Il ritorno sulla strada

di luvsam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non era reale, bastava aprire gli occhi e l'orrore sarebbe scomparso.
In fondo era già successo nelle settimane precedenti e ogni volta, a parte il cuore a mille e la necessità impellente di fare una doccia per liberarsi del sudore, era tutto finito quando aveva riconosciuto intorno a sé le pareti color giallo paglierino del suo appartamento e gli scatti di una vita felice.
Niente fuoco, urla, o quella maledetta voce che lo accusava di essere un assassino, solo la sua normalità.  Avrebbe sentito canticchiare Jessica sotto la doccia, l'odore del caffè e attraverso la finestra aperta, il solito brontolio della signora Cooman per i presunti schiamazzi notturni dei suoi vicini.
Facile come bere un bicchiere d’acqua, giusto?
Sam si aggrappò a quei pensieri tranquillizzanti e ancora con gli occhi chiusi inspirò profondamente alla ricerca della fragranza bruciacchiata dei toast che la sua ragazza era capace di carbonizzare ogni mattina, ma quello che gli riempì le narici fu solo la puzza di birra e cibo avanzato.
Evidentemente avevano fatto festa la sera precedente ed era per questo che aveva mal di testa e le idee confuse, ma nel profondo sentiva che c’era qualcosa che non andava. Il materasso non sembrava lo stesso, il cuscino era duro e allungando la mano alla ricerca della sua ragazza, si ritrovò a farla penzolare nel vuoto.
Ora era ufficiale, non si era addormentato nel suo appartamento e doveva capire dove si trovava.
Aprì gli occhi e quello che vide equivalse ad un pugno nello stomaco. Era nella stanza di un motel e già questo era abbastanza inquietante, ma la sua mente si riempì di panico quando nel suo campo visivo entrò la giacca, che avrebbe riconosciuto tra mille, abbandonata su una sedia.
Che diavolo stava succedendo? Il suo passato fatto di pelle consumata e cerniere non poteva essere lì e la sua prima reazione fu quella di allontanarsi.
Spostò le gambe verso l'esterno del letto e scattò in piedi. Il brusco movimento non piacque per nulla al suo cervello, che attivò l'allarme rosso e gli fece perdere l'equilibrio costringendolo a sedersi.
Sam sentì l'aria faticare ad entrargli nei polmoni e senza rendersene conto, cominciò ad iperventilare.
“No, no, no"
Il panico lo assalì e si portò le mani alla gola nel disperato tentativo di liberarsi del cappio immaginario che lo stava soffocando. In passato suo padre gli aveva insegnato a tenere sotto controllo l’ansia e anche se aveva giurato a se stesso che niente, che apparteneva alla sua vita passata, lo avrebbe accompagnato nella nuova, aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa. Provò e riprovò a riprendere il controllo inspirando ed espellendo aria, ma ogni tentativo di ritornare a respirare regolarmente si concluse con un fallimento.
Cominciò ad ansimare sempre più forte e iniziò a sudare freddo mentre la sua vista cominciava ad appannarsi.
Era talmente sconvolto che l'arrivo dal nulla di una mano che gli spingeva la testa verso il basso lo colse di sorpresa e non riuscì ad opporsi. Si ritrovò a fissare il pavimento e d’istinto cercò di rialzarsi, ma la presa dietro la sua nuca si fece più forte e una seconda mano planò tra le sue scapole. In una situazione alla pari avrebbe lottato contro lo sconosciuto, ma non sentiva né braccia né gambe e gli girava forte la testa.
Sentiva una voce e inconsciamente sapeva che non doveva avere paura, eppure non riusciva a calmarsi e lacrime copiose cominciarono a rigargli il viso quando, pur con la testa costretta tra le sue ginocchia, vide ancora la giacca.
Papà, o Dean?
In entrambi i casi c’era qualcosa di molto sbagliato nella loro presenza e in una stanza di un motel al posto di Jess e della loro casa.
Lo avevano portato di forza via da Stanford? Il capo del clan Winchester aveva deciso che era ora che il bambino la smettesse di fare i capricci e ritornasse a casa? No, non poteva averlo fatto, la caccia era un capitolo chiuso.
Non appena si fosse ripreso, avrebbe lottato con le unghie e con i denti per tornare da Jess, non potevano costringerlo a restare con loro.
E se…
Sam si paralizzò davanti alla realizzazione che esisteva anche una seconda ipotesi a quella del prelievo forzato da Stanford e per qualche istante ebbe la sensazione di aver smesso di respirare.
Se questa volta non aveva solo sognato? Se era davvero tornato nel suo appartamento, si era steso sul letto e poi l’aveva vista inchiodata al soffitto tra le fiamme?
Un dolore strisciante gli si insinuò nel petto e il fiato si fece ancor più corto. La vista gli si annebbiò e anche la sua capacità di registrare suoni e rumori iniziò a precipitare. Stava chiaramente svenendo e si stava abbandonando al malore quando si sentì spingere sul letto. Qualche attimo dopo i suoi piedi lasciarono il pavimento e le sue gambe andarono verso l'alto.
Stavano cercando di soccorrerlo? Jess era morta e papà, o Dean, stavano cercando di aiutarlo?
Avrebbe voluto distinguere la figura che stava davanti a lui e urlava qualcosa, chiedergli perché il mondo gli stava crollando addosso, ma poi il suo sguardo si posò sul soffitto e tutto diventò nero.
“Cazzo, Sammy”
Dean abbassò le gambe del fratello sul letto e sfogliò mentalmente il manuale di pronto soccorso edito da John Winchester. Temendo che la lingua potesse ostruire le vie aeree di Sam, gli appoggiò la mano destra sulla fronte e gli sollevò il capo con due dita della sinistra. Si chinò poi su di lui per verificare che respirasse e per finire, pose due dita ai lati della trachea alla ricerca di pulsazione. Quando si rese conto che, a parte la mancanza di coscienza, Sam ancora nel mondo dei viventi, si tranquillizzò e si sedette cercando di riordinare le idee. Solo in quel momento si accorse di star grondando sul pavimento perché era uscito in fretta e furia dalla doccia quando aveva sentito dei rumori provenire dalla stanza e decise di andare ad asciugarsi. Si rivestì sulla soglia del bagno per poter tener sotto controllo la situazione e si tamponò velocemente i capelli prima di tornare vicino al letto. Si sedette accanto al fratello e ne osservò il viso stravolto provando un’infinita pena per lui. Pensò di riflesso al padre e si disse che doveva provare a rintracciarlo. Doveva sapere che la ragazza di Sam era morta come la madre, così, nonostante il fatto che non gli avesse risposto nelle ultime settimane, prese il telefono e fece partire la chiamata:
“Papà, sono sempre Dean. So che ti ho già cercato un sacco di volte e che probabilmente non mi rispondi perché non puoi, ma è successo un casino. Sono a Palo Alto e Sammy è con me perché…”
Il maggiore dei Winchester si interruppe per un attimo, poi continuò:
“Il demone, papà, ha attaccato di nuovo e ha ucciso la ragazza di Sam. Lui è vivo, era venuto a cercarti con me, ma è distrutto e non sono sicuro che riuscirò a rimetterlo in piedi. Ti prego, papà, chiamami”
Proprio in quel momento Sam decise di riaprire lentamente gli occhi e non appena Dean entrò nel suo campo visivo, balzò in mezzo al letto urlando:
“Sta’ lontano da me, non mi toccare”
Dean rimase sorpreso dalla reazione, ma si ricordò che suo padre gli aveva insegnato a non imporsi ad una persona in stato di shock e così batté in ritirata alzando le mani.
“Va bene, Sammy, come vuoi”
Arretrò fino al centro della stanza e assisté impotente alla disperazione di suo fratello.
“Non sei reale, non sei qui”
“Sammy"
“Non sei Dean, lui è con papà a caccia”
“Sammy, sono qui e sono reale. Sono venuto a prenderti giorni fa, non ricordi?”
Il ragazzo scosse la testa e mormorò:
“No, stai mentendo “
“So che sei confuso adesso, ma ti sto dicendo la verità. Sono tuo fratello Dean e sono venuto a prenderti per cercare papà. Sono entrato nel tuo appartamento di notte e…”
“Sta' zitto"
“Mi hai messo al tappeto e poi mi hai presentato Jessica”
Il suono del nome della sua ragazza assestò un altro colpo al precario equilibrio di Sam, che fissò smarrito il fratello.
“Sei davvero Dean?”
“Sì, Sam, sono io”
“Dov’è Jess?”
“Sammy"
“Portami a casa”
“Sam, c’è stato un incendio, ricordi?”
Il ragazzo scosse la testa e mormorò:
“Perché mi hai portato via da Jess? Te l'ha ordinato papà?”
“Non so dov’è papà, lui non c'entra"
“Non vuole permettermi di vivere, non vuole lasciarmi libero”
“Sammy, devi ascoltarmi. Papà non mi ha chiesto di venirti a prendere,non sa nemmeno che sono qui. E’ sparito e sono venuto a chiederti di aiutarmi a cercarlo”
Sam abbassò lo sguardo e tacque.
“Capisco che per te sia dura accettarlo, ma..”
“Mi presti il telefono?”
“Cosa?”
“Non ho mai passato la notte fuori senza Jess, devo dirle che sto bene"
“Sammy"
Dean si avvicinò al fratello e gli afferrò le braccia.
“Ritorna in te, maledizione, non puoi chiamare Jess perché lei è morta”
Non appena le parole uscirono dalla sua bocca, il maggiore dei figli di John si sentì un fottuto bastardo e si disse che, se Sam lo avesse pestato all’istante, se lo sarebbe assolutamente meritato.
Come diavolo gli era venuto in mente di sbattergli in faccia la verità in quel modo?
Era già pronto a ricevere il primo pugno quando suo fratello gli chiese con voce tremante:
“Non sto sognando? Jess è morta davvero?”
Dean guardò negli occhi Sam e riconobbe lo sguardo smarrito, che suo fratello aveva avuto per giorni dopo aver letto il diario di papà. Lo abbracciò forte e gli sussurrò:
“Sì, Sammy, è successo davvero”
Fu un attimo e le lacrime ricominciarono a piovere copiose.
“Sono qui, ragazzino”
“Dean, non può essere morta”
“Vorrei che non fosse vero, ma non posso mentirti su una cosa del genere”
“No, Jess”
Il pianto divenne irrefrenabile e in un certo senso Dean era sollevato dal fatto che Sam si stesse sfogando perché la reazione che aveva avuto fuori dalla casa lo aveva sconvolto. Lo lasciò fare fino a quando i singhiozzi rallentarono e il peso del fratello contro il suo petto divenne sempre più consistente.
“Mettiti giù, Sammy, devi riposare”
“No, non voglio dormire. Jess era sul soffitto, Dean, è morta come la mamma”
“Ne parliamo più tardi, okay?”
“Era il Demone dagli Occhi Gialli? Lo hai visto?”
“No, Sammy, non ho visto nessuno, ho pensato solo a farti uscire di casa”
Vincendo qualche resistenza, Dean riuscì a stendere il fratello e gli tirò addosso le coperte.
“Perché lo hai fatto?”
“Perché ho fatto cosa?”
“Perché mi hai salvato? Dovevi lasciarmi morire con Jess”
“Ti sei dimenticato qual è il mio compito, fratellino?”
“Dovevo morire con lei, sono morto con lei”
Sam chiuse gli occhi e Dean attese pazientemente che la stanchezza lo mettesse al tappeto, poi si prese la testa fra le mani non sapendo esattamente cosa fare.
Com’è che aveva detto? Abbiamo un lavoro da fare?
Cazzo, aveva sempre pensato che suo fratello minore e il loro vecchio fossero molto simili, ma la postura e il tono di voce che Sam aveva usato davanti al bagagliaio dell’Impala gli avevano fatto vedere e sentire John.
Dean sospirò e ripensò a quello che era accaduto solo poche ore prima.
Ritornando a Palo Alto dopo aver affrontato la Donna in bianco, aveva sperato fino all’ultimo che il nerd cambiasse idea e che alla fine sarebbe partito con lui alla ricerca del padre, ma poi erano arrivati sotto all’appartamento e lui era sceso dall’auto chiedendogli di fargli sapere se lo avesse trovato.
Aveva sorriso interiormente in quel momento perché aveva sempre avuto la certezza che, nonostante il litigio apocalittico, suo fratello non aveva mai smesso di amare suo padre, così come sapeva per certo che l’uomo aveva tenuto d’occhio da lontano il figlio ribelle durante tutti quei mesi.
Aveva aspettato che Sam rientrasse in casa, poi era ripartito sparandosi gli AC/DC a tutto volume e ripetendosi che andava bene così. Stava già svoltando verso la statale quando aveva visto sul tappetino alla sua sinistra il telefono dell’idiota e aveva fatto un’inversione ad U dopo averlo raccolto. Si era riavvicinato all’appartamento e metro dopo metro la voce di Brian Johnson era diventata sempre più balbettante. Era subito entrato in modalità cacciatore e inchiodando l’Impala davanti casa di Sam, aveva alzato gli occhi giusto in tempo per vedere le fiamme sfondare una finestra. Era sceso velocemente dall’auto ed era corso verso l’ingresso urlando il nome di suo fratello. Lo aveva sfondato a calci e si era precipitato al piano di sopra pregando di riuscire a portarlo fuori anche questa volta.
Quando si era affacciato nella camera da letto, aveva subito individuato Sam, che, in preda al terrore, fissava il soffitto e urlava il nome della sua ragazza. Si era mosso rapidamente e lo aveva tirato via nonostante le resistenze di suo fratello, che aveva tentato in tutti i modi di svincolarsi dalla sua presa. Lo aveva trascinato per le scale e poi in giardino e quando le gambe di Sam avevano ceduto, lo aveva accompagnato sul prato. Lo aveva stretto forte costringendolo a voltare le spalle alla casa e guardandosi attorno come se si aspettasse che Occhi Gialli facesse la sua comparsa all’improvviso, ma erano rimasti soli, almeno fino a quando il quartiere non era stato svegliato dal suono delle sirene delle ambulanze, dei vigili del fuoco e della polizia. Avrebbe voluto scappare in quel momento, ma Sam era appena cosciente e darsi alla fuga con il ragazzo della vittima, avrebbe attirato qualche sospetto di troppo.
In pochi minuti erano stati circondati da una marea di persone e vedere i pompieri aprire le manichette e dirigere i getti d’acqua verso le fiamme gli avevano fatto rivivere un deja-vu.
Era piccolo quando la mamma era morta, ma ricordava perfettamente l’odore di bruciato, le luci che lampeggiavano sulla loro casa e soprattutto che ad un certo punto aveva abbracciato il suo fratellino, che aveva iniziato a piangere.
Venti anni dopo aveva fatto la stessa cosa, aveva tenuto stretto Sam, che sembrava terrorizzato come quella notte di novembre, e aveva cercato di confortarlo. Quando poi due poliziotti si erano avvicinati per interrogarli, lo aveva tenuto ancora più forte e aveva risposto lui alle loro domande su quanto era accaduto, su tutto a parte la probabile presenza di un demone. Gli agenti avevano preso appunti e gli erano sembrati soddisfatti da quanto avevano saputo, ma poi quello più anziano aveva insistito per sentire anche dalla voce di Sam la storia dell’incendio.  Fortunatamente era intervenuta una certa Lidya Benson, un paramedico, che lo aveva allontanato insistendo sul fatto che non era proprio il momento di sottoporre ad un interrogatorio una persona in evidente stato di shock.
Dean l’aveva ringraziata, poi con lei aveva cercato di far stendere Sam in modo da permettere ai soccorritori di visitarlo e suo fratello era andato giù senza opporre resistenza, cosa che lo aveva spaventato a morte. Non era da lui accettare una cosa del genere senza nemmeno una protesta, ma i suoi occhi gli avevano raccontato quanto dolore lo stesse paralizzando in quel momento. Non un dolore fisico perché, come aveva confermato anche Lydia, non aveva grandi ferite se non un’ustione che si era procurato aggrappandosi alla ringhiera delle scale mentre stavano scappando dall’appartamento, era una sofferenza dell’anima.
Dentro quegli occhi aveva letto anche la preghiera silente di non andare in ospedale e aveva acconsentito con lo sguardo. Lo aveva aiutato a rimettersi seduto e poi lo aveva sostenuto fino allo sportello dell’Impala. Era fatta, pochi secondi per metterlo sul sedile e sarebbero scomparsi in perfetto stile Winchester, ma Lydia era tornata alla carica dicendogli che, se proprio voleva fare la sciocchezza di portare via suo fratello, doveva almeno firmare un’assunzione di responsabilità alla presenza di un rappresentante delle forze dell’ordine.
Allontanarsi da Sam era stato difficile e aveva temuto di ritrovarlo svenuto accanto alla sua auto nel momento in cui sarebbe tornato, ma, quando lo aveva fatto, non solo il gigante era in piedi, ma aveva aperto il bagagliaio.
Un lavoro da fare…
Non aveva mai visto tanta freddezza negli occhi di Sam e la cosa lo aveva scosso nel profondo perché lui era stato sempre la parte pulita della famiglia Winchester, la persona capace di ricordare a lui e al padre che erano degli esseri umani e non solo degli spietati serial killer.
Anche John si era sempre aggrappato nei momenti più bui al sorriso del figlio minore e lo aveva spesso mentalmente ringraziato per avergli fatto tenere dritta la barra quando l’ossessione per il demone lo aveva fagocitato nel corso degli anni.  Certo, era stato spietato contro qualunque essere avesse incontrato sulla sua strada e si era attaccato troppo spesso alla bottiglia, ma aveva sempre ritrovato la via grazie a Sam.
Quando si erano messi in macchina, Dean aveva provato a capire che cosa gli stava passando per la testa, ma ogni suo tentativo di conversazione era stato spento sul nascere.
Sam gli aveva risposto con una scrollata di spalle quando gli aveva chiesto dove potessero alloggiare quella notte, gli aveva solo detto di non allontanarsi da Palo Alto e pur a malincuore, perché avrebbe voluto mettere quante più miglia possibili tra suo fratello e il suo dolore, aveva accettato e si era fermato al primo motel che gli era capitato davanti ai fari.
Era sceso per prendere la camera e quando era tornato con le chiavi, Sam era esattamente nel posto dove lo aveva lasciato. Erano entrati e suo fratello si era trascinato verso uno dei due letti. Si era lasciato andare ed era crollato in pochi minuti. Dean era convinto che avrebbe dormito a lungo e aveva sentito la necessità di una doccia. Si era infilato in bagno e tutto il resto era storia, no? Il cacciatore tornò alla realtà e fissò speranzoso il display del telefono trovandolo desolatamente vuoto. “Andiamo, papà, fatti sentire”
Sam si mosse ancora mormorando il nome della ragazza e Dean si domandò come avrebbe potuto lenire il dolore del fratello, cosa avrebbe potuto dirgli per confortarlo e non trovò un solo argomento sensato. Vigliaccamente tirò un sospiro di sollievo quando il suo nerd decise di restare incosciente e pensò che avrebbe dovuto riposare per poter reggere il peso della sua anima devastata, ma non riusciva a smettere di guardarlo. Lo fece per le successive cinque ore, poi all'alba cedette alla stanchezza e si appisolò sul letto gemello a quello del fratello con la mano destra sotto il cuscino.
