Il Tassametro Infernale

di Subutai Khan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima corsa: Celestia Ludenberg ***
Capitolo 2: *** Seconda corsa: Byakuya Togami ***
Capitolo 3: *** Terza corsa: Kyouko Kirigiri ***
Capitolo 4: *** Quarta corsa: Junko Enoshima ***



Capitolo 1
*** Prima corsa: Celestia Ludenberg ***


Ma… ma che cazzo?

Mi stropiccio gli occhi, incredula.

La quasi totalità della classe 78 si trova in questo momento sul marciapiede antistante l’ingresso principale della Kibougamine. Mancano giusto Hagakure, che al solito si è cagato in mano al solo cenno della parola mistero, e Fukawa che ha addotto una patetica scusa per non esserci. Piscialetto che non sono altro. Persino Yamada… non so se rendo bene l’idea, Yamada, è qui ed è testimone di questo avvenimento a dir poco bizzarro.

E che cosa ci sarà mai di così bizzarro qua fuori?

Oh, niente di serio. Solo un taxi guidato da un tizio con la faccia mezza putrefatta.

Come ti sei infilata in ‘sto casino, Celestia? Chi te l’ha fatto fare, si può sapere?

Ridi cretina, che la mamma ha fatto gli gnocchi. La risposta all’ultima domanda è assai semplice: tu. Sei stata tu stessa.

Riavvolgiamo di qualche giorno.

Al termine delle lezioni sei uscita dalla classe preparandoti al tuo usuale pomeriggio: un giro per le bettole più malfamate della città a spennare yakuza e malavitosi vari. Ti annoi facilmente, troppo facilmente. Mentre camminavi verso camera tua ti è capitato di sentire Kuwata e Oowada che parlavano di qualcosa di strano in merito a un taxi fantasma, o qualche stupidata del genere.

Ovviamente li hai ignorati. Purtroppo la cosa non è stata reciproca: “Ehi, Ludenberg! Hai un secondo? Vorremmo chiederti una cosa.”

“A dire il vero sarei di fretta, scimmione. Ma se non mi fai sprecare troppo tempo sarò misericordiosa e ti starò ad ascoltare.”

“Sarò rapidissimo. Io e Leon stiamo battibeccando sulla leggenda metropolitana del Tassametro Infernale. Conosci?”

“...no e non vedo perché dovrei.”

“Si narra che nelle fredde notti buie, se svolgi misteriosi riti di empietà, gli avi si raduneranno ed invocheranno per te questo tremendo taxi che farebbe impazzire chiunque ci salga sopra.”

Hai faticato non poco a non scoppiargli a ridere in faccia. Come si può credere a vaccate del genere a quasi vent’anni, santo cielo. Devi veramente avere un QI pari a quello di uno sgabello scassato da secoli: “È questa la cosa di cui volevi parlarmi? Questa perdita di tempo?”

“Oh su, non definirla così. Sembra figo. E volevamo provare a farlo apparire. Ti va di darci una mano, magari?”

“...lo dico sempre che i brownies di Hagakure sono deleteri, sempre. Se poi il materiale di partenza è già scadente di suo, apriti cielo.”

“Avanti Celes, buttati. Partecipa con noi a questa mirabolante avventura!”

“Col rischio di farmi mangiare l’anima da qualche demone, ammesso e non concesso che simili fantasticherie esistano davvero? No grazie, passo.”

Stavi per andartene quando…

“Celestia Ludenberg, scommettiamo.”

Aaaaaaaaaaah, la parolina magica. È stata quella a fregarti, lo sai. Dovresti farti chiamare Celestia Pavlov, altroché.

Per farla molto breve è andata così: quei due mi hanno tirata dentro mio malgrado e, non saprei assolutamente spiegare come, sono pian piano riusciti a coinvolgere un po’ tutti gli altri membri della classe.

Ovviamente, e per fortuna aggiungerei, un paio di elementi erano a dir poco scettici sulla buona riuscita di tutto ciò. Mi riferisco principalmente a me medesima, a Kirigiri e a Togami. Ma Kuwata e Oowada, che in quanto iniziatori del tutto si erano presi la posizione di leader, hanno incredibilmente dimostrato di non essere intelligenti come due scarponi e hanno saputo premere i tasti giusti per convincerli. Nel caso di lui è bastato far leva sul suo ego che non fa solo prefettura, fa direttamente nazione e sfidarlo dicendogli che esisteva una cosa che un Togami non era in grado di fare; con lei l’hanno messa giù dal lato se non ci provi neanche non hai prove per sostenere che il paranormale è fuffa e sono riusciti a metterla nel sacco. Per modo di dire, quella è troppo furba, ma diciamo che si è lasciata volontariamente abbindolare.

Nel corso di un paio di settimane abbiamo fatto tutti i passi necessari secondo la leggenda metropolitana. Non perderò tempo a elencarli, dirò solo che in confronto avrei preferito girare per la scuola con un costume da coniglio e farmi chiamare Frank.

E ora siamo qui, di fronte al risultato dei nostri sforzi.

Serpeggia paura e indecisione fra tutti noi, con uno o due che invece sono impegnati a festeggiare coi pugni per aria e l’aspetto trionfante: “Vedete, miscredenti che non siete altro? Lo vedete o no che io e Mondo avevamo ragione?”

Nessuno gli risponde, non gli vogliamo concedere questa soddisfazione.

Il tizio dalla faccia putrefatta si affaccia dal finestrino: “Scusate, gentili clienti. Visto che mi avete chiamato io mi considero ufficialmente assunto per scarrozzarvi dove volete, e in quanto assunto ho fatto partire il tassametro. Consiglio da amico: non volete che la cifra finale sia troppo alta.” Certo che non vogliamo, signor Tassametro Infernale. Che nome del cazzo.

Noto ora che il marciapiede è moderatamente trafficato, ma nessuno degli altri passanti pare notare nulla di anormale. Insomma, un uomo (o qualunque cosa sia) con una faccia del genere non passa esattamente inosservato. A meno che…

A meno che il nostro procedere con i giusti step lo abbia reso visibile solo ai nostri occhi da fortunelli. Gran bella storia.

Cominciamo a discutere su chi deve prendersi la briga di salire su quella malnata macchina. Nessuno è entusiasta all’idea e non mi sento di criticarli, sono la prima a non voler assolutamente metterci piede. Ho perso la mia scommessa e sono abbastanza scornata così, voglia di finire all’inferno non ne ho molta.

E invece…

“Tu, con i codini. Sei la mia cliente. Monta.”

Eh? Serio?

Io?

Aiuto.

“P-Perché io?”

“Perché questo è un taxi per una persona sola. Una persona che non tornerà com’era partita.”

…mi sta dicendo che è un viaggio di sola andata? Mi devo pisciare addosso qui o come ultimo sgarbo gli macchio il sedile?

“Sì, ma non hai risposto alla sua domanda. Perché lei?” si intromette Kirigiri, al solito desiderosa di risposte concrete e non di proclami filosofici basati sull’aria fritta.

“Non è cosa che ti riguardi, detective della domenica. Ho avuto bisogno di un attimo per studiarvi e, una volta fatto, ho capito che questa corsa è sua.”

“Come fai a sapere che sono una detective?”

“Lo so e basta, non farti domande a cui non risponderò. Allora, cara la mia nobildonna europea. Vogliamo andare?”

Cerco di non dare a vedere il fatto che abbia cominciato a tremare. Ora mi sto spaventando sul serio.

