che aveva incrinato la voce del suo ragazzo. Ecco, forse era arrivato quel momento, finalmente.
Si raddrizzò leggermente, posandogli una mano sul braccio e puntando gli occhi verdi nei suoi.
<< Vuoi parlarne? >> gli chiese, semplicemente. James aprì la bocca, ma qualunque cosa volesse dirle, gli morì sulle labbra.
<< Sto bene, davvero. >> disse poi, passandosi una mano fra i capelli. << Cioè, quando ci penso è uno schifo, ma ormai sono passati due mesi. Ma, in realtà, non ho nemmeno tutto questo tempo per pensarci, quindi è okay. Suppongo. >>
Lily continuò a guardarlo: i suoi capelli ormai erano un casino e, con quell’aria così confusa, la ragazza avrebbe voluto tanto abbracciarlo forte. Gli prese il volto tra le mani, con dolcezza.
<< Ehi, va bene. >> gli sussurrò, come a tranquillizzarlo. << Quando sarai pronto, io sarò qui. >>
Sorprendentemente, James Potter ammutolì, e Lily ne approfittò per posare le labbra sulle sue. Fu un bacio semplice, dolce. James le prese, gentile, il viso tra le mani, così che quando si separarono, i loro occhi erano ancorati gli uni agli altri. Poi, dalle labbra del giovane sfuggì una risata lieve.
<< Che c’è? >> chiese lei, sorridendo a sua volta. Le risate di James erano sempre contagiose.
<< Niente, alle volte mi sembra ancora incredibile riuscire a baciarti. >> rispose il ragazzo. << Perlomeno, senza beccarmi una fattura subito dopo. >>
Lily scoppiò a ridere. << Ammetterai che molte te le sei meritate. >>
<< Assolutamente no. Ma le accetto come sacrifici necessari all’averti fatto comprendere che eri sempre stata sinceramente, perdutamente innamorata di me. >>
Lily rise, chiudendo gli occhi e scuotendo il capo.  Non era mai stata in grado di individuare il momento esatto in cui i suoi sentimenti per James si erano trasformati in altro. Dopotutto, il loro rapporto era sempre stato un fiume in piena, ricolmo di battibecchi, amicizia, ostilità, amore. Non poteva stabilire delle tappe temporali nette per ognuna di quelle fasi, che in realtà, negli anni ad Hogwarts, avevano finito con il mescolarsi e alternarsi con frustrante assiduità. Eppure, se c’era qualcosa che Lily rammentava, era il momento esatto in cui aveva finito con il rivalutare completamente James Potter.

***************************************************************************************

Settembre 1977 [Settimo Anno]
Lily si sistemò la tracolla sulla spalla, mentre la borsa ricolma di libri le batteva contro il fianco. Quell’anno aveva deciso di seguire decisamente troppi corsi, avrebbe dovuto perfezionare il suo incantesimo alleggerente sulla borsa.
<< Ehi, Lily, rallenta! >> la richiamò Marlene, correndole dietro. Lily si fermò, aspettando che l’amica la raggiungesse. Provenivano dalla lezione di Erbologia, nelle serre, e avevano deciso di tagliare passando per i giardini. L’aria di settembre si stava rinfrescando, arrossando il naso e le guance del viso pallido di Marlene. Accanto a lei, Mary era deliziosa e fresca come una rosa, al solito.
<< Volevi seminarci? >>
Lily fece un sorrisetto di scuse. << Scusate, ma ho il tempo agli sgoccioli: ora ho due ore di Rune Antiche, e devo ancora finire il tema di Aritmanzia e quello di Incantesimi, che non so quando farò, dato che stasera ho anche il primo turno da Caposcuola. >>
Mary sogghignò, giocherellando con uno dei suoi ricci scuri. << Ronda notturna, eh? Con… >>
<< Con Potter, sì. >> sbuffò Lily. << Mary, sei senza pietà. >>
<< Ma se giusto quest’estate ci dicevi che “Oh, forse non è così male!” >> fece notare Marlene, pragmatica.  Lily le rivolse un’occhiata impietosa.
<< Come amico, o compagno di scuola che vedi a lezione o che incroci durante i pasti o in Sala Comune. >> spiegò. << Vi immaginate un’intera notte soltanto noi due, da soli? >>
<< Beh, messa in questi termini... >>
<< Mary. >>
<< Lily. >>
La rossa sbuffò: << Sei pessima. >>
<< Lo siete entrambe. >> dichiarò Marlene. << Lily, forse tu esageri? >>
<< Giusto un po’? >> incalzò Mary, allegra.
Lily si strinse nelle spalle. La verità era che… Aveva avuto un po’ di confusione in testa, quell’estate, con Potter che aveva improvvisamente cominciato a fare il carino e a scriverle tutte quelle lettere piene di frasi spiritose e gentili e senza stracotanza. Ovviamente, da quando erano tornati a scuola si erano parlati, ma sempre in compagnia dei loro amici o durante la riunione dei Caposcuola. Se si fossero trovati loro due da soli, cosa si sarebbero detti? Lui avrebbe chiesto di uscire, al solito? Due pomelli rossi si accesero sulle guance della ragazza.
 << Ecco… Dico solo che sarebbe stato più semplice se avessero fatto Caposcuola Remus. >> bofonchiò, imbarazzata. << Perché no, poi? Sarebbe stata la scelta migliore, Remus è… beh, Remus. >>
<< Forse dovreste tutti togliere Lupin dal piedistallo. >> ribatté Marlene, con un tono stizzito che fece spalancare gli occhi a Lily e a Marlene.
A Marlene Remus era sempre piaciuto, no? Cosa si era persa?
<< È successo… >>
<< Oh-oh, guai in vista. >> la interruppe Mary, indicando un punto davanti a loro. Lily spostò lo sguardo: a qualche piede di distanza, vide un gruppo di ragazzi in divisa da cui proveniva quel tipo di vociare che, dopo due anni da prefetto e altrettanti passati a sopportare gli insulti per il suo stato di sangue, Lily aveva imparato ad associare a una rissa magica.
Lily imprecò, tirando fuori la bacchetta e premurandosi che la spilla di Caposcuola fosse ben visibile sulla sua mantella. Si diresse, spedita, verso di loro, ma fu preceduta da un Grifondoro alto e con un cespuglio indomito di capelli in testa.
<< Expelliarmus! >> esclamò James Potter, mentre due bacchette gli volavano in mano. << Che state combinando? >>
Lily arrivò di corsa, il respiro affannato. I due ragazzi che erano stati disarmati erano un Grifondoro e un Tassorosso, poco più giovani di loro. Davanti a loro, per terra, c’era un ragazzo dalla pelle scura e i ricci castani, la cravatta verde-argento mal allacciata attorno al collo.
<< Le serpi hanno maledetto un nostro amico, solo perché è Nato-Babbano! >>
A quelle parole, Lily rabbrividì, istintivamente.
<< Ok. >> disse Potter, insolitamente gelido. Guardò verso il ragazzo a terra. << È stato lui? >>
<< Io non ho fatto nulla! >> protestò il Serpeverde. << Non farei mai niente di simile! Per me sono tutte stronzate! >>
<< Sei tu che spari stronzate! Di voi Serpi non ci si può fidare! >> scattò il Grifondoro più giovane.
Lily fece per intervenire ma, di nuovo, James la precedette.
<< Basta così, non si attacca uno solo perché di una Casa di merda. Senza offesa, ehm… >>
In attesa, abbassò lo sguardo verso il Serpeverde, che lo guardava con gli occhi grandi quanto due palline da tennis.
<< Mi chiamo Benji Fenwick. >>
<< Piacere, io sono James Potter. >>
<< Sì, lo so. >>
<< Ottimo. >> fece il Grifondoro, con un sorriso. Poi assunse un’aria incerta, grattandosi la nuca con la bacchetta, un gesto tano sconsiderato quanto Potter.
<< Vediamo… Direi, dieci punti in meno? Per Tassorosso e Grifondoro. E, Sturgis… >> spostò lo sguardo vero il Grifondoro più piccolo. << Alla prossima cavolata, ti butto fuori dalla squadra. >>
<< Ma, James! È un Serpeverde! >>
Potter alzò gli occhi al cielo. << Zitto, o ti lavo la bocca con un gratta e netta. Filate via, forza. >>
Sotto lo sguardo allibito di Lily, i due ragazzi si scambiarono un’occhiata e si allontanarono, a testa bassa.
James porse la mano a Fenwick, aiutandolo a rimettersi in piedi. Il Serpeverde, che sembrava ancor più confuso di Lily, ringraziò James con una sorta di inchino -decisamente un Purosangue- e corse via a sua volta. Alla fine, rimasero solo loro.
Marlene emise un fischio.
<< Che classe, capitano! >>
James scoppiò a ridere.
<< È stato forte, eh? Potrei quasi abituarmici. >> esclamò, passandosi una mano tra i capelli. << Che dici, Lily, sono stata bravo? >>
Lily batté le palpebre, e si limitò ad annuire, confusa.
Il cuore le martellava forte contro il petto.

***

Fortunatamente, quella sera, durante la ronda, Potter tornò il fastidioso narcisista di sempre, dando una tregua al suo povero cuore.
<< Sembravo proprio autoritario, vero? Però non ho perso la calma, no, severo ma giusto. >> stava blaterando il ragazzo, mentre i due percorrevano i corridoi bui di Hogwarts. << E Fenwick mi guardava con una tale ammirazione, si è persino inchinato! A te è mai successo, da prefetto? >>
Lily sospirò. << No, Potter, nessuno mi ha mai fatto un inchino… >>
James rise, tamburellando un dito sulla spilla sul suo petto. << Godric, Sirius voleva rinnegarmi, per questa. Ma credo che potrei prenderci gusto.  >>
Lily lo guardò di sottecchi: << A togliere punti? >>
<< Beh, no. >> replicò lui, passandosi una mano tra i capelli. << A proteggere gli altri, riparare alle ingiustizie… Cose così. >>
Lily lo guardò, sorpresa. James sembrava serio ma anche, in un certo modo, imbarazzato.
La ragazza sorrise. << Sai, un Caposcuola non deve salvare il mondo. Rilassati, cavaliere. >>
<< Beh, sono pur sempre un Grifondoro. >> rispose lui, sorridendo di rimando. << E poi, sì, lo ammetto, la questione dei punti è una forza. Ora capisco perché ce ne hai sempre tolti così tanti! >>
Questo spinse una leva nella testa di Lily. Si accigliò.
<< Sai che non era per questo che lo facevo, vero? Quello che è successo con Fenwick… È lo stesso che facevate con Severus. >>
Potter ammutolì, la bocca tesa in una linea dura.
<< Sai che era diverso. >> disse, lo sguardo puntato a terra. << Piton era sempre invischiato nella magia oscura, è amico di quei due stronzi che hanno fatto del male a Mary e ha sempre dato il tormento a Moony e… >> si interruppe, inspirando a fondo. << Ok, sì, tutto questo è vero. Ma, forse, ecco, ero anche un po’ invidioso di lui. >>
<< Di Severus? >> domandò Lily, stupita dal fatto che James Potter potesse essere invidioso di qualcuno. << E perché mai?! >>
Timidamente, James sollevò lo sguardo verso di lei. << Secondo te? >>
Lily rimase senza parole. Sentì le guance andarle in fiamme, ma tentò di ragionare lucidamente.
<< P-Potter…. Secondo te questo dovrebbe farmi sentire onorata? >>
<< No! >> esclamò lui, urgente. << Certo che no! Sei troppo in gamba per aver bisogno di uno che ti marchi attorno il suo territorio. Senti… Non negherò la meschinità di Piton, e che certe cose se le sia meritate, ma… Sì, anche io sono stato un po’ idiota. >>
Per l’ennesima volta in quel giorno, la lasciò incredula. James Potter si era appena dato dell’idiota. Ora un troll poteva tranquillamente piombare ad Hogwarts e distruggere il bagno delle ragazze, e Lily non se ne sarebbe stupita.
<< Beh, è vero. Eri un po’ idiota. >> commentò. << Ma lo è anche Piton. E so che gli hai salvato la vita, due anni fa. >>
<< Remus ti ha detto… >>
<< Giravano delle voci sul fatto che tu avessi soccorso Severus in una qualche situazione. >> spiegò Lily. << Ma non conoscevo i dettagli, non prima che Remus mi raccontasse del suo… piccolo problema peloso. Sei stato molto coraggioso. >>
<< È più forte di me. >> spiegò James, facendo spallucce. << Non posso semplicemente lasciare che qualcuno si faccia male, non quando posso fare qualcosa.  >>
<< Anche se quel qualcuno è Piton? >>
<< Anche se quel qualcuno è Piton. >> confermò lui, con un mezzo sorriso. << Merlino, hai un’opinione così bassa di me? >>
Lily si ritrovò a sorridere. Scosse il capo. << No, Potter, l’opinione che ho di te, non è affatto bassa. >>
<< Eh? Era un complimento? >> saltò su James. << Oh, Evans! Andiamo insieme ad Hogsmeade, questo sabato? >>
Lily scoppiò a ridere: << Il passaggio da “buona opinione” ad “appuntamento” è così scontato, per te? >>
<< No, ma quello da “buona opinione” al “ti amo profondamente”, sì. >> ribatté Potter, allegro. << Ce ne hai messo di tempo per accorgertene, Evans. >>
 
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Settembre 1979
Era vero, a Lily era servito parecchio tempo, per rendersi conto dei suoi sentimenti verso James Potter. Ma, adesso, non sarebbe tornata indietro per nulla al mondo. James era la sua roccia, ma anche il sole che risplendeva nella sua vita, in quell’esistenza fatta di guerra, paura, morte.
<< Uno zellino per i tuoi pensieri? >> domandò il giovane, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lei sorrise. << Niente, solo che… >>
S’interruppe, quando qualcuno bussò rumorosamente alla porta del piano di sotto.
Lily e James si scambiarono una breve occhiata e, in un istante, si smaterializzarono al piano di sotto, bacchette alla mano.
Marlene era già alla porta, davanti al nuovo arrivato.
Con il respiro affannato, i capelli neri scompigliati e un’espressione urgente, Sirius Black stava in piedi sull’uscio, le mani poggiate sulle ginocchia.
<< Che cosa c’era sulle pareti del mio dormitorio ad Hogwarts, il sesto anno? >> domandò Marlene, tenendo la bacchetta puntata verso di lui.
<< Pretendi davvero che mi ricordi i nomi di tutti quei fumetti babbani? >> domandò Sirius, sconvolto. << In quel momento avevo meglio da fare che guardare i poster sopra il tuo letto. >>
 << È lui. Anche solo per la mancanza di tatto. >> disse Marlene, abbassando la bacchetta. A Lily sembrò più pallida e stanca del solito.
<< Pad! >> esclamò James, afferrando l’amico per le spalle. << Stai bene? Dove sono gli altri? >>
<< È successo un casino! >> proruppe Frank, sbucando dalla porta, seguito da Gideon, che aveva dover già confermato la sua identità. << Il luogo non era sicuro, ci hanno colto alla sprovvista, e Alice è andata ad avvertire Moody e… >>
<< Prongs. >> disse Sirius, fissando gli occhi grigi in quelli dell’amico. << Ho perso Peter. Lo hanno preso. >>








Eccomi qui! La struttura dei prossimi capitoli sarà simile a questa, incentrata sulla trama del 1979 ma con un flashback scolastico per inquadrare meglio i personaggi… ed è così che mi tengo stretta Hogwarts muahah
So che a molti importerà poco del rapimento di Peter, ma questo evento aprirà la strada a tante situazioni 😉
Nei prossimi capitoli compariranno tutti gli altri personaggi, ho cercato e cercherò di dare ampio spazio a tutti. Ma, essendo una storia su Harry Potter, mi sembrava doveroso cominciare con Lily e James.
Trovate la storia anche su wattpad 
https://www.wattpad.com/story/299187655-malandrini-nowhere-nights
Se vi ho incuriosito, lasciate un commento (pleasee) o mettete le storie tra le seguite  e i preferiti... e se il capitolo vi ha fatto schifo, scrivete pure il perchè! :) Siamo una community di scrittori e lettori, è bello aiutarsi a migliorare

 

