Along the Death

di Elgas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Il mondo era cambiato; l’aveva percepito fra le mura della cella; ora, nella ritrovata libertà,
esso si presentava sporco, deturpato. La morte giungeva in forma di nebbia oscura, così
avevano sussurrato le guardie più volte, galoppava vorace e senza grazia, abitata da spiriti
rancorosi.
« La chiamano Mietitura. Ah…! Finora era rilegata alle Isole Ombra, massimo Bilgewater,
così hanno riferito le nostre spie… ma ora ha infettato l’intero continente, qui è così da
mesi ormai. »
Jhin inspirò, continuando a dare le spalle al suo interlocutore. Dall’alto delle mura esterne,
la prigione di Tuula giaceva silenziosa; nessuno avrebbe osato disturbarli; il potere dei
monaci finiva là dove iniziava l’ombra del Consigliere e il riflesso metallico di Sussurro.
Assaporò l’aria densa di nebbia, la quiete immobile di un giorno nascente… e infine,
come un ospite indesiderato, la morte, leggera e innaturale, figlia di un potere antico,
così grande da spezzare pure il decantato equilibrio di Ionia. Un palcoscenico rovinato.
Irritante.
« Vista la natura del problema perché non rivolgersi a Shen, a qualche ordine… a Irelia? »
« Il figlio di Kusho e la Danzatrice delle Lame… sono fin troppo intransigenti, lo sai. Non
avrebbero mai accettato di… sporcarsi le mani. »
Jhin si voltò, un sorriso divertito a rigargli il viso. L’ometto sussultò; il viso gonfio e
sudaticcio, le mani fregate in una calma nervosa. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di
non essere lì; dal canto proprio Jhin stava facendo di tutto pur di aumentarne il disagio,
solo così poteva assicurarsene l’assoluta verità e toglierselo in fretta dai piedi, la vista
cominciava a irritarlo, più di quanto lo stesse facendo il paesaggio.
« Capisco… chi devo uccidere? E quale dono riceverà il Consiglio? »
« Andrai a Shurima… », annunciò in un breve spruzzo di coraggio, « … abbiamo preso
accordo coi Khan a nord del Grande Sai. Incontrerai Atem Thoth nella sua città, Kenethet.
Risolvi il loro problema Jhin… in cambio avremo dieci reliquie, reliquie appartenenti
all’antico ordine delle Sentinelle della Luce. Le uniche, come ben sai, in grado di contrastare
la »
« Come ben so? »
« Sì…! Insomma… Kusho deve avertene parlato durante la prima prigio »
L’agitazione si trasformò in puro terrore, la voce accartocciata in una supplica sconnessa.
L’uomo afferrò la gamba destra, la tirò quasi volesse strapparsela mentre il fiore girava su
se stesso, deliziosamente.
« Accetto la missione, Consigliere Ikari… in onore dei vecchi tempi. Inoltre non posso
permettere che il mio palcoscenico venga ulteriormente deturpato. La morte… solo io
posso plasmarla, darle la vera bellezza. Per quanto riguarda Kusho… cosa ci siamo detti
allora non riguarda nessuno di voi. »
Il loto girò un’ultima volta. Fiorì. Un loto leggero, costruito per non fare male, non troppo.
Urla, il sangue a tingere la fredda pietra. Sorrise. Un inizio perfetto.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il quarto dattero sembrò più dolce degli altri. Lo gustò facendo vagare lo sguardo sul ricco
tavolo imbandito di ogni esotica delizia. Ricco come il sontuoso palazzo in cui il il Signore
della Guerra l’aveva ricevuto in vece di artista. Il viaggio non aveva presentato grosse
difficoltà e Jhin aveva potuto assaporare le bellezze e le contraddizioni di quell’antica terra,
dove stranamente la Mietitura colpiva con meno forza. A Shurima il lusso si mischiava alla
miseria; masse di schiavi facevano da cornice a facoltosi mercanti e Signori della Guerra;
oro, gioielli e tesori trafugati da tombe millenarie spiccavano in mezzo al fango e alla
polvere. La morte, quando giungeva, spesso era per fame o a causa di guardie incapaci
di trattenersi verso gli ultimi.
Afferrando quel pensiero, riportò l’attenzione sul Khan Atem, comodamente seduto sul
divano accanto, il corpo flaccido esaltato da variopinti cuscini e sete. La morte incombeva
su di lui, persistente ma nebulosa, tipico di chi la temeva, incapace di accettarla. Del resto
con la recente scia di omicidi fra i signori della guerra, non poteva aspettarsi diversamente,
una scia disegnata male, senza grazia. A parte questo dettaglio origliato fra taverne e
carovane, Jhin non aveva intuito altro; il Khan si stava muovendo lentamente, cercando
di accaparrarsi ogni tipo di servizio.
« Dunque potrei commissionarvi un ritratto. A titolo personale ovviamente. »
Un uomo noioso, banale. Se aveva tanta voglia di sfogarsi lontano dalla moglie, che
continuasse a farlo su giovani schiavi.
« I miei dipinti hanno un grande valore… sul giusto mercato s’intende. Anche se », risolse
lo sguardo in basso, la giovane donna chinò il capo, l’imbarazzo a confondersi coi lividi
sulle guance, « prediligo fiori più particolari », e bloccando l’irritazione dell’altro
aggiunse, « non credevo gli schiavi fossero ancora così diffusi. La voce del vostro rinato
imperatore non è ancora giunta qui? »
« Oh… non pensavo vi interessaste di politica », bofonchiò Atem guardingo, il fumo del
narghilè a nascondere i folti baffi.
« Giusto qualche nozione mentre ero in viaggio. »
« Beh... da queste parti sono in pochi a voler seguire Azir, nelle altre città non è diverso.
Rinunciare ai commerci con le vicine colonie noxiane? Tutta Shurima si regge sugli schiavi!
Perché dovrei liberarli? Lei poi… non credo abbia il diritto di giudicare. »
« Non fraintenda… sono semplicemente a favore di una fine più dolce, mettiamola in
questi termini. Fine che di recente non ha toccato voi Signori della Guerra. »
La punta rabbia si spense come una candela nel paffuto viso del Khan, la morte si agitò
come una falena impazzita. Paura, paura, paura… grottesca, rozza, dipinta da un
dilettante. Sì… l’assassino era un dilettante inaspettatamente fortunato; quanto avrebbe
voluto metterci le mani, rendere l'ennesima morte gloriosa e bellissima.
« Lei ha un modo particolare di arrivare al punto. »
« Una delle mie numerose qualità. »
Atem trattenne il fiato, la massa flaccida della pancia si mosse simile a un budino, infine
la paura arrivò tramutandone la voce, dietro la maschera un piccolo uomo insignificante.
« Un anno… e già cinque sono morti. Io sono il prossimo. I miei esploratori lo hanno
avvistato una settimana fa sulle montagne a est. Ho aumentato lo sorveglianza, le ronde,
ma nulla…! È vero quel che si dice… un’antica magia giuda i suoi passi. Il suo nome è
Akshan… lo trovi, lo uccida Jhin… e il Consiglio di Ionia avrà quanto promesso. »
Jhin sorrise deliziato. Il Khan aveva rivelato abbastanza, non tutto forse, ma sufficiente a
capire come agire. Prese un maamoul, lo gustò senza proferir parola, gli occhi delicati
della schiava a scrutarlo. Sarebbe stato un lavoro ordinario, con divertimenti ordinari,
forse troppo semplice per salvare il suo palcoscenico. In ogni caso…
« D’ora in avanti alloggerò in cima al palazzo… da lassù si gode di una vista magnifica. »

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Scrutare il brulicare andirivieni fra le strade e gli stretti vicoli a diramarsi attorno come
ragnatele; la vita a Kenethet proseguiva nella sua normalità, escluse le guardie di pattuglia
a interrogare poveracci dopo averli pestati. Jhin aveva insistito affinché ogni indizio gli
fosse riportato, non si aspettasse molto da certi metodi, ma la professionalità si nutriva
anche di queste sottigliezze.
Il resto veniva da se. Osservare, intrecciare i sensi al sottile confine col mondo materiale,
sentire le increspature create dalla magia, osservare le onde in un mare calmo. Questo
percepiva l’occhio sinistro e questo vide finalmente sul fare della sera, se prima erano
solo gocce indistinte, ora una piccola marea si stava avvicinando, dritta verso il palazzo.
L'assassino era rozzo, ma di certo non uno sprovveduto, anche lui aveva passato quei
giorni a osservare, a studiare ogni possibile punto cieco e via d’accesso; aveva deciso il
momento migliore, quando le ombre del tramonto coprivano l’intera città come un manto.
« Avverti Atem. Che si diriga nei sotterranei come stabilito. »
La schiava trasalì smettendo d’accarezzare il braccio, come fosse diventato un ferro
rovente. Seduto, Jhin indossò la maschera, prese la canna di Sussurro e iniziò a montarla.
I passi della giovane si persero lungo le scale; in alto, dentro di lui, le onde correvano
veloci, tracciando linee frenetiche fra i vicoli, saltando agilmente fra un tetto e l’altro.
Puntò Sussurro… uno… due… tre… al terzo colpo li avvertì; l’aria ferire la carne, un
proiettile risalire parallelo la sua traiettoria, pronto a rompere il fucile.
« Interessante. »
Si mosse il tempo di un respiro; Sussurro spostato, una lama di suo padre messa di
traverso lungo il petto, l'acciaio risuonare di un colpo cristallino, illuminarsi sotto un
guizzo di luce. Espirò. Un breve spazio lo divideva ora dal cornicione; accanto alla valigia,
il proiettile attirò subito il suo sguardo. Un piccolo rettangolo, somigliava a un diamante
sporcato di sfumature d’avorio. Un diamante intriso di magia... magia della luce…
Jhin sorrise stringendolo fra le mani, le ultime tracce di calore a dissiparsi...
« Padroneggi un’arte rara. »
… la curiosità a tramutarsi in eccitazione.

