Cronache di una Preside sull'orlo di un esaurimento

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le riunioni ***
Capitolo 2: *** La gita (Parte I) ***
Capitolo 3: *** La gita (Parte II) ***
Capitolo 4: *** L'asse Londra-Copenhagen ***



Capitolo 1
*** Le riunioni ***


Cronache di una Preside sull’orlo di un esaurimento
 
 
 

I. Le riunioni 


Dopo una lunga e brillante carriera da insegnante di Trasfigurazione, durante la quale aveva fatto diplomare i più brillanti maghi di intere generazioni, Minerva McGranitt aveva preso in mano le redini di Hogwarts assumendo le vesti di Preside della scuola. I primi anni non erano stati dei più semplici, la scuola era stata parzialmente devastata dallo scontro contro Voldemort e molti dei suoi più longevi colleghi avevano rapidamente espresso la volontà di andare presto in pensione.
C’erano un castello da ricostruire, nuovi studenti da accogliere e cattedre da assegnare. Minerva McGranitt avrebbe potuto lavarsene le mani e affidare quell’enorme lavoro a qualcuno di più giovane, ma amava la sua scuola e decise di non deludere le aspettative che tutti nutrivano nei suoi confronti.
Più di vent’anni dopo la guerra, Minerva poteva guardare con viva soddisfazione al suo operato: il castello era tornato rapidamente quello di un tempo, gli studenti erano sempre più numerosi e negli anni aveva assunto diversi insegnanti competenti che anni prima aveva conosciuto nelle aule di Hogwarts nelle vesti di studenti.  
Disgraziatamente non era riuscita a liberarsi dell’impiccio costituito da Sibilla Cooman, che ancora occupava la cattedra di Divinazione – da qualche tempo si scommetteva su quanti anni ancora sarebbe durata, e Minerva aveva la triste sensazione che non si sarebbe liberata della collega prima della pensione – ma in compenso aveva ceduto il testimone di Vicepreside a Horace Lumacorno, che ancora organizzava feste, cene e incontri con i suoi studenti prediletti.
La soddisfazione della strega, tuttavia, aveva avuto vita breve: non ci aveva messo molto, Minerva, da donna brillante qual era, a realizzare che quello che lei stessa aveva costituito era il corpo insegnanti più assurdo che Hogwarts avesse mai visto.
Albus le chiedeva novità ogni settimana, ridacchiando dal suo quadro insieme agli altri defunti Presidi mentre assisteva alle peripezie della sua vecchia amica, che si ritrovava molto di frequente a gestire e ad alzare gli occhi al cielo di fronte a quel gruppo così insolito e variegato.
A mandarla ai matti più di tutti era, sicuramente, il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. Theobald Watrous era una persona piacevole quanto imprevedibile, e più di una volta la Preside era stata costretta a convocarlo nel suo ufficio per consigliargli caldamente di non diffondere falsi pettegolezzi tra i ragazzi, non organizzare per loro appuntamenti al buio e di smetterla di dare corda a Marlowe Archer-Lloyd per i suoi scherzi.
Il mago, che aveva fatto rapidamente amicizia con tutti gli insegnanti e godeva della posizione di ospite d’onore a tutti gli incontri del Lumaclub, la guardava sbalordito come se stesse vaneggiando e le consigliava “una tazza di tè per rilassarsi”.


“Albus, io non ce la faccio più. Quasi rimpiango gli imbecilli che hanno occupato la cattedra prima di lui, anche il ciarlatano coi bigodini!”
“Non vorrai insinuare che rimpiangi Dolores Umbridge, cara.”
“Ora non esagerare, per i Fondatori, ma sono a tanto così dal rimpiangere persino quello che aveva Voldemort sulla nuca!”
 
E poi c’era la sua pupilla, la dolce ed esuberante Margot Campbell. Minerva voleva un gran bene alla sorridente e talentuosissima strega che aveva preso il suo posto come insegnante di Trasfigurazione, se non fosse che la ragazza aveva rapidamente fatto amicizia con Demelza Robins, l’insegnante di Volo assunta quando Madama Bumb era andata in pensione.
Sebbene fossero amatissime dagli studenti, quelle due streghe la mandavano ai matti quasi quanto Watrous e non era insolito che architettassero qualche scherzo nei confronti dei colleghi, o che si imbucassero alle feste di Lumacorno. 
C'era il non più tanto imbranato Neville Paciock e Beaumont Hawkes, ex insegnante di Beauxbatons e ex pupillo di Lumacorno, il nuovo Gilderoy Allock idolatrato dalle studentesse. Fortunatamente, Minerva aveva potuto constatare in fretta che Beaumont ed Allock avessero in comune solo il bell'aspetto e la Casa di appartenenza, ma l'insegnante di Aritmanzia era comunque costantemente oggetto di imbarazzanti ed invadenti attenzioni da parte delle studentesse. 

Era un normale San Valentino come tanti – Minerva sospirava e alzava gli occhi al cielo mentre guardava giovani streghe in erba piangere disperate per non aver ricevuto bigliettini o cioccolatini – quando la Preside varcò la soglia dell’aula insegnanti per informare i colleghi sulla data della prossima gita ad Hogsmeade dei ragazzi.
Quello che vide varcata la soglia la lasciò senza parole.
Il pavimento, le sedie, tutto era coperto da montagne di buste rosa confetto, molte adornate da cuoricini, nuvolette e altre mostruosità che la Preside non ebbe il tempo – e la voglia – di identificare prima di rivolgersi scandalizzata ai pochi insegnanti presenti:
“Per la barba di Merlino, che cosa accidenti sono tutte queste lettere rosa pastello?! Di chi sono?”
“Temo che… temo che siano indirizzate a me, Preside.”
Cielo. E pensare che Beaumont Hawkes sembrava l’unico normale in quel circo che erano diventate le riunioni del corpo docenti. Horace, seduto in un angolo con la Gazzetta del Profeta in mano, sembrò colpito da una buona dose di disappunto nel realizzare di non essere lui l’oggetto dell’ammirazione degli studenti, ma la Preside lo ignorò.
Minerva sospirò mentre Beaumont, rosso in volto quasi quanto lo stendardo dei Grifondoro, raccoglieva alcune delle infinite lettere rosa che avevano invaso ogni angolo dell’aula insegnanti. Naturalmente il professore era un bell’uomo – anche se anziana di certo non aveva perso la vista – ma Minerva non poteva assolutamente tollerare nulla del genere:
“Beaumont, so che non incoraggia questi comportamenti e che la cosa la mette a disagio, ma credo che dovrebbe prendere provvedimenti seri, o lo farò io. Non voglio ricevere lamentele dai genitori perché i loro figli sono più interessati al professore di Aritmanzia che alla materia.”

“Però lo possiamo capire, ti ricordi la cariatide che avevamo noi come insegnante? Queste ragazze possono considerarsi fortunate.”
“E chi se lo scorda!”

Sentendo quei sussurri Minerva si voltò, scoccando la sua occhiata più gelida in direzione di Margot e Demelza, sedute una accanto all’altra e con due copie del Settimanale delle Streghe tra le mani.
Le due insegnanti sfoderarono i loro sorrisi migliori, ignorando il tono volutamente inquisitorio della Preside quando Minerva si rivolse loro:
“Voi due non c’entrate nulla con questa storia, suppongo.”
“E come dovremmo essere coinvolte noi donne adulte e profondamente mature, esattamente?”
Demelza parlò sbattendo angelicamente le ciglia e Margot la imitò prima di asserire allegra di avere delle verifiche da correggere, alzandosi con un sorriso e cercando di ignorare lo sguardo sospettoso che la Preside riservò loro mentre Demelza si affrettava ad imitare la collega più giovane:
“E io ho una lezione da preparare, vengo con te.”
 
Minerva osservò sospettosa le due uscire in fretta e furia, udendo distintamente le risatine che echeggiarono lungo il corridoio. Sospirando e decidendo di lasciar perdere, la Preside si rivolse a Beaumont mettendogli una mano sulla spalla e rivolgendogli un’occhiata comprensiva:
“Non è colpa sua, Beaumont. Ma la prego, le faccia sparire.”
“Certo, Preside.”
L’uomo le sorrise e Minerva, dopotutto, non poté far altro che ricambiare. Era umanamente impossibile avercela con Beaumont Hawkes, e doveva tenersi buono uno dei pochi colleghi sani di mente e affidabili che le restavano.
 
*
 
 
Se ogni giorno era duro – soprattutto i pasti, dove il tavolo degli insegnanti rischiava quotidianamente di trasformarsi in un asilo nido, costringendo la Preside a metterei dei posti fissi per ogni docente e scatenando l’ilarità di tutti i quadri dei suoi predecessori –, la cosa peggiore in assoluto erano le riunioni. Da quelle, Minerva usciva sempre con un fastidioso tic all’occhio. Insomma, era anziana, non poteva certo sopportare quelle sceneggiate ogni volta!
C’era stato il finto Lethifold che Watrous aveva nascosto nell’armadio e che a Lumacorno, aprendo le ante per riporre il mantello, era costato un soggiorno in infermiera per lo spavento.
“Theobald, Horace è anziano, non può fargli prendere certi spaventi!”
“Cara Minerva, ma la mia vittima designata infatti era il Professor Paciock, lo giuro!”


Il professore di Difesa contro le Arti Oscure aveva parlato spalancando teatralmente gli occhi azzurri, ignorando l’indignazione di Neville e indicando Lumacorno, traportato fuori dalla stanza con una barella che si muoveva da sola gemendo e facendosi aria con una mano mentre una contrariata Madama Chips sibilava di non aver tempo da perdere in quelle cretinate.
Da quel giorno le riunioni vennero spostate in un’aula vuota, ma le cose non migliorarono di molto.
 
