Filo doppio, rosso e d’acciaio

di laurelleghuleh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rosso e d’acciaio ***
Capitolo 2: *** Un giorno o l’altro ***
Capitolo 3: *** Proprio un’idea del cazzo ***
Capitolo 4: *** Ricalcolo percorso ***
Capitolo 5: *** Solo ***
Capitolo 6: *** Qualcuno ***
Capitolo 7: *** Sereno variabile ***
Capitolo 8: *** Quello Shinkansen delle 19:02 ***
Capitolo 9: *** Tornare e basta ***



Capitolo 1
*** Rosso e d’acciaio ***


0 . "Rosso e d’acciaio"

 


C’è uno Shinkansen che fa avanti e indietro da Tokyo a Sendai, da Sendai a Tokyo. 

Gli orari, i giorni, le motivazioni sono sempre, tutte diverse, ma quello sembra ogni volta lo stesso. 

È il treno che porta Tetsuro da Kei e Kei da Tetsuro, che li unisce e poi separa, che li fa sentire a solo ma 305* km l’uno dall’altro. 

È un luogo che pare esistere per loro e gli altri passeggeri non ci sono. I vagoni vuoti, tranne due posti. 

È il filo doppio, rosso e d’acciaio, che li lega indissolubilmente.
 



*Dopo essermi scervellata su quale tipo di numero metterci, tra il tragitto a piedi, quello in macchina o in treno (comunque tutti pressoché “variabili”), ho optato per la distanza in linea d’aria. Nella mia testa è il calcolo meno soggetto ad altri elementi e quasi più “simbolico”. Spero nessun geografo me ne voglia. 
 


 

Nd’A

Ecco com’è andata. Sabato scorso dovevo studiare e fare altre mille cose nettamente più urgenti, poi per sbaglio mi sono imbattuta in questa challenge su il Giardino di EFP e mi sono subito risuonati in testa un vecchio pezzo di Frah Quintale, la voce metallica degli avvisi in stazione e  - tipo Belluca - il fischio di un treno in partenza. Con prepotenza, in mezzo a tutto questo caos, mi sono apparsi i volti di un paio di pallavolisti che mi stanno tanto a cuore, il sorriso sghembo di uno e lo sguardo annoiato dell’altro. 

E niente, senza che potessi oppormi, quel maledetto di Kuroo Tetsuro e quell’infame di Tsukishima Kei mi hanno convinta a raccontare una possibile versione della loro storia attraverso i one-shot che troverete qui collezionati. 

Tranne il primo drabble che avete appena letto, ogni pezzo è ispirato ai prompt che ho deciso di pescare dalla lista della Fast Challenge: Treni, per un totale di otto racconti. Li ho poi ordinati per dare senso cronologico alla narrazione, ma l’uno non vincola per forza l’altro, possono anche essere presi e letti singolarmente, in totale autonomia. Alle fine di ognuno troverete un mio mini-commento non richiesto, auspicandomi che non vi scocci troppo 😅

E’ la prima challenge a cui partecipo e prima volta che mi cimento in una ff a più capitoli sulla KuroTsukki, spero di aver imboccato il binario giusto o almeno di non esser finita troppo lontano dalla destinazione desiderata. Soprattutto mi auguro di riuscire a trasportarvi con me tra le stazioni di Tokyo e Sendai con queste mini-storie. Già quello non sarebbe poco, anzi sarebbe tutto. Dopo le notizie tragiche di questa mattina, poter offrire una via di fuga mentale, una piccola distrazione varrebbe ogni cosa per me.

Intanto buon viaggio e buona lettura.

Laurelle


Ecco le specifiche sui capitoli successivi:

  1. “Un giorno o l’altro” prompt n. 21: “Un giorno o l’altro prenderò quel treno”
  2. “Proprio un’idea del cazzo" prompt n. 38: ultimo giorno di scuola + prompt n. 8: incontro sul treno
  3. “Ricalcolo percorso” prompt n. 2: treno in partenza + prompt a sorpresa
  4. “Solo” prompt n. 24: rincorrere il treno, o chi c’è sopra
  5. “Qualcuno” prompt n. 11: Un uomo a volte sembra infastidito quando un altro uomo si siede accanto a lui sul treno. Il pensiero sembra essere “Avevo conservato questo posto per una bella donna sconosciuta!”. (James Guida)
  6. “Sereno variabile" prompt n. 22: arrivare in un giorno di pioggia
  7. “Quello Shinkansen delle 19:02” prompt n. 10: "Erano sullo stesso treno senza saperlo”
  8. “Tornare e basta” prompt n. 4: valigia leggera

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Capitolo 2
*** Un giorno o l’altro ***


prompt n. 21: un giorno o l’altro prenderò quel treno

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1 . “Un giorno o l’altro”


Da quando Yamaguchi ha preso ad allenarsi con Shimada-san dopo scuola, a Tsukishima il tragitto di ritorno verso casa tocca farselo da solo. 

Un giorno, in preda ad un’idea folle - che lui stesso stenta a credere di aver partorito - , si è trascinato fino alla stazione di Sendai. E per trascinarcisi ha dovuto prendere un pullman e inventarsi pure una balla per giustificare la manciata di Yen con cui se l’è pagato. “Mi sono fermato ad un mini-mart a fare merenda con gli altri.” ha detto a sua madre. Una stronzata che faceva acqua da tutte le parti.

Lo ha fatto una volta e sostiene di averlo fatto per caso, o meglio per noia. Poi ha preso a farlo ogni giorno, tassativamente, con una foga crescente che lo lascia irrequieto per ore, come durante una febbrile e segreta abbuffata notturna, lontano da occhi indiscreti. 