Il palazzo era in subbuglio, l’assassino era lì da qualche parte, eppure nessuno osò
rivolgergli la parola, o sussurrare critiche verso il suo operato. Così Jhin raggiunse
la meta, superando servi nascosti e guardie intente a setacciare senza successo ogni
angolo. Una strana quiete regnava nell'altrettanto curioso baluardo; l’aria umida
nonostante i bracieri appesi alle colonne, i riflessi delle fiamme a esaltare le spesse
decorazioni lungo la porta in legno; oltre essa, un tempio sotterraneo in onore di un dio
dimenticato, o quanto meno sconsacrato a giudicare dai gemiti della schiava e da come
le due guardie si guardavano, troppo imbarazzate per proferir parola.
« Khan… l’assassino è riuscito a entrare », disse appena fu abbastanza vicino.
« L’avevo capito! Con tutto questo casino secondo te?! , sbraitò Atem interrompendo
brevemente l’attività « Ah… sapevo di non potermi fidare di uno straniero! »
« Lo stanno cercando… ma ho pensato fosse meglio pormi come ultima linea difensiva. »
« Voglio vederlo morto, Khada Jhin! Morto! Sono stato chiaro?! »
« Certamente. »
Jhin sorrise, posò la valigetta, fece cenno alle guardie di muoversi avanti, in modo da
coprirle rispetto alla porta. Gli uomini fecero quanto detto, le lance ben strette. Troppo
stupidi, troppo lenti; le lame di suo padre guizzarono come morsi di serpente. Le teste
toccarono per prime il pavimento, seguiti da corpi molli come sacchi, attorno il sangue
fluiva malamente sopra la fredda pietra. Del resto era sempre stato così, quei pugnali
regalavano solo opere scadenti.
Dentro al tempio, il Khan aveva sentito tutto, il panico accentuato dal silenzio, la morte ad
agitarsi incontrollata e un uomo in quello stato commette errori banali. Dieci secondi… la
porta s’aprì, la confusione a mischiarsi al terrore nel viso di Atem… un guizzo di luce e la
morte calò su di lui, lo divorò rabbiosa, crudele… il corpo attraversato da scie luminose.
Un epilogo orribile, senza sangue. Non poteva aspettarsi diversamente da un dilettante.
La schiava apparve dopo dopo, tremante, incapace di superare quel palcoscenico di morte.
« Sei stata gentile con me Amira… sbrigati prima che ci ripensi. »
Lei lo scrutò un’ultima volta, i singhiozzi trattenuti, i vestiti strappati… infine sparì,
un ombra fra le ombre. Solo quando il silenzio tornò ad avvolgersi, Jhin parlò.
« Sul tetto hai mirato a Sussurro… non certo per clemenza. »
L’altra voce giunse tesa, confusa fra le pieghe della magia.
« Tu… tu non c’entri nulla con questa storia. Lo stronzo ti ha assoldato per ammazzarmi…
eppure mi hai condotto qui, risparmiandomi un bel po’ di fatica… per il resto… beh non
saprei giudicare le tue ultime mosse... e sinceramente non mi frega nulla. Ora se non ti
dispiace... »
La voce di un uomo ferito. Fu il sangue a tradirlo. Una rozza fasciatura, la ferita di striscio
sul polpaccio, gocce a cadere solitarie a destra del Khan. Passi veloci ad agitare il mare…
uno, due, tre... Jhin sparò, non il quarto colpo, ma un proiettile per immobilizzare.
Sentì la magia spezzarsi come un cristallo… sentì… un odore diverso da ogni altro, la
morte declinata in una sfumatura sconosciuta. Essa era lì, incatenata alle carni, all’anima
dell’uomo. Inebriante. Eccitante come quel contrasto; la pelle aveva lo stesso colore della
sabbia al tramonto, una massa di capelli neri e una folta barba risaltavano il torso nudo;
semplici pantaloni, stivali, guanti, contrapposti al mantello ambrato, al centro del quale
spiccava un simbolo... lo stesso inciso sulle armi promesse dai Signori della Guerra, lo
stesso inciso sopra la pistola, o meglio l’antica reliquia che giaceva a terra poco distante.
Quell’uomo, Akshan, era una Sentinella della Luce. Quell’uomo profumava di morte.
Perfetto. Assolutamente perfetto.
Jhin si chinò, la punta di Sussurro picchiettò violenta vicino al volto. L’altro zittì il dolore,
fissando gli occhi nei suoi.
« Ascolta bel pesciolino. Ho fallito... tutti vorranno la mia testa ora... devo nascondermi…
aspettare che le acque si calmino e tornare a Ionia. Il veleno è potente… qualche minuto e
non riuscirai più a muoverti. L’antidoto, » indicò la valigetta, « metà ora, il resto quando
saremo in un rifugio sicuro. »
La rabbia di Akshan si tramutò in fretta in rassegnazione.
« Fantastico… spero tu sappia guidare un cavalcasabbia. »
Jhin sorrise. Salvare il palcoscenico aveva assunto una sfumatura decisamente più
interessante.



Angolo Autrice:

E siamo di nuovo qui su LoL, con Jhin e Akshan… a riscrivere parte della Ruination. Perché no insomma? Visto che l’evento è stato molto confuso e triste... ma ecco qualche piccola dritta:

- Ho allungato il propagarsi della Mietitura, infatti sono passati di mesi da quando è
dilagata partendo dalle Isole Ombra.
- Di conseguenza anche quel che fa Akshan sì è dilatato, Atem dice che è passato un anno
da quando i Signori hanno iniziato ad essere uccisi.
- Piccolo appunto su Kusho; non terrò conto del finale del fumetto di Zed, sì… Zed, Shen e
Akali hanno catturato Jhin a Piltover e rimesso a Tuula (dove viene nuovamente liberato a
inizio storia), ma per me… Kusho è morto ucciso da Zed ai tempi. Fine.
- Il cavalcasabbia… è il nome che ho dato al mezzo utilizzato dall’esploratore qui;
https://www.youtube.com/watch?v=wQztvJw-3JI&t=14s
Solo immaginatevelo leggermente più grosso (mi piaceva l’idea che lo usasse anche
Akshino). Non so se abbia un nome specifico, nel caso ditemelo così correggo.

E fine questo tutto… non voglio farvi ulteriori spoiler. Spero che Jhin e Akshanino vi siano piaciuti. Sarà una storia molto fast in attesa di riprendere il Crossover a Giugno. <3 Un saluto Elgas

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Il mondo si divideva in colori, solo così era possibile tracciare una linea, districarsi fra
gli infiniti bivi della vita. Akshan aveva sempre agito così; niente dubbi, niente esitazioni;
nonostante le parole di Shadya, gli insegnamenti delle Sentinelle, quel dogma steso nelle
fangose strade di Marwi, nella solitudine di chi troppo giovane non aveva nessuno, lo
aiutava a non perdersi, a dire sto facendo la cosa giusta. Sempre. Jhin… Jhin non aveva
colori, una tonalità così neutra da risultare irritante; odorava di morte e sangue, senza
essersene scalfito, senza vacillare. Jhin lo confondeva… lo confondeva come nessun altro.
Miracolosamente erano riusciti a fuggire da Kenethet; miracolosamente, seguendo le sue
indicazioni mezze confuse, l’uomo aveva guidato il cavalcasabbia fino a casa; da lì Akshan
ricordava di essere svenuto. Eccolo ora, steso nel letto, la gamba sinistra fasciata. La ferita
doleva ancora, troppo, camminare era fuori discussione. A lato, scavato nella roccia, dove
la formazione continuava alla stessa altezza, ritrovò tutto; l’Assolutore, il boomerang,
il mantello piegato con cura. No… non riusciva a capire. Attorno tutto era rimasto come
prima della partenza; libri e rotoli gettati in un angolo, il basso tavolino pieno di utensili,
vasi contenenti olio e acqua sulla parete destra, tappetti e cuscini disposti a terra, un telo
scuro a delimitare l'entrata bassa e irregolare della grotta. Colori caldi, il sapore del
deserto… poi Jhin entrò, portando l’imperscrutabile neutralità, qualcosa che strideva
con gli abiti; una veste viola legata in vita da una corda indaco, pantaloni scuri e morbidi,
e, soprattutto, elaborati stivali in metallo color oro. Non indossava più l’inquietante
maschera, ma perfino il viso appariva indefinito, avvolto da una magia sconosciuta, dove
l’assenza di particolari si mischiava al fascino. No… proprio non riusciva a comprendere.
Intanto l’uomo l’aveva raggiunto, si era seduto porgendogli una ciotola, una delle due che
reggeva assieme a cucchiai in legno. Zuppa fumante e calda. Incomprensibile, ma la fame
ebbe la meglio. La prese senza proferir parola… era buona, buonissima, eppure cercò
di non far trapelare l'insignificante gioia. Zuppa di pollo… Jhin aveva l’ucciso, pulito,
sfilacciato con cura e cotto a puntino, arricchendo la zuppa con erbe sconosciute, forse
provenienti da Ionia; l’aroma e la consistenza erano infatti più morbidi e delicati rispetto
al sapore piccante e deciso di Shurima.
Poi... la realtà tornò… sospetto, diffidenza.
« Cosa avevano promesso i Khan? Quanto valeva la mia vita? »
Jhin rispose, il tempo di un respiro, troppo calmo, diretto perché fosse una bugia.
« Dieci armi… dieci reliquie… come quella », indicando l’Assolutore con un cenno.
« Ah… », la voce tradì un’inaspettata soddisfazione, « … devono essere davvero
terrorizzati per arrivare a tanto! Bugiardi approfittatori… avresti preso un bel buco
nell’acqua. »
« Davvero? Illuminami… »
« Beh… solo le Sentinelle possono brandire le reliquie! E non si diventa Sentinelle così!
Occorre un lungo, lunghissimo addestramento… anni d’addestramento! Oltre a una
noiosa cerimonia d’iniziazione per consacrarti all’Ordine. »
Aveva parlato senza guardarlo e pure adesso, nel silenzio, non osò farlo. Diffidenza.
Jhin rifletté, poteva scrutarne le mani mentre assaporava lento la zuppa.
« Immaginavo… hai documenti che attestino le tue parole? Magari nel tempio qui fuori?
Ne farò alcune copie prima di far ritorno a Ionia… così avrò qualcosa da mostrare ai miei
benefattori. »
« Fai pure...! Ci sono montagne di quelle scartoffie! Aspetta… vuoi davvero fermarti? »
« Il tempo necessario… una settimana, due… e anche tu, hai ucciso un Khan ieri sera. »
Akshan trattenne un brivido. Si era avvicinato ad Atem, abbastanza per vedere in faccia
l'ennesimo bastardo mentre moriva, eppure... aveva esitato prima di premere il grilletto…
ancora. No, non doveva pensarci, non ora, non davanti a lui, lui… aveva ammazzato due
uomini senza batter ciglio. Diffidenza… no... al dì là di tutto...
« Sì, resterò qui e... tu mi hai salvato la vita… sono in debito con te o qualcosa del genere. »
… al di là dell’incolore Jhin, una gentilezza rimaneva una gentilezza, un debito andava
sempre ripagato. Shadya l’aveva ripetuto fra un sorriso e l’altro, sempre, fino all’ultimo…
« Sai… hai un modo curioso di esprimerti. Un po’ rozzo per una Sentinella… o meglio
per come mi ero figurato una Sentinella », l’uomo sorrise in maniera impercettibile, il
sottile ricordo svanì, « la zuppa… fredda è immangiabile. »
Senza aggiungere altro, Akshan la finì, trasportato in parte dai borbottii soddisfatti dello
stomaco. Una gentilezza… ripagare una gentilezza con una gentilezza.
« Ah… era buona… insomma meglio di quella che preparo io. Dall’aspetto non sembravi
uno… sì, uno interessato alla cucina. »
« Quando si è soli... bisogna far di virtù normalità. Riposati. Entro domani la gamba sarà
guarita », così dicendo prese le ciotole e uscì.
Nell’inaspettata solitudine Akshan si ritrovò a fissare l’Assolutore. La reliquia era lì,
incombente e leggera, proibita e salvifica. Così aveva deciso, così sarebbe stato fin
quando…
Strinse i pugni, l’afferrò puntandola davanti a se. Attese. La mano tremò, il Cuore grave.
« Ti prego… sbrigati a tornare Shadya… »
Uccidere ancora...
Jhin… forse lui…