E fu lì che Sam lo vide quando riprese conoscenza e realizzò in maniera definitiva che Jess era morta e che di conseguenza la sua vita era finita. Guardò verso il cuscino di Dean e desiderò raggiungere la pistola.
Non ci sarebbe voluto molto, un colpo e il dolore se ne sarebbe andato via per sempre.
Che senso aveva continuare a respirare senza l’amore della sua vita? Per che cosa avrebbe dovuto restare al mondo senza Jess?
Lo sguardo si spostò automaticamente al volto di Dean e i ricordi di loro due bambini lo travolsero. Aveva avuto un'infanzia felice nonostante l'assenza quasi costante di papà e la loro esistenza sulla strada perché, ogni volta che si erano fermati da qualche parte, il suo fratellone aveva individuato a tempo di record il parco più vicino e lo aveva portato a giocare. Lo aveva spinto sull'altalena, aveva tirato calci ad un pallone, o nella peggiore delle ipotesi si era inventato storie incredibili quando faceva troppo freddo per stare fuori e la tv non era un'opzione.
L'idea di togliersi la vita fece sentire Sam tremendamente in colpa e le lacrime cominciarono a scorrere al pensiero di che cosa avrebbe provato Dean risvegliandosi per lo sparo e trovandolo in un lago di sangue. Non poteva fargli questo, ma allo stesso tempo sentiva di non riuscire a vivere sapendo che il male era rientrato nella sua vita dalla porta principale.
L’immagine di Jessica che bruciava sul soffitto lo investì nuovo e con essa una forte nausea. Si precipitò fuori dal letto e pochi secondi dopo stava vomitando in bagno.
Dean lo raggiunse subito dopo e si inginocchiò accanto al fratello tentando di offrirgli un minimo di supporto.
Sam risentì la voce e stavolta sapeva a chi apparteneva, ma l'idea di avere suo fratello accanto non lo aiutò come era successo in passato, anzi paradossalmente lo agitò di più perché era un’ulteriore conferma al fatto che era tutto andato a puttane.
“Dean”
“Sono qui”
“Non posso averla persa, non può essere morta”
“Sammy”
“Perché? Eravamo felici, volevo sposarla”
“Mi dispiace tanto”
“Non posso vivere senza di lei”
“So che adesso lo pensi, ma ce la farai”
“No, Dean, non posso”
“Invece sì perché io ti starò vicino e ti aiuterò ad uscirne”
“Uscirne? Puoi ridarmi Jess?”
“Sai che non posso, ma mi sono preso cura di te da quando portavi i pannolini e non smetterò adesso”
“Non puoi aggiustarmi con un cerotto di Batman”
Il maggiore dei fratelli Winchester sorrise al ricordo di una rovinosa caduta di un Sammy di cinque anni dall’altalena e del pronto soccorso in una delle solite stanze di un motel di infima categoria. Gli aveva pulito le sbucciature alle ginocchia e quella più arrabbiata sulla fronte, poi la promessa di un gelato e l’assicurazione che le strisce adesive dell’eroe mascherato lo avrebbero guarito subito avevano fermato le lacrime.
“Credi di aver finito?”
“Sì”
“Coraggio, allora, esci da questo bagno”
“Sono stanco”
“Lo so”
Dean aiutò Sam a tornare a letto e quest’ultimo sprofondò quasi immediatamente nel sonno. Dal canto suo il maggiore dei fratelli Winchester restò in attesa per un po' di un possibile risveglio, poi si concesse di stendersi e salutò di nuovo il mondo fino alla puntata successiva.
Quando riaprì gli occhi, erano circa le 15 e faticosamente si voltò verso Sam convinto di trovarlo ancora addormentato dopo la nottataccia che avevano passato. Il letto invece era vuoto e l'idea che il ragazzone potesse aver fatto qualcosa di molto stupido lo fece scattare in piedi.
“Sammy"
Si precipitò verso la porta del bagno e la spalancò. Non trovando il fuggitivo al suo interno, si voltò verso la porta d'ingresso e afferrò le chiavi dell’Impala. Infilò i jeans e gli stivali e si precipitò verso l'uscita. Si diresse di corsa verso l'auto e vi entrò sbattendo forte la portiera. Stava già per mettere in moto quando vide Sam attraverso il parabrezza e si bloccò.
Suo fratello se ne stava fermo su una panca proprio fuori dalla loro stanza con lo sguardo perso nel vuoto e sembrava che non avesse nemmeno registrato la sua presenza.
Estrasse le chiavi e uscì dall'Impala. Tornò sui suoi passi e si sedette accanto a lui.
“Ehi, Sammy”
“Ciao, Dean"
“Che stai facendo qui fuori?”
“Niente”
“Credevo che te ne fossi andato, mi hai fatto prendere un colpo “
“E dove vuoi che vada?”
Dean guardò il fratello e gli appoggiò una mano sulla coscia.
“Fa freddo qui fuori, perché non rientriamo?”
“Mi sentivo soffocare, per questo sono uscito"
“Perché non mi hai chiamato?”
“Dopo averti rotto le palle tutta la notte?”
“Non dire stronzate”
Una sottile pioggerellina cominciò a cadere e il cacciatore più anziano tornò all’attacco:
“Rientriamo, dai. Scommetto che una doccia ti farà bene e mentre ti dai una sciacquata, ci procurerò qualcosa da mettere sotto i denti”
“Non…”
“Non azzardarti nemmeno a dire che non hai fame”
“E’ così”
“Non farti del male, non serve a nulla. Andiamo-disse mettendosi in piedi-ti stai bagnando e sei anche senza scarpe”
Sam lasciò che il fratello lo tirasse su e lo riportasse nella stanza.
“Forza, infilati sotto l’acqua calda”
“Dean”
“Niente obiezioni, fratellino, non…”
“Non ho nulla da mettermi”
I due ragazzi si guardarono in silenzio pensando al fatto che tutto ciò che il più giovane possedeva era bruciato la sera prima, poi Dean reagì dicendo:
“Resta lì, ci penso io”
Riprese tra le dita le chiavi dell’auto e uscì. Aprì il bagagliaio dell’Impala e tirò fuori una piccola sacca. Sapeva, quando aveva deciso di tenerla, che, prima o poi, gli sarebbe servita, ma di certo non avrebbe mai immaginato di averne bisogno in una circostanza del genere. Rientrò nella stanza e la porse a Sam.
“Che cos’è?”
“Quando te ne sei andato, non hai portato via tutto”
“Hai tenuto le mie cose?”
“Beh, nelle mie intenzioni avrebbero dovuto entrare nel guardaroba di qualche gigante di un circo, ma non ho trovato nessuno con i tuoi gusti di merda”
Dean sorrise e per un attimo anche il viso di suo fratello si distese.
“Forza, non ti faccio salire sull’Impala se non ti lavi”
Sam rimase per qualche attimo a fissare la sacca, poi l’accettò e disse:
“Grazie”
“Di nulla! Adesso vai, io ti aspetto qui”
Il ragazzo si allontanò e si chiuse la porta alle spalle. Appoggiò la sacca accanto al lavabo e si guardò allo specchio non riconoscendo in quel volto segnato il brillante studente di Stanford, che era stato fino ad una settimana prima. Sentì le lacrime premere di nuovo per uscire e anche se provava un impellente bisogno di sfogarsi, non voleva che Dean lo sentisse. Si spogliò, aprì l’acqua calda e si infilò sotto il getto dando di nuovo il semaforo verde alla sua disperazione. Cercò di attutire i singhiozzi, ma questi arrivarono comunque alle orecchie di suo fratello, che appoggiò la testa contro la porta mormorando:
“Coraggio, Sammy, non mollare”
Restò in ascolto per tutto il tempo che il giovane rimase sotto l’acqua, poi, quando sentì il getto chiudersi, si allontanò e si mise seduto a sfogliare una rivista. Attese con il fiato sospeso l’uscita da bagno e fece poi finta di non notare gli occhi rossi e gonfi.
“C’era uno di tutto lì dentro?”
“Sì. Come mai papà te l’ha fatta tenere? Non ha fatto a pezzi quello che mi ero lasciato alle spalle?”
“Era troppo impegnato ad ubriacarsi, immagino. E’ sparito per due giorni quando hai preso il volo , poi è tornato e mi ha detto che un Wendigo ci aspettava in Oklaoma. Mi ha dato trenta minuti per raccogliere le mie cose e mentre facevo i bagagli, ho trovato dei tuoi vestiti abbandonati nell’armadio e altra roba in fondo ad un cassetto. Credo che, nella fretta di andartene, tu non li abbia nemmeno notati”
“Perché li hai presi? Non mi odi come papà?”
“Sono stato molto incazzato con te per settimane, ma non ti ho mai odiato e mai lo farò. Adesso asciugati i capelli, Samantha, basta camminare sul viale dei ricordi, anche perché ho ordinato da mangiare. Il corriere dovrebbe arrivare tra venti minuti, quindi alza il culo”
“Non ho fame”
“Ne parliamo dopo”
In realtà non lo fecero e Dean non restò altro da fare che osservare in silenzio il cibo integro nel piatto di Sam e il suo sguardo ostinatamente rivolto nel nulla.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quella mattina il primo pensiero di Dean era stato che in qualche modo doveva interrompere quella pericolosa routine e lo doveva fare colpendo basso e colpendo duro, perché a tutto c'era un limite e adesso quel limite era stato abbondantemente superato.
Dalla sera della morte di Jessica, Sam aveva chiuso le porte al mondo dormendo praticamente sempre e non toccando cibo.
All'inizio il maggiore dei Winchester era stato comprensivo, lo aveva lasciato riposare e non aveva insistito più di tanto dinanzi al rifiuto di ingerire qualsiasi cosa anche perché sperava che, da un momento all'altro, papà sarebbe arrivato come la cavalleria lanciata in campo aperto e gli avrebbe dato una mano.
Con il passare delle ore e il perdurare del silenzio, però, aveva capito che era una questione che avrebbe dovuto affrontare da solo, così si era alzato, aveva fatto la doccia e si era vestito, poi, approfittando del fatto che Sam dormiva ancora, era andato al diner all’angolo e aveva preso la colazione per tutti e due.
Tornato alla base, aveva trovato il fratello avvolto nelle coperte e gli aveva fatto pensare ad un bruco che cerca riparo nel suo bozzolo, ma da quella situazione di merda non sarebbe venuta fuori nessuna farfalla. Aveva appoggiato le tazze del caffè e i pancake sul tavolo vicino alla finestra, poi si era avvicinato al letto di Sam e lo aveva scosso.
“Sammy, sveglia, sono le nove. Forza, sono andato a prendere la colazione”
Il suo richiamo era caduto nel vuoto e la stessa sorte avevano avuto quelli successivi, tanto che alla fine aveva rinunciato e si era messo a mangiare da solo tenendogli gli occhi addosso. Aveva lasciato che riposasse per le successive due ore, poi, spazientito, era passato all’attacco tirandogli via le coperte da dosso.
“Sammy, tirati su, devi uscire da questo letto"
“Dean”
“Non usare quel tono con me, non attacca”
“Ti prego”
“No, adesso basta. Siamo chiusi in questa stanza da due giorni e devi prendere un po’ d'aria. Hai bisogno di mangiare e di qualcosa da metterti addosso, quello che c'era nella sacca non è sufficiente”
“Non voglio niente”
Il giovane si girò nel letto dando le spalle al fratello sperando così di essere lasciato in pace, ma tempo tre secondi e un paio di forti mani lo ribaltarono e lo costrinsero a mettersi supino.
“Apri gli occhi”
“Va’ via”
“Negativo. Non ti mollo fin quando non ti alzi e mangi qualcosa, non puoi continuare in questo modo”
“Tu non capisci, Jess era la mia vita! “
“Capisco che l’amavi, ma non puoi lasciarti andare”
“Dammi un solo motivo per non farlo”
“Forse potresti cominciare a notare che sono qui e tentare di rialzarti per me?”
“So che ci sei, ma non posso”
Dean guardò di nuovo il fratello, poi il display del cellulare alla disperata ricerca di un qualsiasi segnale da parte di suo padre, ma ancora una volta rimase deluso, anzi, a dirla tutta, era molto incazzato. Era abbastanza abituato al fatto che John fosse assente, ma non poteva credere che stesse ignorando le sue richieste di aiuto.
Come poteva far finta di nulla dopo tutto quello che gli aveva detto a proposito di Sam e dell'attacco del demone?
Per un momento un pensiero terribile gli attraversò il cervello: e se papà non rispondeva perché era morto?
Scosse istintivamente la testa rifiutando quella terribile ipotesi, poi la voce di suo fratello lo riportò alla realtà:
“Perché continui a guardare il telefono?”
“Ho chiamato papà e gli ho detto che cosa è successo, ma non mi ha risposto”
Alla citazione del genitore Sam si irrigidì e si morse nervosamente un labbro.
“Perché lo hai fatto?”
“Come potrei nascondergli una cosa del genere?”
“Credi che gli importi? Mi ha cacciato, ricordi?”
Dean incassò e replicò:
“È vero, ma sono sicuro che quello che è successo cambierà le carte in tavola"
“John Winchester non perdona “
“Sei suo figlio"
“Se n’è dimenticato negli ultimi quattro anni”
“Non è…"
“Lascia perdere, non importa"
Sam chiuse gli occhi sperando con quel gesto di far desistere suo fratello dal tentativo di farlo alzare, ma Dean non ne aveva la minima intenzione.
“Non ci provare, stavamo parlando”
“Ti prego, non ho la forza di litigare con te”
“Allora alzati e andiamo a comprare qualcosa"
“Lasciami stare"
“Non posso"
“Voglio stare da solo”
“Non esiste”
Sam abbassò lo sguardo e scosse la testa.
Dean sospirò e si sedette accanto a lui stringendogli forte un braccio.
“Ascolta, ero piccolo quando è morta la mamma, ma mi ricordo bene che anche papà è crollato e se non fosse stato per l'aiuto di alcuni suoi amici che hanno badato a noi, saremmo finiti nelle mani dei servizi sociali. Era completamente annientato dal dolore e anche se c’era fisicamente, la sua mente era altrove e si è trascurato per giorni. Ricordo che spariva per ore e ci lasciava con Milly, la moglie di un suo commilitone, e ogni volta avevo paura che non sarebbe più tornato e che saremmo rimasti soli. Quando rientrava, aveva l’aria stravolta e solo molti anni dopo ho saputo che andava sulla tomba della mamma, voleva sentirsi ancora vicino a lei.
Una notte mi sono svegliato perché hai cominciato a piangere e stavo già per raggiungerti quando papà è entrato nella stanza e ti ha preso in braccio. Ha cominciato a cullarti, poi ti ha dato il biberon e ha aspettato paziente che ti riaddormentassi. Quando lo hai fatto, si è avvicinato al mio letto e si è steso accanto a me dicendomi che non sarebbe più andato via e che ci avrebbe tenuti sempre con sé"
“Questo che cosa c’entra?”
“C’entra perché papà mi ha raccontato che noi due siamo stati la sua ancora di salvezza e che, anche se eravamo due bambini, gli abbiamo dato la forza per andare avanti. Lui si è aggrappato a te e a me per non perdersi e adesso io voglio fare lo stesso per te, perché è questo che fa una famiglia, protegge e sostiene tutti i suoi membri”
“So che vuoi aiutarmi, ci sei sempre stato per me, ma questo…"
“Hai ragione, tutto questo è una merda e purtroppo stai vivendo quello che la sorte ti aveva risparmiato anni fa, ma non ti permetterò di scivolare via, quindi, per come la vedo io, hai solo due opzioni: la prima è quella più pacifica e dignitosa che prevede che ti alzi da solo, ti lavi e mi segui, la seconda, e giuro che lo faccio, è che ti trascino fuori così come stai e metto comunque il tuo culo in macchina"
L'aver parlato senza filtri questa volta non fece sentire in colpa Dean, che aveva constatato nei due giorni precedenti che assecondare suo fratello non era una buona idea.
“Sto aspettando, che cosa vuoi fare?”
“Perché non mi lasci in pace?”
“Risposta sbagliata, ma ti offro un'altra possibilità “
“Vattene, lasciami solo"
“Risposta sbagliata numero due"
Dean si avventò sul fratello, lo afferrò per le braccia e lo tirò verso di sé con un forte strattone.
“Toglimi le mani da dosso, non ti ho chiesto niente”
“Non lo hai fatto, ma in questo momento hai bisogno di chi si prenda cura di te"
Sam cercò di svincolarsi dalla presa di Dean, ma quest’ultimo tenne duro e lo scrollò.
“Basta, reagisci. Sei un ragazzo in gamba e so che puoi farcela. Non pretendo di capire quanto ti manca Jessica, ma, se tu hai perso lei, io non perderò te"
“Non sono forte, non ce la faccio"
“Appoggiati a me! Tu ed io contro il mondo, ricordi?”
“Dean"
“Non sei solo, sono qui e non ti mollo"
Sam abbassò la testa e mormorò:
“Che cosa devo fare?”
“Ti fidi di me?”
“Sì”
“E, allora, ascoltami e tirati su. Ti ho preso uno di quei frullati salutari e…”
“Non posso”
“Non pretendo che lo mangi tutto, solo qualche cucchiaio”
“Dean”
“Un passo alla volta, solo quello che riesci. Mandi giù qualcosa, poi ti fai una doccia e andiamo a fare spese”
Il ragazzo, dopo qualche esitazione, annuì e si rimise dritto sulle gambe.
“Non ti assicuro che riuscirò a mangiare, ma ci proverò”
“Mi accontento di questo. Ho preso anche dei pancake, vuoi che te li scaldi?”
“No, non fa niente. Vado prima in bagno”
“Come vuoi e chiama se hai bisogno”
“Okay”
Non appena Sam sparì dietro la porta, tirò via le lenzuola dal letto e le mise nella sacca per la lavanderia. In altri momenti lo avrebbe considerato un lusso, ma questa volta gli sembrava una coccola necessaria. E poi doveva fare il bucato da un po' e se non avesse provveduto quanto prima, avrebbe fatto concorrenza a suo fratello sul non avere nulla da mettere.
