A te i dadi

di birdylove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Osservare ***
Capitolo 2: *** E poi? ***
Capitolo 3: *** Il ritorno ***
Capitolo 4: *** Il corteggiamento, parte 1 ***
Capitolo 5: *** Il corteggiamento, parte 2 ***
Capitolo 6: *** La lite ***



Capitolo 1
*** Osservare ***


Questo racconto si svolge in seguito al salvataggio di Thorn da parte di Ofelia, quindi subito dopo che è riuscita a tirarlo fuori dal rovescio.

Ofelia aprì piano gli occhi, le faceva male tutto, anche peggio di quella volta in cui si era risvegliata nella sua camera d’albergo a Sabbie d’Opale in seguito all’aggressione di Cartapesta. Anche questa volta le ci volle un po’ per capire dove si trovasse, visto che l’ultimo ricordo che aveva era quello del Memoriale. Si trovava a casa di Lazarus, nella camera che lei e Thorn condividevano. Immediatamente dopo aver compreso dove si trovasse, il suo sguardo si posò sull’uomo seduto accanto al letto in una posizione a dir poco scomoda. Piegato in tre su una poltroncina troppo piccola per la sua altezza c’era Thorn che però sembrava assopito. Ofelia rimase a guardarlo per quella che le parve un’eternità, non aveva mai avuto modo di vederlo addormentato, di osservare il suo viso quasi rilassato, infatti il solco che separava le sue sopracciglia non era nemmeno ora del tutto scomparso. Chiunque fosse entrato nella stanza in quel momento avrebbe potuto capire l’intensità dei sentimenti che la legavano al marito, tuttavia non entrò nessuno. Ofelia si godette, dunque, la vista di Thorn. I capelli, che normalmente erano sempre pettinati all’indietro, ora gli ricadevano in ciuffi ribelli sulla fronte, gli occhi affilati erano chiusi dalle palpebre, per una volta poteva osservarlo senza che la scrutassero attizzando il fuoco che aveva dentro. La bocca sottile, sempre di poche parole, per una volta non era rivolta verso il basso, ma leggermente aperta; Ofelia dovette riconoscere che quando dormiva, Thorn aveva un’espressione quasi infantile e per un attimo lo vide bambino. Si ritrovò così a pensare a quanto sarebbe stato diverso se non avesse subito tutto quello che aveva subito, il rifiuto della madre, i maltrattamenti dei fratellastri; probabilmente non si sarebbero mai incontrati. Lo sguardo di Ofelia notò la mandibola di Thorn in cui cresceva una barba che su di lui non aveva mai visto, doveva essere almeno di 3 giorni, vide la peluria bionda del petto che sbucava dal colletto aperto della camicia e arrossì: adorava il petto del marito e rimase sconvolta dal fatto che non gli fosse importato di abbottonarsi la camicia e che probabilmente i suoi parenti lo avessero visto così. Ofelia dovette costringersi a non rimanere incantata su quel particolare e proseguì la sua osservazione; notò con altrettanto stupore che la camicia che Thorn indossava, oltre ad essere “indecentemente” mal abbottonata, era anche sporca, piena di polvere, come d’altronde i pantaloni che indossava: questi erano anche in parte stracciati, mentre la gamba malata era chiusa in un gesso che dal piede arrivata al ginocchio. Terminata l’esplorazione di Thorn, Ofelia si concesse di osservare le sue mani. Non sarebbero più state le stesse, lo sapeva. Tuttavia, la cosa che per prima notò fu la sciarpa che partiva dal suo polso sinistro e finiva intrecciata alla mano sinistra di Thorn, il quale l’accoglieva come se stesse stringendo le dita stesse di Ofelia. A questo punto le fu chiaro, la sciarpa la teneva unita a Thorn dal momento in cui l’aveva salvato dal rovescio, non aveva permesso all’uomo di allontanarsi da lei neanche per un secondo, neanche per togliersi di dosso la polvere dell’incubo che avevano vissuto. A quel punto, preoccupata dello stato in cui doveva versare la schiena di Thorn, Ofelia provò a tirare la sciarpa per districarla dalle lunghe dita del marito, tuttavia questo gesto ebbe l’unico risultato di svegliare Thorn. I loro occhi si intrecciarono subito nello stesso rituale che spesso avevano condotto: quelli di Ofelia erano scuri e caldi come lo erano spesso quando osservava il marito, quelli di Thorn invece erano spalancati per lo stupore di vederla sveglia dopo giorni e il bagliore argenteo che emanavano fece andare a fuoco Ofelia. La felicità che provava in quel momento non aveva parole e come sempre in questi casi, quando il cuore le scoppiava per le troppe emozioni, la sua bocca non seppe articolarne neanche una.
“Sei sveglia”, disse Thorn, con un tono che, questa volta, tradiva l’emozione che provava. Prese le stampelle appoggiate alla poltrona e si alzò in uno scricchiolio di vertebre e con una smorfia, non era mai stato tanto fermo in vita sua; si chinò su Ofelia e iniziò ad osservarla.
“Come ti senti?”, le disse, senza però darle il tempo di rispondere, infatti prese una piccola pila dalla tasca e le esaminò le pupille, poi le controllò la fasciatura della spalla, le auscultò addirittura il cuore con uno stetoscopio che aveva recuperato. Tutto questo lo aveva fatto una volta ogni ora negli ultimi 3 giorni. Ofelia sbuffò, di sicuro non era lo stesso tipo di osservazione a cui lei aveva sottoposto Thorn pochi attimi prima.