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Aveva scorto lo Ioniano, i passi leggeri sulla sabbia, la sagoma a oscurare a tratti l’entrata;
sul calar della sera la presenza si era attenuata, così tanto ebbe l’impressione di esser solo;
infine, quando la notte divorò il tramonto, Akshan si addormentò.
Sognò Shadya, i lunghi capelli grigi, il viso dolce segnato dalle rughe.
Il risveglio fu freddo, circondato dall’aria pungente che preannunciava l’alba. La gamba
non doleva più, proprio come aveva detto Jhin. In breve si alzò e si diresse fuori.
L’orizzonte bruciava, una sottile linea dorata, il blu scuro riempiva il cielo simile a un mare
in tempesta, attorno le alte rocce e il tempio erano fuse in una massa scura. L’uomo non
era nei dintorni; un giaciglio, la valigia chiusa, i resti crepitanti di un falò; riparato in una
rientranza, il cavalcasabbia. Scintille a perdersi nell’aria, a bruciare per un’istante dentro
il Cuore.
Riavere qualcuno vicino, anche così… provocava già quel calore? Navigando in quel
pensiero, si diresse in basso al limitar esterno della gola, dove le pareti si aprivano e
il fiume sotterraneo emergeva per un breve tratto; una piccola oasi al riparo dal sole;
un rifugio di normalità; il magazzino, il pollaio, le capre a sonnecchiare nel recinto.
Jhin era lì, inginocchiato accanto allo specchio d’acqua; un intruso, una macchia di
colore sbagliato; odore del sangue, pace; un rifugio di sporca, contorta normalità.
Il fumo, un pentolino, un uovo teso verso di lui appena fu abbastanza vicino.
« Ce ne sono altri due per te, se vuoi. »
« Ah… grazie. Le galline non… non ti hanno beccato? », chiese stupidamente notando
le dita perfette, lo smalto nero a risaltarle.
« Basta accarezzarle... sul dorso. »
« Oh… capito. Lo… lo ricorderò. »
Mangiarono in silenzio. Le uova erano perfette, il bianco compatto, il rosso morbido al
punto giusto; pucciate nella salsa scura nel piattino assumevano un gusto particolare.
Nostalgia. Il mare di sabbia davanti a loro si era tinto di un giallo accesso, quando Jhin
parlò, al che Akshan vide la maschera incresparsi, rivelare iridi dipinte di riflessi granati;
occhi risaltati da una carnagione olivastra.
« Ho pensato a un modo carino per trascorrere il tempo. Le Sentinelle… desidero saperne
di più. »
« Raccontarti i nostri segreti? Non c’è nulla d’eccezionale… la solita storia da Ordine
segreto che da millenni combatte un’oscura minaccia. Noiosa. »
Irritazione. Non aveva più messo piede in un tempio da quel giorno, da quando tutto
era crollato, da quando aveva imbracciato l’Assolutore, voltato le spalle ai ricordi con
Shadya, a ogni suo insegnamento.
« Noiosa, dici… in ogni caso... sono piuttosto insistente quando qualcosa mi stuzzica.
Nonostante il tono beffardo... i tuoi occhi si illuminano quando ne parli. »
Imbarazzo, intenso, persistente, accentuato da parole, da una carezza invisibile, le dita
premute appena sotto la mascella. Aghi… delicati da muovere un pennello, sensuali da
farsi desiderare. Aghi che avevano ucciso... senza perdere se stessi, la loro grazia. Quante
volte aveva ucciso Jhin? Senza tremare, senza esitare?
« Ah… pure questo rientra nell’interesse? »
« Rispondimi. »
Nessuna dolcezza, nessuna leggerezza. Akshan ne immaginò il volto inespressivo mentre
pronunciava quell’ordine; sentì la pressione aumentare, gli aghi invisibili conficcarsi nella
carne, sanguinare… sporcarsi del suo sangue. Una scarica di calore… magnifica, perversa,
necessaria.
« Uno scambio… facciamo un scambio. Anch’io avrei… delle cose da chiederti, Jhin. »
Il tempo parve dilatarsi, poi l’uomo sorrise, il respiro a farsi più intenso.
« Interessante. Accetto. Soltanto… pondera bene le domande, Akshan. »



Angolo Autrice:

Scrivere capitoli brevi ma intensi si sta rivendo soddisfacente.
Iniziate a sentire le vibes fra ‘sti due? Per chi non mi conoscesse abbastanza, essendo che è da poco che ho iniziato a pubblicare con costanza su Lollino, sappiate che… per quando crack a farlo apprezzare. Se domanda successiva riguarda coccole… sì ci saranno ma… con contesto e non a caso.
Il motto in ogni capitolo è far emergere un po’ di Jhin, nel senso… anche se non ammazza deve comunque essere Jhin, e Akshan… piccino mi fa tenerezza.
Ps. Per la cronaca circa l’età dei personaggi… Jhin ha 38 anni e Akshan 28.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Il tempio profumava di calore e ricordi. L’aveva percepito dal primo istante, da quando
la massa geometrica si era innalzata nella notte esotica, circondata da rilievi irregolari.
Calore, ricordi. Schegge dal passato… la montagna, il freddo, il sapore del sangue,
la morte… le scacciò, le seppellì nel nulla, ancora, ancora... le dita a premere l’orbita
dell’occhio destro simili a zampe di ragno. Le crepe si richiusero. Irritante.
Seduto accanto a lui, Akshan non si accorse di nulla; calore, ricordi, eppure il tono
era freddo, tremante sotto la superficie ruvida; un sottofondo impastato col fango
contrapposto alla malinconia negli occhi scuri, illuminata, indifferente al resto.
Due giorni erano passati, immersi fra stanze e corridori maestosi, cortili decorati da
giochi di luce, reliquiari a proteggere le armi dell’Ordine, librerie ricche di ogni sapere.
Jhin aveva osservato, posto le giuste domande, ascoltato gustando increspature fatte di
frasi interrotte e sguardi distanti. Così l’uomo continuò il discorso, la mappa distesa
sul pavimento; attorno l’aria fresca giungeva dal cortile esagonale, le arcate risaltate dove
l’ombra delle colonne creava finestre illusorie. Non percepì nulla Akshan, concentrato
nell’illustrare i complessi disegni; una mappa pregna di magia, irradiava una debole luce
ambrata; in essa l’intero continente, dal remoto Freljord alle coste meridionali di Icathia,
segnati le fortezze dell’Ordine e ogni luogo dimora di antiche e pericolose entità.
Nella voce contraddizioni e debolezze ancora indefiniti, gettati come un pugno di sabbia.
« Ci sono molti fattori che, indirettamente, hanno permesso a Shurima di arginare
l’influenza della Mietitura. Il Monte Targon, il risveglio degli Ascesi, fra cui in ultimo
dell’Imperatore Ariz, oltre al numero di tempi delle Sentinelle... »
« Capisco… ecco perché persino qui al confine le terre sono rimaste bene o male intatte »,
rifletté, soppesò i pensieri, così da guidare il discorso, « ma immagino vi siano altri modi
con cui la Nebbia può... penetrare. Anzi… un modo... »
Il silenzio tagliò lo spazio fra loro, teso come la corda di una trappola pronta a scattare.
Dubbi? Era presto per dirlo. Vide l’espressione mutare in un quadro ridicolmente duro e
impassibile… e tanto bastò a stuzzicarlo.
« Sei perspicace Jhin. Cuori... avidi di potere e ricchezza. Nulla incarna meglio questo
concetto dei Signori della Guerra. »
« Per questo li ammazzi? »
Il silenzio incise la prima ferita; lo vide abbassare il capo, la voce contratta.
« La missione… è la mia missione. Proteggere Shurima e… e poi l’hai visto anche tu, no?
I Khan sono uomini della peggior specie, bestie che vivono calpestando i più deboli… è
giusto ucciderli. »
Ferirlo ancora. Jhin rise.
« Un ragionamento infantile. »
Dolci parole a risuonare in lui, a graffiare l’anima di Akshan. Egli non si mosse, né lo
guardò; la sicurezza s’incrinò in un'asimmetria perfetta. Jhin si avvicinò deliziato da un
simile spettacolo. S’avvicinò, le dita a sfiorare la reliquia legata alla cintura, da cui l’altro
non si separava quasi mai; lo sguardo a scrutarne la confusione intensa, gustosa.
« Ti diverti a elargire giustizia… a dividere le persone in bianco e nero... no… maschere…
siamo tutti maschere. Ecco la verità. Ho visto uomini malvagi disposti a tutto pur di salvare
i figli… ho visto uomini benevoli lasciarsi andare a depravazioni e torture. Dimmi… chi
dovrebbe morire secondo la tua giustizia? Hai così fretta di ammazzarli? Rozzamente?
Tremando ogni volta che spari? »
Akshan non lo guardò. Inghiottì il discorso, quasi fosse troppo scomodo per restar
immutato e senza risposta; lo risputò in una vile, fastidiosa continuazione del suo
pensiero. Nient’altro.
« Se… se anche vi fosse un briciolo di bontà in loro… questo non giustificherebbe… »
S’interruppe, la voce increspata dall’odio, da qualcosa che si pentì di aver rivelato.
« Oh… sei più affascinante quando ti arrabbi… »
Così vicino… avrebbe potuto divorargli il collo, immergere le dita nei capelli... toccarlo,
assaporarne il corpo pregno di morte. Uno... Akshan lo guardò, la rabbia a consumarlo,
verso di lui, verso se stesso? Due… eccola dissiparsi, sostituita in fretta dal desiderio.
Tre… la realtà tornò, urgente, razionale, necessaria. Quattro… lo rivide lì, in piedi di spalle,
il respiro a soffocare l’eccitazione.
« Come… come ti ripeto è la missione, la missione che mi è stata affidata. Adesso se non
ti dispiace avrei bisogno di un po’ d’aria. »
Solitudine, assenza, il vuoto lasciato dal tepore. Akshan era fuggito... fuggito da troppe
cose, alcune rimaste indefinite. Jhin osservò la mappa; gioiello nell’oscurità… quanto
sarebbe stato bello sporcarla del loro sudore. Desiderio sottile, sensuale, perfetto. Sì...
capire quale fosse la natura di Akshan; cosa… chi l’aveva costruito; ricordi, calore; odore
di morte, voglia di vivere; contraddizioni a cui mancavano pezzi. Trovarli... gustarlo,
distruggerlo… si prospettava un gioco delizioso, eccitante. Se soltanto…

« Vivrai qui d’ora in avanti... »
« Voglio tornare a casa. Mia madre »
« Sei speciale, ****. Inquietante... ha ucciso il vecchio gatto annegandolo… quel bambino sente la
morte... così mi ha riferito la servitù. È vero? Lo sto chiedendo a te. »
« Sì… il vecchio Pon mi ha supplicato di farlo, stava soffrendo... voleva morire. »
« Bene. Domani inizieremo l’addestramento. Perfetto… dovrai essere perfetto ****.»
« Sì… padre. »