Ora, il punto è che a Tsukki di abbuffarsi, tanto meno di fare merenda ad un mini-mart con gli altri, o di trascinarsi fino alla stazione di Sendai solo per fissare a vuoto un tabellone scuro, non è mai fregato nulla. Però è circa un mese che lo fa. Ogni giorno. Tassativamente. Con una foga crescente che lo lascia irrequieto per ore

Scende dal bus come fosse in un irrimediabile ritardo, con il cuore in gola varca la soglia dell’ingresso e sprinta fin sotto l’enorme schermo nero a led. Si aggiusta la tracolla che gli sega in diagonale il petto e intanto la lista dei treni in arrivo e partenza si aggiorna costantemente; gli occhi faticano a stargli dietro, indecisi se sperare nel prossimo Shinkansen da o per Tokyo. Secondo Kei, la prima è un’opzione persino più assurda della seconda.

Oggi gli allenamenti del club sono durati più del solito ma il ragazzo è arrivato comunque in tempo per concentrarsi ossessivamente sul treno delle 18:02. Sono le 17:57, ha ancora cinque minuti per farsi venire in mente una marea di pessime idee e anche tutto il tempo per non eseguirne nemmeno una.

E così accade, come ogni volta: i secondi scorrono, più lenti o più veloci del vero - questo dipende da quanta frenesia Kei si sente addosso - e intanto in testa si vede già nella capitale a bussare a casa di un tizio mezzo sconosciuto. Sul campanello un cognome sbiadito recita “Kuroo”. 

Ci si vede pur credendolo uno scenario impossibile. Un terrore notturno, un sogno stranamente vivido che quasi lo fa impallidire. Però poi si riprende e dal nulla scoppia a ridere, quasi istrico. Ride in realtà di sé stesso perchè si è appena scoperto a promettersi che, per assurdo, prima o poi, un giorno o l’altro quel treno lo prenderà

Che cosa patetica. 

Quanto sono patetico.

Per ora sta lì fermo, immobile, con il petto che gli oscilla per il fiatone, le guance arrossate e le ciglia che battono il tempo del tabellone. Aspetta le 18:02, che il treno parta e che sia troppo tardi. Quello Shinkansen sparisce dalla lista, come se non fosse mai esistito. Tsukishima prende e se ne torna a casa.

 

Mi sono detta che scrivere questo prompt su Kuroo sarebbe stato troppo facile, perchè sono certa che una cosa del genere l’avrebbe fatta, magari giusto una volta, massimo due, poi lo avrebbe preso sul serio quel treno senza starcisi a crucciare troppo sopra. Quindi ho provato ad indagare la versione di Tsukki, mi sembrava più interessante da pensare e mettere a parole. 


 

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Capitolo 3
*** Proprio un’idea del cazzo ***


prompt n. 38: ultimo giorno di scuola + prompt n. 8: incontro sul treno

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2 . “Proprio un’idea del cazzo” 


Oggi Kuroo si diploma e Tsukishima sta per fare qualcosa di assolutamente sconsiderato. Ci tiene a specificare che, uno, l’idea non è sua, e due, pensa ancora che sia una follia, anzi un’idea sì, ma proprio un'idea del cazzo. 

Akaashi non è scemo e infatti sono mesi che gli fa opera di convincimento. Lo ha preparato psicologicamente alla cosa, lo ha persuaso dicendogli che ci saranno anche lui e Bokuto, che sarà divertente, vedrai. Kei gli aveva risposto che gli sfuggiva la parte in cui un piano del genere potesse essere anche solo lontanamente divertente

Povero, stolto, piccolo Tsukki, sottovalutava il vice del Fukurodani. E pure alla grande. 

Keiji infatti quella cotta colossale che il centrale del Karasuno aveva per il capitano del Nekoma l’aveva letta a distanza di tutti i km che passano tra le loro due prefetture. Lo aveva messo a tacere in tempi record, non si era nemmeno speso oltre con false promesse e gli aveva semplicemente detto che con lui poteva anche smetterla di fare il finto tonto, di lasciarsi aiutare una buona volta.

Volente o nolente, alla fine Kei a Tokyo quella mattina ci arriva. 

 

*** 
 

Akaashi:

Tsukki

Non mi ammazzare

Ma io e Bokuto facciamo tardi sicuro

 

Tsukishima:

???

 

Akaashi:

Incidente lungo la strada

Il bus è fermo in coda

Se la situazione non si sblocca penso ce la faremo a piedi

Tu intanto vai

Non siamo lontani

 

Tsukishima:

Vi aspetto

 

Akaashi:

No vai

O ti perderai la cerimonia

 

Tsukishima:

Allora 

Già non volevo venirci

Di certo non ci vado da solo

Vi aspetto

 

Akaashi:

Tsukki

Non fare il testone

Vai ti dico

Arriviamo presto

Promesso

 

***

 

Tsukishima non lo sa se alla fine Keiji e Kotaro sono “arrivati presto” o meno al Nekoma, perché lui adesso è alla stazione di Tokyo. Seduto su una panchina attende il prossimo treno per Sendai. 

Fuori dall’istituto aveva visto la classe di Kuroo entrare nella palestra addobbata per la cerimonia. Aveva visto la fiumana di invitati all’evento, la sua famiglia e quelle dei suoi compagni, i sorrisi stampati in faccia ad ognuno di loro, tutto quel rosso e quel nero ovunque in mezzo a cui la sua vecchia tuta blu cozzava come un livido cazzotto in un occhio. Lui non ci stava bene, non ci diceva nulla lì. Non era il suo posto, quello. 

