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Raccolsi la borsa della spesa, dirigendomi verso casa.
La mia vita sembrava aver finalmente preso una piega giusta.
Io e Kakashi eravamo sposati, Raimaru cresceva forte e sano, e riuscivo a parlare con tranquillità assieme a Hiashi.
Devo dire che era soprattutto quest'ultima cosa a sorprendermi di più. Prima d'ora non ero mai andata d'accordo con l'austero capo famiglia.
Raimaru, aveva ormai compiuto 4 anni, ed iniziava già a correre dietro a Naruto, combinando marachelle. Anche se di ciò mi preoccupavo assai poco. In fin dei conti erano entrambi giovani e vivaci, era normale che sfogassero le loro energie in qualche modo. Al momento preferivo che andasse in giro a combinare danni piuttosto che cercasse di diventare ninja troppo giovane, come me e suo padre. Noi avevamo conosciuto la durezza della guerra sin troppo presto.
Amavo la mia vita così com'era ora. Tranquilla e felice. Avevo ripreso servizio, ma prendevo incarichi brevi, così da passare quanto piú tempo possibile con mio figlio.
Kakashi invece aveva proseguito il suo incarico da ANBU per tanto si trovava spesso fuori di casa, ma passava con noi tutto il tempo che poteva.
Genma invece stava ancora facendo il solito tira e molla con Anko, si lasciavano e si riprendevano a sprazzi. Ma dato che i due si divertivano così la cosa andava bene ad entrami, per cui non c'era nessun problema. Era il loro modo per 'non prendere troppo sul serio la cosa'.
Kurenai ed Asuma stavano finalmente pensando di andare a vivere insieme, dato che lui dopo un periodo di servizio prestato sotto il diretto comando del Daymo del paese del fuoco, era rientrato a Konoha e sembrava intenzionato a restarci.
Obito, era da poco diventato papà e avevo idea che chiedesse consiglio a Kakashi più di quanto io stessa immaginassi.
Per quanto riguarda Rin invece, anche se di quando in quando la vedevo, non la frequentavo molto. Non era molto... Come dire.. Nelle mie corde. Preferivo di molto la compagnia di Kushina.
Quest'ultima assieme a Minato, stavano guidando Konoha in una delle sue epoche migliori. Il Villaggio fioriva, brulicante di commercianti che riempivano le tasche dei ninja in cambio di protezione contro il brigantaggio, e si stava profilando quello che prometteva di essere uno dei periodi di pace più lunghi e floridi della storia ninja.
Hiashi guidava ancora il clan Hyuga con il pugno di ferro, e sparito l'iniziale dolore della perdita del fratello riprese i suoi modi bruschi, scostanti e alteri. Ma io sembravo l'eccezione al caso. Forse perché non poteva nulla contro di me dato che ormai ero maggiorenne e indipendente dal Clan. Forse perché mi ero guadagnata il suo rispetto. Mi trattava come una sua pari, e di quando in quando mi esortava a far allenare Raimaru con i suoi consanguinei.
Ma io preferivo attendere ancora. Avrebbe avuto sin troppo tempo in futuro per diventare un ninja e dover affrontare le dure scelte che ne sarebbero conseguite. Finché era piccolo volevo lasciare che si godesse la spensieratezza della sua età.
E Kakashi era d'accordo con me.
Nulla di quei giorni tranquilli lasciava presagire che altre oscure nuvole s'addensavano all'orizzonte.
Ma d'altra parte un ninja é sempre pronto a tutto. Deve esserlo.
E tutto iniziò così, come un lento brivido freddo che ti coglie mentre sei sotto le coperte e credi di essere al caldo e al sicuro. Ma é solo un illusione. E sei consapevole che prima o poi ti sveglierai solo per scoprire che i tempi del dolce tepore sono finiti, ed é ora di affrontare l'inverno.
Fu infatti in una giornata fredda che iniziai ad accorgermi che qualcosa non andava. Raimaru ritornò da scuola, che aveva iniziato quell'autunno da solo e non accompagnato da Kakashi. Che si ripresentò il giorno dopo senza nessuna scusa plausibile.
Diedi la colpa al lavoro, ma giorno dopo giorno stava accumulando sempre più stranezze senza alcun motivo.
Non rientrava la notte, e di giorno era sempre più schivo e poco loquace. Non che fosse mai stato un chiacchierone, quello no, ma ora il discorso con lui era a zero.
Cupo, schivo, riluttante e freddo.
Sembrava di essere ritornati ai tempi della scuola, quando lui era o quanto meno si atteggiava da fredda macchina da guerra.
Di norma non ci pensavo mai troppo sulle cose e le affrontavo di petto. Ma avvertivo quel brivido gelido che mi impediva di affrontare la cosa.
Per la prima volta in vita mia avevo paura di chiedere, e ancor di più avevo paura della risposta che poteva giungermi. La temevo. E, da quando stavamo insieme, per la prima volta temetti che il nostro rapporto potesse davvero incrinarsi e rompersi.
Cercai di prendere tempo, chiudendo gli occhi e fingendo di non vedere.
Cercavo disperatamente quella scintilla che mi aveva tanto unito a lui, quella sottile empatia che ci aveva permesso di distinguerci, sul campo di battaglia e in amore.
Ma anche quelle rare volte che ancora riuscivamo a trovarci senza che i silenzi fossero troppo pesanti, il suo tocco, che per me era sempre stato caldo e rassicurante, era ora freddo e distante. Quasi impersonale.
Tutti i sogni che avevamo sognato insieme sembravano ormai lontani.
Ma come ogni cosa, si può fingere solo fino ad un certo punto. Prima o poi la verità va affrontata, per quanto spaventosa possa essere.
Tutto iniziò con un tocco funesto, il mattino fummo svegliati dal rintocco delle campane che suonavano a lutto.
Iniziai a preparare la colazione, e chiamai Raimaru.
Mentre il bambino mangiava entrò dalla finestra.
Era sporco di sangue quasi da capo a piedi. D'istinto mi avvicinai per curarlo, ma lui mi scostò ringhiandomi di stargli lontano.
"Me ne vado" furono le glaciali parole che pronunciò, senza inflessioni, senza emozioni.
"Ma.. Dove e ..?" Iniziai sapendo che tuttavia il brivido che mi attraversava era un monito che presagiva la catastrofe imminente.
"Via. Dalla città e dal villaggio"
Suonava molto come un addio definitivo. Raimaru lo fissava con gli occhi sgranati. Senza fiato né parole.
Solo in quel momento entrò nella fascia di luce quel tanto che bastava perché si vedesse il copri fronte rigato da Nukenin.
"Io non ho più moglie o figli. Non ho più un villaggio" fece un sorriso sprezzante. "Ora sono libero. Non cercarmi. Non tornerò"
"Ma papà.."
Lui lo guardò con occhi di ghiaccio, lo Sharingan le cui tomoe giravano minacciose.
"Cresci moccioso se vuoi essere qualcuno. Tu non sarai mio figlio fino a quando non ti mostrerai degno di esserlo"
Con questo scomparve come brezza nel mattino.
Per la prima volta mi sentii davvero persa. Davvero debole. La terra mi mancò da sotto i piedi. Barcollai e caddi, mentre il mondo mi si offuscava intorno.
Angolino d'autore.
Lo ammetto non so da dove mi sia uscito sto parto squinternato.
E già qua avverto che NON SO se la continuerò né quanto durerà ne niente... anche perché ultimamente sto lavorando come un somaro e alla sera le forze scarseggiano e non riesco molto a scrivere... però m'intrigava st'idea e l'ho buttata giù.
La
notizia scosse il villaggio come un temporale scuote le foglie di
un'enorme pianta.
Violento
e inesorabile.
Kakashi
Hatake... il grande Kakashi Hatake... l'eroe del ponte Kannabi,
l'allievo dello Yondaime Hokage, era ora nukenin.
E
con lui anche Itachi Uchiha.. anche se questo lo venni a sapere solo
in seguito.
Quello
che vidi io era solo mia madre, svenuta in terra, che venne poi
sollevata e portata in ospedale da zia Kushina e zia Tsunade.
Sembravano
agitate, ma erano entrambe stranamente taciturne. Pallide e silenti.
Il che fu preoccupante, data la vivacità che di solito aveva
Kushina.
Mi
colpì anche il mormorio della gente che aveva lungo la strada,
mentre passavamo.
Basso,
fievole, incredulo ma costante.
Fu
quello a farmi davvero realizzare che era successo davvero, non era
solo un brutto sogno.
Alla
fine giunse anche Minato, mi fecero domande, cosa era successo, come
e quando.
Risposi
meglio che potevo, dato che la mamma era ancora KO.
Rimasi
aggrappato a lei, tenendole una mano, fredda, e osservavo la pelle di
solito rosea che aveva invece ora un malsano colorito cinereo.
Secondo
Tsunade si sarebbe ripresa... era stato solo un colpo dovuto allo
shock, ma io ero preoccupato e spaesato.. non volevo lasciarla. Non
anche io.
Ero
piccolo e non comprendevo a pieno cosa stesse succedendo, ma ne
intuivo la gravità.
Ne
ero sconcertato.
Non
potevano essere la stessa persona, l'uomo che sino al mese prima era
mio padre e quello che si era presentato freddo e distante, quasi
crudele questa mattina.
Mio
padre era una persona calda e gentile, era quello che la sera,
arrivando da lavoro aveva ancor sempre la voglia e il tempo di
mettersi a gattoni con me sul pavimento a giocare, o che quando
crollavo di stanchezza mi prendeva in braccio per mettermi sotto le
coperte. Era quello che, quando uscivo da scuola appariva come
magicamente, di fronte l'uscita proprio quando quasi pensavo che non
si fosse ricordato o che gli impegni l'avessero trattenuto altrove.
Mio
padre era una figura sempre un po'... mistica nella mia vita.
Sapevo
poco di lui come persona, perché la mamma il più delle
volte mi diceva che le domande dovevo farle a lui, però c'era
poco, e molte cose erano sotto segreto per via del suo lavoro come
ANBU.
Papà
era una persona di cui ero orgoglioso. Una dei ninja più abili
del villaggio, più fidati e affidabili. La persona che volevo
essere da grande, quello che mi amava e mi proteggeva, anche se c'era
poco o vedevo poco.
Non
so come, non so il perché fosse successo ciò.
Ma
la cosa mi spaventava. Soprattutto non capivo il perché!
La
mamma si risvegliò solo il giorno dopo, ancora pallida, e
quando capì cosa era successo dopo un'iniziale smarrimento,
divenne immobile come una statua di granito, rimanendo a fissare il
soffitto dell'ospedale dove si trovava.
Le
rivolsero delle domande, ma lei non sembrò sentirli.
Rimase
in quello stato per più di un giorno intero, facendo
preoccupare parecchie persone, tra cui Tsunade, Kushina e Minato, e
anche molti dei colleghi e amici in comune di lei e di Kakashi.
Il
più a prendersela di tutti, o quanto meno a occhio fu Obito,
seguito a ruota a Gai, che non riusciva a giustificarsi come il 'suo
acerrimo rivale' avesse potuto fare una cosa simile.
E
nonostante che Minato proibì azioni avventate partirono alla
sua ricerca... senza risultati, tra l'altro.
Per
quante squadre furono mandate... né Itachi né Kakashi
furono mai trovati. Né quella settimana, né il mese
dopo.
La
mamma si riprese, o quanto meno decise di smuoversi dalla sua
immobilità.
La
sentii una notte, mentre le dormivo rannicchiato contro, dove mi
aveva preso nel piccolo letto dell'ospedale palare fitto in tono
sommesso con qualcuno... che dalla voce avrei detto fosse Minato.
In
quei giorni aveva un'espressione strana... un misto tra il furente e
il dolente... il sofferente e il rassegnato, lo spaventato e il
determinato.
E
io ero troppo piccolo per comprendere a pieno cosa stesse pensando in
quei momenti.
Però
vedevo i suoi occhi, di solito brillanti come perle, ora diventati
più scuri, tristi. Come se quelle stesse perle non fossero più
baciate dalla luce ma ora poste in un luogo oscuro. Erano anche
sempre un po' cerchiati di stanchezza, che accumulava giorno dopo
giorno.
Sembrava
anche più incerta ed esitante, come se avesse paura di cadere
ad ogni passo che faceva.
Io
non sapevo come fare per poterla aiutare.
Cercavo
di esserle vicino, e non lasciarla mai. Per lei, ma anche per me.
Volevo
capire... ma non arrivavano risposte. Volevo fare qualcosa, ma non
sapevo cosa fare.
Iniziai
ad arrabbiarmi. Perché papà se n'era andato? Perché?
Perché aveva causato tutto questo dolore? A me, alla mamma?
Inoltre,
appena passato qualche giorno, si sparse la voce che Fugaku Uchiha,
capo clan degli Uchiha era stato assassinato dai due... motivo per
cui se l'erano data a game.
E
io improvvisamente persi il nome.
La
gente che passava quando mi riconosceva non mi chiamava più
“Raimaru” o semplicemente “L'Hatake” no. Ora
ero “Il figlio del traditore”.
Mia
madre disse che la gente aveva la memoria corta, che era ingiusto che
si fosse dimenticata di quanto Kakashi avesse fatto per la foglia...
ma io non riuscii a non colpevolizzarlo. Perché aveva ucciso
Fugaku? Perché diventare traditore se non per loschi affari?
Perché mi aveva abbandonato?!
Persi
il conto delle lacrime che versai. Smisi di passare di fronte agli
specchi. Odiavo ogni superficie riflettente. Gli assomigliavo troppo
con quei capelli del colore dell'argento, che appena misi mano alle
forbici tagliai alla meno peggio... anche se mia madre poi mi sgridò
sonoramente per lo scempio compiuto.
Presi
anche ad allenarmi con ferocia e compilai, con l'aiuto che richiesi
di Genma ricattandolo con una promessa che mi aveva fatto qualche
tempo prima di non dire nulla riguardo a una cosa che gli avevo visto
fare, il modulo per entrare all'accademia ninja, dato che sin ora ero
andato solo alla scuola civile.
“Non
sarai mio figlio fino a quando non ti mostrerai degno di esserlo"
così aveva detto. Beh, io avevo anche le abilità di
mamma. Potevo superarlo, non solo essere 'degno'. Gli avrei mostrato
che potevo anche fare a meno di lui. Che potevo essere più
forte di lui, e che potevo badare alla mamma anche se lui non c'era!
Così
chiesi a Genma di prestarmi una bandana e ci nascosi i capelli sotto.
Quei
giorni sono piuttosto confusi e dolorosi, però ricordo ancora
che furono in molti a stringersi intorno alla mamma per cercare di
darle aiuto e tutto il sostegno possibile.
Ricordo
anche che la mamma aveva un aspetto poco sano, il volto segnato e un
po' scavato, l'aria debole e fragile.
Un
giorno, a qualche mese di distanza dalla... partenza di mio padre
provai a prepararle qualcosa da mangiare, con il risultato che
riempii la cucina di farina e le polpettine erano piuttosto sformate
e di grandezze diverse.
Avevo
compiuto cinque anni, e sebbene per l'età 'civile' fossero
pochi, ero piuttosto avanti con la mente, tanto che nella scuola dove
andavo prima mi avevano fatto avanzare di vari livelli di classe.
Però
presi il piatto e glie lo portati sino in camera dove dalla finestra
guardava fuori con occhi lontani, come se potesse vedere ben oltre
alle mura di Konoha o alla foresta che la circondava.
Aveva
una mano appoggiata sulla pancia, e con l'altra si sosteneva il capo,
le gambe ripiegate sotto il corpo e allungate da un lato.
“Raimaru
cos'hai fatto?” mi chiese vedendomi entrare.
“Ti
ho preparato da mangiare! Non mangi mai ultimamente”
Un
pallido sorriso le aprì il volto, come un sole che tenta di
far capolino dietro ad una nuvola.. anche se viene presto oscurato di
nuovo.
“Ah,
tesoro ti ringrazio non dovevi” mi disse carezzandomi i
capelli, e assaggiando una polpetta.
“Beh...
sono più commestibili di quelle che ha preparato Genma la
prima volta che l'abbiamo obbligato a cucinare... però la
prossima volta usa il sale e non lo zucchero...” mi disse lei
cercando di abbozzare un mezzo sorriso, o quanto meno tentando di
farlo.
“Forse
è meglio che mi insegni tu come fare...” dissi dopo
averne assaggiate un pezzetto.
Lei
mi abbracciò stringendomi a sé.
“Ah,
il mio ometto... stai crescendo bene sai...”
“...”
non potevo non essere che lusingato dalle parole della mamma. In
fondo non era una che si prodigava troppo in complimenti, neanche per
me.
Notai
per la prima volta che aveva un poco di pancia, cosa strana dato che
lei era snella e slanciata come un giunco, e ultimamente mi era
sembrata persino più magra del solito...
Ma
non ci badai più di tanto, e mi lasciai coccolare volentieri,
inspirando il profumo della mia mamma, che aveva toni che sembravano
avere il potere di rilassarmi.
“Raimaru...”
qualcosa del suo tono esitante mi mise un po' in allarme. E ora che
accadeva ancora?
Capitolo 3 *** 3-Un nuovo fratello... o sorella? ***
“Aspetto
un bambino”
La
notizia mi risuonò nel cervello come un gong.
Cosa
voleva dire? Lo aspettava da dove? Doveva arrivare in casa? Forse
allora era meglio ripulire il pasticcio che c'era in cucina...
“E
quando arriva? No, perché mi sa che è meglio dare una
pulita alla cucina...” commentai.
Lei,
per la prima da quando mio padre era scomparso ridacchiò
sinceramente, con serenità.
“No,
caro. Non hai capito. Io sono incinta. Avrai un fratellino... o una
sorellina”
Capivo
il concetto di 'incinta', avevo visto alcune donne al parco giochi,
con la pancia grande come se avessero ingoiato un pallone tutto
intero, anche se non comprendevo il 'come' e il 'perché' della
cosa.
Questa
volta in cervello mi cadde nel caos.
“Ma
è.. è...”
Mi
sedetti in terra per evitare di caderci.
No.
Questo era troppo.
Sentii
la mano di mia mamma carezzarmi gentile i capelli.
“Piccolo
mio... cosa ti turba?”
“È
… figlio suo vero?”
Lei
comprese chi intendevo per 'suo' e annuì.
“Allora
non lo voglio!” dissi con decisione, sentendo le guance che mi
si arrossavano per la rabbia e la frustrazione.
I
suoi occhi si sgranarono di sorpresa.
“E
perché mai?”
Rimuginai
un momento.
“Perché...”
cercai di raccattare tutti i termini a mia disposizione per spiegarmi
al meglio.
“...già
io devo... affrontare la mia eredità. Per molte delle persone
che incontro sono 'il figlio del traditore' non Raimaru. Non mi
guardano in faccia, alcuni fanno finta di non vedermi o non mi
considerano. Alcuni insegnati che prima erano gentili... ora non lo
sono più.. E... io non voglio. Non voglio per me e non voglio
che sia per... per qualcun altro. Già gli somiglio tanto..
troppo e poi... io... io non so come spiegarmi...” dissi
cercando di tirare fuori quello che pensavo.
“Credo
di capire cosa intendi. Ma non sarebbe giusto rifiutare un tuo
consanguineo solo per quello Raimaru”
“Perché?”
chiesi.
“Perché
lui non ha colpa”
“Spiegami”
dissi tentando di comprenderla, anche se forse già intuivo
cosa stava dicendo.
“La
gente sbaglia a puntare il dito su di te, vedendo in te solo il
figlio di Kakashi, senza contare quello che sei tu.
Sarebbe
come se io mi mettessi a odiare te solo perché sei molto
simile a tuo padre.
Ma
cosa importa? Tu sei mio figlio, non solo suo e ti amo per quello che
sei. Una persona vera e distinta.
Inoltre...
la folla è come un branco di pecore... seguono quello che bela
più forte, poco importa se dice sciocchezze o verità.
Tuo
padre... ha molto di buono oltre che il cattivo.
Ha
servito fino a poco fa il paese con dedizione e fedeltà... e
ha sacrificato molto più di quanto la gente non sappia o non
immagini. Fanno in fretta a puntare il dito e a chiamare 'traditore'
la stessa persona che il giorno prima chiamava 'eroe'.
È
sempre stato un ninja straordinario, e se avessi ereditato anche solo
la metà del suo talento... avrai un enorme successo
nell'accademia dove so che hai mandato la richiesta di ammissione”
disse concludendo con un mezzo sorriso.
Arrossi
di colpevolezza questa volta.
“Non...
non sei arrabbiata?”
“No.
Era naturale che prima o poi succedesse... speravo solo di avere più
tempo. Raimaru... sei figlio di due ninja, e per tua sfortuna o
fortuna che sia... temo che sia un mestiere che si tramanda nel
sangue. Io sono nata con l'impulso della battaglia e... pure lui era
come me.
Solo...
due cose.
Uno.
Non avere fretta. L'infanzia è una sola Raimaru e quando per
ti bagnerai nel sangue di una persona che uccidi... sarà
troppo tardi per ripensarci e tornare sui tuoi passi.
Quando...
quando rimasi incinta di te avevo solo diciassette anni, ma avevo già
ucciso molte, troppe volte. É una cosa che ti cambia la
vita... forse necessaria, per il bene del villaggio e dei civili che
proteggiamo... ma che ti segna nel profondo, quindi non avere fretta
di arrivare a quel giorno solo per smania di raggiungere tuo padre.
Lui
può aspettare”
Arrossii
ulteriormente per quanto lei fosse riuscita a leggermi sin nel più
profondo recesso della mia anima.
“Due...
la prossima volta prima di fare qualcosa avvertimi. Mi irrita quando
si fanno cose alle mie spalle chiaro?”
“Si
mamma”
“Mh,
bene. Ora andiamo a ripulire la cucina”
La
seguii quindi in cucina, dove iniziammo a rimettere a posto stoviglie
e ingredienti.
In
seguito mi parve che qualcuno avesse accelerato lo scorrere delle
ore.
Il
tempo volava, veloce come un falco in picchiata, mentre le mie
giornate si dividevano tra la nuova scuola, che appresi era assai più
impegnativa della precedente e la casa, dove aiutavo la mamma, che
sembrava stare un pochino meglio, almeno moralmente, dato che
capitava spesso che al mattino veniva verde in volto e doveva andare
in bagno a rimettere.
Però
mi disse che era normale e non era malata, e mi fidai della sua
parola.
Appresi
poi nel tempo, raccogliendo informazioni frammentarie qua e là
che oltre a Fugaku Uchiha erano morti altri due componenti del clan,
tutti e tre uccisi con sistematica precisione da Kakashi Hatake e
Itachi. Le due ANBU erano troppo forti e ben addestrate... non
avevano semplicemente avuto scampo.
Obito
nonostante tutto difendeva a spada tratta i due, gridando ai quattro
venti che, secondo lui doveva per forza esserci un motivo dietro a
tutto ciò.
Sasuke
invece, il fratello minore di Itachi invece la prese molto sul
personale, e arrivò addirittura a guardarmi con astio, e mi
divenne presto chiaro che ogni colpa la imputava e riversava su mio
padre... e che quindi vedeva male anche me.
Ci
misi anima e corpo in questa scuola... e presto compresi cosa voleva
dire mia madre quando diceva che era inevitabile che diventassi un
ninja anche io.
“Ce
l'hai nel sangue, sei figlio di due ninja..” era solito dire,
con orgoglio e tristezza nella voce.
Ora
compresi cosa voleva dire.
Dopo
aver capito le basi, come fosse anche solo lanciare kunai e shuriken
e ad imparare a bilanciarli nelle mani.. le esercitazioni...
compresi.
Il
mio corpo sembrava muoversi da solo, quasi fossero i miei stessi
muscoli a insegnarmi un qualcosa di atavico sopito nel mio animo,
erano loro a muoversi quasi prima del mio pensiero.
Avevo...
istinto. Sentivo a pelle cosa dovevo fare e come colpire, e
aggiungendo ciò all'istruzione mentale datami dal sensei
affinai anche il cervello, imparando a poco a poco a impostare la
mente con strategia militare e iniziare a tentare di anticipare i
nemici, elaborare i problemi, e analizzare situazioni.
Mia
madre mi diede molto aiuto, accettando volentieri di dibattere con me
di punti che mi erano sfuggiti o dandomi punti più realistici
su cui basarmi, tirando fuori eventi di sua esperienza.
Lì
devo ammettere che rimasi piuttosto sorpreso.
Era
sempre stata una mamma molto presente, e quando aveva ripreso
servizio, da che io sapessi aveva sempre svolto missioni di seconda
importanza, e vicino a casa.
Nella
mia ingenuità da bambino, non mi era mai passato di mente di
chiederle di più su cosa avesse fatto prima della mia nascita.
Questo
mio stupore dovette trapelare a una mia domanda perché lei mi
pizzicò gentilmente una guancia dicendo “Ehi marmocchio
ma per chi mi hai preso?”
Ridacchiò
piano “Guarda che sono anche io un jonin di alto livello...
sai?”
Il
mio sguardo stupito la fece ridere ulteriormente “Ma... non sei
mai andata via da casa e..”
“E
cosa? Io assieme a Kakashi sono uscita dall'accademia con cinque/sei
anni, e sono stata allieva di Minato, inoltre ho anche fatto un lungo
apprendistato presso Tsunade-sama, una dei tre sennin. Sono il ninja
medico più abile dopo Tsunande stessa, e una delle migliori
esperte di jutsu della foglia dopo Kakashi.
Credimi
se ti dico che nessun nemico oserebbe prendermi troppo sotto gamba.
Semplicemente,
quando sei nato tu ho scelto di rallentare il ritmo della mia vita e
uscire dalle ANBU per poterti crescere come madre.
Non
volevo che mi conoscessi solo come la donna che ti ha generato e che
vedevi si e no un paio di volte a settimana”
Oltre
a quelle conversazioni, avrei anche voluto chiederle cosa ne pensava
lei della scomparsa di mio padre, ma vedevo un tangibile velo di
malinconia e dolore avvolgerla ogni volta che veniva evocato il
fantasma della sua presenza, per cui esitavo a fare domande.
Però
ottenni il suo permesso di andarmi ad allenare con i miei
consanguinei a villa Hyuga.
Mi
disse che lo avrebbe fatto volentieri lei stessa, ma dato che era
incinta, preferiva evitare colluttazioni pericolose, sebbene anche
solo con un principiante come me.
“Rimedierò
più avanti, una volta che tuo fratello o sorella che sia sarà
nato” mi disse.
E
questo mi aiutò ulteriormente, anche se loro si concentravano
di più sull'affinare le mie capacità in quanto Hyuga,
ossia lo juken e l'abilità oculare.
Ci
volle appena qualche mese perché superassi i miei compagni di
corso e si rendesse necessario che mi trasferissero in una classe più
avanzata.
Assorbivo
ogni insegnamento come un terreno da tempo asciutto raccoglie
avidamente ogni goccia di pioggia.
Nel
frattempo osservavo anche con curiosità sempre crescente il
ventre mi mia mamma farsi ogni giorno più rotondo e
voluminoso.
Una
volta accettata la questione che sarei diventato il maggiore di un
nuovo fratello, attendevo ora quasi con una certa ansia l'arrivo del
nuovo coinquilino.
Oltre
a tutto ciò legai anche di più con Naruto.
All'inizio
della sua accademia sembrava davvero un caso perso. Non seguiva le
lezioni, era birichino e furbastro, faceva dispetti e sembrava non
capirci nulla di ciò che gli insegnati gli spiegavano.
Ma,
dopo le sfuriate della madre, e viso il mio “successo”
quando entrai nella scuola, sebbene lui fosse più avanti di me
dato che aveva quattro anni in più, lo spronò a
migliorarsi, se non altro per dimostrasi all'altezza di suo padre e
non volendo essere da meno di me.
Presi
l'abitudine di allenarmi anche un poco con lui, e ripassando le
lezioni insieme, lo aiutai a colmare le lacune formate dagli anni
precedenti dove aveva bigiato la scuola.
Anche
se, non brillava mai negli esami scritti, presto compresi che lui era
un tipo “fisico”. Imparava con il corpo, più che
con la mente. Si affidava più a sensazioni e istinto che non
ad una strategia premeditata.
E
con questo iniziai quindi un nuovo capitolo della mia vita.
Anche
se... l'immagine di mio padre rimase nel centro del mio cuore,
dilaniata e circondata da una bufera di emozioni diverse.
Decisi
che prima di riprendere l'argomento avrei dovuto parlarne con la
mamma, ma non ora.
Itachi
percorse la strada con estrema calma, coperto dal cappuccio e con la
grande cappa che portava, nessuno l'avrebbe riconosciuto. Tanto più
che i pochi che percorrevano la stessa strada erano gente semplice.
Contadini, pescatori e qualche mercante. Non si aspettavano certo di
incrociare la strada di un nukenin! E poi comunque, le loro semplici
vite avevano ben poco d'offrire d'interessante ad un ninja.
Nessuno
era abbastanza ricco per poter essere d'interesse a un rapinatore, o
a conoscenza di segreti che avrebbero attirato le spie, né
avevano nemici abbastanza potenti da poter essere vittime di un
assassino.
Dunque
procedevano per la loro strada, sereni e ignari, indaffarati nelle
loro semplici vite.
Itachi
per un istante quasi invidiò quella semplice esistenza. In fin
dei conti sia lui che Kakashi erano appena poco più che
ragazzi. Giovani uomini, ma che avevano già visto cose che
sarebbero bastate per una vita, e sulle loro spalle pesavano gli
intrighi e i segreti in cui erano invischiati per un motivo o per
l'altro.
Un'altra
ombra lo seguiva con altrettanta solerzia e con altrettanto silenzio.
Di
settimane di cammino che avevano compiuto, Kakashi era stato sempre
estremamente silenzioso.
Non
che io fosse l'immagine della loquacità, ma era così
tanto tempo che non gli si sentiva spiaccicare parola che quasi ero
tentato di controllare che avesse ancora la lingua in bocca.
Tuttavia
non mi sentivo né in vena di rompere il silenzio, né
avevo un argomento adeguato su cui dibattere. Non mi sembrava il caso
di mettermi a parlare di facezie come il tempo o quanto fosse verde
l'erba.
Dunque
proseguii.
Finalmente
giungemmo alla grotta in cui ci era stato ordinato di arrivare.
Ad
attenderci c'era un tipo con i capelli color carota che si faceva
chiamare 'Pain', dolore, assieme ad una donna con i capelli blu scuri
e una rosa di carta bianca che li adornavano, che non si era ancora
mai presentata.
“Dunque
siete tornati...” commentò Pain.
“Abbiamo
fatto quanto ci hai ordinato. Né più né meno”
disse Kakashi con voce piatta.
Presi
un rotolo ninja che lanciai a Pain, che lo prese e lo aprì per
controllarlo.
“Ottimo
lavoro” disse una volta finito di leggerlo. “Konan,
procedi pure” ordinò alla donna.
Lei
frugò in un baule posto poco dietro di loro ed estrasse
alcuni oggetti, che poi venendo davanti a noi ci porse.
“Benvenuti
nell'organizzazione alba. Questi sono vostri e faranno da ora in poi
parte della vostro equipaggiamento”
Ci
porse due lunghe cappe nere con le nuvole rosse disegnate sopra, e
due anelli con disegnato un simbolo sopra.
Anche
se non ci era stato ordinato indossammo le cappe, e infilammo gli
anelli al dito anulare.
Sentivo
lo sguardo indagatore di pel di carota su di noi, che analizzava ogni
nostro movimento o espressione. Ma sia io che Kakashi eravamo due
ANBU troppo ben addestrate per farci sfuggire anche solo un pensiero.
E
comunque al momento eravamo qui per questo... entrare
nell'Akatsuki... era una delle più potenti organizzazioni di
Nukenin, e sarebbe stato un buon luogo dove trovare denaro e armi.
“Molto
bene ora vi parleremo di ciò che dovete fare. Il nostro scopo
ora è quello di accettare missioni mercenarie per poter
aumentare i fondi di cassa dell'organizzazione. Konan vi darà
di volta in volta ordini specifici tramite i suoi angeli di carta che
posizionerà in luoghi strategici. Voi dovrete compiere la
missione, ritirare la ricompensa e venire ai punti di riunione e
consegnare l'oro a Kakuzu. Ovviamente potrete tenere la vostra
percentuale per voi...”
“Sarà
fatto” dissi piattamente.
“Bene,
per ora il vostro compito è quello di andare alla costa del
villaggio delle onde, a nord e attendere l'arrivo di un nostro uomo
che sarà il terzo membro del vostro gruppo”
“Avevamo
capito che i gruppi di alba si muovevano in due” disse Kakashi,
il tono avrebbe potuto essere anche di protesta, se non fosse così
mortalmente piatto, come se in verità non è che gli
interessasse più di tanto.
“Già...
ma purtroppo gli altri sono tutti accoppiati, e per quanto abile è
sempre meglio non essere mai del tutto da soli per questi tipi di
missione... andate pure”
Congedati
da Pain, facemmo quanto ordinato e ci spicciammo a raggiungere il
punto designato.
Il
villaggio era piccolo ma abbastanza caotico e trafficato da far
passare inosservati due stranieri, quindi ne approfittammo per fare
scorte di riserve alimentari.
“Dobbiamo
dunque aspettare questo tale...” commentò Kakashi con
voce misurata, quasi un po' rauca per il poco utilizzo.
“Così
sembra..” confermai.
Con
un grugnito mi seguì mentre mi dirigevo verso le banchine del
molo.
Ne
scelsi una che sembrava vecchia e sgangherata, motivo per cui era
stata abbandonata e non c'era nessuno nei dintorni.
Mi
sedetti sul molo, con i piedi che penzolavano a poco dall'acqua
placida. Kakashi invece scelse di appollaiarsi sul un palo conficcato
poco più avanti nell'acqua, che probabilmente tempo prima
serviva come ormeggio.
Così
restammo in attesa, in un silenzio contemplativo.
Nonostante
fossi io stesso diventato nukenin mi faceva ancora molto strano
vedere Kakashi avvolto dal mantello nero e rosso, con la tacca
orizzontale che barrava il simbolo della foglia sul coprifronte.
Era
come... innaturale.
Lui
non era cambiato di molto: i soliti capelli arruffati e perennemente
spettinati, il solito sguardo acuto e penetrante... però
sembrava come più sciupato. Mi ritrovai a pensare che in
effetti doveva aver perso anche un po' di peso da quando avevamo
lasciato il villaggio. Possibile che...
“Piacere
di conoscervi...” intervenne una voce alle nostre spalle.
Prima
ancora di pensare ci voltammo entrambe con le mani già sulle
armi, pronti ad usarle.
“...
il mio nome è Kisame Hoshigaki. Il nostro... amico in comune
mi ha detto che farò parte di questa squadra. Sapevo che sarei
stato in compagnia di due ex-konohani, ma non credevo che mi sarei
trovato proprio con voi” disse dando enfasi al voi.
“Due
dei ninja più famosi... Itachi Uchiha della foglia e Kakashi
dello Sharingan, altrimenti detto il copia ninja”
Sia
io che Kakashi abbandonammo le armi, almeno in apparenza amichevoli e
tranquilli.
“Anche
io ti conosco... Il Fantasma Del Villaggio Della Nebbia. Così
come so che la spada che porti con te, chiamata 'Pelle di Squalo' ti
rende uno dei famosi sette..”
Kisame
concesse a Kakashi un tiepido sorriso.
“Sei
ben informato”
“Ero
un membro della squadra assassina. Conoscere il nemico era mio
dovere. Ho avuto... trascorsi poco piacevoli con la nebbia”
“Il
rapimento della ragazzina..”
“Ero
nella squadra di salvataggio”
“La
poveretta non c'è l'ha fatta eh?”
“Era
una mia compagna di accademia, tutto qua” il tono di voce di
Kakashi era piatto e freddo. Misurato. Sembrava a metà tra
l'annoiato e l'indifferente.
Come
se tutta la conversazione per lui, avrebbe potuto benissimo anche non
svolgersi, da come gli interessava.
“Ma
d'altra parte anche a me piaceva informarmi sui nemici degni di
nota... e così come le tecniche illusorie di Itachi erano
messe nel libro nero..” disse accennando con il capo nella mia
direzione come se volesse rendermi onore “...era annotato anche
che Kakashi dello Sharingan aveva copiato quasi mille tecniche e lui,
con la sua... compagna.. una certa Lòng Hyuga stavano
seminando il panico tra tutti i nukenin della terra del fuoco”
Osservai
attentamente la reazione dell'albino.
Lui
si limitò a fare spalluccia, come se la cosa non fosse nulla
di speciale.
“Avevo
anche saputo che avevi avuto un cucciolo da quella... e non vado
errato ti eri sposato... e poco prima di... ahem.. lasciare il mio
villaggio avevo sentito voci secondo la quale la donna fosse di nuovo
incinta”
La
notizia mi folgorò in pieno, e dovetti usare una buona dose
della mia abilità da spia per dissimulare la sorpresa della
notizia.
A
suo favore bisogna dire che Kakashi non diede alcun segno di allarme,
irritazione o qualsiasi altra emozione.
Si
limitò a fissarlo per la prima volta negli occhi, con quel suo
sguardo affilato di quando sembra che voglia sezionarti vivo per
scrutarti sin nelle ossa.
Dava
l'impressione di riuscire a vedere anche il tuo pensiero più
oscuro.
A
onore di Kisame bisogna invece dire che sopportò l'esame senza
fare una piega.
“Già,
a quanto pare è così. Sembra che il nuovo marmocchio
nascerà con l'arrivo dell'inverno. Mia.. 'moglie'...”
disse imprimendo un tono beffardo nella parola moglie “... deve
averlo concepito poco prima che me ne andassi” scosse le spalle
con il fare di uno che non glie ne importa poi tanto. Come se stesse
parlando di cosa voleva mangiare per cena.
Kisame
ridacchiò sommesso. “A quanto pare avrò dei bei
compagni di squadra...” di nuovo fece una risata sommessa. “Lo
sapevate che gli squali sono cannibali? A volte si cibano dei loro
fratelli, o addirittura, dei loro stessi figli..”
Angolo
d'autore.
Beh,
ragazzi, ammetto sinceramente che non so, ma proprio non so, dove
andrà a finire di parare questa storia, ma tutto sommato
continuo a scriverla quando riesco a trovare il tempo di farlo.
Senza
contare che, neppure io ho ancora deciso se mi piace o meno.
Vi
prego davvero di darmi le vostre impressioni e idee sin qui, e perché
no... ditemi anche cosa vorreste che accada in futuro!
Non
vi garantisco che inserirò le vostre idee, ma mi piace sentire
diverse opinioni...
Il
tempo scorreva così veloce che mi sembrava come l'acqua che
filtra tra le dita... per quanto tentassi di trattenerla continuava a
scivolare.
La
mamma si lamentava spesso di mal di schiena, e il che mi parve
normale anche a me: aveva davvero una pancia grandissima!
Capitò
anche qualche volta che ebbe un qualche mancamento, ma fortunatamente
nulla di serio.
Ricordo
ancora alla perfezione, il giorno in cui Genma, che era spesso, come
diceva la mamma “tra i piedi” per casa e con cui avevo
stretto un'insolita amicizia, mi venne a chiamare appena fuori da
scuola.
“Ehi
Rai!” mi venne in contro a passo svelto.
“Ciao
Gen... pensavo non sopportasi l'aria della scuola” commentai,
raggiungendolo.
“Infatti
è così. Solo che sono qui per pescarti e portarti
all'ospedale!”
“Eh?”
“Kushina
ha portato appena dieci minuti fa Lòng là... sta
partorendo” mi disse con un mezzo ghigno, osservando la mia
espressione.
Feci
uno scatto tale che pure lui faticò a starmi dietro.
Kushina
e Tsunade ultimamente si stavano dando il cambio per stare in casa
con la mamma mentre io non c'ero proprio in caso avesse avuto
bisogno.
Una
volta là poi non ebbi più altro da fare che non
aspettare... però ero fremente e vibrante di eccitazione e
preoccupazione.
Ero
molto confuso dalle emozioni che provavo. Se da una parte ormai
attendevo con un misto di ansia e impazienza l'arrivo di un nuovo
fratello ero anche preoccupato per la mamma.
E
poi... se fosse stato come me? L'immagine sputata di un nukenin di
fama internazionale ormai.
Anche
altri avrebbero guardato mio fratello e visto solo la metà di
sangue 'cattivo' che scorreva in noi. Come se non fossimo persone, ma
solo ombre, prolungamenti della SUA ombra.
Il
fatto che lui fosse tanto famoso non faceva altro che ingigantire e
allungare l'ombra che proiettava.
Se
da una parte tutti mi guardavano con diffidenza, come se da un
momento all'altro avrei potuto prendere un kunai e ammazzare il mio
vicino di banco perché mi stavano girando dal verso
sbagliato... c'era anche un'altra cosa da valutare: l'aspettativa.
Come
diceva anche mia madre, sia lei che lui erano tutti e due ninja di un
certo rilievo. Da me tutti si attendevano il meglio. Ero figlio di
due jonin e possedevo un'arte oculare che era battuta per notorietà
solo dallo Sharingan.
Essere
meno che il primo avrebbe non solo deluso le aspettative, ma mi
avrebbe fatto considerare meno che i peggiori.
Per
qualche strano istinto protettivo... non volevo che accadesse tutto
ciò anche al mio fratellino. O sorellina che fosse.
E
questo mi impediva di stare seduto in sala d'aspetto con calma senza
sentirmi come sui carboni ardenti.
Sbuffavo,
camminavo e mugugnavo tutto tra di me, come facendomi un dibattito
mentale tra me stesso.
Credevo
sarei impazzito.
“Ehi
Rai... andiamo fuori a sgranchirci? È un paio di settimane che
non controllo quanto sei migliorato... e scommetto che da diavoletto
quale sei avrai imparato qualche altro trucchetto”
“Non
so se sono d'umore”
“Beh
vieni lo stesso”
Rassegnato
seguii Genma.
Mi
fece lavorare, sul tetto dell'ospedale per schivare i suoi dannati
senbon, mentre io m'infuriavo per tentare anche solo di avvicinarmi
quanto basta per riuscire a toccarlo.
Lui
ovviamente si abbassava al mio livello e usava senbon d'allenamento
smussati sulle punte.
Si
limitava a stare fermo in un punto, e si girava solo su se stesso per
non perdermi d'occhio. Era un altro limite che si era dato.
In
fin dei conti un ninja novizio, neppure ancora genin contro un jonin
era uno scontro abissalmente impari.
Quindi
cercava di riequilibrarlo dandosi grosse penalità.
A
poco a poco, il dovermi concentrare per non beccarmi i suoi spilloni,
che per quanto smussati lasciavano comunque dei lividi, o comunque
davano un notevole fastidio, mi fece spostare la mia attenzione dalla
sala d'attesa al combattimento.
In
effetti in quei giorni avevo imparato la tecnica della sostituzione,
e qualche nuova mossa di Kumite, l'arte marziale base di ogni
ninja... che avrei potuto mettere in pratica, se solo fossi riuscito
ad avvicinarmi!
Alla
fine mi venne in mente una mossa che aveva un che di suicida.
Dopo
aver tentato in mille modi diversi di aggirarlo provai a prenderlo
frontalmente.
Lo
caricai, lui subito diede uno sguardo dubbioso, incerto se fossi una
copia illusoria, ma essendo un jonin esperto ci volle appena un
secondo perché si assicurasse che ero io.
Ovviamente
mi tirò tre spilloni contro, quasi con nonchalance, certo che
mi sarei spostato.
Avevo
chiesto a Hiashi come funzionasse la rotazione suprema, la migliore
tecnica di difesa del clan. Lui mi aveva solo risposto che era troppo
presto perché lo imparassi.
Così
mi ero rivolta alla mamma.
Lei
mi aveva detto “Mi spiace di non potertelo mostrare... comunque
sostanzialmente si tratta di mettere un ondata di chakra dai punti di
fuga, che ti ho già spiegato cosa sono, e imprimergli un moto
rotativo, il che crea una specie di... come posso spiegarlo? Una
specie di 'tornado' di chakra che respinge qualsiasi cosa, jutsu e
oggetti fisici”
Beh,
spacciato per spacciato, tanto valeva provarci.
Impastai
quanto più chakra riuscivo e lo rilasciai di botto di fronte a
me, cercando di farlo andare verso l'alto, dato che ero più
che certo di non riuscire a emettere chakra da tutto il corpo per
poter ruotare.
Fui
stupito più io di Genma di vedere i senbon che cambiavano
leggermente direzione, deviati.
Approfittai
della distrazione per tuffarmi su di lui, con l'intenzione di
colpirlo, ma le ginocchia mi cedettero, e l'unica cosa che fui in
grado di fare è ruzzolargli malamente addosso.
“Ehi
ragazzo tutto bene?” la voce di Genma mi svegliò, e mi
resi conto solo in quel momento che mi ero addormentato... no, che
ero svenuto.
Genma
mi aveva seduto su una delle sedie nella sala d'aspetto, e si era
accovacciato di fronte a me, dandomi gentili colpetti sulle guance
per farmi tornare in me.
Grugnii,
stropicciandomi gli occhi.
“Uff,
mi stavi facendo preoccupare... che diavolo hai combinato?”
“Avevo
sentito parlare della rotazione suprema... mamma me l'aveva spiegata
a grandi linee. Sapevo di non poter far uscire tutto quel chakra di
botto... però ho provato solo a deviare i senbon... uhg..”
gemetti sentendomi tutto un po' sotto sopra.
Genma
scosse la testa, come di fronte a una pazzia.
“Dovresti
andarci più piano ragazzo con il chakra.. se lo azzeri di
colpo potresti rischiare la pelle..”
Sorrisi
debolmente. “In effetti non avevo mai provato a concentrare
così tanto chakra e rilasciarlo così di colpo... sono
sicuro però che potrei perfezionare la tecnica..” mi
difesi.
Lui
scosse di nuovo la testa con uno sbuffo divertito.
“D'altra
parte sei nato da una famiglia di matti... mi viene ancora da ridere
a tutte le scenate ahah!”
La
sua risata morì di fronte alla mia espressione crucciata. Il
fantasma di mio padre era stato nuovamente evocato.
“Scusami
Rai... purtroppo non penso mai prima di parlare..”
Scossi
la testa. Stavo per fargli una domanda quando però uscì
un infermiera per chiamarci.
“è
nata... una bella bambina!” ci annunciò con un sorriso.
Dunque
avrei avuto una sorella!
Sorridendo,
dimenticai ogni fatica e trotterellai dietro all'infermiera.
La
prima cosa che vidi entrando nella stanzetta dell'ospedale fu
l'espressione della mamma: aveva il viso ancora luccicante di sudore,
un po' tirato dalla fatica e dal dolore, ma le sue labbra erano
curvate in un leggero sorriso, dolce. Persino una luce nei sui occhi
si era accesa, e gli dava uno sguardo più morbido.
Poi
osservai che stringeva con delicatezza un fagottino tra le braccia.
Avvolta
tra le coperte candide, c'era la mia neo-sorella.
Una
strana sensazione di eccitazione e avversione mi colse.
Genma
lasciò che lo precedessi e mi avvicinai, arrampicandomi sul
bordo del letto per sbirciare tra le copertine.
Un
visino assonnato mi accolse.
Mi
accigliai vedendo il visino tondo della piccola, ancora arrossato
sulle guance già paffute. Tuttavia riconobbi in quei tratti
ancora mutevoli già delle somiglianze.
Aveva
le sopracciglia della stessa forma delle mie.. e di quelle di mio
padre.
Però
il piccolo ciuffo di capelli che coronava il cranio ancora morbido
era nero, non bianco.
Quando
socchiuse gli occhi dimostrò inconfutabilmente di avere
ereditato anche il Byakugan dalla madre.
“To'
guarda qui... un'altra piccola Lòng che verrà a
prenderci per la collottola tra qualche anno..” commentò
Genma rompendo il silenzio.
Lòng
ridacchiò piano.
“Come
l'hai chiamata?” le chiesi.
“Sinceramente
sono nove mesi che ci penso, ma ancora non ho trovato quello
giusto... tu che ne pensi?” mi chiese.
Arricciai
le sopracciglia, pensoso. Mi venne in mente di quello che aveva
appena detto.
Una
'piccola Lòng'.
“Ryuko”
proposi.
Genma
rise, trattenendosi appena per non svegliare la piccoletta.
Anche
Lòng sorrise divertita.
“Beh...
se proprio deve essere una 'piccola me'... speriamo che almeno questo
nome gli porti fortuna...”
Con
questo il nome fu deciso... e io ebbi la mia nuova sorella.
Naruto
aveva avuto una sorellina circa un anno e mezzo dopo la mia nascita.
La chiamarono 'Hina' che significa 'luce del sole' e dato i capelli
chiari della piccola -ancor più chiari di quelli del padre o
del fratello maggiore- trovai che fosse un nome molto calzante.
E
io crebbi. Non solo fisicamente ma anche mentalmente.
Ero
sempre in testa a testa con Sasuke a essere il primo della scuola.
Prendevo i voti migliori di ogni materia, e mi allenavo con costanza
in ogni tecnica nuova che imparavo.
Persino
nel clan degli Hyuga, sebbene molti mi guardassero storto tra i
giovani presto non ci fu più nessuno in grado di tenermi
testa... salvo Neji.
Trovavo
buffo che fosse mio 'zio' in quanto fratellastro di mia madre,
sebbene avesse appena cinque anni in più di me.
Io
nonostante i miei quattro anni in meno, ero riuscito a raggiungere la
stessa classe di Naruto, quindi ora gli facevo da vicino di banco.
Con
Naruto avevo un rapporto di amicizia molto stretto, ma comunque non
avevo un carattere troppo espansivo.
Preferivo
tacere e osservare... si scoprivano molte più cose in questo
modo...
Tuttavia
mi piaceva porre domande. Se per il resto ero silenzioso, avevo una
sete infinita di sapere. Conoscevo a memoria tutte la teoria di tutte
le tecniche più conosciute nel villaggio.
Con
mia sorella all'inizio avevo avuto un rapporto controverso. La
osservavo circospetto, da lontano. Quasi incerto se ritenerla un
intrusa in casa o accoglierla per davvero in famiglia.
Mia
madre se ne accorse, ma mi diede del tempo, facendo finta di non
vedere, per poter rimuginare sulla cosa.
Alla
fine, spazientita me la cacciò tra le braccia, lasciandomela
per la prima volta tenere.
Non
so cosa mi colpì di più, se lo sguardo sorpreso e
curioso con cui i neonati guardano il mondo, come se ogni cosa fosse
una meravigliosa novità, oppure se avvertirne la fragilità.
Era
piccola, indifesa.
Capace
solo di gorgheggiare e strillare. Se la mamma non l'avesse nutrita
sarebbe morta di stenti. Era completamente dipendente dagli altri.
Il
corpicino minuscolo era ancora tenero e morbido.
Così
indifeso...
Forse
fu proprio quello a far nascere per la prima volta in me un vero e
proprio istinto di protezione. Quella era la mia sorellina. Era mio
compito proteggerla. Lei era più piccola, e aveva bisogno di
me e della mamma... e io non l'avrei mai abbandonata.
Mia
mamma mi osservava divertita, leggendo dalle espressioni del mio viso
i pensieri che mi attraversavano.
“Sai
ma'” le dissi “Credo di aver compreso un poco di più
quello che mi dicevi della volontà del fuoco e del motivo per
cui i ninja combattono...”
“Beh,
a quanto pare tua sorella con due mesi di vita ti ha spiegato una
delle cose più importanti che un ninja deve imparare nella sua
vita” rispose serafica lei.
“Ricordatelo
e tienilo bene a mente Rai-kun. Nel codice sta scritto che un ninja
deve essere un arma ma non è sempre così che funziona.
È vero che la vita di un ninja è fatta di dovere e
sacrificio ma ci sono cose più importanti. Come le vite di chi
abbiamo cari”
Io
mi limitai ad annuire, osservando la piccola Ryuko osservare gli
oggetti che la circondavano con gorgheggi allegri.
Arrivò
poi il momento più importante: l'esame per la promozione a
Genin.
A
quanto ebbi modo d'arguire gli insegnanti erano incerti su di me.
Anche se dotato erano insicuri se lasciarmi affrontare l'esame o
meno.
Sarei
stato un Genin ad appena otto anni, mentre la media attuale di tutti
gli altri studenti era tra i dodici e i quattordici.
Certo,
c'erano stati parecchi casi di Genin assai più giovani di me
in passato. Come mia mamma, mio papà, Itachi e Shisui e altri
ancora.
Però
ormai era un periodo di pace e non c'era una necessità
pressante di addestrare le nuove leve.
Anzi,
probabilmente in proporzione si aveva una scarsità di Maestri
Jonin a cui affidarli.
Tuttavia
sembrava che dall'altra parte... erano invece dispiaciuti nello
'sprecare' il mio talento ad 'ammuffire un altro anno in accademia
mentre ad altri babbei era consentito di passare e farla franca' per
usare le testuali parole di un maestro che per... ehm... puro caso
sentii.
Per
diversi giorni io e Naruto tenemmo d'occhio i sensei.
In
fin dei conti ero più teso di quanto fossi disposto ad
ammettere per via della questione.
Ero
davvero impaziente di mettermi alla prova. Di diventare un ninja come
la mamma.
Anche
se la questione di mio padre era rimasta in sospeso.
Quanti
mi volevano bene evitavano di nominarlo, e per me era rimasto un
punto interrogativo. Da una parte lo odiavo. Era la mia nemesi,
quanto disprezzavo di più: un traditore. E quanti mi
osservavano e vedevano in me il suo riflesso mi guardavano con occhi
sprezzanti e duri. E questo mi faceva odiare di assomigliargli.
Mia
madre però... sembrava esitante sulla questione. E il suo
dubbio si ripercuoteva su di me.
Ciò
che era successo rendeva Kakashi il malvagio della situazione? Oppure
c'era qualcosa di buono di cui potevo essere orgoglioso di aver
ereditato?
Durante
le ore di storia però, quando si passò alla storia
recente, rimasi affascinato nel sentire parlare della battaglia del
ponte Kannabi.
Ormai
era entrata a far parte della storia quella battaglia.
E
sentire narrare ciò che avevano fatto il nostro Hokage e i
suoi tre allievi come se fossero leggende di esotici eroi... faceva
uno strano effetti, e sebbene non lo ammisi a nessuno... mi si accese
in petto una piccola scintilla di ammirazione nei confronti di mio
padre.
Mentre
la mamma lottava per tenere in vita lo Zio Obito, Kakashi da solo
proseguì la missione, e piazzò le cariche di carta
bomba che fece esplodere in testa ai ninja della roccia, tagliandone
i rifornimenti e impedendo alla guerra di continuare.
Certo,
il fatto che Minato ne avesse da solo ucciso una cinquantina dei loro
aiutava, ma la netta inferiorità tattica in cui li avevano
posti aveva costretto lo Tsuchikage ad accettare la resa.
Quando
chiesi a mamma di raccontarmi la storia per intero, dato che molti
dettagli erano stati tralasciati per via della segretezza di molte
cose storse un po' il naso e me la narrò.
Il
sapere che era stata in parte colpa sua, non spense però
quella ostinata scintilla.
Certo,
aveva sbagliato... ma poi si era ripreso alla grande no?
Alla
fine venni ammesso a sto benedetto esame.
Trovai
gli scritti di moderata facilità, a me fecero pure un esame
aggiuntivo di teoria e di tattica dicendomi che per mandare un
bambino in battaglia volevano prima essere sicuri al cento per cento
che fosse in grado.
E
poi la pratica, che fu l'esame della moltiplicazione del corpo.
Non
era una cosa difficile. Anzi, in segreto la mamma mi aveva anche
spiegato le basi su cui allenarmi per imparare la tecnica della
moltiplicazione superiore del corpo.
In
un lampo d'ispirazione, la provai.
Posizionali
le mani già lì Iruka assottigliò lo sguardo
credendo di dovermi bocciare.
Ci
misi tutto il possibile.
Generai
due copie di me stesso.
“Solo
due? Direi quasi deludente” commentò Mizuki, da dietro
la scrivania con fare annoiato.
“Stupefacente
Raimaru-kun! Davvero incredibile... anche se... c'è lo
zampino di tua madre vero?”
Sorrisi
un poco “Ehm.. già Iruka-sensei”
“Ma
cosa...” Mizuki sembrava confuso.
“é
una tecnica superiore della moltiplicazione, Mizuki-san. Sono solo
due copie, ma sono corpi reali non mere illusioni. Davvero degno del
primo della scuola Raimaru. Ti sei meritato la promozione a Genin.
Domani
ti diremo a che gruppo sarai assegnato”
“Ti
ringrazio Iruka-sensei. Mizuki-san”
Legandomi
il copri fronte in testa, uscii dall'accademia pensando.
'Finalmente
ci sono. Anche io ora sono un ninja...'
Trovai
la mamma che teneva la mano a mia sorella appena fuori
dall'accademia.
“Quindi
abbiamo un altro ninja in casa?” mi chiese con un sorriso.
“E
non solo un ninja normale” intervenne Minato, comparso in quel
momento, creando un ossequioso borbottio tra le persone affollate
intorno all'uscita.
“Ho
appena parlato con i professori. Lo hanno voluto sottoporre a test
più difficoltosi dei suoi compagni e addirittura aggiunto
esami in più per timore di mettere un bambino troppo giovane e
impreparato tra le file dei genin...
Beh...
Raimaru-kun ti informo che hai totalizzato il punteggio massimo in
ogni esame... e che da quanto ho saputo da Iruka, li hai stupiti con
una tecnica proibita all'esame”
Mia
madre gli rivolse uno sguardo incuriosito.
“L'esame
consisteva nella moltiplicazione del corpo... e il birbante li ha
colti in fallo riproducendo non una bensì due copie di sé
stesso con la tecnica superiore della moltiplicazione del corpo. Il
che gli ha ovviamente garantito il massimo dei voti...” “Allora
alla fine sei riuscito ad apprenderla!” disse mia madre con un
sorriso orgoglioso.
“E
tu invece dovresti andarci un po' più piano con tecniche
pericolose è pur sempre...”
“No,
Minato-sensei. Consentimi di dissentire. Dato che presto o tardi
si troverà su un campo di battaglia preferisco pensare che
siano le sue copie a perire piuttosto che lui.
Una
mente tattica come la sua ben s'addice ad una tecnica simile, e gli
sarà utile per sopravvivere”
“Suppongo
che tu abbia ragione..” stava per aggiungere altro, ma l'arrivo
di Naruto con Kushina -e anche lui il copri fronte della foglia- lo
distrasse.
“Bene..
andiamo tutti a festeggiare?” domandò mia madre,
trovando tutti d'accordo.
Il
giorno successivo andai con un eccitatissimo Naruto sino
all'accademia.
Non
riuscivo a non condividere, almeno in parte, il suo entusiasmo, per
cui lo seguii con un sorriso stampato in faccia.
“Ah!
Speriamo di finire in squadra insieme eh Rai-kun?”
“Già,
lo spero anche io” gli dissi sorridendogli.
Beh,
sarebbe stato bello, ma non ci speravo troppo onestamente. La fortuna
mi aveva arriso già una volta, facendomi accedere all'esame.
Sarebbe
stata una cosa sfacciata riuscire pure a finire in squadra con il mio
migliore amico... figurarsi.
Dunque
entrai nella sala e attesi che tutti gli altri studenti si
riunissero, trattenendo Naruto per evitare che si azzuffasse già
di prima mattina con Sasuke, a causa di Sakura.
Che
poi cosa ci trovasse Naru-kun in quell'acciuga con i capelli
gomma-da-masticare non ne avevo idea.
Io
con Sasuke ci sarei anche andato d'accordo a grandi linee. Avevamo
entrambi una buona mente tattica, ed eravamo strateghi capaci, ed
entrambe inclini più al silenzio che alle spacconate di
Naruto.
Però
mi guardava con astio per via di mio padre. Dunque non mi permetteva
minimamente di avvicinarmi a lui in alcun modo.
Credo
che sotto sotto, colpevolizzasse Kakashi di aver traviato suo
fratello Itachi.
Naruto
finì in squadra con Sakura (per la sua gioia) e con Sasuke
(con sua infinita pena).
Come
prevedevo Ino Yamanaka, Shikamaru Nara e Choji Akimichi finirono in
squadra insieme.
Stetti
anche ad ascoltare gli altri: Hinata Hyuga, la mia timida cugina,
finì con Kiba Inuzuka e Shino Aburame. Le feci un gentile
cenno di incoraggiamento quando più tardi il loro maestro li
venne a prendere.
E
altri ancora.
“Raimaru
Hatake con Hitomi Utatane e Kindo Asaka” erano due dei più
grandi del corso. Dei ripetenti.
Rivolsi
comunque un mezzo sorriso al gruppetto, con fare amichevole.
“Ah!
Ma Iruka-sensei perché abbiamo in squadra un moccioso?”
chiese Hitomi Utatane, che sebbene portasse quel cognome apparteneva
ad un ramo laterale della famiglia Utatane, quello meno importante.
Iruka
gli rivolse uno sguardo severo. “Veramente abbiamo messo
Raimaru nella vostra squadra per cercare di riequilibrare la vostra
incompetenza. Raimaru ha preso il massimo dei voti mentre voi siete
rispettivamente il terz'ultimo e l'ultimo in classifica...”
Ora
si spiegavano molte cose.
“Verrà
il Maestro Masaku a prendervi tra poco”
Questo
'Masaku' si rivelò un uomo di mezz'età con un
incipiente calvizia tra i capelli castano chiaro.
Salvo
quello sembrava una persona normale, con la faccia bonacciona e un
simpatico paio di baffi.
Era
abbastanza alto, di stazza media, non troppo muscoloso e neppure
troppo grasso.
Un
tipo... normale.
Ci
prese in consegna e ci scortò ad un campo erboso per fare un
allenamento.
Rimasi
perplesso quando notai che ci stavamo allontanando un po' dal
villaggio. Sembrò scegliere un campo particolarmente
sperduto..
Comunque
non feci domande. Secondo quanto stabilito dal codice, io ora ero un
suo sottoposto e lui il capitano.
Dovevo
obbedire alle sue direttive.
Ci
fece fare qualche distratta esercitazione, ma capii subito che c'era
qualcosa che non quadrava, dato che non stava praticamente benché
minimamente guardando gli altri due miei compagni.
Sin
dall'inizio aveva tenuto gli occhi puntato fermamente su di me.
La
cosa mi stava innervosendo.
“Va...
va tutto bene sensei? Ho per caso sbagliato qualcosa?” domandai
infine, quando non riuscii più a tollerare il suo sguardo
puntato contro, che mi sembrava di avere un coltello puntato nella
schiena.
“Raimaru...
Hatake. Sei piuttosto deludente per portare un cognome simile. Figlio
di un traditore...”
La
cosa m'innervosì, ma ingoiai diverse risposte che mi salirono
alle labbra.
Cercai
di pensarla diversamente. E se mi stesse solo mettendo alla prova per
saggiare la mia tempra, o come avrei reagito alle provocazioni?
Ingoiai
quindi il rospo e provai a tornare alle esercitazioni.
“No,
moccioso con te non ci andrò leggero. Prova ad attaccare me
invece che un pezzo di legno fermo”
Lo
guardai per capire se stava facendo sul serio. E quando vidi che era
così lo accontentai.
Tuttavia
era pur sempre un jonin, e com'era prevedibile, nessuno dei miei
shuriken riuscì neppure a sfiorarlo.
“Tutto
qui? Davvero è tutto qui quello che riesci a fare?”
chiese quando mi fermai a prendere fiato.
Rise
sadicamente. “Se è tutto qua quello che riesci a fare
devono davvero aver sopravalutato l'abilità di Kakashi... dato
che dicono tutti che gli somigli come una goccia d'acqua. Non deve
essere poi un granché per tutto il credito che gli danno. È
solo una feccia in più da eliminare, che macchia il buon nome
della foglia. Tsk!”
Quella
che prima era solo una scintilla d'irritazione ora divampò in
una fiamma di rabbia.
“Mio
padre era...” mi fermai da solo, stupito. Cosa stavo facendo?
Prendevo le sue difese ora? Come? E perché?
“Cosa?
Un traditore? Di certo... chissà di quanto sangue si sono già
macchiate le sue mani prima che ce ne accorgessimo. Un falso
doppiogiochista ecco cos'era”
Dovetti
stringere le mani a pugno, conficcandomi le unghie nei palmi e usare
tutto il mio autocontrollo per non scagliarmi a testa bassa contro
l'uomo.
Non
capivo... perché si comportava così?
“Voi
due... mettetelo al tappeto e vi farò Genin” disse ai
miei due compagni. “Non merita neppure la pena di sporcarsi le
mani con te...” mormorò nella mia direzione.
E
cosa che mi lasciò ancor più strabiliato è che i
due obbedirono.
Tentai
di dissuaderli con le parole.
“Ragazzi
questo è.. è assurdo!” tentati di dire.
“è
più assurdo che abbiano anche solo ammesso all'accademia un
piccolo bastardo come te...” disse Hitomi scagliandosi per
attaccarmi.
Ero
già un po' stanco ma avevo ripreso fiato, e i movimenti dei
due erano semplici da leggere come libri aperti. Erano carenti in
tecnica e non sapevano neppure fare una moltiplicazione del corpo
decente... senza contare che con il Byakugan una simile, banale,
tecnica non aveva alcuna speranza.
Alla
fine non usai neppure il Byakugan. Era uno spreco di energie contro
due scemi del genere.
Quando
mi fu chiaro che non avrei potuto farli ragionare mi limitai a
metterli al tappeto senza fargli troppo male.
“Tsk,
due babbei ecco cosa sono” li disprezzò il maestro.
“Resta
comunque di fatto che ci sei ancora te da sistemare moccioso”
“Ora
basta. Me ne torno a casa” dissi, cercando di lasciare perdere.
“Si,
torna tra le gonne di quella donnaccia alla quale appartieni
moccioso”
Fu
più forte di me. Mi bloccai.
“Oh,
sei irritato piccolo Hatake?”
“Non
osare insultare mia madre..”
Non
stetti nemmeno a sentire le ingiurie che le tirò contro,
dandole nomi poco gentili e insinuando che forse era in combutta con
'il traditore'.
Mi
scagliai contro di esso, muovendomi più velocemente di quanto
non fossi mai riuscito a fare prima.
Per
qualche momento riuscii persino a sorprenderlo e a tenergli testa.
Ma
mi resi presto contro che con la semplice foga di un bambino
arrabbiato non sarei andato da nessuna parte e anzi, avrebbe segnato
la mia disfatta.
Ripensai
a quanto mi aveva detto mia madre.
Non
ero nemmeno lontanamente in grado di usare le sessantaquattro
chiusure. Era una tecnica troppo al di là delle mie
possibilità.
“Se
ti trovi in difficoltà e non puoi uccidere, e credimi che è
immensamente più difficile prendere un bersaglio vivo che
ucciderlo, dato che non sei ancora in grado di usare le chiusure...
usa l'intelligenza. Colpisci dove fa male. Il dolore è un buon
mezzo per bloccare. Oppure colpisci punti strategici, togligli l'uso
degli arti o posto che diminuiscano la velocità o la potenza
dell'avversario”
Tanto
valeva provare.
Attivai
il Byakugan.
Mi
tuffai dritto di fronte a me.
Colpii
un centro nevralgico nel ventre, un posto non particolarmente
pericoloso, ma molto doloroso. L'uomo si piegò in avanti dal
dolore e dalla sorpresa.
Usai
il mio slancio, mi appoggiai con una mano sulla sua spalla, facendo
una specie di verticale in equilibrio su di lui, con l'altra mano
conficcai l'indice e il medio sotto la clavicola destra, e lo presi
in un punto di fuga.
Un
altro posto piuttosto doloroso, ma era principalmente un attacco
volto a togliergli la sensibilità dell'arto.
Quando
vidi che i miei attacchi andavano a buon fine... non so, fu come un
senso di galvanizzazione.
Sentii
di potercela fare.
Il
mondo sembrò rallentare introno a me, mentre il mio corpo
reagiva quasi più veloce del pensiero... sapevo cosa fare
senza quasi necessità di rifletterci.
Lo
colpii con i piedi sulla schiena, mi lasciai scivolare in terra,
mentre lui cercò di colpirmi con il braccio sano, girandosi su
sé stesso.
Da
in terra gli colpii gli interni delle ginocchia e rotolai su di me
per togliermi dalla portata delle sue gambe.
Ora
aveva certamente le gambe dalle ginocchia in giù che
formicolavano, e gli avevo tolto l'uso del braccio destro, quindi dei
ninjutsu.
Mentre
ansimava per il dolore mi moltiplicai, e lanciai la copia sul lato
destro, quello debole. Com'era prevedibile cercò di compensare
il braccio invalido ruotando rapidamente su sé stesso, con
l'arma in mano e alzando il braccio in un gesto volto sia a
proteggersi che attaccare.
La
mia copia gli esplose in faccia lasciandolo stordito, e allibito.
Io
nel frattempo non avevo perso tempo, sentendo che il chakra era agli
scoccioli.
Gli
arrivai sulla spalla sinistra, lo colpii sotto l'ascella, dove il
braccio si congiungeva al tronco, togliendogli anche l'uso del
braccio sinistro, gli strappai il kunai di mano e con il manico di
questo glie lo abbattei sulla tempia.
Crollò
in terra svenuto.
E
io crollai a sedere esausto.
Se
era tutta qui la forza dei jonin... facevano davvero pietà.
Insomma
si era lasciato gabbare da una copia di un Genin!
Forse
era stato proprio quello a fregarlo: mi aveva sottovalutato troppo e
non aveva giocato tutte le sue carte.
Si,
era sicuramente quello.
Si
era abbassato al mio livello solo che lo aveva calcolato male, e
aveva avuto la peggio.
Mi
guardai intorno desolato.
E
ora? Come lo avrei spiegato alla mamma? E ai sensei?
Sicuramente
quello stronzo avrebbe detto che era tutta causa mia e della mia
violenza... e cosa era la parola di un bambino contro quella di un
jonin?
Avrebbe
detto che era la prova che in me scorreva il sangue gramo di un
nunkenin.
Avevo
voglia di piangere.
Improvvisamente
però nel mio campo visivo apparve Genma, che diede un calcio
nel costato dello già svenuto mio ex-maestro.
“Brutto
bastardo... lo sapevo io che c'era qualcosa di marcio sotto... Tsk!”
sputò ai piedi della figura svenuta.
“Rai-kun
stai bene?” mi chiese.
Io
annuii incerto.
“Scusami
se non sono intervenuto subito... ma prima erano solo provocazioni e
dopo... beh non te la sei cavata così male... accidenti a te
era dai tempi di quando tua madre era piccola che non vedevo qualcuno
muoversi così.. mi hai lasciato a bocca aperta moccioso! Ora
vieni, ho due parole da dire all'Hokage”
Naruto
procedeva tutto eccitato dietro i suoi nuovi compagni, guardando la
schiena del suo sensei.
Aveva
dei pantaloni scuri, con delle fasce bianche intorno alle caviglie, e
dei sandali azzurro scuro. Portava poi una casacca blu scura con lo
stemma degli Uchiha sul dorso.
Indossava
inoltre un copri fronte di traverso a coprire l'occhio sinistro.
Lo
conoscevo di vista, dato che a quanto ne sapevo, Obito Uchiha era
stato un allievo di mio padre, ed era inoltre molto affezionato a
Raimaru e alla sua famiglia in generale.
Sasuke
invece lo stava guardando con altrettanta intensità, certo, ma
per motivi totalmente diversi.
Nonostante
ultimamente si fosse ripreso alla grande, Obito rimaneva ancor sempre
la pecora nera del clan, e Sasuke non sapeva bene se snobbarlo o
dargli un minimo di credito.
Sakura
invece era troppo presa dalla felicità di essere in squadra
con Sasuke per accorgersi di qualsiasi altra cosa, anche se pure lei
non sapeva bene se prendere sul serio o meno un maestro che si era
presentato con due ore e mezza di ritardo, un sorriso a trentadue
denti e spacciandosi per il prossimo Hokage.
Da
quel senso, sia Sakura che Sasuke avevano idea che un Jonin avrebbe
dovuto essere più... serio e misterioso. Insomma i ninja di un
certo livello avrebbero dovuto avere un'aria severa e pericolosa no?
Invece
questo assomigliava assai di più a Naruto esaltato versione
adulta.
Non
giovò neanche alla sua immagine di sensei il fatto che
giungendo alla radura prescelta, mentre si girava per iniziare a dare
istruzioni, s'inciampò in un sasso capitombolando in terra
come un sacco di patate.
Insomma...
sembrava decisamente di più un bambino impacciato che non un
Jonin.
“Uff...
Rin ha ragione, sono troppo distratto...” brontolò
rialzandosi.
“Allora,
dovete sapere che, ora dovrete superare un esame a sorpresa per poter
diventare ufficialmente Genin” disse lui.
“Ma
come? Abbiamo già superato l'esame all'accademia!” gli
gridò contro Naruto, che dentro di sé era piuttosto
preoccupato a riguardo.
“tsk,
tsk” disse Obito schioccando le labbra in segno di negazione,
elargendo però un sorriso divertito ai suoi novelli studenti.
“Il
test all'accademia in realtà ha la pura funzione di
selezionare quanti di voi sono pronti a sostenere questo
esame. Vedi, quest'anno ad esempio, sono usciti dall'accademia circa
una dozzina di squadre di tre elementi. Dubito che più di
quattro riescano a diventare Genin.”
“E
che fanno quelli che non ce la fanno?” chiese Naruto
deglutendo, preoccupato.
Non
era certo un asso di matematica, ma qua la proporzione di fallimento
era due su tre...
Obito
scosse le spalle con fare noncurante.
Ora
veniva la parte difficile.
Non
era mai stato un granché a fare la parte del cattivo. Aveva un
carattere troppo espansivo e solare. Però ora doveva farlo, e
si era promesso di riuscirci.
Kakashi
si che ci sarebbe riuscito bene.
Fermò
un sospiro triste in gola, ripensando al suo vecchio amico. Ancora
non si dava pace a riguardo. Semplicemente non accettava che fosse
davvero diventato 'cattivo'.
“Alcuni
ritornano in accademia e ritentano l'anno seguente. La maggior parte
semplicemente rinuncia” si sforzò di tirare fuori un
sorriso crudele, o quanto di più simile gli riuscisse “D'altra
parte pensaci... se tutti quelli che frequentano l'accademia
diventassero davvero ninja, non ci sarebbe quasi nessuno a fare altro
non credi?”
“Beh
io ce la farò!” strepitò però il biondino,
per nulla impressionato dal sorriso incerto del sensei.
“Vedremo...
la vostra missione è questa” disse tirando fuori con
aria di trionfo due campanelli, che aveva chiesto direttamente in
prestito a Minato-sensei per poter usare gli 'originali'.
“Questi
sono due campanelli. Avete tempo sino al calar del sole per cercare
di sottrarmeli.
Potete
usare qualsiasi mezzo per tentare di prenderli.
Chi
non ce la fa sarà bocciato. Semplice e coinciso”
“Beh,
allora la cosa non si prospetta poi così difficile... non
riesci neppure a stare in piedi!” se la sghignazzò il
biondo, facendo rimanere anche un po' male il novello sensei.
“Ne
sei poi così sicuro?” gli chiese con un lampo
vendicativo il moretto.
Mentre
Naruto e gli altri due lo guardavano, lo sharingan si attivò
nell'unico occhio visibile del loro maestro.
“Pronti?
Partenza... Via!”
E
con ciò scomparve praticamente in uno sbuffo.
I
tre provetti ninja, scoprirono che non era poi così semplice
cercare, e trovare il loro sensei. E anche quando lo trovavano,
questo diede prova di avere una velocità e un'abilità
che era su tutt'altro piano rispetto le loro possibilità.
Oppure
questo faceva finta di inciampare o di fare qualche altra gaffe
altrettanto buffa, solo per poi scoprire, quando i tre si fiondavano
su di lui per placcarlo, che era solo una copia che svaniva in uno
sbuffo.
Solo
alla fine di tutta un'estenuante giornata, fatta di un continuo
rincorrersi e tentare di organizzare trappole per il loro sensei (tra
le quali quella che funzionò meglio fu quella dove piazzarono
delle caramelle come esca sopra una buca coperta di finta erba, cosa
che lasciò Sasuke paralizzato per il disgusto della scemenza
del sensei e fece piegare in due Naruto dal ridere).
Era
ormai il tramonto quando tutti e tre, pieni di bolli, ammaccati, con
i rami nei capelli e le vesti strappate, si fiondarono tutti e tre
insieme sul loro sensei e caddero semi-svenuti dalla stanchezza ai
suoi piedi, ma tutti e tre avevano una mano poggiata sui suoi piedi,
come a indicare che l'avevano catturato.
“Beh,
ragazzi che dire...” disse il moretto grattandosi la testa con
aria indifferente.
Loro
sollevarono gli sguardi, tristi. Pensavano che in fin dei conti erano
stati boriosi. Credevano che sarebbero riusciti a gabbare quel
cretino di un sensei che si erano trovati... invece, avevano però
imparato che le apparenze ingannavano, eccome.
Proprio
nel momento in cui si aspettavano di sentire la ramanzina... il volto
del loro sensei si aprì in un luminoso, scintillante sorriso a
trentadue denti.
“...che
siete promossi tutti e tre!”
Dopo
un attimo di immobilità, Naruto saltò su prendendo a
saltellare per la radura, correndo come un pazzo e gridando “Ce
l'ho fatta! Ce l'ho fattaaaaa!”
Sakura
sorrise, mentre internamente gioiva forte almeno tanto quanto Naruto,
mentre Sasuke si mise a sedere con aria imbronciata.
“Ma...
come mai? Non siamo riusci a prendere i campanelli...”
Detto
questo, l'attenzione di tutto il gruppo si focalizzò di nuovo
sul moro.
“Buona
domanda Sasuke, sono contento che tu me l'abbia chiesto” disse
Obito.
“Vedi,
essere abili a volte non è tutto. Per essere ninja non serve
solo conoscere ninjutsu, bisogna avere volontà. Una volontà
incrollabile, e avere la forza di andare avanti anche quando tutto
sembra impossibile, e lavorare come una squadra, anche quando uno
finirà per essere penalizzato.
Voi
avete iniziato separatamente, ma a poco a poco, quando avete capito
che da soli non ce l'avreste mai fatta, avete iniziato a coalizzarvi
per fare un buon gioco di squadra. E non vi siete arresi, nonostante
la stanchezza, la fatica e...” li guardò com'erano
ridotti male “...le condizioni in cui vi ho tirato. Per me
avete le qualità per diventare ninja. Ma..” aggiunse
fermando l'esclamazione del biondo e della rosa. “..non credete
di essere già veri ninja ragazzi. Siete appena all'inizio, e
la strada per arrivare è ancora molto, molto lunga. Tuttavia,
per ora, direi che vi siete meritati una doccia e una bella dormita.
Andate a casa”
I
tre, felici, obbedirono. In effetti la giornata era stata estenuante,
e avevano non pochi lividi da contare.
Seguii
Genma incerto.
Lo
conoscevo abbastanza da sapere che in questo momento era troppo
arrabbiato e preso nei suoi pensieri per essere di buona compagnia...
tuttavia, un tarlo mi tormentava.
“Genma...
mi hai aiutato tu con quel tipo vero?”
“Uh...
te ne sei accorto?”
“No.
Non tanto almeno. Credevo di aver visto qualcosa, ma è stato
troppo veloce, e prima che spuntassi fuori credevo di averlo soltanto
sognato” “Si, un paio di volte ha provato a
moltiplicarsi per svignarsela e prenderti alle spalle. Diciamo che ho
fatto in modo che non potesse sfuggire alle tue grinfie. Ma comunque,
te la sei cavata più che egregiamente. Per essere un Genin...”
scosse le spalle.
L'avevo
supposto.
In
fin dei conti, ero bravo, ma non così tanto.
Annuii,
in qualche modo rassicurato. Mi faceva troppo strano che un jonin
messo ad addestrare genin fosse così scarso.
Se
invece era intervenuto Genma, beh la cosa aveva senso.
Arrivammo
in fretta al palazzo rosso e bianco da dove l'Hokage dirigeva i suoi
ninja.
Genma
fu subito ammesso all'ufficio, ma m'intimò di attenderlo
fuori.
Sentii
per un lungo momento la voce bassa e arrabbiata di Genma alternarsi
alla voce seria ma pacata di Minato.
Non
riuscivo a sentire le singole parole che si scambiarono ma rimasi ad
ascoltare i toni, tentando d'indovinare cosa ne avrebbero concluso.
Anche
se, alla fine di ritrovai a rimuginare riguardo al fatto che, alla
fine, anche ciò era tutto 'merito' di mio padre.
Certo,
non era colpa sua direttamente, ma quell'uomo se l'era presa con me a
causa sua. Poco ma sicuro.
Perché?
Da
come si era comportato sembrava che ci fosse qualcosa di più
del semplice odio nei confronti di un nukenin.
Sembrava
più... personale ecco.
Genma
uscì dall'ufficio con il senbon stretto in modo nervoso tra le
labbra.
“Gen...
che succede?” gli chiesi.
Lui
scosse una mano. “L'Hokage ha da fare. Si occuperà di te
più tardi. Per ora mi ha intimato di stare qui con te ad
attendere. Vieni, andiamo nella sala qui vicino. Ho bisogno di un the
forte”
Senza
parlare lo accontentai, seguendolo e accettai la tazza di the che mi
cacciò in mano, che la volessi o meno.
Mi
appollaiai su un alto sgabello, pensoso.
“Genma...
perché quel tipo ce l'aveva tanto con me? Insomma, anche altri
mi guardano storto... ma a quello sembrava che gli avessi pestato
proprio i piedi...”
“Ce
l'aveva con i tuoi genitori lo stronzo...” mi rispose.
“Con...
con mio padre?” chiesi.
“Non
solo”
“Perché?”
chiesi curioso. Insomma, che gli aveva fatto poi mia madre?
“Tempo
addietro era un ANBU come... beh come noi. Mancò di rispetto a
tua madre rivolgendosi con poco garbo a lei, che dopo circa cinque
secondi lo spalmò come marmellata su un muro.
Dico
solo questo: tre mesi di ospedale, due costole rotte e una incrinata”
Non
riuscii a trattenere un piccolo sorriso.
“Beh,
se lo meritava era proprio uno stronzo. Ha fatto che insinuazioni
poco... aggraziate riguardo al fatto che una donna sola se ne stava
in squadra con tre uomini...” rifletté lui alzando lo
sguardo con aria di chi sta rivivendo i ricordi.
“Non
capisco che ci sia di strano...” dissi io però.
Lui
mi guardò un lungo momento. Poi si passò una mano sul
viso. “Ah, lascia stare, lo capirai più avanti.
Dimentico sempre che sei ancora un bambino. Anche se di questo la
colpa è tua” disse con un mezzo sorriso però.
“Colpa
mia?”
“Sei
sempre così serioso che dannazione a te come bambino non vali
na cicca. Da quel senso sei tutto tuo pad...” si zittì
una sillaba troppo tardi.
Io
rimasi un momento in silenzio, sentendo una cappa di imbarazzo
scendermi addosso. Dannazione, già gli assomigliavo di
faccia... non bastava?
“Beh
comunque, Kakashi oltretutto lo beccò qualche tempo più
tardi a rivendere gli armamenti forniti per le ANBU per rimpinguarsi
le sue tasche, cosa che gli costò il suo rango. Cosa che,
potrai capire, non gradì molto” disse per tentare di
coprire l'imbarazzo.
Però...
a forza di sentirlo nominare... stava sorgendo in me anche una certa
curiosità.
“Genma...
tu... tu lo conoscevi bene?” chiesi non senza una certa
esitazione.
Lui
mi studiò con viso serio prima di rispondere piano “Si,
o almeno... così credevo. Quanto meno, siamo stati amici.
Anche se forse quello che lo conosceva meglio di tutti era tua madre”
“Come...
come... Com'era? Che persona era?”
“Oh
beh... ci sono tante cose da dire. Iniziammo a lavorare insieme
quando lui aveva quattordici anni. Era stato scelto come capitano per
la nostra squadra. Ci misi un po' di tempo ha inquadrarlo. Era il
capitano più pignolo, rompicoglioni, altero che avessi mai
conosciuto” per un attimo sentii il mio cuore sprofondare. Con
imbarazzo e forse... delusione. Ma poi lui aggiunse “E anche il
migliore in assoluto”
Fece
una pausa, rigirando il senbon tra le labbra con aria di chi sta
raccogliendo i pensieri per poterli esporre.
“Kakashi
per molti sensi ha sempre portato una maschera. E non parlo solo di
quella che si porta in faccia. Nascondeva il vero sé stesso
dietro ad un muro di facciata freddo e distaccato. Chiedeva solo il
meglio da noi, ma non ha mai esitato a dare la sua stessa vita per la
nostra salvezza. Era un capitano rompipalle certo, tutto preso dal
codice ninja com'era ma non ci ha mai deluso.
Era
il più astuto, il più forte. Credo che non ci fosse
nessuno che riuscisse mai a stargli davvero dietro come rapidità
di pensiero. Era sempre due passi avanti a qualsiasi nemico che si
trovasse di fronte.
Del
ninja presenti in questo villaggio credo che gli unici che si possano
paragonare lui -a parità d'età s'intende- siano Itachi
e Shisui Uchiha, e almeno in parte Lòng.
Lòng...
e intelligente e lo conosce abbastanza da saper prevedere entro un
certo margine le sue mosse. Ma non so se riuscirebbe a superarlo in
strategia.
E
se proprio devo dire la mia... credo che siano in molti di quelli che
ora berciano come oche starnazzanti per via del fatto che è
nukenin, mascherino la gelosia per astio.
Per
molti versi si può dire che Kakashi è stata una delle
stelle più brillanti sorte nell'ultima generazione di ninja, e
ora sapere che non è più dalla nostra... spaventa più
di qualcuno.
Ma
tornando all'argomento originale... non so cosa dirti Raimaru.
Ti
stai chiedendo se Kakashi era una brava persona? Si, lo era. Si
preoccupava di noi, che eravamo i suoi sottoposti, si preoccupava di
Obito, che essendo tutt'ora un baka, faceva sempre qualche scemenza,
si preoccupava del benessere del villaggio al pari di come farebbe un
Hokage, ed era abbastanza innamorato di tua madre da far sembrare che
potesse vivere senza mangiare né bere ma nutrendosi solo di
quel sentimento”
L'immagine
che Genma stava delineando corrispondeva assai di più a quella
che avevo io di lui nei miei primi anni di vita. Ma strideva ancor
sempre con quel ricordo di lui insanguinato, che entrava dalla
finestra di casa per dire che se ne sarebbe andato.
"Cresci
moccioso se vuoi essere qualcuno. Tu non sarai mio figlio fino a
quando non ti mostrerai degno di esserlo"
Questo
strideva nei miei ricordi come un marchio a fuoco.
“Tu
ancora non sai di come
sei nato eh?” mi chiese il mio amico con un sorrisetto sbieco.
“Cosa
dovrei sapere?” domandai.
“Oh,
beh, a parte il fatto che tuo padre e tua madre dovettero affrontare
una lunga e interminabile disputa con il capo famiglia degli Hyuga
per riuscire a tenerti...
Quando
Lòng fu un prossimità del parto, un gruppo di nukenin
della terra del fulmine pensarono bene di rapirla.
Lei
era troppo impedita nei movimenti per poter combattere e comunque non
poteva fare mosse azzardate senza rischiare anche la tua di vita,
cosa che le legava le mani”
“Perché
la rapirono?” domandai, immaginando già la risposta.
“Il
Byakugan. Ed essendo incinta, speravano di vincere la tombola e se tu
fossi nato con il Byakugan, cosa che poi in effetti è
successa, avrebbero avuto quattro occhi al prezzo di due”
Annuii,
comprendevo quello. Il Byakugan era una preziosissima abilità
oculare riservata al solo clan Hyuga del villaggio della foglia.
“Kakashi
non sentì ragioni, raccolse me, Shiro -un ninja medico che
all'epoca era in squadra con noi, Te...ehm Yamato e Tsunade e non
avvisò neppure l'Hokage per poter partire prima, mandando
invece Shizune ad avvertire Minato solo una volta che fummo lontano
da Konoha.
Fu
una delle missioni più faticose a cui abbiamo mai partecipato.
Riuscimmo
a trovare Lòng e a portarla via dal covo nemico, ma, giusto a
metà strada tu hai avuto la buona idea di farci una
visitina...” il suo sorrisetto mi fece capire che stava
ironizzando.
“Dunque,
con Lòng impegnata a farti nascere, Tsunade ad aiutare Lòng,
noi quattro dovemmo darci da fare a tenervi al sicuro” il suo
sguardo si perse nel vuoto, segno che stava rivivendo gli
avvenimenti.
“Kami!
È stata la giornata più sanguinosa mai avvenuta dopo la
fine della terza guerra ninja. Credo che Kakashi ne abbia ammazzati
da solo minimo na ventina. Quando alla fine sono arrivati gli Hyuga,
ce n'erano rimasti si e no una mezza dozzina, ed eravamo così
esausti... Shiro e Yamato erano svenuti per il troppo utilizzo di
chakra, e io e Kakashi non riuscivamo neanche più a tenerci in
piedi sulle nostre gambe.
Ricordo
che lui aveva i capelli per metà rossi ed era coperto di
sangue suo e non.
È
riuscito a malapena a vederti, appena nato, ti ha dato il nome ed è
svenuto. Era così prosciugato che ha dormito per due giorni di
fila!
Tra
l'altro il tuo nome sai da cosa è dovuto? Il capo gruppo del
nostro nemico alla fine era giunto a rispettare le abilità di
tuo padre, e prima di spirare gli disse che sarebbe stato un degno
figlio della terra del fulmine” fece una breve pausa. In
effetti quelli del villaggio della nuvola sembrava si fregiassero del
titolo di essere i più bravi nella modifica del chakra di tipo
fulmine.
Così
come da noi, clan come quello degli Uchiha l'arte del fuoco gli
riusciva semplice come respirare.
“Da
qui, prese il tuo nome Raimaru. Figlio del Fulmine”
Tra
tutte le emozioni che provavo man mano che Genma proseguiva nel
racconto, rabbia, orgoglio, soddisfazione e delusione, formando un
nodo doloroso nel mio petto, prevalse la frustrazione.
“Ma
allora perché!?” dissi stringendo le nocche sino a farle
sbiancare e a sentirmi le unghie
conficcate nei palmi.
Genma
rimase diversi secondi in silenzio.
“Credo
che tu, e chiunque lo conoscesse almeno un po', se lo stiano
chiedendo”
Angolino
d'autore:
Solo
una piccola nota: ho fatto una minuscola modifica all'età
della sorella di Naruto, che, invece che essere di tre anni più
piccola di Raimaru, ne avrà solo un anno e mezzo.
Per
il resto beh... pian pianino la storia procede, e spero che vi
piaccia anche a voi.
Genma,
rimase in silenzio, dato che avevo un evidente bisogno di rimuginare
sui miei pensieri.
Fu
solo dopo il tramonto che Minato mandò un inserviente a
chiamarci.
“Rai-kun
solo una cosa...” mi disse appena l'inserviente sparì
oltre la soglia.
“Capisco
che hai bisogno di sapere, e stai cercando con tutto te stesso di
comprendere. E capisco anche il motivo per cui lo chiedi a me, e non
a tua mamma.
Ma
ascoltami. So che dentro di te covi abbastanza rabbia da sentirti
come scoppiare, e so, che un giorno o l'altro che a noi la cosa
piaccia o no, le vostre strade di incroceranno. Ma, se vorrai davvero
affrontarlo... dovrai prima capirlo, e per farlo dovrai chiedere a
Lòng, perché non c'è nessuno. E dico nessuno,
neppure Minato come sensei, né Obito che era il suo migliore
amico, che lo conoscesse come lei”
Subito
rimasi a guardarlo un po' stupito ma poi compresi.
Annuii,
serio.
Lui
annuì una volta e si alzò dalla posa accovacciata che
aveva assunto per potermi parlare guardandomi dritto negli occhi,
alla stessa altezza.
Insieme
entrammo nell'ufficio di Minato. Quest'ultimo sembrava
particolarmente stanco quella giornata.
“Genma,
vai pure mi prendo cura io di Rai-kun. Ah, e informa il servizio
ospedaliero dove è ricoverato Masaku che è stato
degradato a vita al rango di chunin avventizio”
“Sei
sempre troppo morbido Hokage-sama... comunque vado” commentò
Genma con uno sbuffo.
L'Hokage
mi guardò e sorrise morbidamente. “Oggi mi hai dato
un sacco di lavoro extra Rai-kun. Ma, d'altra parte è colpa
mia. Purtroppo tra tutti gli impegni e le riunioni per decidere le
nuove squadre, avevo proprio dimenticato l'astio esistente tra i tuoi
genitori e quello sciocco. Suppongo avrei dovuto immaginare che
avrebbe ritorto la cosa contro di te.
Fortuna
che Genma ti ha preso a cuore a quanto pare, e ti stia offrendo la
sua ala per proteggerti”
Si
strofinò il volto con aria di uno che non vede l'ora di finire
la giornata di lavoro.
“Mi
dispiace Hokage-sama”
Il
suo sorriso brillante e pieno di... bontà mi avvolgeva tutte
le volte in una strana sensazione di calore.
Forse
perché, essendo stato Minato, per quanto possibile dai suoi
impegni, molto presente soprattutto dopo la scomparsa di Kakashi...
in un certo qual modo era il modo in cui immaginavo che un padre
sorridesse ad un figlio.
“Ah,
Rai-kun, lascia perdere sti formalismi, almeno mentre siamo soli. Non
è necessario. Comunque... la questione resta aperta.
Concordo
con Genma sul fatto che non sarebbe giusto rimandarti all'accademia.
Sarebbe come accordarsi con l'intento di quel mascalzone, e ti
penalizzerei inutilmente.
Non
è stata colpa tua e non è giusto che sia tu a pagarne
le conseguenze.
Tuttavia,
è altrettanto vero che, purtroppo le squadre di Genin che sono
passate all'esame sono ora già formate, e non posso metterti
singolarmente sotto un tutore. Certo, Genma si è offerto, e
scommetterei di conoscere almeno un altro paio di ninja che sarebbero
lieti di accollarsi questo compito, tuttavia, le loro capacità
mi servono altrove, e in una qualsiasi competizione sono richiesti
minimo tre membri. Inoltre, stando da solo non avresti la possibilità
di imparare una delle cose più importanti per un ninja: il
lavoro di squadra”
M'illustrò
con tono calmo Minato, alzandosi dalla sedia per passeggiare su e giù
nell'ufficio.
“Quindi
mi è rimasta solo una scelta: ti aggregherò ad una
squadra già formata. È una soluzione piuttosto rozza,
ma al momento non ho altre opzioni accettabili.
Genma
dice che sei piuttosto avanti per un Genin avventizio. Se vuoi posso
inserirti con il Maestro Gai. Lui e la sua squadra sono di un anno
più vecchi rispetto gli altri Genin”
“Minato-san,
se posso permettermi... sarebbe meglio di no.
Non
vado molto d'accordo con... ehm... 'zio' Neji,...” mi faceva
sempre strano pensare che era mio zio. “...e credo che mi
basterebbero un paio di settimane per farmi venire voglia di cambiare
carriera pur di non dover passare ulteriore tempo con Gai. Per l'amor
del cielo, è una brava persona” m'affrettai ad
aggiungere.
“Però
tutte le volte che mi vede mi tratta come una bambola di pezza o un
bambino... o entrambe le cose insieme, e si mette a farfugliare di
imprese passate riguardo al suo migliore amico-rivale, giusto un
attimo prima di innaffiarmi come una pianta di lacrime.
Sinceramente,
ho già abbastanza problemi a staccarmi dall'ombra di mio padre
senza avere come sensei uno che lo nomina ogni due per tre”
parlai con tono calmo, ma con decisione.
Minato
annuì “Si, comprendo le tue ragioni. Purtroppo con il
gruppo di Naruto non ti posso mettere. Hanno come sensei Obito, e
penso che avrà già così i suoi seri problemi a
non fare favoritismi tra Naruto e Sasuke, se ci mettessi anche te
sarebbe la sua rovina” commentò Minato.
Non
riuscii a non sorridere pensando alla situazione.
“Beh
a questo punto ti affiderei alle cure di Kurenai Yuhi, anche se,
forse per abilità sarebbe più consono se come
insegnante avessi Asuma Sarutobi.
Purtroppo
però il secondo ha come allievi i discendenti del trio
Ino-Shika-Cho e temo che i loro clan non la prenderebbero troppo bene
se mettessi un estraneo a 'vedere' le loro tecniche segrete...”
“Kurenai
è la sensei anche di Hinata vero?” domandai.
Lui
annuì.
“Oh,
meglio, avrò qualcuno con cui confrontarmi anche con il
Byakugan. La mamma non ha mai molto tempo ultimamente e il clan...
non è esattamente il mio posto preferito, o per meglio dire,
in cui sono molto ben accetto”
Vidi
una luce farsi più cupa nei suoi occhi al mio commento.
“Bene,
domani mattina presentati da Kurenai. Farò in modo che sia già
informata”
“Grazie
Minato-sama” gli dissi con un inchino di vero rispetto e
gratitudine.
Lui
rise, donandomi uno di quei suoi sorrisi caldi.
“È
stato un piacere Raimaru. Salutami Lòng-chan. Ora vado a casa,
sono sicuro che avrò una piccola peste pronta a raccontarmi
qualche battaglia epica”
Lo
salutai ancora una volta prima che scomparisse praticamente nel
nulla.
Rientrando
in casa, mi accorsi di essere veramente stanco.
In
fin dei conti in quella giornata era successo davvero di tutto.
La
mamma mi aveva lasciato sul tavolo una cena calda, mentre lei era di
là nella stanzetta di Ryuko che la stava mettendo a letto.
Mangiai
con avidità, e posai i piatti nel lavandino.
Incrociai
la mamma nel corridoio.
“Finalmente
sei tornato... com'è andata?” mi domandò con un
mezzo sorriso.
“È
una lunga storia... di sicuro sono stanco morto...” risposi io.
“Beh,
me la puoi raccontare mentre ti corichi...” insistette lei,
facendomi strada verso la mia stanza.
In
effetti alla fine glie la raccontai volentieri.
“Masaku...
si mi ricordo. Brutta storia. A ripensarci, mi dispiace di non
avergli dato na scrollata di più quella volta...”
commentò con un mezzo sorriso.
“Tu
però, ti sei comportato davvero bene. Sono molto orgogliosa di
te, figlio mio” mi disse con voce morbida, avvolgendomi nel suo
abbraccio e carezzandomi i capelli.
Mi
lasciai avvolgere dall'affetto e dalla morbidezza del suo abbraccio,
respirando quel suo profumo che aveva il magico potere di stendermi i
nervi e calmarmi.
Era
come se tutto di lei mi dicesse “Stai tranquillo, ora ci sono
io qui, e nulla può succederti”
Avevo
sentito parlare da tanti altri di lei in modo diverso. Dicevano che
era una persona facilmente irritabile, impulsiva e senza mezze
misure.
Però
io non mi ricordavo una volta che non avesse trattato con modi più
che giusti e con amore. E a me, questo bastava.
“Mamma...
tu mi vorrai sempre bene vero?”
Lei
rise, un suono basso e dolce “Ma che domande fai sciocchino?
Certo che sì!”
Rinfrancato,
m'addormentai mentre ancora mi stava rimboccando la coperta.
Il
mattino dopo mi svegliai molto presto, eccitato com'ero all'idea di
vedere per la prima volta quella che, speravo, fosse la mia sensei in
via definitiva.
Si,
conoscevo Kurenai di nome, e la mamma diceva che erano state amiche,
semplicemente impegni e carriera le avevano separate un po', e
l'avevo vista si e no un paio di volte venire a prendere il the dalla
mamma.
La
mamma era già sveglia, come sempre era piuttosto mattiniera. A
starla a sentire diceva che era una 'deformazione professionale'. Era
talmente abituata agli orari improbi che aveva tenuto durante il
periodo trascorso nelle ANBU che ormai si svegliava presto anche
quando non era necessario.
Stavamo
facendo colazione, quando un leggero bussare alla porta sorprese
entrambe.
Andai
ad aprire e mi trovai di fronte una bella moretta con degli strani
occhi rossi.
“Raimaru
Hatake suppongo... la mamma è in casa?” mi disse con un
sorriso.
Annuii
e la feci entrare. L'avevo riconosciuta. Era lei, Kurenai.
La
condussi in cucina, dove ripresi il mio posto al tavolo.
“Kurenai!
Che bella sorpresa! Una tazza di the?”
“Ti
ringrazio Lòng, volentieri ho abbastanza tempo prima che il
mio team si riunisca”
La
mamma le versò nella tazza del the ancora fumante e le offrì
dei biscotti.
“In
verità sono venuta più che altro a prendere in consegna
il tuo figlioletto... anche se, ammetto che sono rimasta piuttosto
sorpresa di sapere che non lo addestri tu stessa. Insomma, sei una
delle migliori della nostra generazione...” disse Kurenai,
posando la tazza ormai vuota.
Lòng
sorrise e scosse la testa. “Naa, Rai-kun vuole diventare un
guerriero non un medico, e comunque tra Ryuko e il lavoro avrei
davvero poco tempo da dedicargli in modo degno di questo nome.
Inoltre penso che in questo modo abbia la possibilità di
apprendere cose che altrove non apprenderebbe, e andare in missione
con una mamma apprensiva non è il modo giusto di far crescere
un ninja.
In
ultimo, deve avere una squadra per poter apprendere i valori
dell'amicizia e della vita altrui. Deve imparare a lavorare con una
squadra”
Kurenai
fece una risata dolce “Tu apprensiva? L'avessi detto qualche
anno fa non ti avrei creduto...”
“Beh,
che dire è passato più di qualche anno dai tempi delle
ANBU, allora non ero madre. Ma comunque, sono abbastanza obbiettiva
da sapere che i cuccioli non staranno per sempre nella tana, ed è
ora per Raimaru di imparare a cacciare da solo. Chissà che non
sia un ritorno della gloriosa zanna bianca...” disse mia mamma
guardandomi con aria divertita ma anche orgogliosa.
“Bene.
Quindi t'informo che d'ora in poi Raimaru sarà un mio
sottoposto. Ne avrò cura” disse Kurenai alzandosi per
congedarsi.
“Ci
conto!” le disse mia madre, salutandola.
“Zanna
bianca...?” domandai incuriosito, mentre mi alzavo per seguire
Kurenai alla porta.
“Tuo
nonno. La sua fama era tale che veniva considerato al pari dei tre
ninja leggendari. Ma non mettiamo troppa carne al fuoco. Ora vai e
rendimi fiera” mi disse lei baciandomi leggera la fronte per
poi lasciarmi seguire la mia insegnante.
La
seguii in silenzio fino ad uno spiazzo in mezzo ad un bosco fitto.
Al
centro di questo ci stavano tre ragazzi.
La
mia timida cuginetta Hinata Hyuga, con i capelli blu tagliati a
caschetto, salvo due ciocche che le incorniciavano il viso più
lunghe, la pelle pallida, e gli occhi perlacei classici di ogni
Hyuga. Era una ragazza molto dolce e carina, anche se faticavo a
capire il perché fosse così tanto introversa. Riuscire
a fare un discorso più complesso di 'ciao come stai' con lei
diventava difficile per la sua reticenza a parlare, e se nei paraggi
c'era anche Naru-kun diventava assolutamente tempo perso, dato che
non ti ascoltava proprio più.
Kiba
Inuzuka lo trovavo troppo inquieto per i miei gusti. Non riusciva a
stare fermo per troppo tempo, salvo che stesse dormendo, e tante
volte si era trovato a fare il somaro a scuola proprio per quel
motivo. Era un ragazzo piuttosto magro, slanciato e alto, con i
capelli e gli occhi castani e due triangoli rossi dipinti sulle
guance dalla pelle chiara.
Di
Shino Aburame invece non sapevo bene che pensare. Non ero riuscito a
rivolgergli mai un parola in più che andasse oltre al 'ciao',
era sempre talmente tarpato nei vestiti che a stento lo si
riconosceva, e ci si accorgeva della sua presenza.
“Ehi
sapientone, come mai qui?” chiese Kiba. L'abbaiare di un cane,
che apparve dal colletto della giacca mi fece ricordare che Kiba non
faceva mai nulla senza il suo fedele Akamaru dietro.
“Raimaru
Hatake è stato aggiunto, per ordine dell'Hokage alla nostra
squadra. Ora fa parte del team 8”
Kiba
sembrò un po' imbronciato della cosa, però non disse
nulla.
“Be-benvenuto
cugino” mi disse Hinata.
“Si,
benvenuto nel team” mi disse con aria formale Shino.
“Grazie
Hinata-sama. Shino-san”
Kiba
sbuffò. “Sei più piccolo di noi... cerca di
restarci dietro eh?” disse con un sorriso che mostrò i
denti candidi con i canini affilati.
“Fossi
in te non mi preoccuperei più di tanto..” gli risposi un
po' irritato.
Il
fatto che mi trattassero come un bambino-piccolo-palla-al-piede era
la cosa che più odiavo, seconda solo a quando nominavano mio
padre e mi davano del mezzosangue.
“Suvvia
ragazzi, siate gentili, e presentatevi bene, come avete fatto ieri”
gli intimò Kurenai.
Kiba
sbuffò.
“Sono
Shino Aburame, del clan Aburame” prese l'iniziativa il ragazzo.
“I miei cibi preferiti sono l'insalata e le zucchine, amo
l'entomologia e l'ambiente. Il mio Hobby e passeggiare nel bosco per
cercare nuovi insetti. Il mio sogno nel cassetto è scoprire
tutti i tipi d'insetti.”
“S-s...”
Hianta si fermò a prendere un lungo respiro “Sono Hinata
Hyuga, del clan Hyuga. Il mio cibo preferito è la torta alla
cannella, mi piace...” divenne rossa in volto e deviò
per un “..passare il tempo con i miei compagni. Il mio hobby è
raccogliere fiori da far seccare tra le pagine dei libri” dopo
un breve silenzio. “Il mio sogno nel cassetto è riuscire
a cambiare me stessa” riuscì a dirlo con una certa
forza, che le conferì una sorta di aura di dignità.
“Ma
mi conosce già..” brontolò Kiba.
“S-su
Kiba-kun sono certa che dopo potremo iniziare...” lo invogliò
Hinata con gentilezza.
Con
uno sbuffo disse “Sono Kiba Inuzuka, del clan Inuzuka. Il mio
cibo preferito è la carne, amo il mio Akamaru, e il mio hobby
è passeggiare per i boschi con lui” ma non disse
qual'era il suo sogno, se ne aveva.
“Ora
presentati tu, Raimaru”
Annuii.
“Sono
Raimaru Hatake. Il mio cibo preferito sono i biscotti alla cannella,
specialmente quelli che cucina mia madre. Amo passare il tempo con
mia sorella, allenarmi e studiare nuovi jutsu. Il mio sogno nel
cassetto...” esitai, incerto su cosa dire in effetti.
Dire
che volevo uccidere mio padre sarebbe stato falso, ero arrabbiato e
deluso da lui. Ma, anche se fossi arrivato a tanto, avrei prima
voluto parlare con lui, capire il perché, prima di sputare
l'inevitabile sentenza.
Avrei
voluto rimanere zitto, ma ormai mi fissavano tutti e quattro i
presenti con aria di aspettativa.
“...è
diventare il più abile jonin del villaggio, superare anche mio
padre e... raccogliere la sfida che mi lanciò tempo fa'”
dissi infine, stringendo le mani a pugno.
“Cresci
moccioso, se vuoi essere qualcuno. Tu non sarai mio figlio fino a
quando non ti mostrerai degno di esserlo”
Quella
sfida mi suonava nelle orecchio ogni qual volta pensavo a lui.
Perché
era una sfida. Una sfida a raggiungerlo, a mostrarmi 'degno di lui'.
Io glie lo avrei dimostrato. Sarei stato migliore di lui, non solo
una misera ombra della sua grande figura.
Hinata
e Shino non dissero nulla, mentre mi parve di scorgere una lampo di
preoccupazione nello sguardo di Kurenai, Kiba invece emise uno
sbuffo, come di qualcuno che crede poco nelle spacconate, che tentò
malamente di mascherare in un debole tossicchiare.
“Beh,
allora diamoci da fare!” tentò di riprendere la
situazione in mano Kurenai, dato che si accorse che avevo scoccato
un'occhiataccia a Kiba.
Ci
fece allenare con il lancio dei kunai e degli shuriken e in seguito
vi fece lottare contro di lei con il kumite, l'arte marziale base dei
ninja.
Hinata
sembrava in difficoltà a non poter usare lo stile Hyuga delle
arti marziali. Era stata allenata sin da piccina per usare lo juken
più che il kumite.
Kurenai
però insistette a farle usare anche un po' del secondo per far
sì che potesse variare stile, e la cosa aveva senso.
Sorprendere l'avversario era un buon modo per vincere, ed essere
capaci in più specialità era vantaggioso.
“Bene,
prima di concludere la mattinata... due sfide con le arti marziali
Hinata e Raimaru, Kiba e Shino. Solo arti marziali niente jutsu.
Hinata e Raimaru, usate pure lo juken”
Annuii.
“Bene
prima di due Byakugan”
Ci
disponemmo l'uno di fronte l'altro con la mano destra al petto con
indice e medio alzato, in segno di saluto tra shinobi.
“Hinata-sama
sono curioso di misurarmi con voi” le dissi con un mezzo
sorriso.
Mi
era sempre stato proibito 'confrontarmi con i membri della casata
principale'.
Lei
arrossì vagamente. “Per.. per favore Raimaru-kun, fuori
dalla villa chiamami solo -chan”
“Come
preferisci” le risposi.
Mi
disposi nella tipica posa di combattimento Hyuga.
Lei
fece altrettanto.
Rimanemmo
fermi un secondo a fissarci, poi attivammo il Byakugan e iniziammo a
combattere.
Lo
stile Hyuga, a occhi esterni sembra una sorta di strano balletto
fatto di leggeri colpetti e deboli schiaffetti. La verità è
che se avessimo usato davvero il chakra sarebbe risultato mortale.
Al
momento era solo un allenamento, quindi anziché colpire i
punti vitali ci limitavamo a leggere emissioni di chakra che avevano
lo scopo di far capire che eravamo riusciti a colpire.
Come
usare una palla di gesso anziché una carta bomba per far
vedere la zona d'impatto senza fare vero danno.
Lo
juken usato in veri scontri è devastante, dato che colpisce
direttamente gli organi interni senza alcun danno esteriore.
Lei
era più esperta e disinvolta di me nel cercare i punti vitali
e destreggiarsi in quella specie di 'danza'.
Io
però mi resi conto che ero leggermente più veloce, mi
muovevo con qualche frazione di secondo di vantaggio rispetto a lei.
Sentii
vagamente Kurenai spiegare il funzionamento dello juken e del
Byakugan a beneficio di Kiba che aveva commentato che sembrava che
stessimo danzando come scolarette, più che combattere.
Lei
era riuscita più volte a colpirmi le braccia e un paio di
volte le spalle.
Decisi
di provare a sfruttare quella velocità in più che
avevo, velocizzando il rimo, per poi fare uno scarto a destra, per
aprirle la guardia sulla sinistra e colpire al petto.
Quando
capì l'intenzione lei anziché cercare di ripararsi,
schivò sulla sinistra, e provò a prendermi il fianco,
che, dato che ero slanciato in avanti, avevo scoperto.
Fui
però veloce come una serpe, afferrai il suo braccio sinistro
con la mano destra, proteso verso il mio collo, mentre protesi la
sinistra verso il suo cuore, che lei afferrò con la mano
destra.
La
situazione rimase immobile così.
“Parità!”
annunciò Kurenai.
Kiba
sta volta non commentò.
“S-sei
molto abile, Raimaru-kun”
“Sono
solo veloce. Tu, sei abile per davvero, cugina” la lodai,
facendola arrossire un poco.
“Ora
Kiba e Shino”
Rimasi
ad osservare con attenzione lo scontro.
Erano
tutti e due mediamente bravi, anche se forse era un poco più
in vantaggio Kiba, dato che si avvaleva anche dell'aiuto di Akamaru.
Studiai
con attenzione il loro stile, e giunsi alla conclusione che i due
erano diametralmente opposti per movenze e tattiche.
Kiba
andava a istinto, combinando forza e velocità.
Shino
era di più un pensatore, che studiava l'avversario per
cercarne un varco e sfruttare la debolezza del nemico nel momento più
propizio. I suoi insetti erano un utile diversivo.
“Vincerà
Shino” dissi piano, con un mezzo sorriso.
Neanche
finito di dirlo, Shino disimpegnò Akamaru allontanandolo e
fece finta di andare a pestarlo, Kiba si buttò per 'salvarlo'
e finì lui pestato da Shino, facendo concludere l'incontro.
“Come
facevi a dirlo Raimaru? Kiba è più preparato nelle arti
marziali” chiese Kurenai.
“Semplice
Kiba usa solo l'istinto e la forza bruta. Shino ha pensato, ha capito
come difendersi e ha compreso che la debolezza di Kiba è
Akamaru. L'ha usato come esca per poter attirare Kiba dove voleva
lui, e spezzare la sua difesa.
Inoltre
Kiba ha un buon attacco, ma è più incerto nella difesa,
mentre Shino ha abilità più equilibrate, che gli hanno
acconsentito di adattarsi meglio” illustrai.
Lei
parve rimanere sorpresa. “Buona analisi delle abilità”
si complimentò.
“La
ringrazio, sensei” le risposi.
“Bene,
andate pure a pranzare, sto pomeriggio prenderemo la nostra prima
missione, vi va?”
Capitolo 11 *** 11-Le Nuove Generazioni Avanzano ***
Dopo
un pranzo piuttosto frettoloso m'affrettai a raggiungere il punto
d'incontro, a poco dalla torre dell'Hokage, il resto del mio team,
anche se, fui il primo.
Mi
ero portato dietro un rotolo da leggere presi dalla scorta di quelli
di Lòng.
Aveva
diversi rotoli medici.
Ammetto
che il primo che presi, lo feci selezionandone uno a caso nel mucchio
che aveva nello scaffale.
Non
ci capii assolutamente nulla. Troppi termini tecnici.
Quando
glie lo dissi lei rise di gusto. “Raimaru, è come
imparare a camminare. Uno deve gattonare, camminare e poi correre.
Non puoi pensare di alzarti e cominciare a correre come un forsennato
di punto in bianco. Se vuoi sperare di capire i rotoli medici devi
prima imparare l'anatomia umana. Prendi questi”
“In
verità ero solo curioso...” risposi.
“Lo
so che non t'interessa lo studio della medicina, ma consideralo un
buon allenamento per diventare ancora più preciso. Conoscere
la fisionomia di un corpo umano può aiutarti in combattimento,
dato che puoi sapere con ulteriore precisione dove e come colpire. A
volte non serve colpire il cuore quando puoi recidere arterie, e
risultano altrettanto letali”
Questo
mi convinse che meritava la pena di avere quanto meno un'infarinatura
anche di quella materia.
Tra
le varie annotazioni di natura pratica, c'erano anche dei riferimenti
al fatto che, tecniche come quelle usate dai leggendari spadaccini
della nebbia, come l'omicidio silenzioso, erano proprio improntate su
una profonda conoscenza del come colpire i punti vitali.
Vertebre,
cervello, reni, cuore, polmoni... senza contare che io con il
Byakugan non rischiavo neppure di prendere le costole per sbaglio
(errore che secondo quanto annotato era piuttosto comune), dato che
vedevo attraverso...
“Che
schifezza stai leggendo?” la voce arrivò in concomitanza
con una mano che mi strappò da tra le dita il rotolo.
Ero
così immerso nella lettura che non mi ero reso conto che era
arrivata sia Kurenai che Kiba. Mancavano solo Hinata e Shino, che
erano in fondo la via.
“Il
cuore è un muscolo, la cui funzione è quella di pompare
il sangue in tutto il corpo. È formato da ventricoli che... ma
che porcheria vai leggendo? Puah!”
“Non
pensavo leggessi anche i rotoli medici di tua madre...” disse
Kurenai.
“In
verità non è che m'interessino molto i Jutsu medici,
però mi piace studiare nuove cose, e l'accademia non forniva
molti rotoli più specifici che vaghe informazioni sui punti
vitali”
“Beh,
è inutile. Una volta che distruggi l'avversario non hai
necessità di sapere tutte ste cose” disse Kiba.
“Sbagli
Kiba. Molte volte nelle missioni servono tecniche più
raffinate che distruggere tutto quello che hai di fronte. Ad esempio,
lo sapevi che tante volte, trafiggendo i polmoni, le persone non
riescono più ad urlare? Sarebbe utile in caso si dovesse
infiltrarsi in luoghi nemici senza far scattare allarmi” gli
spiegai, costringendomi ad avere pazienza.
Ma
perché si comportava così?
“Davvero?”
mi chiese, sembrava che questo avesse riscosso il suo interesse.
“Sembra
di si. Sensei lei ne sa qualcosa?” le domandai. “Quanto
dici è vero. Anche se la cosa è ancora piuttosto
lontana da voi. Siete solo Genin, le missioni di assassinio vengono
affidate solo a ninja con una certa esperienza, o alle ANBU”
“La
squadra assassina...” commentai io.
Lei
annuì.
“Quindi
tua mamma è un ninja medico?” mi chiese Kiba.
“Scherzi?”
gli chiesi. “La mamma è una delle migliori. Anche se ora
lavora all'ospedale per poter stare dietro alla mia sorellina ma è
stata ed è la migliore ninja medico sul campo dopo Tsunade
Senju”
“Beh,
non lo sapevo. Stanno tutti a blaterare su tuo padre, ma non c'è
anima viva che mi abbia nominato tua madre! Meglio, buono a sapersi
no?” il suo sorriso mi sorprese.
Finalmente
compresi. Non è che lui ce l'avesse con me in particolare.
Semplicemente era un tipo impulsivo e spaccone, che non pensava prima
di parlare.
In
qualche modo apprezzai il suo modo di fare diretto e senza
insinuazioni o sotterfugi. Era molto meglio di tanti altri che
sparlavano alle spalle.
“Già.
Meglio!” risposi con un sorriso.
Forse
fu in quel momento che iniziai a trovare simpatico Kiba.
Ripresi
il rotolo che lui mi restituì, e andammo all'ufficio dove
venivano consegnate le missioni.
C'era
il vecchio Terzo Hokage che sovrintendeva lo smistamento delle
missioni con il maestro Iruka e un altro uomo con un paio di baffi
scuri che non conoscevo.
Come
prima missione, ci venne affidato l'incarico di scortare un signore
anziano a fare la spesa e in farmacia, e la seconda fu quella di
aiutare l'erborista del paese a trovare e trasportare le erbe mediche
dalle radure intorno a Konoha al laboratorio dove le avrebbe
trasformate in farmaci.
Quel
giorno fu l'inizio di una piacevole routine. Al mattino Kurenai ci
allenava, iniziando anche ad inserire, verso la fine della settimana,
i jutsu alle arti marziali e al lancio delle armi.
Il
pomeriggio invece ci dedicavamo alle missioni, anche se iniziai ad
annoiarmi della banalità dei compiti da dopo il terzo giorno,
ma non me ne lamentai.
Mi
accorsi di essere in svantaggio rispetto ai miei compagni.
Non
ero abile come Hinata nel juken, e Kiba aveva una tecnica combinata
con Akamaru che mi spiegò essere una tecnica segreta del suo
clan. Shino poteva contare sui suoi insetti.
Io
avevo imparato il Kage Bushin no Jutsu, ed era un vantaggio non da
poco, ma di per sé non aveva un grosso potenziale offensivo.
Lo
avrebbe avuto se fossi stato in grado di replicarmi almeno dieci
volte, ma il mio limite, al momento era tre.
Dovevo
porre rimedio alla cosa, quindi presi l'abitudine di allenarmi la
sera da solo con un manichino che chiesi alla mamma di poter piazzare
nel retro della casa.
Nel
Week-End, a tre settimane dall'inizio del mio lavoro con Kurenai,
andammo a cena da Kushina e Minato, e fu per me un piacevole momento
di riunione con Naruto, che mi raccontò entusiasta ne novità
che stava imparando con Obito e i suoi compagni -anche se Sasuke
continuava stargli antipatico-.
I
suoi racconti vanagloriosi vennero però interrotti dalla voce
ironica di Hina, che gli consigliò di darsi una
ridimensionata, o il suo ego avrebbe fatto esplodere la casa,
suscitando una mia risata involontaria.
“E
tu invece come ti trovi nella tua squadra Raimaru?” mi chiese
Minato, per distrarre Naruto dal suo orgoglio ferito.
“In
verità molto bene Minato-san. Kurenai-sensei è una
buona maestra. Si potrebbe dire più che altro che sono le
missioni poco impegnative. Le trovo noiose”
“Non
mi dire che ci sono ancora le missioni 'acchiappa il gatto'”
chiese mia madre.
“Già”
confermò Minato.
“Dio,
quanto ho odiato quel dannato gatto” commentò la mamma.
“Beh,
l'importante è che ti trovi bene con il tuo gruppo”
m'assicurò Minato.
“Quello
si. Anche se una curiosità l'avrei da chiederti, se posso”
“Dimmi
pure...”
“A
quanto ho letto in accademia in genere i gruppi di ninja vengono
formati in base alle abilità degli individui, quindi si
tendono a mettere gruppi in cui le abilità di uno vadano a
coprire le carenze degli altri, formando team le cui capacità
siano equilibrate per poter affrontare le più disparate
situazioni.
Prendendo
ad esempio, il gruppo di Naruto, si potrebbe dire che è
sufficientemente equilibrato. Sasuke essendo un Uchiha, una volta
sviluppato lo Sharingan si presume avrà buone abilità
nei jutsu illusori e che li sappia contrastare con efficacia. E,
sempre grazie allo Sharingan sarà più facilitato ad
apprendere Jutsu, e a prevedere le mosse avversarie, quindi a
difendersi bene anche dalle arti marziali.
Sakura
ha buone doti per le illusioni, abilità sotto norma di arti
marziali, essendo fragile di corpo, e medie nei jutsu. Però ha
un controllo del chakra più che ottimo, il che mi porta a
pensare che avrà un futuro come ninja medico della squadra,
dato che le abilità mediche richiedono più di tutto il
controllo preciso e perfetto del chakra.
Naruto
è un capoccione, non ha grandi abilità tattiche
particolari, ed è scarso nelle illusioni, però ha un
buon modo di affrontare i nemici a distanza corto medio, ed è
abbastanza testardo da imparare con la volontà quello dove non
ci arriva con la mente.
Nell'insieme
è una squadra equilibrata.
La
squadra otto però...
Nessuno
ha un futuro come medico, Hinata è portata dal suo clan ad
esercitare esclusivamente il juken, Kiba non ha nemmeno lontanamente
il controllo del chakra necessario, anzi le sue abilità si
basano proprio sulla totale assenza di controllo, e Shino ha
ereditato i jutsu segreti del clan Aburame. Io... forse volendo
potrei apprendere, anche se ancora non controllo così bene il
chakra, ma sono abbastanza sicuro che le orme di mia madre è
più probabile che le segua Ryuko che io...
Insomma,
per farla breve... a occhio direi che la nostra è una squadra
di ninja inseguitori.
L'olfatto
di Kiba per seguire le piste olfattive, gli insetti di Shino per
individuare i nemici a raggio medio-lungo, e il Byakugan per stanarli
una volta arrivati vicino.
Sbaglio?”
Man
mano che esponevo i miei pensieri, non mi ero accorto che anche la
conversazione di Kushina e Lòng si era interrotta per
ascoltarmi, mentre gli occhi dell'Hokage si spalancavano, e le labbra
rimanevano socchiuse, attonito.
“Ho
detto una cavolata così grande?” chiesi confuso.
“A
vedere a occhio direi che sei appena riuscito nell'improba impresa di
lasciare secco l'Hokage” commentò con un sorrisetto
ironico Hina, che era seduta al fianco destro di Minato.
Risposi
al suo sorriso.
Anche
lei, come tutti noi era cresciuta molto.
I
suoi capelli erano oro chiaro, di media lunghezza, raccolti in una
coda alta, ma a differenza di Naruto che aveva ereditato gli occhi
azzurro terso di Minato, lei aveva gli occhi verde intenso della
madre.
E,
sempre a differenza del fratello aveva ereditato l'acutezza del padre
più che il modo impetuoso della madre.
Era
più fredda e tranquilla, e assai più perspicace.
“No-no,
in verità Rai-kun hai fatto centro. L'intenzione era quella
che, con il tempo, poteste prendere poi il posto della attuale
squadra. Insomma, le generazioni avanzano, ed è giusto che
quelle vecchie lascino posto a quelle giovani, e voi dovreste
rappresentare questo 'ricambio'. Quello che mi lascia di stucco è
il fatto che un ragazzo così giovane sia riuscito a fare
un'analisi così accurata delle capacità degli altri
Genin e ne abbia addirittura pronosticato la più probabile
attitudine di specializzazione.
Hai
un abilità di osservazione davvero non indifferente Raimaru.
Se sei altrettanto bravo a elaborare strategie, dovremmo avvertire
Shikaku: potrebbe essere scalzato dal suo ruolo prima del previsto”
L'attenzione
venne poi spostata di nuovo sulla cena, dato che Kushina portò
la seconda portata in tavola, però vidi di quando in quando
Minato lanciarmi occhiate pensose.
Mia
madre mi posò una mano sul capo in un gesto affettuoso, con un
sorriso dolce e orgoglioso sulle labbra.
Non
era stata propriamente mia intenzione mettermi il luce, però
ero felice che mia madre fosse contenta di me, e questo mi bastò.
Naruto
invece, riuscì a stapparmi la promessa di insegnargli il Kage
Bushin no Jutsu, cosa che feci poi nelle settimane seguenti, alla
sera dopo aver finito gli allenamenti con il gruppo.
Mentre,
scoprii poi, che aveva appreso dal suo sensei la tecnica più
assurda che avessi mai visto, a patto che non la mostrasse mai a
Kushina: la Oiroke no Jutsu. (Tecnica dell'erotismo).
La
trovai davvero assurda, e imbarazzante. Ma che senso aveva
trasformarsi in donne nude?
Eppure
in effetti gli uomini adulti sembravano davvero deboli a sta cosa...
valli a capire...
Angolino
d'autore.
Allora
signori e signore … è ufficiale. Mi sto affezionando a
sta ff.
In
qualsiasi caso volevo anche fare un altro 'annuncio'.
Aggiornerò
questa ff regolarmente tutti i lunedì... e magari anche
qualche altro capitolo in più se mi sarà possibile
durante la settimana, ma il lunedì cercherò di tenerlo
regolare.
Bene.
Spero che la storia (che inizierà a procedere effettivamente
tra poco) vi stia piacendo... e che non la troviate noiosa o troppo
assurda o quel che è.
Scrivetemi
un commentino anche piccino piccino di cosa ne pensate!
Nella
settimana seguente Minato si ritrovò a pensare spesso a
Raimaru.
Quel
bambino stava dimostrando di avere un'intelligenza davvero fuori dal
comune.
E
più cresceva più... beh più trovava difficile
ricordarsi che si trattava di lui, di Raimaru e di non essere tornato
con Kakashi.
Anche
se forse, il padre aveva un modo di fare, all'epoca in cui aveva la
stessa età di Raimaru, più scostante rispetto al
figlio.
Ma
per quanto riguarda abilità d'analisi e agilità di
pensiero... i due correvano sulla stessa lunghezza d'onda.
Combinato
al fatto che, salvo per gli occhi contenenti il Byakugan, Raimaru era
l'immagine riflessa di Kakashi... mi faceva trovare difficile
distinguerli.
Qualcuno
bussò alla porta.
Mi
ricomposi “Avanti”
“Mi
ha chiesto un rapporto sul mio gruppo...” disse Kurenai
entrando.
“Si,
ora siamo alla fine del primo mese di allenamento. Ho chiesto a tutti
i gruppi di farmi un rapporto preliminare delle squadre di Genin”
Lei
mi espose i fatti in modo neutro e imparziale, elencando le qualità
e i difetti che i ragazzi stavano presentando.
“Che
mi dici di Raimaru? Ti sta dando problemi?”
“Problemi?
No, nessuno. Si è ben integrato nel gruppo, e il lavoro di
squadra in generale è ottimo. Se proprio vogliamo trovare un
problema è la sua intelligenza”
“Spiegati”
“Con
le missioni di livello 'D' non si sente mentalmente sollecitato. Le
svolge di mala voglia senza più prestare la dovuta attenzione.
Insomma, non ho nulla da offrirgli che sia uno stimolo adeguato per
la sua mente laboriosa. Ho notato che ha una capacità
analitica davvero strabiliante”
“Se
proprio vuoi saperla tutta Kurenai, non più tardi della
settimana scorsa, mi ha fornito una completa analisi del gruppo di
Naruto e del suo, chiedendomi come mai, quello di Naruto avesse
abilità equilibrate, mentre il suo sembrava più puntato
nelle abilità specifiche di ricerca e individuazione dei
nemici.
'Sembrano
delle abilità più mirate a creare un gruppo di ninja
inseguitori' mi ha detto”
“Si
è accorto di questo?” mi chiese stupefatta.
“Già.
Il piccolo marmocchio ha una mente più sveglia di quanto noi
pensassimo”
“In
effetti ho già notato che, sebbene, forse per la giovane età
è partito un po' svantaggiato rispetto gli altri del suo
gruppo, avendo abilità miste ma non troppo specifiche... sta
riprendendo terreno alla grande. Temo che presto supererà i
suoi compagni, e dovrò scegliere se accompagnarlo avanti o
frenarlo per fargli attendere gli altri tre... anche se non so se
gradirebbe la seconda opzione. È molto determinato a
raggiungere... l'abilità di suo padre” disse con
incertezza l'ultima frase. Lei rammentava che era mio allievo e non
voleva nominarlo davanti a me. Apprezzai il suo tatto.
“Per
ora non ci preoccupiamo. La strada prima di arrivare a jonin di quel
livello è ancora molto lunga e richiederà tempo. Farò
in modo che vengano assegnate al tuo gruppo missioni un po' più
impegnative, scommetto che comunque ormai anche gli altri tre del suo
gruppo si siano scocciati delle vecchie missioni di livello 'D'.”
Lei
sorrise. “Già”
“Grazie
Kurenai. In libertà”
Lei
se ne andò con un saluto rispettoso.
Rimasi
a rimuginare. La cosa avrebbe potuto essere più ostica di
quanto pensassi.
Il
giorno seguente, però a rapporto da Kurenai ci presentammo
solo io Kiba e Shino.
“Hinata?”
domandai io.
“È
a letto con la febbre. Tornerà tra un paio di giorni” ci
spiegò Kurenai.
Annuii.
“Visto
che non possiamo prendere missioni dato che il gruppo non è al
completo, ho chiesto ad Asuma se gli andava di fare un allenamento
incrociato tra i nostri team. A voi vi va?”
“Sarebbe
bello!” commentai io. Finalmente qualcosa di diverso da quelle
missioni noiose...
“Già,
per lo meno cambiamo una volta” commentò Kiba pratico.
“Sono
d'accordo” disse Shino con calma.
“Bene,
dato che l'approvazione è unanime.. andiamo!” disse
Kurenai.
Ci
dirigemmo al campo d'allenamento della squadra 10. Era più
ampio e meno boscoso del nostro.
Asuma
l'avevo visto solo due volte, di cui una all'accademia quando era
venuto a prendere la sua squadra, ma era una persona che m'ispirava
simpatia a pelle.
Shikamaru
mi piaceva come persona, e quelle volte con cui ero riuscito a
parlarci, mi aveva sempre fatto piacere confrontare i miei pensieri
con i suoi.
Aveva
una mente sveglia, per uno a cui piaceva dormire.
Ino
non mi dispiaceva, ma trovavo irritante il suo modo di fare frivolo.
Choji...
non mi ero ancora fatto un idea su di lui. Sembrava bravo, ma lo
trovavo privo di nerbo. A mia opinione un ninja avrebbe dovuto avere
più spina dorsale.
“Asuma-san”
o salutò Kurenai.
“Kurenai-san.
È un piacere vederti qui!” gli rispose con cortesia
Asuma.
Ero
io con le traveggole o i due erano entrambe arrossiti un poco sulle
gote?
Asuma
si accorsa del mio sguardo indagatore.
“Raimaru
suppongo eh? Tua madre mi ha salvato un paio di volte la pelle.
Quando torni a casa salutamela!” mi disse con un saluto.
“Lo
farò di sicuro Asuma-sensei” gli risposi io.
Iniziammo
a riscaldarci con il lancio dei kunai e degli shuriken.
“Forza
ragazzi, che ne dite di una sfida amichevole?” chiese Asuma al
suo team dopo che l'entusiasmo iniziale andava scemando.
“Che
barba non ne ho voglia” fu il commento un po' scocciato di
Shikamaru.
“Paura
di perdere Nara?” lo provocò Kiba.
“Non
è che la lotta sia molto pari, dato che Raimaru ha quattro
anni in meno di noi. Sarete svantaggiati...” commentò
Ino.
Io
rimasi in silenzio, ma condivisi un sorrisetto con Kiba.
“Beh,
allora non avete nulla da temere no?” continuò Kiba con
nonchalance.