… se solo il passato non fosse tornato, irritante.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il resto del giorno fu solitario, non lo cercò, né lui si fece vedere. Sul far della sera lasciò
il tempio abbandonando una voragine di silenzio e ricordi. Ad attenderlo un altro
tramonto, una linea infuocata a bruciar l’orizzonte, stretta fra i mari solidi, neri di cielo e
terra. Akshan somigliava a quel panorama, una tempesta invisibile di caldo e freddo, di
speranze ed errori verso un passato impossibile da cancellare. Stolto. Uccidere uomini?
Una Sentinella non sarebbe dovuta essere imparziale, come il codice imponeva? Perché
l’Assolutore? Aveva visto armi nettamente più efficaci dentro quelle teche di
cristallo. Così riflettendo Jhin cenò, attorno la calma solitudine accanto alla grotta. Fu
allora, mentre ravvivava il fuoco che lo vide; un lume, un piccolo rifugio di luce in cima
al crinale a destra.
Un ragazzino spaventato… fu il pensiero a balenargli appena lo raggiunse, in un misto
d’insolita neutralità. Akshan era lì, seduto sopra una roccia; il bagliore della lampada a
dipingere una sfumatura netta sulla pelle scura; il mantello e l’Assolutore gettati a terra.
Ecco… l’unico momento in cui rilassarsi, senza pensieri, dimenticando ogni silente
affanno. L’osservò, brevi istanti prima che lo sguardo, ogni muscolo fosse catturato
dai movimenti della mano, da un suono fin troppo famigliare…
« Ascolta Jhin…io... comprendo il tuo punto di vista, insomma è normale che ogni uno
abbia il suo punto di vista, specie su questioni così importanti. Però non posso… davvero
non posso… »
Disegnando. Akshan stava disegnando.
Un fiore. Un giglio chiuso. Lo scrutò, curiosità ed eccitazione, il petto premuto contro la
sua schiena; lo scrutò beandosi della tensione, della confusione nel respiro trattenuto. E
ogni cosa apparve improvvisamente perfetta.
« Hai la mano pesante, il tratto è sporco... ma interessante. »
« Ah… grazie… me la cavo… niente d’eccezionale. Avrei dovuto coltivarlo di più,
il disegno… mi piace, però alla fine è rimasto così, a marcire come... accidenti... non farci
caso, ultimamente mi perdo in discorsi »
« Posso? »
Lo interruppe, le dita a intrecciarsi con le sue, a rubare delicate il carboncino. Linee decise,
sottili, e il fiore, il suo fiore, prese vita accanto al giglio su una pergamena un po’ rovinata,
stesa con cura sopra una tavoletta in legno. Akshan l’osservò, l’eco delle ultime parole a
dissiparsi in un miraggio. Infine le sentì...
« È… è bellissimo! Aspetta… ricordo di averlo visto su un libro. Come si chiama? »
… leggerezza, meraviglia, sincere, genuine.
« Loto. È un fiore di loto. »
« Il tuo preferito? Scusa… di solito si disegna sempre quello per »
« Sì, lo è … qui al contrario non ho visto gigli. »
« Ecco… », una lieve incertezza, dispersa fra ricordi e calore, « prima di… unirmi alle
Sentinelle, vivevo a Marwi. Una città come tante nel Grande Sai, governata da un Signore
della Guerra. La mia era un umile dimora, il massimo a cui poteva aspirare un orfano
cresciuto fra strade sporche e fangose. Poco distante sorgeva un pozzo e lì, ogni anno,
nascevano gigli bianchi. Erano meravigliosi. Ogni giorno me ne prendevo cura… solo
io… li difendevo da chi si divertiva a calpestarli… uhm... quando la vita si riduce alla
sopravvivenza, molti non riescono più a vederla... la bellezza. »
E Jhin lo sentì, un frammento… leggero, spontaneo.
« Bellezza… ricordo un giardino, ogni stagione un tripudio di colori diversi. Ad attirarmi
più di ogni altro era il fiore di loto. Unico, solitario, svettare sopra l’acqua. Un giorno ne
volli fare un mazzo… uhm… piccolo com’ero mi bagnai tutto, ma ci tenevo a… farle un
bel regalo. Ricevetti una dolce sgridata, un abbraccio e… alla sera, davanti al laghetto, a
quei fiori chiusi, le dissi… se non posso portarteli, li disegnerò … lì disegnerò… »
Una crepa, fastidiosa, necessaria…
« E il laghetto? È ancora lì? »
Una domanda rivolta a entrambi. Chiudere tutto…

« Ecco… ora sei perfetto, ****. »

« No… è marcito. Tanto tempo fa. »
… nell’unica verità, dissipata nel silenzio, divorata dal buio; il seme a sprofondare in loro,
come gocce d’inchiostro in un mare oscuro. Dimenticare. Tornare alla realtà, al presente.
Non esisteva altro, non poteva esistere altro. Akshan ruppe il silenzio consapevole di tali
sottili verità, di quanto ora potesse, dovesse farsi avanti.
« Insegnami a sparare, Jhin. Ti chiedo solo questo. Non voglio tremare. Non più. »
Una richiesta, una supplica impossibile da trattenere; nella voce, nella schiena inarcata, nel
collo ora così vicino. Jhin sorrise. Avrebbe potuto assaggiarlo, divorarlo, farlo suo lì, ora…
lasciarsi andare…
« Come desideri. Domani… inizieremo domani. »
No, non era il momento… non ancora...
Fece scivolare il respiro su di lui, il calore della pelle, il profumo della morte, le dita a
risalire i fianchi nudi… mentre un brivido scuoteva quel corpo sensuale.
Bastò. Bastò a entrambi.



Angolo Autrice:

Piccola nota presa dalla Storia di Akshan sul sito ufficiale; all’inizio il nostro campione stringe un disegno, un ritratto per la precisione, quindi ho pensato… se fosse stato lui a farlo? Se anche lui avesse la passione per il disegno?
Visto che i punti in comune volendo li trovo? Anche se soprattutto con personaggi così apparentemente distanti? Quando spingerò l'acceleratore? Nel prossimo capitolo tranquilli. <3

Un saluto e alla prossima

Elgas

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

L’ombra tagliava l’ampia sala, un velo a mutarne la luminosa architettura. Il sole aveva
superato la vetrata, l’oscuro sipario era calato su Jhin, ma ancora egli non accennava a
muoversi; in piedi, brandiva l’Assolutore, gli occhi puntati su esso, il respiro calmo, più
intenso quando l’aria lasciava i polmoni, i capelli tirati indietro, alcune ciocche a ricadere
sulla fronte.

« Dammela… prima devo capire. »

Akshan non aveva protestato, non com’era solito fare; esitazione, resti di un riflesso
incondizionato… poi tutto era sparito. Jhin non aveva fatto nulla, non ancora, ma tale
bellezza, tale dedizione bastavano a fugare ogni dubbio, a rapirlo come nessun altro.
Jhin fissava l’arma, assaggiandone peso, equilibrio, scrutandone ogni dettaglio, ogni
meccanismo, ogni sfumatura della pietra runica, quasi l’intento fosse fondersi con essa.
Akshan non l’aveva mai fatto, non così; quel giorno l’aveva presa, strappata dalla teca,
andando contro i dettami dell’Ordine, contro le parole di Shadya prima che
« Jhin… tu percepisci la magia? »
Una domanda improvvisa, fuga da un ricordo pregno di sangue e dolore. L’uomo espirò
lentamente come se mente, voce stessero emergendo da una grotta antica, persa nelle
sabbie del tempo; infine riportò lo sguardo su di lui.
« Ne hai avuto un assaggio al nostro primo incontro. Sì… posso vedere la magia, incantare
i miei proiettili, creare trappole bellissime. Un dolce retaggio. »
« Retaggio? »
« Ah! Ah…! Attento a cosa chiedi Akshan. »
Una risposta coincisa, il nome sussurrato in un misto di minaccia e sensualità.
Akshan abbassò il capo, istanti della notte precedente lo invasero violenti; carezze,
sensazioni, promesse... un saluto stentato, una richiesta rimasta imprigionata
nell’imbarazzo. Ti va di entrare? Dormirai più comodo… sarebbe bastato così poco per…
« Bene… iniziamo. Fammi vedere come spari. »
Veloce si aggrappò a quelle parole, ma la fuga durò poco. Dopo aver sparato una prima
selva di colpi, centrando tutti i bersagli, Jhin si fece avanti, invisibile, proibito come il più
recondito dei peccati, il respiro a sfioragli la nuca.
« La mira è buona, sul resto non ci siamo. Rozzo come sempre. Una linea, una linea
dritta… punta della spalla, mano opposta. Così avrai la certezza di colpire, qualunque sia
la tua posizione. Anche se i proiettili sono incantati, non scordare i fattori ambientali…
luce, vento, dislivello, eventuali ostacoli a frapporsi fra te e l’obiettivo. »
Akshan lo seguì, la realtà sfocata dietro la sua voce, il corpo tirato come una marionetta.
Jhin muoveva i fili, danzando insieme a essi con destrezza e decisione. Averlo vicino…
così vicino… il petto a sfiorare la schiena, lo spazio freddo lasciato dalla incurvava, il
calore a invadere il bacino, le gambe fuse in una posa fluida...
« Guarda avanti… gli occhi aperti… tutti e due. »
La realtà tornò; una visione abbagliante, eppure…
L’Assolutore era lì, Sussurro accanto a esso, saldo fra le dita di Jhin; due linee dritte,
perfette, eppure...
« Ricorda Akshan… l’arma è un’estensione di te, fa parte di te. Nel proiettile c’è un
frammento della tua anima. Quando spari è il cuore a sparare. Arrivare al cuore…
capire come la morte possa… debba essere magnifica. »
Ecco… una neutralità così soverchiante, irritante, perfetta; una devozione alla morte,
all’atto di uccidere, elevati sopra ogni possibile comprensione. Imperscrutabili. Quante
persone aveva ucciso Jhin? Quanti erano stati così fortunati? Uccidere… arrivare al cuore?
Al cuore di quei luridi bastardi? No… non aveva importanza. Non per lui. Togliersi,
strappare via una patetica e ingombrante debolezza. Non tremare più. Nient'altro.
Solo così avrebbe ucciso i restanti Khan e Shadya… Shadya...

« Questa infine è la sala predisposta al tiro al bersaglio. Ti piace? », la rivede, i passi leggeri,
il viso anziano, gentile.
« Sì… non è male. Perché siamo qui? Non dovevamo continuare l’addestramento con la spada? »,
la rivide accompagnata dalla propria voce, così giovane e impaziente.
« Vedi… ho riflettuto a lungo su quale potesse essere l’arma più adatta a te. Ecco… tieni. D’ora in
avanti impugnerai questo. »
« Oh… è bellissimo… l’hai forgiato tu? »
« Sì. Ma consideralo un regalo, sopratutto un regalo. »
« Un regalo… ah…! Però… ecco un boomerang non mi sembra così minaccioso. »
« Il boomerang torna sempre indietro... e anche tu Akshan… quando ti sentirai perduto, saprai
sempre dove guardare. »