“Colleghi, se siamo tutti direi di iniziare, dobbiamo discutere dell’argomento gita. I genitori avanzano da anni proposte di coinvolgere i ragazzi più grandi in visite culturali, e dobbiamo prenderlo in considerazione.”
“Preside, manca la Professoressa Cooman.”
Seduti davanti a dei banchi che erano stati disposti a ferro di cavallo, Neville indicò il posto vuoto e Minerva, accennando un smorfia appena percettibile, liquidò il discorso con un gesto della mano:
“Come sapete è raro che Sibilla scenda dalla sua torre, possiamo procedere ugualmente.”
“O magari la nostra Raperonzolo si è rotta l’anca scendendo quelle stupide scalette a pioli…”
Phil parlò in un mormorio perfettamente udibile da buona parte dei presenti e senza staccare gli occhi dal libri che teneva in mano. Minerva si vide costretta a lanciargli un’occhiataccia mentre Håkon, seduto accanto al collega, mormorava a sua volta di sperare che la Pipistrella restasse nella sua torre.
“Signori, vi prego di smetterla di chiamare Sibilla in quel modo, è profondamente maleducato e non approvo questo genere di cose.”
Minerva trovava “Pipistrella” molto calzante per definire la Cooman, ma aveva pur sempre uan reputazione da mantenere e non poteva certo farlo sapere ai suoi sconsiderati colleghi.
“Preside, mi duole informarla che è un appellativo vecchio come il cucco, esiste da prima che frequentassimo Hogwarts da studenti.”    Håkon parlò stringendo le braccia muscolose al petto e senza scomporsi particolarmente, rammentando con estremo sdegno le lezioni della donna mentre Demelza confermava distrattamente quanto detto dal collega.
“Mio dio, ma quanti anni avrà la vecchia?!”
Phil parlò spalancando gli occhi, realizzando solo in quel momento quanti anni potesse avere la collega prima che l’occhiata di Minerva lo raggelasse. Il Direttore dei Corvonero biascicò delle scuse mentre Demelza, seduta dall’altro lato del tavolo, si tamburellava distrattamente una matita sul mento e teneva gli occhi chiari fissi sulla rivista che aveva in mano:
“Cavolo, mi manca pochissimo per finire le Parole Crociate per Maghi e Streghe Eruditi. Margi, senti qui. Sei lettere, definizione: fastidioso e petulante.”
“Hai provato con Cooman?”
“Nah, inizia per P.”
“Allora Philip!”
“Stronza.”

“MacMillan, linguaggio. Bene, visto che Sibilla non ha intenzione di presentarsi possiamo inizia-“
 
Minerva non riuscì mai a concludere la frase: la porta si aprì, le candele si spensero per colpa di una folata di vento, Demelza imprecò per l’impossibilità – dettata dal buio – di terminare le parole crociate e Håkon, sospirando, lasciò che un rassegnato mormorio si librasse dalle sue labbra:
“Ci risiamo.”
Con uno sbuffo sommesso e determinata a non perdere tempo, Minerva accese nuovamente le candele con un movimento impaziente della bacchetta, permettendo così a tutti i presenti di ammirare l’elemento mancante del corpo docenti in piedi sulla soglia della stanza.
Dalla figura alta e longilinea, una chioma di crespi capelli color paglia ed enormi occhiali dalle lenti spessissime, Sibilla Cooman fece il suo ingresso nell’aula agitando vistosamente le braccia e asserendo di aver tardato per colpa “dell’ignobile Pix”.
“Non ti cruciare, Sibilla. Siediti, prego.”
Decisa a perdere meno tempo possibile, Minerva fece cenno alla collega di prendere posto parlando con quanta più pazienza riuscì a trovare. Che la professoressa in questione non le andasse a genio era cosa nota, ma Minerva cercava sempre di adottare la massima diplomazia nei confronti della donna.
Sibilla, tuttavia, invece di prendere posto fece vagare gli occhi – resi enormi dagli occhiali – sui banchi disposti a ferro di cavallo e sui maghi che li occupavano. Margot si avvicinò a Demelza sibilando amareggiata che se non avessero iniziato in fretta le cucine avrebbero chiuso e non avrebbero potuto fare uno spuntino appena prima che l’insegnante di Divinazione indicasse con melodramma la sedia libera:
“Non oso, se mi siedo saremo in 13 e il primo che si alzerà sarà destinato a morte certa!”
“Favoloso, facciamola sedere e invitiamola caldamente ad alzarsi per prima.”

Sospirando, Minerva ignorò il mormorio di Phil e invitò la strega a sedersi ugualmente: gli anni passavano e la sua insofferenza per le ridicole superstizioni di Sibilla non faceva che avanzare di pari passo con l’età.
“Come ho già suggerito parecchi anni fa, dubito che ci sia un pazzo armato di ascia fuori dalla porta che hai appena varcato, Sibilla.”
Dopo una breve esitazione, l’insegnante di Divinazione si vide costretta a prendere posto: sistematasi uno scialle sulla spalla destra con fare sostenuto, avanzò silenziosamente borbottando che quella dei 13 posti a sedere fosse una cosa terribilmente seria.
“Certamente, uno di noi domani mattina si strozzerà col budino.”
Philip parlò continuando insistentemente a leggere e accompagnando il suo commento con un pigro sbadiglio che sembrò indispettire non poco la strega, che lanciò un’occhiata seccata al giovane collega mentre si sistemava sulla sedia posta tra Beaumont e Neville:
“Lei ha poco da fare il cinico, Phineas…”
“PHILIP. PHI-LIP. Io mi chiamo Philip!”
“… Dal momento che continuo chiaramente a percepire una morte prematura per lei nei miei fondi di tè.”
 
Phil avrebbe voluto consigliarle caldamente dove mettersi i fondi di tè, ma Minerva sollevò spazientita una mano nella sua direzione e lo zittì con una sola occhiata. Era avvezza alle predizioni mortifere della collega e non ci aveva mai dato peso, ma tutti si domandavano perché avesse come bersaglio Philip da ben tre anni: di norma, la donna cambiava vittima dopo le vacanze estive.
Margot, dal canto suo, si morse insistentemente il labbro inferiore per non scoppiare a ridere mentre Sibilla, ignorando deliberatamente Philip, parlava evocando un vistoso ventaglio fatto di piume:
“Ebbene, visto che insistete prenderò posto. Dopotutto molti di voi possono stare tranquilli, è quasi certo che il primo a lasciarci sarà Phineas. Certo dobbiamo considerare l’età molto avanzata di Horace, ma il tè non mente mai.”
Sibilla parlò ignorando deliberatamente la pura indignazione che si manifestò sul volto del professore di Pozioni – al quale Theobald diede qualche consolatoria pacca sulla spalla – mentre Phil sibilava qualcosa di molto offensivo sul tè e su che cosa avrebbe potuto fare laddove si fosse imbattuto nella Cooman per il castello senza testimoni oculari.
“Bene. Possiamo iniziare? Dovremmo decidere dove portare i ragazzi e soprattutto chi li accompagnerà. Volontari?”
“Propongo che vadano i colleghi più giovani, direi per ovvi motivi. E io non posso allontanarmi in quanto Vicepreside, ovviamente.”
Lumacorno sorrise, soddisfatto per essersi tolto l’impiccio mentre si portava il bicchiere pieno di idromele alle labbra, anche se un attimo dopo si lamentò con Theobald per l’assenza dell’ananas candito.
Anche Phil avrebbe voluto protestare per l’assenza dell’ananas, ma la Preside glielo impedì prendendo seccamente la parola, decisa a non perdere tempo:
“Mi trovo d’accordo. E sarei molto, molto grata se qualcuno dei presenti si proponesse per vigilare sui ragazzi.”
Lo sguardo della Preside indugiò – quasi implorante – su Håkon e Beaumont. Il secondo sfoderò un timido sorriso e annuì asserendo che in caso di bisogno lui sarebbe andato volentieri. L’insegnante di Astronomia, invece, si schiarì la gola cercando rapidamente una via d’uscita:
“Ecco, a dire il vero io avrei mia figlia…”
“Può sempre andare Phineas.”
Sibilla parlò ignorando il gemito sommesso di Phil – che si mise le mani tra i ricchi castani cercando di trattenere l’impulso di strapparseli – e senza smettere di sventolarsi distrattamente con un grosso ventaglio fatto di piume cremisi, disturbando tutti i presenti a causa del tintinnio degli innumerevoli opali con cui si era adornata. Demelza si gettò sotto al tavolo fingendo di recuperare la matita per celare un attacco di ilarità mentre Margot, invece, teneva gli occhi cerulei fissi sul soffitto imponendosi di pensare a scenari drammatici – quali incidenti che coinvolgevano morbidi cuccioli, o il finale di The Notebook – che le avrebbero impedito di ridere apertamente in faccia al collega.

Io non mi chiamo…”
Ad ogni modo, è necessario che vadano anche delle professoresse donne. Quindi…”     lo sguardo della Preside questa volta indugiò in direzione di Margi e Demelza, lasciando volutamente la frase in sospeso.
“Onestamente credo che non mi sentirei molto a mio agio se dovesse esserci Malai… E non penso che lui sarebbe entusiasta di avere sua madre ad accompagnarlo in gita.”
Riemersa da sotto al banco, Demelza si posizionò dritta sulla sedia e si schiarì la voce pregando di poter sfuggire al triste onere di dover accompagnare in gita un branco di adolescenti.
“Per gestire tutti gli studenti di un intero anno preferirei che foste in 4, e dovreste essere due donne e due uomini. Temo che tu e Margot non abbiate troppo margine di scelta, Demelza.”
“Preside, crede che mandare Demelza e la Campbell insieme sia sicuro per i ragazzi? Seriamente?”
“Ma chiudi il becco, Phineas.”
“Motivo per cui a controllarle sarete tu e Beaumont, mio caro Philip.”
Phil accolse le parole della Preside stringendo le labbra e con loro la presa sul libro che aveva in mano: piuttosto che accompagnare i marmocchi in gita avrebbe cenato a lume di candela con Margot, ma se c’era una persona che non osava contraddire mai questa era Minerva McGranitt.
Era in trappola.
 
“Scusa, sta dicendo che noi due abbiamo bisogno di essere controllate?”
Margot si rivolse all’amica inarcando un sopracciglio e indicando la Preside con una punta di indignazione che Demelza parve condividere, annuendo seria in volto:
“Mai sentite tante scempiaggini.”
“Tutto ciò è ridicolo, noi siamo profondamente responsabili.”
 
“Ma chi è questo Philip, caro?”
Sibilla si rivolse candidamente a Beaumont, che stava per rispondere trattenendo una risatina – missione che Neville fallì, seppellendo la faccia in una coppa di idromele – mentre Philip, udita la domanda, volgeva lo sguardo sulla donna con una vena a pulsargli pericolosamente sul collo:
Sono io, vecchia rincoglioni-“ 


“LINGUAGGIO! Merlino, neanche i gemelli Weasley mi facevano uscire matta quanto queste riunioni… È deciso, voi quattro accompagnerete i ragazzi. E ora, parliamo della meta e dei turni di ronda. Theobald, lei è esonerato, ogni volta in cui tocca a lei succedono cose strane, chissà perché.”
Minerva si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro e lanciando al contempo un’occhiata eloquente in direzione del collega che, per tutta risposta, parlò girandosi angelicamente i pollici e facendo foggio della sua aria più saggia:
“Certi misteri sono destinati a restare tali in eterno, cara Minerva.”
“Preferisco non rispondere.”
 
 

Mezz'ora dopo, Minerva potè finalnente lasciare l'aula per ritirarsi serenamente nel suo ufficio e conferire con Albus sulle novità. Certo, non prima di scorgere Margot passare furtivamente un sacchetto sospettosamete tintinnante alla Cooman prima di uscire dalla stanza.
Stava per prendere da parte la sua ex studentessa migliore e farle un interrogaotiro, ma l'anziana strega si disse di non averne proprio la forza: del resto, almeno in teoria erano tutti adulti e vaccinati e non era degli insegnanti che doveva preoccuparsi, ma degli studenti. 
O no?