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Capitolo 2
*** E poi? ***


Scrivo dopo pochi giorni il secondo capitolo perché mi sentivo ispirata, spero non vi dispiaccia questa versione di Thorn. Secondo me, infatti se fosse uscito dallo specchio subito dopo che l’Altro c’è stato imprigionato, avrebbe sicuramente rispettato le decisioni che aveva esposto a Ofelia sulla collina dopo l’atterraggio su quella che pensavano essere una nuova arca. Inoltre, penso anche che l’incontro con Vittoria nel pozzo del Rovescio lo abbia in un certo senso cambiato per sempre, come se solo una bambina, quindi un essere innocente potesse finalmente fargli capire di essere meritevole d’amore come ogni altro essere umano.
Spero che questo piccolo racconto vi piaccia, fatemelo sapere se vi va!

Dopo aver terminato le sue osservazioni, Thorn si concesse di guardarla in faccia, e, un po’ preoccupato dato che non rispondeva, le chiese:
“Provi molto dolore? Vado a chiamare il medico se mi liberi da questa cosa. Non mi lascia andare da 3 giorni, non che avessi intenzione di muovermi da qui, naturalmente, ma persino il gesso mi è stato messo qui, ho temuto che ti avrebbe infastidito tutto quel trambusto.”
Ofelia ancora non diceva niente, non riusciva a credere che Thorn fosse davvero lì, davanti a lei e che per giunta sembrasse non essere in grado di smettere di parlare, cosa abbastanza rara per lui. A quel punto tirò di nuovo la sciarpa verso di sé e, invece di liberare Thorn, se lo fece cadere addosso con tanto di stampelle. L’uomo cercò subito di rialzarsi per paura di fare del male ad Ofelia, ma come lui stesso l’aveva trattenuta in una morsa d’acciaio quando gli aveva confessato di amarlo, così Ofelia lo stava trattenendo ora.
“Non sono mai stata meglio”, rispose, infine, Ofelia che percepì subito il corpo di Thorn rilassarsi sul suo.
“Non credo sia opportuno rimanere in questa posizione, uno dei tuoi parenti potrebbe aprire la porta da un momento all’altro”, disse Thorn, con la sempre inflessibile voce del Nord.
Ma Ofelia per una volta non gli diede retta, anzi, guidò il volto del marito verso il suo e lo baciò come mai lo aveva baciato prima. Thorn, dal canto suo, non poteva resisterle e il suo contatto, l’unico che tollerava e agognava, le era mancato terribilmente in quei giorni durante i quali non l’aveva quasi sfiorata per paura di svegliarla e disturbare la sua guarigione. Più che dolce fu un bacio possessivo, infuocato, profondo e disperato che racchiudeva tutto quello che avevano dovuto affrontare nell’ultimo periodo o forse fin da quando si erano incontrati. Fu Thorn a tornare in sé per primo e a interromperlo quando sentì la porta della camera aprirsi con poca delicatezza e una vociona chiedere se Ofelia si fosse finalmente svegliata. Ofelia, dal canto suo, era così presa dal marito che ci mise un po’ per capire cosa fosse successo e, soprattutto, perché all’improvviso sentisse così freddo; quando vide il prozio che la guardava dalla porta scandalizzato, arrossì tutta, compresi gli occhiali. Non poteva accadere niente di più imbarazzante. Infatti, non era solo il prozio ad aver fatto irruzione nella loro stanza senza avvisare, ma era stata anche la madre di Ofelia la zia Roseline, Berenilde, Agatha, suo marito e i fratellini.
“Mia figlia ritorna in sé dopo giorni e io sono l’ultima a venirlo a sapere? Signor Thorn, sono profondamente adirata con voi in questo momento, perché non siete venuto immediatamente ad avvisarci? Per tutti i cucchiaini, cosa state facendo?”, disse la madre di Ofelia. Il prozio, dal canto suo, non smetteva di far passare lo sguardo da Ofelia a Thorn e viceversa, quando si girò verso gli altri però il suo sguardo non era più imbarazzato, ma risoluto:
“Via, lasciamo ai ragazzi un pochino di tempo da soli, in fondo sono pur sempre sposati”.
Al che, la madre di Ofelia lo guardò stupita, ma convinse gli altri ad allontanarsi almeno per il momento, solo Berenilde e la zia Roseline erano restie a richiudere la porta, ma lanciarono ai due uno sguardo che diceva più di mille parole: gioia, di rivederli dopo tanto tempo, sollievo per non averli persi per sempre, preoccupazione per quello che li avrebbe aspettati.
Di nuovo soli, Ofelia spostò lo sguardo su Thorn che era rimasto in piedi più distante di quanto non fosse prima sulla poltroncina, almeno quanto la lunghezza della sciarpa glielo consentiva. Il marito però rifuggiva il suo sguardo, non si capacitava di come avessero fatto a farsi cogliere in un simile momento di intimità, la cosa era imperdonabile.
“Credo di dovere delle scuse a tua madre.. insomma noi non avremmo dovuto.. io.. tu..” disse Thorn. Come sempre in queste occasioni, sembrava non ricordarsi più come si facesse a parlare, il viso sempre accigliato era ora completamente diverso, le guance leggermente arrossate lasciavano trasparire quanto si sentisse imbarazzato per quella scenetta, Ofelia non lo aveva mai visto così. Fece per liberarsi dalla sciarpa, visto che Ofelia non accennava a farlo, ma lei lo interruppe:
“Thorn, ci siamo appena ritrovati, il medico e mia madre possono aspettare ancora un po’. In fondo, come ha detto il prozio, siamo sposati”.
Il viso di Thorn a quel punto tornò al suo cipiglio naturale, anche se addolcito dalle parole di Ofelia; quest’ultima non poteva immaginare quanto gli fosse mancata e che fosse stato convinto di non rivederla mai più. Si avvicinò così di nuovo al suo letto, ma stavolta si lasciò cadere di fianco a lei sul materasso, anche se non con poco sforzo. Sollevò su di lei gli occhi metallici che la trapassarono come lame, nessun eco reincarnato di Thorn l’avrebbe mai potuta far sentire come si sentiva in quel momento assorbita dallo sguardo del marito.
“Mi consegnerò alla giustizia e poi procederò all’annullamento del matrimonio”, disse Thorn. Ofelia non voleva credere alle sue orecchie. Dopo aver salvato lei, dopo aver salvato il mondo, dopo essere stato per 3 giorni di fila piegato su una scomoda poltroncina in attesa che fosse abbastanza in forze da aprire gli occhi, Thorn era già pronto a mettersi di nuovo a lavoro, la sua mente affollata delle incombenze che avrebbero dovuto affrontare nel loro domani. Tuttavia, si ricordò della conversazione che avevano avuto sulla collina, Thorn era pronto per iniziare una nuova vita.
“E poi?”, gli chiese nuovamente, come quella sera.
“E poi deciderai se chiedermi di sposarti”, gli rispose lui.
“Hai dubbi?”, disse Ofelia.
Vendendosi guardato a quel modo, Thorn si sentiva molto meno a disagio di prima, in un certo senso nel Rovescio aveva capito che meritava l’amore di Ofelia e anche quello della zia, lo sguardo di una bambina l’aveva perdonato di tutti i peccati.
“Non più”, rispose lui, “tuttavia ricorda di essere persuasiva”.
“Forse avrei bisogno di una dimostrazione”, disse allora Ofelia. A quel punto fu Thorn a chinarsi su di lei, le accarezzò piano la testa quasi nuda, era stato necessario che le tagliassero quasi a zero i bei riccioli scuri a causa della botta che aveva ricevuto. Tuttavia, per lui non faceva differenza, Ofelia era e sempre sarebbe stata l’unica per lui, sia che avesse 10 dita e una lunga treccia, sia che fosse pelata e senza dita. In fondo, si completavano. Lui con una gamba storpia era abilissimo con le mani, mentre lei sempre sbadata gli offriva un sostegno che nessun’armatura avrebbe potuto uguagliare. Dalla testa passò ad accarezzarle il viso guardandola fisso negli occhi che erano velati dagli occhiali che avevano assunto una sfumatura rosata; a quel punto glieli tolse perché sarebbero solo stati di troppo per quello che si accingeva a fare. Ebbe così una perfetta visione dei suoi meravigliosi occhi scuri che lo guardavano come se non riuscissero ancora a credere che fosse lì, in carne e ossa. In quel momento, vedendo quello sguardo, si sentiva davvero indispensabile. Posò così le labbra su quelle di Ofelia che rispose immediatamente al bacio, chiedendogli senza parlare di avvicinarsi a lei sempre di più. Lui non si fece pregare e la cinse a sé, dimenticandosi per un istante della spalla slogata di lei, come per non lasciarla andare mai più.
 