Lo avevo detto io. Una follia. Proprio un’idea del cazzo.

Senza un Akaashi o un Bokuto a fermarlo, Kei aveva preso un bus al volo e ora, a capo chino e con le cuffie ad un volume esagerato, attende che dalla vista periferica delle ruote motrici in arrivo lo destino. 

Un annuncio si insinua tra una canzone e l’altra, Tsukishima si alza e senza voltarsi indietro, come se a Tokyo quella mattina non ci fosse mai venuto, sale sullo Shinkansen. 

Prende posto e chiude gli occhi, magari riesce a dimenticarsi di tutto se non lo vede. Ma un secondo e mezzo dopo accanto a lui qualcuno si precipita a sedersi. Il solito ritardatario, Tsukki all'inizio non gli dà peso. Il fiatone dell’avventore però è così pesante da sovrastare l’isolamento acustico di Kei. Anche solo per mera curiosità, il ragazzo è costretto a voltarsi. E parlare di avventore forse è errato, perché in realtà quel tizio lì di fianco lo conosce benissimo. E’ Kuroo Tetsuro.

“Tsukki-kun. Ma che coincidenza. Anche tu verso Sendai?” gli fa lui boccheggiando ma con tutta la disinvoltura di questo mondo. E’ rosso in volto. Si sbottona la divisa per evitare il collasso, ma lo fa sembrare assolutamente naturale, quasi ammiccante.

Ora i problemi sono tanti, ma nell'immediato principalmente uno: il treno è appena partito. Il centrale del Karasuno, non avendo ancora masterato l’autocombustione, non ha tante opzioni. Ripiega sul solito far finta di nulla. 

“Sì, sai com’è, ci abito.” balbetta di risposta quasi tra sè e sè.

Poi segue un silenzio in cui Tetsuro, volendo, potrebbe fare a Kei un’altra domanda, quella che lui di proposito ha già sviato nel ribadire l’ovvio, tipo che cosa ci fa lì, a più di 300 km da casa. Tsukishima però lo precede cambiando argomento. Si ricompone e gli chiede: “Tu piuttosto perché diavolo stai andando a Sendai.”

“Vengo a trovarti.”

 

Mi piace pensare che Kuroo si sia precipitato in stazione un nano secondo dopo aver saputo della presenza di Tsukishima in città da Akaashi. O magari quest’ultimo non prevedeva affatto di raggiungerli, era il suo piano sin dal principio, e a Tetsuro glielo ha detto semplicemente per messaggio... Chissà. Però mi piace anche pensare che una piccola trasferta a Sendai Kuroo se la sarebbe concessa comunque, come auto-regalo per il diploma, un po’ a prescindere da tutto questo teatrino. 

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Capitolo 4
*** Ricalcolo percorso ***


prompt n. 2: treno in partenza + prompt a sorpresa 

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3 . “Ricalcolo percorso”

 

“Insisto.” 

“No, quello che insiste sono io. Tuo nonno ha bisogno di te adesso. Vai. E senti, non fare quella faccia, me la ricordo la strada fino alla stazione, mica sono scemo. Vado da solo, tu resta qui. Poi ho sempre il telefono per orientarmi.”

“Tsukki. E’ la prima volta che vieni a trovarmi a Tokyo da quando stiamo insieme.” - Da quando stanno insieme ufficialmente - “Di certo non ti lascio andare fino in stazione da solo.” Kuroo è di solito un ragazzo ragionevole, ma su certe questioni, quando si impunta, è davvero un caprone. E a questo giro, è pure un caprone che non ha tutti i torti. 

“Voglio stare un altro po’ con te.” aggiunge qualche secondo dopo affondando il dito nella piaga. Come se salutarsi non fosse già ogni volta un dramma… 

“Allora facciamo così… Se non mi lasci andare da solo, non ci vengo più a Tokyo a trovarti.”

A Tetsuro quelle parole arrivano addosso come fossero uno spintone. Oscilla e sposta tutto il peso del corpo su una gamba, incrocia le braccia sul petto e con stizza gli fa: “Adesso non stai insistendo, mi stai letteralmente minacciando.”

“Va bene. Allora rettifico. Non insisto, ti minaccio. Resta il fatto che ci vado da solo.”

Kuroo ci riprova, ma più che un caprone adesso ha tutta l’aria di un cane bastonato. Vuole giocarsi la carta della compassione. Con le mani giunte lo prega: “Ci metto cinque minuti. Giuro, cinque minuti e ti porto io in stazione. Non puoi aspettare?”

“No. Sono già in ritardo così. Anzi, adesso ti saluto. Vai ad aiutare tuo nonno e smettitela con questo teatrino che non muore nessuno se non mi accompagni.” gli risponde Kei mentre chiude definitivamente lo zaino. Il ronzio deciso della zip, se lo fissa in spalla e poi si incammina fuori dalla stanza senza argomentare oltre.

Tetsuro nemmeno tenta di dissuaderlo e semplicemente lo insegue giù per le scale. La stoffa da capitano gli è rimasta, sa benissimo quando è il momento di cambiare strategia. “Va bene, allora senti, non lo prendere proprio.” 

“Cosa.” gli fa con aria distratta l’altro. 

“Il treno.” 

Finalmente Tsukishima rallenta il passo e si volta. “Ma sei completamente suonato?!”

Kuroo a quel punto lo raggiunge mangiandosi i gradini a due a due. “Sì, quello che ti pare. Dai, resta. Lo sai che farebbe piacere a tutti. Anche a te.”

