La Giustizia Vince Sempre

di danny3003
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Capitolo 1

CRIMINALI

In un isola dell’East Blue, precisamente nell’arcipelago Konomi, la ciurma di Cappello di Paglia era appena sbarcata, se così si possa definire precipitare con la nave sulla terraferma, colpendo anche un loro compagno.

Il capitano della ciurma, Monkey D. Luffy, la prese sul ridere, mentre la vittima colpita, Roronoa Zoro, urlava lamentandosi…

“Insomma, si può sapere perché diavolo mi avete colpito?!” …Seppur non avesse ricevuto un solo graffio.

“Stai zitto, testa d’alga. Sfortunatamente, sei ancora vivo.” Intervenne un altro compagno, Sanji, facendo arrabbiare ancora di più Zoro, che replicò al suo insulto.

“Ohh, e tu che ci fai qui, cuoco pervertito?”

“Come mi hai chiamato?!” Tra i due cominciò una lotta. Immediatamente Zoro si ricordò di un particolare…

“Luffy, Usopp è stato catturato.” Una voce femminile, però, li interruppe.

“Usopp è morto. L’ho ucciso io. Adesso andatevene.” Era Nami, la navigatrice della ciurma, o meglio, ex-navigatrice.

“Non ti credo. Comunque, rimarrò qui fin quando avrò voglia.” Affermò Luffy con sicurezza. Sapeva che lei non sarebbe mai stata capace di un simile atto. E, di certo, non se ne sarebbe andato senza prima ricevere delle risposte dalla diretta interessata, che aveva precedentemente rubato la loro caravella per venire in quest’isola.

Nami era diventata furiosa. Non capiva il perché dovessero insistere a rimanere. “Fate come vi pare! Se morirete, sarà solo colpa vostra!” E se ne andò.

Nel frattempo, una piccola barca era appena approdata poco più lontano dalla loro posizione. Dall’imbarcazione, scese un uomo quasi sulla quarantina con capelli scuri. Si guardò intorno e aveva un’espressione felice. Da tempo voleva venire in quest’isola per assaggiare i mandarini di cui aveva tanto sentito parlare da una persona che conosceva ormai molto bene. Decise, quindi, di addentrarvisi.

Poco più avanti, incontrò alcune persone che non si aspettava di incontrare, soprattutto non qui, sulla terraferma. Davanti a lui si fermarono due uominipesce, che sembravano avere delle domande per lui.

“Chi sei e perché sei qua?” Chiese uno dei due, con le labbra enormi e spinte in avanti. L’uomo non ebbe problemi a rispondere.

“Credo di potermi definire un turista. Volevo assaggiare i famosi mandarini del luogo, dicono che siano squisite.” L’altro uomopesce, un polpo, rispose con occhi quasi scintillanti.

“Oh, si! È vero! Inoltre, hanno un sapore molto dolce che ti fa desiderare di mangiarne sempre di più!” L’uomo, fece un sorriso. Era felice di non aver fatto un viaggio a vuoto.

“Ho fatto bene a venire, allora. Sapete dove posso trovare questi mandarini?” Il polpo annuì.

“Al Coco Village. Si trova più avanti di dove siamo ora. Continua dritto e arriverai senza problemi.”

“Grazie mille!”

“Figurati! Buona giornata!” I due uominipesce lo videro partire. Il polpo aveva un sorriso stampato. Secondo lui, era un brav’uomo.

Quest’ultimo stava ancora pensando a cosa ci facessero gli uominipesce in questo posto. Dubitava fortemente fossero qui pure loro per una breve visita. Nonostante questo, non se ne preoccupò più di tanto e continuò a camminare.

Tornando ai pirati, questi erano felici. Usopp era vivo, al contrario di quanto aveva detto Nami. Disse loro che Nami lo aveva salvato. Gli uominipesce che avevano catturato Usopp decisero di volerlo uccidere e diedero questo compito a Nami, loro alleata. Quest’ultima aveva finto di pugnalare Usopp e lo fece cadere in mare, in modo che potesse scappare.

Alla fine del racconto, un’altra ragazza spuntò alle loro spalle. Aveva capelli corti blu e dei tatuaggi sul braccio. Questa conosceva molto bene Nami, essendo sua sorella, e decise di raccontare loro la verità dietro tutto questo, a patto che dopo se ne andassero. A Luffy non interessava e decise di farsi un giro.

Nami si era alleata con i pirati uominipesce per salvare il loro villaggio e tutto l’arcipelago Konomi. Era diventata una ladra di tesori per poter pagare i cento milioni di berry e far andare via i pirati che, da anni oramai, li avevano sottomessi.

Sanji e Usopp empatizzarono con Nami. Fin da piccola decise di sacrificare la sua felicità per poter salvare tutti i suoi concittadini. Zoro non arrivò nemmeno ad ascoltare la parte iniziale del discorso che si era addormentato vicino a un albero.

Luffy si trovava ora in un villaggio. Vedendolo, non era messo molto bene. Le case erano mezze distrutte e riparate alla bell’e meglio con assi di legno. Alcuni vetri delle finestre erano spaccati. Nonostante ci fosse in giro della gente, c’era un silenzio cupo.

“Vattene da qui.” Disse un uomo in età avanzata con parecchie cicatrici che gli adornavano la faccia. Indossava anche un capello con la girella. Nella sua voce non c’era minaccia, ma un semplice consiglio.

“Credimi, non ti conviene restare in questo posto. Gli uominipesce potrebbero fartene pentire.” Continuò l’uomo. Luffy non era interessato al suo discorso. Tutto quello che voleva era che Nami tornasse nella ciurma. Prima che potesse dirgli qualcosa, però, qualcun altro intervenne.

“Quindi non posso assaggiare questi famosi mandarini?”