No.
Non posso… non posso Shadya… se voglio riaverti… con l’Assolutore… io…

« Ora. Insieme. »
Jhin… la voce, la realtà a tornare nella sua essenza. Akshan sparò. I colpi leggeri
dell’Assolutore, l’eco tonante di Sussurro a guidarli. Uno. Due. Tre. Quattro. Perfetto.
« Bravo. Impari in fretta. »
Con Jhin ogni cosa appariva più semplice... meno dolorosa. Lasciarsi andare...
« Grazie. Davvero… grazie. »
Gratitudine e subito il desiderio la corruppe, la divorò vorace e senza sconti.
Lasciarsi andare… con lui, solo con lui... anche questo...
« Di nulla. Avresti dovuto vederli... i tuoi occhi mentre sparavi… belli, malinconici. »
Uno. Due. Tre. Quattro. Jhin tese i fili… ecco… il respiro fra i capelli in un’eco colmo di
estasi, le dita a incedere la pelle lungo l’anca, sotto i pantaloni, ad artigliare la gamba quasi
volessero pregustarne il sangue. Lo seguì, i brividi nascosti fra respiri contratti.
« Sono curioso... questa rabbia… perché ammazzi i Khan? Solo per difendere Shurima? »,
con eleganza l’uomo fece scivolare l’arma a terra.
« Mi… mi pare di essere stato chiaro a riguardo. »
« La tua missione… sì… in parte… non mi piacciono le bugie, soprattutto quelle sciocche.
Sono maschere mediocri. »
Lasciarsi andare… soli, ombre fatta di sangue... non c’è niente per noi oltre a questo...
« Anch’io non… posso rivelarti tutto », l’Assolutore cadde sopra Sussurro.
« Capisco… e dimmi… desideri altro Akshan? »
« Ah… cosa ne pensi Jhin? Anche tu vuoi scoparmi… non è così? »
Un invito sporco, brutale. Lasciarsi andare... insieme… Uno. Due. Tre. Quattro.
Le dita lo sfiorarono, calde, avide. Ne riconobbe la delicatezza, ma adesso Jhin era lì,
in mezzo alle gambe, a muoversi con carezze lente e decise, a donargli piacere con una
naturalezza disarmante.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Nessuno l’aveva mai toccato così. Un anno scandito da notti effimere, bordelli diversi,
consumando finte passioni, dimenticando ogni dolore, esitazione, fallimento. Una matassa
che rimaneva sotterrata nel freddo pavimento, pronta a riemergere all’alba, quando visi e
mani sconosciuti richiedevano monete scintillanti o un gioiello sottratto ai Signori della
Guerra.
Nessuno l’aveva mai toccato così. Jhin era diverso anche in questo. Ogni carezza incideva
la pelle con sensuale delicatezza, quasi volesse scavare la carne e al tempo stesso
preservarne l’interezza; le dita scivolavano decise, come se il sudore fosse inchiostro
con cui dipingere una sublime opera d’arte; ogni respiro divorava il collo seguendo una
muta melodia; il corpo danzava contro il suo, elevandosi sopra ogni altra notte, sopra tutti,
poiché anche quell’atto agli occhi di Jhin doveva innalzarsi, diventare perfetto.
E Akshan non sentiva più nulla. Ogni pensiero, persino la sicurezza appena ottenuta, si
dissipavano a ogni tocco, affinché nulla rimanesse se non quel piacere. Ogni affanno, la
strana curiosità che Jhin gli riservava… tutto era scivolato via, rintanandosi negli angoli
più bui della sala. Al sorgere del sole tutto sarebbe tornato… ma al momento, anche
volendo, non riusciva a provare nient’altro se non...
« Ah.. Jhin… »
Lo chiamò, si mosse facendo aderire maggiormente i loro corpi; il freddo della colonna
lo abbandonò rimanendo confinato alle scapole. Lo chiamò… due... e Jhin sciolse i capelli
liberandoli dal sottile laccio, l’ultimo frammento di tessuto su corpi ora nudi. Tre
una carezza artigliò la mascella facendo ricadere le ciocche in avanti, una cascata di fili
d’inchiostro. Perfetto. Quattro… e Jhin lo baciò. Un bacio, il primo concesso solo ora
mentre il calore diveniva più intenso, pulsando come dolci onde del mare. Perfetto.
Una fuga… l’ennesima… ecco l’ ”amore”… il lato più egoista, fugace?
Fallito… traditore…
Per un attimo la realtà fu lì, in procinto di azzannarlo.
« Ti prego… ti prego... »
Bastò. Jhin sorrise, la mano a sfiorare entrambi, là dove le loro erezioni non avevano
smesso di mischiarsi, sporcarsi in una matassa di sudore e pulsazioni. Quattro. Akshan
chiuse gli occhi, lo baciò, un bacio disperato, colmo di bisogno. Lasciarsi andare…
insieme… un’esplosione di leggerezza, l’eco a fluire nel calore del loro seme.
Lasciarsi andare… un’istante e Jhin tornò a divorargli la bocca, piano, con una tenerezza
finora sconosciuta. Lo fece a lungo, per un tempo che non seppe quantificare; un gesto
necessario a entrambi. Lo fece a lungo, persino quando Akshan si adagiò sul pavimento
non si fermò, le dita accarezzavano i fianchi, la schiena, quasi volessero proteggerlo e dare
le ultime sfumature all’opera d’arte.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

« Shadya… perché mi hai salvato? »
« Lo chiedi come se pensassi di non meritarlo. »
« Non sono nessuno… essere qui insomma... »
« Akshan… non devi giudicarti così duramente... ne giudicare gli altri. »
« Io… non è facile. Non quando hai vissuto ogni giorno calpestato… »
« Lo so. Non è facile. Ma dentro di te, c’è molto di più di quanto tu creda. »

« Se vuoi rendere la zuppa più saporita aggiungi queste spezie. Ecco… gira tu. »

« Ti piace disegnare... la prossima volta che andremo in città, ti prenderò tutto l'occorrente. »

« Per quale motivo precluderci un’arma simile? Con l’Assolutore contrastare la Mietitura sarà »
« No, Akshan. Te lo proibisco. Non dovrai toccarla… mai più. »
« Perché?! Quale stupida regola ce lo impedisce?! »
« Un potere del genere non… non deve essere usato con leggerezza. Elargire morte e vita… queste
cose bisogna lasciarle al Destino. Vedi di non dimenticarlo. »

« Ah… quindi è così… tu… ah... io non dovrei neanche essere vivo... »
« Ti prego, lasciami finire. »
« Non elargire vita e morte… uhm… mi hai mentito… mi hai mentito… »
« Akshan…! Akshan torna qui! »

« Shadya… Shadya! No… no... »

L’odore del sangue. Il fetore della morte. La paura risalì vorace, mutando il sogno in incubo, persino
la
realtà apparve in una massa logorante, opprimente, scura come gli abissi dell’oceano.
Un’istante infinito… e la luce arrivò, torbida, ammaliante; la morbidezza del divano, la
penombra della sera, il tepore di Jhin a pervadere la schiena, il respiro infossato nel collo.
Jhin...

« Ti diverti a elargire giustizia… a dividere le persone in bianco e nero... no… maschere…
siamo tutti maschere. Ecco la verità. Ho visto uomini malvagi disposti a tutto pur di salvare i
figli… ho visto uomini benevoli lasciarsi andare a depravazioni e torture. Dimmi… chi dovrebbe
morire secondo la tua giustizia? Hai così fretta di ammazzarli? »

« Nel proiettile c’è un frammento della tua anima. Quando spari è il cuore a sparare. »

Sì… ora riusciva a vederlo… il significato di quelle parole. Seppur lontano era lì, ad
alimentare una fragile sicurezza. Uccidere i Khan, ucciderli…
Eppure non sento nulla… per quanti ne abbia ammazzati, ancora non…
« No… io… ti riporterò indietro… ti riporterò indietro... »
Navigando in quelle parole, si strinse di più a Jhin.



Angolo Autrice:

Attendevo con ansia questo momento lo ammetto. E giusto per citare un post su twitter: “ Shippare Jhin con qualsiasi personaggio maschile è perfettamente normale. ” E giusto quell’autore aveva fatto una Tier List con tutti i pretendenti, sia in relazione a Fanart che Fanfic… e sì, c’era anche Akshan tra i papabili, la top era composta da Zed, Thresh e Draven (io ci avrei messo pure Shen ma gustibus).
Siamo arrivati a un svolta cruciale e la storia giunge finalmente a metà.
Ci si vede a Febbraio <3
Un saluto
Elgas

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

La luce tagliava la schiena di Akshan in un contrasto perfetto. Jhin inspirò assaporarne
l’odore ancora una volta. Persino lì, sdraiati sul letto nella piccola grotta, percepiva quel
corpo pulsare, desiderarlo più di ogni altro; avvertiva lo stesso fremito scorrere in lui; un
filo caldo lungo la spina dorsale, persino ora nella quiete del mattino. Raccogliere pezzi,
notti colme di piacere, provare piacere; un connubio impensabile e necessario. Raccogliere
pezzi, incastrarli, presto la maschera di Akshan si sarebbe spezzata, ancora poco e...

E se anch’io dovessi? Ricordare… salvare il mio palcoscenico, salvare il Mondo…salvarlo…

No… possibile questo sciocco mi porti a...

« Ehi… tutto bene? »
Il dubbio si spezzò e nel respiro a sfiorarlo, in occhi velati di genuina apprensione, Jhin si
rese conto di bramarlo più di quanto pensasse.

« Ecco... infilati qui. »
« Ma padre… è buio… freddo… io… »
« Tornerò fra quattro giorni. Ascoltami ****… solo qui potrai assaporarla correttamente… capire... »

« La senti meglio ora? Come fa la morte? Uno. Due. Tre. Quattro. »

Se anch’io dovessi toglierla?

Desiderarlo… fosse soltanto per accantonare quei dubbi, là dove già la certezza si radicava
sottile.
« Jhin… ehi… »
Non rispose. Le labbra erano già lì a divorarlo.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tutto era cambiato, come lo scorrere della sabbia in una clessidra, era cambiato in maniera
quasi impercettibile. Akshan lo tentava, lo confondeva come nessun altro. Rammentando
l’ennesima, irritante verità, volse lo sguardo altrove.
La libreria giaceva nel silenzio, immersa in una calma fatta di polvere, ombre e ricordi.
Erano giunti lì la mattina, all’ultimo piano dell’ala est del tempio; lui mostrava testi
antichi, il viso lieto nella speranza di attirarlo… rivivere attimi lontani. Jhin leggeva
assimilando ogni dettaglio circa gli Ascesi e le Guerre contro i Darkir. Sovente però si
ritrovava a indugiare sulle spalle, la linea della schiena, immaginandone l’odore, la pelle
stretta fra le dita, il profumo dei capelli, la voce rotta mentre lo…
« Ecco… questo potrebbe piacerti di più…! »
Una pergamena, l'ennesima gettata sopra tante altre. Ammirò illustrazioni di spade, lance,
archi dai poteri antichi quanto mortali… si deliziò immerso nella sua voce, negli occhi
illuminati mentre si sporgeva sul tavolo; occhi in fuga. Un quadro perfetto, ma non
abbastanza. Sporcarlo, deputarlo fino a romperlo; gustarlo fino alla perdizione.

« Perché proprio il loto? »
« Vedi ****… a volte la mamma si sente proprio come quel fiore… sola. »

Fino a far apparire il passato inutile, irrilevante. Nessuno aveva mai osato tanto. Nessuno.
Mai. Eppure il timore non accennava a lasciarlo, non completamente.
« Sì… affascinante, ma come avrai capito la mia curiosità si accende in modi inaspettati.
Le armi hanno vari scopi, a maggior ragione se così particolari. L’Assolutore… perché? »
« Oh… », la confusione durò meno del previsto, Akshan non si volse, la voce increspata di
rabbia, timorosa di rilevare più del dovuto, « … potrei chiederti lo stesso. »
« No, Sussurro è diverso. Non capiresti. »
« Cosa non capirei? »
« Ho visto armi più efficienti qui. Perché? Te lo chiedo un’ultima volta… fra tutte, perché
questa? »
Un movimento nervoso, una fuga troncata sul nascere. Lo ammirò persino così, nella
tensione del corpo, lo sguardo abbassato, il sangue a pulsare nei polsi bloccati. Gustò
l’eccitazione mentre si piegava, mentre univa ancor più i loro corpi e in essi il desiderio.
La morte dentro Akshan... voleva sentirla ancora… o forse voleva solo lui?
« Facciamo uno scambio… come mi dicesti il primo giorno. Ti farò godere per bene… e
dopo mi dirai tutto. Tutto. »
Non aggiunse altro, ne aspettò risposta; era già lì, a giocare coi pantaloni, a gustarne la
pelle mentre percorreva la linea del torace, a inebriarsi di respiri già rotti. Scese spezzando
una sottile e patetica resistenza, distruggendone i resti quando il sapore divenne più forte
in bocca. Akshan si tese, un'istante e tutto finì; si mosse contro di lui... ancora… le dita
immerse nei suoi capelli. Ormai aveva... avevano scelto. Tornare indietro? Impossibile.
Sentirlo, averlo così caldo, pulsante, perso... la vita, la morte risuonare a ogni spinta,
profonde come musica abissale. Assaggiarlo così… un frutto proibito riservato solo a lui.
Farlo godere, vederlo godere... uno spettacolo sublime, una cura dove immergersi,
dimenticare i sussurri del passato. Godere… e nell’estasi Akshan lo invase, violento,
copioso. Perfetto. Meraviglioso. Sì sollevò deliziandosi nel contemplarlo; sudato,
ansimante, le parole a risalir lente la gola, libere appena il piacere si adagiò in un
anfratto della mente. A quel punto nulla... nulla poteva esser nascosto.
« L'Assolutore riporta in vita... il prezzo è uccidere... ucciderli dal primo all'ultimo.
Anch'io... venni resuscito così. A dodici anni una guardia del Khan di Marwi mi pestò
a morte... forse…. forse per un'istante morì per davvero... ma Shadya uccise il bastardo
in tempo. Mi salvò. Le devo tutto… tutto. Voglio farla tornare... ucciderò il resto dei
Khan... li ucciderò tutti. »
E Jhin sorrise. Assurdo, eppure in quel vortice contorno ogni pezzo combaciava
perfettamente. Rise. Un quadro banale, disgustoso. Nauseante come un simile potere
fosse stato concepito, costruito, reso ancor più ripugnante nelle mani di un uomo banale,
immaturo, incapace di accettare la realtà. Già… la morte con Akshan sarebbe stato uno
spettacolo orribile. Sempre. Non aveva capito. Non aveva capito niente. La morte era
sacra, andava rispettata. Sempre. Quante parole sprecate... se scoparselo non fosse stato
così appagante, in quel momento l'avrebbe picchiato fino a farlo sanguinare. La risata si
prolungò, più forte; una frusta a sferzare l'aria, a ferirlo… ferirlo... non si meritava altro.