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Capitolo 2
*** Dispersi ***


Capitolo I. Dispersi

Gennaio 1976 [Quinto anno]
Baciare le ragazze era… umido, ma eccitante.
Sirius separò le labbra da quelle di Marlene, riprendendo fiato. La ragazza aveva le guance arrossate, i lunghi capelli chiari sparsi sul cuscino e gli occhi scuri lucidi, brillanti. Sirius aveva da poco capito che, per qualche ragione, aveva un debole per gli occhi marroni. Quelli di Marlene erano quasi perfetti, giusto un po’ troppo scuri.
La ragazza decretò che avessero ripreso abbastanza fiato e, passando le braccia attorno al suo collo, lo tirò a sé, cercando la sua bocca. Sirius chiuse gli occhi, godendosi l’istante, la mano a stringere la coscia morbida della ragazza, al di sotto della divisa. Sentì il profumo -fiori?- dei suoi capelli, e poi quello, ben distinguibile, di…. cioccolato. Oh. Dovevano essere sul letto di Moony. Gli balenò in mente l’immagine di Remus seduto su quello stesso materasso, le lunghe gambe distese, una mano intenta a reggere una barretta di cioccolato e l’altra a sfogliare le pagine di chissà quale noioso libro scolastico.  Nel frattempo, una parte remota del cervello di Sirius registrò che Marlene stava trafficando con la cinghia della sua cintura.
<< Ehi, Sirius, hai… Oh, cazzo, scusate! >>
Per un istante, il giovane Black credette di aver dato troppa corda alla propria immaginazione. Si voltò comunque, appena in tempo per vedere Remus sulla porta ruotare su sé stesso per fiondarsi nuovamente giù per le scale.
<< Moony, aspetta! >>
Lupin si bloccò, girandosi verso di lui e lanciandogli un’occhiata implorante alla “Ti sembra il caso? Ti supplico, lasciami andare”. Ma questa era una cosa molto alla Remus che Sirius decise, beatamente, di ignorare.
<< Tutto bene? >> gli chiese, invece.
<< Ehm… sì. >>
<< Mi cercavi? >> lo incalzò Sirius, tirandosi su. Con la coda dell’occhio, scorse Marlene assumere un’espressione sbalordita. Riportò la sua attenzione su Remus, che ora sembrava decisamente disperato.
<< Sì. Volevo parlarti di una cosa, ma può aspettare. >> disse il prefetto, fissando nervosamente un punto indefinito tra Sirius e Marlene. << Scusate ancora, ci vediamo dopo! >>
Sirius lo vide sparire giù per la tromba delle scale. Sospirò, mettendosi in piedi e riallacciandosi la cintura.
<< Sirius! >> lo richiamò Marlene, alle sue spalle. Il ragazzo si voltò, non sembrava contenta.
<< Scusa, Marlene, ci vediamo stasera a cena, vuoi? >> disse, cercando di non sembrare troppo brusco. Trovò una buona scelta baciarla rapidamente sulle labbra, poi scese in Sala Comune.
<< Ohi, Remus. >>
L’amico si voltò, lentamente, verso di lui. L’espressione da cerbiatto braccato di poco prima era stata sostituita da un cipiglio perplesso.
<< Mi hai seguito. Non ci credo. >> disse << Mi hai seguito davvero. >>
<< Sì, Moony, sono sufficientemente sveglio per rendermene conto senza che tu me lo ripeta due volte. >>
<< Ma non a tal punto da accorgerti quanto questo sia decisamente inopportuno. >> obiettò Remus. << Hai lasciato Marlene di sopra. >>
Sirius alzò gli occhi al cielo. Moony si faceva sempre troppi problemi.  << Marlene è una tosta, saprà cavarsela contro un paio di lenzuola. Di che cosa volevi parlarmi? >>
Remus rimase in silenzio per un lungo istante, in cui Sirius riuscì quasi a vedere il suo cervello da lupastro dibattersi tra il ribattere e continuare a ripetergli quanto il comportamento di Sirius fosse inappropriato, indelicato e tutte quelle altre cose di cui il prefetto amava blaterare, e il lasciar cadere la questione. Fortunatamente per Sirius, Lupin optò per la seconda soluzione.
<< Volevo parlarti di Pete. >>
Padfoot non seppe se ridere o farsi scoppiare un neurone. << Pete? Mi hai fatto mollare Marlene di sopra per parlare di Peter? >>
<< A parte che io non ti ho fatto fare proprio nulla…  la rapidità con rivaluti il peso delle tue azioni è sorprendente. >> commentò Remus, aggrottando le sopracciglia. << E preoccupante. E comunque, questa tua reazione non fa che confermare il fatto che sì, dovremmo parlare di Peter. >>
Sirius sollevò gli occhi al cielo. << Vai dritto al punto, Moony, sai che la mia soglia dell’attenzione è limitata. >>
Remus aprì la bocca, come per ribattere, poi sembrò ripensarci, e sospirò. << Non pensi di essere stato un po’ ingiusto con lui, stamattina? >>
<< Ma di che cazzo parli? >>
<< Al campo da Quidditch? >> suggerì il prefetto, come sperando che riuscisse ad arrivarci da solo. << Quando gli hai gentilmente suggerito di distaccarsi da James? >>
Sirius piegò la testa di lato, confuso, guadagnandosi un’occhiata stanca da parte dell’amico.
<< “Forse persino tu potresti essere appena un po’ più figo, se ti staccassi dalle sottane di James”. >>
Oh.
Sirius arricciò le labbra, massaggiandosi il collo con la mano. << Beh, ma è vero. >> disse, a sua discolpa.
<< Sirius… >>
<< Oh, Moony, avanti. Ammetto che, forse, non è stato gentile. Ma mi è scappato, il cuore di Wormtail sopravvivrà questa volta. >>
<< Non è questa volta, Pad. >> gli fece notare Remus, piegando il capo di lato. << Ecco… È da un po’ che vai a briglia sciolta. >>
Sirius ammutolì, adombrandosi, ma Moony lo anticipò. << Non mi guardare così, Pad. Noi siamo qui per te, lo sai. E va bene se ti sfoghi su di noi e… >>
<< Su di voi? >> lo interruppe lui. << Non mi sembra di aver mai detto nulla a te e Prongs. >>
Remus si limitò a scuotere il capo, con un sospiro. << Senti, parla con Peter, vuoi? Sai com’è fatto, con il suo non sentirsi mai all’altezza tua e di James. >>
Sirius rimase in silenzio, scrutando il ragazzo smilzo e allampanato davanti a sé, i capelli castani arruffati quasi quanto quelli di James e i grandi occhi scuri puntati su di lui.
Sbuffò. Le stilettate morali di Remus, per quanto noiose, finivano sempre con il punzecchiarlo nei punti giusti.
<< Va bene, gli parlerò. >> esclamò, e Remus gli riservò uno dei suoi sorrisi pacati alla “complimenti, hai fatto la scelta giusta” che facevano sentire Sirius stupidamente soddisfatto di sé stesso.  Sorprendente, considerato che aveva votato la propria esistenza a comportarsi da irresponsabile. << Dove lo trovo? >>
<< Prendi la mappa. >> rispose Remus, estraendo la pergamena dalla tasca della divisa. << Sei un bravo cane. >> aggiunse poi, concedendogli un raro ghigno firmato Malandrini.
Sirius sghignazzò. << E tu sei il solito lupacchiotto rompiballe. >>
<< Se lo fossi davvero, non avrei perso tempo a farti notare che eravate sul mio letto. >>
<< Non siamo arrivati a fare nulla di troppo sconcio, tranquillo. >> fece Sirius. << Le tue coperte sono ancora immacolate. Pregne solo di noia e un profondo spirito di pedanteria. >>
<< Noia e pedanteria sono sottovalutate. Non macchiano e tengono al caldo d’inverno. >> replicò Remus, con una scrollata di spalle.
Padfoot scoccò la lingua. << Ci sono mezzi migliori per tenersi al caldo sotto le coperte, Moony. >>
Soddisfatto, vide l’ironia di Remus crollare come un castello di carte. Il prefetto distolse gli occhi scuri, mentre un vago rossore gli imporporava le guance.
<< Che razza di randagio arrapato… >>
Sirius ghignò, afferrando la Mappa del Malandrino. << Lo so, Moony, lo so. >>
***
Secondo la mappa, Wormtail si trovava nella Sala dei Trofei.
Sirius valutò se raggiungerlo sfruttando uno dei passaggi segreti nel castello, ma avrebbe rischiato di farsi vedere da qualche studente -e i passaggi segreti erano sacri e proprietà inviolabile dei Malandrini-, per cui optò per le scale. Quel giorno, tuttavia, le bastarde avevano deciso di fare a modo loro -più del solito-, così Sirius finì nel piano sbagliato per due volte di fila. Fu per questo che raggiunse Peter con un sovraccarico di nervosismo, che la flebile traccia di buon senso che si ritrovava gli suggerì non fosse l’ideale per iniziare la conversazione.
Prese un respiro profondo, cercando di rilassare i nervi, ed entrò nella Sala dei Trofei. << Ehi, Petey. >>
Peter saltò su, nervoso. In qualche modo, Peter sembrava sempre un po’ agitato in sua presenza, sebbene fossero amici da più di quattro anni.
<< Ciao, Sirius. >> il ragazzo sollevò una mano in segno di saluto. << Che ci fai qui? >>
<< Potrei rigirare la domanda. >> ribatté lui, con una scrollata di spalle. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si avvicinò all’amico, mettendosi al suo fianco. Davanti a lui, il suo riflesso sulla teca di vetro ricambiava il suo sguardo, con aria annoiata.  Spostò lo sguardo in basso, verso il riflesso di Minus. Era sempre stato piccolo, Peter, il più basso dei Malandrini. I capelli chiari erano due tende fini ai lati delle tempie di un viso pallido, a punta, su cui spiccavano gli incisivi distanziati e un paio di occhi celesti, acquitrinosi.
<< Beh. >> iniziò Sirius. << Cosa stiamo guardando? >>
<< Adam Bletchley. >> rispose Peter, indicando una placca dorata sul muro. << Miglior punteggio nei G.U.F.O del suo anno. >>
<< Che noia. >>
<< Era mio nonno. >>
<< Ah. >> fece Sirius, tirandosi una ciocca di capelli neri. << Perché il nome non mi è nuovo? >>
Peter si strinse nelle spalle: << È stato un uomo potente per un po’. Purosangue, responsabile delle intermediazioni finanziarie con i folletti, poi pezzo grosso al Ministero.  Ma è caduto in un brutto affare finanziario che lo ha mandato in bancarotta, credo sia per questo che la mamma abbia sposato papà. >>
<< Tuo padre non è Purosangue, giusto? >>
<< No. >>
<< Mmm. Una rampolla Purosangue che inquina il proprio stato per guai finanziari. Strano che mia madre non me ne abbia mai parlato. >>
<< Noi Minus non siamo come i Potter. >> mormorò l’amico, quasi imbarazzato. << Non ci siamo mai schierati apertamente a favore dei Nati Babbani, combattuto maghi oscuri o fatto altro di rimarchevole. >>
Sirius fece un sospiro, tirandosi indietro i capelli con una mano. In quanto a confidenze, sensibilità e discorsi motivazionali non era mai stato una cima; quelle erano più il campo di James. Decise di andare dritto al nocciolo della questione.
<< Senti, Peter. Scusa se stamattina sono stato un po’ stronzo. >> tirò fuori. << Ultimamente sono un po’ fuori di testa, lo sai. Ma non volevo offenderti. >>
L’altro gli rivolse un’occhiata sorpresa. << Ehm… va bene. Forse avevi ragione. >>
<< Forse, anzi, sicuramente, sono stato un po’ testa di cazzo. >>
<< Ah… Ok. >>
<< Ok. >>
<< È che… uhm, alle volte mi sento un po’ fuori dal gruppo. >>
Sirius sobbalzò, si girò di scatto verso di lui e lo afferrò per le spalle. << Ma che cazzo dici?! >>
Sotto il suo sguardo, Peter lo guardava sorpreso, con occhi tremolanti. << Ehm… mi sento fuori luogo, qualche volta. Tu e James siete così popolari, bravi con gli incantesimi, brillanti… Siete migliori amici, vi capite sempre al volo e ora vivete pure sotto lo stesso tetto! >>
<< Sai che gioia ad essere dovuto scappare di casa e cercare rifugio dalla famiglia del tuo migliore amico. >> replicò Sirius, cupo.
<< N-no, lo so! Scusami! Solo che è normale che voi siate insieme e che siate anche così ammirati da tutti. >> riprese Peter, rosso in viso. << E Remus… beh, noi tutti ci prendiamo cura di Remus, ovviamente. E allora mi chiedo quale sia il mio posto. >>
Sirius rimase in silenzio, confuso. Sorvolò sul fatto che non aveva mai pensato a Moony come qualcuno da accudire, e decise di focalizzarsi sul problema al momento più pressante: Peter. Il suo piano originario era scusarsi e concludere il tutto con una pacca sulla spalla. Non si sarebbe aspettato tutte quelle parole, e ora non sapeva come comportarsi. Con James, bastava un’occhiata per comprendersi al volo, mentre Remus era così contorto che finiva o con il confondere persino sé stesso o con lo psicoanalizzarsi da solo, ed entrambe le opzioni avevano sempre sollevato Sirius da qualsiasi responsabilità. Le ragazze, invece, sembravano accontentarsi dei suoi occhi grigi e di tenergli la mano in corridoio davanti a tutti, di tanto in tanto. Non era abituato a quello.  Eppure, una cosa la capiva: Peter stava dicendo di non reputarsi degno di far parte dei Malandrini. E questo perché lui si era comportato da stronzo.
<< Wormtail, davvero, non c’è nessun posto o ruolo da occupare. >> disse. << Siamo amici e basta. E dimentica quello che ti ho detto prima, sai che sparare cazzate è uno dei miei passatempi preferiti. Non devi fare nulla, sei già figo di tuo. Dopotutto, sei un Malandrino. >>
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Settembre 1979 [Presente]
<< Prongs, ho perso Peter. Lo hanno preso. >>
<< Cosa? >>
<< Il posto non era sicuro. >> spiegò Frank, pallido. << Era sorvegliato, o era una trappola, fatto sta che erano in maggioranza e ci hanno fatto il culo. >>
<< Dov’è Mary? >> chiesero Lily e Marlene, all’unisono.
<< E Benji? >> aggiunse poi la rossa, democratica come sempre.
<< Li hanno presi tutti. >> ringhiò Sirius, serrando i pugni. << Non saremmo dovuti andare via, Frank! >>
<< Eravamo in minoranza, e poi li avevano già portati via! >> rispose l’altro. << Cos’altro potevamo fare? >>
<< Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di scappare! Dovremmo essere Grifondoro, no? >>
<< Sirius, basta. >> lo interruppe James. << Non è colpa di Frank. >>
Sirius inspirò a fondo, cercando di darsi una controllata. No, in realtà non ce l’aveva con Frank. Era arrabbiato con sé stesso, per non essere riuscito a proteggere Peter e gli altri, e con quei Mangiamorte testa di cazzo.
<< Ehi, Pad. >> fece James, posandogli una mano sulla spalla. Una scossa gli percorse il braccio, facendolo sussultare.
<< Sirius, cosa… Cazzo, stai sanguinando! >>
Lui fece una smorfia, stringendosi il braccio al petto. << È solo un graffio. >>
<< Questo fallo decidere a me. >> intervenne Marlene, spingendolo verso il divano. Suo malgrado, Sirius si sedette, mentre la ragazza gli tirava su la manica della maglia. Prima aveva parlato con voce sicura, ma le mani le tremavano. Sirius si rese conto che doveva essere preoccupata per Mary; dopotutto, lei, Marlene e Lily erano sempre state insperabili.
<< Niente di grave, te lo rimetto subito a posto. >> disse la bionda, agitando la bacchetta. Sirius sentì un soffio caldo avvolgergli l’avambraccio, e il dolore dissiparsi.
<< Raccontateci cosa è successo. >> esclamò Lily, grave. Aveva i capelli rossi raccolti in una coda alta, come quando andavano a scuola, e indossava una tuta da ginnastica babbana. Aveva un’espressione calma, ma gli occhi verdi erano attenti. Sirius si ritrovò a pensare che, in quelle situazioni, lei e James formavano una coppia formidabile.
<< Abbiamo seguito il piano. >> iniziò Sirius. << Ci siamo smaterializzati poco fuori poco il villaggio, che, a quanto pare, era sorvegliato. Ci hanno attaccato non appena siamo entrati a Little Hangleton. >>
<< Non siamo nemmeno riusciti a raggiungere l’obiettivo. >> aggiunse Frank, lasciandosi cadere pesantemente sul divano. Solo in quel momento, Sirius si rese conto che si premeva una mano all’altezza delle costole; Marlene lo raggiunse.
<< Qual’era l’obiettivo? >> domandò James.
<< Era Benji a saperlo. >> rispose Frank, facendo una smorfia mentre Marlene gli sollevava il maglione per monitorare la situazione. << Suddivisione delle informazioni, solito protocollo di Silente. >>
Sirius rimase in silenzio, mentre uno strano pensiero gli inquietava la mente. Avvertì lo sguardo attento di James soffermarsi su di lui.
<< Quelli… non erano i soliti Mangiamorte. >> continuò Frank, pallido mentre Marlene si prendeva cura del grosso ematoma sul suo costato. << Un paio di loro erano…beh, come Remus. Erano tremendi. >>
Tre paia di sguardi lo fulminarono, e il giovane sollevò le mani, a mo’ di difesa. << Dai, ragazzi, sapete cosa intendo. >>
<< Smettila di agitarti. >> lo riprese Marlene, mettendo via la bacchetta. << Ho migliorato la situazione, ma a una costola incrinata serve un po’ di tempo per guarire. >>
<< Hai una costola incrinata? >> chiese Sirius, aggrottando le sopracciglia. << Potevi dirlo che ti eri fatto male. >>
<< Altrimenti perché avrei permesso ad Alice di rispedirmi qui mentre lei andava a cercare Moody da sola? >> borbottò Frank, facendo leva sui braccioli per spingersi in piedi. << Ora, se hai smesso di rimbrottarmi, vado al camino a cercare notizie della mia fidanzata. >>
Lo guardarono zoppicare verso lo studio, sparendo oltre il corridoio. Lily si alzò dalla poltrona e si inginocchiò accanto a Marlene, prendendole la mano e dicendole qualcosa a bassa voce. Gideon era il solito fantasma silenzioso, in piedi, con la schiena poggiata contro lo stipite della porta.
Sospirando, James si sedette accanto a Sirius.
<< Hai macchiato con un po’ di sangue, qui. >>
<< Come va la testaccia, Prongs? >>
<< Tutto ok, le cadute a Quidditch sono servite a qualcosa. >> disse, abbozzando un sorriso. << Non che io cadessi spesso, ovviamente. >>
Suo malgrado, Sirius grugnì una risata.
<< Ehi, Padfoot. Ne verremo a capo. >> esclamò James, guardandolo oltre le lenti degli occhiali. << Peter gli darà filo da torcere, dopotutto è un Malandrino. >>
<< Già. >> rispose lui, tetro. “Ti veniamo a prendere, amico.”
<< Senti, a cosa stavi pensando prima? >> incalzò James, serio. << Mentre Frank raccontava cosa è successo. >>
Sirius si tirò indietro i capelli, non riuscendo a trattenere uno sbuffo divertito. A volte dimenticava quanto Prongs potesse essere intuitivo, specialmente quando si trattava di lui.
<< Il posto doveva essere sicuro, Jamie. Forse la fonte di Silente si sbagliava. >> disse, tetro. << o forse qualcuno ha parlato. >>
Prongs si ritrasse di scatto. << Cosa stai dicendo? >>
<< Avanti, Prongs, siamo in una cazzo di guerra. >> disse lui. << E in guerra è inevitabile che ci siano delle spie. >>
<< Ma eravate soltanto voi e Silente a sapere del piano! >>
Sirius si strinse nelle spalle. << Forse qualcuno di noi ha parlato. >> disse, cupamente. << Magari è stato Benji. >>
James lo guardò come se avesse appena fatto a pezzi un unicorno.
<< Era un Serpeverde. >> continuò lui. << Lui e Regulus erano amici, no? Magari lo sono ancora. Magari sono d’accordo. >>
<< Sirius… >>
<< Ragazzi! Venite! >> li chiamò Frank, dall’altra stanza. Tutti scattarono su e corsero nello studio. Alle spalle di uno scrittoio in mogano, Frank era inginocchiato davanti al camino in pietra, tra le fiamme ardeva il viso di Alastor Moody.
<< Ci siamo tutti. >> fece Frank, mentre i ragazzi si ponevano in cerchio davanti al camino.
<< Come ho detto a Frank, ci troviamo in un brutto affare. >> disse Moody, secco. << Grazie alle descrizioni di Alice, siamo riusciti ad ottenere i profili visivi dei due mannari, gli unici ad aver attaccato a viso scoperto. >>
<< Non gli importa di essere riconosciuti. >> disse Gideon, alle loro spalle.
<< Probabilmente non sono licantropi registrati. >> osservò Lily, mesta. << Saranno già ricercati, che siano alleati di Tu-Sai-Chi o meno. >>
<< Abbiamo dei volti, ma senza nomi o altri indizi, scovarli è come tirar fuori un ragno dal buco. >> disse Moody.
<< Forse Remus ne sa qualcosa in più. >> fece la voce di Alice, da qualche parte alle spalle di Moody. << Abbiamo sue notizie? >>
<< Ci saremmo dovuti incontrare l’altro ieri fa per il rapporto, ma non si è presentato. >>
<< Cosa?! >> Sirius scattò su, furioso. << Non ha notizie di Remus da più di due giorni e non stiamo facendo nulla?! >>
<< Calmati, ragazzo. >>
<< Col cazzo! >> ringhiò lui. Il cuore gli batteva all’impazzata, e solo il suo minimo istinto di autoconservazione gli impedì di buttarsi tra le fiamme, per scagliarsi contro l’Auror.
<< Potrebbe essere in pericolo! >> intervenne James, preoccupato. << Dovremmo andare a cercarlo! >>
<< Ho detto di calmarvi. >> ribadì Moody, spostando l’occhio incantato dall’uno all’altro. << Il contesto in cui si muove Lupin è particolare, non sempre si trova nelle condizioni di potersi smaterializzare in sicurezza o di poter accedere a un camino. È già successo che ci contattasse in ritardo. >>
<< Ok, o forse si trova nei guai. >> replicò Sirius, cupo. << Dicci dove si trova, così andiamo a recuperarlo. >>
<< Sono d’accordo. >> si fece avanti Lily, portando le mani ai fianchi.
Moody assunse un’espressione contrariata. << Non possiamo essere certi di dove si trovi. I branchi non hanno una posizione fissa, e a prescindere, non permetterei che dei ragazzini impulsivi mandino a monte una delle nostre missioni sotto copertura più cruciali. >>
<< Me ne sbatto della mis… >>
<< Sirius, dacci un taglio. >> intervenne Marlene, gelida. << Siamo tutti preoccupati per Remus e gli altri, va bene? Ma non possiamo farci nulla, al momento. >>
Sirius ammutolì, ma la fulminò con lo sguardo.
<< Come ho già detto, non è la prima volta che Lupin non riesce a contattarmi. Siamo entrambi consapevoli dei rischi e ci siamo dati un margine di tolleranza. >> riprese Moody. << Non abbandono i miei uomini nei guai, ma nemmeno posso mandare una squadra di soccorso ad ogni inconveniente. >>
Sirius non rispose, stringendo i pugni. Sentiva caldo e il respiro era affannato. Due dele persone più importanti nella sua vita erano in pericolo, e secondo Moody e Marlene lui avrebbe dovuto rimanersene lì con le mani in mano. E la verità era che, cazzo, non poteva fare altrimenti.
<< Vaffanculo. >> ringhiò, prima di girare i tacchi e abbandonare la stanza.