“Sarebbe
un buon modo per vedere i progressi fatto e avere un ragguaglio
sull'abilità di squadra non trovi?” chiese Shino a
Shikamaru.
Io
mi sentivo frizzante, speravo vivamente che accettassero. Sarebbe
stata (finalmente!) una buona occasione per mettere a frutto i nuovi
allenamenti che avevo fatto in solitario.
Ero
migliorato con lo juken, e ora, sebbene non riuscissi ancora ad usare
le sessantaquattro chiusure, quando colpivo un punto di fuga, non
intorpidivo solo, ma riuscivo davvero a chiudere il flusso di chakra.
“Giusto!”
commentò solo Choji schierandosi vicino a Shikamaru.
“Non
ti preoccupare, ci andremo piano Rai-kun” mi disse Ino, con un
sorriso dolce, come la mamma che rassicura un bambino.
Kiba
dissimulò una risata con un colpo di tosse, mentre sia lui che
Shino si disponevano, uno alla mia destra, l'altro alla mia sinistra.
Sentii
il mio volto aprirsi in un ghigno. “Fatti sotto Yamanaka”
Asuma
ora mi guardava con aria incerta.
“Pronti?”
chiese Kurenai.
Io
mi misi nella posa di attacco Hyuga.
“Via!”
diede l'inizio Asuma.
Ammisi
che il primo attacco fu repentino.
Shikamaru
si mosse più velocemente di quanto credessi, lanciandomi tre
shuriken che deviai con un colpo di mano, Choji si buttò su
Kiba che riuscì appena in tempo a spostarsi dalla sua
traiettoria, il più fortunato fu Shino che si limitò a
schivare il diretto della Yamanaka.
I
tre avevano un buon gioco di squadra, e Choji era un nemico
pericoloso, potente e difficile da arrestare. Era assai più
semplice schivarlo.
Iniziammo
a capitolare sotto i colpi della squadra 10.
Eravamo
troppo dispersi.
Poi
vidi che inoltre, gli avversari si tenevano lontano dalla mia
portata, attaccandomi a distanza, e restando ben fuori dal mio juken.
“Rai-kun
qua è il momento di una delle tue magie...” commentò
Kiba, ormai piuttosto bollato.
“Ci
sto lavorando” gli risposi.
Studiai
bene le mosse dei tre.
Ino
non sembrava particolarmente capace in nessuna specializzazione.
Aveva delle arti marziali nella norma e al momento non sembrava stare
usando nessun jutsu.
Choji
era potente, e aveva una tecnica che gli consentiva di espandere il
suo corpo come un pallone e poi si metteva a rotolare, aumentando
quindi massa e impatto per un colpo letale. Shikamaru... avevamo
salvato prima Shino al pelo dalla sua ombra. Però notai che se
ci allontanavamo troppo da lui, non c'inseguiva.
Il
che mi fece pensare che aveva un limite in cui poteva agire la sua
ombra.
Poi
vidi, proprio in quel momento, che Shikamaru toccò la spalla a
Ino e Choji cambiò bruscamente la direzione in cui stava
andando, dirigendosi verso Kiba che tentava un assalto.
Fu
come se mi si fosse accesa all'improvviso una lampadina.
“Kiba!
Shino!” li richiamai vicino a me.
“Avremo
una sola possibilità di assalto. Kiba mi serve che tu distrai
Shikamaru, fai come per attaccare lui, al resto ci penso io. Shino,
riesco a tenere impegnato un momento Choji? Con i tuoi insetti
dovresti riuscire a essere una buona distrazione senza rischiare
troppo, e lui è lo scudo che ci impedisce di attaccare gli
altri due”
“Certo”
rispose lui.
“Finalmente
si passa al contrattacco” commentò Kiba.
“Stai
attento alla sua ombra” lo avvisai.
“Forza
Akamaru, tecnica delle quattro zampe!”
“Kage
Bushin no Jutsu!” usai io, creando una copia di me stesso.
“Andiamo!”
Shino
avvolse Choji in una nuvola di insetti.
Sia
io che la mia copia ci fiondammo su Ino, mentre Kiba con Akamaru
attirò l'attenzione di Shikamaru.
Ino
parò l'assalto della mia copia, e si preparò a parare
l'attacco dal basso che credeva stessi per fargli... solo che invece
saltai sulle spalle della mia copia e con un agile salto la
superai... finendo alle spalle di Shikamaru.
“Byakugan!”
Lo
colpii rapidamente alla spalla destra e alla base della colonna
vertebrale. Schivai la sua ombra che si era allungata all'indetto,
rotolai su un fianco, in rapida successione colpii delle chiusure
sulle cosce, facendolo cadere in ginocchio, sulla spalla sinistra e
poi, sulla fronte, facendolo svenire.
Come
prevedevo, mancandogli la guida di Shikamaru gli altri due si
ritrovarono persi.
Kiba
andò ad aiutare Shino, io assalii la Yamanaka che era riuscita
a far esplodere il mio Bushin.
Fu
uno scontro breve.
Dopo
una serie di scambi di colpi, aumentai la mia velocità, le
feci lo sgambetto, la tirai in terra e la bloccai con un braccio
dietro la schiena, un ginocchio puntato tra le scapole e un kunai
alla gola, mentre il mite Choji s'arrese a Kiba e Shino, più
preoccupato della salute di Shikamaru che non di vincere la sfida.
Mi
stupii di dispiacermi che la sfida fosse già finita.
Dannazione era stato... divertente.
“Ehi
Shika!” andò Choji a controllare il suo amico mentre io
liberavo la Yamanaka.
“Oh,
aspetta ci penso io!” dissi.
Andai
vicino a Shikamaru.
“Il
punto di fuga sulla fronte lo fa cadere in uno stato tipo di sonno
profondo... aspetta” tirai un po' su Shikamaru e di fronte allo
sguardo attonito del suo gruppo... gli diedi un sonoro ceffone!
“Ahia!”
si lamentò l'altro massaggiandosi il punto colpito e
spalancando gli occhi.
“Così
impari a fare finta di dormire” gli feci la linguaccia io,
ridendo.
“Come
te ne sei accorto?”
“Non
ti avevo colpito così forte. Avresti dovuto rimanere al
massimo stordito per circa trenta secondi, il tempo necessario per
sopraffare gli altri due, ma non di certo crollare così. Anche
mi fossi sbagliato al massimo quel colpo ti fa cadere in uno stato di
sonnolenza, ma non di certo così profonda”
“Non
sarebbe bastato darmi uno scossone?”
“Non
sarebbe stato così divertente” risposi con una risata,
offrendogli una mano per rimettersi in piedi, che lui accettò.
“Sai,
un giorno dovresti fare una partita a Shogi con me...”
m'invitò.
“Shogi?
Temo che dovrai insegnarmi allora” gli risposi.
“Raimaru,
toglimi sono una curiosità. Perché hai puntato su
Shikamaru?” mi chiese Asuma.
Scossi
le spalle.
“Semplice.
Era Shikamaru il perno si cui lavorava la squadra. Togliendo lui, gli
altri due si sarebbero inevitabilmente 'scardinati'. Anche se, devo
dire che ci ho messo un po' a capire la loro strategia. Si è
trattato più di una supposizione”
“Spiegati
per favore” insistette Asuma.
“Dapprima
non capivo i ruoli nel team di ognuno. Era evidente che Choji fosse
il più fisicamente pericoloso, però... c'erano momenti
in cui agiva con troppa precisione per essere... come dire.. casuale.
Poi
mi sono accorto che, quando Shikamaru toccava la spalla a Ino -e i
due sono sempre rimasti mediamente vicini- Choji cambiava direzione
dell'attacco.
E
mi sono ricordato che gli Yamanaka hanno abilità sensoriali.
Inoltre,
da quando Shikamaru si era accorto che il mio juken era piuttosto
pericoloso, anche gli altri due avevano evitato di venirmi a portata,
preferendo ritirarsi per attaccare da lontano.
Quindi
ho capito che, Shikamaru era il loro leader e forniva analisi e
strategie agli altri due. La Yamanaka da sola non era un grande
problema da gestire, mentre Choji una volta 'eliminati' gli altri due
si sarebbe preoccupato più della loro incolumità che
della sfida.
Quindi
ho puntato sul mettere fuori gioco Shikamaru e il resto... è
venuto da sé.
Anche
se, sarò solo un bambino ma lo capisco anche io quando
qualcuno non si impegna...” dissi l'ultima frase lanciando un
occhiata bieca, ma con un sorriso a Shikamaru.
Asuma
rimase un attimo in silenzio. “Un ottima analisi davvero
Raimaru, e dovrei aggiungere anche un'ottima prontezza di riflessi”
Scossi
le spalle, ma accettai il complimento.
Terminammo
la giornata con allenamenti misti tra le squadre, ma comunque
divertendoci.
Angolino
d'autore.
Beh,
ho deciso di pubblicare questo chap, dato che ne ho già altri
pronti, e comunque, sto procedendo più spedita di quello che
pensassi. Vorrei pregare i lettori di non smettere di dire la loro su
quello che scrivo, anche quattro paroline in croce fanno sempre
piacere.
E,
scrivetemi pure anche le vostre supposizioni o speranze su come
dovrebbe andare la storia!
Comunque:
prossimo appuntamento a lunedì con il capitolo 13-Impronte
Il
giorno seguente ci allenammo di nuovo con la squadra 10, giusto per
consolidare l'amicizia tra i due gruppi, diciamo.
Mentre
quello dopo ancora, rientrò Hinata nel gruppo, anche se a
parer mio non si era ripresa ancora del tutto.
Aveva
ancora un po' gli occhi lucidi e le guance arrossate.
Kurenai
ci tenne al campo ad allenarci tutto il giorno.
Fu
solo quando fu sicura che Hinata stesse bene che ci disse “Bene
ragazzi, domani mattina, andiamo a prendere una missione”
Kiba
sembrò entusiasta della cosa, ma io, pensando che fosse una
delle solite missioni di livello D, ne trassi un sospiro.
Ero
arcistufo di quelle mansioni che non avevano pressoché nulla a
che vedere con il compito di ninja.
Andai
a dormire un po' di malumore.
Fu
mentre ero alla scrivania per finire di leggere un rotolo che il mio
sguardo finì per caso in terra.
Avevo
scoperto già da qualche tempo un asse mobile in fondo alla
stanza, dove vi erano nascosti un paio di kunai e un rotolo nella
quale erano sigillati degli shuriken.
Ma
non avevo mai notato quelle. Strano.
Mi
sedetti in terra per osservare meglio quelle due macchie scure,
parzialmente celate da una scatola.
Spostai
la scatola.
Erano
due impronte.
Sembravano
vecchie e un po' scolorite, probabilmente fatte con l'inchiostro sul
legno.
Due
impronte di mani, una piccola, di poco più piccola della mia,
l'altra grande, di un adulto.
Essendo
due impronte di mano destra mi venne da dedurre che non appartenevano
alla stessa persona, poiché inoltre sembravano essere state
apposte nello stesso periodo.
Studiai
con curiosità le impronte.
Notai
che la mano adulta, sembrava avere dita lunghe e affusolate, ma era
larga, e dava un'impressione che il possessore dovesse avere una mano
agile ma forte.
“Cosa
stai guardando?” mi chiese Lòng.
Era
appena entrata in stanza, non l'avevo neppure sentita guardare.
“Delle
impronte” risposi.
“Uh?”
venne a vedere anche lei.
“Oh,
quelle. Me ne ero dimenticata. Kakashi me le fece vedere quando ci
trasferimmo qui... vedi questa?” mi chiese lei indicandomi
quella grande.
“Questa
è un impronta della mano di tuo nonno. Il padre di tuo padre.
Mentre quella piccola.. beh appartiene a Kakashi, a quand'era
piccolo, prima che Sakumo morisse”
Avevo
sentito parlare tante volte di mio padre. Ma assai raramente di mio
nonno o di mia nonna.
“E
la nonna?” le chiesi.
“Temo
di saperti dire poco niente. Anche Kakashi non la conobbe mai, morì
poco dopo la sua nascita a causa di una malattia, quindi non ne
conservava ricordo.
Sapeva
solamente quello che gli disse il padre, ossia che lei, assieme a lui
era l'ultima appartenente agli Hatake, e che si vociferava fosse una
bellissima donna con i capelli color argento caratteristici della sua
famiglia, ma nata cagionevole di salute”
Inaspettatamente...
mi trovai a provare almeno un briciolo di pietà per mio padre.
Almeno
io e Ryuko avevamo la mamma. Lui... si era trovato solo in tenera
età, e che io sappia non l'aveva adottato nessuno. Era andato
avanti... da solo.
“A
cosa pensi?” mi domandò carezzandomi distrattamente i
capelli.
Era
un gesto che faceva spesso con me e mia sorella.
“Che
la solitudine deve essere davvero triste” risposi.
Sembrava
più.. divertita che stupita o arrabbiata.
“Ma
come...? ora provi compassione?” mi disse con un mezzo sorriso.
Ci
riflettei seriamente un momento. “No. Non proprio. Penso
solo che nessuno, starebbe bene a stare sempre da solo. Io ho te e
anche Ryuko ora. Nonostante tutto, sento ancor sempre un grande
vuoto, da quando... è successo. Mi faccio domande a cui non
riesco a trovare risposta e questo.. mi confonde.
Quando
sono sul punto di odiarlo per intero, scopro sempre qualcosa di nuovo
che porta luce nelle ombre e viceversa. Non riesco a comprendere.”
cercai di dire, con cautela.
“Ne
vuoi parlare?” mi chiese.
La
guardai e pensai a quello che mi aveva detto Genma.
“Genma
dice che se mai vorrò davvero comprendere dovrei chiedere a
te, perché lo conoscevi meglio di chiunque altro”
“Genma
ha una gran boccaccia. Ma dice il vero”
“Non
so se... voglio affrontare l'argomento. Non ancora” ammisi
infine.
Il
mio cuore tremava di timore e curiosità. Volevo conoscere la
verità, ma dovevo ammettere a me stesso che al momento, non
sapevo se sarei riuscito ad accettarla. C'era ancora troppa rabbia e
confusione.
Lei
fece un mezzo sorriso.
“Anche
io sono confusa Raimaru. Ci sono molte cose con non collimano nella
mia mente con ciò che so. Troppi punti interrogativi e troppe
questioni irrisolte.
Se
non fosse stato per Ryuko... probabilmente sarei andata in prima
persona ad indagare sul caso. Ma ormai, la pista è fredda ed è
inutile piangere sul latte versato.
Ho
scelto anni fa di mettere la mia famiglia prima di tutto. E voi due
siete ciò che più è importante per me, e sempre
sarà così.
Tuttavia...”
sospirò come se stesse pensando intensamente anche in quel
momento.
“...sto
pensando di tornare in servizio attivo” disse infine, come
lanciando un sasso in uno stagno fermo, e io rimasi sconcertato a
guardare le onde concentriche.
“Da...davvero?”
chiesi stupito.
“Non
lo so ancora” sembrava... afflitta.
“Non
mi va di lasciarvi però... Tsunade non è più al
villaggio da qualche tempo e con lei s'è n'è andata
anche Shizune. I ninja medici di un certo livello... sono... scarsi.
Minato me ne ha parlato l'altro giorno. Avrebbero bisogno di me.
Tuttavia. Non mi va di lasciarvi. Tu te la sai cavare, sei già
un piccolo ometto ma Ryuko.. è ancora così giovane...
mi ero ripromessa tante volte che non vi avrei lasciato crescere come
cani randagi.
Già
io sono cresciuta quasi da sola, e come hai giustamente notato... la
solitudine è una bestia rognosa, per tutti”
“Mamma,
ma io ti capirei. Siamo ninja” dissi semplicemente. Una piccola
e grande verità.
“Tu
si, ma... non mi va'. Tornare in servizio attivo -non come ANBU
questo no- vorrebbe comunque dire che capiteranno spesso missioni in
cui potrei stare via due tre giorni o anche più. Non mi va' di
lasciarvi ai vicini o ad altri. Voi siete i miei figli e sono io che
devo avere cura di voi.
Non
mi interessa essere la più grande ninja o cosa. Quando sarete
grandi voglio che mi ricordiate come la vostra mamma, che vi era
vicino quando ne avevate bisogno, non una donna attaccata alla
carriera che vi scaricava al primo che passava per proseguirla”
La
abbracciai.
“Non
potrei mai pensarlo mamma. E comunque, ti ricorderei come una grande
ninja, che combatteva per proteggerci”
Lei
sorrise, un sorriso dolce e grato. “Ci penserò. Ma per
ora... sto a casa”
Il
giorno dopo scoprimmo con piacere che l'Hokage ci aveva affidato la
nostra primissima missione di livello C.
Oso
dire che fu davvero divertente.
Dovevamo
scortare una carovana di mercanti da Konoha sino al confine con le
terre del fulmine, dove avrebbero mandato una squadra di ninja della
nuvola a sovrintendere il passaggio della carovana nel loro
territorio.
Dovevamo
proteggerla dai banditi, ma non ci si aspettava una grossa
resistenza, o comunque nessuna interferenza con ninja di altri
villaggi.
In
fin dei conti, era una carovana con merci di qualità, ma non
tanto preziose da interessare ninja.
Dal
rotolo che ci venne dato per informarci del nostro incarico c'era
scritto che trasportavano pellami, vari oggetti di selleria tra cui
appunto selle e finimenti per bardature di cavalli, alcune spezie, e
qualche barile di generi alimentari tra cui olive sott'olio, carne e
pesce sotto sale.
Kiba
era sottosopra per l'emozione e sarebbe partito seduta stante come il
rotolo gli fu consegnato in mano, salvo che poi noi gli ricordammo
che, il paese del fulmine non era dietro l'angolo e allora sarebbe
stato il caso di prendere uno zaino con l'occorrente.
Io
preparai il mio senza trattenere una certa eccitazione all'idea, in
effetti, e lasciai un biglietto scritto frettolosamente per la mamma
dicendole che sarei stato via per qualche tempo e spiegandole il
motivo.
Al
principio della missione fu più che altro un impegno a tenere
a freno l'impazienza di Kiba, ma presto ci rendemmo conto che la cosa
era più noiosa di quanto pensassimo: c'erano due bovi a
trainare il pesante carro e avevano un'andatura talmente lenta che
quasi potevamo doppiarla semplicemente camminando a passo svelto.
Ad
un certo punto io mi lanciai sul tetto squadrato del carro e mi misi
comodo, sonnecchiando leggermente.
Non
so cosa fu ad avvertirmi, forse l'improvviso silenzio o una risatina
trattenuta.
Rotolai
d'impulso di fianco, mi appoggiai sul palmo destro, e facendo forza
sul torso, inarcai la schiena e sferrai un calco nel punto in cui
poco prima mi trovavo io, colpendo Kiba.
“Ahia!
Ma a te non ti si riesce mai a prendere di sorpresa?” brontolò
lui.
Ero
migliorato molto nei riflessi nell'ultimo mese.
“Dovresti
smetterla di sghignazzare prima di provare ad attaccarmi” gli
consigliai io con un mezzo sorriso.
Era
diventato una sorta di gioco tra Kiba e me. Lui cercava di prendermi
alla sprovvista, io di non farmi mai cogliere impreparato.
Era
divertente e lo consideravo anche un buon allenamento.
La
missione si concluse con un po' di delusione da parte nostra.
Non
accadde praticamente nulla di strano, salvo un paio di quasi attacchi
sferrati da un gruppo di manigoldi, che però appena videro che
il carro era protetto da ninja, sebbene novizi, si dileguarono.
D'altra
parte per chi non aveva chakra o non sapeva usarlo, anche già
solo un genin era al di fuori delle sue capacità.
I
ninja della nuvola sbrigarono le formalità usando il minimo di
parole possibile e congedandoci alla svelta.
E
noi dovemmo solo più concentrarci sul tornare a casa.
Ci
eravamo divertiti, come squadra a lavorare insieme.
Io
mi ero sopratutto alternato all'uso del Byakugan con Hinata durante i
turni di sorveglianza.
A
quella seguirono diverse missioni e diversi mesi di allenamento.
Mi
decisi a volermi focalizzare su un allenamento mio.
Ormai
stavo pareggiando Hinata con il juken, ma sebbene ormai mi ero
appropriato della tecnica... non la sentivo mia. Quasi preferivo
usare il classico kumite.
Forse
dipendeva per via del fatto che ero Hyuga solo per un quarto.
Continuavo
ad allenarmi in tutte le tecniche del clan. Sarebbe stato stupido non
farlo dato che il Byakugan lo avevo e il juken era un'arte pericolosa
ed efficace.
Però...
volevo imparare uno stile che fosse tutto mio.
Osservandomi
attentamente, compresi che, salvo imparare le tecniche come quella di
mia madre che usava il chakra per potenziare direttamente la forza
muscolare esponenzialmente, difficilmente sarei stato in grado di
usare una vera e propria forza bruta.
Si,
è vero ero ancora un bambino e avevo ancora di fronte a me
diversi anni per crescere.
Ma
si intuiva già dalla mia struttura che sarei stato un uomo
alto e slanciato, ma non di certo di fisico spesso, di quelli che
vengono definiti “armadi a quattro ante”.
Mi
venne dunque da pensare al nostro Hokage. Già perché
non puntare sull'agilità?
Un
nemico poteva essere forte fisicamente quanto lo si voleva... ma se
non riusciva a prendermi non mi avrebbe fatto alcun danno.
Combinando
la velocità ad una buona agilità, cosa a cui la mia
struttura fisica snella ben si prestava, potevano essere una
combinazione vincente.
Per
farlo dovevo allenarmi sui riflessi e su appunto, la velocità.
Iniziai
a reperire informazioni da Gai.
Mandai
giù orgoglio e mi disposi ad usare tutta la mia pazienza per
andare da lui a chiedergli consiglio.
Dovetti
attendere che finisse tutta la sua pappardella sulle gloriose sfide
che aveva intrattenuto con Kakashi prima che si quietasse abbastanza
perché gli domandassi quanto volevo sapere.
Era
uno dei jonin più preparati sulle arti marziali di Konoha.
Questo
lo sapevo. L'avevo chiesto sia alla mamma che a Kurenai.
Lui
insistette per darmi un paio di lezioni a riguardo di persona. Fu un
suplizio, ma ne vale la pena.
Mi
diede tutte le basi necessarie per cui potei lavorare nel tempo
seguente.
Kurenai
nel frattempo ci aveva fatto allenare anche con il chakra a camminare
sugli alberi e sull'acqua, per cui avevo appreso la tecnica di come
concentrare il chakra nei piedi senza troppi sprechi per potenziare
camminata e correre più veloce.
Iniziai
a portare i pesi d'allenamento come mi aveva consigliato Gai.
All'inizio fu davvero difficile. Quando tornavo a casa avevo i crampi
alle cosce e ai polpacci, e i miei movimenti ne risultavano
visibilmente impacciati per via di quel peso tremendo che mi ero
addizionato.
Però
non mi lamentai, e continuai ad allenarmi sia con la squadra che a
casa per conto mio.
A
tutto l'esercizio fisico però, non dimenticai di combinare
quello mentale. Studiai a fondo il sistema nervoso dai rotoli medici
di mia madre. Il corpo era pieno zeppo di nervi che fungevano anche
da ricettori per il dolore, erano quelli che, avvisavano il cervello
“Ti sei pestato un piede” tramite l'impulso del dolore
della parte lesa.
Era
una cosa stupida all'inizio, ma che un giorno provai contro Kiba.
Provai,
anziché mirare ai punti vitali, semplicemente ai nervi sui
posti che di solito si lasciavano più scoperti.
Come
le braccia. Era facile che si usassero braccia e avambracci per
parare un colpo.
Io
mirai al nervo del gomito, pizzicandoglielo con metodica precisione.
Il
mio compagno emise un grido di dolore e sorpresa. Non si era
aspettato una mossa simile.
D'istinto
si strinse la parte lesa, scoprendosi sull'altro fianco, e questo mi
consentì di sopraffarlo velocemente.
“E
questo cos'era?” mi chiese.
“Una
specie di nuova tattica che sto provando. Scusa, non volevo farti
male. Non così tanto” mi scusai.
“No,
no figurati. Non mi aspettavo una simile mossa. Anche perché,
di fatto, non mi hai neppure ferito”
“Si,
sono curiosa anche io di sapere che hai combinato” ammise
Kurenai.
“Ho
studiato i rotoli di mia mamma. Il corpo è pieno zeppo di
nervi, che per inciso sono anche i ricettacoli che servono per
trasmettere gli impulsi al cervello di quello che proviamo, caldo,
freddo, le sensazioni tattili eccetera, compreso il dolore.
Di
solito si tende a cercare di mirare ai punti vitali... ma ovviamente
gli avversari si coprono, mentre, istintivamente cerchiamo di usare
le braccia o le gambe come mezzo di difesa.
Quindi
ho provato a 'spezzare' quella difesa pizzicando i nervi del braccio
di Kiba. Di fatto non dovrei avergli causato alcun danno, anche se
non pensavo di fargli così male...”
“Accidenti...
mi formicola ancora adesso tutto il braccio sino alle dita...”
borbottò lui massaggiandosi la mano.
“Scusa”
ripetei.
“Non
è una brutta strategia in effetti. Tuttavia sarebbe meglio
evitare di farvi...” iniziò Kurenai.
“No!
No! Questa era proprio forte, e poi non può allenarsi a fare
sto... 'pizzico micidiale' su un manichino. Ora che lo so starò
più attento. Domani ci riproviamo eh?” disse Kiba su di
giri “Magari puoi insegnarmi anche a me a farlo?” mi
chiese speranzoso.
“Oh,
beh posso provarci... ma senza Byakugan ti sarà un po'
difficile...” non mi lasciò terminare.
“Bene
domani mi spieghi!” disse lui con la sua irrefrenabile
esaltazione.
“In
cambio voglio poi un favore da parte tua” gli dissi con un
ghigno.
Ovviamente
provai a farlo, ma Kiba aveva poca pazienza e il suo stile si basava
su velocità e forza d'impatto, non sui colpi precisi. Ma a suo
onore va detto che continuò a provarci.
E
capii che effettivamente non era neppure molto adatto a quello che
cercavo io.
Cercare
di diventare veloce, molto veloce, faceva anche si che, arrivando a
tutta velocità su un avversario, divenisse difficoltoso
colpire con precisione. Anche perché un manichino stava fermo,
un ninja no.
Motivo
per cui una tecnica come le 'zanne perforanti' di Kiba, allargavano
l'area d'impatto. E lui usava il naso per colpire, piuttosto che la
vista. E il favore che gli chiesi fu proprio di aiutarmi ad allenare
l'olfatto.
Non
ero bravo quanto lui, ma migliorai parecchio a riguardo.
Iniziai
quindi a provare a mescolare il Kumite al juken. Quando avevo la
possibilità di arrivare a tutta velocità
sull'avversario, sfruttavo lo slancio per aumentare la forza
d'impatto e quindi colpire con il kumite, mentre a distanze più
ravvicinate, era ovviamente più vantaggioso avvalersi del
juken.
Quindi
iniziai a ritenermi pronto per la seconda fase del mio allenamento.
Angolo
d'autore.
Bene,
direi che Raimaru ci sta dando davvero sotto con gli allenamenti...
ma ne devono ancora capitare... parecchie oh già.
Credo
che riuscirò a pubblicare alcuni capitoli anche
infrasettimanali.
Genma
mi fece una faccia stranita quando lo piazzai di fronte al cumulo di
shuriken.
“E
ora?”
“Vorrei
che me le lanciassi più veloci che puoi. Io dovrò
schivarle o pararle. Ci ho provato usando i miei bushin, ma non lo
trovo abbastanza soddisfacente.
Purtroppo
i miei bushin non mi danno un grado di difficoltà sufficiente,
e comunque dato che sono io, so dove colpirei o che strategie
userei... e quindi diventa un effetto un po'... del serpente che si
morde la coda ecco.
Questo
non sarebbe troppo diverso dagli allenamenti che facevamo all'inizio,
prima che diventassi genin. Solo che qui, aumenteremo la difficoltà.
E sarò io a dover stare grosso modo fermo.”
“D'accordo
proviamo” mi disse rassegnato ad assecondarmi.
Come
prevedevo infatti Genma era un ottimo avversario.
Era
più preciso delle mie copie. E più veloce.
Iniziò
piano, dandomi il tempo di prendere il ritmo.
Ma
presto fu così veloce che non riuscivo quasi a seguirle.
Anzi,
realizzai qual'era il problema solo dopo che mi presi tre brutti
graffi sulle braccia.
Io
con il Byakugan li vedevo arrivare. Il problema era che era il
mio corpo a non riuscire a reagire in tempo.
Tanto
più che Genma, per rendermi la vita ancora più
difficile, variava la frequenza di lancio, tra più lenta e
veloce, e anche la quantità.
Magari
ne lanciava tre singoli, per poi lanciarne una manciata da quattro o
cinque shuriken.
E
io sotto la pioggia continua di 'stelle ninja' dovevo affilare i
riflessi, imparare a non affidarmi solo al Byakugan, e a velocizzare
i tempi di reazione. Dovevo inoltre imparare a compiere solo i gesti
essenziali, per risparmiare forze e chakra.
Fu
una sessione di allenamento davvero stremante. Tanto che quando Genma
smise di lanciare shuriken mi lasciai cadere a sedere a terra.
Ansimando
come un mantice e madido di sudore.
“Ehi
tutto bene Rai?”
“Si
si. Era proprio quello che avevo in mente. È stato... beh...”
mi misi a ridere “è stato divertente” in effetti
lo era. In qualche modo.
“pff”
sbuffò lui. “Sei folle. Solo un folle potrebbe trovare
divertente ridursi in quello stato lì per un allenamento”
però anche lui aveva un sorriso che gli stirava gli angoli
della bocca.
Io
ridacchiai, rimettendomi in piedi per raccogliere gli shuriken.
Lui
mi aiutò a riaccumularli nel mucchio dove erano prima.
“Che
ne dici di un bel bagno alle terme? Sei marcio di sudore. E poi così
nel frattempo mi spieghi cosa diavolo hai in mente”
“Andata”
confermai seguendolo alle terme.
Fu
davvero un sollievo togliersi i pesi d'allenamento e buttarsi
nell'acqua calda termale.
Scioglieva
i muscoli prima tesi, distendendoli ed evitando che si annodassero in
dolorosi crampi.
Mi
immersi fino al naso nell'acqua e con un mugugno soddisfatto mi
aggrappai poi ad una roccia sul bordo della vasca, lasciandomi
languidamente morbido nell'acqua.
“Quindi.
Che diavolo d'allenamento è?” mi chiese Genma, che si
era seduto poco lontano, stravaccato come al solito.
Aveva
le gambe distese nell'acqua, mentre si era appoggiato con i gomiti
sul bordo della vasca, la schiena leggermente inarcata all'indietro.
Il
solito senbon sempre in bocca, immancabile.
“Voglio
aumentare la velocità dei miei riflessi” risposi con
calma, sguazzando nella vasca che era praticamente vuota, data l'ora
ormai un po' tarda.
“Perché
se posso saperlo?”
“In
verità ancora non lo so neanch'io. Penso di poter dire che sto
cercando di … trovare uno stile mio”
“Uno
stile tuo? E che te ne fai? Con il Byakugan puoi sfruttare a pieno lo
juken no?”
Scossi
la testa. “Lo Juken alla fine diventa prevedibile, e va bene
solo per contatti ravvicinati. Già su una distanza media è
grosso modo inutile.
Sai
ci ho riflettuto in questi ultimi tempi” gli dissi con calma.
“A
meno che non imparo la tecnica della mamma per potenziare i colpi...
non ho il fisico di uno fatto per menare secco. Aspetta lascia che mi
spieghi..” gli dissi dato che stava già aprendo la bocca
per interrompermi.
“Lo
so che sono ancora un bambino ed è più che probabile
che cambi ancora e bla bla bla. Ma, sia la mamma e -a quanto ricordo-
neanche il papà non hanno di certo la stazza fisica... che ne
so, del Raikage” usai quell'esempio perché avevo visto
una sua foto sul libero che parlava dei vari Kage, ed ero rimasto
impressionato da quanto fosse alto e muscoloso quell'uomo. Quello sì
che era un armadio vivente!
“...
e, sarò anche un bambino che deve ancora crescere e tutto...
ma la vedo dura diventare così tanto grande no?” gli
dissi con un mezzo sorriso.
Lui
annuì.
“Il
che mi rende più portato ad essere veloce ed agile, e stavo
tentando di migliorare quelle due qualità.
É
da un po' che sto usando i pesi da allenamento che mi ha dato Gai...”
“Ferma,
ferma... vuoi dire che durante l'allenamento..?”
“Avevo
i pesi? si. Non li tolgo quasi mai. È stata dura all'inizio,
ma ci sto facendo l'abitudine...”
“Raimaru,
stai attento a non sforzarti troppo. Proprio perché sei un
bambino neanche a esagerare va bene. Potresti rovinarti il fisico se
pretendi troppo” mi disse con un'insolita serietà.
Io
strinsi le spalle. “Sto cercando di fare del mio meglio con ciò
che ho”
Lui
sospirò, con aria rassegnata.
“Comunque
mi dicevi?”
“Nulla
tutto qui. Sto iniziando a lavorare su quello. Al momento non ho
ancora un idea precisa, ma... sto migliorando. Solo che oltre alla
velocità fisica devo allenare anche i riflessi. Non mi serve a
nulla avere la velocità di un jonin se poi non riesco a...
pensare e reagire per tempo. La reazione deve essere pari alla
velocità, o sarà tempo sprecato.
Speravo
che, se tu avevi tempo, tra una missione e l'altra di aiutarmi così,
potremmo man mano aumentare la difficoltà, ad esempio se tu ti
moltiplichi e mi colpisci da più direzioni.
E
poi, sempre con il tempo potremmo diminuire le dimensioni del
bersaglio, magari passando dagli shuriken ai senbon. E, chi lo sa che
tra tutte ste menate non riesca anche ad imparare la rotazione
suprema”
Lui
ghignò “Certo che, l'ambizione proprio non ti manca eh?”
Risposi
al suo sorriso “no, in effetti no”
Così
iniziò il mio allenamento oltre ai soliti.
Tutto
procedeva più meno liscio. Fu per tanti versi uno dei periodi
più... allegri che avessi mai vissuto da tempo.
Alla
mattina ci allenavamo o facevamo missioni con la squadra. Tre
pomeriggi a settimana, mi dedicava per due o tre ore a mia sorella,
mentre che mia madre rientrava da lavoro. Poi, se era libero mi
allenavo con Genma.
La
sera di tanto in tanto capitava anche che uscissi a cena con il mio
gruppo.
Ero
diventato più o meno amico con tutti. Shino mi piaceva
abbastanza anche se non riuscivo a capirlo. Hinata era semplicemente
troppo dolce per non volerle bene. Kiba... era troppo irruento, ma
forse lo trovavo proprio simpatico perché faceva da
contraltare al mio carattere più riflessivo e serio.
Kurenai...
la trovavo una buona maestra. Abbastanza dolce e comprensiva sapeva
prenderci con le buone per farci fare quello che ci ordinava, senza
alzare mai i toni o usare parole brusche.
Finalmente
ricevemmo una nuova missione di livello C. La terza che ci veniva
affidata.
“Dovete
stare piuttosto attenti. Questo documento è molto importante.
Dovete portarlo sino al paese della roccia, nella città di
Fushyama e consegnarlo al comandante delle truppe locali” ci
raccomandò il vecchio Terzo Hokage.
“Si
Hokage-sama” rispondemmo noi.
“Vi
raccomando prudenza. Non crediamo che possano attaccare ninja di
altri villaggi, ma non è neppure da escludere del tutto”
ci consigliò congedandoci.
La
missione partì in modo 'frizzante'.
Tutti
ben equipaggiati, Kurenai deteneva il rotolo e noi le stavamo intorno
-due davanti due dietro- con una certa solerzia.
I
nostri precedenti scontri erano stati relativamente semplici ed
eravamo fiduciosi. Avevamo un buon gioco di squadra e sapevamo di
poter contare l'uno sull'altro.
Eravamo
ormai nella città di Fushyama.
Il
paese delle rocce rispecchiava bene il suo nome. Nella zona sud era
disseminato di grandi canyon, mentre verso nord, era ricoperto di
montagne rocciose ma rigogliose di conifere. Solo nel cuore del paese
c'era una zona più pianeggiante, quasi per intero dedita
all'agricoltura.
La
città in cui ci trovavamo era poco più che un
pittoresco villaggio di montagna. Aveva avuto la fortuna di sorgere
su un altipiano, dunque, la città era costruita di roccia, ma
più ampia delle altre.
Al
suo interno erano anche presenti delle milizie cittadine, che
addestravano dei soldati 'non ninja'. Gente che portava le armi anche
se privi di chakra.
Ero
in coda al gruppo, con l'intenzione di fare da retroguardia. Mi stavo
guardando introno, con curiosità, senza però
dimenticarmi di prestare anche attenzione a ciò che mi
circondava e di ascoltare.
Fu
proprio in quel momento che sentii.
Due
guardie della 'milizia' in uniforme, stavano passeggiando tranquille,
parlottando con aria trafelata, forse un po' spaventata.
“...sembra
siano stati visti in zona”
“Chi?”
chiese il secondo interlocutore.
“I
ninja traditori. Quei due della foglia. Itachi Uchiha e... Kakashi
dello Sharingan”
Angolo
d'autore.
Bene
bene... ci sono nuovi sviluppi a quanto pare.. e le chiacchiere di
ste due sentinelle avranno messo una pulce nell'orecchio del piccolo
albino grande quanto un orso bruno...
Al
prossimo capitolo con 15-La Testardaggine Dei Sentimenti
Capitolo 15 *** 15-La testardaggine dei sentimenti ***
Mi
sentii gelare il sangue nelle vene, il cuore prese a battere con
furia, sino a che non sentii il sangue battere nelle orecchie.
Loro...
loro due qui?
Deglutii
l'improvviso groppo che avevo in gola.
“Raimaru?”
la voce di Kurenai mi richiamò a sé che era parecchi
passi avanti.
Costrinsi
le mie gambe a muoversi per raggiungerli, convinto che sarei svenuto
lungo la strada per un attacco di nevrosi.
Il
mio cervello sembrava in preda al panico. Come in un villaggio quando
scatta l'allarme rosso e i ninja iniziano a schizzare ovunque come
api d'un arnia presa a calci.
I
pensieri mi si agitavano impazziti nella mente, senza una meta
precisa, creando solo confusione e basta.
“Raimaru
stai bene? Mi sembri pallido” mi chiese.
“S-si
si, andiamo pure” dissi cercando di essere convincente, senza
sapermi spiegare perché avessi mentito.
Avevo
bisogno di riflettere.
Li
seguii in uno stato semi-catatonico, anche se dall'occhiata che mi
lanciò la sensei capii che non era del tutto convinta della
mia risposta.
Ci
fermammo in una piccola pensione dove avremmo dovuto alloggiare
quella notte, dato che per la consegna dovevamo attendere il
crepuscolo.
“Ci
sono dei ninja che ci hanno seguito... credo” disse la mia
incerta cugina.
“Si
li ho notati” rispose Kurenai, lanciando una mezza occhiata a
me come a dire 'strano che tu non l'abbia notato'.
Mi
maledissi. Ero persin troppo sconvolto per notare quello.
Mio
padre aveva ancora tanta influenza su di me? Nonostante tutto? Non
trovavo giusto che mi ci volesse così poco per farmi prendere
dal panico, come se bastasse il suo nome per frantumarmi.
Mi
arrabbiai con me stesso.
Però...
era più forte di me. Se era nei paraggi dovevo assolutamente
scoprirlo. Dovevo assolutamente vederlo. Volevo... Non lo sapevo
neanche io cosa volevo.
Picchiarlo
forse. Fargli domande. E picchiarlo ancora. Sapere perché.
Perché ci aveva lasciati così. Perché mi
considerasse così poco e perché mi avesse detto che non
ero neppure degno di essere suo figlio... perché perché..
avevo mille perché nella mente. Troppe domande, riunite in un
solo quesito. Perché se n'era andato?
Mi
sentivo la testa scoppiare.
“Mentre
che attendiamo potremmo fare una breve perlustrazione. Se agiamo
rapidamente difficilmente ci seguiranno... non noi che siamo solo dei
genin” dissi usando un tono neutro.
Quanto
meno, il più neutro che riuscii a tirare fuori.
Kurenai
mi fissò con intensità.
Fu
solo grazie ad uno sforzo di volontà, e grazie alla
testardaggine che riuscii a sostenere quello sguardo cremisi.
“No,
meglio di no. Riposiamoci e aspettiamo il crepuscolo ho una brutta
impressione”
La
stanza che ci fu assegnata era praticamente un appartamento.
C'erano
una cucina, un bagno e cinque letti sparsi nell'enorme stanza.
Io
mi buttai sul letto, mentre Shino riposava, Hinata si era messa
coricata e leggeva un libro, e Kiba si era addormentato 'dalla noia'
almeno così aveva detto lui.
Kurenai
aveva un'aria un po' tesa.
Io
chiusi le palpebre ma i pensieri mi vorticavano così
velocemente in testa, le emozioni che mi scuotevano erano così
violente che facevo fatica a mantenere il battito del mio cuore ad un
ritmo normale.
Mi
sentivo ingabbiato. Mi sentivo soffocare. Avevo bisogno di
andarmene... di uscire da quella stanza. Indagare, cercare.
Era
una necessità così impellente che... che mi sarei anche
buttato a testa prima dalla finestra senza neppure curarmi di
aprirla, se solo non avessi saputo che Kurenai mi avrebbe ripreso per
la collottola quattro passi più tardi.
No,
se volevo andare dovevo usare l'astuzia non la foga.
Un
brivido mi solcò la pelle. Volevo davvero gettare così
velocemente nelle ortiche tutte le regole e disobbedire ad un mio
superiore?
Pff...
la domanda non era il 'se' l'avrei voluto fare, ma il 'come' avrei
potuto fare.
Attesi
ancora un ora e mezza.
La
tensione si stava sciogliendo negli altri che erano tutti che
sonnecchiavano o si distraevano a modo loro.
Andai
nel bagno, e come speravo c'era una finestra che dava sul retro.
Facendo
quanto più rumore possibile con lo sciacquone, creai una copia
di me stesso e sempre coprendomi con il rumore del bagno, mi spicciai
a lanciarmi fuori dalla finestra mentre la mia copia la richiudeva
per poi prendere il mio posto a sonnecchiare sul letto.
Potevo
solo pregare che Kurenai fosse abbastanza distratta da non notarlo.
E,
in qualche modo strano funzionò.
Kurenai
non se ne accorse. Forse aveva altri pensieri per la mente. Forse
semplicemente non si aspettava che Raimaru, di solito così
ligio al dovere così preciso e serio, prendesse un simile
colpo di testa. Era quanto meno improbabile no?
E
mentre il Bushin se ne stava coricato con gli occhi placidamente
chiusi, il vero Raimaru stava applicando ogni insegnamento ninja per
scivolare da un ombra all'altra e cercare nuovi indizi. Creò
altri due Bushin per coprire un'area più vasta.
Non
sapeva bene neppure lui cosa cercava. Ninja. O forse persone
dall'aria sospetta. Uomini loschi. Miliziani chiacchieroni che si
scambiavano informazioni che sarebbero risultate utili anche a lui.
Qualsiasi
cosa.
Non
trovò nulla e ormai il tramonto s'approssimava. Considerò
l'idea di tornare da Kurenai, e cercare di rinfilarsi in casa, prima
che la sua maestra capisse del losco trucco che gli aveva giocato.
Proprio
in quel momento si sentì formicolare la pelle. Vide due uomini
con la cappa nera a nuvole rosse. Portavano in testa dei cappelli di
paglia a tesa larga con strisce di stoffa decorative tutt'intorno che
celavano completamente il viso, dato che avevano anche i colletti
alti.
Quei
due erano ninja, o io sono un coniglio. Si disse Raimaru dentro di
sé.
Perdendo
completamente di mente Kurenai e gli altri che lo attendevano per il
tramonto, lì seguì con passo felpato.
Kurenai
invece si era sentita addosso gli occhi nemici per tutto il tempo.
Non
era riuscita ad individuarli, ma era certa che c'erano.
Così
come era certa che Raimaru avessi visto o sentito qualcosa che
l'aveva turbato.
Che...
che ci fosse di mezzo l'organizzazione alba?
Loro
jonin ne erano stati informati ma.. erano anche stati avvisati di
evitare scontri diretti con quei ninja. Erano troppo pericolosi per
affrontarli da soli. Figurarsi con una squadra di Genin.
La
jonin si girò in quel momento per controllare il piccolo
Hatake.
Un'orribile
consapevolezza la investì come un cavallo in carica.
“Raimaru!”
la voce rabbiosa e spaventata della sensei fece scattare sull'attenti
tutto il gruppo, colto alla sprovvista.
“Che
diavolo hai fatto?” le domandò lei, con una improvvisa
voglia di scagliarsi sul bambino. Arrabbiata... e forse anche un po'
delusa.
“Mi
scusi sensei. Dovevo sapere...”
“Cosa?”
stava per chiedergli. Ma dei kunai ruppero la finestra, piovendo
dentro la casa... e colpendo in pieno petto il piccolo Hatake.
Hinata
quasi svenne dallo spavento, mentre Kiba gridò spaventato in
direzione dell'amico... prima che questo... con un sonoro 'puff'
scomparisse. Era solo un bushin!
“ma..
ma...”
“Temo
che dovremo occuparci dopo di dove sia andato a finire quel somaro.
Ora dobbiamo sventare quest'imboscata. Disponetevi a triangolo e
lavorate sempre insieme” gli ordinò Kurenai, parando una
seconda pioggia di kunai che servì da preludio all'entrata in
scena di quattro brutti ceffi mascherati.
Era
ormai ai limitari della cittadina quando Raimaru iniziò a
chiedersi che diavolo poteva fare.
Non
ci aveva pensato sino a quel momento ma... cosa poteva fare lui
contro due giganti come Itachi e Kakashi?
E
poi? Ora? Era ai limitari della città, cosa doveva fare?
Abbandonare tutto e tutti per pedinare i due? E a che pro?
Finalmente
gli stava tornando un po' di sale in zucca quando la consapevolezza
del suo Bushin lo raggiunse.
Kurenai
e gli altri erano in pericolo! E lui non era lì con loro!
Nello
stesso istante, udì una voce piatta dire “Ehi moccioso!”
Un
kunai legato a una corda comparve di fronte a lui. Per evitarlo fu
costretto a balzare di lato.
La
corda trascinò l'arma in un semicerchio verso di lui, che non
fu abbastanza svelto, e finì in mezzo la strada con un graffio
sulla tempia.
'Mi
poteva andare peggio' pensò però lui.
Stava
iniziando solo ora a capire che sciocchezza aveva fatto.
Alzò
lo sguardo sui due che aveva di fronte, ormai.
Il
primo, con un gesto calmo alzò il cappello di paglia.
Due
occhi neri come pece incastonati in un volto pallido e incorniciati
da una cascata di capelli altrettanto neri lo fissarono fermi e
pacati.
Raimaru
si alzò dalla posizione acquattata dove era... e a pensarci
bene, fu un errore.
Perché
quando il secondo, alzò con un gesto lento e calcolato la tesa
del cappello, e un occhio nero e uno rosso colsero il suo sguardo...
sentì le ginocchia tremare mentre paura, rabbia, confusione,
amore e odio lo coglievano tutto insieme.
“Che
moccioso sciocco” disse la voce fredda mentre un ciuffo di
capelli candidi come neve sfuggì al cappello e gli cadde di
fronte all'occhio rosso come il sangue appena versato.
Raimaru
si sentì il fiato venir meno e le ginocchia cedettero sotto al
suo peso.
'sono
spacciato' fu l'unico pensiero che gli passò per la mente.
Angolo
d'autore.
Eh
già. Il nostro piccolo Raimaru questa volta si è
cacciato in un bel pasticcio... chissà se riuscirà a
spuntarla...
Kurenai
si slanciò sul nemico, ben determinata a proteggere ad ogni
costo i suoi allievi.
“Dovevo
sapere..” aveva detto la copia prima di svanire. Sapere cosa?
Ommiodio
Raimaru che diavolo hai combinato?
Tua
madre mi spella viva e fa un giubbotto con la mia pelle se finisci
male per una mia disattenzione! Senza contare quella pazza di
Kushina! E quando era scomparso?
Probabilmente
quando era andato in bagno.
S'è
l'era studiata bene.
Ma
perché?
Kurenai
si sentiva anche un po' delusa che il suo migliore allievo le avesse
tirato uno scherzo simile. Ma non era il momento di pensarci.
Quattro
uomini si pararono di fronte a loro, con le maschere da ANBU calate
sul volto.
“Dateci
il documento e vi concederemo una morte veloce” disse il più
grosso, facendo un passo avanti.
“Zanne
perforanti!” Kiba si slanciò d'impulso all'attacco,
travolgendo completamente il suo avversario, che non aspettandoselo,
fu colpito in pieno.
Kurenai
ne approfittò per intrappolare in un illusione uno e uccise
quello stordito da Kiba. Loro erano troppi ed era meglio sfoltire un
po' il numero, ma i suoi allievi ancora non erano pronti ad uccidere.
Uno
si avvicinò ad Hinata, con l'intenzione di usarla come
ostaggio per farsi dare ciò che voleva.
La
giovane Hyuga si difese in modo più che egregio, scivolando da
tra le dita dell'uomo, e girandosi, gli ficcò tre colpi di
juken ben assestati, facendo piegare in due l'uomo dal dolore, che
poi venne intrappolato dagli insetti di Shino che intervennero con
prontezza, divorando il chakra del nemico e rendendolo mansueto.
Anche
se, vidi, Hinata si ferì un braccio mentre si divincolava
dall'uomo.
L'ultimo
venne neutralizzato da un attacco combinato tra Kiba e Shino, mentre
quello intrappolato nel Genjutsu fu terminato da Kurenai.
“Hinata
quanto è grave la tua ferita?” le domandò.
“Solo
un graffio sensei”
“Kiba
sei in grado di seguire l'odore di Raimaru?” chiese Kurenai
mentre legava i due sopravvissuti in solide corde.
“Si,
credo di si”
“Bene
portaci da lui”
Proprio
però mentre la mente di Raimaru si disponeva a morire, che
notò i dettagli.
Raimaru,
dentro di sé era già convinto di non avere alcuno
scampo.
A
che pro, provare a combattere quando aveva di fronte a sé due
uomini che pure Minato Namikaze, il lampo giallo di Konoha, avrebbe
affrontato con la dovuta cautela? Lui era solo un piccolo, stupido
Genin che si era lasciato trasportare dai sentimenti di odio e
rabbia, che aveva provato a seguire le orme del padre.
Come
il bambino che prova a infilarsi le scarpe del papà per
sentirsi grande, solo per poi scoprire che ovviamente, gli si sfilano
ad ogni passo.
E,
sebbene i suoi occhi erano fissi nello sguardo bicromatico del padre,
Itachi Uchiha della foglia, era probabilmente superiore in abilità
anche a Kakashi.
Non
aveva semplicemente speranza.
Ma
fu proprio in quel momento, mentre i suoi occhi raccoglievano
frenetici quelle che credeva sarebbero state le ultime immagini della
sua vita che se ne accorse.
Kakashi
aveva si, i capelli bianchi, aveva si, un occhio per colore ma...
Qualcosa
stonò, come se in una scala musicale avessero infilato una
nota in mezzo che nulla c'entrava in quella sinfonia.
“Hai
ragione. Sono uno stupido” disse Raimaru, alzandosi di nuovo.
Senza
pensare, bruciante di rabbia e di vergogna Raimaru si gettò
semplicemente a capofitto, colpendo Kakashi dritto sul viso con un
calcio.
“Uno
stupido a pensare che davvero voi due foste Itachi e Kakashi”
disse freddamente.
Quello
non era suo padre.
Suo
padre aveva i lineamenti più belli, più affilati e
virili. Il suo occhio sinistro era solcato da una cicatrice, da
sopracciglio a zigomo, non solo sulla palpebra.
I
capelli erano più lucenti. Erano si, bianchi come neve, ma
rilucevano come argento, come i miei, quelli erano del colore smorto
della neve semi inzaccherata dall'acqua.
L'occhio
dello sharinagn aveva tre tomoe e non due.
E
sopratutto la sua voce era diversa, più bassa, più...
Raimaru
si sorprese di ricordarsi tante cose di lui mentre senza pensarci
diceva all'avversario “Non ci assomigli per niente a mio padre
e sei almeno tre palme più basso!” mentre che lo colpiva
con un altro calcio in volto.
I
due persero la tecnica della trasformazione e tornarono alle forme
originali.
Due
ninja castani, pressoché identici se non per il fatto che uno
era di una spanna e mezza più alto dell'altro, tutti e due con
il copri fronte rigato della roccia.
“Iniziavo
giusto a pensare che fossi una delusione Raimaru Hyuga” disse
il numero uno, quello più alto.
“Già..
è stato una pacchia trarti in inganno” disse il numero
due.
“E
ora...”
“Avremo
il tuo Byakugan!” esclamarono pressoché insieme.
“Ehi,
cervello il condivisione!” dissi loro mostrando i denti come un
cane che ringhia infuriato. “Sono Raimaru Hatake e siete
talmente babbei che basterò da solo a farvi fuori”
Ero
scemo! Scemo! Scemo! Scemo!
Non
riuscivo a finire di ripetermelo. Ero finito in una trappola stupida.
Avevo tradito la mia squadra, esponendola a rischi inutili. E io...
mi ero messo in trappola da solo, solo per... cosa? Vedere mio padre?
Inseguirlo? Farmi ammazzare da lui?
Attaccai
con rapida ferocia.
La
rabbia e la vergogna di essere finito in una trappola così
stupida senza accorgermene, solo per essermi lasciato trasportare
troppo da dei sentimenti così confusi e infantili...
infiammarono le mie vene dandomi forza.
“Ahah!”
rise il primo “Guarda che lo sappiamo...”
“...che
sei solo un genin. Non hai mai ucciso” completò il
secondo.
“Chi
ti credi di essere?” fece il primo.
“Non
sei mica tuo padre sai... tu non fai paura...!” completò
il secondo.
La
rabbia che mi travolse, sentivo il sangue pulsare prepotente nelle
vene, le orecchie quasi mi fischiavano per la tensione, mentre una
sorta di foschia rossa calava sui miei pensieri.
Mi
scaraventai senza pensare.
Li
avrei ridotti in pezzi.
Kiba
ci condusse lungo una via secondaria, ci disse che sembrava che
Raimaru avesse girato un po' la città ed era finito per
seguire, forse pedinare due uomini.
Sentimmo
i rumori di una battaglia in corso.
Sentii
un grido disumano. La voce era quella di Raimaru.
“Prova
a ripeterti maledettoooo!”
Arrivammo
in tempo per vederlo che si buttava sopra un uomo dai capelli e la
barba castana di media altezza, atterrandolo per terra e prendendo il
kunai con due mani, come fosse na spada glie lo conficcò con
millimetrica precisione tra le costole, dritto al cuore.
L'uomo
morì con un gorgoglio.
Raimaru
aveva l'aria spiritata. Era imbrattato di sangue da capo a piedi, lo
sguardo perso nel vuoto e spaventato. La pelle pallida resa lucida
dal sudore, il respiro accelerato, ansante.
Alzando
lo sguardo Kurenai si rese conto che c'era un secondo uomo, appena
due metri indietro, inchiodato al muro senza vita per mezzo di una
mezza dozzina di Kunai, tutti lanciati con forza, conficcati fino al
manico con millimetrica precisione nei punti vitali.
“Raimaru...”
la voce di Kiba era sconcertata.
Hinata
si coprì la bocca con timore di fronte al terribile spettacolo
che gli si apriva davanti.
Shino...
rimase il solito Shino, in silenzio, studiando la situazione con aria
meditabonda.
Raimaru
alzò lo sguardo di scatto.
Sembrò
impiegare qualche secondo per riconoscerci.
Si
alzò, fece un paio di passi incerti. Non sembrava essere
neppure lì con la mente. Come un guscio vuoto.
Si
fermò ondeggiando, incerto sulle ginocchia.
Si
guardò le mani lorde di sangue, con aria spaventata,
trasognata. Come se non credesse di essere stato davvero lui a
uccidere. Come se si stesse rendendo conto di ciò che era
accaduto solo in quell'istante.
D'improvviso
si piegò in due, cadendo a carponi e rimettendo lo scarso
contenuto dello stomaco.
“Kiba,
Hinata, Shino. Tornate all'appartamento e fate la guardia a quei due
che abbiamo catturato non devono fuggire. Qua ci penso io”
ordinai agli altri tre, che però dovettero essere portati via
dall'impassibile Shino perché si convincessero a muoversi e a
staccare lo sguardo dalla figura di Raimaru, che ora tremava in
terra, squassato da conati e colpi di tosse.
Angolo
d'autore.
Beh,
credo di avervi trollato almeno un po' con sta uscita... =D
Comunque,
Raimaru è vivo e vegeto e credo che tanto basti... per ora.
Nei
prossimi giorni mi sa che dovrà pagare lo scotto per questa
cazzata...
Kurenai
si trovò per la prima volta in vera difficoltà da
quando aveva iniziato il suo ruolo di sensei.
In
genere ci sapeva fare con i ragazzi... ma questo?
Non
riusciva a capire che fosse successo, anche se era evidente che ora
Raimaru fosse sconvolto dal fatto che aveva ucciso con brutale
precisione due uomini... non era semplice convivere con la
consapevolezza di aver stroncato delle vite.
Però
Kurenai in quel preciso momento era presa a metà tra la voglia
di fargli una sonora ramanzina per il rischio che aveva corso e
andarlo a consolare.
Raimaru
si alzò barcollante, appoggiandosi ad un muro, ansante.
Kurenai
gli porse una fiaschetta d'acqua, che lui accettò senza
incrociare il suo sguardo.
Si
sciacquò la bocca prima di bere qualche sorso con esitazione.
“Allontaniamoci
da qui” disse solo in tono neutro lei, vedendo la pelle d'oca
sulle braccia del ragazzino.
Lui
annuì debolmente, seguendola lungo le strade.
Si
fermò solo quando furono abbastanza lontani da non sentire
neanche più l'odore del sangue versato.
Erano
ormai nei pressi dell'appartamento che avevano affittato per la
notte.
“Mi
dispiace averla delusa sensei. Io... mi dispiace” disse Raimaru
anticipandola.
Lei
lo guardò, con brusche parole di rimprovero sulla punta della
lingua. Rimase un po' stupita nel vedere le lacrime che scendevano
copiose sulle guance del bambino. I singulti che stava con evidente
sforzo trattenendo.
Non
aveva sentito un ansimo in tutto il tragitto.
“Io...
sono stato sciocco. Ho agito d'impulso non ho pensato... io...”
scoppiò per la prima volta da quando lo conoscevo nel pianto
dirotto di... di un bambino.
Il
più delle volte era talmente serio e controllato che si finiva
col dimenticare che effettivamente aveva solo otto anni.
“Sono
stato uno stupido!” dichiarò con un singulto che lo
scosse da capo a piedi, rannicchiandosi contro il muro di una casa
dove ci trovavamo.
“E
poi.. non so. Non lo so! Non so cosa sia successo” sembrava in
uno stato confusionale.
“Tutto
quel sangue...” singhiozzò tentando di pulirsi le mani
nell'erba in gesti tremanti e quasi a 'scatti'.
“Raimaru,
ora calmati. Spiegami cos'è successo. Non credevo che fossi
tipo da colpi di testa e tutt'ora ne dubito. Si, hai sbagliato, si
hai agito male a lasciare la tua squadra e poteva finire assai
peggio. Non negherò che quello che hai fatto è grave.
Hinata
è rimasta ferita, per fortuna non è grave, ma la tua
mancanza poteva mettere in pericolo l'intera squadra se i nemici
fossero stati più numerosi o forti. Così come potevi
rischiare tu la vita se fossi stato meno abile con quei due”
gli dissi con severità.
“Quindi
credo che mi devi almeno una spiegazione plausibile” dissi
infine.
Kurenai
si trovava di fronte all'ufficio dell'Hokage. Doveva consegnare il
rapporto direttamente a lui.
Non
sapeva bene come raccontare ciò che era accaduto.
Raimaru
dopo averle spiegato singhiozzando tutto ciò che aveva visto e
sentito, si era lasciato guidare sino all'appartamento, dove Kiba lo
aveva un po' aggredito. Arrabbiato per come li aveva piantati in
asso. Trovando però in Raimaru un muro di solido mutismo.
Aveva
chiesto scusa alla squadra, poi si era -dietro mio consiglio- lavato
di dosso il sangue di cui si era imbrattato e si era messo un paio di
cerotti sulla fronte dove era ferito.
Dopo
di che, era rimasto in un contegnoso silenzio, senza più
rivolgere la parola a nessuno se non per questioni strettamente
necessarie.
Hinata
aveva cercato di consolarlo, Shino gli aveva rivolto delle pacate
parole di rimprovero, però si era anche detto che comprendeva
che era facile sbagliare. Kiba irritato dal mutismo del giovane
albino aveva anche tentato di irritarlo per farlo reagire.
Era
pronto anche a una sana scazzottata. Ma odiava vederlo asserragliato
nell'apatia.
“Vieni
pure Kurenai” disse Minato da dentro l'ufficio.
La
mora entrò salutando con rispetto.
“Dimmi,
volevi parlarmi..?”
“Ho
qui il rapporto della missione. È stata portata a termine con
successo però...” esitai.
“Però
cosa?” domandò lui.
“Forse
faccio prima a spiegarti... Raimaru è stato preso in trappola
e...”
“Cosa?”
disse schizzando in piedi, allarmato.
“No,
no, ora è a casa e sta bene. Non è quello. È
che... è stato tratto in inganno da alcuni manigoldi della
roccia per il Byakugan. Il problema è che hanno agitato un
esca che l'ha sconvolto”
“Quale?”
chiese tornando a sedersi, seppur con un espressione preoccupata.
“Kakashi...”
“Ah...”
“Gli
hanno fatto sentire una conversazione in apparenza casuale in cui
dicevano che era stato avvistato nei dintorni, poi hanno preso le
sembianze di Kakashi e Itachi e lo hanno attirato nella periferia
della città.
A
quanto pare il richiamo è stato più forte di lui. È
fuggito e li ha seguiti. A quanto dice lui è rinsavito solo
quando era ormai troppo tardi. Fortuna vuole che erano solo due
pivelli”
“Li
avete catturati?” domandò l'Hokage.
Kurenai
scosse la testa, e sospirò un po' afflitta.
“Ha
perso totalmente il controllo. Quando sono arrivata... li aveva già
massacrati lui. Quello che di per sé è più
impressionante è che... ha avuto una precisione nel colpire
e... insomma ha fatto un lavoro pulito. Degno di una ANBU... se si
pensa che era anche fuori di sé.. ha comunque colpito tutti i
punti vitali con una precisione millimetrica.
Uno
lo ha ucciso con un colpo diretto al cuore... il secondo era appeso
ad una parete con sei Kunai conficcati in sei punti vitali diversi.
Tutti
tagli puliti e netti.
Di
per sé in ciò non c'è nulla di sbagliato. Lo
hanno attaccato e ha reagito.
Il
problema è che la sua disobbedienza avrebbe potuto portare
gravi danni al team e a sé stesso.
Inoltre...
anche se fossero stati i veri Itachi e Kakashi? Cosa pensava di fare
da solo?”
Kurenai
scosse di nuovo la testa.
“Come
sta ora?” chiese Minato.
“Sconvolto.
Ha solo un piccolo graffio, nulla di che. Ma la vera ferita... credo
sia il suo orgoglio. Da una parte è sconvolto di avere così
poco autocontrollo da essere caduto nel 'panico' al solo sentire il
nome di suo padre, e odia essersi mostrato così debole.
Dall'altra
si sente in colpa ad avere abbandonato il team e si addossa la colpa
che Hinata è rimasta ferita -sebbene anche lei abbia solo
appena poco più che un graffio-.
Inoltre...
non era pronto. Non ad uccidere. Avrà fatto dieci docce in tre
giorni di marcia”
Minato
annuì gravemente. Si, ricordava ancora la sensazione di sporco
che ci si porta dietro dopo aver ucciso. E anche andando avanti...
Non
ci si abitua mai nel vero senso della parola, ma ci si fa una
ragione, si capisce il motivo del perché lo si fa. I ninja
uccidono, ma mai o quasi mai senza uno scopo dietro.
“Molto
bene. Allora comunicagli che da oggi è in punizione. Un mese
di reclusione in casa. Deve pensare e capire dove ha sbagliato”
“Si,
Minato-sama” disse Kurenai.
“Hai
un ma?” chiese Minato sentendo il tono di voce esitante della
donna.
“Beh...
considerata l'età e il passato del bambino... si potrebbe
considerare che...”
Minato
scosse la testa. “Kurenai so bene che ci sono momenti in cui è
bene chiedere gli occhi, anche entrambi se necessario ed essere
indulgente.
Ma
questo è grave.
E
se Itachi e Kakashi ci fossero davvero stati? E se la sua curiosità
li avesse fatti risalire alla vostra squadra?
Senza
contare che ha esposto la squadra ad un grave pericolo, dato che si è
ritrovata un membro dello schieramento in meno d'improvviso. Uno di
voi poteva lasciarci le penne, per quello che ne sapeva lui. Ed è
questo che considero grave più di tutto.
Se
l'idea che suo padre possa essere nei dintorni di dove si trova lui,
e non riesce a controllarsi, allora è meglio che smetta di
fare il ninja.
Tollero
molte cose, ma non coloro che mettono in pericolo sé stessi e
gli altri per ragioni meno che molto valide e questa non lo è”
Kurenai
piegò la testa, congedandosi e trovando in effetti saggia la
decisione dell'hokage. Anche se, comunque le dispiacque per il
piccolo.
Da
dentro camera mia sentii Kurenai venire a parlare con Lòng, e
la risposta in toni sommessi della donna.
S'intrattenerono
per più di un ora, durante la quale sentii il tono basso e
preoccupato delle due donne alternarsi mentre Kurenai le diceva
quanto successo in missione.
Su
una cosa aveva ragione la maestra. Mi aveva capito da quel senso.
Ero
arrabbiato con me stesso. Mi sentivo preso dai sensi di colpa per
quanto successo... e anche il mio orgoglio non ne era illeso dopo un
tanto clamoroso sbaglio.
“Raimaru,
sei sveglio?”
Esitai
solo un istante “..si” non riuscivo a mentire alla mamma.
Lei
entrò con uno sguardo serio e... triste forse?
“Hai
ricevuto una punizione dall'altro. Sei confinato in casa per i
prossimi trenta giorni. Non devi uscire di qui per nessuna ragione a
meno che la casa non prenda fuoco o qualche altra calamità
simile” m'informò in tono neutro.
“Si,
immaginavo” risposi piano.
“Raimaru...
mi stai mettendo in difficoltà lo sai?” mi disse
sedendosi vicino a me.
Portai
le ginocchia al petto, sperando di scomparire, inghiottito nella
terra pur di non sentire il tono deluso della mamma.
“Mi
sono comportato da sciocco” dissi solo.
Lei
sospirò. “Rai-kun, non starò qui ad elencarti la
marea di sciocchezze che hai commesso in questa missione. Mi sembra
che tu le abbia recepite.
Il
punto è che... sebbene mi piacerebbe in questo momento fare la
mamma e consolarti, come shinobi invece capisco che è giusto
così.
Devi
capire Raimaru. Devi capire dove hai sbagliato, perché tu in
futuro non possa di nuovo cadere nello stesso sbaglio.
Errare
è umano. Il perseverare in quell'errore invece sarebbe quello
che ti porta alla rovina. Non solo tu, ma tutto il team.
Sai
perché il team Kakashi nella squadra assassina era tanto
forte? Perché sia io, che Genma che Kakashi che Yamato ci
conoscevamo talmente bene le nostre reciproche abilità e le
nostre reazioni, che sapevamo sempre dove eravamo anche senza
guardarci.
Avevamo
una conoscenza tanto approfondita delle nostre abilità e
risorse, che sapevamo quando dovevamo aiutare il nostro compagno se
poteva trovarsi in difficoltà o meno.
E
questo perché sapevamo di poter sempre, in ogni momento,
contare uno sull'altro. Quando avevamo bisogno di aiuto gli altri tre
c'erano sempre.
Per
quanto fossimo tutti e quattro forti per abilità individuali,
è stata la nostra forte complicità come squadra a
portarci tanto in alto.
Questa
è una lezione che devi imparare Raimaru. Altrimenti è
meglio che smetti di fare il ninja e ti dedichi ad altro”
Mi
stupirono queste parole dure che mi disse. E subito mi ferirono anche
un po'.
Ma
compresi cosa voleva dire la mamma.
Lei,
in fondo si preoccupava per me, ma era abbastanza fredda e pragmatica
da sapere che, incoraggiandomi a seguire una strada sbagliata avrebbe
danneggiato me e altri ninja.
“Si
mamma. Comprendo”
“Bene.
Riflettici su. Male non ti farà. E questo vale anche per
quello che hai fatto.
Di
per sé non è sbagliato che tu abbia ucciso quei due. E
probabilmente non dovrei rimproverarti di aver perso le staffe, è
capitato anche a me. Tuttavia... cerca sempre di mantenere la
lucidità. Un ninja che si tuffa a testa prima senza pensare è
quello che otto volte su dieci finisce per essere ammazzato.
Per
quanto riguarda il convivere con questo... è sempre una
questione di cui devi fartene una ragione se decidi di essere ninja.
I ninja sono assassini Raimaru. Così è, e probabilmente
così sempre sarà.
Ora
hai tempo per riflettere, e credo che fosse questo il principale
scopo di questo mese di sospensione. Fallo e giungi alle tue
conclusioni.
Questa
volta non ti aiuterò. Devi arrivarci da solo”
Angolo
d'autore.
Povero
Rai-cucciolo. Lòng è stata dura come madre.. forse
troppo?
I
giorni passarono in modo assai lento, quasi angoscioso.
L'immobilità
forzata mi costringeva a fare quello che meno desideravo: pensare.
Pensare
a ciò che avevo fatto, pensare ai sensi di colpa. Ricordare la
sensazione del sangue sulla pelle, quegli istanti in cui
l'eccitazione della battaglia mi aveva preso che solo al ricordo
avevo ancora i brividi sulla pelle.
Era
come se sulla mia mente fosse sceso un velo rosso di furia, dove
l'unica cosa a cui riscrivo a pensare erano gli impulsi.
L'impulso
di spostarsi per evitare gli attacchi nemici, gli impulsi aggressivi
di ricambiare i loro colpi, l'impulso di sopravvivenza che mi aveva
fatto reagire.
Si
era trattato, in quel momento, di una scelta semplice: o loro o me. E
l'istinto di autoconservazione aveva preso semplicemente il
sopravvento.
Non
volli incontrare la mia squadra, né Kurenai. Volevo solo...
restare solo.
Quello
che davvero mi sconvolgeva era come in quel momento fosse stato
quasi... piacevole combattere. Solo dopo mi ero davvero reso
conto che avevo tolto la vita a due persone. Quei due uomini non
avrebbero avuto seconde occasioni, nessuna possibilità di
cambiare strada, di diventare persone oneste.
Forse,
a casa, anche loro avevano dei bambini che aspettavano il loro
ritorno. A causa mia non sarebbero mai tornati.
Ricordavo
bene i primi giorni in cui mio papà era sparito. Speravo
sempre che tornasse indietro, che spuntasse come il suo solito da una
finestra, mi prendesse sulle spalle e mi dicesse che era solo stato
tutta una recita.
Ancora
adesso, sebbene ormai avessi seppellito la possibilità ben in
fondo nel mio cuore, dove neppure io potevo trovarla... ancora c'era.
Là.
Forse...
non sarei riuscito a perdonarlo. Non subito. Ma la speranza che...
che fosse stato tutto uno sbaglio. Un sistema di spionaggio. Uno di
quegli intricatissimi piani ninja per confondere e prendere alla
sprovvista un nemico.
Era
estremamente improbabile, ma... sebbene mi rimproverassero in molti
che mi comportavo poco da bambino, beh, se esisteva ancora un bambino
piccolo in me era quella la sua parte: la speranza folle di un
ritorno in casa del padre.
Come
se nulla fosse successo, o che questo gli dicesse che in verità
era stato tutto un tremendo sbaglio.
La
parte più fredda e razionale mi diceva invece “Scemo,
sei un illuso! Tuo padre ha voltato le spalle al villaggio. Non
tornerà”
Mi
ritrovai a piangere. Lacrime di amarezza, solitudine, necessità.
Volevo mio padre e al contempo desideravo che stesse lontano da me:
ci aveva già fatto soffrire abbastanza.
E
piansi anche per la frustrazione di sentire tanti sentimenti
conflittuali.
Mi
sentii perso e confuso.
Avevo
scoperto la parte più dura di essere un ninja, o quella che
almeno al momento, mi sembrava la peggiore. Ero sicuro di voler
continuare?
La
risposta era un 'non lo so'.
Potevo
sopportare ancora di stroncare vite? Non lo so.
Sarei
stato in grado di essere un buon compagno di squadra per i miei
amici? Non lo so.
Era
bastato agitare un esca così banale per farmi fare ciò
che volevano.
Su
una cosa aveva ragione il precetto ninja: le emozioni sono
pericolose. Chi ama e chi odia possono essere manipolati troppo
facilmente.
Come
faceva la mamma e il papà a lavorare insieme? Prima mi era
sembrato una cosa scontata. Ora invece ne vedevo le difficoltà.
Lo
domandai a lei.
“Ognuno
di noi sapeva qual'era il suo dovere. E pregava non venisse mai il
momento di prendere scelte impossibili.
La
vita di un ninja è fatta purtroppo anche di sacrifici. Bisogna
sempre considerare ogni lato della medaglia. Se la vita di pochi può
salvare quella di molti... bisogna essere pronti a sacrificare il
necessario”
Lei
mi studiò un lungo momento.
“Mi
ero detta che ti avrei lasciato ai tuoi pensieri ma voglio darti un
avvertimento: è vero che i sentimenti in missione sono
pericolosi. Molto. Ed è vero che bisogna sapersi controllare.
Ma attento. A diventare fredde macchine di morte non si guadagna
niente ed è altrettanto pericoloso.
Tuo
padre andò vicino a prendere questa decisione, da giovane. A
causa di ciò il giorno della battaglia del ponte Kannabi quasi
perse il suo migliore amico, e sarei potuta morire anche io” mi
disse con estrema serietà.
“I
sentimenti sono difficili da far convivere con la carriera è
vero, ma a volte sono quelli che ti possono spronare a tirare fuori
il meglio di te.
Non
sarebbe la prima volta che, anche quando ci sembra di essere sfiniti
od ormai al limite massimo di chakra... quando si deve proteggere
qualcuno che si ha molto a cuore, riscopriamo di avere energie che
non credevamo avere.
Questa
è la vera forza: avere un qualcuno da proteggere. Solo quando
comprendiamo questo sentimento si può diventare veramente
forti”
Era
ormai scaduto da qualche giorno il mese di 'libertà vigilata'
quando.
“Rai-kun
c'è una visita per te!” sentii mia mamma chiamarmi.
“Chi
è?” chiesi, anche se sapevo che poi le avrei detto che
non volevo vedere nessuno.
“Sono
io” disse Hina entrando in camera mia. Dietro di lei c'era mia
mamma. Mi rivolse un breve sorriso e richiuse la porta alle spalle
della biondina.
“Credevo
fossi morto, non ti ho più visto in giro” disse lei,
sedendosi con naturalezza, pur non invitata sul bordo del mio futon.
“Ho
avuto un mese di prescrizione. Non sono potuto uscire di casa”
“Ah,
allora era vera sta storia che avevi combinato na cazzata. Oh, beh
capitano a tutti..”
Rimasi
irritato dalle parole noncuranti della bionda.
“Che
cosa vuoi?” le chiesi più brusco.
“Si
può sapere che hai combinato di così grave?” mi
chiese invece lei per contro, senza sbilanciarsi.
“La
cosa non ti riguarda”
“Vero,
ma è anche vero che la verrò a sapere facendo due
domande in giro, quindi tanto vale che me la dici. In secondo hai una
faccia da depresso che sembri sul punto di tagliarti le vene, quindi
sputa il rospo e basta”
Rimasi
sbigottito. E da quanto la perfetta ed educata Hina parlava così?
“Oh!
E non guardarmi con sta faccia. Guarda che se parlo sempre tutta
perfettina è solo perché la mamma tira delle botte da
paura! È na palla dovergli stare dietro in quel modo”
Alla
fine scossi il capo allibito e la accontentai, fosse solo per poter
chiudere la cosa in fretta e poterla rispedire a casa sua.
Stranamente
però dopo averglielo detto mi sentii veramente meglio.
“Ehmbè?”
fece lei.
“Ehmbè
cosa?”
“Dove
sta il problema?”
Sbattei
le palpebre. “Pressochè ovunque ho fatto un casino e...”
“No,
lascia stare le solite cazzate. Le so già. Hai sbagliato e
allora?”
“Ma
poteva...”
“Si,
poteva. Non è stato così. Ringrazia i Kami che quel
giorno sono stati benevoli e raramente lo sono con i ninja” in
qualche modo mi sembrò di vedere una scintilla di un dolore
profondo nei suoi occhi. Così profondo e ben nascosto che mi
domandai se l'avessi davvero vista. Poi lei riprese a parlare.
“Ma
chi ti credi di essere? Pensi di essere così sopra le righe di
tutti da non poter sbagliare?”
“No!
Non è questo è...” provai a protestare.
Ma
la mia 'quasi cugina' come a volte l'avevo chiamata, dato che Lòng
e Kushina si ritenevano sorelle, era una valanga inarrestabile.
“Allora?!
Datti no scossone e rialzati. Ma che ti credi? Che sarebbe stata una
strada bel liscia e piana quella per diventare ninja?
Hai
sbagliato ora e tutto quello che puoi fare è imparare,
rialzarti e fare di tutto per non sbagliare più, anche se non
sarà di certo l'ultima volta.
Le
persone sono umane Rai-kun sono piene di difetti e sbagliano. Lo
sbagliare è probabilmente la dote più umana che abbiamo
assieme all'amare e all'odio -purtroppo-.
Ho
sentito dire che vuoi diventare bravo come tuo padre. Così
come io vorrei essere brava come il mio. Così come anche mia
mamma e la tua. Ma loro non sono nati già ninja, lo sono
diventati. Con sacrifici e sudore, per far sì che noi, i loro
figli, potessimo avere un'esistenza più serena di quella che
hanno vissuto loro.
Hai
sbagliato?” ripetè. Annuii. “Bene, allora adesso
abbassa il capo, ammetti di essere stato umano, se non ad altri
almeno a te stesso, accetta di poter avere delle debolezze. Accettale
e cerca di migliorarti, e ne uscirai più forte. Fidati.
Ora
datti uno scossone, e rialzati. Perché è la sola scelta
che hai, oltre il restare a terra a languire nell'autocommiserazione
sino alla morte”
Aveva
maledettamente ragione.
Stranamente
mi ritornò in mente di quando avevo per la prima volta preso
in braccio la minuscola Ryuko.
“Questa
è la vera forza: avere un qualcuno da proteggere. Solo quando
comprendiamo questo sentimento si può diventare veramente
forti”
Così
aveva detto la mamma. E così compresi.
I
ninja combattevano non solo per interesse proprio o per biechi
obbiettivi, ma per essere un baluardo contro l'ingiustizia e per
proteggere i più deboli.
Quella
era la volontà del fuoco: le foglie grandi e forti che si
ergevano per proteggere i giovani boccioli dalle intemperie.
L'Hokage
era il culmine di questa catena. Colui che più di tutti, si
faceva forte per proteggere tutto il suo villaggio. Colui che, non
avrebbe esitato a dare la vita per proteggere tutti noi.
Io
ero pronto a morire per salvare il mio villaggio? Per mia sorella,
mia mamma, Naruto-kun, Obito-san, Minato-sama e tutte le persone a
cui volevo bene?
La
risposta mi venne naturale. Si, ovvio che si.
Se
serviva uccidere per proteggerli lo avrei fatto? Si. Certo, non ne
avrei gioito, ma lo avrei fatto. Qualsiasi cosa per proteggere coloro
che ci amano e ci vogliono bene.
Avrei
potuto essere un buon compagno per i miei amici, ed essere un leale
componente della loro squadra? Esitai, dentro di me.
Il
richiamo di mio padre mi era invitante e letale come il canto di una
sirena.
Non
lo sapevo, ma, mi promisi, d'ora in poi mi sarei sempre impegnato al
massimo, e, se avessi sentito altre voci come mi era capitato, questa
volta non mi sarei buttato a testa prima, ma ne avrei parlato con gli
altri. Almeno avrebbero potuto tentare di trattenermi e farmi
ragionare.
Sbattei
le palpebre e le dissi “Hai ragione”
Lei
sbuffò “Certo che ho ragione. Com'è sto tono
stupito?!”
Sentii
la mia fronte corrugarsi mentre la guardavo, ma poi vidi che aveva un
sorriso sulle labbra.
Non
riuscii a non ridere.
Lei
a sua volta ridacchiò con me.
Notai
per la prima volta che aveva un bel sorriso, quando era naturale,
come ora, che sorrideva senza pensare, aveva un sorriso morbido e
gentile come quello di Minato-san.
“Va
bene, va bene. Hai vinto. Come mai sei venuta comunque?” le
chiesi.
“In
verità era da un po' che volevo chiederti una mano. Ma non ti
ho più visto”
Mi
capitava abbastanza spesso di incrociarla, dato che passavo vicino
all'accademia per tornare a casa dagli allenamenti mattutini.
“Per
cosa?” le domandai.
“Purtroppo
papà è sempre super-impegnato e la mamma... beh in ste
cose non è messa molto meglio di me. Sarà un ottima
ninja, ma non ci azzecca molto della teoria. D'altra parte Naruto da
qualcuno deve aver pur preso... insomma, devo fare un'esame per
l'avanzamento di classe. Solo che mi trovo un attimo in difficoltà
sulle teorie delle tecniche di valutazione di forza dei nemici e
quelle per i jutsu”
“Solo
teoria?”
“Sulla
pratica in genere non ho mai avuto molti problemi”
“Come
mai sto avanzamento?” le chiesi.
“Speravo
di riuscirci, così in un anno -massimo due- dovrei essere
fuori dalla scuola. Non sopporto più la vanagloria di quello
scemo che ho per fratello. Mi tratta come una cretina solo perché
vado ancora a scuola”
Risi
per le sue motivazioni.
“Fammi
vedere, hai il libro?” le chiesi.
Mi
mostrò diversi libri di quello che doveva studiare.
“Si,
le ricordo bene. Ho dovuto anche io fare sti esami per passare le
classi. Fortuna vuole, non ho mai avuto molte difficoltà a
capire la teoria”
“Ehi,
non tirartela troppo..” mi prese in giro lei.
“Mmh..
che ne dici di uno scambio equo?”
“Spiegati”
mi disse lei.
“So
che ti sei allenata con Raido-san con la katana, e che non te la cavi
male. Io ti aiuto con la teoria, e tu mi insegni quello che hai
imparato sulla katana”
“Voglio
che mi segui con gli studi -missioni permettendo ovvio- sino
all'esame”
“Affare
fatto” dissi stringendo la sua mano candida per suggellare
l'accordo.
Avevamo
una carnagione simile. Io ero nato praticamente albino, come mio
padre, lei invece aveva preso l'incarnato chiaro, simile alla
porcellana della madre.
Le
dava un'aria tanto delicata, ma l'avevo vista negli allenamenti: era
un cane rognoso.
“Allora
ci vediamo domani pomeriggio. Prima studio o allenamento?” le
domandai.
“Studio.
Così posso prenderti a calci per sfogarmi dopo”
“Non
sono così facile da acchiappare principessina” le
risposi.
Ogni
tanto qualcuno le si rivolgeva così per via del fatto che era
la figlia dell'attuale Hokage, anche se -con delusione per lui-
nessuno lo faceva mai con il fratello.
Vidi
un vago rossore tingerle le guance.
“Si,
vabbè. Ci vediamo domani. Ciao!”
Angolo
d'autore
Ullalà..
che bel caratterino Hina eh?
Beh,
sembra proprio che abbia preso il nostro piccolo Raimaru, e l'abbia
sbattuto come un tappeto... ma l'effetto pare positivo no?
“Hina
ti ha proprio dato una bella raddrizzata eh?” commentò
mia madre, il mattino dopo, mentre trangugiavo la mia colazione a mo'
d'imbuto per poter fare prima per raggiungere il campo d'allenamento.
“Cosa?”
le domandai, vagamente a disagio.
Lei
sbuffò scuotendo la testa con fare esasperato. “Uomini.
Non importa se siete adulti o bambini. Quoziente intellettivo a
mille, e intuito di una lumaca”
Strinsi
le spalle senza comprendere, e lei agitò la mano, dicendomi di
lasciar perdere. “Cerca di non demolirti per recuperare il mese
perso in un giorno solo” mi disse solo, per poi lasciarmi
andare.
“Ok
ma' ci vediamo stasera”
Quel
mattino dovetti mettere da parte l'orgoglio per sorbirmi il
predicozzo adirato di Kiba, e le pacate critiche di Shino.
Hinata,
come al solito, dolce come sempre, si disse più che pronta a
perdonare e dimenticare, ancor prima che le chiedessi scusa. Cosa che
fu un balsamo per addolcire la situazione.
Una
volta però messe in chiaro le scuse Kiba disse “Ma che
poi perché diavolo te ne sei andato dannazione a te?”
“uhm
ecco... avevo sentito dire che... che c'era Kakashi nelle vicinanze
del villaggio ecco” dissi infine, capendo che forse, la
sincerità era la migliore medicina per curare la fiducia
tradita dei miei amici.
Vidi
Kurenai sgranare gli occhi sorpresa. Finora mi aveva lasciato parlare
da me.
Hinata
portò le mani alle labbra, sorpresa.
Shino
disse “Ora capisco”
Kiba
invece... “Ma sei scemo del tutto? Ma volevi farti ammazzare?”
mi disse prendendomi per le spalle e scuotendomi con impeto.
“Kakashi
è un nukenin! Un traditore! Dio solo sa cosa poteva farti e
non è il genere di persona di cui fidarsi o avere a che fare
e...”
Si
zittì sotto il mio sguardo serio.
Fin
ora avevo tenuto lo sguardo basso, imbarazzato dai sensi di colpa e
dal dover chiedere scusa. Ma non riuscivo a relazionarmi con ciò.
Gli
avevo puntato gli occhi dritti nei suoi, seri e quasi rabbiosi.
“Ma
davvero?” gli domandai piatto.
“Io...
scusa parlo senza pensare” disse infine.
Sentivo
le lacrime pungermi gli occhi ma le ricacciai indietro.
“Sai
cosa mi ricordo io invece? Una persona gentile, che riusciva sempre a
trovare il tempo per venirmi a prendere a scuola nonostante il
lavoro, e che giocava con me anche quando era così stanco che
si addormentava appoggiato al muro di camera mia” parlavo con
voce piatta, cercando di mantenere calma e i nervi saldi.
Mi
accorsi solo dopo che le lacrime erano sfuggite al mio controllo, e
mi bagnavano il viso.
“Mi
è stato inoltre raccontato che, alcuni shinobi del fulmine,
tentarono di rapire Hinata per il Byakugan, poco prima della mia
nascita. Fallendo, altri, ripiegarono su mia madre. Era debole
essendo incinta, non poteva combattere ed era l'obbiettivo ideale.
Quattro Byakugan al prezzo di un solo rapimento.
Mio
padre organizzò una squadra senza neppure avvertire l'Hokage
pur di venire a riprendere mia madre... e me”
“Mi
ricordo quell'evento. Lasciò indietro solo Shizune per
dilagare l'allarme. Mobilitò mezzo villaggio per venirvi a
recuperare.
Trovammo
più di quaranta cadaveri sparsi nella zona... Kakashi e Genma
erano così esausti dal combattimento che hanno dormito due
giorni interi per riprendersi...” disse Kurenai con un mezzo
sorriso comprensivo.
“Questo
almeno fino a quel giorno. A quando se ne andò via. Ora è
cattivo? Non lo so. Non so perché se ne andato. Non so perché
è cambiato. Non lo so.
Mi
dispiace davvero avervi deluso. Mi dispiace avervi lasciato soli e so
bene che è stata una sciocchezza.
Ma
non lo so... forse speravo che trovandolo, sarei riuscito a
chiedergli perché... e stupido non trovi?” chiesi.
“Però...
non riesco ad odiarlo e non riesco a perdonarlo e non mi riesco a
dare pace. Vorrei sapere il perché. Almeno questo. Il perché.
Perché se ne è andato? Perché ci ha lasciato?
Era
solo stufo o ci sono altri motivi dietro? Cosa è successo da
averlo cambiato così radicalmente? Perché la persona
che se ne è andata dal villaggio della foglia non è,
non può essere la stessa che ho conosciuto per quattro
anni...” le lacrime non avevano più freno e non riuscii
a fermarmi, continuando nella mia tiritera, che era però
liberatoria.
Forse
dopo mi sarei pentito di essermi aperto tanto, ma ora come ora non
potevo e non riuscivo a fermarmi.
“E
poi... tutta quella gente, che incroci per strada che ti guarda
dall'alto al basso, e li senti mormorare 'il figlio del traditore'.
Il figlio del traditore. Come se io non avessi un'identità
mia. Per la stragrande maggioranza di quegli ingrati non sono altro
che un ombra. Un prolungamento dell'ombra di mio padre che sperano
che il sole di mezzogiorno cancelli per sempre.
E
il divertente sai dov'è?” una risata isterica uscì
dalle mie labbra. “La vera parte divertente è che quelli
che ora mi chiamano così sono gli stessi che qualche tempo
prima osannavano Kakashi chiamandolo 'l'eroe del ponte Kannabi'. Il
grande eroe, il famoso ninja, il talentuoso allievo dello Yondaime”
sbuffai.
“Fortuna
vuole che almeno avanzano di fare altrettanto con Ryuko. D'altra
parte... a quanto mi dicono sono solo io che gli somiglio tanto... e
devo ancora capire se questa è una mia personale maledizione o
meno” conclusi infine, con un sospiro esausto, asciugandomi con
un gesto brusco del braccio le lacrime. Era stato stranamente
stancante dire tutto ciò, ma anche liberante. Come essersi
tolto dei sassi che prima non sapevo di avere nello stomaco.
Kiba
stranamente, dopo un momento di silenzio, tirò fuori un
sorrisone.
“Beh,
sai na cosa? Se mai lo troveremo per la nostra strada, anziché
farlo fuori, gli romperemo solo qualche osso, e te lo porteremo
legato come un salame, così potrai chiedergli tutto quello che
vorrai!” mi disse con entusiasmo.
“E
poi, parola mia se sento un altro idiota che ti chiama così lo
prendo a pugni!”
Se
non altro riuscì a farmi ridere, una risata incerta, ma di
certo più allegra.
“Ne
dubito che ci riusciremo, messi come siamo ora. Kakashi è
catalogato come un nukenin di classe S”
“Allora
spicciamoci ad allenarci no?” mi rispose lui.
“Giusto,
possiamo migliorare” diede man forte Hinata.
“Concordo
nel dire che tutti hanno iniziato da qui. Ci vorrà del tempo,
ma... perché no?” si sbilanciò Shino.
Sorrisi,
a tutti e tre.
“Grazie
amici”
“Inoltre...
sai su cos'altro sbagliano Raimaru?” intervenne Kurenai.
“Uh?”
“Le
persone che ti vedono solo come una copia di tuo padre... dimenticano
che hai anche il sangue di tua madre... e non so di preciso quale dei
due sia il più pericoloso...” commentò Kurenai
lasciandomi un po' incerto a riguardo.
Il
pomeriggio invece mi presi cura della brillante Hina.
Imparava
in fretta, anche se a volte le sfuggiva qualche semplice passaggio,
che con un briciolo di pazienza da parte mia, le riuscii a insegnare
senza nessuna difficoltà.
E,
per i Kami con quella katana aveva davvero talento.
Aveva
dei buoni movimenti, e dato che con quell'arma ero quasi del tutto
digiuno in argomento, mi mise in difficoltà.
Anche
se, ero di parecchio più veloce di lei, dopo tutti gli
allenamenti che avevo fatto. E portavo tutt'ora i pesi.
Aveva
anche una straordinaria resistenza alla fatica. Io ci avevo messo più
tempo per allenarmi e prendere 'il fiato' per non stancarmi subito.
Però
credo di poter dire che ci divertivamo entrambi in quegli
allenamenti, che sospendevo solo per quelle volte che andavo in
missione, o occasionalmente, quando c'era Genma con cui ripresi i
miei allenamenti con gli shuriken.
Una
volta insistette per assistere alla sessione anche lei, che rimase
però in disparte ad osservare.
“Sembra
che ti abbiano tirato un secchio in testa...” sogghignò
lei, una volta finito, dato che come al solito ero zuppo di sudore,
oltre che stanco.
Scossi
solo debolmente le spalle, mentre prendevo fiato.
“Secondo
me però... c'è qualcosa che sbagli” disse piano
lei.
“In
che senso?” le domandai.
“Non
saprei come spiegarti. Tu pensi troppo, ecco. I riflessi sono un
qualcosa di... spontaneo, innato. Non devi pensarci su. Dovresti
affinare il tuo istinto piuttosto che il pensiero... credo”
“Signorina
hai appena detto sacrosante parole...” disse Genma quasi
ammirato.
“Ora
ho capito dove è finito il genio del nostro Hokage...”
se la sogghignò il castano.
“Pff”
sbuffò lei.
“E
come potrei fare per allenarmi?”
Il
suo volto si aprì in un sorriso che aveva un che di malvagio
“Ci penso io domani. Credo di avere un idea”
Mentre
ci avviavamo verso la strada di casa Genma disse “fossi in te
domani chiederei in prestito un'armatura da Samurai...” ci
scherzò sopra, facendo ridacchiare Hina.
Il
giorno dopo lei si presentò con diversi Shuriken, talmente
consumati da avere le punte rotonde, e una benda.
“Vieni
qui...”
Mi
legò la benda sugli occhi.
“Lo
sai che è piuttosto inefficace con me vero?” le dissi
con un mezzo sorriso.
“Ah,
no. Qua non vale barare con il Byakugan” mi disse lei in
risposta.
La
sentii allontanarsi di diversi passi.
Poi
un qualcosa andò a sbattere contro la mia spalla, facendomi
anche male.
Uno
shuriken. Per quanto spuntato, era comunque lanciato con una certa
forza.
“Questo
sarebbe l'allenamento? Farmi diventare una statua all'insegna dei
lividi?” le domandai.
“Baka!”
mi disse lei. “Rifletti. Quando sei con Genma cosa fai?”
“Cerco
di pararne il più possibile?”
“Si.
Ma tu usi il Byakugan per vederli arrivare. E reagisci di
conseguenza. E se in uno scontro rimanessi, per dire abbagliato? Che
fai? Rimani fermo?”
Cominciai
a comprendere. “Devo affidarmi agli altri sensi”
“Esatto.
Quando lancio lo shuriken, per forza di cose, fa rumore, sposta
dell'aria. Devi affinare i sensi abbastanza da sentire queste piccole
cose. E devi affinare l'istinto per capire, perché questo, non
ti da tempo sufficiente per pensare, ma solo per agire”
“Sei
un genio Hina!” le dissi con entusiasmo.
“Se,
se... come no. Allora ci diamo da fare?”
“Va
bene, proviamoci”
Era
maledettamente difficile, e tornai a casa con diverse ammaccature, ma
divertito.
Inutile
dire, che, tra la sua normale intelligenza, e un po' con il mio
aiuto, Hina prese il massimo dei voti e poté spostarsi nella
classe seguente.
Finì
nella stessa sezione di Konohamaru, che era il nipote del terzo
Hokage.
Sembrava
non andare molto d'accordo con lui, anche se, il senso di sfida lo
avvertiva solo Konohamaru, mentre Hina era solo scocciata dal fatto
che lui si metteva sempre in competizione come dire “Chissà
qual'è il migliore tra il nipote del terzo e la figlia del
quarto”
Tutto
sommato però scoprimmo che era divertente lavorare insieme, e
anche gli allenamenti più duri, diventavano spassosi.
Hina
aveva un carattere si, intelligente, e sapeva essere seria, ma un po'
come Genma, condiva la sua vita con una pungente ironia.
E
un po' per comodità, un po' per divertimento, continuammo a
vederci per allenarci, anche se capitava che non ci vedessimo per
intervalli di tempo più lunghi rispetto a prima, ma trovammo
sempre il modo per continuare i nostri allenamenti.
Ad
un anno dall'uscita dei genin dall'accademia.
Kurenai
entrò nella sala delle udienze dell'Hokage, allineandosi
assieme agli altri Jonin, mentre dietro di loro erano presenti anche
diversi Chunin, tra cui riconobbe anche Iruka.
“A
breve ospiteremo gli esami delle selezioni dei Chunin” annunciò
il quarto Hokage a tutti i presenti.
“Di
norma, come consueto, i nuovi genin per potervi partecipare devono
aver svolto almeno otto missioni, anche se tra di noi in genere vige
la silenziosa regola di fargliene svolgere almeno il doppio.
I
maestri jonin dovranno sottopormi i nominativi dei genin a cui
vogliono far affrontare l'esame.
Iniziamo
dai Genin esordienti”
Il
mormorio tra i presenti, rese chiaro quello che stavano pensando.
Era
troppo presto per i Genin esordienti. Gli esami per diventare chunin
possono essere fatali per chi non è adeguatamente preparato.
“Io,
Asuma Sarutobi, candido all'esame dei chunin tutto il gruppo 10 da
me guidato, composto da Shikamaru Nara, Choji Akimichi, Ino Yamanaka”
Ci
fu un leggero mormorio stupefatto.
“Io,
Obito Uchiha, candido all'esame dei chunin tutto il gruppo 7 da me
guidato, composto da Sasuke Uchiha, Naruto Namikaze, Sakura Haruno”
“Io,
Kurenai Yhui, candido all'esame dei chunin tutto il gruppo 8 da me
guidato, composto da Kiba Inuzuka, Hinata Hyuga, Shino Aburame,
Raimaru Hatake”
Nel
sottofondo si sentì qualcuno mormorare “il figlio del
traditore.. credevo fosse ancora piccolo” tuttavia era detto a
voce abbastanza bassa da non poter essere individuato.
“Non
vorrei intromettermi... ma non vi sembra abbastanza presto? Quasi
tutti gli esordienti sono stati miei allievi. Naruto era piuttosto
impacciato, e l'ho avuto per lungo tempo come mio allievo, inoltre,
Raimaru ha compiuto da poco nove anni e..” intervenne Iruka,
con tono preoccupato.
Era
sempre il solito: super protettivo con i suoi allievi. Motivo che lo
rendeva però anche l'ideale a insegnare ai bambini. Aveva
davvero buona cura di loro.
Obito
scosse la testa con aria divertita “Credimi Iruka. Naruto non è
più lo stesso di un anno fa'. E comunque, chissà che il
trovarsi in difficoltà non li aiuti a capire cosa vuol dire il
vero gioco di squadra a ste tre teste dure”
“E
se dai tu 'testa dura' a qualcun altro vuol dire che è un caso
grave” intervenne Genma scatenando un risolino in coloro che li
conoscevano.
“Rasserenati
Iruka. Riteniamo che i Genin siano pronti, o non li avremmo
candidati. Inoltre, è vero che Raimaru è svantaggiato
dalla giovane età, ma ha un intelligenza vorace, e in
quest'anno ha appreso più degli altri tre messi insieme.
Ultimamente
per dargli una sfida degna della sua abilità ho dovuto fare sì
che la squadra si allenasse uno contro tre: ossia lui contro la sua
squadra. E avessi temporeggiato ancora un po' avrei dovuto mettermici
io di persona ad affrontarlo.
Quel
ragazzo credo che nel giro di pochi anni dovrà affrontare
l'esame per diventare jonin. Ormai la sua abilità è ben
oltre il grado di novello chunin. Scarseggia solo di esperienza”
“Mi
ricorda qualcuno eh, Mianto sensei?” disse Obito rivolgendosi a
Minato.
“Già.
Kakashi è stato un allievo estremamente brillante” gli
concesse l'Hokage.
“Capisco
che sia abile ma non credo sia il caso di esagerare
nell'elogiarlo...” disse Iruka, timoroso che la donna stesse
esagerando la situazione solo per rassicurarlo.
Fu
però Genma ad intervenire “Lo vedrai con i tuoi occhi
mamma-Iruka. Vedrai. E ti luciderai gli occhi per lo spettacolo”
disse con un ghigno.
“Ora
passiamo ai Genin esperti” disse Mianto, riportando
l'attenzione al motivo principale della loro presenza lì.
Ad
un anno esatto da quando entrai nella squadra 8, ero migliorato in un
modo sensibile. Ero diventato nettamente più veloce e abile,
più deciso, e grazie agli allenamenti con Genma e Hina avevo
imparato anche a non affidarmi troppo al Byakugan.
Non
avevo ancora trovato una vera e propria 'tecnica su misura' per me,
ma padroneggiavo tutte le tecniche basilari, e il mio Juken, a
sentire Hinata, era paragonabile a quello di Neji.
Sebbene
non li avessi più visti di persona, se non per pure casualità
di quando ci si incrocia per strada, avevo sentito che anche le altre
squadre di Genin se l'erano cavata bene.
“Ragazzi
c'è una notizia per voi” disse allegramente Kurenai,
entrando nel campo d'allenamento.
Riposi
la katana che mia mamma mi aveva regalato per il compleanno.
“Abbiamo
ricevuto un'altra missione?” chiesi, speranzoso di un qualcosa
di impegnativo.
“Nah,
credo che la riterrete meglio” disse lei con un grazioso
sorriso.
Estrasse
dalla tasca quattro fogli.
“Questi
sono i fogli che vi autorizzano a partecipare all'esame per le
selezioni dei chunin..” quasi non riuscì a finire di
parlare che Kiba le saltò al collo.
“Wii!
Finalmente! Non vedo l'ora! Che ne dite ragazzi?”
“Sarà
sicuramente molto interessante” disse Shino. “Potremmo
mettere le nostre abilità a confronto con altri ninja
seriamente”
“S-sarà
sicuramente emozionante” disse Hinata, arrossendo senza motivo
come al solito.
Il
castano però vide solo ora con quanta intensità stesse
fissando quel foglio Raimaru.
In
quell'anno era cresciuto di diversi centimetri, sebbene fosse ancora
il più basso del gruppo, ora però era dinoccolato come
un puledro che si regge a stento sulle gambe, traballante nei primi
passi.
Ma
sapeva che, almeno in questo caso, l'aspetto traeva in inganno, e non
poco. Il ragazzo aveva messo tanto impegno negli allenamenti, che
probabilmente solo Rock Lee avrebbe potuto fare di più.
E,
quando si toglieva i pesi d'allenamento, la forza combinata di
Hinata, lui e Shino non riuscivano minimamente a sfiorarlo. E anche
con i pesi addosso, quando facevano i tre contro uno, erano
soprattutto gli altri a portare a casa dei lividi.
Ormai
erano tutti e tre a dover ammettere che era l'elemento più
forte del gruppo. Ma non glie ne volevano per quello, poiché
lui non si vantava mai, e comunque se era arrivato ad essere il più
forte dei quattro s'è l'era meritato sino all'ultima stilla di
sudore.
E
sebbene ormai Raimaru fosse affiatato con il gruppo, da dopo
'l'incidente' della missione, quando si trovavano 'sul lavoro'
diveniva serio e molto più freddo di quando non fosse mentre
che si allenavano.
“Raimaru,
tu non sei felice?” gli domandò Kiba.
“Uh?
Oh si! Certo! Non vedo l'ora!” disse l'altro finendo infine di
guardare il foglio come se volesse dargli fuoco con lo sguardo per
rivolgere un'occhiata di vera eccitazione per la sfida ai suoi
compagni.
“Solo
una cosa sensei... ma come farò io che sono un elemento in
più? Di solito non possono partecipare squadre più
numerose di tre elementi per volta”
Kurenai
sorrise. “Minato aveva già previsto la tua domanda. Mi
ha detto di rassicurarti: ha preso personalmente accordi con i kage
degli altri villaggi partecipanti, e ti sarà concesso
partecipare con la tua squadra... sebbene avrete degli svantaggi”
Raimaru
lanciò un occhiata ai suoi compagni “Forse sarebbe
meglio se...”
“Non
provare neppure a tirarti indietro! Anche ci dessero mille punti di
svantaggiato -sempre detto che ci siano punti- tu ne vali duemila
Rai-Kun quindi non provare neppure a pensarci di piantarci in asso!”
s'adirò Kiba.
“Ok,
ok!” si difese l'altro con un sorriso.
“Se
deciderete di partecipare, dovrete compilare il modulo e consegnarlo
entro le 16 in punto all'aula trecentouno dell'accademia”
“Badate
bene: dovrete essere presenti almeno in tre. E se qualcuno fa
pressioni su altri per farli partecipare, parola mia non la
passeranno liscia!” disse Kurenai ammonendo Kiba con lo
sguardo, che deglutì, intimidito.
“Io
ci sarò. Voglio diventare chunin a tutti i costi!” li
sorprese Raimaru, usando un tono di voce particolarmente forte, come
se davvero lo volesse con ogni fibra del suo corpo.
Protese
il pugno di fronte a sé.
“Io
ci sarò di certo!” disse Kiba con un sorriso, mettendo
la mano su quella di Raimaru.
“Come
ho già detto è un buon modo per mettersi alla prova.
Potrebbe rivelarsi interessante confrontarsi con nuovi avversari e
vedere diverse abilità” disse pacatamente Shino, ma
aggiungendo la sua mano su quella di Kiba e Raimaru.
“Io...
mi sono detta mille volte di volere cambiare, e poi sono sempre qui a
esitare. Basta con i piagnucolii lo prometto!” disse Hinata con
foga, il viso rosso d'emozione, ma uno sguardo stranamente serio,
mettendo a sua volta la mano su quella dei compagni.
“Insieme
vinceremo!” le fece eco Raimaru, infondendole un'ulteriore dose
di coraggio e spavalderia.
“Ora
diamoci da fare! Sotto con gli allenamenti!” disse l'albino,
organizzando alla svelta il gruppo per un allenamento che li tenne
impegnati sino a sera, e poi gli diede appuntamento a tutti per il
giorno dopo al mattino.
Kurenai
rimase silenziosa ad osservare.
Non
aveva esagerato. A suo giudizio, il grado di Chunin era già
scontato per il piccolo Hatake. Aveva tutte le qualità di
abilità e organizzazione per guidare un gruppo suo.
Senza
contare che, da quell'episodio in cui era stato sospeso
dall'Hokage... era diventato ancor più coscienzioso, e tendeva
a fare sempre del suo meglio per proteggere gli altri. E dopo un
attento esame Kurenai aveva capito.
Era
rimasto sconvolto dell'aver torto la vita a quei due uomini, e voleva
preservare quanto più possibile i suoi amici del dover fare
una scelta simile.
Kurenai
sorrise. Genma aveva ragione. Iruka si sarebbe lucidato gli occhi.
Angolo
d'autore
Bene
bene... gli esami dei Chunin eh?
Chissà
come se la caverà il nostro piccoletto alle prese con le varie
prove... senza contare che nel tempo appena passato si è
rimboccato alla grande le maniche, dunque avrà fatto degli
ulteriori miglioramenti... =D
Il
mattino seguente i ragazzi fecero un ultimo allenamento, giusto per
'riscaldarsi'.
Subito
dopo pranzo, andarono subito a presentarsi all'accademia.
Raimaru
vide con piacere che era presente anche la squadra sette.
“Naru-kun!”
“Rai-kun
ci sei anche tu!” salutò allegro il biondino.
“Ehi,
mica potevo mancare no?”
“Assolutamente
no! E sappi che sono migliorato moltissimo. Non ti sarà facile
questa volta battermi!” m'avvertì lui.
“Che
ti credi? Mica sei il solo che si è allenato sai?” gli
risposi con un sorriso.
“Sasuke...”
lo salutai incerto.
Lui
mi rivolse il solito sguardo impassibile.
“Raimaru...”
tra di noi c'era ancor sempre un conto in sospeso. E mi sorpresi
impaziente di affrontarlo. Volevo fargli vedere che ero migliore
anche di lui.
“Se
ce ne sarà la possibilità... non vedo l'ora di
affrontarti” gli dissi con un ghigno, sentivo l'aria di
battaglia tesa nella corridoio, e la solita sensazione di euforia ed
eccitazione mi stava prendendo.
Avevo
imparato a riconoscerla per quello che era: la smania di battersi per
mettersi alla prova.
Mia
mamma non sbagliava dicendo che ero nato con il fuoco della battaglia
nel sangue.
In
quell'anno da quando ero diventato Genin, avevo imparato molte cose.
Non in ultimo, che mi piaceva sentirmi sfidato, e sfidare i miei
limiti. C'era un qualcosa di... bello, di eccitante. Mettersi alla
prova per vedere i propri limiti, per poi impegnarsi a superarli e
diventare ancora più abili di prima.
Non
fece in tempo a rispondermi perché alcuni di quelli che
sembravano ragazzi più grandi erano piantonati davanti alla
porta dell'aula trecentouno c'intimarono di andarcene.
“Vi
stiamo facendo un favore! Dei pivelli giovani come voi non
riuscirebbero a sopravvivere neppure alla prima prova” disse un
tipo.
“Già,
già. Tornatevene a casa” sottolineò il secondo.
Uno
di questi, attaccò briga con Sasuke.
Lo
scontro venne fermato da un ragazzo in calzamaglia verde.
Mi
vennero i brividi solo a vederlo.
Rock
Lee era “Gai due la vendetta” la sua copia in miniatura
in tutto e per tutto.
Parola
mia, preferivo sembrare un nukenin di fama internazionale alla
“Nobile bestia verde”. Per lo meno mio padre aveva un
certo “stile”, e un certo fascino.
Però
parò entrambe i colpi afferrando gli arti con le mani, con
precisione e velocità incredibile.
Affilai
lo sguardo. Rock Lee, a quanto mi ero informato per vie traverse, non
era in grado di usare arti magiche e illusorie, però era un
mago delle marziali.
“Scusate
non volevo interrompere...” si schiarì la voce.
I
suoi occhi si fecero scintillosi mentre s'inchinava a Sakura come un
gentiluomo.
“Io
mi chiamo Rock Lee. Tu ti chiami Sakura giusto? Mettiti insieme a me,
ti proteggerò a costo della vita!” disse in tono
spassionato.
Ci
fu un sospiro esasperato generale mentre Sakura declinava l'offerta
quasi con sdegno.
“Ma
perché?” chiese Rock Lee al soffitto con aria afflitta.
“Prova
a cambiare corredo...” gli consigliai con un ghigno io.
“Uh?
Cosa?”
“Niente,
niente. Io devo riunirmi alla mia squadra”
“Dove
vai ragazzino?” chiese uno dei due che piantonavano l'aula.
“All'aula
per consegnare il modulo” risposi sventolando il foglio.
“Già...
una bella trappola non trovi Sakura?” chiese Sasuke in quello
che si sarebbe potuto definire 'tono garbato'.
La
rosa annuì “Questo è solo il secondo piano.
L'aula trecentouno è al terzo”
M'avviai,
ma rimasi abbastanza indietro da riuscire a vedere il breve scontro
tra Sasuke e Rock Lee, anche se mi dileguai in tempo per evitare Gai.
“Finalmente
sei arrivato!” esclamò Kiba.
“Lo
ritengo tempo ben speso Kiba” risposi solo. “Pronti?”
domandai a tutti e tre.
Varcammo
insieme la soglia della porta, e trovammo un'aula già
affollata di persone, di vari villaggi.
Oltre
la foglia partecipava anche la sabbia, il suono e l'erba.
Diedi
un'occhiata sommaria, mentre vidi entrare dalla porta anche il gruppo
di Gai.
“Quindi
ci siete anche voi?” la voce annoiata di Shikamaru mi colse
quasi di sorpresa.
“Già,
ho sentito dire che ci saranno tutti gli esordienti” risposi.
Infatti
in quel momento Ino con uno strillo si catapultò su un
estremamente imbronciato Sasuke.
Ridacchiai.
“Pensavo
che le squadre partecipanti potessero avere massimo tre elementi”
disse Sasuke fissando la mia squadra.
“A
quanto pare abbiamo avuto un'esclusiva, ma avremo alcuni svantaggi in
cambio” rispose Shino con pacatezza.
Mentre
Hinata arrossiva come capitava sempre in presenza di Naruto.
Il
mio sguardo cadde sui miei nuovi bracciali protettivi, mentre gli
altri si perdevano in chiacchiere.
Erano
di cuoio nero, con delle placche metalliche sul dorso. Molto utili
per parare i colpi o deviare alcuni shuriken senza rischiare di
ferirsi il braccio.
Me
li aveva donati ieri mia mamma.
Era
entrata nella stanza la sera, mentre Ryuko già dormiva.
“Ho
un regalo per te” mi aveva detto con aria stranamente seria.
“Non
so se li vorrai usare, ma... penso sia giusto che tu li abbia”
Aveva
svolto il telo di stoffa, rivelando i due bracciali. Sotto le fibbie
erano abbastanza lunghe da far sì che mi si potessero adattare
per alcuni anni anche se fossi cresciuto.
“Queste...
erano di tuo padre. Le aveva indossate lui, a suo tempo, e per
qualche ragione le aveva tenute anche quando ormai non gli andavano
più. Forse, perché erano ancora ben tenute. Dopo la tua
nascita aveva scelto di tenerle per poi regalartele quando saresti
stato abbastanza grande, se avessi scelto di diventare un ninja. E...
il Kakashi che conoscevo io sarebbe stato molto orgoglioso di vederti
affrontare l'esame dei Chunin. Quindi credo sia giusto che tu le
abbia.
Se
poi deciderai di non indossarle, sarà una scelta tua”
Poi
mi aveva lasciato ai miei pensieri.
Le
avevo fissate a lungo, come incerto che fossero davvero innocue, o se
fossero serpi pronte a mordermi.
Poi
mi ero detto “Beh dovrei almeno provarle, magari non mi vanno”.
In
qualche contorto modo speravo di trovare una scusa per non usarle che
fosse al di là del loro precedente possessore.
Con
il cuore in gola, ne avevo afferrata una e, lentamente, l'avevo fatta
scorrere lungo il braccio.
Un
centimetro dopo l'altro questa era scivolata sul mio braccio come se
l'avessero creata apposta per me.
Erano
della misura giusta, e del peso giusto.
Il
cuoio aveva la morbidezza propria di un qualcosa già usato,
dato che gli oggetti di cuoio nuovo tendevano ad essere più
rigidi.
Studiandoli
a lungo, poi vidi. Le placche del bracciale destro avevano due
piccole ammaccature, mentre la seconda placca del sinistro aveva una
piccolissima incrinatura lungo il bordo.
Però
erano... giusti. Mi stavano alla perfezione.
Li
osservai entrambe, allacciando le fibbie, e provai a muovermi con
addosso queste all'interno della stanza.
Nuovamente
sperai di trovare qualche difetto. Ma non ne trovai.
Erano
oggetti di prima qualità, il cuoio anche se usato, era morbido
e ben formato, non avevano punti in cui puntavano o raschiavano
contro la pelle, ma erano ben foderati per evitare ciò. Il
metallo era ancora ben fissato sul cuoio, al di là delle due
ammaccature era ancora perfetto.
Il
peso era perfettamente bilanciato, ed erano abbastanza elastici
nell'insieme da consentire movimenti disinvolti senza dare alcun
impiccio all'utilizzatore.
Erano
strumenti da vero ninja.
Erano
di mio padre. Le aveva messe via apposta per me.
Rimasi
in mistica contemplazione per diverso tempo. Alla fine mi decisi: li
avrei tenuti.
Quello
sarebbe stato il mio legame con mio padre. E se, in lui ci fosse
stato ancora almeno un po' di buono, qualche traccia della persona
che era stata al mio fianco nei miei primi anni di vita... almeno
avrei provato a ritrovarlo.
Fosse
anche solo per chiedergli spiegazioni.
Doveva
avere un motivo no? E se non fosse stato così... allora non
c'era in lui nulla che meritasse la pena di essere salvato, e mi
sarei potuto mettere il cuore in pace.
Fu
la voce di Naruto che urlava la sua sfida alla sala intera che mi
riportò alla realtà.
Non
potei fare a meno di ridacchiare tra me e me. A quanto pare, Naruto
era rimasto il solito spaccone.
In
quel momento ci si avvicinò un Genin che si presentò
con il nome di Kabuto.
Non
so di preciso cosa fece si che non mi piacesse. Mentre Naruto gli si
avvicinò amichevole e Sasuke per interesse -nel frattempo Ino
e Sakura si stavano accapigliando per Sasuke- qualcosa invece in me
mi diede un brivido.
Lo
catalogai come un qualcosa dato forse dalla suggestione, forse dal
mio modo di essere introverso che mi portava a essere più
sospettoso.
In
fin dei conti non stava facendo nulla di male se non parlare con noi.
Lo
ascoltai mentre ci spiegava delle sue 'carte di chakra'.
A
me venne in mente 'quelle si che sarebbero un ottimo mezzo per una
spia' e questo non contribuì ad aumentare la mia simpatia nei
suoi confronti.
“Allora...
volete sapere qualcosa di qualcuno?” domandò lui.
“Vorrei
avere le schede di Rock Lee e Gaara della sabbia” chiese
Sasuke.
“Io
vorrei vedere la mia” dissi invece io.
“Non
ti interessa sapere qualcosa dei tuoi probabili avversari?” mi
domandò lui.
Squadrai
il suo volto, ora aperto in un amichevole sorriso.
“No”
dissi solo anche se dentro di me invece pensai “sono più
interessato a sapere quanto sai di noi”
Lui
mi accontentò dandomi la mia scheda.
C'era
presente tutto. Chi era il mio mentore, il numero di missioni da me
eseguito, c'era pure una nota nella quale diceva che ero figlio di
due jonin dotati, uno dei quali attualmente nukenin.
Era
inoltre appuntato che possedevo il Byakugan.
L'unica
cosa che mi rasserenò era che sembravano saperne poco delle
mie effettive capacità.
Il
diagramma era composto da un poligono, in cui le varie lineette si
tendevano verso gli angoli di questo, ogni angolo rappresentava una
capacità.
Tecniche
illusori, magiche e marziali. Poi c'erano le abilità. Agilità,
potenza, intelligenza eccetera.
La
mia scheda denotava solo la linea protesa nell'angolo 'intelligenza'
e una leggermente tesa nella 'agilità'. Mentre le altre erano
piatte o inesistenti.
Ne
dedussi che aveva quindi solo informazioni vaghe su di me.
“Ti
ringrazio” gli dissi ridandogli la scheda. Anche se, sbirciai
anche su quelle prese da Sasuke.
Mi
raggruppai con il resto del mio team e rimasi in osservazione.
Uno
del gruppo di ninja del suono attaccò Kabuto, che almeno in
apparenza riuscì a schivare il colpo, ma dopo un instante, gli
si ruppero gli occhiali è vomitò.
Questo
si che era strano. Se il colpo non era andato a segno... doveva
essere un abilità speciale, o forse una tecnica.
Il
difficile stava iniziando giusto ora.
La
vera difficoltà in uno scontro tra shinobi non era tanto la
battaglia di per sé, quanto il fatto che non conoscendo gli
assi che avevano nella manica il tuo avversario, ti potevi trarre in
trappola senza saperlo.
Anche
se, la cosa era ovviamente un'arma a doppio taglio, dato che la cosa
valeva anche per il tuo avversario. La bravura di un ninja, stava
anche nel riuscire a scoprire le tattiche nemiche senza dover
mostrare tutte le proprie.
Per
esempio, quanti non sapevano la forza del Byakugan avrebbero potuto
tentare di pedinarmi, senza sapere che potevo benissimo vederli,
oppure in uno scontro avrebbero potuto provare a cercare lo scontro
ravvicinato, finendo ovviamente vittima del Juken.
E,
di recente avevo imparato a fare del mio aspetto dinoccolato, e del
fatto che fossi di almeno quattro-cinque anni sotto l'età
media dei genin, la mia forza.
La
gente si buttava su di me più che convinta di aver trovato il
pivello del gruppo... trovando una brutta sorpresa.
Stavo
giusto per intervenire, quando entrarono gli esaminatori.
Angolo
d'autore.
Beh,
in effetti questo è più un 'preludio' agli esami.
Però
Rai-kun sembra piuttosto sicuro di sé, non vi pare?
Al
prossimo capitolo con: 22-La prima prova...? Una bufala!
Capitolo 22 *** 22-La prima prova...? Una bufala! ***
Il
tizio con la bandana nera in testa disse “io sono Ibiki Morino
e sarò il vostro esaminatore per la prima prova. Voi! Tornate
ai vostri posti se non volete essere buttati fuori”
I
ragazzi del villaggio del suono si scusarono e tornarono nei ranghi.
Ibiki
era un ninja alto, aveva gli occhi nocciola, e il viso sfregiato in
più punti da lunghe cicatrici.
“Ora
dovrete consegnare la domanda di iscrizione e noi vi assegneremo un
posto numerato, alla quale dovrete andarvi a sedere”
Consegnai
la mia domanda, sentendo diversi sguardi puntati sulla schiena, ma
rimasi comunque impassibile.
L'arte
del fingere era una delle altre abilità essenziali di uno
shinobi, e per certi versi, anche quella in cui ero meno allenato.
Tuttavia
passai tra i banchi in modo calmo, e andai a prendere il mio posto.
Attesi
con pazienza che tutti fossero assegnati ad un banco, mentre la
schiera di chunin della foglia si sistemarono con carta e penna in
mano tutt'intorno alla stanza, con lo sguardo puntato su di noi.
“Bene,
ora avete avuto in cambio del modulo, la scheda d'esame. La prima
prova consisterà in un esame scritto.
Le
regole sono semplici: ci sono dieci domande, e ognuno di voi, ha un
massimo di 10 punti.
Ogni
domanda vale un punto, quindi se le sbaglierete tutte e dieci,
andrete a 0 punti e sarete bocciati.
Ogni
qual volta sarete 'beccati' da me o dai miei collaboratori a copiare,
vi saranno sottratti due punti. Una volta che il punteggio sarà
arrivato a zero, sarete immediatamente sospesi e bocciati dall'esame”
“Ma
signore...”
“Non
si concedono domande” rispose solo all'incauto che si era
alzato in modo brusco.
Scrisse
solo alla lavagna le regole che aveva precedentemente annunciato.
“Ah,
e, ovviamente, chi totalizzerà 0 punti, verrà espulso
con tutta la sua squadra” annunciò ancora Ibiki, con
tono di chi dice l'ovvio.
“In
ultimo... mi è stato avvisato dall'Hokage che è
presente una squadra da quattro elementi. Potreste alzare la mano?”
Io
e i miei compagni obbedimmo. Eravamo sparsi, in diagonale lungo la
sala, io ero quello più in basso a destra, vicino alla
cattedra dove si trovava Ibiki. Hinata era dietro di me a sinistra,
vicina a Naruto.
“Si,
eccovi. Hinata e Raimaru. Le domande dei vostri due test varranno
solo mezzo punto ciascuna” ci comunicò.
Ecco
cos'erano sti famosi 'svantaggi'.
“Bene.
Avete un ora di tempo. Iniziate!” ordinò.
Girai
il foglio.
Lessi
prima di tutto sommariamente le domande.
Non
mi spaventava un esame scritto. Avevo continuato a studiare, per
curiosità e per altri motivi, e anche all'accademia avevo
sempre avuto una buona memoria.
Tuttavia
mi resi conto sin da primo acchito che quelle non erano domande
semplici.
Non
se si pensava che erano rivolte a dei Genin.
C'erano
domande sulla decrittazione di codici cifrati, valutazione di
stanchezza e abilità dell'avversario, e domande su
applicazione di strategie in situazioni ipotetiche, condite qua e la
con domande sui precetti del codice ninja.
Queste
sono domande da chunin. Ben al di là di molti di quelli che
sono probabilmente presenti in questa sala.
Io
non ho problemi a rispondere perché ho studiato come un pazzo
anche alcuni rotoli da jonin di mia mamma, anche se le mie conoscenze
sono più vaghe, dato che ho approfondito solo alcuni argomenti
che trovavo interessanti. Mi venne da pensare.
Iniziai
a scrivere la risposta della prima domanda mentre che riflettevo.
Le
regole... la tensione era quasi palpabile nell'aria, mentre che gli
esaminatori ci fissavano con occhi di falco, pronti quasi a fiondarsi
su di noi.
E
la si sentiva anche tramite i sospiri degli altri partecipanti,
alcuni mugugnavano disperati, altri imprecavano a bassa voce tra i
denti. Chi si stropicciava la faccia o si conficcava le dita nei
capelli, torcendoli per il salente nervosismo da tensione.
Non
erano passati infatti neanche quindici minuti che i primi gruppi
furono buttati fuori.
La
tensione continuò a salire.
Studiai
la cosa.
No,
qua ci doveva essere qualcosa sotto. Le domande erano fuori portata
da un genin medio. E... il sistema di punti! La risposta era lì,
ovvia.
La
situazione, era studiata apposta per far salire la tensione.
Dei
novelli genin, alle prese con la loro prima prova da chunin.. tutti
tesi, e sentirsi osservati avrebbe aumentato la loro tensione.
La
prova era studiata in modo che fossero obbligati a copiare, e
addirittura faceva in modo che si potesse sbagliare quattro volte
prima di essere espulsi.
La
prima prova era un esame, posto proprio per valutare se, gli allievi,
avessero la capacità ninja di spionaggio. Chi copiava e veniva
preso, non valeva niente come spia, dunque veniva espulso.
I
ninja dovevano essere capaci di rubare documenti, informazioni o
quant'altro ai nemici. E quelle d'infiltrazione erano tra le missioni
più difficili.
Dunque..
probabilmente in mezzo ai genin ci dovevano essere dei chunin della
foglia che scrivevano le risposte correte, messi apposta come punti
dalla quale copiare.
Eccitato
dalla scoperta, mi rilassai.
Tanto
ero certo che Hinata se la sarebbe saputa cavare, come me aveva il
Byakugan, che come attivai, giusto per dare una sbirciata, individuai
due che probabilmente erano i chunin infiltrati tra di noi.
Copiai
anche parte delle loro domande per arricchire le mie risposte.
Per
cui, io e lei saremmo riusciti a prendere il punteggio pieno.
Kiba
aveva Akamaru alla cui affidarsi, e Shino i suoi insetti.
L'unico
per cui provai un po' di pietà fu Naruto. Sapevo che gli
scritti lo mettevano in difficoltà, ma ora come ora, avrei
dovuto poter avere il potere della telecinesi per aiutarlo.
L'unico
mio pensiero ora era la domanda numero dieci.
Cosa
voleva dire che sarebbe stata data solo a dieci minuti dalla fine? E
perché?
Non
aveva molto senso.
Comunque
per sicurezza, compilai tutte le domande.
Appoggiai
quindi le mani sul banco, e il mento su di essa, studiando chi mi
stava intorno.
Il
dover attendere mi annoiava, e mancavano ancora dieci minuti buoni al
sapere la benedetta 'domanda dieci'.
Dunque
mi cimentai nello studiare i presenti, guardando con particolare
attenzione quelli che credevo maggiormente degni di nota.
Il
terzetto del suono, il team della sabbia. E quello strano tipo
'Kabuto'.
“Bene.
Ora darò l'ultima domanda” annunciò Ibiki.
“Dovete
sapere che ora subentrerà una nuova regola: una regola
'disperata'”
Disperata?
Ah,
beh questa poi la volevo proprio sentire.
“Coloro
che desiderano rispondere a questa domanda, restino, gli altri, sono
invitati ad alzare la mano, annunciare che si ritirano e il loro
nome, ed abbandonare la sala.
Coloro
che restano, devono però sapere ciò. Se, daranno una
risposta errata alla domanda, saranno bocciati e non ci sarà
più possibilità per loro di dare l'esame in futuro.
Sarete
quindi obbligati a restare Genin a vita”
“Ma...
è assurdo ci sono persone tra di noi che hanno ripetuto
l'esame più volte” commentò qualcuno.
“Spiacente,
quest'anno siete sfortunati. Ci sono io come esaminatore”
Una
lunga fila di persone si alzò arrendendosi, e vennero espulsi
con le rispettive squadre.
Io
rimasi seduto tranquillo.
Ero
più che certo di poter rispondere a quasi ogni domanda
teorica. Inoltre... qualcosa mi diceva che c'era qualcosa sotto.
Non
aveva senso che non si potesse più ripetere l'esame da Chunin.
Insomma
se in un secondo tempo questa persona si fosse allenata e tutto che
dovrebbe fare?
Sarebbe
come a dire ad un jonin di svolgere solo missioni di grado D e C.
Non
avrebbe avuto alcun senso.
Provai
a metterla in prospettiva di un esame.
Si,
probabilmente questo casino aveva il solo scopo di sfoltire quante
più elementi possibili.
Motivo
per cui venivano eliminati a squadre anziché a singolo.
Ritenni
che fosse la possibilità più plausibile.
Poggiai
la guancia al palmo. Ora mi stavo annoiando.
La
trafila di persone che decisero di gettare la spugna fu abbastanza
lungo.
Naruto
in quel momento fece la sua solita sparata “Tu mi sottovaluti,
io non scapperò. Risponderò alla domanda e non importa
se rimarrò genin a vita, perché prima o poi ce la farò
comunque a diventare Hokage”
Forse
mi posso sbagliare, ma solo per un istante, mi parve di vedere un
leggero sorriso piegare gli angoli della bocca del ninja vestito di
nero.
“Molto
bene” osservò la sala per un istante.
“Comunico
a tutti i presenti che sono promossi” disse il jonin.
“Ma
come... e la decima domanda?” chiese Kiba.
“Era
una bufala” gli risposi io.
“Come
sarebbe a dire 'una bufala'?” chiese Ino Yamanaka.
“Un
semplice mezzo per sfoltire quanti più partecipanti possibili.
La spacconata di Naruto ha però dissipato il clima di terrore
che si era venuto a generare, quindi era una tattica non più
attuabile. Anche se suppongo ci sia una spiegazione logica
all'utilizzo di questa tattica...” dissi rivolgendomi verso
Ibiki, incuriosito.
“Acuto
ragazzino. Si c'è un motivo. Molte volte i ninja sono
costretti a prendere decisioni drastiche. Immaginate: dovete entrare
in una fortezza nemica, e non sapete né quanti nemici ci sono
né le loro abilità, ma dentro questa fortezza ci sono
dei documenti con informazioni vitali per il villaggio. Cosa fate? Vi
ritirate o tentate?
Un
chunin spesso si ritrova a guidare un gruppo, e la scelta è
nel 'sostenere' o 'non sostenere' il peso delle scelte che comporta
il comando”
Ibiki
si tolse la bandana mostrando le spaventose bruciature e segni di
tortura che aveva in testa.
“Quando
si viene catturati dal nemico spesso si viene torturati per poter
estorcere informazioni. Ma comunque è di vitale importanza che
siate capaci di prendere delle scelte, a volte drastiche. La domanda
serviva appunto per selezionare coloro che hanno questa capacità”
Io
annuii.
In
quel momento la Mitrashi fece la sua comparsa, una donna non troppo
alta, con i capelli color lavanda e una maglia attillata di un colore
vivace.
“Io
sarò la vostra esaminatrice per la seconda prova. uh.. ma
siete ancora in tanti. Ibiki non hai fatto un buon lavoro... beh c'è
più divertimento per me... e comunque eliminerò almeno
la metà di voi! Ora, seguitemi” disse questa
allegramente.
Ibiki,
mentre raccoglieva i fogli, lesse i nomi di coloro che più gli
avevano attirato l'attenzione. Tra cui...
La
scheda era ricoperta di una calligrafia minuta ma curata, che
riempiva tutti gli spazi disponibili per scrivere, e leggendo qualche
frase, notò che erano anche risposte complete ed esaudenti di
ogni quesito. Lesse il nome del candidato.
“Raimaru
Hatake” dunque era davvero lui. Pensò il ninja.
Gli
assomiglia davvero, salvo per il Byakugan, ma non ero certo fosse
proprio lui...
Gli
era capitato in passato di lavorare con Kakashi. “In effetti, a
pensarci, a quanto pare ha la stessa intelligenza del padre...”
commentò continuando a raccogliere i fogli, finché non
trovò una scheda vuota “Naruto Namikaze”.
Ridacchiò.
Però che tipetto che era il figlio dell'attuale Hokage!
Angolo
d'autore.
Ammetto.
Mea culpa. Ieri mi sono proprio dimenticata di aggiornare.
Comunque,
sta settimana salvo imprevisti magari aggiungo un capitolo in più
infrasettimanale =D
Al
prossimo capitolo con 23-La seconda prova. Ninja inquietanti
Capitolo 23 *** 23-La seconda prova. Ninja inquietanti ***
“Bene,
questo è il luogo” disse la donna che si era presentata
come Anko Mitrashi.
Ci
aveva scortato sino di fronte a una fitta foresta, che aveva un che
di lugubre.
Inoltre
era circondata da reti sormontate dal filo spinato con cartelli qua e
là sparsi sulle reti su cui era scritto “pericolo di
morte”.
“Questa,
la chiamiamo 'foresta della morte' e sarà il luogo del vostro
secondo esame.