Si mise poi a sedere in attesa del ritorno di Sam e mentre si godeva il momento di pace, sentì vibrare il telefono. Lo cercò in tasca sperando che fosse il padre, ma, quando guardò cosa aveva pescato, si ritrovò con il cellulare di suo fratello tra le mani. Non aveva ancora avuto modo di restituirglielo e la regola del rispetto della privacy avrebbe voluto che lo appoggiasse sul tavolo senza aprirlo, ma i suoi buoni propositi se ne andarono a farsi benedire quando lesse che il mittente era un certo sergente Buttler. Aprì il messaggio e lesse che la polizia aveva chiuso il caso di Jessica classificandolo come un incidente domestico e che, di conseguenza, Sam poteva tornare all’appartamento se avesse voluto recuperare qualcosa.
Dean rabbrividì alla sola idea e stava per cancellare il messaggio quando ne arrivarono altri due: il primo era di un certo Brady, che si informava sulla salute di suo fratello e lo invitava a farsi vivo a nome di tutti i suoi amici di Stanford, il secondo era di una certa Johanna Moore.
La donna aveva lo stesso cognome di Jessica e il cacciatore pensò che potesse essere la madre della ragazza. Ne ebbe conferma quando lesse le parole affettuose nei confronti di Sam, poi il resto del messaggio fu una doccia fredda: la donna gli comunicava la data e l’orario del funerale della figlia dicendogli che avrebbe voluto che partecipasse alla cerimonia.
Proprio in quel momento il rumore dell’acqua si interruppe e Dean sentì lo stomaco che si stringeva.
Che cosa avrebbe dovuto fare? L’istinto protettivo gli urlava di cancellare i messaggi e di non farne parola con Sam, ma d’altro canto poteva arrogarsi il diritto di non fargli dire addio?
Il cacciatore chiuse per un attimo gli occhi, poi, sentendo scattare la porta del bagno, li riaprì convinto che suo fratello dovesse sapere. Aspettò che si sedesse, poi gli allungò il cellulare.
“Ti sono arrivati tre messaggi”
“E chi era?”
“Come fai a sapere che li ho letti e soprattutto come mai non ti incazzi?”
“Tu e la privacy non siete mai andati d’accordo. Allora, chi era?”
“Te lo dico mentre mangi”
“Non…”
“Hai detto che avresti provato”
“Okay”
Sam strappò un pezzetto di pancake e se lo infilò in bocca chiedendo con lo sguardo a Dean di rispondere alla sua domanda.
“Il primo era della polizia, hanno archiviato il caso come un incidente domestico e ti danno libero accesso all’appartamento, mentre il secondo era di un certo Brady. Ti ha scritto a nome dei tuoi compagni dell’università, volevano salutarti e dirti che ti sono vicini. Vorrebbero che li chiamassi, appena te la senti”
Il ragazzo annuì senza proferir parola, poi davanti al silenzio del fratello chiese:
“E il terzo?”
“I pancake sono ancora lì”
“Era papà?”
Dean rimase spiazzato dalla domanda e basandosi sul tono di voce di Sam avrebbe scommesso che stava desiderando che John avesse deciso di sotterrare l’ascia di guerra e stava arrivando per lui. Ne ebbe la conferma quando, dinanzi alla sua risposta negativa, suo fratello abbassò gli occhi per nascondere la profonda delusione.
Merda, come poteva dirgli che l’ultimo messaggio era da parte della madre della sua defunta ragazza?
Inaspettatamente fu Sam a toglierlo dall’imbarazzo prendendo il telefono e in un attimo il suo viso cambiò espressione. Lesse ciò che c’era scritto sul display, poi rimise il cellulare sul tavolo e si mise in piedi.
“Dove vai?”
“Devo stare da solo”
“Sammy”
Il giovane non si fermò davanti al richiamo di suo fratello e si avviò alla porta. La aprì e uscì sotto una pioggia divenuta nel frattempo battente.
Dean istintivamente lo seguì e lo vide allontanarsi attraverso il parcheggio del motel in direzione di un boschetto. Si mise alle sue costole, ma si mantenne comunque a debita distanza per concedere a Sam di vivere, come meglio credeva, quell’uragano di emozioni e si forzò a non avvicinarsi fin quando non lo vide crollare sulle ginocchia in preda ad una nuova crisi di pianto.  A quel punto uscì allo scoperto e si precipitò da suo fratello. Lo abbracciò, ma non tentò nemmeno di fermare le sue lacrime e il risultato di quell’escursione fu quello di bagnarsi dalla testa ai piedi e di dover rimandare ad un momento migliore lo shopping.
Tornati nella stanza, infatti, Sam si comportò come un automa e dopo aver ubbidito a Dean e essersi cambiato, si sedette sul letto e la sua mente andò lontana.
Stordito dal dolore, non aveva pensato che la famiglia avrebbe organizzato un funerale per Jessica e la prospettiva di andarci gli faceva molto male.
Come avrebbe fatto a sopportare la vista di una bara e gli sguardi compassionevoli di tutti quelli che lo conoscevano?
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Dean si sedette accanto a lui e gli disse:
“Non devi andarci per forza”
“Lo so, ma…”
“Se vuoi andare a dirle addio, io verrò con te, sarò sempre al tuo fianco”
“Davvero?”
“Sì. Egoisticamente vorrei evitarti questo strazio, ma ti sosterrò qualsiasi sia la tua decisione”
Sam guardò Dean e chiese:
“Tu che cosa faresti?”
“Non ne sono sicuro, ma credo che vorrei esser presente al funerale. Non c’ero a quello della mamma, non ricordo come è andata, ma mi è sempre rimasto il magone per non averle potuto dire addio”
“Vuoi rispondere alla madre di Jessica da parte mia?”
“Cosa vuoi che le scriva?”
“La verità, che non sono sicuro di farcela”
“Okay”
Dean prese il cellulare e digitò un messaggio in cui per prima cosa si presentava e le faceva le condoglianze, poi aggiunse quello che gli aveva detto Sam.
La risposta della donna non si fece attendere e il maggiore dei fratelli Winchester ne lesse il contenuto rimanendo sbalordito. La signora Moore, infatti, si mostrava molto comprensiva e si diceva felice di sapere che Sam non era da solo.
“Deve essere una brava donna”
“Lo è, sono una famiglia perbene e non vorrei far loro un torto non presentandomi, ma…”
“Ascolta, il funerale è domani pomeriggio, non devi decidere per forza adesso”
“Verresti davvero con me?”
“Ci puoi giurare”
“Dean?”
“Sì?”
“Grazie”
“Non dirlo nemmeno, spina nel fianco!”
Il resto della giornata scivolò via senza che Sam prendesse una decisione su cosa fare l’indomani e quando i due fratelli si ritrovarono davanti alla cena, Dean non sapeva come muoversi.
“Non ne mangi più?”- chiese indicando il petto di pollo nel piatto di fronte al suo.
“Credo di no”
“Non ne hai mandato giù molto, ma direi che oggi hai fatto gli straordinari e posso accontentarmi”
“Devo andare?”
Eccolo lì, il caro, vecchio Sam, diretto e senza fronzoli.
“La vera domanda è se vuoi”
“Una parte di me sì, ma l’altra mi dice di restare lontano. Che cosa dovrei rispondere a chi, a cominciare dalla famiglia di Jessica, mi chiederà come è morta?”
“Che eri partito con me per il weekend e quando siamo tornati, la casa è andata in fiamme, in pratica quello che è successo”
Sam non ribatté e per il resto della serata rispose a monosillabi alle domande del fratello, poi andò a letto e il mattino seguente, dopo una notte praticamente insonne, comunicò a Dean che aveva deciso di andare alla funzione.
“Ne sei sicuro?”
“No, ma ci andrò lo stesso se tu mi starai sempre incollato”
“Lo farò”
Il tempo passò troppo velocemente per Dean, che vide ora dopo ora crescere l’angoscia sul volto di Sam tanto che ad un certo punto avrebbe scommesso che aveva cambiato idea, ma alla fine i due Winchester uscirono dalla stanza del motel. Non appena si ritrovarono all’aperto il minore dei fratelli inspirò profondamente quasi volesse trovare la forza per coprire la distanza tra lui e l’Impala, poi si mosse in direzione dell’auto. Vi entrò e quando anche Dean chiuse lo sportello, si sentì stranamente a disagio.
Quella macchina era stata per anni casa sua e tra le sue lamiere aveva guardato ammirato suo padre, aveva riso con il suo fratellone e pianto quando avevano lasciato indietro il suo orsacchiotto in una rocambolesca fuga. L’Impala lo aveva cullato durante i suoi sogni ed aveva sempre rappresentato un porto sicuro, un rifugio in cui richiudersi quando era arrabbiato, o triste, eppure in quel momento provava una sensazione molto spiacevole. Era sciocco, ma si sentiva quasi prigioniero ed evidentemente la sua agitazione era talmente chiara che suo fratello gli chiese se stava bene.
Sam si voltò a guardarlo e quasi rise della domanda, ma poi si limitò ad annuire e il familiare rumore del motore gli riempì le orecchie.
Quando l’auto si mosse, la sensazione di claustrofobia aumentò e cercò di migliorare le cose aprendo il finestrino nonostante il fatto che fosse una giornata decisamente fredda.
“Sammy, mi devo fermare? Vuoi che torniamo indietro?”
Il ragazzo scosse la testa, poi tornò a girare il volto verso l’aria che lo schiaffeggiava tentando così di rimanere lucido e in parte funzionò, almeno fino a quando l’Impala rallentò fino a fermarsi.
“Siamo sempre in tempo ad andare via, non devi per forza…”
Il giovane per tutta risposta aprì lo sportello dell’auto e si mise in piedi fissando la scena davanti a sé.
Tanta gente affollava l’ingresso della Stanford Memorial Church e c’erano decine di mazzi di fiori lasciati da persone, che in qualche modo volevano salutare la sfortunata ragazza.
Sam riconobbe tra la folla Brady e Helena, che piangeva disperata tra le sue braccia, e accanto a loro tutti gli amici comuni. Cercavano di farsi coraggio, ma, come sempre accade quando muore una persona molto giovane, era evidente che non riuscivano a darsi pace per la fine così assurda di Jessica.
Il giovane Winchester rimase fermo a guardarli anche mentre, poco dopo, richiamati dal suono delle campane, entrarono in chiesa. Gli sembrava tutto così surreale, come se stesse vivendo un sogno ad occhi aperti, ma sapeva che non lo era e ne ebbe la conferma quando Dean lo prese per un braccio e gli disse:
“Se ne sei ancora convinto, dobbiamo muoverci”
Che cosa accadde da quel momento a quando si ritrovò seduto in chiesa accanto a suo fratello, Sam non avrebbe saputo dirlo. Sentiva che in molti lo stavano guardando, ma lui non riusciva ad alzare gli occhi dal pavimento, non voleva farlo perché questo avrebbe significato vedere la bara di Jess e non era pronto a farlo.
In quella chiesa la sua ragazza aveva sognato di sposarsi perché adorava le sue vetrate, anzi avevano anche scherzato sul fatto che avrebbero fatto la luna di miele in Italia per andare ad ammirarle in loco, ma Sam non era riuscito a farle sul serio la proposta. Le aveva preso l’anello, ma voleva essere sicuro dell’ammissione alla scuola di legge prima di chiederle di diventare la signora Winchester.
Il giovane prese a tremare mentre la voce dell’officiante gli arrivava ovattata e altrettanto incomprensibile gli sembrò quello che Dean gli stava dicendo. Ad un certo punto alzò gli occhi verso l’altare e quando vide con i suoi occhi la realtà, non resse più e crollò. Si chinò su se stesso e iniziò a singhiozzare mentre suo fratello gli avvolgeva le spalle con un braccio tentando di confortarlo.
“Ehi, non fare così”
Ad un certo punto la sensazione di mancanza d’aria tornò e il fiato gli divenne sempre più corto fino a quando non si sentì tirare in piedi e trascinare fuori dalla chiesa. Si ritrovò seduto sulle scale laterali e per fortuna, a cerimonia finita, nessuno ebbe la bella idea di avvicinarsi a fargli le condoglianze, probabilmente per gli sguardi assassini che Dean aveva lanciato in direzione di chiunque aveva fatto un passo nella loro direzione.
Sam sentiva che il fratello gli parlava, ma tutto era maledettamente confuso e rimase quasi senza fiato quando qualcuno si sedette accanto a lui.
Che diavolo stava facendo Dean? Aveva promesso che non lo avrebbe lasciato solo un attimo e invece adesso un paio di mani femminili lo stavano aiutando a reggere una bottiglina d’acqua e lo stavano incitando a bere.
“Coraggio, tesoro, Jess non verrebbe vederti in questo stato”
Sam riconobbe la voce, era la signora Moore e alzò gli occhi verso di lei.
“Dai, solo qualche sorso”- insisté la donna.
Il ragazzo bevve, poi tentò di chiederle perdono per non aver salvato la figlia, ma le parole non gli uscirono. Non riuscì nemmeno ad opporsi quando la donna lo abbracciò e prese ad accarezzargli la nuca.
“Ascoltami bene, Sam. Mia figlia ti amava tanto e il tempo che ha trascorso con te è stato il più bello della sua vita. Mi chiamava tutti i giorni e mi raccontava di quanto eravate innamorati ed ero sicura che, se Dio non l’avesse chiamata a sé, è con te che avrebbe passato la sua vita”
Dean, che era in piedi davanti ai due, sussultò sentendo parlare di Dio perché il bastardo che aveva dato fuoco a Jessica non aveva niente a che fare con i piani alti, ma questo non l’avrebbe mai detto a quella madre in lutto. Restò zitto guardando la signora Moore che continuava a stringere suo fratello e a rivolgergli parole affettuose e le fu molto grata quando gli disse che non doveva sentirsi in colpa per non averla salvata.
Glielo aveva detto anche lui, ma forse ascoltarlo dalla madre della sua ragazza avrebbe avuto un altro peso. Pensò anche di allontanarsi per lasciarli un po' da soli, poi rimase dov’era perché vide avvicinarsi un’altra figura. Questa volta era un uomo e il maggiore dei fratelli Winchester ipotizzò che fosse il padre di Jessica dai tratti somatici e dal modo in cui si rivolse alla signora Moore invitandola a seguirlo al cimitero.
La donna annuì e dopo aver fatto un’altra carezza a Sam, si alzò chiedendo a Dean di prendersi cura di lui e di chiamarli se avessero avuto bisogno di qualsiasi cosa.
“Grazie, signora Moore. Sono davvero dispiaciuto per Jessica”
I coniugi Moore si allontanarono e il giovane riprese il suo posto accanto al fratello, che aveva smesso di piangere, ma sembrava incapace di fare qualsiasi cosa.
Il corteo funebre partì e poco alla volta la gente si allontanò liberando la zona antistante la chiesa.
Il silenzio prese il posto del brusio e in quel momento Dean avvertì la spiacevole sensazione di essere osservato. Si guardò intorno, ma non vide nessuno, eppure era sicuro che non fossero soli. Entrò in modalità cacciatore e mise la mano destra sulla pistola. Continuò ad ispezionare la zona temendo che il demone fosse venuto a godere del male che aveva fatto, ma rimase scioccato quando,da dietro un albero lontano qualche decina di metri, vide spuntare non un paio di occhi gialli ma suo padre.
Sentì il cuore andargli a mille sollevato dalla constatazione che fosse vivo e vegeto, ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento che lo lasciava perplesso. Nell’aspetto era decisamente John Winchester e chiunque si sarebbe aspettato che si sarebbe avvicinato per dare conforto a Sam e invece se ne stava a distanza con lo sguardo su suo figlio minore.
Dean strinse più forte la pistola e tolse la sicura. Dopotutto quello poteva non essere papà, ma un mutaforma del cazzo con uno strano senso dell’umorismo... Si alzò e si mise in modo protettivo davanti a suo fratello, che ignaro di tutto continuava a tenere lo sguardo basso.
Non appena gli fu impedito di guardare ancora Sam, l’uomo sorrise e gli fece cenno di tacere prima di sparire di nuovo dietro l’albero.
Istintivamente Dean lo avrebbe rincorso, ma avrebbe lasciato suo fratello in una situazione di grave pericolo se qualche schifosa creatura stava gironzolando lì intorno, così non si mosse e decise che in ogni caso dovevano guadagnare una posizione meno vulnerabile. Si voltò verso Sam e senza troppi complimenti lo tirò su e lo costrinse a seguirlo all’Impala. Lo fece entrare senza che quest’ultimo reagisse in qualche maniera e partì a razzo in direzione del motel.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dean scostò la tenda della finestra della loro stanza al motel e osservò per l’ennesima volta il parcheggio. Apparentemente non c’era nulla di insolito, solo quattro auto davanti alle porte delle stanze occupate, bidoni della spazzatura e qualche lampione qua e là, eppure il cacciatore si sentiva molto irrequieto.
Quello che era accaduto fuori dalla chiesa lo aveva turbato e da qualunque angolazione la guardasse, la situazione appariva molto strana. Nell’ipotesi migliore aveva visto davvero John Winchester, ma in quel caso non riusciva a capire perché non si fosse avvicinato a Sam e gli avesse offerto una spalla su cui piangere, in quella media lo stress di quei giorni gli stava tirando un brutto scherzo, nella peggiore quella creatura li aveva fiutati e doveva stare all’erta.
La cosa che lo aveva inquietato di più in tutta la situazione era stato quel sorriso...
Che cosa aveva voluto dire?  Era stato un atto ostile? La promessa di un imminente attacco?
Il suo istinto di cacciatore lo portava a ritenerla tale, eppure Dean aveva avuto la sensazione che, quando si era messo tra lui e suo fratello sfidandolo a fargli del male, l’uomo non si fosse infastidito, anzi gli era sembrato che fosse felice della sua reazione e in quel caso non poteva che essere l’originale John Winchester.
Ma se era lui, perché gli aveva fatto cenno di tacere e soprattutto perché se n’era andato?
Se aveva ascoltato i suoi messaggi ed era tornato per vedere come stava Sam, perché poi gli aveva voltato le spalle?
Perso nei suoi pensieri e concentrato a cogliere qualsiasi anomalia nel parcheggio, Dean non si accorse che suo fratello si era alzato dal letto, sul quale era sprofondato appena tornati dal funerale, e si era avviato con una certa urgenza in bagno. Riprese contatto con ciò che lo circondava solo quando sentì gli inconfondibili conati misti a nuove lacrime e a quel punto lasciò la sua posizione di vedetta. Arma alla mano arretrò verso l’interno della stanza e si piantò sull’uscio del bagno per poter dare un occhio a Sam senza perdere di vista l’ingresso.
“Ehi”
“Dean”
Il richiamo disperato di suo fratello spinse il maggiore dei Winchester ad avvicinarsi a lui e appoggiata la pistola sul pavimento, lo sostenne mentre vomitava l’anima.
“Sono qui”
“Non può essere morta, non è morta”- mormorò durante una pausa concessa dal suo stomaco.
“Sammy, sai che Jessica non c’è più, devi accettarlo”
“No, io non posso perderla! Possiamo riportarla indietro, possiamo trovare qualcosa, chiedere a qualcuno”
“Mi dispiace, ma, se pure ci fosse il modo e non lo conosco, non lo faremo”
“Perché non vuoi aiutarmi?”