Kei si schiarisce la gola e prende tempo, un tempo breve, giusto quel secondo e mezzo per farsela balenare in testa l’idea e poi lasciarsela morire giù per l’esofago insieme alla saliva.

“Non si può fare. Ho detto a mia madre che per cena ero a casa. Non essere ingordo, Kuroo-san. La prossima volta.” 

Kuroo.” lo corregge Tetsuro, si erano detti niente più formalitá, almeno non in privato. “Cos’altro posso dirti per convincerti a rimanere o almeno aspettarmi?”

“Niente, e adesso vado sul serio.” e così Kei è già ai piedi della scalinata. 

“Tsukki.” lo chiama fermamente Kuroo. Lo fissa e con una mano stringe forte il corrimano, ci imprime tutta la frustrazione che per amor suo non ha il cuore di riversargli addosso. 

Più risoluto di lui, l'altro, ora ad un passo dall’ingresso, gli risponde con un “Kuroo.” altrettanto deciso. “Ti ripeto. Da solo o non ci vengo più.” 

Per questa volta il Karasuno si aggiudica il match e i due si salutano sbrigativamente, con la promessa che se Kei alla stazione per ‘sta volta ci va da solo poi a Tokyo a trovare Tetsuro ci torna. Magari anche prima del previsto.
 

***
 

Tsukishima pensava che a vincere si provasse più gusto, invece adesso, da solo alla stazione, si sente come se qualcuno lo avesse appena truffato, gli avesse rubato il portafoglio di tasca mentre lui era distratto a fare altro. 

E si sente anche estremamente spaesato. Se prendesse il telefono per confermare la sua posizione, l’applicazione gli direbbe “ricalcolo percorso”, proponendogli una serie di alternative. Nessuna di quelle prevederebbe un treno verso Sendai, se mai solo dieci minuti in bus per tornare esattamente dov’era stato fino a poco fa.

In stazione c’è stato un annuncio: una voce metallica ha recitato un numero e il nome di un treno che a Kei dovrebbe suonare familiare, invece lui non l’ha proprio sentito. Era perso ad ascoltare altro, una voce sì e forse altrettanto metallica perché i ricordi, passato del tempo, diventano artificiosi e un po’ distanti. Una voce gli ricordava che l’idea di delirare deriva da un concetto antico, di quando durante la semina si andava fuori dal selciato, dal prestabilito.

Sulla ghiaia dei binari corre una linea doppia di profilati in acciaio, i pezzi sono stati assemblati per farlo arrivare prima a Sendai, per riportarlo a casa entro l’ora di cena. Sono stati messi in quel modo per non tardare e rimanere fedele ai patti precedentemente concordati. Tipo che quella storia con Kuroo Tetsuro non era nulla di serio e che della cena che gli avrebbe preparato sua nonna se solo fosse rimasto non doveva fregargli proprio nulla.

Ce n’è stato un altro, poi, di annuncio: quella stessa voce metallica ha recitato un numero e il nome di un treno che Kei avrebbe dovuto prendere, invece lui non l’ha proprio sentito. Prima ancora che i vagoni si fermassero dirimpetto a quella banchina, lui era scappato via, nascondendo i tonfi pesanti della sua corsa a perdifiato sotto quelli delle ruote motrici in arrivo. 

Che cosa gli sia preso, di preciso, Tsukishima non lo sa. Forse delirio. Sta di fatto che dieci minuti di autobus più tardi a casa Kuroo il campanello suona. 

Dovranno aggiungere un posto a tavola, c’è un ospite a cena.
 


Il prompt a sorpresa era il n. 12 (perdere il treno) e, ovviamente, l’etimologia di delirare è latina, quindi chissà Kei dove l’ha sentita… Però mi sembrava carina, quindi siate clementi, fate finta di nulla e lasciatemela passare 😅

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Capitolo 5
*** Solo ***


prompt n. 24: rincorrere il treno, o chi c’è sopra 

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4 . “Solo”

 

“Sono solo sei mesi!” sbraita per l’ennesima volta Tetsuro.

Secondo Kei, però, solo è un avverbio che si può applicare esclusivamente a lassi di tempo che variano dal quasi nulla al pressochè irrisorio, non oltre. Un attimo solo o solo cinque minuti, non ai mesi, e non a sei.

Solo è un avverbio che non andrebbe usato nemmeno per descrivere da quanto lui e Kuroo discutono di questo fatto. Perché non è solo, ma tanto, forse troppo tempo, e Tsukki adesso ne ha piene le palle.

Il problema è che Tetsuro, come al solito, la fa facile. Sono solo sei mesi e anche a voler essere romantici, o semplicemente irrealistici, già così non sono pochi. E non sono nulla se paragonati a quello che li aspetta. Perchè Kuroo non li calcola, ma Tsukishima sa perfettamente che ce ne saranno altri mille di solo sei mesi

Li conosce i tipi di sogni che ha l’altro nel cassetto: se vuole realizzarli, se vuole lavorare in questo campo e inseguire il prossimo grande talento della pallavolo - e non più soltanto i malumori di Kei -, ce ne saranno mille e poi altri mille di solo sei mesi

L’unica eccezione che Tsukishima crede di poter ammettere a quel solo sono i soli diciotto anni che ha appena compiuto. Sembrano più brevi di sei mesi, pressoché irrisori, anzi quasi nulla. L’immaturità che il ragazzo sente di avere su questo genere di questioni, glieli fa pesare come non contassero affatto. Un numero su un pezzo di carta straccia.

