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di trenodicarta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dov'è Merle? ***
Capitolo 2: *** Attacco ***
Capitolo 3: *** Woodbury ***



Capitolo 1
*** Dov'è Merle? ***


Dov'è Merle?

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«Daryl, è passato di qui.»

Dopo aver attirato la sua attenzione con quel breve bisbiglio, puntai il dito a terra. Daryl si avvicinò lento, stringendo tra le mani la balestra. Scrutò attento il punto che gli avevo indicato, ritrovandosi a sorridere nel vedere che avevo ragione: quelle a terra, ancora visibili, erano le impronte di un cervo. Doveva essere passato di lì una decina di minuti prima.

«Stai diventando brava.»

Sorrisi ancor di più quando lo vidi farmi cenno di proseguire, precedendolo. Non era mai capitato, in genere era lui a condurre il gioco, ben più abile di me.
Era vero però, stavo diventando brava a riconoscere le tracce e seguirle. I miei occhi ora riuscivano a percepire ciò che un tempo non avrebbero mai notato: orme appena percettibili, rami piegati a indicare il passaggio di qualcuno, tracce di sangue. Ero una sorta di segugio, come piaceva dire a Daryl.
Avanzai concentrata, capendo finalmente come si sentisse lui in quei momenti, inseguendo la sua preda e cacciandola. Mi fermai preoccupata, riconoscendo a terra qualcosa che non mi piacque. Oltre alle orme del cervo, vidi a terra quelle trascinate di un essere umano, o ciò che ne rimaneva.

«Vagante.»

Il viso fino a un momento prima rilassato di Daryl, si accartocciò in un’espressione preoccupata e incazzata.

«Muoviamoci, prima che quel bastardo ci rubi la cena.»

Mi superò veloce, muovendosi comunque in modo tale da non fare il minimo rumore. Lo imitai, come facevo da una vita intera, restandogli dietro fin quando non si bloccò di colpo.
Davanti a noi giaceva il cadavere del cervo che avremmo dovuto prendere. Cercai di guardare il meno possibile le interiora sparse a terra o la testa del vagante lì accanto. Preferì fissare Shane e gli altri del nostro gruppo, che riconoscendoci abbassarono le armi.  
Dovevano aver colto il vagante mentre si nutriva del cervo e lo avevano decapitato. Rabbrividii sentendo la sua mandibola aprirsi e chiudersi spasmodicamente. Le imprecazioni di mio fratello, per fortuna o meno, andarono a coprire quel rumore.

«Figlio di puttana. Quello era il nostro cervo, tutto smangiucchiato da questo lurido bastardo.» Daryl si accanì contro ciò che rimaneva di quel vagante, quando mi voltai a guardarlo, lo vidi mentre lo calciava con furore, sotto lo sguardo a disagio degli altri.
«Daryl basta, è andato.» Provai a calmarlo, vedendolo così rivoltarsi quasi contro di me.
«L’abbiamo inseguito per ore e questo pezzo di merda se l’è divorato.»

Incazzato come sempre dopo una caccia finita male, puntò la balestra contro la testa mozzata a terra, colpendola in piena fronte. La mandibola si frenò.
Daryl raccolse la freccia, riponendola tra le altre e inseguito da me e dagli altri, ritornò all’accampamento. Notai immediatamente la presenza di un volto nuovo, un uomo alto e magro, che si presentò subito come Rick Grimes. Fui la sola a rivolgergli un sorriso di benvenuto, mio fratello era troppo impegnato a gridare il nome di Merle per tutto il campo.
Non udendo risposta, anche io provai una certa preoccupazione, a insospettirmi furono poi i volti degli altri. «Dov’è?» Chiesi, guardando con insistenza Shane, rimasto fino a quel momento il punto di riferimento del gruppo.
Lui si passò una mano sul viso accaldato, guardando poi Rick, come se quello potesse suggerirgli le parole più adatte. Era successo qualcosa ad Atlanta, questo era certo, qualcosa di brutto.

«Daryl, Olivia… c’è stato un problema in città.»

«Che cazzo di problema?» Ringhiò Daryl, facendo un passo in avanti. Gli posai una mano sul braccio, nel tentativo di trattenerlo dall’andare oltre.

Presi un lungo respiro prima di fare la domanda più ovvia. «Merle è… morto?»