“V-Va bene…” riesco a balbettare. Poco prima che salga, sento una mano sulla mia spalla. Mi volto e mi trovo davanti Naegi, il quale sorride in maniera a dir poco stridente con il mio attuale stato d’animo: “Tornerai, Celes-san. Non avere timore.”

“Grazie dell’incoraggiamento, ma non lo puoi dire con certezza.”

“Immagino di no. Lasciami comunque il mio ruolo di ottimista per antonomasia.”

Spero tu abbia ragione. Lo spero ardentemente.

Vado.

CLACK.

Sono a bordo.

Bene Celestia, è stato bello. Hai vissuto poco ma ti sei tolta le tue soddisfazioni, alla fine. Hai vinto sui tavoli da gioco più rinomati e pericolosi del paese e ne sei uscita intera. Difficilmente succederà lo stesso qui, anche se morire su un taxi demoniaco è almeno un modo peculiare di andarsene.

“Destinazione?”

"Mi chiedi la destinazione? Mi sembravi abbastanza deciso prima, come mai questo cambio di approccio?"

“Scherzavo, mi piace solo fare le domande di rito. Allacciati la virtuale cintura di sicurezza, si parte.”

Ingrana la marcia e si avvia.

Ok. Adesso mi viene da chiedermi cosa mi succederà. A una parte della macchina spunterà una bocca e verrò mangiata viva? Mi bruceranno con una fiammata? Mi faranno a pezzi con un’accetta arrugginita?

“Cazzo. Sei veramente una regina del melodramma, te l’ha mai detto nessuno?”

Non… non è il tassista. Sbircio verso il sedile anteriore e se ne sta lì a guidare, tranquillo.

“Prova a girarti a sinistra, genialoide.”

Lo faccio.

E chi mi trovo davanti?

Sono io. Ma senza codini e vestita in maniera molto più casual del mio solito.

“Ciao, Celes. Sono Taeko.”

Oh.

…avrei dovuto riconoscerti dalla voce, in effetti. È assolutamente vero che una persona sente la propria voce diversamente da com’è davvero.

“Io… io non me lo aspettavo.”

“E cosa ti aspettavi? Bestie di Satana che ti avrebbero leccata ovunque prima di divorarti? Suvvia, qua non siamo avvezzi a simili stronzate. Anche il nome della leggenda metropolitana, Tassametro Infernale, oltre a far cagare a spruzzo è del tutto fuori luogo.”

“Eh, però l’aspetto del mio chaffeur non è proprio rassicurante.”

“L’hanno disegnato così, poraccio. Mi fa una pena.”

“Non assomiglia per nulla a Jessica Rabbit.”

“Ma vive lo stesso dilemma.”

“Sì, va bene, chissenefrega dell’autista. Perché stiamo avendo questa chiacchierata, esattamente?”

“Lo sai perché, Celes. E ti chiamerò così solo per distinguerci. Dimmi, non ti sei ancora stancata di questa ridicola pagliacciata?”

“Quale ridicola pagliacciata?”

“Senti, non farmi perdere tempo. Considera questo taxi una sorta di studio psicologico soprannaturale e chiediti perché sei sdraiata sul lettino del paziente, poi risponditi e datti della cretina come meriti.”

“Cavolo, so essere davvero offensiva se mi ci metto.”

“Sei forse la migliore sul campo, o comunque una delle migliori. Ora basta troiate. Sono qui per darti l’alzaculo che non ti è ancora stato dato e che invece dovrebbe essere marchiato a fuoco sulle tue chiappe flaccide. Piantala di fingerti ciò che non sei, non ti fa bene.”

“Che cosa stai dicendo? Io sono…”

“...Taeko Yasuhiro, bugiarda di merda. Sei Taeko Yasuhiro. Finiscila, cristo! Finiscila di raccontare in giro la fregnaccia della figlia del compositore tedesco, o quel cazzo che è. Sei nata a Utsunomiya, ti rimpinzeresti di gyoza da mattina a sera e non hai una singola goccia di sangue nobile nelle tue vene. Non c’è nulla di cui vergognarsi in tutto ciò, renditene conto una buona volta.”

“Tu stai distorcendo le cose, se davvero sei una mia rappresentazione. Io non VOGLIO essere Taeko Yasuhiro. Quella ragazza è così anonima, così superflua, così comune da disgustarmi nel profondo. Non posso, non posso, non posso essere lei. Devo distinguermi, devo darmi un tono, devo elevarmi sopra la marmaglia. Ne va della mia stessa esistenza.”

“Puttanate, nient’altro che puttanate. Fammi capire: secondo te, se non ti fossi creata l’alter ego di Celestia, il nome di Taeko Yasuhiro non sarebbe diventato leggendario nei circoli del gioco d’azzardo? Non saresti forse assurta a divinità del poker, incapace di perdere? E cosa sarebbe cambiato rispetto ad adesso? Te lo dico io, un bel cazzo di nulla. Non nella sostanza. Avresti avuto la notorietà che bramavi allo stesso identico modo, solo non passando per qualcuno che non sei. Ti hanno invitata alla Kibougamine non perché cercavano una persona dal nome sgargiante, ma per le tue capacità. E quelle non sarebbero cambiate di una virgola, Taeko o Celestia che fosse.”

“Non è così semplice e lo sai! Io… io devo…”

“Dire la verità ai tuoi compagni, ecco cosa devi fare.”

“Eh?”

“A Naegi, a Kirigiri, a Maizono, ad Asahina, a Yamada. A tutti loro. Meritano di conoscere la vera te e in cuor tuo sai che non smetteranno di essere tuoi amici, nonostante tutto.”

“Non sono miei amici!”

“Sì, certo. Così come i codini che indossi sono fatti dei tuoi capelli. Che fottuta testarda. Rifiutarsi di guardare la realtà dei fatti fa di te una povera illusa, sappilo.”

“Non sono venuta qui per farmi offendere gratuitamente!”

“Sia mai. Ehi Stuntman Mike” dice rivolgendosi all’autista “hai visto che mutamento? È salita convinta che sarebbe morta qui e ora fa la smargiassa. Sei fortunata, ragazzina. Il vero, come lo chiamate voi, Tassametro Infernale… dio brando che nome di merda… avrebbe fatto di te un sol boccone. Sputandoti poi dopo perché rischiavi di andargli di traverso.”

“Ho sentito, ho sentito” le risponde lui “e tutto questo spirito mi piace. Rende il mio lavoro più piacevole. Se poi i capi si decidessero a darmi ‘sto benedetto aumento sarebbe la ciliegina sulla torta.”

“Rilassati. Sei troppo bravo per non venir ricompensato adeguatamente. Ehi, finito il turno usciamo a bere qualcosa? Ti devo un paio di giri dall’ultima volta.”

“Sai che non dico mai di no a una birra in compagnia.”

Siamo passati da un thriller psicologico a una commediola? Per favore, anche no.

“Torniamo a te, Celes.”

Continuiamo a begare per parecchi minuti, ognuna arroccata sulle proprie posizioni. Poi Mike, dopo un po’, fa presente che la corsa è quasi finita e che sta per scaricarmi di fronte all’ingresso della Kibougamine.

Proprio un istante prima che scenda, la manifestazione di Taeko mi guarda fissa negli occhi e mi dice: "Rifletti su quanto ti ho detto. Puoi girarci attorno quanto ti pare e trovare tutti gli arrampicamenti sugli specchi che preferisci, sotto sotto io ho ragione e tu ne sei consapevole. Se poi dovessi decidere di ignorare tutto quello che è stato detto qui bene, sei libera di farlo. Ma rinuncerai a una preziosa parte di te, forse la più sincera che esista, a beneficio di una maschera. E le maschere prima o poi cadono.”