La
faccio breve: dovrete compilare questo modulo...” ci mostrò
un foglietto “... e consegnarlo al mio collaboratore laggiù”
ci disse indicando un banchetto. “Vi sarà consegnato in
cambio un rotolo”
Ci
mostrò due rotoli. Uno blu e uno bianco. Su quello bianco era
inciso il simbolo “Cielo” su quello blu “Terra”.
“Ci
sono due tipi di rotoli, il rotolo della terra e quello del cielo.
Voi siete in ventisei squadre, quindi ci saranno tredici rotoli della
terra e tredici del cielo. Per concludere l'esame dovrete possedere
entrambe i rotoli” continuò a spiegare lei.
“Per
ottenerli dovrete sfidare le altre squadre, e potrete usare qualsiasi
mezzo a vostra disposizione, i moduli che firmerete servono a questo:
da ora è possibile che scappino dei morti, e non vorrei avere
responsabilità” disse in tono falsamente amabile.
Quell'esaminatrice
doveva avere qualche rotella fuori posto.
“Inoltre
c'è da considerare la possibilità che anche
sconfiggendo un'altra squadra non abbiano il rotolo che serve a
noi...” considerai io ad bassa voce, rivolto ai miei compagni
di squadra.
Vidi
lo sguardo dell'istruttrice rivolgersi su di me.
Fu
più per istinto che afferrai il kunai che lei lanciò,
anche se non riuscii a prevedere che mi comparve alle spalle.
Ringraziai mentalmente Hina per i suoi continui allenamenti.
“Odio
quando la gente m'interrompe mentre spiego” mi bisbigliò
all'orecchio con fare suadente.
“Credevo
avessi finito” le risposi piatto, e un po' irritato.
“Però
hai dei bei riflessi...” commentò lei riprendendo il
kunai che le porgevo. Mi studiò in viso.
“Oh,
il piccolo Hatake vero? Già già... anche tuo padre era
un bel bambolotto, come te. Peccato fosse già impegnato...”
commentò con un sospiro allontanandosi di nuovo.
Cioè
e davvero Genma frequentava sta tipa? Robe da pazzi.
“Quella
tipa è un po' suonata non trovi?” sussurrò Kiba
che era alla mia destra.
“Solo
un po'?” gli chiesi io.
“Allora,
ricapitolando. La mappa del luogo è questa” disse
mostrandocela. “C'è una torre al centro del campo, a
circa dieci chilometri dal confine esterno. Dovete trovare il rotolo
che si appai al vostro e recarvi alla torre entro cinque giorni
dall'inizio della prova. Non un minuto di più. Questa sarà
una prova di sopravvivenza estrema”
“E
per il cibo?” chiese Choji.
Anko
gli lanciò un'occhiataccia. “Dovrete averlo con voi, o
procurarvelo dentro la foresta. C'è un fiume per l'acqua e...
se siete abbastanza abili sopravviverete... altrimenti... fatti
vostri” se ne lavò le mani lei.
“Avete
dieci minuti per compilare i moduli!” disse lei, ordinando ai
suoi assistenti di preparare la banchina coperta per evitare che
altri vedessero che cosa veniva consegnato.
Io
compilai il mio assieme ai miei compagni, anche se Hinata si
allontanò un momento per provare a parlare con Naruto, anche
se la scena si concluse con lei troppo imbarazzata anche solo per
spiaccicare parola.
Scossi
la testa con un sospiro. Ma che aveva Hinata? Si era timida di
carattere... ma che gli aveva mai fatto Naru-kun da bloccarla in quel
modo?
Mentre
Naruto andava a consegnare i moduli con la squadra sette incrociò
il mio sguardo.
“Ci
vedremo poi per la sfida! Ti aspetto alla torre!” mi disse lui.
“Ci
puoi giurare amico!” gli risposi, con un sorriso.
“Andiamo?”
chiesi agli altri. “Vi sentite pronti?”
“Carichissimo!”
rispose Kiba.
“Pronto”
disse Shino.
“Si,
anche io sono pronta” disse Hinata ancora leggermente rossa
sulle gote.
“Oh,
voi siete la squadra a quattro?” domandò un annoiato
Chunin incaricato di distribuire i rotoli.
“Si!”
confermò Kiba.
“Il
vostro svantaggio per questa prova sarà quello di avere meno
tempo. Dovrete giungere alla torre centrale in tre giorni anziché
cinque”
“Molto
bene” disse solo Shino.
A
noi venne consegnato un rotolo bianco del cielo, e fummo scortati ad
un cancello che recava il numero “23”.
Il
ninja aprì il lucchetto, ma tenne la porta chiusa, guardando
l'orologio.
Quando
la lancetta arrivò alle cinque e mezza in punto, ci furono
spalancati i cancelli, e noi ci tuffammo dentro.
Percorremmo
qualche metro con decisione, poi trattenni il mio gruppo, soprattutto
Kiba che era abbastanza eccitato da buttarsi a testa prima.
“Calma
ragazzi. Questo è il momento in cui tutti si buttano ed è
più facile finire vittima di qualche scemo troppo eccitato”
dissi.
“Qui
ci sono delle sanguisughe...” commentò Shino.
“Potremmo
mettere delle trappole” valutò Kiba.
“Io
ho Kunai e carte bomba. E anche diversi metri di corda” dissi.
“Ho
portato io la rete” rispose Hinata.
Piazzammo
alcune trappole sotto le sanguisughe, stando ben attenti a non
attirare la loro attenzione e attendemmo, parlottando tra di noi.
Anche
se mi sentivo irrequieto a stare così in mezzo ad una radura.
Mi sentivo un bersaglio troppo facile.
Il
primo ad accorgersi dell'avvicinarsi di un nemico, fu Kiba, grazie
all'olfatto di Akamaru.
Dopo
qualche minuto sentimmo degli alti gridi provenire da est, mentre tre
ninja di circa vent'anni si contorcevano cercando di liberarsi dalla
nostra rete e dalle sanguisughe che erano appiccicate in diversi
punti del loro corpo.
“Byakugan”
mentre gli altri recuperavano la rete che ci sarebbe potuta essere
utile più avanti, a colpo sicuro andai a prendere nella tasca
posteriore del ninja più alto il rotolo.
“Ragazzi,
siamo stati fortunati. È un rotolo blu della terra”
dissi.
“A
questo punto sarebbe saggio usare una strategia cauta” disse
Shino.
“Sono
d'accordo. Per oggi sarebbe meglio stare uniti, domani quando tutti
saranno stanchi per i primi scontri, potremmo arrischiarci a separaci
per procurarci le risorse per sopravvivere nei prossimi giorni”
dissi mentre ci allontanavamo dai tre malcapitati.
“Fo-forse
sarebbe meglio se non fosse la stessa persona a tenere tutti e due i
rotoli” disse Hinata.
“è
un ottima idea” approvai.
“Shino,
direi che uno dovresti tenerlo tu. Sei quello con le migliori abilità
di mimetizzazione. Sarai il più difficile da trovare”
dissi io.
“Il
secondo dovresti tenerlo tu” mi disse Kiba porgendomi il rotolo
del cielo.
“Non..
non saperei” dissi, incerto. In fondo ero il più piccolo
e il bersaglio che altri credevano il più semplice.
“Ehi,
dai. Sei tu il nostro asso nella manica no?”
Riuscii
a rispondere al suo sorriso. “D'accordo”
Mentre
procedevamo sulla strada però, rilevai una presenza nemica.
“Nascondetevi!”
Loro
si mimetizzarono appena in tempo.
Gaara
con il gruppo della sabbia apparve sul sentiero.
Fortuna
vuole che però fu un imprudente gruppo del villaggio dell'erba
ad attirare la loro attenzione, e lo scontro si concluse in breve
tempo con una fontana di sangue da parte di quelli dell'erba.
Kiba
mi guardò terrorizzato. Scossi leggermente la testa. Doveva
stare fermo e immobile.
Quel
tipo non mi piaceva per niente, e avevo idea che non sarebbe stato
facile sopravvivere ad uno scontro con lui.
Avevo
assistito una volta a una sfida 'semi-seria' della mamma contro
Genma.
Era
spaventoso vedere due jonin che ci davano dentro, anche se loro due,
in quel momento stavano solo scherzando tra di loro.
Io
però avevo provato un brivido lungo la schiena, immaginandomi
essere il malcapitato che finiva sotto uno dei pugni della mamma che
demolivano anche i sassi.
Vedere
quel tipo come manipolava la sabbia mi dava la stessa impressione.
Fortuna
vuole che sembrarono non vederci, o non gli importò a loro di
noi, dunque proseguirono.
Ci
raggruppammo, scossi per la crudeltà perpetrata senza manco
battere ciglio dal ninja con i capelli rossi.
“Sinceramente...
preferirei evitare di battermi con il rosso. A meno che non sia
strettamente necessario...” dissi piano.
Gli
altri annuirono, Akamaru che uggiolava nascosto nella maglia del
padrone.
Ci
allontanammo dal luogo contaminato dal sangue, procedendo con
cautela.
“Cosa
dici che è meglio fare Raimaru?” mi chiese Shino.
“Direi
che per oggi è meglio procedere quanto più possibile
dentro l'interno. Gli scontri avverranno in prossimità del
confine. Domani ci procuriamo un po' di provviste e filiamo quanto
più veloce possibile alla torre, prima che inizino a tendere
trappole intorno a questa”
“Mi
sembra logico” approvò lui.
E
così facemmo.
Nella
notte del secondo giorno arrivammo alla torre.
Eravamo
solo incappati in un piccolo gruppetto di genin dell'erba che avevano
provato a tenderci una trappola con le arti illusorie, presto
dissipate dal Byakugan, e che Kiba e Hinata avevano battuto con una
certa semplicità.
Tra
tutti noi avevamo solo qualche graffio.
Aprimmo
i rotoli nell'atrio, di fronte ad un cartellone con una scritta con
due 'buchi' incompleti e firmata 'il terzo Hokage'.
“È
una tecnica del richiamo!” esclamai mollando il rotolo che
tenevo in mano e Shino fece altrettanto, portando le mani alle armi.
Ma
a comparire fu... “Iruka-sensei!” esclamammo.
“Siete
già arrivati? Bene! Siete stati bravi!” disse con un
sorriso.
Ci
spiegò dunque che il suo compito sarebbe stato quello di
addormentare i malcapitati che avessero aperto il rotolo fuori dalla
torre, che sarebbero rimasti incoscienti sino alla fine della prova.
Ci
spiegò inoltre il significato della frase, in cui i due nomi
dei rotoli 'cielo' e 'terra' andavano inseriti.
“E
ora?” domandammo.
“Ora
dovrete aspettare qui l'arrivo delle altre squadre. Se siete feriti
vi sarà fornito il servizio medico. Ma spero che vi siate
procurati del cibo e dell'acqua, poiché non ne riceverete”
Scuotemmo
la testa, e ringraziai che avessi voluto fare scorta di cibo prima di
avventurarmi alla torre.
Con
noi alla torre erano presenti già il team con Gaara, ma ci
ignorammo dato che dovevamo attendere il termine della seconda prova.
E
presto ne arrivarono anche altri. Alcuni giunsero in situazioni
disastrose, ed ebbero un bisogno urgente del servizio medico.
Una
delle ultime squadre fu proprio quella di Naru-kun.
“Bene,
ci siete tutti! Seguitemi!” ci chiamò Anko.
Ci
guidò in una specie di arena, dove su un seggio era presente
anche l'Hokage e un buon numero di jonin oltre ai nostri esaminatori
e sensei.
Io
e la mia squadra eravamo in buone condizioni fisiche e abbastanza
riposati. Ma altri che adocchiai non erano messi altrettanto bene.
Questo ci avrebbe facilitato in caso di una prova di forza fisica.
Pensò Raimaru.
“Ora
la parola all'Hokage” disse la Mitrashi.
“Bene...
prima di tutto, faccio i miei complimenti a tutti coloro che hanno
superato la seconda prova. Prima di illustrarvi la terza prova
tuttavia, vorrei illuminarvi riguardo al vero scopo degli esami dei
Chunin.
Sapete
perché questo esame viene svolto insieme ai paesi alleati?
Si,
certo ha anche lo scopo di rinsaldare l'amicizia con i nostri vicini
ed alleati, tuttavia non fraintendete il vero fine di questo esame,
poiché in definitiva è una copia in piccolo di una
guerra tra paesi alleati.
Andando
indietro nella storia sono nominabili infinite guerre per supremazia,
potere e territori. Per evitare che queste battaglie continuassero
vennero istituiti questi esami, poiché queste sono delle prove
che servono per selezionare i chunin, ossia coloro che, un domani
saranno possibili capitani o comandanti dei nostri eserciti. E
dimostrare tra paesi la forza dei nostri esordienti serve anche come
una dimostrazione di forza, volta a impressionare o intimorire gli
altri.
Poiché
coloro che oggi sono bambini domani potranno essere jonin e generali,
e la paura che incuteranno negli altri sarà ciò che
farà desistere i nemici ad attaccarci.
Inoltre
il prestigio che questi porteranno al proprio paese farà si
che i committenti delle missioni si rivolgano ad un paese piuttosto
che un altro, portando quindi anche la ricchezza al proprio
villaggio.
Tuttavia
ora non perdiamoci: la terza prova consisterà in una semplice
eliminatoria ma prima...”
Un
jonin apparve di fronte agli altri. Un uomo castano che si fece
subito riconoscere con un paio di colpetti di tosse.
“In
quanto arbitro designato, vorrei occuparmene io”
“Ma
certo Hayate” rispose l'Hokage, tornando a sedersi.
Mentre
che Hayate si presentava al gruppo e spiegava che ci sarebbero state
delle pre-eliminatorie, subito, l'Hokage fece scorrere lo sguardo sui
presenti.
Notò
con un certo orgoglio che Naruto era presente.. così come
tutti i genin emergenti.
A
quanto pareva i jonin maestri non si erano sbagliati: erano tutti
talentuosi e meritevoli della loro fiducia.
Anche
se, le notizie che la Mitrashi gli aveva portato su Sasuke lo
impensierivano. Ma davvero non sapeva che diamine fare per cercare
quella serpe se non mettere in allerta tutti i suoi Jonin.
Aveva
anche richiamato al servizio Lòng per il periodo degli esami,
che aveva acconsentito, a patto che Kushina badasse a Ryuko.
Il
suo sguardo cadde su Raimaru, e ne rimase piacevolmente sorpreso
vederlo senza apparenti ferite e riposato.
Gli
ricordò Kakashi, anche lui era così al suo esame dei
chunin con Lòng. Tutti e due composti e abbastanza riposati,
mentre Obito sembrava assai più sfibrato con gli abiti lisi.
Alcuni
ninja si ritirarono, dato che gli fu offerta la possibilità di
ritrarsi singolarmente.
Tra
i quali si ritirò anche un certo 'Kabuto'. Naruto provò
a trattenerlo, doveva averlo conosciuto durante la prova. Ma questo
declinò.
Per
caso sbirciai Raimaru, e mi sembrò... strano.
Studiò
con un lungo sguardo Kabuto... uno sguardo che non era né
benevolo né malevolo ma... come dire... obliquo. Come se
guardasse qualcuno che non la conta giusta ma non riuscisse a trovare
dove mentiva.
“Non
è la prima volta che affronta l'esame vero?” domandai a
bassa voce ad Anko.
Lei
scosse la testa e m'informò su quello che sapeva del ninja.
In
effetti qualcosa di strano in quel tipo c'era.
“Iniziamo
il primo combattimento sarà... Sasuke Uchiha contro Yoroi
Akado” annunciò Hayate mentre gli altri si spostarono
sugli spalti.
“Dovremmo
fermare questa sfida!” mi sibilò Anko agitata.
“Non
credo che ve lo permetterebbe” intervenne Obito.
“Poco
importa. Lo portiamo via di forza”
“Interverremo
solo se necessario Anko, tranquillizzati. Dopo mi occuperò
personalmente di sigillare il sigillo di Orochimaru” la placai.
“Sono riuscito a sigillare il Kyuubi non credo di avere
problemi con un genin” dissi a lei con un sorriso.
“Non...
non volevo metterla in discussione...”
“Rilassati
Anko. Andrà tutto per il meglio”
Lei
annuì, anche se il solo sentire nominare Orochimaru la metteva
in agitazione.
Sasuke
riuscì a domare il sigillo e vinse la sfida, anche se con una
certa fatica.
“Interessante...
è riuscito a copiare in parte la tecnica di Gai. Suppongo
l'abbia vista da Lee” commentai.
“Ha
sviluppato di recente lo Sharingan, ma si sta dimostrando assai
talentuoso” m'informò Obito, prima di recuperare il suo
allievo e portarlo a sedersi sugli spalti.
“Abumi
Zaku contro Shino Aburame” annunciò Hayate il secondo
incontro mentre dagli spalti il resto del suo team fece il tifo per
Shino.
La
sua prova fu notevole, dato che vinse senza neppure sforzarsi poi
troppo.
“Complimenti
Shino, ben fatto” disse Hinata.
“Sei
stato grande!” rincarò Raimaru.
“Mi
aspetto altrettanto da voi”
“Non
vedo l'ora” rispose Raimaru, e in quel momento Kurenai che era
dietro di lui si accorse che il piccolo tremava.
Subito
pensò che era spaventato e fosse solo una spacconata. Ma poi
si rese conto che lo sguardo del bambino era acceso e vivace. Era
davvero eccitato alla prospettiva di combattere, e non vedeva l'ora
di scendere in campo.
Sospirò
tra sé e sé. Ma d'altra parte, se il sangue non era
acqua era più che naturale che fosse così.
Lòng,
che era presente in sala, vicino all'Hokage incrociò lo
sguardo del figlio e i due si sorrisero.
“Misumi
Tsurugi contro Kankuro”
Vinse
il secondo, mostrando di essere un marionettista.
“Ino
Yamanaka contro Sakura Haruno”
Fu
uno scontro senza esclusione di colpi, ma che finì in parità.
“Tenten
contro Temari”
La
ragazza bionda della sabbia pestò senza pietà la povera
Tenten, anche se la castana si fece comunque valere.
Raimaru
trovò assai curioso come la bionda usasse sia come arma da
attacco e da difesa il gigantesco ventaglio.
“Shikamaru
Nara contro Tsuki Kin”
Shikamaru
diede prova di un'ottima intelligenza... oltre che una certa dose di
scocciatura e svogliatezza, mentre la poveretta perse il
combattimento.
“Naruto
Namikaze contro Kiba Inuzuka”
“Wiii
che bello ho già la vittoria in pungo!” se la ghignò
il castano. “Fossi in te starei attento...” gli
consigliai io.
“Ma
che dici...”
“Non
dirmi che non ti avevo avvertito...” strinsi le spalle io.
Infatti
come volevasi a dimostrare, nonostante Kiba fosse forse per certi
sensi avvantaggiato, alla fine la testardaggine e l'incrollabile
volontà di Naruto prevalsero, anche se... fu anche questione
di una certa fortuna.
Quando
mollò il peto che gli diede il tempo per vincere la partita
vidi sia Obito che Mianto passarsi la mano sul volto, mentre io risi
di cuore.
“Povero
Kiba...” commentai.
Da
quando mi ero allenato con l'olfatto con lui, sentivo tutti gli odori
e i profumi molto meglio, e mi ero reso conto quanto questi potessero
essere fastidiosi. Potevo solo immaginare quanto Kiba dovesse aver
'sofferto' in quell'istante.
Però
Naruto riuscì a vincere.
“Bravo
Kiba... sei stato un grande anche se hai perso” lo rassicurò
Raimaru.
Lui
fece un sorriso bieco “Ricordami di ascoltarti più
spesso prossimamente” gli rispose il castano.
“Hinata
Hyuga contro Neji Hyuga”
“Ritirati
Hinata...” gli consigliò Kiba.
Lei
però scese nell'arena.
“Stai
attenta cugina..” mormorò Raimaru, che ora, a parere di
Kurenai sembrava assai preoccupato.
Lo
scontro si svolse con brutale precisione da parte di Neji, che prima
invalidò le braccia di Hinata, poi la distrusse.
“Dovete
fermarlo! Hianta avrà un attacco di cuore!” esclamò
il piccolo Hatake dopo un po'.
Lei
però si rialzò e provò a continuare a
combattere, venendo però sconfitta e beffata da Neji.
“No
Neji, non mi ritengo così sfortunata” disse dolcemente
Hinata, alle accuse del cugino. “Perché riesco a vedere
che tra noi, sei tu quello che più soffre del destino
impostoci dalle casate” disse lei, reggendosi a stento in
piedi.
Tutti
i jonin maestri si mossero per fermare l'attacco di Neji, compreso
l'esaminatore. Ma qualcuno si mosse più in fretta.
In
un lampo d'argento, un calcio arrivò diretto in pieno sterno
allo Hyuga più anziano, che volò alcuni metri indietro,
a distanza di sicurezza da Hinata.
“Non
ti lascerò fare del male alla mia amica!” dichiarò
il bambino, ponendosi tra i due.
Quando
vide che l'altro non era intenzionato ad attaccare di nuovo, chiamò
“mamma!”
“Sono
già qui” gli rispose Lòng, che era inginocchiata
accanto a Hinata.
“Perché
la proteggi? È solo una fallita... o forse c'è un
trattamento speciale per la casata principale?” domandò
Neji furioso.
“Ma
chi ti credi di essere tu!” esclamò per contro Raimaru
“che ti credi così abile con quei tuoi occhi.. ma chi ti
credi di essere?”
“Stai
al tuo posto.. mezzosangue!” gli rispose gelido il moro.
Gli
occhi di Raimaru lampeggiarono di rabbia, e per un attimo divenne
anche lui talmente gelido da fare spavento. Uno sguardo, freddo,
penetrante e determinato, che ricordò a tutti i jonin della
foglia presenti quello di un'altra leggenda in campo. Kakashi Hatake.
Per un attimo sembrò quasi che avessero richiamato il suo
spirito nella sala, facendoli rabbrividire silenziosamente.
“Vuoi
sapere cosa leggo io nei tuoi occhi quando guardi me?” sibilò
lui freddo “Invidia, invidia e gelosia.
Perché
io sarò solo un bastardo e un figlio di un traditore, ma ho
una libertà che tu solo ti sogni, mentre ti aggiri come un
leone in gabbia che morde le sue sbarre pur sapendo che per quanto
s'impegna le zanne non possono nulla contro l'acciaio.
Sai
però cosa rende Hinata mille volte migliore a te? lei ha la
volontà di provare, e la dolcezza del saper perdonare.
Forse
hai ragione, è inadeguata, e forse non sarà mai una
degna figlia del casato
principale.
Ma almeno lei, ci sta provando con tutte le sue forze, a migliorarsi,
e tenta con tutta sé stessa di essere degna. Senza scaricare
le frustrazioni represse contro altri” gli disse Raimaru
tagliente come una scheggia di ghiaccio.
I
due quasi si scagliarono contro, ma furono fermati da Lee e Gai.
“No,
Raimaru. Anche a me piacerebbe sfidarlo, vedere se la volontà
e l'impegno possono vincere contro 'il genio' innato. Ma questa è
una sfida che va fatta per bene. Se durante la terza prova ci sarai
tu contro di lui, io mi farò da parte e non ci saranno rancori
ok?” mi disse Rock Lee.
Io
infine annuii, lentamente.
Naruto,
pieno di rabbia lo sfidò.
Raimaru
lo guardò. “Hinata è mia amica oltre che mia
cugina. No, questa sfida spetta a me, amico mio. Sarò io a
battere Neji. E ti aspetterò al varco, zio. Vedremo se essere
un mezzosangue sia poi tanto un handicap rispetto il tuo 'sangue
puro'” gli sibilò l'albino.
Seguirono
gli altri scontri, tra cui quello di Gaara contro il povero Lee, che
quasi finì ammazzato, se non fosse per l'intervento tempestivo
di Gai.
Raimaru
seguì ogni scontro con interesse, ma la sua mente era
concentrata altrove: Neji.
Sua
mamma gli aveva assicurato che avrebbe fatto tutto il possibile per
guarire Hinata, dunque aveva fiducia. Lòng era semplicemente
la migliore, in assenza di Tsunade.
L'ultimo
incontro fu ovvio: “Raimaru Hatake contro Tsuri Kigi”
Era
un tipetto dall'aria vispa del villaggio dell'erba.
Raimaru
saltò giù dalla platea senza nemmeno usare le scale.
Studiò
il suo avversario. Era un ragazzo di circa diciassette anni, alto e
lungo, con i capelli castano scuro che gli scendevano lunghi sulla
schiena. Era vestito di verde pallido e giallo paglia, che combinato
alla sua statura alta e secca lo facevano sembrare un giunco.
Aveva
un'espressione seria, ma il suo viso era vispo.
I
due si studiarono.
Raimaru
non aveva intenzione di usare il juken, non ora, per cui si preparò
ad estrarre la katana.
L'atmosfera
si era fatta tesa e piena di aspettativa, come in occasione degli
altri 'grandi scontri'.
Così
come per Sasuke e Naruto, tutti i jonin e sopratutto gli abitanti del
villaggio della foglia, si aspettavano grandi risultati da lui.
“Iniziate”
diede il via Hayate, balzando di un poco indietro senza manco
voltarsi per non perderli d'occhio.
Il
tizio sbuffò, mentre iniziavano i classici 'preliminari': le
beffe.
“Sei
appena un bambino. Ti offro la possibilità di arrenderti
subito” disse Kigi.
“Ti
ringrazio della gentilezza. Ma credo che resterò, in fondo non
sarebbe giusto regalare la vittoria a chi non si è battuto.
Tra l'altro.. sicuro che non ti possa portare via un alito di vento?”
domandò per contro l'albino.
“Direi
che è il caso d'insegnarti cosa vuol dire essere un ninja
moccioso, così potrai tornare tra le gonne della mamma...”
disse l'altro.
Raimaru
si limitò ad un sogghigno. Quel tipo la mamma l'avrebbe potuto
battere usando solo il dito mignolo di una mano.
Quattro
shuriken vennero lanciati, che Raimaru evitò con grazia, senza
scomporsi.
Ci
fu un breve scambio di attacchi con armi a distanza.
Raimaru
provò ad attaccarlo, direttamente e questo evocò una
sorta di barriera sulla sua pelle del braccio che divenne ustionante.
La
sorpresa colse in contropiede Raimaru, che in un istante d'esitazione
prese in pieno un pugno sullo stomaco e rapidamente il secondo lo
prese sul volto.
Ruzzolò
all'indietro, cadendo un paio di metri più in là.
Tossì,
più che altro perché il colpo diretto al torace gli
aveva svuotato di botto i polmoni da tutta l'aria.
“Allora
piccolino? Sicuro di voler ancora combattere? Esaminatore, direi che
la battaglia è conclusa... e dovreste ringraziarmi che non gli
ho fatto troppo male”
Hayate
si limitò a girare gli occhi alle spacconate del ragazzo
dell'erba.
Raimaru
nel frattempo aveva preso un sospiro e si era rialzato.
“Si,
in fondo dopo tutto potrebbe essere uno scontro interessante”
disse l'albino, che si leccò le labbra, spaccate in un punto
dal colpo del ragazzo dell'erba.
“O
forse sei così codardo da avere paura di confrontarti con me e
speri di finirla qua? Prometto che non me la prendo a male se ti
ritiri...” disse Raimaru con un sorriso che aveva un che
d'inquietante.
“Cos...
ma non te l'ha proprio insegnato nessun o stare al tuo posto?”
Raimaru
generò un'altra copia di sé stesso, e la lanciò
contro l'uomo, che se ne liberò con quella strana tecnica che
gli faceva diventare la pelle ustionante.
Il
calore era tale che, pensino stargli vicino diventava difficoltoso.
Tutti
e due, si lanciarono in una serie di rapidi attacchi.
Kigi
riuscì a uccidere una copia del moccioso con i capelli
bianchi, e trovò l'altro scoperto, in quanto impegnato a
piegarsi per evitare il suo pugno destro, lo colse in contropiede con
uno sgambetto.
“Sei
finito!” gridò trionfante.
Concentrò
il calore sulla nocca sinistra e sferrò un colpo tremendo al
bambino albino... che esplose in una nuvola di fumo.
“Eh?”
rimase stupito l'altro.
“Hai
una tecnica davvero interessante” la voce di Raimaru venne
dall'alto.
Kigi
fu costretto ad alzare il capo per cercarne la fonte.
Raimaru
era tranquillamente appeso a testa in giù sul soffitto, come
un dannato pipistrello.
Aveva
le braccia conserte e le vene intorno agli occhi rigonfie.
“Ma
ho capito la sua debolezza” disse scendendo di nuovo
sull'arena.
“Ma
da quando era lassù?” chiese Naruto.
“Più
o meno da quando si è rialzato dalla botta che a preso sullo
stomaco” gli rispose Obito.
“Usi
il calore come arma e scudo, ma non puoi azionarli entrambe nello
stesso momento, e la loro efficacia si limita sulla pelle del braccio
e delle mani. Inoltre, quando la concentri in un punto solo, ad
esempio sul pugno destro, quello sinistro si raffredda, tornando
normale”
Kigi
rimase a bocca aperta. Nessuno aveva mai capito tanto rapidamente la
sua tecnica.
Raimaru
sospirò. “Ora che lo so... per te è finita”
Si
mosse più velocemente di quanto avesse fatto ora, dando
l'impressione al suo nemico che questo si trovasse quasi su ogni
lato, e ce la faceva a mala pena a pare i suoi colpi, altro che
contrattaccare!
“Attaccherà
a destra!” si disse vedendolo arrivare in quella direzione.
Concentrò il chakra nel suo braccio destro, alzandolo per
parare.
Il
bushin del bambino gli esplose contro, creando una nuvola di fumo che
per un istante oscurò la vista di Kigi.
L'istante
dopo, il ninja dell'erba, si ritrovò sdraiato sulla pancia,
con i calcagni del bambino dolorosamente premuti nel punto in cui il
braccio s'innesta alla spalla, cosa che gli impediva di muoverle
senza farsi male, e la lunga lama della katana che gli solleticava il
collo.
“L'incontro
è concluso. Raimaru Hatake è il vincitore”
annunciò Gekko.
Ci
fu un secondo di silenzio.
“Sei
stato grande Raimaru!” fu l'esclamazione gioiosa di Naruto.
“Nah,
niente di che” disse l'altro, rinfoderando l'arma con grazia,
scendendo dalla schiena del nemico senza curarsene, come se fosse
sceso da un marciapiede.
“Ora
i vincitori vengano qua e peschino dal sacchetto: ci troverete un
numero che darà l'ordine dei combattimenti che affronterete
tra un mese nella terza prova” disse Minato, indicando il
sacchetto che un annoiato Genma teneva in mano.
“Tra
un mese? Perché così tanto?” chiese l'impaziente
Naruto.
“Perché
tutti voi avete bisogno di tempo per riposare, guarire, e inoltre
sono certo che molti vorranno prepararsi adeguatamente agli scontri
che li aspettano” rispose con pazienza Minato.
“Nome
e numero prego” disse Hayate, prendendo un foglio e un
pennarello.
“Neji
Hyuga numero 2”
“Gaara
del deserto numero 9”
“Temari
numero 7”
“Kankuro
numero 5”
“Kinuta
Dosu numero 4”
“Shikamaru
Nara numero 10”
“Sasuke
Uchiha numero 8”
Raimaru
prese il suo foglio e lo lesse. Un sorriso spaventoso nacque sulle
sue labbra.
Distese
il braccio verso Neji con lo sguardo fisso per sfidarlo, mostrando il
numero.
Hayate
alzò lo sguardo dal foglio che stava compilando dato che non
sentiva più mosca volare.
Vide
quello che tutti stavano guardando.
In
mano Raimaru aveva il foglietto con scritto '1'.
“Raimaru
Hatake, numero 1” disse l'albino, con voce fredda, senza
smettere di fissare il moro.
Naruto
schiarendosi la voce disse “Naruto Namikaze, numero 3”
“Shino
Aburame. Numero 6”
“Bene
questi sono i vostri abbinamenti per la classifica:
1-Raimaru
contro Neji
2-Naruto
contro Dosu
3-Kankuro
contro Shino
4-Temari
contro Sasuke
5-Gaara
contro Shikamaru”
Angolo
d'autore.
Piccola
precisazione. Per il titolo di questo capitolo, intendo la musica di
Wagner. In latino, in questo caso, O'Fortuna è intesa come
'sorte, fato'.
Oltre
a ciò... beh, il nostro piccoletto sta diventando ambizioso...
vuole proprio sconfiggere Neji. Chissà come se la caverà...
Spero
vorrete commentare come sta andando questa storia secondo voi =D
Vi
piacciono le svolte che sta prendendo? I nuovi personaggi? Esprimente
le vostre idee!
Il
giorno seguente Raimaru, meditò tutto il tempo.
Neji.
Come
diavolo poteva fare a batterlo. Da quanto aveva sentito, in seguito a
un lungo spionaggio di varie persone, sembrava avesse imparato la
rotazione suprema.
Anche
io l'avevo imparata... ma questo in che misura mi era utile?
Era
una difesa assoluta contro ogni mossa.
Ed
era abbastanza sicuro che Neji non sarebbe caduto in una trappola
illusoria troppo semplicemente.
“Mamma...
vorrei allenarmi con te..” gli dissi.
“Certo
caro. Solo... non ho troppo tempo... devo lavorare. Posso aiutarti
due giorni massimo tre alla settimana”
“Me
li farò bastare. Ho in mente altri anche a cui chiedere...”
Raccolsi
un bel respiro e andai in ospedale, dove trovai Naruto intento a
litigare con Obito, poiché questo lo aveva scaricato alle cure
di Ebisu.
Li
superai salutandoli cordialmente.
Entrai
nella stanza dove era ricoverato Rock Lee, e gli posai un fiore di
buon augurio per una buona guarigione sul comodino, dove c'è
n'era già uno.
“Maestro
Gai” mi rivolsi all'omone che aveva un'aria triste. “Posso
parlarti un momento?”
Lui
annuì e con me uscì nel cortile dell'ospedale.
“Senta...
lo so che è preoccupato per Rock Lee e mi dispiace anche a me
per lui. Però avrei un favore da chiederle, se non è
già impegnato con Neji”
“No,
Neji si allenerà con il suo clan”
Come
immaginavo, pensai.
“Vorrei
che mi allenasse” gli dissi.
“Co-cosa?”
disse lui strabiliato.
“Voglio
imparare ad essere veloce come Rock Lee” gli dissi su due
piedi. “Ovviamente non pretendo che lei mi segua sempre. Solo
per questo mese prima dell'esame. Mia mamma può seguirmi solo
per due-tre giorni a settimana e il restante tempo non saperei a chi
chiedere aiuto. Kurenai non ha il tipo di abilità che mi
servono in questo caso”
Improvvisamente
il maestro Gai si commosse, e quasi mi uccise in uno dei suoi
abbracci stritolanti.
“Ma
certo caro ragazzo, certo. Ci alleneremo sino a non avere più
fiato, a partire da domani!” e partì con le sue solite
tiritere senza senso.
Quella
sera stessa si presentò a parlare con Lòng. Non so bene
cosa si dissero, comunque parve che si misero d'accordo per allenarmi
di modo che non ci fossero giornate 'buche'.
Rimasi
quindi solo il giorno dopo che avrei avuto a metà libero.
Dove
trovai Naruto intento ad allenarsi con Jiraiya, gli feci compagnia
per quel pomeriggio, dato che il biondino mi accettò di buon
grado.
Gli
stava insegnando la tecnica del richiamo.
“Sarebbe
bello impararla in effetti. Non ci avevo mai pensato. La mamma ha un
contratto con Katsuyu se non vado errato. Ma a me non si adatta
molto: io non sono un ninja medico e Katsuyu è utile
soprattutto per quello”
“Potresti
sempre imparare con i rospi” disse Naruto, che evocò
appena un girino.
“Ehm...
a parte il fatto che Jiraiya dovrebbe permettermi di aggiungere il
mio nome alla lista degli affiliati al contratto, al momento davvero
non ho il tempo necessario per imparare questa tecnica. Magari più
avanti. A partire da domani sarò impegnato ad allenarmi con
mamma e Gai”
“Hai
già pensato come vincere Neji?” mi chiese Naruto.
“Non
lo so ancora per certo. Sto cercando di fare qualche ipotesi. Tutto
qui”
“Qual'è
il tuo problema?” chiese Jiraiya interessandosi un momento.
“La
rotazione suprema. Temo che Neji la sappia fare sin troppo bene... e
non ho trovato ancora una soluzione plausibile per fermarla che vada
al di là di versargli un fusto da duecento litri di miele
addosso”
Il
miele, vischioso e appiccicoso com'era lo avrebbe fermato per forza
di cose, o quanto meno lo avrebbe rallentato.
Ma
non era applicabile fisicamente, e poi era una soluzione 'poco
elegante'.
Stessa
cosa, se avetti provato a tirargli addosso una rete o simili,
probabilmente lo avrei bloccato per qualche secondo... il tempo che
avrebbe impiegato per liberarsene.. e poi sarei stato di nuovo da
capo.
“Ti
faccio i miei auguri” rispose Jiraiya.
“Potresti
anche aiutarlo!” lo sgridò Naruto.
“No,
non importa. Troverò la soluzione da solo. È giusto
così. Inoltre ci sarà più gusto” risposi.
Quel
mese mi massacrai talmente tanto di allenamenti, con i pesi addosso
inoltre, che il giorno dell'esame mi sentivo quasi un cadavere
ambulante.
La
mamma mi aiutò ad affinare le tecniche Hyuga e m'insegnò
un paio di ninjutsu, infine mi convinse a imparare almeno un po' a
potenziare i colpi con il chakra, anche se non ero bravo come lei,
neppure lontanamente.
Da
Gai imparai a potenziare al massimo la mia velocità e la forza
delle arti marziali, e appresi anche la tecnica del loto frontale,
anche se la mia non era nemmeno lontanamente forte come quella di
Lee. E non dico le pressioni che avevo dovuto fare per farmela
insegnare. Mi ero dovuto pure abbassare a fare il ruffiano, parte che
odiai, ma ero abbastanza determinato ad impararla da dirmi che il
fine giustificava i mezzi.
Ma
non m'importava che fosse potente, poiché a me interessava
sopratutto la tecnica dell'ombra imprigionante.
Quella
mattina dunque mi alzai di buon ora, massaggiandomi la schiena,
dolorante dai colpi ricevuti da Gai il giorno precedente.
Mi
stiracchiai con cautela.
Feci
una doccia rapida, e iniziai a vestirmi. Indossai pantaloni e una
maglia senza maniche nera.
Dopo
averli ammirati un momento infilai i bracciali di mio papà,
sopra i pesi da polsi. Allacciai il copri fonte e indossai il
giubbotto scuro. Non avevo ancora diritto di quello verde classico
dei Chunin e Jonin.
Mi
fasciai le caviglie con le bende bianche, e calzai i sandali.
Svolsi
tutti i gesti come un rituale.
Era
giunto il grande giorno.
Il
giorno della verità.
Avevo
lanciato la sfida. Ora avrei saputo se ero in grado di sostenerla.
E,
con un po' di fortuna forse sarei diventato Chunin. Una sorta di
passo in avanti verso il mio obbiettivo.
Un
po' quello che sognavamo io e Naruto quand'eravamo piccoli. Lui
Hokage e io il suo fidato e potente braccio destro. Il jonin numero
uno.
Presi
un respiro che poi lasciai lentamente.
Mi
alzai e uscii di camera.
“Allora,
ti senti pronto?” la mamma era vestita di tutto punto, pronta a
giungere alla sua postazione di ninja medico di campo.
“Non
ne sono certo. Ma sono certo che più di così non avrei
potuto prepararmi... quindi o la va o la spacca”
Lei
ridacchiò piano “è sempre un po' così sai.
Le missioni ninja sono sempre un po' un tiro alla fune contro
l'ignoto. Bisogna sempre solo sperare che la corda non si spezzi
dalla tua parte...”
Il
suo sguardo mi percorse e vidi un lampo di... dolore, nostalgia nei
suoi occhi.
“Gli...
gli somiglio così tanto?” domandai piano.
Lei
sospirò. “Ti manca solo la maschera...”
“E
gli occhi...” dissi tentando di essere ottimista.
“E
un carattere pigro e scontroso di un orso risvegliato dal letargo”
aggiunse lei con un risolino, che si spense presto.
“Ti
manca tanto?” osai chiederle.
Lei
mi passò vicino, e mi arruffò i capelli, dirigendosi
alla porta.
“Tutti
i giorni, ogni ora, ogni minuto ad ogni respiro. Sempre”
rispose in un soffio, senza neppure girarsi, e scomparve fuori dalla
porta.
Rimuginando
sulla cosa, mi avviai verso l'arena.
Per
un certo periodo, in cui Genma era spesso per casa, avevo quasi
pensato con una certa irrequietezza che i due si stessero
avvicinando.
In
fin dei conti erano passati più di tre anni dalla scomparsa di
Kakashi e la mamma era una donna adulta e tutto...
Ma
con il tempo e una attenta osservazione avevo capito che era
successo: Genma aveva provato a convivere con Anko e la cosa era
durata poco, poiché avevano litigato, Genma la evitava venendo
a casa nostra.
E
i due parlavano molto perché erano amici stretti, e si
confidavano con l'intimità che possono avere due persone che
si conoscono da lungo tempo e che hanno una fiducia assoluta l'uno
nell'altro.
Ma...
il cuore di mia mamma, sebbene fossi ancora un bambino e non avessi
ancora la 'maturità' per comprendere a pieno certe cose, avevo
capito che apparteneva e sarebbe appartenuto ad una persona sola.
In
lei c'era affetto per i suoi amici, ma non c'era spazio per amare
altri, poiché uno solo occupava quel posto privilegiato.
Una
parte di me, per una qualche oscura ragione ne fu anche sollevata di
capire ciò.
Poi
Genma aveva fatto pace con Anko e tutto era tornato alla normalità:
ossia i loro tira e molla.
Lungo
la strada per l'arena incrociai Hina.
“Oilà...”
mi salutò.
“Ciao
Hina” le risposi.
“Mamma
che entusiasmo! Stai andando al tuo funerale?” mi chiese lei
con un sorriso.
Le
risposi con un mezzo sorriso.
“Può
essere visto il mio primo avversario. Neji ha una testa di... cavolo
ma è comunque un ninja forte” le dissi.
“Si
dice 'testa di cazzo', almeno, lo si dice quando non c'è
Kushina nei paraggi” mi disse lei, ridacchiando.
“Comunque,
sono riuscita a convincerla a lasciarmi venire all'arena. Lei ha
scelto di restare a casa con Ryuko, ha detto che aveva del lavoro da
fare in casa...”
“Farai
il tifo?” le domandai.
“Certo...
non ti aspettare solo la hola ma.. tiferò per te. Poi c'è
anche Naru-baka”
“Lo
sai che c'è la possibilità che finiamo l'uno contro
l'altro già al secondo turno, se passiamo entrambi intendo
ovviamente”
“Beh
che ti devo dire... secondo te dovrei tifare per il baka? Ovvio che
tiferò per te... chissà che non darai una rimisurata al
suo ego. Ultimamente sembra una mongolfiera” mi disse lei. “E
poi... tu sei mio amico no?” sentii una nota stranamente...
esitante nella sua voce.
Mi
voltai per guardarla, dato che stavamo camminando insieme.
Mi
accorsi che si era fermata, un'espressione strana sul viso e una luce
stranamente vulnerabile negli occhi verde smeraldo.
“Ma
che domande fai? Naruto ti ha contagiato? Ovvio che siamo amici. Tu
sei la mia migliore amica!” le risposi in totale onestà.
Lei
rispose al mio sorriso. Nuovamente, trovai il suo sorriso stupendo.
Aperto, dolce e gentile.
Innervosito
dissi “Dai, andiamo. Non posso arrivare in ritardo al mio
funerale no?”
Angolo
d'autore
Si
beh, siamo in fase di lancio, al prossimo colpo vedremo un
super-combattimento. Credo che Raimaru abbia tutte le intenzioni di
far sentire le sue ragioni non credete?
Al
prossimo capitolo con 27-I giovani germogli sbocciano
“Yondaime,
ritieni saggio che ci allontaniamo tanto?”
“No,
è ovvio che la cosa puzzi di trappola” rispose Minato
all'ANBU mascherato, che era in realtà Hayate.
“Quindi
che si fa?” domandò l'altra AMBU, Shisui Uchiha.
“Purtroppo,
non posso ignorare una richiesta di aiuto in cambio di informazioni,
non di tale portata. Ci fosse anche solo la vaga possibilità
che sia vera...” Minato scosse il capo. “Non posso
ignorarla”
“Già,
ma anche se ha seminato il tragitto di Kunai con il suo sigillo...”
valutò Shisui.
“Ci
metterei comunque parecchio tempo e chakra a tornare a Konoha, lo so.
Ma ne avrei comunque a sufficienza per combattere. Orochimaru sa che
non sono un nemico facile, neppure da stanco” rispose l'Hokage
con aria determinata riprendendo il cammino.
Arrivato
all'arena, andai con gli altri concorrenti. A darci il benvenuto, a
noi e agli illustri ospiti, stranamente fu il terzo Hokage, non il
quarto.
Inoltre
come esaminatore c'era... “Gen. Ti annoiavi forse a fare la
scorta allo Yondaime?” chiesi.
“Ah,
lascia perdere... ora mi tocca pure farvi da balia... come se non
bastasse” rispose ma con un mezzo sorriso.
Gli
spettatori si accomodarono con entusiasmo sugli spalti, mentre su uno
mega-schermo gli veniva presentata la tabella dei nomi degli sfidanti
e l'ordine.
“I
primi due sfidanti rimangano qui, gli altri si accomodino sugli
spalti” ordinò Genma.
Raimaru
e Neji rimasero fermi, a guardarsi con freddezza, mentre gli altri si
allontanarono affrettandosi per prendere posto.
Era
una sfida che nessuno voleva perdersi. C'erano un po' tutti.
Rock
Lee era venuto accompagnato da Gai per assistere, sebbene tutto
fasciato come un salame.
Hiashi
era davvero incuriosito dall'esito che la sfida avrebbe potuto avere.
Raimaru... se aveva il talento di sua madre combinato con quello del
padre... non era da sottovalutare, ma Neji... Hiashi aveva
sovrainteso da lontano i suoi allenamenti. Era lo Hyuga più
dotato che fosse mai nato da diverse generazioni (se si voleva
escludere Lòng che era una mezzosangue).
Aveva
portato con sé Hanabi, e gli consigliò di guardare con
attenzione, poiché avrebbe potuto imparare molto dallo
scontro.
Tenten
era venuta prima per tenere i posti per Lee e Gai.
Choji
con Ino erano venuti per tifare per il loro compagno di Team, anche
se Ino si mise a commentare su quando fosse carino Sasuke, dato che
al suo fianco c'era Saukra.
“Certo
che però, anche Raimaru è cresciuto molto ultimamente
non trovi?” disse lei con fare pragmatico.
“Ino,
ha nove anni, e non ha il fascino di Sasuke”
“Non
avrà nove anni per sempre...” rispose la bionda con fare
pratico, agitando la mano.
Hinata
era stata accompagnata da Kiba e avevano entrambe intenzione di
tifare per il loro compagno di squadra, anche se Hinata rimase seduta
più tranquilla sulla sedia che non come Kiba che saltellava
come un matto.
Le
cure di Lòng erano state provvidenziali, ma ancora non era al
pieno della forma.
Hina
si era posizionata sull'altra sedia vicino ad Hinata, in prima fila
per tifare.
“Spaccagli
quel culo da fricchettone nobile!” la sentì gridare
Raimaru, che arrossì. E questa dove l'aveva imparata?
Oddio,
quella bambina era una sboccacciata di prima classe (se non c'era nei
paraggi Kushina, ovviamente).
Infatti
credo che mezza platea si fosse girata per vedere chi avesse
pronunciato quelle parole, ma lei se ne infischiò bellamente.
Kiba,
dopo una sonora risata aggiunse “Forza Raimaru! Fagli vedere
chi è l'asso del team 8!”
Raimaru
cercò con lo sguardo la madre, tra il personale medico pronto
ad intervenire in ogni momento.
La
donna gli sorrise, quando lo individuò. Gli fece un gesto
brusco con le mani, che Raimaru comprese.
“Spezzalo!”
Gli
sorrise e annuì assumendo la posizione di attacco degli Hyuga.
Neji
rispose mettendosi a sua volta in posizione.
Lo
studiò per un lungo momento, pronto a cogliere nello sguardo
del 'nipote' un'esitazione, una debolezza, un qualsiasi indice di
paura.
Andò
invece a sbattere in un muro di solida determinazione.
“Questo
moccioso non si sente per nulla inferiore...” si ritrovò
a pensare.
“Il
primo scontro è Neji Hyuga contro Raimaru Hatake. Potete
iniziare!” annunciò Genma.
Restammo
fermi a guardarci ancora un momento.
“Pronto
a sperimentare il vero dolore?” domandò Neji.
“Tu
sei pronto ad assaggiare la polvere?” gli rispose l'albino
senza neppure perdere la concentrazione.
I
due si scagliarono l'uno contro l'altro.
Neji
scoprì a suo discapito che Raimaru era un obbiettivo
stranamente sfuggente. Era veloce e abile nell'evitare i suoi colpi,
parandosi le braccia con le placche metalliche dei suoi bracciai per
evitare che riuscisse a colpire i suoi punti di fuga.
Non
che le normali placche di metallo riuscissero a bloccare lo juken, ma
sembrava che queste le avesse irrorate di chakra, poiché
diventassero uno scudo di energia.
Idea
davvero originale, e a quanto pare, funzionale.
Tuttavia
Neji riuscì a cogliere un suo movimento e lo colpì in
pieno petto.
Il
ragazzo volò all'indietro, mentre alcune sue copie si
buttarono su Neji, e furono respinte da una rotazione suprema.
Raimaru
si rialzò, tossendo.
Riprovò
ad attaccare e fu di nuovo bruscamente respinto.
“Ammetto
che sei veloce, ma non sei abbastanza abile...” disse Neji. “E
questo è l'inesorabile destino che divide i falliti dai
vincitori. I perdenti dai talentuosi” gli disse Neji con
freddezza.
“Sinceramente,
so perché sei tanto fissato con il destino. So quali sono i
disagi che sta vivendo il clan Hyuga. E, ho visto il marchio sulla
fronte di mia madre. Lei però si è scrollata di dosso
il destino che le hanno imposto e ne ha creato uno suo. Uno migliore.
Per lei e per noi che siamo i suoi figli.
Quindi,
sai dove ti puoi mettere il tuo destino?” gli domandò
Raimaru, rimettendosi in piedi, e asciugandosi il sangue da su una
guancia, dove si era graffiato cadendo.
Sospirò.
“Immaginavo
fossi troppo abile perché ti battessi senza alleggerirmi un
po'. Ma ci volevo comunque provare”
Sotto
lo sguardo allibito dei presenti, il giovane Hatake, si sfilò
il giubbotto e lo lanciò al bordo dell'arena, dove cadde con
un tonfo sordo. Il tonfo di un qualcosa di pesante.
L'albino
sospirò stiracchiandosi la schiena.
“Bene,
riproviamo. Tattica B” creò cinque copie di sé
stesso. Con lui, sei in totale.
Tre
lo attaccarono direttamente.
Tre,
si aggrapparono con il chakra alle pareti laterali dell'arena e
iniziarono a lanciare shuriken.
“Tecnica
superiore della moltiplicazione degli shuriken”
Le
tre copie andate in attacco diretto esplosero contro la rotazione
suprema, mentre una vera e propria pioggia di armi estremamente
micidiali colpiva senza requie Neji che fu costretto a continuare a
roteare.
Dato
che gli shuriken ritornarono, almeno in parte ai mittenti, Raimaru e
le sue copie dovettero mettersi a correre, ma ora, senza il giubbotto
appesantito aveva velocità e agilità persino maggiori a
prima.
Schivarono
gli shuriken e continuarono a lanciarne.
L'arena
si era trasformata in un vero e proprio vespaio di Shuriken, tanto
che Genma fu costretto a saltellare sui bordi, verso gli spalti e
rimanere appeso in perpendicolare dal suolo sul cemento per evitarli.
Quando
la pioggia s'interruppe, poiché le due copie erano esplose,
colpite dai suoi stessi Shukrien rimandati indietro da Neji, questo
si fermò, leggermente ansante.
Come
ben sapevo, la rotazione suprema era piuttosto dispendiosa in termini
di chakra. Ma, come l'albino già immaginava, Neji doveva
averne una notevole riserva. Si stava appena riscaldando.
“Tutto
qui quello che sai fare?” gli domandò Neji.
“Lo
stai sperando?” domandò il secondo.
La
folla era ammutolita nel seguire lo scontro.
La
rotazione suprema era un'abilità che tutti invidiavano al clan
Hyuga, mentre Raimaru si era servito di una tecnica abbastanza
famosa, i cui fruitori erano forse ancor più famosi: il terzo
e il quarto Hokage.
Nuovamente
creò sei copie di cui tre lo attaccarono direttamente, ma sta
volta le altre tre, si corsero incontro.
Neji
provò a pararle normalmente, senza usare la rotazione, ma i
bushin erano troppo veloci per essere parati tutti insieme.
Ma
che intenzioni aveva?
Il
Raimaru originale si scagliò in alto, abbracciando stretto
un'altro suo bushin, mentre il terzo gli andò sotto, usando
l'ombra imprigionante.
Svolse
delle fasce, che si arrotolò intorno all'originale.
“Ma
quella... è il loto frontale... ma lo fa su sé stesso?”
Neji non capiva se il suo nemico avesse improvvisamente perso il lume
della ragione.
Anche
Gai stava guardando impazzendo di paura, assieme a Rock Lee.
“Ma...
vuole ammazzarsi da solo?” disse concitato il sopracciglione
jr.
Invece,
a metà strada, questo prese a impastare, lui con il suo bushin
una quantità notevole di chakra, e a roteare, sempre più
forte.
Quando
Neji comprese le intenzioni e di essere sulla sua traiettoria fu
troppo tardi. Lui era troppo veloce.
“Quella
è una... rotazione suprema in volo!” esclamò
Hiashi stupefatto.
A
Neji non rimase che usare la sua rotazione suprema, per parare i
Bushin a terra e il proiettile umano che arrivava dall'alto.
Le
due rotazioni supreme si scontrarono.
E
fu quella di Neji ad avere la peggio.
“È
incredibile...” commentò Sasuke, in uno dei rari momenti
in cui mostrava di avere anche lui dei sentimenti.
“Non
ci ho capito molto...” disse Naruto.
“Ovvio
sei un Baka” gli disse sua sorella.
“Beh,
mi spiegate allora?” berciò lui.
“Raimaru
era in svantaggio per via dell'età e del peso, che
contribuiscono, assieme al chakra alla rotazione per la tecnica della
rotazione suprema.
In
primo, bisogna dire che non credo che Neji lo credesse capace di
usare la rotazione suprema.
In
secondo, ha usato il principio della tecnica del loto frontale su sé
stesso per aumentare la velocità di caduta e rotazione,
mentre, ha abbracciato un suo bushin perché in questo modo non
solo ha aumentato il suo peso, ma erano in due ad emettere chakra.
In
definiva, ha usato questo sistema per rendere la sua rotazione più
potente, incisiva e veloce, mentre gli altri bushin hanno spinto Neji
a restare in posizione e ad usare a sua volta la rotazione... che ha
avuto la peggio” gli spiegò Shikamaru, a sua volta tanto
ammirato da riuscire a rimanere ben sveglio a guardare la sfida.
“Ok,
lo ammetto, questa volta sei riuscito a stupirmi” disse Neji,
rialzandosi, ansante e questa volta anche lui ferito.
Raimaru
fece un sorriso feroce. “E pensa che non ho ancora finito...”
però ora anche lui ansava.
La
combinazione di queste tecniche gli aveva richiesto una certa dose di
energia.
I
due si rimisero in posizione di attacco, ma questa volta Neji stava
prendendo la sfida assai più seriamente.
“Peccato
per te che ora sei caduto nel mio raggio di influenza...” disse
Neji mentre muoveva le mani.
“Sa
usare anche quella tecnica...” mormorò impressionato
Hiashi.
“La
sessantaquattro chiusure... non crederai che sia davvero così
stupido da affrontarti da vicino senza un piano...” gli rispose
il piccolo Hatake.
Quando
Neji si buttò per attaccare, scoprì con sua somma
sorpresa che il bambino era veloce, così veloce da riuscire a
schivare alcuni dei suoi colpi, e da infliggergliene alcuni... e che
anche lui stava usando le sessantaquattro chiusure.
Riuscì
a ripararsi dai colpi del ninja albino, e attese il momento giusto,
quando l'altro si scoprì per colpirlo, quando ecco, lo colpì
in pieno petto.
Con
questo, pensò Neji soddisfatto, dovrei avergli distrutto il
sistema circolatorio intorno al cuore. Sarebbe stato costretto a
ritirarsi per evitare di morire di un infarto fulminante.
Solo
che... Raimaru si ritirò su a sedere ridendo.
“Non
dirmi che ancora credi che questo ineluttabile 'destino' farà
si che tu, Hyuga purosangue, vinca su di me, il piccolo bastardo
appena per un quarto Hyuga...” disse Raimaru.
“Il
destino non si può cambiare” Lui rise “Sei un
vero pagliaccio Neji” si rimise in posizione di guardia. “Il
destino ce lo scriviamo noi, giorno dopo giorno. Migliorandoci e
sforzandoci di raggiungere i nostri sogni. E anche se non ce la
facciamo, è sempre meglio morire nel tentativo, che restare a
languire come un asino costretto al basto”
Quando
il piccolo albino riprese ad attaccarlo Neji non riusciva a capire.
A
questo punto avrebbe già dovuto sputare sangue perché
non....
Un
terribile presentimento lo invase. La sorpresa lo rallentò
appena, allorché un colpo diretto lo prese sul retro del
gomito, facendo gridare Neji di dolore, che saltò indietro per
portarsi fuori portata, massaggiandosi il braccio sinistro.
“Piaciuto
questo? Kiba lo chiama 'Juken sui nervi'. Il braccio ti resterà
intorpidito per il resto della giornata... fa parecchio male eh?”
“Che
diavolo... era?”
“Un
trucco che ho imparato studiando i rotoli medici. Ti ho semplicemente
pizzicato in modo poco gentile i nervi che controllano il braccio”
“Ma
perché...? ah!”
“Te
ne sei accorto eh? Già, mentre provavi ad usare la Jukenho
Hakke Rokujūyon Shō io , invece ti ho colpito
in un singolo punto: ti ho bloccato la fuoriuscita del chakra da
indice e medio. Di entrambe le braccia”
Neji
capì per la prima volta che il giovane Raimaru non aveva
motivo di sentirsi inferiore a lui, perché davvero non lo era.
E,
sempre per la prima volta lo considerò per davvero un suo
pari.
“Lo
sai che riesco ad usare anche le altre dita per quella tecnica?”
disse Neji rimettendosi in posa di attacco.
“Lo
immaginavo. Motivo per cui ho preparato anche un piano C”
Posizionò
le mani, saltando sul bordo della platea, rimanendo appeso con il
chakra sul bordo di cemento. Serpente, topo, tigre.
Poi
soffiò. Dalla bocca di Raimaru uscì una densa cortina
di fumo nero, spesso e quasi denso.
“Ma
quella...” disse Kurenai.
“...
è la mia tecnica...” completò Asuma che era
vicino a lei. “è impossibile, me l'avrà vista
fare si e no tre volte...”
Kurenai
scosse il capo, senza parole.
Genma,
che aveva capito l'antifona si portò a distanza di sicurezza.
“Sai
Neji...” disse Raimaru con un sorriso, mentre la cortina nera
s'avvolgeva intorno a Neji.
“Fai
troppo affidamento sul Byakugan” gli disse prima di... “Katon:
Haisekishō”
Arte del fuoco: ceneri brucianti.
Non
appena schioccò i denti, la cortina esplose in una vampa di
fuoco.
Neji
riuscì a ripararsi, almeno in parte usando la rotazione
suprema, ma, si rese conto con orrore che l'intenzione di Raimaru non
era tanto quella di ferirlo quanto... di accecarlo.
L'improvvisa
vampa di fuoco gli aveva abbagliato la vista.
E
il bambino ne approfittò senza pietà, invalidandogli
anche il nervo dell'altro braccio e poi lo atterrò con le
braccia ben legate dietro la schiena, la katana puntata alla gola e
le altre sue cinque copie che gli puntavano l'arma contro.
Neji
comprese. Avrebbe potuto terminarlo con una sessantaquattro chiusure.
Perché, durante il combattimento aveva compreso che Raimaru
era in grado di eseguirla anche se non l'aveva mai fatto.
Aveva
scelto liberamente di non usarla, perché lui voleva
differenziasi. Lui non era uno Hyuga. Lui era Raimaru Hatake.
Neji,
dentro di sé, si chiese se, forse, dentro di sé avesse
trovato almeno un po' di quella convinzione, quella determinazione
che accomunava Raimaru a Naruto, magari avrebbe potuto cambiare anche
sé stesso e il suo destino. Già, forse era vero che non
era scolpito nella pietra.
“Il
vincitore dell'incontro è Raimaru Hatake” annunciò
Genma.
Raimaru
gli porse la mano, facendo esplodere le copie e liberandolo.
Neji
l'accettò, alzandosi.
“Avevi
anche un piano D?” gli domandò.
“No,
ma avrei improvvisato” ridacchiò il ragazzo.
La
platea, dopo un secondo attonito, esplose in un boato.
La
lotta aveva eccitato tutti i presenti, e persino l'Hokage, seduto
vicino al Kasekage non riuscì a non sorridere. I piccoli
boccioli del grande albero della foglia stavano aprendo i loro
petali, e stavano mostrando di avere un'anima di acciaio temprato.
Presto sarebbero stati delle grandi e maestose foglie.
Angolo
d'autore
Bene,
bene. Spero abbiate gradito il combattimento, visto l'impegno che ho
messo per scriverlo =D
Può
essere che aumenti un po' il ritmo di pubblicazione, visto che ho
pronti diversi capitoli...
Raimaru
raggiunse il suo posto nella platea, dopo aver condiviso un sorriso
segreto con la mamma, con una certa difficoltà.
A
suo discapito scoprì di aver consumato una certa quantità
d'energia, e che, ora si sentiva le ginocchia molli.
Hina
le aveva tenuto un posto per lui, dove si accomodò.
Naruto
invece stava scendendo tutto eccitato nell'arena.
“Naru-kun!
Vedi che io voglio sfidare anche te!” gli gridai prima di
buttarmi a peso morto sullo schienale della sedia.
“Sempre
detto che riesca a restare sveglio...” commentai a voce più
bassa.
“Quanto
Chakra hai consumato?” mi chiese Hina, dopo che gli altri
finirono di complimentarsi con lui per poi portare l'attenzione su
Naruto e Dosu nell'arena.
“Abbastanza.
Tra la rotazione suprema, le ceneri brucianti, la moltiplicazione
degli shuriken... sono tutte tecniche di un certo livello. Tuttavia
non potevo di certo risparmiarmi con Neji...”
“Cerca
di riposare e recuperare chakra. Terrò io d'occhio le sfide”
mi disse lei comprensiva.
“Grazie.
E Hina... hai visto? Glie l'ho fatto il culo eh?”
L'ultima
immagine che vidi, fu il suo magnifico sorriso che le apriva il viso.
Caddi
in un sonno leggero, ristoratore.
“Naruto
ha vinto” mi comunicò dopo un tempo indefinito.
Lei
di quando in quando mi comunicava gli esiti degli scontri. Il mio
sonno era abbastanza leggero da sentirla parlare e capirla, ma non da
risponderle.
Io,
accumulavo quanto più chakra possibile, tentando di
rigenerarlo quanto più mi riusciva.
A
quanto sembrò, Naruto riuscì a battere Dosu più
per intuito e una buona dose di caparbia testardaggine, volendo a
tutti i costi venirmi a sfidare.
Kankuro,
non provò neppure a combattere, arrendendosi senza neppure
entrare nell'arena.
Temari
ebbe la peggio contro Sasuke, che tenne il pubblico in sospeso con
una brillante performance.
Shikamaru,
provò per qualche minuto a sfidare Gaara, ma si accorse presto
che non era un bersaglio alla sua portata, e con la sola ombra
imprigionante, non ce la poteva fare a vincere e, sebbene diede prova
di essere un buon ninja, alzò la mano e disse “Ho
pensato a più di duecento strategie diverse. In nessuna di
queste potrei sconfiggerlo da solo, al massimo potrei rallentarlo. Mi
ritiro”
I
Jonin e Chunin sulle spalti parvero comunque guardare con favore a
Shikamaru. Per un chunin era essenziale anche sapere quando era il
momento di salvare 'capra e cavoli'. Era inutile buttarsi in missioni
che erano tanto squilibrate che avrebbero portato inesorabilmente
alla morte del gruppo. Anche se a volte ciò richiedeva che si
dovesse inghiottire l'orgoglio e ritirarsi.
“Rai-kun,
è il tuo turno” mi scosse gentilmente Hina.
“Eh?
Di già?”
Mentre
mi accingevo a scendere le scale, con calma incrociai mia madre in un
angolo buio.
Lei
mi sfiorò una spalla.
Sentii
un fiotto di chakra riversarsi dentro di me, alleviarmi le membra
dalla fatica e ristorarmi.
Lei
si portò un dito alle labbra “Shh..” e con una
carezza sui capelli si dileguò come un'ombra.
Compresi.
Aveva fatto in modo che lo scontro con Naruto fosse alla pari.
Il
biondo aveva consumato molto meno chakra di me nella sua battaglia, e
inoltre come sapevo già da un po', lui poteva contare anche
sulla volpe dentro di sé, che consenzientemente o no,
impossibile dirlo, lo aiutava a guarire prima e gli assicurava una
scorta di chakra notevole.
Alla
mia entrata un boato entusiasta scosse la platea, poi scese il
silenzio.
“Naruto
Namikaze contro Raimaru Hatake. Potete iniziare!” disse Genma.
“E
la testa più dura l'abbia vinta” ridacchiò a voce
più bassa il castano prima di allontanarsi un poco.
“Raimaru,
non mi risparmierò contro di te...” annunciò il
biondo.
“Neppure
io. Daremo entrambi il massimo?” gli chiesi porgendogli una
mano.
Il
biondo annuì e la strinse.
Ci
inchinammo poi l'uno all'altro con le due dita, indice e medio,
alzate in segno di saluto e rispetto tra shinobi poi ci mettemmo in
posizione di attacco.
Non
usai il junen da subito di proposito.
Ci
limitammo ad un preliminare fatto a base di sano kumite e a lanciarci
qualche shuriken e kunai.
“Ti
sei riscaldato a sufficienza?” gli chiesi.
“Direi
di si” e creò dieci copie di sé.
“Bene,
anche io” quando mi accerchiò lo stesi con la rotazione
suprema.
Io
iniziai ad usare con serietà il juken, mentre Naruto usava i
bushin per evitare che gli chiudessi i punti di fuga.
Per
ogni volta che io o lui finivamo in terra, ci rialzavamo.
Una
volta usai anche una tattica semplice ma che mise in difficoltà
Naruto. Quando creò una ventina di Bushin, a mia volta mi
trasformai in Naruto, con una tecnica di trasformazione.
Lui,
e i suoi bushin, anziché interrompere semplicemente la
tecnica, presero a litigare a ad azzuffarsi tra di loro, e quando
finalmente si arrese e spezzò semplicemente la tecnica era
ormai pesto, con la guancia sinistra gonfia e l'occhio destro nero.
Io
ridacchiai, tornando me stesso.
“Non
vale... è la tecnica che ho usato io con Kiba...” si
lamentò lui.
Però
non desistette. E continuammo a pestarci.
Sembrava
non poter avere mai fine.
Mi
decisi ad usarla, anche se in mio cuore speravo ci fosse un altro
modo. Ma non potevo permettermi di usare troppo chakra come avrebbero
richiesto le ceneri brucianti.
Quando
trovai il corpo reale di Naruto, mi decisi ad usarla.
“Tecnica
delle sessantaquattro chiusure”
Mentre
dall'alto Hiashi si alzava per andare a trovare suo nipote
nell'infermeria, vide l'altro suo nipote eseguire con chirurgia
precisione a sua volta le sessantaquattro chiusure con nove anni.
“A
quanto pare l'ha proprio ereditato, quello straordinario talento che
ha distino sia Lòng che Neji...” si ritrovò a
pensare scuotendo la testa.
Il
mondo andava al contrario e avevano uno Hyuga della casa cadetta e
uno che di sangue Hyuga ne aveva appena un quarto, che superavano
ampiamente in abilità la casa principale.
Raimaru
si fermò ansando.
“Ti
ho chiuso tutti i punti di fuga. Non puoi più usare chakra
Naru-kun”
L'altro
però si rialzò, testardamente.
“No...
io ti avevo promesso che avrei dato il mio meglio. Posso fare più
di così” Raimaru rimase a guardare, un po' perplesso.
Cosa
poteva mai fare senza chakra?
Il
biondino però si concentro al massimo e... come per magia il
suo sistema circolatorio si inondò di nuovo di chakra. Questa
volta di un chakra potente e... insolito.
Raimaru
strinse gli occhi. Quello era il chakra della volpe! Comprese
stupito.
Prima
che potesse fare alcunché questa volta fu Raimaru a subire la
combo di colpi del biondino.
Il
Chakra della volpe non solo aveva annullato l'effetto delle
sessantaquattro chiusure, ma avevano aumentato in modo esponenziale
potenza e velocità del ninja biondo.
Raimaru
si alzò sui gomiti, sputando del sangue. Si era tagliato una
guancia contro i denti quando era stato colpito da un pugno di
Naruto.
“Rialzati
Rai-kun! Non vorrai mica perdere contro quel baka!” la voce di
Hina dagli spalti raggiunse Raimaru, che sorrise. “Non mi dire
che è tutto quello che sai fare perché se no ti vengo a
picchiare io!”
“Ma
tu da che parte stai? Sei mia sorella!” si lamentò
Naruto.
Nel
frattempo Raimaru si rialzò.
Prese
un profondo respiro ed espirò, lentamente, ritrovando la
concentrazione.
“Dammi
solo un secondo Naru-kun. Devo ammettere che non mi aspettavo
tanto...” disse il ninja albino.
Naruto
rimase a guardare, incerto.
Raimaru
si sedette in terra e sfilò delle cavigliere, poi da sotto i
bracciali due polsini. Tutti e quattro finirono in terra con un
sonoro tonfo.
“Vuoi
dire che... ha battuto Neji senza togliersi tutti i pesi?”
disse Rock Lee, stupefatto.
“Credo
che fosse intenzionale” rispose da poco distante Kurenai.
“In
che senso?” chiese Lee.
“Prima
il peso in più gli serviva anche per aumentare la sua potenza
d'impatto. Il suo unico handicap per avere nove anni è quello
di avere, ovviamente il fisico di un bambino, ed è in media
dieci-quindici chili più leggero degli altri genin. Questo lo
svantaggia per forza e massa d'impatto. Ma ora Naruto è troppo
veloce per lui, quindi deve alleggerirsi per potergli stare dietro.”
“Credi
ce la possa fare a stargli dietro?” intervenne Iruka che era
arrivato con un po' di ritardo ma ora seguiva la sfida Naruto-Raimaru
con vivo interesse.
Kurenai
e Gai si scambiarono uno sguardo.
“Lucidati
gli occhi Iruka. Lucidati gli occhi” disse Kurenai, rievocando
le parole di Genma.
“Ora
sono pronto a dare il massimo” annunciò Raimaru,
rimettendosi in piedi.
Naruto
si lanciò contro Raimaru... convinto di prenderlo in pieno...
ma l'altro non c'era già più.
Naruto
riuscì a mala pena a parare i kunai, e solo perché il
chakra della volpe gli faceva anche da scudo. Il secondo dopo un
lampo d'argento si avventò sul suo lato destro, e tempo che si
girò l'altro già non c'era più e lo stava
attaccando da sinistra.
La
platea era stupita quanto Naruto.
Il
piccolo ninja si stava rivelando più veloce di Naruto anche se
quest'ultimo stava usando il chakra del bijuu.
Genma
stesso che nell'ultimo mese non aveva, per vari motivi, seguito più
Raimaru quasi gli cadde il senbon di bocca.
Altro
che palle. I movimenti di Raimaru erano paragonabili a buona parte
dei Jonin, ben superiore a quelli di un chunin.
Probabilmente
solo i jonin esperti sarebbero riusciti a stargli dietro senza
problemi. Jonin della portata di Gai, Lòng, Obito e simili.
Probabilmente
già Kurenai si sarebbe trovata in difficoltà.
Il
piccolo Raimaru difettava solo di esperienza e, evidentemente anche
non riusciva ancora gestire bene il dispendio di chakra per acquisire
una simile velocità.
Quando
si fermò infatti era diventato una maschera di sudore, e
sbuffava come un mantice.
Infatti
l'albino stava dicendo tra sé e sé. “non posso
continuare ancora a lungo devo concludere in fretta”
Con
una mossa spettacolare, lo colpì più volte in una combo
di colpi ben assestati, e quando Naruto finì in terra, lo
colpì con un gesto secco alla fronte.
Stordito,
Naruto aprì la bocca per protestare, e per il dolore.
Raimaru
gli cacciò dritta in gola una pastiglia e gli chiuse la bocca.
D'istinto il biondo inghiottì.
Raimaru
si rialzò barcollante sulle ginocchia, gli abiti zuppi di
sudore.
Genma
si avvicinò per sincerarsi delle condizioni di Naruto. E quasi
ci restò secco dal ridere, quando sentì un sommesso
russare uscire dalla gola del ninja biondo.
“L'incontro
è...” dovette fermarsi per non ridere “è...
concluso. Il vincitore è Raimaru Hatake!”
“Tra
l'altro.. che gli hai dato?”
“Sonnifero
ad azione breve e rapida. Dieci minuti e si sveglia” rispose
l'altro, con un sorriso.
Mentre
la folla osannava la performance di Raimaru, Lòng gli andò
vicino e controllò le condizioni del figlio, prima di
controllare quelle di Naruto e prenderlo a spalle per portarlo fuori
dall'arena.
“Lo
sai che lo considererà un colpo basso?” chiese la madre.
“Lo
so, ma non mi andava di distruggergli gli organi interni con il juken
solo per questa sfida” rispose Raimaru, mentre rientravano
nell'arena per fare posto al prossimo combattimento.
“Dovresti
stare attento, il tuo fisico non è ancora in grado di
sopportare un tale sforzo. I tuoi muscoli non sono ancora pienamente
formati un simile sforzo per la velocità... potresti farti del
male da solo...”
“Già...
lo so” rispose solo Raimaru, vacillando stanco.
“Sono
orgogliosa di te, piccolo mio” gli disse lei.
Raimaru
sorrise a trentadue denti alla madre.
Angolo
d'autore
Si
beh, forse Lòng ha barato un pochettino. Ma giusto un poco...
non glie ne vogliamo per questo vero?
Comunque,
ragazzi, non pensate di accomodarvi e starvene tranquilli che
l'azione non è ancora finita!
A
lunedì con 29-Il ritorno della squadra assassina.
Inseguimento!
Capitolo 29 *** 29-Il ritorno della squadra assassina. Inseguimento! ***
Naruto
si risvegliò appena in tempo per vedere la Sasuke che entrava
in arena con Gaara.
Berciò
come un matto contro Raimaru, che stava dormendo da in piedi.
“Piantala
Naru-kun. Non vedi che è esausto? E poi, l'unica altra
soluzione che aveva era quella di demolirti il sistema circolatorio
interno. Non si può scherzare su queste cose. Se qualcosa va
male, sei compromesso per sempre, lo capisci?” lo difese Hina.
“Sei
mio amico Naru-kun. Non voglio... arrivare a tanto. Nemmeno per una
sfida seria”
Alla
fine il biondo s'arrese, sebbene ancora un po' imbronciato.
Avevano
perso di vista la sfida.
Si
udì un rumore fortissimo pervadere la platea.
Raimaru
sgranò di colpo gli occhi sentendo un brivido partire dalla
colonna vertebrale e prese a scuoterlo forte.
Si
mise a tremare in modo così violento e impallidì in
modo tale che Naruto pensò gli stesse prendendo un infarto
come era successo a Hinata dopo i colpi devastanti di Neji.
“Rai-kun!
Aiutami Baka!” Hina lo prese appena al pelo, mentre Naruto si
affrettò ad aiutarla a sostenerlo.
Kiba
si avvicinò a sua volta preoccupato.
“No.
Non può essere. Non può essere” mormorò
Raimaru, mentre il rumore diveniva più forte.
“Devo
vedere” di colpo si buttò sul bordo della platea, contro
il parapetto di cemento, guardando con uno sguardo come febbricitante
ciò che avveniva nell'arena.
Raimaru
aveva pochi ricordi del padre. Ma si ricordava bene l'unica volta che
l'aveva visto allenarsi con quella tecnica.
Kakashi
era il copia ninja. Famoso in ogni dove per aver copiato un numero
impressionante di tecniche. Quella invece era la sua tecnica
personale, inventata da lui nel periodo in cui era un allievo del
quarto Hokage.
Il
fulmine spezzato. Conosciuto anche come 'mille falchi' per il rumore
peculiare che emetteva.
Il
chakra di tipo elettrico riempiva la mano di Sasuke, che lanciato ad
alta velocità si stava andando ad abbattere contro Gaara,
chiuso in una sfera di sabbia.
Raimaru
si voltò scuro in viso.
I
suoi occhi inchiodarono Obito, che si agitò nervoso sul posto,
con una coda di paglia lunga chilometri.
“Come
hai potuto?” gli disse solo il piccolo Hatake, scuro in volto,
gli occhi pieni di rabbia.
“Ehm
io... ecco...”
Raimaru
non aspettò neppure la risposta.
Girò
sui tacchi e se ne andò, nessuno capì bene dove, ma si
allontanò, portandosi dietro una nube di rabbia densa come
aria di tempesta.
“Ma...
che diavolo è successo?” chiese Naruto.
“Questa
volta non ho ben capito neppure io” ammise Hina.
“Quella
è la tecnica del fulmine spezzato. Conosciuta anche come
'mille falchi'” spiegò Kurenai, dato che anche Kiba e
Hinata erano incuriositi e preoccupati.
“E
con ciò?” chiese Kiba.
“È
una tecnica di invenzione e peculiare di una persona: Kakashi dello
sharingan” spiegò Gai.
“La
inventò lui anni fa, mentre eravamo ancora allievi di
Minato-sensei” spiegò Obito.
“Oh,
ora capisco” disse Hina.
Minato
osservò lo scempio che era il luogo dove avrebbero dovuto
incontrare il contatto. La piccola casetta di legno era pregna di
sangue, schizzi rossi tingevano le pareti sino al soffitto, resti
umani erano sparpagliati un po' ovunque, smembrati con violenza.
Quattro
nemici li avevano attaccati.
Era
stato un attacco suicida. L'Hokage non si era neppure dovuto muovere:
le sue due guardie li terminarono in un secondo, aggiungendo altro
sangue a quello presente.
“Era
una trappola”
“Come
immaginavamo” dissero tetre le due ANBU.
“Volevano
solo che voi vi allontanaste quanto più possibile dalla città”
commentò Shisui.
“Torniamo
a Konoha. Prendetemi le mani. Veloci!” disse l'Hokage porgendo
le mani alla due ANBU che le afferrarono, e con un lampo,
scomparvero.
Raimaru
non si era allontanato molto. Si era solo andato a mettere più
lontano, dove non poteva vedere Obito, e si era rifugiato in un
angusto spazio creato tra la trave e il tetto dell'arena, osservando
la sfida.
Chi
avesse vinto ora con ogni probabilità sarebbe stato il suo
avversario dopo, anche se c'era ancora anche Shino in gioco.
Ma
era quasi certo di non avere più sufficiente chakra per una
sfida degna di questo nome.
Era
arrabbiato e confuso.
Perché
Obito gli aveva insegnato proprio quella tecnica...? e perché
lo faceva arrabbiare tanto che qualcun altro la avesse imparata?
Ad
un certo punto sentì una sensazione di torpore e sonnolenza
coglierlo. Pensò che fosse la stanchezza. Quasi chiuse gli
occhi.
Ma
uno strano formicolio alla nuca fece si che un campanello d'allarme
gli suonasse nella mente.
Questa
non era stanchezza... era una tecnica illusoria!
“Kai!”
rilascio.
Vide
tutta la platea e gli illustri ospiti cadere in un sonno indotto.
Solo
i ninja -anche se buona parte dei genin non se ne accorsero-
riuscirono a rimanere sveglia.
“Invasori!”
sentii la voce di mia madre che spuntava nell'arena, da dove Gaara si
era dileguato, scortato dai due fratelli.
Sasuke
fu mandato ad inseguirli da Genma.
Una
serie di ninja misti del suono e della sabbia fecero la loro entrata
in scena.
Scesi
anche io nell'arena.
“Che
diamine succede?” chiesi.
“L'Hokage!
Proteggete il terzo!” non avevo mai sentito quel tono nella
voce di mia madre.
Alcuni
ANBU si misero sull'attenti e scattarono sul tetto dell'edifico,
sulla quale ora Orochimaru si confrontava con il Terzo, protetto
dietro una barriera di chakra rossa.
Quello
era il tono di comando di una ninja.
“Tenzo!
Raido! Genma! Squadra assassina a me!” ordinò lei.
I
ninja si mossero ad affiancarla.
“Obito,
Gai, proteggete gli spettatori!” ordinò.
“Obito
organizza una squadra di genin da mandare dietro a Sasuke. Non è
in grado di battere da solo Gaara”
Obito
obbedì raccattando Sakura, Shikamaru e Kiba che facesse da
apripista con l'olfatto.
Per
la prima volta vidi mia madre e gli altri fare sul serio.
Genma
ne sterminò un gruppo d'incauti con i senbon, e quello che si
era lanciato all'attacco, venne preso da Lòng, che lo catturò
con un pugno allo stomaco e lo atterrò.
La
botta fece incrinare il suolo, come se fosse caduto un meteorite.
Il
sigillo romboidale viola scuro comparve sulla sua fronte, pronto
all'utilizzo.
“Bene,
sotto a chi tocca” il suo sorriso era feroce.
“Una
piacevole riunione, anche se speravo di prendere un the, piuttosto
che un invasione” commentò Raido.
“Io
invece dico che era il momento di toglierci un po' di ruggine...”
commentò Tenzo.
“Peccato
che alla squadra Kakashi manchi proprio il capitano...” disse
Raido, pacatamente.
Ci
fu un breve silenzio.
“Ehm...
scusate” disse il moro imbarazzato.
“Ne
faremo a meno, anche se non mi sono ancora tolta la soddisfazione di
prenderlo a sberle. Un giorno o l'altro lo farò” disse
Lòng.
Ero
rimasto imbambolato a guardare l'opera dei Jonin.
Genma
era veloce e agile, usava i senbon per infilzare le vittime o
graffiare quelli che gli si avvicinavano. Raido si stava
destreggiando, quasi leggiadro nei movimenti con la katana. Tenzo...
usava la leggendaria arte del legno!
Mia
madre era semplicemente un'onda distruttiva. Uno provò a
rifugiarsi dietro un muro, ma lei manco cambiò direzione.
Distrusse muro e nemico con un solo colpo.
Gli
attacchi dei nemici iniziarono a infiacchirsi.
“Forse
iniziate a ricordarvi perché la foglia non è mai
capitolata?” ringhiò lei, inseguendone uno.
Sugli
spalti allo stesso modo Obito e Gai, proteggevano gli spettatori da
attacchi a distanza, finendo i ninja che sfuggivano alla squadra di
mia madre.
Fu
in quel momento però che vidi uno, con uno scatto di velocità
afferrare il corpo della dormiente Hina e darsela a gambe.
“Ehi
dove credi di andare?” gli scattai dietro d'istinto.
Questo
si mise a fuggire, lanciandomi dei kunai contro.
Li
schivai facilmente, continuando a inseguirlo.
Questo
provò a seminarmi tra i vicoli della città, ma,
accidenti a lui... davvero credeva di riuscire a seminarmi tra le
mura del paese dove ero nato?
Quello
che invece mi sconvolse, fu il vedere quanto fosse esteso il danno
che stavano facendo.
Da
una parte tre serpenti giganti avevano rotto le mura, e stavano
avanzando, demolendo case e schiacciando persone... anche se...
aguzzando lo sguardo vidi che c'era il clan Uchiha che li stava
tenendo a bada.
Gli
invasori penetrati nelle mura stavano però trovando il loro da
fare.
Da
una parte, il clan Hyuga si stava mostrando assai ostico, dall'altra
c'erano jonin e chunin che sciamavano ovunque proteggendo i civili e
fornendo copertura.
Team
come il leggendario Ino-Shika-Cho si stavano sgranchendo, con un
Choza gigantesco che passeggiava tranquillo sulle strade,
spiaccicando come moscerini i malcapitati che si avvicinavano,
supportato sui lati da Inochi e Shikaku.
Il
clan Aburame si stava schierando sul fianco ovest, supportato dagli
Inuzuka.
In
fin dei conti, si ritrovò a pensare Raimaru, i clan sono
litigiosi e bizzosi tra di loro, politicamente parlando, ma quando un
nemico si presentava alle nostre porte, creando un fronte comune, si
ritrovavano a sbattere in un solido muro. Perché, per quanto
possiamo litigare tra di noi per varie banalità tutti sanno
qual'è il bene più prezioso.
Il
grande albero della foglia sarebbe stato protetto da tutti, sempre e
comunque, perché questa era la volontà del fuoco. E la
fiamma della volontà del fuoco, pervadeva tutti gli shinobi di
Konoha.
Questa
era la vera forza della foglia.
Scossi
la testa, per riprendere la concentrazione e continuai a inseguire il
ninja.
Era
un ninja di circa trent'anni, capelli castani di media lunghezza, e
una barbetta incolta. Era vestito con dei colori classici del
deserto: bianco e un giallo sabbia.
Si
buttò dentro un edificio.
Dovetti
forzare me stesso per non buttarmi di testa prima.
Digrignai
i denti, fermandomi sul tetto.
Attivai
il Byakugan.
Come
pensavo dentro c'erano cinque persone, compreso l'uomo che portava in
braccio Hina.
Presi
un respiro, valutando alla svelta la situazione.
Probabilmente
la volevano per un riscatto o qualcosa di simile.
Non
c'era nessuno di vicino che potessi chiamare a darmi una mano. Non
che si potesse distrarre dalla battaglia. Non subito.
Valutai
le mie condizioni fisiche.
Ero
a corto di chakra. Le ultime energie mi avrebbero presto abbandonato.
Mi
doleva la coscia sinistra, probabilmente uno stiramento muscolare
dovuto al picco di velocità che avevo dovuto usare prima
contro Naruto.
In
più avevo un imprecisato numero di punti dolenti su schiena,
costato e spalle dove avevo ricevuto i colpi di Naruto e Neji.
Sarebbe
probabilmente stato più saggio attendere rinforzi tenendoli
d'occhio.
Ma
il modo in cui la stavano coricando su una tavola non era per nulla
rassicurante.
Mi
decisi a provare.
Non
potevo di certo lasciare Hina in balia di quei nemici!
Sentii
un forte boato, seguito da un altro.
Il
primo era dovuto al fatto che Orochimaru stava battendo una veloce
ritirata.
Il
secondo era invece il coro di voci concitare e festanti. Lo Yondaime
era ritornato, e stava facendo sistematicamente il culo a tutto
quelli che trovava lungo la strada. Con lui c'era anche l'implacabile
Shisui Uchiha.
Approfittai
del momento di confusione che questo aveva causato anche ai ninja
dentro l'edificio.
Galvanizzato,
lanciai un mio bushin sulla finestra dal lato est della casa, mentre
io entrai più silenziosamente dalla finestra del bagno.
Mi
piazzai dietro la porta.
La
mia unica possibilità era agire furtivamente.
Uno
dei ninja venne a controllare che fosse tutto a posto.
Agii
in modo rapido e pulito.
Con
una mano gli tappai la bocca, con l'altra gli conficcai un pugnale
tra le costole, perforandogli i polmoni.
Infine
gli afferrai la testa con entrambe le mani e con uno scrocchio gli
spezzai l'osso del collo.
Una
sensazione di nausea mi scosse, ma non era il momento per pensare a
quello.
Assunsi
l'aspetto dell'uomo nascondendolo dietro le tende, nella vasca da
bagno.
A
pensarci bene forse era meglio ucciderlo senza spargimenti di
sangue... e chi lo aveva il tempo per ripulire sto disastro? Se gli
altri l'avessero visto sarei stato spacciato.
Presi
l'aspetto dell'uomo e uscii dal bagno, chiudendo la porta.
Raggiunsi
gli altri con calma, e quando uno, il più grosso mi disse “Hai
trovato topi?” mi limitai a un grugnito, scuotendo la testa.
Per
un istante andò tutto bene poi...
“Brutti
bambocci! Mio padre vi farà le chiappe a strisce non appena vi
vede!” Strillò Hina.
“E
tu come ti sei svegliata?” domandò uno bieco.
Ci
fu un rumore strano.
“Ehi
Kitane, hai sentito qualcosa?”
Ci
impiegai un secondo di tempo di troppo per capire che 'Kitane' ero
io.
L'unica
cosa che mi era rimasta... era la velocità.
Saltai
su Hina, l'afferrai e mi fiondai nell'unico punto in cui avevo la via
libera. La cantina.
Due
mi stettero dietro, mentre Hina subito rimase stupefatta, e cercò
di ribellarsi alla mia stretta, ma persi la trasformazione e quando
capì che ero io, si fermò.
La
lasciai ruzzolare giù per le scale della cantina, quando mi
sfuggì dalle braccia, mentre con un grido di dolore atterrai
malamente sulle gambe, e la sinistra mi cedette.
'Di
questo passo finirò per lacerarmi il muscolo per intero'...
compresi.
Ma
non potevo mollare ora.
Riuscii
a uccidere il primo che si era buttato con semplice foga.
Il
secondo m'intrattene in un rapido combattimento con il kunai. Il
terzo si riuscì a infilare nella cantina.
Hina
non era abbastanza attrezzata, e comunque non era all'altezza di
questo combattimento.
Le
riuscì a graffiare una guancia, poi un braccio.
Hina
cercò in tutti i modi di liberarsi dall'incalzante nemico.
“Vieni
qui mocciosa...” provò a prenderla per la collottola
l'altro.
Lei
riuscì con un forte calcio a lanciarlo contro una parete, ma
questo... mi atterrò sopra e si diede lo slancio per andarle
di nuovo incontro, con l'arma protesa. “NO! Hina!”
Una
scarica d'adrenalina mi percorse, piantai il mio Kunai nel ventre del
nemico che avevo davanti, e con tutte le energie che mi erano rimaste
feci l'unica cosa che potevo fare. Mi buttai davanti a Hina.
Angolo
d'autore.
Ok,
i nostri simpatici frugoletti sono un tantino in pericolo...
Sento
già che Iaele mi manderà qualche maledizione a
riguardo... dai dai... non sono mica morti... quanto meno, non
ancora... =D
Ma,
come ho detto e ripeto... non rilassatevi ancora. Ci sarà
ancora un po' di movimento prossimamente...
Il
nemico si lanciava su di lei, mentre in un lampo d'argento Raimaru si
buttava di fronte a lei. Poi con un forte rumore la casa era
collassata su sé stessa, e gli era crollata addosso in una
pioggia di macerie.
Hina
non vedeva nulla e la polvere le riempiva le narici. Sapeva solo di
essere ancora viva... per il momento. Ma Raimaru?
All'improvviso
realizzò di avere un peso morbido e caldo addosso.
“Raimaru!”
Sentì
un debole sbuffo, colpirle il collo, mentre in modo assai più
inquietante, sentiva qualcosa di liquido e caldo scivolarle su collo
e petto.
Riuscì
a muovere, con un titanico sforzo, il braccio destro, e afferrò,
insinuando la mano tra lei e quello che capì essere il corpo
di Raimaru, nel taschino destro, un piccolo oggetto stretto e lungo,
che quando piegò tra le mani iniziò ad emettere una
debole luce gialla.
Era
uno 'star light'. Veniva usato dai ninja per fare luce dove era
meglio non usare delle fiamme, e anche dai pescatori per le battute
di pesca notturne.
Lo
adagiò vicino la testa, esaminando il luogo.
Pareva
che dietro di sé ci fosse un piccolo spazio libero lasciato
dalle macerie, dove due blocchi di cemento più grandi si erano
puntellati l'uno con l'altro, lasciando un vuoto sotto di sé.
Deglutendo,
abbassò lo sguardo su Raimaru.
Si
rese conto che quella cosa calda che le stava colando addosso... era
il sangue del suo amico! Si sarebbe messa a gridare di terrore, se
non fosse che vide il ragazzo muovere debolmente il collo, e i loro
sguardi si incrociarono.
“Ra-Raimaru...”
mormorò appena Hina.
Gli
occhi bianchi del ragazzo erano resi torpidi dal dolore.
Hina
vide che un rivolo di sangue stava colando da tra i capelli più
rossi che bianchi del ragazzino, mentre quello che le bagnava il
petto arrivava da una scheggia di legno che era penetrata sotto la
clavicola del bambino.
“Hi...”
si fermò per tossire, e l'accesso di tosse lo squassò
gettando altro sangue su Hina, lasciando poi le labbra pallide del
ragazzo macchiate di rosso.
Hina
si mise a ridere, una risata più isterica che divertita. Una
risata fatta più che altro per non mettersi a piangere o
gridare di terrore.
La
ragazza era spaventata a morte, ma capiva che in quel momento era lui
ad avere bisogno di lei, e non poteva perdere il senno di paura in
quel momento.
Però
si sentiva persa. Che doveva fare? Era meglio muoversi o quello
avrebbe messo in ulteriore pericolo il suo amico?
Dal
corso di pronto soccorso che aveva fatto sapeva che a volte era
meglio tenere fermi dei feriti sino all'arrivo degli specialisti
medici.
Fu
però Raimaru a dire... “Riesci a spostarti un... coff
coff... più in la? Non... non riesco a respirare...”
Hina
fece come ordinato, e provò a scivolare verso il vuoto che
aveva dietro la testa.
“Ahhh!”
il grido di dolore del bambino la fece fermare, tremante e
spaventata.
Questo,
se possibile era impallidito ancor di più.
“Forse
sarebbe meglio...” iniziò a dire la bionda.
“No,
ce la posso fare” rispose brusco l'altro.
Hina
per cui si sforzò. Rimase ferma in un istante e scivolò
via da sotto il ragazzo il più velocemente possibile.
Prendendolo
per le spalle, tentò di trascinarlo quanto più
delicatamente possibile appena un po' più avanti, per dargli
spazio dove respirare.
“Ferma
ti prego...” disse l'altro, le lacrime agli occhi, il viso che
era una maschera di dolore.
Quando
sollevò l'oggetto di gomma che emetteva luce, vedendo le
condizioni in cui era ridotto l'amico a Hina iniziò a tremare
il labbro inferiore oltre che le mani.
“Morirò
eh?” la considerazione di Raimaru era pacifica. Di qualcuno che
sa già come andrà a finire. Una domanda retorica.
“N-n-no
ma che dici?” disse l'altra.
“Sei
una pessima bugiarda...” si fermò per cercare di placare
un colpo di tosse.
“Già
ora capisco. Mi sento soffocare perché ho del sangue nei
polmoni, non perché ero schiacciato” disse il ragazzino,
con pacatezza.
“No,
non puoi morire... non così...” Hina aveva le lacrime
che le rigavano il volto, creando dei solchi sulla patina di polvere
che lo ricopriva.
Eppure
anche Hina aveva capito che il caso era grave. Oltre alla scheggia
sulla spalla, vedeva anche un'altra scheggia di legno, più
sottile, spuntare dalla schiena del ragazzo.
“Il
danno non è troppo grave, altrimenti non riuscirei già
più a parlare. Deve avermi preso solo di striscio. È
strano... non sento neanche più poi così tanto male...”
e la cosa non era un buon segno. Hina doveva fare qualcosa, qualcosa
di più di piangere e stringere il viso del bambino, dato che
aveva adagiato il capo sulle sue ginocchia. Sentiva che sarebbe
impazzita altrimenti.
“Kage
Bushin nò Jutsu” non era mai riuscita a farla prima, ma
in quel momento poco gli importava, e riuscì a creare due
copie di sé, che andarono a iniziare a scavare verso quello
che era abbastanza certa fosse l'altro angolo della cantina.
“L'hai
imparata alla fine...” disse lui con un filo di voce.
“Cercherò
aiuto.. troverò il modo... non mi lasciare non mi lasciare...”
disse lei, che premeva la mano per cercare di fermare il sangue che
colava dalla spalla di Raimaru.
Questo
riuscì a tirare appena le labbra, nell'ombra che poteva essere
appena un sorriso. Un sorriso cupo e insanguinato, dato che un rivolo
di liquido cremisi era colato pure dagli angoli della sua bocca,
macchiata dal precedente accesso di tosse.
Il
tempo sembrava dilatarsi, mentre Hina riusciva solo a percepire la
propria disperazione e si sentiva impotente. Così impotente...
per quanto cercasse di fermare il sangue, questo sembrava irriderla,
colando fuori da ogni ferita, filtrandole tra le dita che cercava
disperatamente di tenere sulle ferite aperte del suo amico, che stava
diventando sempre più pallido, e i suoi occhi, si stavano
facendo lentamente più vitrei, e si perdevano nel vuoto.
I
suoi bushin nel frattempo erano riusciti a trovare quella che doveva
essere una finestra.
Si
erano poi lanciate aprendosi un varco a forza viva, fuori dalla
finestra, in cerca di aiuto.
“Raimaru...
stai con me. Guardami... guardami!” Si era tolta la maglia, con
cui aveva fatto delle pezze che aveva premuto sulle ferite.
Ma
queste si erano lentamente inzuppate.
Lui
aprì piano le palpebre fissando i suoi occhi bianchi in quelli
verdi della ragazza.
Le
lacrime di lei caddero sul viso di lui.
“Non
morire... ti prego. Combatti ancora un po'. Resisti ancora un po'. Ti
prego. Ti prego. Ti prego..” ripeteva come una litania senza
fine.
I
suoi bushin nel frattempo erano riusciti a tornare verso l'arena e
incrociarono Lòng.
“Lòng!
Ti prego aiuto! Aiuto!” dissero entrambi disperati.
“Hina
che succede?” disse lei stranita di trovare la beffarda e
ironica figlia di Minato così sconvolta.
Pure
i suoi bushin avevano le lacrime che scorrevano libere sul volto e le
accecavano lo sguardo.
“Raimaru...
c'è sangue ovunque! Io non so che fare! Sta morendo!”
disse disperata “Aiutami ti prego!” disse in un
singhiozzo il secondo Bushin.
“Portami
subito là” disse Lòng, impallidendo.
I
bushin furono presi sotto braccio da Lòng, e Hina gli indicava
con le dita la strada da seguire.
“Qua
sotto!” disse mostrando la finestrella minuscola della cantina.
Lòng
imprecò tra sé e sé. Se avesse dato un colpo per
distruggere le rocce avrebbe rischiato di seppellire per sempre anche
suo figlio e Hina.
Poi
un'illuminazione la colse.
Usò
la tecnica della trasformazione. Prese le sembianze di Ryuko. La sua
figlia di appena quattro anni era abbastanza piccola da passare in
quell'angusto buco.
La
situazione che le si parò davanti era terribile.
La
vera Hina stava piangendo, e singhiozzando disperata, cercando di
fermare le emorragie del suo figlio maggiore... che era già
pallido come un cencio, mentre una pozza di sangue si stava dilatando
sotto di lui.
“Maledizione...
non lo possiamo spostare subito... devo operarlo sul posto...”
bofonchiò la donna, riprendendo le sue sembianze.
“Lòng-sama...
la prego faccia qualcosa...” disse la ragazzina evidentemente
sconvolta, tanto forse da non ricordarsi che lei era la madre di quel
bambino, ed era ovvio che avrebbe fatto tutto il possibile.
La
donna con movimenti esperti tirò fuori dalle tasche tutte le
attrezzature mediche.
Posò
una mano sul capo del bambino, che subito prese a illuminarsi di una
luce azzurro tenue, risanando la ferita che aveva tra i capelli,
mentre con l'altra mano, preparava alcune garze e con lo sguardo
studiava attentamente la situazione.
“Ce
la farà vero? Lei riuscirà a guarirlo?” chiese
Hina, tremante e scossa dai singhiozzi, continuando a reggere con una
mano il capo di Raimaru, e con l'altra pigiata la ferita sulla
spalla.
Quella
sulla schiena non emetteva sangue, dato che la scheggia era ben
conficcata nelle carni del ragazzo.
“Non
lo so” fu la brusca e sincera risposta della donna.
“Ma..
ma lei è la migliore e...”
“Ma
cosa credi Hina? Lui è mio figlio, ovvio che voglio salvarlo e
farò tutto il possibile, ma il suo sistema respiratorio è
compromesso e il cuore sta per collassare. Ha perso troppo sangue”
disse brusca.
La
ragazzina tirò su con il naso. Si sentiva frustrata e
impotente. Raimaru... era più importante per lei di quanto non
riuscisse a dire a parole.
“Po...
posso fare qualcosa per aiutarti?” domandò mentre la
donna con rapida efficacia tolse la scheggia di legno dalla spalla e
iniziava a suturare la ferita con un Jutsu, avendo cura di togliere
le schegge più piccole che altrimenti avrebbero fatto
infezione in un secondo tempo.
Il
jutsu non chiuse del tutto la ferita, ma se non altro ora non perdeva
più sangue come un rubinetto rotto.
“Ben
poco. Controlla che respiri ancora” disse Lòng.
Mentre
la ninja medico continuava imperterrita le sue operazioni, Hina fece
quello che gli veniva ordinato con solerzia, controllando che il
respiro, sebbene fosse ormai poco più che un leggero sbuffo,
continuasse ad uscire dalle labbra dell'albino.
“Lòng..
sta succedendo qualcosa... sta diventando più pallido e la sua
pelle è diventata tutta sudata d'un tratto..” disse
Hina, preoccupata.
Il
corpo del bambino fu scosso anche da un leggero brivido.
“Merda!
Sta andando in shock ipovolemico. Dannazione non ho sangue per le
trasfusioni dietro...”
“Usa
il mio sono 0 positivo” le rispose d'impulso la bambina.
Lòng
non aveva né il tempo né il desiderio di protestare
alla richiesta della bambina. Senza contare che era una fortuna
insperata: anche Raimaru era 0 positivo.
Senza
troppi complimenti prese due aghi che collegò con un tubo con
una speciale valvola in mezzo pensata apposta per quelle occasioni,
che serviva per evitare che il sangue prendesse a scorrere al
'contrario'. Ossia consentiva il passaggio solo per un certo senso.
“Non
abbiamo molto tempo. Farà un po' male” avvertì
giusto l'istante prima di forare il braccio di Hina e conficcare
l'altro ago, più lungo, sotto la clavicola dell'albino.
Mentre
il sangue di Hina veniva iniettato nel corpo di Raimaru, Lòng
finì di togliere la seconda scheggia, e chiuse anche quella
ferita alla meno peggio con un jutsu e fasciò.
Erano
arrivati anche Genma e Raido, che chiesero notizie.
“Cercate
di aprire e un passaggio nelle macerie. Ora non posso spostarmi”
ordinò la donna.
Raimaru
fu scosso da una sorta di brivido, come una debole convulsione.
“Non
respira più...” disse Hina, tremando, piena di terrore e
con l'intenso desiderio di mettersi a gridare, cedendo al panico.
Lòng
diede un colpo leggero delle mani sul costato, dopo averlo ribaltato
sulla schiena.
La
schiena di Raimaru s'inarcò in uno scatto di muscoli
involontario.
“Tienigli
la testa ferma” ordinò la ninja.
Hina
annuì, facendo come ordinato.
Lòng
ripeté l'operazione a denti stretti, più volte, con il
sudore che colava sul volto, ignorando il rumore di sassi spostati.
“Dai
dannazione Raimaru! Piantala di fare il cretino e torna di qua!”
sbottò la madre, colpendolo di nuovo.
Questa
volta quando la schiena s'inarcò il ragazzino spalancò
gli occhi, inspirando bruscamente, poi tossendo, senza però
sputare più sangue ovunque.
“Hina...
mamma...” gracchiò Raimaru con voce incerta.
Lòng
prese un lungo respiro, e Hina notò solo ora che anche le
guance della donna erano striate di lacrime.
Avevano
corso il serio pericolo di perderlo.
“Ora
puoi riposarti...” disse piano Lòng.
“Si...
ho freddo” rispose confusamente lui con la voce impastata.
Lòng
staccò gli aghi della trasfusione improvvisata, dando a Hina
un batuffolo di cotone da premere, anche se lei non mollò
neanche un secondo Raimaru.
Si
tolse il giubbotto e la maglia a maniche lunghe che portava sopra una
cantoniera, e avvolse il bambino nella maglia, rinfilandosi poi di
nuovo il giubbotto.
“Sei
stata brava Hina. Senza di te sarebbe...” disse Lòng,
scuotendo le spalle.
“No,
è a causa mia che è... finito in questo stato. È
venuto qui per salvare me... alcuni ninja della sabbia mi avevano
catturato.. e se lui non si fosse buttato davanti... probabilmente
sarei o rimasta uccisa dal ninja o dal crollo...”
Riprese
a piangere, stringendo le mani nei capelli di un incosciente Raimaru.
“Io...
ero terrorizzata. Il sangue usciva ovunque, ne avevo addosso e... e
per terra. Cercavo di fermarlo ma continuava a sgorgare... gli dicevo
di non lasciarmi e il suo sguardo... ah i suoi occhi.. diventavano
sempre più persi nel vuoto, sentivo che si stava allontanando
e non sapevo cosa fare per riportarlo indietro... io..” la
ragazza tremava scossa da profondi singhiozzi.
Lòng
poggiò una mano sulla spalla di Hina, con fare rassicurante.
“Ora
è qui. Hai fatto bene a venirmi a cercare. E ti sei comportata
bene anche durante l'operazione. Ho visto persone svenire per molto
meno, e sei stata anche brava a rimanere lucida. Ora dobbiamo
scortarlo in ospedale. Vuoi pensarci tu a spiegare ai medici cos'è
successo? Poi non sono sicura che il tragitto sia del tutto sicuro.
Sono certa che sarebbe meglio se accompagnassi Genma...”
Hina
capì fin troppo bene che era ovvio che Genma non aveva bisogno
della sua insignificante presenza, ma lei lo faceva perché
così potesse continuare a stare con Raimaru.
Hina
annuì. “Non lo lascerò andare. Per nessuna
ragione” disse lei determinata.
Angolo
d'autore.
Ok,
questo capitolo mi è uscito così... il piccoletto ha
preso dal papà l'amore per l'ospedale, a quanto pare =D
Però,
per ragioni ignote, è uno dei capitoli che più mi è
piaciuto scrivere....
Hina
aiutò Lòng a far passare con delicatezza il corpo di
Raimaru tra il varco nelle macerie che i due ninja avevano aperto.
“Com'è
la situazione?” chiese Lòng mentre adagiava Raimaru per
dare una mano a Hina per uscire.
“Il
più grosso è passato” rispose Raido.
“All'arrivo
di Minato-sama i nemici se la sono fatti nelle mutande. E a ragione.
Il Yondaime era furioso: ha fatto piazza pulita in un baleno. Il
contro è che Orochimaru s'è l'era già
squagliata. Se le notizie che ci sono arrivate sono giuste... il
terzo non c'è l'ha fatta” disse cupamente Genma.
Lòng
imprecò a mezza voce.
Ora
Hina comprendeva la tristezza nello sguardo dei due ninja. Anche se
in quel momento era ancora troppo scossa, esausta e preoccupata per
Raimaru per mettersi a piangere anche per quello.
“Qua
che è capitato?” chiese Raido.
Lòng
spiegò cos'era avvenuto a grandi linee, poi chiese com'era
messo il villaggio.
“Ora
rimangono solo le emergenze mediche. Shisui ha organizzato una
squadra di inseguitori, tra i più sani e meglio messi, gli
altri stanno cercando di ristabilire un perimetro, mentre boh...
tutti quelli che riescono a stare in piedi stanno recuperando feriti
e morti”
“Allora
devo andare a organizzare il reparto medico e a fornire supporto.
Genma... scorti te Raimaru in ospedale?”
Lui
annuì “Devo dire qualcosa ai medici?”
Lòng
scosse la testa “Ci pensa Hina. Poi... il peggio dovrebbe
essere passato... salvo ricadute”
“Ok.
Ci penso io qui” garantì Genma.
Lòng
se ne andò con Raido.
“Allora
signorina... lo scortiamo in ospedale?” chiese Genma dato che
Hina non sembrava intenzionata a mollarlo neppure per il temo
necessario perché il ninja potesse prenderlo in braccio.
“S-si
certo” rispose la ragazza. Si sentiva stordita, come se
galleggiasse a metà strada tra due mondi. La testa vuota e il
corpo pesante.
Genma
usò molta delicatezza nel prendere tra le braccia il piccolo
ninja.
Hina
si posizionò di fianco a Genma, si sentiva di nuovo bambina,
piccola e sperduta in un mondo grande e crudele.
Aggrappò
una mano alla maglia del jonin, come per paura di perderlo o di
perdersi.
Genma,
che sebbene fosse una gran boccaccia e spesso parlasse troppo, era
però in fondo una persona abbastanza intelligente e sensibile
da capire che la bambina era stremata e stressata dalla prova che
aveva appena dovuto superare, quindi non commentò ma si limitò
a camminare ad un passo abbastanza leggero da permettere alla
biondina di stargli dietro senza problemi.
Erano
quasi all'ospedale quando incontrarono l'Hokage.
Era
furente, con gli occhi azzurri che erano diventati freddi e taglienti
come pietre di zaffiro, il viso serio e stava impartendo ordini con
rigida efficacia ai gruppi di shinobi.
“Genma
ma che diavolo.. Hina!” quando vide la sua bambina aggrappata
all'orlo della maglia dello shinobi rimase sconvolto.
Era
oltre che sporca di sangue, terra e polvere, aveva il viso di chi
aveva pianto una marea di lacrime.
Inoltre
quello che più di tutto stonò nella mente di Minato fu
il fatto che per carattere Hina era molto orgogliosa: preferiva
mostrarsi 'forte' anche quando non lo era.
“Papà!”
la bambina lasciò Genma solo per tuffarsi nelle braccia
protettive del padre.
“Che
è successo? Raimaru? E tu? Sei ferita?” chiese
scostandola quando bastava per poterla esaminare con lo sguardo.
“Papà
non posso rispondere a tutte ste domande insieme... comunque no, io
non sono ferita, il sangue che ho addosso è quasi tutto di
Raimaru... io...” e scoppiò di nuovo a piangere.
Hina
non riusciva più a fermarsi. Proprio quando credeva di aver
finito le lacrime ecco che queste riniziavano a sgorgare.
“Eh?
Cosa?” chiese Minato non riuscendo a capire una parola di
quello che cercava di dirgli Hina tre i singhiozzi.
“Da
quello che mi ha spiegato a grosso modo Lòng, Raimaru deve
averla protetta dal crollo di un edificio... e ci ha quasi lasciato
le penne” disse con cautela Genma.
Hina
scrollò la testa.
“Non
proprio” disse. Fece un enorme sforzo per calmarsi, dicendosi
'ora basta con le lacrime. Non mi porteranno da nessuna parte'.
“Dei
ninja hanno cercato di rapirmi. Dovevano essere della sabbia. Credo
avessero in mente di chiedere un riscatto, o di usarmi come
salvacondotto per uscire vivi da konoha.
Raimaru
mi ha visto e ci ha inseguito. È riuscito ad infiltrarsi nel
gruppo e ne ha uccisi un paio... solo che... beh un altro mi stava
per ammazzare e si è buttato in mezzo. In quel momento quello
rimasto fuori deve aver pensato di farci fuori tutti insieme e ha
fatto crollare tutto.
Raimaru
è riuscito a...” la sua voce ebbe un tremito “...a
proteggermi anche dalle macerie” il suo labbro inferiore tremò.
Degli
altri ninja arrivarono a portare rapporti e a chiedere nuovi ordini.
“Ora
non posso... l'importante è che siete tutti e due vivi. Dopo
mi racconti bene cos'è successo d'accordo? Vuoi restare con
me?” gli chiese Minato.
Hina
si staccò.
“No,
ho promesso a Lòng che sarei rimasta con Raimaru. Lo scorto
all'ospedale” disse all'improvviso di nuovo seria.
“Bene.
Appena la situazione si calma un po' vengo a trovarvi. Genma...”
“Si,
vado e torno” rispose il castano.
L'ospedale
era sottosopra. Un bushin di Lòng sbraitava sopra le altre
voci, organizzando i gruppi di medici, ordinando a squadre di
apprendisti perché andassero a recuperare medicine dai
depositi ed erboristi, altri perché andassero a recuperare i
feriti in grado di essere trasportati.
Un
medico ascoltò con impazienza la versione breve di ciò
che era successo da Genma e poi gli diede il numero di una stanza,
con l'ordine di coricare il paziente in un lettino lì.
“Vai
pure, c'è bisogno di te fuori. Resto io qua?” disse Hina
a Genma.
“Sicura?”
Lei
annuì solo.
“Per
ora la respirazione è buona” disse un medico che era
venuto a visitare Raimaru e gli aveva appiccicato addosso i sensori
di una macchina che controllava il battito e la pressione sanguigna.
“D'altra parte raramente i lavori di Lòng sono fatti a
metà. Per questa notte lo terremo sotto osservazione caso mai
dovesse collassare... ma ne dubito. Ora se vuole scusarmi... ho altri
mille pazienti” Hina annuì anche se il medico se n'era
già andato.
“Ommiodio
Hina...”
“Nii-san”
Erano
comparsi sulla soglia Kushina con Ryuko.
La
bambina si buttò a fianco al lettino, osservando preoccupata
il suo fratello maggiore.
Kushina
si fiondò su di Hina.
“Mamma
lasciami... mi soffochi” disse debolmente lei.
“Che
ti è successo? Sei ferita?”
“No...
il sangue non è mio.. è quasi tutto suo...” disse
la bionda accennando appena con la testa a Raimaru.
Con
voce piatta, raccontò gli avvenimenti. Ora che si era fermata
ed era seduta si sentiva talmente stanca che riuscì anche a
non rimettersi a piangere.
“Ah,
cielo...” commentò solo Kushina.
Rimasero
in silenzio per un po'.
“Dovresti
farti una doccia”
“Non
voglio andarmene”
“Puoi
farla qui, vado a prenderti un cambio in un minuto. Minato non vuole
che mi allontano dal villaggio, ma io servo ben a poco. Non sono un
medico”
“Ryuko
mi chiami se si sveglia?” domandò Hina. In fondo non
voleva tenersi addosso tutto quel sangue... il sangue di Raimaru più
del necessario.
La
bambina annuì lentamente fissandola, poi tornò a
guardare il viso pallido del fratello maggiore.
Hina
trascinò i piedi sino al bagno normalmente dedicato ai soli
pazienti, ma avevano tutti problemi più gravi che non che una
'non paziente' usasse dieci minuti la doccia.
Fortuna
voleva che l'ospedale di Konoha era molto grande, d'altra parte era
pensato proprio perché in un villaggio ninja emergenze simili
potevano capitare.
Sua
mamma le lasciò i vestiti puliti sul lavello, mentre quelli
sporchi finirono dritti nel cestino dell'immondizia.
Hina
guardò un un certo distacco l'acqua che si affollava ai suoi
piedi, rossa, mentre gli scivolava addosso, tergendo il sangue che si
stava raggrumando sul suo corpo.
La
terrorizzava pensare che quella era la linfa vitale di Raimaru. Il
suo unico vero amico.
Quello
che più però la sconvolgeva era... la rabbia. La rabbia
che aveva provato, mista al terrore. La rabbia di essere impotente,
di non poter far nulla per salvarlo. Di non essere in grado di fare
niente di più costruttivo che mettergli una mano sulla ferita,
sperando di tenere dentro al suo corpo quell'ostico liquido che
invece continuava a filtrare ovunque...
Barcollò
ancora bagnata, lasciando la doccia aperta, sino al servizio igenico,
sentendosi scossa dalla nausea. Scoprì che però il suo
stomaco era troppo chiuso anche per rimettere, raggrumato in un nodo
di tensione.
Si
raggomitolò su sé stessa e si concentrò sul
respiro sino a calmarlo, un poco per volta.
Sforzandosi
di tenere la mente libera, terminò la doccia e si asciugò,
poi si vestì.
Una
cosa per volta, con ordine.
Uscì
dal bagno e tornò a sedersi sulla sedia vicino al lettino di
Raimaru, scoprendo che gli altri due letti della stanza erano stati
nel frattempo occupati.
Si
fece buio, e poi notte.
Hina
si sentiva vuota, e non riusciva a fare altro che restare a guardare
il viso del suo amico, temendo che il respiro che ora usciva regolare
dalle labbra, si spezzasse come era successo durante l'attacco che
aveva avuto mentre Lòng lo curava.
Minato,
sebbene di fretta riuscì a notte fonda a passare a vedere che
succedeva all'ospedale.
Trovò
Ryuko addormentata in braccio a Kushina e Hina con le occhiaie che le
cerchiavano gli occhi, ma con lo sguardo ben puntato su Raimaru.
Quasi come se temesse che se anche solo avesse sbattuto le palpebre e
perso di vista il ragazzo, in quella frazione di secondo sarebbe
potuto succedere di tutto.
“Com'è?”
Kushina
scosse il capo, sbadigliando. “Al momento non è successo
niente di niente. Sarebbe meglio portare i ragazzi a casa. Naruto a
quanto ho sentito se la sta dormendo alla grande di là”
disse indicando l'altro letto nella stanza.
Minato
annuì. Gli era stato riferito che il pazzo di suo figlio aveva
affrontato il monocoda... e in qualche modo era riuscito a uscirne
pressoché indenne.. era solamente esausto, ma Minato sapeva
che la volpe lo avrebbe tenuto ben in vita.
Il
termine 'esausto' per un Jinchuriki era relativo, in particolare
Naruto aveva capacità di ripresa fuori da ogni schema.
“L'emergenza
è quasi passata. Ormai i feriti gravi sono stati tutti portati
in ospedale ed è già stato fatto tutto il possibile per
loro... ora i medici stanno passando ai feriti più lievi, che
hanno sistemato un po' in ospedale un po' in tende che ho fatto
mettere nelle piazze. Io devo continuare il lavoro.
Shisui
non è riuscito a trovare Orochimaru, ma dalle sue ultime
tracce sembra che se la stia svignando fuori dal paese del fuoco, e
da quanto mi dicono gli ultimi che l'hanno visto, era ferito
gravemente”
“Sandaime?”
“I
funerali si svolgeranno appena avremo un attimo di fiato. Assieme a
quelli di tutti gli altri...”
“Va
bene” disse Kushina con un sospiro.
“Hina
vieni...” disse la madre. Hina manco la sentì.
“Hina...
dai andiamo a casa. Raimaru è in buone mani” insisté.
“No,
io resto” disse solo.
“Puoi
sempre tornare domani mattina. Hai bisogno di un po' di sonno”
“Vattene”
fu la sola risposta della figlia. Piatta, senza emozioni.
Kushina
era troppo stupita per rispondere a tono. Mai, dico mai, Hina si era
rivolta così a lei.
Stava
per dire qualcosa ma Minato le posò una mano sulla spalla e
scosse il capo.
Kushina
si arrese e con Ryuko in braccio s'allontanò.
“Abbi
pazienza Kushina... credo sia ancora sconvolta”
“Si,
credo di capire”
“D'altra
parte... non riesco a biasimarla. Si è ritrovata sommersa dal
sangue del suo amico, e da quanto sono riuscito a parlare con Lòng...
abbiamo rischiato seriamente di perderlo”
Kushina
scosse la testa “Minato, ho sbagliato io a chiederle di venire
via” disse semplicemente. “Hai visto che sguardo aveva?
Era quello di una persona che ha il folle terrore di perdere quanto
ha più caro al mondo. Chissà che un domani io e Lòng
riusciremo a diventare cognate...” disse lei cercando di
alleggerire l'atmosfera.
Minato
sorrise, anche se, in cuor suo credette che la moglie avesse perso
qualche rotella per strada.
Insomma,
Hina era solo stravolta dagli avvenimenti e basta. Aveva appena otto
anni, e crescendo possono succedere mille cose...
Anche
se, un dubbio rimase... e se Kushina avesse invece visto più a
lungo di quello che lui, da uomo quale era poteva capire?
Raimaru
si risvegliò con Hina che si era infine addormentata
appoggiata al suo letto, e lui si sorprese di essere ancora vivo.
Ci
mise un attimo a ricordare.. la vaga presenza che aveva percepito...
si, era venuta infine anche sua mamma... si vede che lei era riuscito
a salvarlo.
Ricordava
solo immagini confuse di quel momento, sfocati ricordi di Hina. La
vedeva muovere le labbra, sentiva la sua voce anche se non riusciva a
capire cosa gli diceva. Si ricordava di aver sentito le lacrime di
lei che gli cadevano sul volto. Aveva provato a dirle di non
piangere, di non preoccuparsi, ma non era riuscito ad articolare le
parole, come se si fosse dimenticato come si parla.
Vedere
però Hina, illesa, gli fece bene al cuore. Era riuscito a
proteggere la sua amica, a lui tanto bastava.
Si
sentiva ancora debole e intorpidito.
Spostò
il braccio, strisciando la mano sul letto.
I
capelli oro pallido di Hina scintillavano debolmente a quello che
sembravano essere le prime luci di sole. Per un attimo rimase a
guardarla.
Il
visino dalla pelle chiara premuto a metà sul braccio piegato,
i capelli erano raccolti in una crocchia sulla nuca, e i raggi del
sole che la colpivano per obliquo creavano una sorta di aureola
dorata.
Raimaru
era orgoglioso di sé. Lòng gli aveva ripetuto più
volte nel corso degli anni che, la vera forza di uno shinobi non si
misura in quantità di tecniche, ma dalla forza e dalla
determinazione con cui egli protegge gli amici e i suoi compagni, e
tutte le persone che gli stanno a cuore.
E
poi... pensò il bambino, il pensiero di poter passare ancora
del tempo con lei, a ridere e allenarsi... ripagava ogni stilla di
sudore e ogni dolore subito.
Con
uno sforzo titanico, toccò con due dita il braccio di Hina,
sulla quale aveva adagiato la testa.
Lei
socchiuse gli occhi, piano. Fece un leggero mugugno assonnato.
Trovandola
lì vicino, gli prese la mano.
“Raimaru...”
soffiò debolmente, gli occhi ancora chiusi e assonnati.
Quando
il ragazzo, con uno sforzo rispose alla sua stretta lei schizzò
a sedere.
“Raimaru!”
vedendolo sveglio, e quando questo gli rivolse un debole sorriso
prima arrossì.
Poi
esclamò “Sei sveglio!”
“Non
so per quanto...” gracchiò lui, che si sentiva ancora
stanco e debilitato.
“Oh,
Raimaru mi hai fatto prendere uno spavento... e poi... oh beh.. hai
bisogno di qualcosa? Hai sete? L'infermiere ha detto che avresti
potuto averne... O fame? O.. c'è qualcosa che posso fare per
te?”
Hina
stava cercando di camuffare la felicità e la confusione che
provava con la parlantina.
Raimaru
si ritrovò a ridere, anche se venne bruscamente interrotto da
una fitta di dolore.
“Ahi..
non farmi ridere... fa male..”
Hina
gli rivolse un sorriso bieco.
“Un
po' d'acqua si...” disse infine l'albino, che si accorse in
effetti che era troppo nauseato e stordito per avere fame, ma si
sentiva tutte le mucose secche come se avesse mangiato sabbia.
“Subito”
la ragazzina s'affrettò a prendere il bicchiere dal comodino e
versare un po' d'acqua.
“Non
credo di riuscire neanche ad alzare le braccia” disse Raimaru.
“Ti
aiuto io..”
Usando
un'estrema cautela e serietà che fece sorridere il piccolo
ninja, lo aiutò a bere.
“Grazie
Hina...”
“Pff...
e di cosa? Sono io che devo ringraziare te di essere ancora viva...
l'unica cosa di cui puoi ringraziarmi tu è di essere in
ospedale..”
“Non...
non dire sciocchezze...” disse Raimaru, la debolezza che lo
stava di nuovo pretendendo tra le braccia di Morfeo.
“..sei
quasi morto a causa mia” commentò lei.
“...
non importa. Tu sei viva...” le rispose confusamente il piccolo
Hatake prima di capitolare e ricadere nell'oblio.
Hina
invece si sentì arrossire sino alla radice dei capelli. Era
davvero così importante per lui? O forse si stava costruendo
solo un sacco di castelli in mente?
Quando
Raimaru si risvegliò, c'era sua madre vicino a lui.
“Ma..mamma”
la salutò.
Si
sentiva molto meglio rispetto a quando si era svegliato l'ultima
volta.
“Cucciolo
mio.. come stai?”
“..un
po'.. debole. E assetato” rispose lui cautamente.
La
madre gli porse un bicchiere pieno d'acqua e lo aiutò a
portarselo alle labbra.
Dopo
essersi dissetato il ragazzo si guardò intorno.
“Hina?”
domandò.
“Sono
riuscita a convincerla ad andare a dormire una volta a casa sua. È
rimasta qui per ben cinque giorni”
“Ci-cinque
giorni? È già passato così tanto tempo?”
domandò l'albino stupito.
Lòng
annuì.
“Si,
ora la situazione si sta stabilizzando. L'attacco di quel bastardo di
Orochimaru ci è costato molte vite di molti bravi shinobi.
Compreso il terzo Hokage”
“Il
terzo morto...? ommiodio... e come stanno gli altri? Ryuko? Naru-kun?
Minato-sama? Kushina e...”
“Calma
calma. Buona parte dei nostri amici sono tutti sani e salvi. Su Ryuko
aveva vegliato Kushina e stanno tutti e due bene. Minato era fuori di
sé dalla rabbia per l'invasione ma ha messo infine in fuga il
nemico e tutto si è sistemato. A quanto pare la serpe aveva
ucciso il quarto Kasekage e preso le sue sembianze per infiltrarsi a
Konoha.
I
ninja della sabbia sono stati raggirati. Quelli del suono sono invece
tornati nel buco dal quale provengono”
“Come
mai non era al villaggio?” domandai.
“L'avevano
attirato in un'astuta trappola con la scusa di incontrarsi con una
spia che doveva dargli informazioni importanti o qualcosa del genere.
Roba Top Secret” mi spiegò lei. “Minato aveva
supposto fosse na trappola, ma era una cosa abbastanza importante...
insomma doveva andare e rischiare”
“In
quanto a Naruto ha già anche lasciato all'ospedale e ora è
in giro per lì che si vanta della sua eroica impresa contro
Gaara.. facendo saltare i nervi a Sasuke. Insomma, tutto nella norma”
finì di narrare lei.
“Genma?”
“Sono
qui...!” disse il diretto interessato tirando la tendina che
separava i due letti.
Era
senza maglia, e una benda bianca avvolgeva metà braccio e la
spalla destra.
“Abbiamo
preso un pacco regalo lasciatoci dai fuggitivi” mi spiegò
con un ghigno.
“Sei
un baka...” rispose Raimaru con un breve risolino, che terminò
con un gemito di dolore, dato da una fitta nella schiena.
“Parla
quello che si è fatto crollare una casa intera in testa”
commentò l'altro.
Raimaru
sbuffò. “Solo perché c'è uno che ha
giocato sporco da fuori e io ero finito nella cantina.. poi non ero
proprio al massimo. Credo di essermi strappato un muscolo durante
l'inseguimento..” disse massaggiandosi la gamba, memore del
dolore che aveva provato sforzandola di muoversi nel momento critico.
“Si,
e ora ti aspetta un bel mese di tranquillità... anche se tra
due settimane potrai uscire dall'ospedale” colse l'occasione
per comunicarglielo Lòng.
“Uffa..”
disse il ragazzino sapendo già che si sarebbe annoiato.
“È
il minimo di punizione che potevi prenderti dopo lo spavento che mi
hai fatto prendere...” gli disse severamente la madre.
L'altro
tirò fuori un sorrisetto malizioso.
“Sta
prendendo le buone abitudini il moccioso...” commentò
Genma con uno sbuffo.
“Ero
così malmesso?” domandò infine il ragazzino.
Genma
gli rivolse uno sguardo sbieco, scuotendo la testa. Lòng disse
“se la scheggia che avevi nella schiena fosse stata un po' più
profonda o di un centimetro più a sinistra, non avrei fatto in
tempo ad arrivare. E comunque ti ho ripescato dall'aldilà
appena in tempo. Avevi un polmone mezzo andato e sei entrato in shock
ipovolemico... e ho dovuto farti un massaggio cardiaco perché
il cuore stava cedendo per la carenza di sangue. Quindi fai un po' tu
i tuoi conti...”
Raimaru
ci rimuginò su un momento. “Io in verità ricordo
ben poco. Mi ricordo del crollo, e subito faceva male dappertutto...
poi però... dopo che Hina ha ripreso i sensi... ricordo che mi
ha tirato fuori dalle macerie perché glie l'ho chiesto io... e
ho capito dalla sua faccia di non essere messo molto bene. Poi non
so... è andato tutto sfumando... del resto non ricordo quasi
nulla” considerò lui.
“A
questo punto non ha senso rimuginarci troppo sopra. Se i kami
vogliono siete tutti e due sani e salvi. Questo mi basta. Ora devo
tornare a lavoro. State tutti e due tranquilli e buoni ai vostri
letti eh?” Lòng salutò il figlio con un bacio
sulla fronte.
“Ehi!
A me niente bacio di buon augurio?” rispose Genma con un
sorriso scherzoso.
“No
tu sei un bambino cattivo, quindi niente bacio...” rispose mia
mamma con una risata, uscendo.
Genma
si coricò con le braccia dietro la testa.
“A
che stai pensando?” gli domandò Raimaru.
“Mi
sembrano passati due giorni dalla prima volta che ci misero in
squadra... eppure sono passati anni. Sai, Lòng le prime volte
era così... ingenua? Genuina? Non saprei neppure come
definirlo. Era mortalmente spassoso farla arrossire come un
peperone.. mi mandava a stendere ogni due per tre...”
“A
dire il vero lo fa ancora ora... di mandarti a stendere dico”
Lui
rise “Vero”
“Sai
qualcosa degli esami dei chunin?” domandò poi Raimaru.
Genma
scosse la testa. “Minato sta riorganizzando la cosa.
Probabilmente sentirà i maestri jonin e altri presenti per
avere un ragguaglio di come sono andate le cose nella terza prova poi
deciderà”
“Bene..
ora suppongo non ci resti altro da fare che annoiarci in santa
pace...” disse Raimaru riadagiandosi mollemente sul lettino.
Nei
tre giorni che Genma rimase in ospedale, Raimaru apprese a giocare a
carte, e anche il fatto che era impossibile che il castano non
barasse, ma era troppo bravo nel gioco di mano per beccarlo.
In
seguito però riuscì a non annoiarsi troppo, dato che
spesso vennero a trovarlo i suoi compagni di squadra, Shino si era
ripreso abbastanza velocemente dall'avvelenamento del marionettista,
Kankuro.
Venivano
spesso anche Naruto e Hina a trovarlo. Sopratutto la seconda.
Raimaru
gli aveva detto più e più volte che non doveva sentirsi
in debito, ma lei veniva lo stesso, fosse anche solo per
chiacchierare.
Fu
anche svolto il funerale del terzo Hokage, alla quale però
Raimaru non potè purtroppo partecipare, assieme a quello di
tutti i caduti durante l'attacco.
Verso
la fine della seconda settimana inoltre l'Hokage, dopo aver discusso
a lungo sui debuttanti, si era messo d'accordo con i suoi jonin.
Andò
con Hina a trovare Raimaru.
“Hina-chan!
Qual buon vento! Oh, Hokage-sama! C'è anche lei!”
Raimaru si rizzò frettolosamente a sedere, facendo poi una
smorfia. Se faceva movimenti bruschi gli dolevano ancora i punti in
cui si era ferito, dato che i jutsu medici della madre avevano solo
sommariamente richiuso la carne perché smettesse di perdere
sangue come un colabrodo.
“Stai
pure comodo Rai-kun, siamo qui in veste ufficiosa” disse
sorridendo il biondo.
L'albino
si riadagiò ai cuscini, che aveva accumulato per poter stare
più o meno seduto.
“Come
stai?”
“Bene,
ormai le ferite mi tirano un po' solo quando mi muovo di scatto. Più
che altro prudono, ma la mamma dice che è un buon segno perché
vuol dire che guariscono... in qualsiasi caso mi annoio”
“Si,
conosco la sensazione... in realtà avrei una sorta di...
regalo per te. Ma ho pensato che a mia figlia sarebbe piaciuto
dartelo lei...” disse incitando la bambina a mostrare quello
che stava nascondendo dietro la schiena da quando era arrivata
all'ospedale, anche se Raimaru si era reso conto che aveva un
sorrisetto strano. Quasi cospiratore.
“Uh?”
Raimaru era ora curioso.
“Auguri..
per la tua promozione!” la ragazzina tirò fuori da
dietro la schiena un giubbotto protettivo verde, su misura per il
bambino.