Il Mondo sta cadendo a pezzi... e tu sei qui a inseguire fantasmi... tu… piccolo sciocco egoista…

Ignorò tutto; la sua tensione, i pensieri frenati, fagocitati dall'inquietante messa in scena;
non ci aveva nemmeno provato Akshan... a infuriarsi, replicare o fuggire. Jhin ignorò
la risata si spense di colpo, la voce tesa nell’estasi, nella rabbia… sì, anche rabbia.
« Capisco. Allora potresti farmi un regalo che parta. Cosa dici? Vai... uccidi un altro
Signore della Guerra, ricorda cosa ti ho insegnato e poi… raccontami tutto. »
La confusione balenò negli occhi scuri. Akshan sperava in un'altra domanda, forse la più
semplice, forse la più umana. Provò a replicare, ma Jhin lo zittì. Un bacio leggero, il respiro
sopra le sue labbra. Un gesto semplice, irritante.
« Coraggio... uccidilo. »
« Sì... hai ragione. Lo farò. Domani... domani partirò per Luxo. »
Parole riversate in fretta, soffocate fra attesa e timore. E in esse Jhin avvertì il pensiero
rinnovarsi.

Salvarti… salvare il mio palcoscenico, il Mondo...
Ti metterò davanti alla tua pochezza, alla tua paura, a ciò che non sei e mai sarai...
L’amore… ah….
Un pezzo... manca un pezzo…
Solo non costringermi a guardare indietro...

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Partì nel silenzio prima dell'alba, fuggendo come l'ultima delle ombre. Jhin l’osservò
senza proferir parola, anche quando il telo calò. Ascoltò il cavalcasabbia allontanarsi, fin
quando il rombo costante e leggiadro venne inghiottito dal deserto; nulla rimase allora
se non la brezza a muover granelli fra le rocce. Nell'iniziale silenzio il vuoto scavò, un
proiettile nel petto.

No.

La calma giunse violenta, il respiro si ridusse a un filo impercettibile... in essi osservò i
colori mutare, la penombra lasciar spazio alle sfumature del giorno, sfumature pesanti,
materiche come lasciate da pastelli. Quante volte? Quante volte Akshan aveva osservato
quel medesimo scenario? Quante volte Shadya l'aveva svegliato, dolcemente, con un
sorriso? Al che tutto apparve diverso... ridicolmente diverso.
Jhin si alzò, un senso di disgustoso a pizzicare la lingua. Il sole era alto, scrutò la luce più
intensa, si lavò il viso nel catino, l'acqua ancora fresca dell'oasi a ristorarlo, mangiò un
pasto veloce e frugale, controllò che ogni elemento fosse al suo posto; la valigia accanto
al tavolo, i rotoli e le pergamene ammucchiati in un angolo; gli appunti da mostrare una
volta tornato a Ionia. Tutto era lì, immutato nella piccola grotta, anche, soprattutto,
l'ultimo pezzo. Akshan era intelligente e al tempo stesso estremamente emotivo... il
tassello era vicino, molto vicino.
Si mosse, gesti semplici, aggraziati, ma eccoli serpeggiare ancora una volta, emergere
da abissi dimenticati, volutamente dimenticati; eccoli attraversare il pavimento, risalire
le gambe. Irritanti.

L'aria della cucina era calda, densa di mille profumi, se prestavi attenzione potevi scrutarne la
forma attraverso le sottili scie di farina, là dove la luce del sole irradiava l'ampia stanza. Come
sempre la mamma era lì, china sul tavolo, le mani impastate, a cantar una dolce melodia.
« ****! Vuoi darmi una mano? »
« Sì...! Sì! »
« Eccoci...! Vedi? Inizia così... piano. Movimenti dolci e decisi. »
« E nascerà un raviolo. Giusto? »
« Esatto! Bravissimo! Ti piacciono vero? »
«Sì! Tantissimo! »

Sollevò il materasso, la nicchia era lì, scavata con cura.

La mamma... poteva sentirla tremare stretta a lui. Non capiva. Stava piangendo? Perché? Era stato
cattivo? No... il vecchio Pon l'aveva supplicato di farlo e così insieme avevano raggiunto il laghetto.
Poi la mamma parlò, la voce rotta dalle lacrime.
« Speravo fosse finita... speravo con te fosse finita... quanto ho pregato perché il mio sangue non
ti infettasse... affinché non sentissi la morte... il suono della morte. Ora lui è tornato... è tornato.
Ascoltami... ascoltami bene ****. Lui non dovrà mai venirlo a sapere. Mai. È un segreto fra te e la
mamma. Ti prego... promettimelo. »

Un disegno. Riconobbe la mano di Akshan, linee spesse rivelavano il viso di una donna;
le rughe tratteggiavano una bellezza antica, negli occhi chiari un connubio di saggezza e
gentilezza... nel fondo la malinconia.

Un tonfo risuonò attraverso la sottile, luminosa striscia di realtà. Il sangue, il pianto della
mamma... disperazione...
« Ti prego… ti prego non portarmelo via... »
« Quel tuo briciolo di sangue vastaya ha prodotto buoni frutti. Uno strumento… lo
perfezionerò. »
... ecco cos'era la disperazione, una bestia a far tremare la voce, il cuore. L'anta si aprì, un'istante e
l'ombra dell'uomo lo inghiottì. Un'istante e nell'urlo della mamma comprese cosa fosse la paura.

Una lettera. L'aprì con cura, ma lo sguardo indugiò in basso, verso la massa di viscidi
serpi. Attese si quietassero, che tornassero nell'abisso dov'erano riemersi. Il tempo passò,
teso e indistinto... quando infine l'eco si spense, volse l’attenzione in avanti, verso la realtà
mutata nei colori del tramonto. Uno spiccio di luce al centro della grotta, un rosso così
simile al sangue... Akshan… Akshan ce l'aveva fatta, eppure...
Seduto sul pavimento Jhin si allungò quel tanto da prendere la lampada in ottone. L'accese
risistemandosi contro il bordo del letto. La tenue luce rivelò meglio la calligrafia elegante,
stretta e ben curata.

" Caro Akshan,
Quando leggerai questa lettera io non ci sarò più, i Khan stanno arrivando,
posso vedere la sabbia alzarsi all’orizzonte. Io… ho pregato affinché tornassi,
affinché avessi la possibilità di conoscere tutta la verità.
Affido dunque all'inchiostro le mie ultime parole.
Riportarti in vita... non mi sono mai pentita di averlo fatto. In tredici anni sei
diventato l'uomo, il figlio di cui sempre sarò orgogliosa. In effetti... quando ti vidi
la prima volta a Marwi, mi ricordasti proprio mio figlio, il figlio che non riuscii
a salvare . All’epoca ero una giovane e inesperta iniziata dell'Ordine e….
Forse questa è l'unica cosa che mai riuscirò a perdonarmi; quando puntai l'Assolutore
contro quell'uomo... una parte di me fu egoista, orrendamente egoista.
Akshan... quando finirai questa lettera io non ci sarò più, ma il mio Cuore è…
e sarà sereno.
Pur nel dolore, fa che per te sia lo stesso.
Semmai deciderai d'impugnare l'Assolutore, ti prego… fa che sia per la cosa giusta.
Ti voglio bene,
Shadya. "

Sorrise. Sì… quel piccolo sciocco non meritava altro... solo dolore, solo sangue.
Eppure inspirò sperando di non udir più il sinistro strisciare dei ricordi.
« La maschera... deve rimanere al suo posto. »



Angolo Autrice:

Siamo giunti alle grandi rilevazioni finalmente.
Ma a parte questo è stato difficile descrivere un preliminare senza nominare quella specifica parte del corpo.
Il resto lo lascio a voi <3
Ci vediamo a fine Febbraio. Elgas

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

L'Assolutore non era mai stato così pesante, sporco. A ogni passo si sentiva trascinato più
in basso, come se la notte volesse imprigionarlo nelle sue tetre profondità; ogni passo il
sangue del Khan si conficcava nelle insenature dell'arma, veleno a deturparla.
Se ancora resisteva, lo doveva a quella strana, malsana euforia; una linea a correr frenetica
lungo la spina dorsale, vibrava dolce rendendo il corpo leggero, intorpidendo ogni pensiero,
qualsivoglia timore.
Era stato facile introdursi nel palazzo, eludere le guardie, ammazzare il bastardo, un
bastardo armato di pistola. Finalmente l'aveva visto, quando il boomerang aveva aperto
uno squarcio nel collo; sangue... uno spruzzo vermiglio a imbrattare tendaggi di seta e
pavimenti intarsiati di marmi.

L'avresti trovato magnifico Jhin...

Come sempre però era stato l'Assolutore a ucciderlo, dissipando le lievi tracce di Nebbia
Oscura, miraggio della Mietitura, un male lontano in un mondo distante. Nel proiettile,
nel rombo, nella scia, Akshan aveva percepito ogni cosa; il colpo farsi strada nella carne,
arrivare al cuore, il dolore nella morte... eppure qualcosa non andava, nonostante gli
sforzi, la perfezione.
Se chiudeva gli occhi poteva vederli, attorno all'Assolutore, i fili delle anime Khan allungarsi
verso il Reame spirituale; fili dorati, bellissimi, se solo non fossero stati forgiati nella
crudeltà, forgiati attraverso schiavi e innocenti. Quei fili non erano collegati a nulla,
nonostante tutto... nonostante tutto Shadya rimaneva distante.

Perché non torni?
Mi manchi...
O forse non...