Sospiro senza risponderle. Forse…

No.

Quando smonto dal taxi, mi ritrovo davanti tredici facce stupefatte.

“Celes-san! SEI VIVA!”

Sono… sono ancora qui? Ci abbiamo messo un po’, è strano.

Chiedo conferma: “Scusate, come mai non ve ne siete andati nel frattempo? Sono stata via quasi mezz’ora.”

“Mezz’ora? Sta scherzando, Ludenberg-dono? Saranno passati non più di due o tre minuti.”

Davvero? Mah, trattandosi di una roba paranormale potrebbe anche essere. A ripensarci ora, ricordo che l’atmosfera all’interno del taxi era davvero strana e mi è parso di aver visto come delle luci stroboscopiche che si muovevano in maniera erratica. O forse ero strafatta di crack.

“Allora? Allora? Come hai fatto a sopravvivere?” mi chiedono da più parti. Ovviamente non faccio cenno della discussione avuta con una parte di me stessa che si è in qualche modo materializzata di fianco a me. Mi limito a dire che, a quanto pare, la fama del Tassametro Infernale è un pelo esagerata e che non ho mai realmente rischiato di lasciarci le penne. Non credo, almeno.

Finito il torrente di domande, mi avvedo di una cosa peculiare: Mike (...nome del cazzo, eh) si è rimesso nella posa che aveva avuto all’inizio, cioè quando si è sporto dal finestrino e si è messo ad osservarci uno per uno prima di decretare che dovevo essere io a salire.

Cosa ci fai ancora qui, essere? Il tuo lavoro è finito. Smamma.

Lui, quasi avesse percepito questi miei pensieri, sorride. Mi pare sorrida. Abbiate pazienza, non è malvagio ma quella sua faccia rende le cose complicate.

Poi punta il dito verso Togami: “Monta.”

Oh oh oh oh oh oh oh oh. Divertiti, Raggio di Sole.

 

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Capitolo 2
*** Seconda corsa: Byakuya Togami ***


“Monta.”

La surrealtà del tutto si può toccare con mano. E non tanto perché l’intera 78 o quasi si trova davanti a un tassista con il volto mezzo decomposto, più che altro perché il suddetto tassista ha avuto l’ardire di dare un ordine a me.

Un ordine. A me, Byakuya Togami. Roba che non si è mai vista prima. I Togami, in certe parti del paese, possono arrivare a comportarsi come le Viverne Celestiali di One Part e ordinare la morte di una persona tanto sfrontata senza temere ritorsioni di sorta. Conosco questi ridicoli passatempi da plebei solo perché Yamada sbrodola in continuazione a tal proposito.

Forse costui non ha ben chiaro con chi sta parlando.

“Nessuno mi dice cosa devo fare.” Suono il più autoritario possibile. Generalmente la persona davanti a me, nella medesima situazione, si prostrerebbe per terra in lacrime scusandosi per la propria tracotanza.

“Alza il culo e sali perché non vuoi che io scenda da qua. Te lo assicuro, non lo vuoi. A meno che tu non sia un fottuto masochista depravato, nel qual caso ti soddisferei fin troppo volentieri.”

Il coretto di “Ooooooooh” che mi circonda è assordante.

Mpf. Con lui la tattica standard pare non funzionare.

Guardo di sbieco Ludenberg, sperando che non si accorga di me. Voglio studiare la sua reazione a caldo dopo che è stata la prima di noi a salire su quel trabiccolo e, incredibile a dirsi, ne è scesa. Viva e intera, almeno apparentemente. Tra l’altro lo ha detto lei stessa, la fama di questa leggenda metropolitana per allocchi pare sia un po’ troppo gonfiata e, a sua opinione, non ha mai davvero rischiato di morire là dentro. Non che ci abbia detto cosa sia davvero successo, e questo mi dà da pensare.

Tradisce un po’ di inquietudine, esattamente come quando ha aperto la portiera del mezzo e ci si è accomodata. Il che mi suggerisce che qualcosa di non esattamente piacevole per lei si è comunque svolto, solo niente di fisicamente pericoloso.

Se dovesse succedere lo stesso a me…

Ma no, che vado a pensare? Di cosa devo preoccuparmi?

Decido, in uno sprazzo di magnanimità, di accontentarlo. Faccio per salire quando sento alle mie spalle l’inconfondibile voce affettata di Ludenberg: “Mike, mi raccomando. Non sbattermelo troppo che è fragile.”

Nani?

Va beh, vada come vada. Credo di non poter fare altrimenti e onestamente non mi sento di testare l’eventualità di un rifiuto. Per quanto sia scettico, e lo sono molto, non posso negare di avere di fronte qualcosa di sovrannaturale e si sa, non è prudente giocare con tavole spiritiche e cose del genere. In condizioni normali non mi preoccuperei di simili bazzecole, ma ora come ora…

Salgo.

CLACK.

“Destinazione, Scion di ‘Staceppa?”

“Come… come mi hai chiamato, scusa?”

“Mi stavo solo adeguando ai tuoi compagni di classe, niente di che. Ora statti zitto e mettiti comodo, si parte.”

E parte.

L’impertinenza di questo… Mike, l’ha chiamato Ludenberg?... di quest’essere è incomparabile. Se ne fossi in condizione gliela farei rimangiare volentieri. Magari assieme ai denti, visto che assolderei il più palestrato e manesco picchiatore sulla piazza.

“Porca miseria, Byakky. Sei veramente affabile come il colera, lo sai?”

Voce sconosciuta. Alla mia sinistra.

Mi volto e mi trovo davanti una persona che non ho mai visto prima in vita mia: piuttosto alto, dinoccolato a giudicare da come gesticola, indossa un fedora che gli copre parzialmente il viso anche se riesco a intravedere la punta dei baffi. Vestito elegante, quasi quanto me. Solo quasi, ora non esageriamo.

“Buonsalve, Byakky. Tu non mi conosci, o meglio… naaaa, troppo complicato da spiegare. Diciamo solo che io so chi sei e tu dovresti sapere chi sono io ma non lo sai.”

Eh? Scusa? Cos’è che hai detto, drogato? “Temo tu stia prendendo un sonoro abbaglio, perché non ho la minima idea di chi tu possa essere e sto meglio così.”

“Pfffft. Il solito testone sicuro di sé fino a scoppiare. Farti ricredere sarà impresa ardua, ma so di esserne all’altezza.”

“In primis dimmi chi sei e che cosa vuoi da me.”

“Giusto, giusto. Piacere, mi piace farmi chiamare Enrico VIII e vengo direttamente dalla tua testolina buffa.”

“Enrico… VIII? Come il re inglese cinquecentesco? Poi sono io l’egocentrico.”

“Non contestare. C’è un preciso motivo per cui uso questo nome, motivo che dipende da te. Per essere più precisi, in realtà, non tanto da te quanto da una tua controparte di un universo parallelo.”

Che… che cosa diamine sta dicendo, si può sapere?

“Va bene, va bene. Quello che vuoi.” cerco di tagliar corto per non dargli la soddisfazione di vedermi confuso “Ora però puoi dirmi che caspita vuoi da me?”

“Detto fatto. Voglio il tuo scalpo di Togami.”

Indietreggio, spero non mostrandomi troppo spaventato: “Prego?”

