Lo spirito della festa

di paiton
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Rave Party ***
Capitolo 2: *** Il Ritratto ***
Capitolo 3: *** Ectoplasma ***



Capitolo 1
*** Il Rave Party ***



 
Sono le ventidue e quarantotto, Andrea aspetta seduto sulla sella del suo scooter osservando lo schermo dello smartphone; ha una felpa nera con scritto sopra “Obey”, jeans corti attillati con il risvolto sopra le ginocchia, converse nere e capelli tagliati quasi a zero sui lati del capo.

Giulia ha capelli bellissimi, lunghi, biondi e stirati, ha appena finito di truccarsi con la matita e si sta osservando attentamente allo specchio; ovviamente è in ritardo, come sempre! C’è qualcosa che non le piace nel suo viso … le sopracciglia non sono simmetriche … tuttavia corre al piano di sotto, mette una camicia di jeans che trova sull’attaccapanni, saluta di sfuggita la madre che sta sonnecchiando sul divano e corre sul vialetto di ciottoli che collega la porta d’entrata della sua casa con il cancello che dà sulla strada.
 
Giulia sale sulla Yamaha Aerox abbracciando Andrea da dietro e gli schiocca un forte bacio sulla guancia.

“Dai dai parti! Mia madre non deve accorgersi che andiamo in scooter!”

“Però dimentichi il casco” Andrea si gira verso di lei, la bacia sulle labbra e le appoggia sulla testa il casco rosa a scodella.

I due sfrecciano in direzione della festa; Andrea è uno di quelli che non rispettano le regole della strada, o qualsiasi altra regola.
Dopo un quarto d’ora di tragitto per vie di campagna dissestate e piene di curve arrivano, nel tepore della sera, davanti ad una grandissima abitazione coloniale la cui costruzione è stata ultimata alla fine del settecento, o almeno così dice la gente del paese.
 
La casa è disabitata da moltissimi anni, nessuno conosce il proprietario, tuttavia le sue condizioni strutturali sono incredibilmente eccellenti. Capita raramente che alcuni turisti, mentre passano nelle vicinanze, vadano a curiosare all’interno dell’abitazione: il grande giardino che accerchia le quattro mura non ha recinti cosicché è molto facile arrivare al portone principale, sempre aperto che invoglia ad entrare.
 
I curiosi fuoriescono dopo aver percorso per ore tutte le stanze, dopo aver trovato stravaganti suppellettili, dopo l’osservazione degli strambi dipinti senza significato. Appena questi si ritrovano all’aria aperta hanno la sensazione che il tempo non fluisca all’interno come al di fuori perché sul loro orologio risultano solamente pochi minuti di differenza.

Le onde sonore della tecno si diffondono a gran velocità nell’aria mentre i bassi fanno tremare il terreno. Giacomo Rossi, vent’anni, iscritto al secondo anno di università (che non ha mai frequentato) è molto conosciuto in città con il nome d’arte David Aoki.
 A dodici anni bazzicava per le discoteche la domenica pomeriggio, a quattordici si faceva accompagnare anche i sabati notte dai suoi amici più grandi e a quindici anni mixava e sceglieva i brani musicali per animare piccoli eventi.
 
A diciotto anni si è specializzato in musica tecno, ha iniziato a comprarsi costosi programmi per realizzare la sua musica ed è finito per essere chiamato nelle discoteche più importanti e più famose, agli eventi più chiassosi e alle feste più devastanti! Lui è l’organizzatore della festa.

Andrea parcheggia lo scooter nei due metri che separano una golf GT da una fiat cinquecento color perla.

I due ragazzi stanno a pomiciare sulla sella.

Dietro di loro, sulla strada, passa un flusso continuo di ragazze e ragazzi agghindati che camminano in direzione della casa coloniale, i soliti assidui frequentatori della festa del sabato sera. Alcuni dei passanti hanno birre in mano, altri vino e misture di superalcolici, altri ancora preferiscono fumare.

“Hei tu! Fai divertire anche me!”
Un ragazzo con una cresta in testa e i capelli rasati ai lati si avvicina ai fidanzatini con passo barcollante: il suo alito è fetente ed arriva loro una zaffata di vino acido.
 
Andrea lo guarda con occhi semichiusi, che sprizzano cattiveria da tutti i lati.
“Dai, vieni via! Lascialo parlare, è solo un cerca grane.” Dice Giulia trascinandolo per un braccio.
“Andiamo alla festa Andrea, troviamo le mie amiche”.