I due si girarono verso la voce e videro un uomo dai capelli scuri. Quest’ultimo si avvicinò a loro, mentre l’uomo più anziano gli fece una domanda.

“Tu chi sei? Sei insieme a questo ragazzo.” Prima che il diretto interessato potesse rispondere, ci pensò Luffy alla seconda domanda.

“No, non so chi diavolo sia.”

“Il mio nome è Leath, in questo momento potete considerarmi un turista.” Disse, facendo la sua presentazione. Poi cambiò discorso.

“Quindi quegli uominipesce che ho incontrato prima sono dei cattivi ragazzi… capisco.” Disse in un tono quasi monotono, come se si aspettasse qualcosa del genere.

“Esatto. Quindi è meglio che ve ne andiate il più presto possibile.” Esortò l’uomo con le cicatrici. Nel suo tono non era presente preoccupazione, ma Leath capì che voleva soltanto che non succedesse loro niente.

“Ehi, vecchio, sai dov’è Nami? Fa parte della mia ciurma.” Chiese improvvisamente Luffy con un’espressione neutra. Leath si girò verso di lui. Era un ragazzino normale, magro, e di bassa statura. Però, ci fu qualcosa che attirò i suoi occhi maggiormente: il suo cappello. Gli sembrava quasi familiare. Genzo, sentendo quel nome, spalancò gli occhi.

“La tua ciurma?” Chiuse gli occhi, prima di continuare. “Mi dispiace, non lo so.” Mentì. A quanto sembrava, questo ragazzo era un pirata. Sicuramente Nami lo avrà derubato dei suoi tesori ed è venuto qui per fargliela pagare. Non avrebbe messo quella ragazza, che vedeva quasi come una figlia, in un pericolo simile.

“Capisco.” Disse, incamminandosi successivamente, fino a quando la stessa voce di poco fa non lo chiamò.

“Ragazzo, come ti chiami?” Il ragazzo si girò lateralmente e gli rispose.

“Mi chiamo Monkey D. Luffy e diventerò il re dei pirati.” Lo disse con un tono talmente calmo e tranquillo che Leath e Genzo non se l’aspettava minimamente. Quest’ultimo era ancora più scoccato da quella affermazione. Sembrava avesse detto che stava per prendersi un caffè al bar più vicino. Leath pensò, poi, al suo nome, ripetendolo a bassa voce come un borbottio. Quasi come se gli fosse tornato tutto, fece un leggero sorriso.

“Capisco. Hai un sogno bello difficile da realizzare. Sicuro di potercela fare?”

“Non mi interessa. Ci riuscirò sicuramente.” I due continuarono a guardarsi, quasi come fosse una sfida a chi tiene gli occhi aperti per più tempo. Alla fine, Leath si girò verso Genzo.

“Potrebbe essere una domanda stupida, ma avete mai provato a chiamare la marina?” Il vecchio sbuffò in modo derisorio.

“Certamente, innumerevoli volte, ma ogni volta che si presentava una nave della marina all’orizzonte, gli uominipesce la affondavano.” Disse in tono amaro. Non erano mai riusciti a trovare un modo per terminare quella sofferenza che durava ormai più di 10 anni.

 Poco prima che l’uomo davanti a lui potesse rispondere, un abitante del villaggio arrivò correndo con una notizia.

“Sta arrivando una nave della marina!” Esclamò con il fiatone, il ragazzo. Genzo non se lo aspettava. Nelle ultime settimane non avevano più provato a chiamare i soccorsi. Era sempre tutto inutile. Alla notizia, era solo triste. Pure questa nave sarebbe affondata e nessuno li avrebbe salvati. Di nuovo.

“Ormai è troppo tardi persino per salvare loro.” Affermò con tono deluso e triste.

Guardandosi intorno, Leath vide che quel ragazzo, Luffy, se n’era andato per i fatti suoi. Vide anche che la gente del villaggio era uscita dalle loro case e ora erano tutti nelle strade. La notizia della marina sembrava essere già circolata. Nei volti di alcune persone c’era lo stesso sguardo di Genzo, ma in quelli di altrettante vi era un piccolo sguardo di speranza.

Per uno che ha vissuto per molto tempo nella Grand Line, non si aspettava di certo di trovare questo problema nel mare più debole del mondo. Anche se, proprio per questo, era più prevedibile. Chi non sa difendersi diventa un piatto prelibato per chi è più in alto di loro nella gerarchia.

La facilità con cui dei pirati provenienti anche solo dalla prima metà della Grand Line potessero assumere il controllo di un mare come quello dell’East Blue lo ha sempre spaventato un poco.

Passato un po’ di tempo, i marines erano riusciti a sbarcare sulla costa, con sorpresa di tutti quanti gli abitanti. Questi arrivarono poco dopo al villaggio. Al capo vi era un uomo con un aspetto simile a quello di un topo. Anche i suoi baffi non aiutavano ad eliminare quel pensiero. Leath dovette reprimere una risata, anche se non riuscì a togliere quel sorriso stupido che aveva.

I marines si fermarono davanti a Genzo, chiedendogli di Nami. Questa era la seconda volta che qualcuno chiedeva di lei oggi. A differenza di prima, però, questo era un marine. Portarlo da Nami non causerebbe problemi.

L’uomo anziano li guidò verso l’abitazione della ragazza, seguiti dagli abitanti e anche da Leath. Quest’ultimo non capiva cosa stesse succedendo. Forse non sapevano nemmeno che c’erano dei pirati che stavano sottomettendo queste persone. In questo caso, allora non capiva la ragione per la quale fossero venuti qui.