“Perché non è giusto stravolgere l’ordine naturale delle cose”
“Solo per Jessica, ti prego”
“Sam, non possiamo scherzare con la morte, ci sarebbero di sicuro delle conseguenze da pagare”
“Non mi importa, la rivoglio indietro”
“Non ti lascerò fare nessuna cazzata”
“E se fossi morto io?”
“Non sei morto, ma, se dici ancora una stronzata del genere, ci andrai molto vicino perché ti stacco la testa a sberle”
“Se trovassimo il modo, potremmo riportare indietro anche la mamma”-rincarò il più giovane afferrando con entrambi le mani la maglietta di Dean.
Quest’ultimo accusò il colpo e per un momento si lasciò tentare dalla disperata idea del fratello, ma poi la ragione riprese il sopravento e rispose:
“Pensi che, se ci fosse un modo, papà non l’avrebbe trovato? Credi che non avrebbe riportato indietro sua moglie, la madre dei suoi figli, e si sarebbe riappropriato della vita che quel demone di merda gli ha strappato? Se non l’ha mai fatto, è perché è una cosa fottutamente…”
“Forse non ha trovato il modo, ma, se mi mettessi a cercare, se io…”
“Tu niente, non ti azzardare”
“Anche papà diceva che ero bravo nella ricerca, posso riuscirci e rimettere le cose a posto”
“Non farai niente del genere, scordatelo”
Sam riconobbe lo sguardo severo di Dean, quello che sfoderava quando davvero la faceva grossa, e si sentì perso. Aggrapparsi alla speranza di riavere Jessica, aveva calmato il suo pianto e il suo stomaco, ma la disapprovazione di suo fratello lo fece di nuovo sprofondare. Le lacrime ripresero a scorrere e probabilmente avrebbe vomitato ancora se Dean non lo avesse attirato a sé invitandolo a tenere duro.
Sam tentò di respingerlo, arrabbiato per il rifiuto ricevuto, ma poi si lasciò abbracciare e il deja-vu partì senza preavviso. Quando era piccolo, reagiva sempre con stizza quando papà gli negava per l’ennesima volta un libro, o un giocattolo perché, come al solito, erano al verde, e aveva l’abitudine di andarsi a rintanare nei posti più angusti che riusciva a trovare.  Data la scarsa tolleranza di John ai capricci di suo figlio minore, toccava sempre a Dean andarlo a scovare e a calmarlo, e non erano mancate volte in cui il suo fratellone era stato il bersaglio di calci e morsi, ma non lo aveva mai abbandonato. Aveva lottato contro il suo esile fisico e alla fine lo aveva sempre accolto in un solido abbraccio sussurrandogli rassicurazioni.
Sul pavimento del bagno di quel motel di merda Sam si sentì di nuovo bambino e ascoltò svuotato le parole che Dean gli rivolse:
“Ascolta, capisco che adesso faresti qualsiasi cosa per riavere la tua ragazza, ma sei una persona pulita e dentro di te sai che quello che stai dicendo è sbagliato. Sei stanco e spaventato, pessima combinazione da sempre per te, ma le cose andranno meglio, vedrai. Non domani e magari nemmeno tra una settimana, ma conosco mio fratello e so che ce la può fare”
“Ho freddo”
“Lo so, ti sento tremare. Non saresti più a tuo agio sotto le coperte?”
Sam annuì e mormorò:
“Immagino che questo significhi che devo alzarmi”
“Di certo non posso prenderti in braccio, principessa, il tuo culo pesante è fuori dalla mia portata massima”
“Mi sentivo così al sicuro quando lo facevi”
“Di che stai parlando?”
“Di quando mi portavi a casa in braccio dopo la scuola perché papà non era venuto a prenderci. Sai una cosa? A volte non era vero che ero stanco”
“L’ho sempre sospettato”
“E perché non hai mai detto niente?”
“Perché i tuoi dannati occhi da cucciolo mi fregavano ogni volta e mi piaceva sentirmi l’eroe del mio fratellino”
“Lo sei sempre stato, più di papà”
“Non dire cazzate”
“E’ la verità, ci sei sempre stato tu accanto a me. Sta succedendo anche adesso, no? Non gli importa niente di me, per lui non esisto più”
“Non dire così”
“E’ la verità”
“Sammy, sono sicuro che, se potesse, sarebbe qui”
“Smettila di giustificarlo e poi, è stato così chiaro: se esci da quella porta, non fai più parte di questa famiglia”
“Era arrabbiato, non lo pensava davvero”
“E, allora, dov’è? Che cosa deve succedere per farlo tornare? Forse se fossi morto per mano del demone, sarebbe venuto ad indagare, forse..”
“Non sai quello che dici”
“Se fossi stato un caso, sarei stato degno della sua attenzione?”
Mentre Sam continuava nel suo monologo, Dean lo tirò su e lo portò a letto. Lo stese, poi gli sfilò le scarpe. Lo coprì con cura, poi spense le luci per farlo riposare.
“Dee”
“Sono qui, Sammy, sta tranquillo”
“Non mi abbandonare come ha fatto papà”
“Nessuno mi schioda da qui, promesso”
“Non mi perdonerà mai per aver lasciato la caccia, ma io volevo solo una vita normale. Che cosa c’è di sbagliato? Che cosa ho fatto di così terribile?”
“Non pensarci adesso, cerca di dormire”
“Non è venuto, papà non è venuto”
Le ultime parole, che il fratello pronunciò prima di cedere allo stress della giornata appena trascorsa, fecero montare una profonda furia in Dean e probabilmente, se avesse avuto davanti John in quel momento, non sarebbe stato molto amichevole.
D’accordo, era arrabbiato e deluso per l’ammutinamento di suo figlio minore, ma quello che era successo pochi giorni prima avrebbe dovuto farlo tornare sui suoi passi, giusto?
Doveva mollare tutto e correre da Sam, questo avrebbe dovuto fare un vero padre, cazzo!
Non importa cosa un figlio possa aver fatto, o quanto lontano possa andare, un figlio è un figlio per tutta la vita e non appena lo avesse riavuto a tiro, avrebbe fatto un bel discorsetto a suo padre perché suo fratello non si meritava il suo disprezzo prima, e tantomeno la sua indifferenza ora.
Dean avrebbe continuato a seguire il filo dei suoi pensieri se qualcosa non avesse attirato la sua attenzione e dopo aver recuperato la pistola dal pavimento del bagno, si riavvicinò alla finestra.
La stanza era stata inondata da una forte luce e il cacciatore si chiese chi fosse il coglione di turno che stava disturbando il sonno di Sam.
“Non potevi parcheggiare più in là?”- sbottò spostando di lato la tenda per dare un’occhiata, poi sentì il cuore perdere un battito quando si rese conto che i fari accesi erano quelli dell’Impala.
Era sicuro di averli spenti quando erano tornati ed erano spenti tutte le volte che si era affacciato per ispezionare il parcheggio. Qualcosa non quadrava, soprattutto perché il motore non ruggiva e quindi in teoria non era in corso un tentativo di furto. Aguzzò la vista e nonostante il bagliore, distinse qualcuno all’interno dell’abitacolo e questo, per quanto lo riguardava, equivaleva ad una dichiarazione di guerra perché nessuno toccava Baby tranne lui. Si stava già precipitando fuori quando i fari si spensero e la figura scese dall’auto e chiuse lo sportello.
Dean la osservò dall’interno della stanza e la trovò stranamente familiare. Diede un’occhiata a Sam, poi cautamente aprì la porta e puntò la pistola contro l’uomo, che sembrava aspettarlo.
“Allontanati dalla mia auto”
“Tecnicamente è ancora la mia auto, non abbiamo mai fatto un passaggio di proprietà”
“Papà?”
La figura avanzò e salutò:
“Ciao, Dean”
“Non ti avvicinare”
Senza voltarsi il giovane Winchester cercò la maniglia della porta e se la chiuse alle spalle fornendo così un minimo di protezione a suo fratello.
“Bene, vedo che il mio addestramento è servito”
“Chi sei?”
“Dean, sono davvero papà”
“La tua parola non mi basta, dovrai impegnarti un po' di più”
John guardò in maniera interrogativa il figlio maggiore e chiese:
“Vuoi le prove?”
“Ci puoi giurare e ti concedo pochi minuti per darmele, o ti pianto una pallottola in mezzo agli occhi”
“Okay, stai calmo”
L’uomo prese un coltello e si fece una piccola incisione sul braccio, poi passò all’acqua santa e solo dopo che ebbe superato tutti i test, suo figlio maggiore abbassò l’arma.
“Soddisfatto adesso?”
Dean gli lanciò un’occhiataccia, si sentiva dilaniato tra la voglia di correre ad abbracciarlo dopo averlo dato per disperso per settimane e la collera per il suo atteggiamento nei confronti di Sam, così chiese stizzito:
“Solo a metà. Visto che sei veramente John Winchester, mi spieghi perché ti sei presentato fuori dalla chiesa e poi te ne sei andato?”
“Non voglio che tuo fratello mi veda”
“Perché? Ha bisogno di te”
“Vorrei tanto avere il tempo di spiegarti, ma non ne ho. Sono qui perché volevo vedere Sam prima di ritornare a caccia”
“A caccia? Tuo figlio è lì dentro a pezzi e tu pensi ad inseguire il mostro di turno?”
“Non il mostro di turno, è Occhi Gialli”
“Sam è più importante”
“Lo è ed è per questo che non posso restare”
“Qualcosa di meno criptico?”
“Non adesso, voglio vedere Sam. Immagino che dorma, ho visto che hai spento tutte le luci”
“Sì, era davvero stremato. Quando è arrivato il messaggio della signora Moore, che lo invitava alla funzione, ho seriamente pensato di non dirglielo, ma poi ha letto quello che gli aveva scritto”
“Hai fatto la scelta giusta”
“Non ne sono convinto”
“Che è successo?”
“E’ stata l’ennesima mazzata, non l’ho mai visto così sconvolto. Ma, tornando a te, da quanto sei qui?”
“Sono arrivato ieri e sono stato fuori casa di tuo fratello. Ho incontrato un suo vicino e, quando gli ho detto chi ero, mi ha subito rassicurato sul fatto che eravate entrambi illesi, ma che Sam era stravolto. Ho immaginato che non lo avresti costretto ad una lunga traversata in macchina e…”
“In realtà io avrei guidato fino a svenire sul volante, ma lui ha insistito per non lasciare Palo Alto e l’ho accontentato”
“L’avrai fatto anch’io e non andando via, mi hai reso le cose più facili. Mi sono messo a cercarvi nei motel della zona e dopo qualche buco nell’acqua, ho visto l’Impala e mi sono fermato”
“Come hai saputo del funerale?”
“La morte di Jessica era su tutti i giornali e anche se non ne ero certo, pensavo che Sam ci sarebbe voluto andare”
“Ha esitato molto, poi mi ha detto che se la sentiva e il resto lo hai visto con i tuoi occhi”
“Devo fermare quel bastardo, ora più che mai”
“Papà, che cosa mi stai nascondendo?”
“Dean, fidati di me”
“L’ho fatto per tutta la vita, ma merito una spiegazione, non credi?”
“D’accordo, hai ragione. Entro a vederlo, poi ti racconterò come stanno le cose”
“Vengo con te”
“Ti ho dimostrato che sono veramente io, non voglio fargli del male”
“Lo so, ma che cosa farai se si sveglierà?”
“Non si sveglierà”
“Sembri sicuro di te”
“C’era un leggero sedativo nell’acqua che ha bevuto”
“Cosa?”
“Quella che gli ha offerto la signora Moore”
“Non voglio nemmeno sapere come hai fatto, non mi interessa in questo momento, ma sei proprio sicuro che fosse leggero?”
“Che vuoi dire?”
“Ha vomitato fino a poco fa”
“Non volevo farlo stare male, mi dispiace”
“Sicuramente no, ma perché lo hai sedato?”
 “Era l’unico modo per avvicinarmi a lui senza farmi vedere”
“Poco ortodosso, ma efficace. Quando ha smesso di rispedire al mittente il poco che aveva mangiato, è andato knock-out velocemente”
John scosse la testa, poi seguì il figlio maggiore all’interno della stanza del motel. Individuò subito Sam su uno dei due letti e dopo essersi sfilato la giacca, si andò a sedere accanto a lui. Gli appoggiò una mano sulla testa, poi si chinò a baciargli la fronte.
“Figlio mio, mi dispiace così tanto”
Dean rimase in silenzio e rivide in quell’uomo il papà tenero e protettivo che aveva avuto la fortuna di avere per quattro anni. Lo vide accarezzare ripetutamente il volto di Sam e in cuor suo sperò che suo fratello si svegliasse. A quel punto suo padre non sarebbe potuto scappare e in un modo, o in un altro sarebbero stati di nuovo insieme, ma la giornata pesante e l’aiutino di John tennero il ragazzo in stato di incoscienza.
“In chiesa ho temuto che avesse un malore”
“Eri dentro?”
“Sì, sono arrivato prima di voi e mi sono mischiato tra la folla. Quella ragazza doveva essere speciale, c’era davvero un mare di gente. Tu l’hai conosciuta?”
“Di sfuggita quando sono venuto a prendere Sam. E a proposito di questo… Dove eri sparito e perché non hai risposto alle mie chiamate?”
“Stavo inseguendo quel bastardo, gli sto addosso”
“E non hai nemmeno sentito i miei messaggi?”
“Li ho sentiti, per questo sono venuto”
“Intendo prima di quelli in cui ti informavo della morte di Jessica”
“Sai com’è quando si lavora ad un caso”
“Sì, ma, se tu avessi risposto, forse non mi sarei precipitato a prendere Sam”
John si voltò a guardare Dean e cogliendo la sottile accusa nelle parole del figlio maggiore, rispose:
“Il demone avrebbe attaccato lo stesso”
“Come fai a saperlo?”
“Ho catturato un paio di galoppini e tutti mi hanno detto che Occhi Gialli stava per riscuotere”
“Non capisco”
“Dean, non è il momento”
“Stai parlando di mio fratello, è sempre il momento”
L’uomo si mise in piedi e afferrò il figlio per un braccio.
“Ricordati con chi stai parlando, ragazzo”
“Non l’ho mai dimenticato, ma…”
“Ma diventi una belva quando si tratta di Sam e questo lo apprezzo tanto. Ho visto come mi hai impedito perfino di guardarlo quando eravate sulle scale della chiesa, mi hai fulminato”- disse John cercando di abbassare la tensione, che lui stesso aveva contribuito ad alzare.
“Perché hai sorriso?”-rispose il giovane raccogliendo l’assist di una tregua.
“Per il tuo gesto protettivo! Per te lui sarà sempre Sammy, vero?”
Dean annuì, poi ritornò serio sentendo il fratello lamentarsi.
“Che cos’ha?”
“Credo che stia avendo un incubo”
John si riavvicinò al figlio e si sedette di nuovo accanto a lui. Gli prese una mano e gliela strinse forte.
“Tranquillo, Sammy, non sei solo”
Rimase a vegliarlo per circa una ventina di minuti, poi, non appena ebbe la certezza che il suo ragazzo stava dormendo profondamente, si alzò, si diresse verso la sedia dove aveva abbandonato la giacca e la riprese per rimettersela.
“Che stai facendo?”
“Non ricominciare, ti ho già detto che non posso restare”
“Hai detto che mi avresti spiegato”
“Sì, ma quello che ti dirò resterà fra me e te, tuo fratello non dovrà mai saperlo”
“Sapere cosa?”
“Andiamo fuori”
John e il figlio maggiore uscirono nel parcheggio e in quella spianata d’asfalto Dean conobbe l’atroce verità che suo padre aveva scoperto.
“Ne sei sicuro?”
“Sì ed è per questo che non devi farne parola con lui. Non voglio che si massacri con il senso di colpa”
“Colpa per che cosa?”
“Credi che non si sentirebbe la causa della morte di tua madre e della sua ragazza?”
“Che cosa c’entra lui? Aveva sei mesi quando la mamma è morta e…”
“Dean, non sei uno stupido, non può essere una coincidenza che sia tua madre sia la sua ragazza siano morte nello stesso modo. Se dovessi pensare a questa storia come un caso, non concluderesti che il legame fra le due è Sam e che è chiaro che punti a lui?”
“Sì, lo farei”
“Per questo devi lasciarmi andare e non dovrai dire a tuo fratello che sono stato qui”
“Sparirai di nuovo?”
“No, resterò in contatto”
“Vuol dire che mi chiamerai?”
“No, Sam potrebbe accorgersene, è meglio che mi aggiorni tu quando non è nei paraggi”
“Stai dando per scontato che resteremo insieme”
“Che vuoi dire?”
“Non so che intenzioni abbia, potrebbe anche decidere di restare al college. La sera in cui Jessica è morta mi ha fatto capire che avrebbe voluto dare la caccia a Occhi Gialli, ma era sconvolto e sappiamo quanto ha lottato per lasciare la vita sulla strada”
“Non devi assolutamente permetterglielo, non deve seguire quel bastardo. Devi tenerlo lontano, mi hai sentito?”-chiese l’uomo alzando di nuovo i toni.
“Forse ti sfugge che Sam è cresciuto e già quattro anni fa ha messo in chiaro che non si fa mettere i bastoni tra le ruote da nessuno”
“Dean, ho bisogno di sapere che ci sarai tu a guardargli le spalle, mi faresti ripartire più sereno”
“Continuo a pensare che non dovresti andartene! Se vi parlaste, magari riuscireste a chiarirvi e torneremmo ad essere una famiglia”
“Siamo una famiglia”
“Ah, certo, siamo talmente uniti che vogliono fare una sit-com su di noi. Guardiamo in faccia la realtà, papà, siamo tre schegge impazzite e di certo tu non aiuti allontanandoti di lui. Sta male per la morte di Jessica, ma non ha fatto altro che sottolineare che non eri venuto. Pensa che lo odi e che non lo perdonerai mai”
“Come potrei odiarlo? E’mio figlio”
“E allora dimostraglielo, perché non ha mai avuto bisogno di te come in questo momento”
“Se mi fermassi, lui poi insisterebbe per seguirmi alla ricerca di Occhi Gialli e questo non lo posso permettere. Non voglio che si avvicini a quel figlio di puttana, non glielo offrirò su un piatto d’argento”
“Quindi va bene che soffra da solo?”
“Non è solo, ci sei tu”
“Sì, ma vuole suo padre”
Il silenzio cadde tra i due Winchester, poi John, forzandosi a non cedere alle sue emozioni, ribadì:
“Devo andare”
“Posso almeno dirgli che hai chiamato?”
“Se lo facessi, ti chiederebbe il mio numero, o rimarrebbe impantanato nell’attesa che mi facessi vivo”
“Quindi devo starmene fermo e zitto a guardare mio fratello, che soffre come un cane per la morte della sua ragazza e per la convinzione che a suo padre non freghi un cazzo di lui?”