Provai una tristezza che agli occhi del resto del gruppo probabilmente appariva incomprensibile. Merle era uno stronzo, razzista e misogino bastardo. Però era mio fratello, il maggiore di noi tre e per quanto sembrasse impossibile da credere, aveva trascorso parte della sua vita a proteggere me e Daryl.  
Il nostro rapporto era pessimo, tutti lì erano testimoni delle nostre litigate quotidiane, eppure immaginarlo come un corpo freddo e privo di vita, mi fece male.
Tutto questo accadde solo per un millesimo di secondo, poiché Shane si affrettò a scuotere il capo, infondendomi una speranza a cui non sapevo se aggrapparmi o meno.

«No, potrebbe essere vivo.»

«Cosa significa potrebbe? È vivo o morto?»  Quella volta non potei trattenere i due passi avanti che Daryl fece verso Shane, innervosito da quella risposta troppo vaga, anche secondo me.

«Significa che non lo sappiamo. Potrebbe essere vivo o morto. Vostro fratello è ammanettato a un tubo di metallo su un tetto.»  Rick Grimes si fece avanti, spiegandoci quanto fosse successo.

Merle aveva fatto lo stronzo, come suo solito. Stavolta aveva però incontrato qualcuno poco propenso a prestarsi alle sue follie: Grimes. Quest’ultimo aveva deciso di ammanettarlo per evitare che combinasse altri guai.

«Mi dispiace ma vostro fratello mi ha costretto a farlo. È incapace di stare con gli altri o ascolt…»

Rick non poté continuare, poiché Daryl gli si scaraventò contro.

«Daryl, no!»

Mi feci avanti per fermarlo, finché non lo vidi estrarre il coltello che solitamente teneva in tasca. Cominciò ad agitarlo per aria, contro Rick, nel tentativo di ferirlo. Shane intervenne nell’immediato, riuscendo a immobilizzarlo a terra con la forza.

«Lasciatelo stare!» Urlai ancora, abbassandomi su Daryl e facendo segno a Shane di lasciarlo andare, non mi piaceva il modo in cui lo stava afferrando per il collo.

«Ci penso io, tranquilla.» Si intromise quel Rick Grimes.

Mi ribellai con la tenacia tipica dei Dixon. «Non dirmi di stare tranquilla. Hai mollato uno dei miei fratelli su un tetto e l’altro lo stai immobilizzando davanti ai miei occhi.»

Rick e Shane sospirarono, lasciando andare Daryl solo dopo essersi assicurati che fosse un po’ più calmo.  

«Abbiamo avuto un problema con la chiavi delle manette, non siamo riusciti a recuperarle e liberare vostro fratello ma intendiamo tornare ad Atlanta per farlo.»

«Che gesto altruista.» Commentai. «Torneremo solo per mio fratello?»

Rick e Shane si scambiarono un’occhiata, prima di ammettere la verità. «Torniamo anche perché abbiamo bisogno di armi.»

Daryl si voltò dall’altra parte dandoci la schiena, quindi si avviò verso il camper, continuando a imprecare.

«Andate a fanculo tutti!»  

Lo osservai allontanarsi, per poi rivolgermi di nuovo a Shane e Rick.

«Voi prendete le armi, noi andiamo a recuperare Merle.»  Non ascoltai neanche la risposta di Shane, che probabilmente mi consigliava di rimanere lì, nel campo. Ero stufa di seguire i suoi ordini, non l’avevo mai eletto mio leader. Gli voltai le spalle per seguire Daryl, ritrovandolo all’interno del camper mentre recuperava una pistola.

«Dalla a me, vengo anche io ad Atlanta.»

Scosse il capo senza nemmeno rifletterci.

«Tu rimani qui.»

«Posso combattere, l’ho già fatto.»

«Davvero non capisci?» Sbottò puntandomi gli occhi blu contro, come fossi io la nemica lì dentro. «Non riesci neanche a guardare un cervo morto senza vomitare.» Sputò quelle parole con fastidio. 

Come suo solito, Daryl parlava poco ma quando lo faceva era in grado di colpirti peggio delle frecce della sua balestra. Abbassai lo sguardo, sentendomi improvvisamente come mi sentivo da piccola, davanti a nostro padre. Merle e Daryl avevano sempre provato a proteggermi da lui, riuscendoci per la maggior parte delle volte. Quando Merle se n’era andato, Daryl era rimasto solo a prendersi le botte al posto mio. Ero sempre stata quella da tutelare, lo ero un tempo e lo ero anche nel nuovo mondo che stavamo affrontando. Con quelle poche parole, Daryl mi aveva rigurgitato addosso tutto ciò che per anni aveva taciuto: Non sei in grado di combattere, saresti solo un peso.
Rilasciai i pugni che avevo stretto per la rabbia e con uno scatto gli gettai le braccia al collo.