“Oh su, non farmi il ragazzino piscialetto. Non è nulla di violento, stai tranquillo. È solo un modo sbarazzino per dire che intendo estirpare dalla tua testa quel malsano modo di vivere e rapportarti col prossimo che quel disgraziato di tuo padre ti ha inculcato sin da bambino.”

“Non osare criticarmi. Il modo di vivere Togami, così come qualunque altra cosa collegata alla mia nobile casata, è perfetto e intoccabile così com’è.”

“Che quadretto idilliaco. Sentiamo, che vantaggi darebbe rispetto agli usi tipici di coloro che definisci con disprezzo plebei?”

“Valorizza e fa risaltare l’indubbio prestigio e l’assodata posizione sociale sopraelevata, tanto per cominciare.”

“Che è la fuffa più fuffa del mondo, se ti interessa saperlo. Poi?”

“La cosa più importante è chiaramente il fatto che mi è stato donato un metodo superiore di condotta, ovverosia la mirabolante incapacità di sbagliare o di essere colto in fallo. Sono un Togami, anzi sono l’erede Togami, e in quanto tale ho sempre innegabilmente ragione in merito a quanto dico o faccio. Molto semplice.”

Scoppia a ridere. Una risata tonante, sguaiata, proprio da persona di basso livello: “Non posso credere che tu sia convinto di un simile cumulo di stronzate col botto. Byakuya, ascoltami bene: sei troppo intelligente per berti una scemenza di queste proporzioni senza almeno nutrire un sano dubbio. Sai bene che ogni singolo essere umano è fallibile in quanto tale, lo sai perché una delle tue migliori abilità è quella di sfruttare l’attimo propizio quando il tuo avversario mette il piede in fallo. È così che ti sei guadagnato il posto di erede, posto che ammetto senza remore ti meriti per l’arguzia e la capacità da tagliagole senza scrupoli che hai messo in campo. Ma sai altrettanto bene che i tuoi fratellastri e sorellastre, tranne qualche esecrabile eccezione, erano arguti e spietati almeno quanto te. Diciamo che partivate da basi molto simili, se non addirittura identiche. Tu hai vinto e loro no. Tutto molto bello. Questo cosa ti dice però? Ti dice che da qualche parte hanno sbagliato e tu sei stato bravo nell’approfittarne. Ma dimmi, se fosse accaduto il contrario? Se quello a sbagliare, all’epoca, fossi stato tu?”

“Non è accaduto e non vedo come avrebbe potuto essere diversamente. Sono Byakuya Togami, per dio!”

“Sì, va bene. Sei figo e imbattibile. Ora rispondimi. O forse non ne sei in grado?”

Ugh. Colpire sotto la cintura non vale, maledetto.

Sta palesemente istigando il mio orgoglio e io sono troppo coinvolto per non dargliela vinta: “Se fosse andata come dici, ora staresti parlando con qualcun altro e io sarei a vagare per qualche vicolo lercio e malfamato.”

“Esattamente. Ora fissami dritto nelle palle degli occhi” dice togliendosi il cappello con un gesto inutilmente plateale “e abbi il coraggio di dire con serietà che uno scenario del genere sarebbe stato impossibile. Io ti conosco, mascherina. So cosa hai provato in quel periodo. Vivevi in tensione massima, sempre all’erta e sempre pronto a ricevere una pugnalata nella schiena. Specie da Satoshi, che probabilmente era il peggiore del lotto e quello più capace di spennarti come un pollo se gliene avessi lasciato la possibilità. Quale divinità onnisciente e impareggiabile passa le sue giornate a guardarsi le spalle, timoroso che la sua stessa ombra tenti di sgozzarlo? Nessuna, disse Capitan Ovvio. E il motivo per cui stavi così è che… dillo tu, dai.”

Fregato. Mi ha fregato come se fossi un principiante alle prime armi.

Va detto che ha dalla sua una conoscenza approfondita e sta, per dirla come quel perditempo di Yamada, usando i cheat paranormali. Perché quanto ha detto su di me e sul mio passato è la pura verità, per quanto mi scocci ammetterlo, e chiaramente non sono informazioni che vado a declamare ai quattro venti. Tutto giusto, dalla prima all’ultima parola.

È vero che gli altri erano almeno bravi quanto me. È vero che al primo sgarro avrei fatto una pessima fine. È vero che ero sempre guardingo e preparato a ogni evenienza.

Vuole che lo dica ad alta voce.

Pezzente che non è altro.

“Sto aspettando la tua risposta, Byakky.”

Pure provocatorio. Evviva.

“Avevo… paura di farmi fregare da qualcuno di loro.” riesco a dire dopo parecchia esitazione.

“Ecco, bravo. Avevi paura. Sappiamo entrambi che in questo lasso di tempo non sei cambiato in maniera radicale, anzi semmai hai accentuato ulteriormente quelle che ritieni a torto le tue qualità più importanti. Pertanto, se eri capace di provare paura allora, sei capace di provare paura adesso. E il solo fatto di esserne in grado fa crollare la tua filosofia di vita come un castello di carte mal posizionato. Chi può provare paura se sa di non sbagliare mai? Un bugiardo, ecco chi.”

Ancora troppo presto per arrendersi: “Tenere inconsciamente valida la possibilità dell’errore non vuol dire che sia in grado di commetterne.”

“Secondo te il dio cristiano, Yahweh e Allah sanno provare paura?”

Wow. Spariamo alto: “Non ho mai detto di essere una divinità.”

“Ma da tale ti atteggi, caro mio. Solo che ovviamente non hai il pedigree per sostenere la convinzione, perché sei umano e in quanto tale capace di errare. Quindi faresti bene a toglierti dalla testa quella gigantesca idiozia sull’infallibilità Togami, è più finta di una moneta da otto yen e un quarto. E da quella, a cascata, via via tutte quelle altre bestialità che ti sono state spacciate come verità suprema.”

“Hai una bella faccia tosta a venire a fare la paternale a me. Ti devo fare i complimenti per la spericolatezza. Sembra quasi che non ti interessi finire contro un muro con il collo rotto.”

“LoL. Vedi che il collo rotto, tutt’al più, sarebbe il tuo.”

“Come prego?”

“Lascia perdere, non ho sette ere geologiche per spiegarti. Sappi solo che, nell’improbabile caso mi succeda qualcosa, anche tu ne pagheresti le conseguenze.”

“E perché mai dovrei?”

“Shush. Te l’ho detto, non ho sette ere geologiche a disposizione. Piuttosto, parlando di cose serie, ti vedo… dubbioso.”

“Giammai. Sono forte nella mia convinzione di essere nel giusto.”

“Ballista. Ti si allunga il naso e ti si accorcia il piripillo.”

“Ma come diamine ti permetti, si può sapere?”

“Cribbio, ma oggi tutti clienti permalosi e nevrastenici. Mike, facciamo a cambio e la birra me la offri tu per favore?”

Sento la voce dell’autista che gli risponde: “Ma sì, certamente. Ti capisco, oggi non hai avuto vita facile e una birra gratis te la meriti.”

Che cosa sto ascoltando? Fatemi scendere. Fatemi scendere.

“Va bene esagitato, va bene. Ti facciamo scendere. Mamma mia però, sei proprio una mammoletta. Chissà cosa accadrebbe se mi mettessi a spifferare queste tue scenate al resto della 78…”

Una sensazione nuova fa capolino per la prima volta in vita mia: “Non ti azzardare, lurido bastardo che non sei altro! O giuro sulla cotenna di tua madre che te la farò pagare da qui fino al resto dell’eternità!”