“So di chiederti tanto, ma sono sicuro che, a mente fredda, farà due più due e pretenderebbe di cacciare insieme Occhi Gialli”
“E che cosa ci sarebbe di sbagliato in questo?”
“Ti ho già spiegato che non voglio che gli si avvicini, soprattutto perché è giovane e potrebbe fare qualcosa di avventato”
“Non eri molto più grande di lui quando la mamma è morta”
“No, non lo ero e ho fatto un sacco di cazzate all’inizio. Non posso permettere a Sam di farsi guidare dall’ira e dal dolore, si farebbe ammazzare”
“Allora resta e impediscigli di cadere”
John riconobbe la sensatezza delle argomentazioni di suo figlio maggiore e sospirò.
“Non c’è niente al mondo che vorrei più che rientrare, svegliarlo e stringerlo forte, ma non è il momento e tu devi capire, devi aiutarmi a tenerlo al sicuro”
Dean guardò suo padre e gli lesse in volto una grande tristezza.
“Papà, io…”
“Pensi che mi abbia fatto piacere vederlo in lacrime e sull’orlo di un collasso? Sono suo padre e nonostante quello che gli ho detto quella maledetta notte, non ho mai smesso di amarlo”
“Non l’ho mai messo in dubbio, ma ancora non riesco a convincermi che il meglio per Sam in questo momento sia non averti con lui. Tu non l’hai visto, papà, non puoi nemmeno immaginare quanto fosse deluso quando gli ho detto che non avevi risposto ai miei messaggi”
“Non rendermi le cose più difficili di quelle che sono! Hai detto che ti fidi di me e allora dimostramelo facendo quello che ti dico”
La voce di John ritornò quella del sergente Winchester e ripeté l’ordine:
“Fa’ quello che ti dico, Dean”
Il cacciatore più giovane sostenne lo sguardo severo del padre per qualche secondo, poi rispose:
“Sì, signore”
“E non dirai a Sammy che sono stato qui”
“Non glielo dirò”
“Okay, adesso ci siamo”
L’uomo scavò nervosamente nelle tasche della giacca e tirò fuori le chiavi. Fece per avviarsi verso il suo pick up, poi si voltò a guardare suo figlio maggiore, che era rimasto davanti alla porta della sua stanza, e chiese:
“Non mi accompagni?”
“Non voglio lasciare da solo Sammy”
“Dean”
“Mi hai chiesto di seguire un ordine e lo farò, ma questo non significa che sono d’accordo con quello che hai deciso”
“Questo lo capisco, ma, credimi, è la cosa migliore”
“Che cosa gli dirò se mi chiederà ancora di te?”
“Che non ho risposto ai tuoi messaggi, ovvero una parte della verità! Andiamo, accompagnami, Sammy non si sveglierà e ho visto che hai protetto la stanza”
John si avviò e Dean gli andò dietro fino alla fiancata sinistra di un Dodge nero parcheggiato sul retro del motel. L’uomo inserì le chiavi nella serratura e aprì lo sportello, poi si voltò e abbracciò il figlio.
“Sono orgoglioso di te”
Quelle parole furono un balsamo per l’anima del maggiore dei fratelli Winchester, che si godette la stretta del padre per tutto il tempo che l’uomo lo tenne ancorato a sé, poi si staccò e disse:
“Starò attento a Sammy, papà, ma tu non correre rischi inutili e torna tutto intero”
“Lo farò”
Il cacciatore salì sul pick up e avviò il motore, poi, dopo un cenno di saluto al figlio, si lasciò alle spalle il motel.
Dopo averlo visto sparire, Dean tornò sui suoi passi e rientrò in camera.
Sam stava ancora dormendo e il cacciatore provò l’irrefrenabile impulso di stendersi accanto a lui.
Certo, la mattina dopo sarebbe stato un po' imbarazzante spiegargli il motivo di quell’invasione di campo, ma per il momento Dean si concesse di non pensarci. Sistemò meglio le coperte sul fratello, poi chiuse gli occhi e ripensò alla conversazione che aveva avuto con John. Solo dopo circa un’ora permise alla stanchezza di vincere la sfida contro la sua forza di volontà e si addormentò profondamente.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Era quasi ora di pranzo quando Sam riaprì gli occhi e Dean, che era sveglio da qualche ora, si chiese se John non avesse usato qualcosa in più di un leggero sedativo per mettere suo figlio fuori combattimento. Si portò subito nel campo visivo del fratello per offrirgli la rassicurazione di non essere solo, poi salutò:
“Buongiorno “
“Dean”
“L'unico e solo"
“Che è successo? Ho la testa così confusa”
“Che cosa ricordi?”
“Non lo so”
“Datti un momento, non c’è fretta”
Sam rimase in posizione prona con gli occhi chiusi, poi li riaprì e disse:
“Siamo stati al funerale di Jess”
“Sì, ieri pomeriggio”
“Perché mi hai lasciato?”
“Non l’ho fatto, sono sempre stato con te. Mi sono allontanato un po' solo quando…”
“Rebecca”
Dean intuì che quello fosse il nome della signora Moore e il fatto che suo fratello la chiamasse con il suo nome di battesimo la diceva lunga su quanto fosse considerato di famiglia. La cosa un po' gli suonò strana perché suo fratello aveva sempre avuto difficoltà ad entrare in confidenza con le persone tanto che, passata la fase infantile di “zio Bobby”, era stato minacciato di una sonora ripassata dal loro amico se avesse osato di nuovo trattarlo come un matusa. Dean ricordava ancora la risata di papà, il viso torvo ma non troppo di Bobby e lo sconcerto di Sam, che, a suo modesto parere, si stava solo comportando educatamente nei confronti di un adulto rivolgendosi in tono rispettoso.
Quello però era un ricordo divertente, che non poteva trovare posto in quella delicata conversazione, e il giovane tornò a concentrarsi sul presente:
“La mamma di Jessica si chiama così?”
“Sì. E’ stata gentile, lo è sempre stata con me”
Sam chiuse di nuovo gli occhi e Dean pensò che stesse per riaddormentarsi, ma il ragazzo continuò:
 “Non mi ricordo di essere tornato qui e di essermi messo a letto”
“E’ normale che tu sia confuso, sono giorni che sei sotto pressione”
“Quanto ho dormito?”
“Più o meno dodici ore”
“Eppure mi sento a pezzi”
 “Hai avuto un crollo, fratellino, e devi darti un po’ di tempo, un passo alla volta”
“Non credo di farcela”
“Questo sarebbe successo se tu fossi solo, ma, visto che sono qui, andrà tutto bene. Cominciamo dalle piccole cose, okay? Ti lavi, ti vesti e andiamo a mangiare qualcosa, poi vediamo di comprarti qualcosa di decente”
Dean stese una mano verso il fratello e disse:
“Mi fa l'onore, principessa?”
Sam sorrise debolmente e ribatté:
“Coglione “
“Puttana"
Il giovane si rimise in piedi e lentamente si diresse verso il bagno dopo aver raccolto i suoi vestiti, poi a metà strada si fermò e chiese:
“Hai sentito papà?”
Dean si morse istintivamente il labbro inferiore, poi rispose con la maggior calma possibile:
“No, Sammy, non ha chiamato, ma sono sicuro che sta bene”
“Probabilmente sì, sarà solo troppo impegnato per guardare il telefono, o forse non ritiene opportuno tornare. In fondo perché dovrebbe?”
“Ehi, andiamo”
“Lascia perdere, sono stato stupido io a pensare che avrebbe agito in un altro modo”
Il ragazzo voltò le spalle al fratello e scomparve nel bagno. Appoggiò i suoi vestiti sul lavandino e si guardò allo specchio. Quasi in automatico le lacrime fecero la loro apparizione nei suoi occhi, ma questa volta non erano solo per Jess, suo padre gli mancava tanto.
Sam abbassò il capo sconfitto e sprofondò in un mare di nostalgia ricordando i momenti in cui papà era stato la sua roccia, sprazzi di vita normale in cui lo aveva trattato come un bambino e fatto sentire al sicuro. Era successo quando a sorpresa aveva portato lui e Dean al Georgia Aquarium e non era riuscito a seguire il fratello nella corsa alla prima fila davanti alla vasca dei delfini. Si era sentito così frustrato, ma poi le braccia di suo padre lo avevano raccolto e l’avevano sistemato a cavallo delle sue spalle. Gli era sembrata una cosa bellissima poter guardare tutti gli altri bambini dall’alto in basso e non aveva mai lasciato le mani di John, che lo tenevano per non farlo cadere. Quando lo spettacolo era finito, era rimasto ancorato al suo collo e gli aveva sussurrato in un orecchio che gli voleva tanto bene.
Lo amava allora e lo amava ancora adesso nonostante i litigi e le punizioni, le parole grosse e le porte sbattute perché, anche nei momenti peggiori, avevano sempre trovato il modo per ritrovarsi a metà strada. Uno sguardo di John, o un gesto di Sam, non importava da chi partisse, ma i due Winchester erano sempre tornati ad essere padre e figlio fino al round successivo. Sempre, tranne dopo la sera in cui li aveva lasciati…
Da allora c’era stato il silenzio reciproco, come se non fossero mai esistiti l’uno per l’altro e la cosa aveva ferito tanto il giovane, che sperava che, anche in quell’occasione, passata la buriana, papà lo avrebbe ascoltato e avrebbero trovato un compromesso.
Aveva passato le prime settimane a Stanford in totale simbiosi con il suo cellulare guardando continuamente il display alla ricerca di un qualsiasi segnale da parte della sua famiglia, ma non si erano mai fatti sentire e fin quando non aveva cominciato a fare amicizia e a dare il suo numero, il telefono era rimasto muto.
Aveva fatto lui qualche tentativo selezionando il numero di Dean, ma non aveva mai avuto il coraggio di inoltrare la chiamata temendo di sentire anche da suo fratello che erano al capolinea e che non doveva più cercarlo, perché non avrebbe mai tradito suo padre come aveva fatto lui.
Ed era stato proprio durante una di quelle volte che, per rimettersi in fretta il cellulare in tasca, lo aveva fatto cadere e aveva conosciuto Jessica. Lei glielo aveva raccolto regalandogli il sorriso più bello che avesse mai visto e chiedendogli che cosa gli avesse fatto di così grave il telefono da volerlo buttare via.
Anche lui aveva sorriso e lo aveva ripreso dalle sue mani ringraziandola per la gentilezza e poco altro.
Quando lei si era allontanata, Sam si era dato dell’idiota e maledetto la sua timidezza, ma, se due anime sono destinate a diventarne una sola, allora lo faranno e il giorno dopo si erano rivisti in fila all’ufficio matricole.
Jessica gli aveva scherzosamente chiesto se lui e il cellulare avessero fatto pace e da lì non si erano più lasciati. Un caffè alla fine della trafila burocratica, una pizza una settimana più tardi e dopo nemmeno un mese dal loro primo incontro erano andati a vivere insieme tra la sorpresa generale, soprattutto della famiglia di lei, che già se la immaginava sposata con un manager, o con un medico alla fine dell’università.
I signori Moore erano rimasti spiazzati dalla convivenza della figlia, soprattutto perché questo Sam Winchester era solo un bravo studente arrivato a Stanford con una borsa di studio, ma poi lo avevano conosciuto e avevano capito dal modo in cui stavano insieme che Jessica aveva trovato l’amore della sua vita.
Era diventato in modo naturale parte della loro famiglia e anche se un po' si era sentito in colpa per questo, Sam aveva passato dei bei momenti con il signor Moore, che lo aveva promosso a suo alleato contro le donne di casa. Le sue quotazioni era ulteriormente salite quando aveva condiviso con il padre della sua ragazza la sua intenzione di iscriversi a legge e aveva accettato con entusiasmo la proposta dell’uomo di fare praticantato nel suo studio.
Quando Jessica lo aveva invitato qualche mese dopo per le vacanze di Natale ad Aspen, aveva cercato di non andare per motivi economici, ma poi lei lo aveva convinto ed era stata la più bella settimana della sua vita.
L’unico momento di tristezza era arrivato dopo la cena dell’ultimo dell’anno e relativi fuochi d’artificio. Pensare a Dean e al 4 luglio di tanti anni prima era stato automatico, così si era rifugiato in un angolo del giardino cercando di ricacciare indietro le lacrime e aveva tirato fuori il cellulare sperando in una chiamata, o almeno in un messaggio, ma era rimasto deluso.
Il flusso di ricordi gli fece male, poi Sam sentì il suo orgoglio tornare a galla e spingerlo a reagire, a smetterla di comportarsi come un cane, che aspetta che il padrone gli allunghi ciò che è rimasto del suo pranzo. Non era più un bambino ed erano passati già quattro anni da quando aveva affermato la sua volontà di vivere come una persona normale, quindi stop ai piagnistei per papino che non era venuto a curargli la bua.
Il ragazzo si tirò su e si guardò di nuovo allo specchio imponendosi una postura eretta.
“Tira fuori le palle, Sam-si disse-se per lui sei meno di zero, allora così sia”
Il buon proposito, però, durò solo una manciata di secondi perché la disperazione bussò di nuovo alla sua porta.
A chi voleva darla a bere? Era devastato dal dolore per la morte di Jess e l’unica persona che poteva veramente sapere che cosa stava provando lo stava ignorando.
Sam si sedette sul coperchio del water e si prese la testa fra le mani tentando di rimettere ordine nei suoi pensieri in tumulto, ma, nonostante i suoi sforzi, non riusciva ad accettare che, in un momento così duro per lui, suo padre gli stesse voltando le spalle. Si sentì di nuovo sull’orlo del precipizio e ripensò alla sua Jess e alla voglia di farla finita.
“Ehi, principessa, non vorrai mica passare tutto il giorno lì dentro? Abbiamo un solo bagno, sai?”
La voce di Dean lo riportò indietro e Sam si chiese se suo fratello avesse davvero una specie di potere soprannaturale che gli faceva sapere sempre quando era nei guai.
“Mi hai sentito? Ho una fame da lupi!”
Il giovane tentò di formulare una risposta, ma non riusciva a parlare e il suo prolungato silenzio spaventò a morte Dean, che spalancò senza troppi complimenti la porta.
“Che cazzo succede? Pensavo che fossi svenuto”
“Scusa”- mormorò Sam rimettendosi in piedi.
“Ti senti male? Vuoi che andiamo in ospedale?”
“No, io…”
“Allora che hai? Perché non mi hai risposto?”
“Scusa”
“Lo hai già detto”
“Sto bene, Dean”
“Non è vero”
“Se esci, faccio la doccia e ti raggiungo”
“Non mi hai ancora risposto”
“Non ho niente”
“Non devi fingere con me! So che stai pensando a papà e se vuoi sapere la mia opinione, per me ha torto marcio”
“Da quando discuti il suo operato?”
“Sono passati quattro anni anche per me, sai?”
“Vuoi dire che non esegui più gli ordini?”
“Voglio dire che sono in grado di riconoscere quando papà sbaglia”
“Grazie per la solidarietà, ma devi sempre uscire”
“Come se non ti avessi mai visto in tutto il tuo splendore”
“Lo hai fatto quando ero piccolo”
“Non è del tutto esatto. Ti ricordo che avevi 16 anni quando sei rimasto…”
“Continuerai a tirar fuori quella storia finché avrò vita?”
“Se serve a farti sorridere come stai facendo adesso, ci puoi scommettere”
“Dean”
“Che c’è?”
“Grazie”
“Di cosa?”
“Di essere qui e di star lottando per me”
“Nessun problema, big foot”
“La smetti di affibbiarmi soprannomi?”
“Come desideri, principessa”
Dopo circa trenta minuti i due fratelli erano in macchina diretti ad un diner e Dean era convinto che le cose potessero funzionare. Si fermarono al Palo Alto Cremary, ma Sam non volle nemmeno scendere dall’auto.
“Che succede? Che cos’ha questo posto che non va?”
“Andiamo via”
“Che ti prende?”
“Ti prego, Dean”
“Okay, va bene”
Il cacciatore fece ripartire l’Impala e prese a guidare a caso non sapendo esattamente che cosa il fratello avrebbe potuto trovare tollerabile. Lo fece per circa quindici minuti, poi mise la freccia e si fermò sul ciglio della strada. Spense il motore e si voltò a guardare alla sua destra.
“Sammy, parlami”
“Scusa, so che volevi andare a pranzo”
“Non me ne frega niente del cibo in questo momento, voglio solo capire perché ti sei irrigidito al primo diner e anche quando ho provato a fermarmi in quella pizzeria”
“E’ che…”
“E’ cosa? Per favore, non tenerti tutto dentro, lascia che ti aiuti”
“E’ che tutto mi ricorda Jess”- mormorò cercando inutilmente di non piangere.
Dean scosse la testa e mandò cordialmente a quel paese suo padre per averlo lasciato da solo in quella situazione di merda, poi cercò un modo per cavarsela.
“Mi dispiace, non ci avevo pensato. Okay, i locali della zona sono off limits e ci siamo: vuoi andare a mangiare lontano da Palo Alto, o torniamo al motel e ci facciamo portare qualcosa lì?”
“Non credo di riuscire a mandar giù nulla, ma non devi digiunare per colpa mia”
“Sammy, devi almeno provare”
“Lo so, ma il solo pensiero del cibo mi dà la nausea”
“E se ti porto al Mac e ti prendo l’Happy Meal?”
Sam guardò incredulo suo fratello e non riuscì inizialmente a reagire alla cavolata che aveva detto, poi improvvisamente il riso si mischiò alle lacrime.
“Anzi mi voglio rovinare, aggiungo le nuggets e un gelato con gli smarties”
“Ma che diavolo stai dicendo?”
“E giuro che ti lascio anche la sorpresa”
A quel punto il minore dei Winchester rise sul serio e disse:
“Tu sei pazzo”
“La cosa che mi fa impazzire è vederti soffrire, non riesco a sopportarlo”
“Dean”
“Odio i momenti da ragazza, ma voglio che mi ascolti bene, fratellino. Non posso nemmeno immaginare quello che stai passando ora, ma non ti permetterò di andare a fondo. Lo hai detto anche tu, sono qui per lottare per te e non intendo arrendermi”
“Okay”
“Sono serio”
“Sì, ho capito”
“Quindi scoviamo un McDonald's”
“Ce n’è uno a qualche chilometro da qui”
“E possiamo andarci?”