 




 

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Capitolo 3
*** Il ritorno ***


Ciao a tutt*, ecco come mi sono immaginata il ritorno di Thorn e Ofelia al Polo, spero di non averli snaturati troppo. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche brevemente, mi farebbe molto piacere!

Risolta la situazione giuridica e annullato il matrimonio, Thorn e Ofelia tornano al Polo, ma non ci saranno più illusioni nella loro vita. Tuttavia, i due non sono soli e non sono neanche più sposati…

Dovette passare un po’ di tempo prima che Thorn riuscisse a risolvere quello che aveva lasciato in sospeso scappando dal Polo ormai più di 3 anni prima. Infatti, con la nuova umanità e le nuove terre che erano tornate al proprio posto non era stato facile sbrigare molte incombenze amministrative. Ormai non esistevano più le arche, ma si stavano ridefinendo nuovi confini anche grazie ai documenti trovati nelle terre che Eulalia aveva sacrificato spedendole nel Rovescio; inoltre, dal momento che ormai le cose erano cambiate per sempre, si decise anche di organizzare i servizi pubblici nel modo più equo possibile. In particolare, venne istituito un tribunale internazionale composto sia da membri delle Arche, sia da membri del Vecchio Mondo che fosse il più imparziale possibile. Thorn fu giudicato proprio da questo. Tuttavia, il processo, se così si può chiamare, non fu affatto lungo, infatti ormai tutti erano a conoscenza dell’esistenza di dio, dell’Altro e di tutto quello che era successo, perciò Thorn fu assolto dall’accusa di omicidio volontario e, oltre a questo, gli fu anche riconosciuto il suo ruolo fondamentale nell’aver sconfitto un terribile nemico. Perciò, insieme ad Archibald, Ofelia e la sua famiglia, fu proclamato Difensore della Pace; inoltre, i magistrati gli proposero di unirsi a loro nel loro immenso lavoro, infatti i suoi meriti come intendente erano ben noti e una memoria e un metodo come i suoi avrebbero fatto loro molto comodo. Thorn, seppur orgoglioso di aver ricevuto una proposta simile, decise di rifiutare, chiedendo invece di poter tornare nelle terre del Polo e di amministrare le cose da lì, così i giudici gli assegnarono un nuovo lavoro e una nuova casa…
 