  ***

“Benedetto sia il Quidditch” pensò James, mentre faceva leva sulle braccia per issarsi al di fuori del lucernaio. Non essendo alto come Padfoot e Moony, se era riuscito ad arrampicarsi sul tetto doveva ringraziare i muscoli che aveva sviluppato in sei anni di duri allenamenti. L’aria frizzante della notte gli sferzò la camicia, facendolo rabbrividire. Per quello, invece, doveva la sua gratitudine a Sirius che, in quel momento, se ne stava accovacciato sulle tegole del tetto di casa Prewett, le ginocchia strette al petto e l’aria cupa.
Scivolò agilmente al suo fianco.
<< Non dovresti stare all’esterno, non è sicuro. >>
<< Ci sono gli incantesimi di oscuramento e tutto il resto, no? Dammi tregua, Caposcuola. >>
<< Ahi, questa faceva male. >> scherzò James. Il suo sorriso si incrinò quando vide la bottiglia stretta nella mano dell’amico.
<< Che mi dici di quella? >>
<< Scorta personale di Gideon. >> mugugnò Padfoot. << L’alcool gratuito rientra tra i vantaggi dell’avere un amico in lutto. >>
A quelle parole, le viscere di James si attorcigliarono in una morsa dolorosa. Sirius sgranò gli occhi, probabilmente rendendosi conto di ciò che aveva appena detto.
<< Cazzo, Prongs. Scusa. >>
Lui contrasse le labbra, deglutendo a vuoto. << Fa niente, dai. È passato un mese, ormai. >>
<< Ma erano i tuoi genitori. >>
<< Beh, stiamo tutti perdendo qualcuno in questo periodo, no? >> tagliò corto James, passandosi una mano tra i capelli. << Almeno… almeno, non è stata la guerra. Non ho diritto di lamentarmi. >>
Sirius alzò gli occhi al cielo. << Per una volta che avresti tutto il diritto di fare l’egocentrico… >> lasciò in sospeso la frase, allungandogli la bottiglia di firewhiskey.
James esitò. Non gli piaceva bere, se era per tirarsi su di morale. Rientrava tra quelli che qualcuno -Mary?- aveva definito “i suoi principi da Grifondoro”. Ma prese comunque la bottiglia, portandola alle labbra e ingoiandone un lungo sorso. L’alcool gli bruciò per la gola, riscaldandogli il petto. Era piacevole, ma anche triste. Fissò lo sguardo davanti a sé. Gli alberi che circondavano casa Prewett erano avvolti dalle ombre notturne, ma le fronde che si agitavano alla brezza autunnale erano bagnate dalla luce argentata della luna. La luna… era piena.
<< Un giorno. >> disse, facendo voltare Sirius verso di lui. << Un giorno, e poi li andiamo a cercare. Moony e Wormtail… Certo, dovremmo inventarci qualcosa, anche Lily ci darà una mano. Ma non li abbandoneremo. >>
Una luce guizzò negli occhi grigi dell’amico. << Ovvio che no. Dopotutto, siamo i Malandrini. >>
 
 
 

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Capitolo 3
*** Strade ***


Capitolo II. Strade

 

Giugno 1978 [Settimo anno]

<< Ah, era l'ultimo, non ci posso credere! >> trillò Mary, saltellando sul prato.

<< È da quando abbiamo lasciato l'aula che lo ripeti. >> commentò Marlene, ma nemmeno lei riusciva a smettere di sorridere. Lily ridacchiò, tirandosi su le maniche della camicia. Faceva caldo, quel giorno, e l'intera scolaresca di Hogwarts sembrava aver avuto l'idea di godersi quell'insolito sole scozzese sulla riva del Lago Nero.

<< A me viene un po' di malinconia, in realtà. >> sospirò Peter, al loro fianco. << Sono i nostri ultimi giorni ad Hogwarts... >>

<< Non cambierà nulla! >> esclamò James, passando un braccio attorno alle spalle di Lily. << Continueremo a vederci, tutti i giorni. >>

<< Che appiccicoso. >> scherzò Lily, roteando gli occhi. Ma il piacevole calore che le si diffuse nel petto no nera imputabile alla temperatura di quel pomeriggio soleggiato.

<< Guardate, lì c'è Remus. >> disse Mary, indicando un punto poco distante.

Il loro amico era seduto sull'erba, un libro poggiato sulle ginocchia e gli occhi assorti nella lettura. Sirius corse verso di lui, buttandoglisi addosso senza la benché minima di delicatezza.

<< Moony! >> esclamò, scompigliandogli i capelli. << Perché sei sempre a studiare? Gli esami sono terminati! >>

<< In realtà, io e Lily abbiamo ancora Rune Antiche, domani mattina. >> spiegò il ragazzo. << Sempre che tu mi ci faccia arrivare, a domani. Mi lasceresti respirare, per favore? >>

Sirius ridacchiò, sciogliendo l'abbraccio e sdraiandosi sulla schiena, le braccia incrociate dietro la testa.

Lily si chiese come riuscisse a sembrare un principe anche lì stravaccato sull'erba, la camicia sudata e i pantaloni macchiati di quella che doveva essere polvere di ossa di drago.

<< Com'è andato l'esame? >> domandò Remus e, prima che Lily potesse rispondere, James batté le mani.

<< Meravigliosamente, Moony! >> esclamò il ragazzo, entusiasta. << Abbiamo dovuto preparare un antidoto per avvelenamento da tarantola che, se posso, è stato abbastanza stronzo da parte del Ministero, però io e Lily lo avevamo ripassata giusto ieri e... >>
<< Oddio, Prongs, basta. >> supplicò Sirius, tirandosi su sui gomiti. << Sei una delusione, davvero. >>

<< James è diventato Remus. >> scherzò Mary, sdraiandosi sulla pancia. Si puntellò sui gomiti e intrecciò le dita sotto al mento, rivolgendo gli occhi nocciola verso Lupin. << Non ho capito perché hai lasciato Pozioni, quest'anno. >>

Lui sfoggiò uno dei suoi sorrisi cordiali di di repertorio. << Beh, facevo pena in Pozioni. >>

<< Anche io! Ma è uno dei MAGO più richiesti! >> protestò lei, e Remus si limitò a fare spallucce, distogliendo lo sguardo.

<< Moony ha deciso che nessuno gli darà mai un lavoro, e che quindi non baderà più a questo genere di cose. >> sbuffò Sirius, roteando gli occhi. << Approvo la scelta, ma non la motivazione. >>

Remus gli lanciò uno sguardo di disapprovazione, che lui ricambiò con un'occhiataccia.

<< Che c'è? Dovrei benedire la tua autocommiserazione? >>

<< Non è autocommiserazione, è realismo. >>

<< Saresti realista se capissi che chiunque sarebbe fortunato ad assumerti. >>

<< Potrei anche capirlo, ma poi dovresti comunque convincere un datore di lavoro ad assumermi. >> obiettò Remus, incrociando le braccia al petto. Sirius scrollò le spalle.

<< Fanculo il datore di lavoro. >>

<< Molto coerente. >> considerò Lupin, alzando gli occhi al cielo.

<< Ragazzi, Mary voleva solo sapere perché Remus avesse mollato Pozioni. >> li richiamò Marlene, sospirando. << Non sentirvi litigare come una vecchia coppietta di sposi. >>

A quelle parole, Lily fremette, lanciandole un'occhiata allarmata. Nonostante il solito sguardo da "dura annoiata dagli altri essere viventi", i suoi occhi azzurri erano luminosi. Ok, stava scherzando.

<< Avete ragione, scusate. >> fece Remus, restituendo loro un'espressione gentile. << Comunque sì, dato che non mi attendo grandi prospettive di carriera - Sirius non ricominciare-, ho deciso studiare solo per le materie che mi piacciono. >>

<< Merlino. >> sussultò Peter, allargando gli occhi. << James è diventato Remus, e Remus è diventato James. >>

<< Beh, fortuna per Moony. >> esclamò James, scompigliandosi i capelli.

Tutti scoppiarono a ridere, meno che Lily. La ragazza si morse un labbro, impensierita dalle parole di Remus. Il modo in cui la comunità magica lo avrebbe giudicato, solo per la sua condizione e per la presenza del suo nome su un maledetto registro, beh... la riempiva di indignazione. Semplicemente, non era giusto.

<< Ehi, rossa. >> le soffiò all'orecchio James, preoccupato. << Tutto ok? >>

Lily fece un cenno col capo, cercando di calmarsi. Ne avrebbero parlato dopo. << Tu, Mary? Hai deciso cosa farai? >>

Mary si lasciò andare in una risatina forzata.

<< Lils, sai che così mi uccidi. >> disse, con un sorriso nervoso. << Mi sa che cercherò un lavoro da impiegata al Ministero. Segretaria, magari. Qualcosa di stabile che mi permetta di campare. >>

Sirius la guardò con tanto d'occhi .<< Ma sembra così... noioso. >>

<< Grazie, tesoro. >>

<< Quello che intende dire, è che sembra così poco da te. >> aggiunse Remus, gentile. << Ma se è quello che desideri... >>

<< Remmy, sei un amore. >> rispose lei, con un sorriso allegro. << Ma bisogna accontentarsi, no? Non sono in gamba come voi, e va bene così. >>

<< Non che non va bene! >> esclamò Lily, con più foga di quel che avrebbe voluto. Ma, davvero come poteva starsene in silenzio mentre due dei suoi migliori amici si buttavano giù in quel modo?

<< Dovresti fare quello che ti piace, senza fissarti sul non essere all'altezza e simili, perché sei fantastica, Mary. >> buttò fuori, tutto insieme. << Siete tutti fantastici. E non vi permetterò di non vivere al meglio delle vostre possibilità solo perché qualcuno reputa che non siate abbastanza. >>

Aveva parlato tutto d'un fiato, e ora aveva il respiro affannato. Si rese conto degli sguardi stupiti dei suoi amici, fissi su di lei, e sentì le guance arroventarsi. La mano di James scivolò verso la sua, stringendogliela con gentilezza. Lily sollevò lo sguardo: il suo ragazzo -oddio, dopo quei mesi sembrava ancora così strano- le stava sorridendo, insolitamente dolce, incatenando i suoi occhi nocciola a quelli verdi di Lily.

Immediatamente, la ragazza si rilassò. James le fece l'occhiolino, poi si voltò verso gli altri.

<< A proposito, gente, devo dirvi una cosa. >> esclamò il ragazzo. << Dopo la scuola, mi unirò al gruppo di cui parlava Silente.>>

il cuore di Lily mancò un battito, e nella sua testa si rovesciarono le parole che il preside aveva pronunciato quando li aveva convocati nel suo ufficio, e poi i titoli dei giornali, i comizi per le strade di Diagon Alley, la morte dei suoi genitori.

<< Cosa? >> scattò Sirius, balzando a sedere. << E lo hai semplicemente deciso, senza dirci niente? >>

<< Ve lo sto dicendo in questo momento... >>

Sirius sembrava oltraggiato. << Beh, prima avresti dovuto parlarne con me! >>

<< O con me. >> aggiunse Lily, ritraendo la mano da quella di James. Si sentiva arrabbiata, incredula e.... tradita, in qualche modo. << Stiamo insieme, no? Non puoi scegliere di buttarti in una guerra e comunicarmelo così, nel parco della scuola, come se mi avessi detto quale scopa hai deciso di farti regalare per il compleanno. >>

Lui la guardò e, per un momento, a Lily apparve confuso, smarrito come il ragazzino di diciassette anni che era, e non l'eroe suicida di cui, a quanto pareva, era tanto bramoso di rivestire i panni. James sospirò, passandosi una mano tra i capelli.

<< Ascoltate, voi siete la mia famiglia, ok? Adoro i miei genitori, ma non ho mai avuto fratelli o cugini, prima di conoscervi. >> iniziò. << Siete importanti, per me. E ho voluto condividere questa decisione con voi. Ma... è una mia scelta. Non posso rimanere a guardare, non quando so che potrei dare una mano. Per quanto vi voglia bene, non mi farete cambiare idea. >>

Tutti rimasero in silenzio. Lily guardò James, e tutto il mondo, attorno a lei, sembrò scomparire. I colori del parco, le risate e le voci degli altri studenti... uno sfondo ovattato in cui lui, James Potter, si stagliava con prepotenza. Ma era come se le stesse dando le spalle, lasciandola indietro. D'altronde, in quegli anni non avevano fatto altro che inseguirsi a vicenda. Dapprima, era Lily a tenersi lontana ma, da quando aveva veramente capito chi James Potter fosse in realtà, era lui che a volte le sembrava così distante, così troppo. Una luce che aveva bisogno di splendere, e di illuminare le vite di tutti loro. Cercare di tenere il passo era tutto ciò che Lily poteva.... no, che desiderava fare. Perché, ora che si erano trovati, Lily non avrebbe mai potuto rinunciare a quello sprovveduto di James Potter.

<< Va bene, James. >> disse, guardandolo negli occhi. << Facciamolo. >>

Vide lo stupore attraversagli il viso, e la bocca aprirsi per protestare. Lily lo bloccò, scuotendo il capo. << Hai detto che hai fatto la tua scelta, no? Beh, questa è la mia. >>

<< Quindi, si va a prendere a calci in culo qualche Mangiamorte, eh? >> fece Sirius, ridacchiando. << Sembra divertente. >>

<< Immagino che l'accademia di Medimagia possa aspettare. >> aggiunse Marlene, scrollando le spalle.

Lily si voltò verso di lei. << Marls... >>

<< Qualcuno dovrà pur prendersi cura di voi pazzi scatenati. >> replicò la bionda, facendo spallucce. << Fasciarvi le ferite, impedirvi di compiere gesta esageratamente eroiche, cose così. >>

James fece scorrere lo sguardo su tutti loro, insolitamente a disagio. << Ragazzi, non è che ve lo abbia detto per trascinare anche voi... >>

Remus sospirò. << Rischiare la vita per salvare gli indifesi da un omicida e dai suoi folli seguaci? Francamente, Prongs, ti abbiamo seguito in cose ben più stupide. >>

<< Concordo... >>

La voce di Peter era flebile, quasi uno squittio. Il ragazzo teneva lo sguardo basso, le mani intente a tirare nervosamente i fili d'erba. Remus gli poggiò una mano sulla spalla.

<< Ehi, Pete, non sei costretto a fare nulla... >>

<< Beh, penso di aver sempre saputo che avreste accettato la proposta di SIlente, tutti voi. >> spiegò Peter, mogio. << E io sono sempre stato con voi e, quindi... Sì, credo che lo farò. >>

<< Certo che lo farai. >> esclamò Sirius, dandogli una pacca sulla spalla. << Bravo ragazzo, Petey. >>

<< Godric, mi fate sentire uno schifo. >> esclamò Mary, attorcigliandosi un riccio scuro attorno alle dita. << Sono l'unica che se la fa sotto alla sola idea? >>

<< Penso sia normale, Mary. Abbiamo tutti paura. >> rispose Lily e... sì, cazzo, aveva paura. Paura di perderli, così come aveva perso i suoi genitori, per colpa di quella guerra insensata. Non poteva rimanersene con le mani in mano.

<< Lo sapete, che Silente non mi ha mai convocata. >> aggiunse Mary, distogliendo lo sguardo. << Forse non mi considera abbastanza coraggiosa. Forse ha ragione. >>

<< Non possiamo sapere cosa abbia pensato Silente, ma di sicuro il coraggio non ti manca, Mary. >> rispose Lily. << Non ti dirò cosa scegliere di fare, Mary, ma, qualunque sia la tua decisione, non permettere che sia la tua insicurezza a guidarti. Perché non hai niente di meno rispetto a nessuno. Al quinto anno, sei tornata a scuola a testa alta, nonostante quello che Mulciber e Avery ti avevano fatto. Non è da tutti. >>

La ragazza si morse il labbro, abbassando lo sguardo. << Non so... >>

<< Non ci sarebbe nulla di vergognoso nel volerne rimanere fuori, Mary. >> le disse Remus, gentile. << Nessuno potrebbe giudicarti se decidessi di proseguire per la tua strada. >>

Mary sollevò gli occhi scuri verso di lui, con un sorriso triste. << Come vi ho detto, non è che ci sia una vera e propria strada, per me. Immagino che... beh, che siate voi, la mia strada. A questo punto, spero solo che riusciate a mettere una buona parola per una svampita come me. >>

 

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Settembre 1979

 

La buona parola l'avevano messa, e Mary era stata accolta nell'Ordine a braccia aperte. E, ora, Mary era stata catturata, o peggio.

Sdraiata sul suo letto in casa Prewett, Lily si morse il labbro. Se quel giorno, ad Hogwarts, Lily l'avesse scoraggiata, anziché riempirsi la bocca coi suoi soliti discorsi con cui doveva insegnare agli altri come vivere la propria vita, forse allora Mary non si sarebbe trovata in quel casino.

Sospirò profondamente, tirandosi su a sedere. in quel modo, rischiava soltanto di impazzire, e quello non era proprio il momento di lasciarsi annegare nelle sue paturnie mentali. James, al momento, non era disponibile, impegnato a tranquillizzare Sirius e a impedire che se ne andasse a caccia di Mangiamorte e licantropi in modo del tutto casuale e definitivamente suicida. Ma, dopotutto, c'era qualcun altro con cui Lily poteva parlare.

Uscì in corridoio e andò a bussare alla porta di fronte. Un "avanti" borbottato e l'odore aspro di fumo l'accolsero nella camera in cui Marlene dormiva in quei giorni.

La ragazza sedeva sul letto, un grosso tomo aperto sulle gambe, altri libri incolonnati sul comodino. Marlene sollevò gli occhi scuri verso di lei, l'espressione incuriosita e una sigaretta babbana tra le labbra.

<< Hai ripreso a fumare? Avevi smesso. >> disse Lily, storcendo il naso all'odore pungente del fumo. << Questa roba ti uccide, dovresti saperlo meglio di me. >>

Marlene scrollò le spalle. << Vediamo cosa mi ucciderà prima, se il fumo o la guerra. >>

<< Marls, dai... >> la supplicò Lily, sentendo una stretta allo stomaco. Si sedette sul letto, accanto a lei. Le pagine del libro sulle gambe della bionda erano fitte di incantesimi e di illustrazioni stregate di lacerazioni che si rimarginavano, di sangue che fluiva in vene e arterie. Alla fine, Marlene aveva rimandato l'iscrizione all'Accademia di Medimagia, ma aveva continuato a studiare, tra una missione e l'altra, in modo da potersi prendere cura di tutti loro. Lily avvertì per l'amica una spontanea ondata di affetto. Marlene poteva pur nascondersi dietro la scorza della ragazza distaccata, ma possedeva un cuore enorme.

<< Marlene... Mary sta bene. Starà bene. >>

<< Non è come se potessimo effettivamente saperlo. >>

<< Ma possiamo sperarlo, almeno. >> replicò Lily. << Non possiamo fare altro, per ora. >>

L'altra non rispose, continuando a non ricambiare il suo sguardo. Portò la sigaretta alle labbra, espirò una nuvola di fumo.

<< Tra noi tre, era l'ultima a cui sarebbe dovuto capitare. >> disse. << Senza offesa, Lils. Ma... sai cosa intendo. >>

Lily annuì, in silenzio. Mary era sempre stata così spensierata, dolce, emotiva, allegra, sensibile. Rappresentava quanto di più distante poteva esserci dall'idea della guerra.

<< Lo so. >> disse. << Ma la troveremo, Marlene. Non ce ne staremo con le mani in mano, mentre i nostri amici sono in pericolo. Hai visto Sirius, no? Credi davvero che qualcuno riuscirà a trattenerlo ancora a lungo? >>

Marlene fece un piccolo sospiro. << Credo che Sirius sia stato sul punto di staccarmi la testa a morsi, ieri sera. >>

La sua voce si era incrinata. Lily le si avvicinò, poggiando la testa sulla sua spalla.

<< Sirius è solo spaventato, Marls. >> disse, cercando di confortarla. << Sai com'è quando si parla di Remus. >>

<< Di Remus e di me. >> la corresse l'altra. << Alle volte, mi sembra di essere tornati al sesto anno. Di solito si comporta normalmente, altre, invece... È come se mi desse ancora la colpa di quell'incidente. >>

Lily rimase in silenzio, mordendosi l'interno della guancia. L'episodio del sesto anno era impresso nella mente di tutti loro e, sebbene fosse chiaro a tutti che l'errore di Marlene fosse stato involontario, Sirius... beh, Sirius era cambiato un po', negli ultimi mesi. Si era fatto più sospettoso, nei confronti di tutti, più incline al rancore. Così come Marlene era divenuta più cinica, Remus più silenzioso e schivo. Così come James, dopo la morte dei suoi genitori, stava perdendo la sua spensieratezza, si stava spegnendo. Lily chiuse gli occhi. Quello faceva davvero male.

<< È la guerra, Marls. >> si limitò a dire, mesta. L'amica si portò la sigaretta alle labbra. << Già. Fottuta guerra. >>

 

**

 

Quanto cazzo gli faceva male la testa?

Fu questo il primo pensiero di Peter, quando riprese conoscenza. Subito dopo, percepì la pietra dura su cui era sdraiato, qualcosa di freddo e stretto attorno ai polsi.

Aprì gli occhi, trovandosi di fronte altra oscurità. Si agitò, spaventato.

<< Peter! Stai bene? >>

Il ragazzo si girò verso l'origine della voce, strizzando gli occhi. Una sagoma minuta era inginocchiata per terra, poco distante da lui.