Una volta arrivati, quello che successe sconvolse tutti quanti. Scavarono nella zona vicino alla piantagione di mandarini, ciò che inizialmente Leath notò, e sottrassero i 93 milioni di berry che appartenevano alla ragazza, affermando che, essendo stati rubati, appartenevano alla marina. Quando Nami si oppose, affermando che erano alleati con i pirati uominipesce, il capitano la colpì violentemente, facendolo cadere a terra. Gli abitanti erano diventati ostili nei loro confronti, ma vennero puntati loro dei fucili, rendendoli incapaci di affrontarli.

Leath, che fino ad allora aveva guardato la scena in silenzio, ora disse la sua. “Capitano, come ti chiami?” La faccia da topo si girò verso di lui con uno sguardo di indifferenza.

“Sono il capitano Nezumi.” Rispose in maniera semplice e con un tono pigro.

“Ti consideri veramente un capitano della marina?” Chiese con uno sguardo freddo. Nezumi si accigliò e rispose con tono alto.

“Chi ti credi di essere, insolente?! Vuoi essere arrestato, per caso?!”

“Tu chi ti credi di essere, invece? Con le tue azioni stai infangando il nome della marina, che dovrebbe rappresentare la giustizia ed essere un faro di speranza per tutti coloro che sono oggetto di soprusi da parte dei criminali. Criminali come te, capitano Nezumi.” Disse Leath con tono calmo, ma dietro si nascondeva una rabbia profonda.

Tutti coloro che stavano ascoltando erano scioccati da questa risposta, più di tutti Nezumi. Lo shock fu presto sostituito dalla rabbia.

“Come ti permetti di darmi del criminale?! Sto semplicemente applicando la giustizia!”

“Capisco. Allora scusami un momento.” Si rivolse poi a Genzo, che si trovava alla sua destra. “Signor Genzo, potrebbe gentilmente dirci cosa fanno gli uominipesce che si trovano sull’arcipelago?” Genzo lo guardò un attimo sbalordito, prima di annuire e rispondere.

“Sono dei pirati che da più di un decennio ci hanno messo in ginocchio, costringendoci a pagare loro dei tributi mensili di centinaia di migliaia di berry e chi non può farlo viene ucciso. Potrebbero anche distruggere l’intero villaggio solo per questo motivo.” Affermò con tono addolorato.

“Grazie mille per la sua spiegazione, signor Genzo.” Ringraziò dolcemente e si voltò verso il capitano della marina. “Quindi che cosa farai adesso, capitano Nezumi, sapendo che questi pirati stanno governando con tirannia questo arcipelago?

Nezumi era nervoso. “Farò rapporto, in modo che possano venire dei rinforzi, e li arresteremo.”

“Hanno provato più e più volte, ma non ha mai funzionato. Le navi venivano sempre fatte affondare. Ora mi chiedo, però, come mai la tua nave non l’abbiano toccata. Immagino che abbiano un modo per vedere chi si sta avvicinando alla costa, quindi come mai hanno nemmeno provato a colpirvi?”

Leath si era avvicinato di qualche metro a lui, fino a che non vi era una distanza di pochi centimetri. Cominciava a dare ragione alla ragazza. Questo marine era insieme agli uominipesce e la fronte madida del capitano confermava sempre di più i suoi sospetti.

“Sarà stata pura fortuna! Si, esatto! Magari stavano facendo altro e non si sono accorti di noi!” Poi si rese conto con chi stava parlando e si prese di coraggio.

“Non devo mica dare conto a te di nulla! Sei soltanto uno schifoso cittadino che non ha nessun potere in questo mondo! Io sono dalla parte del giusto, hai capito?! Io sono un capitano della marina! Tu chi sei, invece?!” Chi si credeva di essere questo qua? Era questo il suo pensiero.

“Mi chiamo Edgar Leath.” All’apprendere il suo nome, il capitano della marina impallidì. Non poteva credere alle sue orecchie. Cosa ci faceva LUI qua?

“N-n-non capisco. P-perché si-!” Non poté terminare la frase che venne preso per il colletto della divisa e tirato davanti la faccia di Leath, che in quel momento era indiavolata.

“Lascia qua i soldi e vattene. Non tornare mai più. Entro la fine della giornata ti aspetterà una bella sorpresa, Nezumi.” Disse con tono basso, furibondo. Il marine era terrorizzato. Non poteva credere alla sfortuna che aveva avuto nell’incontrarlo. Oramai era spacciato, lo capì dall’ultima frase.

Leath lasciò andare il colletto del capitano, che cadde a terra per la paura. Le sue gambe non riuscivano a reggere più il peso del corpo per quanto tremassero.

“Mi hai capito?” Chiese minaccioso l’uomo. Nezumi annuì il più velocemente che poteva.

“S-si, si! Ho capito! M-me ne andrò subito! Grazie mille per la sua generosità!” Disse, chinandosi più e più volte. Leath ne aveva già abbastanza. “Sparisci.” Gli ordinò. Nezumi non se lo fece ripetere due volte che lui e i suoi subordinati erano scappati.

Leath guardò poi verso Nami. “Va tutto bene?”

“…Sì.” La ragazza si trovava ancora a terra, mentre guardava in basso e i suoi pugni erano serrati. Non poteva credere che Arlong avrebbe fatto qualcosa del genere. Aveva sempre affermato di essere uno che mantiene le promesse, ma ora non sembrava affatto così. Mandare un marine per rubarle i 93 milioni di berry che aveva accumulato nel corso degli anni per salvare i suoi concittadini. È stato subdolo, anche per lui.

Nami si alzò da terra e senza nemmeno guardare nessuno di loro se ne andò. Leath la vide digrignare i denti mentre si girava. Presumeva si stesse dirigendo verso la base degli uominipesce. Guardò gli altri abitanti, ma nessuno di loro sembrava molto preoccupato per la sua incolumità. In realtà, gli sembrava stessero pensando ad altro. Tutti loro si guardarono in tacito accordo. Questo lo preoccupava leggermente sulle loro intenzioni.