 
Un ringraziamento speciale a Bea, Fran e a E niente per aver dato vita a Beau, Theobald e Håkon e a Bri per avermi "prestato" questa versione di Demelza. 

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Capitolo 2
*** La gita (Parte I) ***


II. La gita (Parte I) 



“So che muori dalla voglia di stare un po’ con Freya, ma è davvero un peccato che tu non venga con noi e i ragazzi!”
“Non immagini neanche quanto mi dispiaccia, Margi…”
 
Impegnata a radunare parte delle sue cose e ad infilarle in uno zaino color carta da zucchero magicamente ampliato per contenere l’impossibile, Margot rivolse un’occhiata in tralice all’amico e gli lanciò contro una canottiera coperta da nuvolette, chiedendogli di fingersi dispiaciuto almeno un po’ mentre Håkon osservava parte della collezione di gadget dell’amica, allineata sopra alla cassettiera della sua stanza ad Hogwarts.
Incuriosito, l’astronomo stava allungando una mano per sfiorare il modellino di una sottospecie di soldato in armatura bianca quando Margot, voltandosi verso di lui, spalancò inorridita gli occhi azzurri intimandogli di non avvicinarglisi:
“Non toccare Gary, sai quanto ci ho messo a costruirlo?!”
Hai chiamato Gary questo coso?”
“È uno Stormtrooper, non un coso. Sei felice che domani inizino le vacanze di Pasqua?”
“Quasi più dei ragazzi. Anzi, quelli del sesto e settimo anno non sono troppo entusiasti di non poter perdere giorni di scuola con la scusa della gita.”
Il danese diede le spalle alla cassettiera infilandosi le mani nelle tasche nere dei pantaloni e sfoderando un sorriso, impaziente di tornare a casa e di trascorrere un’intera settimana con la figlia mentre Margot infilava nel suo zaino un maglione verde mela a fiori.
“La Preside ha insistito, in effetti gestire tutti gli studenti restanti con 4 insegnanti in meno non sarebbe stato facile per voi… avrebbero avuto troppe ore buche, anche se probabilmente avremmo visto gli studenti di Phil piangere di gioia e gettare coriandoli per i corridoi.”
“Quelli che verranno con voi ne avranno versato molte di sicuro, di lacrime. Non di gioia, ho idea.”


 
*
 
 
“Hai fatto i bagagli?”
“Sì, questa mattina. Tu che vestiti hai portato? La primavera è pessima, non so mai come conciarmi!”
“Beh, siamo pur sempre in Scozia, dubito che possa fare caldo… no?”  Seduto al suo posto al tavolo degli insegnanti, Beau si grattò pensieroso i corti capelli chiari mentre Phil, accanto a lui, era impegnato a mangiare e a lanciare contemporaneamente occhiate truci alla Cooman, che stava platealmente annunciando la morte imminente di un giovane esperto di Rune di bell’aspetto e dai capelli ricci a Lumacorno, Theobald – che avevano l’aria di divertirsi – e ad un Håkon che sembrava sul ponto di defenestrarla.
“Cosa vi aspettate, 25°? Figuriamoci, pioverà a tutte le ore… anzi, sarà meglio portare ombrelli e impermeabili.”
Infilzando una polpetta con tutta la serietà che quel gesto le consentiva, Demelza assicurò ai colleghi più giovani che il tempo sarebbe stato pessimo. Primavera o non primavera, sperare nel bel tempo quando si parlava della grigia Edimburgo era praticamente come sperare che Sibilla Cooman smettesse di indossare scialli e orpelli rumorosi o che non preannunciasse più la morte di nessuno.

 
*
 
Il giorno dopo
Edimburgo, 29° all’ombra

 
 
“Qualcuno mi spiega come cacchio è possibile che faccia così caldo?! Non avrà fatto tanto caldo ad Edimburgo dal secolo scorso!”
“I giornali parlano del weekend più caldo dal 1989…”
Sbottonatosi i primi due bottini della camicia bianca che indossava – lanciando al contempo occhiate terrorizzate alle studentesse nei paraggi – Beau accennò alla copia della Gazzetta del Profeta che gli era arrivata via gufo quella mattina e che speculava sui giorni più caldi che la Scozia avesse visto negli ultimi tre decenni.
“Fantastico. Altro che ombrelli, qui ci voleva la crema solare…”
Inforcati gli occhiali da sole, Demelza prese a farsi aria sbuffando con un enorme ventaglio mentre Margot, appoggiata alla fiancata di pietra di uno dei vecchi edifici che popolavano la Royal Mile(1), biascicava qualcosa sull’essersi alzata troppo in fretta e di sentirsi la testa girare. Phil, impegnato a districarsi nel suo maglione per sfilarselo dalla testa, imprecò contro la Scozia e sul suo clima imprevedibile prima di riuscire a liberarsi con un sospiro di sollievo:
“Se non fosse impossibile giurerei che è tutta opera di una qualche maledizione della Pipistrella. Esisteranno incantesimi del genere?”
“Non ne ho idea. Malai, non cominciare, non te li do altri soldi per il gelato, te ne sei già mangiati due in mezz’ora!”
Erano arrivati da neanche un’ora e Demelza era già piuttosto esasperata, così intimò al figlio di non infastidirla con un’occhiata gelida quando il ragazzo le si avvicinò con un sorriso e il passo baldanzoso che precedeva qualsiasi richiesta. Deluso e zittito sul nascere, Malai sembrò rassegnarsi prima di sfoderare un secondo sorriso e avvicinarsi a Margot con la sua aria più angelica ed innocente.
“Margi, non ti sognare di dargli un bel niente!”
Il Tassorosso non aveva nemmeno fatto in tempo a parlare quando la madre puntò minacciosa il ventaglio contro l’amica, che rivolse un’occhiata di scuse allo studente prima di continuare a spalmarsi sulla fiancata di pietra in cerca di frescura, totalmente incurante degli sguardi carichi di disapprovazione dei passanti e delle vecchiette scozzesi, che borbottarono stizzite in gaelico tra loro di come i turisti peggiorassero ogni anno.
Margot avrebbe voluto informarle di essere scozzese a sua volta, ma dopo una breve esitazione decise di fregarsene e di continuare a dedicarsi alla sua parete.
“Dai ma’, siamo in gita!”
Tu sei in gita, io mi sto passando le ferie con mio figlio e altri adolescenti al seguito con un caldo non previsto come contorno… comincio a rimpiangere di non aver programmato il viaggio ad Azkaban. Ragazzi, smettetela di sparpagliarvi e datevi una mossa, o di questo passo pranzeremo alle tre.”
Costretta a lasciare il suo angolo fresco, Margot si sistemò lo zaino sulle spalle e si ricongiunse a Demelza per guidare il gruppo sfoderando un ventilatore celeste portatile mentre Phil, asciugandosi il retro del collo con un fazzoletto, biascicava qualcosa che solo Beau potè udire:
Se non altro lì avrebbe fatto fresco…”
“Coraggio, di sicuro anche ad Hogwarts staranno patendo il caldo, ne sono fermamente convinto!”

 
*

 
Hogwarts, 20°
 

“Adoro le vacanze pasquali, e questo tempo è davvero ideale. Trovi anche tu?”
“Idealissimo, senza dubbio.”
Horace e Theobald avevano deciso di godersi i giorni di riposo grazie all’assenza delle lezioni e di buona parte degli studenti dal castello, e per farlo avevano ben pensato di recarsi in riva al Lago Nero con due lettini sdraio e una borsa frigo piena di panini e bevande ghiacciate.
Ora i due professori si riposavano alla fresca ombra di un albero sorseggiando succo di zucca e formulando ipotesi su come se la stessero cavando i loro colleghi.
“Chissà che tempo farà ad Edimburgo…”
“Pare che sia un caldo senza precedenti, davvero stupefacente. Un po’ compiango quei cari ragazzi…”
“Intendi gli studenti o i nostri colleghi, Theo?”
“Ovviamente i colleghi, i ragazzi almeno si divertiranno. Vorrei proprio vedere che cosa stanno combinando…”
“Puoi sempre chiedere a Sibilla di prestarti una delle sue sfere di cristallo.”
Horace ridacchiò, e Theobald suggerì placidamente all’amico di non sfidarlo – era perfettamente in grado di fingersi veggente per una settimana e andare in giro per il castello facendo predizioni tragiche senza fondamento – e di non costringerlo a comprare un turbante per accettare la sua proposta.
“Fa’ pure.”  Horace non si scompose, portandosi la cannuccia alle labbra per prendere un sorso di succo prima di riprendere il discorso:
“Ma faresti meglio a ricordare che dopo il 91 gli insegnanti col turbante non sono ben visti, da queste parti.”
“Hai ragione, Horace. Una vera disdetta.”
“Oh, ma guarda, la cara Minerva viene verso di noi. Cosa mai vorrà?”
Distogliendo lo sguardo dal Lago Nero, Horace accennò sorpreso ad un noto gatto soriano grigio dagli inconfondibili segni attorno agli occhi che procedeva rapido verso di loro e con lo sguardo inequivocabilmente torvo:
“Magari ha apprezzato la nostra idea e vuole rilassarsi anche lei… detto tra noi, Horace, ne avrebbe proprio bisogno.”


Theobald ebbe appena il tempo di parlare prima che la Preside riacquisisse la sua forma umana. In piedi davanti ai lettini dei due insegnanti, Minerva spostò incredula lo sguardo da un uomo all’altro prima di mettersi accigliata le man sui fianchi stretti:
“Professori, mi spieghereste che cosa state facendo, di grazia?”
“Ci rilassiamo, non vedi Minerva?”
Sistematosi con nonchalance gli occhiali da sole, Horace smise di sorseggiare il suo succo e accennò gioviale alla bottiglia di vetro. Incredula – e dandosi mentalmente della stupida per stupirsi ancora, dopo tutti quegli anni – a Minerva non restò che spostare allibita lo sguardo da un collega all’altro:
“Ma non avete qualcosa da fare?! Come controllare tutti quei vecchi manufatti, come vi ho richiesto due giorni fa?”
“Stavamo giusto dicendo che farebbe bene anche a lei riposarsi un po’, cara Minerva…”
“Se lo facessi chi la manderebbe avanti questa scuola?! Non ce la faccio più, e dire che Albus continua a ripetere che sono troppo suscettibile… vorrei vedere lui, al mio posto!”
Parlando più a se stessa che ai colleghi presenti, Minerva parlò pestando il terreno con frustrazione mentre Horace, aggrottando le sopracciglia, si grattava dubbioso il mento:
“Beh, Albus non ha dovuto gestire la riapertura della Camera dei Segreti, i Dissennatori, il Torneo Tremaghi, il ritorno di Voldemort, un sadico rospo vestito da confetto… ah, scordavo il professore posseduto da Voldemort, io e Theobald ne parlavamo giusto prima.”
Minerva non rispose, girando sui tacchi e tornandosene da dove era venuta. Mentre riacquisiva la sua forma felina per tornare più rapidamente al castello, la strega non poté fare a meno di dirsi, stizzita, che neanche tutte le vicissitudini che Albus aveva dovuto affrontare nella sua carriera di preside erano paragonabili alle sue disgrazie attuali.
 