"Ullallà, Byakky si arrabbia. Ci stiamo cacando sotto.”

“Come hai detto?” si intromette di nuovo l’autista.

“Ci stiamo cacando sotto.”

“Come hai detto?”

“CI STIAMO CACANDO SOTTO!”

“Era una domanda retorica, cretino!”

Lo scambio di stupidate mi lascia così basito che non so cosa dire. E non è una bella sensazione, men che meno nella situazione irreale in cui mi trovo attualmente.

Il viaggio dura ancora un po’, con quello che si fa chiamare Enrico VIII che continua a menarmela con i suoi vaneggiamenti senza senso. Per la maggior parte ignoro, ma c’è un minuscolo tarlo che mi passeggia sopra l’orecchio e minaccia di entrare.

Mi sforzo per impedirglielo, ma non sono sicuro di esserci riuscito.

Finalmente questa tortura giunge al termine. Il taxi inchioda nello stesso posto da cui siamo partiti. Proprio prima di scendere sento Enrico che dice: “Ah, smettila di dare la colpa a Yamada per One Part. Oppure ora vado dagli altri e racconto loro della tua collezione privata del suddetto manga…”

Ok no non ti ci azzardare neanche coso o ti scateno l’intera Zaibatsu contro.

In qualche modo recepisce questa mia ultima frase e si limita a un sorriso strafottente, per poi aggiungere: “E prima che me ne dimentichi. di’ a Kirigiri che tocca a lei.”

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Capitolo 3
*** Terza corsa: Kyouko Kirigiri ***


Vediamo Togami scendere dal taxi. Anche per lui, così come per Ludenberg, sono passati una manciata di minuti.

Sembra un po’ scosso. Non abbastanza da provocare un qualche tipo di reazione negli altri, ma io e il mio occhio clinico siamo migliori degli altri e ce ne accorgiamo. Piccole cose, eh: un leggerissimo tremolio delle mani e un modo di fare un filo più impacciato del suo solito. Ci tiene troppo all’immagine di duro e puro per mostrarsi scombussolato dall’esperienza avuta là dentro.

E con lui siamo a due, perché avevo notato le stesse conseguenze in lei.

Il che comincia a delineare un pattern, cioè che su quel mezzo succedono cose che quantomeno ti danno da pensare anche dopo.

Immagino che lo stesso varrà per me, se e quando sarà il mio turno.

Lo Scion nazionale fa di tutto, in maniera discreta, per tirarsi assieme. Poi si volta verso di me e dice: “La prossima corsa è tua, Kirigiri.”

Oh. Credo che lo scoprirò sulla mia pelle, se ho ragione o no.

Mi rivolgo al tassista, che esattamente come nelle due precedenti occasioni si è affacciato dal finestrino verso di noi: “Confermi?”

“Confermo. Zompa, miss Marple.” risponde sogghignando lieve.

…devo ancora capire se gli sto antipatica, e se sì perché.

Ok, è tempo di ballare. Se non altro i miei due compagni ne sono usciti integri a livello fisico e paiono stare tutto sommato decentemente, non dovrebbe essere nulla di devastante.

Disse e la ritrovarono a pezzetti nel vicolo subito dietro la Kibougamine. Devo pur distinguermi in qualche modo.

Su su, come diva ci basta Byakuya Raggio di Sole Togami. Non succederà.

Vero che non succederà?

“Dai ragazzina, non farmi perdere tempo. Alza le chiappe che il tassametro corre.”

Ehi, a loro due non avevi messo tutta ‘sta fretta. Anche se va detto che erano stati entrambi più svelti di me.

Vado.

CLACK.

Ci siamo. Sono a bordo.

La prima cosa che noto è che questo taxi è decisamente in linea con la nomea che si porta appresso: c’è un’atmosfera… la definirei onirica. Sempre che non abbia le allucinazioni, mi pare di veder spostarsi qualcosa con la coda dell’occhio. Forse una fonte luminosa, forse qualcosa di meno innocuo. Ma quando provo a concentrarmi sul punto in cui mi pare di aver notato questa cosa, niente di anormale.

Sì, sono proprio dentro a qualcosa di strano.

“Destinazione?” mi arriva la voce del tassista. Com’è che l’aveva chiamato Ludenberg? Mike? Che razza di nome è per una presunta entità sovrannaturale?

“Dove vuoi.”

“Uellà, sei la prima di voi che mi risponde. Grazie, mi fa piacere sentirmi soddisfatto. Ordunque, andiamo alla cieca!”

Devo preoccuparmi di tutto questo entusiasmo? Speriamo di no.

“Stai tranquilla Kyouko, Mike è tanto fumo e niente arrosto.”

Una voce. A sinistra.

La riconosco.

C’è chi mi aspettavo.

“...tu non sei mio nonno.”

“L’aspetto che ho non ti basta?”

“Dovrebbe? Quando il guidatore di quest’affare ha la faccia mezza decomposta? No, non basta.”

“Arguta, sei decisamente arguta. Una piacevole variazione rispetto ai primi due, che per carità sono tutt’altro che stupidi ma non avevano la prontezza e la mente flessibile che possiedi tu.”

“Che ti devo dire, non ci vuole molto a capire che Fuhito Kirigiri è a casa sua in questo momento. Probabilmente fumando la pipa, se lo conosco a sufficienza. Quel che mi chiedo è perché hai assunto le sue sembianze. Aspetta, non vorrai mica…”

“Non vorrò mica cosa? Dai, dimmelo tu visto che sei così brava a leggermi.”

Mh. Mi sa che il morso che ho tentato di dare alla torta era troppo grande per la mia bocca: “Potrebbe essere tutto e il contrario di tutto, dati i panni che stai impersonando. Mio padre, ma a quel punto perché non direttamente lui non lo so… oppure una rappresentazione del mestiere che faccio, per esempio.”

“Sul preside hai ragione, se fosse stato lui il fulcro del discorso ora ce l’avresti avuto davanti. Mentre per quanto riguarda il tuo essere detective, già ti ci sei avvicinata di più. È parte del problema, in un certo modo, anche se non ne è il punto focale.”

“Problema? Che problema?”

“Un problema che neanche sapevi di avere. E che, alla lunga, potrebbe causarti non pochi grattacapi.”

“Grattacapi? Di che genere?”

“Sto parlando del modo in cui sei stata cresciuta.”

“Non ti piace che mi sia stato insegnato a essere una detective, per caso?”

“Ma toh, allora sei capace di far percepire la tua irritazione. No, non esattamente. Essere una detective di per sé non è nulla di male, specie considerando la tradizione della tua famiglia e l’importanza che il ruolo riveste. Più che altro, ti sei mai chiesta se le cose sarebbero potute andare diversamente?”

“Diversamente? Cosa intendi di preciso? Perché, con tutta la mia arguzia, ammetto che sto facendo fatica a seguire il filo del discorso.”

“Riflettici un attimo. Dopo il litigio fra tuo padre e tuo nonno, quest’ultimo ha ottenuto il tuo affidamento e ti ha fatto da genitore. Avevi sette anni ed eri chiaramente troppo piccola per decidere del tuo avvenire, pertanto la scelta l’ha fatta lui per te. E da quel momento la tua via si è fatta stretta stretta, puntando senza possibilità di deviazione verso un unico bersaglio.”

“Ereditare il ruolo di detective, sì. Non ci vedo nulla di male in questo, noi Kirigiri facciamo così da secoli.”