<< Mary! >> guaì, spaventato. << Dove siamo? >>

<< Ottima domanda. >> fece un'altra voce. Benji. << Nessuna risposta. Non ricordi nulla? >>

Peter chiuse gli occhi, cercando di ignorare la fitta alla testa. Ricordava la missione, i Mangiamorte che li circondavano, un lampo di luce e il suo corpo venire scaraventato contro il muro di un edificio. Si guardò attorno: non ci vedeva granché ma, a giudicare dai pilastri in roccia che si sollevavano verso il basso soffitto, e dall'umidità che sentiva nelle ossa, dovevano trovarsi in un sotterraneo, o qualcosa di simile. Si mise in ginocchio, prendendo consapevolezza delle manette che gli serravano i polsi, della catena che lo inchiodava al pavimento in pietra. Una morsa gelida gli artigliò lo stomaco.

"Mi hanno preso." Pensò, nel panico. "Mi hanno preso!"

Il cuore gli martellava forte contro lo sterno, mozzandogli il respiro.

Sentì a malapena Mary chiamare il suo nome. Che diamine voleva? Li avevano catturati, stavano per morire!

<< Peter. >> ripeté la ragazza, insistente. << Peter, siamo legati ma... puoi liberarti? Con il tuo... trucco, lo sai. >>

Confuso e con la testa ancora dolorante, a Peter servì qualche istante per capire a cosa Mary si riferisse.

"Ma certo... Posso fuggire." Pensò, confusamente. "Wormtail può fuggire."

Chiuse gli occhi, inspirando a fondo e... Nulla. Non riusciva a trasformarsi. Il terrore e la rabbia lo sopraffecero. Perché diamine non ci riusciva? La testa continuava a martellargli dolorosamente.

<< Io... Non so, non ci riesco. >> disse, tremante. Godric, gli veniva da piangere. << Credo di aver battuto forte la testa, non riesco a concentrarmi. >>

Le sue parole furono accolte da un pesante silenzio.

<< ... Va bene così, Petey. >> fece poi Mary, suonando un po' triste. << Troveremo un altro modo. >>

Prima che il ragazzo potesse replicare, un cigolio stridente lo fece sobbalzare. Sollevò lo sguardo: davanti a lui c'era una rampa di gradini e, in cima ad essa, era comparso il riquadro luminoso di una porta aperta. Una figura ammantata si richiuse la porta alle spalle, e scese i gradini, fermandosi davanti a loro.

<< Anche il terzo si è svegliato, finalmente. >> disse, con una voce femminile che fece suonare un campanello nella testa di Peter. Ma si sentiva troppo confuso e spaventato per ricollegarla a qualcuno che conosceva. << Ora possiamo iniziare a chiacchierare, che dite? >> aggiunse la donna, con un tono amabile che lo fece rabbrividire.

Un rumore di catene alle sue spalle gli fece capire che Mary si era mossa.

<< Non... non vi diremo nulla. >> disse la ragazza. La donna misteriosa fece un passo avanti, e Peter vide la sua figura snella, il volto coperto dal cappuccio del mantello. La mano destra, talmente bianca da risplendere nella penombra, stringeva una bacchetta. La donna sollevò il braccio.

<< Taci, putrida Sanguesporco... >>

<< Non farle del male! >> intervenne Benji, angosciato. << O non ti diremo nulla! >>

La donna si bloccò, voltandosi lentamente verso il ragazzo. Ogni suo movimento era elegante, aggraziato, per quanto terrificante. Peter capiva che questo doveva suggerirgli qualcosa, ma non riusciva a capire...

<< Cosa abbiamo qui? >> domandò la donna, giocosa. Si avvicinò a Benji, piegando il capo di lato, come incuriosita. << Fenwick, giusto? Purosangue e Serpeverde... Doppio tradimento, doppia pena, no? >>

Con un gesto repentino, puntò la bacchetta contro di lui, e un raggio luminoso investì il ragazzo. L'urlo di Benji riempì le orecchie di Peter, facendolo sussultare. La donna scoppiò in una risata fragorosa, agghiacciante. E fu allora che, inevitabilmente, Peter la riconobbe. Non avevano mai interagito molto, ad Hogwarts, ma quella risata così acuta e malvagia non poteva essere dimenticata.

Benji, rannicchiato per terra, sollevò lo sguardo verso di lei.

<< Tu...sei... >>

Peter gli gettò un'occhiata allarmata, poi intervenne, rapido. << Cosa volete da noi?! >>

<< Eh? >> la donna si voltò verso di lui, come sorpresa di vederlo lì. << Ah, Minus... Allora parli. >>

Peter deglutì, in silenzio. Anche in una circostanza simile, l'umiliazione feriva. Ma la paura era più forte, per cui si impose di agire con cautela. << Non... non possiamo dirti nulla, se ci torturi e non ci poni domande. >>

Lei rimase in silenzio per qualche istante, in cui Peter raggelò, in attesa di una maledizione. Poi, la donna scoppiò a ridere. << Non solo parli, ma non sei nemmeno così stupido come sembri. Sei disposto a parlare, quindi? >>

Peter esitò, il battito del suo cuore che gli rimbombava nelle orecchie. Si sentiva stordito, e spaventato. Non voleva parlare, ovviamente, e tradire Silente. Ma...

<< Io... >>

<< No, ovviamente! >> esclamò Mary, decisa. << Non daremo mai nessuna informazione a voi mostri! >>

<< Tu, schifosa... Crucio! >>

Mary urlò, un grido così forte e pieno di dolore che Peter dubitava avrebbe mai dimenticato.

Al suo fianco, Benji si dimenò, impotente. << No! Lasciala stare! >>

Ma la Mangiamorte rideva, e Mary urlava, e urlava. Terrorizzato, Peter si piegò su sé stesso, serrando gli occhi, mentre le lacrime gli rigavano il volto. Avrebbe solo aver avuto le mani libere e coprirsi le orecchie e smettere di ascoltare il dolore di Mary, e la risata della donna.

"Oddio, così la uccide. Non voglio che muoia, non voglio morire neppure io!"

<< Basta così! >>

Le urla di Mary cessarono. Peter aprì gli occhi, e vide che un'altra persona, un uomo, li aveva raggiunti. Teneva una mano sulla spalla della donna. << Devono parlare, ci servono vivi. >>

<< Per questo ho usato il Cruciatus. >>

<< Vivi e sani di mente. >> puntualizzò l'altro. << Avremo tempo di divertirci con loro, dopo che avremo ottenuto ciò che ci interessa. >>

Lei sbuffò, evidentemente delusa. Si voltò verso di loro, di nuovo, e Peter avvertì un brivido attraversargli la schiena.

<< Bene, allora vi lasciamo riflettere un po'. >> disse, amabilmente. << Se non parlate, non ci servite a nulla. Pensateci attentamente, prima che torni a trovarvi. >>

Attesero di udire i loro passi allontanarsi, su per le scale. Quando la porta si richiuse, a Peter sembrò di essere tornato a respirare dopo secoli.

<< Mary! Stai bene? >> esclamò Benji, protendendosi inutilmente verso l'amica.

Mary gemette, sollevandosi sui gomiti. << Io... sono stata meglio. >> disse, con voce spezzata. << Chi era quella pazza? Aveva una voce familiare...>>

<< Bellatrix Black. >> sibilò Benji, con rabbia. Poi fece un cenno in direzione di Peter. << A proposito, Peter, grazie. >>

Lui annuì, ancora scosso. << Figurati... >>

<< Cosa... Di che state parlando? >> domandò Mary, ancora provata.

<< Quando Bellatrix mi ha colpito, e ha cominciato a ridere... l'ho riconosciuta. Non è una risata che dimentichi, non se hai frequentato per un anno la sua stessa Sala Comune. >> spiegò Benji, cupo. << Stavo per farmi sfuggire il suo nome, prima. Peter è intervenuto, impedendomi di farlo. >>

<< Ed è... >> Mary annaspò, doveva stare parecchio male. << Ed è... stato un bene? >>

<< Se facciamo capire che sappiamo chi sono, non abbiamo possibilità di uscirne vivi. >> spiegò Peter.

<< Non capisco... tutti sanno che i Black sono invischiati fino al collo nelle faccende dei Mangiamorte. >>

<< Ma sono talmente influenti da aver insabbiato ogni prova. >> chiarì Benji. << Infatti, a differenza di altri Mangiamorte, per i Black non esiste alcun mandato di arresto ufficiale. Dei testimoni, invece, permetterebbero di aprire un'indagine. >>

<< Ah... E Peter ti ha bloccato prima che potessi tradirti. Astuto, Petey. >> sussurrò Mary, e la sua voce era talmente flebile che a stento la udirono.

<< Mary... sicura di stare bene? >> chiese Benji, preoccupato.

La ragazza fece un debole cenno di assenso. << Devo solo... datemi un secondo. >>

Peter la vide chiudere gli occhi, il volto contratto in una smorfia, mentre si distendeva sulla schiena. Respirava rumorosamente ma, perlomeno, respirava.

Peter si strinse nelle spalle, il corpo percorso dai brividi. La testa continuava a fargli pulsargli, e sentiva gli occhi pizzicare di lacrime. Se solo fosse riuscito a trasformarsi.... Gli sembrava di essere tornato quattordicenne, quando non riusciva ancora a padroneggiare le mutazioni in Wormtail, mentre James e Sirius facevano a gara a chi, in forma animale, riusciva più velocemente a fare il giro del dormitorio.

<< Cosa facciamo... >> mormorò, più a sé stesso che a qualcuno in particolare. Benji, tuttavia, lo sentì.

<< Non ci resta che resistere, Peter. >> disse, cupo. << E sperare che qualcuno venga a salvarci. >>

 

**

 

Nel giardino di casa Prewett, James sentiva che sarebbe impazzito.

Aveva una paura folle per Peter e Mary, e per Benji, ovviamente. Era preoccupato per Remus.

E avrebbe voluto parlare con Lily, perché anche una delle sue migliori amiche era stata catturata dai Mangiamorte, ma era anche in pensiero per Sirius, e sapeva di dover rimanere con lui, in quel momento, per assicurarsi che non facesse nulla di incredibilmente impulsivo o che, semplicemente, non perdesse la testa.

Raramente James si era ritrovato in una circostanza simile, con così tanti dei suoi amati da aiutare, e tuttavia essendo del tutto impotente. Era sempre stato un amico e un sostenitore pragmatico. Se qualcuno era triste, gli organizzava una festa, se aveva fame, James arruolava un esercito di elfi domestici. Quando Sirius era fuggito di casa, gli aveva offerto una casa e scorta illimitata di biscotti per due settimane. Quando avevano scoperto della licantropia di Remus, James aveva avuto l'idea di diventare Animagi. Alla morte dei genitori di Lily, James si era presentato a cavallo della sua scopa, e l'aveva trascinata fuori dal dormitorio in cui si era rifugiata da giorni. Si sarebbe fatto in quattro per le persone che amava, ma aveva bisogno di fare qualcosa di concreto. In quel momento, non sapeva quanto a lungo sarebbe riuscito ad arginare l'evidentemente prossima crisi di nervi di Sirius.

L'amico aveva acconsentito ad attendere un altro giorno, ma era teso, pronto a scattare come una molla ad ogni parola di troppo.

Per questo, quando Sirius lanciò un incantesimo di sorveglianza palesemente raffazzonato, James non fece commenti, limitandosi a sistemare il sortilegio con un movimento della bacchetta e una formula sussurrata tra i denti.

Sirius gli rivolse un'occhiataccia. Erano le prime ore del mattino, e il sole illuminava i suoi occhi grigi, rendendoli più chiari.

<< Era giusto. >>

<< No che non lo era. >> disse James. Fece una pausa. << Coglione. >>

<< Tu lo sei. >> ribatté Sirius, con un ghigno divertito. << Un coglione presuntuoso. Pensi di essere migliore di me in Incantesimi? Ti ho sempre battuto in tutto. >>

James gli diede un pugno scherzoso sul braccio. << Che bugiardo patologico! Ero un campione, in Trasfigurazione! >>

<< Ok, ti ho sempre battuto in tutto, meno che in Trasfigurazione. >> gli concesse Sirius, gli occhi luminosi di divertimento. James si diede una pacca mentale sulla spalla. "Si sta distraendo. Bravo, Prongs, continua così." << Ah, e ovviamente sono anche più bello. >> aggiunse Padfoot, scrollando le spalle.

James roteò gli occhi. << Vuoi limonare, Pad? Perché di sicuro in casa è pieno di specchi. >>

Sirius fece per replicare, quando un bagliore rosso avvolse la casa e il perimetro circostante, rivelando la barriera magica protettiva. James sussultò e si scambiò una rapida occhiata con Sirius.

Qualcuno si era smaterializzato nelle immediate vicinanze. Bacchette alla mano, corsero verso l'estremità del giardino, laddove iniziava il bosco. Si inoltrarono tra gli alberi, cauti. C'era un motivo se la scelta del rifugio era ricaduta su casa Prewett: una villetta nel Cheshire, immersa nella foresta, sufficientemente isolata da poter essere considerata al sicuro da visitatori indiscreti. Non poteva essere un caso, se qualcuno aveva deciso di smaterializzarsi proprio lì.

James serrò la presa attorno alla bacchetta, avanzando lentamente tra gli alberi. Sirius era al suo fianco, vigile. Era teso, come la corda di un violino, ma pronto a scattare. Poi, una voce si levò, flebile.

<< Ciao, ragazzi... >>

Fu allora che lo videro. Il cuore di James sussultò; ovviamente, aveva riconosciuto la voce ancor prima di sollevare lo sguardo. L'ondata di sollievo che aveva provato fu immediatamente sopraffatta da una morsa angosciante. Al suo fianco, scorse Sirius impallidire.

Davanti a loro, poggiato con una spalla al tronco diun albero, c'era Remus, completamente ricoperto di sangue.






Ciao! Ecco un nuovo capitolo!
Abbiamo un Peter tanto spaventato quanto astuto (secondo me lo doveva essere per forza, ha ingannato tutti mentre faceva il doppio gioco e ha incastrato Sirius), e poi un po' più di focus su Marlene e Mary... vi piacciono? Dopotutto, su loro due non sappiamo proprio nulla, quindi per la caratterizzazione sono andata a mia immaginazione :)
E soprattutto abbiamo..... il cliffhangeroneeee!
Se vi è piaciuto il capitolo, ricordate di lasciare una recensione, se vi va! e se vi ha fatto schifo, mi piacerebbe che mi scriveste in cosa posso migliorare :)

 

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Capitolo 4
*** Colpevole ***


Capitolo III. Colpevole

Settembre 1979
La testa di Sirius aveva appena smesso di funzionare.
C’era spazio solo per Remus, per l’immagine angosciante di quel Remus così malmesso davanti ai suoi occhi. Il volto del giovane era bianco come il gesso, laddove non era coperto di sangue, che gli macchiava anche le vesti logore, i capelli castani. Rimaneva con la spalla premuta contro quel tronco come se ne valesse della sua vita.
Per un istante, Sirius rimase immobile e silenzioso, incapace di pensare, incapace di reagire, consapevole solo del gelo che aveva immobilizzato le sue membra. Poi, lo sguardo di Remus si spense, e il ragazzo oscillò in avanti. Sirius scattò verso di lui, afferrandolo appena in tempo, e Remus gli crollò tra le braccia.
<< Remus! >> Sirius lo chiamò, completamente nel panico.
Ma Remus non rispose, aveva gli occhi chiusi, il mento poggiato contro il petto. La sua testa ciondolò inerte, quando Sirius provò a scuoterlo per una spalla.
<< Rem! Oi, Rem! >>
Cazzo cazzo cazzo e poi James fu subito da loro, strinse la spalla di Sirius con una mano, mentre l’altra correva al collo di Remus, alla ricerca di un battito. Perché James poteva sembrare un allegro perditempo, ma poi veniva fuori che aveva imparato tutte quelle cose utili a cui Sirius rifiutava di interessarsi.
<< Tutto ok, Sirius. >> disse, sollevato. << Portiamolo dentro. >>
Sirius annuì e se lo sarebbe caricato sulle spalle, se James non avesse avuto il buon senso di usare un Levicorpus. Uscirono dal bosco, trovando la porta di casa spalancata, Lily già in giardino, la bacchetta sguainata, gli altri sull’uscio. Dovevano aver visto la barriera illuminarsi.
Lily sussultò, spalancando gli occhi verdi e coprendosi la bocca con le mani. Anche Frank, Marlene e Gideon si precipitarono fuori.
<< Oddio, Remus! >>
<< Che cazzo è successo? >>
<< Portiamolo dentro! >>
Entrarono d’urgenza in casa, e adagiarono Remus sul divano. Col cuore in gola, Sirius osservò Marlene inginocchiarsi accanto a lui e iniziare ad armeggiare con la bacchetta. La fece scorrere al di sopra di tutto il corpo del ragazzo, come quei metal detector babbani. Il viso della ragazza si corrucciò, e Sirius scattò.
<< Cosa? Che ha? >>
Marlene sollevò semplicemente una mano, come a zittirlo. Sembrava molto concentrata. Con un semplice incantesimo, tagliò in due la maglietta logora di Remus, scoprendone il petto. Sirius sussultò. Non aveva mai visto Remus così magro, l’ombra delle costole ben visibile sotto i segni violacei che gli ricoprivano il torace. Tre squarci profondi -artigli- gli attraversavano il petto, e c’era un sacco di sangue, anche vicino alle spalle e da quella ferita orribile sul fianco, e sulla gamba sinistra, e tutto ciò che Sirius riuscì a pensare fu: “Non può esserseli fatte tutte da solo. Io li uccido.”
<< Marlene. >> fece James, rigido. Era pallido, la bocca una linea sottile e tesa.
Anche Marlene sembrava nervosa. << Lui… Ha perso molto sangue. Posso occuparmi delle costole incrinate, ma le ferite… >> fece una pausa, un sospiro tremante. << … I morsi e le ferite di un licantropo sono magia oscura. Non so se riesco. >>
<< Ok, portiamolo al San Mungo. >> si fece avanti Frank, lo sguardo stralunato mentre osservava le ferite dell’amico. James annuì, con convinzione.
<< No, non possiamo. >> intervenne Lily. Gli altri la guardarono, increduli. << Se lo portiamo al San Mungo, capiranno subito cosa è successo. E Remus non è registrato. >>
<< Inventeremo qualcosa! >> protestò Frank. << Diremo che è stato attaccato! Non devono per forza sapere che è un lupo mannaro! >>
<< No… Sì, invece. >> replicò Lily, aggrottando le sopracciglia. Aveva l’aria assorta che assumeva di fronte a un esame particolarmente difficile. << Le pozioni per curare feriti simili contengono spesso argento, per prevenire le infezioni. Dovremmo dirglielo per forza. >>
Gideon intervenne: << Meglio in prigione che morto! >>
A quelle parole, Sirius sussultò. James fronteggiò Gideon, nello sguardo un misto di terrore e minaccia. << Ehi, cazzo, qui non muore nessuno. >>
Sirius serrò gli occhi, sforzandosi di pensare. C’era l’immagine del corpo martoriato di Remus, ma anche il ricordo di lui che rideva, scartando una cioccorana, o che leggeva un libro sulla riva del Lago Nero. Di Remus  che faceva scorrere le dita sui vinili impilati in un negozio babbano, delle notti di plenilunio trascorse a riconcorrersi tra i boschi. Liberi
<< No… Lily ha ragione. >> disse, e le sue parole ebbero il potere di far calare in silenzio nella stanza. E, fra tutti, Sirius si rivolse a lei, incatenando i suoi occhi grigi in quelli azzurri della ragazza.
<< Marlene. >> sussurrò. Lei ricambiò il suo sguardo per un lungo, intenso istante. Sirius sapeva che non servivano ulteriori parole, non dopo quello che avevano condiviso.
<< Io… ci proverò. >> disse la ragazza, seria. << Aiutatemi a metterlo su un letto. >>
<< Ok, la stanza di Gideon è la più vicina. >> intervenne James, recuperando le redini della situazione. << Frank, mettiti in contatto con gli altri e vedi se possono mandare qualcuno ad aiutare Marlene. Marls, se le cose si mettessero male… Se non ci fossero altre soluzioni, lo portiamo al San Mungo. >>
La sua non era una domanda, ma il suo sguardo andò comunque a cercare quello di Sirius, come in cerca di una conferma. La sua faccia disperata sembrava gridare “Dì di sì, ti prego. Non posso perdere qualcun altro.”
Ovviamente, Sirius annuì. Nessuno di loro era disposto a rinunciare a Moony.
Mentre facevano levitare Remus con cautela, Marlene si girò verso Sirius, fissandolo coi suoi occhi scuri.
<< Sirius, farò tutto il possibile. Te lo prometto. >> la sua voce era ferma, ma lo sguardo sembravano implorare la sua fiducia.
Sirius annuì. << Lo so. >>
********************************************************************



Marzo 1974 [terzo anno]