Immagino che abbia declinato l’offerta di unirsi a noi.”
“Credo proprio di sì, Theo. Tanto meglio così, più ananas candito per me.”
 

 
*

 
“Aria condizionata… l’amore della mia vita. I Babbani sono sempre cento passi avanti a noi.”
Margi si lasciò cadere sul letto della stanza doppia che avrebbe condiviso con Demelza esausta, accaldata e benedicendo i Babbani come mai prima d’allora. Le braccia abbandonate ai lati della testa, la strega si godette il fresco ritrovato mentre Demelza, che non si era allontanata dal condizionatore da quando aveva messo piede nella stanza, asseriva di avere assolutamente bisogno di una doccia.
“Non me ne parlare, sono così sudata che mi stanno sudando le palpebre. Le palpebre!”
 
 
Quindici minuti dopo Demelza era appena uscita dalla doccia, e si stava tamponando i capelli bagnati con un asciugamano candido quando Margot iniziò a bussare alla porta del bagno e a chiamarla con voce concitata:
“Elza! Elza, vieni a sentire i ragazzi!”
“Che succede adesso?! Non dirmi che Malai è caduto di nuovo di faccia nel corridoio facendo una gara di scivolate!”
“Muoviti!”
 
Temendo che qualcuno si fosse fatto male – avere la responsabilità di un branco di adolescenti quando già faticava a gestirne uno era la cosa peggiore che le fosse mai successa in vita sua – o che qualche cretino – come il suo ragazzo – si fosse auto lanciato una fattura sul piede per sbaglio, Demelza si affrettò ad aprire la porta incontrando così il sorriso e lo sguardo acceso dell’amica:
“Che cosa c’è?”
“Alcuni ragazzi dell’ultimo anno stanno litigando, siamo in pieno dramma amoroso!”
Cinque minuti dopo le due insegnanti erano entrambe in piedi sul letto di Margi e spalmate sulla parete che le divideva da una delle stanze dei ragazzi, dove due di loro stavano discutendo per una ragazza – o almeno così le due intuirono –.
Porca paletta, Isaak è andato con Elsa all’ultima festa di Lumacorno… ma doveva andarci con Ella dandole buca all’ultimo fingendo un’influenza! Pf, che vigliaccio!”
“Sei sicura?! Io ho capito che Isaak doveva andarci con Ella e che invece è andato con la sorella della migliore amica di lei, cioè Elsa, ma Erik era alla festa e ha detto ad Ella di averli visti insieme... Porca Pluffa, che vite complicate questi ragazzi!”
“Puoi dirlo, è come assistere in diretta ad una puntata di Dawson’s Creek. Se solo parlassero a voce un po’ più alta… Ecco, Erik è infuriato con Isaak perché Ella è sua sorella e lo sta accusando di averle mancato di rispetto!”

Le due stavano discutendo per decidere da che parte schierarsi in quella faida adolescenziale mentre in fondo al corridoio Phil usciva – già lavato e vestito – dalla stanza che condivideva con Beau. Fermatosi davanti alla porta della camera delle colleghe, il mago bussò prima di aprirla a seguito del frettoloso invito ricevuto:

“Ragazze, io e Beau volevamo sapere quando sarete pronte per la cena, abbiamo fame… Cosa state facendo?”
Phil aveva appena infilato la testa nella stanza quando i suoi occhi verdi indugiarono sulle colleghe. Che fossero un duo bizzarro era noto, ma di sicuro non si aspettava di trovarle in piedi su un letto – una delle due per di più in accappatoio – e appoggiate contro la parete.

Controlliamo la solidità dei muri. Secondo te che cosa facciamo Phil, stiamo origliando! Ora non fare rumore e facci comparire un bicchiere, così sentiamo meglio!”
Voltatasi verso la porta, Demelza rivolse al collega un cenno sbrigativo, invitandolo ad entrare e a non disturbarla prima di tornare a tendere l’orecchio verso la sottile parete che divideva la loro stanza da quella degli studenti. Phil obbedì, chiudendosi la porta alle spalle ma non risparmiando comunque alle due una delle occhiate più scettiche del suo repertorio:

“Secondo voi è normale che due donne adulte origlino le discussioni dei loro studenti adolescenti?”
“SHHH!”
 
Phil era uscito dalla loro stanza per andare a chiedere alle loro colleghe della cena da più di cinque minuti, e Beau stava iniziando a preoccuparsi e a sperare che lui e Margot non avessero iniziato a picchiarsi con due abat-jour.
Per questo motivo, l’insegnante di Aritmanzia decise di andare a controllare di persona.
Bussò, ma non ricevette alcuna risposta. Non era sua abitudine fare irruzione negli alloggi altrui senza permesso, ma considerati gli scenari cruenti che subito iniziarono a prendere forma nella sua mente Beau decise di azzardare socchiudendo la porta e schiarendosi la voce:
“Ragazzi? Tutto bene? Phil e Margi si stanno di nuovo cambiando il colore dei capelli a vicenda?”
“Beau, shhh! Stiamo origliando!”
Certo di aver frainteso, Beau si affacciò nella camera pronto a qualsiasi tipo di scenario, eccezion fatta per ciò che effettivamente gli si palesò di fronte: si sarebbe aspettato di tutto, ma di certo non di vedere Demelza e Margi in piedi su un letto, appoggiate alla parete armate di bicchieri e Phil disteso sull’altro con le scarpe abbandonate sul pavimento, le braccia conserte e l’aria annoiata.
“State origliando… che cosa, esattamente?”
“I ragazzi stanno litigando, è quasi meglio di una soap… Ora ci sono anche le ragazze che si stanno insultando!”
E ci credo, fossi in Ella io sarei furiosa con Elsa e sua sorella! Che razza di amiche!””
“Una cosa vergognosa!”
Mentre Demelza e Margot discutevano su quanto fosse deplorevole il comportamento di quei ragazzi, Beau si rivolse a Phil aggrottando la fronte e parlando con leggera confusione:

“Ma noi non dovremmo, diciamo, intervenire?”
“Io ci ho provato, ma loro mi hanno insultato e ho lasciato perdere. Non potremmo andare a cena, sto morendo di fame!”

Sbuffando, Phil sollevò leggermente la testa per rivolgersi alle due colleghe, che però non lo degnarono di un’occhiata e gli fecero cenno di fare silenzio:
“Servizio in camera, io questo teatrino non me lo perdo.”
Non volendo cenare solo – rischiando così di essere adescato da qualche studentessa – a Beau non restò che una cosa da fare: sospirare e prendere il menù del servizio in camera dal comodino mentre sedeva sul bordo del letto di Demelza. Sospirando, Phil si mise seduto a sua volta per guardare il menù e approfittarne per chiedere al collega di andare a cenare per conto loro con un bisbiglio appena percettibile:

“Vorrei, ma la Preside ci ha detto di non lasciarle sole, lo sai.”
Maledizione.”

 
*

 
“Papino, perché non siamo andati in gita con zia Margi?”  Armata di secchiello arancione e paletta fucsia, Freya camminava sulla sabbia con la mano sinistra stretta in quella del padre, i capelli castani raccolti in una treccia e un delizioso cappellino di paglia con nastro arancione che la nonna le aveva comprato una settimana prima.

“Perché la zia Margi sta lavorando, non possiamo disturbarla.”
“E perché tu non lavori e lei sì?
Confusa, la bambina alzò lo sguardo sul padre mentre smetteva di camminare, pronta a costruire una scultura di sabbia sulla spiaggia dove si affacciava la casa dove vivevano. Sorridendo, Håkon le sfiorò affettuosamente la testa immaginando cosa stesse combinando la sua migliore amica ad Edimburgo:
“Perché io dovevo stare con te. Quando torna invitiamo la zia a cena così ci racconta tutto, ok?”
“Ok! Magari mi porta un regalino.”
Sorridendo compiaciuta, Freya sedette sulla sabbia pronta a mettersi al lavoro e Håkon la imitò, sedendole accanto mentre pensava ai regali che l’amica era solita fare alla figlia. Poteva solo sperare che Margot non si presentasse di nuovo con un pony arcobaleno a grandezza naturale per sua figlia, visto che stavano esaurendo lo spazio per i peluche e che Freya per una settimana non aveva voluto separarsene nemmeno per fare il bagno.

 
*

 
Seduta nel suo ufficio, Minerva si domandava se avesse fatto bene ad acconsentire che i ragazzi andassero in gita. Certo non avrebbero perso giorni di scuola, ma si stava chiedendo se avesse fatto bene a farli accompagnare proprio da quei quattro insegnanti nello specifico.
Ma in fondo, si disse Minerva cercando di tranquillizzarsi, erano tutte persone capaci e mature. Di sicuro li avrebbero gestiti al meglio.
E allora perché, si chiese la strega con un sospiro, stava rimpiangendo ogni decisione presa a riguardo?
 
 

 



 
(1): complesso di strade che attraversa la città vecchia di Edimburgo
 
 

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Capitolo 3
*** La gita (Parte II) ***