Pensieri schiusi, a lungo rinnegati... eccoli a tormentarlo, a trascinarlo verso abissi oscuri.
No... non doveva, non poteva. Allontanarli, concentrarsi su quella dolce sensazione. Era
dunque questa l'estasi dopo l'uccisione? Non aveva tremato, non aveva tremato...
immaginò la felicità di Jhin, la voce a sussurrargli parole proibite, le mani, la bocca a
donargli piacere...
Non bastò, i passi si fecero più incerti, paure e insicurezze si mischiarono in un groviglio
senza fine. Tremò... e gioia non fu più fugace alla vista del cavalcasabbia. Tremò... era
riuscito a tornare senza farsi scoprire, del resto nessuno lì si sarebbe immischiato con
sconosciuti, nessuno avrebbe rischiato una retata delle guardie. Del resto a modo suo
anche la povertà generava indifferenza e malvagità; una cornice perfetta, Luxo giaceva
nel silenzio, una massa scura dove soltanto il palazzo del Signore della Guerra e
pochi altri svettavano fra sfavillanti luci. In fretta preparò il cavalcasabbia, scappare da
un incubo travestito da sogno. Nient’altro. Tornare da Jhin. Nient’altro. Veloce saettò
nell'ultima notte. Alle spalle la città si tramutò in una linea scura, anonima, confusa nel
resto del paesaggio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tre giorni, solo tre giorni erano bastati a cambiare la grotta. Persino dall'esterno si
respirava un'aria diversa. Jhin l'aveva mutata, resa un luogo buio e ostile... vedendolo,
mosso da una perversa curiosità, l’uomo avrebbe scavato, rivelato ogni fragilità dell'anima,
ogni errore del cuore. In un modo o nell'altro sarebbe successo, non importava se con frasi
argute o facendolo godere. Askan ormai sapeva, come sapeva di non potersi sottrarre... e
se il gioco valeva la candela meglio farlo nel piacere, sentendo le sue mani indicare la pelle,
la bocca a muoversi su di lui.
Entrò, gli ultimi raggi del sole vennero inghiottiti dalla terra.
Jhin era lì, seduto sul letto...
« Oh... bentornato! Non potevo dipingere epilogo migliore per noi due, piccolo Akshan. »
Era lì, il disegno, la lettera di Shadya gettati sul materasso. Un'istante... e nulla rimase se
non una sterile, cieca rabbia. Jhin l'avrebbe distrutto, annichilito con quanto aveva di più
caro, solo per gioire della sua inutilità, della sua debolezza.
« Tu… come hai osato? »
« Ah... sei più banale di quanto immaginassi. »
« Dammeli… subito... »
Il corpo di mosse feroce e incontrollato, contro chi del controllo aveva fatto una maschera
perfetta. La bocca si riempì di sangue, ma in qualche modo riuscì a colpirlo sotto le costole.
Caos. Il caos invase la stanza, lo percepì nel tavolino spaccato, nei vasi rotti, in fitte sempre
più crescenti. Eppure alla fine si ritrovò così, immerso un caos calmo. Lo teneva bloccato a
terra, le gambe premute attorno ai fianchi, le braccia contro il petto, gli occhi a specchiarsi
nei suoi. In essi l'ira si calmò un poco, rendendolo una bestia stanca ma ancora furente.
« Perché... perché l'hai fatto?! »
Lo vide sorridere, un rivolo scarlatto lungo il mento, la voce fuoriuscire simile a vino
avvelenato, una melodia maledetta.
« Ti ho scopato un paio di volte... credevi bastasse a tenermi così? Buono buono ad aspettarti?
A leccarti le ferite? Compatirti nell'ennesimo fallimento? Pensavi un pezzetto di me ti
avrebbe aiutato a esser meno patetico? No... per quanto ci provi, non riuscirai mai a
incastrarli. L'amore ci ha forgiato… ma questi amori non potrebbero essere più diversi. »
E Akshan sorrise di rimando; un'ancora costruita nel dolore, in dubbi urlati in quel giorno
lontano e poi seppelliti.
« Non... non puoi capire... uccisa a suon di botte... proprio come me. Così fecero gli stronzi. La
presi... la seppellì… era irriconoscibile, una maschera di sangue. Shadya... come può averlo
accettato? Se solo fossi rimasto, se solo... e poi… amore? Ah! Non farmi ridere! Un sporco
assassino come te non »
Lo schiaffo arrivò, più forte di un pugno, più assordante di un proiettile. Lo rivede in una
nuova strana e storta prospettiva, a scrutarlo duro e impassibile. Il silenzio a dargli forza,
a ferirlo, a stritolare ogni impeto, ogni resistenza, ogni convinzione. Il tempo si dilatò,
indefinito, confuso, finché nei respiri quieti la voce di Jhin si costruì nella medesima
durezza, nelle uniche parole rimaste.
« Lei non tornerà, Akshan. »
Le uniche di cui il cuore aveva bisogno, nel buio, nell'abisso in cui era precipitato. Tremò...
qualcosa resisteva nonostante tutto; rivide il viso di Shadya, sorridente gentile; lo rivede
tumefatto nel sangue; sentì le braccia pesanti, proprio come allora mentre la seppelliva;
risentì la propria voce a recitare i canti e preghiere dell'Ordine.
E infine le lacrime, allora come nel presente.
« Come fai a dirlo? Come fai? »
« ...Lascia che ti racconti una storia. »
Nello stupore tornò a guardarlo. Jhin era rimasto sdraiato, le braccia a celare gli occhi.



Angolo Autrice:

Questo capitolo è breve lo so, ma per quello che deve raccontare credo vada bene così. Jhin e Akshan si sono scontrati e Jhin… ben avrete capito cosa sta andando a fare. Spero di aver reso bene il passato di entrambi, specie di un personaggio estremante complesso come Jhin. A piccola curiosità che mi sono dimenticata di elencare nel Capitolo precedente; il piccolo Jhin cucina i ravioli (a vapore) con sua mamma… e nella lore ufficiale il suo piatto preferito sono i ravioli, meglio se serviti in porzioni da quattro. <3

Mese prossimo si finisce questo breve viaggio, che però ha appassionato una piccola parte di silenti lettori. Nel suo piccolo ha avuto un successo inaspettato, grazie del vostro supporto. Davvero. <3

Elgas

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

Solo il buio, il buio creato da lui; gli occhi chiusi, le braccia a scaldarli.
Sentiva la propria voce, non dentro la gola, ma in un punto indefinito nel buio, distante
da un corpo estraneo, da ricordi che andavano susseguendosi in quella massa di carne.
Akshan si mosse; strisciò come un verme fra pezzi di vetro, sconfitto, confuso, l’unico
briciolo di dignità racchiuso nell’attesa, nel rispetto scaturito da quelle ultime parole.
Strisciò… ecco, un lieve calore a destra, l’eco di un respiro a sfiorargli il collo…
Solo allora Jhin continuò, la voce tesa, controllata.
« Un assassino… ma questo lo sapevi già. Chi hai ucciso per primo? Ecco cosa ti preme
chiedermi… ma visto non vogliamo essere banali, eccomi a recitare questo stupido
monologo. Avevo undici anni quando uccisi mio padre. Gli tagliai la gola con le sue stesse
lame. Uhm… a ripensarci fu davvero uno spettacolo orribile. »

Le vesti della mamma erano perle sul fondo del mare. Osservarla mentre li indossava era come
trovarsi di fronte a una magia, incantesimi fatti di gesti semplici e delicati. La mamma risplendeva,
meravigliosa, bellissima, danzava, la voce a intonar melodie, canti… miraggi di una vita passata,
prima d’incontrare suo padre, trasferirsi nel monastero in veste di amante, imprigionata in una
gabbia dorata.
« Mamma... anch’io voglio danzare così! Insegnami! Insegnami! »
Li metteva di rado, la sera, lontano da ogni sguardo. Un fiore di loto, solitario e magnifico…
ormai era troppo tardi per tornare indietro, per scappare. Eppure la mamma sorrideva, sempre.
« ****… questi passi sono ancora troppo difficili. Vieni… aiutami a mettere lo smalto. »
« Uffa… va bene, va bene. Allora… viola! Ecco qui! »
« Tu… avevi scelto il nero l’ultima volta. Già… in effetti ti dona molto. »

Ogni passo andava calibrato con precisione; scivolare, farsi desiderare, vita e morte erano anche
questo, una danza sensuale e macabra. Danzare... un altro modo per annebbiare i sensi e infine
uccidere. Desiderio, sensualità… ancora non capiva cosa volessero dire; non capiva perché quegli
uomini, attirati in un luogo isolato dal mondo, avessero certe reazioni; i visi rossi, i pantaloni gonfi,
gli strani schizzi. Il copione era sempre stesso e l’ultimo atto si chiuse come sempre; il vecchio emise
un rantolo soffocato, soddisfatto, poi le lame calarono, spettri nell’ombra. Vita e morte suonarono
insieme, immerse in una brutale, irritante cacofonia.
No...non andava bene… non era il modo corretto, non era il modo corretto.
Osservò l’uomo morire, osservò suo padre, i coltelli sporchi saldi fra le mani.
« Quando potrò... concludere lo spettacolo? »
« Lo capirai da solo ****… lo capirai. »

Akshan si fece più vicino, il respiro contratto, le mani sudate, tese a reprimere l’impulso
di abbracciarlo. Irritante. Allontanarlo…. impossibile, farlo avrebbe svelato le crepe, una
maschera rotta.

Sarei io il patetico a quel punto…

« Secoli fa un tribù vastaya era devota al culto di Kindred. Tramite oscuri rituali, mutò il proprio
sangue, desiderosa di connettersi ai Due Volti della Morte. Ma questa fu la sua condanna... per
sopravvivere si mischiò agli uomini. Così noi la sentiamo ****... la morte che alberga in ognuno di
noi. Ma tu dovrai ridurla al silenzio, proprio come ha fatto la mamma. Ricorda... lui non non dovrà
mai saperlo. Mai. »
Ormai tutto era finito, non era più tempo delle danze, dei disegni, di mattine passate a cucinare;
le notti si erano ridotte ad abbracci tesi, disperati, a parole ripetute in un cieco mantra. La mamma
tremava, per quanto cercasse di trattenersi: aveva paura, eppure nei suoi abbracci respirava ancora
amore.

« Perfezionarti. Non è abbastanza, non è abbastanza. Il corpo, lo spirito. Un’arma… dovrai essere
un’arma ****, perfetta, bellissima. »

« Infilati lì dentro… »

Un buio stretto, infinito, freddo. Ormai non sentiva più nulla, solo l’eco di un corpo, il suo corpo
raggomitolato in un punto indefinito di quel buio; poteva percepirlo, teso, sottile, il bilico fra vita
e morte. Poteva sentirne pensieri, tesi nella volontà; non voglio morire, non così, non come un
insetto. Il buio prese forma, fili tessuti nella magia, nei sottili strati del mondo spirituale. Non
voglio morire, non ancora… così riemerse, mentre il canto del Kindred andava allentandosi.

« La senti meglio ora? Come fa la morte? Uno. Due. Tre. Quattro. »

Trovò la custodia aperta, le lame riflettevano i grigi riflessi del cielo. Lui era lì, seduto di spalle.
Fu un taglio netto, deciso. Un finale breve, banale. Eppure suo padre sorrideva, stava morendo per
mano sua, eppure sorrideva.
« Ecco… ora sei perfetto, ****. »
Nel silenzio la neve si tinse di rosso.