Tsukishima Kei ha solo diciotto anni e non crede proprio di poter sopportare questi e chissà quanti altri sei mesi

Cercare di spiegare questa cosa all’altro è un’impresa titanica, eppure ogni volta, presi a fare o parlare di tutt’altro cadono su questo argomento. Il battibecco assomiglia a quello prima quanto al prossimo: l’uno conosce già a memoria le battute dell’altro, è un loop tremendo da cui entrambi vorrebbero presto svegliarsi.

La discussione oggi pareva ormai conclusa a casa Kuroo: era iniziata - e avrebbe dovuto anche esaurirsi - nel perimetro di quelle mura. 

A parole non erano riusciti a caverne molto, ma le labbra poi le mani di Tetsuro sapevano sempre come sedare ogni disputa. Non appena avevano lasciato il corpo dell’altro, però, i due si erano ritrovati di nuovo punto a capo: la litigata aveva scavalcato i confini entro cui solitamente restava reclusa e ora tutta la stazione di Tokyo sapeva che Kuroo stava per partire alla volta di New York. L'università lo aveva selezionato per un semestre all’estero. Un programma per pochi eletti, un’offerta irripetibile.

Il copione però questa volta cambia, uno dei due ha deciso di improvvisare. Tetsuro continua a sbraitare e Kei a camminare impettito verso i binari, senza spiccicare una parola. La nuova battuta del ragazzo recitava che era arrivato il tempo per lui e Kuroo di troncare una volta per tutte. La linea finiva lì, non c’era altro da aggiungere. Punto e il sipario poteva anche chiudersi.

Quella storia non doveva nemmeno esistere, non doveva essere nulla di serio sin dal principio, sin da quel galeotto training camp di qualche anno prima. Quindi tutto questo come cazzo si spiega? Come cazzo ci è finito Tsukishima Kei, dalla piccola prefettura di Miyagi fino all’immensa Tokyo, con il cuore in mille pezzi mentre cerca di non sputarne tutte le schegge addosso all’altro?

L’unica opzione che ha è tacere e filare dritto. Il treno, per fortuna, è in arrivo su quel binario numero 4. Solo un altro po’ e poi finalmente sarà a casa, al sicuro, lontano da lì.

L’altro invece quest’opzione non ce l’ha, non ne ha nessuna. E l’unica cosa che gli resta è chiedersi perché da un semplice battibecco, quello di sempre, erano finiti a discutere sull’eventualità di addirittura lasciarsi. Tetsuro sente di essersi perso un pezzo. Non ci trova il nesso logico, gli manca una pagina del copione.

“Allora dimmi semplicemente che vuoi lasciarmi. Che stavi soltanto aspettando una buona occasione per farlo, adesso ti si è presentata e l’hai colta. Eh, Tsukki? E’ così che stanno le cose??” continua a gridargli Kuroo alle spalle. Sente il sangue ribollirgli nelle vene, gli sembra di percepirne già il retrogusto amaro e metallico in bocca. Vorrebbe afferrarlo per un braccio e farlo voltare, bloccarlo con le spalle al muro e schiacciarcelo contro pur di fermarlo, ma sta già rischiando troppo ad urlare così in pubblico. 

“Rispondi cazzo. E non uscirtene con stronzate della serie questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso o, o, o che ne so, che, che è il destino che non ci vuole insieme, perchè ti giuro Tsukki penso che potrei impazzire. Sei molto più intelligente di così.” Tetsuro prosegue indisturbato il suo monologo. Gesticola e balbetta per la rabbia.

Kei però ancora una volta non replica. Non si fida di quello che potrebbe uscirgli di bocca. Non lo ha mai visto, o meglio, sentito così furioso. 

“Pensi che mi cambi qualcosa? Eh?? Sendai-Tokyo o Sendai-New York? Fosse anche Sendai-la luna, pensi me ne fregherebbe qualcosa??”

Tsukki non lo sta a sentire e non appena intravede i vagoni fermi al binario, sprinta e sale sul treno. Kuroo ovviamente lo segue, è fulmineo e lo raggiunge, ma il palmo aperto dell’altro, sollevato a mezz’aria come un silente ma severo ammonimento, lo fa arrestare prima ancora che possa mettere un piede dentro. 

Kei scuote la testa piano mentre il braccio gli resta teso in avanti, segna la distanza che devono mantenere. Lo fa più per sè stesso, in realtà: un centimetro in più e potrebbe crollare.

“Non fai sul serio, vero? Dimmi che è solo un’altra delle tue scenate…” bisbiglia Tetsuro fermo sulla banchina. La sua voce a stento raggiunge l’altro.

“Tsukki, te lo ripeto, fosse anche sulla luna, fosse anche nella prossima vita, fosse-”

Forse la speranza gioca brutti scherzi e Kuroo, mentre lo sportellone del treno lo interrompe e gli si chiude davanti, ha l’impressione che Tsukishima finalmente sia sul punto di rispondergli. L’impassibilità con cui però prende, si volta e si dirige al suo posto gli fanno credere di aver avuto un semplice abbaglio. 

Dall’altra parte del vetro che corre lungo la carrozza, Tetsuro d’istinto lo segue. Ha solo pochi, ultimi, secondi prima che il treno lasci definitivamente la stazione. 

Kei, rigido contro lo schienale, intanto recupera le cuffie dallo zaino, le inforca e continua a far finta di ignorarlo. Si sente gli occhi dell’altro addosso, sente che lo stanno supplicando di voltarsi. Lui ovviamente non ha alcuna intenzione di farlo. O almeno così per un secondo crede.