III. La gita (Parte II)  


 
“È da tantissimo tempo che non torno al Castello, sono davvero felice di andarci! Voi l’avete visto?”
In quella grigia mattinata Margot si era svegliata ancor più di buonumore del solito, entusiasta all’idea di trovarsi nella città dove era nata e che più amava al mondo e di avere la possibilità di visitare nuovamente il Castello di Edimburgo dopo diversi anni.
Lei, i colleghi e i ragazzi stavano facendo colazione occupando i tavoli rettangolari della sala e quasi tutti sembravano impegnati ad esaminare con circospezione i contenuti dei loro piatti. Demelza, sedutale accanto, scosse distrattamente la testa prima di addentare uno scone(1) alla marmellata di fragole:
“No, mai. Riuscirai davvero a finire tutta quella roba?”
L’insegnante di Volo indirizzò un’occhiata perplessa al piatto abnorme dell’amica, guardandola sorridere divertita mentre di fronte a loro Beau e Phil discutevano a proposito dell’identità misteriosa di un cibo che non erano riusciti ad identificare.
“Margi, che cos’è questo? Forse prima di ordinare la Full Scottish Breakfast avrei dovuto chiedere a te…”
Beau indicò un pezzo di carne dal colore sospetto e la strega, addentando un pezzo di pane carico di uova fritte, attese di aver trangugiato il boccone prima di rispondere allegra:
“Quello è il black pudding(2). Non piace molto nemmeno a me, infatti ho ordinato la versione più contenuta…”
“Quel cumulo di roba infinito sarebbe la versione contenuta?!”
Demelza ringraziò di essersi accontentata degli scones e strabuzzò gli occhi mentre osservava il piatto carico di uova, fette di pomodoro, pane e salsicce dell’amica, che però fece spallucce mentre Beau, deglutendo, domandava che cosa fosse il “black pudding”.
“Se te lo dico ti passa l’appetito, mangia le uova. Voi scozzesi avete la peggior alimentazione della storia.”
Phil parlò lanciando un’occhiata schifata al black pudding e portandosi al contempo la tazza di tè nero alle labbra mentre Beau spingeva con cura il pezzo di carne verso il bordo del piatto e Margot, stanca dei commenti sarcastici del collega londinese, scoccava un’occhiata torva nella sua direzione:
“Punto primo, da dove pensi che venga il tuo cognome, MacMillan? Punto secondo, mi sembra che tu gli scones li stia gradendo.”
Solo allora Demelza – che fino a quel momento era stata impegnata a tenere un occhio sul tavolo e l’altro a controllare che il figlio non cadesse dalla sedia per la terza volta a causa del suo eccessivo dondolio – si accorse che buona parte degli scones erano spariti. La strega spalancò le labbra inorridita e indicò l’alzata per dolci dando a Phil dell’ingordo, affrettandosi a prendere tutti i pochi dolcetti rimasti per metterli in salvo dallo stomaco senza fondo del giovane collega.
“Comunque no, non ho mai visto il Castello, non vedo l’ora! Tu ci sei stato?”
Ritrovando rapidamente il suo consueto sorriso gentile – un paio di studentesse si esibirono in una successione di cinguettii che portarono Blodwel a simulare un conato di vomito sulla sua tazza – Beau si rivolse a Phil, che annuì distrattamente mentre si spolverava le briciole degli scones di dosso:
“Sì, un paio di volte con la mia famiglia quando ero piccolo… l’ultima volta convinsi Radcliff, che aveva quattro anni, che se si fosse comportato male delle guardie lo avrebbero infilato nelle segrete, magari potremmo usarlo come deterrente per far comportare bene anche i ragazzi. Che c’è?! Va bene, era soltanto un’idea, barbosi moralisti.”

 
*

 
“Questa tizia con quel colletto dall’aria scomodissima chi è?!”
“Mary Stuart.”
“Come fai a sapere sempre tutto?!”
“C’è scritto sulla targhetta sotto al quadro, geni.”
 
Sospirando, Lilian indicò la targhetta di ottone posta sotto al quadro di Mary Stuart mentre Malai e Shou, fino ad allora impegnati a scrutare curiosi il dipinto, annuivano stringendosi le cinghie degli zaini. Tallulah, che stava masticando un chewing gum, si posizionò accanto a Malai scrutando il viso pallidissimo della donna ritratta prima di parlare con tono vago:
“Non era lei quella che è stata fatta ammazzare da sua cugina?”
“Uccisa da sua cugina? Che brutta fine. Doveva essere peggio di Lilianator quando ai arrabbia.”
Shou indicò la cugina, che non esitò ad assestargli una manata sul retro del collo mentre Margot, dopo aver raccomandato ad Hiro, Marley, Bel e Priscilla di non avvicinarsi troppo alle teche che contenevano i gioielli della corona – Marley parve piuttosto delusa di non potersi provare la corona – si avvicinava allegra ai ragazzi.
 
“Ohh, avete visto Mary Stuart? È stata l’unica Regina di Scozia.”
“Perché sua cugina l’ha fatta fuori, Prof?”
“Perché Elisabetta aveva paura che le soffiasse il trono, per farla breve.”
 
“Di sopra c’è il Mons Meg, un cannone d’assedio gigantesco! Andiamo a vederlo?”
Beau, che aveva appena finito di leggere la guida, sorrise allegro mentre Blodwel, un chupa chips alla vaniglia tra i denti, girovagava per l’ampia sala tenendo le mani in tasca e facendo vagare distrattamente lo sguardo attorno a sé. Annoiata, la Tassorosso si voltò verso Lance – che non aveva smesso di fare foto da quando erano entrati –  chiedendogli dove fosse la sala del trono e se, secondo lui, ci si poteva sedere sopra per farsi una foto.
“Sarebbe forte dare ordini a destra e a sinistra.”
“Andiamo a cercarlo. Bel, vieni, andiamo a cecare il trono!”
“Uhhh, vengo anche io!”
Marley prese Bel sottobraccio e corse dietro agli amici mentre Malai, dopo aver appreso dell’esistenza di un cannone d’assedio gigante, guardava Beau con gli pcchi luccicanti e in piena estasi:
“Cannone gignate? Andiamo! Vieni Ugola di Buddha.”
“Ma a me non interessa il cannone gigante, andiamo a cercare una sedia per sederci?”
Shou, stanco di camminare e stare in piedi, sospirò mentre l’amico invece lo trascinava verso Beaumont e verso le scale, saltellando entusiasta. Demelza scrutò il figlio esasperata, domandando in un sussurro a Beau perché avesse fatto quella domanda. Phil, sbadigliando, asserì che avrebbe controllato che i Tassorosso non distruggessero il castello restando senza sorveglianza.
“Questo cannone gigante dove sta?”
Mentre raggiungevano le scale di pietra Demelza volse lo sguardo su Margot, che sorridendo allegra la informò che il Mons Meg si trovava all’ultimo piano. Shou sbuffò, Demelza trattenne un’imprecazione a causa della vicinanza dei ragazzi e Malai, invece, si voltò mentre saltava due gradini alla volta e proponendo allegro di fare una gara di velocità, sospirando deluso quando tutti gli rifilarono un secco rifiuto.
 

 
*

 
“Papino, la zia oggi andava in un castello, lo sai?”
Freya, distesa sul tappeto del salotto, volse la testa per poter guardare il padre, seduto sul divano alle sue spalle, mentre portava a termine la sua ultima opera d’arte.
“Sì, me l’ha detto.”
Håkon annuì, parlando senza alzare gli occhi scuri dal suo libro – sua madre Winnie, che aveva speso buona parte della sua vita nella sua libreria, aveva quasi pianto di gioia nel scorgere il figlio che per anni aveva cercato invano di coinvolgere nella lettura con un libro in mano – di Astronomia mentre Freya, puntellandosi il pennarello rosa sul mento, domandava assorta:
“Tu l’hai mai visto un castello?!”
“A parte Hogwarts no, non credo.”
“Anche io volevo vedere il castello, potevamo andare con la zia!”
“La prossima volta le chiediamo di portare anche noi due, va bene?”
Anche se poco convinta Freya annuì, riprendendo la sua opera d’arte. Pochi minuti dopo la bambina si alzò e andò tutta fiera dal padre per mostrargli il foglio dove facevano capolino un castello rosa sbilenco e un paio di persone sorridenti ma sproporzionate.
“Ho finito, guarda! Lo do alla zia quando torna.”
“Che cos’è piccolina?”
“Questo è il castello, questa è la zia Margi…”
“E perché ha la corona?”
Håkon avrebbe voluto chiedere come mai l’avesse fatta così alta, ma cercò di non ridere e di restare profondamente serio mentre Freya indicava il tizio dalle braccia troppo corte che aveva disegnato accanto a Margot:
“Perché ha sposato il principe!”
“Quindi la zia va al castello e automaticamente si sposa un principe?”
Freya sospirò, chiedendo al padre come mai ancora non sapesse quelle cose dopo tutti i film delle principesse che gli aveva fatto vedere. Håkon annuì, scusandosi e riconoscendo la sua gravissima mancanza prima di indicare una sorta di strambo animale con un corno rosa:
“E questo cos’è?”
“È l’unicorno!”
“E perché la zia ha anche un unicorno?!”
“Papino, le principesse hanno SEMPRE un unicorno! Nonna, Papino non si ricorda le cose!”
 
Sbuffando, Freya si riprese il disegno e si diresse in cucina pestando rumorosamente i piedi sul pavimento, lasciando il padre piuttosto di stucco. Quella sera Håkon chiamò l’amica e le domandò se per caso non si fosse trovata un principe, ma Margot, amareggiata, rispose che purtroppo si era imbattuta solo in quell’”orco di MacMillan”.
 
“Spiacente Freya, nessun principe per la zia, ma sono sicuro che il disegno le piacerà.”
Håkon sedette a tavola accanto alla figlia e le sorrise con affetto, accarezzandole dolcemente la testa mentre la bambina, allungando il piatto verso nonna Winnie per ricevere la sua porzione di lasagne, faceva spallucce:
“Meglio, così non va via e resta amica nostra. Per me tanto nonna, ho fame.”

 
*

 
“Dopo la visita al castello e tre ore nel National Museum of Scotland con tutti questi ragazzini quasi invidio la fine della Regina decapitata…”
“Non dire così, si stanno comportando abbastanza bene dopotutto. Sapevi che il Museo Reale Vittoriano è allestito nel palazzo adiacente?!”
Beau, sprofondato nella lettura della sua guida, indicò sorridente l’immagine dell’edificio accanto rispetto all’enorme museo di cinque piani che stavano visitando. Phil alla sola idea di dover passare altre due ore chiuso in un museo con dei ragazzini impallidì, sibilando che per affrontare quella visita avrebbe avuto bisogno di un giro turistico delle distillerie di whisky per le quali Edimburgo era famosa.
“Va bene, hai ragione, per oggi sarebbe troppo, ce li possiamo portare domani dopo i sotterranei di Edimburgo.”
“Sarebbe una vera disgrazia se perdessimo accidentalmente un paio di ragazzi laggiù… Oh, eccole finalmente. Dove eravate finite voi due?”
Phil e Beau si fermarono nell’enorme atrio dove si erano dati appuntamento con gli studenti e il più giovane rivolse un’occhiata stranita alle due colleghe quando vide Margot e Demelza raggiungerli sorridenti, rilassate e fin troppo riposate per due insegnanti in gita.
Alla caffetteria.”
“Vi siete piantate a bere caffè fino ad ora?!”
“Certo che no, abbiamo anche mangiato altri scones. E siamo andate al Bookshop!”
Demelza sorrise mentre Margot, annuendo soddisfatta, sollevava la sua borsetta per mostrare a Beau la sua sfilza infinita di acquisti inutili, tra cui diversi segnalibri, matite, una calamita e una tazza.
“Non ho trovato nulla per Håk Bello… Beh, si farà andare bene questo segnalibro.”
“Ma Håkon detesta leggere.”
Allora la calamita, che uomo difficile! Tieni Beau, questo è per te.”
Margot allungò sorridendo un segnalibro a Beau, che sorrise di rimando e la ringraziò mentre l’ex Tassorosso, voltandosi verso Phil, informava stizzita il collega che a lui non aveva preso nulla.
“Come farò a dormire stanotte con questo pensiero a darmi il tormento… Per oggi abbiamo finito?”
“Sì, non ci resta che tornare e prepararci psicologicamente alla cena di merda che ci aspetta.”
Una quindicina di minuti dopo, uscendo dal Museo, Demelza si ricordò di non aver preso niente ad Elliott. Maledicendosi mentalmente la strega si avvicinò di soppiatto al figlio, certa che Malai avesse speso capitali in stronzate, e quando lo sentì dire orgoglioso a Shou di “aver preso un set di tazzine da caffè per lui e per il padre” si affrettò ad informarlo che quel regalo sarebbe stato da parte di tutti e due.
“Ma’, allora devi darmi metà dei soldi!”
“Ti ho dato la vita e ancora avanzi richieste? Figlio ingrato.”