Nel frattempo, Nami si era diretta verso Arlong Park, la base degli uominipesce. Entrò con una camminata rapida e pesante. Chiamò il suo capitano, che si stava facendo una bella risata con i suoi compagni.

“Arlong!” Questo si girò verso di lei e la salutò, con un sorriso che le sembrava sapere già tutto riguardo l’accaduto di poco tempo fa.

“Ehi, Nami! Che succede, sembri arrabbiata per qualcosa.” Disse, quasi in modo derisorio. Questo non le piaceva per niente.

Lo prese per la maglietta, chiedendogli se è stato lui a mandare quel marine. Arlong fece un sorriso dicendo che non ne sapeva niente. Nami continuò ad insistere, ma il capitano degli uominipesce la prese per il volto, sollevandola, ripetendole che lui non ne sapeva niente, con un volto pieno di malizia.

Nami non riusciva più a trattenere le lacrime. Lacrime di rabbia, di amarezza. Se ne andò da lì e vide al ritorno gli abitanti che impugnavano qualunque cosa potesse diventare un’arma. Mettendo su un falso sorriso, disse loro che era tutto risolto e che doveva solo prendere gli ultimi 7 milioni di berry.

Nessuno di loro ci credette. Avevano tutti uno sguardo deciso. Dissero che sarebbero andati a combattere contro i pirati uominipesce, ma Nami non era d’accordo e gli puntò contro un coltello, tremante. I ribelli non erano affatto spaventati e continuarono la loro marcia verso Arlong Park.

La ragazza cadde in ginocchio, singhiozzando. Le lacrime non smettevano di uscire. Tutto ciò che aveva fatto negli ultimi anni, tutti i sacrifici, fu inutile. E ora tutti coloro a cui teneva stavano andando in contro a morte certa. Era tutta colpa di Arlong. Quando guardò il suo braccio sinistro, dove vi era il tatuaggio dei pirati di Arlong, tutte le emozioni si convertirono in rabbia. Con il coltello si pugnalò più e più volte quella zona, urlando con odio il suo nome. Fin quando Luffy non la bloccò per il polso.

Dopo una serie di sfoghi che si beccò, Nami gli chiese di aiutarla. Luffy si tolse il cappello e lo posò in testa alla sua navigatrice, che pianse ancora di più.

“Si, ti aiuterò!” Disse, come se lo stesse urlando a tutto il mondo. Nessuno avrebbe dovuto osare di fare del male a nessuno dei suoi amici. E ora avrebbe dimostrato cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse fatto. Gli altri membri dell’equipaggio lo seguirono.

Leath, che fino a quel momento aveva guardato la scena, si avvicinò a Nami e si inginocchiò, prima di prendere delle bende per fermare momentaneamente l’emorragia.

“Non ho avuto modo di conoscerli, tranne un poco per Luffy, ma sembrano tutti dei bravi ragazzi.” La ragazza non poté che annuire, con gli occhi che non riuscivano a smettere di piangere.

“Lo sono davvero.”

Davanti Arlong Park, i cittadini furono fermati da due ragazzi che stavano viaggiando con i pirati di cappello di paglia. Non molto tempo dopo, arrivarono loro. Luffy sfondò il portone e prese a pugni Arlong. Cominciò la battaglia tra i pirati.

Nel frattempo, Leath e Nami arrivarono lì dove tutti stavano guardando lo scontro, scioccati da come degli umani riuscissero a tenere testa agli uominipesce, fisicamente 10 volte più forti.

La battaglia si protrasse per molto, ma Zoro, Sanji e Usopp ne uscirono vincitori. Ora Luffy stava combattendo contro il capitano avversario. Il ragazzo venne scaraventato. a causa di un attacco, all’ultimo piano dell’edificio, dove si trovava la stanza dove Nami disegnava le cartine.

Luffy capì che quella stanza era il suo incubo peggiore. Decise, quindi, di distruggere tutto ciò che era presente. Tutte le cartine volarono fuori dall’edificio. Arlong si adirò per questa sua azione. Gli morse ferocemente le costole, ma, imperterrito, il ragazzo lo colpì con tutta la forza che aveva, facendolo sprofondare in tutti i piani e distruggendo l’intera costruzione.

Luffy uscì dalle macerie e urlò che Nami era la sua navigatrice. Anche se quelle parole erano fraintendibili, lei capì che lo intendeva nel senso più buono della frase. E pianse. Finalmente lei e tutti gli altri erano liberi.

Venne comunicato a tutto l’arcipelago che Arlong era stato sconfitto. Quella stessa sera, per più giorni consecutivi, tutti festeggiarono.

Leath era seduto in un tavolo a parte, che beveva il suo boccale di birra.

“Ehi.” L’uomo si girò verso la voce femminile e vide qualcosa che gli veniva addosso, riuscendo a prenderlo al volo. Era un mandarino. Guardò verso la persona che gliela lanciò ed era Nami.

“Genzo mi ha detto che eri venuto qua per assaggiare i mandarini, non è vero?” Si sedette al suo tavolo e Leath sorrise, annuendo.

“Sì, esatto. Una persona tempo fa mi disse che qui avrei potuto trovare i mandarini più buoni di tutti i mari e non ho potuto resistere dal provarli.”

“Devi essere stato molto occupato se ti ci è voluto molto tempo per venire ad assaggiarli.”

“Già. Per un motivo o per un altro, non sono mai riuscito a prendermi una vacanza che durasse più di una settimana. Peccato che in una settimana non arrivavo nemmeno a metà strada per raggiungere quest’isola.” Fece una piccola risata e cominciò a sbucciare il mandarino.

“Non sei dell’East Blue, mi pare di capire.” A questo, Leath annuì.