«Tornate a casa, entrambi.»

Lo sentì irrigidirsi davanti a quell’abbraccio, poi rilassarsi e infine allontanarmi lentamente.

«Vado.» Fu tutto ciò che disse, mentre usciva dal camper senza voltarsi indietro.

Tornate a casa entrambi. O torna almeno tu Daryl, perché se il pensiero di Merle morto mi fa soffrire, il pensiero che sia tu ad andartene mi uccide.

Mi sentii crudele per averlo pensato ma la verità era una sola: potevo rinunciare a Merle ma non a Daryl.


NOTA AUTRICE
Ciao a tutti*! Non scrivo da molto su EFP quindi questo è una sorta di ritorno. Sto facendo questo piccolo esperimento, ho provato a immaginare come sarebbe stato avere una sorella minore per Merle e Daryl. Ecco qui questa raccolta in cui ci saranno vari momenti, alcuni inventati da me e altri presi dalla serie, in particolare dalle prime stagioni. 
Fatemi pure sapere come vi sembrano i vari capitoli! :)

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Capitolo 2
*** Attacco ***


Attacco


Ci attaccarono durante la notte, Amy ed io eravamo nel camper quando arrivarono. Udendo le grida al di fuori, mi avvicinai alle tende, scostandole abbastanza per vedere cosa stesse accadendo oltre il finestrino. I vaganti stavano invadendo l'accampamento, addentando chiunque incontrassero sulla loro via. Alcuni di noi stavano combattendo, tentando di arrestarne l'avanzata. 

In città non c'era più nulla da mangiare, questo li aveva condotti da noi. 

Una folata di vento mi sfiorò il collo e voltandomi verso l'ingresso del camper, vidi la porta spalancata e un paio di capelli biondi svanire alla mia vista. Amy si era tuffata fuori, forse senza nemmeno comprendere la pericolosità di quel gesto. Aprì un cassetto, tirandone fuori un coltello da cucina, tutto ciò che mi rimaneva per difendermi.

- Amy, aspetta! - 

Uscii giusto in tempo per vedere un vagante piombarle contro, affondarle il viso nel collo e strapparle la carne con  foga, masticandola tra i denti luridi ed emettendo nauseanti gorgoglii.

Uscii giusto in tempo per vedere un vagante piombarle contro, affondarle il viso nel collo e strapparle la carne con  foga, masticandola tra i denti luridi ed emettendo nauseanti gorgoglii

Lanciai un grido e poi un altro ancora, prima di sollevare il polso e colpire il vagante al capo. Cessò di muoversi, fare rumore e cadde pesantemente a terra, trascinando con sé Amy.  Il coltello gli rimase conficcato nel cranio, ne afferrai l'impugnatura, tirando con tutta la forza possibile, mentre con la coda dell'occhio un altro morto vivente si avvicinava. 

- Forza, cazzo! - Lo estrassi all'ultimo secondo e nel rialzarmi, lo conficcai nel petto del secondo vagante. Era troppo alto e forte, non riuscivo a raggiungere la fronte. Continuai a colpirlo al petto e poi al collo, ovunque riuscissi ad arrivare con la lama, mentre lui non accennava ad arrestarsi. Sentivo la mandibola aprirsi e chiudersi in un inquietante ticchettio di denti, sempre più vicino al mio viso. 

Rividi la pelle di Amy venirle strappata dal collo da denti simili a quelli e decisi che non avrei fatto quella fine, non quel giorno. 

Non riesci neanche a guardare un cervo morto senza vomitare!

Mi rimbombò nella testa la voce di mio fratello Daryl. 

- E muori, stronzo! - Gridai, prima di muovere un ginocchio verso di lui e colpirlo proprio lì, in mezzo alle gambe e poi di nuovo, alla gamba sinistra. La sua caduta venne preceduta da un rumore secco, di ossa che si rompono. Da terra, continuò ad allungare le braccia verso di me, afferrandomi poi una gamba per trascinarmi lì con lui. Lo colpì al capo appena possibile, prima che mi facesse cadere. 