Ofelia adorava la nuova casa, un po’ meno quella situazione. Prima di lasciare New Babel, Thorn aveva insistito perché procedessero all’annullamento del matrimonio e così avevano fatto. Così adesso vivevano nella loro prima casa con la zia Roseline, Berenilde e Victoria che venivano a trovarli due o tre volte alla settimana. Era quasi come prima che si sposassero, erano di nuovo fidanzati e per questo motivo, la zia Roseline era stata incaricata di farle da chaperon… la cosa aveva dell’incredibile. Come allora, Thorn lavorava molto, infatti faceva parte della squadra di amministratori, legislatori, politici che stava cercando di ricostruire le cose su quel nuovo ma vecchio pianeta. Tuttavia, anche Ofelia era impegnata, infatti come Thorn si occupava delle faccende burocratiche, lei era impegnata con storici, letterati, archeologi, paleontologi per ricostruire quella storia che tanto si era cercato di distruggere. La zia Roseline, dunque, aveva ben poco da intromettersi tra i due, dato che si vedevano a stento; perciò, se nei primi giorni era rimasta a casa, ben presto iniziò ad andare a lavoro con Ofelia, trovando il suo bel daffare nel restaurare tutti quei vecchi documenti. Durante le ore di lavoro, Ofelia aveva ben poco tempo per distrarsi e pensare a Thorn, ma durante il tragitto che faceva la mattina, non poteva non farlo. Memore della sua repulsione verso le illusioni, che d’altronde li accomunava, Thorn aveva ottenuto per loro una piccola casa al piano terra in riva al mare, abbastanza vicino a dove si era chinato e per la prima volta aveva posato le labbra sulle sue. Nonostante fosse ancora molto freddo, il clima del Polo si era mitigato da quando il mare del vecchio mondo era tornato al proprio posto e nei mesi più freddi ce la si poteva cavare con indumenti termici e un paio di cappotti. Per Ofelia era un compromesso accettabile, visto il panorama che poteva ammirare tutte le mattine guardando dalla finestra. Ovviamente, Thorn le aveva chiesto dove preferisse vivere una volta risolta la sua situazione giuridica, e lei gli aveva assicurato che il luogo non aveva importanza, aveva già capito da tempo che il suo posto era al suo fianco. Gli disse solo che le sarebbe piaciuto avere il mare vicino, così Thorn, aveva richiesto ai giudici, che tanto lo ammiravano, una casa per loro a Sabbie d’Opale ed era stato accontentato.

Di nuovo preso dal lavoro, Thorn era abbastanza sfuggente e la sera, quando tornavano tutti e tre a casa insieme, le lanciava degli sguardi che la facevano arrossire tutta. La zia Roseline, dal canto suo, cercava di dare ai due sempre più spazio, infatti la sua presenza era stata pretesa dalla madre di Ofelia che in cuor suo sperava che la figlia, ormai libera dal vincolo matrimoniale, tornasse con lei a casa; perciò imporre la zia come chaperon era stato l’ultima occasione di decidere per lei. Dopo ogni cena, la zia Roseline si ritirava presto in camera sua, raccomandando ad Ofelia e a Thorn di non fare tardi. I due mettevano in ordine la cucina e lavavano i piatti insieme, aiutati dal proprio animismo. In quei momenti Ofelia si sentiva davvero come se fossero tornati ai tempi del primo fidanzamento, infatti solo quando la zia Roseline usciva dalla stanza, Thorn diveniva meno rigido, iniziava a chiederle dei progressi sul lavoro, delle nuove scoperte e Ofelia era lieta di aggiornarlo sulle nuove scoperte. Tuttavia, quando per sbaglio si sfioravano le mani, o meglio, quando le mani di Thorn fioravano i suoi guanti animati, Ofelia non capiva più niente e avrebbe tanto voluto saltare in braccio a Thorn e ricoprirlo di baci, ma non era sicura che lui l’avrebbe ritenuto conveniente, infatti non aveva più provato a baciarla da prima che annullassero il matrimonio.