“Vero, nel tuo clan le cose si sono sempre svolte in questo modo. Ma non lo trovi riduttivo? Castrante? So che quella che ti sto per fare è una domanda retorica, ma hai mai pensato a delle alternative? Hai mai desiderato essere qualcosa di diverso?”

“No, per nulla. Da che ho ricordi coscienti, ho sempre visto quello come il fine ultimo della mia vita. Essere la miglior detective possibile e, già che c’ero, ottenere il DSC più alto possibile. Prima o poi ti avrò, dannato 000.”

“Sapevo avresti risposto così. Però, di nuovo, non senti tutto questo come un’imposizione calata sulle tue spalle dal simpatico vecchietto di cui ho le sembianze in questo momento? Non avevi diritto al tuo periodo di esplorazione, interiore ed esteriore, per poter decidere da te se era o no la tua strada?”

…non ci avevo mai pensato. Avevo sempre dato per scontato che non ci fossero altre possibilità per me. Ero l’erede Kirigiri e avevo un compito da portare avanti, al diavolo tutto il resto. In questo preciso istante, però, mi sento sin troppo simile a Togami e non è una bella sensazione.

“Inoltre, se non bastasse, le conseguenze di questo scellerato piano d’azione si manifestano anche nella tua vita al di fuori dell’ambito lavorativo. Che, al contrario di quanto ti ha sempre detto il vecchio, non è una gigantesca coperta che avvolge ogni aspetto della realtà. Esiste altro al di fuori di esso. I rapporti interpersonali, per esempio.”

“Ah, adesso neanche i miei rapporti interpersonali vanno bene. Guarda che non stai parlando né con Togami, né con Ludenberg.”

“Been there, done that. Ma vedi che in questo assomigli tanto a lui. Anche lo Scion di ‘Staceppa è cieco e non si avvede di cose tanto elementari.”

“Cosa non vedrei, di grazia? Cosa c’è che non va nel mio modo di rapportarmi con gli altri?”

“Di base nulla, in realtà. Solo che… tu capisci che potresti non essere sempre fredda, distaccata e scostante a priori, vero?”

“Ma un detective…”

“Alt. Cosa ti ho detto due secondi fa? Ti renderò partecipe di una notizia bomba: esiste il concetto di staccare dal lavoro. Non sei obbligata a indossare il cappello e la pipa di Sherlock Holmes ventiquattr’ore su ventiquattro, sennò rischi di diventare tossicodipendente come lui. Ogni tanto puoi rilassarti, uscire a bere una birra… no, scusa, dimenticavo che sei astemia. Uscire a bere una soda con chi ti pare e fare due ciance in libertà. Senza impegni pressanti sul groppone, senza tabelle di marcia che ti assillano, senza riepilogare per l’ennesima volta gli indizi del caso a cui stai lavorando. A proposito di birra, vale ancora l’offerta di prima Mike?”

L’autista ride, per poi rispondere che non è un voltagabbana e che ‘sta benedetta birra gliela offrirà volentieri quando smonteranno alla fine del turno.

Io… non mi ero mai fermata a pensare all’eventualità. Dal modo in cui ne parla, però, non sembra l’apocalisse che mi era sempre stata prospettata.

Davvero… davvero io potrei staccare ogni tanto mentalmente? Tradirei ogni insegnamento impartitomi da mio nonno, è vero…

Quante rimostranze riceverei, a parte le sue?

Quante ossa si romperebbero?

Quanti orfani creerei?

La risposta la so ma, in maniera del tutto irrazionale, ho paura anche solo a pensarla. È un tale gesto di ribellione rispetto al mio passato, alle idee che mi sono state inculcate praticamente da quando sono in grado di camminare, al severo sguardo del nonno che mi rimprovera per aver sgarrato…

Eppure…

Naegi, Kuwata, Oowada, Asahina… tutti loro sembrano così spensierati, così scevri dalla responsabilità che invece grava da sempre sulla mia schiena. Che sto con orrore scoprendo non essere larga e robusta come avevo sempre creduto.

Il seme del dubbio. Lo sento germogliare nella mia testa.

Decidi, Kyouko. Darai nutrimento a questo seme, permettendogli di crescere al meglio delle sue possibilità? O al contrario prenderai il diserbante e lo spargerai a piene mani per ucciderlo sul nascere?

“Il conflitto è iniziato.” dice l’essere seduto alla mia sinistra “Riconosco quello sguardo. È lo sguardo corrucciato di chi sta riconsiderando la propria vita nella sua interezza. Certo, purtroppo la maggior parte delle volte si è risolto in un nulla di fatto…”

“Non sarà questo il caso.”

“Uh? Cosa stai dicendo?”

“Come hai notato, ho pensato a quanto mi hai detto. E non posso negare che ho visto senso e anche uno spruzzo di saggezza nelle tue parole. Non prometto nulla, ma cercherò di prenderle a cuore e metterle in pratica al meglio.”

“La peppa. Sei sicura di quanto hai appena affermato? Sono cose grosse, mica pizza e fichi.”

“Non… non lo so. Capiscimi, significa tentare di scardinare le solidissime fondamenta su cui ho basato il mio sistema di valori e più in generale il mio intero essere. Anzi, su cui mio nonno ha basato il mio intero essere. Perché su quello hai ragione, non ho avuto la minima voce in capitolo.”

“Libera di non crederci, ma ti assicuro che sentirti parlare così è una gioia per me. Il solo fatto che tu non mi abbia bollato come una voce spettrale che sta cercando di farti impazzire è un traguardo notevole.”

E poi, tipo fulmine a ciel sereno, mi balena un ricordo.

Ero piccolissima, non avrò avuto più di cinque anni. Mi trovavo a scuola e la maestra ha fatto la classica domanda su cosa volevamo fare da grandi.

Visto che non ero ancora arrivata nelle mani del mio mentore, la mia risposta non è stata quella che vi aspettereste: “L’avvocato!”. Che sì, lo so, suona ridicolo ma abbiate pazienza, ero davvero poco più di una poppante. Chi non ha risposto in maniera ridicola al posto mio, suvvia?

No, non sto dicendo che vorrei davvero essere un avvocato. Mi manca lo spirito da rapace e ormai, che mi piaccia o meno, tengo in troppa considerazione la verità per andare a mentire giornalmente in tribunale. Che ribrezzo.

Non posso smettere di essere una detective, ormai. Non sono il tipo che, arrivata a un certo punto, prende la vanga e manda all’aria tutto. Sarebbe una prospettiva troppo spaventosa. A piccoli passi, con calma.

Sai cosa, Kyouko? Non decidere adesso in che termini ti adopererai per cambiare. Lasciati andare. Fai in modo che sia il tuo istinto a suggerirti cosa va smussato, cosa eliminato e cosa invece rafforzato.

Wow. Non è il dramma che ho sempre creduto. Il mondo non è imploso.

Il finto Fuhito sorride come una iena. Ma non lo intendo in un brutto senso, intendo che è un sorriso extralarge ed estremamente soddisfatto: “Bene. Qua abbiamo finito. Un minuto e potrai scendere.”

“Bene. Scalpito alla prospettiva di raccontare tutto quanto è trapelato qui nei minimi dettagli.”

“Salutami Naegi.”

“Come… come facevi a sapere che volevo…”

“Oh Kyouko, mi sottovaluti. E se davvero hai deciso di sterzare nel tuo percorso, potresti farlo anche nei suoi confronti…”

“A cosa stai alludendo, porco depravato?”

“Io? Niente di niente. Perché devo prendermi degli insulti gratuiti?”