C’è un grande arco, alla fine della strada sotto cui passano tutti.

Tale arco, costruito con grosse lastre di pietra liscia color grigio scuro, sorregge un cancello di metallo semiaperto, che stranamente non è arrugginito nonostante abbia uno stile molto antico.
 
Davanti al varco si erge un energumeno di colore, il suo naso è largo come un pugno e schiacciato come una frittella, le sue braccia sono grosse come tronchi di sequoia.
 
Andrea porge le prevendite, il buttafuori le accetta entrambe senza fiatare; li fa entrare e con un gesto del pollice indica loro la direzione da seguire, non si vede neppure se li sta guardando… ha gli occhiali da sole nonostante sia quasi mezzanotte.

“Dove hai comprato le prevendite? Non mi avevi detto nulla! Adesso ti do i soldi …”

“Macché, lascia stare. le ho pagate quindici euro! Offro io l’entrata! Piuttosto puoi portarmi un drink…”

I due ragazzi si tengono per mano, nel parco interno vedono due grandi gazebo bianchi: in quello di destra vendono piadine romagnole e tranci di pizza mentre in quello di sinistra spinano birra e mescolano superalcolici. Dalle finestre della casa escono luci e laser di tutti i colori.

“Eccole!” Urla Giulia all’improvviso, indicando due ragazze sedute sulla panchina. Una ragazza è mora con i capelli lunghissimi e ricci mentre l’altra indossa una minigonna nera. Ad Andrea si fissa lo sguardo sulla minigonna nera e su quello che si intravede senza far caso ad altri particolari. Le ragazze baciano Giulia due volte sulle guance.

“Lui è Andrea”

“Piacere Lara” si stringono la mano

“Alessia” Mentre gli stringe la mano, lei abbassa lo sguardo sorridendo a labbra chiuse

“Piacere di conoscervi”

L’attenzione di Andrea si focalizza adesso su di una finestrella di vetro della casa coloniale, chiusa, che si trova appena sopra la linea del terreno; quella finestra è visibilmente sbarrata ma gli è sembrato di vedere qualcosa, forse un’ombra scivolata al suo interno.

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Capitolo 2
*** Il Ritratto ***


“Cosa ti è successo?!” esclama Giulia

“No, niente” Andrea si ridesta: “pensavo di aver visto un mio amico.”

“Sei stato impalato a guardare il terreno...!”


Il ragazzo è ancora perplesso, non vuole fare la figura di quello che crede ai fantasmi e decide di non proferire parola.

“Andiamo a prendere un drink” consiglia Alessia

Si incamminano tutti e quattro verso il bar, ordinano due Long Island e due Moskow Mule. Giulia, ovviamente, offre il drink ad Andrea

“Sentite che canzone ha messo il DJ!?” Grida Lara eccitata.

“Siii! Andiamo a ballaree!!!”

Tutti e quattro arrivano sulla pista da ballo, spintonando gli altri giovani che affollano la sala, con i bicchieri semipieni in mano. Le luci creano un interessante gioco di vedo-non vedo-dove vado-chi c’è-attorno a me? L’alcol inizia subito a farsi sentire e parte Wake Me Up di Avicii.
Dopo pochi minuti Alessia ed Andrea hanno finito i loro drink e decidono di uscire assieme per andare a ordinarne altri lasciando le altre a ballare.

Una luce bianca abbagliante come il flash della macchina fotografica continua ad illuminare lo stanzone ad intermittenza. Nel frattempo il tecnico delle luci gioca con un laser ora verde, ora rosso: lo fa ruotare prima da una parte e poi dall'altra, crea forme di orsacchiotto che fa danzare in una traiettoria a otto, prima sul pavimento e poi sul soffitto.

Le ragazze ballano una canzone dopo l’altra finché…
“Giuliaaaa!!” Urla Lara con le labbra appiccicate all’orecchio dell’amica per sovrastare la musica altissima con la sua squillante vocina

“Dimmiiii!!!” Risponde Lara con le corde vocali attaccate al timpano di Lara

“Inizio ad avere un po’ paura!”

“Cosaaa?!!! Non ho capito nullaa!!”

“Quel quadro è molto inquietantee!”

“Non capisco!! Togliamoci da qui un attimoooo!!”

Le casse, vibrando, diffondono nell’aria a gran volume Party Rock degli LMFAO mentre Giulia prende la mano di Lara e, insieme, vanno a sedersi su un divanetto.