Mentre una sera lavavano i piatti, successe però qualcosa di memorabile. Era ormai passato un mese da quando si erano trasferiti a Sabbie d’Opale, più di un mese da quando Ofelia aveva avuto su di sé le mani bollenti di Thorn e agognava quel contatto. Così, come ogni sera, dopo che la zia Roseline si fu ritirata nella sua stanza, si alzarono per lavare i piatti, o meglio Thorn li lavava e Ofelia li asciugava aiutata dalla sciarpa. Quella sera però, la sciarpa, invece di prendere il piatto che le porgeva Thorn, si diresse più su e iniziò ad accarezzargli il collo. Ofelia, che non aveva fatto in tempo a spostarsi per evitare i cocci, saltò in ritardo bruscamente di lato, non accorgendosi che la sciarpa si era avvinghiata al collo di Thorn, così facendo lo tirò a sé. Le gambe di Thorn erano comunque più stabili delle sue, nonostante portasse il bastone e dovesse fare ancora molta riabilitazione per recuperare la gamba ferita in prigione, ma questo non gli permise di evitare di cadere addosso a Ofelia, per fortuna lontano dai cocci. Thorn la guardò allibito, ma prontamente gli chiese:
“Sei ferita? Hai toccato qualche coccio? Fammi controllare”. Non diede neanche il tempo a Ofelia di rispondere che prese ad osservarle le mani, protette dai guanti, le braccia, le gambe toccandola un po’ dappertutto. Il sangue di Ofelia ribolliva, adorava le mani di Thorn, soprattutto se le usava per toccarla, non importava che stesse solo cercando di controllare se fosse ferita. Dopo aver constatato che il corpo era integro, Thorn le prese il viso tra le mani per esaminare anche quello, e, dopo aver visto che non aveva graffi, appoggiò la fronte contro la sua, i nasi che si sfioravano. La sciarpa allora prese ad accarezzargli dolcemente il viso, al che Thorn aprì gli occhi guardandola intensamente.
“Mi sei mancato” gli disse Ofelia.
“Ci vediamo tutti i giorni e passiamo un po’ di tempo insieme ogni sera, come è possibile che ti sia mancato?” rispose lui.
“Sai cosa intendo…” disse Ofelia, un po’ stizzita dal suo modo razionale di affrontare le cose.
“Ah, intendi quello… beh noi non siamo più sposati, poi tua zia vive con noi, non credo che ci lascerebbe… non credo che dovremmo…” disse Thorn che ancora una volta sembrava non conoscesse le parole per parlare di quell’argomento delicato.
“Quindi non avremo contatti fisici fino a che non saremo di nuovo sposati?”. Ofelia non sapeva cosa pensare.
“Beh, pensavo di fare le cose per bene questa volta. Magari anche corteggiarti come meriti e come non ho mai fatto durante il fidanzamento”.
“Co-corteggiarmi?”. Ofelia non credeva alle proprie orecchie, quell’uomo dai modi autoritari, bruschi, sempre pronto a condurre interrogatori, voleva corteggiarla, nonostante l’avesse conquistata da tempo.
“Devo pur persuaderti a chiedermi di sposarti, no? E comunque, non credo che la convivenza sarà tutta rose e fiori, dovrai avere dei bei ricordi per scegliere di stare con me anche quando litigheremo. In fondo, finora dovevamo sconfiggere l’Altro, ma adesso dobbiamo solo affrontare la vita di tutti i giorni, devo inventarmi qualcosa per non farti scappare”.
“Ho lasciato la mia casa ben due volte per te, la prima per forza, la seconda per scelta. Credo che dovresti aver capito ormai che non ho intenzione di andare da nessuna parte, almeno non senza di te”.
Gli occhi di Thorn emanavano bagliori argentei, come se i suoi occhi fossero lame affilate che penetravano l’animo di Ofelia.
“Non dirlo a tua zia” le disse allora Thorn. Ofelia non fece in tempo a chiedergli cosa non dovesse dire, perché le labbra di Thorn presero d’assalto le sue, senza lasciarle abbastanza fiato per parlare per qualche tempo.
Stesa sul pavimento della cucina, con il corpo di Thorn che premeva sul suo, i cocci del piatto rotto vicini e il rumore del mare che proveniva da fuori. Non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte.
 
 
 

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Capitolo 4
*** Il corteggiamento, parte 1 ***


Ciao a tutt*, anche questa volta spero che la storia vi piaccia e se vi va fatemelo sapere!
 
Thorn non aspettò molto prima di iniziare il corteggiamento di Ofelia. Lui ovviamente non aveva la minima idea di quello che avrebbe dovuto fare, aveva una mente troppo pratica per riflettere su questo genere di cose. Tuttavia, quando si poneva un obiettivo, difficilmente falliva. Inoltre, se fosse riuscito nel suo intento di stupire Ofelia, lo sguardo che gli avrebbe rivolto sarebbe stato per lui la più grande delle ricompense. 
Ovviamente lavorava molto e la sera, dopo cena, riusciva a passare un po' di tempo con Ofelia. In queste occasioni oltre a parlare dei propri rispettivi lavori, i due finivano anche per scambiarsi qualche bacio, ma non andavano mai oltre anche se lo desideravano. Una sera tuttavia, con somma sorpresa di Ofelia, Thorn era stato vicino a perdere il controllo. L'aveva fatta salire sul tavolo della cucina ancora mezzo apparecchiato, subito dopo che la zia Roseline era andata a dormire e si era chinato su di lei come uno sparviero prendendo possesso delle sue labbra. Ofelia era sembrata sorpresa ma non aveva obiettato a quell'assalto passionale, anzi. Aveva avvolto le gambe intorno alla vita di Thorn e lo aveva attirato più vicino a sé. Lui poco dopo l'aveva fatta stendere sul tavolo e si era chinato ancora di più a baciarle il collo, il petto, le aveva addirittura tirato su la maglia per baciarle la pancia… Ofelia era troppo presa per rimanerne stupita. Se c'era qualcosa di cui Thorn era sempre affamato, quella era lei. 
Tuttavia, vedendo come Ofelia si dimenava sotto di lui, Thorn aveva capito che era il caso di fermarsi se non voleva approfittarsi di lei. Beh, tecnicamente non si sarebbe proprio approfittato visto che Ofelia era chiaramente consenziente, ma comunque non erano sposati e la zia Roselline dormiva nella stanza accanto. Sapeva che Ofelia era rimasta delusa dal suo voler interrompere quel contatto, ma avevano deciso di aspettare fino al matrimonio e così sarebbe stato… 
 