“Co...
davvero?” disse lui prendendolo con stupore e quasi con un
certo timore.
“Il
consiglio dei Jonin è stato unanime su questo: non vedevano un
talento simile da... beh da molti anni. Congratulazioni. Ora sei un
Chunin”
Raimaru
sembrava al contempo felice, confuso ed emozionato. “Io...
Grazie Minato-sama. Farò in modo di dimostrami all'altezza
della sua fiducia”
Minato
rise. “Bene. Inizia con il riprenderti in fretta. Bada alla tua
salute. I compiti da svolgere non mancano di certo”
“Grazie
Minato-sama” ripeté il ragazzo, rigirando tra le mani
l'indumento.
I
due rimasero ancora un po' lì per fare due parole, poi Minato
dovette tornare al suo lavoro. In fin dei conti, essere Hokage era un
lavoro a tempo pieno, e senza ferie.
“Allora...
come ci si sente da Chunin?”
“Onorato,
e un po' spaventato”
“Spaventato?
E perché mai? Non era quello che volevi?” gli domandò
Hina.
“Si,
si. Era quello che desideravo. Ma... è anche una grande
responsabilità ecco. Spero di esserne all'altezza. Insomma,
tutti mi dicono che ho talento e tutto, ma io non è che mi
sento chissà chi ecco. In fin dei conti ho nove anni, e ben
poca esperienza. Il fatto che mi sono fatto beccare da quei ninja
mentre cercavo di recuperarti è un esempio. Forse sarebbe
stato più saggio aspettare rinforzi. A causa mia hai rischiato
probabilmente anche più del dovuto” disse l'altro
aggrottando la fronte.
“Raimaru,
davvero non ti crucciare. Probabilmente avrei finito con il farmi
ammazzare se non fossi intervenuto alla svelta. E poi... ormai è
piuttosto inutile perdersi in 'se' e 'ma', come dici anche tu...
ormai quel che è successo è successo. Non si può
più tornare indietro a cambiarlo”
“Già.
Spero solo di essere all'altezza della situazione”
Hina
sorrise “Lo sarai. Abbi fiducia in te stesso. Poi dai! Hai
battuto Neji! E pure quel capoccione di mio fratello! Qualcosa dovrà
pur valere”
Raimaru
si ritrovò a sorridere “Hai ragione!”
“Come
sempre!” sbuffò lei ma con un sorriso.
Ridendo
quindi, passarono il resto della giornata.
Una
volta che lui uscì dall'ospedale, poté dedicare tempo
da passere con Ryuko, che aveva sentito la sua mancanza, ed era forse
anche un po' gelosa del tempo che Hina aveva passato con il suo
fratello.
Raimaru
si ritrovò presto invischiato nella sua nuova situazione da
Chunin. Dapprima si trovò un po' impacciato nel risolvere
queste nuove questioni. Andava ancora ad allenarsi con il gruppo
otto, di cui Kiba non riuscì a non mostrare una certa gelosia
per il nuovo rango dell'amico, ma la prese bene e disse che si
sarebbe impegnato per giungere allo stesso risultato anche lui.
Però
ora aveva nuovi impegni e nuove responsabilità. Si ritrovò
anche affiancato a Shikamaru, che era stato fatto anche lui chunin.
I
due vennero messi sotto il comando di un altro giovane, di circa
diciott'anni, che era chunin da qualche anno in più per le
prime volte, ma il villaggio era sovraffollato di richieste che si
erano accumulate durante i giorni in cui non avevano potuto
risolverle a causa dell'emergenza dell'invasione, e ora non potevano
permettersi di rifiutarne neppure una, dato che avrebbero altrimenti
rischiato di mostrarsi debole a occhi esterni.
Persino
l'Hokage in persona prese parte ad alcune delle missioni più
difficili per dare una mano ai suoi ninja.
Pure
Lòng e Kushina furono impiegate senza risparmi, e la piccola
Ryuko fu consegnata a Iruka, che in quel periodo venne risparmiato da
fare missioni, ma si ritrovò a fare da balia a mezza Konoha.
Raimaru
però si trovò ad essere straordinariamente soddisfatto
della sua nuova vita. Le missioni di livello D lo annoiavano a morte
ma queste... riuscivano a tenere viva la sua attenzione.
Sentiva
che imparava qualcosa di nuovo in ogni missione che completava... e
oltretutto continuava ad allenarsi. Sentiva che poteva ancora
migliorarsi.
C'era
poco che potesse fare per aumentare ulteriormente la velocità
che aveva, poteva solo aspettare di essere adulto. Purtroppo la sua
struttura da bambino, ancora in crescita, mal sopportava simili
sforzi, mentre poi crescendo, avrebbe dovuto farsi più solida
e robusta.
Più
avanti si dispiacque solo del fatto che Naru-kun sarebbe partito con
Jiraiya per un viaggio-allenamento.
A
parte ciò, si riteneva soddisfatto e felice. E pensava che
ormai più nulla potesse turbarlo.
Itachi
provò un brivido a vedere, già solo da lontano, i fitti
boschi che circondavano Konoha.
Si
fermò un istante, osservando con circospezione la zona che lo
circondava. I pesanti pattugliamenti erano all'ordine del giorno, e
ora che la città aveva subito un attacco, sarebbero stati
ulteriormente rinforzati.
“Itachi...
siete più silenzioso del solito. Nostalgia di casa?”
chiese Kisame.
Dopo
gli anni passati in compagnia dei due silenziosi Konohani, aveva
tuttavia imparato a rispettarli e a conoscerli, almeno un poco. Se
non altro li aveva certamente imparati a temere per le loro abilità.
Itachi
aveva lo Sharingan che già di per se era più che
temibile, e credo che nessuno sia mai riuscito a fargli tirare fuori
tutto il suo potenziale: non c'è n'era mai stato bisogno.
Kakashi...
dove non arrivava con il resto, arrivava con una mente laboriosa e
machiavellica. Sembrava saperne sempre una in più del diavolo.
Riusciva a capire tecniche e abilità nemiche, il più
delle volte vedendole solo una o due volte.
“Konoha
potrà non essere più la mia patria, ma... la
famigliarità dei luoghi è rimasta”
“Ti
rimane per forza, dopo i migliaia di giri di pattugliamento che
abbiamo fatto” commentò Kakashi.
Kisame
rise. “Si, conosco la sensazione. Credo che potrei percorrere
ogni centimetro quadro della nebbia a occhi chiusi...”
“Ora
però dobbiamo pensare a questa missione...” disse
Kakashi.
“Come
mai questa reticenza?” chiese Kisame, interpretando il tono
cupo dell'albino. Aveva imparato, il più delle volte a
riconoscere a grandi linee i toni del ninja.
“Non
sarà semplice riuscire ad infiltrarsi... e comunque, dovremo
stare molto attenti. L'Hokage è un nemico temibile”
“Avevo
sentito che è in missione, e non tornerà prima di
domani”
“Già...
ma l'Hokage ha l'Hiraishin, la Dislocazione Istantanea Kisame. Anche
se non è presente, potrebbe esserlo nel giro di brevissimo
tempo” rispose Itachi.
L'uomo
squalo prese un bel respiro. “Beh, se voi dite che è un
nemico temibile, vi credo. Non vi ho mai visto esitare tanto”
“Andiamo
e facciamolo” chiuse l'argomento l'albino, buttandosi avanti.
Itachi
scrollò le spalle e seguì il suo amico. Kisame chiuse
il terzetto.
Giunti
vicino alla città, si camuffarono, con i cappelli di paglia e
il mantello nero a nuvole rosse.
“Possiamo
fermarci a bere un the con i dango. Ogni tanto vale la pena di
gustarsi qualche frivolezza, poi voi è molto tempo che non
tornate qui..” disse Kisame, pacificamente. Non era mai stato
tipo da farsi venire il sangue amaro, o perdersi in dilemmi
esistenziali. Gustava il momento.
“Beh,
ne approfitteremo per dare un'occhiata alla situazione” disse
Itachi. Kakashi si limitò a scrollare pacificamente le spalle.
Obito
aveva notato tre strani tizi che gli facevano venire persino un po' i
brividi.
Quindi
aveva scelto di chiamare rinforzi (Kuenai e Asuma che li aveva
trovati lungo la strada) e gli aveva chiesto di incontrarli al
chiosco. Era rimasto poi come un palo, vicino l'entrata del posto,
come se stesse attendendo qualcuno.
Non
riusciva praticamente a vedere in faccia i tre, che sorseggiavano
amabilmente del the fumante dalle tazze, senza dire nulla. Uno di
loro addentava di quando in quando dei dolcetti che erano stati
portati in un piattino. Per solo sospetti, erano sospetti.
“Kurenai,
Asuma... ma che bella coppietta! È un appuntamento?”
chiese Obito con uno dei suoi sorrisi a trentadue denti.
“Obito...
fatti furbo!” gli rispose Kurenai.
“E
poi che ci fai qui con st'aria da cospiratore?” rincarò
Asuma.
“Oh,
ero venuto a comprare un po' di dolcetti per i bambini. Rin dice
sempre che esagero, quindi mi tocca comprarli di nascosto...”
“Il
solito casinista...” sospirò Kurenai.
“E
poi, ho saputo solo di recente che il mio quasi-nipote è stato
promosso. Volevo fargli un regalo...”
“Chi,
Raimaru? Guarda che non gli piace la marmellata...” disse
Kurenai indicandogli i dolcetti che aveva in mano.
“Oh,
beh... penserò a qualcos'altro” disse l'altro
affrettandosi a nascondere la confezione in una delle borse che
portava appese alla cintura.
Forse
era solo una sua impressione, ma gli parve di cogliere un movimento
appena percettibile alla parola 'Raimaru' in uno dei tre.
Ma
né Asuma né Kurenai parvero accorgersene.
“Obito,
sei già qui.. mi stupisci!” Sasuke comparve da dietro
l'angolo.
Quando
il moro si girò di nuovo verso Asuma e gli altri, i tre
sospetti non c'erano più. Erano rimaste solo le tazze fumanti
appoggiate al tavolo.
“Oh,
beh, come sai ogni tanto capita”
“Tsk,
un caso più unico che raro direi”
Con
uno sguardo d'intesa, Asuma e Kurenai scomparvero.
I
tre girarono un po' per la periferia, come turisti che cercano di
orientarsi.
Quando
però si diressero verso le porte, seguendo la strada che
costeggiava il fiume, furono bloccati.
Di
fronte a loro comparvero Asuma e Kurenai.
“Voi
non siete del villaggio. Cosa siete venuti a fare qui?”
I
tre si guardarono un attimo tra di loro, ma ormai avevano compreso
che non sarebbero usciti dal villaggio in altrettanta incognita come
erano entrati.
“Asuma,
Kurenai... quanto tempo” una voce gelida. Profonda e virile, ma
senza sfumature o inflessioni. Piatta. Priva di sentimenti. Come se
stesse commentando il tempo. Anzi, se avesse dovuto accostarsi ad un
sentimento, forse, Kurenai avrebbe detto che era quella di un uomo
che si stava annoiando a morte.
“Se
ci conoscete... vuol dire che eri un ninja di questo villaggio...?”
commentò Asuma, con uno sbuffo di fumo dalla sigaretta accesa.
“Uhm..”
si sentì un piccolo grugnito, come di qualcuno che ha
trattenuto un piccolo sorriso.
Alzò
una mano, con un gesto tranquillo e perfettamente rilassato.
Raggiunse
il cappello di paglia e lo sollevò appena.
“Si,
credo si possa dire così... non credi Itachi?” la voce
era appena variata, come divertita.
Uno
sguardo bicromatico li accolse.
Un
occhio nero e uno rosso come sangue appena versato.
Asuma
notò con un certo brivido i ciuffi candidi che ricadevano
sulla fronte, la maschera che copriva il viso, mentre quello a
sinistra del gruppo, faceva altrettanto, solo che questo aveva
entrambe gli occhi rosso sangue, con il viso incorniciato da capelli
folti e neri.
“Kakashi
Hatake e Itachi Uchiha...” mormorò Asuma, un po'
stupefatto e un po' preoccupato. Quei due non erano di certo
avversari con il quale scherzare, anche se per il momento non
sembravano sul piede di guerra.
“Sono
vostri conoscenti? Allora mi presento anche io...” quello in
mezzo si tolse il cappello.
“Sono
Kisame Hoshigaki. Così la prossima volta sapete chi sono...”
disse l'uomo che aveva una strana pelle azzurrina, il naso affilato
come una punta e dei trattini strani sugli zigomi che ricordavano
delle branchie.
“Non
credo che ci sarà una prossima volta... dato che dovremo
pensarci noi a sistemarvi..” disse con un tocco di spavalderia
Asuma.
“Sembra
che non siate molto ben visti nel vostro villaggio...” commentò
serafico il ninja-squalo, rivolto ai suoi due compagni.
“Conosco
anche te. Sei un traditore della nebbia” disse Kurenai, tesa.
Aveva
visto di persona Kakashi poche volte, e quasi mai Itachi. Erano più
conosciuti tra le ANBU. Ma la loro nomea era sin troppo ovvia.
“Avete
fegato a rimettere piede qui, dopo quello che avete combinato”
disse Asuma, rivolto per lo più ai due ex-konohani.
“Non
vogliamo combattere. Fatevi da parte” disse lapidario Itachi.
“Dubito
che siate venuti qui solo per rivangare i vecchi ricordi o far fare
una visita turistica al vostro... amico. Qual'è il vostro
obbiettivo?”
“Sembra
che questo qui parli troppo. Possiamo ucciderlo?” chiese
Kisame, sganciando dalla schiena la sua spada e poggiandone la punta
di fronte a sé con un movimento sciolto.
“D'accordo.
Ma cerca di non dare troppo nell'occhio. Le tue tecniche sono...
rumorose” rispose Kakashi, senza fare una piega.
“Va
bene...” disse Kisame senza scomporsi, partì con un
fendente, che Asuma parò.
'ha
una forza mostruosa, nonostante mi stia premendo solo con la punta
della spada' pensò Asuma.
Dietro
di lui Kurenai iniziò a comporre sigilli.
I
due ninja, non si scomposero neanche, rimanendo a guardare come uno
spettatore che osserva una commedia a teatro.
“Vedi,
la caratteristica di 'pelle di squalo' la mia spada, è che,
non taglia: raschia!” disse Kisame con un certo divertimento,
raschiando via la divisa sul braccio di Asuma, sino a graffiarlo.
L'uomo
saltò indietro, mentre che nel frattempo, Itachi si ritrovò
intrappolato in un albero, dalla quale spuntò Kurenai, con un
kunai proteso, pronto ad ucciderlo.
Itachi
alzò solo lo sguardo e... all'improvviso Kurenai si ritrovò
intrappolata nella sua stessa tecnica, che sciolse mordendosi il
labbro.
“Vedi,
Kurenai, questo tipo di illusioni non hanno alcun effetto su di me.
Se vuoi giocare, dovrai usare qualcosa di meglio” disse
serafico Itachi.
Kisame,
dopo aver subito un colpo di Asuma, si ritirò sul fiume.
Iniziò
a comporre dei sigilli, e poco dopo l'acqua esplose in un piccolo
tsunami.
Un
ninja moro con solo l'occhio destro scoperto era giunto sul campo,
fronteggiando la tecnica del ninja-squalo.
“Kakashi!”
il grido era quasi ferino, rabbioso.
“Obito...”
rispose piatto l'albino, quando l'acqua si ritirò nel suo
letto.
“Obito
ci sei anche tu?” si stupì Asuma.
“Non
mi sentivo tranquillo ad avervi mandato contro quei tre brutti ceffi.
State molto attenti, Itachi è uno specialista di arti
illusorie, e voi non riuscirete a contrastare le sue”
I
due chiusero prontamente gli occhi.
L'albino
e il moro, due vecchi amici, due vecchi compagni di squadra. Ora su
due fronti diversi. Si fissarono.
Chiaro
e scuro, luce e oscurità, giovialità e freddezza,
impulsività e razionalità, ying e yang.
I
due non potevano essere più differenti. Il ninja che aveva
scelto di vivere alla luce del sole, e chi aveva fatto delle tenebre
la sua casa.
“Come
osi rimettere piede qui... dopo tutto questo? Come hai osato? Come
hai potuto? Lasciare tua moglie, tuo figlio grrr! Ti prenderei a
sberle!” disse l'altro agitando le braccia, gesticolando con
sentimento e terminando mordendosi una mano con impeto.
“Sei
il solito pagliaccio. E parli troppo” fu la piatta risposta
dell'albino. Non sembrava importargliene nulla degli strepiti del
moro.
“Ora
ti pestooo!” gridò il moro, alzandosi una manica.
Per
un istante tutto si fermò come se anche il vento avesse smesso
di sbuffare, l'acqua di muoversi, le persone di respirare.
Lo
sguardo bicromatico di Kakashi incrociò due occhi color perla,
appartenenti ad un ragazzino che era arrivato lì di corsa
attirato dal rumore.
Portava
un giubbotto verde protettivo da ninja di Konoha, sopra una maglia
nera. Dei pantaloni neri infilati dentro delle fasciature per
caviglie e i sandali.
Sulle
braccia, due bracciali di cuoio nero con delle placche metalliche sul
dorso.
Sul
capo, aveva una profusione di capelli bianco argento, tenuti indietro
dal copri fronte della foglia.
Angolo
d'autore
L'incontro
del fato... eccovelo servito!
Ragazzi,
commentate: vi piace sta storia? Le pieghe che sta prendendo? Cosa
sperate di trovare? Quali momenti vi starebbe a cuore che io
scrivessi?
Nel
frattempo, caso mai non riuscissi ad aggiornare ancora: buon anno a
tutti quanti!
Itachi
placcò Obito, parandoglisi davanti, Kisame bloccò con
il piatto della spada un ragazzino che si stava fiondando a tutta
velocità -una velocità notevole considerata la taglia-
verso di loro.
Questo
però invece che spiaccicarsi sopra, la usò come un
trampolino e si lanciò contro il suo obbiettivo: Kakashi.
Kakashi
lo bloccò con una mano, afferrandogli il pungo in cui teneva
chiuso il kunai.
“Sei
lento, moccioso” con uno spintone lo ributtò indietro.
Raimaru
si sentì sotto indagine da quello sguardo bicromatico.
Tuttavia
non riuscì ad arguire niente osservandolo. Non sembrava lo
stesse considerando più del paesaggio che lo circondava. Come
se stesse studiando una panchina che si trovava sul suo tragitto e
considerava annoiato, che doveva spostarsi per aggirarla.
Non
si demoralizzò, piantò i piedi in acqua, emettendo
chakra per fare aderenza e fermarsi, e si rilanciò
all'attacco.
A
metà strada, Raimaru si moltiplicò diventando tre, che
attaccarono da tre lati.
Kakashi
ne parò uno con il braccio, e con un calcio, rimandò
indietro l'originale, facendo al contempo esplodere la seconda copia.
Poi
fece una capriola all'indietro, distanziandosi. Appena in tempo.
“Non
osare fare del male a mio figlio!”
L'acqua
esplose in un boato, sollevandosi per più di dieci metri, per
poi piovere ovunque.
“Uh,
uh... una donna focosa. Sono divertenti le donne di spirito...”
commentò Kisame, divertito.
Era
comparsa una donna con lunghi capelli neri, armata di tutto punto,
gli occhi con il Byakugan attivato, che con un solo pugno aveva fatto
quello sfacelo con l'acqua.
“Mai
con una mezza misura...” commentò Kakashi.
“Non
ne sono mai stata capace, e lo sai bene” rispose lei con un
ringhio feroce.
Lei
si raddrizzò “ma d'altra parte era una delle mie
migliori qualità no?” le labbra erano parzialmente
piegate. Non si capiva bene se in un mezzo sorriso o in una sorta di
ringhio.
Un
mezzo sorriso aprì questa volta il volto del copia ninja “Lòng
Hyuga Hatake... la donna drago” non si riuscì ben a
capire la sfumatura della voce dell'uomo.
I
due si fissarono intensamente.
“Hai
diverse spiegazioni da darmi, Kakashi, e spero che non abbia perso la
tua abilità oratoria, perché dovrai essere assai
esaustivo...”
“Oh,
quindi questa è... una riunione di famiglia!” esclamò
come estasiato Kisame.
“Più
o meno... a quanto ho sentito, manca ancora l'ultima della
cucciolata...” rispose il copia ninja, che non aveva però
risposto alla provocazione di Lòng.
“Non
avrei mai detto che eri un tipo da donne così... accese”
commentò poi l'uomo squalo.
“Credo
di avere un paio di cose da dire in questa riunione..” disse
Lòng sistemandosi un guanto, per poi partire a rotta di collo
verso Kakashi.
Itachi
fece scostare Kisame. “Stai attento. Se ti prende, anche solo
un colpo è fatale. È meglio schivare che bloccare con
lei”
“Si,
credo di averlo notato”
Nel
giro di poco il fiume stava esondando, il cemento crepato in diversi
punti dove anche solo l'onda d'urto l'aveva colpito.
Raimaru
stava guardando la scena con un brivido di paura e ammirazione.
Sembrava
una danza, la più bella che mai gli fosse capitato di vedere.
Lòng
si muoveva aggraziata e letale, leggiadra come un gatto, micidiale
come una tigre.
Parate,
schivate, finte. Una dietro l'altra, in una danza piena d'armonia e
al contempo micidiale.
Kakashi
era rapido, e sembrava leggiadro come un volatile. Schivava con
grazia, leggerezza. Sarebbe bastato che uno qualsiasi dei colpi di
Lòng andasse a segno per ridurlo a una poltiglia umana.
Lui
schivava con movimenti morbidi, come un sospiro di vento, sicuri e al
contempo economici: non faceva un movimento che fosse inutile.
Nell'insieme
sembrava che non stessero combattendo, ma che stessero compiendo una
sorta di rituale di danza.
Se
i primi colpi furono timidi, quasi incerti, man mano che riprendevano
il ritmo sembrava si stessero riscoprendo, come se ci fosse voluto un
attimo per togliere la ruggine accumulata negli anni.
E
allo stesso tempo, notò Raimaru, le loro espressioni
cambiavano ad ogni battuta, anche di poco, ma come se mentre
combattevano si stessero parlando in una lingua che solo loro due
riuscivano a comprendere.
Itachi
aveva però ripreso a combattere con Obito, mentre era
intervenuto Gai che teneva impegnato Kisame.
Tuttavia
Raimaru fu scosso da una sorta di profonda rabbia.
Era
lì e poteva solo stare a guardare. Si sentiva ancora piccolo e
indifeso, di fronte a quei titani del mondo ninja.
“Bene”
Kakashi chiuse l'occhio sinistro, contente lo sharingan, mentre
Itachi li chiuse entrambe.
Raimaru
ebbe l'impressione che qualunque cosa stessero progettando, non fosse
nulla di buono. Lòng dovette pensare lo stesso, poiché
con un balzo andò sulla riva.
“Oh,
dei...” fu detta a mo' d'imprecazione da Obito quando sia
Itachi che Kakashi riaprirono gli occhi... mostrando lo Sharingan
ipnotico.
“Chiedete
gli occhi, se incrociate il loro sguardo è la fine! Solo chi
ha lo Sharingan può contrastare gli effetti dello Sharingan
ipnotico” ordinò Obito concitato.
“Vero,
Obito, ma è anche vero che tu non hai mai avuto un grande
controllo di te stesso o del chakra...” Kakashi quasi non finì
di parlare che comparve di fronte al moro e Obito si afflosciò
in terra, ansante. Anche se, pure Kakashi, s'inginocchiò con
il respiro più pesante.
“Mamma!”
il grido di Ryuko, fece voltare la testa a Raimaru, in tempo per
vedere che, la sorellina era arrivata da dietro un angolo in fondo
alla via. Forse stava cercando loro due, forse era stata attirata dal
fragore della battaglia.
Quale
dei due che fosse, ora stava fissando la donna con gli occhi
spalancati e pieni di terrore. Itachi era spuntato di fronte alla
Hyuga, che ora stava piegando le gambe, cadendo in terra.
“Che
diamine succede? Dobbiamo ancora tenere gli occhi chiusi?”
domandò Asuma.
“Tenete...
gli... occhi... chiusi...” ansò Obito.
Gai
pure era incerto. Sapeva come contrastare uno sharingan... ma valeva
anche per l'ipnotico?
“Questo
si che fa ridere... un Uchiha battuto da un non-Uchiha nell'uso dello
Sharingan...” disse Itachi con una risata, che aveva quasi un
tocco di folle, avvicinandosi a Obito.
“Mamma!”
Ryuko si stava avvicinando a lei, ma passando su un tragitto
pericoloso, troppo vicino allo scontro.
“Ryuko
attenta!” mi mossi senza neppure pensare, parando il colpo del
tipo di nome Kisame, con il quale sembrava voler raccogliere la
bambina sulla spada come un muratore raccoglierebbe il cemento con
una spatola.
D'istinto
lanciai mia sorella lontano, e mi girai per combattere.
Lo
spadaccino però era veloce. La sua spada mi strusciò su
parte della spalla e del torace, e assieme alla pelle... mi raschiò
via anche il chakra!
Ansai,
ma non mi lamentai, troppo concentrato su quella lotta fatale per
dare ascolto al dolore.
Continuai
la colluttazione per un breve istante, ma poi venni afferrato da una
mano per un polso.
“Mi
hai stancato, pulce...” disse la voce di mio padre poco prima
che il colpo mi raggiungesse.
Prima
che capissi cosa fosse successo, un calcio mi raggiunse le costole, e
le sentii andare in frantumi mentre venivo catapultato via, con un
grido di dolore.
Caddi
in terra come un sacco di patate. “Waaaaa!” il grido di
dolore uscì dalla gola, genuino.
“Niisan!”
la piccola Ryuko mi era venuta a fianco.
“Raimaru!”
la voce preoccupata era quella di Kurenai, che però non osò
aprire gli occhi.
“S-stai
lontano!” la cacciai. Allungando il braccio sentii qualcosa di
morbido. Girai il viso solo per vedere il volto della mamma, con lo
sguardo perso nel vuoto. Sembrava morta.
I
singhiozzi di Ryuko mi stordivano. La piccola era tra me e la mamma,
terrorizzata.
Se
questo era un incubo era il peggiore che avessi mai fatto in vita
mia. Pregai ogni Kami di svegliarmi. Subito.
Ogni
respiro era tanto doloroso che riuscivo a malapena a non mettermi ad
urlare sino a spellarmi la gola. Il dolore mi stava confondendo, non
riuscivo più a capirci nulla.
Sentii
uno strillo di Ryuko e mi sforzai di aprire gli occhi e mettere a
fuoco, solo per vedere il tizio di nome Kisame che l'aveva sollevata
per la collottola come se stesse tenendo un gattino.
“E
questa sarebbe la tua marmocchia?” chiese rivolto a Kakashi.
“Me-me-mettila
giù!” gridai, tra gli ansiti di dolore.
Kisame
rise. “Hai la pelle dura ragazzino per avere ancora la forza di
parlare”
“Lasciala
stare Kisame. Non merita la pena” la voce di mio padre fu solo
quella di uno che consiglia distrattamente ad un collega di lasciare
perdere la sigaretta, il fumo fa male.
Il
piede di Kisame mi toccò il costato, facendomi gridare sino a
spellarmi la gola.
“Ora
basta. Kakashi, Kisame. Non siamo qui per muovere guerra. Inoltre il
nostro obbiettivo non è qui” La voce di Itachi fu molto
più autoritaria.
Kisame
lasciò cadere Ryuko, che si aggrappò singhiozzando
forte contro il corpo di Lòng.
“Co-cosa
cercate?” domandai in un ansito, dato che anche gli altri due
stavano venendo verso di me, per uscire dal villaggio.
“Siamo
solo venuti a prendere una cosa...” disse Itachi, pacato.
“Cosa...
no, chi?” chiesi di nuovo, con voce rauca per il troppo
gridare.
“L'eredità
del quarto Hokage” rispose la voce fredda di Kakashi.
I
nostri sguardi si incrociarono.
“Naruto...”
riuscii a dire in un ansimo.
“È
sveglio il piccoletto... forse sarebbe meglio eliminarlo prima che
diventi un problema” considerò Kisame, ridacchiando, la
spada poggiata di traverso su una spalla.
Raimaru
non lo sentii neppure, perso nello sguardo dell'uomo che la madre
tanto aveva amato. Quanto tempo aveva desiderato quel momento? Si
ritrovò a pensare il piccolo Hatake. Quante volte aveva
desiderato poter vedere di nuovo quello sguardo, tempestarlo di
domande. O magari anche picchiarlo, per poi sfogarsi piangendo, prima
di essere abbracciato e la voce gentile del padre che gli avrebbe
detto 'ora è tutto finito'. Il suo più grande
desiderio.
Quanto
aveva bramato di poter ritrovare il suo gentile padre, dentro quel
guscio di freddo assassino che era diventato e che era.
Kakashi
si girò per proseguire sulla sua strada. La pelle pallida e
sudata. Sembrava stremato.
Che
fosse la tecnica che aveva appena usato?
“P...pa...
papà...” ansimò Raimaru il respiro rotto dal
dolore delle costole spezzate, con il cuore ancor più infranto
nel vedere che il ninja che lo aveva generato sembrava ormai solo più
una macchina di morte, senza traccia di umanità.
Non
credeva lui si sarebbe girato. Pensava avrebbe proseguito
imperterrito per la sua strada.
Invece
l'albino girò il capo e di nuovo i loro sguardi
s'incrociarono. Lo sguardo bianco del piccolo contro l'occhio nero
del padre.
“...perché?”
una parola sola, troppo densa di significati e richieste per poterle
comprendere tutte in una sola risposta. Intrisa di un bisogno troppo
profondo per poter essere ignorato.
“Cresci.
Un giorno le nostre strade s'incroceranno ancora” fu la sola
risposta dell'Hatake.
Per
un solo istante, a Raimaru sembrò di vedere una luce di
tristezza nell'occhio nero del padre. Un qualcosa di troppo profondo
e radicato perché riuscisse a comprenderlo a pieno. Poi
svenne.
Angolo
d'autore
Ok,
devo dirvi che questo capitolo mi è costato una certa dose di
stress per riuscire a farlo uscire in un modo che mi soddisfacesse
almeno un poco.
Non
è stato per niente semplice. Spero lo gradirete, anche se
magari non è finito come alcuni di voi speravano =D
Raimaru,
mai in vita sua, si era sentito tanto debole, confuso e arrabbiato
quanto ora.
Era
arrabbiato a morte. Cosa voleva dire “Cresci” che
significato aveva? Era solo quella la risposta che era in grado di
dargli? Tutto qua?
Era
troppo sullo stile “Ciao Raimaru, sono cinque anni che non ti
vedo. Aspettiamone altri cinque poi ne riparliamo. Nel frattempo ti
rompo un paio di costole, giusto per ricordarti che sei solo uno
stupido moccioso mentre io sono un ninja di fama internazionale e non
puoi fare assolutamente nulla di nulla per fermarmi”
Era
così che gli suonava alle sue orecchie.
Poi...
Lòng era nella stessa stanza con lui. Era viva, respirava e
tutto. Ma era come cerebralmente morta. I ninja medici non sapevano
che pesci pigliare, e l'unica in grado di curare una cosa simile...
era lei stessa.
Obito
era nello stesso stato.
Ryuko
aveva pianto spaventata per due giorni di fila senza che nessuno
potesse fare nulla per consolarla. E ora si svegliava strillando,
terrorizzata dagli incubi che faceva.
Raimaru
era di nuovo all'ospedale, fasciato come un salame, con tre costole
con fratture multiple.
E
frustrato. Non era stato in grado di aiutare la madre nel
combattimento, non poteva aiutarla ora che era in coma, non poteva
fare nulla per gli incubi di sua sorella.
Si
sentiva stupido e insignificante. Inutile.
“Raimaru...
vado con ero-sennin per cercare Tsunade. Vedrai che la troveremo”
disse Naruto.
Lo
sguardo dell'albino rimase fisso nel vuoto.
“Vedrai
non fallirò e guariremo tutti, compreso Rock Lee” gli
sorrise il biondo.
“Vattene”
fu la sola risposta che ottenne.
Un
po' intristito il biondo però obbedì. Capiva come si
sentiva l'albino. L'aveva sperimentato a lungo all'accademia, quando
tutti sembravano essere una riga sopra a lui, che per quanto
corresse, non riusciva a raggiungerli.
E
capiva che i sentimenti oscuri e confusi che avvolgevano ora Raimaru
erano dovuti all'incontro con il padre.
Incontro
che si era concluso con il cuore del giovane più frantumato di
quanto non potessero esserlo le costole.
Poco
dopo che uscì Naruto, l'albino prese un bicchiere -la prima
cosa che trovò a portata di mano- e la scagliò sul
fondo della stanza, mandandolo in un milione di pezzi.
Aveva
voglia di gridare, e piangere e... non sapeva neppure lui. Cosa
poteva essere davvero una cura per quello che sentiva... dentro?
“Ehi,
non credevo trattassi così i tuoi ospiti... posso capire che è
appena uscito Naruto ma...” la voce di Hina fece alzare appena
lo sguardo a Raimaru.
Ma
capì che il suo umorismo non aveva attaccato.
“ahi,
non rivedevo quella faccia da funerale da parecchio...” riprovò
lei.
“Lasciami
stare Hina. Vattene” la voce piatta e dura dell'albino la ferì.
Stava
per girare sui tacchi e andarsene con espressione sdegnosa, ma..
qualcosa la trattenne. Forse gli occhi stranamente scuri del ragazzo.
Forse
il dolore che gli lesse dentro. Un qualcosa di profondo. Forse la
fragilità che percepì in lui.
“No,
non credo che lo farò” disse la ragazza sedendosi.
“Perché?”
“Perché
tu non stai bene. E io non ti lascerò” rispose lei
semplicemente.
“Vattene”
“no”
“VATTENE!”
gridò l'altro, ormai con le lacrime che gli pungevano gli
occhi.
“Sbraita
quanto ti pare. Non lascerò mai un amico da solo in questo
stato” rispose risoluta l'altra, anche se vederlo così
un po' la spaventava.
Il
forte Raimaru. Il suo intelligente, coraggioso amico.
Il
ragazzo prese a singhiozzare “Perché non mi puoi
lasciare in pace?”
“Perché
non ce l'hai davvero con me. Stai solo cercando un modo per sfogarti,
e se prendermi a male parole può servire.. resterò.
Servisse anche che mi prenda a pugni, non mi sposterò da dove
sono”
Raimaru
rimase colpito da quanto a fondo l'avesse compreso e della sua
risolutezza.
Fece
una risata amara... “Ma guardaci. I nostri coetanei sono là
fuori, a giocare con i soldatini e le bambole... io qui con le ossa
rotte e tu...” scosse la testa.
“Perché
il mondo deve essere così complicato? e...”
“E
duro, e bastardo? Non lo so Rai-kun. Non credo che ci sia una
risposta razionale. Il dolore è dolore. Fa male. E quando non
trovi modo per esternarlo ristagna dentro come una ferita in
cancrena. Diventa sempre più grande e forte, e sai sempre meno
come fare a gestirlo”
“Come
puoi saperlo? Come puoi capirlo? tu.. tu hai una famiglia invidiabile
Hina. Naru-kun sarà uno scemo, ma è comunque tuo
fratello e ti vuole bene. Kushina avrà i cazzotti più
facili e potenti di Konoha, ma darebbe la vita per voi... tuo
padre... tuo padre è una persona invidiabile. Non so come
faccia a essere così gentile e determinato al tempo stesso. Io
ti invidio, almeno un po'. Io... oh kami! Non so neppure più
io cosa voglio”
Raimaru
non riusciva a capire perché parlasse di ciò con Hina.
Non era mai neppure riuscito a esternarsi così neppure con
Lòng, sua mamma.
Forse
perché con la ragazzina aveva un legame più...
paritario. Lòng era sua mamma ma era comunque una figura che
incuteva rispetto. Così anche con Genma. Era una sorta di
'fratello maggiore', ma la differenza d'età frenava sempre un
po' la cosa.
Aveva
paura di sentirsi stupido a parlare così con lui. O che
l'altro lo guardasse con aria di compassione, da adulto che
compatisce il bambino piccolo.
Ma
queste divergenze con Hina non c'erano e teneva molto a lei, era
giunto ad affezionarsi molto alla biondina.
“Lo
so e lo capisco molto meglio di quanto tu possa immaginare Raimaru.
Il dolore intendo. E la solitudine. Ci si sente sempre in qualche
modo diversi. Ti sembra di annegare. Ti senti isolato e solo anche
quando sei in un mare di persone. E... provi rabbia quando gli altri
cercano di consolarti, dicendo parole vuote che non capiscono.
Cercano di compatirti mentre blaterano solo parole di circostanza.
No, credimi. Lo capisco”
Raimaru
la fissò un lungo momento, vedendo uno strano sguardo, triste
e dolente al contempo nel profondo di quegli occhi verdi.
“Io...
sono confuso Hina” disse infine lui. “Mi sento...
piccolo, debole e stupido. Non mi sembra mai di essere all'altezza
delle situazioni. Io... non lo so. Credo di provare... rabbia.
Per..
per mio padre. Contro me stesso.
Lui
è venuto sin qui per cosa? Solo per fracassare un po' di ossa
e iniziare una battaglia solo per poi dire 'quello che voglio non è
qui.. me ne vado'? Tutto qui?
E
io? È tutto qui quello che riesco a fare? Non sono riuscito a
proteggere mia madre, non sono riuscito a essere utile a nulla. Pure
Ryuko ha rischiato. E ora si sveglia di notte urlando con gli
incubi... e non posso fare nulla per lei!” le nocche di Raimaru
si strinsero sulle lenzuola.
“Non
posso neppure andare a cercare Tsunade con Naruto perché sono
qui fasciato come una mummia! Dannazione è frustrante!”
si sfogò lui. Mentre diceva questo, in tono sempre crescente
il macchinario alla sua destra aveva preso a emettere suoni più
forti, dato che pressione sanguigna e battiti erano stati un
crescendo con il tono di voce.
“Non
andrai da nessuna parte con la rabbia Rai-kun” rispose solo
Hina. “La rabbia è distruttiva. Per te stesso e per chi
ti sta intorno... e non porta nulla di buono”
“E
allora cosa dovrei fare?” chiese l'altro bruscamente, nervoso.
“Iniziando
a cercare qualcosa di costruttivo da fare. Ti senti inadeguato?
Rimedia. Vuoi aiutare? Cerca un modo per farlo. Vuoi riuscire a
sfidare tuo padre? Allora abbi la pazienza di attendere. Cresci e
allenati. È abbastanza normale che un bimbo di nove anni non
riesca a essere all'altezza di una navigata ANBU di ventisei anni non
credi?”
“Cosa
mi stai dicendo?”
“Che
stai pretendendo troppo da te stesso. Diamine Raimaru! Hai nove anni.
Nove. Sei appena stato promosso Chunin. Kakashi lavora nelle ANBU da
quando aveva quattordici anni. È un jonin esperto da parecchio
tempo e ha una marea di esperienza alle spalle... oltre che quel
mostruoso Sharingan. Ma cosa pretendi? Il risultato della partita è
abbastanza ovvio. Comprendo che sei arrabbiato e frustrato ma...
datti tempo. Dai tempo al tempo. Non resteremo per sempre bambini.
Cresceremo. Diventeremo forti. E io sarò al tuo fianco per
aiutarti”
Il
ragazzino riuscì a sorridere.
Un'infermiera
era entrata dato che il monitor delle pulsazioni del ragazzo si era
messo a ballare. Infiammato dal nervosismo e dalla rabbia.
“Ti
somministrerò un calmante. Devi stare fermo e tranquillo per
un po'” con questo iniettò senza pietà il liquido
nella flebo che aveva Raimaru.
“È
una promessa?” chiese Raimaru, che stava già sentendosi
la testa più leggera per la medicina che gli penetrava dritta
nelle vene.
“Ti
do la mia parola. Io e te saremo una squadra. La più forte
esistente. Prenderemo a calci i nostri nemici. Ma prima... devi darci
il tempo di crescere”
“D'accordo”
“Tu
mi prometti che non farai sciocchezze fino ad allora?”
“Ci
proverò” Raimaru riuscì a fare un mezzo sorriso
prima di crollare nel sonno senza sogni indotto dal potente farmaco.
Hina
si alzò e se ne andò, pensosa.
Qualche
giorno dopo...
Non
troppo distante, ma ben nascosti tre ninja si stavano allontanando da
Konoha e dalle sue vicinanze.
“Avremmo
potuto affrontarlo...” si lamentò Kisame.
“Jiraiya
è un ninja supremo. Non lo avremmo potuto battere così
facilmente come tu credi Kisame” rispose Kakashi. “Inoltre,
stavano già arrivando dei rinforzi. Non era il caso di mettere
su una battaglia di così vasta scala. Poi.. non c'è
alcuna fretta. Passeranno anni, diversi anni, prima che il piano di
Pain possa essere messo in atto, e anni perché la forza
portate possa essere ritenuta anche solo vagamente un problema”
Kisame
sospirò. “Va bene d'accordo. Andiamo...”
Itachi
s'incamminò solo per rendersi conto che, Kakashi dietro di
loro, si era fermato, lo sguardo cupo e il volto imperscrutabile,
puntato verso Konoha. Cosa stesse pensando solo lui sapeva dirlo.
“Raimaru
ti assomigliava molto” disse gentilmente il moro.
“Così
sembra” fu l'unica, piatta risposta che ottenne.
Angolo
d'autore
Bene,
vi informo di un paio di cose.
Questo,
è il penultimo capitolo che riguarda la parte della 'prima
serie'. A partire dal capitolo 38, tratterà il periodo
'Shippuden'.
Un'altra
cosa è che, ovviamente, per motivi 'd'autore' alcune cose
saranno modificate. Prima di tutto, il periodo d'intervallo di tempo
che intercorre tra la 'prima serie' e lo 'shippuden'. Che farò
più lungo. Questo è sopratutto per un motivo d'età
dei personaggi, poiché altrimenti Raimaru, Hina, Ryuko
eccetera, sarebbero rimasti ancora troppo 'bambini', mentre io li
volevo già 'ragazzi'.
Spero
che la cosa non vi disturbi =D
Al
prossimo capitolo!
p.s.
Chiedo umilmente perdono per non essermi ricordata di aggiornare ieri
che era lunedì ma purtroppo ieri sera ero davvero cotta dopo
il lavoro e non connettevo più con il cervello =D
Hina
dopo aver abbandonato l'ospedale iniziò a rimuginare. Cosa
poteva fare?
Andò
a casa, preparandosi lo zaino con tutto l'occorrente e uscì di
casa lasciando solo un biglietto.
Stava
scendendo le scale quando incrociò Ryuko. La bambina per
qualche strana ragione stava venendo in casa loro da sola.
“Ryuko,
come mai sei sola?”
“Ho
chiesto a Kushina di poter tornare a casa. Non... non avevo voglia di
fare la spesa”
La
bambina aveva la pelle pallida, gli occhi cerchiati dalla mancanza di
sonno e arrossati dalle lacrime.
Hina
trovò strano che Kushina l'avesse davvero lasciata andare via.
“Sei
scappata?”
Esitò
un momento prima di annuire.
Hina
abbracciò la bambina e la condusse in casa. Sembrava un
fantasma, con lo sguardo perso nel vuoto. Pallida e scarmigliata.
“Aspetta
qui e vedrai che presto arriverà mia mamma ok?” le
disse.
“Te
ne vai anche tu?” la domanda fu posta in modo un po' fragile.
“Si,
ma torno subito devo solo fare una commissione ecco”
“Con
lo zaino?”
“Starò
via un paio di giorni. Non posso mandare da solo quell'idiota di mio
fratello a cercare Lady Tsunade. Ma ci metterò poco ok?”
“D'accordo”
“Tieni
compagnia a Raimaru da parte mia, e cerca di farlo stare tranquillo
ok?”
“Io...
si lo farò”
Hina
si diresse verso la periferia della città, chiedendo
informazioni su dove avevano visto allontanarsi Naruto e Jiraiya. Li
avrebbe inseguiti.
Ryuko,
dopo poco che se ne fu andata Hina uscì di casa nuovamente,
anche se aveva promesso a Kushina di restarci.
La
casa vuota le metteva i brividi, facendole pesare addosso la
solitudine che si sentiva appesa al collo come un'ancora che la
trascinava verso i più profondi abissi senza lasciarla
respirare.
Girovagò
per la città senza una meta fissa, e all'imbrunire si ritrovò
giusto di fronte all'ospedale.
Sgattaiolò
dentro, nascondendosi alle infermiere che pattugliavano
distrattamente i corridoi, fino a raggiungere la stanza dove erano
ricoverati sia Raimaru che la mamma.
Evitò
accuratamente di sbirciare oltre le tende.
Sentiva
che se avesse visto di nuovo sua madre in quello stato comatoso si
sarebbe messa ad urlare come una folle. Era... profondamente
sconcertante vedere Lòng ridotta in quello stato.
Sua
mamma era fortissima, decisa e sapeva sempre qual'era la cosa
migliore da fare in ogni situazione. Vederla così... era
destabilizzante. Ma sopratutto le ricordava quell'uomo.
Quell'uomo
dai capelli neri e quegli spaventosi occhi rossi...
Ryuko
fu scossa da un brivido solo a ripensarci, mentre sgusciava
silenziosamente dentro la porta della stanza.
Kakashi...
la aveva spaventata, e aveva ridotto malissimo il suo amato fratello,
però per qualche curiosa ragione la intimoriva meno, in
confronto a Itachi o a Kisame.
“Ryuko
cosa fai qui?” la voce di suo fratello la fece sussultare,
cogliendola impreparata.
“Non
volevo più stare con Kushina. È così... rumorosa
e poi... volevo venire qua”
“Si
arrabbierà se non ti troverà più. Le hai detto
che venivi via?” Ryuko si mise a strisciare un piede in
terra, dando una chiara risposta al giovane albino.
“Ma...
io... volevo stare assieme a te...” bisbigliò la bambina
tanto piano che Raimaru faticò a sentirla, tra i 'bip bip'
delle macchine che aveva attaccato.
Però
non riuscì a non ammorbidirsi un po'.
In
fin dei conti Ryuko era molto provata dagli eventi. Come tutti loro
d'altra parte.
“D'accordo”
La
bambina si avvicinò al letto del fratello.
“Mi
manca la mamma...” dichiarò Ryuko, sentendosi incerta.
“Anche
a me...” mormorò Raimaru. Osservò un momento la
sorellina, che stava esitante in piedi a fianco al letto. Aveva un
aspetto così fragile...
“Dai
vieni qui” disse scostando la coperta.
La
bambina si tolse le scarpe e si infilò sotto la coperta,
stando attenta a non impigliarsi nei vari fili degli strumenti
attaccati al braccio del fratello.
Raimaru
la strinse a sé e lei si appallottolò alla ricerca di
contatto. Aveva avuto così tanta paura in quei momenti...
Senza
rendersene conto, aveva già preso a singhiozzare.
“Shh,
va tutto bene ora. Sono qua con te...” le mormorò
Raimaru carezzandole i capelli.
“Nii-san...”
“Mi
dispiace Ryuko, non sono riuscito a proteggere la mamma... e neanche
te” disse il giovane, che era così furioso, con sé
stesso e con il mondo che in quel momento avrebbe voluto uccidere
ognuno del terzetto di alba una volta per ogni lacrima versata dalla
sorellina.
La
bambina però disse “No, tu mi hai protetto. Io c'ero, ho
visto... e poi... ti voglio bene Nii-san” il discorso era un
po' confuso ma questo fece sciogliere un po' il nodo di rabbia del
bambino.
“Ora
prova a dormire un po'...” le consigliò lui.
“Raimaru...
mi vuoi bene?”
“Certo
Ryuko. Tantissimo”
La
sorella rimase abbracciata a lui un po', prima che Raimaru le dicesse
“Ora prova a dormire, veglierò io sul tuo sonno”
“Resteremo
sempre insieme?”
“Per
te ci sarò sempre, sorellina mia”
La
bambina riuscì ad addormentarsi con un lieve sorriso sulle
labbra.
Hina
nel frattempo raggiunse Naruto e lo vide impegnato in strani
allenamenti.
“Baka,
che diamine fai?”
Questo
perse così tanto la concentrazione da farsi esplodere il
palloncino tra le mani in faccia, riempendosi di acqua.
“Nee-chan...
cosa fai qui?”
“Stavo
cercando te e Jiraiya. Voglio darvi una mano a trovare Tsunade il più
presto possibile. Comunque che fai qui da solo? E dov'è
l'eremita?”
“Ero-sennin
è già a fare 'ricerche' ossia si starà
divertendo in città. Io sto facendo un allenamento speciale
che mi ha lasciato...” e le spiegò la tecnica che
tentava d'apprendere.
“Auguri.
Resterò qua con te sino a che non torna Jiraiya...”
La
bambina si sedette su un sasso sotto le fronde di una pianta e rimase
ad assistere l'allenamento del fratello.
In
uno dei momenti di frustrazione del ragazzo, nella quale si buttò
in terra a fissare il cielo per un po', disse “è
successo proprio un bel casino eh? Mentre non c'ero dico”
“A
quanto pare. Nemmeno io ho visto niente però...”
“Che
disdetta che papà non ci fosse in quel momento
eh?” “Probabilmente è stato intenzionale. Ci
fosse stato non avrebbero messo naso nel villaggio. Ne dubito,
almeno”
“Già...
hai ragione...” i due rimasero a fissare il vuoto per un po'.
“Tu
te lo ricordi? Kakashi dico. Io ne ho appena qualche vago ricordo. So
che aveva i capelli bianchi come quelli di Raimaru, e gli occhi
scuri. Almeno, l'unico visibile. Ricordo anche che aveva una maschera
sul viso che non se la toglieva mai... ma a parte ciò...”
Naruto
la guardò un momento. Gli occhi verdi della bambina sembravano
distanti, il volto crucciato. Probabilmente stava pensando a Raimaru.
Anche lui l'aveva visto parecchio giù.
“Non
molto. Ma era bravo. Una volta mi ha regalato la sua maschera ANBU,
una di quelle volte che un negoziante si era rifiutato di farmi
entrare nel suo negozio...”
Naruto
si ricordava ancora bene, quella volta che ritornando a casa da solo
da scuola, si era affacciato alla vetrina piena di giochi e maschere,
rimanendo affascinato dalle riproduzioni mi maschere ninja.
Appena
aveva provato a mettere piede dentro però, il proprietario
l'aveva riconosciuto come il Jinchuriki e l'aveva allontanato
malamente.
Kakashi
era intervenuto. Non sapeva cosa avesse detto all'uomo, ma questo era
impallidito ed era rientrato nel suo negozio.
Poco
dopo Kakashi gli aveva detto gentilmente “Ti piacevano le
maschere?”
“S-si.
Volevo comprarne una ma...”
“Tsk,
cosa te ne fai delle riproduzioni? Tieni, prendi questa. È una
veterana di molte missioni sai?”
“Di
vere missioni ninja?”
“Certo
che si!”
“Wow
che bella!!”
Così
facendo gli aveva risollevato il morale e gli aveva fatto dimenticare
dell'incidente di poco prima.
“Insomma,
ero molto più piccolo quando era successo tutto questo però...
Kakashi mi ha sempre dato l'impressione di una persona forse non
facile da capire, ma buona”
“Mh...”
fu il solo commento di lei.
“Forza.
Sono sicuro che troveremo Tsunade, e tutto andrà per il
meglio!”
“Certo
che si! Ce la faremo ad ogni costo... e io sono qui per salvarti
dalla tua stupidità...”
“Ma...
ma... mi tratti sempre male!” disse Naruto mettendo il broncio
risentito.
Hina
rise “Certo, sei il mio fratellone Baka... non potrei fare
altrimenti...”
Quando
però quella sera andarono a dormire, dopo una lunga
chiacchierata con Jiraiya lo guardò mentre era disteso sotto
la coperta, con il sonno agitato mentre borbottava frasi sconnesse su
allenamenti, palloncini e cose che giravano.
Hina
ridacchiò tra sé e sé. Quel baka... “Ti
voglio bene stupido Baka. Mi raccomando... non cambiare mai...”
perché fin tanto che c'era lui con la sua cocciutaggine, Hina
sapeva di avere sempre un qualcuno a cui fare riferimento quando si
sentiva demoralizzata.
Non
lo avrebbe mai ammesso, ma amava quello stupido di fratello che si
ritrovava, e per lui avrebbe sempre fatto tutto quello che poteva,
perché sapeva che per lei, lui c'era sempre stato e sempre ci
sarebbe stato.
Sospirando
si rigirò su un fianco.
In
fin dei conti Raimaru aveva ragione. Lei aveva una bella famiglia. E
ne era felice!
Angolo
d'autore.
Allora,
visto che mi sono giunte richieste sui rapporti fratello-sorella
delle due coppie di fratelli principali Ryuko-Raimaru e Naruto-Hina,
ho deciso di accontentarvi.
Spero
vi piaccia, anche perché ora ci metterò una vita a
rinumerare tutti i capitoli che avevo già scritto, visto che
questo è stato aggiunto solo di questa ultima settimana
(motivo anche per la quale ho mancato il solito appuntamento metà
settimana).
Bene
detto ciò... spero che sto capitolo, già che l'ho
scritto non sia una totale porcheria.
Ovviamente
ora l'inizio dello Shippuden è slittato al cap 39.
Si,
Naruto trovò Tsunade, con l'aiuto di Hina che lo pungolò
tutto lungo il tragitto. E Tsunade, preoccupata per Lòng,
tornò di gran fretta alla foglia, riportando nella terra dei
vivi Sasuke, Obito e Lòng. Ma poco tempo dopo Sasuke fu rapito
dal quartetto del suono per ricongiungersi a Orochimaru.
Raimaru,
sudando e imprecando in arabo, tentò di aiutarli, ma le sue
costole erano ancora malmesse, e alla fine si arrese a rimanere
all'ospedale, dove venne riportato dopo essere stato ripescato da
Lòng che lo sgridò sonoramente per essersi allontanato
nel suo stato.
Fortuna
volle che i ninja della sabbia arrivarono per tempo a salvare la
comitiva, e Genma ritornò a fare compagnia a Raimaru
nell'ospedale.
Lo
scontro tra Sasuke e Naruto, si svolse solo parzialmente, anche se
Minato arrivò in tempo per riacciuffare Sasuke e riportarlo
indietro, dato che Naruto era svenuto di fatica e ormai anche Sasuke
non riuscì a opporsi, esausto com'era... non che comunque ci
fosse partita tra lui e Minato. Poteva essere il genin più
abile assieme a Raimaru, ma di certo non era a quei livelli. Nemmeno
con il segno maledetto.
Tuttavia,
dopo due settimane di apparente tranquillità all'ospedale per
riprendersi... trovammo un manichino al suo posto e lui era scomparso
nell'ombra della notte.
Naruto
voleva a tutti i costi organizzare un recupero.
“Naruto...
smettila!” gli gridò Raimaru, con il volto sfigurato
dall'ira.
Il
silenzio calò sulla stanza d'ospedale. Erano presenti sia Hina
che Sakura e anche Jiraiya che aveva scortato Naruto.
“Non
c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, e se lui non vuole
restare, non resterà.
È
inutile che ti ostini a riportarlo indietro come dici tu 'anche a
costo di spezzargli le ossa' solo perché quella stupida di
Sakura te l'ha chiesto” la rosa sussultò. Gli occhi
verdi le si inondarono di lacrime.
Ma
l'umore dell'albino era ancora abbastanza inacidito dagli avvenimenti
da fregarsene altamente. Hina lo guardò incerta, mentre
Jiraiya rimase impassibile. Era una cosa tra di loro, e non voleva
metterci il naso. “Anche se lo porti indietro con tutte le ossa
rotte, una volta che sarà guarito scapperà ancora, e
ancora. Puoi tenere un leone in gabbia, ma ogni volta che ti
dimentichi la porta aperta lui proverà ad andarsene.
Inoltre...
Sasuke oltre al suo spirito di vendetta, che è già nel
suo 'modo di fare', è anche inasprito da Orochimaru. Ho visto
il suo flusso di chakra. Il sigillo maledetto agisce su di lui. Il
richiamo di Orochimaru è più forte della sua volontà.
Fin tanto che proverà odio e sete di vendetta, continuerà
ad obbedirgli, volente o nolente. E se cerchiamo di trattenerlo qui
contro la sua volontà rischiamo solo di mettere in pericolo
anche noi. Se ha cercato di ammazzare pure te... cosa è
disposto a fare pur di essere 'libero'?”
Naruto
però s'intestardì.
“Oh,
fai un po' quello che ti pare. Io non ho pazienza per lottare contro
i mulini a vento” sbuffò Raimaru, spazientito e
frustrato.
“Ragiona
solo su questo: per ottenere ciò che hai ottenuto ora... ossia
nulla, cosa hai dovuto spendere? C'è Neji e Choji in terapia
intensiva, Shikamaru che ha rischiato e Kiba e Akamaru KO. Merita la
pena? Io non metterò a rischio i miei amici per un qualcuno
che vuole con tanta evidenza e forza non stare qui. Lascialo libero
di fare ciò che vuole. Le tue ragioni glie le hai dette. Se
capirà la cosa tornerà con le sue gambe”
Sasuke..
lo irritava e lo odiava.
Lo
irritava il suo modo di fare. Aveva gettato via amici e famiglia per
cosa? Vendetta? E poi... gli bruciava ancora che avesse imparato i
mille falchi. Anche se quest'ultima era una scusa piuttosto stupida.
Di
fatto però c'è l'aveva anche ancora con Obito per
quello.
Anche
se forse... quello che in fondo in fondo gli bruciava di più...
fu il sapere che in realtà capiva Sasuke, e il suo gretto
desiderio di migliorare, di avere il potere per essere all'altezza...
perché... anche lui lo desiderava.
Quello
che disprezzava in Sasuke era che però lui stava facendo dei
sacrifici che Raimaru non avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai
barattato i suoi amici per il potere. Preferiva piuttosto rimanere
piccolo e debole, ma sapere chi amava in salvo.
Naruto
era rimasto stupito dall'acidità e la rabbia tirata fuori dal
piccolo albino.
“Rimane
comunque un nostro compagno... e un mio amico” rispose.
“L'amicizia
a senso unico è un rapporto insano, Naruto. Io chiamo compagno
chi di cui ho fiducia, e ripone fiducia in me. Ma la fiducia è
una cosa delicata, e una volta spezzata difficilmente la si ripara.
Se vorrà riaverla, la fiducia, dovrà essere lui a
cercarla e guadagnarsela. Non sarò certo io a corrergli dietro
però! E sebbene so che sei abbastanza testone da non fermarti
neppure dopo quello che ti ho detto, comunque farò tutto il
possibile per fermarti Naruto. Non voglio che tu metta di nuovo a
rischio le vite dei nostri compagni per uno stronzo che tanto ci
disdegna chiaro?” aveva appena finito di dire la frase quando
si accorse di aver gridato troppo e consumato tutto l'ossigeno nei
polmoni.
Prese
fiato, sentendosi le guance accaldate.
La
testa gli girò mentre mille puntini luminosi gli esplodevano
davanti agli occhi, le ginocchia si piegarono sotto il suo corpo.
“Per
oggi hai strillato abbastanza, nanerottolo. Ora stai un momento
tranquillo...” disse con voce pacata Jiraiya, prendendolo al
volo prima che cadesse e adagiandolo con delicatezza sul letto
dell'ospedale.
Quando
si risvegliò, scoprendo che era svenuto, era in stanza ancora
con Jiraiya.
“Jiraiya-sama...”
mormorò sorpreso.
“Ehilà...
volevo accertarmi che stessi bene prima di tornare alle mie
ricerche...”
“Si,
si... sono solo un po'... frastornato, credo sia il termine più
adatto”
“Ci
hai fatto prendere uno spavento. Pensavamo quasi ti stesse prendendo
un colpo, visto come ti eri agitato...” ci scherzò
l'eremita con un sorriso.
“Io...
scusa”
“Non
è con me che ti devi scusare”
“...”
Raimaru rimase in silenzio un lungo momento “..si, immagino di
saperlo... solo che...”
“Si,
ti capisco. A modo vostro, sia Naruto che te avete entrambi ragione”
“Dici?”
“Mh-mh.
Hai ragione nel dire che l'amicizia non dovrebbe essere un sentimento
'a senso unico', e dovrebbe fondarsi sulla reciproca fiducia e
tutto... ma... comprendo anche Naruto”
“Forse
il problema è che lo capisco anche io. Sasuke dico. Capisco la
sua brama ma... non è il modo giusto e... io non voglio vedere
altri feriti.
Vorrei
poter proteggere tutti. Lo so che è stupido, e impossibile.
Ma... vederli partire senza essere potuto andare con loro, e vedere
Neji, Choji, Kiba... ridotti in quello stato. Shika era anche
piuttosto scosso... e...” scosse la testa, rabbioso. “Non
se li merita. Tutti quei feriti... per cosa? Per un suo capriccio?
Non è giusto!”
“Ciò
che dici è vero Raimaru, ma le persone non sono macchine. A
volte sbagliano. E a volte gli ci vuole tempo per capirlo, e magari,
un qualcuno che lo aiuti a capire dove sbaglia. Rifletti su questo.
Ora ti saluto... guarisci presto!”
Alla
fine poi, più tardi chiese scusa a tutti per le parole
aspre... ma.. si sentiva come una scatola di Yogurt scaduto, e non
sapeva come fare a togliersi l'asprezza da dentro.
Rimase
a meditare, mentre che gli altri, ognuno a modo suo, prese la sua
strada.
Ci
sarebbe stato tempo prima che Sasuke rischiasse la pelle per via
della tecnica di Orochimaru. Così Naruto si decise a partire
con Jiraiya.
“Ci
rivedremo tra diversi anni... per allora sarò diventato
super-forte... e ci sfideremo di nuovo” disse Naruto, alla fine
allegro come al solito.
La
notizia invece intristì Raimaru.
“D'accordo.
Bada a te” fu la laconica risposta.
Ci
fu un momento di silenzio. Naruto fece per andarsene.
“Naruto...
se vorrai poi recuperare Sasuke... ti aiuterò”
“Grazie
amico”
“Non
ringraziarmi. Lo faccio per te. Non per lui”
“Allora
datti da fare anche tu!” gli rispose Naruto.
“Lo
farò”
Ci
mise ancora un paio di mesi prima che fosse in grado di uscire
dall'ospedale, e di tornare ad allenarsi.
In
quel tempo, Hina si diplomò e divenne Genin, e finì in
squadra con Konohamaru.
Raimaru
ributtò tutte le sue energie nell'allenarsi.
Ma
era sempre insoddisfatto.
Nel
giro di un anno, si lasciò sua vecchia squadra definitivamente
alle spalle. I tre non rappresentavano più una sfida per
l'albino. Era troppo avanti rispetto a loro.
Presto
pure Kurenai non riuscì più a soddisfare la vorace sete
di apprendimento del giovane, che imparava troppo in fretta.
Lòng,
con grande tristezza di Ryuko, aveva deciso, appena lasciato
l'ospedale di riprendere il servizio attivo.
Era
rimasta troppo tempo a casa a coccolare i figli. Si disse che era
tempo che riprendesse il mestiere.
Qualcosa
di questo evento aveva suonato le campane d'allarme dentro di lei.
Sentiva
che una nube nera stava iniziando ad addensarsi.
Forse
ora le nuvole erano ancora abbastanza sottili e luminose, ma il suo
naso da ninja le diceva che la puzza di guai era nell'aria. Forse
ancora distante, ma prima o poi sarebbero arrivati.
Riprese
ad allenarsi con costanza e venne di nuovo inserita tra i jonin
pienamente attivi.
Ryuko,
venne un po' scaricata tra la famiglia di Obito e Rin, dato che anche
Kushina aveva deciso che era il momento di riprendere la carriera in
mano.
Rin,
invece aveva deciso di lasciare quella carriera pericolosa per
dedicarsi ai figli... dato che ne avevano già due, e un terzo
era in arrivo.
Anche
se, Ryuko stava entrando nell'età in cui si sarebbe poi potuta
iscrivere all'accademia. Mancava più relativamente poco.
Hina,
dapprima era entusiasta della nuova posizione da Genin, ma si rese
presto conto che, come era capitato a Raimaru, si annoiava.
Senza
contare che le stava antipatico Konohamaru e il maestro, Ebisu lo
riteneva un idiota con la 'I' maiuscola. Sempre intento a cercare di
favorire lei e Konohamaru solo perché erano il nipote e la
figlia di un kage.
Alla
fine prese la sua decisione, cosa su cui ci stava rimuginando da
lungo tempo.
Andò
da Lòng un giorno che era in casa senza i due figli.
La
donna le aprì la porta senza fare domande e la portò al
tavolo.
“Voglio
diventare tua allieva” lo disse a bruciapelo. Senza esitazioni,
con sentimento.
“Perché
mai? E poi perché io? C'è Tsunade... e a quanto ho
sentito ha preso come sue allieve già anche Ino e Saukra”
“Ino
è un oca, frivola e senza cervello e Sakura è una
cretina di prima categoria, non ha determinazione e parla spesso solo
perché ha la lingua in bocca. E anche se non fosse per le
due... l'unica volta che ho provato anche solo vagamente a parlare
con Tsunade mi ha mandato via. Sono troppo giovane e senza controllo
necessario del chakra... secondo lei”
“Cosa
ti fa pensare che io invece ti accetterei?”
La
bambina piantò gli occhi in quelli di Lòng. “Perché
tu capisci”
Lòng
esitò un momento, prima di annuire. “Si, ti capisco”
“Io...
ho avuto gli incubi per settimane. Mi svegliavo nella notte e dovevo
buttarmi sotto la doccia. Sentivo ancora quel sangue... ovunque..”
rabbrividì. “Non voglio mai più sentirmi così
impotente. Così... inutile. Se quel giorno non fossi arrivata
tu... non avrei potuto fare nulla di più che stare a guardare
mentre moriva. Non deve accadere. Mai più”
“Su
una cosa Tsunade sbaglia: tu hai già il requisito fondamentale
per essere un ninja medico”
“Davvero?
E qual'è?”
“Ami.
Con tutta te stessa. E hai il terrore di perdere ciò che ami”
La
ragazzina divenne viola in volto.
Lòng
rise. “Sappi che non sono una maestra né paziente né
tollerante. Verrai con me quando ti chiamerò che avrò
tempo. Farai quello che ti dico e non discuterai i miei ordini”
“Sissignora”
rispose seriamente lei.
Lòng
annuì soddisfatta. Prese dei rotoli, che numerò alla
meno peggio con un pennarello.
“Inizierai
a studiare questi. In ordine numerico. Per questo mese sono
impegnata, ma parlerò con Ebisu, e ti farò assegnare a
me. Quando li hai finiti, torna a trovarmi e te ne darò altri.
Prima regola per studiare tomi medici: ricorda bene tutto quello che
leggi. Se non capisci un qualcosa, piuttosto fermati, rileggila venti
volte e se proprio non ci arrivi vieni a chiedere a me. Qua non è
essenziale la velocità quanto la comprensione. Saltare
qualcosa potrebbe esserti fatale”
“Ho
buona memoria. Mi impegnerò”
“Bene.
Così ti voglio. Ora puoi andare”
Raimaru
invece, si mangiava il fegato nel ripensare alla battaglia avvenuta.
“Sei
lento, moccioso”
Lento.
Troppo lento.
“Cresci.
Un giorno le nostre strade s'incroceranno ancora”
Si
ma non voleva aspettare di avere quarant'anni per prendere il padre
per vecchiaia...
Le
lezioni, gli allenamenti, le missioni. Non bastavano. Non gli
bastavano. Non lo soddisfavano.
Non
erano abbastanza.
Ma
dove poteva trovare quel 'di più' che cercava?
Si
lambiccò il cervello per lungo tempo. Alla fine trovò
l'unica risorsa.
'Toc
toc'.
Minato
si ritrovò stranito.
Chi
era a quest'ora della notte?
“Avanti!”
Come
un fantasma dal buio, ne emerse Raimaru, zuppo di pioggia.
“Raimaru...
come mai in giro a quest'ora? Asciugati prenderai freddo!”
Il
ragazzo lo ignorò. Si fece avanti. Tenendolo puntato con lo
sguardo.
Arrivato
di fronte alla scrivania, s'inginocchiò, abbassando il capo
sino quasi sfiorare la moquette.
“Yondaime
Hokage. La supplico. Mi prenda come suo allievo” la richiesta
vibrava di una necessità prepotente. La necessità di
migliorare, di poter proseguire il cammino. Una richiesta che stava
facendo con anima e corpo, l'unica via che era riuscito a trovare per
il suo cuore spezzato.
“Raimaru,
sii serio, tirati su, non hai bisogno di stare lì
inginocchiato” provò a dire imbarazzato quanto spiazzato
Minato.
“Sono
serio” disse l'altro senza muoversi.
“Ma...
perché?” in verità si pentì della domanda.
Capiva troppo bene il perché.
“Lei
è il migliore signore. Kurenai non è più
all'altezza, e non può darmi quello che cerco. Io... non
riesco a capire neppure io cosa provo. Non so neanche io cosa cerco
ma... lei ha insegnato alla mamma. Ha insegnato a papà. Lei è
il più forte del villaggio. Sotto la sua egida posso diventare
più forte.
Forse
non potrò mai far tornare mio padre da me, forse il nostro
destino sarà quello di ammazzarci a vicenda. Non lo so. E
sento di essere troppo confuso per darmi una risposta razionale. Però
voglio provarci.
Ma
sopratutto.. non voglio più sentirmi così piccolo e
inadeguato. Se mai dovessi affrontarlo per davvero, un domani voglio
farlo da pari. Voglio essere in grado di proteggere la mamma, Ryuko,
il villaggio.
Da
gente come... come lui, Itachi e Kisame.
Voglio...
voglio trovare me stesso e smettere di essere solo 'il ragazzo che ha
ereditato il suo talento'”
Minato
sospirò dopo un lungo silenzio.
“Alzati”
Questa
volta lui obbedì, sentendo che il tono di Minato era cambiato.
Non più gentile e sorpreso, ma autoritario, quasi freddo.
“Come
sei arrivato a questa conclusione?”
“Quando
mi sono reso conto di capire Sasuke... e perché, oltre il
controllo che Orochimaru aveva su di lui... desiderava il potere. Per
vendetta. Io però... mi sono reso conto di non essere in grado
di sacrificare ciò che amo per questo. No, la mia non è
propriamente vendetta. Io voglio trovare il vero me stesso e
migliorarlo. Per poter proteggere tutti noi.
Se...
se questa è la volontà del fuoco, credo di averla
finalmente davvero capita. Almeno credo”
“Devi
capire che non potrai mai, né ora né tra mille anni
separarti totalmente da tuo padre. Lui resterà sempre tale.
Potrai ucciderlo, vendicarti, torturarlo, o perdonarlo e amarlo. Non
importa cosa succederà. Lui sarà sempre tuo padre e tu
suo figlio. Capisco il tuo desiderio di trovare una personalità
che ti distingua. Ma sarete sempre collegati l'uno all'altro. Volenti
o nolenti”
Raimaru
annuì, piano.
Poi
Minato si passò la mano sul viso. “Tuttavia... mi rendo
conto di non poter rifiutare la tua richiesta.
Per
te, per i tuoi motivi... e perché il tuo talento sarebbe
sprecato se rifiutassi. Inoltre... hai trovato i giusti motivi per
voler diventare più forte. La prima lezione è proprio
questa Raimaru. Odio e rabbia non portano nulla di buono. Solo quando
hai qualcosa da proteggere puoi diventare davvero forte”
“Yondaime...
in questo ultimo tempo ho trovato molto da proteggere. Ryuko per
prima. Naruto... persino Hina. Non li voglio perdere. I miei compagni
di squadra. Kiba, Hinata, Shino. I sensei, la mamma.
Potrò
non amare tutti gli abitanti della foglia, ma amo il mio villaggio”
“E
tutto sommato questo è già un passo avanti. D'accordo.
Ti addestrerò io. Da oggi, Raimaru, sarai un ANBU sotto il mio
diretto controllo. Prenderai ordini solo ed esclusivamente da me.
Sarai la mia ombra e farai ciò che ti ordino nel modo in cui
ti ho ordinato di farlo.
Prima
regola da imparare: obbedienza”
“Si,
Yondaime”
Angolo
d'autore
Ebbene
eccoci qui... abbiamo finito la prima serie, e il prossimo capitolo
(quello di lunedì) inizierà con lo shippuden.
Ci
sarà qualche modifica dalla storia originale, ovviamente.
Come
anche qui, d'altra parte, non sono stata lì a descrivere i
combattimenti con il quartetto del suono and co. Alla fine, credo che
tutti voi li abbiano già visti e ne abbiano sin alla nausea.
Era
gasatissimo all'idea di rivedere i suoi cari. Insomma erano passati
quasi sei anni dalla sua partenza.
Sei
anni! Quel vecchio noioso di Jiraiya gli aveva fatto fare il giro del
globo. Fortuna vuole che, avevano avuto notizie certe che, Orochimaru
aveva voluto preparare adeguatamente Sasuke prima di prendere
possesso del suo corpo, dunque, alla prima scadenza della tecnica
della 'rinascita' come la chiamava lui, aveva preso un altro
malcapitato.
Anche
se, ora, la scadenza si stava di nuovo avvicinando.
Saltò
su un alto palo, per abbracciare con lo sguardo Konoha.
Era
più bella e florida che mai!
“Ah!
Finalmente a casa!” sospirò Naruto.
Non
vedeva l'ora di andare a trovare sua madre e suo padre, e sua
sorella, e Sakura-chan e...
La
lista gli sembrava infinita.
In
fin dei conti era partito da bambino, con tredici anni appena. Ora
non lo era più.
“Naruto!
Come sei cresciuto!!” quasi si ritrovò a gambe all'aria
dall'abbraccio fulmineo del suo sensei.
“Ma
guardati... sei un uomo ormai!” Obito era sempre stato un
fenomeno per slanci d'affetto e gesti impulsivi. Nonostante i
trent'anni suonati, era ancora un ragazzino.
“Obito-sensei!
Lei non è cambiato di una virgola invece...” rispose il
giovane, semi-soffocato dall'abbraccio inatteso.
“E...
Sakura-chan?” lui rimase imbambolato dalla visione che gli si
parò davanti: una giovane donna, con i capelli rosa alla
spalla, il fisico snello e ben tornito, il viso dai tratti morbidi.
“Na-naruto-kun?
Allora sei davvero ritornato!”
I
due si guardarono, sorridendo in modo sciocco l'uno all'altro.
“Allora,
mi trovi un po' cresciuta?” fu la domanda un po' impacciata di
Sakura.
“No,
non ti preoccupare. Sei sempre la stessa!” le assicurò
Naruto con un ingenuità tanto disarmante che pure Sakura
rimase gelata sul posto un secondo prima di afferrare il significato
di quello che aveva detto.
“Ahaha!
Naru-kun, io non ci capirò niente di donne, ma sei messo
peggio di me!” era comparso da dietro l'angolo un ragazzo, sui
quindici anni, con la divisa grigia e nera delle ANBU, una maschera
appesa al fianco.
I
suoi capelli, erano di un rilucente bianco-argento, arruffati e
scompigliati, come se ogni ciocca avesse una volontà propria e
andasse in direzioni diverse, mentre gli occhi, del colore delle
perle.
Si
era fermato con un sorrisetto sulle labbra, una mano poggiata sul
fianco, e l'altra morbida lungo il corpo.
“R...
Raimaru?” Naruto quasi non si capacitava della crescita
dell'amico.
Quando
se n'era andato era ancora un bambino, piccolo e basso.
Ora
il ragazzo era alto, con un fisico tonico e ben delineato. E
sopratutto sembrava tutta un'altra persona. Quando lo aveva lasciato
sembrava sul punto di una crisi esistenziale. Una belva ferita facile
all'ira. Ora invece aveva un'aura di autorevole sicurezza intorno a
sé. I tratti del viso si erano fatti più marcati e
virili, la sua voce si era mutata in un timbro più basso.
Nell'insieme,
gli davano un aspetto serio e fermo. Sicuro.
L'altro
gli rispose con un grande sorriso. “Ben tornato!”
“Naruto!!!”
una valanga bionda gli saltò al collo.
“Eh?”
subito Naruto manco la riconobbe, sbattendo le palpebre
nell'osservarla.
Raimaru
rise. “Non dirmi che non la riconosci...”
Naruto
quindi si impegnò a studiare il viso della ragazza. Anch'essa
era sui quindici anni, i capelli, lunghissimi, erano color oro
pallido, scintillanti come filigrana d'oro puro alla luce del sole,
intrecciati in una lunga e foltissima treccia, che le pendeva sulla
schiena. Gli occhi grandi, erano del colore degli smeraldi. Intensi e
profondi. La pelle era chiara e delicata. Il fisico lungo e
longilineo, ma abbastanza morbido, di una fanciulla che si accinge a
diventare donna.
Era
anche lei avvolta nella divisa grigia e nera delle ANBU.
“Sei
sempre il solito baka. Altro che cresciuto!” disse la ragazza
con un ghigno.
“Sorellina?”
“Alleluia
c'è arrivato! BUONGIORNO!” esplose la ragazza.
“Ah!
Che bello vedervi! E la mamma e papà? e...”
Raimaru
indicò dietro Naruto. Fece appena in tempo a girasi che
un'altra valanga, questa volta rossa come i pomodori maturi, lo
stritolò in un abbraccio mozzafiato.
“Il
mio Naruto! Ma quanto sei cresciuto! Hai mangiato abbastanza? Stai
bene?”
“Si
mamma, sto bene sto bene! Se mi lasci prima che soffoco...”
disse il giovane ma con una risata.
Anche
Minato lo accolse.
“Dobbiamo
festeggiare il rientro del figliol prodigo dunque...” disse
Lòng che arrivò in quel momento, e salutò con
calore Naruto.
“Assolutamente
si!” ne convenne subito Kushina.
“Prima
però... ci sono un paio di cose da mettere a posto”
precisò Minato con un colpetto di tosse.
“Si,
sono pronto!” disse Obito con un sorriso. “Io e voi due,
formeremo una nuova squadra... ma prima dobbiamo verificare i vostri
progressi”
Tirò
fuori i due campanelli che mostrò a Naruto e Sakura.
“Stesse
regole e stesso posto!”
“Non
vedo l'ora...”
“In
quanto a voi due...” disse l'Hokage adocchiando Raimaru e Hina.
“Noi
siamo già pronti da un pezzo. Ma c'è un membro della
squadra in ritardo...” disse Raimaru leggermente seccato.
“Che
ci vuoi fare... è tutta suo padre...” ridacchiò
Hina.
Al
che Obito arrossì.
“Via,
via, tanto è solo un pattugliamento, tornerete presto”
“Come
desidera sensei” detto questo, i due scomparirono.
“Vado
anche io. Ho un compito da svolgere prima di cena e poi voglio andare
a prendere Ryuko all'accademia” disse Lòng avviandosi.
“Sensei?
Ma...” Naruto era stravolto.
“Sono
successe molte cose in tua assenza Naruto...” commentò
Sakura.
Mentre
si dirigevano verso il campo d'allenamento così Sakura gli
raccontò.
Raimaru
era diventato allievo di Minato, Hina di Lòng, lei, assieme a
Ino, di Tsunade. Hanare, la figlia di Rin e Obito, era invece rimasta
in squadra con Konohamaru per un bel periodo. Ora stava provando a
trasferirsi nella squadra ANBU con Hina e Raimaru, ma oltre ad avere
i suoi dubbi, non sembrava fosse molto adatta al ruolo.
“ANBU?
Sono delle ANBU?” disse Naruto strabiliato.
“Raimaru
lo è già da un bel po', Hina invece è un
acquisto più recente” lo informò.
Poi
però si dovettero concentrare sulla battaglia.
Obito
li tartassò tutta la notte, anche se fu, a dir la verità,
questione di fortuna se i due riuscirono a prendergli i campanelli.
Raimaru
nel frattempo, attendeva seccato l'arrivo di Hanare, la figlia
maggiore di Obito.
Era
nera, ma con gli occhi castani, cosa che faceva pensare che non
avesse ereditato lo Sharingan. Aveva buon intuito e talento, ma era
più impulsiva e goffa, come il padre. In compenso aveva anche
ereditato il suo leggendario ritardo.
Raimaru
era piuttosto puntiglioso invece sulle missioni.
Minato
lo aveva spremuto come un limone in quegli anni, non risparmiandosi a
insegnargli, quello no, ma anche strigliandolo ben bene quando
combinava cazzate.
Per
il giovane, era stato più che salutare. L'impegno che aveva
dovuto mettere per allenarsi e stare dietro all'Hokage, aveva mondato
il suo animo da rabbia e amarezza, attenuando con il tempo il suo
senso d'inadeguatezza.
Nell'ambito
delle ANBU aveva imparato il controllo delle emozioni, e ad essere
più freddo e razionale, valutando le situazioni con punti di
vista più logici e imparziali.
E
se c'era una cosa che odiava era sentire di aver mancato al proprio
dovere, che fosse anche solo una sciocchezza come l'arrivare in
ritardo.
Hina
e Raimaru erano rimasti molto legati, dopo quello che era successo
all'ospedale anni prima, erano diventati amici per la pelle.
In
molti trovavano fredda, scostante e burbera la ragazza bionda. Prima
di tutti c'era Hanare, che si era infatuata di Raimaru, e la vedeva
come una nemica, dato il rapporto stretto che c'era tra il ragazzo e
la bionda.
In
secondo luogo, c'era Sakura. Anche se per motivi diversi, dato che la
rosa aveva solo Sasuke in mente.
Era
nato come un sentimento di rivalità. L'allieva della sannin, e
l'allieva dell'allieva di Tsunade.
Tutte
e due si erano messe nel campo medico, e spesso si erano trovate a
confronto.
Sakura
sembrava avere un controllo migliore di precisione del chakra, ma non
teneva alcun paragone alla quantità di energia di Hina. Quando
la rosa era esausta, la bionda era neppure a metà. Compensava
quindi il difetto di una carenza tecnica con un resistenza assai
maggiore. Inoltre era una ragazza caparbia, e studiava come una
matta, sudando appresso a Lòng che per certi versi era quasi
più spietata di Tsuande.
Lòng
aveva anche bisticciato con Tsunade a riguardo, che trovava Hina
troppo dispersiva e senza i 'requisiti base' di un ninja medico. Non
era mai capitato prima che le due avessero un parere contrario in
merito a qualcosa, ma Lòng era una donna assai cocciuta, e ne
aveva fatto una questione d'orgoglio, mettendo ancor più
impegno ad addestrare Hina.
Sembrava
che le sole persone che non fossero vittime dell'irriverente cinismo
della giovane, fossero i genitori, Lòng e Raimaru.
Aveva
preso in simpatia anche Genma, il quale tante volte si trovava sulla
stessa lunghezza d'onda.
Quando
Hanare finalmente giunse al punto d'incontro, sulle mura della città
furono due maschere affilate ad accoglierla. Un falco e un gatto.
“Sei
in ritardo” fu il commento asciutto del falco.
“...per
l'ennesima volta” quello più irriverente del gatto.
“So...
sono stata trattenuta”
“Dove
in un negozio di dolci? Dall'odore direi che sei passata in una
pasticceria” disse con noncuranza il gatto.
“Quanto
sei saccente signora perfettina” Hanare ribatté.
“E
poi come ti sei vestita? Non stiamo mica andando ad una parata..”
rimarcò invece l'altra.
Hina
infatti indossava l'equipaggiamento da ANBU: bracciali protettivi,
maglia e pantaloni neri con la giubba grigia sopra. I capelli
ordinatamente raccolti nella stretta e folta treccia. L'unica cosa in
cui si differiva dagli altri era che anziché indossare i
sandali, portava dei lucidi stivali alti, che le fasciavano le lunghe
gambe atletiche.
Hanare
si sentì gonfiare d'ira. Quanto odiava quella boriosa
biondina... tutta sempre perfetta e minuziosa.
Lei
invece aveva indossato degli abiti rosso intenso e dei pantaloni
verde acceso, sotto la giubba grigia.
“Invidiosa?”
“Di
cosa? Di non riuscire a stare in piedi sulle mie gambe? No grazie”
disse l'altra rimarcando la completa mancanza d'equilibrio che Hanare
aveva ereditato da Obito.
“Ora
basta” mise a tacere le due donne. “Tutte e due.
Sbrighiamoci”
“Smettila
di punzecchiarla” ordinò Raimaru, dato che Hina stava
tornando alla riscossa.
Hanare
le fece una boccaccia da dietro la schiena dell'albino.
“e
tu piantala. Oltre che essere arrivata in ritardo sei anche vistosa
come un pettirosso tra le cornacchie. Se esiste un abbigliamento
standard c'è un motivo”
“Si
Rai-kun” disse l'altra avvilita.
“E
smettila di chiamarmi con il mio nome! Siamo ANBU in missione,
ricordatelo” la fulminò lui da dietro la maschera.
Questa
volta Hanare rimase in silenzio.
Trovava
frustrante non riuscire mai a fare contento Raimaru, mentre quella
smorfiosa di Hina sembrava invece sempre la miss di turno, e in
qualche modo sembrava lei quella sempre più elegante, anche
dentro l'uniforme da lavoro, mentre anche se Hanare sceglieva dei
vestiti femminili gli sembrava sempre di sfigurare.
Sebbene
non potesse vederlo, era certa che sul volto di Hina ci fosse un
sorrisetto derisorio.
Quella
sera Hina tornò a casa stanca. Era stata tutto il giorno ad
allenarsi, e per di più gli era toccato il turno di ronda
prima di cena. Dunque arrivò a casa con la sola voglia di un
pasto e un bagno caldo prima di sprofondare nelle lenzuola. Invece
quando arrivò a casa la trovò estremamente animata, con
Lòng e Kushina che si prodigavano ai fornelli. Quelle due
erano delle maghe quando si mettevano in cucina, e Hina sapeva che in
men che non si dica avrebbero imbandito la tavola di manicaretti.
Ah,
già, stasera si festeggiava il ritorno di Naruto 'in
famiglia'.
“Ehi
ma' vado a fare la doccia!” comunicai.
“Si,
cerca di sbrigarti, credo che gli altri arriveranno presto!”
rispose.
Sbuffai,
togliendomi di dosso gli abiti delle ANBU per poi tuffarmi nella
doccia.
Mi
pettinai con cura e mi osservai allo specchio.
Avevo
preso la tonalità verde smeraldo degli occhi di Kushina, forse
appena un tono più scuri.
I
capelli erano invece oro pallido. Forse ereditati da un nonno o un
bis nonno da parte di papà. Ero cresciuta molto in altezza,
anche se probabilmente nessuno aveva battuto Raimaru per crescita: il
giovane tra i dodici e i quattordici anni aveva avuto una vera e
propria esplosione di crescita, diventando prima alto e dinoccolato,
tanto da sembrare uno spiedo. Solo poi in quest'ultimo anno si era
fatto un po' più muscoloso, irrobustendosi.
In
quei due anni, era stato preso in giro a raffica da molti che lo
chiamavano scherzosamente 'stuzzicadenti' o 'girarrosto' o cose
simili. Anche se poi, quando venivano puntualmente sconfitti,
smettevano di chiamarlo così.
Ero
di due-tre palme più bassa di Raimaru, che stava sfiorando il
metro e ottanta, e sembrava voler crescere ancora.
Avevo
il tatuaggio sulla spalla sinistra delle ANBU.
Con
un sospiro m'infilai i pantaloni neri, e afferrai una maglia verde
bottiglia, che ben s'accostava ai miei occhi, e che grazie allo
scollo a barca ampio, lasciava una spalla scoperta.
“Ehi
è occupato?” mio fratello entrò in bagno.
“Baka!
Che cavolo fai!” esclamai, affrettandomi a lisciarmi la maglia
che avevo infilato solo a metà.
“Hi-hi-hina?
ma-ma-ma..”
“Hai
perso la lingua?” risposi io sollevando le sopracciglia. Mio
fratello era scemo, ma non così tanto.
Se
ne uscì con un vago “Sei cresciuta...”
Contai
fino a tre... e gli diedi un pugno che lo fece volare fuori dal
bagno.
“Ma
sei tutto cretino? Sono passati sei anni è ovvio che sono
cresciuta! E poi è inutile che chiedi se il bagno è
occupato MENTRE ci stai entrando!” gli strillai.
“Hina..
cerca di tenerlo vivo fino a stasera...” ridacchiò
Kushina, passando nel corridoio.
Sbuffando,
andai fino in camera mia.
Avevo
appeso varie armi alle pareti, tra cui uno dei kunai a tre punte di
papà.
Sulla
scrivania erano accatastati un numero indefinito di rotoli, il letto
aveva lenzuola verdi -il mio colore preferito-, mentre le tende della
finestra erano bianche con ricami verdi chiaro, e le pareti dipinte
di una tonalità di verde più scuro.
Sul
comodino, c'erano due foto: una con tutti noi di 'famiglia'. Minato,
Naruto, io, Kushina, Lòng con in braccio la piccola Ryuko e
Raimaru a fianco, Obito con Rin e Hanare e il piccolo Haru ancora in
braccio al papà.
Ora
era nato anche l'ultimo della nidiata: Koetsu.
Obito
e Rin sembravano amare talmente tanto i bambini che pareva volessero
mettere su un asilo solo dei loro, dato che -secondo le ultime
notizie non ancora né smentite né certificate- sembrava
Rin ne attendesse un quarto.
Beh,
evviva la famiglia... se loro sono felici così...
Vicino
a quella, c'era una foto con solo Raimaru e me, scattata due anni
prima, appena poco dopo la mia ammissione nelle ANBU.
Avevamo
ancora l'uniforme indosso, lui aveva un'espressione a metà
stra il sorridente e lo stoico. Io sorridevo felice.
Lui
non amava molto le foto, ma in quell'istante ero talmente entusiasta
di essere riuscita a entrare nei corpi speciali da essere riuscita a
trascinare anche lui dal fotografo per immortalare quel momento.
Alla
fine mi aveva accontentato, un po' sbuffando ma comunque con un
sincero sorriso.
Era
un po' quello che amavo del ragazzo: per quanto in modo contorto
potessi comportarmi io, riusciva sempre a capirmi abbastanza da non
prendersela per le mie stranezze.
Qualcuno
in quel momento suonò il campanello.
“Vado
io!” gridai in risposta al concitato “La portaaa!”
di Kushina.
Trascinando
i piedi, svogliata, andai ad aprire.
Raimaru,
rapido ed efficiente come in ogni cosa, si era già lavato e
cambiato, ed era venuto...
Anche
se il suo abbigliamento non era variato molto, dato che aveva
indossato maglia e pantaloni neri. Non aveva molta fantasia con i
colori, a detta di Lòng era un tratto paterno.
“Oh,
Rai-kun entra” gli dissi con un sorriso.
“Grazie
Hina-chan. A dir la verità non è che ho tutta sta
voglia di passare la serata tra tutta la nostra 'chiassosa'
famiglia... però in fin dei conti Naru-kun è mancato
per sei anni...”
“E
stava per morire non più tardi di cinque minuti fa...”
commentò mia mamma, che era venuta sulla soglia per vedere chi
era arrivato.
“Lasciami
indovinare... ne ha combinata una delle sue...” sospirò
lui.
“Ah-ah.
Credo abbia scoperto che sua sorella è un tantino più
pericolosa di un tempo”
Raimaru
posò lo sguardo su di me e rise. “Sei un pericolo
ambulante Hina-chan”
Io
mi limitai a un mugugno vago, sentendomi per un qualche motivo
contorto arrossire, quindi m'affrettai a condurlo in sala, dove il
tavolo era stato già apparecchiato e imbandito.
“Mamma
hai visto il mio orecchino?” chiesi, dato che sulla solita
mensola non c'era.
“Quello
verde? Non è sulla mensola?”
“No”
risposi, ansiosa, riprendendo a cercare.
Suonò
di nuovo il campanello della porta.
“Vado
io, tanto sono già in piedi” disse Raimaru, dato che,
essendo nel frattempo arrivati papà con Obito e Rin, -a quanto
pareva i due pargoli più piccoli erano rimasti a casa con una
zia o che so io- e si erano messi a parlare seduti introno al tavolo.
“Raimaru-kun!
Ci sei già!” la vocina acuta di Hanare mi fece
rabbrividire in ogni senso, forandomi le orecchie e mandandomi il
sangue dritto al cervello.
Sopratutto
quando affacciandomi vidi la ragazzina appesa al collo di un incerto
Raimaru, troppo gentile per sbatterla fuori di casa e richiudergli la
porta in faccia -come avrei fatto io-, allo stesso tempo imbarazzato
dall'assoluta mancanza di rispetto per una cosa chiamato 'spazio
personale' che aveva Hanare.
Mi
salirono diverse battute pungenti alle labbra, che dovetti
inghiottire per evitare di prendermi na fucilata in testa da Kushina.
Per
lei il linguaggio corretto e pulito era una priorità.
E
quando ci si metteva aveva dei pugni così micidiali da far
sembrare Lòng un gattino alle prime armi. Il che era un tutto
dire.
“Si,
ehm... credo che gli altri ci attendano al tavolo...” disse
esitante il ragazzo.
E
da quando era così carino con Hanare?
Posai
il soprammobile prima di romperlo per la rabbia o lanciarlo, o farmi
venire una qualche idea di come usarlo come arma contundente.
Mordendomi
la lingua, continuai la mia ricerca.
Non
passarono neanche due minuti, quando sentii la voce della ragazza dei
miei incubi dire “E questo cos'è?” sollevando
l'oggetto che io cercavo da un po' da una mensola dell'altro mobile.
“È
mio quello!” dissi con una certa iperprotettività.
“Davvero?
E cosa dovrebbe essere...? ops...” mentre lo rigirava tra le
dita per vederlo bene, s'è l'era lasciato sfuggire dalle mani.
“Attenta
è delicato!” non riuscii a finire di dirlo che questo
già volava giù, verso la sua inevitabile fine.
Avevo
già pronta una combo di insulti in almeno cinque lingue
diverse. Al diavolo se dopo Kushina mi avrebbe ammazzato.
Fortuna
volle, Raimaru era veloce come un lampo, e aveva da sempre dei
riflessi straordinari. Lo prese al volo.
Con
sempre Hanare attaccata ad un braccio -che questa volta lo lodava per
la sua bravura- lui guardò cos'era il piccolo oggetto.
Io
sospirai internamente.
“Dannazione
a te, dita di pasta frolla! Attenta alla roba non tua!” le
strepitai contro, inghiottendo di traverso le parole che invece avrei
voluto dirle.
“Sei
la solita scorbutica!” mi sibilò lei. “Non so come
faccia Rai-kun a sopportarti tutto il giorno...”
Aprii
la bocca con mille rispostacce in mente. Tuttavia, con un brivido mi
resi conto di avere lo sguardo di Kushina puntato addosso. “Ringrazia
solo che non ho voglia di morire giovane...” bofonchiai “Ora
sediamoci va'”
“Non
credevo lo avessi ancora...” commentò Raimaru, mentre
riusciva a liberarsi dalla ragazza-piovra il tempo necessario per
sedersi.
Io
mi sedetti tra di lui e Minato, mentre l'altra si fiondò
dall'altro lato.
Me
lo porse, e io lo presi grata per il salvataggio in extremis.
Il
piccolo orecchino era di semplice vetro, a forma di bottiglia, verde
con l'estremità del collo della bottiglia colorato con una
goccia di rosso e il gancio dorato.
“Lo
metto poco perché ho paura di rovinarlo... sopratutto in
missione” risposi.
In
verità era che il cuore mi era schizzato in gola al solo
pensiero che quella stronza di Hanare potesse avermelo rotto.
Era
stato un regalo di Raimaru, che mi aveva fatto l'anno scorso. Ma
sopratutto era un bel ricordo di una delle missioni più pazze
e divertenti che ci fossero mai capitate.
Avevamo
dovuto scortare uno straricco proprietario terriero, che aveva pagato
una cifra assurda per una missione che poi alla fine consisté
più che altro a evitare che si facesse male cadendo di faccia
dopo l'ubriacatura colossale che si era preso ad una festa con a tema
gli alcolici.
Il
problema era che anche Genma era con noi, e finita la nostra mansione
ci eravamo seduti ad un bar, e ora non ricordo più bene cosa o
come, ma fattostà che, il 'brindisi alla squadra' si era
trasformata -giuro che non ricordo il come- in una sfida di bevute
tra me e il castano.
Raimaru
e Raido mi avevano consigliato di evitare, ma ero troppo testona per
evitare la sfida lanciata dal beffardo ninja.
E
solo dio sa come ero riuscita a ingurgitare più schifezze di
quella cisterna fatta a uomo di Genma.
Dopo
ero stata male, e il mio povero amico mi aveva dovuto scortare con
calma fino a casa sua, -anche se da quanto ne so, anche Raido si era
dovuto sobbarcare il ninja castano- fermandosi ogni tre passi per
attendere i miei divagamenti o darmi il tempo di spegnere i conati. E
oltretutto mi aveva ospitato in casa sua per evitare che mia madre mi
facesse la pelle per sta cazzata colossale.
Da
quel senso il ragazzo era da fare santo. Il fatto che riuscisse a
sopportarmi era di per sé un gran risultato. Almeno per come
la vedevo io.
Qualche
giorno dopo però se n'era uscito portandomi in regalo quel
piccolo orecchino, fatto a forma di bottiglia verde. Dicendomi che
“Sai, è stato estremamente divertente. Sei... buffa da
ubriaca”
“Buffa
nel senso 'patetica'?” gli avevo risposto io, imbarazzata.
“No,
nel senso di carina. Hai detto un sacco di cavolate, il più
senza senso, ma eri come.. più spontanea ecco” il che mi
fece arrossire. Sia d'imbarazzo, sia per il complimento. Mi aveva
detto che ero carina?
Il
che aveva elevato il rango dell'orecchino da 'affare di vetro senza
valore' a un oggetto d'alta bigiotteria.
Lo
infilai a colpo sicuro nell'orecchio destro, come facevo spesso la
sera.
Gli
altri due orecchini che portavo erano semplici cerchietti d'argento.
Raimaru
fece in tempo a sorridermi, come se anche lui avesse rievocato i
ricordi dell'evento, prima che l'oca al suo altro fianco ne
richiamasse l'attenzione starnazzando.
Fortuna
vuole che la mamma diede in via alla prima portata.
Gli
adulti presto si concentrarono sulle loro chiacchiere, nella quale
includevano spesso Naruto, e il leggendario sannin che era anche lui
ospite alla cena, domandandogli di quanto fosse accaduto in quegli
anni di lontananza.
Hanare
invece stava rincretinendo la povera Ryuko con racconti spropositati
di missioni da lei compiute, nella quale tirava in mezzo Raimaru, che
a occhio e croce sembrava un po' in apprensione per essere tirato
così in mezzo e le sue qualità messe in luce in modo
esagerato.
Era
un ragazzo estremamente modesto, se paragonato al fatto che era
effettivamente considerato un genio della sua generazione, sia per
capacità tecniche che per qualità mentali.
La
bambina aveva ormai quasi dieci anni, ed era simile a Lòng in
molte cose. Portamento, somiglianza fisica e modi di fare.
L'unica
cosa che aveva in comune con il fratello era la forma delle
sopracciglia, più dritte e ferme, e il cipiglio che assumeva
quando voleva lanciarti un'occhiataccia.
Avevano
un qualcosa di tremendamente truce le occhiatacce che lanciava
Raimaru quando voleva fulminarti con lo sguardo, e per questo i due
erano assai simili.
Ryuko
però stava prendendo assai con calma l'accademia ninja, e di
per sé sembrava anche stranamente poco interessata a diventare
Genin.
Io
intanto sbriciolavo i grissini che avevo di fronte cercando di
sfogare il nervoso. No, non li sbriciolavo, li frantumavo, sino a
renderli una sottile polvere che si sarebbe potuta usare di nuovo
come farina.
Perché
diamine doveva esserci anche Hanare? Non poteva, che ne so...
prendersi un influenza fulminante e starsene a casa?
Il
fatto era che, io non mi sentivo mai a mio agio nelle folle. Neppure
tra persone con cui aveva famigliarità. Avere tutto sto
'pubblico' mi rendeva nervosa, senza contare che al minimo accenno a
dire qualcosa di non perfettamente corretto, rischiavi che gli
'adulti' al tavolo ti prendessero in giro, con il loro modo di fare
'bonario' che però a me dava sui nervi. E poi, non volevo fare
brutte figure davanti a Raimaru, o dare appigli ad Hanare per
prendermi in giro. Non lo avrei sopportato... e poi l'avrei dovuta
uccidere per sfogarmi, e non credo che i suoi genitori me ne
avrebbero ringraziato. Anche se, a parer mio sarebbe stata un'opera
pubblica da encomiare...
Non
potevo rischiare di insultare quella scema di Hanare senza rischiare
di essere uccisa da Kushina, o passare per una stronza galattica io.
Però
mi dava un nervoso come si appendeva al gomito di Raimaru... e
accidenti a lui... ma non poteva ficcargli na gomitata tra le costole
in modo 'accidentale'?
Oppure
non poteva dirgli direttamente che non gli interessavano le sue
idiozie ed evitare di risponderle in modo così garbato?
Il
ragazzo sembrava totalmente ignaro del fatto che lei lo stesse
invischiando nella sua 'strategia'. Oppure... era lui a interessarle
lei?
No,
non era possibile...
E
perché no? In fin dei conti lei era carina, i capelli neri
leggermente mossi, gli occhi nocciola della mamma... quando non
trillava come un fischietto rotto poteva sembrare anche
gradevole.
E,
diversamente da me, che scleravo per poco ed ero iper-suscettibile,
lei sembrava più.. adatta alle occasioni sociali. Io per
carattere sembravo di più simpatica come un orso bruno
svegliato in pieno letargo..
Ci
fu un momento in cui lei si rivolse a suo padre, e Raimaru si voltò
a guardarmi.
Notò
il piccolo monumento eretto in briciole di grissino.
“Tutto
bene Hina? Stasera sei stranamente silenziosa...” mi disse
piano. A voce bassa, forse per non attirare l'attenzione di Hanare,
cosa di cui glie ne fui grata.
“No-no...
tutto bene figurati” risposi prontamente.
“è
il casino ad innervosirti vero?”
“Eh?”
“Sei
sempre tesa quando stai in mezzo alle persone. Non ti piacciono
troppo le serate affollate. D'altra parte ti capisco: neppure io amo
troppo la confusione”
Questo
mi lasciò un attimo ammutolita. Aveva notato. Aveva notato che
ero in apprensione, aveva notato il mio umore e aveva notato che in
generale quando c'era troppo trambusto -e non ero sul lavoro- mi
sentivo in apprensione.
Lui
sorrise, e sentii uno strano sfarfallio nel petto “Su, ormai la
serata è quasi finita. Dopodiché potremo starcene un
po' tranquilli eh?”
“Ehm..
già” risposi solo vagamente.
In
qualche modo, il sapere di non essere sola a non amare queste
occasioni, mi fece rilassare un poco.
La
sensazione durò un attimo. Hanare tornò a voltarsi
verso Rai-kun e dirgli qualcosa. Naturalmente, per me, avrebbe avuto
maggior senso compiuto se si fosse messa a saltare sulla tavola e
mettersi a gridare “Uh Uh, Ah, Ah!” Ma
a quanto pare ero l'unica a pensarla in quella maniera. Forse ero io
quella sbagliata, in fondo. Ne
ebbi la conferma quando, a seguito di quegli idioti sproloqui senza
senso, Rai-kun gli rivolse quello stesso sorriso che credevo avesse
voluto regalare a me sola. Avrei
giurato che Genma si fosse nascosto sotto il tavolo al solo scopo di
tirarmi una selva di senbon nel cuore. E poi, sbaglio o quella
zocc... ahem, ragazza, mi aveva lanciato un ghigno
divertito? Sembrava
volesse dirmi: “E' inutile, bella mia... Potrai essere brava
quanto vuoi come ninja, ma come donna... Contro di me non hai alcuna
chance!” Cercai
di scacciare la visione che aveva subdolamente invaso la mia mente:
quella di una certa zitellaccia acida di mia conoscenza, bionda, con
le tette grosse, brava con le arti mediche, con un alta capacità
di sopportazione dell'alcool... Oh, dei no, tutto ma non diventare
una seconda Tsunade! Non
mentre Raimaru sfornava un esercito di bimbi dal ciuffo
bianco-argento e gli occhi color nocciola con quella gatta in
calore... Scossi
la testa con violenza la testa per cercare di scacciare dalla testa
quella terribile immagine. “Scu-scusate...
De-devo andare un attimo a lavarmi le mani...” Feci, rivolta
alla mamma, che mi diede un cenno d'assenso. Anche se nel farlo,
naturalmente, inclinò la testa come un gufo. Quella era la
tipica espressione che faceva quando voleva leggermi dentro, intuendo
che ci fosse qualcosa che non andava. Espressione che non avevo
ancora imparato a reggere. Dato che avrei resistito molto di più
avendo davanti un Ibiki ispirato. Fuggii
alla velocità della luce verso il bagno e mi ci chiusi dentro,
dandomi mentalmente della stupida. Dannazione, ero un ANBU! Ero
capace di assumere una maschera di fredda indifferenza, quando
volevo, no? E poi... E poi, se anche avesse scelto veramente quella
là... Non potevo mica passare tutta la vita con l'acidità
di stomaco, giusto? Dovevo imparare
a controllarmi, dovevo imparare a fingere, dovevo... Mi
fermai un istante ed emisi un sospiro. Possibile che fosse bastato un
gioco di sguardi per far partire il mio cervello a tutta velocità
verso seghementalilandia? Mi sciacquai la faccia, arrossata e
accaldata, poi uscii. Trovandomi
ad un centimetro dalla faccia il colpevole di tutto questo. “Come
stai?” “Bene,
Raimaru, non preoccuparti sempre per me...” “E'
che mi sembravi scossa per qualcosa...” “Ripeto,
Rai: non è necessario che tu mi faccia da balia!”
Esclamai, quasi con rabbia. Un'ondata di sensazioni negative mi
vennero da lei, la mia 'cara vocina nel cervello'. Sembrava ridesse
di ciò che vedeva. Raimaru
rimase sorpreso da quella mia reazione, e si allontanò di un
passo. Ecco, sicuro come il fatto che Genma barava a carte, ora mi
avrebbe piantato in asso, maledicendo il mio caratteraccio, come
facevano tutti. E invece no. “Non
so tu, ma io, senza le tue battutine sarcastiche, non riesco a
reggere un altro minuto Hanare che tenta malamente di plagiare mia
sorella, chiaro? Quindi ora torna a tavola con me. E' un ordine del
tuo caposquadra, chiaro?” Maledetto
Raimaru... Una si preparava a fare l'indifferente, quella posata e
calma e poi... Lui mi scioglieva il cuore così? Non era
corretto, dannazione! Quando
mi sedetti, notai che Hanare aveva gli occhi fissi su di me. Era odio
quello che le leggevo nello sguardo? Al contrario, mamma sfoggiava un
sorrisone a trentadue denti. Non ne compresi il motivo, fino a che
non incrociai il mio riflesso su uno degli specchi della sala. Ah
ecco... trasudavo felicità. E
che ci potevo fare se un suo minimo gesto mi rendeva puntualmente una
normalissima quindicenne idiota, invece che una letale ninja
d'elite? Ad
ogni buon conto, riuscii a trascorrere la serata in modo molto più
sereno (con gran scorno per l'oca starnazzante, che per uno strano
errore non era su piatto di portata, ma seduta a fianco di
Raimaru...)
Eravamo
ormai quasi alla fine di quella serata che pareva interminabile,
quando Hanare notò una foto, appesa lungo la parete alla mia
destra.
“Oh,
quella è una foto di papà e Lòng da piccoli?”
chiese ad alta voce Hanare.
Era
una foto del Team Minato, con Obito che guardava in cagnesco Kakashi,
che lo stava ignorando e una sorridente Lòng.
“Mamma
mia... quanti anni sono già passati...” commentò
Obito.
“Già...
non sembra possibile eh?” commentò Lòng, in tono
nostalgico.
“Concordo.
A pensarci sembrano solo due giorni fa che mi vennero affidati tre
Genin da far diventare Shinobi... sai Lòng, a ripensarci ora,
non direi che eri la stessa persona.
Mi
ricordo che all'epoca avevi un'aria sperduta, ed eri così
piccola... che a primo impatto pensai che non saresti mai riuscita a
sopravvivere una settimana di allenamenti. Ovviamente sbagliavo”
commentò Minato, a sua volta con aria nostalgica.
“Oh,
beh in effetti all'epoca... ero sperduta. Però con voi ho
trovato un motivo per cui lottare e... se non ero la migliore, non
ero neppure la peggiore. E a quanto ho sentito, qualche vizio
qualcuno s'è l'è portato dietro... e non è per
nulla migliorato” commentò ridacchiando Lòng,
lanciando un occhiata a Obito. “Il ritardo qualcuno c'è
l'ha nel sangue...”
“E
a quanto pare è un gene trasmissibile alla prole...”
bofonchiai a mezza voce.
“Era
già un ritardatario all'epoca sensei?” rise Naruto.
Raimaru
sentì le parole di Hina, e si trattenne dal ridere,
dissimulando la cosa con un colpetto di tosse.
“Ehi,
non lo faccio mica di proposito... e poi me ne sono prese di
strigliate pure in merito. Quante volte mi sono sorbito quel noioso
di Kakashi e le sue ramanzine?”
Una
strana sensazione di gelo permeò l'aria. Come se fosse bastato
nominarlo per attirare il nefasto spirito del nukenin e raffreddare
le allegre chiacchiere della tavolata.
“Già,
all'epoca c'era pure lui...” commentò Minato cautamente.
Vidi
l'espressione di Raimaru farsi impercettibilmente più seria.
Lòng
però rise. “Se non vogliamo parlare delle volte che vi
ho dovuto separare... peggio che due cani che litigano per un osso.
Anche se poi, alla fine ti ha coperto spesso le spalle sai? Hai
presente quella volta, quando partisti per recuperare quel ninnolo
che la signora che proteggevamo aveva perso? Quella strana tizia con
i capelli fuxia! Ecco, fu lui, non io a passarti dietro e coprire le
tue tracce...”
“Davvero?
Beh non lo sapevo proprio”
“Ah,
Kakashi è sempre stato così... contorto. Gli piaceva
complicare anche le cose più semplici... ma era di buon cuore
alla fine...” commentò piano Lòng.
Ci
fu un attimo di silenzio.
“Ora
però c'è una taglia su di lui no?” domandò
stupidamente Hanare.
Lo
sguardo di Lòng si fece percettibilmente più scuro.
Come se, nonostante tutto non si fosse ancora rassegnata al fatto che
suo marito era un delinquente.
Dopo
un significativo silenzio Minato rispose. “Sessanta milioni di
ryo, l'ultima volta che ho controllato”
“Sono
tantissimi soldi...” commentò lei.
“È
un nukenin classificato di rango 'S' è abbastanza normale”
rispose pacatamente Raimaru. In questi anni era riuscito in qualche
modo a prendere la cosa un po' più con calma, o quanto meno a
nascondere meglio quello che provava e a controllarlo. Il vecchio
Raimaru sarebbe già uscito di casa sbattendo la porta.
“Trovo
strano che nessuno l'abbia già catturato...” disse lei
con espressione pensosa. Ma quella ragazzina aveva la segatura nel
cervello a insistere tanto in un argomento che era evidente metteva
in imbarazzo l'intera tavolata?
Molti
non parlavano per non offendere o ferire i sentimenti di Lòng
e Raimaru, e pure Obito che era stato suo amico, e mio papà
che era il suo sensei. Era un argomento delicato, sulla quale non si
poteva discorrere semplicemente, non senza rischiare di calpestare i
sentimenti di qualcuno.
“Kakashi
era ed è uno dei migliori ninja provenienti dal nostro
villaggio. Sono in pochi a poter dire di poterlo affrontare ad armi
pari, e ancor meno che potrebbero anche solo vagamente avere la
possibilità di sopravvivere contando che c'è Itachi
Uchiha a guardargli le spalle. Per quanto ghiotti possano essere i
soldi che pendono sul suo capo dubito che ci sia qualcuno così
abile da pensare di provare ad affrontarlo, così sconsiderato
da provarci e abbastanza bravo da trovarlo” disse freddamente
Lòng.
“Inoltre
poi dovrei vendicarmi: l'unica con diritto di pestarlo, qui o altrove
sono io” disse con un sorrisetto che fece ricordare perché
la chiamavano la 'donna drago'.
“Lòng-sensei,
quando fa così, fa realmente paura lo sa?” le dissi io,
nel tentativo di distrarre la tavolata su un altro argomento.
“Io
mi affilio a Hina. Credimi Lòng, sei davvero spaventosa quando
fai così..” disse Obito.
“Parli
per esperienza Obito?” le domandò Rin, scatenando le
risate della tavolata.
“Jiraiya-san
allora, in questi anni è riuscito a mettere un po' di sale
nella zucca vuota di mio fratello? A primo impatto direi di no...”
ne uscii io infine, per cambiare definitamente argomento.
Sapevo
che Raimaru, per quanto ora riuscisse a gestire la cosa con molta più
razionalità, per lui restava sempre una ferita aperta, oltre
che un argomento ostico, e di cui parlava a malavoglia. Non gli
piaceva aprirsi, non su quello.
Manco
rimasi a sentire la risposta del sannin. Tanto non appena presero
l'imbeccata dell'argomento, presero subito come centro per le allegre
frecciatine il mio povero fratello maggiore.
Girandomi,
incrociai lo sguardo del ragazzo albino.
“Grazie...”
mormorò.
Gli
risposi solo con un sorriso.
Fortuna
vuole, la serata si concluse prima che la mio istinto omicida
superasse quello di sopravvivenza, e mi scatenassi contro Hanare
anche a rischio di prendermele.
Salutammo
gli ospiti, mentre ognuno si dirigeva verso casa propria.
Io
mi buttai sul letto, chiudendo gli occhi.
A
pensarci bene, forse quell'orecchino era meglio se me lo tenevo... in
fin dei conti non volevo far pensare a Rai-kun che disdegnavo il suo
regalo... e poi... forse era più pericoloso lasciarlo
incustodito che non tenerlo addosso.
Sfiorando
la superficie di vetro fresco, m'addormentai.
Angolo
d'autore
Allora:
è assolutamente doveroso da parte mia, ringraziare
infinitamente Xandalphon, che per questo capitolo mi ha aiutato, con
i suoi incredibili consigli nella sua stesura, e data la mia
disperazione, dato che proprio non mi riuscivano, alla fine mi ha
anche mandato un pezzo scritto di suo pungo che ho integrato nel chap
(chi lo conosce probabilmente riconoscerà il suo stile in
mezzo al mio).
Ti
ringrazio Xan =D senza il tuo aiuto non saperei dove sbattere la
testa certe volte. E ti ringrazio anche per sopportare le mie pazzie
di volta in volta e darmi na mano anziché mandarmi a stendere!
La
notizia dell'attacco alla sabbia scosse il palazzo dell'Hokage.
E
ora? Che fare?
Raimaru
e Hina si guardarono da dietro le maschere.
Hanare
non c'era dato che non era un membro effettivo delle ANBU.
La
loro presenza era silenziosa e nascosta dalle ombre proiettate dalle
colonne nella cupa sala delle riunioni.
Era
presente Minato, Danzo e i due vecchi consiglieri. Utatane e
Mitokado.
A
Raimaru e Hina era permesso assistere come ombre dell'Hokage. Quelle
che rimanevano sempre dietro di lui, pronte a morire per la sua
sicurezza. E, nonostante la giovane età Minato aveva imparato
ad avere fiducia nelle capacità dei due.
Raimaru
era estremamente solenne nei confronti dei suoi doveri, mentre
Hina... beh sarebbe morta pur di non deludere le aspettative del
giovane albino, oltre che comunque aveva un senso dell'onore tutto
suo.
“Assolutamente
no! Sarebbe un eccesso!” disse Danzo deciso.
“I
ninja della sabbia sono nostri alleati. L'emergenza è grave.
Ho già mandato il team Obito da loro ma..”
“No.
Sarebbe come farsi vedere deboli a mandare addirittura l'Hokage in
loro aiuto. Come se non avessimo altri ninja all'altezza della
situazione. Senza contare che metteremmo in pericolo la sua vita per
un'alleanza incerta” Danzo sembrava inamovibile.
“Incerta?”
“Non
si sono fatti troppi problemi a supportare il villaggio del suono
qualche anno fa...” questa vota però fu Utatane a
parlare.
“Mi
trovo d'accordo con Danzo. Sarebbe consigliabile evitare un suo
coinvolgimento diretto” rincarò Mitokado.
Minato
sembrò sul punto di dirgliene quattro. In fin dei conti non
era poi così segreto che l'Hokage non si fidava del tutto del
ninja d'ombra, e che provasse ben poca simpatia per lui.
“Molto
bene non interverrò... io. Aki, Ise!” le due ANBU
scattarono, mettendosi con un ginocchio posato in terra, vicino
all'Hokage, pronte a ricevere ordini.
“Andrete
voi due in mia vece, come supporto alla sabbia. Avvertite anche il
team Gai. E prendete Hanare con voi. Aki, voglio che tu dia un
giudizio finale su di lei riguardo alla sua domanda”
“Si,
Hokage-sama” rispose Raimaru da dietro la maschera.
“Avete
un ora da adesso per prepararvi e avvertire la squadra Gai. La
scorterete lungo la via. Questa è una missione ufficiale,
potete togliervi le maschere”
Con
un cenno di saluto, e un inchino le due ANBU sparirono.
A
Danzo si strinsero gli occhi. Gira e rigira Minato trovava sempre un
modo per aggirare le situazioni... ma sopratutto... gli invidiava un
po' quel ninja dai capelli bianchi.
Aveva
un raro talento e una fredda logica che tanto apprezzava nei suoi
sottoposti. Doveva trovare più informazioni su questo 'Aki'.
Sia
chiaro, sapeva bene che era Raimaru, il figlio della 'donna drago'
come la chiamavano in certi ambienti. Ma Minato era stato stranamente
scrupoloso nel nascondere capacità e abilità del
giovane ninja.
Prima
di tutto i due trovarono Gai.
“Siete
stati convocati per una missione d'urgenza. Tra mezz'ora si parte.
Appuntamento alle porte sud della città. Saremo la vostra
scorta” informò Raimaru, prima di sparire nuovamente,
alla ricerca di Hanare.
Una
volta che la trovò gli disse altrettanto.
Lui
e Hina furono i primi a raggiungere la porta sud. Questa volta però
avevano indossato il giubbotto verde anziché quello grigio.
Era
una missione ufficiale, per cui non serviva nascondere l'identità.
“Secondo
te ce la farà Hanare sta volta?” chiese Hina.
“Lo
spero per lei. È la sua ultima possibilità”
rispose l'altro. Dopo un momento chiese “Ma poi perché
la tratti sempre così male?”
Hina
strinse le spalle “è più forte di me. È
troppo spassoso prenderla per il naso... si irrita tanto...” e
perché ti guarda con occhi smielati e ti salta addosso ad ogni
occasione buona.. Pensò senza dirlo.
Raimaru
ridacchiò. “Sei sempre la solita..”
Hina
scrollò le spalle “Se non ci fossi io a movimentare un
po' la cosa saresti sempre e solo una noia mortale...”
“Vero,
senza di te le missioni sarebbero parecchio più noiose”
ammise l'albino, facendo inconsapevolmente sfarfallare il cuore della
bionda.
Lei
agitò una mano con noncuranza. “Che ci posso fare? Sono
essenziale...” lo disse però con un sorriso.
Raimaru
rise di nuovo. Conosceva la sua amica, e sapeva che dietro le
sbruffonate aveva un gran cuore, inoltre aveva capito da tempo che
tutto sto darsi le arie era solo un modo di fare suo, non era
veramente altera come certe volte appariva.
Inoltre...
con lui non si era mai comportata male.
“Sai
potremmo...” iniziò Raimaru.
“Eccoci!
Nel trionfo della giovinezza!” arrivò urlando Gai.
“Giovinezza
sull'orlo degli 'anta' Gai...” gli fece notare con malizia
Hina.
Questo
fece ridere l'uomo “Non scherziamo sono ancora un giovincello!”
rispose l'altro, mettendosi in una posa da 'figo'.
Hina
si limitò ad alzare appena il suo sopracciglio biondo.
“Maestro
Gai lei è sempre il migliore!” riprese con sentimento
Rock Lee.
Tenten
e Neji sospirarono. “Ma sono sempre così?” domandò
Hina.
“Si...”
sospirò dolosamente Tenten.
“E
siete in squadra con lui da tutti sti anni? Che voglia...”
commentò senza peli sulla lingua la bionda.
“In
effetti...” concordò Tenten in un moto di cameratismo
femminile.
Aspettarono
dieci minuti. “Quella baka è sempre in ritardo”
sbuffò Hina.
“Se
non arriva entro cinque minuti partiamo senza di lei. Hina...”
“Si,
si lo so”
I
due si capirono con uno sguardo. Anche se fosse arrivato, lei non
doveva sapere che questo era il suo 'esame'. Doveva comportarsi
normalmente.
Arrivò
in extremis.
“Eccomi...”
rischiò d'inciampare su un sasso, ma riuscì a tenersi
in piedi e sorrise al gruppo.
“Bene.
Ora ci siamo tutti. Si può partire!” disse Gai pimpante.
“Gai,
come ritiene di dover procedere?” domandò Raimaru, dopo
aver gettato un'occhiata bieca a Hanare che gli sorrise con aria di
scuse. Gai parve rimanere spiazzato.
“Oh,
beh si...”
“Al
momento è lei il jonin più anziano presente, e la
nostra missione è di farle da scorta. Per tanto prenderemo
ordini da lei” si spiegò Raimaru.
“Direi
di andare a tutta velocità verso il villaggio della sabbia,
potrebbero essere nei guai...”
“Quindi
è davvero l'Akatsuki?” domandò Tenten.
“Così
sembrerebbe” confermò Gai, mettendosi in marcia.
“Sei
in ritardo... di nuovo” sibilò Hina in direzione di
Hanare prima di partire.
La
ninja castana strinse i denti ma una volta tanto non disse nulla.
La
squadra prese quindi a correre dietro agli esagitati Gai e Rock Lee.
Tenten
ogni tanto protestava con Hanare del ritmo decisamente eccessivo.
Neji, Raimaru e Hina per lo più risparmiavano fiato per
correre.
Quando
riuscirono a riunirsi all'altra squadra erano praticamente in vista
del villaggio della sabbia.
Avevano
fatto solo una breve pausa per riposare.
“Hai
visto? Siamo arrivati! La giovinezza trionfa sempre...”
“Alla
faccia della giovinezza... questo è... è...” Hina
non trovava un termine adatto per definire Gai.
“Come
avete fatto a raggiungerci?” chiese Saukra.
“Correndo
come pazzi appresso a sto baka ecco come...” rispose Hina.
“Gai,
non credi di avere esagerato un po'?” chiese Obito, vedendo che
tutti i nuovi membri della squadra arrivata sembravano tirati dalla
fatica, marci di sudore e con una urgente necessità di
dormire.
“Questa
era la nostra sfida! E l'abbiamo vinta! Ora forza! Gioventù al
villaggiooo!” e si buttò verso suna.
“Se
dice ancora una volta la parola gioventù credo che potrei
mettergli un kunai in...”
“Risparmia
fiato Hina...” rispose pacatamente Raimaru, mettendo a tacere
l'amica prima che dicesse cose poco consone al suo rango e ruolo.
Però
pure Neji e Tenten a occhio sembravano d'accordo con lei.
“Konoha
ha quindi mandato un'altra squadra in supporto?” domandò
Temari, mentre proseguivano verso casa sua.
“In
realtà sono due. La quadra Gai e la squadra Kasai. L'Hokage ci
ha mandato in aiuto, con l'ordine di supportarvi al meglio possibile
sino a che l'emergenza non sia terminata” rispose Raimaru.
“Non
mi sembra di averti mai visto a Konoha a voi due. Eppure con sti
esami dei chunin mi sembrava di aver visto un po' tutti...”
“Normalmente
non lavoriamo... a viso scoperto ecco” disse Raimaru.
“Oh,
delle ANBU, capisco” rispose la ragazza, che continuò a
fissare di traverso Raimaru.
“Ehi,
vuoi na cartolina per caso?” chiese Hina, dopo un po' che
sopportò le occhiate scrutatrici di Temari, gettate sia a
Raimaru che a lei.
“Mi
sembra di averti già visto... in passato. Aspetta... non sarai
mica il bimbo degli esami dei chunin? Quelli di quanto... sei anni
fa?”
“Ehm...
si” rispose Raimaru, senza comprendere lo stupore della
ragazza.
“Non
fosse per l'insolito colore che hai dei capelli credo non ti avrei
mai riconosciuto...” il suo discorso fu troncato da un uomo che
arrivò di corsa verso di lei.
“Tu
invece... sei la bimba dell'Hokage?”
“Si,
sono la secondogenita. La sorella del baka laggiù”
“Temari-sama!”
“Che
succede?”
“Finalmente
è arrivata. Kankuro è stato aggredito. È in
infermeria...”
La
bionda non stava più ascoltando. Era partita a tutta velocità,
e a noi non rimase che seguirla.
Angolo
d'autore
Ok,
sto capitolo ho deciso di pubblicarlo. Punto e basta.
E
colgo anche l'occasione per dire che, salvo eventi del tutto
inaspettati e letali, mi sopporterete ancora a lungo, poiché
sta ff si sta rivelando già di per se incredibilmente lunga
-visto che io, nei miei capitoli pronti sto scrivendo il numero 100-,
e ancora non è per NIENTE finita.
Come
se non bastasse, l'altro giorno mi si è accesa una sorta di
lampadina, e mi sono già appuntata alcune idee per non solo un
seguito della storia, che coprirà il 'dopo serie' di Naruto,
-ossia gli eventi dopo la guerra, poiché il Nothing#2.1 finirà
con il finire della 4a guerra ninja- ma anche per una storia ancora
dopo a questa.
In
pratica, gente, spero che non vi stufiate di me perché direi
che prima di concludere la serie dei Nothing ci vorrà ancora
DECISAMENTE qualche tempo....
I
ninja corsero all'interno dell'ospedale, dove Kankuro era ricoverato.
Raimaru
seguì Hina e Sakura dentro la stanza di Kankuro. Si era
abituato ad aiutare Hina nel suo lavoro usando il Byakugan.
Passando
tra i corridoi, notò anche che in molti gettarono occhiate un
po' oblique al nutrito gruppo di ninja della foglia, come indecisi se
vederli con sollievo, in quanto alleati che andavano ad aiutarli o se
vederli come potenziali nemici.
“Tu!”
con un ruggito, una signora piuttosto anziana, si tuffò con un
calcio già proteso contro Raimaru.
“Mi
vendicherò Zanna Bianca! Pagherai per la morte di mio figlio!”
Raimaru
si mosse d'istinto, parò il colpo della donna e si spostò
di lato per evitare il calcio, con un movimento fluido bloccò
la mano dell'anziana signora, poi la lasciò per riportarsi a
distanza. Senza scomporsi.
“Ehi
vecchia ma che diavolo volete fare?” domandò Naruto.
“Sorella,
calmati, guardalo bene. Ha quindici anni appena, non può
essere Zanna Bianca della foglia.. e poi Zanna Bianca è morto
anni or sono non ricordi?” la placò un signore
altrettanto anziano.
La
vecchia strinse gli occhi. “Già, hai ragione fratello...
devo dire che ci assomigli parecchio, ma a guardarti bene, in effetti
mi rendo conto che non puoi essere tu. Tu hai gli occhi bianchi,
senza contare che ormai il vecchio Zanna Bianca dovrebbe avere quasi
la mia età”
“Chi
è questo 'Zanna Bianca'?” chiese incuriosito Naruto.
“Era...
mio nonno, credo. La mamma m'è l'ha nominato un paio di volte
solo” rispose Raimaru pacato.
“Tuo
nonno eh? Mh, le generazioni passano, eppure ancora non mi sono fatta
idea di quanto tempo sia già passato...” brontolò
la vecchio Chiyo.
“Vero,
vero. Anche se bisogna ammettere che il ragazzino ci somiglia davvero
molto. Non sapevamo che avesse avuto eredi...” rincarò
l'anziano signore.
“In
verità conosco ben poco di lui signora. Potreste dirmi
qualcosa?” chiese Raimaru incuriosito. Tutti sembravano sapere
dell'esistenza di questo 'Zanna Bianca' ma nessuno sapeva dirgli di
più del fatto che era stato un ninja forte e che fosse
pressoché identico nell'aspetto a quello di suo padre, salvo
per i capelli che teneva lunghi.
“Ma
come, non conosci il tuo retaggio?” le domandò la
vecchia.
Raimaru
scosse la testa. “Di mio nonno restano ben pochi che l'hanno
conosciuto, e mio padre... se n'è andato quando ero molto
piccolo” lo disse con calma, cosa che in effetti stupì
molto Naruto. Un tempo Raimaru a solo nominare suo padre diventava
scontroso ed ombroso.
“Conosco
ben poco nei dettagli. Zanna Bianca era molto temuto però. Era
un nemico spietato e implacabile. Colpiva con veloce ferocia senza
lasciare scampo a nessuno. E oltre a delle tecniche tutte sue, era
uno spadaccino di rara bravura” lo accontentò in parte
Chiyo.
Nel
frattempo Hina e Sakura si erano messe all'opera.
“Rai-kun
ci dai un occhiata?” domandò Hina richiamando
l'attenzione del giovane.
“Subito...”
rispose attivando il Byakugan.
“Gli
organi interni sembrano tutti danneggiati, il sistema circolatorio
sta collassando e il chakra ha difficoltà a fluire... quello
più mal messo sembra il fegato e il cuore” gli rispose
lui dopo un momento.
“Bene
inizierò da lì” Hina si affaccendò,
prendendo il liquido che aveva preparato Sakura.
Le
due erano rivali, ma durante l'operazione era prioritaria la vita del
paziente, per cui ogni nervosismo era stato accantonato, almeno
temporaneamente.
Così
i tre procedettero, con Raimaru che indicava i momenti di crisi, e le
due che invece si prodigavano per salvare Kankuro.
“Non
ho mai pensato di usare il Byakugan così..” ammise poi a
operazione finita Neji.
Raimaru
sorrise “In verità è tutto partito da mia mamma.
Lei ne faceva sempre un ottimo uso combinato, però ovviamente
Hina non lo possiede. Quindi l'aiuto io, dato che anche se non sono
un medico, ho studiato qualcosa...”
“In
effetti è un ottima idea..”
“Tra
le altre cose... prima Temari ha parlato di esami dei chunin.. ne
stanno organizzando di nuovi?” chiese Naruto, incuriosito,
mentre i ninja si rilassavano, e le due ninja medico finivano le
ultime parti del loro lavoro.
“Si.
Bisognerebbe che poi comunicassi a Shika le tue intenzioni
fratellino..” gli disse Hina.
“Intenzioni?
Riguardo a cosa?”
Lei
sbuffò. “Se hai intenzione di partecipare alle selezioni
baka! Sei l'ultimo del tuo anno rimasto genin” “Eh?
Davvero? Anche Sakura-chan..?”
“Si
sono, chunin pure io...” gli comunicò la rosa con un
sorriso, mentre si asciugava le mani in un panno.
“Ommiodio...
cioè sapevo di Rai-kun e...”
“Ehm...
veramente Naruto, io e Neji siamo jonin. Così come Temai-san e
Kankuro-san” gli comunicò Raimaru, facendo cascare la
mascella al biondino sino in terra.
“Uffa...
e Gaara è addirittura diventato Kasekage...” quasi
sembrò sul punto di mettersi a piangere.
“Beh
su Naruto... dopo sei anni con Jiraiya sono certo che recupererai il
tempo perduto in fretta eh?” gli disse con un sorriso Raimaru,
tirandolo su.
“Beh,
ragazzi, io devo preparare l'antidoto. Conviene che il gruppo Gai si
vada a riposare, in attesa che si organizzino le squadre per il
salvataggio” consigliò Sakura, vedendo che Tenten stava
dormendo appoggiata al muro, e pure Raimaru e Hanare avevano l'aria
di chi non desiderava altro che un giaciglio per chiudere occhio.
Perfino l'impassibile Neji sembrava stanco.
C'erano
giusto Rock Lee e Gai che erano ancora pimpanti. Hina non sembrava
troppo provata, ma aveva comunque un'espressione un po' tirata.
“Un
paio di ore di sonno non farebbero schifo, no” ammise Raimaru.
“Ma...”
provò ad obbiettare Rock Lee.
“Niente
ma. Una squadra a pezzi dalla stanchezza non combina nulla di buono.
Inoltre, ci sarebbero comunque ore da attendere perché la cura
sia pronta. Tanto vale che nel frattempo approfittiate
dell'ospitalità della sabbia. Baki!” Temari chiamò
con aria di comando il ninja che un tempo era stato un suo superiore.
“Si?”
“Procura
una stanza per i nostri ospiti mentre il ninja medico lavora. Devono
riposare mentre noi organizziamo le squadre di soccorso”
“Si
signorina. Se volete seguirmi...”
Alloggiò
i ninja nelle prime stanze disponibili, e diede disposizione che due
si occupassero di prendere qualcosa per rifocillarli quando si
sarebbero svegliati.