Tsukishima è di profilo, perfetto e composto, sembra un fermo immagine di sé stesso. Poi, però, all'improovviso crolla. La tensione lo fa sentire piccolo, gli fa sentire che diciotto è veramente un numero troppo grande e lui, dentro, è molto più piccolo, pressoché irrisorio, quasi nulla

All'improvviso, il contorno della guancia lo tradisce, non è fermo ma vivo e glielo disegna una lacrima, poi un’altra. Un’altra ancora. Kei le lascia scorrere e non ci prova nemmeno ad asciugarsele con il bordo della felpa. Non si muove, spera che l'altro non l'abbia viste. 

Kuroo, che pensava di guardare qualcosa di immutabile rispetto al quale non avrebbe potuto far nulla, rimane spiazzato. Non credeva di avere più alcuna speranza, mentre una, forse l’ultima, gli si è appena manifestata al di là di quel vetro, incastrata tra il sale che adesso riga il volto di Kei. 

Tetsuro incredulo sgrana gli occhi e finalmente capisce che quello è solo l’ennesimo muro, tattica difensiva da quattro soldi che l’altro ha deciso di rifilargli pur di tenerlo a debita distanza. Il nesso logico non c’era.

Appena il treno inizia a muoversi, Kuroo si sposta con lui. Piano si incammina verso nord, poi attacca a correre pur di stargli dietro fino all’ultimo. Gli occhi sono ancora fissi su Tsukki che a questo punto non può far altro che voltarsi. 

Quando la banchina termina e Tetsuro resta fermo a Tokyo, lontano come se fosse già a New York o sulla luna, Kei si sente il mondo, l’intero sistema solare crollargli sulle spalle. Da quella postura rigida e scomoda in cui si trovava, si piega di getto in avanti. La schiena gli si spezza in una curva innaturale. 

Il ragazzo affossa la testa tra le gambe e ci nasconde un pianto incontrollato, una marea di altre lacrime che non pensava nemmeno di tenersi dentro.

 


Un pezzo che avevo paura di scrivere e altrettanta di pubblicare. Se ci avete visto una citazione a Nana e quella scena in stazione tra Nana Osaki e Ren Honjo, ci avete visto giusto. E se per caso amate anche voi quanto me Dutch Nazari sappiate che io ci ho sentito “Inutili e Belli”. Per chi non ne avesse idea, lasciatevi emozionare da questo: https://www.youtube.com/watch?v=aP5scwCpKu0

“Ti ricorderai di questi giorni

Mi ricorderò di queste notti

Del sorriso un po' infantile che hai quando dormi

E quando sarò io a dormire sognerò che torni

E maledirò l'oceano che ci ha separato

E il pilota dell'aereo che ti ha trasportato

E odierò l'America da cui è arrivata quell'offerta

E pure Cristoforo Colombo perché l'ha scoperta

E saranno giornate fredde come una lama

Giorni in cui il grigio copre tutto il verde

L'abbiam capito: l'amore da solo non sfama

Si sa ma anche esser sazi e infelici non serve

E ci diremo che tanto sono tanti i motivi

E tiferemo l'uno contro l'altro: antisportivi

Come quei vecchi che affollano gli impianti sportivi

E fan pesare ai figli i propri rimpianti sportivi”

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Capitolo 6
*** Qualcuno ***


prompt n. 11: Un uomo a volte sembra infastidito quando un altro uomo si siede accanto a lui sul treno.
Il pensiero sembra essere “Avevo conservato questo posto per una bella donna sconosciuta!”.
(James Guida)

wc: 410


5 . “Qualcuno”


Kuroo non ne avrebbe bisogno, ma comunque prova uno strano gusto nel dare subito agli altri un assaggio di sé, prima ancora che questi altri si facciano avanti e si accorgano di quanto effettivamente intelligente e interessante sia. 

Gli piace soprattutto farlo ora, nella Grande Mela, a svariati chilometri da casa sua. Nessuno lo conosce, ha assoluta carta bianca sul suo prossimo numero.

Il sipario si alza e lui è lì, in mezzo alla scena. Gli piace starci vestito per bene, avere sempre una smorfia criptica in volto. Gli piace lasciarsi osservare mentre legge un libro dal titolo pretenzioso o un giornale d’attualità, magari uno di quelli impegnati o controversi. Gli piace attirare l’attenzione, ci si sente a proprio agio.

L’umiltà e il buon cuore che nasconde dietro tutta quella pantomima, però, sono il vero colpo di scena dell’intera performance: si manifesta solo al secondo atto, quando l’avventore abbocca, intrigato si avvicina e finalmente lo approccia.

Se, come dicevamo, lo facesse proprio adesso, mentre lo guarda sfogliare distrattamente il New Yorker, se si avvicinasse e si approcciasse sul serio a lui, Kuroo Tetsuro a quello sconosciuto allora racconterebbe di un certo James Guida, un giornalista di quella testata che apprezza parecchio. Gli sta simpatico, trova il suo punto di osservazione unico, le sue immagini icastiche, semplici ma estremamente vere. Punterebbe il dito su quel pezzo che sta leggendo, poi lo reciterebbe a voce alta: “Un uomo a volte sembra infastidito quando un altro uomo si siede accanto a lui sul treno. Il pensiero sembra essere Avevo conservato questo posto per una bella donna sconosciuta!

“Non è così un po’ per tutti?” commenterebbe poi. “Saliamo su un treno e ad ogni fermata speriamo che salga qualcuno. Chi gli ruba il posto ci dà noia. Quasi lo odiamo. Perché non è quel qualcuno… E tu? Tu che ne pensi? Non è così un po’ per tutti?”