Se cadi sei morta quella era una delle regole di Merle. Finché sei in piedi puoi sovrastarli, tirare calci o nel peggiore dei casi correre più veloce di loro e scappare. Se ti fanno cadere, sei morta.

Mi guardai le mani sporche di sangue. Nel palmo mi era rimasta l'impugnatura del coltello, la lama si era rotta, per sempre conficcata nella fronte del secondo vagante. Veloce, mi affrettai verso Amy, incosciente o forse già morta, non ebbi il tempo di controllare. Con una speranza stupida, mi dissi che avremmo ancora potuto salvarla, nonostante il morso, nonostante i brandelli di carne che le penzolavano dal collo. 

La spinsi sotto il camper, dove i vaganti non l'avrebbero notata o presa, quindi mi avviai verso il centro dell'accampamento, dove i sopravvissuti combattevano. Tra loro, vidi Shane, a terra, sovrastato da uno di loro. 

Se cadi sei morto. 

A meno che qualcuno non ti aiuti, pensai io, aggirando la regola di Merle. Corsi verso Shane e con tutta la forza che mi rimaneva, afferrai il vagante per la camicia. Tirai con una tale foga che mi rimasero tra le mani brandelli del tessuto, mentre lui continuava a sovrastare Shane.

- La pistola! - Mi gridò l'uomo. 

Mi guardai attorno, fin quando non la adocchiai. La presi tra le mani, puntandola contro di loro. Di improvviso la vista mi si offuscò e i muscoli si fecero pesanti, quasi paralizzati. Non ero capace. Ero il segugio della famiglia, quella che seguiva le tracce ma ero in grado di sparare e uccidere. E se avessi colpito Shane?

Avevo puntato un'arma contro qualcuno solo una volta, molti anni prima, producendo risultati che avevano influenzato sia la mia esistenza che quella di Daryl.
 

***

[Flashback]

Avevo fame, seppur questo non interessasse molto a nostro padre, uscito per procurarsi un'altra bottiglia d'alcol ma non del cibo.

- Tieni, prendi questo. - Daryl scovò nella dispensa semivuota un pacchetto di biscotti aperto da chissà quanto. Era tutto accartocciato e al suo interno, i pochi biscotti rimasti erano ridotti in briciole. 

Allungai una mano, fermandomi poco prima di sfiorare la carta del contenitore.

- Tu che mangi? - 

Sollevò le spalle. - Non ho fame. - 

Ne aveva invece. Per questo quando presi il sacchetto ne rovesciai metà in un piatto, che spinsi verso di lui.  Daryl scosse il capo, smuovendo i capelli scuri che ormai arrivavano quasi a coprirgli gli occhi.

- Se non mangi tu, non mangio neanche io. - Accompagnai quelle parole con un gesto: incrociai le braccia risoluta, proprio come faceva lui. 

Sollevò l'angolo destro delle labbra e per quanto si ostinasse a nascondere le sue emozioni, io vi colsi un certo divertimento. Prese un pezzo dei biscotti, lo infilò in bocca, lo masticò, si leccò le bricioline dalle dita e mi fissò. Di colpò spalancò la bocca, mostrandomi quasi le tonsille e qualche residuo di biscotto sulla lingua.

- Oh Daryl ma che schifo! - 

- Come prova che l'ho mangiato. Ora tocca a te. - 

Mi scrutò attento mentre lo imitavo, prendendo un pezzettino e avvicinandomelo alle labbra. 

La porta si spalancò in quell'esatto istante, accogliendo la figura barcollante di nostro padre. Rimasi così, col biscotto davanti alle labbra, immobilizzata dal modo in cui lui mi fissò. 

- Piccoli topi, avete rovistato nella mia cucina. - Sibilò, abbandonando sul pavimento la bottiglia già mezza vuota. Anche il sacchetto della spesa, ripieno di bottiglie ancora chiuse, fece la stessa fine. Ci venne in contro veloce, seppur rischiando di cadere, mentre con una mano libera si sfilava la cintura. Fece rimbalzare lo sguardo tra me e Daryl, finché non ebbe deciso: afferrò me per un braccio, trascinandomi verso il salotto disordinato.

-  Aveva fame, le ho dato io i biscotti! - Daryl balzò in piedi, inseguendoci mentre nostro padre mi trascinava poco più in là, spingendomi a terra. 