“Esatto, vengo dalla Grand Line. Anche se sono nato nel North Blue.” Quando ebbe finito di sbucciare, prese uno spicchio e lo mangiò.

è delizioso.” Un piccolo sorriso gli adornava le labbra.

“Il prossimo che vorrai lo dovrai pagare.” Avvertì Nami, ricevendo da Leath una risata di cuore, che annuì.

Il giorno dopo, i pirati prepararono tutto quello che serviva per rimettersi in viaggio. Leath si avvicinò al gruppo per un favore.

“La vostra prossima meta è la Grand Line, vero?”

“Sì!” Affermò il capitano.

“Allora potreste darmi un passaggio fino a lì? Mi secca fare tutto il viaggio di ritorno da solo.” Luffy non era contrario alla richiesta.

“Certo! Sali a bordo!” L’uomo lo ringraziò e fece come detto. Leath aveva già conosciuto tutti gli altri membri nei giorni di festa precedenti. Si guardò un attimo intorno e vide che erano presenti tutti, tranne la ragazza.

“Nami dov’è?” Non ebbe tempo di ricevere risposta che gli abitanti, che erano al porto per salutarli, cominciarono a fare più rumore. Dietro di loro stava venendo a tutta corsa la navigatrice, che disse alla ciurma di partire. Riuscì a evitare abilmente tutte le persone, prima di saltare sulla nave.

Gli abitanti erano leggermente delusi di questo suo gesto. Nami si girò verso di loro e lasciò cadere sul pavimento della caravella tutti i portafogli che aveva rubato loro, ricevendo urla di rabbia e disappunto, prima che sorridessero. Nami era rimasta la stessa di sempre.

Leath, istintivamente, controllo le tasche dei suoi abiti. Non poteva mai essere troppo prudente con quella ragazza in giro. Questa si girò poi verso di lui.

“Come mai stai venendo con noi?” L’uomo alzò le spalle in un gesto disinvolto.

“Viaggiare da soli è deprimente. Non capirò mai come alcune persone che conosco possano farlo.”

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Capitolo 2

CRIMINALI II

Nella nave di cappello di paglia, la Going Merry, ognuno stava facendo qualcosa. Zoro stava dormendo, Sanji stava cucinando, mentre Nami era presa a disegnare le sue cartine geografiche. Luffy e Usopp stava giocando a poker insieme a Leath.

“Scala reale!” Urlò Usopp, mostrando la sua mano vincente.

“Oh, eddai! È mai possibile che vinci sempre tu?!” Esclamò Leath, buttando a terra la sua mano. “Per una volta che avevo fatto poker!”

“Uffa Usopp! Non è giusto!” Si lamentò il capitano, mostrando solo un tris.

“Che sbuffi a fare tu? Non avevi nemmeno chissà quale mano!” Disse Leath a Luffy. Usopp aveva il petto spinto in avanti, in un gesto di vanto. Nei pochi giorni che Leath viaggiò insieme a loro, gli aveva insegnato come giocare a poker, anche se Luffy non riusciva ancora a comprenderlo appieno. Usopp sembrava essere diventato uno dei giocatori più abili al mondo in pochissimo tempo.

“Voi tre smettetela di fare tutto questo chiasso!” Ordinò Nami. I tre fecero come detto. I tre avevano capito già da tempo che era meglio non farla arrabbiare tanto. Anche se a Leath piaceva ogni tanto stuzzicarla.

“Stiamo per arrivare sull’isola di Logue Town. Prepariamoci ad attraccare!” Continuò la navigatrice. Luffy era già saltato sopra la polena e guardava l’orizzonte. Vide in lontananza l’isola.

“Il luogo dove nacque e morì il re dei pirati.” Disse, con uno sguardo contemplativo. Nami e Leath gli avevano parlato di questa storia. Logue Town, chiamata anche “la città dell’inizio e della fine” proprio per il motivo che Luffy stesso aveva affermato. Tutt’ora era presente il patibolo sopra il quale Gold Roger venne condannato a morte.

Per la ciurma era raro vedere Luffy in questo stato. D’altronde, anche lui voleva diventare il re dei pirati e Logue Town era il luogo che tutti i pirati dell’East Blue visitavano prima di entrare nella Grand Line, come fosse una specie di portafortuna.

è da tanto che non visito quest’isola. Mi piacerebbe poter di nuovo assaggiare la specialità culinaria del luogo.” Disse, facendosi sentire dagli altri. Luffy girò il collo di scatto verso di lui, che se non era fatto di gomma sarebbe morto all’istante.

“Specialità?! Quale?” Chiese, un po’ troppo energico per il parere di Leath, ma da lui se lo aspettava. Nei giorni in cui aveva navigato insieme a loro aveva imparato a conoscerli. Per lui, erano tipi davvero simpatici, seppur molto strani a modo loro.

“Sono salsicce grigliate, condite con salsa e polvere di curry. Possono sembrare qualcosa di abbastanza normale, ma sono gli ingredienti del luogo che rendono questo piatto speciale.” Spiegò al capitano pirata, che ora sembrava avere due motivi per addentrarsi in quella città.

Una volta attraccati, tutti quanti scesero e cominciarono a girare. Zoro doveva comprarsi delle spade, mentre Nami il necessario per poter ripartire e navigare con tranquillità nella Grand Line. Usopp, invece, stava cercando materiali per delle armi. Nami gli aveva chiesto di costruirgli un’arma che solo lei avrebbe saputo utilizzare e aveva già in mente un’idea. Ora serviva soltanto trovare i materiali giusti per crearla.

Leath e Sanji si misero a girare per la città separatamente, non avendo davvero nulla da fare. Leath guardò le varie vetrine che vendevano souvenir. Forse avrebbe dovuto comprare qualche cosa da regalare ai suoi amici, ma non sapeva davvero cosa potesse andare bene. Decise di puntare sul generico e pagò alla cassa. Quello che conta è il pensiero, si disse con un piccolo sorriso soddisfatto.