Remus era nervoso, mentre si dirigeva in Sala Comune. Aveva trascorso il pomeriggio in biblioteca, senza che nessuno lo disturbasse, ed era esattamente in quello che risiedeva la sua ansia. Quelle che inizialmente aveva etichettato come speculazioni, si erano trasformate in conferma: gli altri Malandrini lo stavano evitando. Era da due giorni che andava avanti. Salì per le scale, assalito dallo sconforto. Forse avevano deciso di cacciarlo da gruppo. Sirius scherzava sempre sul fatto che passasse troppo tempo sui libri, ma forse non scherzava affatto e lui e gli altri avevano decretato che era troppo secchione per far parte del gruppo.
Arrivò davanti al ritratto, farfugliò la parola d’ordine ed entrò nella sala comune di Grifondoro.
Rispose al saluto di Frank Paciock, il prefetto del quinto anno, forzando un sorriso educato mentre la sua mente ripercorreva tutte le volte in cui aveva detto ai suoi amici di fare silenzio mentre lui studiava, e forse avrebbe davvero potuto evitarlo. Salì in dormitorio, sopraffatto dallo sconforto, mentale e fisico. Perlomeno, quella notte ci sarebbe stata la luna piena e avrebbe potuto rimandare il confronto al giorno dopo. Davvero, non voleva davvero affrontare il momento in cui gli avrebbero detto “Ehi, amico, scusaci ma sei troppo noioso e non vogliamo più passare il nostro tempo con te.”
Sospirò, iniziando a riempire di vestiti e libri una vecchia borsa. Non ne aveva realmente bisogno, ma quel mese la scusa era che tornava a casa a trovare sua madre. La malattia di sua mamma era il pretesto ufficiale che utilizzava per scomparire una volta al mese, ma in quei tre anni Remus aveva imparato ad alternarlo con improvvisi malesseri che, eventualmente, gli causavano pure qualche rovinosa caduta (quando non riusciva a nascondere le ferite e i lividi sotto i vestiti). Il risultato di quelle menzogne era che Remus veniva ritenuto o come estremamente cagionevole -colpa della madre babbana e malata, secondo le malelingue- o eccessivamente maldestro, dato che a quanto pareva non riusciva a camminare senza fratturarsi qualcosa. Alle volte, notando gli sguardi corrucciati che Lily Evans gli rivolgeva di soppiatto, Remus temeva che alcuni pensassero che facesse a botte.
In realtà, considerò mentre si caricava la borsa in spalla, probabilmente la maggior parte degli altri studenti si limitava ad ignorarlo, ed era bene così. Aprì la porta del dormitorio e sussultò, trovandosi di fronte i suoi amici.
<< Oh… Ciao. >>
<< Ehi… >>
Gli altri tre erano silenziosi, il che pompò inesorabilmente la sua preoccupazione.
<< Ehm… io stavo andando via… >> balbettò, distogliendo lo sguardo. Gli occhi di James corsero alla sua borsa.
<< Oh, è già il giorno? >> domandò, e poi fece una cosa che azzerò le facoltà di Remus di pensare e di respirare. Guardò verso la finestra.  Remus seguì il suo sguardo, il cielo era scuro ma ovviamente la luna non era ancora sorta, però perché James aveva guardato verso la finestra? E perché sembrava così serio? James non era mai serio. Lo sguardo corse verso gli altri due: Peter teneva gli occhi puntati sulle proprie scarpe, mordendosi il labbro, e quello per Peter poteva essere normale in mezzo agli altri studenti ma non coi Malandrini, e Sirius continuava a stare in silenzio, e lo fissava. Ok, Sirius fissava sempre tutti e tutto, la sola idea del “distogliere lo sguardo” non era minimamente considerata nel regolamento di vita sfrontato e sfacciato di Black. Ma, allo stesso tempo, Sirius era silenzioso solo quando era arrabbiato.
Tutti quelle considerazioni si intrecciarono in un’unica, inevitabile conclusione.
Lo sanno.
Remus sentì una morsa allo stomaco, e si strinse la tracolla contro il petto.
<< Sc-scusate, devo andare! >> esclamò, superandoli e gettandosi giù per le scale, prima che gli altri potessero fermarlo. C’erano ancora diversi studenti in Sala Comune e fortunatamente i Malandrini non lo seguirono perché, davvero, non poteva affrontare quella conversazione in pubblico. Non poteva, e basta. Se l’idea che i Malandrini lo cacciassero dal gruppo era angosciante, quello era semplicemente…. Troppo.
Trafelato, uscì dalla Sala Comune, diretto in infermeria, cercando di capire dove avesse sbagliato. Forse avrebbe dovuto mentire meglio, o forse non avrebbe dovuto legarsi a nessuno. Perché, per quanto le sue bugie potessero essere efficaci, avvicinarsi in quel modo a James, Sirius e Peter era stato un errore imperdonabile. Era naturale che lo avrebbero scoperto, prima o poi. Ma Remus si era rifiutato di vederlo. Al contrario, ora non poteva sfuggire dalla realtà. Sapeva come sarebbe andata a finire: avrebbe dovuto lasciare Hogwarts. Ancora peggio, avrebbe dovuto lasciare i suoi amici, sentendosi chiamare, proprio da loro, per quello che effettivamente era.
Mostro mostro mostro.
Remus strizzò gli occhi, ricacciando le lacrime, e si scontrò contro qualcuno.
<< Ah, scusami! >>
<< Lupin, attento a dove vai. >> sputò l’altro. Lunghi capelli neri spiacevolmente lucidi, volto pallido e magro, e naso pronunciato: Severus Piton lo scrutava con la solita espressione ostile.
<< Scusami, Severus, mi ero distratto. >> si scusò nuovamente Remus, poco incline ad iniziare una lite. << Spero che non ti sia fatto male. >>
<< Ah, in assenza dei tuoi amici fai lo splendido, non è vero? >> sbottò Severus. << Con me non funziona, Lupin. Non mi incanti. >>
Remus serrò le labbra, irritato. In parte, poteva comprendere: il Serpeverde sapeva essere tremendo, ma spesso James e Sirius erano particolarmente sgradevoli, nei suoi confronti.  Piton li odiava, e quel sentimento si estendeva di conseguenza a tutti i Malandrini. Ma Piton non affrontava mai di propria iniziativa James e Sirius, preferendo scaricare la sua rabbia su Remus e Peter. In particolare, Remus aveva intuito che il Serpeverde aveva una predilezione nei suoi confronti. Forse perché Peter, sempre al seguito di James, rappresentava un bersaglio più difficile, o forse perché l’umorismo tagliente di Severus trovava facile appiglio sulle evidenti condizioni economiche di Remus.
Lui, solitamente, lasciava correre. Ma quella sera, con luna piena imminente e la situazione coi suoi amici, Remus non era decisamente dell’umore adatto.
<< Senti, non è giornata. Levati dai coglioni. >> sbuffò, infastidito.
Le labbra di Severus si piegarono in una smorfia soddisfatta.  << Ah! Finalmente un linguaggio adatto al tuo livello, Lupin. Si parla così nei bassifondi, giusto? >>
<< Non è che tu navighi nell’oro, mi pare. >> Remus non riusciva più a trattenersi. << E sei mezzosangue tanto quanto me, quindi puoi anche ridimensionare la tua spocchia, Mocciosus. >>
Il volto di Piton si incrinò in una maschera di rabbia. << Come mi hai chiamato… >>
La sua mano fece un movimento veloce, verso la bacchetta, ma Remus, rinvigorito dalla luna piena, fu più veloce. Gli andò incontro e, semplicemente, gli tirò un pugno in faccia.
Piton barcollò all’indietro e cadde sul sedere. La bacchetta gli era caduta di mano, e Remus gli diede un calcio, allontanandola dal proprietario. Con un’espressione di sofferenza, Piton portò una mano alla guancia arrossata, sollevando lo sguardo scioccato verso di lui.
<< Ma sei impazzito?! >>
<< Te lo avevo detto di levarti di toglierti dai piedi. >> rispose Remus, mentre alcuni studenti svoltavano l’angolo e si fermavano a guardarli. Si vide dalla loro prospettiva: lui, con ancora il pugno alzato, e Piton sotto di lui, dolorante. Solo in quel momento si rese conto di che cosa aveva effettivamente fatto. Abbassò il braccio e, senza dire una parola, superò Piton e gli altri studenti, a passo spedito, le orecchie in fiamme.
Al di sotto dell’ondata di vergogna che lo aveva assalito, avvertiva un sottile, vibrante senso di trionfo.
Sarebbe stata una luna piena difficile.
**
Quando si risvegliò in infermeria, Remus capì che la sua intuizione era stata esatta.
Accumulando l’angoscia e la frustrazione del ragazzo, il lupo quella notte aveva dato il meglio di sé. Faceva male, e la cosa peggiore era che non riusciva a capire da dove, con precisione, provenisse il dolore. Semplicemente, era consapevole della carne che bruciava e tirava in ogni punto del suo corpo, delle ossa che sembravano urlare. Aveva compreso che, col tempo, le trasformazioni divenivano sempre più difficili, e il lupo più violento, ma quello era di gran lunga uno dei peggiori risvegli che avesse mai vissuto.  
Con immensa fatica, Remus si sforzò di aprire gli occhi.
<< Oh, ehi, è sveglio! >>
<< Remus! >>
Per un attimo, il ragazzo pensò di stare sognando, o che fosse intontito da qualche pozione di Madama Chips. Poi, riuscì a mettere a fuoco le teste di James, Sirius e Peter, che fluttuavano nel nulla.
<< Ma che… >> gracchiò. << Non dovreste essere qui. >>
James abbozzò un sorriso: << Non credo che questo ci abbia mai fermato. >>
Poi si scrollò il mantello dell’invisibilità di dosso, e finalmente erano James, Sirius e Peter nella loro interezza, e non più solo le loro teste fluttuanti. Remus pensò tutto confusamente, e forse era davvero solo imbottito di pozioni curative, ma era anche vero che in quel caso non avrebbe potuto sentire tutto quel dolore. In quella nebbia, riuscì a ricordarsi che era su un lettino, in un’ala dell’infermeria tenuta nascosta dai paraventi, tutto livido e bendato (non poteva vedersi allo specchio, ma tutta quella sofferenza doveva per forza avere una manifestazione visibile, e avvertiva il contatto delle garze sul torace e sul viso).
Che bugia poteva esserci, per tutto quello?
Aprì la bocca, confuso e disorientato.
<< Io… ecco… >>
<< Non serve, Remus. >> lo interruppe James. << Lo sappiamo. >>
Lo sapevano. Giusto. Remus si chiese come aveva mai potuto pensare di riuscire a nascondere un segreto simile ai suoi amici. Si domandò chi fosse riuscito ad arrivarci per primo: James, che era sempre così intuitivo quando si trattava dei suoi cari, o Sirius, così brillante, o ancora di Peter, che sapeva essere sorprendentemente astuto. Beh, aveva poca importanza. Remus si morse il labbro, sconfitto. Sapeva cosa sarebbe venuto dopo, era così che andava, sempre. Non voleva affrontare una discussione, quindi meglio esternare subito ciò che i ragazzi volevano sentirsi dire, e chiudere quella faccenda. Si tirò su a sedere, non senza difficoltà.
<< Mi dispiace avervi mentito. >> disse, tenendo lo sguardo basso. Non li avrebbe mai guardati in faccia, non ne aveva il coraggio. << Andrò da Silente appena possibile. >>
<< Da Silente? >> domandò James, confuso. << Silente non lo sapeva? >>
<< No, lui… Sì, lo sapeva. Ma, tranquilli, gli chiederò di rimandarmi a casa, così non dovrete vedermi più. >>
<< Cosa? >>
Remus sollevò lo sguardo. James, Sirius e Peter lo guardavano con tant’occhi.
<< Ma di che stai parlando? >> domandò James, sorpreso. << Perché non dovremmo vederti più? >>
Il cuore di Remus fece un saltello. Una piccola speranza si accese in lui ma, davvero, non poteva farci troppo affidamento. Si fece piccolo piccolo sotto le coperte.
<< Voi… Non avete paura di me? >>
<< Paura? >> James gli fu praticamente addosso, stringendolo in un abbraccio che fece strillare il corpo dolorante di Remus. << Rem, sei la persona meno spaventosa al mondo! >>
<< Tranne quando qualcuno ti ruba il cioccolato. >> aggiunse Sirius, scrollando le spalle. << In quel caso fai davvero paura. >>
Remus lo guardò: il ragazzo sfoggiava uno dei suoi sorrisi divertiti, ben distante dall’ostentato mutismo della sera precedente. Il licantropo si corrucciò, cercando di dare un senso a tutto quello e di ricondurlo nel complesso puzzle denominato Sirius Black.
Ad un tratto, si ritrovò la faccia del suddetto proprio davanti alla sua. Vicinissimo, Sirius sollevò la mano, e gli diede un buffetto sulla fronte.
<< Ehi, Rem esci da lì. >> gli disse, sorridendo. << La tua testa è un luogo incredibilmente buio e intricato in cui perdersi. Che c’è? >>
<< Ieri sera era così silenzioso. >> rispose lui. << Pensavo fossi arrabbiato. >>
<< Beh, un po’ lo ero, ti pare? >> ammise l’altro, mettendo su il broncio. << È più di due anni che siamo amici e non ci hai detto nulla! Ero scocciato perché hai deciso di non fidarti di noi, non perché sei un licantropo. >>
Remus lo guardò, insicuro. << Quindi, per te…. Va bene? >>
<< Ovvio! >> esclamò Sirius, raggiante. << Insomma, è una figata. >>
Considerando come si sentiva in quel momento, Remus era ben lungi dal considerare la sua condizione una “figata”, ma era contento che gli altri non fossero arrabbiati.
<< Comunque, non è che non mi fidassi o avessi una brutta opinione su di voi. >> iniziò, dispiaciuto. << Insomma, sapevo di essere nel torto, e sarebbe stato del tutto normale se voi non mi aveste voluto… >>
<< Ok, ok, basta. >> lo interruppe James. << Testa di Remus: taci. >>
<< A cuccia. >> rincarò Sirius, e poi lui e James risero, in perfetta sintonia. Remus li guardò e, inevitabilmente, rise a sua volta. Sfortunatamente per lui, le sue costole non lo trovarono altrettanto divertente, e protestarono inviandogli una fitta dolorosa. Sussultò, portandosi una mano sul costato.
<< Ehi, Rem! >>
<< Ti serve qualcosa? >>
<< Fa tanto male? >> mormorò Peter, parlando per la prima volta. Era rimasto stranamente in disparte, e ora guardava verso di lui, con espressione timida. Dispiaciuta.
“E’ preoccupato per me.” Realizzò il ragazzo, avvertendo un moto di commozione. “Lo erano tutti, ecco perché sono qui.”
Guardò Peter con gratitudine, e scosse il capo. James gli strinse la spalla, delicatamente. << Non ti preoccupare, Rem. Troveremo un modo per aiutarti, te lo prometto. >>
In quell’istante, Remus non diede peso al significato delle parole di James. Pensò, semplicemente, che i suoi amici stavano facendo già tantissimo essendo lì, accanto a lui. Per una volta, Remus si sentì la persona più fortunata al mondo.
Gli occhi gli pizzicarono.
Sirius lo guardò, allarmato. << Ehi, Rem. Sicuro che stai bene? Sembra che tu stia per piangere… >>
Lui sorrise, mentre una lacrima gli colava giù per la guancia. Sì, faceva male, ma non era per quello che stava piangendo.
**************************************************************************


Settembre 1979
Questa volta, quando Remus riprese i sensi, faceva davvero male, e non sembrava esserci nessun risvolto positivo a sollevarlo.
Annaspò, in ricerca d’aria, mentre un peso opprimente sul petto sembrava volergli schiacciare la cassa toracica. Avvertiva, confusamente ma con atroce consapevolezza, il suo intero corpo gemere, ma ancora peggiori erano le parti che non sentiva: era la gamba sinistra che non riusciva a muovere?
Il suo sforzo di aprire gli occhi si risolse in un minimo sollevamento delle palpebre, giusto il necessario affinché la luce insopportabile gli causasse una fitta tremenda alla testa. Fece in tempo a scorgere delle figure sopra di lui e, ancora, un paio di occhi grigi.
“Sirius?”
Tutto sprofondò nelle tenebre.
***
Quando acquisì nuovamente conoscenza, sembrava andare un po’ meglio. Perlomeno, riusciva a respirare correttamente.
Aprì gli occhi, piano. La vista era instabile, appannata, ma non ebbe difficoltà a riconoscere la persona seduta al suo capezzale.
<< Sirius… >>
Lui gli fece un sorriso estremamente dolce, carezzandogli delicatamente una guancia.
<< Ehi, splendore. >> mormorò. << Come ti senti? >>
<< Decisamente non splendido. >> rantolò, sopraffatto da una fitta di dolore. Chiuse gli occhi, sofferente.
<< Moony, ehi… >> una nota allarmata nella voce di Sirius.
<< Ci sono. >> disse, a fatica. << Cosa è successo? >>
<< Speravo fossi tu a dirmelo. >> rispose l’altro. << Dal momento che ti sei smaterializzato in mezzo agli alberi in queste condizioni… >>
Quelle parole furono sufficienti a ridestare la mente annebbiata di Remus, ricordandogli che quella non era l’infermeria di Hogwarts e che quello precedente non era stato uno dei tanti pleniluni nella Stamberga Strillante.
Gli tornarono in mente i ricordi precedenti alla trasformazione, le sensazioni confuse del lupo, e quelle di quando era tornato umano. Denso e riprovevole, ricordò il sapore del sangue in bocca, e fu come sentirlo nuovamente, lì, sdraiato su quel letto, Sirius al suo fianco.
Una fitta di nausea gli risalì per la gola, riempiendogli la bocca. A fatica, tese un braccio in avanti, verso Sirius. Avrebbe voluto spingerlo via, ma era troppo debole, e riuscì solo ad aggrapparsi alla sua spalla, mentre ruotava su un fianco e vomitava l’anima sul pavimento.
Sirius saltò in piedi, spaventato. << Cazzo! >>
<< Scusa… >>
<< No, Moony, di che cosa ti scusi. >> rispose lui, accigliato. << Gratta e netta. Tu torna giù, dai… >>
Sirius gli afferrò delicatamente le spalle, e lo aiutò a distendersi nuovamente sulla schiena. Remus si fece maneggiare come un bambino, troppo debole per fare altro. Sentiva le mani di Sirius su di lui, e avrebbe voluto allontanarlo, e anche cercare conforto tra le sue braccia. Mai come in quel momento si era sentito così indifeso, e così pericoloso.
Sirius lo fissava, preoccupato. << Remus, cosa… >>
<< Che succede? >> James aveva spalancato la porta, fiondandosi nella stanza. Aveva un’espressione di pura preoccupazione, poi il suo sguardo corse verso Remus, e un sorriso sollevato gli illuminò gli occhi.
<< Moony! Sei sveglio! >>
<< Remus! >> esclamò una Lily raggiante, entrando nella stanza. Si precipitò da lui, stringendogli una mano tra le sue, piccole e delicate.  << Rem, ci hai fatto morire di paura. >> disse, accarezzandogli una tempia.
<< Ehi, Prongs, forse dovremmo essere gelosi. >> scherzò Sirius.
<< Taci. >> lo liquidò James. << Oggi nemmeno tu ci impedirai di coccolare Moony come ci pare. >>
Remus assisteva, inerte, alle preoccupazioni e all’affetto dei suoi migliori amici, ed era semplicemente troppo. Non se lo meritava, non questa volta.
<< Ok, lasciatelo respirare. >> intervenne la voce di Marlene, pragmatica come sempre. << Remus, come ti senti? >>
Piombò nel suo campo visivo: tra tutti i suoi amici, era quella con l’aria più stanca, i capelli biondi appuntati disordinatamente e gli occhi  circondati da due cerchi scuri.  Remus capì che, se respirava ancora, era merito suo. Di nuovo, attenzioni non meritate. Avrebbe liquidato la domanda, ma lo sguardo deciso di Marlene sembrava non ammettere scuse. Dopotutto, la ragazza, pratica com’era, aveva sempre avuto uno speciale talento nel raccogliere le esplicazioni dei suoi viaggi mentali e buttarle via con una pedata.
<< Mi fa un po’ male quando respiro. >> cominciò, evitando di guardare in direzione di Sirius. << Sul petto, e… il fianco. Continua a bruciare, come la spalla. >>
<< Mmm. Che mi dici della gamba sinistra? Riesci a muoverla? >>
Remus serrò le labbra, provando a piegare la gamba. Faceva un male tremendo, ma tutto sembrava funzionare a dovere. Fece un cenno di assenso alla ragazza, cercando di camuffare la smorfia di dolore.
<< Come pensavo. >> disse Marlene, sistemandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio. << Hai fatto un po’ un casino con la smaterializzazione, eh? Ti eri spaccato, lì sulla gamba, ma penso di aver sistemato il grosso. Per i morsi ho fatto quello che potevo, ma quelli hanno bisogno di cure speciali. Ci sta pensando Silente. >>
Ormai Remus era immerso dal senso di colpa. << Grazie, Marlene. >> disse, in ogni caso.
Lei gli fece un piccolo sorriso. << Dai. >>
Remus sospirò leggermente, stanco e dolorante. Era inutile che accatastasse scuse su scuse, era lui che, ferito e sanguinante, aveva deciso di smaterializzarsi lì, alla ricerca dell’aiuto dei suoi amici. Nonostante tutto.
Chiuse gli occhi, cercando di non crollare. << Peter, Mary… Dove sono gli altri? >> chiese, la voce infiacchita dalla stanchezza e dalla paura. Quanto tempo era stato via? Tre settimane, un mese? Di quei tempi, bastava un giorno affinché cambiasse tutto.
Non ricevendo risposta, riaprì un occhio. I suoi amici si stavano scambiando delle occhiate tese.
<< Ecco, Moony, c’è una cosa che dovremmo dirti… >> iniziò James, nervoso. Fu così che gli spiegarono della missione a Little Hangleton e di come Peter, Mary e Benji fossero stati catturati. Frank, nel frattempo, li aveva raggiunti.
<< C’erano anche dei lupi mannari, Remus. >> rivelò, con quell’ingenua schiettezza di cui solo lui sarebbe stato capace. Ovviamente, quello per Remus fu il colpo di grazia. << Alice e Moody hanno lavorato a delle astrazioni*, appena te la senti ci raggiungono. Magari riesci a identificare qualcuno. >>
Remus annuì. << Certo… >> sussurrò, distante, lo sguardo di Sirius fisso su di lui.