Con la cintura in mano, pronta a essere utilizzata, nostro padre lo guardò con disprezzo.

- Mangiate il mio cibo, sporcate la mia casa, siete ... - 

- Tu sporchi tutto! - 

La mia accusa lo infastidì ulteriormente, sapevo l'avrebbe fatto. Chiusi gli occhi e mi coprì il viso con le mani, preparandomi a quello che sarebbe accaduto in seguito. Il bruciore sulla pelle, anche attraverso i vestiti e il colpo secco della cintura e poi ancora, di nuovo, finché non avrebbe perso le forze. 

Quello che accadde fu diverso, non sentì alcun bruciore, solo un peso caldo sopra di me.

- Va bene, uno vale l'altro. - Mormorò mio padre.

Quando riaprii gli occhi, vidi Daryl accovacciato su di me, come ad abbracciarmi. Lo sentii tremare, senza però osare muoversi o spostarsi. I nostri visi erano vicini, gli occhi incollati l'uno all'altro che si parlavano senza dire nulla a voce. 

"Non è giusto, toccava a me" pensavo io, "Non fare nulla, va bene così" pensava lui. 

Gli tenni la mano, lì sotto di lui, in attesa che finisse. I colpi sembravano infiniti, percepivo il corpo di Daryl accasciarsi sempre di più, sfinito. Serrai i denti e lo spostai, correndo via, nell'altra stanza. Non mi voltai ma immaginai i suoi occhi guardarmi, seguirmi con tristezza. Non lo stavo abbandonando, volevo salvarlo. 

Quanto tornai, tra le mani avevo uno dei fucili utilizzati per la caccia. Nostro padre non si accorse di nulla, finché non sentì la canna contro la sua schiena.

- Girati! - 

Quando si voltò, fece scorrere lo sguardo su di me, poi sul fucile e poi ancora su di me. Infine, scoppiò a ridere con una tale forza che temetti avrebbe vomitato lì l'alcol ingerito fino a quel momento. 

- Ragazzina, non sai in che guaio ti stai cacciando. - 

Fece un passo verso di me e io, con un movimento lesto, tolsi la sicura, puntando il fucile più in alto, verso il suo capo. Il sorriso gli sparì, si immobilizzò, forse trattenne anche il fiato per alcuni istanti. 

- Lo sai usare. Te l'ha insegnato Daryl? - 

- Vi ho seguito mentre andavate a caccia, ho sentito come si usa. - Spiegai, senza distogliere lo sguardo da lui. 

Sentii Daryl alzarsi da terra e camminare a fatica verso di me, piazzandosi al mio fianco. 

- Dammelo, Olivia. - 

Lo strinsi ancor di più tra le mani.

- Dai retta a tuo fratello, Olivia. - 

Non lo feci, per niente.

- Esci. Prendi le tue bottiglie e vai via. - 

In dodici anni di vita, non lo avevo mai visto fissarmi in quel modo. Finalmente mi vedeva. Aveva disposto di Merle e poi di noi a suo piacimento, approfittando della nostra debolezza fisica. Era certo che i suoi figli non si sarebbero mai ribellati. Merle se n'era andato, Daryl avrebbe fatto altrettanto, ma io? 

Finalmente mi vedeva e si rendeva conto che seppur piccola e gracile, non avrei esitato a sparargli per salvare la mia famiglia. 

Indietreggiò, rischiando di inciampare nella sua stessa cintura ormai a terra. Tornò a far balzare lo sguardo tra me e Daryl.

- Siete dei piccoli ingrati. - 

- Tu invece sei un uomo morto. - Sibilai, prendendo la mira. 

***

- Spara! - 

Posai un dito sul grilletto, presi un bel respiro e sparai. Il corpo del vagante si accasciò su quello di Shane, che lo spinse via. Sospirai sollevata e lo osservai rialzarsi.

- Grazie. - 

Fece in tempo a dirmi solo quello, prima che gli altri arrivassero. Rick fu il primo a scendere dall'auto e finire il resto dei vaganti, poi venne Daryl. Sospirai sollevata vedendolo. Dopo aver ucciso uno dei vaganti, prese a guardarsi intorno in allarme; quel suo sguardo svanì solo vedendomi. 

Stava per dirmi qualcosa, forse chiedermi se stessi bene ma non fece in tempo. 