Ultimamente però, poiché si era prefissato di organizzare un appuntamento speciale per passare del tempo con Ofelia, la sera lavava in fretta i piatti e si dileguava dicendo alla ragazza che aveva un lavoro particolarmente ostico da terminare. Ofelia si era offerta di dargli una mano, ma lui aveva rifiutato dicendo che si trattava di un progetto ingegneristico pieno di formule matematiche, quindi non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo. Ofelia era un po' stizzita da quell'atmosfera improvvisamente fredda che aleggiava nella casa e non capiva cosa potesse impegnare a tal punto Thorn da fargli passare con lei il minimo tempo indispensabile. Così, si coricava più presto del solito e non aveva il tempo di stare troppo a pensare allo strano comportamento di Thorn perché il sonno la inondava subito come dolci onde tiepide.
Thorn, dal canto suo, odiava mentire ad Ofelia, tuttavia voleva davvero farle una sorpresa. Da principio aveva deciso di non farsi aiutare da nessuno, in fondo quanto poteva esse difficile organizzare un’uscita che sorprendesse Ofelia? Però, ben presto dovette riconoscere che la sua totale assenza di esperienza al riguardo forse non sarebbe stata d’aiuto: decise così di chiedere aiuto a sua zia. Così, una sera sfruttò la visita di Berenilde per farsi dare il suo parere sulle idee che aveva avuto finora. Berenilde rimase stupita dalla richiesta del nipote, in quanto non pensava che uno come lui avrebbe desiderato sprecare tempo a quel modo, tuttavia, questo la rese più consapevole dell’amore che lo legava ad Ofelia.
La prima proposta era proprio nello stile di Thorn: un pomeriggio da passare insieme a leggere. Ognuno un libro diverso.

“Un pomeriggio a leggere? Ma cosa siete ottantenni? Non ti ho proprio insegnato niente eh… devi farla divertire, ridere, devi catturare il suo cuore!” rispose Berenilde.
“Il cuore di Ofelia non è una Bestia da catturare, zia. E se anche così fosse, allora sarebbe stata lei a catturare me. Ho solo scritto la prima cosa che mi era venuta in mente. Andate avanti, per favore”.
Berenilde riprese a leggere. La seconda proposta era più particolare, ma altrettanto improbabile: una partita a dadi.
“Una partita a dadi? Ma cosa siete amici di bevute? Una cosa così la puoi fare con chiunque… a meno che chi perda non si tolga i vestiti! Beh questo puoi tenerlo a mente per quando sarete di nuovo sposati”.
Questa volta Thorn, il viso rosso, la fissò senza dire niente per qualche secondo, poi, corrugando ancora di più le sopracciglia, le disse di nuovo: “Va bene, andate avanti”.
La terza proposta era già qualcosa su cui si poteva lavorare, una passeggiata sulla spiaggia.
“Oh” disse Berenilde “questa non sembra male. Ma dovremmo decidere i dettagli, non puoi certo pensare di sorprenderla portandola a camminare. Potremmo, ad esempio, convertirla in una passeggiata a cavallo”.
“Ma Ofelia non sa cavalcare” rispose Thorn con il suo solito tono piatto.
“Lei no, ma tu sì. Potrebbe essere un modo per farvi stare vicino e di sicuro sarebbe molto romantico, magari al tramonto” disse Berenilde.
“Quindi secondo voi potrebbe sorprenderla?” chiese Thorn scettico.
“Beh, Ofelia sa che sei un uomo pratico, Thorn e se la tua richiesta ha sorpreso me perché non dovrebbe sorprendere lei? Inoltre, Ofelia ti ama, non ho dubbi che avrete un’unione felice”.
Questa volta Thorn fissò la zia più a lungo, non si aspettava una dichiarazione così da lei, né che fosse riuscita a cogliere, da quel poco che aveva visto, la natura del profondo legame che univa lui e Ofelia.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Il corteggiamento, parte 2 ***


Ciao a tuttə, questo capitolo sarà breve e forse poco interessante, ma conto di pubblicare la parte su Ofelia tra pochi giorni e poi finalmente arriverà quello sull’appuntamento (spero ahaha)! Anche questo, come il precedente vede protagonisti Thorn e Berenilde, come sempre spero che vi piaccia, fatemelo sapere!
 