« Lo spettacolo doveva finire. Solo così. Solo così. Lui... l’aveva accettato da tempo, da
sempre. Morire… perfezionarmi. Però… mancava ancora un pezzo. Le Guerre fra Ionia
e Noxus sarebbero scoppiate anni dopo, ma le incursioni dell’Impero iniziarono molto
prima… così… quando tornai a casa… »

La morte era giunta violenta, senza grazia alcuna. Aveva resto l’aria densa, acre, putrescente;
passato pennellate di colori spenti e scuri; la cenere, il nero di case e campi dati alle fiamme;
il giardino ridotto a una distesa di foglie autunnali. Eppure nella morte, avvertì una presenza
quieta, una presenza che lo raggiunse, senza timore alcuno.
« ****! Sei davvero tu! »
Riconobbe le mani nodose della vecchia Anko ancora prima di vederle. Era dimagrita, il collo più
sottile, rugoso. La vecchia Anko… l’unica persona gentile oltre a sua madre. Sua madre…
« Sei anni! Non sai quanto siamo stati in pensiero…! Oh… guarda come sei cresciuto! Sei un
ometto ormai! »
« Ci siamo salvati nascondendoci nelle grotte. È rimasto poco qui… ma ci basta per tirare avanti.
Ma vieni! Tua madre sarà felicissima di rivederti! »
Sua madre… per un attimo li rivide, il sangue, le urla...
Sua madre… nelle parole delle vecchia Anko… un velo di gioia a nascondere la tristezza...
« Lei sta morendo... non è così? »
Non si era mosso, ne aveva ricambiato l’abbraccio, non si premurò nemmeno di scrutare
l’espressione della balia, il silenzio fu una risposta sufficiente. Lo sguardo era lì, sull’unico loto
rimasto, svettava solitario sopra l’acqua, sopra il fango, la polvere. E tutto… tutto restituì il suo
riflesso, per la prima volta dopo anni. Un demone, una maschera perfetta. Già… ormai non era
rimasto più nulla.
« Lascia si ricordi del figlio. Delle notti passate a danzare, a cucinare, disegnare. Nient’altro.
Nient’altro. Solo questo. »
Nel silenzio Anko comprese, nel silenzio la voce si rinnovò in un sollievo malinconico.
« Capisco. Nel caso dovessimo ricontrarci… come dovrò chiamarti? »
Non era rimasto più nulla. Solo un demone bellissimo, solo morte.
« Jhin… Khada Jhin. »

« Uccidere… uccidere… far crescere il seme della morte, nutrirlo con la sua melodia.
Coloro che accettano la propria fine però, li conto sulla dita di una mano. Shayda… anche
lei l’ha fatto Akshan. Anche lei. Se uccidendo tutti i Khan, la riportassi in vita… avresti di
fronte uno spirito iracondo. Nient’altro. Nient’altro. »
Così nulla rimase, solo l’eco a spegnersi nel buio, lo scricchiolio dell’anima, il Cuore di
Akshan a nutrirsi di speranza e rinascita. Le sentì vibrare in quel corpo perfetto, scorrere
in lui appena le mani sfiorarono i fianchi. Akshan era lì, la gola muta se non per respiri
intensi. Avrebbe potuto dire molte cose, ma perfino un grazie sarebbe risultato banale,
ingombrante, così pesante da romperlo, così irritante da render la scena patetica.
Ricostruire… ricostruirsi… non restava altro, non occorreva altro.
La notte era calata soffice e inattesa. Il buio avrebbe celato ogni crepa, ogni debolezza.
Akshan lo baciò, le labbra sembravano più calde, dense, persino il sapore era diverso.
Lo baciò ancora, lento, dolce, e Jhin lo desiderò, più intensamente di quanto mai avesse
fatto; lasciarsi andare, sentirlo dentro di se. Solo questo. Nient’altro. Akshan si mosse,
quasi avesse percepito quel bisogno sotto la pelle, conficcato nella carne, nelle ossa,
scorrere in ogni singola goccia di sangue. Gli abiti scivolarono via, gettati come scomodi
intrusi; nulla rimase se non il calore dei corpi, il freddo pavimento, uniti in uno stupendo
contrasto. Si muoveva lento Akshan, in una nuova e rinnovata sicurezza; ogni carezza,
respiro, spinta a sussurrare;

Non ti guardo… non ti guardo…

Così Jhin ne ebbe la certezza, fino alla fine i loro occhi sarebbe stati chiusi.
Il buio avrebbe accolto quell’ultima passione, incolore e intensa.




Angolo Autrice:

Svelare il passato di Jhin è stato… intenso. Ammetto che certi dettagli li ho presi in prestito sia dalla lore di Jhin, sia da altre fanfic, teorie su reddit.
Ricordo che anni fa lessi una Jhin x Rakan su Ao3, dove appunto Jhin rivelava origini vastaya, un dettaglio che mi piaceva riproporre anche qui; oppure quando nel flashback la madre danza, nomina lo smalto nero… smalto che Jhin indossa tutt’ora. Inoltre vi una somiglianza fra la melodia canticchiata da Jhin e Kindred nel videogioco ufficiale.
Il prossimo sarà il capitolo finale, grazie a tutti per aver apprezzato questo piccolo viaggio.
Ci vedremo a metà anni con la ripresa del Crossover <3
Elgas

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


EPILOGO

L’incenso bruciava, più intenso; bruciava, la punta una piccola e perenne scintilla, il fumo
a salire in un filo bianco, teso e puro; bruciava come tante altre volte, mischiandosi alla
melodia di un canto funebre. In esso nessun affanno, nessuna rabbia.
L’aveva percepita fin dal primo istante Akshan, la leggerezza della notte appena passata
rinnovarsi, assumere forme e vibrazioni nuove. Al risveglio osservando Jhin, il corpo
risaltata dai riflessi dell’alba. Il Demone d’Oro aveva ricostruito la sua maschera, eppure
in quei lunghi istanti gli era apparso un uomo, semplicemente un uomo; un uomo che
aveva raccolto, mostrato le intime pieghe dell’anima, solo e soltanto per salvarlo; vederlo...
così fragile e forte sotto di lui, sentirlo rinascere. Già… di tutti i sacrifici, Jhin aveva scelto
il più gravoso e difficile, solo per lui, soltanto per lui. E nella leggerezza la realtà appariva
chiara; ogni pensiero rinnovato; il Cuore libero; il sentiero visibile. L’unica strada possibile
in quanto uomo, Sentinella, in quanto figlio di Shadya. Una strada a lungo rinnegata, ma
ora…

Combatterò… combatterò la Mietitura…
Partirò per le Isole Ombra...
L’Assolutore al mio fianco…
Riuscirò a donargli uno scopo… uno scopo diverso… proprio come desideravi...

...ora era pronto.
Il cantò finì, nell’eco Akshan riaprì gli occhi.
Il sarcofago si perdeva nella penombra, a risaltarlo come una striscia di luce, la fascia
recante il simbolo dell’Ordine. Lei riposava lì, e così sarebbe stato... per sempre. Akshan
sorrise, sfiorò la pietra; nella leggerezza rivide il viso di Shadya. Prese l’Assolutore; un
tocco, una carezza lungo il dorso della reliquia… e le anime dei Khan salirono... libere,
serene, unendosi al fumo dell'incenso.

Vi prego di perdonarmi…

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Jhin lo aspettava al limitare dello stagno.
Si era rivestito in silenzio, senza guardarlo, con gesti semplici e aggraziati, simili a
una danza; poche parole avevano rotto infine la magia, risuonando in un’ordine,
una richiesta dal sottile retrogusto d’addio.

- Fai quel che devi… vai a salutarla… ci vediamo all’oasi… -

Sarebbe tornato a Ionia, così aveva detto, così sarebbe stato. Il Demone aveva ricostruito la
maschera… e in quell’istante, osservandolo steso sul letto Akshan si era reso conto di non
averlo giudicato, mai; quelle parole… sporco assassino… altro erano state se non odio
verso se stesso; Jhin era caos, puro e indistinto, al dì bene e male, di vendetta e giustizia.
Nel suo incolore, era perfetto, semplicemente perfetto.
In quel pensiero lo rivide, in quel pensiero si ritrovò a desiderarlo un’ultima volta.
Nell’urgenza qualcos’altro si fece strada, sottile, innocente, ma il Cuore lo trattenne; un
dono prezioso da riservare alla fine di quella breve storia.
« Hai preso tutto? »
Lo chiese pur sapendo la risposta, osservando brevemente la valigia, custode di Sussurro.
« Sì… ma credo di aver dimenticato qualcosa. »
E Jhin gli fu vicino, terribilmente vicino. Il Demone dimostrava gratitudine in maniera
particolare… o forse si trattava di un capriccio? L’ultimo capriccio di entrambi? Ogni
risposta venne troncata sul nascere; i movimenti del corpo, un bacio profondo, preludio
all’ultima unione… e la matassa prese forma, si modellò calda, aggraziata, pulsante.
Poco importava che il Mondo fosse in pericolo, ai loro occhi quel gesto era più importante
di qualsiasi altra cosa.
Lo voleva, si volevano; lo percepivano nelle pelle, nella carne, nelle ossa; in ogni carezza,
in baci leggeri e mancati; in spinte a completare un gioco dolce e perverso. Sentirlo, averlo
dentro di sé, assaporare ogni istante, ogni respiro, come se persino l'aria fosse diventata
ebbra di passione. Passione che salì, lenta, inebriante, il sudore a impastare i corpi; nel
piacere i pensieri si annullarono, immersi in un profumo afrodisiaco, in un miele prezioso.
Nel piacere rimasero le voci, sentire, sentirsi, volersi ancora una volta, un'ultima volta...
Un addio? Forse…
Akshan non riuscì a trovare risposta, lasciò che il frammento di domanda vagasse,
lontano, mentre l'apice lo colse, mentre osservava Jhin donarsi a lui con una grazia e
intensità senza pari. Ancora, ancora... infine nulla rimase se non l'eco di respiri rotti, a
dissolversi come la pioggia, la stessa che giungeva improvvisa e benedetta a Shurima,
la stessa che aveva ammirato tante volte insieme a Shadya.
« Sicuro di non voler venire con me? »
Lo chiese mentre Jhin gli cingeva la vita... ecco... quel dono rivelato, prezioso, dono che il
Demone accolse con una risata leggera, trattenuta.
« Salvare il mondo? Non mi vedo a recitar la parte dell'eroe romantico Akshan... », le dita
risalirono, accarezzarono la guancia, immergendosi nei capelli, « ... averti salvato... sì, lo
trovo un bel epilogo. Non mi occorre altro. »
E Akshan arrossì, arrossì, il Cuore tendersi, le lacrime nascere come gocce di pioggia.
Era triste e felice... in fondo Jhin era il caos, un puro e bellissimo caos; in fondo andava
bene così...
« Però mi ha fatto piacere che tu me l'abbia chiesto... »
E così dicendo Jhin lo baciò.
Forse anche lui, lontano nel tempo, nella memoria stava ascoltando la pioggia.
Forse un giorno, in un Mondo in pace, si sarebbero rincontrati.





Angolo Autrice:

E anche questa piccola breve storia giunge alla sua conclusione. Ci voleva prima di riprendere il Crossover su Kingdom Hearts, per quello non preoccupatevi la scaletta è già pronta per i due miniarc e intermezzi che mancano. Ma tornando a Jhin e Akshan... fino all'ultimo era indecisa se mettete una scena dal punto di vista dell'uno e poi dell'altro. Ma visto che questa storia era iniziata con Jhin ho voluto chiudere io cerchio con Akshan. Spero con tutto il cuore che il tutto vi sia piaciuto, ringrazio Altair13Sirio per splendide recensioni, i futuri recensori e silenziosi lettori.
Un saluto a tutti e ci si rivede su Kingdom Hearts.
Elgas

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