- Dov'è Merle? - 

Si avvicinò a me, osservando i punti del mio corpo coperti di sangue. Solo quando comprese che non si trattava del mio, rilassò le spalle. Rimasi in attesa di una risposta alla domanda, pronta a tutto. Mi prese per le spalle, guardandomi proprio come quando da piccoli mi diceva "Ce ne andremo da qui, da nostro padre".

- Non l'abbiamo trovato. Ora siamo solo noi, sorellina. - 

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Capitolo 3
*** Woodbury ***


GRAZIE a chi ha letto i precedenti capitoli. Un regalino per voi che trovate qui sotto, il primo booktrailer della fan fiction, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)  Qui per vederlo!

Continuiamo col nuovo capitolo, in cui c'è stato un salto temporale rispetto al precedente. Ci troviamo nella 3 stagione, alla Prigione, dopo il rapimento di Maggie e Glenn da parte del Governatore. Il nostro gruppo è andato a riprenderseli, scontrandosi con i cittadini di Woodbury. 
 

Woodbury

Dopo esserci infiltrati a Woodbury, la città che il Governatore aveva ricostruito, avevamo trovato Maggie e Glenn. Nel tentativo di portarli via, qualcosa era andato storto, eravamo stati scoperti e la città si era trasformata in un vero e proprio campo di battaglia. Fumogeni e spari invadevano l'aria; tutto ciò che vedevo erano figure nemiche da colpire. Io e Rick avremmo dovuto coprire gli altri, mentre questi iniziavano a uscire dal cancellone.

Daryl era rimasto poco più indietro, coprendo noi due. Saremmo riusciti a uscire tutti e tre, seppur al pelo, ma ci saremmo riusciti, se non fosse accaduto qualcosa di irreparabile.

Voltandomi in direzione di Rick, lo vidi levarsi in piedi, il viso contratto in un'espressione di terrore e sorpresa, gli occhi che tentavano di mettere a fuoco qualcuno. Stava guardando uno dei cittadini, che armato avanzava verso di noi.

- Shane... – Sentire pronunciare a Rick quel nome mi fece rabbrividire, poiché ciò che stava accadendo era ben peggio di quanto pensassi. Da quando sua moglie era morta, Rick non era più lo stesso. Aveva le allucinazioni, lo avevo notato alla prigione, un giorno in cui ero di vedetta alla Torre. Guardando in basso, l'avevo visto fissare il vuoto, dialogandoci come se vi fosse qualcuno. Quella scena si era ripetuta più volte e anche altri l'avevano notato. 

Aveva perso sua moglie da poco, senza potersi realmente riappacificare con lei, senza poterle dire addio. Era sotto forte stress, potevo capirlo ma quello era il momento peggiore per vedere i morti, eravamo sul campo di battaglia.

Il rumore di spari sempre più vicini e un grido del nostro gruppo mi riportò alla realtà. Spostai lo sguardo da Rick agli altri, scoprendo che il soldato che Rick stava scambiando per Shane, aveva sollevato l'arma colpendo uno dei nostri.

Non li avevamo coperti. 

Come risvegliandosi da un brutto sogno, il viso di Rick si distese, sembrò riprendersi. Scosse il capo e batté gli occhi più volte, vedendo finalmente davanti a sé il reale volto quel cittadino. Non era Shane, non lo era mai stato. Ciò che vedeva non era reale.

Mi sollevai in piedi, mostrandomi troppo, e puntai all'uomo, sparandogli al braccio e poi alla gamba. Avrei dovuto ucciderlo ma non potevo: far fuori gli zombie era un conto ma con i vivi, il discorso cambiava. Preferivo ferirli, disarmarli ma non ucciderli, a meno che non fosse strettamente necessario.

Approfittando di quel momento e vedendomi allo scoperto, un'altra ombra tra i fumogeni sparò. Ricaddi a terra, con una mano sull'arma e l'altra premuta sulla coscia. 

- Rick! - Daryl aveva gridato il suo nome e accovacciandosi aveva iniziato a correre verso di noi, rischiando di essere colpito a sua volta. – Rick! – Urlò con ancora più forza, senza guardarlo, i suoi occhi erano puntati sulla mia gamba sanguinante. La sua fronte si corrugò, mentre osservava il sangue scorrere oltre la mia mano, lasciando una macchia fresca e scarlatta a terra. Stavo perdendo sangue, troppo. Vidi la figura di Rick avvicinarsi e Daryl dirgli: - Devi portarla via! Andate, vi copro io! –

Scossi il capo e allungai le mani per trattenerlo ma lui mi sfuggì come un animale selvatico davanti a un essere umano. Lo vidi sparare raffiche di colpi davanti a sé, dandoci così il tempo di scappare.