Berenilde non si era limitata a consigliare Thorn, si era offerta anche di organizzare il tutto, tuttavia quando il ragazzo scoprì cosa aveva escogitato la zia era tutt’altro che contento. La dama, ovviamente, aveva pensato ad organizzare qualcosa nel suo stile, su una delle spiagge più frequentate di Sabbie d’Opale, noleggiando uno dei cavalli più belli di Chiardiluna con la sella intessuta da fili d’oro, la criniera impreziosita da diamanti… insomma tutti dettagli volti ad attirare su di loro quanta più attenzione possibile. Tutto ciò che Thorn non voleva per il suo appuntamento con Ofelia.
“Oh, insomma” ribatté Berenilde davanti all’espressione arcigna del nipote “voi due avete pur sempre salvato il mondo dal collasso, vi meritate un po’ di visibilità. Inoltre, non credo che qualche dettaglio scintillante abbia mai fatto male a nessuno, renderebbe solo il tutto più romantico”.
“Non ho intenzione di cavalcare un cavallo con diamanti nella criniera. Non perché la mia virilità ne risentirebbe, sia chiaro, ma perché vorrei mantenere gli sfarzi della Corte il più lontano possibile dalla mia vita e da Ofelia. Quell’ambiente non ci ha portato niente di buono” disse Thorn in tono piatto.
“Avevo messo in conto un tuo possibile rifiuto, motivo per cui mi ero lasciata un’altra possibilità. Ho prenotato una visita in una scuderia per oggi pomeriggio, spero che mi vorrai accompagnare” rispose Berenilde.
Thorn strinse gli occhi e annuì impercettibilmente, sospettava che Berenilde avesse in mente qualcosa, raramente la zia si arrendeva così facilmente.
 
Arrivati alla scuderia vennero scortati alle stalle dal proprietario che proveniva dal vecchio mondo, quindi da quello che era stato nel Rovescio per tutti quegli anni. Alla vista di Thorn, l’uomo rimase senza fiato; sapeva chi era dai giornali, ovviamente, era a lui che doveva la sua libertà.
“Signor Thorn che onore avervi qui, se avessi saputo che sareste venuto oggi vi avrei riservato un’accoglienza migliore, purtroppo però essendo domenica è giorno di riposo per i miei dipendenti. La signora è vostra madre?” disse l’uomo tutto d’un fiato, troppo preso dall’emozione per ricordarsi di presentarsi.
“Sono sua zia, ho prenotato io”, rispose Berenilde per lui. Thorn, fedele a se stesso, si era limitato a gelare l’uomo con il suo sguardo che, ora più che mai, sembrava di ghiaccio.
“Ah, vogliate scusarmi, non ne ero a conoscenza. Desiderate fare prima un giro per la tenuta?” chiese l’uomo, sempre con tono affabile.
“No” rispose Thorn, secco. “Ci faccia vedere direttamente i cavalli”.
“Vi assicuro, signore che è veramente un bellissimo posto da visitare, soprattutto in una bella giornata di sole così” continuò l’uomo non lasciandosi intimorire dall’imperscrutabilità di Thorn.
Thorn, dal canto suo, non lo aveva nemmeno fatto finire di parlare che già si stava dirigendo verso le stalle, avendo visto il cartello che le indicava.
“Perdonatelo” sussurrò Berenilde all’uomo, ma non così piano da non farsi sentire da Thorn, “è nervoso per un appuntamento romantico”.
“Oh certo, si tratta della signorina Ofelia, vero? Certo, avevo letto sui giornali che il signore aveva insistito per annullare il matrimonio che si era svolto in prigione, vero? Ma come mai? Cosa era successo?” chiese in fretta l’uomo a Berenilde. Tuttavia, quest’ultima non ebbe il tempo di rispondere.
“Lasciateci soli, per favore”. La voce di Thorn era ferma, intransigente. L’uomo rivolse un breve sguardo a Berenilde, ma questa volta non insistette oltre e si allontanò.
“Odio chi non si fa gli affari propri” sibilò Thorn rivolto alla zia.
“Volevi proprio fare come ai vecchi tempi vero?” gli chiese Berenilde. “Come quando eri piccolo e ti accompagnavo a lezione di equitazione e guardavamo insieme i cavalli”. Berenilde alzò un braccio per accarezzargli il viso, lentamente, convinta che si sarebbe scostato. Ma Thorn non lo fece. In quel momento aveva di nuovo 10 anni, i suoi fratelli ancora non lo odiavano del tutto, in quel momento perdonò un po’ se stesso per gli errori commessi.

 

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Capitolo 6
*** La lite ***


Ciao! Ecco come promesso la reazione di Ofelia allo strano comportamento di Thorn. Anche questo capitolo è abbastanza corto, ma spero di pubblicare finalmente l’appuntamento romantico a breve! Fatemi sapere che ne pensate!
 