Proprio di fronte a loro, molto lontano, sulla parete opposta della sala, incorniciato in un legno di noce finemente intagliato c’è un quadro molto strano:
raffigura un uomo completamente calvo con gli occhi dalle pupille molto dilatate, la sua espressione è vuota.
Sullo sfondo nero, guardando attentamente, si può distinguere un’ombra bianca che sale dal basso verso l’alto avvolgendo il piccolo ometto pelato. È come se quell'ombra si muova ad una velocità impercettibile all'occhio umano.
“Quella figura è molto inquietante, l’ho notato soltanto due minuti fa! Ma è sempre stato lì?”

“Hai proprio ragione bella… dove sono andati gli altri?”

Lara prende per mano Giulia e piano piano, si insinuano come le sardine nella folla che riempie la ‘pista da ballo’. Arrivate nel cortile esterno osservano sbalordite l'enorme quantità di ragazzi che barcollano.

“Che schifo!”

“Oddio... Sta proprio male...” Ribadisce Giulia guardando un ragazzo ubriaco che si sta vomitando sulle scarpe, mentre un suo amico prova a trascinarlo verso il bagno.

Nel frattempo Andrea ed Alessia sono appartati dietro alle fronde selvagge di un profumato rosaio rampicante pieno fiori, lontano da tutti gli altri…

“Se questa sera non la lasci, ti giuro che spiffero tutto, le racconto anche di quella volta che l’hai piantata sola al parco per venire a casa mia..” i suoi occhi iniziano a brillare di rabbia

“Questa sera preciserò che tra noi è finita, te lo giuro. L'accompagno a casa in scooter e la mollo...”

“Si certo..." Lei volta il viso  "anche l’ultima volta avevi detto la stessa identica frase e non hai avuto il coraggio di farlo, sai dire soltanto un sacco di fesserie” Adesso Alessia iniziava a stringere i pugni e a tremare un poco. Andrea le si avvicina e appoggia le sue labbra sul suo collo, dolcemente.

“In tutta la sera non ci siamo nemmeno tenuti per mano... poi è chiaro che io amo soltanto te”

La ragazza si tranquillizza, appoggia la testa sopra la spalla di Andrea e finiscono a baciarsi con la lingua.

Le altre due giovani stanno gironzolando per il cortile della casa coloniale quando Giulia si immobilizza, con lo sguardo fisso nella direzione di Alessia e del suo fidanzato: che non si erano nascosti molto audacemente a quanto pare.

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Capitolo 3
*** Ectoplasma ***


“Brutta schifosa! Stai baciando il mio ragazzo!” Urla Giulia da lontano mentre corre verso Alessia sbraitando
 
“Sei una prostituta!” La insulta mentre le afferra i capelli da entrambi i lati e li tira con forza, poi si rivolge ad Andrea “E tu… Tu sei peggio di lei! Non ti voglio mai più rivedere! Devi solo vergognarti!”
 
Alessia riesce a sfuggire dalla presa di Giulia…
In quel momento la musica si spegne, tutte le lampadine esplodono, la casa inizia a tremare come se fosse arrivato un fortissimo terremoto; un boato gorgogliante romba nell’aria. Tutti i ragazzi all’interno della casa coloniale sgomitano tra di loro, si spingono a vicenda mentre si affrettano ad uscire all’aperto il più in fretta possibile; alcuni riescono ad accendere la torcia del cellulare mentre altri inciampano e cadono a terra rischiando di essere calpestati dalla ressa, si sentono forti urla:

“Uno spettro!”

“Un Mostro! Scappate!”
Giulia, come pietrificata, dice a Lara “Sorreggimi ti prego, sento il vuoto ingigantirsi all’interno del mio petto”. La testa gli scivola in avanti, le sue braccia e le sue gambe si afflosciano come quelle di una marionetta a cui sono stati tagliati i fili. L'amica riesce a sostenerla appena in tempo, evitando di far collidere il suo bel viso con il terreno.

È svenuta.

La casa inizia a diventare sempre più scura, sempre più buia! Le ultime luci che provengono dagli schermi vengono risucchiate in quel profondo orrore.
“Guardate!” esclama un ragazzo sbigottito. Ogni singolo mattone della casa si annerisce.
Tutta l'abitazione diventa sempre più cupa.

Alla fine i muri si sgretolano, il tetto diventa di sabbia, il secondo piano crolla investendo con le macerie i ragazzi rimasti all’interno.
 