***

Mi risvegliai mentre il mio corpo veniva caricato in auto. Attorno a me vidi i volti familiari di Maggie, Rick e Michonne. Sporgendomi un po' di più, adocchiai Glenn seduto al lato del passeggero, ridotto male quasi quanto me, col viso insanguinato, livido e una ferita al sopracciglio.

- Daryl... - Non riuscivo a vederlo eppure lo chiamai, sperando che fosse lì da qualche parte. 

- Lo stiamo andando a riprendere, Olivia. - Rick pronunciò quelle parole come una promessa. Non vi era traccia di indecisione e gli occhi con cui mi fissava erano decisi, nulla a che vedere con quelli che avevano immaginato il fantasma di Shane poco prima. - Maggie riporterà alla prigione te e Glenn. –

La donna si era appena accomodata al posto di guida, facendo cenno a Rick di essere pronta. 

- Voglio venire anche io con voi. –

La mia era una richiesta irrealistica, lo sapevo bene. Muovere la gamba era impensabile in quelle condizioni, figurarsi tornare a Woodbury per combattere ancora. 

- Olivia devi essere med... -  La voce di Rick mi giunse sempre più ovattata, prima di scomparire del tutto nel buio, come il suo viso. 

***

Lanciai un grido, sentendo il fuoco consumarmi la pelle. Qualcuno stava conficcando un tizzone ardente nella mia coscia, premendo con forza mentre la pelle bruciava.

- Tenetela ferma più che potete. –

Era la voce ferma e pacata del Dottore. Riuscivo a malapena a vederlo attraverso la vista offuscata e le lacrime. Mi stava amputando la gamba? Cos'era quel bruciore insopportabile che avevo appena avvertito? Presi a scuotermi, ribellandomi, non potevo sopravvivere senza la gamba, non avrei più potuto combattere, andare in ricognizione o semplicemente correre, camminare.

Maggie e Carl tentavano di impedirmi ogni movimento, premendomi le caviglie e i polsi contro il letto. 

Percepii una ventata d'aria spostarsi vicino a me e la sagoma del Dottore accovacciarsi fino al mio viso. 

- Olivia, sono Hershel. Ascoltami bene, il proiettile non è fuoriuscito, devo estrarlo. Ho dovuto inciderti la pelle per allargare il foro di entrata, devo vedere bene dove è rimasto incastrato il proiettile. So che fa male ma devi rimanere ferma o rischio di colpire vasi o nervi. -

Tacque come a darmi il tempo di metabolizzare quelle informazioni. 

- Fallo. – Mugugnai tra i denti, stringendo i pugni per prepararmi di nuovo al dolore.

Mi sembrò di vederlo annuire, poi si rialzò lentamente, zoppicando appena mentre tornava a esaminare la mia gamba. 

- Inizio a incidere. - Informò me ma anche Carl e Maggie, che subito presero a stringere con più forza le mie caviglie e polsi, nella speranza che ciò bastasse a tenermi ferma.

Sentii di nuovo il fuoco lambirmi la pelle. Non c'era nessuna fiamma, quella che sentivo era la lama del bisturi, Hershel la stava usando per potersi introdurre e vedere, trovare il proiettile rimasto all'interno della carne. Sperai di svenire, lo sperai davvero. Il Dottore non aveva anestetici, altrimenti li avrebbe di certo usati, evitandomi quello strazio. 

Non svenni, non finché non fece il suo ingresso un'altra figura. Riconobbi gli occhi chiari, i capelli corti e argentei. Carol mi sfiorò la guancia con una mano, prima di sussurrarmi. - Bevi. - Un liquido fresco mi colpì le labbra, che si storsero in un'espressione disgustata. Sputai l'alcol, che vista la mia posizione, tornò indietro colpendomi il viso. 

- Devi farlo. - Mi ordinò la donna, prendendomi il mento con una mano. - Olivia, fallo. - Mi parlava come una madre, che impartisce ordini alla propria figlia disobbediente. Una sensazione che io non conoscevo, non avendo mai avuto una madre. 

Schiusi le labbra e pregai che l'alcol mi aiutasse. 

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