Sanji stava partecipando ad una gara di cucina con in palio un grande pescespada di ottima qualità. Anche se, quasi sicuramente, sarebbe durato massimo due giorni con il suo stupido, ingordo capitano, ne valeva la pena poter cucinare qualcosa di così ottimo.

Luffy incontrò il capitano della marina Smoker, ma entrambi non si riconobbero. Il ragazzo gli chiese dove si trovasse il patibolo e il fumatore gli rispose indicandogli con il suo frutto del diavolo la direzione.

Arrivando al centro della piazza, Luffy vide che il patibolo era altissimo. Lo ammirò a bocca aperta, ma questo non era abbastanza. Voleva assolutamente capire cosa vide il re dei pirati poco prima di morire e di lasciare in eredità il suo tesoro, il One Piece.

Allungò il braccio e afferrò la piattaforma, lanciandosi sopra. Si sedette a gambe incrociate e ammirò. Le persone che si trovavano là a guardarlo rendevano ancora meglio il panorama che ebbe Gold Roger.

Leath si fermò a comprare le salsicce di cui aveva parlato poco tempo prima a Luffy. Ne comprò abbastanza per farle assaggiare ai ragazzi. Camminò fin quando non incontrò una persona che conosceva da molti anni.

“Smoker, da quanto tempo.” Questo si girò verso di lui sorpreso. Non sembrava aspettarsi di trovarlo qui, soprattutto a fare delle compere.

“E tu che ci fai qui?” Disse in modo leggermente scontroso, come se non lo volesse tra i piedi. I due si trovavano a un metro di distanza l’uno dall’altro. Leath era più basso di lui di una ventina di centimetri. Sbuffò, comportandosi da finto deluso.

“Non ci vediamo da più di un anno e questo è il modo in cui mi tratti. Pensavo fossimo amici…” Smoker sospirò. Era proprio quando si comportava in questo modo che non lo sopportava, cioè sempre. I due avevano solo qualche anno di differenza, con Leath il più anziano.

“Come mai sei qui?” Gli chiese, andando dritto al sodo. Il moro perse quel suo comportamento giocoso, sostituito invece da uno serio. Il fumatore raramente vedeva questo suo lato e si preoccupò leggermente.

“Per proteggere alcune persone.” Disse, stuzzicando di più la curiosità dell’altro uomo. Di solito non svolgeva nessun compito che riguardasse la protezione di persone. Chi erano, si chiese tra sé. Glielo voleva domandare, ma il suo sguardo sembrava dire che non avrebbe approfondito l’argomento.

Leath sapeva quanto il suo amico non andasse d’accordo con i pirati. Per questo cercò di non fargli sapere della presenza di questi nella sua zona. Fortunatamente, nessuno della ciurma di cappello di paglia era ancora ricercato. Finché si fossero comportati normalmente, non ci sarebbe stato alcun problema. L’unico, anzi, era la caravella attraccata al molo. Poteva solo sperare che i ragazzi avrebbero impiegato poco tempo a tornare.

Smoker guardò le sue mani che tenevano dei sacchetti. “Comprato qualcosa di interessante?” Leath alzò le spalle.

“Souvenir e del cibo.” Dopo quello che era successo poco prima, la situazione era diventata imbarazzante. Nessuno dei due sapeva come continuare, o se continuare.

“Quella ragazza, Tashigi credo si chiamasse, è ancora con te, oppure è stata trasferita in un’altra base? Disse Leath, cercando pure lui di fare un poco di conversazione. I due si misero a camminare insieme.

“No, è ancora qua. Da quando l’hai incontrata non è cambiata: è rimasta una sbadata.” L’uomo più anziano fece una piccola risata genuina.

è sempre fissata con le spade?”

“Oh, sì. Qualunque spada famosa che trova, cerca di metterla in un posto dove nessuno possa utilizzarla per fare del male.”

“Beh, le spade sono state forgiate proprio per questo scopo, ma posso rispettare questo suo ideale.” Fece, poi, un sorriso provocatorio.

“La vostra relazione come va? Siete fidanzati?” Smoker si girò verso di lui, con le guance rosee e uno sguardo arrabbiato.

“Ma che diamine dici, idiota?! Non sono interessato a lei!” Leath rise per tutto il tempo, facendo infuriare di più Smoker. Fece un respiro profondo per calmarsi e stavolta fu il suo turno di fare una domanda.

“Hai detto che devi proteggere delle persone. Quindi perché non sei con loro?”

“Stanno girando la città, non credo sia necessario stargli addosso. Questa è l’isola che stai proteggendo e sono consapevole di come non lasci sfuggire nemmeno un pirata che cammina sul tuo territorio. Pochi sono i pirati così stupidi da terminare la loro avventura ancora prima di cominciarla.” Smoker teneva uno sguardo duro, ma era fiero di questo fatto.

“Capitano Smoker!” Un ragazzo urlò dietro i due. Era un uomo della marina.

“Che succede?” Chiese il fumatore.

“Un pirata è su quest’isola!” A questa affermazione, Leath tese la schiena. Sperava davvero che non fosse uno di quei ragazzi. Il marine mostrò il manifesto da ricercato e l’uomo più anziano cominciò a maledire tutti nella sua testa. Era Luffy. Rimase sorpreso, però, dalla sua prima taglia. Pure Smoker rimase sorpreso, ma non solo per la taglia. Lo aveva già incontrato qualche decina di minuti prima.

“30 milioni di berry. Ha la taglia più alta dell’East Blue.” Stropicciò, poi, il manifesto. “Chissà se vale davvero quei 30 milioni…” Disse, socchiudendo gli occhi, e partì verso dove si trovava il patibolo, il luogo che gli aveva indicato lui stesso.