L'unica
che rimase in piedi fu Sakura, che si adoperò per lo sviluppo
dell'antidoto in prima persona.
Dunque
mentre la rosa si adoperava per sviluppare gli antidoti, i ninja
della foglia riposavano per riprendere energie, e quelli della sabbia
si adoperavano al cento per cento per riuscire a riprendere in pugno
la situazione, e organizzare una squadra di salvataggio per il
Kasekage.
La
vecchia Chiyo invece si stava preparando mentalmente a quella che era
certa, novantanove su cento, sarebbe stata la sua ultima battaglia.
Andò nel vecchio laboratorio, dove un tempo si adoperava prima
con il figlio e poi con il nipote per insegnare l'arte della
creazione delle marionette.
Estrasse
dal vecchio baule un paio di rotoli con la stessa riverenza con cui
un prete prende l'offerta cerimoniale da sull'altare.
E
contemplandoli si preparò.
Diverse
ore dopo, tutto era pronto.
Sakura
aveva sistemato Kankuro, gli aveva somministrato l'antidoto
personalmente, Baki con Temari erano riusciti a riportare una
parvenza di ordine nel villaggio della sabbia, che stavano lavorando
a pieno ritmo per rimuovere le trappole lasciati dai due ninja
dell'Akatsuki.
Gli
altri invece si stavano sistemando le attrezzature in vista della
missione.
Si
ritrovarono tutti insieme.
“Suggerirei
di dividere le nostre formazioni solo se necessario. Insieme saremo
più forti” commentò Neji.
“Sono
d'accordo con te” condivise Raimaru.
I
ninja s'accinsero a partire verso le porte del villaggio.
“Che
tracce seguiremo?” domandò Tenten.
“Non
sono bravo come Kiba, ma se abbiamo una pista olfattiva in genere
riesco a seguirla abbastanza bene” rispose Raimaru.
“Abbiamo
questi” disse Temari mostrando dei brandelli che Kankuro aveva
strappato dalla tunica dell'aggressore.
L'albino
li prese e dopo averli esaminati li ripose con cura in una tasca.
“Purtroppo
il villaggio della sabbia non potrà esservi di grande aiuto.
Le nostre squadre sono tutte impegnate nel liberare le vittime dei
crolli e...”
“Non
preoccupatevi. È normale in situazioni come queste”
rispose Obito con un sorriso.
“Sarebbe
bene però che uno di noi vada con loro, almeno solo per la
conoscenza del territorio...” intervenne Baki.
“Andrò
io!” la vecchia Chiyo saltò giù dal muretto dove
si trovava con eccezionale grazia, considerata la ormai veneranda
età.
“Ma,
saggia Chiyo...” provò a ribattere Temari.
“Ormai
alla mia età non mi aspetto più di vivere a lungo.
Dammi la gioia di poter rivedere mio nipote almeno una volta. E poi,
spetterà a voi giovani guidare la sabbia, per tanto è
giusto che rimaniate voi qui ad avere cura del villaggio”
Fortuna
voleva che tutto il gruppo era abbastanza abituato a riposi brevi.
Naruto
sembrava il più scalpitante all'idea di dover salvare Gaara, e
rimaneva quasi sempre a fianco di Raimaru, in cima al gruppo, che li
guidava con l'olfatto.
La
pista era ormai vecchia di tre giorni, ma era ancora abbastanza
agibile, inoltre la vecchia Chiyo sembrava intuire dove si fossero
voluti ritirare.
“Come
mai quel ragazzo sembra così tanto preoccupato per Gaara?
Voglio dire, non sono neppure dello stesso villaggio...” chiese
Chiyo.
“Mio
fratello è la forza portante della volpe a nove code”
ripose Hina.
“Cosa?”
“Capisce
bene cosa voglia dire il dolore di essere un Jinchuriki, e non
sopporta il pensiero che ad altri venga fatto del male per quel
motivo”
“Aveva
legato molto con Gaara quando si sono scontrati, anni fa. Vedeva in
lui il riflesso di come sarebbe potuto diventare. Un anima dannata,
sola. Al villaggio della foglia la questione del nove code è
stata per lunghi anni -ed è tutt'ora a dir la verità-
un argomento scottante.
Per
anni molti l'anno evitato, trattandolo come un mostro. Per cui anche
quando a saputo che Gaara è diventato Kasekage, ne è
stato geloso, ma al contempo ne ha gioito, poiché voleva dire
che almeno lui ce l'aveva fatta, a superare quella barriera di
pregiudizio e solitudine” spiegò Obito.
Chiyo
annuì, pensosa.
“Ci
sono dei nemici in avvicinamento. Non corrispondono alle trecce
olfattive” avvisò Raimaru il gruppo.
Erano
in una zona particolarmente brulla di terreno, prevalentemente
rocciosa e sabbiosa.
Davanti
a loro apparvero niente meno che Kisame e Itachi.
Hina
vide lo sguardo di Raimaru farsi affilato, mentre osservava intorno a
vedere se fosse arrivato anche il terzo elemento di quel gruppo.
“Siete
di fretta vedo...”
“Chi
diavolo sono sti due?”
“Niente
meno che Itachi Uchiha della foglia e Kisame Hoshigaki, nukenin della
nebbia” rispose Raimaru.
“E
tu chi saresti...?”
“Non
fosse che siamo di fretta non lo consiglierei mai, ma, sarebbe meglio
che qualcuno li aggiri e prosegua sulla via. Ho già visto in
passato il chakra dei due, e questo mi sembra... turbato.
Probabilmente sono solo copie, o comunque dei fasulli messi per farci
perdere tempo” disse piattamente l'albino, ai suoi compagni,
ignorando i due che aveva di fronte.
“Ah,
ora ricordo. Il bambino dai capelli bianchi... allora avevo ragione
nel dire che era meglio eliminarti prima che diventassi una
scocciatura...”
“Probabilmente
avevi ragione” gli ripose direttamente per la prima volta.
I
due ninja attaccarono, ma Obito riuscì a fermare Itachi,
mentre Gai s'occupò di Kisame.
Per
un attimo i due gruppi si scontrarono, e i nuken erano in netto
svantaggio numerico.
“Concentriamoci
su Itachi. Attenti al suo Sharingan, non guardatelo mai negli occhi.
Hina...”
“Ci
sono!” rispose la bionda, mettendosi a correre dietro
all'albino.
Obito
contrastò la palla di fuoco di Itachi, con un'altra palla di
fuoco, che sfrigolarono sullo specchio d'acqua evocato da Kisame.
Intanto,
Rock Lee, Neji e Tenten erano rimasti intrappolati nelle prigioni
acquatiche fatte dai bushin d'acqua di Kisame, ma Gai se ne stava
occupando.
Raimaru
estrasse la katana che portava in spalla.
“Danza
della luna crescente” sembrò dividersi in tre, per
prendere l'avversario su tre lati.
Itachi
li vide arrivare, e saltò verso l'alto, con l'intento di
schivare la spada del ragazzo.
Però
si ritrovò di fronte Hina, che era rimasta dietro Raimaru.
“Tsuuten
Kyaku” Sacro colpo del Tallone.
Itachi
non riuscì a reagire per tempo, prendendo il micidiale colpo
di calcagno della giovane bionda.
S'inabissò
nel terreno, e quando la polvere si diradò gli altri notarono
che Raimaru aveva avuto ragione. Il corpo non era quello di Itachi.
“Chissà
che diavolo di tecnica era...” disse a bassa voce Obito.
“Non
abbiamo tempo per pensarci. Dobbiamo andare avanti. Questa è
una missione di salvataggio” replicò piattamente
Raimaru.
Obito
lo guardò di traverso.
Da
quel senso il piccoletto era tutto suo padre. Tutto senso del dovere
e missione prima di ogni altra cosa. Inoltre era in qualche modo
irritante come riuscisse a prendere le redini del comando, restando
freddo e distaccato durante le azioni.
Si
era messo a disposizione degli altri due capi gruppo, che per diritto
di esperienza e anzianità gli erano superiori, ma ora come ora
era lui a impugnare la situazione.
E
non poteva dargli in alcun modo torto.
Il
salvataggio del Kasekage era prioritario.
“Direi
di procedere con il team Kasai e il team Obito. Gai potrà
raggiungerci in seguito” propose lui.
“Si
io qua me la cavo!” rispose Gai.
“Te
l'ha mai detto nessuno che sei un avversario irritante?” gli
chiese Kisame, data la pantomima che Gai stava tirando fuori, visto
che non si rammentava il suo nome, ripetuto da Raimaru poc'anzi.
“Lee,
vai con loro. Basteranno Tenten e Neji qui. Tieni alto il valore
della giovinezza!”
“Come
desidera Maestro” rispose Lee.
Il
gruppo riprese la marcia, mentre i tre fermarono Kisame.
“Le
tracce s'interrompono qui” disse Raimaru, bloccandosi davanti
ad un enorme masso su cui era posto una carta su cui era scritto il
glifo “Sigillo”
Il
masso era adagiato sul fianco di una montagna, di fronte a questo
correva placidamente un fiume, formando una sorta di 'ansa'. Sospesi
sopra il pelo dell'acqua ora si ritrovava l'intero gruppo di ninja.
“Puoi
vedere oltre la barriera?” gli chiese Obito.
“Ci
provo”
Ci
impiegò diversi secondi.
“Non
riesco a capire bene. Posso dirvi che Gaara è presente, ma non
saprei dire il suo stato di salute. La barriera interferisce con il
mio Byakugan. Ci sono anche altri ninja con lui. Almeno due”
“Sei
sicuro di non avere visto altro?” gli chiese Naruto, impetuoso.
“L'ho
detto: non riesco a vedere con chiarezza. Inoltre... è
difficile da spiegare. Sembra ci sia una sorta di... statua, ma
emette chakra, il che mi confonde”
“Già
ma come facciamo ad entrare?” domandò Rock Lee, dopo
aver provato a tirare un colpo alla pietra, senza successo.
“Io
purtroppo non ci capisco niente di sigilli” ammise Obito.
“Jiraiya
sensei mi ha detto qualcosa, ma non sono mai riuscito a
comprenderli... sono troppo complessi” disse Naruto, osservando
il sigillo con faccia dispiaciuta e impaziente.
“Io,
purtroppo non conosco questo schema..” disse invece Chiyo.
“Rai-kun
pensi di metterci ancora molto?” domandò Hina.
“Uh?
Scusate, stavo riflettendo. Che dicevate?”
“Tu
pensi troppo. Sai che sigillo è?” gli domandò
Hina.
Lui
si guardò intorno “Ancora non l'avevo detto? È
una barriera a cinque sigilli” rispose l'albino.
“No,
non l'avevi detto. E comunque come lo sai?” chiese Naruto.
“Me
li ha insegnati Minato-sensei. Quanto meno a riconoscerli. Comporli è
molto più difficile. Vediamo, stavo cercando di individuare
gli altri quattro...
Vedete
questo è solo il sigillo principale, qui introno, per massimo
raggio di un chilometro ce ne dovrebbero essere altri quattro. Per
essere disattivato i sigilli devono essere rimossi tutti e cinque
contemporaneamente”
“Rai-kun
sei incredibile!” squittì Hanare, facendo rizzare i
capelli ad Hina, che però si limitò a tenere
un'espressione neutra, o quanto di più simile al neutro
riuscisse.
Raimaru
quasi non se ne accorse, mentre il suo sguardo saettava da un luogo
all'altro. Impossibile dire quanto stesse vedendo lontano grazie al
Byakugan.
“Trovati!”
disse con un sorrisetto.
“Io
sono il più veloce, prenderò il più lontano. Si
trova a circa seicento metri da qui, su una roccia a sud.
Hina,
tu prendi quello a sud-ovest, lo troverai su una roccia sotto ad un
albero, in riva al fiume, a circa quattrocento metri.
Hanare,
tu prendi quello a ovest, duecento metri da qui è sulla
corteccia di un albero.
Rock
Lee, duecentottantatré metri a est. Un sasso nell'erba, sul
fianco della collinetta”
“Aspetta
Raimaru, come facciamo a sapere qual'è il momento giusto per
togliere il sigillo?”
“Hina
hai ancora...” iniziò Raimaru.
Però
la ragazza aveva già sfilato lo zaino da in spalla.
“Eccole”
“Grazie
Hina, mi leggi nel pensiero!” disse il ragazzo con un sorriso,
prendendo le cuffie con la ricetrasmittente, facendo arrossire la
ragazza.
Mentre
lui si rivolgeva a Obito per spiegargli il piano Naruto si avvicinò
a Hina.
“Sei
arrossita...” la punzecchiò.
“Sei
daltonico” rispose bruscamente l'altra.
“Non
dirmi che ti...”
L'altra
rivolse uno sguardo di fuoco a Naruto “Un altra parola e ci
penso io a ucciderti” sibilò la ragazza. Al che Naruto
deglutì.
Uffa!
Hina non era proprio più la bambina dolce e carina di una
volta.
“Uffi,
una volta eri più... tenera e carina...!”
“Zitto
e ascolta”
“Con
queste possiamo rimanere in contatto, darò il via e uno di voi
qui deve togliere il sigillo. In quanto alla roccia.. credo possa
pensarci Sakura. Tuttavia dovrete contare che ci metteremo tempo per
ritornare a darvi supporto” disse Raimaru, dando una radio a
Obito, e distribuendo le altre tra i suoi membri della squadra e
equipaggiandone una lui stesso.
“Molto
bene. Sakura preparati. Naruto... niente colpi di testa!” si
raccomandò Obito.
“Come
se servisse a qualcosa dirglielo...” sbuffò Hina, ma con
un sorrisetto.
“Stai
attenta nee-chan”
“Cerca
di non fare troppe scemenze” le rispose per contro.
Raimaru
si accovacciò. “Pronti?”
I
ninja si misero in posizione, annuendo.
“Via!”
l'albino fece una mossa che per certi versi ricordò a Naruto i
nuotatori.
I
nuotatori quando arrivavano a fondo vasca, facevano una sorta di
capriola, calciando poi il bordo della piscina per darsi lo slancio a
ritornare indietro.
Raimaru
invece saltò sul fianco della roccia che avevano di fronte, e
calciando forte su di questa si diede uno slancio verso la foresta,
prendendo a correre ad una velocità pazzesca. Infatti nel giro
di una manciata di secondi lo persero subito di vista.
Chiyo
osservò la scena con espressione impassibile.
“Zanna
Bianca della Foglia...” mormorò. “A quanto pare la
tua leggenda non è morta con te...”
“Sono
in posizione” la voce di Raimaru risuonò nell'auricolare
degli altri quattro.
Il
pensiero di Obito fu 'era il più distante ma è stato il
primo ad arrivare... a quanto pare Minato-sensei non gli ha insegnato
solo un paio di trucchetti...'.
“Ci
sono” la seconda a dare conferma fu Hina.
“Ci
sono anche io Rai-kun!” la voce di Hanare trillò mielosa
nella cuffia. Facendo sospirare Obito, anche se si udì uno
sbuffo nella cuffia che avrebbe scommesso proveniva da Hina.
“Lee,
a che punto sei?” domandò il ragazzo.
“Ehm..
potresti darmi una mano?” rispose il ragazzo.
Ci
fu un secondo di silenzio.
“Vai
a cinque metri più a destra... ok, ora alza lo sguardo”
lo guidò Raimaru.
Certo
che le capacità del Byakugan erano veramente impressionanti...
Obito non smetteva mai di sorprendersene, anche se era stato parecchi
anni in squadra con Lòng.
Mentre
che lo pensava si accovacciò, prendendo posizione sul fianco
della roccia, la mano sul sigillo, pronto a strapparlo.
“Trovato!”
“Ok,
siete tutti in posizione?” domandò Obito..
“Si!”
risposero tutti gli altri quattro.
“Sakura?”
“Ci
sono”
“Al
mio tre” ordinò Obito, con Sakura di fronte a lui che
calzava i suoi guanti.
“Uno...
due... tre!” e strappò il sigillo.
Sakura
partì in quarta, dando una botta tremenda al masso, Obito si
scansò giusto un secondo prima, ritornando sull'acqua assieme
agli altri, guardando la roccia prima creparsi, poi sbriciolarsi ai
loro piedi, sprofondando in acqua.
“Avete
avuto successo?” domandò Hina.
“Si,
obbiettivo distrutto. Ora facciamo irruzione. Rientrate al più
presto” si raccomandò il moro.
“Negativo.
C'erano delle trappole a guardia dei sigilli!” rispose Raimaru.
“Anche
qua sta succedendo qualcosa!” confermò Hina.
“Idem!”
rispose Lee.
“Anche
qui... che schifo è?” chiese Hanare.
Obito
però non poteva più attendere, e con la sua squadra
saltò nella caverna.
Di
fronte al Team Obito c'erano due ninja, uno biondo con un codino alto
e un ciuffo che gli copriva quasi per intero un occhio, e l'altro
sembrava basso e largo come un barile.
Il
biondino era seduto su un ninja con una divisa rossa.
“Gaara!
Ehi tu togliti da sopra Gaara!” esplose subito Naruto.
A
Obito bastò sbirciare con lo Sharingan un secondo. Il ninja
dai capelli rossi era morto. Non v'era più alcun briciolo di
Chakra nel suo corpo.
“Ehi
Gaara! Alzati! Ti sembra il caso di stare lì fermo proprio
ora?”
“Il
primo che griderà eh...” commentò il tipo basso.
“Naruto
ora basta!” lo richiamò all'ordine Obito.
“Ma...
ma...” balbettò Naruto.
“Siete
arrivati un tantino tardi.. vedi?” ridacchiò Deidara,
dando dei leggeri colpetti sul viso di Gaara, che rimase immobile.
Naruto
fece per lanciarsi in avanti.
“Naruto
calmati!” gli ordinò perentorio Obito, gettandosi
davanti a lui per fermarlo.
Non
ci fu nulla da fare. Quando Deidara prese il corpo di Gaara per
portarlo via Naruto gli si precipitò dietro.
“Avremmo
bisogno di rinforzi..” disse Obito alla radio, correndo dietro
a Naruto.
“Temo...
che non potremo aiutarla, Obito-sensei” rispose Raimaru,
ansando nella cuffia.
Un
boato risuonò in lontananza.
“Magari
il resto della squadra Gai arriverò in tempo...” suggerì
Hina.
Poi
però i ragazzi ripresero la battaglia in cui erano impegnati.
“D'accordo.
Cercate di venirci a dare una mano appena potete...”
Imprecando
a denti stretti Obito si pose all'inseguimento di Naruto, fosse anche
solo per tenere sotto controllo il suo allievo troppo impetuoso e
impedire che il nemico usasse questa caratteristica a suo favore.
Disseminati
un po' tutt'intorno al luogo i quattro giovani ninja stavano avendo
non poche difficoltà.
Erano
spuntati dal terreno quatto simulacri che non solo avevano il loro
aspetto, ma sembravano avere anche le loro stesse capacità.
Cosa
che attestò Raimaru, quando vide che il Raimaru-copia usava la
sua stessa tecnica di misto tra juken e kumite. Inoltre quando
estrasse la katana, vide che la usava con la sua stessa tecnica.
“Sembrano
avere le nostre stesse tecniche!” disse Hanare.
“Confermo”
disse Raimaru “Sta usando il mio stesso stile di abilità
marziali...”
“Sottoscrivo”
rispose nel microfono Hina.
“Anche
qua è uguale” partecipò Lee.
“Eppure
devono averlo un punto debole no?” chiese Hanare, anche se la
sua dichiarazione si concluse con uno strillo.
“Brutta
stronza mi hai tagliato i capelli...” ringhiò la
moretta.
“Se
lo dici tu..” se la ridacchiò Hina.
“Sei
simpatica come un... ahhh!” un altro strillo.
“Basta
voi due. Concentratevi!” ordinò Raimaru, saltellando
all'indietro per evitare un colpo di juken della sua controparte.
'Proviamo
con le arti magiche' pensò lui.
Compose
rapidamente i sigilli.
“Katon:
Gokakyuu no Jutsu” con un boato due sfere infuocate
s'incontarono, e poco dopo i due si scontrarono a mezz'aria,
buttandosi uno contro l'altro.
'Questo
è...' Raimaru fece appena in tempo a evitare l'attacco di un
secondo Raimaru, scostandosi e sviscerando con un colpo di katana
quello che aveva di fronte... che esplose in uno sbuffo.
'Conosce
anche il Kage Bushin no Jutsu... è ipotetico pensare che
conosca tutto il mio repertorio di tecniche...'
“Sembra
conoscano anche tutte nostre tecniche...” commentò nella
radio, per avere informazioni dagli altri.
“Assodato!”
gli rispose Hina.
“Questa
stronza conosce anche il mio 'ballo di fiori taglienti'” si
lamentò Hanare.
“Lo
stai dicendo sempre tu...” puntualizzò Hina.
“Lee
come sei messo?” chiese Raimaru, spegnando l'eventuale
replica... ma come mai ste due trovavano sempre il modo per
punzecchiarsi?
“Come
voi. Conosce ogni mia mossa”
Raimaru
si ritrovò però a sorridere.
“Rai-kun
sento da qua che ne stai pensando una..” disse Hina.
“Indovinato...
tu non lo trovi... divertente?” chiese lui.
Gli
altri rimasero in silenzio, solo Hina ridacchiò nella cuffia.
“Combattere
contro sé stessi. In effetti è una bella sfida”
ammise la biondina.
Lo
strilletto di Hanare però interruppe l'ilarità del
momento.
“Hanare
stai bene?” domandò Raimaru.
Hina,
dentro di sé sbuffò.
Com'è
che con quella piccola incapace era sempre così carino?
Scartò
un pungo della Hina falsa, e rispose a sua volta con un calcio che la
copia evitò.
Fosse
stato dal suo punto di vista, suo padre non avrebbe manco dato la
possibilità a quella di entrare nelle ANBU.
Ma,
a onor del vero forse non era neanche troppo imparziale il suo
giudizio.
“Si...
credo”
“Dobbiamo
concludere in fretta. L'altra squadra ha bisogno di noi...”
“Come
possiamo fare?” chiese Lee.
Ci
fu un qualche minuto di silenzio, dove il quartetto si limitò
a combattere.
“Ho
un piano” disse Raimaru.
Obito
aveva una certa difficoltà a seguire e tenere sotto controllo
Naruto. A tratti sembrava che il chakra della volpe tendesse a
uscire, e i sui occhi azzurri si coloravano di rosso, la pupilla si
faceva verticale.
“Naruto
ora calmati. Quello è un nemico pericoloso, e ha tecniche a
medio-lungo raggio. Uno dei nemici peggiori che potresti trovare tu,
che sei specializzato nel medio-corto.
Ci
vogliono tecniche adeguate per abbattere un nemico simile. Fortuna
vuole che non ho passato tutti questi anni solo ad annoiarmi” “Vuole
dire che ha una tecnica nuova?” domandò il biondo.
“Precisamene.
Ora sta a guardare. Mi ci vorrà un momento..”
Obito
quindi iniziò a concentrare il chakra nel suo occhio destro.
Lo
Sharingan ipnotico comparve nel suo occhio.
Aveva
messo una notevole dose di tempo e impegno per migliorarsi nell'uso
dello Sharingan.
La
sconfitta che aveva subito da parte di Kakashi era stata piuttosto
clamorosa, e l'aveva lasciato non poco ferito nell'orgoglio.
Nonostante
tutto non aveva ancora un controllo così perfetto del Kamui.
Lo
spazio iniziò a distorcersi intorno al braccio destro di
Deidara.
“Ancora
un istante...” disse Obito.
Si
concentrò ulteriormente.
“Kamui!”
il braccio del nukenin biondo venne tranciato di netto.
Naruto
poi in uno scatto di velocità, riuscì ad approfittare
dell'attimo di shock del nukenin per saltare sul pennuto d'argilla
del ninja, e tirarlo verso terra, usando il rasengan per tagliargli
le ali.
Nel
contempo dentro la caverna, la vecchia Chiyo si stava concentrando
con Sakura per combattere contro Sasori della sabbia rossa.
Sakura
era rimasta molto stupita nel vedere che la vecchia per essere
anziana se la cavava ancora molto egregiamente.
Non
solo, ma sembrava riuscire a tenere testa a suo nipote con le
tecniche delle marionette.
Sakura,
dentro di sé, si ritrovò a provare almeno un poco di
pietà per Sasori, quando venne a sapere che le due marionette
che Chiyo usava erano le rappresentazioni del padre e della madre di
Sasori.
“Loro
sono stati uccisi da..?”
“Precisamente.
Fu il nonno del ragazzino dai capelli bianchi a porre fine alle loro
vite. All'epoca la sabbia era in guerra con la foglia”
“Io...
mi dispiace” disse Sakura.
“E
di cosa ragazza? Te non eri neppure ancora stata concepita quando ciò
accadde. E poi... sono cose che succedono in guerra sai? Il più
forte vince, il più debole muore. È sempre così,
per ogni cosa.
Quel
giorno, il mio ragazzo trovò sulla sua strada qualcuno di più
forte di lui, tutto qua”
“Vero,
ma ora stiamo cercando di costruire un futuro di pace.
Io...
voglio combattere. Sasori deve sapere qualcosa di Orochimaru. E io
voglio quelle informazioni, perché possono... salvare altre
vite” soprattutto quella di Sasuke. Lei... quella che
veniva sempre lasciata indietro. Sasuke e Naruto sembravano sempre
tre passi davanti a lei. Era lei quella che li guardava correre di
fronte a sé, protetta dai due.
Era
ora di cambiare registro, e lei non si sarebbe tirata indietro.
“Usi
me come marionetta” disse la rosa, quando una delle due di
Chiyo venne invalidata da un attacco della marionetta del Kasekage di
Sasori.
Si,
questa volta sarebbe stata lei a fare la differenza, promise a sé
stessa.
Angolo
d'autore
Aggiornamento
anticipato. Così a Gratis.
Se
in futuro vedremo diversi cadaveri nella storia, incolpate l'attacco
dei giganti. Brutta influenza...
“Lo
sapevo Rai-kun sei il migliore...!” squittì Hanare.
“Sentiamo”
si limitò a dire Hina, mandando mentalmente a stendere
Hanare... ma come faceva ad essere così patetica?
“Le
nostre copie sembrano avere tutte le nostre abilità... ma è
plausibile presumere che però non abbiano che ne so... la
nostra memoria.
Nel
senso... se noi ci raggruppassimo, e combattessimo in gruppo è
possibile che non sappiano contrastare le tecniche combinate, poiché
conoscono solo... noi stessi. Potrebbe essere un piano per
sbrigarcela alla svelta. Dobbiamo andare ad aiutare Naru-kun e gli
altri”
“Ha
senso. Ci muoviamo tutti verso il centro?” propose Hina.
“D'accordo”
approvò Raimaru.
Il
piano funzionò più o meno bene.
Lee
rimase indietro, trattenuto dalla sua copia che ricercò uno
scontro diretto.
Raimaru
quando giunse sul luogo era piuttosto sudato, e leggermente ansante,
Hina era invece seria in volto, impegnata a schivare la sua
controparte.
“A
quanto pare siamo i primi” disse Hina, mettendosi schiena a
schiena con il ragazzo.
“Hanare
è vicina... Lee di meno” ripose lui dopo aver esaminato
i dintorni.
“Idee?”
domandò lei.
“No.
Improvvisiamo...”
Tuttavia
sembrava che i loro cloni fossero 'preimpostati' per attaccare gli
originali che rappresentavano.
Per
cui Hina si ritrovò a dover sia schivare la copia di Raimaru
che tirava dritto per attaccare l'originale -cosa non semplice dato
che sia copia che l'originale erano estremamente veloci- sia che la
sua copia che le attaccava il fianco.
Raimaru
si era distanziato un poco per cercare di aggirare su un fianco la
copia di Hina.
In
quel momento giunse Hanare.
Nel
giro di una manciata di secondi riuscì a fare diversi danni.
Ignorò
Hina, che aveva di fronte per raggiungere Raimaru, per poi fare un
attacco, la sua 'ballo di fiori taglienti' che consisteva in una
pioggia di shuriken e kunai, lanciati insieme che veniva arricchito
con una sorta di effetto ipnotico che aumentava la portata della
cosa, facendo sembrare alla 'vittima' che ci fossero molte più
armi di quelle che non c'erano veramente.
Peccato
che di mezzo c'era anche la vera Hina, che dovette esporre un fianco,
rischiando di farsi colpire dalla sua copia per evitare l'attacco.
La
copia di Hanare, giunta sul luogo contrastò con un'altra
tecnica ad raggio medio-lungo, tempestando la zona di shuriken.
Hanare
tentò di stare appiccicata a Raimaru, finendo con
l'intralciarlo e mettendo ancora più a rischio la vita di
entrambe.
“Attent...”
Raimaru non fece in tempo. Distratta com'era dal tentare di stare
appiccicato al suo fianco, non vide che era arrivato anche Lee con la
sua copia.
E
ne finì stordita in terra.
“Oh,
beh. Una cretina in meno” commentò Hina, rabbiosa. Però
la prese, togliendola dalle grinfie della sua controparte, mentre
Raimaru le coprì il fianco.
“Tieni
impegnato un attimo il mio...” le disse il ragazzo.
Hina
obbedì.
Raimaru,
con uno scatto di velocità andò contro la copia di
Hanare, e sapendo bene che la debolezza della ragazza era il corpo a
corpo la tartassò con rapidi colpi di arti marziali.
La
copia si ritrasformò in un blocco di pietra, che si sgretolò.
“Bene,
fuori uno” commentò lui.
“Già
ma rimangono altri tre...”
“Lee,
aiuta Hina, io mi occupo del tuo” ordinò Raimaru.
Il
ninja albino conosceva abbastanza bene lo stile di Gai, e Lee era la
sua copia in miniatura.
Il
suo punto debole era l'incapacità di usare tecniche magiche o
illusorie.
'Bene...
proviamo con...'
Si
concentrò. Non fu molto facile, Lee era veloce e veramente
forte. Tuttavia, quando gli si parò davanti, riuscì a
catturarlo in una semplice illusione.
Di
solito i genjutsu non erano molto il suo campo ma ne conosceva
qualcuno elementare.
Approfittò
dell'esitazione della copia del ninja verde per terminarlo.
“Via
due..”
Però
ora restavano quelli che erano, a parere dell'albino i peggiori.
Lui
stesso e Hina.
Hina,
come Lòng e Tsunade, aveva imparato lo stile violento e
devastante che distingueva le due donne.
Ricevere
un colpo di tale portata poteva essere fatale.
Raimaru
era uno specialista di arti magiche e del combattimento ravvicinato,
grazie allo juken.
Lee
al momento stava riuscendo a tenerlo a bada grazie al fatto che
conosceva bene le mosse dello stile Hyuga essendo stato compagno di
squadra di Neji.
Però,
Raimaru in quegli anni aveva lavorato davvero molto. Il suo stile era
cambiato, mescolava con discernimento colpi di kumite a quelli di
juken, creando un armonia di movimenti che erano difficili da
prevedere anche per un esperto di arti marziali come Lee.
Forse
era meglio occuparsi prima di Hina per poi eliminare insieme la sua
di copia.
Concentrò
il chakra negli arti, preparandosi per lo scatto. Aumentò
drasticamente la propria velocità, contando di cercare di
terminare velocemente lo scontro.
Fortuna
voleva che le loro copie sembravano più che altro impegnate ad
attaccare coloro che rappresentavano per cui sembravano dare poco
conto agli altri.
Cogliere
alla sprovvista la copia di Hina non era comunque semplice.
La
ninja era ben addestrata, e la copia ne era uguale -o quasi- di
abilità.
“Lee
ce la fai a tenermi occupato un paio di minuti?” domandò
Raimaru.
“Ci
provo. Sei un osso duro sai?”
“Hina,
diamoci sotto con la tua copia”
“Si!”
La
asserragliarono, sfruttando i movimenti combinati.
Di
solito usavano quella tecnica: Raimaru, veloce e agile, tartassava il
nemico di colpi, offrendogli volutamente una via di fuga, che però
veniva coperta dai colpi micidiali della bionda non appena questo
provava a sfuggire ai colpi dell'albino.
La
strategia funzionò.
La
copia di Hina tentò di disimpegnarsi, per poter tornare al suo
obbiettivo originale... solo che finì colpita in pieno da un
pugno della vera Hina, che la fece sbriciolare in una montagnola di
sassi.
“Bene
resta solo l'ultimo...”
Fece
giusto in tempo a dirlo che venne assalito dalla sua copia, sfuggita
a Lee.
Ruzzolò
all'indietro, ma riuscì a cadere sulle gambe, rimettendosi in
piedi come un gatto.
“Scusa...”
disse Lee, raggiungendolo. L'albino si limitò a scuotere il
capo.
“Diamoci
dentro...” si limitò a dire l'altro.
Nel
frattempo Obito si era allontanato sempre più, pedinando
Deidara assieme a Naruto che sembrava aver perso il lume della
ragione.
Obito
stava iniziando a temere che tutta questa tensione avrebbe fatto
emergere il demone volpe, dato che aveva parlato con Jiraiya a
riguardo, che lo aveva avvisato di prestare molta attenzione. Il
Kyuubi era estremamente pericoloso.
Naruto,
con uno scatto di potenza e velocità precedette il tragitto
del biondo e salì sulle cime degli alberi, attaccando poi
quella sottospecie di piccione volante che usava come mezzo.
La
battaglia fu rapida e cruenta, nella quale Obito si vide costretto ad
intervenire più che altro per tenere a freno l'ira di Naruto.
Deidara,
che era a corto di argilla per le sue esplosioni si ritrovò
presto messo alle strette dall'ira di Naruto, da cui stava iniziando
a fuoriuscire il potente chakra del demone, che lo ricopriva.
Tuttavia,
quando Naruto trovò il corpo senza vita di Gaara parve perdere
il controllo, e Deidara ne approfittò per battere ritirata.
Obito
si dimenticò completamente del ninja di Alba.
Delle
code di chakra rosso stavano iniziando a spuntare da Naruto. Aveva
una gatta -no, volpe- da pelare assai più rognosa e pericolosa
di quella checca bionda con l'accappatoio nero...
Il
Raimaru-copia si stava rivelando ostico, e riuscì a mettere
fuori combattimento Lee.
Però
ora era anche lui ferito, e aveva un braccio inabile, che gli
penzolava lungo il fianco, crepato come una roccia infranta.
“Hina,
sulla sinistra!” si ritrovò stupito, vedendo la sua
compagna esitare, portandosi una mano al ventre, come se fosse stata
colpita, gli occhi sgranati.
Si
precipitò lui, usando gli shuriken per deviare i kunai
lanciati dalla sua controparte.
“Hina
che succede?”
“N-niente”
esitò lei facendo un paio di passi nella sua direzione.
Dato
che aveva il Byakugan attivo vide che Hina aveva delle insolite
fluttuazioni nel chakra.
Dovette
distrarsi per evitare una raffica di armi.
“Katon:
Gokakyuu nò Jutsu!”
“Hina
attenta!” la palla di fuoco l'avrebbe travolta.
La
ragazza però fece un verso strozzato, gli occhi che gli si
facevano vitrei, come se non fosse lì, non vedesse quello che
invece era di fronte, crollando sulle ginocchia.
“No!
Hina!” il terrore che si facesse del male, gli diede una forte
scarica d'adrenalina, si tuffò di fronte alla ragazza.
“Doton:
Doryū
Heki” la vampa di fiamme s'abbattè contro il muro di
terra improvvisato.
“Hina!
Hina!” chiamò lei, mentre teneva la muraglia alta.
La
ragazza era sulle ginocchia, prendeva il fiato a singulti, come se
qualcosa le impedisse di respirare.
Quando
si sentì chiamare sembrò rimettere un po' a fuoco ciò
che aveva di fronte.
“Hina
guardami! Che succede?”
“Rai..”
il suo tono sembrava terrorizzato, e questo non capitava mai alla sua
intrepida bionda! Questo lo scombussolò un poco.
La
sua copia comparve.
“Ora
mi hai rotto!” gridò inferocito il ragazzo.
Doveva
aiutare Hina, non aveva tempo da perdere con quello! Era troppo
sconvolto persino per rendersi conto che non si era mai preoccupato
tanto per altri come faceva per lei ora.
Fece
una cosa che di norma non avrebbe mai fatto: si buttò
d'istinto, improvvisando e spiazzando il nemico.
Atterrò
con le palme praticamente sui piedi della sua immagine. Prese la
testa del nemico tra le due caviglie. Prima che l'altro si riavesse
dalla sorpresa, usando tutta la forza che aveva in corpo, con un
movimento di torsione, gli spezzò di netto l'osso del collo
del nemico.
Non
perse tempo a chiedersi i come o il perché. Tornò da
Hina, che stava ancora boccheggiando con lo sguardo vitreo.
Tentò
di esaminare la situazione.
Il
corpo di lei era mosso da leggeri scatti, come se stesse avendo una
sorta di attacco epilettico.
“Hina?
Hina? Mi senti? Cosa devo fare dannazione?!” era lei il ninja
medico, non lui!
La
mano di lei scattò verso la sua maglia, e s'aggrappò.
“Rai...
Rai-kun” era spaventata.
“S..sono
qui. Che succede?” disse lui, prendendo la mano della ragazza.
“Parlami.
Dammi qualcosa su cui concentrarmi” disse lei con un filo di
voce.
Peccato
che il ragazzo fosse a corto di argomenti.
“Ehm...
sono riuscito a eliminare l'ultimo clone. Lee sembra solo stordito,
per cui immagino si riprenderà presto. A quanto ne so ha la
testa dura come quella di Gai..”
Obito
si dovette ingegnare. La terza coda stava spuntando da Naruto, e la
velocità e potenza del ragazzo-demone erano in rapido aumento.
Si
ricordò ora del sigillo che gli aveva dato Jiraiya. Doveva
solo trovare il modo per avvicinarsi abbastanza...
“Sono
qua!” con un'entrata ad effetto giunse proprio in quel momento
Gai.
“I
ragazzi dove sono?” chiese Obito, preoccupato per Tenten e
Neji.
“Sono
rimasti indietro”
“Gai,
fai da diversivo!” nulla di più facile per il ninja più
casinista di Konoha.
Gai
iniziò a correre introno a Naruto, dandogli un qualcosa su cui
concentrarsi.
Appena
questo si allungò, esponendosi per attaccare Gai, Obito si
lanciò appiccicandogli in fronte il sigillo.
“E
il ninja di alba...?” chiese Gai.
Non
fecero in tempo a dirlo, che ecco, questo spuntò vicino alla
carcassa del suo ex-piccione e con un sorriso sadico... fece saltare
tutto in aria!
“Giù!”
ordinò Obito a Gai, dato che Naruto era ancora stordito in
terra.
Non
ebbe troppo tempo per pensare, per cui dovette usare il kamui in modo
assai grossolano.
Assieme
all'esplosione decapitò anche un paio di alberi, e si ritrovò
al suolo ansante per l'improvviso calo di chakra.
“Tutto
bene?” domandò Gai.
“S...
si credo di si. Dobbiamo ricongiungerci agli altri...” ansimò
Obito.
“Prendo
io Naruto, non preoccuparti” disse Gai, caricandosi a spalla il
biondino svenuto.
Quando
Obito, che portava a spalle il corpo senza vita di Gaara, e Gai, con
a spalle Naruto, tornarono verso il luogo di partenza, vennero
raggiunti sulla via anche da Tenten e Neji. Erano piuttosto stanchi
per la corsa, ma sembravano sani.
Trovarono
Raimaru che aveva allestito una sorta di 'campo di emergenza'.
Sakura
stava aiutando Hina a curare Hanare, Lee e Chiyo, mentre l'albino
teneva sotto controllo la situazione con uno sguardo da falco.
A
Obito ricordò molto lo sguardo che aveva Kakashi quando era
preoccupato ma non voleva darlo a vedere.
“Obito-sensei!
Gai-sensei! State bene! Naru-kun?” chiese il ragazzo
avvistandoli.
“Vivo.
Voi?”
“Per
lo più con qualche graffio. Gaara-sama?”
Obito
scosse la testa.
L'espressione
di Raimaru si fece seria e un po' triste.
Il
corpo di Gaara venne composto sopra una barella di fortuna, mentre
l'albino notava che la sua amica bionda, dopo essersi ripresa, stava
guardando suo fratello con aria preoccupata, che tentava di
dissimulare.
“Chiedo
scusa per non essere riuscito a venirvi in supporto. Siamo stati
bloccati da una trappola nemica. Hanno usato una strana tecnica che
ha creato dei cloni simili in tutto e per tutto a noi. Avevano anche
le nostre tecniche ed abilità...” si scusò
Raimaru con Obito, per distrarsi.
“Non
ti preoccupare. L'importante è che stiamo tutti bene”
“Gaara...”
“Era
già morto quando abbiamo sfondato. Siamo arrivati proprio
troppo tardi”
“Oh...”
Dopo
una pausa Raimaru domandò “E il ninja di Alba?”
“Si
è suicidato facendosi esplodere”
In
quel momento si svegliò Naruto.
“Sakura-chan!
Hina-nee! Non potete fare nulla per Gaara?”
Sakura
si limitò a distogliere lo sguardo.
“È
oltre ogni capacità medica Naru-nii. Non possiamo più
fare nulla per lui”
Questo
sbattè i pugni sul terreno. “Dannazione! Perché
proprio lui? Perché tutte a lui? Perché!”
“In
verità esiste un modo...” intervenne Chiyo. “é
una tecnica di mia invenzione. Può ridare la vita a Gaara!”
“La
prego vecchia... lo faccia!”
“Naru-kun
non so se...” intervenne Raimaru, osservando la vecchia, come
se tentasse di leggerle nel pensiero.
“L'hai
capito dunque. Non ti preoccupare ragazzo. La mia vita è stata
sufficientemente lunga e piena. Ho portato rancore per troppo tempo,
è ora di ripagare il bene che ho ricevuto” disse Chiyo,
sorridendo a Raimaru.
Una
luce azzurra circondò le mani della donna, quando sfiorò
il petto di Gaara.
“Sai
ragazzo, non mi piace ammetterlo, ma sembra che il mito di Zanna
Bianca della Foglia non sia morto con lui. Ma d'altra parte è
giusto così. Le nuove generazioni crescono è scalzano
le vecchie. È la ruota della vita”
“La
ringrazio signora” rispose l'altro, anche se non sembrava certo
di ciò.
Con
un sorriso la donna spirò, mentre Gaara riprese a respirare.
Naruto
era al settimo cielo, però si rese conto che Chiyo era morta.
“Ma... perché?”
Fu
di nuovo sua sorella a rispondere “Quella non era una tecnica
medica, ma un arte di rinascita. Ha trasferito quello che rimaneva
della sua vita dentro Gaara, perché potesse continuare la sua”
In
quel momento una pattuglia di ninja della sabbia arrivò in
soccorso del Kasekage.
E
tutti insieme, acclamarono la loro guida, gioendo di trovarlo vivo.
Hina,
da vicino a Raimaru sorrise e disse “Certo che... meglio tardi
che mai eh?”
Lui
si limitò a un grugnito annuendo.
“Tutto
ok Rai-kun?”
“Si,
certo. Piuttosto... tu come stai?”
“Bene,
bene grazie” rispose la ragazza con un tiepido sorriso.
“Cosa
è successo?” il tono di lui era perentorio.
“Niente
davvero. È stato solo un... leggero malore ecco. Mi dispiace
di averti messo in pericolo”
“Non
si tratta di questo” la sua occhiata era chiara: non me la dai
a bere.
“...”
lei non trovò nulla da dire.
“Perch...”
“Non
è stato niente. Davvero. Ora piantala con sta storia. Manco
mio fratello è così oppressivo”
Questo
cambiamento di faccia spiazzò il ragazzo quanto bastava perché
lei si allontanasse, alzando il mento con aria di superiorità.
Dato
che poi Hanare si risvegliò, e si mise a tampinarlo, non ebbe
più modo di avvicinarsi a lei. Tanto più che dovettero
riprendere la marcia per rientrare al villaggio della sabbia.
In
quei giorni in cui rimasero ancora alla sabbia per aiutarli nella
ripresa, rimase una certa tensione tra Raimaru e Hina, cosa che
Hanare accolse come manna dal cielo.
Pure
Naruto lo notò, provando a chiedere qualcosa a Hina, che però
lo mandò al diavolo senza pensarci troppo.
Fu
solo diversi giorni dopo nella quale il Kasekage, che ormai era di
nuovo in salute, li congedò con i propri ringraziamenti.
Con
l'amicizia rinnovata tra i due paesi, i ninja della foglia presero la
marcia verso casa, con più calma però rispetto
all'andata.
Fu
una di queste sere in cui, Raimaru s'avvicinò a Hina.
“Hina
senti...”
“Raimaru...”
“...
mi dispiace...” dissero praticamente in coro i due.
Si
guardarono e risero, liberandosi dell'impacciato imbarazzo che li
aveva tesi in quei giorni.
In
fin dei conti, la loro amicizia era troppo profonda per risentirne
solo per un piccolo screzio, e, sebbene nessuno dei due l'avrebbe mai
ammesso, si erano mancati l'uno all'altro.
Hina
perché teneva troppo all'amicizia di lui, Raimaru sia perché
teneva a lei, sia perché Hanare si era fatta particolarmente
asfissiante e senza Hina a soccorrerlo aveva rischiato la sanità
mentale e proprio per questo aveva sentito una mancanza quasi
viscerale delle battute pungenti della bionda.
“Senti
Hina... mi dispiace di essere così invasivo davvero. Capisco
che ognuno ha delle cose di cui non vuole parlare solo...” non
terminò la frase ma Hina comprese.
Solo
che tra di noi non era mai capitato.
Per
un attimo fu tentata di parlargli, di spiegargli.
“Ti
ringrazio Rai” disse invece solo.
“Ti
dirò che a me basta che non mi molli più con Hanare.
Credo di avere ancora le orecchie che fischiano” rise l'albino,
facendo, senza saperlo, di nuovo sfarfallare il cuore nel petto della
bionda.
Tuttavia
i due finirono per guardarsi dritto negli occhi uno dell'altro, tutti
e due un po'... incerti. Non erano capaci di mentirsi. Però,
non erano neanche in grado di starsi lontano tenendo il broncio, per
cui optarono per il compromesso di far finta di nulla.
“Va
bene dai... andiamo a mangiare, prima che il baka-sensei si metta a
strillare come un pescivendolo che la cena è pronta”
Il
resto del viaggio fu più agevole, e quando arrivarono a casa,
furono tutti grati della pausa che l'Hokage concesse loro per
riposarsi prima di stendere il rapporto.
Ognuno
tornò alla propria famiglia, raccontando gli avvenimenti della
missione.
Quella
sera Hina era raggomitolata sul letto, lo sguardo puntato fuori dalla
finestra e la testa altrove.
“Hina...
posso?” era la voce di suo padre.
“Papà...
entra”
Minato
entrò nella sua stanza.
“Naruto
mi ha già aggiornato su praticamente tutto quello che mi
serviva sapere... però... stai bene?”
“Certo
che domande sono?”
“Mi
sembravi un po'... giù ecco”
“Figurati
non devi preoccuparti. Tutto a posto” rispose la ragazza, con
un sorriso un po' forzato.
“Hina...”
“Ho
dovuto mentire a Raimaru. Se ne è accorto che è una
bugia. Ecco tutto” esplose lei, con le gote arrossate.
Il
padre sembrò comprendere di cosa stesse parlando.
Lo
sguardo di Minato si fece più scuro, come... triste.
“Io...”
“Non
c'è niente da dire. Non mi piace mentire ecco tutto. Ora,
vorrei dormire per favore” disse lei bruscamente, tirandosi la
coperta su sino al naso e affondando nel cuscino come se volesse
annegarci.
“Ma...
d'accordo. Buonanotte” l'Hokage si arrese con un sospiro e se
ne andò.
A
Minato però, mentre chiudeva la porta gli parve di sentire un
singhiozzo soffocato, e si sentì il cuore farsi piccolo
piccolo.
Angolo d'autore
Dimenticavo di dire, che per motivi di comodità mia, d'ora in poi aggiornerò la domenica, anzichè al lunedì ma la cadenza settimanale non sarà variata.
Per quanti vogliano, ho anche pubblicato una storia su un nuovo Fandom. Si chiama "Attraverso le Ali della Libertà" ed è ambientata nel mondo dell'Attacco dei Giganti. Anche quella storia sarà a cadenza settimanale.
Buona Lettura!
Con
un paio di giorni di riposo, sembravano essere tutti rigenerati.
Lee
e Gai erano tornati ad allenarsi come pazzi, proponendo sfide
impossibili e strappando sospiri esasperati agli altri due componenti
di team.
Obito
era ritornato ad allenare Naruto e Sakura, con il primo che si
sorbiva una ramanzina per la sua eccessiva impetuosità.
Inoltre,
si era aggiunto al loro team un nuovo elemento: Sai.
Era
un tipo strano e soprattutto Naruto lo guardava storto. Assomigliava
troppo a Sasuke e aveva un modo di fare che lo irritava nel profondo.
Così
mentre il team 7 cercava di digerire il nuovo arrivato, la sera,
vennero convocati Raimaru, Hina e Hanare per il rapporto.
Si
ritrovarono nell'ufficio dell'Hokage, a sera quando ormai tutti si
stavano ritirando a casa per cena e anche le altre ANBU avevano i
loro compiti o erano andate a riposo.
Raimaru,
in qualità di capitano della squadra, aveva già
diligentemente stilato il rapporto, ed espose gli avvenimenti con
parole coincise ma esaurienti.
“Dunque
cosa dici a riguardo dell'ammissione di Hanare nelle ANBU?” gli
domandò Minato, che però stava valutando che sua figlia
oggi sembrava più tranquilla. A quanto ne sapeva, durante la
mattina si era allenata con Raimaru, e sembrava più...
sciolta.
Raimaru
fece un piccolo sospiro, mentre Hanare sembrava voler saltellare,
come se avesse la vittoria già in pungo.
“Ritengo
Hanare inadeguata a diventare un ANBU”
“Co-cosa?”
la morettina era allibita. Per poco non le caddero le braccia.
Raimaru
però non la guardò, continuando a fissare Minato.
“Ha
dimostrato di avere uno scarso controllo di sé, facendosi
prendere spesso dalle emozioni, una scarsa attitudine generica ai
compiti delle ANBU, tra i quali figura il sapersi mimetizzare e non
dare troppo nell'occhio.
Ha
inoltre più volte sbagliato nella cooperazione di squadra,
mettendo in pericolo Hina senza motivi apparentemente validi, e
mettendo a rischio l'intera squadra oltre che a sé stessa.
Senza
contare la sua abitudine di arrivare in ritardo agli appuntamenti e
agli incontri per i pattugliamenti. Una cosa che di per sé non
è fatale, ma potrebbe diventarlo in momenti critici”
La
ragazza sembrava indecisa se arrossire per i suoi difetti, ora
spiaccicati così a volto aperto, o se sbiancare per la
delusione e l'incredulità. Era evidente che si sentiva
tradita.
Una
volta tanto Hina si girò a guardarla senza però cattive
intenzioni. Voleva solo confortarla. Di certo era stato un colpo duro
per lei.
Lei
aveva preso a boccheggiare, come se volesse strillare ma non le
uscisse nulla dalle labbra.
“Capisco...”
disse solo Minato.
“Ma...
Ma...”
“Hanare...”
l'intenzione di Hina era solo quella di provare a dirle qualche
parola di conforto. E l'inflessione insolitamente morbida del tono ne
rivelava questa intenzione. Però per Hanare fu troppo.
Odiava
quella bionda! La odiava! Era sempre lei, la migliore, la più
disinvolta, quella a cui alla fine Raimaru perdonava tutto. E ora
lei, sarebbe rimasta al fianco del ragazzo e se la sarebbe risa
mentre lei ne veniva allontanata.
Non
voleva la sua compassione, anche perché le sapeva di bieca
irrisione.
“È
tutta colpa tua!” esplose la ragazza rivolta verso Hina.
“Ma...!”
Hina era allibita.
Raimaru
si mise in mezzo per evitare che si scagliasse sulla bionda.
“La
decisione è mia Hanare, e i motivi per cui l'ho fatto li ho
appena elencati”
“Sei
sempre a proteggerla! Io lo so che è colpa sua! È stata
lei a chiederti di allontanarmi!” disse Hanare, che tentava di
trattenere le lacrime e al contempo era stravolta dalla rabbia.
“Guarda
che Hina non mi ha detto proprio niente. I motivi per cui ho detto
questo sono estremamente logici e razionali. E poi perché mai
Hina dovrebbe...” Raimaru, nella sua ingenuità, non capì
di aver appena aperto le porte dell'apocalisse.
“Forse...”
l'Hokage, che per quanto non fosse anziano, era comunque abbastanza
adulto da aver vissuto a sua volta gli inestricabili dilemmi
adolescenziali, fiutò il pericolo e tentò di fare
ammenda ma non riuscì a porre rimedio in tempo.
“Guarda
che non sono mica stupida! Lo so benissimo che lei è gelosa.
Gli piaci e vuole tenerti tutto per sé!”
“Ma
cos...? EH?” Raimaru era appena caduto dal decimo piano senza
paracadute.
Pensava
che sarebbe giunta una precipitosa negazione da parte di Hina, ma
quando si girò a guardarla, in attesa di una chiarifica, vide
solo che la ragazza evitò il suo sguardo, il viso ora rosso
come i capelli della madre.
“Cosa?”
Raimaru era stordito.
Hina
si mosse con sinuosa calma, come se stesse per andare a fare una
passeggiata.
Andò
di fronte ad Hanare, Raimaru era troppo confuso per fare alcunché
e Hanare tremò sotto lo sguardo omicida di Hina, e credette
davvero di essere in punto di morte.
Questa
però, con un dolce sorriso che aveva un che d'inquietante, le
si portò vicinissima.
Di
colpo, prima che qualcuno riuscisse a capire le sue intenzioni o a
fermarla, ficcò una testata tremenda. Hanare crollò in
terra con un rivolo di sangue che colava dalla ferita procurata sulla
fronte.
“Stronza”
disse solo Hina, con voce piatta e fredda, prima di scomparire fuori
dalla porta.
Raimaru
rimase un lungo momento a fissare la porta senza capire.
Questa
gli giungeva nuova... e del tutto inaspettata.
Piaceva
Hina? Come? Da quando? E perché? Queste domande bastavano a
fargli girare la testa.
Si
ricordò all'improvviso di essere al cospetto dell'Hokage,
nonché il padre della ragazza che era appena fuggita,
apparentemente ferita nei sentimenti.
Sentì
le gote arrossarsi d'imbarazzo.
Che
cavolo di situazione in cui si era ficcato!
“Ehm...
Minato-sensei...”
Minato
però fece una risatina. “Ah, gioventù. È
bello vedere che non sono stato il solo a partire ste scenate...
anche se è passato qualche anno...”
Raimaru
si sentì ancora di più in imbarazzo.
“Ma...
ecco...” non riusciva a trovare un appiglio per cui dire
qualcosa di sensato.
“Suvvia
Rai-kun, non è da te essere senza parole”
“Non
credo di sapere bene come gestire la cosa” disse onestamente il
giovane.
Minato
si accorse che Raimaru era davvero sconvolto. La cosa lo aveva scosso
non poco... ed era veramente 'cascato dal pero'. Per quanto fosse un
brillante stratega nonché un ninja eccezionale, era
estremamente ingenuo nel campo sentimentale. Non si era mai accorto
che Hina provava qualcosa per lui che fosse diverso dalla semplice
amicizia.
E
capì anche che si sentiva in imbarazzo perché oltre che
un suo superiore, lui era anche il padre della ragazza.
“Porta
Hanare in infermeria. E... solo una cosa ragazzo: indipendentemente
da come intendi gestire la cosa, mi aspetto che continuiate a
lavorare insieme. Siete una valida squadra. Per quanto riguarda il
resto... io tengo il naso fuori dagli affari dei miei sottoposti. Che
Hina sia mia figlia è, in tal senso, irrilevante”
Raimaru
capì. Gli stava dicendo che non si sarebbe intromesso tra i
due. Sia che lui l'avrebbe respinta o no.
“La
ringrazio Hokage-sama” disse solo Raimaru, prendendo per un
braccio Hanare per tirarla su.
“Questa
è una missione che devo assolutamente darti da svolgere per
domani. Per questa volta ti assegno Genma, anziché Hina”
Raimaru
afferrò il rotolo e con in spalla Hanare uscì.
Portò
la ragazza ancora svenuta in infermeria, e andò a casa dopo
aver avvertito il castano che domani mattina sarebbero partiti
presto.
Ovviamente,
quando fu coricato nel suo letto, non riuscì a fare nulla di
più produttivo che fissare il soffitto.
Ora
prendevano senso diverse cose. Tra cui il continui battibeccare di
Hina con Hanare. E più ci pensava più si sentiva uno
stupido di non essersene mai accorto prima.
Molti
atteggiamenti anche della ragazza prendevano un senso, dove prima non
capiva, e attribuiva quelle 'stranezze' al semplice fatto che fosse
una donna e a 'quei giorni del mese'.
Raimaru
riteneva le ragazze, soprattutto le sue coetanee estremamente
volubili e incomprensibili.
Hina
era un'eccezione al caso, sotto certi aspetti, e si trovava bene con
lei, anche se non era esente da quelle 'attitudini' incomprensibili
esclusive del mondo femminile.
Tuttavia
era abbastanza intelligente da sapere che le cose ora non sarebbero
più state le stesse. Se fosse stato con lei, sarebbero stati
una coppia. Se l'avesse rifiutata lei sarebbe stata ferita. E in
entrambe i casi le cose non sarebbero più tornate come prima.
Si
passò una mano sul volto.
Cosa
diavolo doveva fare?
La
razionalità gli suggeriva di cercare di scaricarla quanto più
dolcemente possibile. Tentare di mantenere un rapporto civile senza
però impegnarsi.
Tuttavia
un qualcosa di lui si ribellava a quell'idea.
Per
quanto Raimaru fosse prima di ogni cosa e situazione devoto al suo
lavoro, non era neppure così privo di ormoni da non essersi
mai guardato intorno.
Gli
era capitato in passato di fare, anche solo di sfuggita un pensiero
su Hina. Era una ragazza di straordinario talento e intelligenza.
Aveva poi una presenza di spirito a dir poco unica, e gli era vicino
come pochi altri.
Tutto
ciò senza neppure considerare che era anche bella. Di fisico
snello e atletico, con quei bellissimi capelli oro pallido e gli
occhioni verde intenso, in questi ultimi anni inoltre stavano anche
uscendo delle... curve nei posti giusti, e il che non guastava.
Gli
era sembrato ovvio aver fatto anche solo un mezzo pensiero su di lei.
Però
non aveva mai concretizzato la cosa al di là di un'idea vaga.
Voglio
dire erano amici di lunga data. Non aveva mai, nemmeno lontanamente,
pensato che la ragazza in lui potesse vedere qualcosa di diverso che
un caro amico.
Per
cui non si era mai preso neppure il 'mal di pancia' di provarci.
Con
quei pensieri, finì per trascorrere la notte a fissare il
legno del soffitto.
Angolo
d'autore.
Wooo
ragazzi c'è l'abbiamo fatta davvero! Mi sembra impossibile.
Raimaru c'è cascato proprio eh... povera Hina, c'è n'è
voluto di tempo... però, meglio tardi che mani no? Almeno,
così si dice.
Secondo
voi? Il nostro giovine si darà una mossa o no?
Capitolo 48 *** 48-Fratelli maggiori e consigli censurati ***
Il
mattino dopo partì con Genma per la consegna dei documenti.
Dovevano
allontanarsi di una giornata da Konoha, e tornare il giorno seguente.
“Allora
si può sapere chi ti ha sputato nel panino?”
“Eh?”
“Buongiorno!” “Che
c'è?”
“Non
hai ancora spiaccicato na parola, hai le occhiaie e sei distratto. Le
opzioni sono due: Uno, ti anno rapito e sei un bushin. Due hai
trovato na ragazza e passato na notte di fuoco. Ma, stranamente mi
sembra quasi più probabile la prima che la seconda” Se
la rise il castano.
L'albino
sbuffò, roteando gli occhi.
“Ehi,
se è la seconda ti faccio le mie congratulazioni... sarebbe
poi anche ora che te ne trovassi una, mister serietà e lavoro”
“Ha
ragione mia mamma a dire che pensi solo a quello”
Genma
però rise, finendo di mangiare il pranzo che stavano
consumando all'ombra delle querce nei dintorni di Konoha.
“Allora
me lo vuoi dire qual'è il problema?”
Raimaru
esitò. In fin dei conti Genma era quello che per lui, più
si avvicinava alla figura di una sorta di fratello maggiore.
“Ehi,
Rai, guarda che a fare battute scadenti sarò il migliore, ma
so tenermi le cose per me eh!”
“Si,
lo so tranquillo. È che... è complicato”
“Prova
a raccontare...”
Lui
ci rimuginò un attimo. Alla fine decise di dire solo “Piaccio
a Hina”
“Alleluia!
Te ne sei accorto?”
“Era
così evidente?”
“Hai
una domanda di riserva?”
Il
che fece deprimere l'albino quanto bastava per mettere di nuovo via
il suo pasto quasi intatto.
Il
castano, un po' dispiaciuto disse “Come hai realizzato la
cosa?”
Così
Raimaru narrò com'era andato il colloquio con l'Hokage.
“Hihi...
mi piace lo stile di sta ragazza. E poi.. chissà che non abbia
rimesso qualche rotella a posto nel cervello di quell'oca. No,
davvero già non ho mai capito cosa ci trovasse Rin in Obito,
ma sembra che tutti i geni 'fallati' di lui siano finiti concentrati
nella ragazza”
Raimaru
però si limitò a scuotere le spalle.
“Quindi,
qual'è il problema?”
“Niente
è che... sono confuso. Non pensavo che lei mi vedesse
diversamente che come un amico. Non sono certo di volerle dire di...
'si'. E le la rifiutassi le farei del male”
“Eh,
quella è la tortura dei 'confessati'. Una volta partiti non si
torna indietro. Come si dice, in amore o sei dentro o sei fuori. Le
vie di mezzo esistono solo nei libri”
Raimaru
grugnì, come seccato, riprendendo a spalle lo zaino per
rimettersi in marcia.
“Che
hai intenzione di fare?”
“L'ho
detto: ancora non lo so. Per certi versi sarebbe stato più
semplice non mi fossi accorto di nulla”
Ci
fu un lungo momento nella quale camminarono in silenzio.
Raimaru
continuava a rimuginare, e Genma decise di lasciarlo cuocere nel suo
brodo: avesse voluto parlarne l'avrebbe fatto da sé.
“Ehi
Gen, ma come diavolo hanno fatto mia madre e mio padre a... mettersi
insieme nonostante la squadra e tutto?” Chiese dopo un bel
momento di silenzio. Più cresceva più ne comprendeva le
difficoltà.
“Sinceramente
non so tutto neppure io. Non sono mai stati due molto espansivi..
Però va' detto che a quanto ne sono a conoscenza io, alla tua
età tuo padre aveva avuto una certa trafila di amanti. Nessuna
storia seria, quello no, però era meno ingenuo e più
conscio dell'effetto che aveva sul gentil sesso.
Giuro
non ho mai capito perché, ma sembravano tutte avere una
debolezza al suo fascino.
Fatto
stà che quando iniziò a frequentare Lòng, ci fu
qualcuno che ebbe anche i suoi dubbi a riguardo. Insomma, se si
fossero presi e poi piantati avrebbero distrutto l'armonia della
squadra.
Invece
non si sono più mollati. Erano davvero una gran coppia. A
vederli combattere insieme era uno spettacolo. Sembrava quasi
avessero una mente sola, da come si muovevano in coordinazione”
Raimaru
ascoltava sempre con grande attenzione quegli stralci di vita dei
suoi genitori. Di prima che lui scomparisse.
Una
fitta di solitudine lo colpì in pieno. Sarebbe stato bello, in
quel momento, avere un padre a cui confidarsi, sentire la sua
opinione a riguardo.
La
sua espressione però non lasciò trasparire nulla.
“Comunque,
tra le altre cose, se a te non dispiace mi piacerebbe essere inserito
nella tua squadra” decise di cambiare argomento Genma. “Senza
Hanare vi manca uno specialista della lunga distanza. Magari potrei
anche portarmi dietro Raido. A quanto ne so è stufo di avere
le due invasate in squadra”
“Le
due invasate?”
“Anko
e Yugao”
Anko
era da sempre una pazza, mentre Yugao la riusciva a tenere buona
solamente Hayate.
“Oh.
Beh, bisogna vedere se Minato è d'accordo” sarebbe stata
la sua prima vera e propria squadra al completo, dato che di solito
gli avevano assegnato solo dei rimpiazzi momentanei.
“Lo
sarà, o lo convincerò” rispose serafico il
castano.
Oltretutto
era davvero curioso di vedere quanto fosse migliorato l'albino. E
poi... si era sempre trovato bene sotto il comando di Kakashi, non
vedeva perché dovesse trovarsi male con Raimaru. Ed era un
tipo abbastanza pragmatico e 'menefreghista' perché se ne
sbattesse di cazzate come il fatto che alcuni si sarebbero irritati
dall'essere comandati da un ragazzo con la metà dei suoi anni.
La
missione si svolse in modo abbastanza agevole. Consegnarono i
documenti, fecero quello che era loro dovere fare e si rimisero
subito in cammino verso casa.
Erano
ormai vicino al villaggio quando Raimaru si sentì una certa
inquietudine aumentare dentro di sé.
“Ehi
Gen... tu che faresti al mio posto?”
Lui
rimase un bel momento in silenzio.
Raimaru
si voltò vedendo che aveva il viso teso, come se ci stesse
davvero pensando, e volesse dire qualcosa e al contempo non osasse
pronunciarsi “Eh?”
“Aspetta,
sto censurando la risposta”
Il
che fece ridere l'albino, tanto che dovette tenersi la milza. “Genma
sei un maniaco!”
“Ehi,
hai detto 'se fossi al tuo posto'. Avessi la tua età e fossi
nella tua posizione, altro che un pensierino mi sarei fatto su Hina,
cazzo! Sarà la figlia dell'Hokage, e fa paura almeno quanto
Lòng ai suoi tempi quando s'incazza, ma diamine!
Alle
volte mi fai davvero credere che tu sia privo di ormoni per non
notare... certi dettagli!”
Sempre
ridendo, Raimaru rientrò quindi al villaggio più
tranquillo.
“Grazie
Gen!” gli disse il ragazzo con un sorriso.
“Figurati
ragazzo. Qualsiasi cosa tu decida... io non sarei troppo frettoloso
nel pensare di scaricarla sai?” con un sorriso lui s'allontanò.
Era
ormai l'imbrunire.
Beh,
doveva almeno tentarci.
Riuscì
a rintracciarla piuttosto velocemente. Era in camera sua.
Mi
arrampicai su per la parete verticale sino alla finestra.
Sbirciai
tra le tende, era coricata a pancia in giù sul letto.
Incerto,
bussai sul vetro.
Lei
mi lanciò un occhiataccia.
“Che
vuoi?”
“Parlare?”
“Dopo
due giorni?” disse sollevando un sopracciglio. Compresi cosa
pensava: dato che non mi ero presentato, supponeva non me ne
importasse nulla.
“Sono
stato a Hiraka con Genma per una consegna di documenti” risposi
semplicemente.
Finalmente
si decise ad aprire la finestra, ma rimasi comunque seduto sul
davanzale.
“Dunque?”
mi spronò lei.
“Io...
beh ammetto di essere piuttosto confuso” dissi imbarazzato. Non
avevo contato quanto sarebbe stato difficile esporre i miei pensieri
con lei una volta che c'è l'avessi avuta di fronte.
Era
dannatamente più difficile del previsto.
Specie
notando che sembrava che lei avesse gli occhi arrossati, di chi aveva
pianto.
“Se
sei qui per fare la scenata 'mi dispiace ti voglio bene come a una
sorella' e cazzate del genere puoi di nuovo uscire e andartene per la
tua strada. Risparmia fiato e parole e vattene” lo disse mentre
che si mordeva una guancia.
Doveva
essere difficile per lei parlare così, però non era
neanche da lei arrendersi e mostrarsi debole. Ce la stava mettendo
tutta per continuare a mostrare un lato almeno di facciata duro e
determinato.
Io
però se da una parte ero esitante, mi sentivo il cuore piccolo
a pensare di non aver mai notato prima... tutto questo.
“No,
infatti non sono venuto per questo. Sarebbe sembrato piuttosto banale
anche a me. Soprattutto perché m'importasse così poco
di te, avrei fatto prima a far finta di nulla e continuare come se
nulla fosse accaduto, non credi?”
Sul
suo volto s'accese un'espressione sorpresa. Fece per dire qualcosa
quando udii chiaramente anche io un respiro mal trattenuto.
“Senti...
andiamo a parlare da n'altra parte. Sta casa è piena
d'impiccioni”
Le
sorrisi. “Al solito campo?”
“D'accordo”
Angolo
d'autore.
Ed
ecco la ricomparsa del nostro prode Genma. Che sia riuscito a dare
una mano, con i suoi modi... particolari al nostro Raimaru?
Il
campo d'allenamento che usavamo di solito io e lei era piuttosto
isolato.
Minato
ci teneva parecchio che celassi le mie vere abilità.
“Certo
che Naruto è davvero un impiccione. Almeno mia mamma fa finta
di non sentire... ma lui? Proprio non ne è capace!” si
lamentò Hina, arrivando.
“Hihi..
Naru-kun è rimasto sempre il solito” dissi io con un
sorrisetto.
Ma
presto la situazione ritornò seria.
“Quindi...?”
disse lei.
“Non
so Hina è difficile da... spiegare”
Lei
annuì. Tirò fuori una benda.
“Solite
regole?”
Io
la guardai strabiliato.
“Io
e te siamo fatti così Rai, almeno non facciamo finta di non
conoscerci. Sappiamo scioglierci solo in un modo”
“Perché
ho idea che sia un pretesto per pestarmi se le risposte non ti
piacciono?” le domandai, però afferrai la benda.
“Quello
è un incentivo a rispondere bene allora” ghignò
lei.
Quella
ragazza aveva davvero un coraggio e una fermezza straordinaria, e ne
ammirai la determinazione. Riusciva a sorridere anche ora.
Mi
bendai.
La
sentii arrivare da destra, scartai e mi abbassai per evitare il
calcio che tirò all'indietro.
Era
il nostro allenamento 'speciale'.
L'aveva
inventato lei, e per me era stato estremamente utile per sviluppare
gli altri sensi, che non comprendessero la vista.
“Da
quanto?” le domandai.
“Non
lo so bene neppure io. Non è stata una cosa tipo 'toh
stamattina mi sono svegliata così'. Ho iniziato ad
affezionarmi veramente molto a te... dopo gli esami dei chunin di sei
anni fa. Poi... è stato progressivo, siamo cresciuti e le cose
sono cambiate, un poco alla volta”
Usai
la sua voce per capire dove era, parai un pungo e scartai il secondo,
rispondendo solo un leggero tocco sulla spalla di lei, con cui
l'allontanai di nuovo.
“Davvero
non te ne sei mai accorto?” mi chiese lei.
“Avevo
notato che era strano il modo con cui ti battibeccavi con Hanare, era
troppo... pungente, anche per te. Però... non avevo mai
considerato la possibilità che potessi vedermi in modo diverso
che come un amico. Siamo amici da... tantissimo tempo. Non pensavo
che le cose potessero cambiare quindi.. non ho mai valutato quella
possibilità”
Questa
volta la sequenza di attacchi fu più rapida, ma riuscii di
nuovo a disimpegnarmi.
Il
metodo da lei proposto in effetti stava funzionando.
Il
fatto di doverci anche concentrare sul combattimento, ci rendeva più
semplice far emergere i sentimenti che altrimenti avremmo dovuto
faticare per esprimere.
Questo
perché la 'battaglia' ci distoglieva la mente dall'imbarazzo
che altrimenti ci sarebbe stato.
“E
ora che la stai valutando?” domandò lei.
Potei
udire una traccia vulnerabile nella sua voce.
“Non...
non lo so. Sono confuso”
“Da
cosa?”
La
impegnai in un feroce scontro corpo a corpo, finchè fu lei
questa volta ad allontanarsi.
Piegai
la testa, girandola da parte a parte per cogliere ogni rumore.
“Se
la parte razionale di me, dice che è palesemente più
semplice lasciar stare... qualcosa mi fa anche esitare. Come ho
detto...” esitai. Ok, questa era la parte difficile. “...tengo
molto a te, e ora che si sta aprendo anche questa possibilità...
non so”
Sentii
il suo fiato trattenuto.
L'attaccai,
però scoprii era solo un bushin e dovetti guardarmi da lei che
mi provò a cogliere alle spalle.
Dovetti
impegnarmi per non farmi massacrare. Anche quando si tratteneva, ora
come ora aveva una forza mostruosa.
“Gira
e rigira non mi hai ancora detto nulla di concreto” puntualizzò
lei, irritata, fissando il ragazzo bendato nel prato, i capelli che
scintillavano alla luce della luna nascente.
“Vero...”
la voce di lui, proveniva da dietro di lei.
Il
ragazzo nel prato scomparve in uno sbuffo di fumo, mentre quello
originale la imprigionava puntandole un kunai alla gola, e tenendole
le braccia dietro alla schiena.
“...ma...
solo perché ti voglio davvero bene Hina, e non voglio perderti
per una decisione affrettata” le disse all'orecchio, riponendo
l'arma per poi abbracciarla.
Hina
rabbrividì tra le braccia del ragazzo.
“Mi
dispiace, se ti ho fatto del male per la mia cecità...”
le disse piano.
Questa
perse il controllo, e lo abbracciò stretto, iniziando a
piangere come una fontana.
“Io...
io ti amo Raimaru!” singhiozzò questa, facendo sentire
il ragazzo a disagio, ma non si mosse.
“E
odio il fatto che tu l'abbia scoperto solo perché... perché
ho paura di perderti! Io... sei l'unica persona con cui riesco a
parlare, e l'unico che riesca a capirmi” la disperazione della
ragazza fece smuovere il cuore di lui, che s'intenerì, e le
carezzò i capelli.
In
fin dei conti teneva davvero a lei.
“Non
mi perderai mai Hina. Dico davvero” Si sentiva a disagio a
vedere la sua amica, di solito così forte ora così
debole. Non voleva essere lui la causa della sua sofferenza. E non
voleva proprio vederla così.
Anzi,
a pensarci bene, l'avesse vista piangere così per un altro
ragazzo, probabilmente sarebbe andato personalmente a prenderlo a
botte...
E
poi.. non era la prima volta che individuava in lei quella tristezza
profonda. Quel senso di solitudine che li aveva accomunati già
da durante l'infanzia, anche se non aveva mai capito il perché
di lei.
Insomma,
lui si era sentito un emarginato per via del trattamento che altri
gli riservavano per via di suo padre ma lei... era praticamente una
principessa del villaggio.
“Invece
ho paura di si... e non... e non solo per.. questo”
“Ma
cosa stai dicendo Hina?”
Lei
si scostò bruscamente da lui, che si sfilò la benda, e
potendo finalmente vedere le lacrime che correvano sul bel viso della
ragazza, non lo aiutò per nulla.
“Io...
sono un mostro Raimaru”
Lui
rimase a guardarla un momento, come se fosse impazzita “Ripeto:
ma cosa stai dicendo?”
“Avverti
la presenza di qualcuno in zona? Sei più bravo tu in queste
cose e io non sono... abbastanza concentrata al momento” il
tono scuro e serio di lei fece sì che prendesse sul serio la
richiesta della ragazza, e per sicurezza attivò anche il
Byakugan per controllare.
“No,
siamo soli...”
“Sai...
quello che mi è successo anche durante lo scontro con la
sabbia e tutto?”
“Si,
quando sei stata male...”
La
ragazza prese un sospiro, l'espressione afflitta, come se fosse
sicura che una volta detto quanto stava per dire, avrebbe segnato per
sempre il suo destino.
“Sono
la seconda forza portante del Kyuubi. Dentro di me è sigillato
quel mostro della volpe a nove code”
Raimaru
rimase diversi minuti a fissarla. Ora si che acquisivano un senso
quelle fluttuazioni nel chakra che gli era capitato di vedere...
Poi
si ricordò che la ragazza lo stava fissando in attesa di una
risposta.
Fece
un passo in avanti.
“Stammi
lontano!” disse lei, soffiando come un gatto inferocito.
Sembrava..
solo un animale ferito, che tentava di allontanarsi da tutto e da
tutti.
“È
stato mio padre... il caro e buon Minato a sigillarmi quel mostro
dentro, quando ero ancora una bambina. Sin da quanto ho avuto
intelletto per capirlo mi ha fatto giurare solennemente che mai e poi
mai l'avrei rivelato a qualcuno!
Io
ODIO tenere i segreti. Lo ODIO! Poi... una cosa così grande...
dover mantenere sempre il controllo, sempre sorridere agli altri
anche quando ti senti la bestia che ti si muove dentro, e senti il
suo odio che ti percorre le vene, ti istiga... beffarda.
Inoltre
sai com'è possibile che io abbia il Kyuubi dentro, dato che
anche Naruto ce l'ha?
Perché
lui, sempre il 'geniale Minato', ha diviso la volpe in due,
dividendone il chakra nella parte Ying e la parte Yang. E indovina a
chi è capitata la parte negativa? Quella nella quale
maggiormente brucia l'odio che quella maledetta nutre per il mondo
intero?
Eh?
A me!” sembrava avesse perso ogni freno, ogni autocontrollo.
Strappò
una manciata d'erba che poi gettò in un gesto di pura
frustrazione. Troppe cose si era portata dentro, per troppo tempo.
Aveva avuto bisogno per troppo lungo tempo di qualcuno che
l'ascoltasse.
“Già
da quanto ero piccolissima e giocavo con i miei coetanei... vedevo la
loro felicità e sentivo questo cazzo di segreto bruciarmi
dentro, come se avessi avuto stampato in fronte 'mostro'. Oh, si è
vero, è stato Naruto a essere maggiormente vittima di
discriminazioni, quello è vero. Gli altri non sapevano e
quindi mi trattavano 'normalmente'. Ma l'unica cosa che riuscivo a
pensare e che se l'avessero saputo sarei diventata anche io
un'emarginata!
E
in tutto questo sentivo dentro di me quella dannata volpe che rideva,
divertita di dalle mie sofferenze... e non potevo parlarne con
nessuno io... non hai idea di quante volte mi sentivo scoppiare, di
come avrei voluto poterne parlare con qualcuno, ma... non potevo...
io non potevo!” Ormai era caduta in ginocchio, con le lacrime
che scendevano copiose.
Ora
capivo. Capivo. Capivo il perché tante volte la vedevo
guardare nostalgica altre persone, o quelle volte in cui emergevano
dei tratti tristi e dolenti del suo carattere. Perché invece
aveva quel modo ironico e beffardo di trattare il mondo.
Era
stato il suo modo per sopravvivere a tutto questo. Calarsi una
maschera di pungente ironia, per evitare di mostrare quanto si
sentisse debole.
Io
e lei... eravamo molto simili per tante cose. Per quello ci capivamo
così bene.
Con
cautela m'inginocchiai di fronte a lei, che ancora singhiozzava.
“Avanti...
dimmi che sono un mostro e vattene...” disse piano.
Raimaru
però la prese e l'abbracciò stretta.
“Sei
una baka...” gli disse lui, carezzandogli la schiena, per
confortarla.
“Ma...
ma...”
“Sono
stato il primo amico di Naru-kun, e non me n'è mai fregato
niente che fosse un Jinchuriki... perché dovrebbe importarmi
che tu lo sia?”
“Io
ho la parte negativa del chakra della volpe. È ancora peggiore
di quella di Naruto...”
“Adesso
allora mi stai insultando a me. Mi credi così miope o scemo da
non vedere e non sapere che tu e la volpe siete due entità ben
distinte e separate? Kyuubi sarà sigillato dentro di te, ma
non è te!”
Rimase
in silenzio un momento.
“Ho
saputo che durante l'inseguimento del ninja di alba, Naruto ha
iniziato a trasformarsi... è per quello che sei stata male? Le
due metà entrano in risonanza?” le domandai.
Lei
annuì “Si, Kyuubi stava cercando di emergere. Solo che
io, a differenza di Naruto ho ereditato il tipo di chakra di Kushina,
riesco a sopprimere quello di Kyuubi. Solo... mi costa una certa
quantità di fatica e concentrazione... ed è sempre un
po'... come trovarselo faccia a faccia. Non è mai semplice..”
lo disse piano, tremante.
Ora
come ora, a Raimaru lei sembrava un piccolo pulcino spaventato del
mondo che lo circondava. Tuttavia, accadde un imprevisto che lui non
aveva minimamente pensato.
A
vederla così tenera e debole... nacque in lui il desiderio di
proteggerla.
Non
l'istinto protettivo tra amici... ma un qualcosa di più, di
più intimo e più completo. Voleva essere la spalla su
cui lei poteva sempre poggiarsi, farle sapere che lui c'era sempre e
comunque. Farle di nuovo fiorire il suo meraviglioso sorriso sulle
labbra. Ed essere l'artefice di quel sorriso. Ancora e ancora.
Forse
aveva ragione Genma, dicendo che era meglio pensarci bene prima di
dire 'no'.
Non
era ancora certo se voleva un simile impegno ma... per Hina poteva
quanto meno dare il beneficio del dubbio.
Questo
gli fece sfarfallare il cuore nel petto a lui. E per la prima volta
capì che effettivamente, forse anche lui, senza accorgersene,
provava dei sentimenti per lei. D'altra parte, il modo in cui erano
legati era più stretto di quanto non si potesse esprimere a
parole.
Lui
le prese il viso, e le asciugò le lacrime. Poi, prima di
esitare troppo e perdere convinzione... la baciò.
Angolo
d'autore.
Ebbene
spero di avervi fatto una bella sorpresa a tutti quanti =D
Inoltre,
in questa puntata volevo pubblicare due immagini che potrebbero
sembrare quelle dei nostri due protagonisti...
Avvertì
tutta la sorpresa della ragazza, che però non si sottrasse.
Quando
si scostò, le disse “Sai, Hina... non sono ancora certo
di quello che provo però... sicuramente, se esiste una persona
che potrei amare... quella sei certamente tu”
Lei
gli sorrise. Quel sorriso aperto e dolce, che lui aveva sempre
ritenuto meraviglioso e che di nuovo gli fece aumentare le
palpitazioni.
E
questo era nulla in confronto a quello che la bionda stava provando
in quel momento.
Fissò
un attimo dubbiosa, incerta se aver sentito bene, ma vide solo una
spudorata sincerità, e del sincero affetto negli occhi chiari
di Raimaru.
“Ti
senti meglio adesso?” le domandò.
Lei
annuì.
“Quindi
ora...?” le domandò lei.
“Quindi
ora, ti calmi, ti ricomponi, e mi fai di nuovo quel tuo bel sorriso.
Non ho più intenzione di vederti piangere o mi viene voglia di
picchiare qualcuno” gli disse l'altro, alzandosi e porgendole
la mano per aiutarla ad alzarsi, che accettò.
Si
asciugò il viso, poi tornò a guardarlo.
“Bene.
Quindi, presupponendo che io abbia intenzione di... frequentarti...
dovrei invitarti a uscire con me no? Che ne dici di domani sera da
Ichiraku? Se la memoria non m'inganna almeno una caratteristica in
comune con tuo fratello c'è l'hai...”
Hina
pensò che se la felicità era liquida, glie n'era appena
stato tirato addosso un secchiello.
Abbracciò
il ragazzo, sorridendo felice contro la sua spalla.
“Grazie...”
mormorò.
Raimaru
a sua volta sorrise. “Spero solo di non deluderti mai...”
mormorò.
Il
giorno seguente però, si ritrovarono convocati da Minato.
“Tra
poco la squadra 7 partirà per un'importante missione, che sarà
capitanata da Yamato”
“Obito?”
domandò Raiamru.
“è
impegnato altrove”
“Il
nostro compito?”
“Vedete,
Sasori della sabbia rossa, ha rivelato a Sakura, in punto di morte,
come premio per 'averlo sconfitto' che avrebbe dovuto avere un
incontro un un ninja a lui fedele che gli serviva da spia presso
Orochimaru.
Abbiamo
grandi possibilità di trovare informazioni riguardanti il
ninja traditore, e magari anche di alba, dato che a quanto si sa,
Orochimaru ne era implicato... per cui ho mandato la squadra a
investigare.
Voglio
che voi due li seguiate nell'ombra, e interveniate esclusivamente in
caso di pericolo estremo”
“Si!”
risposero tutti e due.
Minato
osservò i due ninja. Sua figlia gli sembrava molto più
serena e tranquilla dei giorni precedenti. Anzi, sembrava quasi
irradiare felicità. A quanto pare i due si erano chiariti,
quanto meno.
Sospirò
tra sé e sé. Forse, anni fa, Kushina aveva pronosticato
il vero, vedendo tra i due un affetto che era destinato a
evolversi...
La
cosa non lo disturbava. Era molto affezionato a Raimaru, che alla
fine aveva cresciuto come ninja. Era un ragazzo serio e determinato,
senza troppi grilli per la testa. E, fosse solo per quello, lo
riteneva un candidato più che ideale per sua figlia.
Inoltre...
a parlando a livello di ninja, si poteva dire che era molto più
suo figlio Raimaru che Naruto. Negli anni passati insieme gli aveva
insegnato la stragrande maggioranza delle sue conoscenze. C'era solo
una tecnica delle sue, che il ragazzo non aveva ancora padroneggiato.
Si
decise quindi a parlare.
“Raimaru...
tu per molti versi, come ninja sei il mio successore, dato che a te
ho affidato le mie tecniche di sigillo e quelle di Kushina. Naruto
non è in grado di impararle, Hina a preso un'altra strada.
Mio
figlio è troppo impulsivo e sembra che ora subisca
maggiormente l'influenza della volpe. Dato che c'è di mezzo
Sasuke è facile che si scaldi, e il Kyuubi troverà via
facile per emergere, sfruttando la rabbia.
Confido
in te per tenerlo sotto controllo, oltre che in Yamato.
Se...
se dovessero spuntare tutte e nove le code, Naruto ne morirebbe”
“Si,
Minato-sensei”
“Ed
è anche questo il motivo per cui ti ho subito messo in squadra
con Hina”
I
due si guardarono, Hina un po' a disagio, e tornò a guardare
il padre.
“Lo
sapevo che prima o poi glie l'avresti detto, e ho supposto che, dato
che dovevate chiarire, gli avresti detto anche quello. Mi rendo conto
di averti chiesto un grande sacrificio, Hina, e me ne dispiace
sinceramente”
“Non
provare a comprendermi. Non puoi capire!” disse l'altra ferita.
Rabbiosa.
Fu
Minato, questa volta ad abbassare lo sguardo a disagio. Non era la
prima volta che individuava la rabbia nella giovane. Lei gli voleva
bene... ma non gli aveva mai perdonato di aver sigillato il Kyuubi
dentro di lei. Ancor meno di averle chiesto di mantenere il segreto.
E lui non riusciva a darle torto. Probabilmente si sarebbe arrabbiato
anche lui, se sui padre gli avesse fatto una cosa del gente. Però..
era l'Hokage ed era suo primo dovere proteggere il villaggio. Anche a
discapito dei suoi figli. E poi... aveva idea che prima o poi i due,
entrambe cocciuti e determinati, sarebbero prima o poi riusciti a
domare la volpe.
“Abbiamo
il nostro dovere. Andiamo” Hina uscì dall'ufficio.
Raimaru
esitò. Comprendeva anche il motivo per cui aveva ordinato a
Hina di tacere. Un segreto del genere era pericoloso, e con alba in
giro che cercava dei cercoteri, lo era doppiamente. La segretezza era
una forma di protezione.
Ma
comprendeva anche la rabbia della ragazza.
“Mi
prenderò cura di loro, sensei” gli disse Raimaru,
seguendo poi la sua compagna di squadra.
“Raimaru...”
lo bloccò sulla soglia.
“Si?”
“C'è
la possibilità che entriate in contatto con Orochimaru e non
mi fido di Sai, è un discepolo di Danzo. Tuttavia.. se hai
l'occasione di scoprire una delle basi di questo, o addirittura di
entrarci... cerca informazioni di alba e tutto quello su cui puoi
mettere le mani.
Solo...
evita lo scontro diretto. Preferisco che ti ritiri a mani vuote che
avere un cadavere da riportare a casa...”
“Come
desiderate”
Pedinare
una squadra nella quale c'erano un capitano ANBU e un ninja della
Radice, senza farsi notare non era poi così semplice come
sembrava, e questo assorbì le energie dei due giovani.
“Certo
che è ironico eh?” disse Hina, appollaiata vicino a
Raimaru su un ramo, non troppo distante dalla casa di legno creata da
Yamato.
“Cosa?”
“Quei
Baka al caldo dentro casa a mangiare felici come ad un pic-nic noi
qui fuori al freddo a mangiare un cibo in pastiglie...”
Raimaru
le diede ragione. “Purtroppo le ANBU da quel senso non hanno
molte agevolazioni”
La
ragazza sbadigliò.
“Dormi
pure, ti sveglio io per il tuo turno” le disse Raimaru.
Lei
in tutta risposta si accoccolò contro di lui, facendolo un po'
arrossire. In fin dei conti ancora non si era fatto idea che le cose
tra di loro erano davvero mutate.
“Ricordati
che mi devi ancora un ramen” gli disse lei.
Lui
sorrise “Appena torniamo a casa” le rispose. A quanto
pareva stava prendendo la cosa con una certa determinazione.
Hina
si era ripromessa che non se lo sarebbe fatto scappare. Raimaru alla
fine della fiera gli aveva propinato un 'forse', ma le stava dando il
beneficio del dubbio... e lei era ben intenzionata a usare ogni arma
a sua disposizione per farlo diventare un vero e proprio 'si'.
D'altra
parte... non si diceva che in amore e in guerra tutto era lecito?
Se
non altro, stando così vicini sentirono anche meno il freddo
della notte, e al mattino erano tutti e due pronti a ripartire.
Ora
stava arrivando la parte difficile.
La
squadra di Naruto avrebbe incontrato la spia di Sasori. Loro dovevano
mettersi in modo da poter intervenire se necessario, e al contempo
non farsi notare.
Sopratutto
perché c'era un ampio rischio che potessero rimanere
invischiati in uno scontro con il leggendario Sannin.
E,
Raimaru prese a valutare il fatto che, se non riusciva a sconfiggere
Minato, dubitava che potesse essere alla portata di Orochimaru.
Da
quanto aveva letto, il ninja traditore, era un esperto di arti
magiche, che fossero proibite o rare, le conosceva praticamente
tutte. La portata di della sua conoscenza faceva sembrare pure Minato
uno scolaretto.
“Fortuna
che siamo sottovento...” bisbigliò Raimaru, con Hina
vicino. Si erano messi in diagonale rispetto al ponte dove potevano
osservare, e grazie alla fitta vegetazione non avrebbero dovuto
essere visti.
“Dovrebbe
portare via i nostri odori ed evitare di allertare il nemico...”
Raimaru
annuì.
Videro
Yamato, travestito da Sasori che si avvicinò sul ponte.
Poco
dopo si presentò un ninja con dei grandi occhiali tondi e i
capelli grigio topo.
“Quello
è Kabuto!” sibilò allarmato e sorpreso Raimaru.
“Lo
conosci?”
“Si
era infiltrato tra i candidati dell'esame dei Chunin, e si era poi
rivelato una spia di Orochimaru. Aveva attaccato la foglia assieme ai
ninja del suono e tentato di rapire Sasuke. Presumibilmente per lo
Sharingan”
“Sai
che abilità ha?”
“Ne
avevo sentito parlare da Tsunade e Naruto. Sembra che abbia abilità
mediche, e le usa anche per attaccare, sai usa il bisturi di chakra
per recidere muscoli e simili. Inoltre sembra sia capace di
rigenerare i tessuti feriti. Un'abilità innata simile agli
effetti del Byakugo, ma molto più limitata”
Lei
annuì.
Stettero
a guardare con tensione salente.
Era
terribile dover stare a guardare senza fare nulla.
E
anche se si fossero messi a combattere, loro due sarebbero dovuti
rimanere nascosti. Salvo che la situazione si facesse così
tanto grave da rendere necessario il loro intervento.
Praticamente
avrebbero dovuto essere così tanto in difficoltà da
rischiare la vita.
E
questo... si rese piuttosto necessario quando dalle fronde... spuntò
nulla meno che Orochimaru.
I
due ninja rimasero acquattati nell'ombra, anche quando intervennero
Naruto, Sakura e Sai.
Il
loro compito era quello di stare nell'ombra, e ora come ora, a parte
un leggero attacco di Kabuto ai danni di Yamato, quasi del tutto
trascurabile, il gruppo sembrava stesse solo parlando.
Raimaru
però sentì Hina al suo fianco tenere a stento un
ansimo.
“Credo...
credo che ci sia qualche problema...” disse la ragazza,
sollevando un poco la maglia.
Intorno
all'ombelico di lei era spuntato fuori come disegnato a inchiostro i
segni del sigillo ottagonale di Minato.
“Il
Kyuubi...?” chiese, ma attivando il Byakugan, si rese conto che
era Naruto a stare di nuovo perdendo il controllo, e il chakra di
Hina stava andando in subbuglio perché le due metà
della volpe entravano in risonanza.
Lei
annuì.
“Riesci
a tenerlo sotto controllo?”
“S...
si. Il sigillo ottagonale è solido, però... ho paura di
perdere me stessa. Mi sono resa conto che quando... il suo chakra
fuoriesce, perdo il controllo”
E
Naruto non stava andando per il sottile. Era già spuntata la
seconda coda, e Yamato non stava facendo nulla. Perché?
La
potenza sprigionata da quel chakra rosso però, valutò
Raimaru era davvero immensa.
Con
un solo ruggito, il ponte saltò in aria come se fosse fatto di
polistirolo.
Le
cose accaddero tutte rapidamente.
Orochimau
volò lontano, spinto dall'onda d'urto del Naruto-Kyuubi, che
lo inseguì.
Sakura
svenne sbattendo la testa e volò giù dal ponte.
Sai,
creò un uccello d'inchiostro e volò via sul dorso di
questo.
Yamato
dovette usare l'arte del legno per salvare la rosa.
Raimaru
non sapeva se intervenire o no, e Hina sembrava risentire ancor più
che Naruto dell'influenza della volpe. Tuttavia... era proprio la
potenza di Kyuubi ora come ora a dare a Naruto la potenza necessaria
per combattere Orochimaru, e Raimaru sapeva che era estremamente
importante mantenere la segretezza della loro presenza.
Hina,
dal canto suo, cercava di concentrarsi su se stessa, ricacciando
indietro il traboccante potere della nove code, sopprimendolo.
“Sciocca
ragazzina, potresti usarlo, quel potere invece che soffocarlo....”
“Taci,
volpe”
Si
ritrovò come molte altre volte, in quella specie di stanza di
pietra, nella quale svettava come unico arredamento un'enorme
cancello dorato, con alte sbarre e al posto della serratura o della
maniglia c'era solo un foglio con scritto sopra il kanji 'sigillo'.
Un
occhio rosso e crudele brillò dall'altra parte delle sbarre.
Schiuma
rossa ribolliva, infilandosi sotto le sbarre del cancello, sul cui
pavimento di pietra correva una spanna d'acqua.
Con
uno sforzo di concentrazione Hina, fece ritirare la schiuma rossa.
“Sei
monotona, mocciosa. In fin dei conti... senza la mia forza tu cosa
saresti?”
Hina
tacque. Era quello che odiava della volpe. Non era solo difficile da
controllare, ma il demone giocava sulle sue paure.
“Eh?
dimmi! Se non fossi stato io, anni fa a darti la forza di creare quei
bushin, a quest'ora quello stupido moccioso alla cui sei tanto legata
sarebbe morto, sotto quelle macerie!”
Lei
tremò, incerta. Era vero. Dannatamente vero. Non sarebbe stata
la prima volta che lei riusciva a spuntarla solo perché il
demone le concedeva qualche briciola del suo immenso chakra.
La
schiuma rossa avanzò verso di lei.
Hina
riuscì a scorgere l'intero, immenso demone dietro alle sbarre
dorate.
La
volpe aveva un pelo grigio, tendente al rossiccio, con l'interno
delle orecchie nere, i grandi occhi rossi.
In
quel momento era seduta, un ghigno divertito sul muso, le code che si
muovevano languide dietro la schiena.
“Avanti...
accetta il mio aiuto... con il mio potere potrai proteggere chi
ami... eliminare la minaccia di quell'Orochimaru...”
sussurrò tentatrice la volpe.
Le
bolle rosse stavano avanzando verso di lei.
“...
non è difficile in fondo. Devo solo lasciarti andare... fare
quello che vuoi. Con il mio potere puoi ottenere tutto ciò che
desideri...” la volpe s'acquattò, come se si stesse
preparando ad un balzo.
La
proposta era così allettante, così inebriante... con la
forza della volpe... poteva distruggere tutto quello che minacciava
Konoha, tutto quello che minacciava ciò che amava. Poteva
vendicarsi di chi l'aveva trattata male.
Poteva
picchiare quella piccola stronza d'Hanare... tutto quello che poteva
volere era a sua portata di mano...
La
schiuma rossa sibilava come bollente, avanzando verso di lei, l'aveva
quasi raggiunta, quando...
“Hina?
Hina mi senti? Ehi!” dei gentili colpetti sulle guance la
distrassero dalle lusinghe del Kyuubi.
“Rai...
Raimaru!” ritornò all'improvviso cosciente. No, l'unica
cosa che avrebbe ottenuto ad accettare le lusinghe di Kyuubi era di
perdere totalmente il controllo e farsi domare dall'odio.
Una
volta, allenandosi con Minato, le era capitato, di perdere il
controllo.
Era
stata una fortuna che il padre fosse un esperto di sigilli, nonché
un ninja fuori dall'ordinario.
L'aveva
bloccata prima che le spuntassero troppe code.
La
volpe ringhiò da dietro le sbarre.
“Ehi!
Resta con me ok?” le disse la voce del ragazzo.
Lei
finalmente, riuscì di nuovo a mettere a fuoco il mondo
esterno, e con uno sforzo di concentrazione e volontà ricacciò
indietro il chakra del demone.
“Piccolo
insolente... lo ucciderò personalmente...” il chakra
del Kyuubi però era riuscito a filtrare oltre il sigillo, e
l'aveva avvolta.
Un
bieco desiderio di distruzione si stava impadronendo di lei.
Hina
vide lo sguardo del ragazzo che era preoccupato, mentre una bolla di
chakra rosso la stava avvolgendo.
“R-Raimaru...
aiutami!” s'appellò disperata la ragazza, sentendo che
la sua coscienza svaniva nell'odio del demone, che la stava a poco a
poco sommergendo.
L'odio
supremo, sopra ogni cosa. Voleva solo distruggere quello che
odiava... tutto!
Raimaru
non sapeva cosa doveva fare. Aveva visto gli occhi verdi di lei,
farsi sempre più distanti, mentre s'iniettavano di rosso e la
pupilla diventava verticale, simile a quella dei felini.
Il
chakra rosso e potente del Kyuubi aveva iniziato a filtrare
attraverso il sigillo, circondando a poco a poco le membra della
ragazza, che stava evidentemente tentando di contrastarlo.
Aiutarla...
e come?
La
via migliore sarebbe stata sopprimere il chakra di Naruto, che ora
però stava combattendo contro Orochimaru...
Già
però se non fosse intervenuto, avrebbero avuto non uno ma due
Kyuubi scatenati a cui correre appresso, e sarebbe stato peggio.
“Devo
fermare Naruto!” disse lui, alzandosi.
“Non...
non mi lasciare...sola” disse lei con il respiro a scatti. La
voce era ancora la sua. A quanto sembrava, stava ancora lottando. E
la comprese. L'avesse lasciata sola avrebbe perso sé stessa.
“Ti
lascio qua un bushin...” doveva fare qualcosa.
“Va...
va bene”
Orochimaru
era riuscito nel frattempo a distanziare Naruto, che era tornato
vicino al corpo originale di Yamato, e Sakura era appena stata
colpita da una delle sue code.
Ormai
il giovane aveva perso sé stesso.
“Tecnica
dell'onniscenza del primo Hokage: colpo della soppressione!”
Collegandosi
al sigillo posto nel cristallo della collana del primo Hokage che
portava Naruto al collo, lo bloccò con l'arte del legno,
iniziando a sopprimere il chakra di Naruto.
Raimaru,
attese il tempo che Kabuto s'allontanasse dalla zone a intervenne.
Raimaru
prese posto vicino al capitano Yamato, che subito non lo riconobbe
dietro la maschera ANBU.
Questo
però velocemente compose i sigilli con le mani.
“Sigillo
dell'oppressione” posò le mani sul braccio di Yamato, e
i rami creati con la sua arte del legno, si riempirono di piccoli
kanji scritti che sembravano una specie di catena.
Questi
rafforzarono l'arte del legno, e sembrarono aiutare questo ad
assorbire e sopprimere il chakra della volpe.
Naruto
finalmente tornò normale, sebbene con dei segni sulla pelle
che sembravano bruciature.
Quando
Naruto crollò, anche Hina riuscì a sopprimere del tutto
il chakra della volpe con il suo, tirando un sospiro di sollievo.
Yamato
guardò dubbioso l'ANBU vicino a sé.
“R...”
“Si,
Capitano Yamato. Puoi chiamarmi Aki” lo interruppe il
giovane.
“Ma
certo Aki. Fa piacere sapere di essere dalla stessa parte”
rispose pacatamente l'altro mentre Sakura si metteva a curare Naruto.
“Sarò
poco lontano” disse lui sparendo di nuovo alla vista.
Rimanendo
vicino a Hina, con il Byakugan poté vedere Sai consegnare dei
documenti riservati a Orochimaru, che lo portò con sé,
e Kabuto appresso.
Angolo
d'autore.
Si
ebbene, eccomi qui! Sono ancora viva, per quanto reduce da un piccolo
soggiorno in ospedale.
Dunque,
i nostri cari amici si stanno scontrando con gli eventi di Orociock.
Ma non temete dopo questa parte 'da manuale' ne verrà una
tutta nuova e di mia invenzione... muahahah...
Capitolo 52 *** 52-Il covo di Orochimau-Parte I ***
“Stai
meglio?” chiese Raimaru, facendo svanire il suo Bushin.
Hina,
in posizione fetale, stava prendendo grandi respiri, per rilassare le
membra contratte.
Annuì.
Raimaru
si era sinceramente preoccupato per lei.
“Bene.
Ce la fai a proseguire?”
“Si...
credo di si” lei rabbrividì e chiuse gli occhi, poi dopo
una manciata di secondi, si tirò su a sedere.
A
Raimaru però sembrava molto scossa.
“Sicura?
Guarda che non è un problema...”
“No,
davvero. Ora va' meglio” rispose lei, in uno scatto. Raimaru la
guardò di traverso.
Di
solito quando faceva così era perché nascondeva
qualcosa.
“Scusa
è che... nel caso di Naruto è la rabbia di lui a far
emergere il chakra della volpe. Con me invece...” rabbrividì.
“...è subdola. Mi sussurra all'orecchio di... lasciarmi,
di cedere al suo potere. Mi dice che mi concederà tutto il
potere che desidero, che con lei potrei realizzare qualsiasi cosa...
basta... basta che mi lasci andare. Solo che... mi basta esitare per
trovarmi in balia delle sue emozioni... l'odio che prova nei
confronti del monto è così grande, vasto e potente
che... potrei perdermici. Sarebbe sufficiente per poter travolgere e
annullare anche la mia personalità, diventando per sempre come
lei”
Lui
le poggiò una mano sulla spalla con fare rassicurante. “Ora
è tutto finito. Riposati un momento. Ci vorrà un po'
prima che Naruto si riprenda, e che quindi gli altri procedano”
Hina
annuì e Raimaru prese di nuovo a guardare verso il campo di
battaglia, con aria pensosa.
Hina
si ricompose.
“A
cosa stai pensando?”
“Sarà
stupido, ma mi viene da pensare che quella dannata volpe deve averne
viste di ogni colore per odiare così tanto il mondo non credi?
Voglio
dire, non mi fraintendere. Non è giustificabile la crudeltà
con cui tratta tutti e in particolare i suoi Jinchuriki ma...”
scosse le spalle. “Niente, forse è solo una sciocchezza”
Hina
invece rimase da subito ferita. Voglio dire, era lei che stava male,
e lui si preoccupava per la volpe? Questa poi... era assurda!
Poi
però si rese conto che non aveva mai provato a vedere la
situazione da quella angolazione. In effetti... la volpe poteva avere
un suo motivo per odiare tanto il mondo... o no?
“Dobbiamo
riprendere la marcia. Ce la fai?”
“S-si”
Lui
si girò a guardarla, per accertarsene, e lei si tirò in
piedi, come per dimostrarglielo.
“Bene”
Hina avrebbe potuto giurare che stesse ammiccando dietro la maschera
per la sua cocciutaggine.
Passando
per l'enorme cratere creato dalla battaglia tra Naruto e Orochimaru,
Yamato si guardò intorno. Questa volta era conscio della
presenza di almeno un ANBU che li stava seguendo, ma non riuscì
a individuarlo.
Aveva
conosciuto Raimaru da piccolo, e aveva saputo che era diventato
allievo di Minato in persona, ma non credeva fosse già così
abile.
“Aki!”
chiamò Yamato.
Questo
fu con loro con un balzo.
“Puoi
aiutarci?” domandò lui.
“Il
mio coinvolgimento deve essere marginale, alzi, a dirla proprio tutta
non sarei dovuto neppure intervenire prima. Al di là di ciò.
Sai
è con Orochimaru e Kabuto. Gli ha consegnato delle
informazioni riservate su Konoha, e si stanno dirigendo... verso il
fiume. Consiglio di inseguirli prima che siano troppo lontani. Ma
userei cautela. Sembra abbiano lasciato alcuni pacchetti regalo sulla
strada” rispose freddamente la ANBU.
Sakura
sgranò gli occhi. Voleva dire che davvero li aveva inseguiti
per tutti sti giorni senza che se ne accorgessero?
Non
si riteneva così distratta o incapace da non individuare un
ninja celato...
“Ra....”
Naruto fu interrotto alla prima sillaba, e si ritrovò a
deglutire, intimorito, la punta di un kunai che gli pungeva la gola.
Sakura
scosse la testa. Non l'aveva manco visto muoversi.
“Non
si fanno MAI i nomi delle ANBU” disse questo, freddo e
graffiante. Dal tono e dalla postura, sembrava benissimo capace di
ammazzare Naruto sul posto.
Solo
in quel momento Sakura riconobbe, grazie all'insolito colore dei
capelli, che il ninja mascherato era proprio Raimaru!
“Non
aspettatevi altri interventi da parte mia. La missione è
vostra. Io sono solo un osservatore” con questo scomparve di
nuovo, e per quanto Naruto si guardò intorno, si rese conto di
non essere capace di individuarlo.
“Ma
che razza di...!”
Sakura
scosse la testa “Guarda che ti sente baka. Probabilmente sarà
per qui vicino”
“Non
è il modo di trattare un amico quello!”
Questa
volta fu Yamato a scuotere la testa “Sei tu a essere
indisciplinato Naruto. Un ANBU riceve sempre precisi ordini. Se
dovesse anche stare a guardare mentre morite, lo dovrà fare. È
suo compito”
Con
un grugnito insoddisfatto da parte di Naruto, ripresero la marcia.
“Non
hai esagerato?” gli domandò Hina quando lo raggiunse.
“Nah.
È il solo linguaggio che capisce... e poi... è stato
divertente..!” disse l'altro con un sorriso da sotto la
maschera, a cui Hina rispose con uno sbuffo.
L'inseguimento
fu abbastanza breve.
Orochimaru,
nonostante tutto era ferito, e debole per via della scadenza della
tecnica della rinascita che ormai era prossima.
“A
quanto pare sono determinati a trovare Sasuke..” commentò
Raimaru, osservando la scena da lontano con Hina.
“Non
ho mai capito perché quel baka di mio fratello c'è
l'abbia tanto con quella papera idiota. Tutto altezzoso sulle sue...
manco c'è l'avesse d'oro... se se lo tirasse un po' di più
se lo strappa... tsk!”
Raimaru
non poté fare a meno di ridere. “Hina se fai così
mi deconcentri.. però non posso darti torto...”
“Beh,
tanto meglio. Non ci fossi io a deconcentrarti ogni tanto moriresti
imbalsamato dalla noia. Comunque.. che si fa?”
“La
nostra priorità sono le informazioni. Entriamo e arraffiamo
tutto l'arraffabile. Senza rischi però. Evita gli scontri e se
ci sono anche documenti o cosa protetti da sistemi troppo complicati,
lascia perdere”
“Ok”
I
due attesero che i ninja fossero distratti per poter entrare a loro
volta nella base di Orochimaru.
“Saremo
più veloci dividendoci...” disse Hina.
“Si,
ma rischiamo di perderci. Sto posto è un labirinto nel vero
senso della parola..” commentò Raimaru con il Byakugan
attivo.
“Tieni..”
gli passò una ricetrasmittente.
“Meno
male che pensi sempre tu a portarle...” commentò
l'albino, ammettendo la sua mancanza, e sistemandosela all'orecchio.
“Se
mi perdo...” disse lei iniziando a correre nei labirintici
corridoi.
Mentre
Naruto si moltiplicava e Sai usava i suoi topi d'inchiostro, le due
ANBU iniziarono a setacciare il luogo, stanza per stanza.
Lasciarono
subito perdere quelle che aprendole, sembravano solo semplici camere.
“Questi
posti sono per lo più camere... ho idea che Orochimaru abbia
nascosto le cose più importanti nel cuore del nascondiglio”
disse Raimaru alla radio.
“Si,
è probabile che sia così... che si fa?”
“Prendi
due svolte a destra e una a sinistra. Io provo dall'altra parte”
“Bingo....”
mormorò l'albino, trovandosi davanti a un sigillo sul
pavimento, che evitò con un semplice salto.
“Hai
trovato qualcosa?”
“Sembra
che le misure di protezione stiano aumentando...” le disse lui.
“Quindi
è probabile che proteggano qualcosa...”
“é
la mia speranza”
Infatti,
alcuni metri dopo, trovò una stanza sigillata, alla cui
dovette impegnarsi un momento per riuscire ad aprire.
Aprendo,
trovò scaffali su scaffali di rotoli.
“Ho
appena trovato un bel bottino. Spero non sia uno specchietto per
allodole. Ise stai attenta, poco più avanti della tua
posizione vedo un qualcuno, ma non riesco a riconoscerlo bene. Ci
sono diversi campi di chakra che provengono da stanze che sembrano
laboratori, che disturbano il Byakugan”
“Ricevuto”
Raimaru
quindi s'immerse nella lettura. Doveva anche prestare molta
attenzione che non ci fossero ulteriori trappole.
Era
una stanza molto bella e curata. I rotoli sugli scaffali, posti ai
lati della stanza, erano ben etichettati e ordinati in ordine
alfabetico. Al centro della stanza c'erano due tavoli con ciascuno
tre sedie.
Sembrava
quasi una biblioteca pubblica, come se uno qualsiasi avesse potuto
sedersi lì e mettersi a studiare.
Mah,
che strani gusti che aveva sto serpente...
Sembrava
che il luogo fosse una biblioteca che Orochimaru aveva dedicato agli
esperimenti falliti. Forse era per quello che erano meno protetti.
Però c'erano molti appunti su sostanze di svariato tipo,
tecniche mediche, e altre nozioni che sfuggivano pure a Raimaru, non
essendo un biologo né un chimico.
Prese
quelli che gli sembravano i più promettenti. Sarebbero stata
manna dal cielo per i ricercatori della foglia. Era innegabile che
Orochimaru aveva conoscenze su cui molti avrebbero voluto metterci le
mani.
Stava
quasi per andarsene, quando notò, che la stanza affianco a
quella in cui si trovava non aveva accessi. Nessuna porta, nulla.
Sembrava contenere anche lì altri rotoli, ma dando una breve
occhiata s'accorse subito che erano diversi da quelli che aveva
esaminato sin ora.
Cercò
con lo sguardo. Finché trovò una sorta di 'leva' che
sembrava azionasse un meccanismo ben occultato. Era talmente piccolo
e insignificante, che quasi non ci faceva caso manco lui con
Byakugan.
Stava
giusto per entrare quando, uno strillo gli perforò l'orecchio
e un'enorme esplosione scosse tutto il rifugio di Orochimaru.
Capitolo 53 *** 53-Il covo di Orochimau-Parte II ***
“Ise?
Ise? Mi senti?”
“S-si”
la risposta fu lenta ma finalmente arrivò e Raimaru tirò
un sospiro di sollievo, e finalmente la individuò. La stanza
in cui si trovava era crollata parzialmente, ma lei era integra...
almeno a occhio.
“Stai
bene?”
“Credo
di si. Non mi sembra di essere ferita. Che diamine è
successo?”
“Qualcuno
ha deciso di dare fuoco alle polveri... tra poco sono da te”
“Finisci
pure la ricerca. Qui non c'è bisogno” mi rispose lei.
“Bene.
Fai attenzione, sembra che tu sia vicino ad un luogo di scontro. Vedo
che gli altri si stanno radunando. Sembra abbiano trovato Sasuke”
“Ricevuto”
Raimaru
prese a cercare tra i vari rotoli.
Questi
sembravano molto più interessanti, ma il tempo stava
stringendo e alcune gallerie stavano collassando per effetto della
distruzione violenta dell'altra parte del covo.
Anzi...
a ben vedere, se non si fosse spicciato, sarebbe finito spiaccicato
anche lui sotto le macerie.
Imprecando
a denti stretti, afferrò velocemente quanti più rotoli
poté mettere nella sua sacca, cercando di prendere i più
promettenti in base alle etichette sopra segnate, poi dovette
slanciarsi fuori.
Un
passaggio gli crollò di fronte.
“Merda!”
“Tutto
ok?” sentì la voce preoccupata di Hina.
“I
passaggi interni stanno crollando...”
“Ce
la fai a uscire?”
Silenzio.
“Aki..?”
“Tranquilla,
non ho intenzione di farmi n'altra passeggiata sotto le macerie”
Hina
ebbe ben poco tempo da sorridere, poiché la battaglia tra
Naruto, Yamato e Sasuke, si spostò nella sua direzione, e
dovette rivelarsi per evitare altrimenti un brutto colpo.
“Uh,
a quanto pare abbiamo anche dei topi...” disse con un sorriso
malvagio l'Uchiha.
Hina
si spostò rapida tra le macerie, inseguita da Sasuke, che però
era davvero veloce.
La
spada dell'Uchiha la mise presto in difficoltà. Non poteva
pararla, e il suo stile di combattimento si basava sopratutto sul
corpo a corpo. Inoltre, l'Uchiha era davvero rapido, e prevedeva con
eccezionale semplicità le sue contromosse.
Si
nascose un momento dietro una roccia. “Aki, un po' di aiuto
non sarebbe sgradito..” sussurrò all'auricolare.
L'aver
dovuto sopprimere il chakra di Kyuubi le aveva bruciato molte
energie.
“Sto
arrivando”
Naruto
arrivò giusto in tempo in suo aiuto, ma poi fu lui a rimanere
in balia dello Sharingan di Sasuke, mentre con un volteggio di spada,
Sakura rischiò di rimanerne travolta.
Hina
la salvò con uno spintone.
“Scema!
Se non sei in grado di combattere almeno levati dai piedi!” le
disse pungente la ragazza. La rosa era rimasta ferma imbambolata a
guardare Sasuke come l'apparizione di un Kami, piangendo.
E
questa dovrebbe essere l'allieva della leggendaria sannin?
Se
Lòng avesse saputo che aveva fatto una cosa simile, in mezzo
ad una battaglia, tornando a casa avrebbe rischiato la vita sotto la
torchiata che le avrebbe dato.
Mai
mostrare i sentimenti in battaglia. Mai. Si rischia solo la vita.
“Ci
sono momenti in cui, seguire istinto e cuore è giusto, e anche
i sentimenti vanno soppesati con la giusta cautela ma mai farsi
domare da questi. Nove shinobi su dieci finiscono male per quello”
le aveva detto.
Usare
istinto era una cosa. Andare alla ceca un'altra.
Sasuke
nel frattempo stava alzando la spada per colpire Naruto.
“Merda...”
disse Hina.
Improvvisò.
Colpendo
forte il pavimento, il suolo s'inabissò, dato che era
costruito su una fitta rete di cunicoli.
Sasuke
si squilibrò un poco, e dovette allontanarsi un po'.
In
quel momento, a salvare Naruto, arrivò giusto in tempo
Raimaru, che parò la spada di Sasuke colpendo di piatto con la
sua la mano di lui.
Lo
scontro tra i due entrò nel vivo.
Sasuke
era più veloce di Naruto e Sakura, e anche di Hina, ma Raimaru
sembrava stargli dietro.
Sasuke
però aveva lo Sharingan. Il Byakugan però forniva una
notevole protezione contro buona parte delle illusioni, sopratutto se
si basavano sul senso della vista, poiché l'abilità
innata vedeva anche attraverso le illusioni.
Riuscì
a prevederlo. Portò la spada in avanti, facendo un ampio gesto
dall'alto al basso. Hina trattenne il fiato. Se Raimaru fosse
stato una frazione di secondo meno veloce di quello che fu... sarebbe
stato aperto in due come un pesce da Sasuke.
Invece
s'inarcò all'indietro, e la spada potenziata dal fulmine di
Sasuke tagliò il giubbotto grigio delle ANBU, lasciandoli una
scia sanguinante sul ventre, e aprì in due la maschera, ma
senza ulteriori danni.
“Oh,
il Byakugan... ora comprendo...” la voce di Sasuke era piatta.
“Traditore..”
fu tutto quello che disse invece l'albino.
Riuscì
a colpirlo in un punto di fuga sul petto. Era doloroso e costringeva
il chakra a fare un giro alternativo per raggiungere i punti più
lontani come gli arti, quindi destabilizzava la precisione d'utilizzo
dello stesso.
“Katon:
Gokakyuu no Jutsu!” Usò Sasuke.
Raimaru,
mentre come contromossa usava la stessa tecnica, si ritrovò a
pensare “E figurarsi se un Uchiha non usava la palla di
fuoco...”
Le
due palle di fuoco si scontrarono, bruciandosi e annullandosi a
vicenda.
Sasuke,
irritato, saltò sul rilievo, mentre gli altri erano ancora
nella zona dove il covo s'era inabissato. Raimaru s'unì agli
altri.
“Ora
basta... la farò finita con voi...” Sasuke alzò
un braccio. Pronto a colpire.
“Ora
basta! Sasuke, non dovresti giocare con quelle tecniche...”
sibilò Orochimaru.
“Buffo
sentirti dare tu del 'traditore' non credi.. Raimaru Hatake?”
disse Kabuto con un sorriso sghembo, ora che aveva raggiunto i suoi
due compari.
Il
ragazzo si limitò a guardare freddamente i tre.
“Mio
padre lo è. Io no. Se si metterà sulla mia strada, è
mio compito eliminarlo. Anche se sono sangue del suo sangue”
“Uh,
uh... sei molto cresciuto dal bambino ferito e piagnucolante degli
esami dei chunin, questo posso ammetterlo...”
“Tu
non sai nulla di me, spia. E non mi provocherai per così poco”
“In
fin dei conti sarebbe interessante vedere quanto sei migliorato...”
disse Kabuto con un sorriso, mentre Hina si era avvicinata per
curarlo, ma Raimaru la fermò.
“Tuttavia
non è nel nostro interesse farlo” bloccò le
tensioni Orochimaru.
“Vedete,
voi sapete bene, come lo sappiamo noi, che alba si sta preparando a
muoversi. Ci vorrà ancora un annetto ma... ecco, è
comunque nel nostro interesse, che voi vi scanniate senza metterci di
mezzo. Dunque noi ce ne andremo, non interferiremo con la foglia...
almeno fin tanto che alba starà tra i piedi”
Con
un cenno secco, Orochimaru se ne andò seguito dai suoi
tirapiedi.
“Ordini?”
chiese Hina da dietro la maschera.
Raimaru
scosse la testa. “Non è nostro compito inseguirli”
“Anche
per noi è meglio rientrare” disse Yamato.
“Ma..
ma..” provò a protestare Naruto.
“Sei
ferito, così come Sakura, Sai e me. Inoltre, dobbiamo fare
rapporto all'Hokage prima di avere nuovi ordini..” rispose
semplicemente Yamato.
Naruto
si vide costretto ad accettare, e brontolando seguì il suo
capitano.
Raimaru,
fece allontanare un poco Hina dallo scontro, rientrando nel bosco
poco distante, prima di lasciarsi curare dalla ragazza.
Gli
poggiò leggera la mano sul taglio, emettendo un alone
azzurrino, che iniziò a guarire la ferita.
“Sasuke
ha davvero fatto passi da gigante. È molto più rapido.
Credo che anche il suo Sharingan sia migliorato” commentò
Raimaru.
“Beh,
fortuna che anche tu sei migliorato tanto...” gli rispose la
ragazza, continuando a chiudere le ferita.
Raimaru
si concentrò semplicemente sulla piacevole sensazione delle
dita leggere poggiate sulla pancia, e il piacevole pizzicore della
ferita che si chiudeva.
“Speriamo
che la nostra missione non sia stata inutile” commentò
il ragazzo, quando lei ebbe finito.
“Io
ho trovato ben poco. Spero che la tua ricerca sia stata più
fruttuosa..”
“Ho
trovato diversi rotoli, ma a occhio per lo più mi sembrano
appunti di ricerche... mah, vediamo dai. Ora torniamo a casa”
Lei
annuì, seguendo il ragazzo.
Il
ritorno fu un poco più tranquillo e agevole, si tenevano
dietro alla squadra di Yamato, a 'distanza di Byakugan'. Ossia dove
lui ancora riusciva a vederli, ma erano troppo lontani perché
il quartetto vedesse loro.
Ma
ormai comunque sapevano delle due ANBU, quindi non c'era neppure una
grossa necessità di nascondersi.
“Finalmente!”
disse Hina stiracchiandosi, quando varcarono i confini di Konoha.
“Casa
dolce casa eh?”
“Mh...
già. Non vedo l'ora di fare una doccia e una dormita nel mio
letto”
“Sono
d'accordo. Andiamo subito a fare rapporto, così magari dopo
possiamo starcene tranquilli un po'”
Così
i due andarono sino al palazzo dell'Hokage, e consegnarono quanto
avevano trovato, e il rapporto che per fare prima Raimaru aveva fatto
che scriverlo strada facendo.
“Quindi
Orochimaru crede che prima di un anno alba non si muoverà?”
chiese Minato, che li aveva fatti entrare nel suo ufficio.
“Così
sembra. Da come ha posto la cosa, ci offre di lasciarci in pace,
nella speranza che facciamo fuori noi dei membri di alba.
Da
come ha parlato, non ne deve più fare parte, o comunque i suoi
interessi devono andare in direzioni diverse da quelle
dell'organizzazione” gli rispose Raimaru.
“Molto
bene. Ora faremo esaminare dai nostri esperti i rotoli che hai
portato”
“Temo
di non avere avuto molto tempo per cercare qualcosa di più...
indicato. Hina è stata aggredita durante le ricerche, e io,
temo di essere andato nel deposito sbagliato. La maggior parte dei
rotoli deve essere di natura medica, o comunque di esperimenti strani
che conduce Orochimaru...”
Minato
sorrise. “Non ti preoccupare. Ho mandato delle altre ANBU a
esaminare il covo, con la dovuta cautela. E comunque, anche i rotoli
medici di Orochimaru saranno sicuramente di grande aiuto ai nostri
ricercatori”
“Probabilmente
lo avrà già ripulito...” commentò Hina.
“Anche
io lo ritengo probabile, ma, se avremo fortuna non sarà
riuscito a portarsi via tutto. Ora potete andare. Riposatevi pure un
paio di giorni”
“Sì”
“In
libertà”
I
due ragazzi, con un inchino, uscirono dall'ufficio dell'Hokage.
Procedettero
insieme per un tratto di strada.
Era
già tardo pomeriggio.
“Senti
Hina...” iniziò lui un po' incerto.
“Si?”
“Ci
vediamo domani sera per il ramen?” gli chiese lui con un
sorriso.
Hina
si sentì le gote arrossarsi. Dannazione perché il suo
sorriso le faceva sempre fare le capriole allo stomaco?
“O-Ok.
Certo” rispose lei.
“Bene.
A domani!” disse lui, imboccando la via laterale che lo avrebbe
condotto a casa sua, mentre Hina proseguì.
Uffa.
Non era giusto che lui avesse tutto questo potere su di lei...
eppure, Hina non riusciva né a spiegarselo né a
controllarlo.
Era
una shinobi ben addestrata, sapeva non rispondere alle provocazioni,
e Lòng-sensei aveva fatto si che sapesse mantenere i nervi
saldi, e gli aveva spiegato l'importanza di mantenerli sempre in ogni
situazione.
Però...
con lui non ci riusciva. Gli bastava che gli sorridesse che si
sentiva sottosopra e un sorriso ebete gli si spiaccicava in faccia.
Si sentiva una quindicenne stupida in preda alla prima cotta...
Hina
si spiaccicò una mano in fronte. Lei era una quindicenne!
Ridacchiando
salì in casa. Il fatto di essersi allenata ed avere studiato
tanto, ogni tanto le faceva dimenticare che effettivamente, lei come
Raimaru, erano giovani. Era la nostra disciplina che ci faceva
sembrare più adulti di quello che non eravamo effettivamente.
“Hina,
tesoro sei tornata?” era sua mamma.
“Si
ma'”
“Tutto
bene?” le chiese la rossa, spuntando dal salotto.
“Si.
Sono tornata tutta intera”
“Vuoi
mangiare qualcosa?”
“No,
grazie. Credo che mi limiterò a una doccia e parecchie ore di
sonno”
Lei
mi sorrise “D'accordo cara. Ti sveglio domani”
Naruto,
quella mattina si era seduto su una panchina, fissando il parco
giochi vicino all'accademia.
Naruto,
dal canto suo, era felicissimo di essere tornato alla foglia. Gli era
davvero mancata in quegli anni di allenamento con il vecchio
pervertito.
Però...
vedere Sasuke in quel modo... così... freddo. Distante. Non
sembrava neppure la stessa persona che era stata nel suo stesso team.
Cosa
poteva fare per aiutarlo? Come poteva fare per riportarlo con loro?
Cosa poteva dirgli che lo avrebbe convinto ad abbandonare i suoi
intenti di vendetta?
Sospirò,
da seduto sulla panchina dov'era.
“Na-Naruto-kun”
la voce di Hinata lo sorprese di quel tanto che ancora un po' si
ribaltava da sulla panchina dov'era.
“Hinata-chan!
Mi hai colto alla sprovvista!” gli sorrise il ragazzo, facendo
abbassare lo sguardo e arrossire la ragazza.
“S-s-scusa”
“No,
figurati! Come mai da queste parti?”
“Stavo
facendo un paio di commissioni e... e ti.. ho visto.. qui. Mi... mi..
mi sembravi ecco... giù di corda” in effetti Naruto notò
che aveva delle borse alle mani.
“Ma
no, non ti preoccupare! Ehi, vuoi na mano con le borse?”
Prima
che la ragazza potesse rifiutare il giovane le aveva già prese
e aspettava che lei le facesse strada.
“Ehm...
grazie”
“Di
niente Hinata. In verità ero solo... pensoso. Nell'ultima
missione... ho rivisto Sasuke. È.. cambiato tanto”
“Mi...
mi dispiace”
“Non
è colpa tua. Mi piacerebbe riuscire a riportarlo indietro.
Solo... mi sembra di non trovare mai le parole giuste, o le
motivazioni giuste... non lo so.
Forse
aveva ragione Raimaru nel dire che non si può costringere un
leone in gabbia”
“Mio...
cugino?”
“Si,
prima che me ne andassi con Jiraiya mi diede dello stolto, dicendo
che per quanto anche l'avessi riportato indietro, sarebbe fuggito.
Ancora e ancora.
Ha
detto un qualcosa del tipo 'se davvero ci tiene tornerà lui
indietro con le sue gambe'”
“Oh...
beh, durante la fuga di Sasuke, Raimaru era piuttosto... provato.
Credo fosse la frustrazione a parlare per lui”
“Già...
aveva da poco avuto un incontro con il padre, se ben ricordo...”
Hinata
annuì.
“Si
è ancora fatto vedere? Kakashi dico”
Lei
scosse la testa. “No. Non che io sappia. Si hanno solo notizie
vaghe degli spostamenti di Alba ma... nulla di concreto”
“Uhm...
tu ti ricordi qualcosa di Kakashi? Io sinceramente ne ricordo
qualcosa, ma non molto”
“Io
non l'ho praticamente mai visto... ricordo solo che quando ero
piccola, papà non lo vedeva molto di buon occhio. Non voleva
che si sposasse con Lòng”
“Davvero?
Perché?”
Lei
arrossì “Oh, beh ecco... papà ci tiene che tutti
i suoi consanguinei si sposino con persone di un certo... rilievo.
Non credeva che Kakashi potesse dare un buon futuro a Lòng...”
disse lei un po' imbarazzata.
“Non
lo sapevo...”
Parlarono
un po' più e del meno.
“Senti
Hinata, mi rendo conto che in questi anni mi sono perso un sacco di
cose... che ne dici di mangiare un ramen con me stasera? Così
mi racconti un po' come sono andate le cose quando io non c'ero...
eh?”
La
ragazza quasi svenne sul posto, che ormai erano di fronte alla villa
di famiglia.
“Hinata...
tutto... tutto bene?”
“Si!
Si! Ehm.. ecco allora... ci... ci...ci... ci...” si sentiva un
disco inceppato. Aveva il viso rosso come i capelli di Kushina, ci
mancava solo un po' di fumo dalle orecchie.
“Ci
vediamo stasera” disse in fretta e furia, usando l'ultimo
ossigeno nei polmoni, prese i sacchetti e fuggì.
“Ma
che ho detto di male? Mah...” Naruto, stranito dal
comportamento della ragazza, si riavviò sulla sua strada.
Hina,
aveva già iniziato a prepararsi, in preda all'agitazione, a
metà pomeriggio.
Dopo
un ulteriore doccia, aveva curato i capelli sino a che non erano
stati chiari, lucenti e lisci, e ogni ciocca domata e messa al suo
posto.
Li
aveva stretti in una treccia che partiva già dal capo,
scendeva lungo la nuca, e proseguiva lungo la schiena.
Non
si era mai truccata, o quasi mai. Ma per quella sera, decise di
mettersi un po' di mascara sulle ciglia e un po' di matita sugli
occhi.
Poi
era stata l'ora dei vestiti.
Che
diavolo poteva indossare?
Nulla
che fosse troppo compromettente. Quindi, niente gonne corte né
scolli. Non che ne avesse poi tanti. Per lo più il suo armadio
era riempito di maglie e pantaloni scuri da usare sul lavoro...
Passò
in rassegna mille pantaloni, dai jeans ai pinocchietto.
Alla
fine scelse proprio i pinocchietto, dato che faceva abbastanza caldo
da usarli, neri, con la sua maglietta preferita: una semplice t-shirt
verde muschio.
In
preda all'agitazione attese fino a quando lo vide arrivare sulla
strada.
Si
buttò fuori di casa ancor prima che potesse suonare il
campanello.
Lui
le sorrise. Era vestito con semplici abiti neri. Pantaloni lunghi,
una t-shirt, che aveva il simbolo di Konoha sul dorso in verde.
Hina,
non tanto. I sensi d'aspettativa e le negazioni furiose le impedivano
di rilassarsi.
Era
una battaglia nella mente sul tipo “Chissà che
succede..”
“Che
vuoi che succeda? Stiamo andando solo a mangiare un ramen!”
“E
se poi...”
“Poi
cosa? Piantala di farti castelli in aria!”
Sti
botta e risposta, per lo più privi di senso, si susseguivano
l'uno all'altro nella mente di lei.
Arrivarono
quindi da Teuchi, e si sedettero nell'angolo del piccolo locale,
ordinando due ramen.
Raimaru
prese a chiacchierare con Hina del più e del meno, senza dare
troppo peso alla situazione, discutendo delle ultime missioni e delle
opinioni riguardo alcune decisioni prese in merito a certi gruppi di
ninja traditori che s'erano aggirati nel paese del fuoco.
Dibattere
di un argomento che avevano in comune, rilassò la ragazza che
prese a sua volta a parlare tranquillamente.
Ayame
servì al loro tavolino le due ciotole di ramen.
“Senti
ma...” stava per chiedere qualcosa Raimaru.
“Hina?
Raimaru?” Naruto era comparso nel chiosco, accompagnato da
Hinata.
“Ciao
Naru-kun. Cugina..” li salutò Raimaru con un sorriso di
circostanza.
“Niisan..
Hinata-chan”
Stava
per salutarli anche Hinata, quando Naruto, che aveva notato con un
certo allarme la circostanza piuttosto informale dei due giovani
chiese senza troppa sottigliezza “Che ci fare qui voi due?”
A
Hina, già gonfiò una vena sulla tempia, che era un
cattivo presagio per chiunque la stesse irritando, per cui, Raimaru
s'affrettò a togliere Naruto dagli impicci.
“Le
dovevo un ramen, sai com'è... ogni promessa è debito
no?” disse il ragazzo con un bel sorriso.
“S-si
certo” disse il ragazzo, chiedendosi se avesse preso una
cantonata.