 
*

 
Hogwarts
 
 
Fatto ritorno nel suo ufficio, Minerva si accasciò sulla sedia dall’alto schienale imbottito sistemata dietro la sua scrivania grata della pace e del silenzio appena ritrovati: aveva sperato che l’assenza di quasi tutti gli studenti – e anche di alcuni insegnanti – avrebbe reso il soggiorno nella sua amata Hogwarts più piacevole, ma naturalmente non aveva fatto i conti con Theobald Watrous che, alleatosi con Pix, aveva prima Confuso i gufi postini generando il caos nella Sala Grande a colazione, e infine aveva reso inagibile la Torre di Sibilla grazie all’ausilio di una decina di Caccabombe, costringendo la collega a lasciare il suo solito antro.
Trovarle un’altra sistemazione non era stato difficile grazie alla vastità del castello, ma l’insegnante di Divinazione si era terribilmente offesa e, dopo aver inveito a lungo contro il collega che naturalmente aveva fatto finta di nulla, aveva perseguitato Minerva per metà del pomeriggio, continuando a ricordarle i cattivi presagi che aveva scorto nei fondi di tè e tutte le catastrofi che si sarebbero abbattute sul castello se non avesse licenziato Watrous al più presto.
Bisognava tener conto che, dopo tutte le tragedie avvenute agli insegnanti di Difesa contro le Arti Oscure anni addietro, trovare qualcuno disposto ad accettare la cattedra era diventato tutto fuorché semplice, e anche se le creava un mare di problemi Minerva non era intenzionata a liberarsi di Theobald.
 
Quando sentì bussare energicamente alla porta la Preside si affrettò a raddrizzarsi gli occhiali sul naso e a rimettersi seduta ben dritta sulla sedia, schiarendosi la voce prima di invitare il suo ospite ad entrare:
“Avanti.”
Theobald non se lo fece ripetere e subito aprì la pesante porta di legno, sorridendo calorosamente alla Preside prima di entrare nella stanza e raggiungere la sua scrivania:
“Buonasera cara Minerva!”
“Buonasera Theobald… Ha pensato a ciò che le ho detto sulla Professoressa Cooman?”
“Intende il fatto che i “presagi” sui fondi di tè siano stupidaggini? Ma certo!”
“No Theobald… anche, sì, ma mi riferisco al fatto che essendo Sibilla molto… suscettibile, forse sarebbe meglio spostare la sua attenzione altrove.”
“Ma Minerva, Hogwarts al momento è particolarmente sprovvista di vittime, su cui mai dovrei concentrare i miei sforzi?!”
 
Theobald sospirò, parlando come se avesse a che fare con il più grande ed insormontabile dei problemi. Minerva, più seria che mai, gli fece notare che forse sarebbe stato il caso di non concentrare i propri sforzi su nessuno. Eppure il collega le sorrise, divertito, gli occhi azzurri luccicanti e il viso tondo leggermente arrossato mentre le assicurava che fosse “una donna davvero divertente, cara Minerva”.
Minerva era sicura di una cosa: mai, in tutta la sua vita, le si era dato della donna divertente.

 
*

 
“È stata la giornata più lunga della mia vita!”
Demelza aprì la porta del bagno – permettendo ad una cortina di vapore di diffondersi nella stanza che condivideva con Margot – sistemandosi l’asciugamano che si era avvolta attorno alla testa a mo’ di turbante per poi gettarsi drammaticamente sul suo letto. Margot, seduta con un libro in mano dopo aver parlato al telefono con Håkon, aggrottò le sopracciglia mentre si voltava verso l’amica:
“L’hai detto anche ieri.”
“E lo dirò finchè non saremo a casa. Sai qual è la cosa peggiore?”
“No, quale? Il black pudding? Ohhh, forse l’Haggis(3) che hai rischiato di mangiare per sbaglio?”
Demelza deglutì, scosse la testa e fece cenno all’amica di non pronunciare quella parola mentre serrava gli occhi con insistenza, cercando di rimuovere quella sgradevolissima immagine dalla sua mente.
“No, no, che schifo, no! Cioè, anche, ma non mi riferivo a quello. No, la cosa peggiore è che mentre io sono qui a sorbirmi tutti quegli adolescenti durante quelle che sarebbero le mie ferie, quel maledetto di Elliott è a casa da solo a farsi la bella vita! Chissà quanto si starà rilassando alla faccia mia!”
 
Demelza, il ricordo di suo figlio che cercava di arrampicarsi sul Mons Meg facendole rizzare i capelli sullq nuca ancora perfettamente impresso e l’immagine del marito in panciolle a godersi la solitudine e la calma, sprofondò amareggiata nei cuscini incrociando le braccia al petto. Margot non poteva affermare di comprendere appieno lo stato d’animo dell’amica non essendo sposata e non avendo figli, ma aprì il cassetto del comò e le offrì comunque uno dei cioccolatini di scorta che aveva portato con sé “in casi di emergenza”.
“Tieni Elza, tirati su. Ti prometto che durante le prossime vacanze andremo un weekend alla spa e lasceremo i tuoi ometti a casa da soli.”
“Tremo all’idea di cosa troverei al mio ritorno, ma accetto molto volentieri. Che si arrangino.”
“Brava. Ah, Håk bello ti saluta. Mi ha chiesto se al castello ho trovato un principe, ma con la fortuna che ho io al massimo mi sarei potuta imbattere nel fantasma decapitato di Mary Stuart.”
 
 
 
 
 
 
 
 
1: tipici dolcetti scozzesi farciti con burro, miele o marmellata
2: sanguinaccio insaccato
3: insaccato tradizionale scozzese realizzato con interiora di pecora
 
 
 

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Capitolo 4
*** L'asse Londra-Copenhagen ***


Prima di lasciarvi alla lettura di questa OS terribilmente demenziale e che potrebbe essere l’ultima di questa piccola raccolta, almeno per ora, mi scuso per il contenuto che vi ho propinato. Se dovesse capitarvi di chiedervi come possano sorgermi in mente c*****e simili, sappiate che non so spiegarmelo nemmeno io, sembra che io peggiori con gli anni invece di diventare più saggia e seria.
Buona lettura (spero)!
 


 

IV. L’asse Londra-Copenaghen  



C’era qualcosa di particolarmente insolito e bizzarro nei comportamenti di Håk Bello e di MacMillan, Margot continuava a ripeterselo mentre osservava di sfuggita i due colleghi quando le capitava di incrociarli per il castello: Håkon e Phil non erano mai stati amici né avevano mai avuto particolare confidenza, limitandosi ad un rapporto di distaccata cortesia.
Proprio per questo motivo Margot non era riuscita a nascondere la sorpresa quando in più occasioni nell’arco di pochi giorni aveva scorto i due colleghi intenti a conversare standosene in disparte rispetto a chiunque altro fosse presente nella stanza e con evidente fare cospiratorio.
E lei di fare cospiratorio se ne intendeva con tutti i film e le serie tv che aveva visto, come aveva spiegato a Beau e a Demelza quando aveva esposto ai due le sue perplessità.
 
“Secondo me ti stai costruendo un mucchio di film mentali, Margi. Di sicuro stavano parlando di qualche studente, che vuoi che sia!”
Ma le parole di Demelza, accompagnate da un pigro gesto della mano, non l’avevano convinta. Anche Beau era sembrato perplesso nel vedere i due colleghi interagire così spesso, ma la sua indole riservata gli aveva impedito di ficcanasare come, invece, era intenzionata a fare la sua collega.
Il punto di non ritorno era arrivato quando Håk Bello aveva osato darle buca durante la prima gita ad Hogsmeade dell’anno: per loro era tradizione passare la giornata insieme, quando lei ne approfittava per svaligiare Mielandia e lui per comprare qualcosa per Freya e i suoi genitori prima di scolarsi litri di Burrobirra fumante ai Tre Manici di Scopa.
La mascella di Margot aveva sfiorato il pavimento di pietra dell’ingresso quando, uscendo dalla Sala Grande dopo colazione, Håkon l’aveva raggiunta e l’aveva informata tetro di non poterla accompagnare in paese nel weekend.
Oh, mi dispiace. Che cosa devi fare?”
“Ecco, devo… ho delle cose da discutere con Philip.”  Alla domanda dell’amica Håkon aveva risposto distogliendo lo sguardo, imbarazzato, evitando accuratamente di guardarla mentre la strega spalancava gli occhi, indignata e sgomenta al tempo stesso.
Margot avrebbe accettato di vedersi dare buca per una visita medica, per qualcosa che riguardava la piccola Freya o i genitori dell’amico. Ma farsi mettere in disparte da MacMillan no, quello non poteva tollerarlo. Ferita, umiliata e offesa, la strega aveva girato sui tacchi e si era presentata a lezione con il peggior umore che i suoi studenti le avessero mai visto, arrivando persino a sgridare un povero ragazzino del secondo anno quando aveva sbagliato incantesimo per la terza volta consecutiva.
 