Ofelia aveva iniziato a notare che Thorn era più sfuggente del solito e ciò era tutto dire. In particolare, quando Berenilde veniva a far loro visita, invece di cercare di farli stare insieme da soli, si ritirava col nipote nello studio di lui e non ne usciva per diverse ore; inoltre, si lanciavano spesso sguardi d’intesa che Ofelia non aveva mai visto prima. Ne parlò con la zia Roseline, ma questa le disse che lei non aveva notato niente di strano. Ovviamente Roseline sapeva cosa stavano combinando Berenilde e Thorn, ma quest’ultimo le aveva chiesto di far finta di niente con Ofelia e la donna, per una volta, era d’accordo con lui.
Quando una domenica vide che Thorn e Berenilde si accingevano a uscire, fece per accompagnarli, ma la dama la dissuase dicendole di rimanere con Roseline a badare a Vittoria.
“Oh, ma la zia Roseline se la cava benissimo anche da sola, vorrei proprio prendere una boccata d’aria, se non avete niente in contrario, certo” disse piegando il collo e guardando fisso Thorn che fingeva di essere impegnato a scegliere quale cappotto indossare.
“Beh, non sono molto d’accordo. Tua zia non è più giovane come una volta, è meglio che tu resti qui e l’aiuti, Vittoria è piuttosto irrequieta in questo periodo. Inoltre, farebbe bene anche a lei prendere una boccata d’aria, perché non fate un giro tutte e tre insieme?” le rispose Berenilde. Thorn aveva approfittato della distrazione di Ofelia per uscire a grandi passi e aveva già anticipato la zia di diversi metri.
“A me personalmente la zia sembra più in forma che mai, comunque, se insistete rimarrò qui con Vittoria” disse Ofelia con tono triste.
“Oh, non essere dispiaciuta cara. Ho insistito io per uscire da sola con Thorn, sai adesso non lo vedo più spesso come prima, quindi vorrei stare un po’ sola con lui, voi potete stare insieme stasera, no?” Il tono di Berenilde convinse abbastanza Ofelia che però non riuscì a trattenersi.
“Madama, non vi ha per caso detto qualcosa di cui dovrei preoccuparmi vero? È così scostante in questo periodo e ogni sera si rintana nel suo studio e io non so che pensare”.
“Ma no cara, cosa avrebbe dovuto dirmi? Non ti mettere in testa cose strane, è così preso dal lavoro ultimamente… Adesso vado, altrimenti va a finire che facciamo tardi, a dopo!” disse e uscì lasciando Ofelia in mezzo all’ingresso a chiedersi per cosa mai avrebbero fatto tardi a quell’ora di domenica.

Ofelia comunque trascorse un piacevole pomeriggio in compagnia della zia e di Vittoria che, a differenza di quanto detto da Berenilde, era piuttosto calma e aveva passato diverso tempo a guardare Roseline che riparava dei vecchi libri di algebra di Thorn. Durante la passeggiata Ofelia camminava un po’ in disparte dalle due e, a un certo punto, Vittoria le si avvicinò senza che la ragazza se ne rendesse conto e le chiese “Madrina, quando vi sposerete tu e il cugino Thorn?”.
Ofelia fu bruscamente riportata alla realtà da quelle parole e guardò Vittoria con tanto d’occhi, ma le rispose
“Beh, in effetti penso che forse si stia avvicinando il momento”
“Davvero!?” chiese Vittoria, impaziente
“Davvero?” chiese la zia Roseline, con tono sorpreso
“Davvero” rispose Ofelia. Ma doveva sincerarsi che Thorn lo volesse ancora.

Quella sera, quando Berenilde e Thorn ritornarono dalla loro uscita segreta, Ofelia riuscì a placcarlo mentre si stava dirigendo di nuovo nello studio. Normalmente, quando rincasava andava sempre a cercarla per farle sapere che era tornato, invece questa volta sembrava voler andare diretto nel suo studio, chissà per fare cosa. Quindi, non stando più nella pelle da quel giorno dopo pranzo quando se ne era andato senza quasi guardarla, Ofelia lo seguì cercando di non farsi notare per scoprire in qualche modo quello che le stava nascondendo. Così, prima che Thorn si chiudesse la porta alle spalle, lei si intrufolò dentro la stanza e disse: “Mi vuoi dire perché mi stai evitando? Ci sono forse dei problemi di cui dovrei essere messa al corrente? Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?”
Thorn si era girato così di scatto che Ofelia si meravigliò che non gli fosse venuto il torcicollo. Se lui non avesse ripreso il controllo degli artigli, di sicuro quella mossa le sarebbe costata cara.
“Non so di che cosa parli” le rispose lui, laconico.
“Non sai di che cosa parlo? Cos’era quella cosa che hai fatto oggi? Ti ho chiesto di venire con te e Berenilde e non mi hai neanche guardata. Sono giorni ormai che mi eviti in tutti i modi, non fai niente per stare con me la sera, la domenica te ne vai per ore da solo con tua zia. Non so davvero più che pensare” disse Ofelia tutto d’un fiato.
Thorn la guardava e la sua espressione tradiva ora un notevole sgomento che però Ofelia non colse perché era troppo arrabbiata.
“Io… ho molto lavoro” rispose lui, ancora una volta a corto di parole quando si trovava in balia di sentimenti particolarmente intensi.
“Hai molto lavoro? Credi che io non ce lo abbia? Non basta lavorare 6 giorni alla settimana? Non basta tutto quello che abbiamo fatto e che continuiamo a fare per questo Mondo? Devi sempre mettere le scartoffie prima di tutto? Non sei più l’intendente del Polo, non devi ammazzarti di lavoro perché non hai nessuno da cui tornare la sera o per dimostrare quanto vali. Adesso ce l’hai qualcuno da cui tornare, adesso lo sanno quanto vali” Ofelia era, ora, sull’orlo delle lacrime.
“So benissimo che non sono più l’intendente del Polo, Ofelia” le rispose, ora, gelido.
“Ah, mi fa piacere che tu te ne sia accorto” ribatté lei con lo stesso tono.
Stettero alcuni secondi a fissarsi in cagnesco, gli occhi chiari di lui negli occhi scuri di lei che sembravano dei pozzi senza fondo, come quello dove Thorn aveva finalmente ritrovato se stesso nel Rovescio.
“Ho ancora del lavoro da fare stasera, non aspettarmi a cena” Thorn aveva rotto il silenzio con la cosa peggiore che potesse dire. Ofelia non riuscì a trattenere una lacrima che le rotolò giù lungo la guancia.
“Benissimo” rispose lei e se ne andò sbattendo la porta.
 
 
 

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