Giulia, incredula e sbalordita, si è appena risvegliata ed osserva le ultime rovine polverizzarsi come un castello di sabbia lasciato per troppo tempo sotto il sole cocente.
Il fievole riflesso lunare illumina un sottile ed acre fumo nero che esce dalla polvere guizzando prima a destra e a poi a sinistra come un fuocherello scoppiettante. Tutta l’esalazione sale verso l’alto, gira in tondo per creare un vortice e inizia a materializzarsi.

Una voce forte come il tuono e profonda come l’oceano inizia a parlare: “Voi tutti siete entrati nella mia casa per svolgere atti osceni ed immorali.”
 
“Secondo voi è questo lo spirito della festa!?” la figura si ferma sopra un cumulo di sabbia semovente, un ragazzo sommerso che prova ad uscire.
 
L’ectoplasma continua a vorticare “Le vostre azioni sono svuotate di ogni sentimento umano, la vostra musica è priva di armonia, i vostri movimenti sono banali e ripetitivi e annientano la naturale creatività che tutti possediamo. Io non posso concepire tutto questo e forse neppure voi potete farlo … sono Lo Spirito Della Festa! Guardatemi… faccio ribrezzo… Sono diventato ripugnante. Sono realmente imbarazzante, sono diventato il frutto marcio del consumismo!”

Per un lungo periodo di tempo si può ascoltare un completo silenzio.

“Un tempo diffondevo allegria! Le genti dei villaggi finivano di lavorare nei campi e la sera si ritrovavano in questa casa che è appena andata distrutta … loro ballavano con gesti aggraziati, avevano un ritmo melodico come sottofondo, il compagno con cui giocare! Quando uscivano da questa casa avevano sorrisi brillanti stampati sul viso. Nelle giornate successive le persone parlavano di ciò che avevano fatto alla festa, raccontavano dei balli e dei baci, erano momenti che continuavano a vivere nei loro cuori! Erano manifestazioni cariche di felicità! Quei ragazzi antichi non avevano quasi niente, eppure sapevano essere felici.”

Tutto il fumo è ormai uscito dai frantumi della costruzione e si è creata nel cielo, a venti metri di altezza, una figura enorme di pagliaccio, con la bocca a falce di luna rovesciata verso il basso. La sua schiena è incurvata in avanti, le sue braccia nodose come alberi della vigna, la sua espressione malinconica e iraconda allo stesso tempo.

“Adesso sono qui a marcire.
Mi ero rinchiuso nello scantinato perché non potevo più sopportare ciò che andava a crearsi anno dopo anno, decade dopo decade.
Non c’è niente di vero nelle discoteche! Tutto è finto! È solo apparenza… un’immagine che sfumerà sempre di più col passare del tempo!”
 
Altri ragazzi erano riusciti ad uscire dalla sabbia tossendo per la troppa polvere e iniziavano ad ascoltare pieni di paura quel forte boato parlante.
 
“Vestiti firmati da indossare per esaltare l’egoismo. Voi siete finti, siete dei pagliacci! Avete soltanto l’illusione di esistere. Infatti, quando ciascuno di voi torna a casa dalla festa, già si dimentica ciò che ha fatto e spesso non può nemmeno saperlo perché la sua anima è stata troppo riempita di alcol etilico.”
 
Il pagliaccio gigante continua a muoversi avanti e indietro e la sua espressione è sempre più alienata e squilibrata.
 
“Non posso agire su qualcosa che non esiste! Se non fai nulla e la tua esistenza è vuota, come è assente il tuo cuore, allora hai sempre più bisogno di ritornare nella bolgia per sentirti almeno parte di un insieme… E così diventi rabbioso, annoiata, moralmente inesistente, alcolizzata e alla fine drogato. Alcuni perdono tutto quello che hanno di vero.”
 
Il pagliaccio si avvicina, gigantesco, alla faccia di Giulia.

“Lo Spirito Della Festa era dentro di voi ragazzi, ed è ancora dentro ciascuno di voi! Il vostro spirito vitale è seppellito sotto vestiti firmati. La vostra energia creativa è sigillata all’interno del vostro petto, ma siete voi che dovete trovare la chiave per uscire dalla trappola. Pensate di astenervi dalla realtà bevendo qualche drink e usando bamba o marijuana?!”

Adesso la grande ombra aveva assunto la forma di un cuore pulsante, vibrante.

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