Leath non poteva fare altro che seguirlo. Sapeva bene come Luffy non avrebbe avuto scampo contro Smoker. Era un logia, quindi non aveva nemmeno modo di colpirlo.

Mentre Luffy era ancora sul patibolo, un uomo della marina gli disse di scendere se non voleva guai, ma al ragazzo non interessava. Improvvisamente, dall’alto arrivò una persona che lo bloccò a terra.

Era uno che aveva già incontrato e battuto. Buggy il Clown. Era lì per vendicarsi del ragazzo e lo avrebbe ucciso davanti a tutte le persone, come il re dei pirati. Zoro e Sanji, che era riuscito a vincere poco prima il pescespada, erano arrivati sulla scena. Lo stesso per Leath e Smoker.

Pirati e marines circondarono la piazza. Nessuno si mosse. I pirati di Buggy aspettavano che il loro capitano uccidesse Luffy. I marines avrebbero solo guadagnato dalla morte di un altro pirata, quindi stettero fermi, come ordinato dal capitano Smoker.

Leath stava per fare qualcosa. Non avrebbe lasciato morire quel ragazzo in un modo tanto vergognoso. Voleva farlo arrivare alla Grand Line e lo avrebbe fatto. Quello che Luffy disse dopo sconvolse sia i membri della ciurma presenti lì sia Leath e Smoker.

“Scusate, ma sono morto!” Quello che scioccò di più questi due fu il sorriso. Lo stesso sorriso che videro fare a Gold Roger prima e dopo la sua morte. Erano bambini, ma quel ricordo era ancora freschissimo nella loro mente.

La spada di Buggy stava per toccare il collo e Leath si stava per slanciare verso il patibolo, fino a quando non vide una specie di scintilla galleggiare attorno il metallo della spada.

Un fulmine potente colpì il patibolo, facendolo crollare. Buggy sembrò cavarsela con delle gravi ustioni in tutto il corpo, prima di svenire. Luffy, invece, ne uscì illeso. Fortunatamente era fatto di gomma. L’uomo tirò un sospiro di sollievo.

Smoker, seppur era rimasto pure lui sorpreso, agì immediatamente. Trasformò il suo corpo in fumo, grazie al frutto del diavolo, e si diresse verso il ragazzo col cappello di paglia. Leath dovette, purtroppo per lui, intervenire.

Non appena Smoker bloccò a terra Luffy, senza che questo potesse reagire, l’uomo gli tirò un calcio, forte abbastanza da farlo strisciare indietro di una decina di metri. Smoker fu sorpreso. Non si aspettava di certo di essere attaccato da lui.

“Luffy, vattene immediatamente via da qui. Salpa con la tua ciurma e raggiungi la Grand Line. Farò in modo che possiate andarvene senza problemi.” Gli disse Leath. Il ragazzo si alzò, si aggiustò il cappello e annuì. In quel momento, capì che era forte. Era riuscito a colpirlo quando lui invece non poté nemmeno opporre resistenza.

“Va bene. Grazie!” Esclamò, correndo. Smoker aveva guardato tutta la scena.

“Perché lo hai aiutato, Leath?! Lo sai che hai appena commesso un atto di diserzione?!” Gli urlò furioso. L’uomo lo guardò con uno sguardo calmo.

“Ti sbagli. Non ho commesso alcun atto di diserzione.”

“Che cazzo dici?!”

“Non sono criminali. Di conseguenza, non ho disertato.”

“Sono dei pirati! E quel pirata che hai appena lasciato andare ha 30 milioni di berry sulla sua testa! Sì che è un criminale!”

“Solo perché la marina li ha giudicati criminali non significa che anch’io li abbia giudicati tali.” Smoker era semplicemente senza parole. L’uomo davanti a lui non sembrava capire che, appunto perché sono criminali agli occhi della marina, andavano arrestati. Non lo vedeva da un anno e sembrava avesse perso la testa.

“Quello che dici non ha alcun senso, lo capisci?!”

“Dico solo che lui non è un pirata come li conosciamo, così come la sua ciurma. Sono una specie di avventurieri, ognuno con i propri sogni. Quindi non ci vedo nulla di male se non li arresto.”

“Sai cosa potrebbe succederti se la marina o, peggio, il governo mondiale dovesse sapere di questa tua azione?!” Smoker non riusciva proprio a calmarsi. Era infuriato con la persona che considerava, nel profondo, suo amico da ormai decine di anni.

“Non lo sapranno mai. Non hanno alcun modo effettivo di saperlo. E tu non glielo racconteresti mai. Ti conosco bene, Smoker, e tu conosci bene me.” Smoker sapeva che aveva ragione. Non lo avrebbe mai fatto, perché lo conosce fin troppo bene e sa che non permetterebbe mai a un pirata di farla franca. Gli aveva detto che quei ragazzi erano avventurieri. Anche se Smoker non ci credeva, voleva fidarsi di lui. Solo per questa volta, avrebbe dato a quei pirati il beneficio del dubbio.

Smoker si calmò, ma aveva ancora uno sguardo severo. “La prossima volta li catturerò.” Non importa cosa fossero, per Smoker i pirati andavano catturati e basta. Altrimenti non sarebbero pirati, ma semplici avventurieri. A Leath bastò sentire queste parole per fare un sorriso genuino.

“Grazie.”

Nel frattempo, un brutto temporale si buttò sull’isola. La ciurma era salita sulla nave e si stava sbrigando per salpare. Non potevano perdere troppo tempo: i marines gli erano praticamente alle costole.

All’improvviso, un fortissimo vento si riversò verso la loro direzione, che Nami sfruttò egregiamente a loro favore. Le vele della nave erano calate in modo che, grazie a quel vento, potessero andarsene via dall’isola molto più velocemente rispetto a come avrebbero fatto senza.