“Va bene”
“E Happy Meal sia”
Dopo circa dieci minuti erano arrivati a destinazione e Dean propose di fare un drive through, ma Sam rispose che voleva entrare. Lo fecero e mentre il minore dei Winchester andò a procurarsi un tavolo, il più grande si occupò del cibo. Si mise in fila e guardando alla sua destra, vide una vetrina in cui c’erano esposte le sorprese per i più piccoli e pensò alla gioia di suo fratello quando festeggiarono il suo sesto compleanno al fast food. Era stata una delle rare volte in cui John era stato presente e avevano passato una serata fantastica, talmente emozionante che il piccolo di casa si era addormentato non appena avevano messo piede in macchina stringendo il suo Fireman McNuggets in una mano. Adesso nessuna sorpresa da una scatola rossa con le orecchie avrebbe potuto lenire il dolore di Sam, ma Dean pensò di continuare a scherzarci su e decise di prendergli davvero un Happy Meal più una delle sue solite insalate con il petto di pollo grigliato. Si mise in fila lanciando improperi mentali contro tutti quelli che affollavano il locale, perché non voleva stare lontano dal fratello più del dovuto, ma in ogni caso cercò di non esagerare con la sua iperprotettività, poi le cose cambiarono quando si mise a cercarlo con lo sguardo. Dopo aver scansionato il locale, lo individuò e rimase molto sorpreso di vedere che Sam non era da solo. Di fronte a lui c’era seduto un ragazzo che gli stava parlando e in una situazione normale avrebbe pensato che fosse un amico, ma c’era qualcosa nell’espressione del fratello che lo agitò. Sam sembrava palesemente in difficoltà, ma, nonostante questo, non accennava a sganciarsi dal suo interlocutore e continuava ad ascoltarlo e ogni tanto a rispondergli. Questo voleva dire che non lo considerava una minaccia e sotto un certo punto di vista la cosa lo tranquillizzò, ma allo stesso tempo aveva una brutta sensazione a riguardo. C’era qualcosa di sbagliato in quella scena e lo sapeva per certo perché passare la vita a crescere quel ragazzone, lo aveva reso l’unico a riuscire a interpretarne l’umore da una singola smorfia, o dalla postura.
Ora si trovava davanti ad un dilemma: mollare tutto e andare a vedere che cosa stava succedendo, oppure lasciare che le cose scorressero in modo naturale e preoccuparsi di prendere il pranzo?
La risposta gliela diede una voce profonda, che, arrivando all’improvviso, lo scosse dai suoi pensieri:
“Ehi, amico, se vuoi schiacciare un pisolino, ti procuro un cuscino, altrimenti schiodati, la fila sta scorrendo”
Dean girò lo sguardo su un biker con chiodo di ordinanza e stava per rispondergli a tono, ma iniziare una potenziale rissa non era quello che gli serviva in quel momento. Alzò le mani e avanzò verso il bancone delle ordinazioni, ma quel passo in avanti gli tolse la possibilità di tenere sott’occhio il fratello.
Gli ci vollero circa dieci minuti prima di riuscire ad ordinare, poi, non appena il vassoio fu completo e ebbe pagato, si diresse verso la sua meta. Si mosse facendo lo slalom tra gli altri clienti e ad un certo punto vide che il posto di fronte a Sam non era più occupato e suo fratello aveva gli occhi persi nel vuoto. Dean si mosse rapidamente cercando con lo sguardo l’idiota, ma non lo individuò tra la folla, così si accontentò di arrivare al tavolo. Appoggiò il vassoio e si sedette, ma suo fratello sembrò non accorgersi della sua presenza fin quando non gli mise una mano sul braccio e lo chiamò piano.
“Sammy”
Il contatto ebbe l’immediato potere di far letteralmente saltare l’altro ragazzo, che, dopo l’iniziale spavento, lo riconobbe e si rilassò.
“Sammy, stai bene?”
“Sì, Dean”
“Sei sicuro? Hai l’aria sconvolta”
“Sì, tranquillo”
“Chi era il tipo con cui parlavi?”
“Nessuno, lascia perdere”
“C’era qualcuno qui con te e dall’aria di cane bastonato che hai ora, direi che non ti ha fatto piacere vederlo. Chi era?”
“Brady”
“Puoi aggiungere qualche particolare?”
“Un amico mio e di Jess, si è fermato per farmi le condoglianze. Alla fine allontanarsi da Palo Alto non è servito”
“Per sua fortuna se n’è andato, o altrimenti adesso lo inviterei ad un party con il mio pugno”
“Dean, smettila, non ha fatto nulla di male”
“Romperti i coglioni in un momento in cui ti stavi distraendo per me equivale a male”
“Aveva buone intenzioni, credimi. Brady è stato uno dei primi amici che ho avuto a Stanford e mi ha dato anche una mano quando mi sono trovato nei guai”
“Di che stai parlando? Quali guai?”
“E’una storia vecchia”
“Beh, non ho impegni, sputa il rospo”
“All’inizio ho avuto delle difficoltà a far quadrare i conti e Brady mi ha prestato dei soldi e trovato un lavoro. E se stai per chiedere della borsa di studio, ti rispondo subito che non era sufficiente a tirare avanti, ma non potevo immaginarlo quando sono arrivato a Palo Alto”
“Perché non mi hai chiamato? Ti avrei aiutato”
“Non ci siamo lasciati con una pacca sulla spalla”
“No, ma questo non vuol dire che…”
“Lascia perdere, non ho voglia di fare questa discussione. Mangia il tuo hamburger, si fredda”
“Solo se pranzi con me”
“Mi si è chiuso lo stomaco”
“E non si apre nemmeno con l’Happy Meal?”
Per la prima volta da quando era sul tavolo, Sam guardò il vassoio e individuando la scatola rossa, sorrise.
“Non puoi averlo comprato sul serio”
“Certo che l’ho fatto e come promesso è tutto tuo”
Dean gli mise davanti il pranzo e esortò:
“Forza, Sammy, fammi contento”
Dean rise davanti alla faccia sconcertata del fratello e gli mostrò anche il contenitore con l’insalata, che aveva in precedenza fatto scivolare sul sedile prima di sedersi.
“Okay, ti ho preso anche questo, ma adesso mangia”
“Davvero, non ho voglia di nulla”
“Lo so, ma voglio che ti sforzi, hai  bisogno di mettere un po' di ciccia su quelle ossa”
Dopo qualche altra insistenza Sam cedette e si forzò a mandare giù qualcosa, poi, non tollerando più il rumore del locale, si fece dare le chiavi dell’Impala e disse che si sarebbero rivisti in macchina.
“Non dimenticare l’Happy Meal”
“Dean”
“Ormai l’ho pagato”
Sam scosse la testa, poi prese la scatola e si avviò verso l’uscita.
Non appena il fratello non fu più nei paraggi, Dean prese il telefono e chiamò il padre, che sorprendentemente rispose dopo pochi squilli.
“Figliolo”
“Ciao, volevo darti qualche aggiornamento”
“Dove sei? C’è molto rumore”
“In un Mac fuori Palo Alto”
“Sammy è con te?”
“Si è avviato in macchina”
“Come sta?”
“E’ durissima e ci è rimasto molto male quando gli ho detto che non ti eri fatto vivo”
“Ha mangiato qualcosa?”
“Con molto sforzo, ma ce l’ha fatta e grazie al tuo sedativo, ha dormito fino a qualche ora fa”
“Okay. Che programmi avete?”
“Vorrei convincerlo ad andare a comprare qualcosa, non ha praticamente niente”
“Hai bisogno di soldi?”
“No, tranquillo, sono coperto. Tu dove sei?”
Prima che il padre potesse rispondergli, il familiare suono del clacson dell’Impala lo raggiunse e Dean voltò gli occhi verso il parcheggio.
“Era ciò che penso?”
“Sammy mi reclama, credo che la sua tolleranza alla scampagnata sia terminata”
“Okay, vai, e non forzargli la mano”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che lo devi aspettare, gli devi far metabolizzare il tutto con i suoi tempi e non spingerlo a bruciare le tappe. So che lo faresti a fin di bene, ma non mettergli fretta”
“Non vuoi ripensarci e tornare per lui?”
“Dean”
“Scusa, dovevo chiedertelo. Okay, papà, vado prima che si insospettisca”
“Ci sentiamo presto”
“Contaci”
Dean interruppe la chiamata e si alzò facendo cenno a Sam che stava uscendo. Svuotò il vassoio, poi tirò un profondo respiro e lo raggiunse nel parcheggio.
“Adesso che abbiamo riempito lo stomaco, direi che possiamo andare a comprare un paio di cambi”
“Dean”
“Ehi, non hai più roba pulita e sono io che divido la stanza con te”
Sam sorrise di nuovo e si arrese.
“Okay”
“Hai in mente un posto dove potremmo andare?”
“Beh, c’è lo Shopping Center, ma non sono dell’umore per un mall”
“Capisco, ma è un orario un po' morto e andando lì avremmo la possibilità di trovare tutto quello che serve in un unico posto”
“Probabilmente hai ragione”
“Mi indichi la strada?”
“Okay, andiamo”
Dean accese l’Impala e lasciò il parcheggio del Mac tenendo ben in mente le raccomandazioni del padre. Accese lo stereo e con sollievo rilevò che Sam non era infastidito dalla musica, anzi gli sembrò di vedere sul suo volto un velo di serenità, come se la combinazione Impala ed AC/DC lo facessero sentire al sicuro. Sorrise pensando che il gigante di un metro e novanta poteva anche essere diventato un capoccione di Stanford, ma in fondo era sempre il suo fratellino e sperò che la sua presenza potesse davvero aiutarlo a non soccombere al grande dolore che in quel momento gli stava devastando l’anima.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


La spedizione al mall si rivelò più complicata del previsto perché, al contrario di quello che sperava Dean, il centro commerciale era abbastanza affollato e Sam andò quasi subito in fibrillazione. Era palesemente a disagio in mezzo alla gente e fosse stato per lui, avrebbe girato i tacchi praticamente all’istante, ma suo fratello maggiore gli impose di restare e di acquistare quello che era necessario. Dopo un giro di circa quaranta minuti i due Winchester avevano riempito il carrello con due paia di jeans, tre magliette e altrettante camicie, un corredo sufficiente di intimo, un giubbotto pesante più varie ed eventuali e si avviarono alle casse. Mentre erano in fila, Dean si mise ad osservare il fratello e ad un certo punto pensò che  avrebbe accettato di comprare anche capi a pois pur di andarsene.
Sam non era mai stato un gran fan dello shopping, forse perché il suo borsone si era raramente riempito con capi nuovi e per anni aveva indossato quello che non andava più a suo fratello, o vestiti di seconda mano, ma quel dare l’okay a qualsiasi cosa gli aveva proposto era stato decisamente troppo anche per lui. Diede a Dean giusto il tempo di pagare e di buttare alla rinfusa nelle buste quello che avevano acquistato, poi schizzò attraverso le porte scorrevoli e senza nemmeno fermarsi ad aspettarlo, si avviò all’Impala.
Dopo pochi istanti i due ragazzi erano in movimento e solo allora Sam sembrò calmarsi.
“Ehi, stai bene?”
“Certo”
“E perché sembrava che ti stesse inseguendo qualcuno mentre eravamo dentro il mall?”
“Ti avevo detto che non mi andava di andarci e volevo uscire il prima possibile”
“Avevi paura di incontrare qualcun’altro?”
Il ragazzo annuì e Dean insisté nel tentativo di tenere aperta la comunicazione.
“Torniamo al motel?”
“Sì, sono stanco”
“Magari ci prendiamo una pizza”
“Non so se ho voglia di cenare”
“Non devi decidere subito”
“Okay”
Tornati alla base, Sam fu abbastanza silenzioso e Dean, memore delle parole del padre, decise di non spingere troppo. Fece finta di bersi la scusa di una doccia e gli diede un po' di spazio, cosa che il minore dei Winchester apprezzò molto. Era profondamente grato al fratello per il suo sostegno, ma allo stesso tempo sentiva forte il bisogno di stare da solo per fare i conti con quello che era successo.
Ripensò alla sera in cui Jessica era morta e l’associazione fra la sua fine e quella di sua madre fu naturale.
Aveva capito subito che anche la sua ragazza era stata vittima di Occhi Gialli e i vecchi pensieri tornarono a galla. In passato, infatti, nonostante il fatto che né il padre né Dean lo avessero mai incolpato della tragedia che si era abbattuta sulla loro famiglia, si era chiesto perché il demone fosse entrato proprio nella sua stanza: un puro caso o lo stava braccando? Fino alla morte di Jessica non si era mai dato una risposta certa, ma adesso le cose erano profondamente diverse. Era chiaro che le due donne erano morte perché legate a lui e il pensiero lo colpì come una coltellata.
Si sentì come se qualcuno gli avesse aspirato tutta l’aria dai polmoni in un solo colpo e la sua mente cominciò ad andare a briglia sciolta. Le sue mani erano sporche del sangue di sua madre e della sua ragazza, era una maledizione per chiunque avesse la sfortuna di incrociarlo. Abbassò lo sguardo e si chiese che cosa dovesse fare a quel punto. Non meritava di vivere, questo era poco, ma sicuro e l’idea iniziale di suicidarsi lo assalì nuovamente. Non avrebbe fatto più del male a nessuno in questo modo, in primis a Dean.
Come aveva potuto amarlo in tutti quegli anni? Come aveva potuto crescere un mostro?
Forse era questo il motivo per il quale non lo aveva fermato quando era decollato per Stanford? Forse era contento che se ne andasse perché in fondo lo odiava?
Da quando Sam era entrato in bagno, erano passati già dieci minuti e dall’esterno Dean non aveva ancora sentito l’acqua aprirsi. Si avvicinò alla porta e cercò di captare qualche rumore, ma ci fu solo silenzio.
“Che diavolo stai combinando lì dentro?”- pensò, ma si forzò a non invadere lo spazio personale di suo fratello. Si sedette sul letto e prese il telecomando. Accese la tv e dopo un veloce zapping si fermò su una puntata di Numbers. Cominciò a seguirla distrattamente, poi con maggiore attenzione quando vide che, oltre che di matematica per novelli Einstein, trattava del rapporto tra due fratelli. Di sicuro lui assomigliava all’affascinante agente dell’FBI, mentre Charlie era Sammy sputato, e in più anche gli Epps erano a modo loro dei cacciatori del male e avevano perso un pezzo molto importante della loro famiglia.
Preso dai ragionamenti del brillante docente universitario sulle probabilità di rintracciare il quartiere in cui viveva l'assassino, Dean non si accorse subito che ai dieci minuti di prima se n’erano aggiunti altri venti senza che Sam desse cenni di vita, poi per un puro caso guardò l’orario sul display del cellulare e si rese conto del tempo trascorso.
“Ehi, principessa, hai bisogno di aiuto con i bigodini?”
Dal bagno non arrivò nessuna risposta e il maggiore dei Winchester si alzò velocemente dal letto.
“Sammy, tutto bene?”
La risposta alla seconda domanda fu il rumore della serratura della porta che scattava e la comparsa del ragazzo.
“Non hai fatto la doccia?”-chiese Dean notando che suo fratello aveva ancora addosso i vestiti che aveva indossato per uscire.
“No”
“Come mai?”
“Ho cambiato idea”
“Sam, che ti prende?”
“Niente”
“E che hai fatto tutto quel tempo in bagno?”
“Niente”
“Stai ancora pensando a Brady?”
“No, lascialo fuori. Sono solo stanco, Dean, e voglio andare a letto”
“Si era detto di prendere una pizza”
“Tu avevi detto che volevi una pizza”
“Non essere pignolo e in ogni caso credo che tu debba mangiare qualcosa”
“Preferisco andare a letto, ma tu vai”
“Non ti lascio solo”
“Non sono un bambino e quando lo ero, me la sono cavata quando tu e papà eravate a caccia”
“Sai cosa voglio dire”
“Lo so, ma non farò altro che andare a dormire. Per favore, Dean, vai e non preoccuparti per me”
“E’ un po' difficile, non credi?”
“Va bene, non andare, non ho voglia di discutere”
Sam si stese sul letto e si portò un braccio sugli occhi per schermarli dalla luce. Pregò che Dean non tornasse all’attacco e per fortuna non lo fece, anzi, a sorpresa, prese le chiavi dell’Impala e annunciò che sarebbe andato a cena.  Il gesto di fine trasmissioni era stato fin troppo eloquente e anche se con il cuore pesante, il maggiore dei Winchester lasciò la stanza. Andò davvero a prendersi una pizza e quando tornò, non poté non riconoscere i segni delle lacrime sul volto del fratello, che si era addormentato sopra le coperte.
“Fa freddo, non puoi passare la notte così”
Dean prese il piumone dal suo letto e lo stese su Sam, poi decise che era giunto anche per lui il momento di smontare dal servizio. Si mise giù e ripensò a tutte le domande che si era posto mentre mangiava da Carlo’s, in primis su quale sarebbe stata la decisione di suo fratello riguardo il suo futuro. La sua scelta avrebbe influenzato direttamente anche la sua vita perché nello scenario uno, ovvero che Sam avesse deciso di restare a Stanford, si sarebbe fermato con lui per una serie di motivazioni. Non si sarebbe mai sognato infatti di ripartire sapendolo a pezzi per la morte di Jessica e soprattutto di lasciarlo senza protezione dato il secondo attacco di Occhi Gialli. Apparentemente, quindi, lo scenario due, ovvero il ritorno insieme sulla strada, era più allettante, ma era anche vero che il padre era stato categorico sul fatto che non si sarebbero ricongiunti e soprattutto Sam avrebbe ricominciato a rischiare la vita con l’aggravante del desiderio di vendetta.
Dean si voltò a guardare suo fratello e pensò con nostalgia a quando il suo viso non era segnato dal dolore. Gli faceva male al cuore vedere che stava soffrendo e che non poteva fare molto per aiutarlo, una cosa che raramente era successa. Aveva sempre trovato il modo di fermare le lacrime di Sam, o di farlo tornare a sorridere dopo l’ennesimo trasferimento, ma stavolta si sentiva impotente e colpevole davanti alla tragedia.
E’ vero, aveva desiderato ogni secondo negli ultimi quattro anni di poter dividere di nuovo la stanza, l’Impala, la vita con lui, ma adesso avrebbe dato qualsiasi cosa per riportare il nastro indietro a quando aveva deciso di piombare a Stanford e convincerlo a seguirlo di nuovo sulla strada.
Suo padre gli aveva detto che il demone avrebbe attaccato lo stesso e ne sembrava davvero convinto, ma Dean non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per aver sconvolto la vita di Sammy. Non poteva non pensare che era stato lui a rompere l’equilibrio e che forse, se avesse proseguito da solo nella ricerca del padre, adesso suo fratello sarebbe felicemente fidanzato con Jessica perché lei avrebbe acconsentito a sposarlo. Non aveva avuto il tempo di conoscerla, ma quella manciata di minuti nell’appartamento della coppia gli aveva fatto capire che erano fatti l’uno per l’altra. Il modo in cui Sam si era avvicinato a lei e l’aveva abbracciata dicendo che, qualsiasi cosa avesse voluto dirgli, doveva venir fuori davanti alla sua ragazza, era stata una dichiarazione palese del loro rapporto, anche se Dean dubitava seriamente che la fanciulla avesse fatto un corso accelerato sul mondo del paranormale. Era sicuro che suo fratello non le avesse raccontato la verità sulla sua famiglia e sulla loro vita da cacciatori e in fondo lo capiva. Sam aveva sempre desiderato la normalità e avere una relazione fissa era parte di essa, quindi mai e poi l’avrebbe messa a rischio raccontandole quello che aveva investito i Winchester anni prima.