Se l’avventore fosse abbastanza astuto da non cadere in quella trappola rivolgerebbe quella stessa domanda a Tetsuro. Con malizia o ingenuità gli chiedere “E tu invece? Tu chi aspetti? Uno sconosciuto o qualcuno?” e un secondo dopo lo vedrebbe andare in mille pezzi, annunciare che lo spettacolo, signori, stasera finisce qui. Per il rimborso biglietti rivolgersi all’ingresso.

A lui quella storia che Tsukki non lo incontrerà su nessuno di quei treni in America, con ancor meno probabilità di quanto poteva sognarselo in Giappone, proprio non va giù. Gli fa passare la voglia di fare il teatrante.

 


Le uscite folgoranti e forse un po’ teatrali di Kuroo - tra le varie cazzate che spesso e volentieri spara - mi hanno sempre affascinata. Alle volte per impartire qualche lezione al kouhai di turno o per spronare i suoi compagni in campo, altre giusto per farsi lo splendido. Altre ancora perché semplicemente comprende la portata che la parola giusta al momento giusto può avere. Spesso non gli serve nemmeno essere troppo ampolloso, è breve e incisivo ma consnterva comunque questo fare da “attore” a mio parere. In tutto ciò non l'ho mai trovato saccente, nè arrogante, forse solo malizioso. Proprio per questo l'intera performance, come dicevo, mi ha sempre affascinata. Probabilmente mi sto facendo un viaggio in solo, ma mi piace vederlo così 😂

Forse tra tutti, questo è il pezzo della raccolta che mi convince di meno, ma quel prompt mi ha subito fatto pensare a Tetsuro. E tanto, in qualche modo e prima o poi, ci dovevo provare ad esternare questa mia personalissima e discutibile riflessione su di lui. Quindi eccola qui.

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Capitolo 7
*** Sereno variabile ***


prompt n.22: arrivare in un giorno di pioggia

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6 . “Sereno variabile” 

 

E’ la prima trasferta dei Sendai Frogs a Tokyo e Tsukishima Kei ha deciso di farsela da solo. E in treno. 

All’annuncio, nessuno dei suoi compagni di squadra si è permesso di replicare: tanto anche quando sono tutti insieme nel bus, lui prende, inforca le cuffie e fa finta di dormire per l’intera durata del tragitto. Che siano dieci minuti, come dieci ore. E lo sanno tutti che non sta affatto dormendo.

Prima di uscire di casa, Kei controlla il meteo. E’ una cosa da adulti o semplicemente da persone accorte. In verità è sempre stato scettico di quei calcoli, li legge ancora con gran diffidenza. 

 

Come si fa a prevedere il tempo? 

 

Sì, a scuola glielo hanno spiegato, come e soprattutto perché si fa, ma più che un calcolo scientifico, una postulazione altamente attendibile, a lui sembra solo l’ennesima delle tante presunzioni umane. 

 

Come si fa a prevedere una cosa come il tempo? 

 

Prefettura di Miyagi: pioggia.

Prefettura di Tokyo: sereno variabile.

 

Prima di uscire di casa, Kei controlla il meteo ma non le coincidenze per Tokyo: saranno pure passati anni dal suo primo Shinkansen diretto verso la capitale, ma li conosce ancora tutti a memoria. Non ha bisogno di conferme. 

E come volevasi dimostrare, il treno giusto è molto più realistico delle previsioni sul cielo, che è una distesa immensa e nettamente più inaffidabile. Come in un brutto sketch comico da quattro soldi, la nuvoletta carica e scura che copre quella mattina Sendai prende a seguirlo fino a Tokyo. Qualche chilometro prima dell’arrivo in stazione si trasforma addirittura in una tempesta in piena regola. 

 

Prefettura di Miyagi: sereno variabile.

Prefettura di Tokyo: pioggia.

 

Come si fa a prevedere il tempo?
 

L’aria dentro la carrozza è pesante e rarefatta e, purtroppo per i passeggeri, è ancora presto per accendere i condizionatori. I deumidificatori di servizio scarseggiano a stargli dietro. 

Qualcuno tenta di migliorare la situazione aprendosi un piccolo varco dal finestrino, ma fallisce miseramente e crea più danni che altro. L'ambiente si carica di umidità esterna e Kei prende a sciogliersi infastidito la divisa da trasferta. Sente i vestiti iniziare ad appiccicarglisi addosso. Come se tutta quella situazione non fosse già abbastanza soffocante… 

Siamo in arrivo a Tokyo 

Prossima fermata: Tokyo
 

Come si fa a prevedere una cosa come il tempo? Non si fa prima ad aspettarsi sempre il peggio?


Il primo passo che Tsukishima mette fuori dal treno atterra sulla stessa banchina di un anno prima: come allora ha la pelle imperlata dai brividi e dal sudore, il fiato corto di chi crede di esserseli fatti di corsa tutti quei 305 km.

D’improvviso si rammenta di un giorno simile, forse e con malaugurata coincidenza, esattamente di un anno prima: l’ennesima litigata con Kuroo, una di quelle futili che poi puntualmente sfociavano in tragedia. Lui per ripicca e per il semplice gusto di averla vinta, aveva preso il primo treno per Tokyo e si era palesato lì senza preavviso, dimenticandosi che Tetsuro quelle sue sfuriate e le loro conseguenze le conosceva tutte a memoria come gli orari dei treni che arrivano da Sendai. 

L’ex capitano del Nekoma, all’approdo dell’altro in stazione, era già lì. Lo aspettava da un pezzo su quella banchina, anche lui sudato, zuppo e senza ombrello, con il cuore e i polmoni schiacciati contro le costole, la testa in subbuglio.