“Mpf. Meno male che siamo arrivati.” dico scocciata mentre metto piede sul marciapiede. Ma guarda te questo se deve venire a farmi le pulci in tasca sui fatti miei personali, segreti e che non vedranno mai la luce del sole.

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Capitolo 4
*** Quarta corsa: Junko Enoshima ***


E finalmente, finalmente, finalmente il turno è finito.

Mentre Kyouko Kirigiri scende dal mio taxi, indispettita dalla frecciatina lanciatale da Jungle Julia (aka il mio adorabile partner, a cui devo una birra), non riesco a trattenere un moto di soddisfazione. Il mio lavoro mi piace, sia chiaro, ma ‘sti tre ragazzini sono stati clienti ostici.

Ludenberg è miope come una vecchia senza diottrie. Rinnega il nome con cui è nata e si è creata un’identità farlocca per farsi passare come una nobildonna. Perché? Perché si vergogna delle sue umili origini, le disprezza, vuole fare la di più.

Togami, in questo senso, è l’esatto opposto. Pur non essendo di sangue blu fa parte di un'élite di altissimo livello e in quanto tale si crede l’ometto più fico del cosmo, non mancando di farlo pesare a ogni piè sospinto.

Kirigiri è stata di sicuro la più razionale e la meno sostenuta del lotto. Una volta messa di fronte alle problematiche dovute a quanto suo nonno aveva deciso in sua vece all’epoca, si è dimostrata recettiva e disposta a modificare il suo modo di comportarsi e di essere. Il che, non lo nascondo, mi fa moderatamente piacere. Un po’ perché, al contrario di quanto credeva, mi è risultata piuttosto simpatica e un po’ per semplice piacere di vedere i propri sforzi risolversi in qualcosa di concreto. Poi è vero, lo sforzo maggiore lo fa sempre Julia ma oh, anche guidare è faticoso.

Mi affaccio un’ultima volta per salutarli: “Bene poppanti, per ora abbiamo finito. Solo per ora, presto verrò per gli altri. I miei tre passeggeri possono fare quel che vogliono con quanto è successo qua dentro, tenerselo stretto al cuoricino o al contrario spanderlo ai quattro venti. A discrezione vostra. Da parte mia sappiate che vige il segreto professionale, quindi non ne parlerò ad anima viva. O morta.” Adoro passare per il cugino dello Zio Tibia, è uno sfizio di cui non mi priverò tanto presto.

Sto per ingranare la quarta, che solo le fighette scalano le marce dalla prima in su, quando…

CLACK.

Wut? Che succede?

Guardo nel retrovisore. Sul sedile posteriore c’è seduta una tizia con una giungla rosa in testa.

Credo di riconoscerla. Dovrebbe essere Junko.

“Enoshima, che diavolo stai facendo? Perché mi hai invaso il mezzo? Io stavo per staccare, ho finito di lavorare per oggi.”

Ride come un intero branco di clown: “Oh oh oh oh, caro il nostro tassista con poca cura della pelle. Non ci vorrai dire che intendevi escluderci, vero? Ci saremmo sentite molto offese.”

“Tu e chi, l’omino del tuo cervello?”

“In un certo senso. Comunque vediamo che non stai tornando indietro per scaricarci con un calcio in culo sul marciapiede, pertanto abbiamo appena dedotto che per qualche strana ragione non puoi. Il che vuol dire che sarai obbligato a stare a sentirci. La cosa ci riempie di disperata felicità.”

Porca vacca. Fra me e Julia, è lei quella che conosce i clienti. È lei che si premura di studiarsi le loro storie personali, visto che poi deve assumere sembianze adeguate. Io mi limito a premere il pedale dell'acceleratore, quello è il mio compito.

“Juliaaaaaaaaaaaa! Dove sei finita?”

“Sono al bar. Che diavolo vuoi, Mike? Perché ritardi? Io aspetto la mia birra, sono stressata oltre ogni dire.”

“Te la offro più che volentieri se torni un attimo in postazione, per favore.”

“Cos’hai combinato, sacchetto di bava?”

“Io niente, te lo giuro! È che una di quei mocciosi mi è zompato a tradimento sul taxi!”

“Ma che sul serio? Ma LoL. E chi?”

“Credo sia Enoshima.”

“Ahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah!”

“Cacchio hai da ridere, si può sapere?”

“Ti stai per divertire un sacchissimo, caro il mio Mike. Junko Enoshima è un tipetto davvero… bizzarro, per usare un eufemismo. E visto che non puoi cacciarla, te la dovrai sorbire per tutto il tempo.”

“Dio brando, odio questa stupidissima regola che impone di completare una corsa una volta che il cliente è salito a bordo.”

“Sì, è una notevole scocciatura. I feel you. Ma fatti tuoi, io me ne sono tirata fuori per tempo.”

“Brutta stronza, vieni a darmi una mano!”

“Nossignore. Io ho dato per oggi e come ti ho detto prima sono stressata. Non avrei voluto toccare quell’elemento neanche con un bastone sterilizzato da tre metri di distanza, figurati se non sono obbligata.”

“Devi venire a salvarmi!”

“Ma manco morta. Arrangiati e buona fortuna, ti servirà.”

“Julia! Julia!”

Nessuna risposta. Bastarda.

Mi toccherà, temo. E con la descrizione che ne ha fatto, non so se ne uscirò vivo.

“Che cosa vuoi? Perché sei salita?” le chiedo senza staccare gli occhi dal percorso. L’ultima cosa che voglio è schiantarmi per colpa sua.

“Innanzitutto sei pregato di chiamarci con un epiteto adeguato. Tipo Vossignorie, per esempio. Riformula.”

“Tu sogni, mentecatta.”

“Allora troveremo il modo di non scendere più da qui.”

Non… non può dire sul serio. Eppure quel sorriso sbruffone tradisce solo sicurezza.

“Avanti. Vossignorie.”

No, non gliela voglio dare vinta.

Questa bega prosegue per parecchi minuti.

Per fortuna sono testardo. Per sfortuna lo è anche lei.

Alla fine cedo, pur con la morte nel cuore: “Vossignorie Junko Enoshima, posso chiedervi perché avete compiuto questa prode azione minatoria nei miei confronti?” Almeno mi prendo lo spazio per rinfacciargliela.

“In realtà è molto semplice, nostro sfigatissimo amico. Principalmente è stato per curiosità, volevamo vedere l’interno di questo misterioso taxi paranormale. E lasciatelo dire, siamo deluse. Non c’è neanche una mini-ghigliottina appesa da qualche parte a dare colore all’ambiente. Nessun ululato in sottofondo. Neanche delle luci stroboscopiche. Niente di niente. Ma che palle, oh. Sembra un cazzo di funerale!”

È la prima volta che un passeggero si permette di criticare come tengo il mio taxi. E ora capisco il perché: è irritante da matti. Sentirsi dire che non si ha stile… ok, nel mio caso specifico è anche vero perché sono un minimalista, ma tieniti per te la tua caspita di opinione.

“Fammi capire, sei piombata qua dentro solo per una disquisizione sul mio gusto di arredatore? Ma una manica di fatti tuoi mai?”

“Non solo, no. Avevamo anche un secondo fine.”

“Che sarebbe?”

Noto distintamente che il suo sguardo si incattivisce: “Azzarditici solo a toccare uno dei nostri compagni. Azzarditici. Poi ti ammazziamo.”

…davvero? Sono qui per farmi fare il pistolotto delle minacce a vuoto?

“Mi perdonerai, ma proprio non mi dai l’idea di quella che si fa avanti per difendere il resto della classe.”