*astrazioni= incantesimo di mia invenzione, verrà spiegato nei prossimi capitoli :)

Scusate il ritardo... spero il capitolo vi piaccia, se vi va lasciate una recensione :)

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Capitolo 5
*** Indecisione ***


Capitolo V. Indecisione

Novembre 1975 [Quinto Anno]

Regulus fece scorrere le dita tra gli scaffali. Barbagianni, Allocco, Corvo… La collezione di piume di Scrivenshaft era in continuo aggiornamento, non c’era che dire. Ci pensò per un istante, poi prese una piuma di Gufo Reale.
<< Un’altra? >> domandò Sirius, al suo fianco. << Tutte le tue piume sono di Gufo Reale. >>
<< Per l’appunto, sono le migliori. >>
<< Ma ne hai tantissime. Tutte uguali. >> commentò Sirius, come se fosse l’evento più terribile che si potesse verificare.
Regulus si strinse nelle spalle.  << Non trovo quale sia il problema. Tu cos’hai lì? È una penna babbana? >>
<< Oh, quasi. >> sorrise Sirius, rigirandosi l’oggetto cilindrico tra le mani. << Credo che dentro manchi la cosa per scrivere. >>
<< Ah. E a cosa ti serve, quindi? >>
<< Oh, non so. >> commentò Sirius, facendo spallucce. << È per questo che è forte, no? >>
Regulus scosse la testa. << Non ha senso. >> affermò, muovendosi per pagare la sua piuma.
<< Tu non hai senso. >> ribatté Sirius, allungando dei galeoni sul bancone. << Lascia, ci penso io. >>
<< Sirius… >>
<< Ti ho proposto io di andare ad Hogsmeade insieme, no? >> fece Sirius, contrariato. << Sono il tuo fratellone, lasciati comprare un regalo. >>
Regulus sospirò, cedendo. Infilò la confezione dentro la tasca del mantello, e seguì il fratello fuori dal negozio.
L’inverno di Novembre aveva ricoperto Hogsmeade con un manto di neve, talmente bianca da fare male agli occhi. Regulus si strinse nel mantello, affondando il viso nella sciarpa verde-argento.
Sirius camminava al suo fianco, le mani nelle tasche, in silenzio. I loro caratteri ed interessi erano sempre stati agli opposti ma, durante l’infanzia, avevano sempre trovato il modo di andare d’accordo e condividere le loro giornate. Invece, ora che trascorrevano la maggior parte dell’anno a scuola, quei momenti insieme, ritagliati dagli impegni scolastici, finivano con l’essere strani, quasi estranianti. Per Regulus, almeno. Difficilmente Sirius si trovava a disagio, a prescindere dalla situazione.
<< Ehm… >> iniziò il Serpeverde. << Ho visto che frequenti la McKinnon, ultimamente? >>
<< Uh, sì. >>
<< I McKinnon sono considerati alla stregua di mecenati di artisti e intellettuali, se non sbaglio. >> commentò Regulus. << Sono abbastanza apprezzati nell’alta società. Certo, sono molto inclusivi, ma mi sembra un buon partito. >>
Sirius scoppiò a ridere, con quella sua risata fragorosa che faceva voltare i passanti. Regulus si accigliò immediatamente.
<< Che c’è? >>
<< “Partito”…  Ma ti senti quando parli? >> domandò Sirius, tenendosi la pancia. << Reg, ho appena compiuto sedici anni. >>
<< E con questo? Le nostre cugine erano persino più giovani, quando sono state promesse in sposa… >>
Sirius scosse il capo, divertito. << La nostra famiglia è fuori dal mondo, Regulus. Dovresti davvero rendertene conto. >>
Regulus smise di camminare, avvertendo una scia di fastidio percorrergli la colonna vertebrale. Sirius si voltò a sua volta, girandosi verso di lui. Aveva smesso di sorridere, e ora lo fissava coi suoi identici occhi grigi.
Regulus strinse i pugni. Per un istante, si era quasi dimenticato di quale fosse il problema. Era per quello che il loro rapporto si era raffreddato, era per questo che le vacanze a casa, gli unici momenti che potevano trascorrere insieme, erano diventati un inferno.
<< Vuoi davvero parlare di questo, Sirius? >>
**************************************************************************************

Settembre 1979

Regulus si tastò il fianco, al di sotto del mantello, assicurandosi che la bacchetta fosse al suo posto.
Ricacciò il nervosismo, affidandosi alla precisione del piano che aveva stilato, e che ripercorse mentalmente.
Mezzanotte: incontro e briefing, arrivo a 27, Edmon Avenue attorno alle due di notte. Quanto tempo sarebbe servito? Regulus aveva stimato al più un paio di ore. La maggior parte del tempo -una quarantina di minuti, al massimo- sarebbe servita a smantellare gli incantesimi di protezione. Avrebbero finito nel cuore della notte, quando nessuno avrebbe potuto vederli uscire dalla casa, e anche l’eventuale richiesta di soccorso da parte dei Lerman sarebbe stata meno efficace. Come abitudine, Regulus si cullò nella confortante precisione del piano. Tuttavia, non aveva tenuto conto dell’impedimento supremo: quel deficiente di Tiberius Mulciber. O meglio, il suo essere ritardario.
Nervoso, Regulus si cacciò le mani sotto le ascelle, infreddolito. Si trovava in un sobborgo di Bristol, e la brezza marina soffiava in spirali umide e che odoravano di sale e sabbia. Regulus era sempre stato abitudinario, ma pensò che gli sarebbe potuto piacere vivere in un posto simile, anziché a Londra. Un luogo tranquillo, distante dal caos della città e della sua vita, un luogo che poteva facilmente tenere sotto controllo.
Un “Crack!” annunciò la smaterializzazione di Mulciber, davanti a lui. La prima cosa che uscì dalla sua bocca fu un’imprecazione piuttosto indecente su Merlino e il suo fondoschiena. Il Mangiamorte era atterrato con gli stivali su una pozzanghera, residua dalla pioggia del pomeriggio.
<< Sei in ritardo. >> proferì Regulus, infastidito.
<< Sì, sì, mi ero addormentato. >> ribatté Mulciber, agitando la mano come a liquidare la questione. << L’interrogatorio di ieri si è protratto fino a tarda notte, ero distrutto. >>
Regulus ne dubitava: c’era davvero poco da fare in un interrogatorio gestito da Bellatrix, che tendeva a monopolizzare la situazione per dare sfogo al suo sadismo. In quello, era maledettamente simile alla madre di Regulus.
Mulciber si avvicinò, e gli diede una pacca sulla spalla. Come al solito, quella confidenza sbucata fuori dal nulla infastidiva Regulus come un Avvincino in uno stivale. Ad Hogwarts, Mulciber aveva sempre sfoggiato il distacco rispettoso che la gerarchia di classe imponeva ma, da quando Regulus si era unito ai Mangiamorte, l’altro si era avvalso della sua maggiore esperienza per rivestire i panni di… beh, un fratello maggiore. Regulus rabbrividì al solo pensiero.
Aveva già avuto un fratello, e sicuramente non era quell’incapace di Mulciber. Non che Mulciber provasse un qualche sentimento di affetto nei suoi riguardi, ovviamente. Semplicemente, potersi porre in una condizione di superiorità rispetto ad un Black doveva gonfiare il suo orgoglio come il petto di un tacchino.
<< Allora, come ti senti? Ansioso? >> gli domandò Mulciber, stringendo la presa sulla sua spalla. Per quanto stizzito, Regulus si morse la lingua e lo lasciò fare. Litigare con lui, in quell’istante, sarebbe stata una perdita di tempo e avrebbe rischiato di inficiare la missione.
<< No, tutto ok. >> rispose, schietto.
<< Ricordo che io, al primo incarico… >>
<< Sono tranquillo, ho detto. >> ribadì Regulus, duro. << Muoviamoci. >>
Si incamminò, lasciandosi Mulciber alle spalle. In realtà, non si era soffermato sulle proprie emozioni, sebbene fosse consapevole dell’importanza della circostanza. Aveva già preso parte a degli scontri, ovviamente, ma quella era la prima missione di cui era direttamente responsabile. Ovviamente, aveva sguazzato nella fase organizzativa come uno squalo nell’oceano. Gestire e pianificare gli erano sempre risultati naturali, facili. Lo appagava avere il controllo della situazione, e non attenersi ai piani di altri, spesso caotici e fallaci. In tutto quello, che utilità aveva perdersi a pensare a come si sentiva? Non era utile, non era efficiente. D’altronde, lui aveva un solo compito: portare a termine la missione. Era su quello che si era concentrato.
Svoltarono in Edmond Avenue, accolti da due schiere di villette familiari, circondate da giardinetti curati.
Avrebbero potuto smaterializzarsi direttamente lì, ma avrebbero rischiato di attivare qualche incantesimo di sorveglianza.
<< Numero civico? >> domandò Mulciber, sorprendendo negativamente Regulus per la sua carenza di preparazione.
<< Ventisette. >>
27, Edmond Avenue, era la dimora di Julius e Cordelia Lerman, una coppia di settantenni mezzosangue. Lui era stato un giornalista di punta della Gazzetta del Profeta e, nonostante fosse in pensione da anni, non perdeva occasione per esprimere le sue dubbie opinioni sull’eguaglianza coi babbani e sul come il Ministero dovesse opporsi con più forza all’avanzata dei Mangiamorte. Come diceva sua madre, Julius Lerman non era che un vecchio babbanofilo rimbabito, ma una grossa fetta della comunità magica doveva essere ancor più inebetita, perché pendeva dalle sue labbra. Forse, il Signore Oscuro temeva che potesse influenzare l’opinione pubblica e quindi il governo o, semplicemente, era infastidito che qualcuno osasse denigrarlo -miserabile fuori di testa, erano state le testuali parole di Lerman-.
Regulus e Mulciber erano stati incaricati di dare al mago una punizione esemplare. Lo scopo era dissuaderlo dall’aprire nuovamente la sua boccaccia, costringerlo a una vile, vergognosa ritrattazione.
Arrivarono alla casa, una villetta dai muri celeste, deliziosamente incastonata tra gli alberi indorati dall’autunno. Regulus inspirò, avvertendo un tremito alle mani. Ecco, quello era il momento. Avrebbe dimostrato il suo valore, avrebbe reso fieri i suoi genitori. Il primo passo per diventare il degno erede dei Black.
Tirò fuori la bacchetta. Si cominciava.