Ben presto le teorie più disparate avevano preso a farsi strada nella mente di Margot, che trascorse la giornata ad Hogsmeade in compagnia di Demelza e Beau scoccando occhiate di fuoco ad Håkon e Phil ogni qual volta in cui le capitò di incrociarli.
“Come ha osato darmi buca per MacMillan! Non mi sono mai sentita così offesa!”  Margot sbattè rumorosamente il boccale di Burrobirra speziata sul tavolo di legno, facendo sobbalzare qualche studente seduto alle sue spalle prima di addentare, scura in volto, l’ennesimo stuzzichino.
“Margi, è la sedicesima volta che lo ripeti, vai da Håkon e chiediglielo! Giusto, Beau?”
Sperando che l’amica avrebbe ascoltato l’unico normale della compagnia Demelza rivolse un’occhiata eloquente a Beau da sopra il suo boccale di Burrobirra, annuendo soddisfatta quando il collega le diede ragione e suggerì gentilmente a Margot che di sicuro “doveva esserci un valido motivo”.
In Beau Margot vedeva la voce della ragione, e stava considerando l’idea di affidarsi alle sagge parole dell’amico e dargli ascolto quando, all’improvviso, un orribile pensiero la colpì:
“Oh Mio Dio. Per le Mutande di George Lucas… E se… Non usciranno mica insieme, vero?!”
Margot si portò le mani ai lati del viso, la bocca semi aperta e gli occhi sgranati per la folle teoria appena partorita. A Demelza a quelle parole andò la Burrobirra di traverso, tossicchiando rumorosamente e cercando di non soffocare mentre Beau le dava qualche colpetto sulla schiena. Ripresasi, l’insegnante di Volo si schiarì la voce prima di guardare Margot e chiederle, seria in volto, di quali sostanze avesse iniziato a fare uso.
“Non dirai sul serio, vero?”
“Perché no?!”
“Perché di tutte le idee che hai mai avuto questa è la più folle, anche peggio di quando pensavi che Beau fosse mezzo Veela!”
“Ma perché tutti lo credono?! Io non sono mezzo Veela, quante volte devo dirlo!”
“Oh scusa se sei troppo bello, poverino, che gran fardello devi portare… dei tuoi problemi parliamo dopo. Margi, è ridicolo, non vanno neanche molto d’accordo!”
Demelza scosse la testa con decisione mentre si portava il boccale alle labbra per sorseggiare ciò che restava della sua Burrobirra e Margot, scuotendo la testa, incrociava seria le braccia al petto, ormai certa di avere ragione:
“Ma non l’hai mai vista una commedia romantica, lo sanno tutti che spesso e volentieri va così!”
“Effettivamente io e Neville pensavamo che tu e Phil vi piaceste…”
Beau annuì distrattamente mentre ripensava vagamente alle conversazioni avute a riguardo con il collega, pentendosi amaramente di aver parlato quando Margot riuscì a farsi andare la saliva di traverso e imitò i colpi di tosse di Demelza di poco prima.
“Ma ti sei bevuto dell’idromele scaduto, Beau?! Che cazzate vi vengono in mente, a te e a Neville?! Piuttosto mi fidanzo con Lumacorno!”
“Sareste una coppia splendida.”
Sogghignando, Demelza prese l’ultimo sorso di Burrobirra mentre Margot, rossa in volto, le lanciava il tovagliolino di carta dritto in faccia.
 
Non importava che cosa pensavano Demelza e Beau, ormai la paranoia si era impossessata di lei. Margot Campbell era assolutamente certa che Håkon l’avrebbe scaricata per la bella faccia di MacMillan.
Maledetto Uomo Ananas.

 
*

 
Nei giorni successivi Margot si dovette convincere che effettivamente forse poteva anche aver preso un abbaglio con la teoria dell’interesse tra Håkon e Phil, del resto anche i migliori sbagliano di tanto in tanto, ma l’idea che il suo migliore amico la stesse sostituendo con quel belloccio saputello le faceva comunque rodere il fegato.
Come poteva Håk Bello mollarla proprio per l’Uomo Ananas, tra tutti gli individui che c’erano al mondo?!
Demelza aveva smesso di consigliarle esasperata di chiedere chiaramente ad Håkon il motivo di quell’improvviso avvicinamento con Phil, stanca di sprecare fiato a vuoto. Quella sarebbe stata la via più semplice, ma era risaputo che Margot Campbell amasse complicarsi la vita e alla fine l’amica aveva deciso di non immischiarsi e di lasciare che la più giovane se la cavasse da sola.

 
“Demelza, ma tu pensi davvero che Håkon sia diventato improvvisamente tanto amico di Phil da voler scaricare Margi?”
“Ovviamente no Beau. Nessuno lo pensa, tranne Margi. Ieri sera mi ha elencato tutte le ragioni che la inducono a pensare che Phil stia drogando Håkon, renditi conto…”

 
 
A Beau vedere Margot, di solito sprizzante energia e positività da tutti i porti, visibilmente giù di tono dispiaceva moltissimo, ed era stato particolarmente tentato di chiedere ad Håkon o a Phil qualche spiegazione, ma Demelza gli aveva suggerito di non immischiarsi. L’ex Corvonero aveva finito col dare ascolto alla collega, imitandola nel limitarsi a farsi gli affari propri mentre Margot si aggirava per il castello scoccando un’occhiate fiammeggianti a Phil ogni volta in cui ne aveva l’occasione.

 
“Demelza, ho deciso che anche io sostituirò Håkon, adesso sei tu la mia migliore amica.”
“AH, quindi non lo ero anche prima?!”
“Uffa, non fare la difficile, lo sai che cosa intendo!”

 
 
Chiaramente chi stava traendo il massimo godimento da quella situazione bislacca era Theobald, che seguiva il drama in corso con l’aria di un bambino che è stato portato al Luna Park. La Preside invece cercava invano di capire che cosa stesse succedendo ai suoi insegnanti – già strambi nella norma –, osservando allibita la dolce Margot battibeccare con Philip ancora più di frequente del solito e soprattutto scorgendo lei e Håkon passare molto meno tempo insieme rispetto al solito.
 
Margot, dal canto suo, continuava a brancolare nel vuoto: le sue indagini non la stavano conducendo da nessuna parte. In particolare, l’aspetto che meno la convinceva di tutta quella situazione erano le misteriosi sparizioni dell’amico quanto di MacMillan: conosceva gli orari dei colleghi a memoria, e da un paio di settimane entrambi sparivano dalla circolazione quando alcuni dei loro momenti liberi combaciavano.
“Ah, se solo ci fosse una mappa di Hogwarts che permette di rintracciare in tempo reale gli abitanti del castello!”
Così si era lamentata Margot al termine di una riunione docenti, non accorgendosi della strana espressione che aveva fatto capolino sul volto di Neville, seduto alle sue spalle.

 
*

 
Un paio di giorni dopo Margot e Demelza si trovavano al sesto piano del castello – approfittando di un comune turno di ronda per discutere dell’ultima assurda cotta di Malai – quando Margot, fermatasi senza preavviso nel bel mezzo di un corridoio poco illuminato e costringendo la collega a fare altrettanto, indicò sgomenta la porzione di pavimento di pietra che aveva davanti:
“GUARDA!”
“Che cosa devo guardare? Porca Pluffa, ma quanto è sporco il pavimento?! Dopo dico a Gazza di passare lo straccio.”
Appuntandosi mentalmente di consigliare caldamente a Gazza di dare una pulita Demelza seguì la direzione indicatale dall’amica aggrottando schifata le sopracciglia e accennando una piccola smorfia che Margot non imitò, scuotendo invece la testa con veemenza:
“No, non quello, guarda le briciole di biscotti!”
“E allora?!”
“E allora?! Sono un chiaro segno che Håkon è passato di qui.”
“Ma chi è, Pollicino?!”
 
Stralunata, Demelza guardò l’amica chiedendosi se la situazione non stesse iniziando a nuocerle seriamente mentre Margot, più seria che mai, seguiva decisa la “scia” di briciole fino a trovarsi davanti ad un pesante arazzo che nessuna delle due ricordava di aver mai notato.
“Elza, lo avevi mai visto questo arazzo?!”
“No, ma è talmente brutto che non mi sorprende, potrei averlo visto e poi aver rimosso il trauma… che cosa stai facendo?!”
Demelza non fece in tempo a consigliare all’amica di lasciar perdere l’arazzo, perché Margot evocò una lente d’ingrandimento e iniziò a perlustrarlo da cima a fondo con occhio critico, certa che ci fosse qualcosa di strano mentre Demelza, alle sue spalle, la guardava stralunata.
 
Povera Margi, ha passato troppo tempo con Malai.
 
“Nessuna di noi ha mai visto questo arazzo, perché semplicemente non c’era fino a poco tempo fa! Che scherzo è questo…”
Assolutamente certa di essere nel giusto, nonché di essere molto vicina alla verità, Margot continuò imperterrita ad esaminare minuziosamente l’arazzo rosso sbiadito mentre Demelza cercava invano di dissuaderla:
“Margi, qui è pieno di angoli bui a cui nessuno presta attenzione, sono sicura che ci siano decine di quadri e arazzi che non abbiamo mai notato e che non noteremo mai!”
“E allora come spieghi l’assenza di polvere su questo arazzo? Qui tutto è vecchio come il cucco e sappiamo che Gazza finge di pulire quando invece si fa gli affari degli altri tutto il giorno, dovrebbe essere coperto di polvere! AH-AH! Guarda, un indizio!”
 
Quando Margi le indicò esultante un punto dell’arazzo Demelza sospirò, decidendo comunque di darle corda e avvicinandosi per porre fine a quella storia e tornarsene a casa il più rapidamente possibile. Eppure, quando si chinò per osservare i ricami attraverso la lente d’ingrandimento dorata dell’amica, l’ex Grifondoro dovette ricredersi.
 
“… Che cazzo ci fa una scatola di cereali in un arazzo di secoli fa?!”
 
Una volta scostato l’arazzo dal muro, fu con esultanza – del resto adorava avere ragione – che Margi indicò a Demelza il quadro di un cavaliere appisolato che sorvegliava quello che l’ex Tassorosso individuò subito come un ingresso segreto. E a giudicare dai cereali che facevano capolino in un angolo dell’arazzo, non era difficile immaginare l’identità dell’artefice.
Una volta svegliato il cavaliere a suon di scossoni del ritratto, le due scoprirono che per accedere all’area misteriosa del castello serviva una parola d’ordine. Dopo essersi consultate a lungo e aver fallito due dei tre tentativi concessi – provarono “Freya” e “Ananas”, ma invano – le due streghe concordarono che la soluzione possibile fosse una e una soltanto.
“… Cooman schifo.”
Dopo aver sbadigliato, il cavaliere panciuto annuì e borbottò che tutte quelle visite iniziavano ad annoiarlo parecchio prima di fare in modo che il quadro, scostandosi di lato, mostrasse un vano a forma di arco che le due insegnanti oltrepassarono a metà tra il vittorioso e il sorpreso:
“Pazzesco, non credevo che avremmo indovinato sul serio!”
“Quei due ci prendono per cretine, non hanno capito con chi hanno a che fare, tsz!”
 
Scostandosi i capelli dalle spalle con aria sostenuta, Margot precedette Demelza lungo lo stretto corridoio buio finchè le due non giunsero in una stanza esagonale che le lasciò entrambe a bocca aperta: l’enorme caminetto di pietra acceso permise alle due di guardarsi attorno e di scorgere, sempre più sorprese, il rifugio segreto che popolava i sogni di ogni insegnante del castello. Un divano di pelle dall’aria molto comoda, una libreria enorme, persino un minifrigo, una vetrinetta per gli alcolici e un giradischi. Ma i pochi dubbi rimasti svanirono realmente solo quando Demelza, sgomenta, aprì un armadietto e indicò all’amica un’immensa scorta di cereali.
 