Tutti poterono tirare un sospiro di sollievo. Loro erano salvi, la nave pure. Ora potevano dirigersi in tutta tranquillità verso la Grand Line.

“Fossi in voi non sarei così calmo.” Una voce dal nulla gli fece prendere uno spavento. Si girarono verso tale voce e videro Leath seduto sulla murata della caravella con un sorriso divertito.

“E tu come sei arrivato qua?!” Gli urlarono tutti, tranne Luffy, che rise.

“Sei uno spasso e sei anche forte! Unisciti alla mia ciurma!” Gli altri non dissero nulla. Erano d’accordo con il loro capitano sul fatto di unirsi. Nei giorni in cui fu con loro si era dimostrato una brava persona. Ora Luffy aveva anche detto che era forte. E se lo diceva lui, ci credevano

“Mi dispiace, ma non posso. Sono già occupato con altre faccende.” Gli altri rimasero leggermente delusi, ma lo accettarono. Ma non Luffy.

“Eddai!! Unisciti!!” Il discorso continuò per un po’ e non vi era alcun modo di convincere Leath.

“Ragazzi! Una nave della marina sta venendo verso di noi!!” Urlò Usopp a tutto l’equipaggio dalla vedetta e tutti si allarmarono. Leath guardò verso quella nave e si accigliò.

I marines cominciarono a sparare palle di cannone e i membri più forti della ciurma – vale a dire Luffy, Zoro e Sanji – fecero in modo di deviarle tutte, in modo che non affondassero la nave.

TURUTURU TURUTURU TURUTURU

Una chiamata sembrò arrivare dal lumacofono nella tasca dei pantaloni di Leath. Lo prese e rispose.

“Sì?”

“Viceammiraglio Edgar, dove diavolo si trova?!” Arrivò un urlo femminile infuriato dall’altra parte del lumacofono. Tutti gli altri si girarono verso di lui con sguardi scioccati. Non riuscivano a credere a quello che avevano sentito.

“Sulla nave.” Rispose Leath.

“Di quale nave sta parlando?” La voce si calmò.

“Quella che state attaccando ora.”

“Non ci credo! È appena stata rapita da dei pirati dell’East Blue?!”

“No, idiota! Smettetela di sparare, sono amici!” Leath perse per un momento le staffe. Come poteva anche solo pensare una cosa simile, si chiese.

“Oh, capisco. Informo subito gli altri!” Staccò la chiamata e dopo pochi secondi, la nave smise di attaccare.

“Tutto apposto, raga-..” Leath si girò e vide tutti loro in posizione difensiva, anche se erano davvero nervosi. Affrontare un viceammiraglio non era cosa facile. Usopp e Nami erano quelli che stavano tremando più di tutti. Lo guardarono come se li avesse traditi e il marine se lo aspettava.

“Non preoccupatevi. Se avessi voluto catturarvi lo avrei fatto da un pezzo.” I ragazzi si erano leggermente calmati. Aveva ragione. Zoro e Sanji, soprattutto, avevano avuto la conferma quando salvò Luffy da quell’altro marine. Non bastò, però, ad abbassare la guardia.

“Perché non ce l’hai detto?!” Chiese Luffy. Leath lo guardò strano. Non aveva molto senso dire a dei pirati che lui era un marine. Ma era Luffy, le sue domande molto spesso non avevano senso.

“Perché sareste sempre stati nervosi intorno a me, così come lo siete ora. E prima che me lo chiediate, non vi ho catturato semplicemente perché non siete dei criminali.” Guardò poi verso la nave della marina.

“La mia vacanza sembra essere finita. È stato un piacere viaggiare con voi.” Continuò, saltando sopra la murata. Gli altri erano ancora attoniti. Sembrava che Leath stesse per saltare, ma poi si girò di nuovo verso di loro.

“Prima che me ne vada, tengo a dirvi qualcosa di importante. Come sapete, il vostro viaggio comincerà non appena arriverete alla Grand Line, ma questa è divisa in due parti. La prima parte è quella conosciuta come Paradise ed è qui che tutti i pirati esordienti cominciano la loro avventura.

Però, la vera sfida per raggiungere tutti i vostri sogni comincerà dalla seconda parte, detto il Nuovo Mondo. È qui che si trovano i pirati più forti, così come la marina. Ed è lì che mi trovo pure io. Vi aspetterò su quel grande palcoscenico non appena sarete diventati molto più forti. Sono sicuro che farete grandi cose. Oh! Vi ho lasciato le salsicce grigliate in cucina. Alla prossima!”

Subito dopo sembrava essere sparito. Luffy, Zoro e Sanji capirono quanto era grande la distanza tra loro e lui ora come ora. Non avrebbero avuto alcuna speranza di batterlo.

E se questa era la differenza di forza tra uno dell’East Blue e uno della Grand Line, allora non potrebbero resistere tanto in quel mare. Questo diede loro ancora più motivi per diventare più forti e raggiungere i loro sogni.

Zoro se n’era già andato da un pezzo ad allenarsi. Gli altri rimasero lì ancora un altro poco, prima di sbloccarsi e tornare a fare quello che dovevano. Luffy era, invece, già partito per la cucina ad assaggiare quella pietanza.

NOTA
Ciao a tutti! Qui finisce l’avventura con i cappelli di paglia. Spero davvero vi siano piaciuti questi due capitoli. Mi scuso anche se alcuni eventi potrebbero non essere identici al manga/anime, ma mi sono affidato totalmente ai miei ricordi. Mi seccava troppo andare a controllare ogni singola cosa. Il prossimo capitolo non riguarderà gli eventi immediatamente successivi a questo. È una raccolta di racconti, quindi riguarderà qualcos’altro sempre con gli stessi protagonisti (esatto, plurale) in altre vicende.

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