***

Sirius non si sarebbe mai definito come un campione di empatia, ma ormai poteva definirsi un luminare nel comprendere Remus.
E Remus aveva decisamente qualcosa che non andava, in quel momento -oltre all’aspetto di uno che sotto al Nottetempo, ovviamente.-
Remus era silenzioso, e il suo sguardo era particolarmente tetro, mentre parlava con Moody e Alice. L’immagine di due uomini, simile a un patronus, fluttuava in mezzo a loro. Astrazioni, il prodotto di un incantesimo di memoria e di alcune tecniche di Trasfigurazione, ideato dagli Auror per dare forma concreta ai ricordi dei testimoni, in modo da poter realizzare dei veri e propri identikit visivi. Sirius le aveva trovate una figata pazzesca, e rimpiangeva di non aver mai imparato a realizzarle. Insomma, ad Hogwarts ci si sarebbero potuti divertire parecchio.
<< Non so chi siano, mi spiace. >> stava dicendo Remus. << Ma se erano a Little Hangleton così in prossimità della luna piena, significa che appartengono ad uno dei branchi della zona. >>
<< Sicuro di non averli mai visti? >> domandò Alice, stringendosi nelle spalle. << Sono l’unica pista che abbiamo. >>
Remus scosse il capo. << Ma… So chi potrebbe conoscerli. Il branco in cui mi sono infiltrato quest’estate, erano parecchio esperti del territorio. >>
<< Ottimo. >> rispose Moody. << Come li troviamo? Sai dove sono? >>
Moony esitò, stringendo le labbra, e Sirius capì che, ecco, stava pensando a qualcosa. Ma a cosa?
<< No, mi dispiace. >> disse il ragazzo, chinando la testa. Un’espressione delusa comparve sul viso dei presenti. Fu Lily la prima a intervenire. << Va bene, Rem, troveremo un altro modo. >>
<< Sentirò i miei informatori. >> esclamò Moody. Il suo occhio magico scrutò Remus per un lungo istante. << Tu riposa, ragazzo. McKinnon ha fatto un buon lavoro, ma manderemo qualcuno a prendersi cura del resto. >>
Remus annuì, in silenzio, mentre l’Auror lasciava la stanza.
Marlene invitò tutti a lasciare la stanza. << Ti lasciamo riposare, Remus. >>
<< Rimettiti, Moony. >> fece James, sforzando un sorriso. Uno dei sorrisi più tristi della storia di James Potter, considerò Sirius, mentre il migliore amico lasciava la stanza.
<< No, Prongs, resta. >> lo fermò Remus. << Per favore. >>
Sirius fece a meno di notare che il licantropo non aveva fatto il suo nome. Forse perché era evidente che non si sarebbe schiodato da quella sedia fino a quando Remus non fosse riuscito a mettersi nuovamente in piedi.
<< Ok, ma non fatelo stancare. >> concesse Marlene, chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena furono soli, Sirius si chinò su di lui.
<< Ehi, Moony, tutto bene? >>
L’altro chiuse gli occhi, inspirando a fondo. << Vi devo parlare. Io… Ho mentito, prima. A Moody, intendo. >>
Sirius sgranò gli occhi, stupefatto.
<< Mentire a un Auror? >> domandò James, evidentemente sbalordito. << Questo è decisamente non-da-Moony. >>
<< Sottoscrivo. >> ribadì Sirius, scioccato. << Che succede? >>
<< Il branco con cui sono stato in estate, quello da cui potremmo sapere chi sono i licantropi che hanno rapito Peter e gli altri… penso di sapere dove si trova. >>
<< Oh, ehm, ok. E perché non lo hai detto subito? >> domandò Sirius, confuso.
<< Ecco… Loro sono brave persone. Non voglio che gli Auror li trovino. >>
<< Ma, Moony, sono dei fuorilegge. >> obiettò James, disorientato. << Non sono registrati. >>
Remus aggrottò le sopracciglia. << Beh, nemmeno io. >>
<< È diverso. >> sottolineò Sirius, secco. << Tu non sei registrato perché a Silente serviva che non lo fossi, e tu sei sempre ben disposto a comportarti da stupido con inclinazioni suicide, pur di accontentare Silente. >>
Remus fece una smorfia, nel palese tentativo di non rispondergli a tono. << Sentite, è vero, quei licantropi non hanno intenzione di aiutarci nella guerra o di avere a che fare con la comunità magica, non vogliono fare del male a nessuno, ok? >> disse, stanco. << Ci sono diversi modi di vivere, e hanno scelto il loro. Questo non implica che debbano essere rinchiusi in una cella. >>
Sirius rimase in silenzio, inquieto. Capiva dove voleva andare a parare Remus, ma qualcosa nel modo in cui aveva parlato del branco… lo turbava. Così come lo turbava il fatto che Remus aveva mentito a Moody per proteggere quelli là. In teoria, le sue missioni da infiltrato avrebbero dovuto essere un incubo per lui, no?
<< Va bene, Moony. >> stava dicendo intanto James, calmo. << Perché ce lo stai dicendo, dunque? >>
<< Beh, perché voi… voi siete voi. >> ammise, candidamente, e il cuore di Sirius tornò immediatamente al posto giusto. << E dobbiamo assolutamente trovare Peter, Mary e Benji. Vi dirò dove trovare il branco, ma… per favore, non consegnateli. >>
Lo aveva chiesto con un’espressione così desolata che le incertezze di Sirius si dissiparono in un istante. Remus aveva fissati i grandi occhi scuri nei suoi, implorante, e Sirius non potette rispondere altro che: << Tranquillo, Moony. Fidati di noi. >>
Lui annuì, con l’aria talmente sfinita che, davvero, Sirius avrebbe solo voluto accontentarlo in ogni cosa. Realizzò, nuovamente, che era stato davvero sul punto di perderlo, quel giorno.
<< Da quanto ne so, si sono spostati nella foresta di Gwydir, nel Galles. >> spiegò Remus << Stanno attenti a non farsi vedere dai babbani, per cui dovrete inoltrarvi un bel po’ nella foresta. Il nome del capo branco è Julius Hammer. Mi conosce, ditegli che vi mando io. >>
<< E ci crederà? >> domandò Sirius.
<< Ecco…  >> fece Remus, timido. << Potrei aver parlato di te. >>
<< Oh. >>
<< In modo generico, ovviamente. >>
<< Certo. >>
<< Spero che sia ok. >>
<< Ok. >>
<< Siete peggio di me e Lily. >> commentò James, ruotando gli occhi. << Limonate e fatela finita, vi imploro. >>
Sirius si lasciò andare in una risatina, seguita da Prongs. L’amico sembrava più sereno, considerò Sirius. Poteva comprenderlo: buttarsi in missione era decisamente meno angosciante che rimanersene lì, impotenti. Perlomeno, ora potevano fare qualcosa.
<< Dovremmo coinvolgere qualcun altro? >>
<< Nella vostra limonata? >>
<< Nella missione, Prongs. >> lo riprese Sirius. << Concentrati. Lily? >>
James si accigliò. << Non so… Moony, sicuro che siano innocui? >>
<< Beh, sì. Ma potrebbero essere un po’ ostili, all’inizio. Cercate di non arrivare lì in pompa magna. >>
<< Ci stai chiedendo un po’ troppo, ora. >> scherzò Sirius, sorridendogli. Remus evitò il suo sguardo, accendendo nella testa di Sirius un campanello d’allarme. E, diamine, avrebbe solo voluto rimanere lì, e parlare e tirargli fuori quale fosse il problema, ma non c’era tempo. Per quanto Sirius si sfregiasse del suo egocentrismo, quella volta non si trattava di lui, e nemmeno di Remus, ora che era perlomeno sicuro che non gli sarebbe morto davanti. Dovevano trovare Peter e gli altri, al più presto.
***
Regulus corse nel vicolo, gli stivali che schiaffavano le pozzanghere residue dal recente acquazzone.
Poggiò il gomito sul muro in laterizio, sollevò il cappuccio e si piegò in due, vomitando l’anima.
<< Ehi! Dove ti sei cacciato? >>
Con una stretta allo stomaco, Regulus si raddrizzò, estraendo la bacchetta e ripulendo lo schifo che aveva lasciato per terra. Poi si voltò, premurandosi di rindossare la consueta maschera altezzosa. In quel momento, doveva apparire come Regulus Arcturus, l’erede dei Black, e non come un ragazzino troppo spaventato per reggere il peso delle proprie azioni. Ruotò su sé stesso, proprio mentre una Mulciber si infilava nel vicolo.
<< Regulus? Che ti è preso? >>
<< Controllavo la zona, mi era sembrato di sentire qualcuno. >> mentì Regulus, con una scrollata di spalle.
<< E…? >>
<< Falso allarme. >> rispose, avvicinandosi a lui a passo svelto. Voleva liquidare la situazione, alla svelta. Mulciber ridacchiò, dandogli una vigorosa pacca sulla schiena che, ovviamente, Regulus odiò con tutto sé stesso.
<< Sei troppo nervoso. Anche io ero così, all’inizio. >>
<< Immagino. >> disse, scocciato, scivolando via dalla sua presa. Adesso era troppo scosso per fingere che quella confidenza gli andasse bene. Non era il primo scontro a cui prendeva parte, né la prima volta che scagliava una maledizione contro qualcuno -aveva cominciato già negli ultimi anni di scuola, a causa delle discutibili amicizie di Sirius. E, forse, durante i combattimenti degli ultimi mesi, con tutti quegli incantesimi scagliati da una parte all’altra, aveva anche finito con l’ammazzare qualcuno. Ma era successo in battaglia…. Era diverso.
“Dovevamo solo spaventarli.” disse una voce, nella sua testa. “Perché è finita così? Eppure, era tutto pianificato…”
<< Non hai di che essere nervoso. >> continuò Mulciber, abbassando il cappuccio e rivelando i capelli rosso scuro, la mascella squadrata e il suo sorriso spiacevole. << Abbiamo fatto un buon lavoro. >>
E Regulus avrebbe solo voluto annuire e andare avanti, ma avevano sbagliato tutto e non poteva semplicemente stare in silenzio.  Prima che se ne rendesse conto, l’impulso che si agitava nel suo petto venne fuori, spingendolo a parlare.
<< No, Tiberius, non è stato un buon lavoro. Non dovevamo ucciderli. >> affermò, serrando i denti.
<< Eh? Cosa ti importa della morte di due mezzosangue babbanofili? >>
<< Non si parla di me. >> ribatté Regulus, sforzandosi di nascondere più efficacemente le sue emozioni. << Ma non ci serve a nulla un nuovo martire. >> continuò, ripetendo quelle che erano state le parole di Severus. Era stato sua l’idea di risparmiare i Lerman, non per qualche forma di pietà, ovviamente, ma perché, data l’alta considerazione di cui il vecchio giornalista godeva nella comunità magica, farlo passare per un vile sarebbe stato più efficace di farlo fuori. Come aveva detto Severus “Talvolta, gli idoli vanno smontati, non abbattuti.”
<< Il Signore Oscuro capirà, dopotutto volevamo che Lerman chiudesse la sua boccaccia, e ora l’avrà chiusa per sempre. >> rispose Mulciber, con una macabra smorfia di divertimento. << Ti preoccupi troppo, Regulus… Lerman era un nemico. >>
Regulus strinse i pugni, sforzandosi di reprimere quel flusso di emozioni così estraneo e disorientante. Si riaggrappò agli insegnamenti della sua famiglia, cercandovi un’ancora. Mulciber non aveva del tutto torto, non era niente di eclatante. Forse avevano esagerato, ma il risultato era stato conseguito. I Lerman erano solo dei babbanofili dal sangue impuro.
<< Rientriamo? >> propose Mulciber, stringendosi nelle spalle. << Devo mettere qualcosa sotto i denti. >>
Regulus represse una smorfia, sentendo ancora il sapore di vomito in bocca.
<< Prima dobbiamo raggiungere Severus. >> disse, cercando rimanere presente a sé stesso. << Dove lo incontriamo? >>
<< Londra babbana. Nocturn Alley è fin troppo sorvegliata >> fece Mulciber. Dovette intepretare erroneamente l’espressione infastidita di Regulus, poiché aggiunse: << Nemmeno io sono contento, tranquillo. L’ultima cosa che voglio è mischiarmi a dei babbani, ma ovviamente a Piton dà meno fastidio che a noi. Mi ha dato l’indirizzo. >> aggiunse, porgendogli un pezzo di carta. << Ma come cazzo facciamo a smaterializzarci in un posto in cui non siamo mai stati? Piton è un idiota. >>
No, Piton non era un idiota, pensò Regulus. L’indirizzo che gli aveva consegnato Mulciber non gli suggeriva nulla, ma c’era solo un posto nella Londra babbana in cui Severus sapeva che Regulus era stato.
<< Faccio io. >> disse. Afferrò Mulciber per il gomito e si smaterializzò, ripensando inevitabilmente alla calda estate dell’anno prima.
***
<< Non se ne parla! >>
<< Lily, abbassa la voce. >>
<< Ok. >> replicò la ragazza, modulando il volume ma non la rabbia. << Non se ne parla. Mary è una delle mie migliori amiche, devo esserci. >>
Sirius si massaggiò il ponte del naso, stanco. << Prongsie, te lo avevo detto che avrebbe reagito così. >>
James sospirò, stanco. << Lily, ovviamente non posso dirti cosa fare, ma… >>
<< Appunto, non puoi. E poi Remus ha detto che non ci faranno del male, no? >>
<< Beh, ma potrebbero, non si può sapere. >> disse lui. << E, secondo Remus, dovremmo evitare fiondarci lì tutti insieme come se stessimo suonando la tromba della battaglia. >>
<< Ah, e allora ti porti lui? >> domandò Lily, lanciando un’occhiata eloquente a Sirius. Lui fece spallucce.
<< Dovrei offendermi, ma non posso negare che abbia senso. >>
<< Esattamente. Grazie del supporto, Sirius. >>
 James si sbatté una mano sulla faccia. Lily e Sirius, insieme… formavano una combinazione tremenda.
<< Anche se… >>
James si scoprì il viso, guardando Sirius con curiosità. La sua espressione era mutata, improvvisamente, facendosi più seria.
<< Lily, in realtà vorrei chiederti io di rimanere qui. >> disse Padfoot, stupendo gli altri due. << Con Remus. >>
James vide, letteralmente, la rabbia di Lily evaporare in uno sbuffo.
<< Cos’ha Remus? >> domandò la ragazza, preoccupata.
Sirius fece una smorfia. << È quello che vorrei sapere. Penso sia successo qualcosa, ma… beh, sapete, è Remus. Non dice niente, ma posso vedere come si sta crogiolando in quella sua testa contorta. >>
<< Sì, capisco cosa intendi. >> replicò Lily, pensierosa. << Dovresti rimanere tu, Sirius. >>
<< Non posso. A quanto pare, le mie gloriose gesta di amante sono giunte anche in quel del Galles. >>
<< Eh? >>
<< Padfoot… >> soffiò James, esasperato. << Lily, ci ho ripensato. Non puoi mandarmi in mezzo a dei lupi mannari selvatici con lui. >>
<< Selvatici? >> saltò su Lily, allarmandosi. << Avevate detto che erano innocui. >>
<< Su, Caposcuola Evans, era solo una battuta. >> le fece notare Sirius, con un sorriso ironico. Lei si incupì.
<< Beh, spero che non usiate questo genere di umorismo anche in presenza di Remus. >> disse, incrociando le braccia davanti al petto. << Sono persone, non animali. E voi dovreste saperlo meglio di chiunque altro. >>
Come ogni volta in cui Lily riusciva ad essere così decisa nella sua empatia ed umanità, James si sentì un verme e, allo stesso tempo, si ricordò quanto profondamente fosse innamorato della ragazza. Si scambiò un’occhiata colpevole con Sirius, che fece un sospiro.
<< È per questo che devi parargli tu, Lily. >> disse il giovane, mesto. << Con me, Remus è… Non è sé stesso, in questo momento. Forse con te parlerà… Come l’altra volta. >>
James guardò il suo migliore amico, sentendosi dispiaciuto per lui. Il litigio tra Remus e Sirius del quinto anno, quando Padfoot aveva architettato lo scherzo peggiore di sempre, era stato tremendo, e rappresentava il momento più buio dei Malandrini. Moony era finito con il chiudersi in sé stesso, e solo Lily era riuscita a tirarlo fuori dalle mura dietro cui si era barricato. Non poteva sapere come si sentiva Sirius, in quel momento, nel non riuscire ad aiutare la persona che amava. Ma era consapevole di quanto l’amico fosse orgoglioso, e di quanto gli costasse chiedere il soccorso di Lily.
Lei gli rivolse uno dei suoi sguardi più dolci. << Va bene, Sirius. Penso io a Rem. Voi preoccupatevi solo di scoprire qualcosa e di tornare a casa al più presto. >>
Casa. Era quello ciò che la dimora di Gideon Prewett, una base di guerra, a conti fatti, era diventata per tutti loro. A volte, a James faceva davvero impressione pensarci. Non avevano ancora vent’anni, eppure si trovavano ad avere a che fare con la morte, ogni giorno.
Il ricordo dei suoi genitori lo colpì incisivamente, all’improvviso. “No, James. Non è il momento.”
Una nuova missione, l’ennesima, li attendeva.
 

 
 
Ciao! Scusate il ritardo, ma almeno c'è un capitolo bello ciccioso! 
Finalmente è comparso Regulus!
E' un personaggio che ho rivalutato da poco, ed è divertente scrivere di lui perchè non sappiamo niente del suo carattere e quindi ci si può sbizzarrire. Nella mia testa, lui e Sirius sono proprio agli antipodi: Sirius è caotico, socievole, un po' iperattivo, mentre Regulus è introverso, riflessivo e può apparire un po' freddo. In realtà, per come l'ho immaginato io, è un ragazzo insicuro, che non riesce a leggersi dentro e a discernere se stesso dalle aspettative e dalle convizioni dei suoi genitori (al contrario di Sirius che ha un IO molto forte). Forse ha paura di guardare dentro di sè, e per questo si aggrappa molto a ciò che esterno: programmo tutto, tutto deve essere sotto controllo e ben categorizzato. A differenze di Piton, però, Reg non riesce a essere calcolatore e distaccato come vorrebbe...
 Ok, ho parlato troppo hahah spero che nei prossimi capitoli emerga la caratterizzazione che ho in mente! :)

Per quanto riguarda i Malandrini... Beh, James e Lily sono la coppia, credo che dopo tanti anni di litigate siano arrivati al punto di conoscersi e rispettarsi meravigliosamente. Per questo James è del tipo "Lily non vorrei che tu venissi perchè voglio tenerti al sicuro ma non potrei mai impedirti di fare le tue scelte." E poi Lily è super empatica verso tutti, l'adoro. 
La wolfstar è la wolfstar <3 ma sto gettando le basi per qualcosa, sappiatelo.

Basta, mi ritiro! Spero vi sia piaicuto il capitolo, in caso lasciate una recensione, please :)
 
 

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Capitolo 6
*** Ciò che voglio ***


Capitolo V. Ciò che voglio

Agosto 1978 [Settimo Anno di Regulus]

Dall'esterno, il pub babbano si presentava come un anonimo fabbricato in mattoni rossi, identificato da un'insegna al neon che lampeggiava il nome "Two Lions" la cui lettura richiedeva uno sforzo deduttivo, data la "N" mancante.

<< Ehm, perché siamo qui? >>

Regulus si voltò verso Benji, facendo scorrere lo sguardo su di lui. Era la prima volta che si incontravano al di fuori da Hogwarts e, al posto dell'uniforme precisamente stirata, Benji indossava abiti che seguivano la moda babbana, con jeans chiari e una vistosa camicia a maniche corte a righe verticali colorate. Era ben diversa dall'immagine anonima dietro cui Benji si celava, ad Hogwarts.
"Spirito di sopravvivenza" considerò Regulus "Non a caso siamo Serperverde..."
Dinnanzi all'occhiata perplessa del ragazzo, Regulus si strinse nelle spalle. << Ti piacciono le cose babbane, no? Questo è babbano. >>

<< Ho seguito Babbanologia, ma non vuol dire che voglio esplorare le più squallide attrazioni babbane. >> rispose Benji, facendo scorrere il suo sguardo perplesso lungo la facciata dell'edificio. << La prossima volta, portami al British Museum, o a una mostra di Andy Warhol. Non in un covo di tifosi dell'Arsenal. >>

<< Arsenal? >>

<< Squadra di calcio. >> spiegò Benji. << Era spiegato nel capitolo "Usi e costumi del babbano britannico contemporaneo". >>

Regulus aggrottò le sopracciglia, confuso da quell'indesiderato flusso di informazioni vane sui babbani.

Si strinse nelle spalle. << Oggi sarà tranquillo. >> disse, sicuro. Dopotutto, aveva svolto le sue ricerche: quella sera non c'erano partite di quello sciocco sport babbano, e il giorno dopo era feriale. Era probabile che il locale non sarebbe stato così affollato. Le sue convinzioni vacillarono quando tre uomini barcollarono fuori dal pub, ridendo sguaiatamente. Nello stretto marciapiede, passarono a pochi palmi da loro, e Regulus fu investito dall'odore nauseabondo dell'alcool e del fumo. Storse il naso, provando ribrezzo. Benji gli si accostò.

<< Se ci hai ripensato... >> iniziò, offrendogli una scappatoia. Perché era quello che Benji faceva: mostrargli l'alternativa. Anche quando Regulus gli ripeteva di aver deciso.

<< Siamo qui, entriamo. >> confermò Regulus, risoluto, addentrandosi nel locale. Benji lo seguì.

Non fu così terribile, o perlomeno, non era stracolmo di babbani, come Regulus aveva ipotizzato. Il locale era tranquillo, con appena un paio di babbani seduti al bancone. Regulus quasi stentò a riconoscere il pub affollato di... beh, di quella volta.

Si sedette ad un tavolo in fondo, mentre Benji andava a prendere da bere. Tornò con due boccali stracolmi di liquido dorato.

Quando Benji gliene allungò uno, Regulus fece una smorfia.

<< Dai, è simile alla burrobirra. >> lo incoraggiò Benji. << Solo più divertente. >>

<< Se vuoi bere, possiamo fare un salto nella cantina di casa mia. I miei hanno vini dalle migliori vigne europee e distillati di drago, sono deliziosi. >>

<< Come se potessi fidarmi del tuo giudizio. >>

Regulus si strinse nelle spalle: in effetti, per lui faceva poca differenza bere un calice del miglior vino francese invecchiato o uno di succo di zucca. Ma non per questo Benji doveva farglielo notare. Si imbronciò, mentre Benji gli spingeva la pinta sotto al naso. << Dai, fallo per me. Ho dovuto trasfigurare un sottobicchiere in una carta d'identità fasulla. Sai, per i ventun anni. >>

<< Non so di che stai parlando. E questa non la bevo. >> rispose lui, diffidente.

Benji roteò gli occhi. << Se non vuoi bere, allora spiegami perché mi hai portato in un pub babbano. >>

Regulus strinse le labbra, senza rispondere. Benji sospirò, non sembrando apprezzare il suo silenzio, e fissò gli occhi scuri sul boccale che stringeva tra le mani.

<< Perché hai voluto vedermi, Regulus? >> chiese, senza guardarlo. << Non mi sembravi così amichevole, a Giugno. >>

<< Potrei dire lo stesso di te. >> replicò lui. << Potremmo continuare a ripetercelo a vicenda, e discutere ancora una volta sulle nostre divergenze di opinioni. Ma non arriveremmo a nessuna conclusione, lo sai. Sarebbe una perdita di tempo. >>

<< Perdita di tempo, dici? >> chiese Benji, sollevando lo sguardo verso di lui. Aveva un'espressione stanca. << Regulus, c'è un solo motivo per cui ho accettato di vederti, e sappiamo entrambi qual è. >>

Lui non rispose, abbassando lo sguardo. Fece scorrere le dita sul manico del boccale. Il contatto con il vetro freddo era piacevole, data l'afa estiva. Gli ricordò le vacanze estive in Francia, prima di Hogwarts, quando Sirius lo trascinava nelle cucine perché voleva assaggiare i cocktail che gli adulti sorseggiavano in riva al lago.

<< Non mi farai cambiare idea, Benji. >> rispose, cupo. << E in ogni caso, ormai sarebbe troppo tardi. >>

<< Potresti fuggire... >>

<< Non scapperò come mio fratello. >> esclamò Regulus, incattivendosi. << Che senso avrebbe? A cosa mi porterebbe? >>

Benji scosse il capo. << "Che senso ha", "che scopo avrebbe"... Regulus, non esiste soltanto questo al mondo. >>

Quelle parole punsero Regulus sul vivo, facendolo irrigidire.

<< Cosa dovrei fare, allora? Agire fregandomene di tutto, senza pensare alle conseguenze? >> sputò, sulla difensiva. << Comportarmi come quell'egoista di Sirius? >>

<< Regulus, non stiamo parlando di tuo fratello, ma di te. >>

Regulus strinse le mani attorno al bicchiere. No, non stavano parlando di Sirius, ma ormai il pensiero di suo fratello gli si era conficcato nella testa. Anche dopo due anni dalla sua fuga, Sirius riusciva a tormentarlo, da brava spina nel fianco che era sempre stato. Bussava alle porte della sua mente, proprio come in quel momento, scaraventando oltre l'uscio una valanga di pensieri e ricordi.

<< So quello che sto facendo, Benji. >>

Sirius che gli metteva in disordine i modellini solo per farlo arrabbiare. Sirius che urlava a sua madre. Sirius che urlava contro di lui. Sirius che lo portava sulla scopa.

<< Certo che lo sai, sei sempre così maledettamente preciso. >> rispose l'altro, fissandolo intensamente coi suoi occhi scuri. << Ma sai anche cosa vuoi? È questa la persona che vuoi essere? >>

Sirius che lo prendeva in giro mentre lui raccoglieva le cioccorane che il fratello maggiore nascosto per il salone. Sirius che usciva dalla porta di casa, portando via con sé un vecchio baule e tutte i residui della speranza di potersi considerare fratelli.

<< Se è questo che vuoi, Regulus, dimmelo. E non dirò più una parola. >>

Sollevò lo sguardo, incontrando quello del ex suo compagno di scuola. Gli occhi grandi e scuri di Benji lo studiavano, in attesa di una risposta. Cosa, cos'era che Regulus voleva? E cosa aveva voluto Sirius, quando se ne era andato? Regulus fu assalito dal ricordo del fratello. L'ultima volta che lo aveva incontrato, era stato in quello stesso locale, dove Regulus lo aveva visto baciare un licantropo, contro una delle pareti in mattoni. Il ricordo dei loro corpi avvinghiati, delle loro labbra a contatto, della folla di babbani esultanti attorno a loro per il risultato di uno stupido sport.... Quella immagine era sparata con prepotenza nella testa di Regulus. Era per quello, che Sirius lo aveva abbandonato?

Benji gli aveva domandato cosa volesse, e Regulus, in realtà, non avrebbe saputo dirlo con esattezza. Tuttavia, ricordò il motivo per cui era lì, quella sera. Non si era mai interrogato su cosa volesse dalla vita, non quando i desideri dei suoi genitori nei suoi riguardi erano sempre stati così prepotentemente chiari. Eppure, sapeva cosa voleva in quel momento.

<< Scusami, Benji. Ma devo provare. >>

Capire, ecco ciò a cui Regulus ambiva. Lui e Benji erano seduti vicino, per cui gli fu semplice girarsi verso l'amico, poggiare le mani sulle sue spalle e protendersi verso di lui, in un unico impeto. Regulus aveva dato solo altri due baci, e nessuno dei due, per quanto imprecisi, fu estraniante come quello. Le loro labbra cozzarono quasi con violenza, e Regulus si domandò se dovesse o meno osare con la lingua, ma la bocca di Benji era tesa, così come le sue spalle. Era tutto fuori posto e Regulus si discostò, a disagio. Il volto di Benji era una maschera di stupore, le sopracciglia arcuate e gli occhi spalancati. Per un attimo, Regulus penso fosse sul punto di esplodere. Ma il ragazzo rimase in silenzio e si alzò di scatto, dirigendosi a passo di marcia verso l'uscita del locale.

Regulus fu subito in piedi, pronto a seguirlo. << Benji, aspetta! >>

Lo seguì fuori dal locale, dove fu investito dall'aria umida di quella sera estiva. Si allungò verso Benji, afferrandolo per il braccio. Fu un errore. Benji doveva essere sul punto di smaterializzarvi, e Regulus fu trascinato prepotentemente con lui in una smaterializzazione non pensata per due persone. Sentì letteralmente lo stomaco finirgli sotto sopra e, prima che potesse rendertene conto, si ritrovò rimbalzato contro il terriccio duro del giardino di casa Fenwick.

Nauseato, si tirò su con un verso disgustato.