“PORCA UMBRIDGE, non posso credere che MacMillan si rilassa in un posto simile alla faccia nostra, maledetto!”
“Ma quando se l’è costruito questo covo?! La Preside lo saprà?!”   Guardandosi attorno senza parole, Margot scivolò su una delle sedie che circondava il tavolo di vetro quadrato che reggeva una scacchiera dall’aria molto costosa, chiedendosi come e quando MacMillan avesse iniziato a fare la bella vita alle spalle di tutti mentre Demelza, aperto il frigo, decideva di vendicarsi agguantando un’enorme fetta di torta al cioccolato che MacMillan aveva ingenuamente tenuto da parte:
“Non ne ho idea, ma voglio una stanza così anche io! Me la merito più di tutti, io insegno nella stessa scuola di mio figlio, ti rendi conto?!”
Furiosa, Demelza agitò quel che restava della fetta di torta prima di riprendere a divorarla nervosamente mentre Margot, dopo aver rivenuto un foglio di pergamena accanto alla scacchiera e aver annusato brevemente l’aria, annuiva piano prima di mormorare qualcosa con l’espressione più seria che l’amica le avesse mai scorto:
“Profumo di biscotti danesi al burro. Sì. Håkon è stato qui.”
“Håkon sapeva della PhineasCaverna e non ci ha detto niente?! Domani mi sentono tutti e due, li prendo per le orecchie e li trascino dalla Preside!”
“No, non diremo niente, potrebbero inventare delle scuse. Li coglieremo sul fatto. Inizio a capire che cosa ci sia dietro.”
Margot sollevò e sventolò eloquentemente il foglietto piegato in quattro parti, porgendolo a Demelza quando l’amica si avvicinò con la mano tesa.
 
“… Tutto questo casino per questa cazzata?!”

 
*

 
Tre giorni dopo
 
 
“Sei sicuro che funzionerà?”
“Certo. Non parlo a vanvera, dico qualcosa solo quando sono sicuro di essere nel giusto. Ovvero sempre.”
“Mh, comunque dobbiamo fare più attenzione, Margi è sempre più strana. E la Preside mi ha fatto domande alquanto insolite, a pranzo.”
 
Phil dovette impegnarsi seriamente, tenendo a mente quanto il collega fosse affezionato alla Campbell, per evitare di fare un commento sarcastico su quanto la Direttrice dei Tassorosso fosse strana in ogni momento della sua vita. Schiarendosi la voce, l’ex Corvonero decise di svicolare chiedendo invece al collega perché si stesse ostinando a tenere segreta la loro missione alla sua migliore amica.
“Non fraintendermi, mi fa immensamente piacere non averla tra i piedi, rende tutto più semplice, ma visto che siete così pappa e ciccia forse sarebbe stato più facile gestirla se glielo avessi detto.”
“Ci ho pensato, ma conosci Margot. Lei… si fa prendere dall’entusiasmo. Avremmo rischiato di complicare le cose.”
“È un eufemismo. Ma potresti sempre dirle che non hai intenzione di sostituirla, mi lancia occhiate ancora più torve del solito, a volte ho paura che possa trasformarmi in una poltrona quando le do le spalle...”
 
Ovviamente Phil non temeva affatto quella gnoma chiacchierona della Campbell, non fosse stato per l’inconveniente che si trattava pur sempre di una strega e per di più pericolosamente esperta nell’arte della Trasfigurazione. Si sarebbe ficcato due dita negli occhi piuttosto che ammetterlo pubblicamente, ma talvolta negli ultimi tempi aveva sincero timore a dare le spalle alla collega.
 
I due stavano lavorando indisturbati, seduto uno di fronte all’altro, quando il rumore del quadro che scivolava di lato sulla parete di pietra li sorprese. Impietriti, Phil e Håkon si guardarono senza capire che cosa stesse succedendo mentre un eco di passi lungo il corridoio anticipava l’arrivo di due ospiti inaspettate.
Phil avrebbe preferito trovarsi di fronte ad una Preside furiosa, piuttosto che fare i conti con l’espressione fastidiosamente soddisfatta di Margot Campbell, che fece capolino nel suo rifugio segreto incrociando le braccia al petto e decretando sorridendo di non essersi sbagliata. Come sempre.
 
“Margi?! Demelza? Che cosa ci fate qui?!”
Confuso tanto quanto il collega, Håkon guardò le due colleghe appena arrivate mentre Demelza, dopo essersi stretta nelle spalle con nonchalance, prendeva a giocherellare con una ciocca di capelli ramati con fare annoiato:
“Non provate a negare, sappiamo tutto. Sappiamo dell’Asse Londra-Copenaghen del cavolo che avete orchestrato, e anche che state cercando di sabotare la Cooman per far sì che venga mandata in pensione anticipata l’anno prossimo raccogliendo decine di testimonianze sulla sua incompetenza. Ma potete sempre comprare il nostro silenzio, se MacMillan decidesse di condividere questo bel posticino con noi.”
“Scordatevelo. C’è la parola d’ordine, e posso cambiarla quando voglio!”
“Scordatelo cocco, abbiamo corrotto il tizio del quadro, ci dirà ogni parola d’ordine che dovessi inventarti. Come se Cooman schifo fosse molto originale, tra l’altro, dal tuo QI di 135 ci aspettavamo qualcosa di meglio.”
Demelza si lasciò scivolare su un angolo del divano sfoderando un sorrisetto beffardo, accavallando le gambe mentre guardava il collega visibilmente soddisfatta tanto quanto Margot. L’idea di aver fregato il genietto era piacevole quasi quanto mettere in punizione gli studenti più insopportabili.
“Come avete fatto a corromperlo?!”
Per una volta Phil non riuscì a celare la sorpresa e dovette mostrarsi sinceramente perplesso e colpito al tempo stesso mentre spostava lo sguardo da una collega all’altra, guardando le due streghe sogghignare divertite mentre Margot, raggiunto il frigo, lo apriva per cercare qualcosa di buono da scroccare:
“Facile, abbiamo chiesto gossip in giro e la Signora Grassa ci ha detto che ha una cotta per Lady Amelia del quarto piano da decenni. Gli abbiamo organizzato un appuntamento.”
“Vero, e lui ci è stato così riconoscente da prometterci lealtà eterna. Capisci? E-T-E-R-N-A. Avete sottovalutato le colleghe sbagliate, cari. Trovato qualcosa Margi?”
“C’è una ciotola piena di crema al mascarpone. Ma non ti vergogni?! Tenere nascosto tutto questo e non condividerlo?!”
Margot si voltò per rivolgersi a Phil mostrando un’enorme terrina di vetro piena di crema dall’aria molto invitante, sorridendo divertita quando il collega, livido, balbettò qualcosa sul fatto che la crema al mascarpone non rientrasse tra i beni condivisibili.
“Adesso rimediamo, non temere. Oh, voi continuate pure, non c’importa della Cooman, a Margi importa di aver avuto ragione fin dall’inizio… e a me di rilassarmi un po’. Passa la crema, Margi.”
Dopo aver evocato un paio di cucchiai da minestra, Demelza fece sbrigativamente cenno all’amica di raggiungerla per condividere la crema. Margot naturalmente non se lo fece ripetere, raggiungendo sorridente l’amica con il “tesoro” prima di rivolgersi brevemente ad Håkon, più seria che mai:
“Sono molto infastidita, ma ne parliamo dopo. Mi basta sapere che vuoi più bene a me che a Phineas.”
“E’ chiaro, Margi, come ti viene in mente?”
“Mh, allora va bene così, ma intanto la crema ce la mangiamo comunque.”
 
Allibiti, i due guardarono Margot sedersi accanto all’amica mentre Demelza tirava fuori dal nulla un paio di riviste sul Quidditch e un cruciverba e Margot un libro, mettendosi comode sotto i loro sguardi con perfetta nonchalance.
“Siete realmente intenzionate a piantare le tende qui?!”
“Secondo te siamo qui per fare cosa, guardare voi? Ok che siete uno spettacolo piacevole, ma abbiamo di meglio da fare.”

 
*

 
“Professor Watrous, sa qualcosa di come sia andata a finire la storia di Margot su Phil e Håkon?”
“No Beau, in effetti no. Ho cercato di capirci qualcosa, ma Margi sembra essere tornata serena da un giorno all’altro e lei e Håkon sono tornati quelli di sempre. Non so spiegarmelo, ma pare che sia così. Tu sai qualcosa?”
“No. Effettivamente Margi sembra quella di sempre, ma mi è sembrato di notare qualcosa di strano tra lei, Demelza e Phil… Non saprei. Lui sembra persino più indisponente nei suoi confronti del solito, credo che lo abbia fatto innervosire parecchio. Lei e Demelza non fanno che ridersela e fargli battutine.”
“Chissà cosa è successo… Chiederò a Pix se ha visto o sentito qualcosa. Nel frattempo godiamoci la tranquillità ritrovata, da queste parti è cosa piuttosto rara.”
 
Beau annuì, decidendo di dare ragione al collega più anziano prima di tornare a concentrarsi sul tè che i due stavano bevendo e sul libro che aveva davanti. Lui e Theobald si stavano rilassando in Sala Grande per il tè pomeridiano quando la soglia venne improvvisamente varcata dall’ultima persona che i due si sarebbero aspettati di vedere:
“Che cosa ci fa lei qui?!”
Allibito, Beau guardò la Cooman dirigersi verso di loro a passo di marcia e tenendo qualcosa in mano, visibilmente furibonda. Theobald mormorò curioso di non averne idea, ma in compenso propose al giovane collega di nascondersi sotto al tavolo prima che la donna iniziasse a lanciare contro di loro sfere di cristallo, maledizioni e predizioni mortifere.
“Chi è che ha osato porgere questi reclami su di me alla Preside?! Sono sicura che c’entrano Phineas e quell’altro!”
“Di chi parla?!”
“Credo di Håkon, non ricorda mai come si chiama. Sibilla cara, di che cosa parli?”
La Cooman non rispose alla domanda di Theobald, limitandosi ad agitare i fogli che teneva in mano mentre elencava tutti i chiari segni in cui si era imbattuta di recente che suggerivano l’imminente e dolorosa dipartita di “Phineas”.

 
*

 
Ufficio della Preside
 


Dopo aver sigillato la porta con un incantesimo, Minerva sospirò chiedendosi che cosa ancora la trattenesse dall’andarsene in pensione. Voltatasi verso la moltitudine di ritratti che affollavano le pareti del più grande ufficio del castello, l’anziana strega si rivolse esausta ai suoi predecessori per chiedergli se si fossero ritrovati con un gruppo di docenti simili a loro volta.
Lo scroscio di risate che ricevette in risposta contribuì solo ad innervosirla ancora di più, sibilando che probabilmente persino Armando Dippet se l’era cavata meglio di lei nel ruolo di Preside. E dire che lui aveva dovuto affrontare la faccenda della Camera dei Segreti e la morte di una studentessa.
Ma almeno, di questo Minerva ne era sicura mentre raggiungeva la sua poltrona dopo essersi provvidenzialmente chiusa all’interno del suo ufficio, aveva potuto contare su un corpo docenti nettamente più normale.
 
  
 
 

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