Oggi, a Tokyo, Kei si lascia tradire dal tempo che è inaffidabile, tremendo e impossibile da prevedere: tra un tuono e l'altro, gli saetta di fronte una linea di luce che assomiglia ad una capigliatura assurda e un sorriso da folle e lui si illude, per un secondo, che sia tutto come un anno prima. Che sia Kuroo Tetsuro, lì in stazione, sudato, zuppo e senza ombrello su quella banchina n. 4. 

La luce però dura un attimo e quello dopo Tsukki tra la folla vede solo una marea di facce che non conosce. Gli viene in mente che il tempo è impossibile da prevedere e che tanto si fa prima ad aspettarsi sempre il peggio, tipo che questa volta non c'è nessuno ad attenderlo.

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Capitolo 8
*** Quello Shinkansen delle 19:02 ***


prompt n. 10: “Erano sullo stesso treno senza saperlo”

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7 .  “Quello Shinkansen delle 19:02” 

 

La stazione è un luogo comune, forse un po' banale, quanto estremamente affascinante, crocevia di mille storie e ferraglia che sfrecciano ad altissima velocità. Soprattutto quella di Tokyo.

All’ora di punta, poi, ci si può trovare di tutto: i soliti avventori, quelli che il treno lo prendono quasi ad occhi chiusi perchè è mera routine, e quelli che, allo stesso modo, ci salgono senza pensarci, perché il biglietto lo hanno comprato all’ultimo, come uno smacco alle cose programmate, alla mera routine.

Ci sono mille storie e c’è chi la propria se la tiene per sé e non la dà a vedere, è quel tizio enigmatico che ti impunti a fissare per tutto il viaggio,
chissà che ci fa lui lì.

C’è chi ci è capitato per sbaglio e chi invece lo ha programmato da mesi.

C’è chi non vede l’ora di raggiungere la propria destinazione, già ci si vide, e chi invece da lì non vorrebbe schiodare.

Ci sono quelli con una valigia enorme che ingombrano tutto il corridoio e fanno incazzare mezzo vagone, magari occupano anche il posto accanto con altri bagagli a mano, si portano dietro di tutto; e chi invece è partito con poco, chi con nulla, e spera di poter tornare carico di qualcosa anche se non sa ancora bene cosa.

Ripeto, all’ora di punta c’è di tutto. Ci sono mille storie, si incontrano, scontrano e scambiano come gli incroci ferroviari sulle rotaie. Magari parti carico di tutto o di nulla e la storia è la tua, poi arrivi e sei qualcun altro.

Alla stazione di Tokyo adesso c’è anche Tsukishima Kei che ha appena concluso la sua prima trasferta nella capitale con i Sendai Frogs. Se ne torna a casa, nella prefettura di Miyagi, con lo stesso borsone e muso lungo con cui era partito quella mattina.

E c’è anche Kuroo Tetsuro che ha appena preso una navetta dall'aeroporto per arrivare lì in stazione. E’ atterrato poco fa ma non vuole rimanere a casa un altro secondo: gli prudono le mani e le piante dei piedi, freme di essere altrove. E’ diretto anche lui verso nord, ha urgenza di rivedere una faccia amica.

Tsukishima Kei e Kuroo Tetsuro sono entrambi su quello stesso treno per Sendai delle 19:02 senza saperlo. I loro binari su quell’incrocio ferroviario si sono mossi, le loro storie stanno per intrecciarsi di nuovo.
 


Vi lascio immaginare l’incontro alla stazione di Sendai.

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Capitolo 9
*** Tornare e basta ***


prompt n. 4: valigia leggera

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8 .  “Tornare e basta” 

 

Adesso quando Tsukishima Kei prepara la valigia per Tokyo gli sembra che pesi esattamente quanto quel vecchio zainetto di dieci anni prima. Cose pescate al volo da un cassetto e un regalo nascosto sul fondo, tutto come allora.

O quasi. 

Adesso quando Tsukishima Kei prepara quella valigia, non ci appallottola più mutande, calzini, pigiama, uno spazzolino e le cuffie, non fa la conta per capire di cosa avrà bisogno, sovrappensiero non si scorda il caricatore. Un po’ perché è grande e ha imparato che così la roba si stropiccia e che il caricatore quando viaggi è fondamentale, la prima cosa da prendere. E un po’ perché a Tokyo, nell’appartamento che condivide con Kuroo Tetsuro, ha già tutto quello che gli serve. 

Quando torni a casa la valigia è sempre leggera, non hai bisogno di nulla, se non di tornare e basta. 
 


Scazzi vari a parte, se c’è una cosa che mi piace quando devo tornare dai miei è di non dover pensare a nulla. Tanto a casa lo stretto necessario per campare c’è sempre e ovviamente non parlo solo del cambio per la notte o dello spazzolino. E’ una bella sensazione, per niente scontata, quella di avere una destinazione a cui approdare, sicura, che qualunque e ovunque essa sia chiamiamo “casa”. Quel prompt numero 4 chiamato “valigia leggera” mi ha fatto subito pensare a questa cosa qui. 

Spero che la chiusa possa avervi strappato lo stesso sorriso che ho io pensando a Kei che torna da Tetsuro. Anzi, se posso concedermi di condividere questo personalissimo headcanon finale, in realtà, io me li immagino fare ognuno la propria vita, con grande autonomia e maturità emotiva (sì, anche Tsukki ad una certa la conquista), per poi ritrovarsi, sempre, in questo nido che condividono a Tokyo, a “casa”. 

E vabbè ho finito con questi commenti a vuoto. 

Siamo al capolinea. 

Grazie di essere arrivati fin qui, 

Laurelle

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