<< Ew... >>
<< Regulus! >> la voce di Benji gli arrivò da destra, distorta quanto la sua. << Che cazzo combini? >>

Il ragazzo trovò la forza di tirarsi su sulle ginocchia. << Non sapevo che volevi smaterializzarti. Bel modo di affrontare una discussione? >>

<< Stai scherzando, spero. >> disse l'altro, piano. Regulus riuscì a girarsi verso di lui.

<< Tu, prima... >> la voce di Benji tremava. << Cos'era quello?! >>

Nonostante gli occhi lucidi, era palesemente furioso.

In quell'istante, Regulus capì che forse aveva osato troppo. Si ritrasse, stringendosi nelle spalle ed ergendo le sue difese.

<< Dovevo chiederti il permesso? >> domandò, offeso. << Non era quello che hai sempre voluto? >>

Benji si irrigidì, impallidendo. Spalancò la bocca, come a replicare, ma le parole dovettero morirgli sulle labbra. << Non puoi rinfacciarmi questo, non dopo un anno. >>
Regulus ammutolì, colpevole. La voce che gli suggeriva che sì, forse aveva esagerato, fu soppressa dalla necessità di difendersi. E, semplicemente, si inviluppò in quella contraddizione, senza riuscire a dire nulla.

<< Regulus, perché mi hai baciato? >>

Perché devo capire. Perché mio fratello, che mi ha abbandonato, ha baciato il suo migliore amico. E tu sei stato il mio migliore amico, e so che ti piacciono i ragazzi e che ti piaccio io.

O almeno, gli piaceva fino all'anno precedente, quando, nell'estate precedente al sesto anno, Benji si era dichiarato. Regulus non aveva preso in considerazione che forse i suoi sentimenti, in quell'anno, fossero mutati. In generale, non aveva considerato che i sentimenti di Benji potessero essere feriti dal suo gesto. Il che era assurdo, perché Regulus non trascurava mai nulla.

Sollevò lo sguardo verso di lui, timidamente.

<< Non ti è piaciuto? >> domandò, piano.

Benji, che nel frattempo era riuscito a mettersi seduto, lo guardò per un istante, poi sospirò, passandosi una mano sugli occhi. <<< Regulus... Ovviamente non mi è piaciuto. Perché chiaramente non è piaciuto nemmeno a te. >>

Regulus rimase in silenzio, pensieroso. No, non gli era piaciuto. Quella consapevolezza piombò su di lui insieme al peso del fallimento. Ancora una volta, Sirius gli era sfuggito. Sarebbe mai riuscito a comprenderlo veramente?

Si cinse le braccia con le mani, distogliendo lo sguardo. << Scusami. >>

La riposta di Benji fu un'espressione triste, e stanca. Sospirò, porgendogli una mano.

<< Ti sei fatto male? >>

Imbronciato, Regulus scosse il capo, afferrando la mano dell'amico. Tuttavia, Benji non lo tirò su. Perplesso, Regulus sollevò lo sguardo, notando subito l'espressione affranta del ragazzo. Seguì il suo sguardo: la manica della felpa di Regulus era scesa verso il gomito, rivelando il polso sottile e il tatuaggio scuro sulla pelle chiara. Sollevò lo sguardo verso Benji, verso la maschera di orrore che aveva plasmato il suo viso scuro.

<< Regulus, cosa hai fatto? >>

Regulus ritrasse in fretta il braccio, tirando giù la manica della felpa.

<< Che c'è? >> chiese, sbrigativo. << Ne avevamo parlato, no? >>

<< Ma questo è definitivo, Regulus. >> balbettò Benji, sconvolto. << Sei un suo uomo, adesso. >>

Perché, si domandò Regulus, perché Benji aveva quella faccia? Regulus era sulla strada giusta, quella che lo avrebbe condotto al futuro per lui designato. Avrebbe assolto al suo compito di erede, di esponente di una delle più antiche famiglie del mondo dei maghi. Non c'era motivo di essere dispiaciuti per lui.

<< Sapevi che lo avrei fatto, no? >> tagliò corto, infastidito. << È troppo tardi, te l'ho detto. >>

<< Regulus, possiamo parlare con Silente, trovare una soluzione e... >>

<< Non posso, Benji! >> ribatté lui, furioso. << Non voglio trovare una soluzione! Hai detto che se avresti lasciato perdere se ti avessi detto che questo è ciò che voglio, giusto? Te lo sto dicendo ora: lo è. >>

Sì, doveva essere quello ciò che Regulus voleva: dimostrare che quello era sempre stato il suo destino, non quello di Sirius. Non era solo un rimpiazzo.

Benji fece un passo indietro, in silenzio.

<< Sei nuovamente a spezzarmi il cuore, Reg. >> mormorò, tetro, e Regulus riuscì a vederlo, nei suoi occhi spenti, nel profilo incurvato delle spalle. Eppure, in qualche modo, Regulus era distante da tutto quel dolore, tagliato fuori. Rimase in silenzio.

<< Hai ragione, avevo detto che avrei lasciato perdere. >> continuò Benji, piano. << Se è questo ciò che desideri, Regulus, lo accetterò. Ma non possiamo più essere amici, non dopo questo. >>

Regulus abbassò lo sguardo. Annuì, silenziosamente.

<< Penso che tu debba andartene. >> mormorò Benji, infine. Regulus si alzò, spazzolandosi via l'erba dai pantaloni. Rivolse un ultimo sguardo a quello che era stato il suo migliore amico, poi pensò a casa sua e si smaterializzò.
*****************************************************************************************

Settembre 1979

CRACK!

Regulus e Mulciber si smaterializzarono all'interno di una latrina stretta e puzzolente, con forti luci al neon e il rimbombo di musica babbana che faceva fremete le pareti malmesse. L'ambiente era talmente stretto che i due erano schiacciati l'uno contro l'altro e, nell'impeto della smaterializzazione, Mulciber dovette aggrapparsi al suo mantello per non scivolare sulle piastrelle del bagno.

<< Cazzo, Black! Potevi scegliere un posto migliore! >>

Regulus si liberò di lui con uno strattone, mordendosi la lingua per trattenersi. A scuola, Mulciber non avrebbe mai osato rivolgersi a lui in quel tono.

<< Volevi smaterializzarti in mezzo alla folla infrangendo la legge e ritrovandoci inseguiti dagli Auror? >> domandò, secco.

<< Beh, sì! >>

"Idiota..."

Imponendosi di non estrarre la bacchetta e maledirlo, Regulus spalancò la porta del bagno con un colpo secco della mano.

I babbani agli orinatoi erano vestiti con giacche nera in ecopelle e jeans strappati e, mentre pisciavano, muovevano la testa a ritmo della musica assordente proveniente dal locale. Una maleodorante cappa di fumo annebbiava l'aria.

<< Che schifo, dove siamo? >> mugolò Mulciber, alle sue spalle.

<< Esattamente dove dobbiamo essere. >> sbottò Regulus, avviandosi verso la porta. Il pub era ricolmo di babbani, che ascoltavano musica babbana e bevevano alcol babbano. Regulus represse una smorfia di disgusto. Alcuni di loro erano raccolti attorno al bancone, e avevano la faccia sollevata verso quella scatola parlante babbana che trasmetteva l'immagine di altri babbani che correvano appresso ad una palla.

Anche i Lerman stava guardando la televisione, quando Regulus e Mulciber erano piombati in casa loro. I loro occhi rovesciati, resi vitrei dalla morte, si fissarono nuovamente nella mente di Regulus.

Il ragazzo inspirò a fondo, odiandosi. "Debole. Sei un debole."

Cercò Piton tra la folla, e lo trovò in un angolo, seduto ad un tavolo in disparte. Regulus e Mulciber si diressero verso di lui. Il giovane sollevò gli occhi neri verso di loro.

<< Regulus, Mulciber. >>

<< Severus. >> lo salutò Regulus, freddo. << Scelta curiosa, incontrarci qui. >>

<< Era l'unico posto babbano che ero certo conoscessi. >> rispose Severus, pragmatico, e con un'espressione imperturbabile. Regulus ammutolì: non riusciva ancora a credere che la sera in cui aveva scoperto che suo fratello se la faceva con un lupo mannaro, era anche quella in cui aveva incontrato Severus Piton al di fuori di un pub babbano nel cuore di Londra. Non era mai riuscito a farsi dire perchè Piton si trovasse lì ma, decisamente, non aveva alcuna intenzione di far riemergere la questione proprio davanti a Mulciber. Per cui, rimase in silenzio, e immaginò che Piton, tra sè e sè, stesse gongolando nell'averlo fatto ammutolire, ancora una volta. Non che ne mostrasse prova, ovviamente, dopotutto Piton indossava la consueta maschera imprescrutabile.

Regulus non aveva una cattiva opinione di Piton: poteva non essere un Purosangue, ma aveva molto più cervello di altri Mangiamorte, ed era di gran lunga più sopportabile di tanti loro ex compagni di scuola. Ciò nonostante, quella sua espressione distaccata che ostentava, a prescindere da tutto, riusciva a mandare Regulus su tutte le furie. Lo faceva sentire un ragazzino idiota preso per il culo, e forse lo era davvero, quando si trattava di Severus.

<< La puzza di babbano mi dà la nausea. >> grugnì Mulciber. << Ce ne andiamo? Oppure diamo loro una lezione? E poi, perché sono tutti vestiti di rosso e bianco? >>

<< È per l'Arsenal. >> risposero, all'unisono, Severus e Regulus, l'uno con il solito tono neutro, l'altro infastidito dal semplice fatto che Mulciber continuasse a dare aria alla bocca.

Il Serpeverde più grande rivolse loro un'occhiata sorpresa, e Regulus si pentì di aver risposto così prontamente. Da Piton, che era mezzosangue, ci si aspettava che conoscesse certi aspetti dei babbani, ma lui... lui era un Black.

<< Meglio non attirare l'attenzione. >> rispose Piton, calmo. << Usciamo e troviamo un posto sicuro dove smaterializzarci. Abbiamo una nuova base. >>

***

Lily si strinse nel maglione, rabbrividendo mentre rientrava in casa. Il sole era sorto da poco; James e Sirius avevano aspettato che ci fosse sufficientemente luce prima di smaterializzarsi e andare alla ricerca del branco di cui aveva parlato Remus. Lily sperò che tornassero prima possibile: non sarebbe stato facile nascondere la loro assenza, e lei era una frana a mentire. Senza contare il fatto che, ovviamente, era maledettamente preoccupata.

Una parte di lei si rimproverava di non averli seguiti, ma aveva promesso a Sirius che avrebbe parlato con Remus. Si fermò davanti alla porta della stanza di Gideon, dove il licantropo stava riposando. Era ancora presto ma, conoscendo il ragazzo, sicuramente non aveva chiuso occhio per l'intera nottata. Lily bussò delicatamente alla porta, prima di affacciarsi nella stanza.

<< Rem, sei sveglio? >>

Deboli spiragli di luce si introfulavano attraverso le tende, che Marlene aveva avuto cura di tirare, illuminando la stanza e il viso pallido di Remus, che annuì debolmente. I suoi occhi scuri erano aperti, e incontrarono quelli verdi di Lily. La giovane sprofondò nel dolore racchiuso nello sguardo del suo amico, e sentì una stretta al cuore. Come sempre, Remus non aveva ancora detto una parola, ma Lily riuscì a percepire il suo tormento, la sua sofferenza. Comprese subito le ragioni che avevano spinto Sirius a preoccuparsi per lui.

Si avvicinò e si sedette sul bordo del materasso, accanto all'amico. Lily lo studiò brevemente: nonostante i graffi sul viso, sembrava aver ripreso un po' di colore.

<< Hai ancora la febbre? >> chiese, sfiorandogli la fronte con il dorso della mano. Remus si irrigidì e abbassò lo sguardo, e Lily capì che, se solo ne avesse avuto la forza, si sarebbe alzato e sarebbe scappato via. Perplessa, Lily ritrasse la mano.

<< Rem, va tutto bene? >>

Il ragazzo annuì silenziosamente, continuando ad evitare il suo sguardo.

<< Non sei stato molto convincente. >> commentò lei, dolce. << Vuoi raccontarmi cosa è successo? Io... Non ti ho mai visto in queste condizioni. >>

Si morse il labbro, rendendosi conto in quel momento quanto l'avesse turbata vedere l'amico in quello stato. Remus tornò a guardarla, addolcendosi. << Tranquilla, Lily. Sto bene, Marlene ha fatto un buon lavoro. >>

Minimizzava, Remus, come sempre. Limava le sue parole e le sue reazioni in dipendenza degli altri, in modo da non destare le loro preoccupazioni. Ma con Lily non attaccava: ero lo stesso gioco in cui lei guazzava da anni, semplicemente in un modo meno contorto di Remus.

<< Rem, lo vedo che c'è qualcosa che non va. >> insistette. << Anche Sirius se ne è accorto. >>

Lily notò che il nome di Sirius aveva fatto vibrare una corda nel suo amico, che aggrottò le sopracciglia.

<< Sirius esagera sempre, lo sai. >>

<< Sì, so che è iperdrammatico. >> confermò Lily. << Pensavo che stesse esagerando quando mi ha detto che ti comportavi in modo strano con lui... Ma ora sei strano con me. Quindi credo che Sirius abbia ragione, questa volta. >>

<< Tu che dai ragione a Padfoot... Rimarrà nella storia. >> scherzò debolmente Remus.

<< Remus... >>

<< Lily, davvero... >>

<< Non dire "Va tutto bene", Rem, o giuro che ti affatturo, non mi importa se sei mezzo morto. >> lo interruppe lei, decisa. All'espressione sorpresa dell'amico, aggiunse: << Remus, mi sono accorta della faccia che hai fatto prima. Non volevi che ti toccassi. Cosa è successo? >>

Inchiodò lo sguardo su di lui. Per tutta la sua vita, le persone non avevano fatto altro che dirle quanto i suoi occhi rispecchiassero il suo animo, i suoi pensieri, le sue emozioni. In quel momento, Lily sperò con tutta sé stessa che fosse vero, e che Remus vi leggesse tutto il suo desiderio di aiutarlo, di stargli vicino.

Dovette funzionare, poiché il licantropo emise un lieve sospiro, chiudendo gli occhi. Quello era uno dei chiari segnali che Remus era sul punto di aprirsi.

<< La mia copertura nel branco era saltata. >> cominciò a raccontare. << Gli altri licantropi hanno scoperto che ero un mago, così mi hanno preso la bacchetta e mi hanno imprigionato per giorni. Volevano sbarazzarsi di me, per mandare un segnale, credo. Ma hanno deciso di aspettare la luna piena, per... sai, per far divertire i lupi. >>

Lily sentì una morsa allo stomaco, un misto di orrore, rabbia e indignazione.

<< Oh, Rem... È orribile. >>

Lui fece un vago cenno con la testa. << Tuttavia... Sono stato aiutato. Come sempre, il branco era poco compatto nella scelta di unirsi o meno a Tu Sai Chi. Sono scappato, ma mi stavano inseguendo e... E, poi, la luna è sorta. >> la sua voce si era ridotta a un sussurro. << Abbiamo combattuto, credo... Sai, non ricordo nulla delle trasformazioni, a parte qualche sensazione. >>

Lily annuì, grave. Remus aveva perso il suo consueto autocontrollo, e ora le appariva incerto, spaventato, più fragile di quanto le fosse mai sembrato. Il cuore le si sciolse in un moto di affetto.

<< Remus, mi dispiace tanto. >> mormorò, triste. << Deve essere stato spaventoso. È per questo che non vuoi farti toccare da noi? Hai... paura? >>

Gli occhi scuri di Remus si spalancarono in un'espressione stupita.

<< Paura? Di voi? Merlino, Lily... >> la sua voce si tramutò in una risata soffiata, incredibilmente triste. << Lily, siete voi che dovreste avere paura di me. Forse lo capirete, un giorno. >>

<< Non c'è nessun motivo per cui dovresti spaventarci, Remus. >> scattò Lily. << Certo, ci sono licantropi deprecabili che vanno in giro a mordere bambini e che si uniscono al Signore Oscuro, ma ci sono anche tanti maghi e streghe che compiono azioni ugualmente orribili, o peggio. Se incontrassi una Nata Babbana malvagia, di conseguenza penseresti che lo sono anche io? >>

Remus non rispose, e Lily annuì, convinta. << No, esatto. Il fatto che esistano licantropi orribili, non vuol dire che tu sia come loro... >>

<< Invece sì, Lily. >> la interruppe Remus. << Sì, sono esattamente come loro. >>

Si mordeva le labbra, tremando, e aveva gli occhi lucidi. Lily scosse il capo, intenerita.

<< Remus, sai che non è vero. Tu... >>

<< Credo di averne ucciso uno, Lily. >> buttò fuori il ragazzo, pallido. << Mentre ero trasformato. >>

A quelle parole, la ragazza ammutolì. Tutto, adesso, era chiaro. Fissò Remus, che era sempre stato così gentile, così buono, così dilaniato dalla sua natura, e capì quanto quello potesse significare per lui.

Uccidere.

Era una parola enorme, con un significato terribile. Lily, nel corso degli ultimi anni, aveva affrontato spesso il concetto di morte. Aveva iniziato a conoscerla, a temerla. Per sé, per i suoi amici, per tutti coloro che la circondavano. Ma uccidere... era diverso. Cosa si provava, nel togliere la vita ad un altro essere vivente? Lily non aveva mai ucciso nessuno ma, in quel momento, si sentì investire dalle emozioni dell'amico, dal dolore che affiorava nel suo volto distrutto, dal senso di colpa che lo stava spezzando, ancor più di quanto avessero fatto le ferite sul suo corpo. Le si spezzò il cuore.

<< Remus, posso solo immaginare quello che provi. >> disse, guardandolo negli occhi. << Ma... Siamo in guerra. È terribile, e non è giusto, ma... Non sempre è evitabile. E poi, quando ti trasformi, quando tu non sei... tu. Non puoi rimproverarti per quello che fa il lupo. >>

Remus abbassò lo sguardo. << Lily... Anche se non controllo le mie azioni, io sono il lupo. Quello che fa lui, è ciò che faccio io. >>

<< Non puoi fartene una colpa, Rem. >> ripetè lei, scuotendo il capo. << E, poi, anche Alice... >>

<< Alice ha usato la bacchetta, Lily. >> la interruppe Remus, amaro. << Non era nemmeno sua intenzione farlo, ha solo lanciato uno Schiantesimo, non è colpa sua se quel Mangiamorte è precipitato oltre il parapetto. Io... Io, invece... >>

<< Ti stavi solo difendendo. >>

<< L'ho morso, Lily. Più e più volte. >> esclamò Remus, duro. Subito dopo, però, la sua espressione si incrinò. << Io... Io credo di averlo morso. Ricordo che ero così arrabbiato, e poi mi sono svegliato, e il suo corpo era sopra di me, ed era così...ed avevo il suo sangue dappertutto, e quel... quel sapore... il suo... in bocca... >>

La voce gli si spezzò e, l'attimo dopo, Lily si ritrovò ad abbracciarlo, mentre Remus nascondeva il viso tra le mani, e piangeva tutte le sue lacrime.




 

Ahhhh scusate, niente Sirius e James in questo capitolo, ma li rivedrete nel prossimo!
Abbiamo avuto un ulteriore approfondimento su Regulus, e presentato Benji.
Benji è stato rapito con Mary e Peter, ricordate? Ricordatelo, in caso, perchè sarà importante!
comunque, l'amicizia tra Reg e Benji sarà ripresa in seguito.
Regulus non è cattivo o insensibile, ma è un po' "deficiente" quando si tratta di avere a che fare con i sentimenti altrui. Anche Sirius, in un certo senso, sa essere poco delicato con gli altri, sebbene in modo diverso. Probabilmente, deriva dall'ambiente malsano in cui sono cresciuti.

Compare anche Sev, finalmente, yei! Chissà che ci facevano Severus, Regulus, Remus e Sirius in un pub babbano durante una partita di calcio, eh? Io lo so, ovviamente, eheheh, magari scriverò una one-shot, prima o poi. Vi interesserebbe?

Lily è dolcina, credo sia molto, molto empatica. Anche Moony lo è, ma lui è più riservato e introverso. Lei la immagino decisamente più "oddio sento tutto quello che senti tu e allora ti aiuterò a migliorare la tua vita e quella del mondo intero e ne farò la mia missione" haha Infatti per questo alle volte sfocia in modalità maestrina ( io so voglio che tu sia felice e so come potresti esserlo quindi DEVI seguire i miei consigli, ok??) Comunque, povero Remmy.

Come al solito, se avete gradito il capitolo, mi farebbe piacere ricevere un commento, così da conoscere le vostre opinioni e dare un po' di luce alla storia :)
E poi mi sento un po' sfigata a scrivere questi papeli senza sapere se qualcuno effettivamente li legge T.T
Ciao <3

 

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