Sagacemente
l'albino, per metterlo alle strette gli chiese “Piuttosto come
mai sei qui con Hinata-chan?”
La
ragazza dai capelli scuri arrossì come un peperone.
“Oh,
ehm, beh... si le avevo chiesto di aggiornarmi su... sugli ultimi
avvenimenti alla foglia... sai com'è sono stato via tanti
anni... beh buona serata!” il biondino si defilò
dall'altra parte del locale, con Hinata, lasciandoli in pace.
Hina
ridacchiò insieme a Raimaru.
“Come
diavolo hai fatto?”
“Semplice
tattica diversiva. Fai il cortese e rivolta la frittata...”
Lei
rise. “Sei davvero tremendo quando ti ci metti”
Lui
scosse le spalle “Ha iniziato lui... e poi non so perché
ma non credo che ti sarebbe piaciuto avesse ficcato il naso...”
“No,
hai ragione...”
Naruto,
dal canto suo, di quando in quando, lanciava occhiate furtive al
tavolino dei due. Anche se, la piacevole chiacchierata con Hinata lo
stava disinteressando sempre di più a quello che facevano gli
altri due.
Tuttavia,
per quelle volte che lanciò occhiate fugaci, sembravano sempre
parlare in tranquillità, come se discutessero di quanto fosse
verde l'erba o del tempo previsto per domani.
Insomma,
nulla d'insolito.
Finito
di cenare, i due s'alzarono e se ne andarono. Fortuna volle che
Hinata lo distrasse abbastanza da dimenticarsi della cosa.
“Prima
che arrivasse il rompiscatole di mio fratello mi sembravi sul punto
di dirmi qualcosa..” disse esitante lei, mentre camminavano.
“In
verità si. M'incuriosisce una cosa... perché io?
Voglio
dire, d'accordo la cosa mi lusinga, ma perché io?”
“Perché
mi sono innamorata di te, dici?” chiese lei, arrossendo sulle
gote.
“Si,
voglio dire: Sei una ragazza molto carina. Probabilmente chiunque
altro ti avrebbe accettato senza pensarci due volte...”
Lei
ridacchiò un poco, anche se si sentì arrossire
ulteriormente le gote. Una ragazza molto carina? Lei. Le aveva fatto
un complimento.
“Forse
proprio per quello...” riuscì a dire, tenendo stretta la
sua ironia. Non voleva neppure lasciarsi andare troppo. Aveva già
fatto la sua scenata isterica una volta.
E
poi, mantenere almeno un po' la facciata da ironia, l'aiutava a
tenere sotto controllo la situazione.
“Insomma...
altri mi vendono solo perché sono la figlia dello Yondaime o
perché 'sono carina'. Solo tu... mi consoci davvero, e mi
accetti per quello che sono ecco.
E
poi... sei una delle poche persone che stimo davvero. Ho avuto modo
di conoscerti in tutti questi anni. Hai avuto un sacco di forza per
riuscire a fare quello che hai fatto.
Altri
avrebbero abbandonato, avrebbero tirato la spugna. Invece tu... per
ogni volta che cadevi ti rimboccavi un po' di più le maniche.
Però...
non sei diventato superbo o altezzoso, sei rimasto te stesso
nonostante avresti tutti i diritti di farti chiamare 'genio' e non
dire che non è vero” disse in fretta lei, vedendo che
apriva la bocca per protestare.
“Hai
quindici anni Raimaru. Molti alla tua età erano o sono dei
bambocci bavosi pieni solo dei loro ormoni. Tu invece hai talento, e
sei diventato uno dei migliori shinobi della foglia”
“Mi
dai dei meriti che non ho...”
Hina
rise, e si strinse al suo braccio. “Vedi? È questo che
intendo”
E
il fatto che fosse anche un ragazzo estremamente bello, non guastava.
Aveva
sentito dire da Lòng-sensei che Raimaru era la copia più
piccola di Kakashi, salvo per gli occhi. Beh, poteva capire la sua
maestra.
Lo
lasciò di nuovo. Non voleva mica essere appiccicosa e
fastidiosa come Hanare!
E
poi... era già contenta che il ragazzo stesse passando del
tempo con lei, da sola.
Lui,
dal canto suo, si sentiva ancora un po' confuso, ma man mano che
elaborava l'idea... gli piaceva sempre di più pensare di stare
con Hina.
In
fin dei conti perché no?
Avevano
la stessa età, un buon feeling, si volevano bene e si
conoscevano da parecchio.
Inoltre,
ora che aveva aperto gli occhi sulla cosa... stava scoprendo anche
lui che provava qualcosa per la ragazza... un qualcosa che spiegava
come mai, in passato, quando lei aveva svolto missioni con
Konohamaru, che era diventato suo amico, aveva provato una sottile
irritazione. Qualcosa che spiegava perché gradiva così
tanto la sua compagnia.
Che
le fosse sempre piaciuta e non se ne fosse mai accorto? Scambiando
quel sentimento per una forte amicizia...? Si, era plausibile.
“E
ora a che stai pensando?” gli domandò lei, visto il suo
prolungato silenzio e lo sguardo perso di chi sta riflettendo.
“Beh,
sto pensando che forse, in fin dei conti mi sei sempre piaciuta anche
se non m'è n'ero mai accorto. Che dire... tutto sommato forse
Hanare ti ha fatto un favore...” le disse con un sorriso. Non
vedeva perché mentirle.
Hina
arrossì di colpo. Raimaru rise. “Se non altro è
divertente vederti con le guanciotte rosse...”
Lei
le gonfiò, come indispettita. “Ora mi prendi in giro...”
Si
stavano dirigendo verso casa sua.
Il
ragazzo si girò a guardarla bene negli occhi. Le piacevano i
suoi occhi verdi, e quando sorrideva aveva un sorriso davvero
meraviglioso. Si ricordava che gli piaceva da sempre il sorriso di
Hina. Forse, meritava la pena di starle vicino fosse solo per farla
sorridere. Ancora e ancora.
Raimaru
non aveva molta esperienza in campo però... la tirò
all'ombra di un albero del viale, e prima di darle tempo di
protestare, si chinò su di lei, cercandone le labbra.
La
baciò piano, quasi con cautela, stringendole delicatamente i
fianchi.
Le
labbra di Hina erano morbide, e piacevoli. Il profumo della ragazza
era piacevole.
Lo
conosceva da tanto, ma non aveva mai fatto caso che fosse così...
gradevole. Gli ricordava il profumo dei gelsomini.
“Mh..
no direi di no” le disse scostandosi.
Lei
aveva lo sguardo quasi lucido, le gote arrossate, e lo guardava come
incredula.
Raimaru
sorrise a vederla così. Si, gli piaceva proprio sta ragazza...
non v'era più ombra di dubbio...
Ad
ulteriore conferma all'idea che si stava a poco a poco fissando nella
sua mente, la ragazza, con una certa esitazione, s'aggrappò al
suo collo, e lo baciò di nuovo.
Sentire
le dita delicate di lei sfiorargli la nuca, gli strappò un
sincero brivido, che gli percorse la spina dorsale.
Inclinando
il capo, il bacio s'approfondì.
Rimasero
fermi, con la fonte poggiata l'uno all'altra, lei con la schiena
poggiata sul tronco dell'albero.
I
respiri che si mescolavano.
“Rai...”
“Sst...”
le disse il ragazzo, poggiandole un dito sulle labbra e drizzando la
schiena, guardandosi intorno come allerta.
La
spostò un poco, e le indicò lungo la strada.
Hina,
girando un poco la testa, vide suo fratello che passeggiava con
Hinata, diretti al quartiere Hyuga.
Naruto,
con le braccia incrociate dietro la testa, camminava al fianco di
Hinata, blaterando di qualcosa che aveva visto o fatto durante i
viaggi con l'eremita.
Hina,
arrossì, rendendosi conto di essere in una posizione un po'
imbarazzante, abbracciata com'era a Raimaru.
Ma
il ragazzo non si mosse, e mentre che attendevano che i due
svoltassero il prossimo angolo, le carezzò il viso,
scostandole una ciocca dorata che era sfuggita alla treccia.
I
due erano troppo distratti per notare Raimaru e Hina, ben occultati
dietro il robusto tronco della grande quercia.
Una
volta che i due se ne furono andati, Raimaru si scostò.
“Vieni
principessa, ti riporto a casa...” le disse con un mezzo
sorriso.
Angolo
d'autore.
Wiii
evviva i capitoli smielati! Ed ecco i nostri due pulcinelli tutti
teneri e coccolosi!
Spero
abbiate gradito anche voi, perché dal prossimo capitolo, si
riparte con il movimento! *Ghigna maleficamente* Oh, si. Un gran
movimento! Una parte 'originale' della mia storia, che vi terrà
con il fiato sospeso! =D
Il
ragazzo scortò fino a casa Hina, salutandola con un sorriso.
Hina
era ancora un po' frastornata quando rientrò, sentendosi come
galleggiare a qualche centimetro da terra.
Il
giorno seguente andò a cercarlo. Ma non lo trovò.
“Lòng-sensei,
ha visto Rai-kun?” chiesi alla donna.
“Mh?
Credo abbia ricevuto una missione. Ieri sera l'ho sentito rientrare,
stamattina qualcuno gli ha consegnato un rotolo, e poi non l'ho più
visto...”
“Ah,
ok. Grazie. Allora se posso vorrei prendere alcuni dei tuoi rotoli
medici...”
Lei
rise “Hina, ti ho già detto mille volte di prendere
quello che vuoi. Sono a tua disposizione”
“Grazie
sensei”
Ritornando
a casa, però Kushina mi chiese “Cara, hai visto Raimaru?
Stamattina Minato lo stava cercando...”
“Lòng
dice che ha ricevuto un rotolo e che è partito in missione...”
le risposi un po' stranita.
“Ah,
allora l'avrà trovato”
Incuriosita
andai sino all'ufficio di papà.
“Papà...
mamma diceva che cercavi Raimaru”
“Si,
infatti...”
“Lòng
dice che però stamattina a ricevuto un rotolo per una
missione. Sembra che sia partito subito...”
Vidi
Minato restare un nanosecondo immobile, un lampo sorpreso negli
occhi.
Ma
subito, prima che potessi dubitare della cosa riprese dicendo “Si,
è vero. Avevo mandato una ANBU a consegnarglielo”
Lo
guardai storto. Non la stava dicendo tutta. Ne ero quasi sicura.
“Vai
pure Hina. Ti manderò a chiamare più tardi”
Non
potevo ignorare l'ordine del mio superiore. Però gli scoccai
un'occhiataccia. Non me l'aveva data a bere.
Trovavo
strano che Minato mi avesse mandato da solo, fin là. Qualcosa
mi faceva prudere i sensi... però... la firma era la sua, e
c'erano anche tutti gli indizi segreti che di solito metteva nelle
sue missive. La macchia nell'angolo inferiore destro, un piccolo
trattino tra le prime sillabe, il ghirigoro nella parola 'missione'
che metteva.
Nulla
sembrava controindicare quello che mi era stato ordinato, e io non
potevo non obbedire.
E,
ammetto di essere partito d'impulso e ormai, ero troppo lontano per
ripensarci e tornare indietro a chiedere chiarimenti.
La
zona indicata dalla mappa della missione era appena a tre giorni
dalla foglia, a marcia sostenuta.
Quando
iniziai ad avvicinarmi però, mi fermai per riposare, per
essere al massimo delle energie, e procedetti con maggiore cautela.
Attivando a intervalli costanti il Byakugan per scrutare che in zona
non ci fosse nessuno.
La
zona era piuttosto difficile, vicino a delle montagne, dove si
fondeva con una vallata paludosa, rocce e terreno palustre si
confondeva con un fitto bosco di mangrovie, melmoso e pieno di
trappole naturali.
Avevo
giusto appunto quasi deciso che in zona non c'era nulla
d'interessante, quando, in un punto dove le lastre di solida roccia
si fondevano, sprofondando da uno strapiombo in un lago melmoso
ricoperto di alghe e canne, individuai un'apertura.
Dovetti
fare un giro lungo per poter scendere nella valle senza espormi.
Avevo
nascosto i capelli sotto una bandana verde. Il colore insolito
avrebbe potuto facilmente attirare lo sguardo. Mi dovetti anche
mettere a strisciare tra le radici delle piante, poi a correre, di
soppiatto da una macchia all'altra delle voluminose canne. Se non
altro in quell'ambiente erano piuttosto comuni e le macchie erano
folte e frequenti dandomi una buona varietà di punti dove
nascondermi.
“...uffa
ma che posto schifoso... pieno di alghe, canne, acquitrini,
puzzolente, lurido e umido. Persino il terreno è talmente...
obbrobrioso che non va bene neppure per la mia speciale argilla...”
“Avete
ragione sempai. Il capo dice che Zetsu è andato alla ricerca
di un posto migliore nelle terre della pioggia” rispose un
secondo.
Raimaru
smise pure di respirare, appiattendosi nel canneto dove si trovava.
Erano
in due, tutti vestiti con quella specie di mantello nero a nuvole
rosse. Uno aveva una maschera a spirale arancione e una zazzera di
capelli neri.
Il
secondo, dei ricchi capelli con un codino biondi. Aspetta... ma
quello non era lo stesso che aveva rapito il Kasekage? Dunque era
sfuggito a Gai e Obito...
Pensando
questo, si mise ad osservarli, facendo respiri così leggeri
che nessuno avrebbe potuto udirlo, e annullando la sua presenza,
sopprimendo il chakra.
I
due però, si limitavano a lamentele riguardo il luogo del loro
covo e agli ordini ricevuti e altre cose simili.
Raimaru
però ascoltò attentamente, sentendo fare diversi nomi.
Hidan, Kakuzu, un certo 'Pain'...
Una
volta terminate tutte le lamentele e, dopo la tirata su quanto era la
Vera Arte secondo Deidara, premettero un punto nella roccia, e questa
si schiuse. Probabilmente per via di un meccanismo presente
all'interno. Ma Raimaru non aveva neppure attivato il Byakugan per
evitare che potessero avvertire anche il più piccolo flusso di
chakra.
Rimase
per diversi minuti immobile, facendo solo saettare lo sguardo da un
posto all'altro per vedere se c'era ancora qualcuno in giro che
potesse individuarlo.
Non
gli parve di vedere nessuno, e non percepiva né odori né
altro che potessero aiutarlo a individuare qualsiasi indizio.
Era
anche vero che, il luogo era piuttosto puzzolente per via degli
acquitrini, e questo non lo aiutava a identificare odori che
potessero essere di persone.
Un
brivido gli percorreva la schiena. Era davvero un covo dell'Akatsuki!
Se
lo avessero trovato, dubitava seriamente, che per quanto abile fosse,
avesse delle chance di sopravvivere. Già Deidara da solo
avrebbe potuto dargli filo da torcere... ma non dubitava che dentro
ce ne fossero altri. Erano tutti ninja potenti, con abilità a
lui sconosciute. Due cose che di solito conducevano alla morte
istantanea.
Tuttavia...
un senso d'intrepidità lo percorse. Desiderava mettersi alla
prova... e se fosse riuscito ad entrare, prendere una qualche
informazione e riuscire a farla franca...
La
mamma l'avesse saputo gli avrebbe certamente dato una sana strigliata
per avere anche solo pensato un qualcosa di così pericoloso e
avventato... ma, era troppo assetato di curiosità.
Raccogliendo
il coraggio attivò il Byakugan. Un corridoio risaliva
dall'entrata, percorrendo nella pietra, creando sale e forse camere.
Altre erano vuote. Si rese conto però che a poche rampe di
scale, e un paio di cunicoli laterali, una stanza aveva una piccola
finestrella. La cercò con lo sguardo sino a trovarla,
incassata come fosse una crepa nella roccia diversi metri più
in su rispetto dove si trovava lui.
Valutò
con accuratezza che non avesse sbarre e che, fosse abbastanza grande
perché potesse infilarsi per passarci fuori.
Era
piuttosto giusta...
Rimase
indeciso per diversi secondi... poi si convinse. Doveva tentare.
Quella stanza lassù conteneva rotoli, che era certo sarebbero
stati utili a Konoha, e forse avrebbero scongiurato future
catastrofi.
Col
Byakugan individuò sei ninja, quasi tutti rintanati in celle
singole, due in una condivisa.
Dal
flusso del chakra, almeno due sembravano stare dormendo.
Prima
di tutto però... prepariamoci.
Controllò
di avere bene ogni ciocca di capelli ben occultata dalla bandana, ben
fissa in testa. Nascose il copri fronte sotto al colletto, il
luccichio del metallo poteva essere fatale. Tolse anche la maschera,
troppo vistosa.
Nascose
ogni oggetto che poteva riflettere luce o essere vistoso.
Poi,
approfittò del fango abbondante della zona, si sporcò
il viso per scurire la carnagione altrimenti chiara, e proprio in
generale se ne cosparse la pelle.
Quando
fu pronto, contò ancora sino a cinquanta battiti di cuore,
regolarizzando il respiro e reprimendo le proprie emozioni.
Controllò
ancora velocemente con il Byakugan che non ci fosse nessuno in giro
per i corridoi, e che nessuno fosse vicino alla porta. Dopodiché
avrebbe dovuto fare a meno della sua abilità innata.
L'utilizzo di chakra era un faro d'allarme per i ninja sensitivi,
salvo alcune tecniche minori...
Studiai
anche in quei pochi secondi, la serratura della porta principale.
Una
semplice piastra a pressione.
Bene.
Era ora. Alzandomi con cautela, mi tuffai verso la porta. Leggero e
agile come un falco che cavalca il vento.
“Papà...”
Hina era esitante sulla porta dell'Hokage.
“Si,
Hina?”
“Non
sei stato tu a mandare Raimaru. C'è qualcosa che bolle in
pentola...”
“Ma
no, ma no. Vedrai che tornerà presto”
“Quando?”
“Presto”
le parole del biondo suonarono piuttosto come definitive.
“C'è
sotto la radice? Qualche gruppo di sovversivi? Gli Hyuga?”
“Hina,
ti ho detto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Sta
svolgendo una missione, non diversa da tante altre. Il rischio c'è
sempre, come per qualsiasi ninja. Che, tra l'altro... la tua l'hai
già svolta?”
E
continuava a evitare di dare una risposta diretta... “Si, ho
già consegnato il rapporto al capitano Hima”
“Bene.
Dovresti presentarti ai nuovi membri della squadra Kasai. Genma e
Raido mi hanno fatto domanda di poter passare sotto Raimaru. Ho
acconsentito. In sua assenza, e fino al suo ritorno dividerai il
comando con Genma. Presentati loro, ti attendono al campo 7.
Allenatevi un po' per sgranchirvi e andate a fare il giro di
pattuglia delle 19:00”
“Si”
A
Hina non restarono alternative che non obbedire.
Come
sperava, il fondo era piuttosto terroso. Non era tutta roccia quella
che era stata scavata, ma anche molta terra.
Percorse
la prima rampa piuttosto velocemente. La seconda, prestando più
attenzione a suoni e rumori.
Ogni
suo senso era allerta, e stava usando anche una certa dose di
concentrazione per tenere sotto controllo le emozioni.
Se
si fosse lasciato prendere dalla tensione, presto avrebbe iniziato a
sudare e ansimare, rischiando di lasciare una traccia olfattiva, che
invece ora era occultata dal fango in cui si era impiastricciato.
C'era
una porta. Una normalissima porta di legno, in cima alla seconda
rampa.
Impiegò
un po' di tempo per assicurarsi che non ci fossero trappole, poi tese
l'orecchio per cogliere eventuali movimenti.
Con
cautela, impiegando altro prezioso tempo, abbassò la maniglia,
e socchiuse l'uscio.
L'aria
era leggermente più calda, ma comunque umida e odorosa di
terra e acquitrino.
Meglio
per lui.
Era
buio, ma individuò dei blandi tappeti di canapa che erano
buttati in terra a mo' di zerbini, del loro colore naturale, un
giallo, ma sporchi di pedate di fango.
Fiutò
l'aria all'interno.
Individuò
diverse tracce olfattive diverse, ma non seppe riconoscerne alcuna,
anche se le mandò a memoria per eventuali riscontri futuri.
Scrutando
nel buio dell'angusto corridoio, il giovane usò la memoria di
quando aveva visto con il Byakugan per orientarsi.
Su
quel piano c'erano due stanze occupate da quelli che sembravano ninja
dormienti.
Posò
la punta delle dita sulla parete di destra, trovando della fresca
roccia grezza.
Scivolò
dentro a passo leggero, richiudendo la porta dietro di sé.
Poggiando
bene un piede dopo l'altro, raggiunse un'ulteriore rampa.
Era
difficoltoso, non usare il Byakugan, e il buio nei corridoi era
assoluto. Nessuno spiraglio di luce, nessuna torcia o lampada. Niente
di niente.
Inoltre,
avrebbe avuto solo suoni e odori a indicargli se stessero arrivando
nemici nella sua direzione. Farsi scoprire, specie lì dove non
aveva vie di fuga immediate verso l'esterno, gli sarebbe stato quasi
certamente fatale.
Percorse
leggero anche questa nuova rampa, e si ritrovò in un altro
corridoio, non diverso dal precedente. Questa volta avrebbe dovuto
percorrerlo per diversi passi verso sinistra e poi entrare nella
stanza di destra.
“Eh
che palle ma quanto dovremo ancora aspettare?”
Raimaru
si sentì gelare il sangue nelle vene. Poco avanti nella
direzione dove doveva andare lui, proveniva una voce, forse da dietro
un'ansa della roccia.
Ebbe
pochi istanti per decidere. Provò a buttarsi sulla destra,
cercando con le mani un posto dove potersi nascondere.
“Tutto
il tempo necessario Hidan. Abbiamo ordini precisi, e lamentarsi non
servirà a cambiarli” rispose una voce roca. “Credi
che a me piaccia restarmene fermo qua, quando potrei andare a
guadagnare soldi ammazzando qualche ricercato?”
“Sei
sempre il solito taccagno di merda Kakuzu. Sempre solo a pensare ai
soldi? Hai mai pensato di fare qualcosa di meglio...? che ne so,
dedicarti a una religione...”
“Se
riparti a raccontarmi di nuovo vita morte e miracoli di sto Jashin
giuro che ti ammazzo... o quanto meno ti faccio pentire di essere
ancora vivo!”
Mentre
i due dibattevano, Raimaru procedeva, quanto più possibile
veloce senza però fare rumore, a ritroso nel corridoio.
Trovò
una piccola nicchia nella roccia, sembrava naturale. Tanto valeva
provarci.
Si
infilò dentro la piccola ansa, accovacciandosi, e sperando che
i due procedessero lungo il corridoio, senza accorgersi di lui.
Il
tizio di nome Hidan rispose con toni lamentosi “Quanto sei
noioso Kakuzu. Davvero non ne posso più. Poi senti sto posto
come puzza. Non è un luogo adatto per glorificare la grande
potenza di Jashin”
Erano
ormai vicino a lui. Non portavano torce o luci. Cosa di cui Raimaru
ne fu grato. Se avessero acceso una luce, sarebbe stato spacciato.
Trattenne
il respiro anche per evitare che lo sentissero pure respirare.
“Ma
taci una buona volta. Anche se in effetti... una puzza strana c'è...
non è che c'è un topolino in giro?” disse la voce
più roca di Kakuzu.
Dai
fruscii che Raimaru udì comprese che forse si stava guardando
intorno, o stesse annusando in cerca di indizi.
“Tsk,
ma smettila. Mi dai sempre a me del paranoico ma sei messo peggio di
me. Sto posto puzza tutto. Sempre. Non vedo l'ora che il capo ci dia
un nuovo covo o ci mandi in missione. Odio questo posto. E poi, devo
trovare un po' di sangue fresco da...” Hidan proseguì
lungo la via, e Kakuzu, forse per esasperazione, visto il brontolio
gutturale che emise, lo seguì.
Raimaru
trattenne comunque il fiato, restando fermo sino a quando non iniziò
a girargli la testa per la mancanza d'ossigeno.
E
anche allora, rilasciò il fiato piano piano, per quanto i
polmoni gridassero bisognosi di prendere aria.
E
riprese il respiro lentamente.
Rimase
fermo ancora un po' per essere certo che non fossero rimasti nei
dintorni, ma sentì una porta sbattere in fondo il corridoio.
Si
concesse un sospiro.
Poi
sgattaiolò di nuovo nel corridoio. Con pochi e brevi passi,
raggiunse finalmente la stanza con la finestra a cui mirava.
Un
debole raggio di luce entrava dalla finestrella trasversale.
Il
luogo non era molto ordinato. Sembrava venisse usato sia come
deposito per i rotoli, che da cucina, forse, visto l'elevato numero
di scatolette di cibo disidratato, pronto all'uso.
Beh,
era il momento di cercare informazioni.
Rimanendo
con le orecchie ben aperte, iniziò a frugare tra i rotoli.
Hina
odiava dover stare ferma quando aveva invece voglia di muoversi.
La
nuova squadra non era poi così male. S'intendeva abbastanza
bene con Genma, e Raido era una persona cortese e non troppo
impicciona.
“A
quanto pare papà ci ha assegnato da fare le ronde introno al
villaggio, e l'allerta di segnalare qualsiasi anomalia possiamo
riscontrare sul nostro cammino.
Sarò
solo io, ma ho idea che qualcosa bolle in pentola”
“In
effetti mi sembrava che Minato fosse più teso del solito...
anche se non è facile capirlo per certo” ammise Genma.
“Hai
qualche idea particolare?” mi chiese Raido.
“Non
lo so. Raimaru è scomparso da quasi quattro giorni. Lòng
dice che gli è stato consegnato un rotolo per una missione.
Minato dice che è lui ad avergli dato ordini. Ed in effetti
sarebbe logico, dato che Raimaru è sotto il suo diretto
controllo, non prendere ordini da nessun altro. Però...
chiamatelo istinto ma qualcosa mi dice che non è tutto come
dovrebbe essere”
I
due si guardarono perplessi.
“Lo
so, lo so che sembro solo una stupida ragazzina con sindrome d'ansia
iperprotettiva. Però... mi prudono i sensi, se così si
può dire..”
“No,
figurati. Non era nostra intenzione prenderti in giro. Credo che il
pensiero in comune fosse una sensazione di deja-vu. È che
assomigli parecchio alla tua maestra: quando Kakashi era in giro da
qualche parte a combinarne una delle sue, Lòng diventava
inquieta.
Il
peggio era che nove volte su dieci c'azzeccava. Manco fossero
collegati come na ricetrasmittente...” disse Genma pacatamente.
“Mi
state quindi suggerendo che potrei avere ragione?”
“Si.
Potresti”
“Quindi
che facciamo?”
“Niente.
Possiamo solo restare allerta ed attendere. Ormai Raimaru è
troppo lontano per poterne seguire le tracce, e comunque, da quanto
ne so, è troppo abile per averne lasciate di evidenti. E se
Minato-sama non ci dà indizi su dove andarlo a cercare, cosa
che non farà, possiamo solo restare qui ad aspettare che
torni” rispose Raido, con assennatezza.
E
Hina, non poté non sospirare, rassegnata. Il problema era
proprio che il moro aveva ragione.
Raimaru
setacciò a poco a poco, partendo da destra, i vari rotoli che
trovava.
Non
sembravano preoccupati che potessero essere visti, alcuni erano
lasciati mezzi svolti, ancora in attesa di essere finiti di
compilare.
Man
mano che scartava quello che non gli serviva, lo posava di nuovo con
millimetrica precisione esattamente dove li aveva trovati.
Molti
erano del tutto inutili. Inventari di risorse, cibo, movimenti di
denaro e simili.
Altri
invece, erano assai più interessanti. Obbiettivi, accenni di
comunicazioni criptiche, come delle missive nella quale venivano solo
accennate le cose, probabilmente per non palesarne troppo appunto i
veri obbiettivi a occhi esterni.
Però,
se voleva passare inosservato Raimaru, doveva rubare solo il minimo
indispensabile. Si fosse caricato di documenti come al covo di
Orochiamru, sarebbe stato troppo palese.
Mandò
a memoria quindi quello che lesse qui e là. Accenni di cose
importati.
Finalmente,
trovò una coppia di rotoli che poteva valere la pena di
sgraffignare. Sembrava fossero scritti da un osservatore esterno,
appunti di abilità o tecniche viste, di ninja appartenenti
all'Akatsuki, o comunque individui alla quale sembravano volessero
avvicinarsi per domandargli di entrare a farne parte. Tra i quali
c'era annotato appunto anche Orochiamru, Itachi e Kakashi.
Finalmente
qualcosa che valesse la pena del rischio che aveva corso!
“Fossi
in te poserei quei rotoli...” una voce pacata, annoiata.
La
porta cigolò richiudendosi.
Raimaru
si girò di scatto, e non poté non sgranare gli occhi.
A
quanto pare il destino gli aveva davvero riservato un brutto scherzo.
Tra tutti i ninja presenti nella struttura, di fronte alla porta...
c'era proprio Kakashi dello Sharingan!
“Ed
ecco l'ennesimo stupido che arriva sin qui. No, forse meno stupido
degli altri. Di solito non ci arrivavano fino a qua dentro. Muoiono
prima..
Fango
eh? Un bel trucchetto, te lo concedo” Il ninja albino era senza
la cappa, con gli abiti neri e il giubbotto verde classico dei ninja
provenienti da Konoha.
Aveva
le mani affondate nelle tasche, l'espressione annoiata, l'occhio nero
visibile cadente, come se si fosse appena svegliato.
Il
copri fronte di traverso, a coprirgli l'occhio con lo Sharingan, era
rigato, da Nukenin.
A
Raimaru i battiti, che era riuscito a tenere regolari sin ora,
presero a salire, si sentiva il sangue pulsare nelle orecchie.
Aveva
voglia di aggredirlo a vista, ma domò gli impulsi. Era stupido
dare battaglia in un luogo così stretto, e non si era allenato
così tanto per lasciarsi andare a colpi di testa.
Doveva
scappare. Subito.
Tenendo
ben stretti la manciata di rotoli che aveva tra le mani, fece due
passi di lato, tesi.
Kakashi
inclinò il capo.
“Silenzioso
eh? Beh, in genere neppure io ho molta voglia di chiacchierare.
Comunque, non posso lasciarti portare quei rotoli a Konoha, e c'è
sempre una taglia sul Byakugan... scommetto che Kakuzu ne sarà
interessato...”
Ora!
Concentrando
tutto il chakra disponibile, fece una finta da una parte, gli gettò
i rotoli addosso, e si lanciò attraverso la finestrella.
Fortuna
vuole che era magro e agile, riuscì a passare a stento.
Senza
attendere ulteriori conferme che l'altro lo seguisse o meno, prese a
correre lungo la parete rocciosa, verso il bosco di mangrovie.
Aveva
ancora i due rotoli più preziosi in mano.
Mentre
correva, li nascose per bene e attivò il Byakugan.
Appena
in tempo.
Kakashi
era di nuovo di fronte a lui “Katon: Gokakyuu nò Jutsu!”
Dovette
fare uno scatto di lato per evitare la palla di fuoco. Evidentemente
quello dentro lo studio non era il vero copia ninja. Lui, l'aveva
atteso fuori e l'aveva stanato con un bushin.
“Katon:
Karyū Endan” Fiato ardente del drago!
Era
una tecnica di Sarutobi. Me l'aveva insegnata Minato, ed era
piuttosto dispendiosa in termini di chakra, ma fortuna vuole, la
natura mi aveva dotato di una buona riserva naturale di questo, e non
intendevo andare troppo per il sottile con Kakashi.
Infatti
questo lo evitò senza troppi problemi. Io continuai a correre.
Per
quanto veloce fossi, lui riusciva a starmi dietro.
Era
già un miracolo se non erano usciti anche gli altri, a dir la
verità.
Presto
mi resi conto di non essere in grado di seminarlo, e che dovevo
agire.
Creai
una mia copia.
Con
una usai la palla di fuoco con l'altra...
“Proiettili
d'aria!” usando l'arte del vento creai come delle specie di
minuscoli proiettili di aria pressurizzata, che passando attraverso
la palla di fuoco acquisivano ulteriore potere e distruttività.
Kakashi
però riuscì ad aggirarli, forse grazie allo Sharingan,
che aveva sfoderato.
Memore
di quanto accaduto a Obito, mi preparai a fare attenzione alle
illusioni.
Non
potevo sfuggirgli. Potevo solo sperare di riuscire a ferirlo quanto
bastava perché non m'inseguisse in uno scatto di velocità,
forse creare un diversivo...
Mentre
pensavo a questo, lui riuscì ad arrivarmi contro,
costringendomi al contatto ravvicinato.
Sembrava
aspettarsi di dover combattere contro un semplice Juken, e vedere le
mie arti miste, tra kumite e Juken, parve riuscire a mettergli un
minimo di difficoltà, cosa che, sinceramente mi diede un
minimo di soddisfazione.
Dopo
poche battute mi fu chiaro. Riusciva a starmi dietro, ma non mi era
più così tanto superiore...
Per
quanto potesse essere vero ciò però, il ninja mi era
ancora troppo superiore di esperienza, e aveva combattuto troppo
spesso con mia mamma perché ci fossero tecniche dello Juken
che potessero coglierlo di sorpresa...
Decisi
quindi di dare fondo al chakra. Era l'unica opzione.
Un
nuovo boato scosse il covo dell'Akatsuki.
Itachi,
seduto alla scrivania nel buco che doveva fargli da camera da letto,
si alzò irritato.
Tutto
sto casino non lo aiutava a concentrarsi su quello che doveva
scrivere. Vorrà dire, che sarebbe andato a fare qualcos'altro.
Spense la candela e si diresse alla porta.
Uscì
dalla stanza, per dirigersi in quel porcile che avevano per cucina.
Era impossibile tenere un minimo d'ordine con Hidan e Tobi nei
paraggi.
“Itachi-san!
Qual buon vento. A quanto pare il tuo compare ha trovato un topo...”
disse appunto Tobi, che era nel corridoio.
“Si,
l'avevo intuito”
Continuò
per la sua strada.
“Dove
andate?”
“A
farmi un the” l'altro quasi cadde in terra sorpreso.
“Cosa?
E non andate a dargli una mano?” gli corse dietro Tobi, mentre
Itachi era già arrivato in cucina, dove Kakuzu contava delle
mazzette e Hidan si stava ingozzando.
“A
che pro? È solo uno, Kakashi è più che in grado
di cavarsela. Anzi, mi sorprendo che ci stia mettendo tanto. Magari
ci sta giocando solo un po' insieme”
“Oh,
avete fiducia nel vostro compagno”
“Kakashi
è un assassino qualificato, Tobi-san. Non dubito delle sue
capacità”
“Quindi
ora non hai intenzione di fare nulla?” chiese Hidan, con la
bocca ancora piena.
“Io
sto facendo qualcosa: Mi sto preparando un the!”
“Oh...
vorrà dire che mi farò un the anche io allora...”
disse Tobi.
Raimaru
si sentiva il sudore correre lungo la schiena, il fiato gli si stava
facendo più corto.
Quello
che prima era un bosco di mangrovie, ora era solo più un
ammasso di tronchi divelti e a tratti sbruciacchiati.
Non
sapeva davvero più che pesci pigliare. Aveva provato un po' di
tutto, ma nulla sembrava sorprendere il ninja. Né le arti
magiche né quelle marziali, né quelle usando la katana,
che anzi, era finita in poche battute in pezzi per via dell'arte del
fulmine di Kakashi.
Poteva
solo dire di avere la soddisfazione di non essere il solo a essere
ferito.
Kakashi
dal canto suo, ammetteva di non aver subito riconosciuto il
ragazzino, con i capelli coperti e la pelle sporca di fango. Però,
già da subito, la forma del taglio degli occhi e delle
sopracciglia lo aveva messo in allarme.
Poi,
durante il combattimento, si era tolto ogni dubbio.
Non
esisteva nessuno Hyuga così abile, tolta Lòng. E lei,
l'avrebbe riconosciuta a vista in qualsiasi ambiente, ovunque si
trovasse.
Era
sorpreso di quanto fosse cresciuto. Fisicamente e in abilità
quel moccioso.
Aveva
sentito dire che era diventato allievo di Minato, e quando questo gli
rivolse contro un rasengan, ne ebbe ogni conferma.
Raimaru
prese a correre, il nemico che gli correva a qualche metro di fianco.
Ci
fu uno scambio di armi da lancio, poi lui gli lanciò due kunai
con carte bomba, e le esplosioni, costrinsero Kakashi a una piroetta
all'indietro.
Saltò
su un albero per essere in posizione elevata.
“Moltiplicazione
superiore degli shuriken”
Vide
Kakashi correre, saltellando tra gli alberi con una grazia
invidiabile, evitando la pioggia di lame.
Per
un attimo, credette di averlo preso ma... la copia esplose in uno
sbuffo.
Era
tutte le volte così. Quel ninja era come una vecchia volpe.
Tutte le volte che credevi di averlo messo nel sacco, scoprivi che
non era davvero lui.
Parò
il ninja che gli arrivò al fianco destro con il kunai.
Questo
fece un gesto per colpirlo, Raimaru, approfittò dell'apertura
per pugnalarlo al petto.
Una
nuova copia esplose, questa volta rilasciando una scarica elettrica.
Era
una copia di chakra elettrico.
Raimaru
ne fu preso in pieno.
L'elettricità
aveva anche una funzione 'anestetizzante', scoprì con sua
somma sorpresa. Cadde senza riuscire a muovere un muscolo.
Atterrò
malamente su una spalla, sentendo il braccio incassarsi
dolorosamente.
Tuttavia,
con uno sforzo, poiché le tecniche elettriche di quel tipo
duravano solo pochi secondi, portò le gambe sotto di sé
e tentò di rimettersi in movimento.
Fermarsi
ora era troppo pericoloso.
Si
ritrovò di nuovo il padre a pochi metri da lui.
Provò
a fare una sorta di check-up. Il braccio destro gli doleva, doveva
avere la spalla lussata.
Però
se non altro, durante il combattimento si erano allontanati
abbastanza dal covo, e non sembrava ci fossero altri in procinto di
arrivo.
Si
tolse rapidamente la bandana, e usando la mano disponibile e i denti,
la strinse sul taglio sanguinolento che si era fatto sul braccio
destro.
Aveva
anche già svariati tagli minori sulle gambe, e uno sulle
costole.
“Sei
migliorato molto in questi anni, ragazzo. Non mi aspettavo che
riuscissi a mantenere il sangue freddo così a lungo”
disse piano Kakashi, prendendo in mano un kunai.
Raimaru
afferrò a sua volta un kunai con la sinistra, ringraziando di
essere ambidestro.
“Tuttavia,
ancora non è abbastanza” i due si scontrarono
violentemente.
Raimaru
però ormai non riusciva più a muovere il braccio.
Ricevette
un colpo di lama sotto la clavicola, e un lungo taglio sulle costole.
Cadde
in terra ormai privo di forze.
Sentì
Kakashi camminare fino davanti a lui.
Alzò
un poco lo sguardo. Il ninja albino si stava tenendo il braccio
sinistro, dove Raimaru era riuscito a colpirlo.
Kakashi
alzò la mano, pronto a colpirlo.
Il
ragazzo era ormai certo di morire, ma inaspettatamente si sentì
le labbra piegarsi in un sorriso. “Alla fine però, sono
riuscito almeno un po' a tenerti testa...” disse piano.
Il
ragazzo era ormai certo di morire, ma inaspettatamente si sentì
le labbra piegarsi in un sorriso. “Alla fine però, sono
riuscito almeno un po' a tenerti testa...” disse piano, più
rivolto a sé stesso che altro.
Era
come essere riuscito a portare a termine una promessa che si era
fatto tempo prima.
"Cresci
moccioso se vuoi essere qualcuno. Tu non sarai mio figlio fino a
quando non ti mostrerai degno di esserlo"
Queste
erano state le dure parole di Kakashi, anni e anni prima.
Anche
se era estremamente stupido, Raimaru si era trovato a pensare a
quello.
E
si diede dell'idiota da solo. In fin dei conti era cresciuto, era
cambiato. Per anni era stato, in fondo al suo cuore un bambino
spaventato, timoroso di vedere anche nella propria ombra, l'immagine
sanguinolenta del padre che entrava dalla finestra per dire che se ne
sarebbe andato.
Ma
non era più così da molto. Ora lui era lui, non l'ombra
di Kakashi. Era forte, aveva amici e affetti. Aveva un qualcosa per
cui combattere e trovato dei motivi per essere forte diversi da
quelli per cui aveva iniziato a essere ninja.
Non
in ultimo... Hina. Gli ultimi sviluppi con la ragazza lo avevano un
po' scombussolato, forse perché era passato dal considerarla
una cara amica d'infanzia a qualcosa in più nel giro di pochi
giorni, ma ora che ci pensava, ed era agli ultimi atti di vita, si
ritrovava anche a rammaricarsi di non averle rubato un bacio in più.
Però,
oltre a tutto ciò... si era trovato anche a pensare alle
parole del padre. In fin dei conti era riuscito un po' a tenergli
testa, in quel giorno no?
Era
cresciuto? Si era dimostrato degno del suo sangue e del suo cognome?
In fin dei conti, Raimaru credeva di si. E questo, per qualche motivo
perverso, lo rendeva soddisfatto di sé.
La
mano di Kakashi colpì il terreno “Kuchiyose nò
Jutsu!” un enorme mastino nero comparve di fonte a lui.
“Kakashi-san,
che succede sta volta?”
“Nulla
di diverso dal solito. Spostati” mentre che il mastino
obbediva, Kakashi frugò un momento nelle tasche del ragazzo,
estraendo alcuni dei rotoli trafugati, e riappropriandosene.
Raimaru,
con la vista offuscata, lo vide estrarre il rotolo dove Minato gli
ordinava quella missione. Forse fu una sua impressione, ma gli sembrò
di vedere i sopraccigli corrugarsi appena in quella che poteva
essere... frustrazione? Rabbia? Irritazione? Non sapeva dirlo.
“Ancora
in compagnia di questa gente poco raccomandabile?”
“Buru,
ne abbiamo già discusso. Ora dammi il rotolo”
Il
cane gli posò a fianco un grosso rotolo.
Kakashi
afferrò saldamente il polso di Raimaru, che stava osservando
senza capire.
Le
dita di Raimaru erano già sporche del suo stesso sangue, dato
che prima le aveva poggiate sulla ferita aperta, l'uomo, tenendo la
mano ben salda nella sua, la usò per scrivere qualcosa sul
rotolo, poi ne poggiò le dita, una alla volta.
“Ora
vai!” ordinò al cane, riconsegnandogli il rotolo. E il
cane obbedì sparendo in uno sbuffo.
“Ora
ragazzo, se vuoi sopravvivere, devi ascoltarmi. Devi subito alzarti
di qua, e andartene. Se resterai, verranno a cercarti” la voce
era piatta, quasi dura.
Raimaru
ora era confuso. Perché stava facendo questo? Aveva vinto
lui... perché risparmiarlo ora?
“Perché?”
domandò. La stessa domanda di anni fa.
Kakashi
gli afferrò il mento, girandogli il viso verso di sé.
“Guardami!”
ordinò seccamente l'uomo. Raimaru, senza volerlo obbedì...
presto il suo sguardo si fissò nell'occhio rosso.
Che
divenne sempre più grande, le tomoe che giravano come
ipnotiche, lente, cadenzate, inghiottendolo nella pupilla nera.
Raimaru si sentiva la testa sempre più leggera e vuota...
“...no...”
ansimò. Gli stava facendo qualcosa con lo Sharingan!
Afferrò
il polso del padre, ma debolmente.
Questo
chiuse l'occhio contenente lo Sharingan, liberandolo dall'effetto
ipnotico.
“Sei
cresciuto, ragazzo. Ma ancora non abbastanza. Sopravvivi, e cresci
ancora... dimostrami che tempra hai! Sopravvivi!” Raimaru non
seppe interpretare il tono di Kakashi. Non era il solito piatto. No,
questo era più... esitante. Incrinato.
Lasciò
la stretta che aveva sul suo mento, che prima lo obbligava a
guardarlo fisso negli occhi. La lasciò morbidamente, e le dita
dell'uomo, sfiorarono la guancia del giovane, come in una leggera
carezza.
Il
momento incantato rimase solo un'istante, nella quale lo sguardo nero
del padre, rimase congiunto con quello bianco del figlio.
Poi
l'uomo si liberò della debole stretta del ragazzo, alzandosi,
e gli voltò le spalle.
“Alzati
e vivi, o languisci e muori. Non c'è posto, in questo mondo
per i deboli. Quando l'Akatsuki si muoverà, non ci sarà
più luogo sicuro” con questo se ne andò,
lasciandolo lì.
Solo
nel freddo fango, debole per via dell'uso del chakra e la perdita di
sangue.
Per
un attimo Raimaru esitò. Era così esausto che quasi la
fredda terra gli sembrava accogliente.
Era
confuso. Perché non gli aveva dato il colpo di grazia? Cosa
significavano quelle parole?
Poi
però si riscosse. Gli era stata concessa l'opportunità
di tornare a casa, di riabbracciare i suoi cari e portare preziose
informazioni.
Non
l'avrebbe gettata al vento.
Si
sarebbe tormentato di domande più tardi, una volta al sicuro.
Con
un immenso sforzo, si girò sul ventre, e poi portò le
gambe sotto il corpo.
Si
alzò, barcollando.
Con
fatica, appoggiandosi ai tronchi degli alberi, continuò a
camminare. Avanti, un po' più avanti. Sempre un passo più
in là.
Osservò
la posizione del sole, per cercare di capire dove si stesse
dirigendo.
Quando
si ritenne un sufficientemente lontano, si fermò. Sarebbe
morto strada facendo con quelle ferite aperte.
Frugò
nelle sacche fino a trovare il kit di pronto soccorso.
Prese
ago e filo e liberandosi del giubbotto e della maglia, che buttò
nel fiume di cui si era fermato, strinse i denti e iniziò a
ricucire alla meno peggio la ferita sul costato e quella alla spalla.
Le
altre erano trascurabili, ma non poteva permettersi di perdere altro
sangue.
Inghiottì
un paio di antidolorifici e recuperò la maglia e il giubbotto,
dalla quale, buttandole in acqua, aveva tolto il più grosso
del sangue che lasciava una traccia olfattiva troppo chiara.
Le
strizzò più che riuscì prima di rimetterle.
Ora
doveva muoversi. O sarebbe morto assiderato, dato che il sole stava
calando.
Si
mi se di nuovo in marcia.
Si
ritrovò a pensare che non si ricordava che la strada per
Konoha fosse così lunga, né così irta. Tutte
ste salite, le discese... i sassi da evitare, i rami da spostare.
Era
così lunga, così dannatamente lunga...
Dovette
anche prestare attenzione agli antidolorifici che inghiottiva. Ne
avesse presi troppi, avrebbe finito con l'avvelenarsi da solo. Ma la
sua mente era confusa, e non riusciva molto bene a considerare il
tempo, quanto ne era trascorso... quanta strada aveva fatto...
Nei
brevi momenti in cui aveva sprazzi di lucidità, ne
approfittava per orientarsi e in caso di correggere la direzione dei
suoi piedi.
Però...
non ce la faceva più.
Sentiva
i muscoli bruciare, la pancia brontolava di fame, anche se lo stomaco
era così chiuso che dubitava sarebbe riuscito a inghiottire
neppure una foglia d'insalata.
Doveva
sforzarsi anche per bere pochi sorsi nei corsi d'acqua e inghiottire
di quando in quando i farmaci.
Fortuna
si ricordo che aveva le pillole di cibo delle ANBU, e la volta
seguente che trovò un corso d'acqua con cui riempire la
borraccia, l'inghiottì con un po' d'acqua.
Inciampò
in un ramo, e rimase aggrappato ad uno più alto.
Perché
non si lasciava cadere... dormire un po'? Era così terribile
schiacciare un piccolo pisolino...?
Con
un brivido si rimise in piedi.
No,
non poteva lasciarsi andare. Non doveva.
Doveva
tornare a casa. Cercare aiuto. Farsi curare. Consegnare a Minato le
informazioni, riabbracciare Hina, la mamma, la sorella.
Non
osava fermarsi. Già era lento come una lumaca, se quelli
dell'Akastuki lo avessero trovato sarebbe stato fregato. E poi...
doveva dimostrare a Kakashi che tempra aveva.
Strinse
i denti. S'incamminò di nuovo.
Trovò
la strada... si era vicino a casa. Lo sentiva. Lo sentiva nell'aria,
lo avvertiva negli odori, riconosceva la strada.
“Eccolo.
Prendetelo!”
Dei
ninja gli furono addosso.
Angolo
d'autore.
E
rieccoci qui!
Spero
che abbiate gradito anche questo capitolo. Vorrei approfittare di
questo angolino qua sotto per fare una piccola pubblicità
occulta (neanche poi tanto).
Chi
di voi fosse interessato, lo pregherei di dare uno sguardo alla mia
ff di Fairy Tail, a cui io personalmente tengo molto. Qualora voleste
lasciarmi una recensioncina piccina piccò mi rendereste assai
felice!
Hina
si era sentita i sensi prudere per tutta l'assenza di Raimaru. Era
più forte di lei. Non riusciva neppure a concentrarsi sui
compiti che le venivano affidati.
Erano
nel solito giro di pattuglia, quando sentirono.
“Eccolo!
Prendetelo!”
Ci
fu un rumore di breve colluttazione.
“Piccolo
bastardo. Hai la pellaccia dura per essere conciato così...
allora... vediamo...”
Hina
assieme agli altri si affacciarono guardinghi, vedendo dei ninja
mascherati che frugavano le tasche di uno steso a terra.
Ci
impiegò giusto qualche secondo, a riconoscere il ninja steso
in terra.
“Ahhh!”
ne prese uno in pieno, sentendo le costole della cassa toracica
frantumate in briciole. Morì sul colpo.
Gli
altri si dispersero.
Due
furono colpiti dai senbon di Genma, mentre Raido entrava in campo con
la katana.
“Via!
Via!” ordinò uno, presumibilmente il capo.
I
ninja si dileguarono.
“Raimaru!”
si gettò sul ragazzo.
Gli
diede leggeri colpetti sulle guance, per vedere se era ancora
cosciente.
“H-Hina...”
aveva la voce impastata. Sembrava oltre lo stanco. Stremato. Sul
punto di cedere.
“Si,
sono qua. Ora ti curo...”
Gli
alzò la maglia per vedere dei goffi punti di sutura su un
lungo taglio che attraversava il lato destro delle costole, a quattro
dita sopra l'ombelico sino ad un palmo dall'attaccatura del braccio.
“M...
Minato...” ansimò il ragazzo.
“Che
c'entra ora Minato?” chiese Genma, che era altrettanto
preoccupato. Sto ragazzo sembrava aver preso dal padre anche la
curiosa mania di voler passare la vita all'ospedale.
“Mi...
Minato...” insistette Raimaru, con tono fievole.
“Credo
voglia vedere subito Minato” interpretò Hina, con il
ragazzo che fece un grugnito d'approvazione.
“D'accordo...
Genma aiutami a portarlo sino all'ospedale, velocemente. Raido,
prendi quel cadavere. Non voglio che quegli stronzi, chiunque
fossero, tornino a pulire la scena. Genma manda una copia da Minato
per chiamarlo che ci raggiunga in ospedale. Io ne mando una a cercare
Lòng. Vorrà darmi una mano...”
I
ninja si mossero velocemente su ordine di Hina.
Una
manciata di minuti dopo, Hina stava lavorando per tenere in vita il
ragazzo.
A
quanto pare si era imbottito di medicinali per ritornare filato alla
foglia. Però doveva togliere i punti che si era dato per
pulire la ferita e ricucirla.
Raimaru
però, stava aspettando Minato. Voleva restare cosciente sino
al suo arrivo.
Il
biondo arrivò in una manciata di secondi, non appena Genma lo
raggiunse in ufficio.
“Hina,
com'è la situazione?”
“Non
delle migliori. Si è dato dei punti di sutura alla meno
peggio, ma ha comunque perso parecchio sangue, e i livelli di chakra
sono bassissimi. Deve aver combattuto parecchio...”
Raimaru
aprì debolmente gli occhi per individuare Minato.
“S-sensei...”
Con lo sguardo gli indicò un cestino dell'immondizia.
Minato
fu incerto, ma per un chissà quale intuito, lo prese e lo
portò vicino alla barella dove era sistemato il giovane.
Con
uno sforzo di volontà, Raimaru usò l'ultimo sprazzo
d'energia per tirarsi di lato della barella, verso il cestino.
Il
corpo del giovane fu scosso da un brivido, mentre con un conato,
rigurgitò... due rotoli?
Erano
piccoli, lunghi appena poco più che un cucchiaino da caffè.
Ma non appena toccarono il cestino tornarono nella loro forma
originaria.
Raimaru
si lasciò molle ed esausto sulla barella.
“Scusate.
Non ho avuto tempo... una soluzione più... elegante...”
ansimò, con gli occhi che gli si chiudevano.
Hina
si ritrovò a ridere. “Ma sto baka... è mezzo
morto e pensa a questo...”
Minato
aveva preso i rotoli e li stava esaminando. Dire che erano oro colato
era riduttivo.
Quel
ragazzo aveva appena compiuto un mezzo miracolo. Ed era riuscito a
tornare vivo. Bhe, più o meno.
“Sensei...
c'è... c'è l'ho fatta...?” mormorò Raimaru
a occhi chiusi.
“Riposati
ragazzo. Pensa solo a guarire ora. Sei stato straordinario”
Raimaru
mormorò qualcosa di confuso, riguardo a una promessa.
Lòng
entrò in quel momento a passo di carica.
“Che
succede?” chiese andando vicino alla barella che ospitava il
figlio.
Mentre
Hina lo aggiornava sulla situazione medica, Genma disse “Minato-sama.
Mi concede due parole?”
I
due si distanziarono un poco.
“Dovrebbe
esaminare anche il cadavere che le abbiamo portato. Era senza copri
fronte, ma ci giocherei il mio mazzo di carte preferito è un
ninja della radice. Stavano frugando le tasche di Raimaru. E
scommetto anche le mutande che cercavano quelli che sta stringendo
in mano...” disse a bassa voce per non farsi sentire da Lòng
e Hina, ora affaccendate sul corpo svenuto di Raimaru.
“A
forza di scommettere, Genma un giorno o l'altro finirai davvero senza
mutande”
“ma
non questa volta eh?” disse sagacemente l'altro.
“Temo
di no. Tuttavia... stanne fuori” disse Minato.
L'espressione
che Genma gli lesse in viso, lasciava ben poco spazio a dubbi. Era
davvero meglio tenersene fuori. Quando l'Hokage era arrabbiato faceva
paura anche ai suoi sottoposti.
“Si,
Hokage-sama”
“Voglio
che tu e la squadra restiate qui in pianta stabile. Non lasciate il
ragazzo da solo. Mai, per nessun motivo sino a mio nuovo ordine. E se
ve lo darò lo farò di persona, di mia bocca. Chiaro?”
“Si,
Hokage-sama”
“Ora
vado a esaminare il cadavere e vi mando Raido”
In
effetti, poco più tardi Raido arrivò, ma non come si
aspettavano loro. Arrivò in braccio all'Hokage, sanguinante,
che lo depositò sulla barella vicino a quella di Raimaru.
“Il
cadavere era scomparso. Lòng, quando hai finito di curarli
resta qua con Hina e Genma. Non deve entrare o uscire nessuno.
Chiaro?”
“Si!”
Le
due donne s'affaccendarono di buona lena sotto lo sguardo di Genma
per salvare i due.
Riuscirono
comunque a rimettere in sesto entrambe. Raimaru, fortunatamente non
aveva ricevuto colpi diretti a punti vitali, e le medicine che aveva
inghiottito strada facendo avevano impedito alle ferite di suppurare
e fare infezione.
Raido
era messo peggio da quel senso, ma era stato subito trovato
dall'Hokage, che l'aveva subito consegnato nelle mani di due dei
migliori ninja medici del villaggio.
Una
volta finito, i tre che rimasero di guardia, s'organizzarono per fare
i turni di guardia, ed essere sempre in due a vigilare mentre uno
riposava.
Furono
giorni lunghi e tesi.
Alle
volte non osavano quasi mangiare il cibo che veniva portato loro nel
timore che fosse avvelenato.
Le
due donne ogni tanto si 'distraevano' con Lòng che spiegava
parti di anatomia mentre medicavano i due feriti.
“...vedi
questo tratto qui? Passa una vena piuttosto importante. Se colpita
può...”
“Lòng
per favore! Mi fai venire voglia di rigurgitare lo schifo di pranzo
che abbiamo buttato giù!” si lamentò Genma.
La
donna però si limitò ad alzare un sopracciglio e
continuò la sua spiegazione.
Minato
di quando in quando ricompariva nella stanza, per venirsi ad
accertare delle condizioni dei suoi ninja, ma ancora non diede
l'ordine di rilassarsi.
Il
primo a riprendersi fu Raido, mentre Raimaru proseguì a
dormire per diverso tempo.
Quando
si riprese, scattò quasi in piedi, come se si fosse svegliato
da un sonno agitato.
Si
guardò intorno spaesato.
“Raimaru...
ti sei ripreso tesoro?”
“Mamma?”
chiese incerto guardando la donna. “Cosa...” sembrò
impiegare un momento per fare mente locale.
“Si,
ricordo. Ho già dato i rotoli a Minato... meno male” si
rilassò di nuovo sul materasso.
“Come
mai siete tutti qua?” chiese guardandosi intorno.
“Non
saprei dire... ordini dell'Hokage...” disse Genma.
“A
quanto pare Minato ritiene potresti essere in pericolo. Per cui ci ha
ordinato di vegliare su di te. Almeno fin tanto che non ti sarai
ripreso un po'” gli rispose Hina.
“Si,
appena posso devo poi chiedergli alcune cose...” rispose il
ragazzo pensoso.
“Puoi
dirci a che missione hai dovuto affrontare?” gli chiese Lòng.
Lui
esitò.
“Rispondi
pure ragazzo. Sono anche io curioso sapere i dettagli della cosa”
sulla soglia era comparso l'Hokage.
“Sopratutto
perché hai preso parte a una missione che io non ho
ordinato...” disse sedendosi su un tavolo di fronte al letto di
Raimaru.
“Ma...
Minato-sensei... il rotolo che ho ricevuto era il vostro... c'erano
anche tutti i segni rivelatori e... si comprendo” disse lui.
“Comprendi
cosa?”
“In
effetti il 'tono' per così dire usato per ordinare la missione
era diverso dal solito.
C'era
scritto un qualcosa tipo 'recupero d'informazioni prioritario. Lascia
la missione solo se estremamente necessario'. Di solito voi invece
preferite la salvezza del ninja che il completamento della missione.
Quella invece era messa più su toni grevi.
Mi
sembrava strano... però la lettera aveva la vostra firma e
tutto”
“Immaginavo
fosse andata così...”
“Allora
perché non ci hai mandato in suo soccorso?!” ora era
Hina a essere arrabbiata.
“Non
ero certo di cosa fosse successo. E il vostro intervento poteva
peggiorare la situazione, dovevo prima indagare io”
La
ragazza arrossì di rabbia, ma rimase in silenzio.
“Non
so sensei... ricordo di essere arrivato sul luogo... poi... mi sembra
di avere un vuoto ecco... ricordo di aver dato battaglia, di essermi
arrabattato per tornare a casa ma...” scosse la testa.
Poi
fissò gli occhi azzurri di Minato. Per un attimo il suo
sguardo si fece vitreo, mentre fissava sempre Minato. Per un attimo,
il simbolo delle tomoe dello Sharinagn fu visibile nelle pupille
bianche di Raimaru, e subito dopo questo scosse la testa.
Lòng
lo esaminò.
“Ora...
ora ricordo!”
Raimaru
raccontò a poco a poco, tutto quello che aveva visto,
scoperto, quello che era successo.
Raccontò
di quello che aveva letto sui rotoli prima di trovare quei due che
aveva consegnato, l'intervento di Kakashi, il combattimento, e
infine, la battaglia, sino a quanto l'uomo lo aveva risparmiato,
dicendogli di tornare a casa e sopravvivere, se era abbastanza forte
per farlo.
Lòng
aveva un'espressione indecifrabile, Genma e Raido avevano invece un
punto interrogativo stampato in faccia. Hina era solo sollevata di
sapere che il ragazzo fosse vivo.
“Credo
che Kakashi abbia impostato con lo Sharingan la memoria di Raimaru,
di modo che ricordasse cos'era accaduto solo se avesse visto
direttamente voi, Minato-sensei” disse solo pacatamente Lòng.
“Ma...
perché risparmiarlo? Cioè sono felice che l'abbia
fatto... ma questo non collima con ciò che ha fatto sin ora...
no?” disse Genma.
Sulla
stanza calò il silenzio.
Minato
disse solo cautamente “Immagino che possiamo solo supporre che
sia rimasto ancora un po' di ciò che era nel suo cuore. Il
Kakashi che conoscevamo e rispettavamo tutti noi non avrebbe mai
ucciso suo figlio...”
“Non
avrebbe neppure mai tradito il suo villaggio se è per quello”
disse caustica Lòng.
“Lòng-chan...”
“Lòng-chan
un cavolo Minato. Non pretendo di capire mio marito, e non voglio
sapere tutti i perché e i percome di come mai degli ordini
SBAGLIATI siano finiti casualmente nelle mani di mio figlio, e del
perché sempre casualmente sulla via del ritorno sia stato
aggredito da ninja, che anche se non ho visto, ci potrei scommettere
sono uomini della radice. D'altra parte solo un bastardo può
avere un simile stile.
Ma
avvisi pure Danzo di una cosa. Se vengo a sapere che allunga di nuovo
le sue mani luride sui miei figli, per un qualsiasi motivo, stesse
anche per crollarci il cielo sulla testa,
GIURO
che vado al covo della radice e lo riduco ad un cumulo di macerie!
CHIARO?”
Lòng
furiosa non era mai una bella visione. Nemmeno per l'Hokage.
Prese
la va per uscire. Non aprì ma demolì la porta, per poi
procedere come una nube di nera rabbia lungo il corridoio.
“Uomo
avvisato mezzo salvato... o così si dice almeno. Fossi in
Danzo me la starei già facendo sotto...” disse Genma.
“In
effetti sensei... sembra un po' troppo fortuito per essere casuale...
anche se non comprendo come le cose possano essere collegate. Non
v'era alcuna assicurazione che tornassi vivo... potrò essere
abile, ma contro l'Akatsuki...” mormorò incerto Raimaru.
“Molte
delle mosse di Danzo mi sono oscure anche a me, Raimaru”
rispose solo, pacatamente l'Hokage.
Raimaru,
che stava di nuovo venendo colto da un colpo di sonno, si adagiò
nel letto.
“A
questo punto... tanto vale che non avvisi il ninja dell'oscurità
che se dovesse di nuovo mettere a repentaglio dei ninja della foglia,
e nello specifico il mio allievo, non sarà solo Lòng a
volere la sua testa... Genma, vai pure a riposare... Hina...”
“Poteva
finire assai peggio. Potevi mandarci!”
“Hina,
le cose non sempre sono come vorremmo che andassero. Alle volte è
nostro dovere mettere da parte ciò che vorremmo fare e fare
ciò che va' fatto!”
“E
tu la sai lunga a riguardo non è vero?!” la rabbia della
ragazza tracimava, ma solo perché aveva avuto davvero paura.
Raimaru aveva corso un rischio incredibile.
“Hina,
lo sai bene che...”
“Ti
odio quando fai cosi!”
“Hina...
non fare così...” disse Raimaru confusamente, lottando
per combattere l'ondata di stanchezza. “... almeno... tu hai
avuto un padre che ti ha voluto bene...” mormorò il
giovane albino.
Minato,
sconfitto su ogni lato, si limitò ad andarsene.
Hina
rimase a piangere lacrime silenziose. Non voleva fare del male al
padre, ma... si sentiva frustrata e arrabbiata. Quella rabbia che
emergeva ogni volta... e non sapeva come liberarsene.
Genma
che guardava incerto Raido, mentre ormai Raimaru era rimasto
fulminato come una lampadina bruciata.
“Vattene...
resto io qua” disse solo Hina.
“Sicura
che...”
“Non
ti preoccupare. È... è solo la tensione”
Genma
fece un piccolo sorriso. “Nessuno è fatto di ferro Hina.
Dovresti riposare un po'... torno tra qualche ora...”
“Grazie”
Nei
giorni seguenti, la situazione si sbrogliò un poco. Raimaru si
stava riprendendo in fretta, anche se, Hina non voleva parlare con
Minato, e Raimaru voleva fare qualcosa a riguardo, ma non voleva
parlarne finché c'era anche Raido a sentire.
Certe
cose era meglio discuterle in privato, per quanto si fidasse del
moro.
E
questo, il cortese moro lo capiva, ma per quanto certe volte si
sentisse di troppo, poteva fare ben poco a riguardo.
Raimaru
però era di costituzione robusta, e sotto le cure di Lòng
e Hina, stava guarendo bene e in fretta. Chiese di poter quanto meno
lasciare l'ospedale per poter fare 'due passi'.
Alla
fine, dopo diversi giorni in cui chiedeva, Lòng gli concesse
“D'accordo, puoi tornare a casa. Ma niente sforzi. Di nessun
tipo. Niente corse, niente allenamenti, niente di niente. Solo
camminate, a passo d'uomo”
“Va
bene ma' grazie”
La
donna gli baciò una tempia. “Sei stato davvero
coraggioso Raimaru. Però, per quanto sia orgogliosa di te,
ogni tanto vorrei poter fare un po' di più la mamma protettiva
lo sai?
Fammi
un favore, rischia di meno e torna a casa più spesso, mi farai
venire i capelli bianchi prima dei quarant'anni...”
Raimaru
rise abbracciandola “Ma va'. Tu non puoi venire vecchia ma' sei
troppo forte pure per quello... credo spaventerai la vecchiaia e se
la darà a gambe...”
La
donna sorrise. Ricambiando la stretta del figlio.
La
verità e che era sempre una pena per qualsiasi genitore,
vedere il figlio crescere e camminare sulle sue gambe, e sapere di
non poter essere sempre presenti quando cadono e si sbucciano le
ginocchia per poterli rialzare.
Raimaru,
stava correndo via, e presto avrebbe spiccato il volo, andando dove
lei non poteva sempre essergli vicino. E, cosa più triste,
sapeva che in fin dei conti era giusto così.
I
figli andavano supportati, non soffocati. Aiutati, ma non bisognava
neppure fare sempre tutto per loro. Dovevano imparare a cavarsela,
senza tenerli in campana di vetro. È che... ultimamente a Lòng
sembrava che quest'ultimo intento con Raimaru fosse riuscito sin
troppo bene...
“Vai
ruffiano. Cerca di non arrivare troppo tardi per cena d'accordo?”
Lui
le schioccò un bacio sulla guancia “Sei sempre la
migliore mamma”
Poi
finalmente, seppur ancora tutto fasciato, poté uscire dalla
stanza d'ospedale.
Sarebbe
dovuto restare fermo ancora un po', non tanto per i tagli, che erano,
tutto sommato abbastanza superficiali, quanto per la spalla, che si
era davvero lussato mentre che era caduto.
Andò
quindi a colpo sicuro a cercare Hina al campo d'allenamento.
Quando
era arrabbiata o altro, andava a sfogarsi.
“Ehi,
Hina... attenta, o mi distruggi di nuovo...” disse Raimaru
agitando una mano per dissipare la polvere di un colpo che aveva
subito il manichino, e che avrebbe distrutto una casa...
“Rai-kun
cosa fai qua!?”
“Mamma
mi ha lasciato uscire, a patto che me ne stia buono. Sai, niente
sforzi e tutto...”
“Ah.
Ok”
Raimaru
si sedette, nell'erba.
“Hina,
dovresti provare a parlare con tuo padre. Restare così
arrabbiata con lui non serve a niente...”
“Tanto
cosa vuoi che gli dica? Ha fatto diventare Jinchuriki, non uno ma
tutti e due i suoi figli Raimaru. Potrà anche avere buone
intenzioni, ma di fatto, condanni a diventare degli emarginati tutti
coloro che ne hanno dentro uno..”
“Parlane
no? Diglielo. Chiediglielo. L'hai mai fatto?”
“No.
Mi sembrava inutile. E poi di solito si rifugia dietro frasi come
'era mio dovere...'”
Raimaru
sospirò. “Lo so che non è facile affrontare la
cosa. Credimi, se c'è qualcuno che ti può capire, sono
io. Però tu, a differenza di me, puoi andare alla porta di
Minato e bussare. Sono sicuro che proverà quanto meno a
spiegarsi. Forse le risposte non ti piaceranno, ma almeno ti sarai
tolta il dubbio non credi?”
Questa
volta fu la ragazza a sospirare. “Lo so. Però... ok, lo
ammetto. Ho paura delle risposte. Non credo che papà avesse
cattive intenzioni ma... è difficile ecco. Ed è ancor
più difficile rendersi conto che io, del rancore lo provo,
mentre quel deficiente di mio fratello l'ha già perdonato. Mi
fa sentire... piccola. Meschina”
Raimaru
le fece cenno di sedersi nell'erba vicino a lui.
L'abbracciò
con il braccio sano, e le baciò una guancia.
“Sei
solo una persona sensibile Hina. Ti senti ferita e fai la voce grossa
per paura di farti vedere debole”
Lei
fece un breve risolino imbarazzato. Non erano in molti che
l'avrebbero definita 'sensibile'. No, probabilmente si potevano
contare sulle dita di una mano.
Il
punto era che però il ragazzo aveva centrato in pieno.
Non
credeva la capisse così bene.
“Hai
solo paura. Paura che quando affronterai la situazione tu non sia in
grado di reggerla. È un sentimento che conosco bene. Quello di
sentirsi inadeguati” continuò lui.
“Quindi
cosa faccio?”
“Parlagli.
Provaci”
Lei
sospirò. “Senti Hina... davvero, puoi contare su di me.
Certe volte, parlare, svuotarsi dei problemi, non hai idea di quanto
faccia bene. Io sono qui per te, e ci sarò sempre. Te lo
prometto”
Hina,
che per quanto avesse un bravo padre e una madre che, per quanto
micidiale e quasi soffocante, era comunque comprensiva... non si era
mai sentita così... capita, supportata. Quel ragazzo aveva
fatto centro in tutto quello che aveva bisogno. Qualcuno che la
comprendesse e le desse il suo supporto incondizionato, facendola
sentire amata.
“Sai
Hina, a dir la verità... c'è stato un momento nella
quale credevo di essere veramente spacciato, durante la battaglia.
E... una cosa che mi è venuta in mente in quel momento è
stato proprio che mi sarebbe dispiaciuto... non poter tornare più
da te...” lo disse con un tocco di rossore imbarazzato sulle
gote. In fin dei conti non era da tutti i giorni confessare cose
simili...
Al
che, la ragazza s'avventò sulle labbra di lui.
“Ahi,
fai piano!” disse lui, ma ridendo.
Angolo
d'autore
Beh,
signori e signore... è ufficiale. Questa storia sarà
una ff con più di 125 capitoli.
Una
volta che avrò finito tutti i ritocchi, vi prometto che
pubblicherò più di un capitolo a settimana, magari
anche due o tre.
Capitolo 62 *** 62-Discussioni che vanno fatte ***
Era
ormai buio, quando Minato, sentì un debole bussare alla porta.
“Avanti...”
disse anche se, ormai, sperava di poter andare a casa a dormire.
Hina,
incerta varcò la soglia.
“Hina...
dimmi”
“Papà...
hai un momento per parlare?”
L'Hokage
si sedette incerto. Le indicò la sedia di fronte a sé,
ma era piuttosto agitato. Hina era sempre stata molto più
difficile di Naruto da gestire.
Voleva
bene a tutti e due i suoi figli, ma sarà perché lei era
una femmina, aveva sempre trovato più complicato rapportarsi
con lei.
Lei,
esitando si sedette. Poi si rannicchiò sulla sedia, poggiando
i talloni sul bordo di questa, e nascondendosi dietro le ginocchia.
“Sai,
non sono mai riuscita a comprendere perché tu l'abbia fatto.
Non davvero. Forse perché sono io a viverlo da 'questa parte'
ma non riesco a farmene una ragione... non razionalmente”
Minato
sospirò. Come poteva fare a spiegarglielo?
“In
verità ci sono diversi motivi razionali Hina, di cui sono
sicuro che molti li conosci già. Non in ultimo che sia te che
Naruto avete un chakra particolarmente potente. Altri verrebbero
semplicemente sopraffatti dal potere della volpe.
Tu
in particolar modo, hai il chakra Uzumaki, che è uno dei
migliori esistenti, dopo l'arte del legno ormai perduta dello
Shodaime, per sopprimere i cercoteri.
Quando
l'anfora in cui avevo rinchiuso la seconda metà della volpe,
iniziò a deteriorarsi, compresi che non potevo continuare a
nasconderla. Era a rischio che qualcuno la rubasse, e non avevo altra
scelta che rinchiuderla in una persona. Era troppo potente, avrebbe
finito con il distruggere qualsiasi altro contenitore in cui avrei
tentato di metterla.
In
secondo... mi fido di voi”
“Ma
cosa significa? Il fidarsi di noi... cosa vuol dire? Perché..?”
“Perché
voi siete i miei figli, e sono certo che prima o poi, sarete in grado
di domarla la volpe”
“...
cosa?”
“Non
c'è stato mai nessuno in grado di farlo. Non con il kyuubi. Ma
esistono persone che sono riuscite a piegare al proprio volere i
cercoteri. Yagura con il tre code, Killer Bee della nuvola con
l'ottacoda. Io sono certo che voi ce la potrete fare. Per me, voi
siete speciali. Sento che lo siete, e che potete riuscirci!” lo
disse con fervore, mettendoci convinzione.
Hina
inaspettatamente si mise a piangere e a ridere, tutto insieme.
Quindi
era... tutto qui il motivo? Cioè, le faceva piacere che papà
credesse in lei, che avesse fiducia ma...
Fece
il giro della scrivania e lo abbracciò.
“È
il motivo più stupido che abbia mai sentito... però...
ti voglio bene papà...”
“Mi
dispiace davvero Hina, davvero davvero. Ho fatto in modo che nessuno
sapesse di te, perché così corressi meno rischi di
quelli che già corre quello scapestrato di Naruto, ma forse ho
sbagliato tutto...”
Le
carezzò i capelli con fare affettuoso.
Lei
sospirò. “Papà io ti voglio bene. Davvero. È
che... a volte non so. Sembra che sia più facile... essere
arrabbiati che comprendere.
Io
sinceramente... non so come faccia Naruto a essere sempre così
sorridente. Forse la sua metà non è così
chiacchierona come la mia.
Io
mi sento debole, tutte le volte che lei sussurra... è così...
convincente, così... tentatrice.
La
sento stringere le sue spire su di me, e mi odio per essere così
debole per cascarci, e mi arrabbio. Per averla qui, nella mia mente.
È più facile essere arrabbiata con te che non ammettere
che sono io a essere debole. Fa male”
Minato,
la strinse a sé. Forte “Hina, tu non sei debole. Non
pensarlo mai. Tu mi rendi orgoglioso ogni giorno di essere padre, e
questo, ricordatelo sempre.
Se
arrabbiarti con me, ti aiuta, fallo. Non m'importa. Se ti senti
meglio fallo”
Hina
rise, senza allegria “Se me lo dici così mi fai sentire
ancora più meschina, papà”
Le
baciò la fronte. “Allora dimmi come posso aiutarti”
“Non
puoi. Dovrò trovare il modo. Prima o poi, di affrontarla, a
modo mio. Tu... solo, non smettere mai di volermi bene, e di essere
il mio irritante papà Hokage, d'accordo?”
L'uomo
rise. “Non potrei mai, Hina. Nemmeno volendo”
“Piuttosto.
Sono curioso di sapere una cosa... come l'ha presa Raimaru, quando
glie l'hai detto?”
La
ragazza rise. In fin dei conti, forse suo padre, per quanto non si
volesse intromettere, un poco geloso di lei lo era allora...
“Mi
ha dato della baka e mi ha detto 'non me n'è mai fregato
niente che Naru-kun fosse un Jinchuriki. Perché dovrebbe
importarmi che tu lo sia?'”
“Quel
ragazzo ha più sale in zucca di quanto mi aspettassi
allora...”
“Mh-mh.
Credo anche io... è stato lui a... incitarmi a parlare con te”
“Davvero?”
“Mi
ha detto che mi avrebbe fatto bene, e anche se le risposte non
sarebbero state quelle che volevo sentire, quanto meno mi sarei tolta
il dubbio. Ed in effetti... ora sto meglio”
Minato,
in quel momento ringraziò sentitamente il proprio allievo.
“Dai,
ora andiamo a casa?” gli domandò Minato.
La
ragazza annuì.
In
un battito di ciglia, la ragazza si ritrovò nella sua stanza.
“Ehi,
non vale usare la dislocazione così!” si lamentò
lei, anche se in verità era contenta quando suo padre le
faceva ste piccole 'sorprese'.
“Buonanotte
tesoro” le rispose lui, uscendo dalla camera.
“Solo...
un ultima cosa” si fermò sulla soglia. “Ho
promesso di non intromettermi tra te e lui, qualsiasi cosa ci sia tra
voi due. E così farò. Ma.. cerca di essere felice ok?
E, anche se probabilmente non sono la persona più adatta... se
mai volessi parlarmi... di qualsiasi cosa, ci sono ok?”
“Grazie
papà, apprezzo il pensiero” le rispose lei,
arrampicandosi sul letto.
L'uomo
uscì dalla stanza, lasciandola tranquilla.
Non
si vedeva ad andare a parlare con lui di certi problemi. No, certe
cose andavano affrontate tra donne. Ma era contenta che si fosse
offerto. Faceva piacere sapere che c'era.
Anzi,
a proprio pensarci bene, Hina si ritrovò a pensare,
arrossendo, che se proprio si fosse trovata a dover chiedere qualcosa
in argomento, la persona a cui le veniva più da pensare non
era tanto quel fenomeno fatto a donna di sua madre, quanto a.. Lòng.
Le
sembrava di potersi... fidare di più di lei? O forse perché
credeva che sarebbe stata più discreta e imparziale di
Kushina. E magari anche meno... rumorosa.
Il
periodo che ne seguì fu abbastanza tranquillo per tutti.
Raimaru
s'annoiava a essere inattivo, però così aveva tempo da
passare in casa con la sorella, che ogni tanto aveva paura di
trascurare un poco.
“Ryuko-nee
perché continui a esitare? Mi sembra improbabile che sia
ancora all'accademia con la tua testa sai?” le disse dopo aver
visto i compiti.
“Niisan,
a me non m'importa di finire l'accademia. Tu avevi fretta io no”
“Raccontamene
un'altra”
Lei
imbronciò le labbra.
“Dai,
sputa il rospo. È già da un po' che ci penso, ma non
avevo mai trovato il momento giusto per parlarne...”
“Non
sono sicura di voler diventare un ninja” disse infine la
ragazza.
Raimaru
rimase sorpreso. Ma poi disse cautamente solo “Perché?”
“Non...
non lo so. Sia tu che la mamma, e anche papà, per quanto io
non l'ho mai conosciuto, siete tutti così concentrati sul
vostro lavoro però...
Insomma,
da dopo... quella volta...” Raimaru capì che si riferiva
a quando era piccola, quando Kakashi e Itachi avevano usato lo
Tsukuyomi su Lòng e Obito.
“...mi
viene sempre da pensare, che per quanto siano tutti entusiasti i miei
compagni e tutto a diventare ninja... non lo so. Ho sempre paura che
tu e la mamma un giorno non torniate più.. e di rimanere sola.
Io...
lo so che per voi è importante però... io ho paura”
Lo
aveva detto a sguardo basso, quasi vergognosa.
“Ryuko...
ma perché non l'hai mai detto prima?” disse invece per
contro Raimaru.
“Non...
non mi osavo farlo”
“Avresti
dovuto dirlo subito!”
“Mi
vergognavo va bene?! Mi sembra di essere la codarda della famiglia.
Siete tutti così... forti. Mi sembra di farvi uno smacco a voi
a restare così indietro”
Raimaru
sospirò. “Ryuko, non devi fare le cose solo perché
vuoi cercare di calzare una scarpa che per te è troppo larga.
Non puoi forzarti a fare una cosa che non ti piace o che non vuoi
fare. Soprattutto non per venire dietro a noi.
Ci
sono tantissime cose che puoi fare anche come non-ninja. E sono più
che sicuro che ci fosse ora la mamma ti direbbe la stessa identica
cosa.
Essere
ninja è una scelta di vita, ma che non devi fare se non ti
senti di farla. Il mestiere di ninja è pericoloso, e sono
sicuro che nessuno ti direbbe niente se non ti sentissi di prendere
questa scelta.
Promettimi
che glie ne parlerai d'accordo?”
“Io...
si d'accordo”
“Brava
Ryuko. E sappi che io ti voglio sempre bene lo stesso. Sei stata tu,
la prima anni fa a farmi trovare la mia nindo, quando era appena nata
sai...”
“Davvero?”
“Già...”
e così Raimaru le raccontò com'era andata la cosa,
mentre che però vedeva che la sorella era visibilmente più
tranquilla: si era tolta un bel peso.
Si
ritrovò a pensare, che quell'evento doveva averla
traumatizzata più di quanto pensasse... ma in fin dei conti
non sarebbe stato poi così dispiaciuto a pensare che lei fosse
tranquilla e al sicuro al villaggio anziché rischiare la vita
in missione...
Capitolo 63 *** 63-Tutti i nodi dovranno arrivare al pettine ***
La
discussione tra Ryuko e Lòng avvenne appena la settimana dopo.
Raimaru
si era appena liberato della fasciatura, e si stava distrattamente
allenando a tirare degli shuriken a un tabellone rotondo che aveva in
camera, restando spaparanzato nel letto.
“Niisan?”
“Si
neechan?”
“Vorrei
parlare alla mamma ma... vieni anche tu?”
Le
sorrisi. Capivo che la prospettiva di affrontare Lòng non era
mai della migliori, anche se era una mamma più che
comprensiva, sapeva essere anche spietatamente sincera.
“D'accordo...”
La
accompagnai in cucina, dove Lòng stava spignattando qualcosa
sul fuoco, anche se aveva ancora dei rotoli di missioni aperti sul
tavolo.
“Come
mai quell'aria da cospiratori?” ci freddò subito.
“Ryuko
voleva parlarti...” risposi semplicemente.
“E
ti serve la spalla per farlo? Dai sputa il rospo...” disse lei
con un sorrisetto.
“Io
beh... non credo di voler diventare un ninja”
Questo
ottenne la completa attenzione di mamma.
“Spiegati”
Ryuko
le disse grosso modo le stesse cose che aveva detto anche a me.
“Quindi
cosa vorresti fare?”
“Io...
beh la squadra crittografica mi ha sempre interessato, e il sensei mi
ha anche detto che sembrava che i ricercatori nel campo genetico
erano interessati ai miei test attitudinali. Pensavo di poter
studiare... essere comunque utile ecco” Ryuko era piuttosto in
apprensione.
“Capisco.
Anche se non sono certa delle tue motivazioni...”
Questo
mi lasciava un po' perplesso. Non era da mamma forzarci a prendere
decisioni che non sentivamo nostre.
“Io...
se vuoi...”
“No,
Ryuko, non fraintendermi. Non tutti nascono con l'inclinazione di
essere guerrieri. È un dato di fatto. E non voglio di certo
obbligarti, sarebbe stupido quanto controproducente.
Tuttavia,
la tua mi sembra tanto una fuga...”
“Cosa...
in che senso?”
“Ti
sei spaventata durante l'attacco dell'Akatsuki. Il che è
naturale, eri piccola, hai subito un brutto trauma. Ma non puoi
vivere nella paura. Non puoi provare paura per sempre. La gente
muore. Sempre, di continuo. Se non è la guerra a stroncarti
prima o poi ci pensa la vecchiaia, o la malattia.
Si
può morire per i motivi più stupidi di quelli che
credi. C'è gente comune che s'ammazza scivolando su un gradino
e battendo male la testa.
Anche
se non sarai in prima fila, vivi comunque in un paese ninja. Possono
capitare le invasioni, come avvenuto quando morì Sandaime
Hokage. E anche uscendo da Konoha, il pericolo si può sempre
annidare in ogni angolo.
Se
vuoi diventare una studiosa perché è una tua vocazione
esserlo ed è una cosa che ti piace fare, allora non sarò
io a impedirtelo.
Se
invece, stai fuggendo dall'accademia per paura di diventare genin,
allora è ora che affronti le tue paure. Non puoi continuare a
nasconderti con delle scuse. Non servirà a niente, prima o poi
ti ritroverai faccia a faccia con ciò che temi. La vita è
breve e spietata, e difficilmente troverai compassione presso altri.
Tanto vale che ti ci abitui”
Ed
ecco che spuntava fuori mamma drago. Forte, saggia, protettiva... e
terribile nelle spietate verità che diceva.
Ryuko
sembrò farsi ancora più piccola. Era già uno
scricciolino di ragazza, e ora, sotto lo sguardo diretto della mamma
sembrò diventare un pulcino davanti alla dragonessa.
“Si,
mamma”
“Non
devi prendere subito una decisione. Riflettici solo bene”
disse, questa volta più dolcemente.
“F...
farò così”
“Potresti
provare a iniziare a diventare Genin. Tanto il diploma dell'accademia
ti serve anche per diventare ricercatrice. Le basi dell'uso del
chakra valgono per ogni filone che sceglierai di seguire. Nel
frattempo potrai scegliere cosa fare eh?” le dissi io.
Lei
annuì sollevata.
“Potresti
portarla una volta al campo d'allenamento con te, ogni tanto. Alle
volte la curiosità fa smuovere le montagne...” disse
Lòng, con calma.
Quella
stessa sera, Raimaru, dopo che Ryuko se ne andò a dormire,
andò dalla madre, incerto.
“Allora,
altri rospi da sputare?”
“Si,
più o meno...”
“Vuoi
parlarmi di Kakashi non è vero?”
“Riuscirò
mai a nasconderti qualcosa?”
“Spero
di no. In fin dei conti, il giorno in cui non riuscirò più
a comprendere i miei figli, sarà quello in cui diventerò
una cattiva madre”
Raimaru
sorrise, sedendosi con lei al tavolino.
“Dunque,
che vuoi dirmi?”
“In
verità, non lo so bene neanche io. Per anni mi sono
semplicemente rifiutato di provare a capire. Era semplicemente un
qualcosa di doloroso a cui pensarci, ed era meglio evitarlo.
Però...
ora non ne sono più così certo.
Se
era così fedele alla foglia come molti sono soliti a dire
perché andarsene?
Ma
quello che mi confonde... è perché risparmiarmi? Se è
davvero un assassino spietato, il fatto che io sia suo figlio avrebbe
dovuto essere del tutto irrilevante... o no?”
“Kakashi
era molto ben addestrato a sopprimere le emozioni. Era un ANBU
perfetta in quel senso. In missione era sempre ed esattamente ciò
che era richiesto essere. Un arma.
Se
non ti ha ucciso è perché non voleva farlo. Su quello,
non ho dubbi.
Già
la prima volta che venne alla foglia e che vi incontraste lo capii.
Ma era anche vero che non era un loro obbiettivo uccidere, ma solo
fare una ricognizione senza dare nell'occhio.
Da
quel senso non ho risposte neppure io Raimaru. Più va' avanti
questa storia, più mi sorgono diversi dubbi. Non sarebbe la
prima volta che mi viene da pensare che deve essere successo
qualcosa”
“In
che senso?”
“E
se ci fossero dei... moventi?”
“Nel
senso che sia stato obbligato a fare quella scelta?”
“Si.
È troppo strano. Kakashi lo conoscevo troppo bene. Non
riusciva a nascondermi niente. Nel... mese che precedette la sua
scomparsa però... qualcosa era cambiato.
Era
più freddo, distaccato, restava poco in casa e parlava poco.
Non
che sia mai stato un chiacchierone, ma... era distante.
Forse
la mia stupidità è stata proprio quella di non
affrontarlo di petto. Gli avrei fatto sputare la verità,
l'avessi fatto... probabilmente.
Ma...
se è vero che i sentimenti sono debolezza, questa ne è
la dimostrazione. Temetti la risposta che avrebbe potuto arrivare, e
chiusi gli occhi, sperando che non vedendo, nulla sarebbe cambiato”
lo disse con un tiepido sorriso, come se dentro di sé si
stesse dando della stupida.
“Chi
o cosa, potrebbero averlo spinto a prendere una simile decisione? Mi
sembra altrettanto improbabile...” commentai io.
“Non
ti so dire Raimaru. Quello di cui sono certa, è che sta
portando una maschera. Il Kakashi che conosco non avrebbe mai ucciso
suo figlio, e se fosse davvero al soldo dell'Akatsuki, la sua mano
non avrebbe esitato.
Ma
tu sei vivo, qui di fronte a me. Un giorno troverò le
risposte. Le troveremo. Ma ora come ora, ci sono ancora negate, e
credo dovremo solo avere pazienza.
Se
c'è del vero nel detto 'tutti i nodi prima o poi arrivano al
pettine' allora dobbiamo solo aspettare il momento giusto”
Grugnii,
un po' insoddisfatto, però almeno in parte di questi dubbi,
era stata sciolta.
Allora
non mi ero solo immaginato, il fatto che una parte di lui si stesse
trattenendo, durante il combattimento...
“Mamma,
come ti innamorasti di lui?” le domandai. Non glie l'avevo mai
chiesto.
“Oh,
beh... ecco...” un leggero rossore le colorì le guance.
Cosa che non capitava praticamente mai.
Mi
ritrovai a ridacchiare “Mamma, tu non arrossisci mai!”
Lei
gonfiò le guance come una ragazzina “Quanto sei
petulante... che vuoi che ti dica... fu la prima persona che conobbi
fuori dal clan Hyuga, la prima volta che riuscii a scappare dai loro
aguzzini... avrò avuto... quattro anni? Grosso modo.
Lo
ritrovai come compagno di banco in accademia, e la sorte volle che
fui anche sua compagna di squadra.
Per
me il sentimento iniziò come ammirazione. Era sempre tre passi
avanti rispetto a tutti gli altri. Era estremamente brillante, e uno
shinobi di raro talento.
Siamo
cresciuti assieme, e ne abbiamo passate di tutti i colori. Durante la
nostra infanzia abbiamo visto la terza guerra, e la cosa ci ha
legato.
Non
era insolito trovarsi in situazioni che sembravano impossibili. Ma
grazie al suo ingegno io e Obito riuscivamo sempre a uscirne... anche
se il più delle volte poi toccava a me, rattoppare tutti e
due...
Finii
con l'ammirarlo da lontano, non volevo essere alla stregua del gruppo
di ragazzine che aveva sempre appresso. Kakashi aveva fascino, è
innegabile.
Non
so bene neanche io cosa cambiò nella percezione che lui aveva
di me. Ero stata sua amica per molto tempo... non pensavo che le cose
sarebbero potute cambiare ma... beh devo ammettere che purtroppo
Genma ha avuto una parte decisiva in ciò, sebbene l'abbia
fatto senza volerlo... e credimi non glie l'ho mai detto perché
se no mi triterebbe le scatole fino a sbriciolarmele.
Ritornati
da una missione, quell'idiota con il cervello a senbon ha avuto la
brillante idea di farci ubriacare come dei somari per 'festeggiare'.
Intontiti
dall'alcool abbiamo finito con il baciarci, e poi, dopo
quell'evento... beh abbiamo iniziato a frequentarci più
seriamente, e da cosa è nata cosa...” lei scosse le
spalle.
A
ben pensarci, forse era andata peggio ai miei genitori che a me,
forse di come avevano scoperto la reciproca attrazione.
Lei
aspettò un momento, mentre che io elaboravo la cosa. “Kakashi
mi fu molto vicino. Hiashi cercò di separarci. Per quanto che
gli Hatake fossero da sempre un clan di valenti guerrieri, non aveva
'il ceto sociale per ambire a una Hyuga'. Non si arrese mai.
E,
se vogliamo proprio dire il tutto, tu arrivasti ecco... non cercato,
per così dire.
Dopo
una missione nella quale finii ferita piuttosto malamente, Tsunade mi
somministrò dei farmaci ricostituenti che però
inibirono gli anticoncezionali.
Fu
l'unico momento nella quale ebbi davvero paura. Non sarebbe stato poi
così insolito pensare che un ragazzino diciassettenne sarebbe
fuggito di fronte una simile responsabilità. Io avevo anche
alle spalle un clan bacchettone e soffocante, che avrebbe di certo
messo i bastoni tra le ruote.
Io
però... non avevo il coraggio di pensare di uccidere quella
creatura che ormai era parte di me... ma ero terrorizzata a pensare
di affrontare la cosa da sola”
Stavo
ascoltando con una sorta di brivido sulla pelle. Non sapevo tutte
queste cose. Mi erano state accennate, vagamente, ma tutt'altra cosa
era sentirle proferire dalle labbra di mia madre.
Io
ero cresciuto con lei che mi aveva amorevolmente accudito, ma avrei
potuto anche essere uno dei tanti ragazzini di strada che venivano
rifiutati da famiglie potenti o che i genitori non si sentivano di
accudire.
Quel
destino sembrava molto lontano da me, ma a conti fatti, non era
neppure così distante... se mia madre fosse stata meno
decisa... magari il clan le avrebbe imposto di abortire, e io non
sarei semplicemente mai nato.
“Kakashi
invece, rimase ben saldo al mio fianco, prese la cosa persino con più
entusiasmo di quanto non mi sarei aspettata io stessa.
Si
adoperò per evitare che il clan mi prendesse sotto la sua
custodia, e rimise in piedi questa casa perché potessimo
abitarci dentro tutti e tre... e... solo dio sa cosa deve aver
combinato per mettere a tacere le male lingue che spettegolavano
maldicenze sul fatto che fossi una ragazzina incinta...
Tu
ovviamente non puoi ricordarlo, ma quando eri piccolo passava delle
serate a osservarti, quando credeva che non lo vedessi, mentre eri
nella culla”
A
ben pensarci in effetti, diciassette anni erano pochi per diventare
genitore... era come pensare che io da qui a due anni, avrei avuto a
mia volta un figlio.
Doveva
davvero amare la mamma e me, per combattere tanto, per restargli a
fianco.
“L'hai
conosciuto per soli quattro anni, ma credimi, per quegli anni, ti ha
davvero amato, cucciolo mio, e qualcosa mi dice che non ha mai smesso
di farlo”
“Grazie
mamma. Per avermelo detto”
“Di
niente, tesoro. Spero solo che prima o poi sta situazione ambigua si
sbrogli..”
Nei
giorni seguenti, passai molto tempo anche con Hina, ne parlai anche a
lei dei miei dubbi riguardo a Kakashi.
Lei
mi ascoltò, semplicemente, e questo fu comunque un toccasana
per me. Il parlarne era un buon modo per districare i pensieri
altrimenti pieni di insicurezza.
Però
stavamo anche stringendo i nodi del nostro rapporto. Era bello
passare del tempo insieme, a chiacchierare o anche solo a
passeggiare, scambiandosi opinioni o idee.
Non
che come amici non l'avessimo mai fatto, ma ora era come... diverso.
Venne
poi anche il giorno in cui finalmente fui richiamato in missione, e
ne svolgemmo qualcuna a squadra finalmente completa.
Era
divertente lavorare con Genma e Raido. I due, erano l'uno l'opposto
dell'altro.
Genma
era sfacciato e irriverente, con sempre la battutina pronta, se
possibile con doppiosenso incorporato.
Raido
era invece pacato, galante, serio. Il tipo di persona che mai si
sognerebbe di prendere in giro qualcuno. Non che fosse noioso, era
comunque una persona serena e di buona compagnia, sempre pronto a
ridere, anche se le battute di Genma prendevano lui come vittima, era
sempre in grado di sorridere.
Una
di quelle giornate, mentre passeggiavamo tranquilli per strada,
incrociammo Minato.
“Minato-sensei”
lo salutò Raimaru.
“Papà...
come mai da queste parti?” erano tutti e due ancora vestiti da
lavoro dopo la pattuglia mattutina. Si stavano giusto dirigendo
all'ufficio dell'Hokage per prendere le loro nuove mansioni.
“Stavo
cercando voi due. Sto pomeriggio ho dislocato Genma e Raido altrove.
Raimaru, tu verrai con me, Hina, invece tu andrai da Lòng, che
ti sta aspettando a casa sua con Konohamaru. Avete dei fascicoli che
le squadre crittografiche e della biblioteca hanno recuperato in
vecchi archivi. Lòng poi voleva fare una donazione
all'accademia dei suoi numerosi volumi medici. Dovete dividere ed
etichettare i rotoli, rimandare alla biblioteca quelli che non sono
adatti all'accademia, riporre negli archivi quelli con informazioni
riservate”
“Uff,
sarà una noia... va beh vado...”
“Ci
vediamo stasera allora, se sei ancora dalla mamma”
“D'accordo.
A più tardi”
“Ciao”
Minato
iniziò a fare strada. Trovava curioso vedere come si stessero
sviluppando i rapporti tra Raimaru e sua figlia.
Se
da una parte, come padre sentiva che era quasi doveroso, da parte
sua, esserne preoccupato, dall'altra non riusciva a disapprovare.
Probabilmente
non ci sarebbe potuto essere partito migliore per la ragazza.
Raimaru
era serio e intelligente, dedito più che tutto al lavoro. E
parlando anche in termini tecnici, era anche il miglior candidato per
essere il compagno di una Jinchuriki, essendo esperto di sigilli, che
lui stesso gli aveva insegnato.
“Minato-sensei,
ha in mente qualcosa di particolare?” chiese il ragazzo, con
gli occhi luminosi.
Gli
piaceva passare tempo con Minato, e data la sua sete insaziabile di
conoscenza, amava ancor di più quando l'uomo gli insegnava
qualcosa di nuovo.
“Si,
un paio di cose... vieni, andiamo al nostro campo”
Il
campo d'allenamento dell'Hokage era piuttosto lontano dal villaggio.
In quegli anni aveva incessantemente allenato Raimaru lì,
lontano dagli sguardi.
Proprio
perché il ragazzo avesse un vasto arsenale di tecniche, molte
delle quali nessuno poteva sapere se le aveva o meno. Motivo per cui
lo esortava spesso a non mostrare mai quanto fosse ampia la sua
conoscenza, salvo fosse strettamente necessario.
Una
volta arrivati al campo, fecero un po' di riscaldamento, e poi
rimasero a fissarsi un momento. “Ormai sei cresciuto molto
ragazzo, ho più poco da insegnarti che tu non possa affinare
da solo. Rimangono solo due cose, importanti.
In
primo: la tecnica del richiamo.
In
secondo... ho deciso di affidarti la mia migliore tecnica. La
dislocazione istantanea”
“Ma,
Minato-sensei!...” il ragazzo era stupito. Non credeva che gli
avrebbe insegnato anche quella tecnica.
“Sei
il migliore candidato per impararla. Sei il solo ad avere una
velocità anche solo paragonabile alla mia e una quantità
di chakra adeguata all'utilizzo di una simile tecnica. Serve anche
una certa padronanza dei sigilli e del chakra. Qualità che tu
possiedi”
“Ne
sono onorato, Minato-sensei. Farò del mio meglio”
“Bene,
ma ora, iniziamo con la tecnica del richiamo” il biondo fece
vedere a Raimaru i sigilli necessari, poi evocò il rospo
detentore del contratto.
Che,
gli porse con la lunga lingua, il rotolo per le firme.
“Devi
firmare con il sangue il contratto per poter chiamare in battaglia i
rospi. Devi scrivere il tuo nome e lasciare le impronte sul fondo”
gli spiegò Minato.
Raimaru
però era preso da una sorta di Deja-vu. Era già
successo un qualcosa di simile, ma non ricordava dove...
Prese
incerto il contratto. “Tutto bene Raimaru?”
“Si-si.
È solo che... non so. Una sensazione strana...” scosse
la testa per scacciare quella sensazione e aprì il rotolo.
Si
morse il dito indice per lasciare uscire qualche goccia di sangue.
Non
appena però toccò il rotolo, questo prese sibilare e
ribollire, ustionandogli il polpastrello come se si stesse ribellando
al tocco del ragazzo.
“Ahi..!”
il ragazzo scostò velocemente le dita dal rotolo.
“Che
significa?” chiese Raimaru, ma Minato era sorpreso quanto lui.
“Credo
che tu abbia già un contratto con qualcun'altro ragazzino...”
chiarificò però il rospo.
“Davvero?
E come? Non ho mai firmato nessun contratto... che io mi ricordi
almeno...” disse Raimaru, ancor sempre in preda alla sensazione
di Deja-vu.
“A
questo punto non ci rimane che provare... usa la tecnica del richiamo
e stiamo a vedere...” commentò Minato.
Riconsegnando
il rotolo al rospo, Raimaru obbedì.
“Kuchiyose
nò Jutsu!”
“Yo!”
un piccolo carlino marrone con copri fronte di Konoha spuntò
dall'evocazione del ragazzo.
“Pak?”
Minato sembrava esterrefatto.
“Lo
conosci?” chiese Raimaru.
“Ah,
tu devi essere il cucciolo di Kakashi-san! Non ti vedevo da quando
eri un marmocchio... eri grande poco più di me, l'ultima volta
se non vado errato...” disse imperterrito il carlino.
“Ora
ricordo! Quando mi ha sconfitto, Kakashi mi ha fatto scrivere un
qualcosa sul rotolo che gli ha portato un mastino nero... Buru l'ha
chiamato... non credevo fosse un contratto di richiamo... ma...
perché?!”
Pak
sbuffò “Ma come perché ragazzotto! I membri del
clan Hatake hanno un patto secolare con noi segugi. Fa parte della
tua eredità!”
Sia
Minato che Raimaru erano senza parole.
“Non...
non lo sapevo” si spiegò quindi Raimaru.
“Tsk!
Sti giovani! Non prestano più attenzione alle cose importanti
come una volta. Comunque, io e la mia squadra siamo a tua
disponibilità. Siamo specialisti di inseguimenti”
“O-Ok”
“E,
ascolta un consiglio ragazzo, non ci mettere troppo chakra nelle
invocazioni, potresti richiamare per sbaglio i nostri superiori, non
hanno un bel carattere con i novellini...”
“Chi
sono i tuoi superiori Pak? Credevo che tu e la vostra squadra di cani
foste un gruppo...” iniziò Minato.
“Ma
no, certo che no. Noi cani siamo solo i membri per l'inseguimento. La
nostra squadra è quella che più va d'accordo con voi
umani, per quello veniamo mandati noi.
I
nostri superiori, sono i lupi. Tuttavia a loro non piace molto
collaborare con voi bipedi, preferiscono starsene per i fatti
loro...”
“Capisco...”
disse solo il biondo.
“Bene,
se qui è tutto, io me ne torno alla mia tana”
“Ok.
Ahem... grazie Pak” disse incerto Raimaru.
“Di
nulla. Tienti in zampa ragazzo!” con questo scomparve in una
nuvoletta di fumo.
I
due rimasero un attimo allibiti.
“Le
stranezze s'accumulano...” commentò solo, piano Raimaru.
“Ci
penseremo in un altro momento. Ora passiamo alla dislocazione”
Minato
gli spiegò quindi come imparare la tecnica.
Era
estremamente difficile.
Richiedeva
una profonda conoscenza dei sigilli e un utilizzo impeccabile del
chakra. Richiedeva inoltre di saper trovare e sfruttare i sigilli che
servivano per ricomparire. Era una tecnica non troppo diversa da
quella del richiamo, nella quale però veniva richiamato un
animale sotto contratto.
Lì
però bisognava saper teletrasportare sé stessi e/o ciò
con cui si era in diretto contatto.
Minato
gli iniziò a spiegare come creare sigilli che gli sarebbero
serviti per teletrasportarsi.
Glie
ne fece creare uno che fosse tutto suo, dal momento che non poteva
usare gli stessi di Minato, e poi iniziò a fargli provare a
teletrasportare piccoli oggetti, come sassi e rami.
I
risultati furono scarsi, ma al di là della difficoltà
della tecnica, sentiva che il ragazzo era turbato.
Fa
parte della tua eredità. Aveva detto il cane. E Kakashi si era
premurato che lui la ricevesse. Perché?
Era
una domanda che continuava a tormentare il giovane albino, che non
riusciva perciò a concentrarsi a dovere sulla lezione, anche
questo non fece astenere Minato dal torchiarlo fino a che non fu
esausto.
Quando
ormai Raimaru era sudato e ansante di fatica, era ormai sera.
“Bene,
puoi tornare a casa. Ormai sai le basi e puoi allenarti da solo. Di
per sé è quasi poi più facile teletrasportare sé
stessi che oggetti esterni, ma prova solo quando ti sentirai sicuro.
E ricordati: non è la distanza a determinare tanto la quantità
di chakra necessaria, quanto il volume di quello che devi
trasportare”
“Si,
Minato-sensei”
“Vai
a riposarti”
“Grazie,
Minato-sensei. Mi dispiace di essermi distratto. Sono davvero grato
di quello che mi state insegnando” “Non ti
preoccupare, Raimaru. Ti capisco. Ora va'”
Raimaru
quindi tornò a casa pensieroso, ma non appena fu fuori dalle
porte di casa, sentì una risata femminile, seguita quasi
subito da una maschile.
Si
era dimenticato che c'era a casa Hina con Konohamaru!
E
poi, da quando quei due andavano così tanto d'accordo da
ridacchiare così insieme? Si trovò a pensare irritato.
Hina,
durante l'infanzia, si era trovata spesso irritata dal ragazzino
castano, sempre a mettersi in competizione con lei!
Poi,
però nel tempo, erano riusciti ad andare d'accordo, e ne era
nata una buona amicizia.
Konohamaru,
da parte sua, gli piaceva molto quella ragazzina dai grandi occhi
verdi, ed era sempre stato geloso marcio delle attenzioni che questa
riservava all'albino. Però le sue avance avevano sempre
ricevuto bruschi rifiuti dalla bionda.
Quel
pomeriggio era stato più che felice di trascorrere il tempo
con la ragazza, sebbene la presenza di Lòng, almeno Raimaru
non c'era.
“Ehi,
guarda questa foto! Mamma, eri buffissimo...!” se la ridacchiò
la ragazza, che aveva trovato un album scolastico con le foto di
varie annate di accademia.
“Qua
è quando Maestro Iruka stava sgridando Naru-kun...”
commentò Konohamaru per contro.
“Beh,
normale, mio fratello è un baka nato...”
“Fortuna
che non gli somigli allora eh?” la lusingò Konohamaru.
“Ehm...”
Prima
che potesse rispondere, Raimaru bloccò la conversazione con un
secco “Sono tornato!”
“Rai-kun!
Finalmente! Dovresti vedere, ci sono le foto dell'accademia!”
le disse entusiasta Hina.
Il
ragazzo si sporse, per osservare l'album che i due stavano
sfogliando, anche se non fu tanto quello a notare, quanto il fatto
che i due erano seduti vicini vicini, e prima del suo arrivo
sembravano sporgersi uno verso l'altro per guardare insieme il
volumetto.
“Sono
le foto dell'anno di Naruto e i due seguenti...” notò
lui, in carenza di altro da commentare.
“Già,
ci sei anche tu qui, guarda!” le indicò la ragazza
l'immagine che ritraeva la foro degli esordienti dell'anno di Naruto,
dove c'era anche lui, tra gli altri presenti.
“Si,
vedo...”
Konohamaru
provò a riattirare l'attenzione su di sé, innervosito
dal fatto che era bastato l'arrivo dell'albino per eclissare la sua
presenza.
“Guarda
qua, ci siamo sia io che te, che Moegi e Udon” le disse,
sporgendosi per indicare una foto sul librò, cosa che fece
sfiorare la sua mano con quella di Hina, che reggeva il libro per
mostrarlo a Raimaru.
Quest'ultimo,
dovette fare uno sforzo incredibile per placare l'istinto di far
volare Konohamaru fuori da casa sua.
No,
non stava per nulla ragionando razionalmente, e non era da lui.
Hina,
senza accorgersi dell'occhiataccia che l'albino lanciò al
castano, rispose.
“Eh,
già... mamma, sono davvero già passati anni
dall'accademia? Mi sembra l'altro giorno... anche se in verità
devo ringraziare te Raimaru per avermi aiutato a passare di
classe...” la bionda lanciò un sorriso, che per qualche
strana ragione l'albino non condivise.
“È
meglio se vado a fare una doccia prima di cena, oggi Minato non mi ha
risparmiato... torno tra poco” disse solo, senza inflessioni.
Hina
rimase un po' perplessa di fronte a una simile reazione, mentre Lòng,
che era rimasta in silenzio, salvo per aver salutato il figlio quando
era rientrato, sospirò.
Ah,
la gioventù, con tutte le loro magagne... il terzetto le
ricordava un po' lei, Obito e Kakashi quando era giovane.
Non
che non avesse più trovato nessuno che non ci avesse provato a
lanciargli qualche piccola battuta, buttata lì a mo' di
avance.
In
fin dei conti era ancora giovane e Kakashi era via da molti anni. Ma
lei, continuava ad amare una sola persona, nonostante tutto quello
che era successo, e semplicemente non provava desiderio di riprovare
a ricominciare con qualcun altro.
Anche
perché sentiva che nessuno sarebbe stato all'altezza del
paragone...
Da
un'altra parte, trovava divertente vedere che finalmente, anche
quell'ingenuo di suo figlio (si, perché se per il resto era un
genio, dal lato sentimentale era ancora molto ingenuo) si stesse
impelagando a sua volta nelle faccende sentimentali. Durante
l'adolescenza sembrava sempre tutto più incasinato di quello
che poi non era... ma in fin dei conti era proprio quello 'il bello'
della situazione.
Raimaru
quindi si andò a infilare in bagno, spogliandosi velocemente
per infilarsi sotto la doccia, e togliere le ultime tracce di sudore
dalla pelle.
Continuò
però a sentire la voce di Hina, le sue risate intervallate da
quelle di Konohamaru, e sono di tanto in tanto interrotte dalle
battute di Lòng.
Non
comprendevo cosa fosse quell'irritazione... quella forte sensazione
che m'infiammava il sangue e m'impediva di starmene tranquillo ma mi
rodeva nel profondo all'idea che Konohamaru avesse passato il
pomeriggio con lei.
Era
una cosa che eclissava persino tutti i pensieri che avevo avuto il
pomeriggio su Kakashi, la tecnica dell'evocazione e tutto il resto.
A
mo' di punizione verso me stesso, chiusi il rubinetto dell'acqua
calda, restando sotto la doccia gelata sino a sentire la pelle
rabbrividire al bacio gelido dell'acqua.
Insomma!
Ero uno shinobi ampiamente addestrato al controllo delle emozioni.
Com'è che sta cosa m'infastidiva tanto?
E
poi, c'era stato con loro tutto il pomeriggio Lòng no?
Avevano
poi solo spulciato rotoli tutta la giornata...
No?
Giusto?
Eppure...
m'irritava pensare che avesse passato tempo con Hina, mentre io ero
altrove.
Perché?
Mi
passai l'asciugamano nei capelli.
Mi
fissai allo specchio del bagno. Poi scoppiai a ridere con me stesso.
Possibile davvero che fosse... gelosia?
Ero
davvero uno stupido allora. Già, ma uno stupido innamorato, in
fin dei conti...
Gli
ci era voluto scoprire la gelosia, per capire quanto tenesse alla
ragazza bionda, a far luce sui suoi sentimenti. Si perché, ora
come ora, si era davvero tolto ogni ombra di dubbio, caso mai ne
fossero rimaste...
Rivestendosi,
andò a tavolo con gli altri, dove cenarono tutti insieme.
Una
volta scoperta la fonte d'irritazione, per Raimaru fu un po' più
semplice placarla, anche se non riuscì a non provare una certa
dose di soddisfazione nel vedere che Hina riservava le sue attenzioni
prevalentemente per lui, ignorando lo scontento di Konohamaru.
Lòng
invece, sembrava del tutto indifferente dei 'sottili' battibecchi dei
giovani, anzi tra sé e sé stava quasi ridacchiando alla
scena.
“Bene,
è meglio che torno a casa...” disse infine Hina.
“Ti
accompagno...” disse Raimaru, più veloce del castano.
“Non
è necessario, la accompagno io, tanto casa mia è dalla
stessa parte” Konohamaru non aveva alcuna intenzione di
lasciarli soli.
“Insisto,
e poi camminare non fa mai male...” Raimaru era già
fuori di casa, mentre Lòng dovette sforzarsi a prendere i
piatti e portarli al lavandino per non scoppiare a ridere.
Hina
lo seguì, mentre Konohamaru, scuro in viso, ringraziò
Lòng per la cena prima di seguirli.
I
tre procedettero lungo la strada, parlottando con falsa amabilità
tra di loro.
Quando
infine giunsero all'incrocio in cui Konohamaru avrebbe dovuto
separarsi da loro, questo stava già macchinando come fare per
restare un po' di più con loro.
Non
voleva che i due rimanessero da soli, e voleva restare ancora un po'
con Hina...
“Grazie
della compagnia Konohamaru, ci si vede in giro allora...” lo
precedette però la ragazza.
“Di
niente... spero di poter ancora lavorare con te...”
“Se
capita... ben volentieri...”
“Ciao...”
disse tristemente lui.
“Ciao
ciao!” rispose la ragazza, riprendendo a camminare a fianco a
Raimaru.
Forse
fu solo un suo flash, dettato dal nervosismo... ma alla seguente
svolta, gli parve di vedere il ragazzo prendere la mano di lei nella
sua.
Hina
dal canto suo, non capiva come mai Raimaru avesse insistito tanto per
accompagnarla.
Però
era più che ben disposta ad accettare la compagnia di lui.
“Allora,
hai passato una buona giornata?” chiese lei.
“Si...
sono successe un paio di cose strane, ma nulla di che... tu invece?”
deviò l'argomento lui.
“Niente
di così straordinariamente divertente... per lo più si
è trattato di spulciare migliaia di rotoli di ogni varietà
per trovare quelli adatti all'accademia o alla biblioteca”
“A
me sembrava che ti stavi divertendo, quando sono arrivato...”
Hina non riuscì a interpretare il tono un po' imbronciato del
ragazzo.
“Si
beh, alcune delle foto dell'accademia erano davvero divertenti...”
“...o
era Konohamaru a esserlo?”
Hina
sbatté un paio di volte le palpebre allibita.
“Raimaru...
sei geloso?”
Il
ragazzo si passò una mano nei capelli, evitando lo sguardo
prima di dire “Forse un po'... si”
Hina
rise, facendo arrossire un poco Raimaru, cosa che fu subito visibile
data la carnagione chiara di lui.
“Sei
un baka Rai-kun... Konohamaru è un amico”
“Lo
so”
“E
allora non pensarci... senti, ho trovato questa... pensavo che
potesse piacerti...” le disse la ragazza, porgendogli una cosa.
“L'ho
sgraffignata dall'album” si spiegò.
Una
foto, con i quindicenni Obito, Lòng e Kakashi, tutti e tre
protesi in posa di combattimento, con Kakashi con una ninjato in
mano, Obito con un kunai e Lòng nella posa classica degli
Hyuga.
Sembrava
essere stata scattata poco prima di un combattimento, visto lo
sguardo serio dei tre.
“Grazie
Hina...” disse l'altro davvero grato.
Erano
pochi, data anche la segretezza delle ANBU, gli stralci di vita dei
suoi genitori che aveva... salvo quello che gli aveva raccontato la
mamma.
Erano
ormai di fronte alla casa della ragazza.
I
due si salutarono tiepidamente.
Raimaru
rimase però lì, indeciso ancora un bel momento prima di
decidersi.
Salì
sul davanzale di lei, e bussò leggero alla sua finestra.
Lei
le aprì incuriosita la finestra.
“Senti
Hina... io... mi dispiace di non essermene accorto prima... ti amo”
lo disse arrossendo un poco, ma con convinzione.
La
ragazza, di slancio lo baciò.
Rimasero
un attimo così, legati dal bacio, con lui appollaiato sulla
finestra, che le stringeva i fianchi, e lei aggrappata al suo collo.
“Come
si dice... meglio tardi che mai?”
Lui
ridacchiò piano.
“Davvero
Hina. Sei una persona speciale. Ti amo. Sono geloso di te, e voglio
che tu sia la mia ragazza...” glie lo disse sistemandogli una
ciocca di capelli dietro l'orecchia.
Se
andava avanti di questo passo, rischiava di far svenire la giovane di
felicità.
Lei
lo baciò di nuovo, ancora più accanitamente, infilando
le dita tra i candidi capelli di lui.
“Devo
davvero rispondere, o questo era sufficiente?”
Lui
rise, piano, a voce bassa. “Lo riterrò sufficiente. Ora
è meglio che vada, prima che Naru-kun si accorga che non sei
da sola eh?”
“Ha
solo da provarci quel baka... lo disintegro...”
“A
domani”
“A
domani” con un ultimo bacio, i due si separarono.
“Ne
siete sicura, mia signora?” i lupi si scansarono, intimoriti
dal tono della loro signora.
“Erano
anni che non nasceva più un discendente degno del proprio
nome... portatelo al mio cospetto” “Ma... mia
signora...” protestò debolmente uno dei sottoposti.
“Subito”
il tono non ammetteva repliche.
“Si,
andiamo subito”
“Portatemi
il cucciolo degli Hatake. Voglio vedere se è un'altra inetta
palla di pelo, o se possiamo fargli spuntare le zanne...”
Con
un inchino reverenziale, i sottoposti si sbrigarono a obbedire.
Angolo d'autore.
Beh, ragazzi che dire. Iniziamo con la parte originale.
Oltre a ciò, un paio di parole.
Credo che sta settimana pubblicherò un 'capitolo bonus' per due 'eventi'.
Uno, ieri è stato il mio compleanno.
Due... mi sono appena resa conto che il 28 luglio del 2014, ho pubblicato il primo capitolo di questa storia.
Quindi... accidenti! è già passato un anno!
Ringrazio tutti quelli che ancora mi seguono da allora, ma senza però ciò ringraziare meno che ha scoperto la storia strada facendo e la sta seguendo ora.
Grazie a tutti i lettori!
La
prima cosa che svegliò Raimaru fu un dolore alla nuca, seguito
dalla consapevolezza di non essere nel suo letto, e dell'odore
terroso che lo circondava.
Un
qualcosa di umido gli urtò una spalla.
“Ehi,
umano! Sveglia!”
La
voce era un po' squillante, ma inconfondibilmente maschile.
“Uhm...”
Raimaru grugnì, confuso.
Poi
si alzò di colpo. “Dove... diavolo... sono?” si
portò una mano alla fronte quando il paesaggio intorno a lui,
vorticò.
Dovette
inghiottire per placare una sensazione di nausea. Poi si osservò
intorno. Si trovava... sottoterra a occhio.
Dal
soffitto terroso sopra di lui spuntavano quelle che sembravano
radici.
Il
posto era abbastanza alto da non battere la testa restando seduto, ma
nulla di più.
Un
lupo, con il pelo grigio screziato di bianco, era seduto vicino a
lui, con un'espressione che si sarebbe potuta definire divertita.
“Finalmente
ti sei svegliato... stavo morendo di curiosità... certo che
voi umani siete proprio strani eh?” disse con voce pimpante il
lupo.
“Non...
credo di capire, ma... cosa ci faccio qui?” ripetè lui.
Ora
stava iniziando a fare mente locale.
“La
grande saggia ti ha voluto qui. È un onore per voi umani
essere convocati dai lupi. O quanto meno, dovreste ritenerlo tale.
Credo che siano passati almeno cinquant'anni dall'ultima volta che è
successo...”
“I
lupi... aspetta c'entra qualcosa con il contratto di sangue...?”
“Allora
non siete tutti scemi come credevo! Si, il patto di sangue per le
vostre evocazioni, viene firmato sul rotolo dei lupi, anche se la
maggior parte delle volte, la grande saggia concede di evocare
solamente i cani, i nostri sottoposti. Quelli più vicini alla
stirpe umana.
Senti,
mi dici come chiamate quella specie di zampa che avete lì
tutta strana con ste cose rosa? Manco dei buoni artigli avete...”
Raimaru
era un po' confuso dalle chiacchiere strane del lupo, che comprese
doveva essere un giovane.
“Questa?
È una mano, non una zampa...”
“Oh,
la chiamate così voi? Che strani. Personalmente, non ho mai
visto nessun umano vero e proprio prima d'ora... comunque, se riesci
a camminare, ti devo scortare fuori” continuò pipante il
lupo.
Raimaru
si stava iniziando a chiedere se fosse il caso di usare un approccio
aggressivo, ma tutto sommato, considerò che era meglio prima
sondare il terreno e poi agire di conseguenza. Inoltre da come gli
stava parlando quel lupo, aveva idea che aggredire lui, non sarebbe
stato troppo diverso che aggredire un ragazzino.
Dal
tono e da come chiacchierava non sembrava un soldato, ma più
un semplice giovane ancora ingenuo. Oppure fingeva molto bene.
“Va...
va bene, ma io dovrei tornare a casa. Il mio maestro e la mia
famiglia saranno preoccupati se non sanno dove sono... anche se a
dirla tutta manco io ho capito dove mi trovo...”
“Sei
sul monte Gekko no Joryu. Il monte chiaro di luna. Territorio
esclusivo dei lupi bianchi”
“Ed
è distante da Konoha?”
“Miglia
e miglia. Più di due mesi di cammino. Sei stato richiamato qui
per tramite della tecnica di evocazione inversa”
“Accidenti
e come ci torno io a casa?”
“Tranquillo,
quando i capi avranno finito, se è il caso ti riporteranno
indietro loro.
Comunque,
come ti chiami?” gli domandò il lupetto, iniziando a
dirigersi verso l'unico buco presente, dalla quale filtrava una forte
luce solare.
“Raimaru
Hatake. E tu?”
“Io
sono Ginirokami”
“Piacere
di conoscerti allora. Beh, vediamo sti tuoi capi. Prima finisco prima
torno a casa”
Raimaru
rimase un attimo abbagliato dalla luce solare esterna, ma poi rimase
ancor di più abbagliato dal panorama che gli si parò
davanti.
C'era
una piccola zona sterrata, inclinata, dato che si trovava sul fianco
di una montagna, con una grande polla d'acqua dopo una breve cascata
di circa due metri, dove l'acqua cristallina si fermava più
morbidamente nello specchio d'acqua, prima di riprendere il suo corso
verso valle.
Dei
pini enormi s'ergevano come guardiani sul confine dello sterrato, dai
tronchi larghi anche più di due metri, e alti quasi cinquanta.
Bellissimi
e maestosi, con la loro chioma verde scuro e verde argento,
profumavano l'aria di resina.
Un
sentiero sterrato s'insinuava solitario tra la marea verde di pini.
Girandosi,
vide sopra di sé una vera e propria comunità di lupi.
Qua
e là, sotto le radici di un pino s'apriva una fessura non
dissimile da quella di dove era uscito lui, e intuì che doveva
trattarsi di tane.
Alcuni
lupi passeggiavano tranquilli, alcuni di misura 'normale', come
Ginirokami, altri invece erano alti e maestosi come cavalli.
Il
pelo di essi variava molto, dal grigio scuro quasi nero, al
bianco-argento candido.
Le
entrate delle tane differivano di molto. Alcune spoglie, altre
decorate da legno, o da ossa lavorate.
“Seguimi”
lo incitò Ginirokami.
Raimaru
obbedì, ammutolito, mentre lo guidava verso l'alto della
montagna.
Più
alta di tutte, s'apriva una bocca di quella che sembrava più
una caverna, che una tana.
Dal
buio del profondo della grotta, in cui fu condotto, comparve un lupo,
dal pelo bianco come la neve.
La
tana era cosparsa da erbe appese, legni intagliati e sulle pareti
c'erano dei disegni che sembravano... primitivi. Antichi.
Tra
i vari disegni, Raimaru riconobbe la leggendaria figura, stilizzata
del Ridoku sennin. L'eremita delle sei vie.
Il
lupo avanzò sino a trovarsi di fronte al ragazzo.
Era
bello e maestoso più di tutti gli altri. Le zampe delicate, le
spalle slanciate ma forti, le gambe ben tornite, il muso leggermente
più affilato, e degli occhi gialli, pieni di saggezza.
Raimaru
intuì dalle forme più delicate, sebbene fosse più
alto di lui di parecchio, che era una femmina.
D'istinto,
comprese di essere al cospetto di una creatura molto più
antica di lui, e molto ma molto, più saggia e possente.
Quindi
s'inginocchiò, posando il ginocchio destro sul pavimento
roccioso, e abbassando il capo, poggiando un palmo in terra. Come se
si trovasse al cospetto dell'Hokage.
La
creatura, dopo aver fatto un giro intorno al giovane, si sedette
aggraziata, nonostante la mole, di fronte a lui.
Raimaru
non comprendeva come un essere così grande potesse muoversi
con tanta leggerezza, senza quasi emettere rumore, come se scivolasse
sul terreno, anziché camminare.
Infine
parlò “Erano anni, che la dinastia degli Hatake non dava
al mondo un cucciolo così promettente. Vedo in te un animo più
forte dell'ultimo arrivato, anche se forse più confuso”
“Vi
ringrazio, ehm... come dovrei chiamarvi?”
La
lupa rise. “Io sono Okamibaba, ma puoi chiamarmi saggia”
“Dunque
vi ringrazio, saggia. Tuttavia, non comprendo il motivo della mia
presenza qui, tanto più che a casa mia si preoccuperanno della
mia assenza...” disse incerto Raimaru, non sapendo bene con chi
aveva a che fare e cosa desiderasse da lui.
Il
suo istinto gli diceva solo che contro di lei, non poteva nulla, e
doveva solo sperare che la lupa non lo considerasse un nemico, o
sarebbe stato schiacciato come una mosca dalla frustrata della coda
di un cavallo.
“Ginirokami,
lasciaci soli”
Il
lupo fece una profonda riverenza, prima di lasciare la caverna.
“È
comprensibile che tu non capisca. La dinastia Hatake è andata
disperdendosi durante i lunghi secoli e i sanguinosi conflitti che
hanno segnato l'umanità...” lei indicò con un
gesto vago di una zampa, le scene di guerre che mietevano sanguinose
morti lungo le pareti della sua caverna.
“...e
tu non conosci la tua eredità. Tanto più, che anche tra
di voi, ben pochi si sono mostrati degni di ricevere il nostro
rispetto, ancor meno, quelli che sono riusciti a sopportare il
fardello del nostro dono.
Io,
Raimaru, in virtù del tuo sangue, ti offro la possibilità
di allenarti con noi. Il motivo della tua presenza qui, è
perché voglio vedere se oltre quella molliccia carne umana,
hai lo spirito di un vero lupo, e se dentro di te, si nascondono le
zanne e gli artigli che ti renderebbero degno dei tuoi avi e della
nostra alleanza”
Dopo
un momento di pausa, nella quale Raimaru recepì il messaggio
la lupa aggiunse.
“Se
vorrai restare qui, dovrai rimanere per almeno un anno, ma il
compenso sarà ampio, se riuscirai a sopportare l'allenamento,
s'intende...”
“Potrei
non esserne degno...”
“In
tal caso ti rispediremo subito alla tana a cui appartieni, senza
alcun malanimo”
“Ma...
a casa ho i miei famigliari, i miei amici... non posso sparire così,
senza far sapere nulla...”
“Manderò
un lupo a spiegare la cosa, se questo ti conforta” non riuscì
a capire il tono della lupa, se fosse irritata o meno dalla sua
protesta.
L'idea
però di allenarsi con i lupi, un po' lo tentava.
“Cosa
posso apprendere da voi?”
La
lupa ridacchiò, mostrando delle zanne luccicanti e bianche,
tanto quanto affilate e mortali.
“Molto,
cucciolo umano. Molto più di quanto credi”
“A
questo punto non mi rimane che affrontare questa prova, saggia.
Togliamoci il dubbio e vediamo subito come va' a finire. Altrimenti,
è inutile anche porsi il problema...”
Di
nuovo la lupa ridacchiò. “Mi piace vedere che ci sono
ancora umani con spirito pratico. Bene, allora seguimi...”
Angolo
d'autore.
Un
po' in ritardo ma eccomi. Capitolo 'bonus'. Ci si rivede domenica!!
=D
Al
suo passaggio, gli altri lupi s'inchinavano rispettosi, abbassando le
teste.
Lo
scortò sino ad una radura, leggermente invasa da pini più
giovani di quelli che si vedevano intorno alla vallata dei lupi.
“Questo
è il campo d'allenamento. Zan'nin, vuoi farci l'onore della
tua presenza?” domandò la saggia.
Dai
pini emerse un lupo con un ricco mantello grigio, che variava sul
petto grigio argentato, e sul dorso più scuro, un grigio
metallico.
Era
alto quasi quanto la saggia, ma molto più massiccio e
possente, un concentrato di muscoli e di forza.
Il
lupo mostrò i denti in quello che avrebbe potuto essere un
sorriso, ma aveva un che di... irrisorio.
“Mia
signora, le possibilità sono due, o volete irridermi nel
mettermi contro un avversario così insignificante, oppure
volete sbarazzarvi velocemente di quella pulce...”
La
saggia sorrise più morbidamente, ma non rispose.
Raimaru
invece si sentiva un po' irritato per quelle prese in giro. D'accordo
che lo consideravano solo una sorta di moccioso alle prime armi, ma
non era neppure stato lui a chiedere di essere portato lì!
“Non
merita la pena di arruffarmi il pelo per quello scricciolo...”
“Oppure
hai solo paura di fare brutta figura?” Raimaru iniziava a
sentirsi prudere le mani, a sentire i lupi che gli si erano affollati
intorno all'arena irriderlo.
“Pulce,
ti potrei sconfiggere usando una zampa sola!” ringhiò il
grosso lupo.
“Si,
forza! Era da un po' che non sentivo il sapore del sangue fresco.
Magari dopo ci dividiamo le spoglie?” ridacchiò sguaiato
un lupo di un color grigio fumo, che si era spaparanzato su una
roccia ricoperta di muschio poco più a destra di Raimaru.
Zan'nin
lo ignorò.
Dunque
Raimaru fece altrettanto, ed entrò nella radura. “Accetto
la sfida. Io contro le tue zampe”
Zan'nin
rise “Ok, hai spirito... o forse è solo spavalderia?
Tuttavia non vorrei che la saggia ne avesse a male le ammazzassi
subito il cucciolo d'uomo. Mi limiterò a stenderti”
“Forse
per voi lupi sono solo un 'cucciolo d'uomo' ma nel mio villaggio sono
l'allievo dell'Hokage e figlio di una donna che viene chiamata 'la
donna drago'. Non sottovalutarmi troppo” lo disse piantando i
propri occhi in quelli gialli del possente lupo.
Sapeva
di non essere all'altezza di quel mostro, ma sperava di riuscire a
condurre la cosa in una sorta di sfida... magari sarebbe riuscito a
rivoltare la spacconeria di quel colosso.
“Dubito
che riusciresti anche solo a farmi un graffio...”
“E
se ci riuscissi...?” rispose lui ostentando un sorriso spavaldo
che però in verità non sentiva proprio.
“Se
riesci a ferirmi... ahahah! È impossibile. Ma se ci riesci
mh... vediamo... diciamo che mi faccio carico personalmente del tuo
addestramento”
“Affare
fatto. Iniziamo?” era proprio quello che Raimaru sperava.
Ora
però doveva riuscire a essere all'altezza delle parole che
aveva detto.
“Quali
sono le regole, saggia? Posso usare qualsiasi arma a mia disposizione
o ci sono dei limiti?” domandò Raimaru.
“Zan'nin
può usare, solo le zampe per colpirti, come concordato. Tu,
non hai alcuna limitazione. Usa pure tutto quello che hai a tua
disposizione” rispose pacatamente Okamibaba. Sembrava divertita
dalla situazione. Le sue orecchie erano protese in avanti, e la sua
coda oscillava leggiadra dietro di sé.
“Pronti?”
Ginirokami era di nuovo spuntata sul bordo della radura, e sembrava
voler fare da arbitro.
“Via!”
I
due contendenti si fiondarono l'uno contro l'altro.
Raimaru
sfruttò la sua costituzione assai più piccola e agile
per infilarsi sotto la pancia del grande lupo e provare subito a
colpirlo sulle zampe.
Ma
l'altro scartò agilmente, Raimaru fu costretto a una
frettolosa ritirata per evitare una zampa grande quanto il suo intero
costato.
Le
prime battute furono simili. Stavano saggiando l'uno le abilità
dell'altro.
Zan'nin,
esattamente come Raimaru si aspettava, giocava con lui.
Sin
da subito comprese che il grande lupo era più forte e più
veloce di lui. Sinceramente, dubitava che pure il Raikage o Minato
avrebbero affrontato un simile avversario a cuor leggero.
Tuttavia
aveva subito palesato i suoi difetti. Era spaccone e vanitoso. Non
voleva finire subito la sfida, ma voleva prima umiliarlo. E questo
gli stava dando il tempo per elaborare delle strategie.
“Stai
diventando noioso umano. Tutto qui quello che sai fare?”
Raimaru
sorrise, prendendo fiato.
“Tecnica
della pioggia di fuoco!” era più un diversivo che altro,
ma Zan'nin fu costretto a zampettare qua e là per evitare le
numerose palle di fuoco.
Raimaru
ne approfittò per sdoppiarsi.
Con
una copia, si slanciò nella sua direzione, con l'altra,
inspirando profondamente, invase il campo di una densa nube nera che
bloccò completamente la vista.