“Ehi, gigante, sai che pagherei per sapere che cosa ti sta passando per la testa adesso?”- pensò il maggiore dei Winchester prima di chiudere definitivamente gli occhi per la giornata.
La mattina dopo Sam si svegliò per primo e si voltò alla sua sinistra riconoscendo il suono del respiro di suo fratello, che dormiva con il viso girato come se, anche nel sonno, vegliasse su di lui. Rimase a fissarlo per qualche attimo, poi si mise silenziosamente in piedi e pensò di avere voglia di un caffè caldo. Non aveva molta voglia di uscire, ma sicuramente Dean avrebbe gradito trovare la colazione appena sveglio e dopo il suo comportamento al limite dell’isterismo il giorno precedente, glielo doveva. Prese una delle buste del mall e andò a vestirsi in bagno, poi prese le chiavi dell’Impala e lasciò la stanza dopo aver controllato di avere un po' di contanti in tasca. Andò a comprare del caffè e della crostata come offerta di pace e dopo circa una quarantina di minuti tornò alla base. Non aveva nemmeno spento il motore dell’Impala che Dean spalancò la porta della loro stanza e si precipitò verso di lui.
“Dove diavolo sei stato?”-chiese a bruciapelo mentre Sam usciva dall’auto.
“Buongiorno anche a te”
“Niente stronzate, e rispondi alla mia domanda”
“Sono andato a prenderti della crostata, ho pensato che avresti avuto fame”
“E non potevi almeno lasciare un biglietto?”
“Non ci ho pensato, scusa”
“Okay. Stai bene?”
“Sono in piedi”
Dean si avvicinò al fratello e lo squadrò da più vicino, poi gli tirò uno scappellotto.
“Ma sei impazzito? Perché lo hai fatto?”
“Perché hai preso Baby senza permesso”
“Sei un idiota”
“Davvero mi hai preso la crostata?”
“Sì, è qui dentro insieme al caffè”
“Rientriamo, allora, ho una fame da lupi”
I due Winchester ritornarono nella loro stanza e Dean prese dalle mani del fratello la busta di carta. Si andò a sedere e tirò fuori la crostata.
“Per te cosa hai preso?”
“Solo il caffè”
“Sammy”
“Niente rimproveri”
“Allora mangia qualcosa”
“Non ho fame”
“Non è più una risposta che posso accettare”
“Dean, non ho voglia di discutere”
“Nemmeno io, ma non puoi continuare a vivere di aria, finirai per crollare e poi toccherà a me chiamare il soccorso stradale per alzarti dal pavimento”
Sam sorrise e si sedette di fronte al fratello accettando di fatto il pezzo di crostata che gli veniva offerto.
I due fratelli mangiarono in silenzio, poi Dean pensò che fosse ora di cominciare a testare il terreno.
“Posso farti una domanda?”
“Spara”
“Mi chiedevo se hai qualche idea sul futuro”
“Che cosa intendi?”
“Beh, se pensavi di…Lascia perdere, ne parliamo un’altra volta”
“Non girarci intorno, che cosa vuoi sapere?”
“Vuoi rimanere a Stanford?”
“Onestamente non ci ho ancora pensato”
“Prima o poi dovrai farlo”
“Lo so, Dean, ma è tutto così surreale. Il college è quello che ho sempre voluto, ma adesso che Jess è morta non mi sembra più così importante, anche se…”
“Cosa?”
“Mentre stavo andando a prendere la colazione, ho ricevuto una telefonata”
“Chi era?”
“Quelli del colloquio”
“Che cosa ti hanno detto?”
“Mi hanno contattato perché hanno saputo di Jess e mi hanno detto che hanno congelato la mia candidatura. Pare che vogliano ancora vedermi, ma mi hanno concesso di prendermi tutto il tempo che voglio per…Insomma vogliono ancora darmi la possibilità di entrare alla Scuola di Legge, ma capiscono la situazione e sono disposti ad aspettare qualche settimana”
“Ed è una buona cosa?”
“Non lo so”
Sam si alzò lasciando a metà la sua parte di crostata, ma Dean non si sentì di commentare, anzi pensò di lasciar cadere l’argomento.
“Devo fare rifornimento, Baby è quasi a secco”
“Sì, ho visto”
“C’è una pompa di benzina qua vicino?”
“Dobbiamo tornare verso Palo Alto”
“Okay, il tempo che faccio una doccia e andiamo”
Verso le dieci e mezza i due fratelli erano in auto e Sam era molto silenzioso. Dean ipotizzò che stesse pensando alla telefonata e rimase piuttosto spiazzato quando arrivò una domanda.
“Faresti una cosa per me”
“Quello che vuoi”
“Mi porti al mio appartamento?”
“Cosa hai detto?”
“Ti ho chiesto di portarmi a casa mia”
Dean rallentò, poi accostò e dopo aver fermato l’Impala, si voltò a guardare il fratello.
“Non mi sembra una grande idea”
“Hai detto che avresti fatto quello che volevo”
“Questo no”
“Perché? Hai detto che per la polizia posso rientrare”
“Sì, ma perché vuoi tornare nel posto in cui Jessica è morta?”
“Magari si è salvato qualcosa”
“Non importa e comunque abbiamo preso tutto quello che ti serve”
“Dean, per favore”
“Che ti sta passando per la testa?”
“Niente, voglio solo recuperare quello che è possibile”
“Non dire balle, ti conosco troppo bene. Qual è il vero motivo per il quale vuoi tornare nel tuo appartamento?”
Il ragazzo non rispose e Dean continuò ad insistere:
“Sam, dimmi la verità”
“Ho pensato che potremmo trovare qualche traccia”
“Traccia di cosa?”
I campanelli di allarme nella testa del maggiore dei fratelli cominciarono a suonare impazziti e divennero assordanti quando il minore rispose:
“Voglio trovare Occhi Gialli e ucciderlo”
“Non sai quello che stai dicendo”
“Lo so benissimo, invece, voglio dare la caccia a quel figlio di puttana e farlo a pezzi"
Dean sentì il sangue gelarsi nelle vene, stava accadendo quello che il padre aveva previsto poche ore prima, e cercò immediatamente di porvi rimedio.
“Okay, ascolta, sei ancora fuori fase, quindi, non appena avrò fatto il pieno, torniamo al motel e ti riposi un po'”
“Non trattarmi come se fossi malato”
“Non ho mai detto una cosa del genere”
“Vaffanculo”
Sam aprì lo sportello dell’auto e cominciò ad allontanarsi velocemente.
Dean lo seguì qualche istante dopo e lo afferrò per un braccio cercando di farlo ragionare, ma suo fratello non ne voleva sapere.
“Lasciami andare”
“Sam, non sei lucido”
“Sono lucidissimo invece"
“Non ti permetterò di andare a caccia spinto dall'ira"
“Perché mi ostacoli? Non è per questo che sei venuto a Stanford? Non è quello che ha sempre voluto papà? Avete vinto, torno alla vita di merda che avevo giurato di non fare più “
“Qui non sta vincendo nessuno, smettila di dire cazzate. Sai benissimo che anche io desidero più di ogni altra cosa al mondo rispedire all'inferno quel bastardo, ma non se questo significa che ti farai ammazzare”
“Non può uccidermi, sono già morto"
Dean rimase bloccato sul posto, poi gli lasciò il braccio e si chiese che cosa potesse fare per calmarlo.
“Sammy”
“Lasciami solo”
“Come potrei farlo dopo quello che hai appena detto?”
“Voglio andare a casa e lo farò con o senza di te”
“Va bene, ci andremo, ma non adesso. Ti giuro che ti ci accompagno, ma domani, adesso sei troppo sconvolto”
“E perché domani non dovrei esserlo? La mia ragazza è stata ammazzata da un demone e la mia vita se n’è andata a farsi fottere”
Il ragionamento di Sam non faceva una piega, ma Dean si disse che doveva trovare in fretta un modo per fermarlo.
“Posso anche andarci da solo”
Guardando il fratello negli occhi, Dean capì che non stava bluffando e che non aveva speranze di distoglierlo dalla sua idea, quindi decise di acconsentire, almeno lo avrebbe tenuto sotto controllo.
“D’accordo, andremo al tuo appartamento, ma ad una condizione”
“Non..”
“Vienimi incontro, okay? Ho detto che ci andremo, ma non puoi chiedermi di non preoccuparmi per te. In chiesa stavi avendo un malore, te ne sei dimenticato?”
“No, Dean, me lo ricordo”
“Bene, quindi credo che sia legittimo da parte mia avere paura a portarti dove è morta Jessica”
“Questo non cambia le cose”
“Okay, ho capito.Sali, andiamo a fare benzina e poi andremo all’appartamento”
Sam fissò per una manciata di secondi Dean, poi tornò sui suoi passi ed entrò in macchina.
“Che cazzo faccio adesso, papà?”- mormorò prima di avviarsi a sua volta verso l’Impala. Vi entrò e la fece ripartire. Guidò seguendo le indicazioni di suo fratello fino alla pompa di benzina, poi, con la scusa di dover andare in bagno, si allontanò per chiamare John.
“Dean”
La voce di suo padre fece tirare un sospiro di sollievo al cacciatore, poi cercò di spiegargli in fretta quello che stava succedendo.
“Papà, non ho molto tempo, quindi ascoltami e fatti venire qualche idea al volo perché sono nella merda”
“Che succede?”
In un fiume di parole Dean spiegò a John la situazione, poi aspettò la risposta:
“Hai fatto bene ad accettare di accompagnarlo”
“Papà, ma hai capito che vuole cercare tracce di Occhi Gialli per inseguirlo?”
“Sì, ho capito, ma non ne troverà e tu comunque non te lo metterai contro”
“Che vuol dire che non ne troverà? Sam potrà essere un po' arrugginito, ma è intelligente e…”
“Sono passato all’appartamento prima di andarmene e ho ripulito la scena”
“Sul serio?”
“Sì, sul serio”
“Papà, era lui?”
“C’erano tracce di zolfo e il modo in cui è morta Jessica non lascia molti dubbi. Portalo all’appartamento, deve sapere che sei dalla sua parte, ma non perderlo d’occhio un attimo”
“Lo farò. E’ troppo chiederti dove sei?”
“Sto inseguendo Occhi Gialli”
“Sta’ attento, papà”
“Lo farò”
“Adesso vado, non vorrei che Sam si insospettisse non vedendomi tornare”
“Dean, sta’ vicino a tuo fratello, non sarà una bella esperienza rimettere piede in quella casa”
“Ricevuto”
“A presto, figliolo”
“Ciao, papà”
Dean riagganciò, poi si mise il cellulare in tasca e tornò all’auto. Prima che Sam si mettesse a fare domande, iniziò a lamentarsi della fila che aveva dovuto fare e delle condizioni molto discutibili dei bagni della pompa di benzina, poi avviò l’Impala e con un peso sul cuore si diresse verso l’ex appartamento di suo fratello.
Chilometro dopo chilometro lo vide irrigidirsi e quando giunsero a destinazione, era stravolto.
Il maggiore dei Winchester aspettò una mossa di Sam e pregò con ogni fibra del suo corpo che avesse cambiato idea, ma ad un certo punto gli vide tirare un profondo respiro, mettere la mano sulla maniglia dello sportello e uscire dalla zona comfort. Lo seguì praticamente all’istante e gli si mise al lato in una posizione strategica per evitare un eventuale tuffo verso il cemento.
“Dean, voglio entrare da solo”
“Non era questo l’accordo”
“Devo farlo”
“Non se ne parla, o entriamo insieme, o ce ne andiamo”
“C’era tanta gente, vero?”
“Di che cosa stai parlando?”
“Della sera che Jess è morta. C’erano le sirene e tante voci”
“Sì, Sammy. I soccorsi sono arrivati subito, ma non c’è stato nulla da fare”
“Era morta, vero? Quando Jess era sul soffitto, era già morta”
“Sì, lo era”
“Non dovevo lasciarla”
“Non potevi sapere che cosa sarebbe successo”
Sam sussultò, poi cominciò ad avanzare verso il suo appartamento seguito come un’ombra da suo fratello. Arrivati a metà strada, l’odore di bruciato si sentì nettamente e Dean, vedendo impallidire il fratello, intuì che la cosa avrebbe avuto conseguenze nell’immediato. Tempo pochi secondi e si ritrovò a sostenere Sam che aveva cominciato a vomitare a pochi metri dall’ingresso.
“Cazzo, te l’avevo detto che era una pessima idea”

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


 
Assistere al nuovo crollo di suo fratello, aveva fatto molto male a Dean, anche se in fondo sapeva sin da quando si erano fermati davanti all’appartamento che non sarebbe finita bene. Aveva sentito una forte stretta alla bocca dello stomaco quando lo aveva visto scendere dall’Impala, eppure lo aveva seguito lungo il vialetto senza fiatare fino a quando Sam aveva cominciato a rallentare pallido come un cencio. Lo aveva afferrato per un gomito intuendo che la sua capacità di restare in piedi stava venendo meno, poi lo aveva fisicamente sostenuto mentre cedeva alla nausea.
Erano rimasti l’uno vicino all’altro davanti all’appartamento come in un replay della sera in cui Jessica era morta, poi Dean lo aveva tirato su e riportato all’auto per fargli riprendere fiato. Lo aveva lasciato giusto qualche secondo per prendere dal bagagliaio una bottiglina d’acqua, poi si era accovacciato davanti a lui in attesa di vedergli riacquistare un po' di colorito.
“Ti senti meglio?” - gli chiese dopo aver aspettato pazientemente che si sciacquasse la bocca e regolarizzasse il respiro.
Sam annuì, ma rimase con gli occhi bassi tentando di tenere a freno le lacrime, che testarde tornarono a bagnargli il viso.
“Credevo di farcela”
“Lo so, ma stai facendo del tuo meglio in questa situazione di merda”
“Mi dispiace per lo spettacolo”
“Non è la prima volta che ti vedo vomitare”
“Questo non lo rende migliore”
“Immagino di no! Vuoi tornare al motel? Sei bianco come un lenzuolo”
“Effettivamente non mi sento molto bene, ma voglio ancora entrare”
“Dopo quello che ti è appena successo?”
“Papà ci ha insegnato che più tardi esamini una scena, minori possibilità ci sono di raccogliere indizi”
“Che cosa pensi esattamente di trovare?”
“Non lo so”
“Per me vuoi torturarti inutilmente”
“Dean”
“Sammy, sono preoccupato per te”
“Lo capisco, ma devo farlo”
Sam alzò gli occhi asciugando con il dorso della mano destra le lacrime e guardò in direzione del suo appartamento. Si morse nervosamente il labbro inferiore, poi cercò in sé la forza per affrontare quello che avrebbe trovato all’interno della casa e si rimise in piedi dopo che suo fratello gli aveva fatto largo. Non si mosse subito, anzi all’inizio rimase incollato allo sportello dell’auto e per una manciata di secondi si sentì come quando aveva poco più di tre anni e papà voleva insegnargli a stare a galla. Ricordava lo smarrimento che aveva provato dinanzi alla massa d’acqua della piscina del motel in cui alloggiavano e di essersi saldamente aggrappato al bordo per non toccarla. Il freddo delle mattonelle gli aveva trasmesso una certa dose di sicurezza perché, fin quando lo avesse avvertito sotto le dita, avrebbe voluto dire che non correva alcun pericolo e in un certo senso rimanere appoggiato alla portiera dell’Impala gli trasmetteva la stessa sensazione. Quell’auto era la sua casa e non allontanandosene, avrebbe evitato di fare i conti con il suo dolore, ma sapeva che non poteva infilare la testa sotto la sabbia e aspettare che qualcuno lo rassicurasse.
La mente volò in automatico da John e Sam sentì di nuovo forte la delusione per la sua assenza. Avrebbe dato qualsiasi cosa per averlo con sé in quel momento perché con lui al suo fianco sarebbe di sicuro riuscito ad entrare e i suoi occhi esperti lo avrebbero aiutato a trovare qualsiasi traccia demoniaca presente, ma la realtà era un’altra. Non era tornato, non aveva nemmeno risposto ai messaggi di Dean e doveva farsene una ragione.
Il giovane guardò di nuovo le finestre annerite, poi il fratello, che gli rivolse un timido sorriso.
“Se sei sicuro, ti seguo”
“Voglio entrare, Dean” - gli disse prima di muoversi.
I due Winchester si ritrovarono a camminare verso la loro meta e questa volta arrivarono fino alla porta su cui era ancora presente il nastro della polizia. Sam tese il braccio e lo tirò via, poi entrò e rimase sorpreso dal constatare che l’interno della palazzina non sembrava essere stata interessata da un incendio. Tutto era esattamente dove doveva essere e solo l’odore nell’aria non lasciava dubbi su quanto fosse successo. Si avviò verso le scale per raggiungere il suo appartamento e man mano che avanzava le cose cambiavano.
Le pareti diventavano sempre più scure, ma non si fermò fino a quando non arrivarono alla porta, che Dean aveva sfondato per recuperarlo. Ancora delle strisce di nastro a forma di X e per un attimo Sam pensò di ascoltare il consiglio del fratello e tornare indietro. Rimase invece fermo a fissare l’interno annerito del suo appartamento con Dean alle sue spalle, poi, dopo essersi dato mentalmente del vigliacco, avanzò. Una volta entrato in casa, riconobbe sul pavimento quello che restava della sacca che aveva portato con sé quando era partito, percorse il breve corridoio e entrò in camera da letto. Gli sembrò di vivere un incubo vedendo che tutto era stato divorato dalle fiamme, poi non poté non alzare gli occhi verso il soffitto e lì la disperazione tornò a stritolarlo. L’espressione devastata del suo viso non sfuggì al maggiore dei Winchester, che gli afferrò l’avambraccio sinistro e cercò di tirarlo verso l’uscita.
“Hai visto? Non è rimasto niente, possiamo andarcene”
Sam non si mosse e Dean si rese conto che le sue parole non lo avevano raggiunto, così fece per ritornare alla carica, ma si bloccò quando suo fratello minore gli chiese:
“Mi lasci un po' solo?”
“Sammy”
“Ti prego, ne ho bisogno”
“Questa è una grande stronzata!”