“Abbiamo i nostri motivi per volerlo fare.”

“Cioè?”

“Cioè che non devono crepare prima del tempo, sciocco mortale. Abbiamo grandiosi piani per loro e, in quanto loro overlord supremo, è compito nostro preservarne la salute fino al momento opportuno.”

Ora sono curioso: “Quale sarebbe questo momento opportuno, di grazia?”

“Il momento in cui cominceranno a morire.”

Ooooooh. Non dirò che è interessante per non passare come uno psicopatico, ma non nego che sentirle dire queste cose stuzzica qualcosa in me.

“Da come stai parlando… vuoi ucciderli?”

“Non esattamente. La cosa si svolgerà diversamente e saranno loro stessi a scuoiarsi per il nostro diletto. Abbiamo già pronto il carretto che ospiterà la loro disperazione, è grande e capiente. Siamo sicure che lo riempiranno non una, non due ma almeno tre volte.”

“È già la seconda volta che quella parola viene fuori. Disperazione. Ti piace particolarmente, eh?”

Comincia… bleargh, che schifo. Comincia a sbavare come se fosse troppo arrapata per trattenersi: “Non hai idea quanto.”

“Me la stai dando, un’idea. E stavo meglio prima.”

“Guarda, se fossi interessato…” Dicendo ciò, allunga verso di me un biglietto da visita. Non avendo niente di meglio da fare lo prendo.

Uh, in realtà sono due.

 

Junko Enoshima

Super Modella

La tua top model di riferimento.

 

Ms. Junko Fucking Enoshima

Ultimate Despair

Causiamo problemi e ne siamo felici.

 

…ragazza, tu stai davvero poco bene.

Però non posso non trovare questa cosa divertente. Non per il fatto che voglia ammazzare i suoi compagni, direttamente o meno che sia. Più che altro perché è arrivata al punto di creare un secondo biglietto da visita in cui dice chi è davvero, invece della roba di facciata del primo.

“Sicura di quel che stai facendo?” mi lascio scappare ridacchiando “Potrei sputtanarti in lungo e in largo.”

“Non lo farai. Hai detto prima di essere vincolato dal segreto professionale, quanto succede in questo taxi rimane in questo taxi. E comunque il Fight Club è più figo di te.”

“Osi paragonarmi a Brad Pitt? Sarò ben più bello io.”

“Hai il fascino dell’uomo vissuto, forse anche un po’ troppo. Ma se dovessimo scegliere fra te e lui per una lunga sessione di sesso sadomaso, dove ovviamente noi stiamo sopra e voi sotto, mi spiace ma quell’attorucolo americano ti bagna il naso e le palle con le mani legate dietro la schiena.”

Cade il silenzio. Lei pare aver assolto il compito che si era prefissata, io non so come potrei tenere viva la fiammella della discussione.

Per qualche minuto rimaniamo muti.

Poi mi viene in mente che sì, forse invece lo so: “Junko, parlami di te.”

“Scusaci? Che ti interessa?”

“Così, pour parler. Perché, non posso?”

“No no, figurati. Ma sappi che stai pestando i piedi alla gyaru sbagliata.”

“Esagerata. Inoltre è chiaro che non hai nemmeno una goccia di sangue messicano, pertanto le citazioni a Machete lasciale dove sono.”

“Facci capire, il nostro vero biglietto da visita non ti dà da pensare?”

“Un pochino sì, lo ammetto. Ma capirai, non puoi comunque farmi nulla.”

“Vuoi testare questa tua affermazione?”

“Siamo a casa mia, ciccia. Ne riparliamo nel tuo antro oscuro e immagino anche un po’ puzzolente.”

“Tu non vuoi sottovalutarci, pezzetto di merda putrida. Non vuoi farlo.”

“Dai, su. Fai del tuo peggio, ti assicuro che ne uscirò sbadigliando.”

La guardo attraverso il retrovisore, sorriso strafottente e aria di sfida. Lei è incazzata come una biscia, lo si vede, e si vede anche che non può farci proprio nulla perché sa che ho ragione, è su terreno avverso. E poi, per quanto svalvolata possa essere, io resto al di fuori della sua portata. Non c’è assolutamente nulla che possa fare o dire per danneggiarmi.

“Puah. Per stavolta te la scavalli, coso.” le tocca concedere la disfatta.

“Non ne ho dubitato per un solo attimo. Quindi, appurato che su questo taxi sono in posizione predominante, sarebbe carino da parte tua esaudire la mia richiesta. Ecco, cominciamo da una cosa semplice semplice: perché usi il plurale per parlare di te stessa?”

“Che domanda assurda. Perché noi siamo Junko Enoshima.”

“...non te l’ha detto la mamma che esiste la prima persona singolare?”

“Quante palle. Non ci si addice.”

“E perché non vi si addicerebbe?”

“Perché in questa bellissima testa siamo più di una, molto semplice.”

“Mi stai dicendo che… soffri di personalità multiple?”

“Pensala un po’ come cazzo ti pare, non ci riguarda e neanche ce ne fotte. Ti basti sapere che stiamo persino strette qua dentro.”

“Affascinante. Quindi esistono più persone dentro la tua crapina. E dimmi, è per via di questa sovrappopolazione che vuoi fare la festa ai tuoi amichetti?”

No, aspetta. Siamo seri? Si è… intristita?

“No. Noi… noi… loro sono i nostri preziosi amici…”

“Non so te, ma io tendo a non uccidere i miei amici.”

“E noi invece sì! Va bene o ti dobbiamo chiedere il permesso, stronzo letteralmente senza volto?”

“Ehi ehi, datti una calmata! Stavo solo sottolineando l’incoerenza di quanto sostieni, tutto qui.”

“Non provarci neanche con la psicoanalisi. Tizi più qualificati e più costosi di te sono ancora lì, seduti nel loro studio, a ciucciarsi il pollice e a contare i numeri primi.”

“Hai anche degli innocenti strizzacervelli sulla coscienza? Minchia oh, sei veramente materiale per una casa di cura.”

“Dicci qualcosa che non sappiamo.”

“Ho baciato un elefante con la lingua.”

“Kami, che schifo. Vergognati.”

“...non ero serio.”

“Ah. Ok. Fai vomitare comunque.”

“Potrei dirti lo stesso, piccola pazza isterica.”

“Non adularci, potremmo anche risparmiarti a tempesta conclusa.”

“Che cazzo stai escogitando, si può sapere?”

“No, non si può. Impara a farti una manica di fatti tuoi che campi cent’anni. Forse.”

E dopo quest’ultimo scambio si zittisce, apparentemente non desiderosa di proseguire.

Io… io sono confuso. Questa ragazzetta è davvero un caso clinico notevolissimo. Di gente strana qua ne è salita, non ultimi i suoi tre compagni. Ma lei batte tutti per distacco. Anzi, ho ancora la sensazione di aver appena appena cominciato e che se si scavasse di più verrebbe fuori di tutto. Non che ne abbia la minima intenzione.

Va beh, poco male. Segui il suo consiglio e fatti una scarica di fatti tuoi, Mike. Hai solo da guadagnarne.

La marcia prosegue placida. Nessuno dei due spiccica più la minima parola. Sto meglio così.

Alla buon’ora la corsa termina e ci fermiamo nell’esatto posto da cui eravamo partiti. Scende senza dir nulla.

Cristo, è stata una faticaccia. Confido che Julia voglia ricambiare la birra con una pastiglia contro il mal di testa.

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