La
copia, con il Byakugan attivo nel frattempo si fiondò sul
lupo, che ora aveva la vista ostruita. Anche se, Raimaru sospettava
che l'olfatto di questo, potesse ampiamente compensare il senso
occultato.
“Danza
della luna crescente!” sperava di riuscire a colpire almeno una
delle quattro zampe del lupo con la katana.
Questo
si spostò però assai velocemente, e lo evitò,
con una zampata fece esplodere tutte e tre le copie con la katana
protesa.
Ora
però non si aspettava che fossero copie.
L'originale
sorrise tra se e sé.
“Arte
del fuoco: ceneri brucianti!” schioccando i denti dal bordo
della nube, la fece esplodere.
Il
lupo dovette saltare verso l'alto per evitare di rimanerne ustionato.
Raimaru
però saltò a mani protese verso il lupo, e riuscì
a colpirlo sulla zampa sinistra con lo Juken.
Questo
però lo scostò con un altro colpo forte di zampa, che
fece atterrare Raimaru lontano dalla posizione originale.
Rotolò
per attutire un po' l'impatto e si portò in ginocchio.
Sputò
un grumo di sangue, essendosi ferito una guancia nell'interno.
“Sta
sfida è più divertente di quello che pensassi...”
commentò il ragazzo. In effetti, stranamente si stava
divertendo.
Zan'nin
da parte sua, si sorprese di non sentire più la zampa che il
marmocchio gli aveva colpito.
Che
cosa strana... non aveva danni apparenti, ma non riusciva più
a muoverla.
Per
cui fu costretto a zoppicare, trascinandosi la anteriore destra.
La
lotta s'inasprì. Ora Zan'nin si stava divertendo assai meno,
ma scoprì che il 'cucciolo d'uomo' non demordeva. Per quante
volte, con un calcio lo facesse rotolare via, questo, si rialzava e
tentava una nuova strategia per colpirlo.
Tentò
con varie arti, il fuoco, il fulmine e il vento, a sorprenderlo,
usando tattiche sempre diverse per cercare di coglierlo di sorpresa.
Doveva
quanto meno ammettere che era una pulce tenace e piena d'inventiva.
“Ora
basta mi hai stufato!” s'avventò sul moccioso,
irritato.. ma questo con un sorrisetto... svanì in una nuvola
di fumo.
Quattro
copie, crearono un muro di terra intorno a Zan'nin, obbligandolo a
salire verso l'alto, per sfuggire alla trappola, visto che delle
carte bomba stavano già brillando sotto di lui.
Tre
copie gli si aggrapparono al pelo intorno al collo, che esplosero con
un gesto brusco del grande lupo il quarto... aveva approfittato
dell'insensibilità della zampa per aggrapparsi lì, e
non avere una reazione pronta del lupo, che aveva la vista occultata
dal fumo delle altre copie esplose.
Gli
punse appena il dorso della zampa con un kunai, prima di essere
scrollato via come una zecca.
Questo
rotolò di nuovo, tutto ammaccato e graffiato, ma si mise a
sedere, ghignò e mostrò il kunai a Zan'nin.
Sulla
punta di questo, s'addensava una piccola gocciolina di sangue.
“Ti
ho graffiato, potente Zan'nin!”
Il
lupo, dovette guardarsi la zampa insensibile, per vedere quella
minuscola puntura, dalla quale trasudavano piccole gocce di sangue.
Era
un graffio minuscolo... ma rispettava l'accordo della sfida.
“Tsk...
sei davvero un umano tedioso!” rispose il lupo, arruffando il
pelo intorno al collo.
Raimaru
rise. “Mi hanno definito in modi meno gentili...”
“Non
mi tentare...” ringhiò Zan'nin.
“La
sfida è conclusa. Zan'nin...” iniziò la saggia.
“Manterrò
la mia promessa. Non sia mai che mi rimangio la parola data. Anche se
questo, non significa che tu mi stia simpatico. Pulce!
Domani
mattina all'alba. Qui!”
“Si,
sensei!” rispose prontamente l'albino.
Il
lupo scomparì nella foresta borbottando un qualcosa tipo
“...irritante...”
“Ti
sei mostrato degno della nostra ospitalità, piccolo uomo. Ora
dovrai guadagnarti il nostro rispetto. Ti terremo d'occhio, Raimaru
Hatake”
“Saggia,
potreste solo per favore...”
“Si,
non l'ho dimenticato. Zankage! Vai al villaggio di umani dalla quale
proviene, e dai la notizia ai suoi consanguinei che il ragazzo non
tornerà per le prossime dodici lune”
“Ma,
mia signora...” protestò il lupo color grigio fumo...
“Vai
subito!”
Con
un borbottio irritato questo scomparve.
“Ginirokami,
provvedi tu per fornire al ragazzo tutto quello di cui può
aver bisogno durante la sua permanenza”
“Con
piacere, saggia”
“Grazie,
Okamibaba-sama” disse Raimaru, con un inchino rispettoso.
“Non
mi ringraziare ragazzo. Saranno giorni lunghi per te. Ora hai solo
mostrato di avere il talento. Ma devi ancora mostrare molto a tutti
noi...” con questo s'alzò e con andatura aggraziata, se
ne tornò verso la sua tana.
Zankage,
dal canto suo, non aveva mai amato gli umani, se non come cibo nel
piatto.
Erano
irritanti, saccenti e si credevano i padroni del mondo. Tsk, come se
i lupi non avessero niente di meglio da fare che trotterellare come
cani addomesticati al loro comando...
“Ehi
microbo, a chi devo portare la notizia?” domandò
seccamente all'umano che stava zoppicando dietro a Ginirokami.
“All'Hokage,
per favore. Digli che sono qui, e spiegagli il motivo. Spero
capirà...”
“E
come lo riconosco sto tizio?” domandò il lupo irritato.
“è
il capo della foglia. Biondo, alto con gli occhi azzurri e indossa
sempre una cappa rossa e bianca con sopra scritto 'Quarto Hokage'. È
piuttosto semplice da riconoscere”
“Vado”
disse solo lui, che però stava già elaborando come
poteva fare dispetto a quel piccolo borioso umano. Oh, si un bello
scherzo gli avrebbe fatto...
Ginirokami
gli offrì una cena a base di carne fresca... e cruda, con
l'acqua limpida della cascata.
Bisognava
dire che l'acqua della cascata era davvero buona. Era fresca e
straordinariamente dolce. In quanto alla carne...
Beh,
in genere la carne cruda che si mangiava nei piatti, era per lo più
tagliata molto sottile o comunque ben condita.
Dunque
Raimaru si ritrovò a tentare di masticare una bistecca intera,
senza possibilità di fare altrimenti, se non offendere
l'entusiasmo del lupetto, che per qualche strana ragione, gli era
molto simpatico.
“Voi
umani non mangiate carne cruda?” domandò alla fine, dopo
che il ragazzo riuscì a finire di masticare.
“Non
molta... o comunque non così. In genere una bistecca del
genere la si cuoce, quanto meno...”
“Curioso...
un giorno o l'altro me lo fai provare? Beh, comunque non fare
complimenti eh, se vuoi il bis c'è n'è”
“No,
grazie. Di stasera sono a posto...”
“Oh,
peccato. Va beh, vieni. Puoi dormire dove ti sei svegliato. È
un buon posto. È anche poco umido, so che voi umani lo patite.
Almeno, così dicono”
Ginirokami
lo scortò allegramente sino alla tana dove Raimaru si era
svegliato quella mattina.
“Ti
ringrazio Ginirokami. Ci vediamo domani mattina allora...”
“Di
niente Raimaru. A domani. Ti consigli di non fare tardi. Zan'nin non
è molto tollerante...”
“L'avevo
intuito..”
“Bene.
Buonanotte!” l'allegro lupetto lo lasciò da solo.
Fortuna
che tra le altre cose, nelle sacche, quando lo avevano rapito c'era
anche una coperta.
Non
che fosse molto comodo dormire su terra, sassi e radici...
Però
dubitava che i lupi lo avrebbero preso sul serio si fosse lamentato
di quelle inezie... per tanto, si limitò a cercare di togliere
i sassi e spianare un angolo del buco nel terreno che ora aveva per
'casa'.
Coprendosi
con la coperta verde, si ritrovò a pensare che sarebbe stato
un lungo anno... soprattutto, sarebbe stato un anno senza vedere
nessuno dei suoi cari. E Hina...
Sospirò.
Sarebbe
stato un anno estremamente lungo... ma se sarebbe servito a
qualcosa...
La
mattina dopo, si svegliò indolenzito, dai colpi ricevuti il
giorno prima e, il fatto di aver dormito sul duro terreno non
aiutava.
Il
sole non era ancora spuntato all'orizzonte.
I
lupi erano ancora per lo più ritirati nelle loro tane.
Raimaru
si stiracchiò, sbadigliando, uscendo dalla sua 'tana'.
Andò
sino alla polla d'acqua, specchiandocisi dentro.
La
sua chioma bianca era arruffata, e a tratti sporca di terra, così
come il suo viso, che portava anche un paio di graffi del
combattimento del giorno prima.
Considerando
di avere a disposizione ancora sufficiente tempo, si sciacquò
il viso, e immerse il capo nella fonte, togliendosi alla meno peggio
i segni di stanchezza e sporco dal viso e dai capelli.
Si
alzò per andare da Zan'nin, ma in quel momento una cosa lo
distrasse.
Comprese
a colpo d'occhio che si trattava di una lupa.
Aveva
le zampe lunghe e slanciate, come... delicate. Graziose.
Gli
occhi, sembravano ambre, sul pelo grigio chiaro, un grigio argento.
Si muoveva con una grazia davvero straordinaria. Sembrava camminare
leggermente sospesa sopra la terra, come se la sfiorasse solo, senza
toccarla per davvero.
Sarà
stata un metro e cinquanta alla schiena, a colpo d'occhio.
Era...
eterea.
Si
mosse con movimenti soffici sino al bordo della polla d'acqua,
spiccando con i suoi colori chiari tra quelli ancora scuri che
precedevano l'alba.
La
lingua rosa chiaro guizzò tra le labbra mentre si dissetava
nella dolce fonte.
Raimaru
rimase un attimo incantato, alla vista di quella bellissima creatura,
in quel contesto quasi magico, le cime dei pini che si coloravano
appena della luce solare, lo scorciare della breve cascata, il
profumo della resina...
La
lupa alzò lo sguardo, lo fissò appena un secondo prima
di riprendere la strada verso quella che doveva essere la sua tana e
scomparirvi dentro.
Risvegliandosi
dal coma, il ragazzo scosse la testa e si tuffò verso il campo
d'allenamento.
Arrivò
giusto mezzo minuto prima di Zan'nin.
“Quindi
marmocchio, sei davvero sicuro di voler diventare allievo dei lupi?
Non sarà una cosa facile, e di certo non ti aspettare che io
ci vada piano solo perché sei un molliccio umano...”
“Non
mi aspetto trattamenti di favore...” rispose solo Raimaru.
“Uhm.
Vediamo. Erano secoli che non mi occupavo più di uno di
voi...” Zan'nin lo osservò bene.
“Quanti
anni hai umano?”
“Quindici,
sensei”
“Sei
giovane anche per la tua stirpe dunque... mh. Forse non è poi
così un male. I cuccioli apprendono più facilmente di
solito...
Per
prima cosa devi dimenticarti tutte quelle scemenze umane che hai
appreso.
I
sensi umani sono così... limitati. Vuoi avete soggiogato la
natura. O almeno, così credete di aver fatto. Ma la natura è
un qualcosa di troppo potente e complesso per poter essere domato. Al
massimo puoi sperare di riuscire a conviverci e capirla almeno un
poco.
Ogni
cosa che ti circonda parla. La terra, l'erba, gli alberi, il vento.
Tutto
fa parte di un grande insieme, che se sei capace di leggere ti darà
informazioni utili.
Per
prima cosa, togli quelle cose che tieni su quelle specie di zampe che
voi chiamate 'piedi'”
“Le
scarpe dici?”
“Muoviti!”
Raimaru,
sebbene un po' allibito, obbedì al perentorio ordine
dell'enorme lupo, poggiando i sandali a parte, sentendo poi l'erba
solleticargli le piante dei piedi.
“Per
prima cosa, devi imparare a sentire quello che pesti. Avverti l'erba.
Tasta il terreno. La terra può dirti più di quello che
pensi su ciò che ti circonda. Puoi avvertire le vibrazioni di
altri che la calpestano, il tipo di terreno che ti circonda...”
Raimaru
stava quasi pensando che il suo nuovo maestro doveva essere un po'
suonato, ma questo colpì il terreno con la possente zampa.
“Lo
senti? Io ho creato un suono, nel terreno, che questo lo ha trasmetto
a te. Se vuoi essere un vero lupo, un vero cacciatore, devi imparare
a sentirli, questi suoni. A renderli parti di te, a interpretarli. E,
se necessario, ad annullarli, perché la tua preda non ti senta
arrivare. Capisci di cosa parlo umano?”
“Credo...
credo di si” era non dissimile dal principio di assassinio
percettivo...
“Credi?
Devi essere certo. D'ora in poi non indosserai più quelle cose
che chiami 'scarpe'. Almeno, fin tanto che sei qui. Chiaro?
In
secondo, mi aspetto da te, che d'ora in poi, inizi a pensare come
noi.
Devi
diventare come noi. Sei un predatore, non una preda. Una volta
ricevuto il sapere dei lupi, non sarai più solo un semplice
umano. Ma questo non è di mia competenza spiegartelo.
Ora
fammi vedere cosa sai fare. Vieni con me.”
Zan'nin
massacrò quasi letteralmente di quella giornata il giovane
Raimaru, spremendolo per capire quanto fosse capace di utilizzare i
sensi che escludessero la vista. Come appunto, il tatto, l'udito e
l'olfatto.
Non
se la cavò poi così male come pensava, ma questo
ovviamente non lo disse.
Lo
portò nel bosco, chiedendogli di seguire tracce, individuare
prede, o di essere in grado di muoversi con delle limitazioni, a
volte senza usare il chakra, e non si risparmiò sulla lezione
di combattimento.
La
sera Raimaru era praticamente pieno di graffi e contusioni di diversa
entità.
Zan'nin,
senza né complimenti né altro si limitò a
comunicargli che lo rivoleva lì il giorno dopo all'alba.
Raimaru,
si cercò un angolo tranquillo nella fonte, questa volta più
a valle, per non disturbare la polla dei lupi, e si rinfrescò,
bagnando con piacere nell'acqua fresca tutti i tagli e le contusioni.
I
piedi, in particolar modo, senza la protezione dei sandali, sulle
dure cortecce del bosco, sui sassi e tra le erbe che costellavano il
sottobosco, si erano tagliati in più punti. La pelle bruciava
dove era stata consumata dall'attrito, e pizzicava sui tagli.
Si
sentiva esausto come raramente gli era altrimenti capitato.
Se
tutti i giorni erano così, a fine dell'anno avrebbero dovuto
riportarlo a Konoha in barella! E con un inizio di gotta, se
Ginirokami gli forniva solo bistecche al sangue..
Tuttavia
non poteva permettersi di lamentarsi. Lo avrebbe fatto apparire
debole, e non ci voleva un genio per comprendere che aveva tutto da
guadagnare dall'apprendere da Zan'nin. Certo... sempre ammesso che
fosse riuscito a sopravvivere per tutti i trecentocinquantatré
giorni che rimanevano...
Zankage,
prese la forma di questo Raimaru, che aveva ben memorizzato prima di
partire, e s'addentrò nel villaggio di patetici umani alla
ricerca di quello indicato dal ragazzino.
Trovava
innaturali le costruzioni degli umani.
Sovvertivano
la natura.
Cercò
un po' per la strada senza trovare particolari indizi.
Poi
trovò un edificio con un cartello che indicava “Ufficio
dell'Hokage” e lo seguì.
“Raimaru-kun!
Come mai qui? Minato-sama è da un po' che ti aspetta... vai
subito nel suo ufficio!” una donna con i capelli neri e gli
occhi bianchi mi lanciò un'occhiata irritata.
Salvo
poi, vidi il suo sguardo stringersi, esaminarmi come se volesse
spulciarmi da capo a piedi. Lo sguardo della donna si stava
assottigliando, diventando... bieco.
“Vado
subito..!” dissi indirizzandomi verso dove indicava il
cartello.
Questa
non fece ulteriori commenti, ma dalla sua occhiata, compresi che la
mia trasfigurazione non glie l'aveva del tutto data a bere. Fossi
rimasto lì un altro po' mi avrebbe scoperto. Chissà chi
era...
Nel
dubbio però fece come consigliato e si recò da questo
benedetto Hokage.
“Hokage-sama,
mi cercava?” domandai con aria innocente.
L'uomo
mi squadrò.
“Sei
sparito per un giorno intero. Spero che tu abbia una buona
giustificazione”
“I
lupi del monte Gekko no Joryu mi hanno preso da loro. Sembra vogliano
insegnarmi le loro tecniche. Per il momento ho accettato, anche se
dovrò rimanere lì per le prossime dodici lune”
quanto gli piaceva a Zankage calarsi nella parte della recita!
“Anche
ora, mi hanno consentito di venire solo qua per una visita veloce per
spiegare la mia assenza, e nulla di più...”
L'uomo
mi squadrò incerto. “Sei sicuro sia la cosa migliore?”
“Si,
Minato-sensei” risposi innocentemente.
Sembrava
che anche lui qualcosa non lo convincesse. Dovevano essere più
acuti del previsto questi umani... ero sempre stato un'asso nelle
trasformazioni..
“Molto
bene allora. Ritorna pure all'addestramento. Un anno lunare di tempo.
Non una giornata in più!”
“Grazie
Minato-sama”
Questo
mi lanciò un'occhiataccia. Cosa dire per sembrare più...
naturale. Ah, si una frase che aveva sempre effetto: “Mi saluti
la mia famiglia per favore...”
Questo
parve rassicurarlo un po'.
Gironzolai
senza meta un momento. Curiosando un poco nel villaggio umano, per
osservare le patetiche attività dei bipedi.
Le
bancarelle, i negozi. Questo stupido... affannarsi...
Bah,
valli a capire..
Mugugnando
tra me e me per non aver trovato nulla di curioso in cui
sficcanasare, ero quasi convinto di dovermene tornare a casa a zampe
vuote quando un “Rai-kun!” mi distrasse.
Una
ragazzina bionda con i capelli color oro pallido mi si aggrappò
al collo.
Mi
venne quasi subito da starnutire per contro.
“Uhg,
puzzi di volpe bagnata...” grugnii a bassa voce.
“Uh?
Che hai detto?”
“Che
vuoi?” ringhiai per contro.
Questa
sbatté le palpebre come allibita.
“E
successo qualcosa? Come mai ieri non c'eri? Mi avevi detto che ci
saremmo visti...”
Ora
compresi. Il tono, l'attaccamento... ma certo! Questa doveva essere
la fidanzatina di quella pulce.
Chissà
come faceva stare insieme a sta marmocchia con st'odore di volpe
addosso... bleah!
“Non
ne avevo voglia. Sei troppo appiccicosa. Mi annoi”
Gli
occhi della ragazza si spalancarono, sorpresi e feriti.
Hihihi..
mi scappava da ridere. Che bella sorpresa si sarebbe trovato quello
scemo tornando a casa...
“Comunque
me ne starò via un anno, non aspettarmi. Io non lo farò”
feci per riprendere la mia strada.
“Ma...
ma Raimaru...” provò a fermarmi.
“Sparisci
dalla mia vista. Sei insignificante... il mondo è pieno di
persone. Rassegnati” sentendomi gioioso come pochi, me ne
andai. Oh, si che bello scherzetto che avevo combinato... tutto da
ridere!
Hina
era sconvolta. Questo non era possibile.
Quel
viso duro, quell'espressione fredda, indifferente.
Si
sentiva a pezzi dentro, come uno specchio infranto, le cui crepe
s'irradiavano in tutta la sua anima.
Ma
come? Due giorni prima gli diceva che l'amava e poi che l'annoiava...
che si fosse preso gioco di lei solo per... cosa poi? Curiosità?
No.
Quello non poteva essere lui. Non poteva.
Che
avesse cambiato idea? Cosa significava l'ultima frase? Aveva trovato
qualcun'altra?
Ma
perché illuderla così per poi andarsene in quella
maniera?
Fece
l'unica cosa che le venne naturale. Si rifugiò sotto un albero
nel bosco, nel posto più isolato che trovai, e piansi.
Piansi
tutte le lacrime che mi sentivo dentro.
Lo
sapevo. Lo sapevo.
Erano
stati giorni troppo fortunati. Era stato troppo bello, il sapere che
lui c'era per me, che mi amava... era troppo irreale. Troppo stupido.
Ci ero cascata.
Non
so quante ore passai lì. A piangere il dolore, l'amaro che mi
sentivo dentro.
Così
debole. Così fragile. Così stupida.
Mi
sentivo un idiota.
I
sentimenti sono debolezza. Si sapeva... ma... mi era sembrato così
naturale, affidarmi nelle sue mani. Mi aveva accettato, mi aveva
aiutato, mi aveva parlato e consigliato. Mi era sembrato generoso e
gentile.
Eppure
non era così.
“Cazzo!
Gli uomini sono dei bastardi!” gridai alle felci che avevo
davanti.
Uno
scoiattolo squittì, sparendo tra le foglie.
“uh
uh... benvenuta nel vero mondo principessina. Ora smettila di
piangere o finirai con l'annegarmi. Anche se non ho mai provato la
sensazione...”
“Mi
ci mancavi solo tu all'appello per la migliore giornata di merda di
sempre Kyuubi”
“Tu
guarda... uno prova a essere gentile...”
“Tsk.
Come no” anche se, valutò... in effetti, anche la
volpe ne doveva aver viste. Era un essere assai antico, e aveva
passato molto del suo ultimo tempo rinchiuso dentro degli umani...
Si
ritrovò di nuovo nella stanza di pietra di fronte all'enorme
cancello.
Si
lasciò cadere seduta sul pavimento semi sommerso dall'acqua.
Mi
strofinai le guance bagnate.
Il
Kyuubi era coricato dietro le sbarre, con l'immenso occhio rosso che
l'osservava attraverso di esse.
“Se
stai cercando di tentarmi, riprova un altro giorno eh?”
“Uhm..”
si limitò a un grugnito.
Ci
fu un lungo silenzio, nella quale la ragazza si stuzzicò il
bordo della maglietta.
“Anche
a te è capitato di soffrire per amore Kyuubi?” ok.
Questa potevano segnarla sul calendario delle cose più stupide
da chiedere ad un demone.
Infatti
questa rise. “Ahahah! Io sono il demone dell'odio stupida
umana. Io non provo amore. Non so cosa sia. Né ci tengo
particolarmente a provarlo. Sebbene a quanto pare voi umani ci date
tutto sto peso...”
Hina
però sentì anche un tocco di menzogna nelle parole del
Kyuubi. Ma non ci diede penso. Non era giornata per lei di fare lo
strizzacervelli di volpi a nove code millenarie.
“Forse
non fai così male... visto il dolore che comporta...”
un singhiozzo le spezzò il fiato.
Si
morse una mano per stizza. Non voleva più piangere. Non se le
cose stavano davvero così.
“Quanto
sei sciocca... uhmpf. Io ci scommetterei che quello non era il vero
marmocchio dietro cui tanto sbavi sai...?”
“Che
cosa vai dicendo?”
“Adesso
dimmi te se ti sembra normale che sia io a dire certe cose... non sei
tu l'innamorata?”
“Volpe,
ti prego, dimmi cosa intendevi dire. Per favore!”
La
volpe non si aspettava di venire implorata in tal modo.
Per
favore. Quanti millenni erano che nessuno gli rivolgeva quelle due
semplici parole di cortesia?
Sbuffò.
“Aveva un odore strano. Non il suo” si limitò
a dire. Non voleva mica sbilanciarsi troppo!
“E
tu come fai a saperlo?”
“Stupida
umana! Che ti credi? Io purtroppo, sento! E che i kami me ne
vogliano, subisco ogni cosa che senti tu, sai? Ogni sensazione, che
sia dolore o piacere. Compreso quel vomitevole intreccio di lingue
dell'altro giorno! Ora vattene e lasciami dormire. Irritante...”
Hina
si ritrovò di nuovo nella foresta. Sbalordita.
Non
credeva di poter avere conversazioni con il Kyuubi diverse da ringhi,
insulti, sussurri tentatori e simili.
Ora
però, a pensarci bene, qualcosa non le tornava. Non era quello
Raimaru. Non poteva. Non era nel suo carattere comportarsi così.
Non era da lui. E, sebbene non avesse individuato nessun odore
strano... effettivamente i suoi capelli gli erano sembrati un poco
più scuri... i tratti leggermente più... duri.
Forse
poteva avere ragione la volpe...
Decise
di concedere quanto meno il beneficio del dubbio.
Avrebbe
aspettato quell'anno... sperando.
Si
rese conto di essere decisamente più sollevata, e di non stare
più piangendo. E... incredibile dirlo... il merito era della
volpe.
Rise.
Si poggiò una mano sul sigillo.
“Grazie
Kyuubi!”
Angolo
d'autore.
Beh
mi sono presa una pausa di Ferragosto dai...
Comunque
non preoccupatevi, tornerò ad aggiornare. Ho ancora diversi
capitoli in serbo per voi.
Piuttosto...
sto cercando una qual si voglia ragione esistenzale per convincermi a
scrivere la parte della 4a guerra ninja... T.T
Zan'nin
non risparmiò un solo giorno al giovane Raimaru.
Non
conosceva il significato della parola pausa, ancor meno di
'domenica'.
Ogni
giorno aveva una nuova lezione, una nuova mossa, una nuova pista da
seguire o una traccia da mostrare.
I
primi giorni massacrarono il ragazzo sino allo stremo delle sue
forze. La sera riusciva a stento a trovare le energie per masticare
qualcosa e trascinarsi sino alla sua tana.
Però...
era innegabile che nel giro di un paio di settimane, i risultati
cambiarono.
Si
sentiva più forte ed energico, sebbene ancora tornasse sempre
pesto e lacero nel suo buco.
Sentiva
dolori ovunque, e il dormire sulla dura terra ne acutizzava solo la
cosa.
Tuttavia,
più a valle, ben nascosto tra le piante, trovò una
polla d'acqua tranquilla, dove la sera prese l'abitudine di andare a
lavarsi.
Subito
pensò che si sarebbe preso l'influenza nel giro di qualche
giorno, a lavarsi nell'acqua gelida di montagna. Ma ciò non
avvenne. E anzi, prese presto ad apprezzare la frescura dolce di
quell'acqua pura, e nel giro di pochi giorni prese l'abitudine di
tuffarcisi dentro senza troppi pensieri.
Ginirokami,
lo sorprese con la sua gentilezza, dato che gli procurò degli
abiti adatti, visto che i suoi erano ormai laceri, e..
“E
questa da dove arriva?”
“Oh,
beh ecco... so che voi umani non siete troppo abituati a dormire su
muschio e terra... pensavo che poteva farti piacere un'imbottitura
migliore di quel coso verde...”
Aveva
riempito il terreno della tana di semplice paglia, che però
riempì il ragazzo di felicità, data l'inaspettata
gentilezza.
Circondò
il collo del lupo in un breve abbraccio.
“Grazie
Ginirokami, era proprio quello che ci voleva. Sei davvero un amico!”
Il
lupo sembrò un momento spiazzato dalla mossa poi rispose
“oh... ehm... prego...”
Non
era come dormire sul futon di casa sua... ma rispetto al solo
terreno, fu come dormire sul più pregiato dei materassi.
Le
lezioni di Zan'nin erano interminabili. Però il ragazzo
assorbiva ogni nuovo concetto con velocità sorprendente, e il
maestro si scoprì, con suo disappunto, che in fin dei conti
quell'allievo, almeno un poco gli piaceva.
Era
una creatura con una sete infinita di conoscenza, e c'era ben poco
che il giovane non riuscisse a capire.
Anche
se, ancora pensava troppo da umano, per i suoi gusti.
“Sono
già passate tre lune dal tuo arrivo qui, giovane Raimaru. Come
ti trovi con il tuo maestro?”
“Bene,
Saggia Okamibaba-sama. Zan'nin-sensei ha molte conoscenze, e sa
insegnare molto bene”
“Non
senti la mancanza di casa tua?” gli domandò con
gentilezza.
Raimaru
si ritrovò a pensarci su prima di rispondere “Non... non
esattamente, saggia”
I
lupi presenti, tra cui Zan'nin e la misteriosa lupa grigio-argento,
si fermarono ad ascoltare, incuriositi.
“Spiegati”
“Sento
la mancanza delle persone a cui voglio bene. Mia sorella, mia mamma,
il mio sensei, i miei compagni di squadra... ma non particolarmente
dei luoghi. Mi piace questo posto. Mi sembra che potrei vivere qui
per sempre... senza mai annoiarmi di esplorarlo. Anche se, a onor del
vero, Zan'nin-sensei mi da assai poco tempo per pensarci sopra...”
concluse il ragazzo con onestà, e un sorrisetto.
In
effetti, si sentiva stranamente bene sul monte dei lupi. Era bello,
spazioso, l'aria era pulita, l'acqua fresca. I boschi erano così...
antichi e pieni di vita. Gli sembrava che avrebbe potuto passare la
vita a esplorarli senza mai conoscerli del tutto.
Konoha
gli mancava si... ma si sentiva anche bene lì dov'era...
La
saggia fece una breve risata di gola, leggera.
“Ora
vai a lezione ragazzo. Presto sarai chiamato a essere giudicato”
Con
queste misteriose parole, il ragazzo chinò il capo alla
saggia, mentre questa se ne andava.
Chissà
cosa intendeva dire...
Comunque,
se c'era una cosa che aveva capito tra i lupi, era che avevano un
forte senso gerarchico, di cui Okamibaba era il vertice.
Subito
dopo veniva Zan'nin.
Era
come... una saggia matriarca, e Zan'nin un 'maschio alfa'.
Lei
si occupava delle decisioni, e di tutto ciò che serviva
saggezza e sapienza, il lato spirituale delle cose.
Zan'nin
era quello che invece si occupava più direttamente della
protezione del monte e delle questioni più 'fisiche', per così
dire.
Ma
anche il possente lupo, chinava il capo e obbediva alla saggezza di
Okamibaba.
Gli
altri lupi per lo più risiedevano sotto di questi.
Alcuni
come Zankage, erano dei cacciatori e battitori. Scrutavano i confini,
rispedendo indietro eventuali nemici.
Da
quanto aveva capito, come ogni canide, avevano una certa diffidenza
con i gatti che premevano sul loro confine...
Di
altri, come Ginirokami era considerato ancora un cucciolo, e passava
molto tempo con lupi più anziani perché imparasse a sua
volta a combattere e cacciare.
Per
lui infatti il prendersi 'cura di me' era un modo per dimostrare di
avere responsabilità e stare crescendo. Compito che lo rendeva
comunque stranamente felice. Forse perché gli stavo simpatico,
e a dire il vero la cosa era reciproca.
Di
altri ancora, non aveva ancora compreso la mansione.
Seguii
comunque Zan'nin al campo d'allenamento.
Le
mansioni che m'imponeva erano ancora difficili, ma sentivo di stare
cambiando. A poco a poco stavo assorbendo il sapere che il lupo
m'inculcava. I miei sensi si stavano ulteriormente affinando, usavo
assai raramente il Byakugan, dato che erano anche rare le volte che
lui mi concedeva di usarlo.
Subito
non aveva riconosciuto la mia abilità innata. Poi, una volta
che glie la spiegai lui la definì “Utile ma dispersiva.
Ti concentri troppo su un senso solo. Devi prima imparare a usare gli
altri con armonia, e solo dopo aggiungerci quella”
Imparai
quindi a fiutare le tracce come i lupi, sentire il 'terreno sotto le
zampe', udire i suoni che mi portava il vento.
Mi
faceva usare di quando in quando una tecnica simile a quella delle
'quattro zampe' di Kiba.
Sebbene
fossero passati solo tre mesi, sembrava che anche il mio corpo si
stesse abituando agli sforzi richiesti.
Le
prime volte tornavo a casa con le palme dei piedi scorticate
dall'attrito con il duro terreno, ma Zan'nin non mi concesse mai né
di fasciarli né di indossare qualcosa.
“Indosseresti
un guanto prima di toccare qualcosa? Ti fasceresti la lingua prima di
assaggiare un cibo prelibato? Ti benderesti gli occhi per guardare un
panorama? Ovvio che no. Allora smettila di metterti quelle dannate
scarpe sulle zampe! Ti bloccano solo i sensi!” mi aveva
redarguito l'unica volta che avevo provato a esprimere una debole
protesta.
L'unica
volta che mi aveva concesso di indossare per un solo giorno una
fasciatura era stato quando mi aveva condotto su una zona rocciosa
che mi aveva aperto delle vere e proprie ferite sanguinati sui piedi.
Però
a forza di camminare scalzo, la pelle si era fortificata, e ora,
riuscivo in genere a camminare senza troppi problemi, anche se i
suoli molto rocciosi erano ancora un po' ostici.
“Zan'nin-sensei.
Voi sapete cosa intendeva dire Okamibaba-sama?”
“Anche
lo sapessi, la cosa ancora non ti riguarda, e non spetta a me
dirtelo. Ora fammi vedere se il tuo naso è migliorato un po'.
Cosa sono queste tracce?”
Raimaru
sospirò, rispondendo al suo sensei. Anche se, con la sua
risposta aveva reso palese che lo sapeva ma non voleva dirglielo.
I
lupi, in generale, trovavano divertente vedere quel piccolo umano
spremuto giorno dopo giorno da Zan'nin.
Trovavano...
curiosa la cocciutaggine con cui sopportava le pesanti lezioni senza
lamentarsi, anche se, il fatto di sopportare senza lamentele, era un
tratto che in genere apprezzavano molto. Lo vedevano come un indice
di spirito di sacrificio, tra lupi, indicava un buon membro di un
branco.
Cosa
che aiutava a riscuotere una certa curiosità da parte della
comunità di lupi, che stavano iniziando a pensare che, forse,
il ragazzino in fin dei conti, poteva dimostrarsi degno, novità
che per altro, irritava Zankage che invece aveva sperato che il
mostriciattolo dagli occhi bianchi sparisse al più presto
dalla sua vista.
Quella
sera, Zan'nin scalò la montagna sino alla caverna di
Okamibaba.
“Allora,
Zan'nin. Come trovi il tuo allievo?”
“Umano.
Ciò basta a renderlo irritante. Ma va' detto che ha buona
volontà e impara velocemente”
La
saggia rise dolcemente. “Potrei quasi dire che lo stai
prendendo in simpatia, Zan'nin”
Il
lupo sbuffò, ma non ribatté.
“Comunque
sia, sei stato tu a iniziarlo alle arti dei lupi. Tu credi sia
pronto?”
“Pronto
per quanto possa esserlo un umano Saggia. Sapete bene che per quanto
li si possa preparare, non sono mai veramente pronti”
“Sbaglio
o sei preoccupato per il tuo allievo?”
“Saggia,
smettetela di burlarvi di me. Mi darebbe fastidio aver sprecato tre
mesi per nulla ecco tutto. Poi, sti diavolo di umani sono così...
irritanti. Uno si impegna a prepararli... sembrano tanto promettenti,
con le loro menti brillanti e tutto, poi finiscono tutti per cedere
alla sete di potere. Non uno che sappia dire di no all'avidità
tsk! Quanto tempo ci hanno fatto sprecare... ora quanto in
passato...”
“Mai
dire mai, Zan'nin. In fin dei conti ci sono state delle eccezioni al
caso, e la stirpe alla quale appartiene il ragazzo è quella
che più di tutti ha partorito grandi menti e condottieri.
Concediamogli il beneficio del dubbio, gli dobbiamo almeno quello”
Il
lupo sbuffò, ma la verità delle parole della saggia era
evidente.
“Uhm.
Va bene. Ora torno giù”
“Domani
preparalo. Sarà il suo ultimo giorno come umano. Risorgerà
come yokai, o morirà per sempre. Sempre detto ovviamente, che
abbia il coraggio di affrontare la prova... altrimenti lo slegheremo
dal nostro contratto. Gli smidollati, non sono né saranno mai
tollerati” decretò la saggia.
Zan'nin
s'inchinò prima di andarsene.
Scendendo
giù dal fianco della montagna incrociò alcune delle
lupe che si erano riunite per chiacchierare.
La
graziosa lupa dal mantello grigio-argento si staccò dalle
altre per avvicinarsi a lui.
“Dunque,
la saggia ha deciso il destino del ragazzo?” gli domandò.
“Non
dovrebbe essere faccenda che ti compete, Yoruhika”
Lei
ridacchiò. “Suvvia, Zan'nin sono solo curiosa. Lo sai
che mi stanno simpatici gli umani, e quel ragazzo ha molta vitalità,
non trovi?”
Zan'nin
sbuffò. Quanto erano superficiali a volte le femmine.
“Non
più di altri, e deve ancora dimostrarsi degno. Comunque domani
c'è la luna piena. La saggia deciderà del suo destino”
“Mh,
interessante. Vedremo se mi sbaglio allora... anche se, mi
dispiacerebbe vedere rovinato un ragazzino così carino...”
Raimaru,
quella mattina, non fu svegliato dall'allegro vociare di Ginirokami,
che di solito ultimamente veniva a dargli il buongiorno e a scambiare
quattro allegre chiacchiere, che se non altro aiutavano il ragazzo a
scuotersi da dosso i fumi di sonno.
Non
se ne fece un problema, in fin dei conti, forse era stato solo
trattenuto da altre incombenze...
Come
sua consuetudine, si rinfrescò presso la polla, sbadigliando e
stiracchiandosi, prima di dirigersi verso il campo dove Zan'nin lo
attendeva.
Come
altre mattine vide la bellissima lupa arrivare a bere alla polla.
Questa volte, però questa ammiccò nella sua direzione,
prima di scomparire nella sua tana.
Raimaru
rimase un momento incerto a osservare la tana nella quale era
scomparsa. Era una di quelle più decorate. Aveva legnetti
intagliati tutt'intorno e dei pendagli fatti di canne recise che
suonavano al sussurro del vento, oltre che piccoli battacchi fatti di
ossicini lavorati.
Poi,
stringendo le spalle, si diresse verso il campo.
“Buongiorno
sensei!” salutò.
“Sei
di buonumore stamattina...” constatò il lupo.
“Beh,
più o meno. In genere oggi, probabilmente avrebbero fatto
festa a casa, quantomeno, conoscendo il gruppo mi avrebbero obbligato
a festeggiare”
“Perché
c'è forse una qualche ricorrenza umana?”
“Solo
il mio compleanno. Oggi faccio sedici anni”
“Curioso.
Una strana coincidenza... bah vabbé da noi non è che si
usi molto festeggiare i... compleanni. Suppongo che quando puoi
vivere tanto a lungo, alla fine uno non ci faccia più caso,
anche se ha senso che una razza dalla vita breve come la tua invece
lo consideri 'una festa'”
“Beh,
a dire la verità, a quanto mi hanno detto la mia nascita è
stata anche un po'... particolare ecco”
“Spiegati”
“Sono
nato in tempo di pace, ma a quanto pareva, poco prima di partorire,
mia madre era stata rapita per il Byakugan. Gli occhi degli Hyuga
sono sempre stati considerati molto preziosi. Mio padre e i suoi
amici la salvarono, ma io nacqui proprio come dire... durante quel
bagno di sangue, dato che dovettero combattere per proteggere la
mamma e me.
Mia
madre era solita dire che ero nato con il fuoco della battaglia nel
sangue... e il che, non posso dire che sia del tutto sbagliato.
Apprezzo il concetto della pace ma... è innegabile che mi
piace combattere”
“Inizio
a pensare che forse una qualche umana un po' di buon senso c'è
l'ha”
“Sono
certo che ti piacerebbe mia madre, nel limite di quello che può
essere un'umana, certo. È estremamente decisa e coraggiosa.
Non credo ci sarebbe né Oni né Kami in grado di farla
tremare... in compenso terrorizza lei tutti con la sua proverbiale
fermezza”
Zan'nin
si ritrovò a ridacchiare. Sarebbe stata da vedere, una cosa
del genere.
“Dai,
cucciolo d'uomo. Ora andiamo a caccia. Oggi sarà un grande
giorno”
Stranamente
Zan'nin quella giornata non lo fece correre e stancare fino alla
fine, ma si limitò a fargli trovare delle prede che portarono
alla saggia.
In
compenso, lo tenne impegnato sino a che non fu comparsa la luna in
cielo, e il sole scomparve oltre le montagne.
Era
ormai buio quando tornarono alla casa dei lupi.
“Questa
notte, si celebrerà la luna piena ragazzo. Tu sei invitato a
prenderne parte. Non mi deludere” erano le parole più
vicine a un complimento che Zan'nin gli avesse mai fatto.
Non
mi deludere.
“Farò
del mio meglio”
Il
lupo grugnì, trotterellando davanti a lui.
Raimaru
entrò con più calma nella radura.
Qualcosa
bolliva in pentola. Tutti i lupi erano radunati intorno alla polla
d'acqua, anche se sopratutto sul piano 'sopra'. Quello più in
alto rispetto alla polla, dove passava la strada sterrata che
conduceva alle tane.
Quando
si avvicinò a loro, potè vedere i loro occhi gialli
quasi luminosi nelle tenebre, che lo fissavano.
Solo
la saggia, era seduta di fronte alla polla, con un mucchietto di...
pelo al fianco.
“Raimaru
Hatake. In virtù del tuo sangue, sei chiamato a prendere parte
al sacro rituale della luna piena. Avvicinati” gli ordinò
Okamibaba.
Raimaru
obbedì, avvicinandosi a lei.
Si
rese conto, con uno certo sgomento, che era Ginirokami il mucchio di
pelo al fianco della saggia.
Era
legato come un salame, le zampe saldamente impastoiate dentro delle
corde, e pure delle altre corde, gli stringevano il muso, perché
non potesse né parlare né emettere fiato.
Vicino
a lui, Raimaru vide luccicare nella luce argentea della luna, la lama
di un pugnale conficcato in parte nel terreno.
Qualcosa
lo fece rabbrividire.
“Raimaru.
Ti voglio offrire un potere. Un potere che raramente viene concesso
agli umani.
Ti
ho osservato, per queste tre lune, e ho parlato con Zan'nin che ti ha
seguito in qualità di tuo sensei. Ora sei pronto”
“Per
cosa?”
“Riceverai
in dono il potere dei lupi. Ti renderà incredibilmente più
forte e più veloce. Assorbirai la potenza dei lupi, la nostra
resistenza, il nostro fiuto, tutto ciò che fa di un lupo un
cacciatore migliore di un umano.
Tuttavia
questo potere richiede un sacrificio” con un gesto della zampa,
indicò verso Ginirokami.
“Raccogli
il pugnale”
Raimaru
obbedì, ma sentiva qualcosa di... innaturale in questo. Una
forte sensazione di disagio, inadeguatezza.
“Ora
uccidilo”
Cosa?
“Io
lo so, Raimaru. Vedo dentro di te. Hai passato molti anni della tua
breve vita a sentirti debole, inadeguato. Un pisello che gira in un
baccello troppo grande per sé. Hai avvertito le aspettative
che altri avevano su di te, e ti sei sentito debole, avevi paura di
non riuscire a corrispondere la fiducia che altri riponevano in te.
Noi,
ti stiamo offrendo il potere che cercavi. Con questo, mai più
ti capiterà di essere inadeguato. Di essere debole. Devi solo
affondare quella lama!”
Le
parole della saggia erano miele liquido. Penetrava nella mente del
ragazzo, lo avviluppavano, toccavano tasti profondi, recessi che
credeva di aver per sempre seppellito, invece erano ancora lì,
a tentarlo.
Per
un attimo si sentì confuso.
In
fin dei conti... era solo un lupo no? Cos'era una vita sola, una
sciocca vita di uno stupido lupetto, in confronto alla brama di una
vita?
Si
vide riportare a casa il padre, ristabilire l'ordine, ricevere gli
elogi di Minato, distruggere l'Akatsuki che minacciava Naruto e Hina.
Sentiva
tutti gli occhi dei lupi puntati su di lui.
Veloce
come una serpe... agì.
La
lama s'abbassò, e tagliò le corde che legavano le zampe
di Ginirokami, poi quelle che gli legavano il muso.
Il
lupetto lo fissava allibito, ma... felice?
“Se
questo è il prezzo del vostro potere allora ve lo potete anche
tenere” le sue parole furono dure, quasi rabbiose.
“Anni
fa compii già la mia scelta. Io non sono Sasuke, e se questa è
la vostra proposta allora non siete migliori di quella serpe di
Orochimaru.
Preferisco
essere debole e stupido, che dover uccidere gli amici per raggiungere
il potere.
A
cosa servirebbe? Una volta anche arrivati alla vetta, guardando
indietro avrei solo morti e sangue alle spalle. A che pro essere
potenti se non si ha nulla di cui gioirne?
Per
me la forza serve a proteggere ciò che si ama. Se devo uccide
ciò in cui credo per raggiungerla... allora mi è del
tutto inutile”
Raimaru
non riuscì a contenere una nota d'irritazione nella voce.
Ma
per chi lo avevano preso? Ginirokami era suo amico. Non avrebbe mai
ucciso un amico per potere. Non era Sasuke, pronto a travolgere tutto
e tutti per i suoi scopi.
Questo,
lo aveva già capito anni fa, dopo la fuga del moro.
La
saggia lo osservò un momento.
“Hai
superato la tua prova, Raimaru Hatake”
“Una
prova? E avete rischiato la vita di Ginirokami per questo?”
“Parla
con rispetto, umano. A tutto c'è un motivo, e comunque non
abbiamo mai messo a rischio la vita di Ginirokami. Quella lama non è
in grado di tagliare la pelliccia di un lupo. È creata apposta
per quello” disse Zan'nin dalla sommità della roccia
dove si era posizionato.
La
saggia però ridacchiò.
“La
prova era volta a stabilire se sei davvero degno, di ricevere il
nostro potere, Raimaru. Un avido assetato di potere sarebbe stato
rifiutato, ma perché potessi dimostrarti all'altezza della
situazione, la posta in gioco doveva sembrare reale” gli spiegò
l'anziana.
“Ora
lascia che ti mostri il vero rituale a cui prenderai parte... se ne
avrai il coraggio. Ora hai dimostrato la saldezza dell'onestà
del tuo cuore, e che i legami d'amore che provi, sono più
forti della sete di potere. Ora dovrai dimostrare se hai il coraggio
di mettere a repentaglio te stesso...” ad un cenno della
saggia, tutti i lupi s'affollarono intorno a Raimaru, creando un
grande cerchio dove la saggia e lui ne erano il centro.
La
saggia si trasformò diventando umana. O quanto meno, un'umana
che molto assomigliava ad un lupo, dato che ai lati della testa, le
orecchie erano ancora da lupo.
I
suoi capelli erano dello stesso bianco argento. La costituzione era
graziosa, ma minuta, e aveva un aspetto assai fragile. Il viso era
una maschera di rughe, ma i suoi occhi! Erano ancora comunque gialli,
ma vivi e profondi, saggi oltre ogni dire.
“L'allenamento
a cui ti sei sottoposto sin ora, era volto ad arrivare a questo
momento, Raimaru. Non puoi migliorare ulteriormente come umano. Non
puoi essere più forte, più veloce, con olfatto o udito
migliori di quanto tu abbia ora. Hai raggiunto il tuo culmine.
Salvando
Ginirokami, il tuo amico, che per tutta la tua permanenza si è
preso cura di te, hai dimostrato di avere uno vero spirito di lupo:
mai un lupo ucciderebbe chi è parte del suo branco.
Ora,
ti daremo la possibilità di prendere parte del nostro branco.
Ascendere dalla tua condizione umana per diventare un qualcosa di
più.
Noi,
Raimaru, così come tutti gli animali dotati di favella, come i
Rospi del monte Myoboku...” disse l'anziana menzionando un
animale che il giovane giù conosceva “...siamo degli
Yokai.
Creature
dotate di chakra e intelletto. Ma, contrariamente alle sciocche
leggende umane, dove talvolta credono che gli yokai siano degli umani
'imbruttiti' dai vizi, bensì siamo creature, la cui anzianità
e saggezza, ci ha donato dei poteri superiori.
Noi,
esistiamo da prima della venuta del Ridoku Sennin, quello che voi
venerate come il primogenito della dinastia dei ninja. Anche se,
ovviamente, i lupi che vedi qui riuniti, sono ormai tutti dei
giovani, che sono nati e cresciuti dopo la venuta del leggendario
sannin.
Ma,
tornando a te.... dentro di te, si cela già il potere che noi
ti vogliamo donare, poiché è parte del tuo sangue, la
tua eredità. Ma è nostra facoltà risvegliarlo,
esclusivamente in chi riteniamo degno.
Sarò
sincera Raimaru: se deciderai di volere questo potere, una parte
della tua umanità, morirà per sempre, poiché
risveglieremo in te lo spirito Yokai che si cela nel tuo sangue.
Sarai quindi... più simile a noi. Ma sarà proprio
quella la fonte del tuo potere”
Raimaru
ascoltò con attenzione. Una parte della sua umanità? In
che senso? Si sarebbe trasformato in un lupo senza possibilità
di ritorno?
“Potrebbe
essere più... specifica? In che senso perderei la mia
umanità?”
“Uno
Yokai lupo è un predatore Raimaru. I tuoi sensi saranno più
affiati, ma anche il tuo istinto venatorio, ne subirà le
dovute modifiche. Per quello sottoponiamo i candidati a quella prova.
Combinare lo spirito predatore di un lupo con la crudeltà
umana creerebbe una creatura la cui malvagità sarebbe oltre
ogni possibilità di descriverlo a parole.
Sarai
diverso dagli altri umani, poiché non sarai più solo
umano.
Il
tuo aspetto non subirà grandi modifiche, poiché il
cambiamento per lo più avverrà dentro di te, nel tuo
spirito. Sarà la tua anima a cambiare, non il tuo corpo. Anche
se, probabilmente quando attingerai al tuo potere potresti acquisire
dei tratti rassomiglianti a quelli dei lupi...
Ma,
il rischio effettivo di questo rituale, se è questo che vuoi
sapere, è quello che tu perda te stesso. Se non sarai in grado
di domare lo Yokai che verrà risvegliato dentro di te,
diventeresti una creatura prima di senno e mossa solo dall'istinto di
distruggere, per cui sarà nostro compito quello di abbatterti
prima che possa recare danno al resto del mondo”
Raimaru
rimase un attimo in silenzio, pensoso. Ora capiva perché
l'intero branco di lupi si era riunito. Compreso Zankage, che gli era
sempre girato quanto più a largo possibile.
“Tuttavia,
se ce la farai... riceverai un grande potere. E sarai per sempre
parte del nostro branco. Ti accoglieremo come un lupo a tutti gli
effetti. Potrai chiamare tutti noi a combattere al tuo fianco, poiché
noi proteggiamo sempre, il nostro branco”
Raimaru
prese un grande respiro. Non era certo di potercela fare. Era una
sfida enorme. Immensa. Però... era incredibile anche ciò
che i lupi gli stavano offrendo, e non si sarebbe tirato indietro
solo per paura di morire. Doveva provarci, almeno.
Espirò
lentamente.
“Accetto”
Angolo
d'autore.
Ehm...
si ci sono ancora, e sono ancora viva. Dovete avere pazienza con
questa povera autrice che ultimamente non si ricorda nemmeno come si
chiama... =D
Forse
fu solo una sua impressione, ma Zan'nin sembrò tirare appena
un po' le labbra in un mezzo sorriso soddisfatto.
La
saggia gli sorrise appena.
“Siediti”
lui obbedì, sedendosi nell'erba, con tutti i lupi che gli
stavano introno, gli occhi puntati su di lui.
La
saggia prese da una sacca che Ginirokami gli postò una
ciotola, in cui mise una miscela spezie, un po' dell'acqua della
fonte e altri ingredienti che Raimaru non fu in grado d'identificare.
“Ora
serve solo più il sangue di un lupo. Chi desidera risvegliare
lo spirito di lupo di questo giovane?”
Ginirokami
sembrò quasi sul punto di offrirsi, ma Zan'nin lo precedette.
“Mi
offro io. Come sua guida, mi prendo questa responsabilità”
il lupo, venne anche lui a sua volta nel cerchio, e a metà
strada cambiò forma, diventando umano.
Anche
lui, come la saggia, manteneva tratti lupeschi.
Era
un umano alto e nerboruto, con lineamenti duri e virili, la pelle era
leggermente ambrata, tesa sui muscoli possenti. Dei capelli grigio
scuro, lunghi, erano annodati dietro la nuca per tramite di laccetti
di cuoio alla quale erano appesi delle piccoli pendagli di osso
lavorato. Gli occhi gialli erano seri, concentrati e solenni.
Portava
dei vestiti fatti di cuoio, con frangette decorative.
Porse
la mano alla saggia, che con un coltello, gli tagliò appena il
palmo, che lui chiudendo a pugno, porse sulla ciotola, lasciando
colare diverse gocce di sangue, prima che la saggia gli facesse cenno
che erano sufficienti.
La
saggia, alzò la ciotola verso la luna, le labbra si mossero
come in una silente preghiera, prima di poggiarla di fronte a
Raimaru.
“Bevi.
Questa sarà la fine e un nuovo inizio. Muori, o risorgi”
La
parte più razionale di Raimaru, gli stava gridando che questo
era un rischio inutile. Ci fossero stati lì Minato, sua mamma,
Hina e sua sorella, probabilmente lo avrebbero preso a calci da lì
a Konoha.
Però...
se dentro di lui era vero che in quei mesi era nato almeno un po'
d'istinto... gli diceva che quello era il momento decisivo. Doveva
farlo.
Afferrò
saldamente la ciotola.
Qualsiasi
cosa ci fosse lì dentro puzzava. Di terra, di funghi, di
piccante, di spezie sconosciute e altro ancora... una mistura che con
ogni probabilità aveva un sapore ancor peggiore dell'odore.
Trattenendo
il respiro, si decise a trangugiare in grandi sorsate il contenuto.
In
effetti, il sapore era orribile, ma si limitò a inghiottire,
senza fermarsi finché la ciotola fu vuota.
Subito
non accadde nulla.
Tornò
a guardare i lupi, che a loro volta fissavano lui.
Poi,
iniziò a vedere i bordi di questi tremolare, come sfocati,
ballare intorno, come se si stessero muovendo. Ma le loro zampe erano
ferme...
Alzò
lo sguardo verso il cielo, la luna brillava. Fredda, distante,
luminosa.
Era
bellissima.
Lo
sguardo di Raimaru si perse nella luna, nella sua contemplazione.
Poi
sentì il terreno ondeggiare sotto di sé. S'accasciò
su di esso, affondando le dita nell'erba.
“Muori,
o risorgi...” gli sembrò di sentire ripetere
dall'anziana, poi i lupi, iniziarono a ululare e la loro voce, piena
e forte gli riempì i sensi.
Raimaru
si sentiva... confuso, perso. Non capiva. Dov'era? Chi era? Conosceva
il suo nome, ma non sapeva più cos'era.
Aveva
fame, e sete. Trovò una polla d'acqua, dove si dissetò.
Poi
osservò un coniglio passare nell'erba. Pesò che potesse
essere buono, quindi gli corse dietro, ma questo correva più
veloce.
“Senti
la terra sotto ai piedi... nasconditi, e catturalo dall'ombra...”
Non
sapeva da dove venisse questa conoscenza, però fece come gli
consigliava quella voce, e riuscì a prendere il coniglio.
Lo
mangiò saziandosi.
Ora
sera sazio e dissetato, e si fermò a osservarsi intorno. Il
panorama che vedeva era curioso.
L'erba
era verde, di mille colori diversi di verde. Era a tratti chiara, ad
altri scura. Sembravano tante pennellate di tanti diversi pittori.
Sul
bordo della radura, degli scuri pini, si stagliavano, perdendosi nel
nero della notte.
E
ora? Cosa doveva fare?
La
sua esistenza non si limitava a mangiare e bere no?
Con
questo pensiero si alzò muovendosi verso il bosco. Doveva
trovare il suo scopo.
Sentiva
la terra sotto alle zampe, l'aria che gli riempiva i polmoni, odorosa
di resina, il refolo di vento che gli carezzava la pelliccia.
Si
ritrovò di nuovo vicino ad un corso d'acqua, e vide il suo
riflesso. Pensò che forse, osservandolo, poteva capire
qualcosa di sé.
Un
muso di un lupo rispose al suo sguardo.
Il
mantello era interamente bianco-argento, gli artigli erano d'avorio,
come le zanne che intravide quando si chinò per lappare
l'acqua.
Però...
che strani occhi che aveva... bianchi, no perlacei. Con una
leggerissima sfumatura azzurrina. Erano inconsueti per un lupo... o
no?
Questo
gli destò un dubbio.
Ma
lui lo era poi per certo, un lupo?
Si
sedette, sforzandosi di ricordare.
No,
lui era un umano!
Ma
cos'erano gli umani?
Il
suo riflesso nell'acqua cambiò, prendendo la forma di un
giovane, la pelle chiara, anche se, gli occhi e i capelli erano molto
simili a quelli del lupo.
Chi
era lui? Il lupo o l'umano?
Iniziò
a correre nella foresta. Era confuso, spaventato.
Delle
forti sensazioni stavano crescendo in lui, ira, aggressività,
l'istinto di sbranare, la sete di assaggiare il dolce sapore del
sangue... Queste sensazioni venivano a poco a poco amplificate dalla
confusione e dalla paura... sentiva di stare perdendo sé
stesso.
La
coscienza gli stava scivolando via dalle dita, perdendosi invece
nell'istinto. Di correre... di scappare... di uccidere... di
sbranare!
All'improvviso
degli animali si pararono di fronte a lui. Cervi, stambecchi, tassi e
altri ancora.
Con
un ringhio li abbatté. Dovevano morire. Dovevano morire tutti!
Okamibaba
osservava il giovane sussultare in terra, gli occhi persi nel vuoto
della visione della sua mente.
Non
era la prima volta che viveva quel rituale, ed era sempre triste
vedere giovani di talento perdersi poi nella sete di sangue dello
Yokai nascente.
Fece
due passi indietro, senza perdere d'occhio il corpo del ragazzo.
I
sussulti si stavano facendo più violenti, le sue dita stavano
ora artigliando il terreno, mentre artigli aguzzi spuntavano sulle
sue dita.
“Raagh!”
il verso quanto più simile a un ringhio che potesse fare un
umano, emerse dalla gola del giovane, mentre mostrava i denti.
I
canini, si stavano facendo più affilati e pronunciati, come
quelli di un predatore.
Era
ancora perso dentro il mondo nella sua mente, ma Okamibaba poteva
avvertire il potere che stava nascendo, accumulandosi nel corpo e
nello spirito del ragazzino.
“Zan'nin,
tienti pronto...” disse con cautela.
L'uomo
la guardò un po' incerto. Non era mai capitato che la saggia
lo chiamasse direttamente durante il rituale... e forse,
nell'espressione indecifrabile dell'anziana, gli sembrò
d'individuare... preoccupazione?
Zan'nin
però si mise a osservare con attenzione il ragazzino che
sussultava in terra, sbuffando e grugnendo.
Il
lupo ora lottava con l'umano, dietro di loro, rimanevano solo corpi
massacrati di animali di varie razze.
Dovevano
distruggere tutto. Tutto!
Fu
l'umano a dire, nella mente del lupo “Perché?”
Per
un attimo il lupo esitò. E chi se ne fregava del perché?
Era divertente farlo!
Poi
però la visione cambiò. Iniziò a vedere altri
umani.
Il
lupo li aggredì, ma l'umano iniziò a puntare i piedi.
Non
voleva aggredirli... però la sete di sangue del lupo era
troppo forte, troppo vorace. Lo soverchiava, gli invadeva ogni senso.
Sentiva
solo la necessità di continuare. A correre, a sbranare, ad
affondare unghie e denti.
Poi
però accadde un imprevisto.
Si
accorsero entrambi di non stare vivendo una cosa vera... era solo
un'illusione... come si poteva spezzare...?
“Kai!”
Si
ritrovò a fissare un cerchio di lupi, grandi e piccoli, che a
sua volta lo fissavano.
Un
grande lupo grigio metallo lo stava fissando, stagliandosi protettivo
davanti a una vecchina con le orecchie di lupo.
Portò
le zampe sotto di sé, per un attimo incerto.
“Attacca!
Sbrana!” gli gridò l'istinto del lupo nell'orecchio.
Lui
obbedì. Si slanciò con velocità sul lupo.
Questo
sembrò sorpreso della pronta reazione.
Le
unghie affondavano nella pelliccia grigia del lupo, mentre con le
zanne cercavano di affondare tra la folta pelliccia e la dura pelle
del lupo.
Questo
se lo scrollò di dosso, ma non prima che l'altro gli aprì
una ferita sanguinante sulla spalla.
Per
due o tre volte Raimaru si gettò sul grande lupo, privo di
ogni cognizione, e il grande lupo, lo rispedì indietro, ma
comprese che se avesse continuato, avrebbe dovuto ucciderlo, perché
lo Yokai dentro il ragazzo si stava facendo troppo potente, e sarebbe
stato un problema, doverlo affrontare.
“Raimaru!
Ora basta! Ritrova te stesso!” gli ordinò in un ringhio.
Ritrova
te stesso. Cosa significava?
Attacca!
No.
Attacca!
Sbrana!
No...
chi sono io?
Cosa
importa?
Sento
che lo è.
Solo
il sapore del sangue lo è. Ora attacca!
I
muscoli si contrassero, per balzare, ma a metà strada si
bloccò rotolando in terra.
Raimaru
guaì, mentre si mordeva da solo un braccio. Zan'nin era
stupito. Si stava da solo facendo del male per bloccare la smania di
sangue con il dolore?
Aveva
senso, di per sé. Anche il più grande dei cacciatori,
si fermava davanti a danni propri, se era troppo ferito per
continuare la sua battuta.
Solo...
trovava curioso che il giovane fosse riuscito a controllarsi
abbastanza da prendere una simile decisione.
Anche,
se, in effetti non si trattava esattamente di una 'decisione' per
Raimaru.
Voleva
solo fermarsi a riflettere un momento, e se l'altro non glie lo
consentiva, doveva trovare un'altra via. Si era morso una zampa così,
per principio.
L'aveva
visto come l'unico modo per fermarsi un secondo.
Respirò,
inalando l'aria, che gli bruciò gelida nel corpo accaldato.
Perché
fermarsi ora?
Io
conosco questi lupi.
Io
no.
Invece
si. Sono amici non vedi?
Sono
solo prede. Sbrana.
No.
Sono amici.
Muoviti!
Sentì
di nuovo il suo corpo tendersi, per contro affondò di nuovo i
denti nella carne del braccio.
Non
loro. Io sono qui per un motivo.
Quale?
Rimase
in silenzio un paio di secondi, mentre raccoglieva le informazioni,
riportando a galla i ricordi.
Lui
proveniva da un villaggio umano. Era figlio di Kakashi Hatake e Lòng
Hyuga, due grandi ninja di Konoha. Era allievo di Minato Namikaze, lo
Yondaime Hokage di Konoha. Era innamorato di Hina, la figlia di
Minato, della quale sentiva una forte mancanza, e aveva una sorella
che potendo, avrebbe protetto dal mondo intero.
Il
lupo, inondato da quelle immagini e quei sentimenti morbidi, sembrò
placarsi un poco.
Allora
cosa fai qui?
A
poco a poco, i ricordi dei lupi riemersero. Gli allenamenti di
Zan'nin, le corse nei boschi, il rituale di prima... Ginirokami.
Ora
comprese. Lui e il lupo non erano due entità diverse.
Io
sono te, e tu sei me... siamo entrambi Raimaru.
Come
possiamo essere in due e essere uno solo?
Ci
mise un momento a rispondersi.
Trovò
la risposta tra le spiegazioni di Okamibaba di prima.
Perché
tu sei lo yokai che c'è in me, mentre io... sono quanto di
umano mi è rimasto. Possiamo solo contenderci fino a
distruggerci, o convivere insieme. Io però preferirei
convivere con te, poiché se non lo faremo moriremo entrambi.
Lo
Yokai, in qualche modo sembrò soddisfatto della risposta, e si
placò rimanendo come... latente. Era ancora dentro di lui, ma
ora la sua sete di sangue era spenta. Per il momento placata.
Si
lasciò il braccio, che gli doleva e sanguinava copioso.
Finalmente
si guardò introno, vedendo i lupi, fino a fissare lo sguardo
sugli occhi gialli di Zan'nin.
“S-sensei...”
ansimò. “...ce... ce l'ho fatta?”
Prima
di ricevere risposta, girò gli occhi e svenne.
I
lupi erano piuttosto stupefatti. Non era mai capitato che un
aspirante lupo riuscisse di propria volontà a spezzare
l'illusione creata, di proposito per dare sfogo agli impeti violenti
finché non fosse stato in grado di ritrovare sé stesso.
Zan'nin,
nonostante la spalla sanguinante, si ritrasformò in umano, e
con l'aiuto di Ginirokami, gli pulì le ferite e le bendò
con delle fasce che gli fornì la saggia.
“Portatelo
nella sua tana, si è guadagnato un po' di riposo”
decretò la saggia.
“Zan'nin
dopo vieni da me. Ginirokami, veglia sul suo sonno”
Gli
altri lupi, dopo aver inchinato le poderose teste, al passaggio dello
svenuto Raimaru, come per dare il loro benvenuto nel branco, si
dispersero, ritornando nelle tane o alle loro mansioni.
Zan'nin
fece come richiesto e andò nella caverna della saggia.
Senza
dire nulla, la saggia, ancora in forma di umana, così come
lui, prese ago e filo e prese a ricucire la spalla del lupo, dove gli
artigli di Raimaru erano affondati nell'impeto d'ira folle.
“Erano
anni che non vedevo uno spirito così forte. Sapevo che il
ragazzo avrebbe portato una svolta, ma non pensavo che il lui
s'insidiasse uno yokai guardiano. Non sarà facile per lui
convivere con se stesso d'ora in poi”
“Io
cosa posso fare?”
“Solo
prepararlo al meglio nel tempo che ci rimane. Nulla di più
nulla di meno. Indipendentemente da ciò che deve accadere,
deve essere lui a scegliere”
“Capisco” Okamibaba
sorrise, ridacchiando piano, finendo di tirare i fili della sutura.
“No,
non davvero. Ma per ora, lasciamo tempo al tempo”
Ginirokami
invece, era stupito, felice e al contempo eccitato.
Era
un lupo giovane, non aveva mai avuto a che fare con gli umani. Quando
gli era stato spiegato il suo ruolo, la mattina prima, era anche
stato avvisato di evitare di sorprendersi troppo se Raimaru l'avesse
'ucciso'. E questo gli aveva dato una sorta di cocente delusione.
Davvero
gli umani erano così deboli? Così propensi ad
abbandonare gli affetti per potere?
Poi
però Raimaru lo aveva liberato, rifiutandosi.
Questo
aveva acceso la gioia nel giovane lupo. Allora lo considerava davvero
un amico! Forse, i lupi gli avevano detto quelle cose solo per
evitare di avere una sorpresa troppo amara in caso Raimaru avesse
agito male.
Ma
ora, per Ginirokami era come aver tirato gli ultimi lacci del legame
che aveva con quell'umano. D'ora in poi, sarebbe stato per sempre il
suo leale amico.
E
poi, ormai, non erano poi più così diversi...
Raimaru
la mattina seguente, si svegliò sentendosi indolenzito, e
piuttosto confuso.
Si
alzò a sedere, osservando la luce che entrava dall'entrata
della tana.
Aveva
il braccio destro fasciato, e a poco a poco, riportò alla
mente i ricordi della notte appena passata.
Aveva
corso un grande, serissimo rischio.
Accidenti.
Ce
l'aveva fatta però no? Sorrise tra sé e sé.
Già,
forse era meglio non considerare il resto. Era ritornato in sé.
Anche se... era davvero di nuovo tutto come prima?
Per
il momento credeva di si.
Spostandosi
a quattro zampe, uscì dalla tana, trovando Ginirokami che
dormicchiava di fronte a questa.
“Ehi!
Amico! Cosa fai qui?”
Il
lupetto sussultò di quel tanto che quasi fece una capriola
all'indietro.
“Si!
Beh, avrei dovuto. Sono proprio un lupo sbadato!”
Raimaru
però si liberò in una risata gioiosa.
Era
troppo contento di essere vivo in quel momento, e almeno in apparenza
sano di mente per preoccuparsi di una cosa simile, e l'espressione
mortificata del lupetto era un qualcosa di incredibilmente
divertente.
Notò
che la sua voce era diventata leggermente più.. rauca di
prima. Più profonda.
Ma
ci passò sopra. Se era tutto lì il problema, era una
cosa quasi del tutto irrilevante allora.
“Non
ti preoccupare. Poi, come vedi non è successo niente...
Piuttosto, raccontami... che cosa dovrei aspettarmi ora? Avere voglia
di sbranare tutto quello che capita sotto tiro?” Raimaru buttò
la domanda sullo scherzoso, ma era abbastanza seria. Le immagini
violente della visione della notte prima erano ancora impresse nella
mente.
“Oh,
no. No no. Figurati. Quella è solo la smania di sangue dello
Yokai nascente. Lo spirito animale deve trovare come... un suo
equilibrio, dentro voi umani. Almeno è così che me
l'hanno spiegato. Non credo di essere esattamente il migliore a cui
rivolgere queste domande. La saggia o Zan'nin forse sarebbero più...
indicati”
“Si,
ma io lo sto chiedendo a te. Mi piace sentire le tue opinioni”
“Oh,
beh ecco...” ora sembrava imbarazzato.
“Che
c'è?”
“I
lupi sono gentili. Mi insegnano, però... sono il più
giovane di questa comunità. Sei il primo che mi tratta da...
pari a pari. È... insolito”
Raimaru
sorrise “Questa è amicizia, amico mio. Ora andiamo. Devo
cercare di capire se sono ancora capace di camminare o se devo
gattonare sino all'acqua. Ho una sete che mi sembra potrei bere
l'intera fonte”
Il
ragazzo si tirò in piedi con una certa fatica. Si sentiva
ancora un po' intontito. Come se l'equilibro fosse ancora un po' in
palla.
Però
con uno sforzo, riuscì a camminare, sebbene un po'
barcollante.
Ginirokami
gli trotterellò al fianco, allungandosi di sua spontanea
volontà per puntellarlo quando gli mancava l'equilibrio o
sbandava.
Lasciò
che il ragazzo si dissetasse con calma alla fonte.
“Senti
Raimaru... una volta che tornerai dai tuoi simili... posso venire con
te?”
“Perché
mai dovresti voler venire tra gli umani?”
“Siete...
curiosi. E poi, vorrei vedere tutte le cose che mi hai accennato.
Sai, i negozi, le altalene, le case... quelle cose... umane che non
ho mai visto”
“Beh,
per me non c'è nessun problema. Mi basta non ritrovarmi
Zan'nin incavolato nero alla porta perché ti ho traviato nel
mondo degli uomini...”
“Cosa...?”
“Intendo
dire che non so se ti è permesso. Non ci sono regole lupesche
o che so io che ti proibiscono di allontanarti?”
“In
effetti non saprei... ma non credo”
“Beh,
chiedi. Se ti lasceranno venire, ospitalità in casa mia la
troverai sempre”
“Grazie!”
“Di
niente...”
Raimaru
approfittò del momento di entusiastica pausa del lupetto per
osservarsi nella polla d'acqua.
Non
si sembrava diverso da ieri. Però... c'era qualcosa. Un'ombra
più scura nei suoi occhi.
Si
mordicchiò le labbra, scoprendo che i denti pungevano, ora.
Schiuse
leggermente la bocca, scoprendo che, i suoi canini si erano affilati,
facendosi più pronunciati.
Non
che ora sembrasse un vampiro, quello no, però gli dava un
aspetto più.. minaccioso.
'Dopo
non sarai più, solo umano'.
Io
sono te, e te sei me. Ora era sia umano che yokai. Un demone-animale.
Sbuffò.
Certo
che, quando c'era un guaio ci si andava a ficcare dentro a testa
prima. Secondo la mamma era un altro tratto acquisito dal lato
paterno.
Chissà
cosa avrebbe pensato ora Kakashi di lui... già... chissà.
Magari ora era in giro con l'Akatsuki a commettere misfatti tra i
vari paesi ninja...
Con
un sospiro triste, si rimise in piedi.
“Che
succede?”
“Pensieri
foschi. Vado al campo d'allenamento”
Se
non altro, il costringersi a camminare, gli fece riacquistare in
fretta il senso dell'equilibrio.
Si
rese conto che era ormai diverso tempo che non si allenava a provare
la dislocazione istantanea.
Fece
mente locale e marchiò con un paio di sigilli due alberi non
troppo lontani, e poi si sedette nell'erba con un cumulo di pietre,
che provò a dislocare alternativamente da un albero o
dall'altro.
Si
rese conto che trovava più difficile, rispetto a prima dosare
il chakra e usarlo senza sprechi. Per cui il dislocare piccoli
sassolini o altri oggetti, divenne un allenamento per raffinare il
suo uso di chakra.
Era
come se, ora il suo chakra fosse più potente, e ne bastasse di
meno, rispetto a prima a fare le stesse cose.
“Uno
ti lascia una giornata libera per riposarti e tu vieni qui ad
allenarti da solo? Se prima pensavo che fossi un umano irritante, ora
sei un umano pazzo...”
“Zan'nin-sensei.
Non l'avevo sentita arrivare...”
L'altro
rimase in silenzio, sedendosi vicino al giovane.
“In
verità, è più un passatempo per rimuginare... o
quanto meno l'intenzione era quella di evitarmi di pensare. Ma... non
so.
Zan'nin...
chi è stato l'ultimo, prima di me?”
“Sai
già la risposta, perché me la chiedi?”
“Una
cosa è supporre, un'altra è averne la certezza. Fu mio
nonno, non è vero? Sakumo Hatake”
“Già.
Ma, se posso dirlo, a mio parere non è neppure alla tua
altezza. Certo, tu ora hai molto da imparare, e ovviamente, posso
sbagliarmi. Sei appena ai tuoi primi passi, nel senso letterale, come
rinato Yokai. Però... Sakumo aveva uno spirito assai più
fragile del tuo. Non attingeva quasi mai al suo potere per mera paura
di farsi sopraffare.
E
la sua debolezza si dimostrò quando si tolse la vita,
lasciando il suo cucciolo da solo, quando ancora aveva bisogno di
protezione, tanto più che non aveva neppure una madre che si
prendesse cura di lui”
“E
perché Kakashi non è stato convocato?”
“Kakashi,
forse ne avrebbe avuta la tempra, di provare a essere messo alla
prova ma... il suo cammino era ed è già
sufficientemente difficoltoso, inoltre, non possiede sufficiente
chakra. La sua riserva naturale di chakra è troppo piccola, lo
spirito Yokai lo soggiogherebbe senza possibilità d'appello”
“Uhm”
un grugnito fu l'unica risposta.
“E
ora a cosa stai rimuginando, cucciolo?”
“Mi
sarebbe piaciuto conoscerlo un po' di più. Kakashi intendo.
Le
sue mosse in questi anni, mi hanno più confuso che altro.
Vorrei che non se ne fosse mai andato”
Zan'nin
stranamente rimase in silenzio.
“Scusami,
sembrerò solo uno stupido debole...”
“No,
Raimaru. Se c'è una cosa che noi lupi comprendiamo è
l'importanza dei legami. Ognuno di noi rispetta e protegge i suoi
compagni. Il forte legame che c'è tra genitori è
cuccioli è di estrema importanza. È un collante, che
tiene unito un branco. Più è forte quel collante, più
forte sarà il branco.
Il
tuo legame con tuo padre è stato danneggiato, ma ancora non
del tutto reciso, ed è naturale che ora tu ti stia chiedendo
se è possibile ripararlo o meno.
Il
mio silenzio significava solo che non ho risposte da darti. Non su
questo”
Non
si aspettava comprensività da Zan'nin.
“Suppongo
che dovrò vivere per scoprirlo” disse solo Raimaru.
Sospirò.
“Beh,
qualcosa sarà... quindi ora cosa m'insegnerai?” domandò
curioso.
Zan'nin
rise. “Sei una voragine senza fondo... non ti stanchi mai di
chiedere?”
“No,
mi piace imparare cose nuove!”
“L'avevo
capito. Beh, vediamo... dovrai imparare a usare e affinare i tuoi
nuovi sensi. E poi con il tempo, ad attingere al potere dello Yokai.
Anche se, fossi in te ci andrei piano a riguardo...”
Nei
giorni seguenti, Raimaru si accorse che in effetti, gli sembrava di
stare imparando di nuovo tutto da capo.
Lo
spirito Yokai lo aveva 'squilibrato' e ora doveva riprendere i giusti
equilibri in ogni cosa. Però... era come se un mondo nuovo gli
si fosse aperto davanti.
Ora
senza quasi bisogno di concentrarsi già fiutava cose che prima
gli richiedevano impegno, così come ora comprendeva per
davvero cosa intendesse Zan'nin il primo giorno.
La
terra gli parlava, in mille modi diversi. Quando poggiava i piedi in
terra, avvertiva la vita che scorreva in essa. L'erba, le radici, le
piccole vibrazioni dovute allo zampettare di un topolino. Poteva
udire il ticchettare delle unghiette degli scoiattoli sulle cortecce
degli alberi.
E
questo gli dava un senso di percezione dell'ambiente che lo
circondava, che nulla aveva a che vedere con il Byakugan o con i suoi
'vecchi' sensi umani.
Zan'nin
non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma, Raimaru stava
davvero diventando uno studente estremamente brillante.
Un
altro cambiamento che Raimaru notò fu anche il suo rapporto
con i lupi. Prima per lo più lo tolleravano, lo ignoravano o
al massimo si limitavano a brevi saluti di circostanza.
Ora
invece, era più semplice che gli rivolgessero la parola, o che
comunque lo coinvolgessero nelle loro attività.
Forse
era solo una sua impressione, ma pure Zan'nin gli sembrava meno
brusco nei suoi confronti.
E,
un'altra cosa che notò fu il fatto che, ora non gli dispiaceva
poi più tanto la semplice carne cruda che gli forniva
Ginirokami. Gli mancavano ancora un po' le spezie e i condimenti che
usava a casa, ma se non altro non la trovava più così
indigesta.
Anche
se forse ci stava solo facendo il callo.
Una
mattina come tante, uscì dalla sua tana, come al solito prima
che il sole fosse sorto, e stiracchiandosi, si avvicinò alla
polla d'acqua per bere e rinfrescarsi.
Avvertì
qualcuno che camminava alle sue spalle, e si girò a guardare.
Quasi
si strozzò.
Una
donna. O meglio. Una lupa in forma umana.
I
capelli grigio argenteo, appena di qualche tono più scuri del
bianco argento suo. Non aveva le orecchie da lupo come Zan'nin o la
saggia. Era per intero una donna.
Il
fisico snello e slanciato, la pelle chiara.
Aveva
un viso delicato, dai lineamenti dolci, gli occhi grandi color ambra,
il naso delicato, forse solo un po' appuntito. Le labbra piene, di un
bel rosso. Era vestita con un gilet di cuoio scuro, un po' corto, che
le lasciava vedere una fetta di pancia, sopra i pantaloni di cuoio
dello stesso colore. Era anche senza maniche, per cui erano ben
visibili le braccia aggraziate, che terminavano in mani dalla forma
delicata e dita affusolate. Aveva delle forme generose, che in
quel momento muoveva con una grazia che sembrava più propria
di un gatto che non di un lupo.
Per
un attimo il cervello del giovane rimase semplicemente azzerato, di
fronte a tanta bellezza.
Lei
invece, con un risolino, si diresse verso di lui, e con un gesto
leggero spazzolò dai capelli di Raimaru un minuscolo pezzetto
di paglia che gli era rimasto intricato.
Fosse
stato lupo probabilmente a Raimaru gli si sarebbe arruffato tutto il
pelo.
In
quel momento invece, ringraziò di essere un ragazzo umano,
anche se avvertì un brivido sulla pelle.
“Tu
sei Raimaru, giusto?” chiese la donna.
Raimaru
impiegò un secondo a ritrovare la favella “S-si”
incespicò nel dirlo, sentendosi un idiota.
“Erano
anni che non vedevamo un discendente degli Hatake tra di noi... anche
se, hai fatto un'entrata in campo coi fiocchi direi. Non era mai
successo che qualcuno rompesse l'illusione. Almeno, così si
dice...”
“Oh,
ehm...” ora si che aveva detto qualcosa d'intelligente! Si
rimproverò mentalmente Raimaru. Doveva riprendersi!
Così
deciso disse “Non è che ricordi ancora bene cosa sia
successo, qualsiasi cosa ci fosse dentro l'intruglio della saggia mi
ha stordito parecchio i sensi...”
Lei
sorrise. “Si, viene fatto apposta per dar tempo allo yokai di
sfogare un po' la brama di sangue senza rischi”
Rimase
un momento in silenzio. “Tu sai il mio nome, ma io non so il
tuo. Potrei saperlo?”
“Mi
chiamo Yoruhika”
“Piacere
di fare la tua conoscenza allora”
Rimasero
un attimo a fare due parole, poi Raimaru si rese conto di stare
perdendo tempo prezioso.
“Scusami,
Yoruhika-san ma devo correre. Zan'nin-sensei vorrà la mia
pelle se non corro”
Lei
rise “Ci rivedremo”
Questo
sembrò segnare una nuova cadenza di abitudini.
Al
mattino, quando usciva per prepararsi, poco dopo, quasi tutte le
mattine si presentava la lupa, a volte in forma umana, altre no.
Chiacchierava amabilmente con il giovane, finché questo non si
recava da Zan'nin.
Durante
la giornata invece Zan'nin gli insegnava a usare i suoi nuovi sensi e
la sua nuova forza, nonché a fidarsi dell'istinto.
“Ormai
possiedi anche tu il sesto senso...” gli disse un giorno.
“Sesto
senso?”
“Tutti
gli animali lo possiedono, e anche gli yokai. Sai, quella cosa che
gli umani hanno solo parzialmente. Quello che magari ti fa
formicolare la nuca e ti fa sentire osservato quando magari
guardandoti intorno, non vedi nessuno a osservarti.
Fa
parte dell'istinto. Un qualcosa di 'non razionale', ma il più
delle volte fidarti di questo senso ti salverà la pelle,
credimi”
Raimaru
rimase piuttosto dubbioso a riguardo, ma non obbiettò.
La
sera invece la passava con Ginirokami. Il lupetto gli fece conoscere
quasi tutto il resto della comunità di lupi, e non si
risparmiò a coinvolgerlo a qualche 'festa lupesca'.
I
lupi per lo più festeggiavano cose come i cambi di stagione, i
rituali della luna piena e a volte spiriti che rappresentavano degli
animali e concedevano abbondanza di prede.
Non
troppo diversi dai Kami umani.
Raimaru
si ritrovò totalmente coinvolto nei nuovi ritmi di questa vita
che sembrava fuori da ogni tempo.
Con
il passare dei mesi, Zan'nin iniziò a fargli accedere al
potere dello yokai.
“Il
potere che ti è stato concesso, è enorme Raimaru.
Non
è troppo diverso dal principio delle arti eremitiche del monte
Myoboku” disse il lupo usando sempre un metro di paragone che
anche il giovane conoscesse.
“Come
quelle di Jiraiya-sama?”
“Si,
ho sentito parlare dell'eremita dei rospi... comunque, le arti
eremitiche si sviluppano sulla base del fatto che, incamerando
energia naturale, l'energia che è presente ovunque nella
natura, non solo si diventa più potenti, ma ci si stanca anche
di meno, poiché usi un chakra 'esterno'. Ossia, non consumi il
tuo.
La
difficoltà, sta, nel controllare l'energia naturale, che è
estremamente potente ed equilibrarla e mescolarla con armonia con il
tuo, di chakra.
Lo
yokai dentro di te però, ti fornisce già questo tipo di
chakra, e sopravvivendo alla battaglia contro te stesso, sei riuscito
a domarlo.
In
questi giorni, lavorando, hai imparato ad usare il suo chakra, a
mescolarlo con il tuo, e quindi a renderlo uno solo. Insomma, hai
indirettamente imparato ad accettare la tua nuova natura, almeno in
parte.
Ora
però, devi iniziare a imparare ad attingere direttamente allo
spirito yokai.
Vedi,
sostanzialmente dentro di te, di fatto ci sono ancora due nature
diverse, ancora in lotta. L'essere riuscito a sopravvivere, ha fatto
si che umano e animale convivessero insieme, ma è una pace
ancora... come dire... fragile.
Occorre
tempo. Tu ancora avverti lo yokai, e lo senti come un intruso nella
tua mente. Ma in verità per armonizzare le due nature che ora
hai dentro e diventare veramente potente, le dovrai come dire...
saldare insieme.
Solo
quando non avvertirai più distinzioni dentro di te tra yokai e
umano, saprai di aver raggiunto il culmine, l'unione perfetta.
Fin
ora, che si sappia ci sono riuscite solo due persone nella storia.
Ma non ti tediare. Ci sono diversi 'gradi' di unione.
Al
momento tu sei al primo stadio. Ossia, avverti ancora dentro di te
l'umanità, da una parte, con sentimenti più pacati e
razionalità, mentre avverti lo yokai come una ceca furia,
bramosa di sangue.
Più
avanti, con il tempo dallo yokai sentirai anche provenire gli
istinti. Il senso senso di cui ti ho parlato.
Se
sarai bravo, riuscirai ad arrivare nello stadio intermedio, dove i
due spiriti inizieranno veramente a collaborare, pur sentendosi
ancora due entità separate.
Per
ora però, dovrai fare attenzione, poiché ogni qual
volta che attingerai al suo potere, sarà come stuzzicarlo, e
risvegliarlo per intero vorrebbe dire scatenarlo, poiché
ancora non sei in grado di controllarlo”
Raimaru
annuì, avendo ascoltato con estrema attenzione.
“Ci
sono anche altri stadi?”
Zan'nin
sospirò rassegnato a dover placare la sete di conoscenza del
suo studente.
“Quello
avanzato, a cui pochissimi riescono ad arrivare, si dice che sia
quello in cui yokai e umano iniziano ad entrare in sintonia, e i loro
tratti iniziano a fondersi. Lo yokai, che negli stadi iniziali
rappresenta il solo istinto, la ceca furia, ma anche gli istinti più
primitivi e basilari, come la sete, la fame, l'istinto di
sopravvivenza, si fa più razionale, più controllato,
l'umano, che invece siete più tendenti a cercare di
controllare i vostri sensi con la vostra logica e raziocinio, invece
impara a fidarsi dell'istinto e dei propri sensi.
L'ultimo
è appunto la fusione di entrambi in uno solo. Un individuo che
raccoglie sia la potenza che l'armonia con l'ambiente che ha uno
yokai con la razionalità e quei tratti che contraddistinguono
invece gli umani”
Raimaru
rimase un attimo a pensare, poi Zan'nin disse “Ora, bando alle
ciance, e iniziamo!”
Capitolo 75 *** 75-Nessuno frega la donna drago ***
I
mesi da lì a Raimaru gli sembrarono volare davvero.
In
effetti, come prevedeva Zan'nin era difficile accedere direttamente
al vero potere dello yokai, poiché non appena usava anche solo
un briciolo del suo potere, Raimaru si sentiva inondato di sensazioni
che faticava a capire se erano sue o meno, e un forte senso
d'aggressività lo invadeva.
Arrivò
in situazioni in cui Zan'nin lo colpì, usando il dolore per
fargli ritornare il senno prima che lo yokai si svegliasse dal
torpore.
A
poco a poco però imparò a dosare le quantità,
capendo sin dove poteva spingersi senza svegliare l'ira del suo
demone personale.
Yoruhika
era curiosa. A Raimaru occorse un po' di tempo prima di afferrare che
la lupa gli stava facendo una velata coorte, decise però di
fare finta di nulla. Gli piaceva la sua compagnia.
Una
mattina gli chiese “Ormai mancano poche lune prima del tuo
ritorno tra gli umani. Ti mancano?”
“Si,
molto. Beh, non proprio tutti. Ma molti si”
“Ne
parli poco”
Lui
scosse le spalle. “Che vuoi che dica. Tanto voi non li
conoscete, e in generale i lupi non mi sembrano nutrire una gran
simpatia per gli umani...”
Lei
ridacchiò “Beh, io li trovo interessanti...”
Raimaru
rimase in silenzio un momento.
“A
parte i famigliari... senti la mancanza di qualcuno in particolare?”
la domanda era posta innocentemente, ma Raimaru ne comprese la
sottigliezza.
Rispose
onestamente, sperando anche che la lupa si rassegnasse da quel senso,
possibilmente senza spezzarne l'amicizia. “In verità si.
C'è una persona a cui tengo particolarmente... mi domando se
abbia avuto la sacrosanta pazienza di aspettarmi per tutti sti
mesi... hihi... non sono proprio facile da sopportare eh? Alle volte
sparisco in missione per poi tornare più morto che vivo e
altre scompaio per mesi interi a stare con un branco di lupi...”
la pose sul ridere. In fin dei conti era la maggior parte vero.
Si
stava anche domandando se Hina lo avrebbe riconosciuto... e se gli
fosse piaciuto lo stesso, anche ora che era... diverso. Di certo lui
non si sentiva più lo stesso di prima.
“Beh,
non è stato poi così male stare qua tra di noi, spero”
“No,
assolutamente! Poi ho imparato tante di quelle cose che penso mi ci
vorrà una settimana solo per rendere l'idea a mia madre di
quante ne ho viste...”
Lei
rise, soavemente. “Ma dimmi di più. Chi è questa
lei eh?”
Raimaru
fu un attimo incerto ma poi rispose. Gli aveva fatto la domanda con
tono cortese, per nulla scocciato o indispettito. Solo... curioso.
“Beh,
è la figlia di Minato-sensei. Si chiama Hina. Ha dei lunghi
capelli color oro pallido e gli occhi verdi e... accidenti! Si sta
facendo tardi. Questa è la volta buona che Zan'nin mi uccide,
altro che yokai umani! A presto!”
Yoruhika
invece stava ardendo di curiosità. Gli piaceva quel ragazzo. E
poi, era certa che, ora come ora, si sarebbe trovato più bene
tra di loro, che non tra i membri della sua vecchia specie.
Però
ora aveva scoperto il motivo di tanta reticenza... quindi c'era già
qualcuno nel cuore di quell'intrigante ragazzo?
Spinta
dalla curiosità... decisi di fare un salto al suo villaggio.
Erano
anni che non mettevo più piede nella società umana.
Sarebbe stato interessante.
Hina
in quei mesi, era stata divisa da tanti dubbi, per cui si era
limitata a impegnarsi nel lavoro.
Lòng,
da parte sua, non aveva commentato e l'aveva addestrata sino a far
migliorare ulteriormente il controllo del chakra della ragazza, e
così aveva iniziato a insegnarle come fare a concentrare il
chakra per usare il Byakugo.
L'arte
della rinascita ancora era lontana dall'essere appresa dalla ragazza,
però si allenava con costanza e testardaggine.
Cercava
di pensare a Raimaru il meno possibile, ma la verità dei fatto
era che stava tenendo un attento conto dei giorni che mancavano al
suo ritorno.
Minato,
aveva spiegato a lei e a tutta la famiglia (il che voleva dire
compresa Lòng, Obito e allegati) che era stato preso dai lupi
con il quale aveva un contratto per allenarlo nel loro territorio.
Quando
aveva indagato Minato aveva risposto “Conosco poco anche io dei
lupi del monte Gekko no Joryu, però se le voci sono vere, sono
assai più antichi e potenti anche dei rospi che ho sotto
contratto io. Non ho idea di cosa possano insegnargli, ma se non è
ancora tornato è perché ne meritava la pena”
Quindi
stava aspettando. Una parte di lei pregava ogni giorno che quello che
il Kyuubi aveva detto fosse vero, ma dall'altra aveva anche il
terrore di soffrire di nuovo.
Si
stava allenando nel solito campetto vicino a casa, quando vide
avvicinarsi una donna di straordinaria bellezza.
I
capelli lunghi erano di appena qualche tono più scuri di
quelli di Raimaru. Anziché di un rilucente bianco argento
erano un chiarissimo grigio argento.
Le
forme generose erano unite ad un portamento grazioso, si muoveva come
se sfiorasse il terreno, ancheggiando in modo femminile, ma senza
esagerazioni, come se lo facesse senza pensarci, le venisse...
naturale.
Aveva
dei curiosi occhi ambrati, incastonati in un viso dai lineamenti
delicati e bellissimi, con delle labbra femminee, piene e sensuali.
“Cercate
qualcosa signora?” domandai per curiosità, visto che si
guardava intorno come se avesse perso qualcuno.
“Sei
tu Hina?”
“Ehm...
si. Voi sareste?”
La
donna la squadrò come se volesse sezionarla, partendo dai
capelli sino ai piedi.
Un
sopracciglio si alzò, con fare … ironico?
“E
tu saresti davvero Hina? E io che pensavo quasi che fosse una
sfida...” ridacchiando fece per tornare sui propri passi.
“Aspetti
signora, ma... chi è lei? Come mai mi conosce?”
“Raimaru
ti ha nominata... ero curiosa di vederti di persona. Tutto qui. Era
tempo che non mettevo piede tra gli umani. Non mi ricordavo fossero
così... impacciati. Niente grazia, niente portamento...
semplicemente non c'è partita”
“Co-cosa?”
La
donna rise “Già, quel bel ragazzino con gli occhi
bianchi piace anche a me sai... non te ne avere troppo a male, se
dopo aver passato una notte con me, non tornerà più
eh?”
Con
un risolino, la donna si trasformò in una bellissima lupa
grigio argento, scomparendo lungo la via con pochi agili balzi.
Questa
era una condanna. I lupi si potevano trasformare in umani?
Se
tra i lupi c'era una persona simile... e poi le sue parole... anche
ammesso che quel Raimaru che l'aveva ferita non fosse quello reale...
cosa doveva pensare nel vedere arrivare una donna di bellezza
straordinaria che le diceva chiaro e tondo che lo voleva nel suo
letto? E da quanto ne sapeva lei, poteva già anche esserci
stato...
“Certo
che di donne, che siano poi donne o lupi, che abbiano un po' di
cervello in zucca non c'è n'è una eh...” la voce
di Lòng la sorprese.
“Lòng-sensei...”
si strofinò velocemente le lacrime che le erano sorte sul
viso.
Lòng
fece una piccola risata chioccia. “Non ti vergognare di quelle
lacrime, sentirsi confusi e presi in giro è facile, ma abbi un
minimo di fiducia. Non credo che bastino un paio di tette e un culo
sculettante per averla a meglio su Raimaru. Quella lì non
credo sia troppo il suo tipo...”
“Ma
Lòng-sensei...” era la prima volta che la sentiva
parlare così... volgare? E poi, lei e Raimaru di fatto non
avevano mai 'dichiarato' a nessuno che stavano insieme. Insomma,
Minato poteva averlo intuito per via degli sviluppi delle cose ma...
“Oh,
non farmi quella faccia innocentina. Conosco Raimaru come le mie
tasche, potrei dire quante volte starnutisce al giorno, così
come il fatto che quello che è venuto al villaggio per dire
che non tornava non era lui. Era una buona copia, ma non si può
fregare una madre. Non in quella maniera, e soprattutto non io.
E
poi, ho avuto modo di conoscere anche te, in questi anni. Gli stai
dietro da parecchio, era questione di tempo, prima che sto salame si
svegliasse a capire che ricambiava i tuoi sentimenti. Da quel senso
non assomiglia per niente a suo padre. Decisamente no. Troppo
ingenuo”
“Forza,
tirati su e rispolverati. Non ti dare per vinta. Non sempre serve
avere solo una bella camminata sculettante per essere donna, così
come non serve per forza fare le gatte morte per avere un uomo.
Quanto
meno, fare le gatte morte di solito serve a rimediarsi l'avventura di
una notte in genere. Ma di certo con i rapporti seri, ha poco a che
fare...
Ti
sembro forse una raffinata e piena di bon ton? Però sono
sposata e ho due figli.
E
se Raimaru è così superficiale, allora gli tiro le
orecchie di persona, perché vuol dire che di quello che gli ho
insegnato io, non ha capito un h.
Però,
tu non ti arrendere prima del tempo. Se è te che ama, può
avere vicino chi vuole, ma quella da cui tornerà sarai tu”
Hina,
d'istinto, abbracciò Lòng. Certe volte la capiva di più
lei che Kushina.
Era
ormai giunto l'ultimo mese di permanenza per Raimaru dai lupi.
Ormai,
riusciva quasi sempre a gestire lo yokai, e quando questo si agitava,
veniva prontamente rimesso a nanna.
Anche
se, una qualche sensazione, gli diceva che prima o poi avrebbe dovuto
affrontarlo. Sperava solo non doverlo fare subito. Non si sentiva
ancora pronto a quel conflitto.
No,
decisamente no.
Però
aveva appreso a muoversi come i lupi, cacciare con loro, in certi
sensi anche a... pensare come loro.
Ripensandoci...
in effetti era cambiato. Non era più la stessa persona che era
arrivata lì. Però... sentiva il richiamo di casa.
Doveva tornare da coloro che amava, anche se ora, aveva affetti anche
tra i lupi.
Dopo
l'allenamento con Zan'nin, come sua abitudine, andò alla polla
d'acqua, a valle, ben nascosta tra la vegetazione che ormai riteneva
come sua, si spogliò e si tuffò per togliersi lo sporco
e il sudore di dosso.
La
polla era piuttosto profonda, era in un'ansa del fiume, dove le rocce
formavano una sorta di 'u' tra le radici fitte dei pini.
Si
terse bene, poi uscendo, si scrollò l'acqua di dosso alla meno
peggio e s'apprestò a infilarsi i pantaloni.
L'acqua
gelida, per qualche stano motivo non lo infastidiva. Ormai non
rabbrividiva neanche più a tuffarsi dentro, anzi si sentiva
bene. Forse era solo l'acqua di quella particolare fonte.. mah.
Si
stava districando i capelli alla meno peggio con le dita quando sentì
una presenza vicino a lui.
Si
girò in tempo per vedere Yoruhika, spuntare, in forma umana da
tra gli alberi.
Lei
ridacchiò “Hai imparato ad avvertire le presenze eh? Non
sono in molti che riescono a sentirmi sai?”
“Zan'nin
mi insegna bene, ecco tutto. Come mai da queste parti?”
“Stavo
pensando che tra poco tempo ritornerai tra gli umani. Un po' mi
dispiace vederti partire... non ti piacerebbe restare qui?”
“Qui
è bello ma... casa mia rimane ancora là, tra gli esseri
umani” si sentì sorpreso di nominarli quasi come se non
ne facesse parte...
Questo
lo distrasse mentre la lupa gli si avvicinò.
“Uhm...
è un peccato... sai, ora sei come noi... sei parte di noi.
Potresti restare qui, la saggia non ti manderebbe via, se scegliessi
di abitare con noi”
“La
proposta è allettante, ma come ti ho detto, sento che il mio
posto è là e poi...” esitò.
La
lupa sorrise, dolcemente. “Forse potrei darti un buon motivo
per restare...”
Prima
che Raimaru potesse collegare i neuroni e capire, si ritrovò
le labbra dolci della lupa sulle sue.
Sulle
prime rimase così spiazzato dalla mossa ardita, che non riuscì
a reagire. Poi, quando si riebbe... fu sommerso da altre emozioni.
Sentì
il profumo della lupa. Sapeva di bosco, di resina, quel dolce profumo
che si respira solo tra i boschi montani.
Le
dita di lei gli sfiorarono la schiena, delicate, morbide. Risalirono
sino alla nuca, dove carezzarono i capelli, piano, con dolcezza.
La
volontà del giovane vacillò. Sentì dentro di sé
lo yokai fare le fusa, mentre quelle sensazioni lo sommergevano.
Quando
lei si staccò, non riuscì a fare altro che sentire il
suo respiro, stranamente corto, e fissarla, stranito, combattuto, e
stranamente arrendevole.
Yoruhika
però approfittò di quell'esitazione. Sapeva che era la
sua unica possibilità.
Con
una spinta, lo atterrò in terra, prima di baciarlo di nuovo,
sedendosi su di lui, carezzandogli il petto nudo, ancora umido dal
bagno di poco prima.
Per
Raimaru ogni tocco era una scossa, quella lupa stava andando a
toccare un qualcosa di profondo, di primitivo, che stentava a
controllare.
Invaso
dal suo profumo, accalorato dal suo tocco, sentendo il suo sapore
sulle labbra... reagì nell'unico modo che sentì
naturale...
Con
un colpo di reni, rovesciò la posizione, affondando le labbra
nella morbida pelle del collo della lupa, stringendola con le mani,
accarezzando quella pelle serica...
La
sensazione non era neppure poi troppo diversa dalla furia primitiva
di distruzione... no, era simile, ma non quella. Una brama di
dominio, di sentire la lupa cedere sotto di lui, conquistarla... un
grugnito soffocato sfuggì alle sue labbra, mentre assaggiava
la pelle di lei, con la lingua e i denti...
Yoruhika
non credeva di avere una reazione così pronta da parte del
giovane, né che sarebbe stato così forte. Le mani che
la stringevano tradivano una vera forza a stento trattenuta. Così
come i denti che le pizzicavano, per ora gentilmente, la pelle.
Però,
non si sarebbe di certo tirata indietro... era lui che voleva. Quel
bellissimo yokai-umano dai capelli bianco argento, con quel carattere
così serioso e gentile, sempre pronto a sorridere, sempre alla
ricerca di nuove cose d'apprendere...
Gli
piaceva davvero a lei quel ragazzo.
Raimaru
dentro di sé però esitò. Qualcosa non
quadrava. Stupidamente si ritrovò a capire di.. essere in
balia di sé stesso!
Erano
le sensazioni a guidarlo, ed era stato solo questione d'istinto se
aveva risposto a quella che lo yokai aveva ritenuto un'aperta
provocazione della lupa.
Ma...
lui non voleva lei. Non era quella lei che voleva.
Perché
no? Era di nuovo lo yokai a parlargli.
Questo
è... sbagliato.
Perché
mai? Lei ci sta, noi siamo stati provocati. Lei ci vuole, perché
non dargli quello che desidera?
Raimaru
esitò di nuovo, rischiando di essere sommerso da cosa sentiva.
Perché
questo è un desiderio puramente carnale! Io amo Hina, non
voglio lei.
Tanto
che vuoi che ne sappia Hina? Basta non dirglielo...
Raimaru
si scostò scuotendo la testa.
No!
Importa a me. È una questione di principio. È sbagliato
nei confronti di Hina come di Yoruhika. Lei... lei mi desidera
davvero, ma quello che provo io per lei non è... vero.
Lo
yokai parve sbuffare irritato e rassegnato alla sua stupidità,
prima che però riuscisse finalmente a farlo di nuovo sopire.
Quanto meno, l'allontanò abbastanza da riuscire a ragionare
più o meno lucidamente.
Si
allontanò di scatto dalla lupa.
Prese
la sua maglia, e infilandosela disse “Questo è sbagliato
Yoruhika. Non posso farlo”
Poi
scappò nel bosco.
Zan'nin
quella sera aveva i baffi che prudevano. Sentendosi inquieto, andò
a fare una passeggiata, trovando, nel bel pieno della notte, Raimaru
che prendeva a pugni una nodosa corteccia di un vecchio pino, con le
nocche scorticate.
“Uno
crederebbe che dopo la giornata tu sia abbastanza stanco da andare a
dormire... invece mi sbaglio... a quanto pare...”
L'occhiata
che ricevette dal giovane fu... particolare. Aggressiva e al tempo
stesso... vergognosa?
“Che
è successo, giovane Raimaru?” gli chiese il lupo
sedendosi.
Questo
abbassò lo sguardo, abbassando finalmente i pugni, ma non
rispose.
“Via,
via, di solito non sei mai stato reticente a parlare. È la
prima volta che ti vedo a corto di parole...” disse con
tranquillità il grande lupo, agitando una zampa in un gesto
tranquillo.
“Ehm...
è piuttosto... imbarazzante ecco...”
“Non
sarebbe la prima volta che sento cose bizzarre quanto imbarazzanti,
giovane cucciolo. Ho vissuto per molti secoli. Cos'è una
questione sentimentale?”
“Più...
più o meno...”
“Raimaru,
credimi, in questi casi puoi prendermi semplicemente come un
confidente, non ti penare. Non sei il primo cucciolo che prendo sotto
la mia zampa da crescere. La gioventù, se c'è una cosa
che non differisce né per noi lupi né per gli umani, è
proprio il fatto che è una tempesta di ormoni...”
L'altro
però si limitò a mugugnare un qualcosa senza senso.
“Yoruhika?”
domandò Zan'nin.
“Ma!
Come?!”
“Conosco
i miei lupi. La bella lupetta ha da sempre preso in simpatia gli
umani, e da quando sei arrivato che ti tiene d'occhio, e potrei
giurare che ha un debole per te in particolare. Non sarebbe strano
avesse fatto la sua mossa, visto che tra poco te ne andrai avrà
provato a trattenerti. E, se devo essere del tutto sincero, si sente
ancora il suo odore sulla tua pelle...”
Il
viso del giovane si fece rosso, e Zan'nin dovette fare un titanico
sforzo per non mettersi a ridacchiare dell'imbarazzo di Raimaru.
“Si
beh... ma...”
“Guarda
che non c'è mica nessuno che ti giudica... Yoruhika è
una bella femmina, ed è adulta e liberissima di prendersi le
sue decisioni. Tanto più che ho idea che l'iniziativa sia
stata sua...”
“No!
No! Non è successo niente... beh quasi niente. Ma.. non...
insomma è che... ahg! Al diavolo!”
Ora
era Zan'nin un po' più confuso, ma diede tempo al ragazzo di
raccogliere i pensieri.
Raimaru
si sedette con la schiena contro l'albero.
“In
effetti è stata lei a prendere l'iniziativa... mi ha trovato
mentre mi lavavo giù al fiume. Avrei voluto respingerla
subito... Solo che... sono state le sensazioni a prendere il
sopravvento. Riuscivo solo più a... sentire.” Raimaru
colpì il terreno frusrato, per poi poggiare la fronte sulle
braccia, poggiate sulle ginocchia, a occhi chiusi. “Il suo
profumo, il suo calore, il suo sapore... m'invadevano la testa non
riuscivo a controllarle!
Mi
sono reso conto che... era lo yokai ad agire. Si era sentito
provocato e ha risposto.
Però
io... non è lei che desidero. Sarebbe stato sbagliato... per
tutti e tre. Ancora non ho capito come sono riuscito ad
allontanarmi... però... beh, se devo essere sincero ho ancora
tutti i sensi in visibilio...” si spigò con il lupo con
evidente imbarazzo, però poi tirò una sorta di sospiro
incerto.
Zan'nin
rimase un attimo in silenzio, cercando le parole giuste da rivolgere
al giovane.
Una
parte di sé era anche abbastanza lusingata dal fatto che il
ragazzo si fosse fidato di lui e gli avesse parlato. Per un momento
aveva sinceramente creduto che si sarebbe chiuso in un solido
mutismo.
Con
un sospiro disse “Quando ti dissi che al momento, lo yokai
dentro di te corrisponde principalmente agli istinti più
basilari, quali lo sfamarsi, il dissetarsi, l'istinto di
sopravvivenza e simili... intendevo tutti. Tra gli istinti più
primitivi di qualsiasi creatura c'è anche quello di
accoppiarsi. È normale. È naturale. Yoruhika
probabilmente ha giocato proprio su questo.
Mi
dispiace, forse avrei dovuto avvertirti prima.
Il
fatto che tu sia riuscito a trattenerti quanto bastava da scappare,
mi sorprende, ti dirò. Non me lo sarei aspettato. Vuol dire
che hai un controllo su te stesso e sullo yokai superiore a quanto
credessi”
“E...
ma... sarà sempre così?” La voce del giovane era
triste, bassa e... disgustata? Comprese come si sentiva in quel
momento il ragazzo. Un animale che rispondeva solo ai suoi più
bassi istinti.
“No,
Raimaru. Ciò che hai appena fatto ti ha dimostrato che sei
superiore a quello che ti suggerisce il mero istinto non credi?
E
poi, devi provare un amore sincero quanto forte, per aver appena
compiuto ciò. E questo ti fermerà la mano ogni qual
volta sarà necessario. Inoltre, ora che lo sai, e lo hai
sperimentato sulla tua pelle, ti sarà più semplice
controllarlo”
“Uhm...”
“Raimaru
ti ho mai mentito?”
“No..”
“Allora
fidati delle mie parole. Ora dentro di te c'è ancora molta
confusione, ma gli yokai non sono bestie prive d'intelletto, e se tu
lo credessi, mi offenderesti a morte, sappilo”
Inaspettatamente,
il giovane abbracciò Zan'nin.
“Grazie
Zan'nin. Sei davvero un maestro di vita”
“Ora,
spero non ti aspetterai che mi metto a fare le fusa, scodinzolare o
qualche cazzata sentimentale simile...”
Raimaru
rise, lasciandolo.
“Quindi
ora, stai tranquillo e goditi la rimpatriata tra umani che avverrà
tra pochi giorni. Vedrai che sarai più che in grado di gestire
ogni situazione. In caso contrario, mi faccio personale carico di
venire a darti una strigliata... va bene?”
Raimaru
annuì.
“Ora,
sono curioso... chi è questa umana a cui tieni tanto?”
“Oh...
beh. In verità è la figlia del mio sensei, si chiama
Hina e... beh credo che tutto sommato, se sbaglio qualcosa sarà
la prima a pestarmi a dovere...”
“Sembra
interessante. Magari un giro a farti un saluto poi a Konoha lo farò,
in futuro. Tutto sto nominarmi di umani mi ha fatto sorgere una certa
curiosità....”
“Sono
sicuro che non te ne pentiresti...”
“Vedremo”
Fu
molto più tardi, quando Raimaru tornò a casa, con
l'animo finalmente placato, che vide Yoruhika. Lo stava attendendo...
in forma di lupa però.
Rimase
fermo, incerto se dover di nuovo scappare.
“Raimaru,
aspetta. Volevo... scusarmi”
“Di
cosa?” in verità si sentiva lui il colpevole...
“Ti
ho forzato la mano. Non volevo. Mi dispiace”
Rimasero
un attimo in silenzio a guardarsi.
“Sono
stato io a non essere capace di controllarmi... avrei dovuto
allontanarti subito, e di questo... mi dispiace” rispose
Raimaru, incerto.
“No,
no. La colpa è mia. So bene che gli yokai dentro voi umani,
quando sono appena destati sono piuttosto... impulsivi. Tuttavia...
mi piaci davvero, volevo provarci a tutti i costi, ed ho sbagliato a
forzarti la mano se tu non volevi.
Per
favore, non odiarmi per questo...”
“Ma
no, certo che no...” fu la gentile risposta del ragazzo.
“Io
però non mi voglio arrendere. Un giorno riuscirò a
conquistarti. Te, non lo Yokai... e io so avere pazienza...”
disse prima di avviarsi nella sua tana.
Questo
invece era assai più problematico. Però Raimaru si
diresse in casa dove si coricò. Solo più un mese...
Ryuko
a sua volta, in quell'anno si era data da fare. Era diventata Genin,
e si era messa a studiare.
Aveva
scoperto che la genetica sembrava il suo campo. La madre le aveva
fornito le basi, quelle che a sua volta aveva acquisito come medico,
e da lì aveva iniziato a studiare.
Era
orgogliosa di quello che era riuscita a fare sin ora, e sebbene non
fosse forte come loro, ora aveva il suo 'spazio personale'.
In
quel tempo le era mancato molto il fratello maggiore, e non vedeva
l'ora che tornasse per poterlo riabbracciare e mostrargli i progressi
che aveva fatto. In fin dei conti era anche merito suo se si era
finalmente avviata verso la giusta direzione.
“Mamma,
quando torna niisan?” chiese stuzzicando il cibo che aveva nel
piatto.
“Presto
spero. Ormai il tempo è scaduto. Magari di oggi, magari
domani. Ma tornerà vedrai”
“Mi
manca...” borbottò Ryuko.
“Anche
a me tesoro. Anche a me”
Quel
pomeriggio però, Ryuko si aggirò casualmente nella zona
delle porte della città.
Teneva
d'occhio la strada con la scusa di studiare seduta sulla panchina.
Non
seppe dire cosa le fece alzare lo sguardo dai rotoli proprio in quel
momento, ma vide spuntare, tra il via e vai della strada, un giovane.
Era
alto, lungo e slanciato, ma di fisico muscoloso. Era... strano.
Aveva
dei pantaloni neri tagliati poco sotto il ginocchio, ma era senza
scarpe, camminava a piedi nudi sulla strada come se nulla fosse.
Indossava una maglia senza maniche e il giubbotto verde di konoha, il
copri fronte era allacciato intorno al braccio destro.
Se
non fosse stato per la chioma bianca e gli occhi, probabilmente non
avrebbe riconosciuto suo fratello.
Aveva...
un'aria diversa. E anche il suo fisico era diverso. Era cresciuto
ancora, ed era molto più muscoloso di quando era partito,
più... robusto.
Ma
poi... aveva un modo in cui si osservava intorno... strano. Diverso.
Più acuto, profondo.
Però
la felicità ebbe la meglio su Ryuko.
“Niisan!”
corse nella sua direzione.
“Neechan!”
il giovane la sollevò senza sforzo, stringendola. “Accidenti
Ryuko, sei cresciuta tantissimo...” disse riadagiandola in
terra.
Lei
gli sorrise “Anche tu sei cresciuto ancora... sei diverso”
“Eh
già... una lunga storia. E gli altri? La mamma? E...”
Alzando
lo sguardo, vide appunto la madre comparire sulla soglia della città.
“Mamma!”
gli andò incontro a passo veloce, lasciando lo zaino che si
portava appresso prima di abbracciarla.
“Ahah!
Raimaru... mettimi giù per pietà! Non sono più
una ragazzina! Ma fatti vedere... ragazzo mio ma quanto sei
cresciuto!? Non sono piccola, ma di questo passo mi ci vorrà
un paio di gradini per raggiungerti...” rise la donna,
riabbracciando però con piacere il figlio.
“Già...
ma che ti davano da mangiare i lupi? Sembri n'altra persona...”
commentò ridacchiando Ryuko.
“Solo
sana carne di prima scelta... è un toccasana per la
crescita...” s'intromise nella conversazione un lupo con il
pelo grigio screziato di bianco.
“Ahah!
Che bello essere a casa...! Oh, Ryuko, mamma, lui è
Ginirokami. Resterà da noi per un po' credo... Ginirokami, ti
presento mia sorella Ryuko e mia mamma, Lòng Hyuga”
“Piacere
di conoscervi!” disse l'allegro lupo.
“Il
piacere è nostro, Ginirokami. Ti sei preso cura tu di lui per
questo anno?” gli domandò Lòng.
“Oh
ehm... beh, io gli ho solo fornito vettovaglie alla fine, non sono
ancora abbastanza vecchio per avere allievi” si spiegò
Ginirokami.
“Chissà
se Zan'nin verrà poi a trovarci...” gli domandò
Raimaru.
“Non
credo. Zan'nin-sama non ama gli umani... le città le trova
troppo... confuse e indaffarate...”
“...come
un covo di formiche impazzite, lo so” completò Raimaru.
Lòng
rise... “Beh, mi fa piacere di vederti di nuovo a casa ragazzo.
Ma vai a salutare anche gli altri. Minato ti stava aspettando...”
“Oh,
si non vedo l'ora. Poi ho un sacco di cose da raccontarvi... e
immagino che anche voi ne avrete molte da raccontare... ho notato
diversi nuovi dettagli...” disse Raimaru picchiettando
gentilmente con un unghia il copri fronte della sorella.
Lei
rise. “Ci sei mancato niisan”
“Anche
voi a me”
“Forza,
vai da Minato, credo proprio che stasera si farà festa,
Kushina teneva il frigo così pieno in attesa dell'occasione
che credo sia dovuto intervenire Minato ad aiutarla con un sigillo
per chiuderlo...”
“Ehi
allora potrò partecipare anche io?” chiese speranzoso
Ginirokami.
“Credo
di si. Ci sarà cibo sufficiente per un intero esercito,
conoscendo Kushina...”
“Wow
non vedo l'ora!” disse entusiasta il lupo.
“Ginirokami
è un sacco di tempo che mi tortura di domande sulle nostre
arti culinarie...” spiegò Raimaru alle due donne, con un
sorriso.
“Beh,
credo che stasera potrai rifocillarti a piacere, messer lupo...”
le disse Ryuko.
Raimaru
si sentiva pieno di felicità, camminando per le strade di
Konoha. Era bello essere a casa, ed era felice di avere rivisto la
mamma e Ryuko. E con i suoi nuovi sensi, si era beato ancor di più
della loro presenza.
In
particolare, gli era sempre piaciuto il profumo di Lòng. Gli
sembrava avesse il potere di calmarlo, di quietargli i nervi.
“E
quello cos'è?” gli chiese Ginirokami passando davanti a
una bancarella.
Dovette
impegnarsi parecchio durante la strada a spiegare diversi oggetti che
il lupo non aveva mai visto in vita sua e che erano di uso comune tra
gli uomini.
Andò
sino all'ufficio di Minato.
Bussò.
“Avanti!”
Raimaru
entrò sempre tallonato da Ginirokami.
“Minato-sensei!
Sono tornato!” disse allegramente.
“Ah,
si avevo sentito... chi è l'amico che ti sei portato
appresso?”
“Minato,
lui è Ginirokami. Un amico. Ginirokami, lui è Minato
Namikaze. Il mio sensei, nonché Hokage del villaggio della
foglia”
“é
un piacere conoscerla Minato-sama. Raimaru parla molto bene di lei!”
disse allegro il lupo.
“Il
piacere è mio. Sono contento di sapere che Raimaru pensa bene
di me... così come sono felice di fare la conoscenza di uno di
voi lupi. Ne ho sentito parlare, ma anche facendo ricerche nei nostri
archivi, ho trovato ben poche informazioni su di voi. Come anche i
rospi ne sanno poco...”
“Chi?
I rospi del monte Myoboku? Pff... sono ben pochi quelli che riescono
anche solo ad avvicinarsi vagamente ai nostri confini, ed eravamo già
Yokai quando loro erano ancora dei girini...”
“Inoltre
i lupi tendono a essere un tantino androfobi, oltre ad avere uno
spiccato senso autarchico...” commentò pacatamente
Raimaru.
“Capisco...”
disse solo Minato, senza squilibrarsi troppo.
“Suppongo
avrai molte cose da raccontare...”
“Tantissime...”
“Immagino...
e dato che stasera sarai già crivellato di domande... che ne
dici se a me, le mostri e basta?”
“Minato-sensei,
lei è il migliore...” disse Raimaru, entusiasta
all'idea.
Uscendo
dalla stanza, mentre seguiva Minato, in una via laterale, vide Hina.
Il
viso della ragazza si aprì in un sorriso, vedendolo, quando i
loro sguardi s'incrociarono. Poi però, quando Raimaru fece per
fare un cenno nella sua direzione... lo sguardo della ragazza si fece
più cupo, e con il viso imbronciato, gli voltò le
spalle, scomparendo tra le vie.
“Tutto
bene Raimaru?” gli chiese Ginirokami visto che si era fermato
di botto.
“S-si
credo di si” però il giovane non riusciva a comprendere
quella reazione.
Che
se la fosse presa a male perché era scomparso di punto in
bianco?
Beh,
era possibile... che se la fosse presa. Era scomparso senza dire
niente a nessuno... ed era stato via per un anno lunare..
Forse
però poteva ancora trovare modo di scusarsi, più
tardi...
“Raimaru?”
“Si,
scusi sensei. Mi ero distratto un momento...” riprese a
camminare dietro a Minato.
“Sono
stato via tanto tempo. È successo qualcosa di significativo?”
“Nulla
di che, se mi stai chiedendo di Alba... ci sono movimenti sospetti,
ma per il momento nessun attacco diretto. Se mi stai chiedendo della
nostra... 'famiglia allargata', alla fine Obito ha avuto anche il
quarto figlio. E Rin sta aspettando il quinto... Se va avanti di
questo passo potrà aprirsi un asilo tutto suo...”
“Cinque?
Sono tanti per il vostro computo?” chiese Ginirokami.
Raimaru
rise, era per questo che gli piaceva Ginirokami, da un certo senso
gli ricordava Naruto: ingenuo e spontaneo in qualsiasi situazione.
“Non
siamo lupi, Gin, per le donne è insolito avere anche solo due
bambini in una volta sola. I parti gemellari sono abbastanza rari. E
la maggior parte delle famiglie si limita a un figlio o due. In
media. Anche se, qualcuno strafà...”
“Oh...
non lo sapevo”
Arrivati
al campo, Minato prima di tutto, chiese a Ginirokami se poteva
gentilmente attendere a bordo campo.
“Ti
vedo molto irrobustito, suppongo che la tua forza sia aumentata, in
questo tempo...”
“Non
solo la forza sensei... non solo” rispose Raimaru con un
ghigno.
“Così
come ho notato il cambio di look...” cercò di chiedere
spiegazioni, senza essere invadente.
“Oh!
Le scarpe... si, ormai non ci faccio più neppure caso. A
quanto pareva i lupi non amano avere qualcosa sotto ai piedi, per cui
è stata praticamente la prima cosa che mi hanno fatto
eliminare...”
Ed
in effetti, le aveva riprovate, prima di tornare. Ma le aveva odiate.
Aveva ragione Zan'nin. Ora che era abituato a 'percepire' il suolo,
avere le scarpe era come mettersi una benda intorno agli occhi. Si
occultava un senso e gli dava un certo senso d'irritazione...
“Beh,
devo presupporre che ormai sia un tratto acquisito?”
“Ehm...
temo di si. Una volta abituati senza è... irritante. I lupi mi
hanno insegnato a cacciare percependo sensazioni anche dal terreno.
Con le scarpe è... come posso spiegarmi....
Se
lei indossasse una benda di stoffa grossolana, vedrebbe comunque
attraverso la benda. Male, ma ci vedrebbe lo stesso giusto? Ecco la
sensazione è quella, come avere un senso parzialmente
occultato. È irritante, sopratutto se sai che basterebbe
alzare le mani e toglierla...”
“Si,
comprendo il paragone, anche se non capisco bene cosa tu voglia dire
con il 'percepire sensazioni dal terreno'. Comunque... sono curioso
di vedere. Iniziamo!”
ehm.... piccola nota d'autore a piè pagina.
Scusate la mia iper-lentezza ma sto avendo diversi casini e distrazioni. Ma la storia continua non preoccupatevi!
Minato
iniziò piano, non sapendo bene cosa aspettarsi, e voleva dare
tempo a riprendere i reciproci ritmi... ma ci volle pochi secondi per
capire che non aveva alcun bisogno di trattenersi.
Raimaru
non aveva il Byakugan attivo, aveva imparato a riconoscere i segni
delle vene rigonfie di quando lo attivava... eppure sembrava...
prevederlo. Non riusciva mai a coglierlo di sorpresa.
Era
migliorato molto nella forza, ma anche nella velocità. Forse
non poteva ancora paragonarlo al Raikage, ma poco ci mancava.
Inoltre,
lo stile di combattimento corpo a corpo di Raimaru, era sempre stato
difficile da prevedere e parare. Lo aveva 'inventato' lui apposta,
mescolando juken e kumite. Ora era ulteriormente complicato, dato che
ci aggiungeva colpi che Minato, sinceramente non aveva mai visto.
Sembrava avesse mescolato lo stile marziale con i colpi istintivi e
poderosi degli animali.
Era
uno stile che aveva una fluidità propria, ma che era quasi
totalmente privo di una... logica. Il che lo rendeva quasi
impossibile da prevedere e quindi da parare.
Inoltre
le arti marziali prevedevano l'uso quasi esclusivo degli arti.
Braccia e gambe, pugni e calci. Magari anche ginocchia e gomiti.
Quasi
rimase travolto quando Raimaru, venendo colto di lato, anziché
sfuggire, puntò sia braccia che gambe in terra per prendere lo
slancio e dirigersi verso di lui con una poderosa spallata. La mossa
rassomigliava più a un animale che sgroppa.
Inoltre...
era cambiato anche qualcosa nello sguardo del ragazzo. Prima anche
mentre combatteva aveva un'aria seria e concentrata, ma...
controllata. Come se comunque non combattesse mai per fare davvero
male, ma solo per fare ciò che era strettamente necessario.
Ora
sembrava si accendessero in una gioia selvaggia. Gli piaceva
muoversi, lo faceva sentire vivo. Inoltre quegli occhi... erano più
scuri, più seri, più... non sapeva definirlo.
Minato
capiva solo che era diverso. Qualcosa era cambiato nel suo allievo.
Qualcosa di molto profondo. Indipendentemente dallo stile di
combattimento o dal resto. Era cambiato proprio un qualcosa di
radicale in lui. Il suo modo di essere, di porsi e di vedere il
mondo.
Quelle
elucubrazioni mentali però furono fermate dall'assalto del
giovane, e Minato dovette impegnarsi per evitare di finire tra le
grinfie del ragazzo.
Continuarono
buona parte del pomeriggio, sino al crepuscolo.
E
questa volta, non era solo Raimaru a massaggiarsi i lividi.
“Accidenti,
ragazzo, non ci sei andato piano...” disse Minato, che si
massaggiava una spalla.
“Neanche
lei...” rispose Raimaru, dato che si sentiva diversi punti
dolenti tra schiena e costole.
Poi
però si stiracchiò, scrollandosi. “Di che,
rispetto a Zan'nin lei è molto delicato, sensei”
“Chi
è Zan'nin?”
“è
stato il mio maestro tra i lupi. Per certi versi, fa sembrare
Gamabunta un simpatico briccone...”
“Accidenti...”
“Però
non è stato per niente male. I primi giorni quasi pensavo
volesse uccidermi con gli allenamenti e togliersi la responsabilità
dicendo semplicemente che ero troppo debole però... alla fine
ha funzionato... ho imparato un sacco di cose... che come immagino
abbia notato, mi hanno potenziato parecchio”
Raimaru,
sebbene il lupo fosse stato estremamente severo con lui, non riusciva
a ricordarselo male. Lo aveva spremuto sino all'ultima goccia, quello
si, ma alla fine si era anche preso cura di lui.
Confortandolo
quando era abbattuto, dandogli i suoi punti di vista senza
giudicarlo... indirizzandolo sulla retta via, e prendendolo a calci
quando sgarrava, ma mai senza un buon motivo.
“Si,
per solo notarlo, l'ho notato. Stai certo che prossimamente starò
parecchio più attento durante gli allenamenti...”
Raimaru
ridacchiò. Minato notò in quel momento un altro
cambiamento del ragazzo. I suoi denti erano più affilati, con
i canini più pronunciati. Erano più... lupeschi.
Però
decise di non tartassarlo.
“Forza,
vai a casa, credo che apprezzerai un momento di riposo prima della
baraonda”
“Certo...
grazie Sensei. Ci vediamo più tardi”
“A
più tardi”
Minato
rimase un attimo a fissare la schiena del ragazzo che si allontanava,
con il lupo che lo raggiungeva trotterellando.
Si
chiese fino a che punto era cambiato. Poiché era certo, che un
cambiamento c'era stato. Si chiedeva, solo, sperando, se Raimaru, nel
suo profondo, fosse rimasto comunque la persona straordinariamente
gentile che conosceva prima...
Quella
sera erano tutti invitati nel salotto di Minato-sensei. Era ampio, ma
il numero di persone era tanto che si dovettero stringere.
Oltre
a Lòng, Ryuko e, ovviamente Raimaru, c'era Naruto, che
riabbracciò subito l'amico, Hina che si limitò alla
cortesia per evitare le occhiatacce della madre.
Raimaru
rimase parecchio crucciato di fronte a quel freddo benvenuto, ma fu
travolto dalla baraonda di casa Uchiha.
Obito
lo riabbracciò subito, subito seguito da Hanare, che ebbe
alcune difficoltà da scrollarsela da collo senza doverla
lanciare via di peso, e dal resto della tribù di Rin, che
comunque salutò con affetto.
Casualmente
era presente pure Jiraiya, che s'unì volentieri alla
rimpatriata felice di stare in compagnia.
Le
chiacchiere di quella sera furono tante, e Raimaru avrebbe voluto
tanto poter avere un momento per parlare da solo con Hina, ma non
ebbe scampo.
Ginirokami
per l'occasione, sotto indicazioni di Raimaru, al cui fianco si
sedette, assunse forma umana. Era un ragazzino di circa dodici anni,
con i capelli grigio scuro e qualche ciocca bianca in mezzo, oltre al
ciuffo che gli ricadeva sul lato destro della fronte, totalmente
bianco. Aveva la pelle leggermente ambrata, ma comunque chiara, gli
occhi gialli classici dei lupi, ma conservava comunque ai lati del
capo le orecchie da lupo.
Aveva
dei lineamenti un po' affilati, ma comunque belli. Raimaru impiegò
un momento a spiegargli come usare le bacchette per mangiare, ma il
lupetto imparava in fretta.
Ryuko,
che si era a sua volta seduta vicino al lupo, trovava divertente
vedere come si muoveva in modo impacciato Ginirokami, e presto si
fece carico lei, tra un risolino e l'altro di spiegargli come
andavano mangiati i vari piatti, e le regole dell'educazione a
tavola.
Inoltre,
dato che anche lei aveva preso la mano di Lòng per la cucina,
si ritrovò presto a saziare la curiosità del lupo in
merito a quali ingredienti venivano usati per cucinare un piatto.
Una
volta fatte le presentazioni, visto che nessuno conosceva Ginirokami,
però la tavolata tempestò di domande Raimaru, che se da
una parte avrebbe voluto fuggire all'interrogatorio, dall'altra era
davvero felice di essere tornato a casa.
Così
raccontò larghe parti della sua vita con i lupi, anche se,
evitò di parlare del rituale e del fatto che ora, sopito ma
mai dimenticato, nella sua mente risiedeva anche lo spirito yokai.
Non era ancora pronto a parlarne. Soprattutto non davanti a tutti.
Ginirokami
dal canto suo, era comunque abbastanza empatico da comprendere la
reticenza di Raimaru a parlare, per cui si limitò a supportare
la versione dei fatti dell'amico quando qualcuno gli chiese qualcosa.
Raimaru
però, si rese anche conto che Hina, quella che più di
tutti gli era mancata, era quella meno allegra della tavolata, e
sembrava voler essere da tutt'altra parte. Però tra le ondate
di domande dai vari parenti, non riuscì davvero a trovare modo
di riuscire ad avvicinarsi a lei in alcun modo, o comunque non poteva
rivolgerle la parola in modo discreto.
Quando
la serata si concluse, lei si ritirò dopo aver salutato gli
ospiti in camera sua, precludendo ogni possibilità di
comunicazione, dato che anche da fuori, aveva tirato le tende. Chiaro
segno di non voler sentire nulla.
Tornando
a casa propria Lòng diede una stanza che potesse essere tutta
sua al lupo, che rimase sorpreso da come erano formate all'interno,
ovviamente totalmente diverse dalle tane dei lupi.
Raimaru
gli fece vedere anche la sua di stanza, mentre diede anche la
buonanotte a Ryuko.
Poi
raggiunse la madre, che ora era rimasta in cucina con la scusa di una
tazza di camomilla.
“Hai
intenzione di dirmi quello su cui hai sorvolato, o proprio non ne
vuoi parlare?” mi domandò.
“Come
al solito non ti sfugge mai nulla eh mamma?”
“Tesoro,
i lupi potranno anche averti cambiato, ma fino a prova contraria,
sono stata io a metterti al mondo. Io ti ho cresciuto, e io ho badato
a te sino a che non sei stato capace a camminare sulle tue gambe. E
ancora oggi, per quanto puoi essere diventato forte, e anche in
futuro, veglierò sempre su di te, per quanto mi sarà
concesso farlo... sono tua madre e sempre lo sarò”
“Oh,
mamma mi sei mancata...” la abbracciò il ragazzo,
veramente grato di quella donna, che sempre gli era stata vicino. A
volte dura, ma con sempre l'ala tesa pronta a proteggerlo.
Così
a poco a poco, si mise a parlarle, raccontando tutto quello che aveva
taciuto prima. Il rituale, il pericolo che aveva corso, il terrore
che aveva provato nel sentire la sua coscienza scivolargli via dalle
mani, i duri allenamenti con Zan'nin, la coscienza dello yokai,
sempre presente sul fondo della sua anima come un mostro dormiente,
sempre pronto a svegliarsi al primo scossone.
Lòng
ascoltò tutto senza fare una piega, accettando comunque tutto
quello che il figlio gli narrava. Era comunque Raimaru, e lo avrebbe
accettato lo stesso, anche se fosse tornato con un terzo occhio in
mezzo alla fronte.
Gli
parlò però anche del nuovo potere che aveva acquisito,
non troppo dissimile dalle arti eremitiche per quantità di
potenza.
Alla
fine, quando ebbe terminato, era notte inoltrata, ma la donna rimase
a fissarlo per un lungo momento.
“Che
c'è?” chiese il giovane.
“Non
vi siete praticamente conosciuti, se non pochissimo tempo ma...
assomigli a tuo padre in modi davvero... incredibili. Sempre pronti a
cacciarsi a testa prima nel primo guaio che vi capita a tiro... e io
posso solo stare ad aspettare, sperando che non vi distruggiate con
le vostre stesse mani...