“Per favore, Dean, voglio restare”
“Allora resto anche io”
“Non è necessario, credimi. So che non sono molto credibile visto quello che è successo pochi minuti fa, ma sto bene”
“Non è vero e non me ne vado”
Sam guardò il fratello e capì che non l’avrebbe spuntata, quindi si mise a gironzolare per la stanza passando distrattamente le dita su ciò che era rimasto della cassettiera. Gli vennero in mente una miriade di ricordi e mandar giù il groppo che si era formato in gola fu dura, ma si impose di restare lucido. Cominciò a scansionare la stanza e a fissare dei punti. In primo luogo ripensò al momento in cui era tornato dopo il weekend all’inseguimento della Donna in bianco e si ricordò di aver aperto con le chiavi. Si voltò verso la porta del bagno e gli tornò in mente che aveva pensato che Jessica fosse sotto la doccia perché aveva visto la luce accesa e aveva sentito il rumore dell’acqua aperta.
Cosa era successo prima che arrivasse? La sua ragazza era stata sicuramente attaccata prima che iniziasse a lavarsi perché non indossava un accappatoio e i suoi capelli erano asciutti, e dato che la porta dell’appartamento era chiusa dall’interno, si avvicinò alla finestra per vedere se la minaccia fosse arrivata da lì. Non vi trovò nessuna traccia di zolfo, ma, data l’abbondante quantità di acqua che i vigili del fuoco avevano usato per spegnere l’incendio, poteva anche essere stato lavato via.
E se Jess avesse aperto la porta al suo aggressore? Poteva essere un’ipotesi plausibile, ma la conosceva troppo bene e non avrebbe mai fatto una cosa così rischiosa a cuor leggero.
Forse aveva aperto a qualcuno che pensava di conoscere e del quale si fidava al punto di non imbarazzarsi per il suo abbigliamento?
Sam si guardò ancora intorno e tra i resti anneriti della sua precedente vita riconobbe un quaderno di Jessica. Lo tirò su dal pavimento e il cuore gli si riempì di tristezza. Ricordava perfettamente che era stato una specie di diario, ma anche una bacheca degli annunci quando la sua ragazza aveva avuto bisogno di lasciargli un messaggio, o ricordargli qualche data importante. Era stato su una pagina strappata da quel quaderno che gli aveva scritto il suo numero il giorno in cui si erano conosciuti e da allora aveva accompagnato la loro relazione come un fedele amico.
Perso nei suoi pensieri, Sam non si accorse che Dean lo aveva discretamente lasciato solo nella stanza e si sedette sul davanzale della finestra tenendo ancora tra le mani il quaderno semibruciato di Jess. Guardandosi intorno, dovette ammettere con sé stesso che suo fratello aveva ragione, non c’era nulla da salvare e si sentì colpevole ad essere ancora vivo. Tutti gli avevano detto il contrario, da Dean alla signora Moore, ma che diritto aveva di continuare a respirare quando l’amore della sua vita era sotto tre metri di terra? Le lacrime tornarono ad affollargli gli occhi e abbassò il capo disperato.
Se fosse stato possibile, suo fratello maggiore avrebbe preso quel dolore e lo avrebbe fatto suo, invece non poté fare altro che rimanere impotente a contemplare la scena dal corridoio. Aveva pensato che fosse giusto lasciare spazio a Sam, ma allo stesso tempo sapeva che non poteva, e soprattutto non voleva perderlo di vista. La sua mano andò in automatico alla tasca dei jeans alla ricerca del cellulare, papà doveva sapere che cosa stava succedendo. Gli scrisse frettolosamente un messaggio in cui gli diceva che erano entrati e che l’avrebbe chiamato quella sera stessa. Premette il tasto di invio, poi si affacciò per dare un’occhiata a che cosa stava facendo Sam. Lo vide di nuovo singhiozzare, così mandò a farsi fottere lo spazio personale e si avvicinò a lui. Quando lo raggiunse, notò subito le pagine bruciate tra le mani del fratello e istintivamente si sporse per fargliele lasciare. Gli fece aprire le mani, poi, quando i fogli scivolarono sul pavimento, chiese:
“Andiamo via, Sammy?”
“Dean”
 “Non ha senso stare qui, torniamo al motel”
“Dobbiamo cercare, dobbiamo trovarlo”
“Qui non c’è niente. Ho ispezionato il resto dell’appartamento ed è pulito”
“Siamo stati troppo poco, forse…”
“Sammy, ascoltami, andiamo via. Dai, alzati e usciamo di qui”
Il ragazzo alzò gli occhi sul fratello, poi docilmente si fece portare fuori dall’appartamento. Sembrava aver alzato bandiera bianca, ma poi, durante tutto il viaggio di ritorno alla base, tornò ad insistere sulla necessità di raccogliere indizi sulla presenza del demone a Palo Alto.
Dean provò a dissuaderlo, ma fu tutto inutile e quando chiamò il padre, aveva il morale sotto le scarpe.
“Dean, come è andata?”
“È stata durissima. All’inizio non è riuscito nemmeno ad entrare, poi lo ha fatto e le sue rotelle hanno iniziato a girare”
“Mi è sfuggito qualcosa?”
“No, l’appartamento era pulito e dopo un po' di insistenze, ha accettato di andare via. Credevo che si fosse rassegnato a lasciar perdere, ma poi, mentre tornavamo al motel, ha cominciato ad insistere che dobbiamo tornare e cercare meglio”
“Tipico di tuo fratello, testardo come un mulo”
“Che cosa devo fare?”
“Ne abbiamo già parlato, assecondalo, tanto non si fermerà fin quando non sarà convinto che non c’è nulla da trovare”
“Papà, tu non lo hai visto mentre vomitava in giardino e come era devastato in quell’appartamento. Non voglio fargli rivivere un dolore del genere, non può reggere”
“Ci tornerà con o senza di te, se è quello che vuole”
“Lo so, me l’ha detto, ma sono davvero preoccupato per lui. È a pezzi per la morte di Jessica, ma aveva uno sguardo glaciale mentre continuava ad ispezionare la camera da letto prima di andare di nuovo al tappeto”
John scosse la testa temendo che il figlio potesse seguirlo sulla strada della vendetta perché, anche se non aveva mai rimpianto la scelta di dedicare la sua vita alla ricerca dell’assassino della sua amata Mary, non poteva negare che aveva dovuto pagare un prezzo molto alto per questo e cosa ancora peggiore lo aveva fatto pagare ai suoi figli. Tante volte negli anni avrebbe voluto chiedere loro perdono, ma poi aveva sempre rimandato il momento in cui avrebbe messo a nudo la sua anima davanti ai suoi figli. Non poteva mostrarsi debole fino a quando non avesse portato a termine la sua missione, ma poi avrebbe fatto ammenda. Avrebbe chiamato a sé i suoi ragazzi una alla volta, perché ad ognuno di loro doveva delle spiegazioni per i suoi comportamenti e aveva sempre pensato che, per cominciare, avrebbe affrontato Dean. Non era una questione di vigliaccheria, non avrebbe iniziato dal primogenito per rimandare lo scontro con il più giovane dei suoi figli, anzi voleva scusarsi prima con il più grande per potersi poi concentrare senza pensieri su Sam. Sapeva infatti che sarebbe stata dura farsi ascoltare da lui perché non aveva mai goduto del credito incondizionato concessogli da Dean, e se a questo sommava il blackout di quattro anni, il quadro era desolante.
“Papà, ci sei ancora?”
“Sì, Dean,ci sono, stavo solo pensando”
“A che cosa?”
“Devi portarlo via da Palo Alto al più presto”
“Non è detto che Sammy voglia lasciare l’università”
“Credi davvero che vorrà restare dove qualsiasi cosa gli ricorderà la sua ragazza?”
“Credo di no.Suggerimenti su come sradicarlo da qui?”
"Ci inventeremo qualcosa"
"Papà, prima che me ne dimentichi ancora, volevo dirti che abbiamo raccolto le tue cose dal motel e ho con me il diario"
"Pensavo di averlo perso e questa notizia ci offre una soluzione al nostro problema: parlagli delle coordinate, digli che è l’unica traccia che avete per trovarmi. Sam ti seguirà, ne sono sicuro”
“Molto probabile, ma come mai lo hai lasciato? Non te ne separi mai. Quando lo sbirro che mi ha arrestato me lo ha messo davanti, mi è venuto un colpo"
“Perché ti hanno arrestato?”
“Te lo racconterò un’altra volta e comunque non hai risposto alla mia domanda”
“Stavo seguendo il caso a Jericho e credevo di essere vicino a bloccare Costance, poi mi è arrivata la chiamata di un mio contatto, che mi avvertiva di aver incrociato Yellow Eyes in Colorado mentre stava cacciando un Wendigo, e sono partito. Sapevo che poteva essere già altrove quando sarei arrivato, ma non avevo notizie da mesi e non ho voluto perdere l’occasione di andare a dare un’occhiata”
“Questo lo capisco, ma ancora non mi hai detto perché hai lasciato il diario”
“Avevo intenzione di tornare a Jericho, ma poteva anche finire male e volevo che sapessi dove ero diretto”
“Lo hai trovato?”
“Non sono mai arrivato in Colorado”
“Perché?”
“Le cose hanno preso una brutta piega e ho dovuto battere velocemente in ritirata”
“Che vuoi dire? Sei nei guai?”
“Diciamo che il bastardo si sta innervosendo e per il momento devo essere un po' più discreto”
“Non mi hai risposto”
“Non voglio che tu sappia di più”
“Non mi aiuti così”
“Lo so, ma per il momento è il massimo che posso darti”
“Dove portano quelle coordinate?”
“Blackwater Ridge, è lì che il mio amico stava lavorando”
“Perché parli di lui al passato?”
“Ho saputo che è morto”
“Il Wendigo?”
“Ufficialmente è stato vittima di un attacco di animali selvatici”
“Papà, dove sei?”
“Non a Blackwater Ridge” 
“Perché mi stai chiedendo di spingere mio fratello a tornare a caccia, facendo leva sul fatto che potresti essere in un posto dove in realtà non sei?”
“Perché gli attacchi non sono terminati e io non posso occuparmene”
“Tutto questo è folle”
“Ma ti ho insegnato ad eseguire gli ordini”
“Sì, lo hai fatto, ma non mi piace mentire a Sam. Se sapesse che ci parliamo e che gliel’ho tenuto nascosto, si sentirebbe tradito anche da me”
“Lo so, Dean, ma non è il momento delle spiegazioni”
“Con che faccia devo illuderlo che ti troveremo a Blackwater Ridge?”
“Non dirgli che mi troverete lì, ma solo che è l’ultimo posto in cui ero diretto, il che corrisponde alla verità”
“Hai uno strano concetto della verità, papà”
“Dean, porta via tuo fratello da Stanford e fermate quel Wendigo”
“E tu?”
“Come ti ho già detto, devo volare sotto i radar per un po' e questo implica che devo rimanere in silenzio”
“Per quanto sparirai stavolta?”
“Per tutto il tempo necessario”
“Troverai il modo di farmi sapere che stai bene?”
“Ci proverò”
“Papà?”
“Sì?”
“Prima o poi ci rivedremo?”
“Contaci e quando succederà, parlerò con tuo fratello e cercherò di rimettere le cose a posto, ma nel frattempo avete un lavoro da fare”
“Sì, signore”
“Ciao, Dean, e attento a Sammy”
“Ciao, papà”
Il clic della fine conversazione fu molto duro da digerire per Dean, che preferì rimanere per un po' seduto nell’Impala con gli occhi sempre fissi sulla stanza. Aveva bisogno di riordinare le idee e capire come intavolare il discorso con Sam, soprattutto ripensando a quanto aveva cercato di opporsi quando lo aveva portato via dal suo appartamento qualche ora prima. Non gli piaceva l’idea di manipolarlo, ma, riflettendoci bene, approvava l’idea di suo padre di lasciare Palo Alto e purtroppo l’unico modo per ottenere l’assenso di suo fratello, era quello di fargli credere che avrebbero potuto trovare John a Blackwater Ridge. Si passò una mano sul viso, poi prese un respiro profondo e decise di rientrare. Quando varcò la soglia, si mise ad osservare Sam, che dormiva e mentalmente gli chiese perdono per quello che stava per fare. Si avvicinò al suo letto e spense la lampada rimasta accesa sul comodino prima di dirigersi verso il bagno.
Venti minuti dopo era sotto le coperte e si ritrovò a fissare il soffitto per un po' prima di riuscire a prender sonno. Solo verso le due chiuse gli occhi e fu per questo che, quando sentì suo fratello muoversi per la stanza all’alba, avrebbe voluto stenderlo con un diretto, ma si accontentò, senza nemmeno aprire gli occhi, di chiedergli se stesse bene e avesse bisogno di qualcosa. Alla rapida sequenza di una risposta affermativa e di una negativa rispose con il pollice in su e con un invito a riposare ancora un po'.
Sam, però, aveva altre idee e dopo avergli comunicato che avrebbe fatto una passeggiata nei dintorni, si avviò verso la porta.
“Vuoi che venga con te?”
“No, Dean, torna a dormire. Non starò via molto, okay?”
“Sei sicuro di sentirti bene?”
“Sì”
“Sammy”
“Che c’è?”
“Non hai intenzione di tornare all’appartamento, vero? Sai che non c’è nulla”
“Lo so e volevo solo prendere un po' d’aria”
“Hai il telefono?”
“Sì”
“E mi chiamerai se ci dovessero essere problemi?”
“Lo farò”
Detto questo, il ragazzo più giovane uscì portando con sé le chiavi e si diresse di nuovo verso il bosco che lo aveva visto crollare qualche giorno prima. Questa volta però Sam si sentiva stranamente tranquillo e si mosse con calma lungo il sentiero pensando a come la sua vita fosse stata stravolta dall’arrivo di Dean in poi. Mai avrebbe immaginato che rivedere il fratello avrebbe portato con sé una tragedia come la morte di Jessica e ancor meno che avrebbe ripreso in considerazione l’idea di tornare sulla strada con lui. Non che ne avessero parlato con precisione, ma le prove a sfavore contro una permanenza a Stanford erano davvero tante: uno, rimanendo a Palo Alto, avrebbe rivissuto lo strazio della perdita all’infinito, due, non era pensabile che Dean sarebbe rimasto per sempre con lui perché era un cacciatore e prima, o poi il suo istinto avrebbe prevalso, e tre, non avrebbe mai potuto vendicarsi giocando a fare l’aspirante avvocato.
La lista era già corposa così, ma in realtà c’era un quattro che lo tormentava, ovvero il desiderio di ritrovarsi faccia a faccia con John. Non sapeva come sarebbero andate le cose tra loro, o meglio aveva la fondata certezza che suo padre gli avrebbe fatto pesare il fatto di non averlo ascoltato quando gli aveva urlato di non lasciare la sua famiglia, eppure non riusciva a smettere di pensare a lui. Doveva vederlo e fargli domande su quello che era successo. Era arrivata l’ora che papà gli dicesse tutto quello che sapeva su Occhi Gialli e voleva sentire dalla sua voce che era lui la causa di tanto dolore. Non che non ci fosse arrivato da solo, ma voleva che la condanna uscisse dalla bocca di John.
Continuò a passeggiare fin quando l’altezza del sole sull’orizzonte non gli suggerì di tornare indietro ed era appunto sulla via del ritorno quando Dean gli mandò un messaggio chiedendogli dove fosse. Rispose subito rassicurandolo sul fatto che stesse bene e che sarebbe arrivato entro una decina di minuti.
Quando Sam tornò al motel, trovò ad aspettarlo la colazione sul tavolino vicino alla finestra e si andò a sedere di fronte a suo fratello. Lo guardò negli occhi e capì al volo che voleva dirgli qualcosa.
“Sputa il rospo”
“Di che stai parlando?”
“Dean, tu mi conosci bene, ma anche io conosco te e so che c’è qualcosa che devi dirmi”
Il giovane inspirò profondamente, poi ammise:
“In realtà c’è”
“Ti ascolto”
“Non so da dove cominciare”
“Fallo e basta”
“Okay”
Dean prese il diario del padre e mostrò a suo fratello la pagina con le coordinate. Gli disse che stava pensando di lasciare Stanford e di seguire l’ultima traccia che avevano di John perché stava passando troppo tempo e rischiava di battere poi piste già fredde. Aggiunse che ovviamente non voleva forzarlo a fare niente e che l’ultima decisione sul seguirlo o meno spettava a lui, ma che aveva bisogno che ci pensasse e gli desse una risposta il prima possibile.
Sam ascoltò tutto il discorso senza fiatare e ad un certo punto pensò che fosse abbastanza ironico che suo fratello lo stesse togliendo dall’imbarazzo di ammettere che non avrebbe retto un giorno senza di lui e che ormai aveva perso qualsiasi interesse nella sua potenziale carriera universitaria. Rimase in silenzio anche quando Dean smise di parlare, poi gli rispose che era fortemente combattuto e che non era sicuro di che cosa volesse fare. Gli confessò che, se da un lato era consapevole che, per trovare John e vendicare Jessica, doveva tornare sulla strada, dall’altra non sapeva se voleva sul serio ributtarsi a capofitto nella caccia.
Il fratello gli rispose che lo capiva e che non avrebbe mai voluto fargli pressioni, ma aveva bisogno di sapere se il posto accanto a lui nell’Impala sarebbe stato di nuovo occupato, oppure no.
Sam gli chiese di poterci pensare e dopo aver valutato i pro e i contro, il giorno dopo disse a Dean che sarebbe partito con lui, ma che avrebbe voluto ancora una volta controllare che all’appartamento non gli fosse sfuggito nulla, richiesta che il maggiore dei Winchester acconsentì a soddisfare, a patto che poi avrebbero lasciato Palo Alto senza ulteriori ritardi.
Fu così che una settimana dopo la morte di Jessica i due cacciatori si ritrovarono nell’Impala e Dean avviò il motore mentre stava albeggiando. Lesse sul volto del fratello tanta tristezza e immaginò che, oltre all’ovvio dolore per la perdita di Jessica, stesse soffrendo per la fine del suo sogno di una vita normale.
Viaggiarono accompagnati dalla musica in sottofondo per molte miglia, poi Sam appoggiò il capo al finestrino e sospirò.
“Perché non dormi un po'? Hai passato la notte praticamente in bianco”
“Non so se ci riesco”
“Provaci, Baby ti ha sempre conciliato il sonno”
“È vero”
Il ragazzo chiuse gli occhi e dopo pochi minuti scivolò nell’incoscienza.
Non appena ebbe la certezza che Sam dormisse, prese il cellulare e digitò un veloce messaggio per John.
“Siamo on the road, destinazione Blackwater Ridge. Sta ‘attento”
Era sicuro che nessuno avrebbe risposto e invece dopo pochi istanti il suo telefono vibrò e lesse sul display:
“Anche voi, ragazzi, vi voglio bene”
Dean sorrise e si voltò a guardare Sammy. Era ancora amareggiato dal fatto di avergli mentito e non aveva idea di che cosa gli avrebbe riservato il futuro, ma averlo di nuovo al suo fianco non aveva prezzo, così mise gli occhi sulla strada e accompagnato dal ruggito di Baby, cominciò a macinare chilometri verso il Colorado.

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