Tuttavia...
hai rischiato, ma ora sei qui... voglio ringraziare del fatto che sei
tornato, piuttosto che piangere su quello che sarebbe potuto
succedere ma... come ho già detto in passato, corri di quei
rischi che avresti già ucciso una qualsiasi altra donna, se
fosse stata tua madre”
“Fortuna
allora che la mia mamma non è una qualsiasi eh?”
ridacchiai io.
“Ridi,
ridi. Una donna normale avrebbe già perso minimo vent'anni con
gli spaventi che mi hai già fatto prendere... e hai solo
sedici anni... prima che tu raggiunga i trenta mi avrai già
fatto venire tutti i capelli bianchi e quattro attacchi di cuore...
minimo” però lo disse con un sorrisetto sulle labbra.
“Tenterò
d'impegnarmi a stare tranquillo allora...”
“Pfff...
me lo segnerò sul calendario il giorno che ci riuscirai. A te
come a Kakashi... sono i guai che vi vengono incontro... il punto che
voi, anziché cambiare strada, vi tuffate a testa prima”
Ridacchiai
piano.
“Vai
a riposarti caro. Credo che Minato avrà presto da fare per
te...”
Il
mattino dopo, si svegliò presto. Ormai era abituato a doversi
svegliare prima dell'alba per andare da Zan'nin... quindi si mise a
preparare colazione per tutti, tanto non aveva nulla da fare... ci
mise un momento per ricordarsi come si cucinava, ma fortuna volle,
aveva una buona memoria, e quando le due donne si alzarono, la tavola
era imbandita con Ginirokami eccitato all'idea di assaggiare i
cereali e alcuni dolcetti.
Poi,
passò volentieri del tempo con Ryuko, che volle mostrargli i
suoi campi di studio, e alle cose che stava facendo. La piccoletta si
stava mostrando un brillante genietto, e sembrava aver imparato da
Genma a tirare i senbon.
Le
tecniche ninja non gli interessavano tanto, però ne aveva
imparata qualcuna 'giusto per'. Raimaru però intuì ben
più di quello che la sorella gli disse.
Era
vero che a quanto sembrava lei preferiva studiare che non allenarsi,
però in fondo anche in lei scorreva lo stesso sangue suo, e a
dirla tutta, gli fu evidente che anche le arti ninja piacevano alla
sorella. Solo che, aveva il timore di confrontarsi con loro.
Aveva
sia la madre, che il padre che il fratello che erano considerati
ninja di alto livello. Mostrarsi meno che eccellente avrebbe attirato
dei giudizi negativi su di lei, e questo la intimoriva.
Lui
non disse nulla per non metterla in imbarazzo, ma la incoraggiò
a continuare a provare. Doveva piacerle prima di tutto.
Poi
si avviò verso l'ufficio di Minato.
Però
per strada incontro... “Shino... Kiba... Hinata!” Salutò
allegramente tutto il terzetto, che camminava per strada.
“Tu
guarda sto cafone... sei ritornato a casa e neppure un saluto ci
vieni a fare?” rise Kiba.
“Scusate,
sono tornato solo ieri pomeriggio e Minato mi sta già mettendo
sotto per riprendere il tempo perso...” Akamaru stranamente si
piazzò di mezzo davanti a Kiba, con uno sguardo strano puntato
su Raimaru.
Ginirokami
reagì ringhiando e drizzando il pelo, a sua volta proteggendo
Raimaru.
Il
lupo era più piccolo di Akamaru, ma il suo aspetto era
decisamente più minaccioso, con le zanne affilate ben in
vista.
“Tranquillo
Ginirokami, Akamaru è un amico...” disse subito Raimaru,
placando il lupo.
Akamaru
a sua volta si ritrovò sgomentato dalla reazione pronta di
Ginirokami, ma Kiba lo fece calmare subito.
“Ehi,
Rai, dove lo hai pescato sto segugio? Dovresti dargli una calmata...”
“Ma
con chi credi di parlare umano? Sono un lupo non un segugio né
tanto meno una palla di pelo che voi chiamate cane...” ringhiò
irritato Ginirokami.
Raimaru
però inaspettatamente rise. “Buono Gin, non credo che
Kiba volesse offenderti. Vedi Kiba, Ginirokami è un mio amico,
è qui di sua libera scelta, e non credo che esista offesa più
mortale per un lupo che essere scambiato per un cane...” gli
spiegò con calma Raimaru.
Kiba
era senza parole.
“Chiedo
scusa Ginirokami-san. Sono sicura che Kiba-kun non volesse
offenderti. Il mio compagno è solo un po' impulsivo... vedi
Akamaru non ha mai fatto così...” rispose gentilmente
Hinata, placando finalmente con la sua dolcezza Ginirokami.
“Cugina,
ti vedo bene...” gli sorrise Raimaru.
“Anche
te, cugino. Sei cresciuto ancora...”
“Siete
imparentati?” chiese curioso Ginirokami.
“Il
padre di mia madre era il fratello del papà di Hinata.
Comunque, questa era la mia vecchia squadra. Ginirokami, ti presento
Shino Aburame, Hinata Hyuga, Kiba Inuzuka. Ragazzi, lui è
Ginirokami, uno dei lupi di Gekko no Joryu, dove mi sono allenato in
questo anno...”
“Sembri
cambiato molto Raimaru. Si direbbe che il tuo chakra sia cresciuto
molto...” commentò Shino, da dentro l'impermeabile dove
era tarpato.
“In
effetti sono successe tante cose... comunque mi dispiace ma devo
andare a prendere la missione, Minato mi ha detto che forse ne aveva
già una pronta... Salutatemi Kurenai-sensei... anzi credo che
posso farlo di persona...”
Si
girò per vedere arrivare la donna.
“Mi
hai sentito arrivare?”
“Si,
anche se non l'ho riconosciuta subito... la vedo bene sensei”
“Ti
ringrazio, Raimaru. Anche tu sei cresciuto tanto...”
“Vi
chiedo scusa se non posso restare oltre, ma se aspetto ancora un po'
credo che Minato mi dia per disperso. Arrivederci!”
“Una
sera devi poi uscire con la tua vecchia squadra Raimaru! Ci stai
trascurando un po' troppo” gli disse Kiba, ignorando Akamaru
che brontolava alle sue spalle, lo sguardo di Ginirokami si puntò
minaccioso sul cane, che tacque.
“Rimedierò
di certo!” rispose Raimaru, avviandosi.
Arrivando
quindi all'ufficio di Minato trovò Hina già in divisa
da lavoro, che attendevano entrambe lui.
“Scusate
il ritardo. Ho trovato Kurenai-sensei e la squadra otto lungo la
strada” si giustificò.
“Fortuna
vuole che non abbiamo fretta. E comunque non sei in ritardo, dato che
non ti ho dato un orario... vabbè già che ci siamo,
iniziamo”
L'Hokage
sfogliò alcuni rotoli... “Ah eccola qui. Abbiamo una
concomitanza di... diversi fattori. Ora vi spiego”
Pose
sul banco tre lettere.
“A
quanto pare, lo svolgersi dei fatti a Konoha è diventato una
'moda' dei pettegolezzi presso la coorte del Daymo della terra del
fuoco, che ora mi tartassa di lettere per sapere le novità, e
non posso neppure ignorarlo senza creare una immensa frattura nella
politica dell'intero paese...” disse con un sospiro dolente.
“Comunque,
di fatto sta che mi ha invitato ad un importante galà che si
terrà tra tutti i nobili delle terre del fuoco. Ovviamente, mi
ha concesso -bontà sua-...” commentò con un certo
sarcasmo “...di inviare due miei ninja al mio posto. E ha pure
insistito che mandassi due dei miei migliori, o comunque persone di
un certo rilievo... purtroppo non posso rifiutare senza buone
motivazioni, e dato che Orochimaru non ha intenzione di invaderci o
altro... devo accettare.
Normalmente
avrei scaricato il compito su ninja con una buona diplomazia come
Raido, ma, si sono aggiunti altri fattori.
Un
nobile che è una nostra vecchia conoscenza ci ha mandato una
richiesta. Sembra che un altro nobile abbia dei movimenti sospetti.
Teme
che stia riciclando soldi sporchi e che abbia contatti con persone
poco... raccomandabili.
Normalmente
anche qui, avrei delegato ad altri. Ma dopo un attento esame, sto
tipo è sembrato sospetto anche a me. Temo che questo tale,
abbia contatti con organizzazioni ninja nukenin, e venda informazioni
del paese del fuoco ai nemici per denaro e favori e questo va
fermato. Sopratutto con alba di mezzo, che ultimamente si sta facendo
stranamente viva”
Fece
una piccola pausa di riflessione.
“Per
cui ho deciso di affidare l'incarico a voi due. Hina dovrà
andare in mia vece, essendo mia figlia può ricoprirne
facilmente l'incarico. Naruto manca di sottigliezza per questo tipo
di cose...” disse anticipando la protesta di lei.
“In
quanto a te Raimaru, sei adeguato non solo a proteggerla come
converrebbe un ninja per una principessa del suo villaggio, ma
inoltre il Daymo mi ha tartassato sino allo sfinimento per poter
conoscere te o tua sorella... e onestamente preferisco mandare te,
sei molto più preparato, e temerei per la vita di Ryuko a
buttarla in quel vespaio di politica...”
Raimaru
annuì. “Si, comprendo... anche se per quale motivo ha
chiesto di me?”
“A
quanto pare le dame di coorte -stando a quanto dice il Daymo- trovano
'romantica' la storia di Kakashi e Lòng, e sono tutti curiosi
di conoscere il ragazzo che tanto assomiglia a Kakashi... oltre a ciò
ci si aggiunge anche il fatto che sei stato mio allievo e che per
quest'ultimo anno nessuno ti ha visto. Sembra che la tua assenza sia
stata notata.
Io
ho detto che eri in una specie di 'pellegrinaggio d'allenamento', sai
come i giri che fa Jiraiya-sensei. E ora sono tutti curiosi”
Raimaru
sentì ogni entusiasmo per la missione morire. Dalla sua
espressione si dovette capire, perché Minato disse “Si,
comprendo. Non fosse perché è strettamente necessario
non sprecherei neppure un genin per una missione simile... tanto meno
terrei impegnati due ninja del vostro livello.
Per
cui dovete farvi forza e fare buon viso a cattivo gioco.
Dovete
partire domattina e sarete ospitati dal Daymo per tre giorni”
“Si,
Hokage-sama”
“Io
posso andare con loro?” chiese Ginirokami.
“Non
saprei...” disse esitante Minato.
“Potresti
esserci utile Gin, però dovrai anche tu interpretare la tua
parte...” rispose Raimaru.
“Hai
in mente qualcosa?” domandò Minato.
“Beh,
nessuno fa caso ad un... non ti offendere, ma ad un cane che
accompagna fedelmente il padrone no?” disse con un ghigno.
“Che
intendi?” gli chiese Ginirokami.
“Che
se tu fingi di essere solo un qualsiasi cane, la gente non ti presta
attenzione, e puoi facilmente origliare conversazioni che io e Hina
non potremmo sentire... e ce le puoi riferire a parte. Te la senti di
farlo?”
“Basta
che non pretendi che mi metta a scodinzolare come un idiota per un
biscotto...”
Raimaru
rise. “Certo che no... sensei, pensa che possa andare?”
“D'accordo”
“Bene,
allora ci vediamo domani mattina al cancello di Konoha?”
domandò Hina, con voce piatta, incolore.
“Certo...”
“A
domani” chiuse l'argomento lei ancor prima che lui potesse fare
fiato.
Raimaru
la guardò stranito uscire dalla porta. Poi guardò
Minato come in cerca di spiegazioni. Lui era l'unico che più o
meno sapeva veramente di loro prima della scomparsa di Raimaru.
Però
questo strinse le spalle. “Io non ci entro in situazioni non
mie ricordi? E poi, tu te la sei scelta, tu te la devi gestire...”
“Cosa?”
“Niente
Ginirokami. Non importa. Andiamo, dobbiamo prepararci per domani...”
Il
mattino seguente quindi, si trovarono di buon ora alle porte del
villaggio e si diressero subito verso la capitale della terra del
fuoco.
Fu
una fortuna che Ginirokami fosse così entusiasta di far parte
di una delle mie missioni da coprire con le sue chiacchiere e le sue
allegre domande la tensione che altrimenti sarebbe regnata sovrana
tra me e Hina.
O
forse era questione di punti di vista. Se non ci fosse stato forse ad
un certo punto saremmo stati costretti a parlare, e ci saremmo
chiariti... qualsiasi cosa fosse accaduto.
Forse.
In
qualsiasi caso, la cosa mi stava preoccupando. Perché era così
fredda e distante?
Cosa
era successo?
Non
poteva essere solo la mia assenza. O si?
In
alternativa, quali potevano essere stati i motivi?
Rimuginavo
su questi pensieri mentre rispondevo alle domande di Ginirokami. E di
quando in quando, le lanciavo occhiate mentre non mi osservava, per
studiarla.
Che
avesse trovato qualcun'altro nel frattempo?
Solo
l'idea bastò per mandargli una scossa attraverso tutta la
colonna vertebrale, e i pugni gli si chiusero di riflesso. Oh, no.
Doveva essere un idea da escludere... o non avrebbe risposto di sé
stesso.
Hina
dal canto suo, ci stava mettendo ogni briciola di volontà per
ignorarlo.
Ma
l'impresa era più ardua che non contenere la volpe nei momenti
in cui le sussurrava frasi mielate nelle orecchie.
Era
impossibile non lanciargli qualche occhiata. Impossibile. Pure un
ceco sarebbe riuscito a vedere quella sorta di... aura che si portava
intorno il ragazzo.
Al
di là di quella che poteva essere la bellezza fisica, cosa che
comunque lui non difettava, anzi, aveva... non so. Un qualcosa di
nuovo. Nel modo di muoversi.
I
piedi nudi poggiavano soffici sul terreno, non emettendo il minimo
suono. Sembrava sfiorasse solo il terreno, camminando tanto leggero
da non toccarlo veramente.
Hina
non si vergognava a dire che ora come ora, come si muoveva lui, non
lo avrebbe sentito arrivare nemmeno piangendo in qualche lingua ormai
desueta.
Aveva
movimenti leggeri e aggraziati, simili più a quelli di un
felino, che si muove languido anche sui bordi di un cornicione, o
come quando cammina sul mobile, e sembra destinato a urtare qualche
soprammobile, invece passa attraverso la selva di oggetti senza
nemmeno sfiorarne uno.
Quello
era il modo di camminare di un predatore. Sornione, sembra distratto,
invece sta osservando ogni singolo fiato della sua preda.
Lo
stesso era per il suo sguardo. Era più... fermo e diretto.
Da
bambini, Raimaru si portava dentro di sé una grande ferita,
quella del sentirsi inadeguato, debole, rispetto ad un padre che era
quasi una leggenda, nel campo dei ninja.
Quello
era un ostacolo del tutto superato, a occhio.
Quello
era lo sguardo di una persona che non dubita di sé. Anzi, era
quello di qualcuno che sa di poter ridurre in briciole qualsiasi cosa
gli capiti sulla sua strada, e che pensa a come ridurre in poltiglia
te, non a come ritirarsi.
Tutto
si riassumeva in quella parola: predatore.
Sia
come si vuole, se un predatore ti inquadra, sei tu la preda. Tu devi
scappare, non lui.
Hina,
stranamente si sentiva un po' intimorita da questo nuovo Raimaru, ma
allo stesso tempo, ne era attratta e irritata.
Mortalmente
attratta proprio perché aveva questo nuovo fascino...
pericoloso, lo rendeva... si doveva proprio dirlo, ammetterlo almeno
a sé stessa. Ma questa aura di 'pericolo' che emanava, serviva
solo a renderlo incredibilmente sensuale.
Irritata
perché... beh, era scomparso. Per un anno intero. Nessuna
lettera, nessuna comunicazione. Niente di niente.
Ora
tornava, dopo essersela magari spassata con chissà quante
bellissime lupe che erano in grado di trasformarsi in sciccose
umane... e lei cosa significava per lui?
Era
solo il suo spasso di quando non c'erano lupi?
Oh,
no eh. Quello proprio no.
Non
voleva essere la ruota di scorta. Mai. Non esisteva proprio, così
come non sarebbe stata la seconda scelta di nessuno.
E
se Raimaru voleva mettere il piede in due scarpe aveva proprio
sbagliato persona.
Non
intendeva dividere al cinquanta per cento il suo uomo. O era suo o
niente.
Però...
come poteva competere con la bellezza sensuale di una creatura
simile? Come quella che aveva visto a Konoha... e magari al monte
Gekko erano tutte così le lupe...
Al
solo pensiero, tristezza, invidia e gelosia la bruciavano come fuochi
ardenti.
Già.
Non era semplicemente possibile che un ragazzo potesse dire di no a
una donna così.
E
la cosa la faceva sentire tradita, le faceva male. Molto male.
Oh,
no. Raimaru non l'avrebbe passata liscia per questo...
Finalmente
giunsero alla città. Era enorme, festosa.
Le
guardie, che erano per lo più principalmente semplici guardie
armate, accolsero bene i ninja di Konoha, e uno di loro si premurò
pure di accompagnarli sino al palazzo.
Il
palazzo del Daymo era nella parte est della città, ed era una
villa gigantesca, con tanto di viale alberato e ampi prati con siepi
potate con varie forme.
Dietro
di essa, si intravedeva un ampio parco. Probabilmente dedicato alla
caccia per i nobili.
“Gin,
mi raccomando da ora ricordati che sei soltanto un simpatico
cagnolino ok?” sussurrò Raimaru al lupo.
“Wof
Wof...” rispose l'altro con una nota di evidente sarcasmo nella
voce.
Raimaru
soffocò una risata.
Un'attendente
gli andò incontro. Un uomo di mezz'età con i capelli
castano scuro e gli occhi castani.
Aveva
la livrea dei servitori addosso, con i colori rossi e dorati.
“Voi
sareste...?” domandò, lanciando un'occhiata bieca a
Raimaru, che era ancora scalzo e al lupo che era poco dietro di lui.
“Hina
Namikaze e...” la ragazza fece un cenno verso il ragazzo che
prese parola.
“Raimaru
Hatake. Ci ha mandato Minato-sama come rappresentanti di Konoha,
messere” rispose educatamente il ragazzo.
“Oh,
si certo. Sua grazia il Daymo vi stava attendendo. Prego, vi mostro
subito i vostri alloggi. Ma... agli animali non è concesso
entrare...” disse esitante verso il lupo.
Ginirokami
dovette sforzarsi non poco per non ringhiare a quell'idiota umano.
“Gin
non infastidirà nessuno, tuttavia è meglio che rimanga
con me, signore” rispose Raimaru pacatamente.
“Ma...
ma certo. Prego seguitemi”
Li
portò nel piano superiore, facendogli attraversare saloni
lussuosi e corridoi con pareti decorate, finestre con cornicioni
dorati e altro ancora.
Il
lusso e l'opulenza trasbordavano ovunque.
A
loro due erano state assegnate due stanze vicine. Entrambe arredate
con mobili di lusso.
“Vi
sono stati forniti abiti, sono certo che ne troverete di vostra
misura, un sarto vi assisterà nella scelta. Il Daymo darà
il via alla festa questo pomeriggio, subito dopo pranzo. La prima
giornata consisterà in una battuta di caccia a cavallo seguita
da un banchetto”
“Si
sanno già i programmi anche per i giorni successivi?”
domandò Raimaru.
“La
mattina del secondo giorno ci sarà una caccia al tesoro nel
parco, il pomeriggio sarete intrattenuti con un breve spettacolo
teatrale. Il terzo giorno, ci sarà nuovamente una gara di
caccia, seguita da un pomeriggio dedicato ai giochi da tavolo per
finire la serata con un gran galà. Ci si aspetta che siate
ancora presenti per la colazione il mattino dopo, dopodiché
gli ospiti verranno congedati”
Raimaru
fino al terzo giorno si sentiva tranquillo. Caccia a cavallo? Caccia
al tesoro? Era un ninja, e se la cosa non prevedeva nulla di più
difficoltoso che prendere qualche pollo selvatico, poteva anche
dormire da in piedi. Giochi da tavolo? Beh Genma qualche trucchetto
alle carte glie lo aveva insegnato... ma... il gran galà?
Doveva ballare?
Quello
era decisamente più difficile...
“Accomodatevi
pure, presto dei valletti vi raggiungeranno per assistervi...”
disse l'uomo lasciando poi soli.
Hina
e Raimaru si guardarono per la prima volta direttamente.
“Gran
galà?” mormorò Raimaru.
La
ragazzina ridacchiò. “Scommetto due monete che non hai
idea di come ballare”
“Te
le passo dopo...” ammise lui con un mezzo sorriso.
“Vedremo
come aggiustarla. Pensi di essere in grado di non pestarmi i piedi
mentre ti insegno? Anche perché abbiamo neanche tre giorni...”
“Ehi,
ho i riflessi di un lupo e i migliori tempi d'apprendimento di
tecniche ninja se escludiamo i possessori di Sharingan. Non sarà
poi così tragico no?”
“D'accordo
Hatake” disse con fare condiscendente che irritò il
ragazzo.
“Vuoi
scommettere che non ti pesto manco una volta?”
“E
se perdi?”
“Farò
quello che vuoi tu”
“Tutto?”
“Tutto”
rispose lui incrociando le braccia.
“Piano
con le parole... potrei chiederti di fare il giro di Konoha a testa
in giù indossando solo delle mutande a cuoricini rosa”
La
visione era agghiacciante dal suo punto di vista.
“Correrò
il rischio”
Per
un attimo sembrava essere tornato tutto normale. Poi, lo sguardo di
Hina si fece di nuovo duro e il suo sorriso scomparve. “Bene.
Iniziamo stasera dopo cena”
Capitolo 81 *** 81-Iniziare con il piede sbagliato ***
Un
valletto, come detto dall'inserviente, raggiunse Raimaru, era
accompagnato da un sarto e uno che a quanto ebbe modo di capire, si
occupava di trucchi, parrucche e simili.
L'occhiata
con cui l'estetista lo squadrò diede un brivido di terrore a
Raimaru, che neppure Zan'nin era mai riuscito a fargli provare.
Per
cui, mentre questi smontavano l'armadio per tirare fuori stoffe,
camice, pantaloni e vari tipi di capi d'abbigliamento, spazzolando la
chioma bianca del giovane e commentando tra di loro cosa poteva
stargli meglio addosso, questo si sentiva a disagio come non mai,
avrebbe voluto sotterrarsi, oppure andare a combattere un
invasione. Qualsiasi cosa era meglio.
Ginirokami
dovette un paio di volte dare un colpo di tosse per evitare di
scoppiare in una fragorosa risata.
Tuttavia
sapeva che doveva sottomettersi a quella tortura, per cui sopportò.
Fu intransigente solo all'idea che questi ebbero di togliergli il
copri fronte. Era un ninja di Konoha e quello era il suo copri
fronte. Non se lo sarebbe tolto per motivi meno che validi.
Alla
fine gli infilarono degli stivali alti, neri, su dei pantaloni chiari
dello stesso colore della giacca su una camicia bianca. E Raimaru si
legò di nuovo il copri fronte sul braccio destro.
Si
sentiva sotto tortura. Gli stivali lo innervosivano, gli pareva di
dover inciampare a ogni passo, con la percezione del suolo sotto di
sé ostruita. Il colletto inamidato della camicia gli irritava
il collo, e gli indumenti in generale, per quanto di fine fattura,
erano per lo più rigidi e ostruivano i movimenti.
Pensando
al fatto che sarebbero stati tre giorni molto lunghi, uscì
dalla stanza per aspettare Hina.
“Odio
questo incarico...” borbottò diretto a Ginirokami.
Dopo
un momento però, uscì dalla stanza la ragazza.
Le
avevano lasciato anche a lei degli stivali alti e neri, con dei
pantaloni per la battuta di caccia di più tardi però...
I
pantaloni neri le avvolgevano le gambe, dandole ulteriormente un
aspetto lungo e slanciato, sottolineando al contempo la curva dei
fianchi.
Aveva
anche lei la camicia bianca, ma il suo soprabito era scuro, con
intarsi dorati che richiamavano i suoi capelli.
Raimaru,
in quei momenti di fuggevole osservazione si era fatto scappare un
paio di dettagli che ora si chiedeva come diavolo avesse fatto a non
notare.
Gli
abiti ninja erano sopratutto comodi per gli utilizzatori, ma questi
che indossava ora invece valorizzavano le forme di lei.
Era
bellissima.
“Andiamo?”
la sua mistica contemplazione fu interrotta dalla secca domanda di
lei, che però da parte sua si era sentita le gote arrossarsi
sotto lo sguardo del ragazzo.
“Si,
certo” rispose solo lui.
Nella
sala da pranzo, li accolse il Daymo in persona.
Era
un uomo dai capelli neri lunghi, di circa quarant'anni, vestito di
bianco e rosso, con il ventaglio sempre in mano e parlava sempre da
dietro di esso.
“Oh,
ma che piacere, ma che piacere. Sono felice di vedere che Minato-sama
è riuscito a mandare le vostre distinte persone per questa
umile festicciola... ohoh, ma accomodatevi, prego prego...”
Raimaru
si limitò a seguire Hina. Doveva ammettere che per queste
cose, ci sapeva decisamente più fare lei che lui. Anche
se, la buona creanza anche lui la conosceva.
Le
prese la sedia e la fece galantemente accomodare, prima di sedersi a
sua volta.
Le
tavolata era una sola, disposta a 'u' nell'immenso salone. Era piena
di persone, tutte tirate con elaborate acconciature, trucchi pesati
(alcuni anche gli uomini), e vestiti infiorettati, eccessivamente
decorati con fiocchi, medaglie o quant'altro.
I
loro posti erano già preassegnati, e notò subito che
erano stati messi molto vicino al Daymo, segno che li riteneva
importanti e personaggi di spicco.
Mentre
mangiava attivò anche qualche istante il Byakugan tentando di
non farsi notare, per osservare quante più persone insieme.
Trovò
subito un paio di persone che gli erano state fatte notare nel
rapporto di missione che aveva Minato.
Eishi,
il loro obbiettivo. Il tizio che presumevano fosse in contatto con
tipi loschi. Era a poche sedie di distanza da loro. Era un giovane
dalla pelle chiara, gli occhi scuri e capelli corti castano ramato.
Era
vestito bene, e si notava abbastanza in mezzo agli altri nobili.
Esclusi
loro due, c'erano ben pochi giovani nella sala. Per lo più
erano tutte persone oltre la quarantina d'anni, per cui Eishi, con il
suo bel viso pulito e giovane, e, a sentire così una bella
parlantina sciolta, calamitava facilmente l'attenzione.
Un
tipo carismatico insomma. Infatti intorno a sé aveva sedute
tre dame, che lo ascoltavano con aria rapita.
Individuò
anche Murai, il tale che doveva essere il loro 'contatto'. Quello che
li aveva avvertiti dell'illegalità di Eishi. Un uomo quasi sui
sessant'anni, che aveva conosciuto Asuma ai tempi quando era parte
dei guardiani.
Tuttavia
Minato gli aveva ordinato di non coinvolgerlo salvo fosse
strettamente necessario.
Mentre
che lui osservava, Hina, aveva imbandito un piatto, che facendo finta
di nulla passò a Ginirokami sotto al tavolo.
Il
lupo non era estremamente felice della situazione, ma era abbastanza
eccitato dal partecipare alla missione da abbassarsi a rimanere al
gioco.
“Ho
individuato i due...”
“Si
anche io...”
“Per
il momento direi che è meglio immedesimarsi nella parte...”
“è
quello che sto facendo...” con un falso sorriso, si lasciò
coinvolgere nelle chiacchiere frivole di quanti ci circondavano.
Raimaru,
dopo un momento di silenzio, fece altrettanto.
Stava
incominciando a pesargli davvero sta cosa. Doveva tentare di
sistemare le cose prima che diventassero insostenibili...
Il
pranzo fu lauto e occupò alcune ore, che vennero seguiti da un
momento di pausa per lasciare il tempo agli ospiti di digerire prima
di montare a cavallo.
Molti
degli illustri ospiti, naturalmente, avevano i cavalli delle loro
scuderie, purosangue allevati e provenienti da chissà dove.
Loro,
essendo ninja non ne avevano mai avuto bisogno... ma gli furono
forniti dalle scuderie del Daymo.
Hina
ebbe un bel baio, mentre a Raimaru fu fornito un morello.
Il
cavallo però appena si avvicinò al ragazzo, iniziò
a scartare, diventando ombroso, nitrendo e rifiutandosi di
avvicinarsi.
“Che
succede?” domandò il ragazzo, mentre gli stallieri si
scusavano, non capendo cosa potesse avere il cavallo.
“Credo
sia a causa tua...” gli mormorò Ginirokami.
“Mia?”
“Gli
animali sono più sensibili per certe cose. Può essere
che percepisca in parte la tua natura... diversa e ne abbia paura”
Crucciato
Raimaru osservò un attimo l'animale, poi camminò con
calma sino a lui, lasciandosi vedere, osservare, ed evitando di
camminare in modo troppo silenzioso, per evitare che pensasse che
voleva avvicinarsi inosservato, come invece avrebbe fatto un
predatore con cattive intenzioni.
Gli
porse il palmo, osservando gli occhi scuri e intelligenti
dell'animale, che dilatando le froge lo annusò.
“Buono
bello, non ho alcuna intenzione di mangiarti d'accordo?” gli
disse piano, allungando l'altra mano per carezzargli il collo
possente.
D'altra
parte... se un pezzo di lui era yokai, faceva parte della natura, e
questo lo aiutava anche a entrare in empatia con gli animali.
Fece
capire con il tono calmo e i movimenti morbidi al cavallo che lui non
era un pericolo, e alla fine questo si lasciò montare.
Una
volta in sella, lo scudiero gli diede brevi indicazioni di come
guidare l'animale, ma sebbene a Raimaru piacessero i cavalli,
continuava a trovare più comodo andare a piedi... anche se
forse era solo la forza dell'abitudine.
Fortuna
forse voleva, che il cavallo, una volta capito che il cavaliere non
lo voleva come bistecca nel piatto, sembrò prenderlo in
simpatia, per cui si limitò per lo più a condurre lui,
seguendo gli altri cavalli nel bosco retrostante alla villa.
Hina
dal canto suo, sentendo il disperato bisogno di distrarre
l'attenzione dalla sinuosa eleganza di Raimaru, si buttò a
capofitto nella sua parte di 'nobile', rivolgendo la parola ad altri,
chiacchierando allegramente su argomenti frivoli mentre i battitori
andavano avanti per stanare i volatili.
“Ma
forse troverete questi passatempi noiosi, nobile dama” disse
con un sorriso travolgente Eishi.
Non
l'aveva notato avvicinarsi a lei.
“Non
vedo perché, messere. La caccia è di certo un buon
passatempo” in verità non le faceva né caldo né
freddo.
“Voi
siete Hina Namikaze giusto? Siete una ninja. Di certo troverete
patetico questo misero spettacolo...” disse l'uomo indicando
con il mento un gruppetto di nobili di cui alcuni avevano difficoltà
a rimanere in sella tendendo al contempo l'arco, e quando tirarono,
alcuni avevano la mira evidentemente scarsa.
“Di
certo non concluderebbero molto, dovessero mangiare su quello che
catturano” disse infine lei.
L'uomo
rise. “Sono assolutamente d'accordo con voi. Posso sapere a
cosa dobbiamo la grazia della vostra magnifica presenza?”
“Messere
mi state adulando?”
“Non
potrei mai!” disse l'altro portandosi la mano al cuore come
ferito, al che Hina fece una risatina di circostanza. “Tuttavia,
ammetto che la vostra bellezza ha fatto un certo colpo. È
insolito vedere una giovane tra questo circolo di politicanti, ancor
meno di sì tale grazia...”
“Di
questo passo mi farete arrossire, messere... posso sapere il vostro
nome? Sono piuttosto estranea alla politica se devo dire la
verità...”
“Chiamatemi
solo Eishi, signorina. O forse siete già sposata?”
Hina
ridacchiò, fingendo di essere deliziata dalle sue attenzioni.
In fin dei conti l'uomo stava abboccando... o era solo un'astuta
schermaglia? In entrambi i casi doveva mantenere la recita.
“Messere,
mi ritengo ancora giovane per essere già sposata, anche se ho
sentito che ci sono donne alla mia età già maritate,
non è il mio caso. Sono una persona emancipata, una jonin di
Konoha. Ho diciamo... il potere di decidere di me stessa”
“Volete
dunque fare strage di uomini prima di scegliere il fortunato eletto?
Chissà quanti ne avrete ai vostri piedi... ma ora, forse
converrebbe concentrarsi sulla caccia, altrimenti rimarremo indietro.
Mi concedete di accompagnarvi lungo la strada?”
“Con
piacere messere...”
Raimaru,
che da lontano aveva osservato, stava invece pensando che sarebbero
stati giorni estremamente lunghi... e se non sarebbe scappato nessun
morto, sarebbe stata una questione di pura fortuna...
Raimaru,
per distrarsi dalla situazione, s'impegnò a sua volta a
tentare di carpire qualche informazione o comunque nel mimetizzarsi
nella folla di nobili. Ma la cosa gli riusciva difficile. Si sentiva
come un pesce fuor d'acqua e in più vedere come Eishi ci
provava spudoratamente con Hina lo distraeva. E non poteva neppure
dirgli niente.
Hina
stava facendo la sua parte. Se lui aveva abboccato tanto meglio.
Però...
era quanto mai irritante. Sentire la sua risata, vedere i suoi
sorrisi... rivolti ad un altro mentre lui in quei giorni lo aveva
trattato così freddamente... la gelosia lo bruciava tanto che
dovette concentrarsi su altro prima di risvegliare lo yokai per via
dell'emozione violenta che lo pervadeva.
Un
fagiano stava svolazzando a mezz'aria, inseguito dai nobili che
tentavano malamente di braccarlo.
La
povera bestia continuava ad andare avanti e indietro, spaventata a
morte.
“Madame,
le serve quella forcina?” chiese alla signora che aveva
accanto.
Era
una semplice forcina scura, di metallo, che la donna aveva appuntata
al vestito, probabilmente da usare in caso le fossero scappati i
capelli dall'elaborata acconciatura. Abbastanza sottile e acuminata.
Lei
glie la passò, incuriosita dalla richiesta.
Raimaru
la prese tra le labbra, come avrebbe fatto Genma con un senbon. Lo
intrise di chakra, e prendendo la mira, la sputò trafiggendo
il fagiano dritto al cuore, che stramazzò a terra morto.
Quello
che non aveva previsto era che ora, la donna era stupefatta e
allibita.
“Oh!
Ma come hai fatto?”
“Beh,
mi dispiaceva per l'animale. Sarebbe morto di crepa cuore a forza di
sbatacchiarsi”
“Si
ma... con una forcina?”
“Non
avevo dei senbon a disposizione... non era previsto che dovessi
essere armato...” anche se in verità, un paio di
shuriken e un kunai l'aveva nascosti nei vestiti... assieme ad un
piccolo rotolo con le armi sigillate che aveva infilato nello
stivale.
“Hai
una mira eccezionale, giovanotto...” commentò l'uomo
vicino alla signora. Forse il marito di questa.
“Mi
sono solo allenato molto, signore. Nulla di che...” Raimaru si
sentiva a disagio, ma una folla di circa cinque persone, si stava già
assiepando intorno a lui, improvvisamente interessata.
“Ah,
ma tu sei il giovane ninja mandato da Konoha giusto? Qual'è il
tuo nome?”
“Raimaru
Hatake, messere”
Ci
fu una serie di sussulti, seguiti dal mormorio 'il figlio di Kakashi'
e simili.
Ora
si che Raimaru avrebbe voluto scappare.
“Dunque
sei il figlio della 'donna drago'? Tua madre è piuttosto
famosa da queste parti. Le sue doti ninja sono piuttosto
riconosciute. Ci sono alcuni che ancora narrano di quando sono stati
protetti da lei durante viaggi pericolosi sai...”
E
da lì iniziò tutta una sequenza di domande e racconti
di persone che avevano visto, conosciuto o sentito parlare di Lòng.
Evitarono di nominargli direttamente il padre, ma Raimaru lo sentì
diverse volte nei mormorii.
Fu
incredibilmente estenuante, mantenere una facciata garbata e
condiscendente, ma se non altro, la cosa lo distrasse un po' da Hina
e Eishi... anche se non si dimenticò mai di loro due e di
quando in quando lanciava occhiate nella loro direzione per
'controllare'.
Se
non altro, dopo cena riuscì a ritirarsi abbastanza in fretta.
Non credeva avrebbe sopportato ulteriormente i toni lusinghieri che
quell'uomo teneva nei confronti della bionda. Né riusciva a
tollerare ulteriormente il branco di donne curiose che lo aveva
assediato e che gli porgevano mille domande diverse sugli argomenti
più disparati.
Fece
finta di chiudersi in camera, lasciò Ginirokami dentro di
essa, poi, uscendo dalla finestra e tenendosi aggrappato al muro in
perpendicolare con il chakra, fece una breve ricognizione del luogo.
Memorizzò
posizione delle sentinelle, quelle fisse e quelle che invece facevano
ronda, e trovò anche la finestra collegata alla camera di
Eishi, anche se ancora non entrò.
Quando
tornò in camera, fu stupito di trovare Hina che parlava con
Ginirokami.
“Finalmente
che diamine! Dove eri andato?”
“Ho
fatto un giro di ricognizione. Giusto per famigliarizzare con il
luogo” rispose lui.
“Ti
sei dimenticato che devo insegnarti a ballare?”
“No,
certo che no. Solo che mi sembravi impegnata, così ho fatto un
giro per ammazzare il tempo”
La
ragazza arrossì un poco, ma sgombrò una zona da sedie e
altro, perché ci fosse del posto libero, poi fece cenno a
Raimaru di avvicinarsi.
Un
paio d'ore più tardi, erano entrambe nervosi e tesi.
Ginirokami si era eclissato in un angolo in silenzio, vista la
situazione, l'ultima cosa che desiderava era essere messo di mezzo.
Hina,
faceva fatica a restare indifferente, per cui si rifugiava dietro
battute sarcastiche o parole pungenti. Raimaru era frustrato dalla
freddezza della ragazza e non sapeva come appigliarsi per chiedere
spiegazioni.
“Accidenti
Raimaru non così!”
“Che
cosa ho sbagliato ora?” chiese l'altro esasperato.
“Non
sono alti tutti come dei cammelli! Se fai delle falcate del genere
ribalteresti la maggior parte delle dame! Fai dei passi più
corti... più moderati!” rispose quasi rabbiosa lei.
La
tensione era palpabile.
Raimaru
si scostò, alzando le mani.
“Ok,
Hina ora basta. Che diamine succede?”
“Te
l'ho detto non fai i passi...”
“No,
lascia stare ste cazzate. Non stiamo parlando dei passi di danza o
ste menate di sta missione assurda. È da quando sono tornato
che mi tratti come se non ci conoscessimo minimamente. Hai intenzione
di dirmi cosa c'è che non va' o pensi di cancellarmi
direttamente dalla lista delle persone che conosci?” il ragazzo
era frustrato. Rabbioso.
Era
frustrato da lei, dal suo comportamento, e inasprito dalla gelosia
che sentiva nei suoi confronti. Il sapere di non potere alzare dito
non lo aiutava affatto.
Hina
rimase un attimo sorpresa dalla rabbia che vibrava nella voce di lui,
così come dal suo sguardo serio e scuro.
“Quindi
cosa dovrei fare? Far finta che nulla sia accaduto?” ringhiò
lei di risposta. Si sentiva ferita e vulnerabile, motivo per cui,
rispose attaccando.
“Ma
cosa è successo?! È quello che non capisco accidenti a
te...!”
“Ehm...
io vado a fare una passeggiata...” Ginirokami si sentiva
decisamente di troppo. Motivo per cui si dileguò fuori dalla
porta.
I
due rimasero per un istante fermi, senza quasi sentire che il lupo se
ne andava dalla stanza, fissandosi.
“Vuoi
dire che davvero tu non capisci?” la voce di Hina era bassa e
aggressiva. A sua volta rabbiosa. Anche se lei, stava tirando fuori
quell'aggressività solo perché si sentiva ferita, e per
paura, mostrava degli artigli che non aveva.
“Cosa?!?”
“Ora
vuoi farmi credere che hai la coscienza pulita?”
In
effetti un po', gli eventi con Yoruhika, un po' ancora bruciavano al
giovane, che un po' si sentiva in colpa... e l'esitazione di quel
secondo fu la sua condanna.
La
ragazza però, cogliendo quell'istante di esitazione nel
ragazzo, lo prese come una conferma di ogni suo dubbio, l'ammissione
di colpevolezza.
E
gli vomitò addosso tutta la sua rabbia.
“Dimmi
cosa dovrei pensare io! Un giorno va tutto bene e il giorno dopo
scompari nel nulla. Mi vieni a dire.. che... che ti annoio, che non
ti importa nulla di me e non ti fai vivo in nessun modo per quasi un
anno.
Poi...
poi arriva quella... quella... donna lupa o che cazzo sia non
m'interessa, che parla come se ti avesse già in tasca!
Non
m'interessa cosa ci sia stato tra di voi. Ma io a fare la cretina in
mezzo non ci sto!
Ma
non puoi tornare e pretendere che sia tutto come prima! Cazzo!”
Raimaru
però era quanto mai confuso. Sia dall'esplosione di rabbia di
lei, quanto dalle sue parole. Senza contare che il vederla piangere
lo mandava in agitazione come poco altro.
“No,
no aspetta. Cosa?”
“E
smettila di prendermi in giro!” stillò però lei.
“Io
non ti sto prendendo in giro Hina. Che... che diamine è
successo?”
La
ragazza lo ripeté non come meno rabbia, ma questa volta
Raimaru riuscì quanto meno a collegare meglio gli eventi.
“Non
ero io Hina... da quanto mi hanno portato a Gekko nò Joryu non
mi sono mosso di lì sino a due giorni fa... chi diamine...?”
era confuso.
“Anche
ammettendo che non sia stato tu... come la mettiamo con la... cagna?”
sibilò Hina.
“Lupa”
rispose d'istinto Raimaru, rovinandosi con le sue mani.
“Ora
prendi le sue difese?!”
“No
ma..”
“Ma
cosa?”
“Non
è successo proprio niente tra me e lei...”
“Non
si direbbe da come ne parlava lei...”
“Beh...
più o meno ma...”
“Senti,
lasciami perdere. Io con i più o meno non ci convivo ok?
Credevo fossi sincero. Evidentemente ho sbagliato” il tono
deluso, ferito, rassegnato... fece più male al ragazzo che non
se lei si fosse messa a picchiarlo.
“Hina
ma...” se ne andò sbattendo la porta.
Ora
però era Raimaru a sentirsi ferito. Non era nemmeno rimasta a
sentire le sue ragioni!
E
in tutto questo era ricolmo di oscura rabbia. Chi diavolo era ad aver
preso le sue sembianze e ferito Hina? Perché di quello era
certo. Lui non era stato.
E
anche a Yoruhika... ma che cazzo gli era passato per la testa in quel
momento?
Lo
yokai era pericolosamente vicino al destarsi e nelle maree montanti
di furia, dolore Raimaru stava sempre di più stentando a
controllarsi.
Avrebbe
voluto distruggere ogni cosa. Radere al suolo quel palazzo solo per
sfogarsi un poco.
Si
lanciò fuori dalla finestra, correndo sino al parco, si
rannicchiò sotto ad un albero, poggiando i piedi nudi sul
terreno, facendo come gli aveva consigliato Zan'nin.
“Elimina
i pensieri, le sensazioni, tutto ciò che è tuo e
proviene da dentro. Lasciati invece plasmare dal respiro della
natura. Lei non va mai di fretta, e non cambia mai il suo ritmo.
Lasciati placare dal suo battito regolare”
Prese
a respirare lentamente, sino a lasciarsi calmare dalle sue
sensazioni. Escluse a poco a poco le emozioni, lasciandosi invece
invadere dai semplici sensi esterni.
L'aria
fresca che gli carezzava la pelle, la terra sotto ai piedi, i rumori
calmi del bosco dopo la chiassosa battuta di caccia.
Non
fu affatto facile, ma non poteva, non doveva assolutamente permettere
allo Yokai di destarsi.
“Ti
senti meglio?” la voce di Ginirokami lo colse di sorpresa.
“Gin,
non ti avevo sentito”
“No,
eri distratto”
Raimaru
sbuffò.
“Mi...
posso fare qualcosa per te?” domandò il lupetto.
Raimaru
lo fissò un secondo.
“Ci
hai sentito” non era una domanda.
“Non
stavate esattamente sussurrando, e io non ero tanto lontano...”
“No,
non credo tu possa fare nulla Gin, ma grazie del pensiero”
Ci
fu un secondo di silenzio.
“Possibile
che sia stato Zankage a... prendere le mie forme?”
“Non
lo riterrei così insolito, anche se, probabilmente non dovrei
fare fiato in merito...”
“Che
intendi?” “Non so tutto. Come ben sai, sono un lupo
giovane. Però da quanto ho sentito, Zankage odia gli umani.
Parecchio. Viene considerato piuttosto male per questo suo modo di
comportarsi irrazionalmente violento. Sapendo ciò non
escluderei che l'abbia fatto al solo scopo di creare dissenso e
dolore tra voi umani...”
Raimaru
rimase in silenzio un momento. “Credi che Zan'nin e Okamibaba
se la prenderebbero a male, ammazzassi uno dei loro lupi?”
Ginirokami
ridacchiò un poco, prima di capire che Raimaru non stava
scherzando poi così tanto...
“Già,
ma non è stato solo lui... e poi...”
“Lascia
perdere Gin, o se no il lavoro che ho fatto fino ad adesso per
calmarmi non sarà servito a nulla. Andiamo a dormire”
Il
ragazzo chiuse l'argomento seccamente, ma era piuttosto turbato
comunque.
Già
anche Yoruhika, per non dire sopratutto era la causa di tutto ciò.
Capitolo 83 *** 83-Mettersi a posto la coscienza ***
A
Hina, il giorno dopo fu assai più difficile mantenere quel lato di facciata
gentile e affabile. Ma si impegnò al massimo con Eishi. Fosse solo per spegnere
quanto più possibile il cervello, e tentare di buttare un po' d'acqua su
quell'inferno di dolore.
Dei!
Quanto faceva male...
Raimaru
a sua volta era ferito e confuso, ma si riteneva abbastanza bravo a
dissimulare.
Si
confuse nella massa di nobili che vagavano come spersi nel parco, andando a
branchi a destra e a sinistra per cercare gli indizi posizionati da pazienti
servitori per la caccia al tesoro.
Non
stava realmente partecipando.
Era
una cosa tanto banale... senza contare che, dato che erano stati posizionati
tutti dallo stesso servitore, avrebbe potuto seguire la pista olfattiva per
trovare tutti gli indizi, oppure attivare il Byakugan.
Partecipava
quindi assentemente.
“Giovanotto,
non potreste aiutarci?” chiese un gruppo di dame.
Raimaru
si avvicinò, afferrando il foglietto nascosto dietro il collo di una statua, in
alto, dove le signore ingessate nei loro pesanti vestiti erano impossibilitate
di fare movimenti.
Lo
consegnò a loro, con un sorriso di circostanza.
“Tu
sei il ninja giusto? Il figlio di Lòng Hyuga... possiedi il Byakugan vero?”
chiese una donna.
“Si,
signora è così” rispose cortesemente.
“Potresti
trovare facilmente i biglietti degli indizi...” ridacchiò questa dietro al
ventaglio di pizzo.
“Mia
signora, sarebbe poco sportivo da parte mia usare le mie abilità ninja per
trovare gli indizi, non trova? Vi toglierei tutto il divertimento della
cerca...” rispose con un mezzo sorriso.
“Quindi
il Byakugan può davvero vedere attraverso qualsiasi superficie?” domandò un
signore. Forse un marito delle dame.
“Si,
entro un certo limite di distanza...”
Un
tipo che sembrava piuttosto alticcio, e aveva un bicchiere pieno in mano, di
vino rosso almeno quanto le sue gote, intervenne.
“Ahah!
Immagino che il ragazzo lo usi anche per scopi assai più... interessanti che
cercare biglietti della caccia al tesoro! Magari sa anche dirci qual'è la dama
più formosa sotto i vestiti...” fece una risata sguaiata.
Raimaru
però irrigidì la schiena. “Signore, vi pregherei di esimervi da rivolgermi tali
parole. Il Byakugan è un'arma, non un gioco divertente. Inoltre mi ritengo una
persona educata, non un villano” a differenza vostra. Le parole non dette
rimasero in sospeso, ma furono recepite.
“Ragazzino!
Vuoi forse offendermi?”
“Voi
avete parlato e io ho risposto, messere, nulla di più nulla di meno”l'aura di pericolo che però emanò in quel
momento il ragazzo, con lo sguardo serio e diretto, fece desistere anche l'uomo
per quanto alticcio, di continuare, e bofonchiando si allontanò.
“Perdonalo
ninja di konoha, non credo fosse molto in sé” disse l'uomo che prima gli aveva
chiesto del Byakugan.
“L'avevo
capito, motivo per cui se ne sta sulle sue gambe. Con il carattere che si
ritrova mia madre, a quest'ora sarebbe già per terra...” borbottò Raimaru. Era
già una pessima giornata senza deficienti in mezzo.
“Non
parliamo più di quel miserabile. Dicci piuttosto Hatake-san, quali possono
essere gli usi del Byakugan?” gli domandò una donna.
“Oh,
beh, viene usato per rintracciare nemici nascosti a corto raggio, nei
combattimenti ravvicinati per avere colpi più precisi, e a volte a scopi
medici...”
Hina
invece dall'altra parte, a sua volta, provava una certa gelosia a vedere il
ragazzo assiepato dalle donne che lo tempestavano di domande.
Però
era anche concentrata sulla discussione animata che aveva con l'uomo.
Eishi
non l'aveva mollata per un momento.
Le
stava facendo una corte spietata, anche se ancora non comprendeva se stava
fingendo o meno.
Di
certo non provava niente per lei, quello lo capiva dalla freddezza dei suoi
occhi. Ma non capiva se si stava divertendo a giocare con una 'preda' o se
voleva solamente farla diventare una sua conquista...
Per
ora però, per l'uomo era evidentemente una sorta di battuta di caccia, voleva
vedere sin dove riusciva a spingersi.
“Quel
ragazzo è un tuo collega?” gli chiese.
“Si,
perché?”
“è
davvero il figlio di Kakashi Hatake?”
“Certo”
“Vi
fidate di lui?”
La
domanda la irritò un po' ma rispose con calma “Raimaru è un ninja di ottimo
talento. La sua fedeltà a Konoha non è mai vacillata. Così come quella della
madre”
“In
che rapporti sei con lui? Mi sembra di avervi visti parlare insieme, qualche
volta...”
“Oh,
nulla di che. È solamente stato il mio caposquadra per qualche tempo. Mio padre
è il suo maestro, ma nulla di più” mentì con disinvoltura.
Il
ragazzo, che era a poco da lei si volto. I loro sguardi s'incrociarono giusto
il tempo di qualche secondo.
Per
un attimo Hina si chiese perché si stessero facendo male da soli.
Ieri
non lo aveva neppure lasciato parlare alla fine. Però... già. Però.
Tornò
a guardare di fronte a se, un sorriso frivolo incollato alle labbra.
Dei
quanto era difficile. Si sentiva la maschera scivolare via.
“Questa
caccia al tesoro mi annoia. Credo tornerò nelle mie stanze per meglio
prepararmi al pranzo. Spero di vedervi” disse.
“Ma
certo, Hina-san. Vi terrò un posto accanto a me, se lo permettete”
“Con
piacere Ehisi-san. A più tardi”
Andò
sino in camera sua, sedendosi sul letto, strofinandosi il viso.
No,
non doveva piangere ancora. Si sarebbe rovinata il viso e addio alla recita
della brava e maliziosa ragazzina...
Sentì
un 'clik'.
Alzando
lo sguardo vide una lupa grigio argento entrare dalla finestra, e trasformarsi
nella sciantosa umana che l'aveva visitata mesi prima.
“Sei
proprio patetica ragazzina...” disse sedendosi con grazia al pouf di fronte
allo specchio.
Gli
occhi color ambra della lupa la guardavano quasi divertita, mentre accavallava
le gambe in un gesto sensuale, come se le riuscisse tanto naturale da farlo
anche senza volerlo.
Hina
strinse i pugni.
“Dammi una buona ragione per non sfracellarti ogni singolo osso...” ringhiò.
“Oh,
almeno un po' di carattere ce l'hai... beh in primo, dubito che ci riusciresti.
In
secondo, attireresti un tantino l'attenzione e non ti conviene. Oltretutto non
sono qui in veste ufficiale, e al momento non credo che Raimaru sarebbe molto
comprensivo con me, e preferirei non irritarlo...”
Lo
yokai poteva essere piuttosto impulsivo e pericoloso, se stuzzicato
eccessivamente.
“Quindi
lui non sa che sei qui?” domandò Hina circospetta.
“No.
E se non mi ha ancora individuato è solo perché sono stata molto attenta ed è
distratto da altri pensieri. Quindi cerchiamo di farla breve”
Lei
si spazzolò i pantaloni come per togliere qualche granellino di polvere.
Hina
rimase ferma, tesa. E ora sta stronza era lì per cosa?
“In
primo, vorrei specificare che non me ne può importare di meno di te, dei tuoi
sentimenti o di qualsiasi cosa che ti riguardi, dunque, non farti illusioni.
Tuttavia,
non mi piace vedere Raimaru stare male, quindi sono venuta per due motivi.
Uno,
farlo stare meglio, due, almeno un po', riparare alle mie colpe.
Mi
pare evidente che è te che vuole, e anche se sinceramente non ho intenzione di
rinunciare a provarci con lui, mettere un paio di puntini sulle 'i' mi è
d'obbligo per una questione d'onore”
“Parla
chiaro cagna! E poi togli il tuo culo sculettante da sopra il pouf di camera
mia...” ringhiò Hina.
Non
era decisamente d'umore a stare a sentire pazze divagazioni della stronza.
La
donna per un alzò il labbro, un canino luccicante brillò minaccioso.
“Vedi
di startene calma umana. Dato che ti sto facendo un favore...” si schiarì la
voce, come rauca da un ringhio, ora tornò dolce.
“Allora:
mi pare chiaro che tu hai frainteso un paio di cosette. Merito mio d'altra
parte.
Punto
uno: Raimaru non è mai stato nel mio letto.
Punto
due: non che io non ci abbia provato, strano ma vero, sto idiota nonostante la
mia... capacità di persuasione, mi ha piantato in asso e se n'è andato dicendo
“Questo è sbagliato non posso farlo”
Punto
tre: fossi un po' meno cretina, andresti da lui, e gli lasceresti la
possibilità almeno di spiegarsi, perché credimi, ha fatto uno sforzo titanico
nelle sue condizioni per rifiutarmi. Ed è una cosa che come Jinchuriki tu
dovresti capire assai bene.
Punto
quattro: se non ti spicci mi offro io per andare a consolarlo”
Hina
rimase allibita ad ascoltare. Così stupefatta che quasi si dimenticò di provare
una profonda avversione per quella donna, lupa o cane che fosse.
“Come...
come cavolo fai a sapere che sono una Jinchuriki? Te..”
“No,
scema non me l'ha detto nessuno. Puzzi di volpe bagnata come un cane che non fa
il bagno da una settimana. Sono capace di fare due più due sai? Poi con tutto
quello che potresti chiedermi proprio questo mi dovevi domandare? Puah, inizio
a pensare che il ragazzo abbia davvero dei gusti scadenti...”
“Ma..
ma...”
“Eh,
no. Ora la mia parte l'ho fatta, la coscienza me la sento a posto. Ora
arrangiati. Ricordati: se non ti dai una mossa, a consolarlo ci penserò
volentieri io...” con quella velata minaccia, la donna si alzò e ritornando
lupa, usci dalla finestra scomparendo in breve dalla vista di Hina.
Capitolo 84 *** 84-Una famiglia di demoni. Cosa importa ***
Hina rimase un lungo momento a riflettere, prima di decidersi.
Poteva aver mentito?
Si ovvio che poteva aver mentito, ma gli era sembrato fosse sincera e
poi... in effetti un minimo a Raimaru lo doveva. Almeno starlo a sentire.
Si fece forza. Superò il pranzo, che si svolse nel prato, dato che il
Daymo aveva organizzato, data la bella giornata, un allegro pic-nic.
Si congedò da Eishi, dato che avevano tempo per un 'breve pisolino'
secondo il Daymo, prima della recita teatrale.
Attese di essere sola, poi agganciò Raimaru lungo le scale.
“Rai?”
“Si?” la voce del ragazzo era piatta. Priva di emozioni.
“Per caso ieri hai esaminato le finestre di... lui?”
“Sono ricoperte di sigilli per non entrare. Motivo per cui non l'ho
fatto” diretto coinciso. Punto e fine.
“Mh...”
Per un attimo percorsero la strada in silenzio.
Quando furono davanti alla camera, si fermarono. Ginirokami, forse
aveva capito l'antifona e non si vedeva in zona.
“Rai... possiamo parlare un momento?” domandò Hina.
Lui aggrottò la fronte.
“Se deve essere solo una replica del discorso di ieri, lascia perdere.
Messaggio recepito. Preferirei evitare di alterarmi. Sarebbe saggio evitarlo”
Hina non comprese bene cosa intendesse.
“Io... oh accidenti! Ho incasinato di nuovo tutto...” Hina si
mordicchiò le labbra.
Raimaru prese un respiro che lasciò piano. Strofinandosi la fronte, con
aria afflitta.
“Se dobbiamo parlare, almeno evitiamo di farlo in corridoio. Entra”
Entrarono nella stanza.
“Senti... io mi dispiace di non essere stata a sentire. Sai che non
sono una campionessa di pazienza ma... sono stata male ecco. E solo l'idea
che... si insomma mi manda fuori di testa. Il fatto di non riuscire, non potere
prendere le distanze peggiora la cosa”
“Forse dovresti almeno provare ad avere un minimo di fiducia...” disse
piano il ragazzo.
Lei arrossì un poco “Mi... mi dispiace”
Raimaru non sapeva come valutare la cosa. E il fatto che sentisse lo
yokai così inquieto dentro di sé... non lo aiutava a prendere una decisione.
Forse era meglio tenersi lontano da lei, ora che era così... instabile.
Pericoloso.
Lei però gli disse “Spiegami per favore. Voglio... voglio capire sto
casino e togliermi il dubbio”
“A quanto ho capito è stato Zankage a venire a dare notizia che io non
sarei tornato al villaggio per un anno lunare. Per qualche motivo che mi è
ignoto, odia gli umani. Secondo Ginirokami potrebbe aver mentito al solo scopo
di seminare dolore.
Non ti so spiegare il perché. L'unica cosa che posso dirti, è che io
non ho mosso il culo da Gekko no Joryu dal giorno dopo che ti ho detto alla
finestra che ti amavo fino a qualche giorno fa”
“E della... lupa o chi cavolo è?”
“Yoruhika. Anche lei non so perché si sia comportata così. Non le ho
mai detto nulla di compromettente ecco. Anche se... beh forse è meglio che ti
spiego la cosa da capo se no non ci capisci niente...”
“Abbiamo tempo...”
Con un sospiro, Raimaru si decise a dirle la verità. Iniziò piano,
incerto. Anche se prima controllò con accuratezza che non ci fosse nessuno a
origliare o spiare.
Poi a poco a poco, narrò tutti gli eventi alla ragazza, compreso il
rituale e degli allenamenti con Zan'nin.
Non escluse di descriverle il luogo e i suoi abitanti, le attività in
cui lo avevano coinvolto e come aveva conosciuto la bella lupa.
Anche se per il momento tacque sul fatto che questa gli era
praticamente saltata addosso.
“Ora... è difficile tenere a bada lo yokai. Tu che ti lamentavi della
volpe... almeno tu sei solo un Jinchuriki... io sono diventato un
demone...” rise con un po' di amarezza.
Non gli importava troppo di essere giudicato male dagli altri, ma ciò a
patto che le persone a lui più care non lo allontanassero. La mamma lo aveva
comunque accettato. Hina... si sentiva un po' teso a riguardo.
Avrebbe accettato i suoi cambiamenti?
“Quindi con Yo-come diavolo si chiama hai...?”
Raimaru divenne rosso d'imbarazzo. Ok. Questa non era nella lista delle
cose che voleva dire a quella che desiderava fosse la sua ragazza.
“Si beh... a essere onesti, mi è praticamente saltata in braccio. Mi ha
colto alla sprovvista. Per un attimo... è stato come essere... in balia delle
sensazioni. Però si beh... alla fine me ne sono andato. Effettivamente non è
successo niente...” salvo il fatto che ci erano volute un paio di bagni
ghiacciati e prendere a pugni un povero albero per placare i sensi
irrequieti...
Hina ora era divertita. Quello scemo. Glie lo si leggeva in faccia che
stava dicendo la verità. Si insomma, era ancora gelosa marcia della lupa
però... lui l'aveva scaricata. Per lei. Per lei non esisteva prova d'amore o
regalo più grande che potesse fargli.
Per il resto. Poco gli importava che fosse mezzo o tutto demone. Lei
portava un demone dentro di sé. E quello che aveva di fronte, salvo un paio di
canini più aguzzi era ancora Raimaru. Lo sapeva. Lo sentiva.
“C'è già qualcuno che lo sa...? dello Yokai intendo”
“Solo la mamma”
Manco a Minato gli l'aveva ancora detto.
La gioia si stava espandendo dal petto, in ogni parte del suo corpo, ad
ogni battito di cuore. Allora l'amava.
Quanto era stata stupida a dubitare di lui di...
“Senti, capisco se vuoi lasciare stare... forse è meglio così. Lo Yokai
è...”
Non riuscì a finire.
Con uno strillo felice, la ragazza gli era balzata direttamente
addosso.
Fu solo grazie ai riflessi iper sviluppati da lupo, se riuscì ad
acchiapparla al volo.
Gli si strinse al collo, al ragazzo che era tanto stupito da essere
bloccato.
“Ma che vuoi che me ne freghi dello Yokai baka! In famiglia ho una
madre che fa più paura di Kyuubi, io sono un Jinchuriki e mio fratello è quello
dell'altra metà.
Vorrà dire che abbiamo un nuovo demone in famiglia. Beh, benvenuto nel
club!”
Raimaru finalmente si rilassò. Quella era la Hina che conosceva.
La strinse a sé, abbracciandola.
Hina poi si scostò un poco.
“Mi dispiace di non aver chiarito subito e...”
“Non importa” rispose lui. Era semplicemente troppo felice del presente
per rimuginare sul passato. Glie lo diceva spesso anche la madre.
Lòng era solita dire “Ci sono torti che non possono essere dimenticati,
ma per il resto, non farti venire acidità di stomaco per cose che tanto non
possono essere cambiate. Piuttosto gioisci del momento”
La guardò, dritta negli occhi.
“Piuttosto, non mi sembra che tu mi abbia dato un bentornato
adeguato...”
Hina, ridendo, lo baciò.
Si strinse a lui, e finalmente gli diede quell'agognato bacio. Aveva
desiderato farlo dal momento che l'aveva visto spuntare tra la gente nella via
di Konoha.
I due rimasero incollati sino a essere senza fiato.
“Questo si che era un saluto come si deve...” mormorò Raimaru.
Hina rise.
Rimasero vicini, la fronte appoggiata l'uno su quella dell'altro.
Raimaru si stava beando finalmente della presenza di Hina. Era stato
curioso di vedere come l'avrebbe percepita ora che aveva i suoi 'nuovi sensi'.
Ma la cosa non era cambiata poi tanto.
Il suo profumo era l'unico a essere variato di più ai sensi del giovane
Yokai. Profumava di gelsomino, e di quel qualcosa che contraddistingueva una
donna. Una tonalità dolce e femminea, però aveva anche una nota muschiata che
Raimaru riconobbe come 'odore di pelo di volpe'.
Però la cosa non lo infastidiva più di tanto.
Lei gli si era aggrappata al collo, e con le dita gli stava sfiorando
la nuca.
Era una sensazione piacevole. Aveva le dita straordinariamente morbide,
considerato il fatto che anche lei era solita usare armi, e di norma si formano
dei calli naturali su di esse.
Tuttavia non accadde ciò che temeva accadesse, ossia che l'istinto
avesse il sopravvento come era successo (quasi) con Yoruhika.
No. Si rese conto che i sentimenti che provava per Hina erano
radicalmente diversi.
Non erano meno forti ma... proprio diversi. Più profondi, più dolci,
più... morbidi.
Non che non la desiderasse. Avrebbe detto una menzogna grande quando la
villa del Daymo a negarlo ma... l'amore che provava per Hina bruciava più
profondo e calmo, a differenza dei sentimenti violenti che l'avevano colto con
Yoruhika.
O forse si stava solo facendo un sacco di paranoie, perché in quel
momento era semplicemente troppo felice di riaverla con sé che avrebbe anche
fatto le fusa come un tenero micio pur di non interrompere il momento.
“Mi sei mancato...” mormorò la ragazza.
“Anche tu. Tanto...” rispose lui.
Si baciarono di nuovo, con più calma.
“Ti amo Raimaru... lo so che dici che non importa però... mi dispiace
essermi comportata così... ma... ok è stupido, ma avevo paura di perderti...”
Raimaru fece una risata bassa, di gola “Ti amo anche io, biondina
pazza. E dubito seriamente che riuscirai a liberarti di me...”
Rimasero vicini ancora un momento, sguardi e baci che si mescolavano
languidi.
Ci fu un leggero grattare alla porta che quasi li fece sussultare.
“Spiacente disturbare ma la recita sta per iniziare, e vi stanno
cercando...” la voce sommessa di Ginirokami li fece tornare alla realtà.
“Un secondo e arriviamo” gli rispose.
Hina si ricompose, spazzolandosi i vestiti e risistemandosi le pieghe.
Raimaru la imitò.
Prima di uscire però, le prese il viso un'ultima volta, dandole un
bacio morbido, a fior di labbra.
“Sappi che, cercherò di tenere i nervi saldi per ancora sti due giorni,
poi, donna, sei mia chiaro? E non deve esistere nessun'altro”
Hina sorrise, anche se dentro di sé, aveva sentito qualcosa vibrare,
come una corda d'arpa pizzicata, alle parole 'sei mia'.
“Geloso?” domandò con un sorrisetto.
“Come un cane... anzi no, come un lupo” rispose l'altro con un
sorrisetto.
Raimaru
si sedette in una delle ultime file allestite con comode poltrone in un immenso
salone, mentre Hina si dovette sedere vicino al tizio.
Per
Raimaru fu doppiamente difficile concentrarsi su altro e non consumarsi i denti
a forza di digrignarli.
Però
fece il suo dovere di controllare la zona.
Lo
spettacolo iniziò con un vivace cabaret, che fece ridere con satire di
personaggi di rilievo e scene di grottesco impaccio.
Una
volta finito il cabaret però i pesanti tendaggi del vero palco, si aprirono ed
entrarono musici e attori.
Iniziò
la recita di una vera opera teatrale.
Raimaru non se ne intendeva per nulla di opere, però sebbene non ne seguisse
molto la trama, la trovò bella.
Gli
attori, che cantavano avevano voci forti, limpide e pulite. I musici creavano
una sinfonia dietro l'altra con armonia, sottolineando con la musica i momenti
salienti o creando atmosfere tristi o allegre.
Però
Raimaru nel frattempo notò due cose: una, era un capannello di persone che si
stavano agglomerando in un angolo retrostante della sala che avevano un che di
sospetto.
Fece
cenno a Ginirokami e glie li indicò con lo sguardo. Il lupo si alzò, recependo
il messaggio.
La
seconda... fu lo sguardo rapito di Hina. Era messo di sbieco rispetto a lei,
che era più avanti, per cui poteva vedere uno spicchio del suo viso.
Non
sapeva le piacesse la musica. Ma d'altra parte era stata anche una sorpresa il
fatto che sapeva ballare.
Più
tardi le avrebbe chiesto spiegazioni.
Già..
più tardi. In qualche modo sentiva che aveva molto da recuperare con lei...
“Ehi,
che si fa quindi?”
“Dobbiamo
aspettare gli ordini del capo. Stasera?”
“Solito
posto?”
“Sembra
di si...”
“Allora
ci vediamo là. Dobbiamo stare attenti, i due di Konoha sono ninja...”
“Pff,
l'Hokage avrà mandato i due pivelli del momento giusto per far felice
quell'idiota del Daymo”
“Non
saprei, la ragazzina sembra esserci cascata, ma il ragazzo dai capelli
chiari... non so. Mi mette i brividi”
“Non
dire stupidaggini... avrà appena sedici anni...”
“Già
ma non hai sentito? È il figlio dell'Hatake... quello di alba...”
“Sei
troppo credulone Hekian. Fatti trovare in orario al corridoio del terzo piano”
Con
un borbottio i due si allontanarono.
Ginirokami
tornò silenzioso al fianco di Raimaru.
“Qualcosa
si sta muovendo...” borbottò adagiandosi contro la sua gamba come un cane
fedele al fianco del padrone.
Raimaru
non distolse gli occhi dal palchetto.
“Hai
sentito qualcosa di utile?”
“Sembra
che questa sera si raduneranno ad un corridoio del terzo piano”
La
conversazione era avvenuta a voce troppo bassa perché altri 'umani normali'
potessero udirla.
“Bel
lavoro Gin” disse il ragazzo.
Fu
solo questione di attendere la fine della recita.
I
due si separarono amabilmente prima di cena.
Io
la affiancai lungo le scale.
“Stasera
succederà qualcosa”
“Hai
in mente qualcosa?”
“Dovremo
prima di tutto osservarli, dobbiamo rivelare i loro fini prima di metterli nel
sacco...”
“Ok.
Mi cambio e andiamo”
“Forse
è meglio di no” interruppe Ginirokami.
“Eh?”
lei mi guardò stupita.
“Da
quanto ho capito, sembra che pensino che tu abbia 'abboccato'. Il che vuol dire
che Eishi è coinvolto, come sospettavamo. Potresti sempre fare l'ingenua e
distrarlo, se necessario”si spiegò il
lupo.
“Non
mi piace quest'idea...” brontolò Raimaru.
“Però
non si può dire che sia sbagliata... farò come dici Ginirokami”
“Ma...
niente non importa. Facciamola finita” sospirò il ragazzo.
Hina
rise. “Scommetto che stasera farà un passo falso... e noi lo beccheremo”
“Va
bene. Ci vediamo tra un ora”
Raimaru
presenziò ancora ben vestito alla cena, poi rapidamente, indossò i suoi abiti
ninja, e si sfilò le scarpe.
Hina
era assai più impacciata, avendo dovuto tenere un abito addosso.
Aveva
optato per una semplice veste, decorosa ma più informale, ma le impediva
comunque di avere movimenti sciolti, e le pieghe dell'abito frusciavano tra
loro, impedendole di essere silenziosa.
“Odio
questi abiti!” sibilò, mentre si arrotolava un poco la gonna, per riuscire a
muovere meglio le gambe.
“Gin,
pensaci tu a una rapida ricognizione. Individuali, e farò in modo che ci si
possa avvicinare senza rumore” disse Raimaru.
Il
lupo annuì, allontanandosi a passi felpati.
“Odio
questi abiti!” ripeté la ragazza in preda alla frustrazione. “Solo Hanare
riesce a starci dentro porca miseria. Che poi riesce a inciamparsi nella sua
ombra, ma è capace a stare su un tacco dodici. Ci sono misteri nella vita che
non mi spiegherò mai...”
Raimaru
fece una risata bassa.
“E
tu che hai da ridere?!”
“Tendi
a paragonarti troppo ad Hanare, Hina. Ti confronti con lei, la sminuisci ma ti
senti inferiore... senza renderti conto che non c'è paragone proprio...”
Hina
per un attimo si sentì imbarazzata. Lo sapeva che come 'ragazza' lei non aveva
paragone con Hanare: lei era capace a usare i tacchi, a truccarsi, e tutte
quelle cose 'frivole' da ragazze. Mettersi in confronto con ste cose la faceva
sentire un maschiaccio.
Lei,
in fin dei conti, sapeva solo picchiare duro...
Certo,
dava una certa soddisfazione, pestare a sangue quella stronzetta, ma non si
sentiva di rivaleggiare in quel senso...
E
di nuovo Raimaru era stato in grado di leggerle dentro. Come se non bastasse.
Certo
che però non c'era bisogno che rimarcasse la cosa che lei era una totale
incapace come ragazza...
Qualcosa
del suo ragionamento doveva essere sfuggito nella sua espressione perché il
ragazzo di nuovo ridacchiò “E di nuovo non hai capito niente... poi dai a me
del baka. Intendevo dire che è inutile che ti paragoni ad Hanare, perché su
ogni lato in cui lo poni, sei sempre meglio tu...”
Di
nuovo quel sorriso. Quell'espressione un po' birichina che appariva sul volto
del ragazzo... Hina si sentì che le solite farfalle nello stomaco, questa volta
stavano facendo qualche acrobazia aerea...
Hina
si sentì le gote arroventarsi, ma proprio mentre stava per prendere fiato e
dire un qualcosa, che certamente le sarebbe uscito in modo incoerente e confuso
dalle sue labbra...
“Si
stanno radunando nel secondo corridoio ovest” Ginirokami comparve quasi per
magia dall'ombra di una curva.
“Ottimo
lavoro. Andiamo”
“Io
non posso venire in queste condizioni...” mormorò Hina ritrovando il dono della
favella.
Raimaru
si guardò un attimo intorno.
Il
soffitto, era molto alto, e c'erano travi piuttosto spesse che fungevano da
sostegno per lampadari o strutture di vetro decorative.
I
travi erano un po' staccati dal soffitto, e una persona poteva starci
comodamente seduta.
Senza
troppi complimenti, prese Hina in braccio. L'avesse portata lui, non dovrebbero
aver avuto grosse difficoltà nel muoversi.
Infatti
con un paio di salti si ritrovò sulla trave.
Erano
posizionate a ritmi regolari lungo tutti i corridoi. Sarebbe stata una pacchia.
Ginirokami,
dal canto suo, seguì semplicemente gli altri due. In fin dei conti non era un
normale cagnolino. Arrampicarsi su per quelle pareti non gli era affatto
difficile.
Arrivati
nel luogo di raduno, si fecero silenziosi.
Raimaru
fece sedere Hina sulla trave sopra un lampadario. Essendo fatto a 'cono',
faceva luce solo verso il basso, lasciando loro in ombra.
Se
qualcuno avesse guardato all'insù, sarebbe solo rimasto accecato dalla luce
intensa e non li avrebbe visti.
Un
capannello di persone dal viso scuro e fare piuttosto furtivo erano già
radunati. Erano in cinque. Il motivo per cui si fossero radunati lì era
evidente: a quanto sembrava quella zona era in via di ristrutturazione, motivo
per cui, era vuota.
Nessun
ospite o inserviente si aggirava da quelle parti.
Eishi
arrivò qualche momento dopo.
“Allora
che si fa capo?” chiese uno.
“Dobbiamo
prendere tutto. Nella camera del Daymo sono appena arrivati dei rapporti
interessanti. Ve ne occuperete voi due. Voi altri tre invece, occupatevi di
Murai, al solito modo, e portatemi quello che trovate di interessante.
Io
mi occuperò di distrarre il Daymo” disse Eishi.
“Posso
usare di bushin e fermarli tutti...” disse Raimaru.
“Si
ma rischiamo di non riuscire a incastrarli... avranno di certo delle vie di
fuga...”
“Fammi
pensare... fin tanto che il Daymo resta nei suoi appartamenti non rischia: non
uccideranno il Daymo, sarebbe un colpo di stato. Ginirokami, tu puoi comunque
metterti di guardia da lui e proteggerlo.
Io
posso salvare Murai ma Eishi... dobbiamo fare in modo che non scappi”
“Lo
trattengo io” disse Hina.
“Ne
sei sicura?”
“Mi
crede una stupida ragazzina viziata. Sarà facile fargli credere che ho
'abboccato' al suo amo da 'seduttore'. Ci penso io a lui. Tu spicciati a liberarti
degli altri. Io cercherò di temporeggiare al più lungo possibile”
“Ma...”
“Raimaru,
dovere prima di tutto no? E comunque, non preoccuparti. Se allunga troppo le
mani, sono io la prima a rompergli le dita...”
Al
che il ragazzo rise. “Molto bene. Prima facciamo prima finiamo. Pronti? Via!”
I
tre schizzarono ognuno in una diversa direzione.
L'azione di Raimaru in verità si concluse molto
più rapidamente di quanto pensasse.
I tre, entrarono di soppiatto nell'appartamento di
Murai, e si misero a rovistare in cerca di documenti e incarti.
Lui attese giusto il tempo che loro trovarono
quello che cercavano per poterli poi catturare e togliergli di mano il loro
bottino.
Erano ninja così scadenti, che a occhio anche solo
uno dei Genin dell'accademia sarebbero stati in grado di batterli.
Chiese quindi a uno stupito Murai di tenerli
d'occhio finché non fosse tornato con il resto della cricca.
Hina nel frattempo era andata incontro a Eishi,
che subito si stupì di trovarla nei paraggi dell'alloggio del Daymo.
“Cosa fate da queste parti madamigella?”
“Oh, messer Eishi...” fece un sorrisetto timido.
Stava diventando brava a recitare.
“Stavo camminando... anche se, in vero, speravo di
incontrarvi”
“Cercavi me? Mi lusingate. Ma, dunque, eccomi qui!
Desideravate?”
Dritto al punto. Strano per lui. Ma in effetti
sperava di liberarsi di me per poter lasciare campo libero ai suoi uomini...
“Così non vale, messere. Mi mettete in
difficoltà...”
“Io? E come?”
Hina si maledisse, cercando un appiglio a cui
aggrapparsi per continuare la recita e prendere tempo. Doveva ricorrere ai
ripari d'emergenza.
'Al diavolo. Proviamoci. Al massimo lo metto a KO'
si disse.
Hina si avvicinò con fare seducente all'uomo.
“Voi siete un uomo affascinante, Eishi... non
dovreste far dire certe cose così direttamente a una signorina...”
Evidentemente però l'uomo ci abboccò eccome.
Fece un largo sorriso. “Chiedo allora perdono per
essere stato così villano...” disse con un inchino. “Non intendevo certo
arrecarvi offesa... tuttavia...”
A sua volta si avvicinò con fare sicuro alla
ragazza. Credeva di averla ormai in pungo.
“...anche voi avete il vostro fascino, leggiadra
dama...” mormorò l'uomo, carezzandole gentilmente il mento alla ragazza.
Lei provò un moto di repulsione, che la fece
rabbrividire.
In qualsiasi altra circostanza avrebbe preso di
peso l'uomo e l'avrebbe scagliato così lontano da farlo uscire nel giardino
anche se c'erano quattro muri di mezzo.
Ma questa volta strinse i denti e mise su un
sorriso di circostanza.
L'uomo invece scambiò quel brivido di disgusto per
impazienza, e si disse che forse, non c'era nulla di male nel giocare un po'
con il topo prima di mangiarlo.
In fin dei conti quella biondina, mica era poi
così male... anzi. Aveva le curve giuste nei posti giusti... sarebbe stato un
ottimo bocconcino nel suo letto...
Quando però si chinò per baciare la ragazza lei si
scostò un poco.
Hina aveva il cervello che lavorava a mille,
inveiva contro l'uomo, pensava a una risposta plausibile da dare, e pregava che
Raimaru la sbrigasse MOLTO in fretta.
“Messere... vi prego... non qui in mezzo al
corridoio...” disse solo infine.
L'uomo se la ghignò dentro sé stesso. Lei voleva
fare la timida? Va beh, l'avrebbe accontentata.
“Vi prego, se desiderate, il mio appartamento è
qui vicino...” la voce dell'uomo si era fatta rauca. Si era totalmente
dimenticato del Daymo, con il sangue che gli abbandonava il cervello.
“Fate strada...” rispose un sorriso suadente.
Mentre l'uomo la prese con poca grazia da un
braccio, e cercando di tenere un sorriso sulle labbra borbottò tra sé e sé
“Cazzo Raimaru spicciati!”
Ginirokami da parte sua, aveva seguito la pista
dell'odore del Daymo per trovarlo.
Per un po' si sedette di fronte alla porta di
questo. Poi gli venne un idea. Si.. ce la poteva fare.
Entrò dentro l'appartamento del Daymo.
“Signore è entrato un cane...” strillò una delle
inservienti.
“Un cane?” lui andò sino dall'uomo.
“Oh, ma è la bestiolina del ragazzo di Konoha,
forse si è smarrita...” dèi quanto odiava quei patetici umani quando facevano
così...
Sbuffò “Non mi sono smarrito, sono qua per parlare
con lei”
L'uomo quasi fece una capriola all'indietro,
ribaltandosi lui con il divano.
“Ha parlato! Ha parlato!”
“Certo che ho parlato! Patetico umano! Tsk! Ora
invece che strillare come un pollo mi ascolti! Ci sono degli uomini che
vogliono entrare nel suo appartamento, e ho bisogno della sua
collaborazione...”
Questo però continuava a fissarlo coprendosi con
il suo ventaglio, come se, se avesse tenuto il ventaglio tra lui e Ginirokami,
quest'ultimo sarebbe sparito come un brutto sogno.
Con un sospiro, Ginirokami pensò che forse, se
avesse preso la sua forma umana, l'uomo si sarebbe sentito più rassicurato.
Così fece.
“Senta signor... Daymo. Mi ascolti. Sono un lupo
del monte Gekko no Joryu, sono amico di Raimaru e lo sto aiutando in questo
momento. Mi segue?”
Il Daymo si era perso un momento nel fissare le
orecchie da lupo del ragazzo che aveva di fronte, ma alla fine annuì.
“Ci sono persone che vogliono dei rotoli che si
trovano qui. Appena lei lascerà quest'appartamento, loro entreranno per
rubarli”
“Allora... allora basta che io resti?”
“No, perché in questo modo, io non posso
catturarli. Lei ora mi fa la cortesia di alzarsi, e uscire con tutto il suo
seguito e andare a farsi una passeggiata. Io li attenderò qui dentro e li
catturerò ok?”
“Va... va bene”
“La ringrazio” rispose il lupo soddisfatto.
Così, quando Raimaru giunse negli alloggi del
Daymo trovò Ginirokami tranquillamente accovacciato sui due corpi senza sensi
dei due delinquenti, i rotoli rubati ancora stretti tra le mani.
Congratulandosi con il lupo, una volta che questo
gli ebbe raccontato in breve cosa aveva fatto, consegnò anche i due nelle mani
di Murai, e si precipitò verso le stanze di Eishi.
Inutile dire che aveva il terrore di cosa poteva trovarci,
anche se era certo che Hina non si fosse lasciata avvicinare da quel tipo...
però... beh. Inutile dire che se prima era geloso, come umano... da quel senso,
essere diventato Yokai, l'aveva reso ancor più possessivo.
Entrò dentro la stanza senza fare troppi
complimenti, spalancando la porta.
La scia di odori lasciata dai due prometteva poco
di buono. L'odore dell'uomo si era fatto più pungente e questo di solito
indicava uno stato di eccitazione...
Era una cosa che faceva involontariamente il corpo
di ogni persona o animale. Una reazione inconscia ecco.
Zan'nin aveva impiegato parecchio tempo a
insegnarmi queste sottigliezze del fiuto. Si poteva anche intuire quando un
animale era ferito o spaventato dal fiuto. Quando gli animali, cosa acuita in alcune
razze, erano allarmati, tendevano a secernere alcuni ormoni che servivano allo
scopo di mettere in allarme gli altri elementi della loro razza del fatto che
era presente un pericolo.
Ma, come gli aveva insegnato Zan'nin, un attento
cacciatore poteva sfruttare questa conoscenza a suo vantaggio.
Un umano spaventato invece tendeva a sudare di
più. E questo aiutava però un inseguitore a seguirlo, poiché il suo odore si
faceva più intenso.
Invece trovò Eishi con lo sguardo perso nel vuoto
e un rivolo di bava che colava dall'angolo della bocca seduto sul divano, un
sorriso ebete sulle labbra.
Hina si stava aggirando intorno alla scrivania,
con aria assorta.
“Che diamine è successo?” domandò Raimaru,
confuso.
“Dubitavi forse che potessi cavarmela da sola?” disse
lei alzando un sopracciglio.
“No, no, certo... ma... cosa hai fatto?” chiese
curioso lui.
“Il bastardo non ha perso tempo... come ho messo
piede nel suo appartamento ha provato a saltarmi addosso. Era così allupato...
ups, scusate il termine...” aggiunse visto la smorfia che comparve sia sul viso
di Raimaru che Ginirokami che storse il naso “...che non si è accorto che gli
ho lanciato in extremis un genjutsu. Sai che faccio abbastanza pietà in quel
campo... e non voglio immaginare cosa sta 'vivendo' ora...” disse la ragazza
con una smorfia disgustata.
Per un attimo i tre guardarono con aria schifata
l'uomo.
“Però...” riscosse l'attenzione Hina “... mentre
che quello se ne stava lì a grugnire e sbavare, ho cercato un po' nei suoi
documenti... ho trovato un bel po' di cose.
Ne abbiamo più che a sufficienza per spedirlo in
galera per il resto dei suoi giorni.
Inoltre, le supposizioni di papà erano giuste. Era
un ricettatore di informazioni.
Stava nella corte del Daymo, fingendosi un buon
cortigiano, nel frattempo raccoglieva tutte le informazioni utili, a volte
rubandole, o addirittura compiendo piccoli omicidi mirati per rubare
informazioni più ghiotte, che poi smerciava a organizzazioni criminali.
Insomma, era diventato un punto di riferimento per
ogni criminale che volesse avere qualche informazione in più per un colpo...
quelle che però credo siano dell'Akatsuki o altre bande più grandi, sono ben
poche, e ben criptate. Dovremmo portarle alla squadra decrittografica”
“Ottimo lavoro... ora non ci resta che consegnarli
tutti quanti al Daymo. A quanto ne so, ci sono ancora alcuni dei Guardiani che
organizzano alcuni ninja per la sicurezza del Daymo, se ne occuperanno loro”
E così fecero. La situazione, per la serata si sbrogliò abbastanza in fretta.
Il Daymo determinò colpevoli tutti quelli
catturati da Hina e Raimaru, e li fece scortare via da un gruppo armato
capeggiato da un ninja.
E i due poterono andare a dormire.
Erano entrambe soddisfatti, anche perché, questo
voleva dire che il giorno dopo, avrebbero potuto godersi la permanenza al
palazzo senza ulteriori scocciature.
Il mattino dopo, si ritrovarono di nuovo a
cavallo.
Raimaru e Hina però, questa volta rimasero
insieme, seguendo la folla di nobili, parlando affabilmente con tutti, però chiacchierando
anche tra di loro.
Ora che il lavoro era svolto, potevano rilassarsi.
“Tu non partecipi alla caccia?” gli chiese Hina,
dopo un po'.
“Dovrei?”
“Da quel che mi hai raccontato del tuo tempo con i
lupi, ti hanno fatto cacciare spesso...”
“Mhpf. Non credo che ci sia molta soddisfazione a
cacciare qui... la varietà di prede che c'è a Gekko è molto più ampia... e
molto più difficile da catturare dei polli che ci sono qui.
Inoltre Zan'nin non approva che si uccida ciò che
poi non si mangia.
Gli animali che ci sono qui, sono stati
evidentemente allevati da uomini, e poi rilasciati per fare da bersagli a
questi... signori. Si avvicinano troppo fiduciosamente”
Hina lo guardò un momento. Si, in effetti era
cambiato parecchio... anche se questo non le faceva sentire meno farfalle nello
stomaco a guardarlo.
“Insomma, lo troveresti poco stimolante, cacciare
qui?” parafrasò.
Non era che l'argomento fosse poi così
interessante... ma era per il semplice desiderio di... parlare con lui. Sentire
la sua voce.
“La competizione non è un granché... insomma,
qualsiasi Genin appena uscito dall'accademia saprebbe fare di meglio...” disse
accennando con il mento verso alcuni nobili che ridevano, schiamazzando e
facevano correre i cavalli appresso un pennuto. Una pernice, forse.
“Non posso darti torto...”
Il ragazzo estrasse un senbon dallo stivale per
terminare le sofferenze di quella povera creatura, nel momento in cui venne
sgraziatamente trafitta all'ala da una maldestra freccia.
E con un solo lancio preciso, la uccise.
“Allora... stasera c'è il Galà...” disse Hina,
cambiando argomento.
“Non me lo ricordare...” mugugnò Raimaru.
Lei rise di cuore, cosa che questa volta fece
girare il ragazzo a guardarla.
Le piaceva il suo sorriso, come gli piaceva la sua
risata. Terminava sempre in una sorta di gorgheggio che gli sembravano
un'armoniosa scala di note.
“Dai, non è poi così terribile...”
“Piuttosto, sei tu ad avermi sorpreso... e da
quando hai imparato a ballare?”
Lei arrossì in modo delizioso, prendendo una
graziosa sfumatura cremisi sulle guance.
“In verità... mi è sempre piaciuto. Qualche anno
fa, io e Ryuko ci infiltravamo la sera nella scuola di danza per osservare...”
“Anche Ryuko?”
“Uhm-Uhm” disse lei a mo' di affermazione.
“Non lo sapevo...”
“Ehm... ecco, non l'abbiamo mai detto a nessuno.
Siamo entrambe provenienti da una famiglia di ninja. Lòng sa danzare giusto
perché faceva parte del 'pacchetto' che una nobile Hyuga deve saper fare... mia
mamma neppure quello.
Insomma, la gente sembra che ti guardi... storto,
quando esprimi un apprezzamento su queste cose. Come se solo perché siamo ninja
non dovremmo saper far altro che rompere le cose...”
“Cosa che sia tu che mamma sapete fare
benissimo...” la punzecchiò il ragazzo.
Lei gli fece una smorfietta, come per mettere un
finto broncio, che fece sorridere il ragazzo.
Dei cani, usati di solito per battere il terreno e
far levare in volo i volatili tra i cespugli, si insospettirono nel sentire un
odore diverso dal solito.
Ginirokami, si era messo a sua volta a girovagare
in cerca di qualcosa di interessante, visto che Hina e Raimaru si erano messi a
parlare.
I due erano inequivocabilmente innamorati. Quando
chiacchieravano tra di loro, il resto del mondo sembrava perdere sostanza e
importanza per loro.
Era una cosa che Ginirokami capiva e non lo
infastidiva. Raimaru era suo amico, ma questo non significava di certo che
dovesse sempre stargli tra i piedi.
Anche se... quando era con lui provava sempre una
sensazione strana. Che ancora non si spiegava. Una sorta di... devozione.
Ancora non capiva, ma stava prendendo una seria
decisione di indagare nella questione.
Si stava di nuovo avvicinando ai due.
I cani però iniziarono a puntare lui. Forse
attratti dal suo odore... diverso, ma non umano.
Si misero ad arrivare in massa intorno a lui,
abbaiando come forsennati.
Il cavallo di Hina e un paio di nobili lì vicino
però, presero ad imbizzarrirsi, spaventati dal fracasso dei cani, stranamente
aggressivi.
Raimaru, reagì d'istinto. Senza pensare.
Mostrò i denti, ed emise un cupo brontolio di
gola, molto simile a un ringhio, e proiettò verso i cani un'ondata di potere
dello Yokai.
I cani, come tutti gli animali, sono istintivi. Le
loro percezioni sono diverse da quelle degli umani. Loro videro solo un altro
animale ringhiare contro di loro e il potere che li attraversò, un chakra che,
essendo in parte anche misto all'energia naturale era ben chiara agli animali.
Si sentirono attraversare dallo sguardo bianco di
quella strana creatura, e per loro fu ovvio di trovarsi di fronte ad un predatore
più potente di tutti loro.
Si buttarono in terra a pancia all'aria guaendo,
in segno di resa.
“Co-cosa hai fatto?” chiese Hina, allibita,
riportando il cavallo alla tranquillità, mentre il capo-canile veniva a
recuperare i cani, chiedendo scusa in continuazione per il loro strano
comportamento, assicurando che non avevano mai fatto così prima d'ora.
“Non... non lo so. Ogni tanto le mie reazioni mi
stupiscono tutt'ora...” mormorò Raimaru in risposta. Era davvero allibito anche
lui.
“Credo che tu abbia usato quella che gli umani
chiamano 'l'aura del cacciatore'. Me ne hanno parlato gli anziani...”
intervenne Ginirokami.
“Davvero?” fece Raimaru.
“Cosa sarebbe?” domandò Hina incuriosita.
“Zan'nin me ne aveva accennato qualcosa... dal
momento che non sono più interamente... ecco umano... alle volte posso
diciamo... palesare maggiormente la mia natura diversa.
Gli animali sono più sensibili per certe cose”
“Ai loro occhi l'ondata di potere che Raimaru ha
emesso senza volerlo è stato come... per un serpente scoprire che il topo che
ha davanti, in realtà non è un topo ma una mangusta. Hanno capito di trovarsi
di fronte a un predatore più forte di loro e si sono arresi”
“Ho reagito senza pensare... scusa”
“Mica è successo niente!” gli disse Hina con un
sorriso. In verità lei era un po' affascinata da queste novità.
Invece Raimaru era turbato. Alle volte gli istinti
che provenivano dalla sua 'parte nuova' erano così impulsivi che non ci pensava
proprio, prima di agire. E aveva sempre paura che un giorno o l'altro, avrebbe
finito con il fare una cazzata a causa di questa... impulsività.
Passarono il pomeriggio sui giochi da tavolo, Raimaru ancora un po'
impensierito dagli eventi dalla mattinata, non si impegnò veramente, ma
comunque, riuscì a tenere sul lastrico con la sua intelligenza buona parte dei
nobili che lo sfidarono.
Quando finalmente arrivò sera, i sarti lo
agghindarono con un abito sobrio e scuro.
Si sentiva irritato da quegli abiti così...
rigidi. Privi di flessibilità che lo ingessavano nei movimenti.
Però ogni sua irritazione, si spense come una
candela buttata in acqua non appena vide Hina.
La ragazza indossava un bellissimo abito blu
scuro, con un leggero scollo, che le lasciava visibile il morbido incavo del
collo.
Le maniche a tre quarti terminavano in un lungo
pendente a 'v'.
I capelli erano raccolti in una crocchia che in
qualche modo esaltavano i lineamenti raffinati della ragazza e il grazioso
collo. Una sorta di catenella d'argento con delle stelline era stata poggiata
sul capo fermata nei capelli, partendo dalla crocchia e rimaneva adagiata
appena sopra la fronte, facendola sembrare una sorta di coroncina.
Il vestito era aderente nei fianchi, risaltandone
la curva, sottolineando la vita flessuosa, e nel contempo la pienezza del seno
senza però essere troppo malizioso.
Mentre poi terminava in un'ampia e bella gonna.
Si adeguava davvero a lei, raffinato ma non troppo
elaborato. Grazioso ma senza eccessi. Ne esaltava la bellezza senza però essere
volgare o lasciarne troppa pelle nuda.
Raimaru dovette ammettere di dover impiegare un
lungo momento prima di ripristinare la connessione dei neuroni tra di loro, e
ridare corrente al sistema nervoso che era andato un momento in blackout.
Hina fece una risatina nervosa. “Sembro una
cretina?” domandò al ragazzo.
Non era da lei vestirsi così. Non si sentiva
nemmeno sé stessa, conciata in quel modo.
Raimaru invece stava valutando il fatto che anche
lei era cambiata molto in quell'anno in cui si era assentato. Era meno ragazza,
più invece una giovane donna.
“Sembri una principessa” le rispose invece lui, a
corto di altre parole.
“Quindi, mi farai l'onore di ballare con me? Anche
se non ti piace?” le domandò lei. Ora l'utilità del ballare era venuta meno,
essendo finita la missione.
“Scherzi? Mi toccherà farlo tutta la sera per
evitare che un sacco di uomini troppo vecchi per la tua età ti sbavino
addosso... anche se...”
Il ragazzo esitò un secondo, mentre porgeva
galantemente il braccio alla ragazza, che s'affrettò a raggiungerlo.
“...non credo che la cosa mi dispiacerà troppo...
visto che ci sei tu...”
La ragazza non riuscì più a trattenersi e lo
baciò, lì dove si trovavano, lungo la tromba delle scale.
“Grazie Raimaru...”
“E di cosa?”
“Tu mi rendi felice” e mi fai sentire in pace con
me stessa come poche altre volte in vita mia sono mai riuscita a essere... vuoi
per via della volpe, vuoi per tante altre cose... pensò Hina senza dirlo ad
alta voce.
Il ragazzo le baciò la fronte, prima di continuare
la camminata verso la sala da ballo le disse“Vederti sorridere è lo spettacolo più bello del mondo”
La serata era trascorsa straordinariamente bene, e Hina, anche ora, il
giorno dopo le sembrava di galleggiare a una spanna da terra.
Raimaru, come promesso aveva danzato praticamente sempre con lei. Gli
erano bastati quei due giorni per diventare discretamente bravo a muoversi, e
il fatto di avere l'attenzione di lui e sentirsi così... amata, le bastava a
sentirsi al settimo cielo.
Persino un paio di cupi borbottii di disgusto della volpe, non
servirono a nulla e non le guastarono minimamente l'umore.
Alla fine della serata era persino riuscita a ricattare il ragazzo con
la storia di 'Yoruhika', visto che lui si sentiva ancora in colpa per la cosa e
aveva ottenuto la sua promessa di 'chiedere quello che voleva'.
“Facciamo come se avessi vinto la scommessa?” aveva domandato il
giovane, capendo che il realtà Hina lo stava solo stuzzicando con quella
storia, e non c'è l'aveva più veramente con lui.
“Quindi posso chiederti di fare una cosa a caso?”
“Anche se spero di evitare delle mutande a cuoricini. È
raccapricciante...”
La ragazza si era fatta una grassa risata. “Nah, non preoccuparti.
Senza contare che poi dopo dovrei cavare gli occhi ad Hanare se ti incontrasse
sulla strada...” aveva risposto lei.
Così in verità, lungo la strada del ritorno stava rimuginando un po'
sulla cosa.
“Posso chiederti come mai odi così tanto le scarpe?” gli domandò la
ragazza.
“Ehm... credo sia un tratto acquisito dai lupi...” le spiegò
dell'addestramento alle percezioni.
“Se prima eri strano lo stai diventando ancora di più... anche se, non
posso dire che la cosa mi dispiaccia...” disse Hina per contro.
Ginirokami si era allontanato con la scusa di volere un po' di carne
cruda per pranzo.
Rimasero in silenzio per un po'.
“Senti Raimaru, una cosa però in effetti mi è venuta in mente... ma ora
che torniamo a Konoha...?” non sapeva bene come formulare la domanda.
“Cosa?” domandò lui.
“Si beh, cosa facciamo?”
“Riguardo a cosa?” lui era sempre più confuso.
“Uffa! Ma certe volte sei proprio duro come pietra di comprendonio!”
sbuffò lei.
“Ehm...” lui invece proprio non capiva a che si riferisse.
“A noi!”
“Cosa dovremmo fare scusa?”
Lei lo fulminò con lo sguardo.
All'improvviso la comprensione lo folgorò “Ah, tu dici rispetto agli
altri!”
“Buongiorno...” borbottò sarcastica lei.
Lui però rise. “E che vuoi fare scusa? Io dico semplicemente di non
mettere i manifesti, non ha mica bisogno di sapere tutta Konoha che stiamo
insieme no? Se no fai pure quel che vuoi... per quel che mi riguarda la cosa
non mi disturba mica...”
“Ma quindi stiamo insieme?”
Raimaru la guardò con un punto interrogativo stampato in faccia.
Inclinò il capo da un lato. “Non era ovvio?”
A quelle parole, lo stomaco della ragazza fece diverse capriole all'indietro.
Però le venne un'idea più furba da applicare...
“Non mi sembra tu me l'abbia chiesto...” questa volta però nel tono di
voce di lei c'era un sorriso trattenuto che lui intuì.
Con una risatina, l'abbracciò baciandola. “Allora rimedio: vuoi essere
la mia ragazza?”
Lei, stordita dal bacio, riuscì però a dire: “Non saprei...”
Lui per contro la baciò di nuovo, più volte.
“D'accordo d'accordo... sai essere convincente, l'ho capito...”
s'arrese lei, ridendo.
Lui si staccò a sua volta ridacchiando.
“Ora forse è meglio accelerare un po' il passo, se no arriviamo
dopodomani a casa...”
Al loro arrivo alla foglia, l'Hokage si complimentò per l'ottimo lavoro
dei due ninja, e fu abbastanza piacevolmente sorpreso nel vedere che i due
andavano di nuovo d'accordo.
Sarebbe stato meglio per tutta la squadra.
Nel giro di un paio di settimane, rimise in moto la squadra Kasai di
Raimaru, con tanto di Genma e Raido appresso.
E i ninja si reintegrò nella sua normale routine di allenamenti,
missioni e quotidianità.
In più di quando in quando, la sera (o pomeriggio, o quando capitava
che avevano tempo libero) usciva con Hina.
Raido lo aveva accolto subito di buon grado il suo ritorno, mentre
Genma fece un poco di più il sostenuto.
“Certo che sei proprio un... ingrato. Pigli, te ne vai per un anno, poi
ritorni come se nulla fosse... non si fa così sai?”
“Si, anche a me fa piacere rivederti Gen...” rispose per contro ridendo
il ragazzo.
“Mi devi ancora una partita di carte, due ciotole di ramen, un bento e
quattro monete. Non pensare che me ne sia dimenticato”
“Si, si, anche io ti voglio bene. Ora andiamo?”
Ginirokami sembrò integrarsi altrettanto bene. Alle volte seguiva
Raimaru, quando questo glie lo consentiva, altre invece rimaneva in casa.
Sembrò prendere in simpatia Ryuko. E quindi Raimaru lo mandava
volentieri in missione con lei. Si sentiva più tranquillo a pensare che c'era
il lupo a proteggerla.
Ginirokami non era il più potente della scala gerarchica dei lupi, ma
era comunque più forte della maggior parte dei Genin o chunin.
Anche Lòng prese in simpatia il lupo, e presto considerò anche lui
parte integrante della famiglia.
Una delle sere in cui i due stavano rientrando da una missione, Naruto
arrivò tutto sparato davanti a loro, che stavano ridendo.
“Ehi, Raimaru! Hina!”
“Che c'è nii-baka?” chiese Hina.
“Cosa stavate facendo?” Naruto si stupì da solo della domanda. Ma in
qualche modo, il vederli a ridere insieme, da soli, vicini... aveva fatto
suonare una campana stonata nella sua mente...
“Siamo appena tornati da una missione...” gli rispose vagamente Hina.
Non aveva voglia di stare a spiegare a Naruto che Raimaru era il suo ragazzo.
Di certo non avrebbe capito e avrebbe fatto qualcosa di stupido...
Raimaru sembrò capirla e disse in aggiunta “... e stavamo ridendo delle solite
scene di Genma. Quell'uomo non sa tirarsi indietro davanti a una sfida a
carte...”
I due risero.
Il ninja aveva spennato sino all'ultima moneta il poveraccio che
l'aveva sfidato con tanta tracotanza... che poi se n'era dovuto andare senza né
pantaloni né dignità.
Gli aveva lasciato giusto le mutande... e solo perché gli dispiaceva
farlo andare via con i gioielli di famiglia al vento di fronte alla sua
compagna di squadra... almeno, così aveva detto.
Hina invece aveva riso come un'invasata tutto il tempo del ritorno.
“Comunque... che volevi?” domandò di nuovo Hina.
“Ah! Si, ora che mi ricordo... domani sera c'è festa in paese, volevano
anche fare i fuochi d'artificio... volevo chiedervi se vi va' di venire anche a
voi per una cena tutti insieme prima della festa in piazza”
“Tutti insieme chi?” chiese Raimaru.
“Ci saremo tutti noi... sai, io, Sakura, Shino, Shika, Ino, Kiba,
Hinata, tutti insomma...”
“Quindi alla fine quella poveretta di Hinata esce davvero con te?” se
la ghignò Hina.
Naruto fece un broncio quasi carino... “uffa non è giusto che mi prendi
sempre in giro...”
“Naru-baka sei il mio fratellone, ti prenderò in giro fino a che
camperò...” ridacchiò lei. Però la nota d'affetto nella voce c'era, e fece
sorridere anche Raimaru.
“Alla fine allora ce l'hai fatta a metterti insieme a Hinata?” gli
chiese Raimaru. Certe cose se le era perso per strada...
“Ehm.. si...” rispose Naruto arrossendo un pochettino.
Raimaru però ridacchiò bonariamente “Era ora!”
“Dopo la cena ci sarà di nuovo il gran ballo in piazza come l'anno
scorso?” chiese Hina al fratello.
“Che io sappia si...” rispose lui un po' confuso.
Di solito alla fine, loro membri del sesso maschile, si sedevano sul
bordo della piazza, con una birra rubata chissà dove o con qualche bibita e
stavano a guardare e chiacchierare.
Non gli interessava di certo ballare.
“Raimaru tu vieni?” gli chiese Hina con gli occhi che scintillavano.
Lui sbuffò “Non bastava il gran galà del Daymo?” sospirò, ma
trattenendo un sorriso.
In fin dei conti, per far felice lei, lo avrebbe fatto anche tutte le
settimane.
“Beh, puoi sempre restare con noi. Credo che Kiba voglia poi continuare
la festa con una sorta di campeggio nel parco... dopo i fuochi di mezzanotte
dico. Mamma e papà ci hanno già dato il permesso...” disse rivolto a Hina, non
comprendendo le implicazioni della frase di Raimaru.
“Allora?” chiese lei.
“Va bene, vengo anche io. Non credo che la mamma abbia niente da
ridire. Al massimo farà venire anche Ryuko e Ginirokami”
“Bene, allora ci vediamo domani sera!
I due ragazzi continuarono un po' per la strada in silenzio.
“Secondo te esiste il modo giusto per spiegarlo a Naruto?” domandò
Raimaru.
“No. Non senza ricorrere a qualche cazzotto...”
“Potremmo farglielo capire con calma?”
“Non credo. Quello ha gli occhi foderati di salame... non vedrà nulla
sino a quando non glie lo sbatteremo sul naso... e in quel momento sarà tanto
non avere un attacco di Kyuubi..”
Raimaru rise “Dai, ora stai esagerando un po'...”
“Uhm...”
“Dai ci vediamo domani sera... ora vado da Ryuko... voleva parlarmi di
un nonsoquale esperimento che sta conducendo. A quanto pare sono un 'soggetto
geneticamente interessante da studiare'”
“Cosa? Tua sorella ti usa come cavia?” domandò lei divertita.
“A quanto pare... anche se le ho fatto promettere di distruggere tutto
alla fine delle sue ricerche, dei campioni dico.
Preferisco che il potere degli Yokai rimanga fuori portata dagli altri
ninja. Non per... avidità di potere o cose del genere... però... è pericoloso”
Hina si rese conto che il viso del suo ragazzo era stranamente serio.
“Io stesso sono sopravvissuto per miracolo, e solo perché comunque, ho ricevuto
un'adeguata preparazione. E secondo i lupi possono sopravvivere a un simile
processo quasi esclusivamente i discendenti che portino sangue Hatake nelle
vene.
Se si mettessero a fare esperimenti... potrebbe essere peggio delle
cavie che usò Orochimaru per l'arte del legno. Almeno quelle morivano e basta.
Uno yokai scatenato sarebbe un problema di tutt'altra entità...”
“Non ti preoccupare. Non succederà nulla del genere. A domani...”
I due con un leggero bacio, si salutarono e tornarono alle reciproche
case.
I ragazzi si radunarono quindi prima di cena di
fronte al locale.
Arrivarono praticamente tutti.
La squadra 10, con Ino, Shika, Cho, la squadra 8,
anche se Hinata arrivò con Naruto, e della squadra 7, al posto di Sasuke arrivò
Sai, che era stato invitato anche lui.
C'era pure Neji, Tenten e Rock Lee, Hanare,
Konohamaru, Moegi e Udon.
Ryuko era rimasta a casa, e con lei Ginirokami. Il
lupo aveva detto che restava a 'farle compagnia' dato che Lòng non c'era.
Raimaru, che era davvero un bel po' che non vedeva
il gruppo al completo, si trovò sorpreso nello scoprire di essere diventato il
più alto del gruppo.
Si erano vestiti tutti mediamente bene, anche se,
i ragazzi, come lui avevano avuto l'idea di mettersi degli abiti che fossero un
giusto incrocio tra comodità e sobrietà.
Solo Naruto aveva la sua solita irrinunciabile
tuta arancione.
Sakura, dal canto suo, era davvero un bel po' che
non vedeva il ragazzo. Anche prima che andasse dai lupi, non è che proprio lo
incrociasse tutti i giorni...
Che una volta tanto Ino avesse avuto ragione anni
fa?
“Ehi Saukra-chan hai visto?” disse Ino mentre i
ragazzi entravano nel locale, e Naruto, che aveva preso la prenotazione del
tavolo andava incontro al cameriere.
“Cosa?”
“Non farmi ridere... l'hai guardato anche tu con
gli occhi sgranati come un gufo”
“Non ho idea di cosa parli...”
“Se vai ancora avanti con sta finta, capisco
perché tu sia una perdente simile in amore Sakura...” le sibilò rabbiosa Ino.
“Ok, ok. L'ho visto e allora?”
“Allora avevo ragione io?”
“Su cosa?” fece la finta tonta la rosa.
“Sul fatto che avevo detto che Raimaru non avrebbe
avuto nove anni per sempre, fronte spaziosa. E non fare finta di non
ricordartelo. Sei una perdente, ma hai una buona memoria...”
“Sai una cosa Ino-pig? Vai al diavolo”
Però doveva dar ragione alla testolina bionda
platino.
Allora aveva risposto “Ha nove anni, e non ha il
fascino di Sasuke” però doveva ammettere che si era ripreso alla grande il
ragazzo. Il fascino ora non gli mancava.
Anche lui, come il moro aveva un... nonsoché che
sembrava dire 'è pericoloso'. Solo che se Sasuke sembrava più... 'tenebroso'
con il 'fascino del maledetto'. Raimaru era meno oscuro, ma aveva più l'aria di
un... arma ben affilata. Di un predatore sempre pronto alla battuta di caccia.
Dava l'aria di dire... che se fossi stato tu, la sua preda, saresti stato
spacciato senza possibilità d'appello.
Inoltre, non difettava neanche di bellezza fisica.
Era alto, asciutto e muscoloso, i lineamenti perfetti, ben delineati e virili.
Solo... ma da quanto aveva quei canini così
pronunciati?
Comunque, tra una chiacchiera e l'altra, tutti si
sedettero al tavolo.
Raimaru tenne Hina bel vicina a lui, così che
quando si sedettero, riuscì a tenersela vicino, ed ebbe persino l'incredibile
fortuna che all'altro lato gli si sedette Hinata, con poi al seguito Naruto,
mentre Hanare finì vicino a Rock Lee.
Quello di cui fu meno felice, è che all'altro lato di Hina si sedette
Konohamaru.
Però la ragazza ci scambiava semplici amichevoli
chiacchiere, e anche lui fu coinvolto abbastanza nell'allegra rimpatriata da
riuscire a evitare di cadere in preda alla gelosia.
Aveva scoperto in quelle due settimane, che lo
Yokai era assai possessivo, e ormai riteneva Hina 'sua', e mal sopportava che
altri gli si avvicinassero.
Era strano il rapporto che aveva il suo lato umano
con quello Yokai, e ora che aveva ripreso i 'rapporti umani', se ne rendeva
maggiormente conto.
Erano uno influenzato dall'altro.
Nel senso, che, se la sua parte umana spesso
finiva subissata dall'istinto dello yokai, la parte Yokai era invece
influenzata dai sentimenti umani.
Aveva capito che, lo Yokai aveva esteso la sua
'gelosia possessiva' o comunque, il suo istinto di protezione a tutti coloro
che la parte umana amava maggiormente. Lòng, Ryuko, Hina, Minato, Naruto,
Genma... erano tutte persone che anche il 'vecchio Raimaru' era particolarmente
affezionato.
Ora lo Yokai li vedeva come una specie di... 'membri del branco', che lui, come
lupo aveva il dovere di proteggere.
Anche se, questa cosa era piuttosto ancora
contorta e difficile da comprendere.
La comunicazione tra umano e demone era ancora
piuttosto debole e confusa.
Gli vennero rivolte molte domande, ma
fortunatamente, anche gli altri sembravano ognuno ansioso di raccontare la
propria, per cui, non fu l'unico bersaglio.
Dunque anche la cena fu inaspettatamente
divertente.
Scoprì poi che Naruto non era l'unico ad aver
trovato una ragazza.
Shika si vedeva con Temari, anche se questa al momento
era impegnata a Suna, motivo per cui non era lì con loro.
Sai era in uno stato 'precario' con Ino. Ossia i due si vedevano ma erano
non-ancora-o-comunque-quasi-non-del-tutto fidanzati.
A quanto pareva alla fine la bionda si era stufata
di aspettare che Sasuke cadesse dall'alto, quindi si vedeva con lo strano
ragazzo dalla pelle così pallida da sembrare che portasse il cerone.
Choji a quanto sembrava, aveva stretto una
relazione con una ragazza che lavorava in un negozio di pasticceria, però
sembravano ancora agli inizi, per cui arrossì e balbettò per tutte le domande
che gli posero gli amici.
Tenten invece sembrava avere una relazione con il
serio Neji.
Il castano era cambiato radicalmente dopo lo
scontro che aveva avuto con Raimaru, e i due non si portavano benché
minimamente rancore.
Rock Lee, invece era ancor sempre la copia sputata
di Gai.
Quando si spostarono all'esterno, Kiba, gli offrì
con una certa insistenza del Sakè ma il ragazzo si limitò ad un assaggio, e poi
lo rifiutò.
“Eh dai Raimaru, ci capita raramente di
festeggiare...! e poi non mi capita tutti i giorni di mettere mano alla riserva
di sakè di Tsunade... e pensa che sono riuscito a soffiargliela proprio sotto
al naso...”
“No, grazie davvero Kiba. Non ne sono certo, ma
potrei diventare assai peggio di Rock Lee, perdessi la lucidità, e non mi va di
provare l'esperienza...” rispose mortalmente serio il giovane.
Qualcosa nello sguardo di lui, fece desistere
Kiba, che con una strizzata di spalle, andò a tampinare Shino con il sakè.
“Credi che il demone potrebbe emergere?” gli
domandò Hina in un soffio, vicino a lui.
“Non lo so. Forse. In fin dei conti io avverto
come due... coscienze diverse in me, ma siamo la stessa cosa. Se mi ubriaco io,
probabilmente lo sarebbe anche lui. Però... è la mia volontà a tenerlo a nanna,
perdessi l'inibizione potrebbe destarsi e... non lo so. Ma non credo sia il
caso di provarlo.
Probabilmente sarei abbastanza pericoloso da dover
far intervenire Minato per fermarmi, e non so se ne uscirebbe indenne”
“Beh, è comunque un lupo no?”
“...si...” rispose confuso lui.
“Dici che non potrei convincerlo con un osso e un
grattino a stare buono?” ridacchiò lei.
Raimaru scoppiò a ridere. “Può darsi...”
La ragazza aveva scoperto giusto qualche giorno
prima che per far perdere ogni volontà al ragazzo bastava carezzarlo sulla
nuca.
A quanto pareva, nel suo retaggio 'da lupo' aveva
assunto anche la debolezza alle coccole sul capo...
Nella piazza l'orchestra aveva iniziato a suonare
e pian piano, si stava riempendo di coppie di tutte le età che ballavano.
“Che ne dici se...” aveva iniziato Hina.
Raimaru sapeva già dove voleva andare a parare,
però un qualcosa gli fece formicolare il collo.
“Ahi-Ahi. Guai in vista....” fece solo in tempo a
dire.
“Cos-?”
“Raii-Kun!!” il tono squillante perforò i
sensibili timpani del ragazzo giusto mezzo secondo prima che la Uchiha gli
saltasse al collo, prendendolo alle spalle.
La ragazza era vestita con un provocante abito
rosso scuro, che ben si abbinava alla chioma nera.
“Ehi, Rai-kun, stasera sei proprio elegante... Che
ne dici di ballare con me?” domandò la ragazzina, continuando a essere
agganciata al suo collo.
A Hina stava già iniziando a gonfiare una vena
sulla tempia.
Raimaru però con un gesto sciolto, si tolse le
braccia da intorno al collo.
“No, Hanare”
“Ma dai, ci divertiamo e...”
“No. Non mi piace ballare, motivo per cui, lo
faccio solamente per la mia ragazza” fu la secca risposta di Raimaru.
Non gli era mai piaciuto l'eccessiva confidenza
che si prendeva la ragazza. Ora, meno che mai. Lo infastidiva.
Hina non riuscì a non infierire nemmeno un po'.
“Già ti ringrazio Hanare... è tutto merito tuo...” con un sorriso, prese la
mano di Raimaru, dirigendosi verso la piazza, e tirandosi dietro il ragazzo,
che però un po' dispiaciuto lo era. Più che altro perché comunque Hanare, per
quanto sciocca, era comunque parte della loro 'famiglia allargata'.
“Non dirmi che ti dispiace per lei...” gli mormorò
Hina, vedendo il suo sguardo.
“Solo un po'”
“A me no. Con tutto il nervoso che mi ha fatto
mangiare...”
“Sei un tantino vendicativa quando ti ci metti...”
“Ho i miei buoni motivi...”
“D'accordo volpacchiotta, balliamo”
“Come mi hai chiamato?”
“Volpacchiotta”
“Uhm...”
“Che c'è?”
“Non so se mi piace...”
“Perché no? Ti si addice... e poi, forse voi 'umani'
non potete sentirlo, ma credimi al mio naso e a quello dei lupi, l'odore della
volpe si sente eccome... anche se a me, personalmente non da fastidio. Fa parte
di te, ma non copre quello della tua pelle”
“Da-davvero?”
“Buona parte dei sensi dei lupi si basano appunto
sull'olfatto. Potrei trovarti ovunque, con quello... sopratutto perché conosco
bene il tuo profumo”
Hina si sentiva un po' imbarazzata, anche se era
evidente che quello espresso dal ragazzo era un complimento.
“Che c'è ora?” gli domandò lui.
“Non sapevo di sta cosa... quindi vuol dire
che...” si sentiva un po'... imbarazzata a chiedere una cosa del genere.
“Dai spara. Per quanto sia strana la domanda non
può essere niente di idiota come una delle domande di Hanare...”
Questo fece ridere Hina e riuscì a tirarle fuori
quello che voleva chiedere.
“Volevo dire, che per te ora gli odori sono
importanti quanto la vista?”
“Non l'avevo mai valutato da quel senso... ma... a
pensarci bene, credo di si”
“Davvero?”
“Si. Zan'nin mi ha addestrato fino allo stress
perché usassi quanto più possibile gli altri sensi oltre la vista. Facevo
troppo affidamento sul Byakugan secondo lui. E dopo aver ricevuto i sensi del
demone... in effetti ho usato sempre meno il Byakugan. Probabilmente anche
volendo, ora come ora non riuscirei più a tornare a essere 'come prima'.
E, che per stasera, ho fatto anche lo 'sforzo' di
mettermi i sandali...”
Hina ridacchiò. Ma gli piacevano le stranezze di
Raimaru. Erano sue. Uniche. Particolari. Solo di quel ragazzo. Del suo ragazzo.
La persona che amava da così tanto tempo...
“Inoltre, in genere trovo che sopratutto per le
persone che più mi stanno vicino, lego gli odori a sensazioni.
Ad esempio, il profumo della mamma, di solito mi
da una sensazione di calore. Non so perché ma ha sempre avuto la proprietà di
calmarmi...
Ryuko invece è... 'morbido'. Non so, ma è
difficile spiegare gli odori a parole.
Ginirokami da una sensazione di 'frizzante'”
“Kiba?”
“Lui puzza di cane, e non è la stessa cosa dei
lupi. È un odore un po' irritante per me. Però ha anche addosso odore di erba,
e foglie. Probabilmente perché passa tanto tempo nei boschi.
Anche Shino ha un po' di quell'odore... però lui è
una tonalità più... cupa. Non so se esiste un odore di 'formichiere' ma se c'è,
lui c'è l'ha!”
“Rock Lee?” ora Hina si stava divertendo.
“Sudore. Sangue. Ha sempre dei graffi aperti sulle
mani. Come al solito si allena troppo”
“Naruto?” chiese Hina divertita.
“Inquieto. E anche lui ha una punta di... muschio
che mi ricorda la volpe..”
“è incredibile quello che senti solo con il
naso...” disse Hina, veramente un po' ammirata e stupita.
Mentre che parlavano, i due avevano continuato a
ballare.
“E io?”
“Uhm...”
“Avanti, dimmelo... ora sono curiosa”
“Non so... è complesso. Anche per via del fatto
che tu susciti diverse emozioni in me, quindi mi è più difficile descriverlo”
“Però...” Hina esitò un momento “... ti piace?”
osò infine domandare.
Il ragazzo sorrise. Come aveva già capito, in
realtà sotto l'atteggiamento duro e ironico che teneva, era una ragazza molto
fragile. Cose che però lui amava di lei.
“Si. Tantissimo. Come ti ho già detto, lo conosco
così bene che potrei trovarti anche in capo al mondo... o riconoscerti tra
migliaia di persone”
Fece un respiro e provò ad accontentarla “Sai di...
gelsomini, con una tonalità morbida, leggermente dolce. C'è anche una nota
più.. bassa di dolce, che di solito contraddistingue le femmine in generale, ma
la tua la trovo più... spiccata forse. È una tonalità... buona piacevole. La
tonalità muschiata della volpe fa da contrasto al resto più dolce, ma
nell'insieme armonizza, anziché spezzare”
“Cavolo ho bisogno di una doccia...” provò a
uscirne con una battuta lei.
“Nah, l'hai appena fatta. Quando sei arrivata
stasera, si sentiva ancora un po' di umido tra i capelli, e... scommetti che
indovino che tipo di sapone hai usato?”
“Ora mi fai paura...” disse lei però con un
sorriso.
Lui però si chinò, posandole le labbra sulla
fronte e sentendo il profumo di lei più forte.
“Semplice sapone di Marsiglia e uno shampoo che sa
di zucchero...”
“Ribadisco: sei spaventoso...”
“Spiacente, ma l'unico modo per evitarlo, è
mettermi una molletta al naso, ma dopo faticherei alquanto a respirare a bocca
chiusa...”
A solo pensare di vedere il ragazzo girare con una
pinza da bucato sul naso, la fece scoppiare a ridere.
“Non importa. Ti terrò così come sei, anche con il
naso da super segugio...”
“Oh, gentile concessione da parte sua...” ci
scherzò lui.
“Lo so, sono troppo brava... non mi merito un
bacio?”
“Almeno due...” confermò il ragazzo.
E si chinò per concederglieli. Lì in mezzo alla
folla. I due innamorati, erano troppo persi in sé stessi perché gli importasse
qualcosa del mondo che li circondava. C'erano loro, e questo bastava l'uno
all'altro.
Si fermarono lì, tra la folla. Scambiandosi un
bacio sincero.
Quello che non sapevano, era il fatto che erano
stati osservati.
Non appena Hanare aveva accennato al verbo 'ballare'.
Tutti i ragazzi si erano sentiti inquieti.
Sai venne costretto da Ino, ad almeno provare a farlo, mentre Rock Lee, provò a convincere Sakura a insegnargli qualcosa.
“Tu Hinata sai ballare?” gli chiese curioso Naruto.
“S-si. Mio papà ha fatto dare lezioni da un maestro sia a me che Hanabi-nee”
“Wow non lo sapevo...”
“Non... non è nulla di poi così complicato...”
“Tu dici... a vedere come ballano credo mi si incrocerebbero i piedi...”
“Basta iniziare con calma”
“Credimi Hinata, se eviti, ti salvi soltanto da diversi pestoni ai piedi...” la tolse dall'impiccio Sakura.
“No-non credo che Naruto-kun sia così impacciato...”
“No, probabilmente è peggio...” gli diede il colpo di grazia la rosa, però alle orecchie del biondo era giunto solo il complimento della mora, per cui gli fece un sorriso smagliante.
Nel contempo Hanare era rimasta pietrificata a fissare i due ragazzi che ballavano, ridevano tra di loro. Sereni e spensierati.
Quindi alla fine quella dannata biondina l'aveva avuta vinta.
“Cooosa?” era terribile.
Beh, un po' se lo aspettava, però vederlo con i suoi occhi era tutto un altro affare...
“Hina e Raimaru... stanno insieme?!?” fortunatamente non lo gridò, per cui l'unico che lo sentì fu Konohamaru, che guardandoli ballare, sentì tutte le sue speranze, di riuscire un giorno a conquistare Hina, spezzarsi.
“Cosa? Ma io dovevo sposarla e diventare Hokage...”
Così i due caddero in depressione insieme, con Moegi e Udon che cercavano di farli riprendere.
“Ehi, Sakura-chan...” chiamò Ino, che era rientrata visto gli scarsi risultati di Sai.
“Hai visto? Raimaru si che è un galant'uomo, sa anche ballare!” gridò la bionda verso la rosa.
“Davvero?”
“Guarda!” e gli indicò il ragazzo in questione.
Anche se comunque, non era poi così difficile da trovare, visto che era alto e con un'insolita chioma argentea.
Sfortunatamente, dato il tono di voce trillante della ragazza, l'avevano sentito praticamente tutti, che si ritrovarono a fissare il loro compagno di scuola che si muoveva con eleganza.
Kiba rise “Pfff... ma chi se lo immaginava più che quel pazzo sapesse anche ballare...?”
“La danza è un'ottima arte seduttiva. Molti animali la praticano per cercare il partner ideale” commentò Shino.
“Si grazie, chiederò di nuovo a te, mi servisse un'enciclopedia...” ribatté Kiba.
Ogni tanto i modi di fare sempre un po' stravaganti dell'amico lo infastidivano un poco.
“Con chi sta ballando?” chiese Choji, incuriosito.
Shikamaru aprì un occhio dal muretto dove si era coricato, per buttare un'occhiata.
“Sembra... Hina” disse Kiba.
“Si è lei” confermò Hinata.
“E brava la ragazza che si è conquistata il fustacchione...” approvò Ino.
“Cosa? Conquistato che?” Naruto all'improvviso si riebbe dal coma.
Sua sorella che ballava? Raimaru sapeva ballare? Era assurdo! I ninja combattono mica ballano! E se proprio doveva pensare che qualcuno fosse in grado di farlo i due non erano in cima alla sua lista.
Il fatto che stessero ballando insieme era peggio che mai, e alla parola 'arte seduttiva' di Shino, aveva fatto partire le valvole a vapore del suo cervello, che ora fischiavano come una teiera imbizzarrita.
Improvvisamente calò il silenzio.
“Insomma... avrà perso una scommessa, o qualcosa del genere no?” chiese agli altri, in cerca di rassicurazioni, ma i ragazzi che si erano fatti stranamente silenziosi.
I suoi sensi da 'fratello maggiore' stavano andando in visibilio.
Kiba avrebbe voluto spararglielo in faccia, l'evidenza. Ma si sentiva come a tradire il suo amico, il che lo mise in silenzio.
Sai però, non fu della stessa idea. “A vedere da come si baciano, direi di no”
“B-b-b-ba-ba-”
“Naruto è partito...” sospirò Shikamaru, prevedendo guai.
“Sai, potevi startene zitto però...” gli sibilò Kiba.
“Mi sembrava evidente... oltre che inutile tentare di nasconderlo. Loro non si stanno mica nascondendo...”
“Ci sono modi e modi di dire le cose però...” intervenne Ino.
“...ba-baciano? COSA?”
Strabuzzò gli occhi, che quasi gli caddero dalle orbite.
Oh, si quello era un bacio eccome. E quella era sua sorella eccome. Erano pieni di difetti. In prima cosa non erano a una distanza decorosa l'uno dall'altro. Erano troppo vicini, anzi decisamente appiccicati.
In secondo. Quella era sua sorella.
In terzo: quella era sua sorella!
Come diavolo si permetteva di... di.. baciarla, toccarla o anche solo respirare a meno di cinquanta centimetri da lei!
Oh, no. No. No. No.
Proprio non andava. Affatto. Per niente.
“Fermate..” Kiba fece troppo tardi. Naruto era già partito. “...lo.” sospirò.
Raimaru dovette nuovamente ringraziare le sue percezioni estremamente acute.
Riuscì a tirare Hina dietro di sé e a inclinarsi così velocemente da schivare il gancio destro diretto di Naruto.
“Cosa diavolo credi di fare con mia sorella?” strillò infervorato.
“Naruto calmati...” pessima scelta di parole.
Il biondo ancor più irritato lo afferrò per la maglia scuotendolo.
“Farai meglio ad avere una buona spiegazione...!” aveva già il pugno dell'altra mano chiuso, pronto al lancio.
“Naruto siamo in mezzo a una piazza, conteniti. E poi...”
Hina spuntò da dietro la schiena del ragazzo. “Idiota guarda che io e Raimaru stiamo insieme” semplice, fredda, diretta, coincisa.
Dalla faccia di Naruto sembrò gli fosse arrivata un'incudine in testa.
“Co-cosa?! E non me lo avete neppure detto?! E da quando poi?”
“Temevo facessi l'idiota come hai appunto appena fatto...” fu la lapidaria risposta di Hina.
“Si però non potete ma... non...” era impallato. Non riusciva proprio ad accettarlo!
Qualcuno metteva le mani 'addosso' alla sua sorellina, e proprio non riusciva a digerire la cosa. Sentiva di doverla proteggere. Era troppo giovane per certe cose...
Ora fu Hina a prenderlo per la tuta, e con uno scrollone trascinarlo lontano da Raimaru, che aveva preferito non mettere becco tra i due fratelli.
“Prova di nuovo a fare una scenata del genere e ti lancio dall'altra parte di Konoha... sono stata chiara?”
La mente di Naruto però stava ancora rifiutando la cosa e cercava un appiglio, un qualsiasi appiglio.
“E mamma e papà lo sanno?” chiese.
Ora si erano avvicinati anche gli altri, se necessario, per salvare la pelle a Naruto da Hina.
Si, perché, se Raimaru si sarebbe limitato magari a schivare, o alla peggio a stordirlo, Hina non era così magnanima.
D'altra parte era figlia di Kushina e allieva di Lòng.
Il pericolo che uccidesse accidentalmente il fratello, c'era...
“La mamma lo sa praticamente da sempre, e papà credo l'abbia capito da un pezzo...”
“Su-suvvia Naruto-kun, non credo ci sia motivo di arrabbiarsi tanto...” riuscì a tirarlo via Hinata.
Naruto, si lasciò riportare di nuovo al bordo della pizza, però rimase seduto sul muretto con il broncio.
“Non mi piace sta cosa...” borbottò.
“Perché mai?” gli chiese Kiba.
“Non lo so. Ma non mi piace. È mia sorella”
“E allora?” fece Shino.
“Mia sorella uscisse con qualcuno e mi stesse meno con il fiato sul collo ne sarei felice...” brontolò Kiba, la cui sorella maggiore era più scalmanata di lui.
“R-Raimaru-kun è una... una brava persona. Mi ha sempre aiutato. Anche quando altri mi davano della fallita” si sentì in dovere di difenderlo Hinata.
Gli era anche ancora grata del fatto che avesse preso le sue difese davanti a tutti, quella volta alle selezioni dei chunin. E poi, anche dopo, la aveva aiutata a migliorarsi con le tecniche marziali, quando ormai lui la superò.
“Lo so però...”
Questa volta fu Ino a intervenire “La guardi dalla prospettiva sbagliata, Naruto”
“Uh?”
“Tua sorella, anche per me che la vedevo abbastanza spesso ai corsi di medicina, l'ho sempre trovata una ragazza molto chiusa in sé stessa. Spesso quasi al limite del triste.
Non mi ha mai dato molto l'impressione di una persona che stringe amicizia facilmente.
Però, da che ho memoria, Raimaru gli è sempre piaciuto. Certe cose, le ragazze lo capiscono...
Dovresti invece essere contento che lui la sta facendo felice, ed essere felice che lei lo sia, se davvero le vuoi bene”
La ragazza, così come Hina, nonostante le loro brillanti maestre, avevano scelto di seguire anche il corso di medicina per avere maggiori opportunità di studio.
Naruto dovette pensarci su un momento per afferrare le implicazioni della cosa.
“Guarda, quando mai hai visto tua sorella così?” lo incitò Ino, indicando i due.
Raimaru si era chinato a dirle qualcosa all'orecchio, e la ragazza rideva spensierata, con gli occhi umidi d'ilarità.
Però il suo viso era veramente libero, spensierato, gli occhi scintillanti di felicità.
“Su... suppongo tu abbia ragione...” dovette ammettere Naruto.
Era un tipo cocciuto. Ma se sua sorella era contenta così... e poi Raimaru era stato il suo primo amico, ancor prima di Sasuke. Almeno una piccola possibilità doveva lasciargliela no?
“E va bene, avete vinto... ma al primo passo falso...” lo ammonì a distanza.
Ino tappò la bocca a Sai, che certamente stava per tirarne fuori una delle sue, e sorrise con il resto del gruppo.
In fin dei conti, Naruto era un baka, ma un baka di cuore.